Cellule staminali: Applicazioni cliniche
1. Trapianto
2. Medicina rigenerativa
3. Terapia genica
Trapianto
Autologo: il paziente stesso è ricevente e donatore.
Le cellule staminali sono raccolte una volta raggiunto
lo stato di remissione completa dalla malattia.
Singenico: il donatore ed il ricevente sono gemelli
mono-ovulari e pertanto geneticamente identici
Allogenico: il donatore di cellule staminali è un
fratello del paziente (donatore consanguineo) o un
donatore da registro (non relato)
Trapianto autologo: razionale
Basato su due dimostrazioni cliniche:
1. Per quella data neoplasia l’aumento della dose di
farmaci antiblastici o della dose di radioterapia si
correla in modo significativo ad un aumento delle
risposte cliniche: la neoplasia deve essere chemioradiosensibile.
2. Il principale fattore che limita l’impiego della
chemioterapia ad alte dosi è rappresentato dalla
tossicità dei farmaci impiegati.
Trapianto autologo di midollo osseo o di
cellule staminali da sangue periferico
Sorgenti di cellule staminali per il trapianto
autologo
1. Midollo osseo
2. Sangue periferico
Midollo osseo
1. La sospensione cellulare midollare contenente le
cellule staminali viene ottenuta in anestesia
generale mediante multiple aspirazioni eseguite a
livello delle spine iliache postero-superiori e dello
sterno.
2. Di solito vengono prelevati 1000ml di sangue
midollare.
3. La dose “target” di cellule staminali:
cellule pro kilo del paziente = 1x108
CD34 pro kilo del paziente = 3x106
Sangue periferico
In condizioni fisiologiche il numero di cellule
staminali presenti nel sangue periferico è irrilevante,
ma aumenta in modo significativo in due situazioni:
Al momento della ripresa dell’emopoiesi dopo un
ciclo di chemioterapia
Dopo stimolazione dell’emopoiesi con fattore di
crescita
Sangue periferico (I)
Dose “target” di cellule staminali CD34 positive
Trapianto autologo:
>3.5x106/Kg del paziente
Sangue periferico: trapianto autologo
Nel paziente che sarà sottopoto a trapianto autologo le
cellule staminali verranno mobilizzate nel sangue
periferico utilizzando un protocollo di chemioterapia
seguito dalla somministrazione di un fattore di
crescita, solitamente il G-CSF.
Chemioterapia di mobilizzazione (I)
DCEP: Desametazone 40mg/dì per 4gg per os
Ciclofosfamide 700mg/mq/dì per 2 gg ev
Etoposide 100mg/mq/dì per 2gg ev
cisPlatino 25mg/mq/die per 2gg ev
IPAD: Idarubicina 12mg/mq ev per un solo giorno
CisPlatino 50mg/mq ev ( Inf cont) al dì nei giorni 1 e 2
Ara-c 2g/mq/12 ore ev (inf 3 ore) al dì il giorno 3
Decadron 20mg/dì ev nei giorni 1, 2, 3
Chemioterapia di mobilizzazione (II)
Ara-C ad alte dosi (4g/mq/12 ore inf 3 ore) per sei
somministrazioni
Mini-ICE: Idarubicina 6mg/mq/dì ev per 3gg
Ara-C 600mg/mq/die (inf 2 ore) per 3gg
Etoposide 150mg/mq/die (inf un’ora) per 3 gg
Fattore di crescita
Il fattore di crescita verrà somministrato alla dose di
10µg/kg sottocute al dì iniziando 48 ore dopo la
fine della chemioterapia e proseguendo sino a che il
valore dei globuli bianchi non sarà superiore a
3x109/l.
La valutazione delle cellule CD34 positive verrà
fatta ogni giorno. Quando queste saranno superiori
a 20/µl in valore assoluto si procederà alla raccolta
mediante procedura leucaferetica
Conservazione delle cellule staminali
In fase liquida: le cellule staminali raccolte possono
essere mantenute a +4°C e reinfuse entro 24-40 ore.
Criopreservazione: le cellule staminali raccolte
sono mantenute in azoto liquido a –195° C
Candidati al trapianto autologo
Tutti i pazienti
radiosensibile.
con
una
neoplasia
chemio-
Con il trapianto autologo il paziente riceve farmaci
citotossici ad una dose sovramassimale (regime di
condizionamento) ed la ripresa dell’emopoiesi viene
garantita solo attraverso l’infusione delle sue cellule
staminali precedentemente raccolte e conservate
Trapianto autologo: indicazioni (I)
Disordini onco-ematologici:
1. LAM a basso rischio
2. Linfomi non-Hodgkin e di Hodgkin
3. Mielomi
Tumori solidi:
1. Carcinoma della mammella
2. Carcinoma ovarico
3. Neuroblastoma
Trapianto autologo: indicazioni (II)
Malattie autoimmuni gravi (es.: Lupus)
Disordini genici (ad es. deficit di adenosina deaminasi)
Regimi di condizionamento
Deve essere ablativo, cioè deve indurre uno stato di
aplasia che sarà superato solo attraverso l’infusione
delle cellule staminali autologhe.
Impiega farmaci tra loro non cross-resistenti e con
diversa tossicità d’organo
I regimi più spesso impiegati utilizzano associazioni a
più farmaci
Trapianto Autologo: Vantaggi e limiti
Vantaggi:
1. Mancanza di GvHD
2. Mancanza del rigetto
Limiti:
1. Possibile contaminazione della raccolta da parte di
cellule neoplastiche
2. Mancanza di un effetto GvL mediato dalle cellule
del donatore
Come eliminare le cellule neoplastiche?
Con il “purging”
“Purging”
Definizione: metodica che consente l’eliminazione
di una eventuale malattia minima residua presente
nella sospensione cellulare staminale raccolta.
Validità clinica: minor incidenza di recidiva nei
pazienti con raccolte aferetiche prive di cellule
clonogeniche identificabili da marcatori molecolari
specifici (es.: Bcl-2 nei linfomi follicolari,
traslocazioni cromosomiche nelle LAM)
Svantaggi: più lenta ripresa dell’emopoiesi
“Purging” in vitro (I)
Metodi fisici: abbandonati
Metodi chimici: incubazione con derivati della
ciclofosfamide (Mafosfamide)
Metodi immunologici:
1. Incubazione
con
anticorpi
monoclonali
specificamente diretti verso antigeni espressi dalle
cellule tumorali (ad esempio anti CD20 nel linfoma
follicolare). La lisi cellulare avviene per attivazione
della cascata complementare.
“Purging” in vitro (II)
2. Incubazione con immunotossine: in questo caso
l’anticorpo monoclonale specificamente diretto
verso un antigene espresso dalla cellule tumorale
è coniugato a sostanze che bloccano la sintesi
proteica (ricina)
3. Selezione con sfere immunomagnetiche che
consentono di isolare o eliminare cellule marcate
da un particolare antigene
Colture cellulari a lungo termine
“Purging” in vivo
Si basano sull’impiego di protocolli di
immunochemioterapia che utilizzano anticorpi
monoclonali diretti verso specifici antigeni
tumorali. Il monoclonale viene utilizzato ad
intervalli ben precisi di tempo e la malattia viene
accuratamente monitorata sfruttando marcatori
molecolari specifici.
Immuno-chemotherapy of non-Hodgkin’s lymphoma
Trapianto autologo: durata e fasi della degenza
Isolamento in camera sterile per un periodo
compreso tra 20 e 30 giorni, durante i quali viene:
Posizionato in anestesia locale un catetere venoso
per poter eseguire le varie manovre terapeutiche
Somministrato un regime di condizionamento di
durata variabile (2-7 giorni) dipendente dal tipo di
neoplasia del paziente
Superata la fase di citopenia della durata di 12-18
giorni
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