BancaSinaptica
foglio informativo a cura di Antonino Esposto & friends
del SAB di Venezia – Via Cappuccina, 9/g 30172 Mestre
Federazione Autonoma Bancari Italiani
[email protected] - [email protected]
Numero speciale 8 marzo 2011
Maternità e lavoro: tra luci e ombre
ombre
MATERNITA’ E LAVORO:
Per le mamme-lavoratrici critici solo i primi due anni
TRA LUCI E OMBRE
(a
di rinunciare alla critici
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Perpatto
le mamme-lavoratrici
solo i primi due anni (a patto di rinunciare alla carriera)
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Milano, 25
25 Gen
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FTAOnline News
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diverse ricerche – una della Banca d’Italia e l’altra effettuata da Regus, società leader nell’offerta di soluzioni per gli spazi di lavoro – aiutano a
diverse ricerche – una della Banca d’Italia e l’altra effettuata da Regus, società leader nell’offerta di soluzioni per gli spazi di lavoro – aiutano a
rispondere al quesito. Secondo quanto emerge dai due studi, la maternità rende effettivamente problematico il rapporto con il mondo del lavoro,
rispondere
quesito.
Secondoche
quanto
emergequalche
dai duetempo
studi, la
maternità
effettivamente
problematico
il rapporto
il mondo del lavoro,
ma ci sono al
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probabilità
– trascorso
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– le difficoltà
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(o quasi)
norma. che – trascorso qualche tempo dalla nascita del pargolo – le difficoltà si livellino e per le mamme-lavoratrici tutto
(o quasi) rientri nella norma.
Mamma e cerchi un lavoro? Può essere complicato
Mamma e cerchi un lavoro? Può essere complicato
Per le donne le cattive notizie arrivano soprattutto dalla ricerca svolta da MarketingUk per conto di Regus. Tra agosto e settembre 2010,
Per
le donnedel
le cattive
notizie
arrivano
dalla ricerca
svoltaglobale
da MarketingUk
permilione
conto di
Traaziendale
agosto e settembre
2010,
nell’ambito
progetto
di studio,
oltresoprattutto
10mila contatti
del database
di Regus (1
diRegus.
personale
a livello globale,
rappresentativo
di dirigenti
e imprenditori
di tutto
il mondo)
sono stati
intervistati
per(1
verificare
la loro
intenzione
di assumere
nell’ambito
del progetto
di studio,
oltre 10mila
contatti
del database
globale
di Regus
milione di
personale
aziendale
a livellomamme
globale,che
lavorano
o che ritornano
a lavorare.
rappresentativo
di dirigenti
e imprenditori di tutto il mondo) sono stati intervistati per verificare la loro intenzione di assumere mamme che
lavorano o che ritornano a lavorare.
Stando alle risposte fornite da imprenditori e dirigenti, il 2011 non promette nulla di buono alle neomamme e alle donne in dolce attesa: rispetto
all’anno
scorso,
infatti,
la percentuale
di aziende
intenzionate
maggior
numero
di “mamme elavoratrici”
di un quinto,
Stando alle
risposte
fornite
da imprenditori
e dirigenti,
il 2011 ad
nonassumere
prometteunnulla
di buono
alle neomamme
alle donne èincrollata
dolce attesa:
rispetto
riducendosi
dal
44%
del
2010
al
36%
odierno.
all’anno scorso, infatti, la percentuale di aziende intenzionate ad assumere un maggior numero di “mamme lavoratrici” è crollata di un quinto,
riducendosi dal 44% del 2010 al 36% odierno.
Klimt – Maternità (adattato)
Dipinto di Luigi Masin, adattato
Questi i numeri su scala internazionale, mentre in Italia la situazione sembra essere ancora più difficile. In base ai dati relativi al nostro Paese,
infatti, solo il 28% delle aziende ha dichiarato di volere coinvolgere nei suoi progetti per l’immediato futuro un maggior numero di mamme (il
36% pensa di assumere personale).
A tarpare le ali delle mamme sono soprattutto le preoccupazioni dei datori di lavoro. I risultati dell’indagine Regus, infatti, affermano che il
36% di dirigenti e imprenditori teme che le mamme lavoratrici mostrino meno impegno e flessibilità rispetto agli altri dipendenti (in Italia si
dimostra preoccupato di tale aspetto il 45% degli imprenditori). Altra paura diffusa tra i datori di lavoro (manifestata dal 33% del campione a
livello internazionale e addirittura dal 46% su scala italiana) è che a una prima gravidanza possa succederne una seconda in breve tempo,
lasciando nuovamente scoperta una posizione di lavoro. Nel 24% dei casi, poi, le neomamme sono “accusate” di non avere capacità
professionali adeguate.
Non tutto è negativo
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Tuttavia, esistono anche statistiche che invitano le mamme lavoratrici a non disperare. Sempre il rapporto Regus, infatti, attesta che un buon
numero di dirigenti e imprenditori sa apprezzare l’apporto che le mamme sono in grado di offrire sul lavoro. Tra quanti sono stati coinvolti
nell’indagine, infatti: “il 56% crede che le mamme offrano qualità difficili da trovare sul mercato attuale e il 57% dichiara di apprezzare le
mamme che tornano a lavorare in quanto offrono esperienza e capacità migliori senza chiedere stipendi troppo alti”.
Eguali segnali di speranza arrivano anche dallo studio condotto sull'Indagine dei bilanci delle famiglie della Banca d'Italia datato 2008 da
Concetta Rondinelli e Roberta Zizza, due economiste della banca centrale.
Secondo quanto osservato dalle due studiose, è possibile affermare che sul lungo periodo la maternità non ha alcun effetto negativo sulla vita
lavorativa di una donna. Dai dati, infatti, emerge che le mamme scontano evidenti svantaggi sul lavoro nei primi due anni di vita del figlio, ma
anche che – superata questa soglia – non avranno nel trovare lavoro più difficoltà di quante ne abbiano le donne senza figli.
In sostanza, l’età del bambino rappresenta la variabile discriminante: un figlio al di sotto dei 23 mesi riduce (anche se non significativamente)
la probabilità di una donna di avere un'occupazione retribuita, mentre nel lungo periodo "la presenza di bambini sembra avere per le madri un
leggero effetto di spinta verso il mercato del lavoro", dato che "vi sono fattori non osservabili, quali le preferenze, il talento, le ambizioni, che
influenzano sia le decisioni riproduttive sia quelle di lavoro" (impressioni che trovano conferma nei dati dell’indagine Regus).
Problemi irrisolti
Se la maternità non è dunque uno scoglio insuperabile sulla strada della ricerca del lavoro, rimane però un ostacolo non indifferente per le
donne che non mirano solo a uno stipendio fisso, ma aspirano anche a una carriera di buon profilo. Dall’analisi dei dati della Banca d’Italia,
infatti, emergono “indizi di un effetto negativo della maternità sulla qualità del lavoro posseduto (qualifica occupazionale, tipo di contratto,
orario di lavoro)".
Ecco la banca che le donne venete sognano
Nella regione aumentano le donne che lavorano (+6,3% tra il 2004 e il 2009). Boom di avvocatesse. E le casalinghe chiedono alla banca di mettere in
sicurezza i loro risparmi.
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Sono quasi 2,5 milioni le donne che vivono in Veneto (il 51% della popolazione) e 861mila sono le donne occupate. Negli ultimi anni la regione è
stata protagonista di un forte incremento della partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Tra il 2004 e il 2009 il numero delle occupate è
aumentato del 6,3% contro una crescita media nazionale del 5,2%. Il tasso di attività femminile nella regione è superiore alla media nazionale (il 57,6%
rispetto al 51,1%), e in provincia di Veronasi arriva al 60,3%. Negli ultimi cinque anni il tasso di attività femminile è aumentato di 1,5 punti percentuali, a
fronte di una crescita a livello nazionale solo di mezzo punto. Anche il tasso di occupazione femminile in Veneto (53,9%) è al di sopra della media
nazionale (46,4%). È quanto emerge da una ricerca realizzata dal Censis per la Cassa di Risparmio del Veneto su quello che le donne venete chiedono
alle banche.
L’incremento dell’occupazione femminile ha riguardato soprattutto il lavoro dipendente, che ha visto accrescere la componente femminile del
10,5%. Complessivamente, in Veneto il lavoro dipendente assorbe l’86,2% del bacino di donne che lavorano. Per quanto riguarda il lavoro autonomo,
l’incidenza delle donne venete nelle professioni (39%) risulta in linea con i valori italiani (39,8%). Una presenza piuttosto marcata riguarda però le
avvocatesse: rappresentano il 44,8% delle iscrizioni all’Ordine, mentre la media nazionale si ferma al 39,7%. L’imprenditorialità femminile non risulta però
particolarmente diffusa: in Veneto l’incidenza dei titolari d’impresa di sesso femminile (22,4%) è più bassa del valore medio nazionale (25,6%) e di quello
del Nord-Est (il 22,9%).
Le differenti componenti del mondo femminile (professioniste, imprenditrici, casalinghe) manifestano un diverso rapporto con il denaro e con le istituzioni
finanziarie. Le professioniste sono un cliente smaliziato, che considera quello creditizio un servizio a tutti gli effetti, che si può cambiare con facilità,
scegliendo tra le varie possibilità offerte dal mercato. Le imprenditrici sono alla ricerca di un modello di banca che personalizzi il più possibile il rapporto
con il cliente e ascolti i loro problemi. E le casalinghe?
Secondo l’indagine realizzata dal Censis, l’83,8% delle casalinghe venete possiede un conto corrente bancario, ma solo il 20,9% si reca in banca
con regolarità. Hanno comunque rapporti frequenti con le banche (solo il 25,7% non ci va mai), ma non si espongono sul piano finanziario, anche perché
nella gestione del denaro vengono condizionate dalla famiglia: nel 76,3% dei casi le decisioni finanziarie vengono prese insieme al marito o al compagno.
In maggioranza (57,5%) ritengono di sapere già tutto ciò che serve per trattare con gli istituti di credito e sono largamente soddisfatte dei servizi che
ottengono dalle banche (85,9%). I rapporti con la banca privilegiati dalle casalinghe sono le relazioni dirette che si svolgono presso gli uffici (47,7%). Gli
aspetti dell’offerta bancaria che invece ritengono meno soddisfacenti sono i costi delle operazioni (61,4%) e la non piena chiarezza delle informazioni rese
al cliente (39,6%).
Alla banca le casalinghe venete chiedono di mettere in sicurezza i loro risparmi e di tutelarle dalle incertezze economiche. Le aree prioritarie in cui le
banche possono intervenire per raccogliere questa domanda di securizzazione sono: la tutela del valore attuale del denaro (28%), la protezione dei
risparmi accumulati (26%), la salute personale e familiare (23%).
(fonte AGORA' VOX - 22 11 2010 Pierpaolo Molinengo)
Accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionale
La presente direttiva mira a garantire la parità di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali
e le condizioni di lavoro.
ATTO
Direttiva 76/207/CEE del Consiglio, del 9 febbraio 1976, relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l’accesso
al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro [Cfr. atti modificativi].
SINTESI
Il principio della parità di trattamento implica l’assenza di qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, direttamente o indirettamente, in particolare mediante riferimento
allo stato matrimoniale o di famiglia. Gli Stati membri hanno tuttavia facoltà di escludere dal campo di applicazione della direttiva le attività professionali, per le quali, in
considerazione della loro natura o delle condizioni per il loro esercizio, il sesso rappresenti una condizione determinante.
La direttiva non pregiudica le disposizioni relative alla protezione della donna (gravidanza, maternità) né le misure volte a porre rimedio alle disparità che pregiudicano le
opportunità delle donne nei settori previsti dalla direttiva.
del principio della parità di trattamento implica l’assenza di qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda le condizioni di accesso, compresi i
F L'applicazione
criteri di selezione, agli impieghi o posti di lavoro a tutti i livelli della gerarchia professionale.
A Il principio si applica per quanto riguarda l’accesso a tutti i tipi e a tutti i livelli di orientamento, di formazione, di perfezionamento e di aggiornamento professionali.
B L'applicazione del principio per quanto riguarda le condizioni di lavoro, comprese le condizioni inerenti al licenziamento, implica che siano garantite agli uomini e alle
I donne le medesime condizioni.
A tal fine, gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché:

le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative contrarie al principio della parità di trattamento siano soppresse o riesaminate se originariamente sono
state ispirate da motivi di protezione non più giustificati;

le disposizioni contrarie al principio, contenute nei contratti collettivi o nei contratti individuali di lavoro, nei regolamenti interni delle imprese nonché negli statuti
delle professioni indipendenti, possano essere dichiarate nulle o possano essere modificate.
Le parti sociali sono sollecitate a procedere alle revisioni delle disposizioni contrattuali di analoga natura.
Tutti coloro che si ritengano lesi dalla mancata applicazione del principio della parità di trattamento devono poter far valere i propri diritti per via giudiziaria.
I lavoratori sono protetti contro i licenziamenti che rappresentino una reazione del datore di lavoro ad una rimostranza presentata a livello aziendale o ad un’azione giudiziaria
volta a far osservare il principio della parità di trattamento.
Le misure adottate in applicazione della presente direttiva e le disposizioni già vigenti in materia sono portate a conoscenza dei lavoratori in forme appropriate.
Gli Stati membri esaminano periodicamente le attività professionali che hanno escluso dal campo di applicazione della direttiva al fine di valutare se sia giustificato, tenuto
conto dell’evoluzione sociale, mantenere le esclusioni in questione. Essi comunicano alla Commissione, entro il termine previsto, tutti i dati utili per permetterle di redigere
una relazione sull’applicazione della presente direttiva.
RIFERIMENTI
Atto
Entrata in
vigore
Termine ultimo per il recepimento negli
Stati membri
Gazzetta
ufficiale
9.2.1976
12.8.1978
GU L 39 del
14.2.1976
Direttiva
76/207/CEE
Atto(i) modificatore(i)
23.9.200
2
5.10.2005
GU L 269
del
5.10.2002
Direttiva 2006/54/CE che abroga la direttiva
15.8.200
76/2087/CEE al 14.8.2009 [adozione: codecisione
6
COD/2004/0084]
15.8.2008
GU L 204
del
26.7.2006
Direttiva 2002/73/CE [adozione: codecisione
COD/2000/0142]
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Entrata Termine ultimo per il
Gazzetta
in
recepimento negli Stati
ufficiale
vigore
membri
Le modifiche e correzioni successive al regolamento sono state integrate nel testo di base. Questa versione consolidata ha unicamente
un valore documentale.
ATTI COLLEGATI
Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo del 29 luglio 2009 - «Relazione sull’applicazione della direttiva
2002/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, che modifica la direttiva 76/207/CEE del Consiglio relativa
all’attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla
formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro» [COM(2009) 409 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
La Commissione ha redatto la presente relazione sulla base delle informazioni trasmesse dagli Stati membri. La maggior parte degli Stati
membri ha compiuto progressi nell’applicazione della direttiva 2002/73/CE. Le principali modifiche legislative devono garantire:
 l’accessibilità ai procedimenti giudiziari e amministrativi, prima o dopo la cessazione del rapporto di lavoro;
 il diritto di iniziare un procedimento giudiziario per qualsiasi organizzazione avente un legittimo interesse ad agire per conto o a
sostegno della vittima della discriminazione;
 la protezione della vittima da rappresaglie e dei terzi che la assistono.
Ciononostante, in alcuni Stati membri sono ancora necessarie profonde modifiche legislative, soprattutto in tema di indennizzo o riparazione
dei danni e di regimi sanzionatori. La direttiva prevede l’istituzione o lo sviluppo di organismi volti a garantire e a promuovere la parità di
trattamento. Tuttavia, occorre migliorare la loro visibilità nella maggior parte degli Stati membri.
La relazione sottolinea l’importanza della partecipazione di tutti i soggetti interessati, dai datori di lavoro, ai sindacati, alle organizzazioni
della società civile. L'anno europeo delle pari opportunità per tutti (2007), nonché i finanziamenti dei Fondi strutturali hanno anch’essi
notevolmente contribuito a promuovere la parità.
(Fonte: http://europa.eu/legislation_summaries/employment_and_social_policy/equality_between_men_and_women/c10906_it.htm)
In tutto il mondo la casa è il luogo in cui avvengono le più gravi e pericolose violazioni dei diritti di donne di ogni
classe sociale, razza, religione ed età, ad opera degli uomini con i quali trascorrono la loro vita.
Esse avvengono il più delle volte nel silenzio o nella totale indifferenza dei governi, che invece dovrebbero
prendere provvedimenti necessari per impedire tali crimini.
Quando la violenza o la discriminazione sono esercitate da persone vicine, familiari, parenti, per la donna che ne è
stata vittima le conseguenze risultano ancora più tragiche, in quanto vengono a mancare proprio i riferimenti e il
sostegno che dovrebbero aiutarla.
Tra le violenze perpetrate nell’ambito domestico, lo stupro coniugale e i rapporti sessuali contro la volontà della
propria moglie non vengono considerati crimini perché è largamente accettato che il matrimonio includa l’accesso
illimitato alla coniuge.
La violenza domestica è un oltraggio all’integrità fisica e psicologica della donna, alla sua libertà di essere tale, di
effettuare le proprie scelte…
Questo tipo di violenza è un fenomeno largamente diffuso: l’impunità in cui vengono lasciati i fautori, la permissività
e le giustificazioni presenti in alcune culture, consentono loro di continuare ad esercitarla.
dal sito: http://www.carabinieri.it/internet/imagestore/cittadino/consigli/Pdf/Le_donne_nel_mondo.pdf
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BancaSinaptica 8 marzo 2011