Procurad'e moderare
Barones, sa tirannia
Chi si no, pro vida mia,
Torrades a pés in terra
Decrarada est giaj sa gherra
Contra de sa prepotentzia
Incomintzat sa passentzia
In su populu a mancare…
Alla fine del Millesettecento , in Sardegna ci furono dei movimenti rivoluzionari e spesso aperte
rivolte contro i privilegi feudali. La popolazione della Sardegna, infatti era schiacciata, sin
dal XIV secolo , dal dominio dei feudatari e dall’ingiustizia di pesanti tributi, che venivano
estorti alla misera gente con ogni mezzo e furfanteria . Essi inizialmente partirono dalle
campagne ma si estesero poi anche a Cagliari e nelle città. Parteciparono numerosi borghesi
e politici isolani influenzati dalla cultura illuministica e dagli esiti rivoluzionari francesi. Il
feudalesimo era il grande male della Sardegna. Si basava sullo sfruttamento dei sudditi,
penalizzava l'unica fonte di reddito dell'isola: l'agricoltura . Altissime erano le rendite dovute
agli arcivescovi di Cagliari e di Oristano, e ai maggiori feudatari .Le città, in quel periodo,
erano poco abitate mentre gran parte della popolazione viveva nelle campagne dove era soggetta
alla durissima imposizione fiscale feudale: agli agricoltori veniva sottratto un quinto di ciò che
seminavano (diritto di giogo), mentre per i pastori il tributo consisteva nel versare un capo di
bestiame ogni dieci (deghino). Per i vassalli le tasse erano innumerevoli: ogni capo famiglia,
oltre agli altri tributi, doveva pagare un reale (feu) e versare al feudatario una parte degli
animali di corte (galline da corte).
Le vicende e i protagonisti di queste insurrezioni furono oggetto
di molte composizioni poetiche. Tra quelle in lingua sarda la
più famosa fu quella di Ignazio Mannu, pubblicata
clandestinamente in Corsica nel 1794.Il canto divenne
molto popolare e diventò l’inno di tutto il movimento antifeudale
interpretando i sentimenti delle popolazioni sarde di fine
Settecento. Tuttora è considerato un inno della nazione
sarda. Ma ,nonostante alcuni passi molto forti di denuncia,
l'autore chiede sostanzialmente la fine degli abusi di potere dei
feudatari ma senza proporre la soppressione del sistema feudale,
ormai sparito da quasi tutto il resto in Europa.
Don Francesco Ignazio Mannu è nato ad Ozieri il 18 maggio 1758 da una famiglia della
piccola nobiltà isolana.
. Studiò nella sua città natale e successivamente all'Università di Sassari dove si laureò in leggi.
Successivamente si trasferì a Cagliari dove svolse la sua carriera legale, partecipando anche alla
vita politica come membro dello stamento militare, durante gli anni della rivoluzione sarda.
Nonostante fosse vicino alle posizioni politiche di Giovanni Maria Angioy ,tuttavia non subì
gravi conseguenze per questo.Ricoprì importanti cariche tra cui quella di giudice della Reale
Udienza. Fece anche parte della Commissione, istituita nel 1824, che compilò il testo delle
Leggi civili e criminali del Regno di Sardegna. Fu autore dell'inno Su patriottu sardu a sos
feudataris.
Procurad'e moderare
Barones, sa tirannia
Chi si no, pro vida mia,
Torrades a pés in terra
Decrarada est giaj sa
gherra
Contra de sa prepotentzia
Incomintzat sa passentzia
In su pobulu a mancare
Mirade ch'est pesende
Contra de bois su fogu
Mirade chi no est giogu
Chi sa cosa andat 'e veras
Mirade chi sas aeras
Minetan su temporale
Zente cunsizzada male
Iscurtade sa 'oghe mia
A su poveru ronzinu,
Si no in mesu caminu
S'arrempellat appuradu;
Mizzi ch'es tantu cansadu
E non 'nde podet piusu;
Finalmente a fundu in susu
S'imbastu 'nd 'hat a
bettare.
Su pobulu chi in profundu
Letargu fit sepultadu
Finalmente despertadu
S'abbizzat ch 'est in
cadena,
Ch'istat suffrende sa pena
De s'indolenzia antiga:
Feudu, legge inimiga
A bona filosofia!
Baroni (proprietari terrieri),
cercate di moderare la vostra
tirannia,
Altrimenti, a costo della mia
vita,
tornerete nella polvere (per
terra),
La guerra contro la
prepotenza
è stata già dichiarata
e nel popolo la pazienza
inizia a mancare
State attenti perché contro di voi
si sta levando il fuoco,
Attenti perché non è un gioco,
se questo inizia per davvero
Guardate che le nubi
preannunciano il temporale
Gente consigliata male
ascoltate la mia voce
Non continuate ad usare lo
sprone
sul povero ronzino,
o in mezzo al cammino
si ribellerà imbizzarrito;
è così stanco e malandato
da non poterne più,
e finalmente dovrà
rovesciare
il basto e il cavaliere.
Il popolo sardo
che era caduto in un
profondo letargo
Finalmente anche se
disperato
si accorge di essere schiavo
Sente che sta soffrendo
solo a causa dell'antica
indolenza
Feudo, legge nemica
di ogni buona filosofia!
I moti rivoluzionari sardi noti anche come i vespri sardi, furono una ribellione all'autorità
piemontese avvenuta in Sardegna nel 1794
. Tutto iniziò nel 1793, quando la popolazione sarda, sottoposta al dominio piemontese, si
oppose all’invasione delle forze francesi sbarcate a Carloforte. Una manifestazione di
fedeltà di questo genere avrebbe meritato immediato riconoscimento: la convocazione delle
corti generali, la conferma di tutte le leggi,consuetudini e privilegi, la concessione agli isolani
di una parte degli impieghi civili e militari, oltre ad una maggiore autonomia rispetto alle
decisioni della classe dirigente occupante e ad un ministero distinto, a Torino, per gli affari
dell’isola. Invece il governo piemontese la liquidò in fretta, snobbando le aspirazioni dei
sardi .
 Il rancore popolare, contro l’ingratitudine dei piemontesi,si concentrò in particolare
verso il Viceré Vincenzo Balbiano, in quanto aveva consigliato al re Vittorio
Amedeo III di rifiutare le richieste dei sardi. La scintilla scoppiò a Cagliari
nella notte tra il 28 ed il 29 aprile, quando alcuni miliziani piemontesi, giunti a
Stampace da Castello, tentarono di arrestare l'avvocato Vincenzo Cabras, con
l'accusa di ribellione contro lo stato, bloccando anche Bernardo Pintor, scambiato
per il fratello Efisio: a loro si era rivolto nei mesi precedenti Girolamo Pitzolo,
avvocato e patriota sardo, per incitare una rivolta contro gli occupanti. Alla notizia del
fatto si riunì una forza popolare consistente, richiamata anche dalle campane che
suonavano a distesa, che in breve cominciò a fluire verso Castello e qui disarmò le
guardie poste a difesa della porta di Sant’Agostino; poco dopo, altri rivoltosi
assaltarono le porte della Torre dell'Elefante e della Torre del Leone, intenzionati
ad arrestare il Viceré. Lo ritrovarono infine nel palazzo arcivescovile, dove si era
rifugiato insieme alle massime autorità piemontesi.
Il 7 maggio, lo stesso Balbiano – insieme a 514 soldati e funzionari
piemontesi – furono imbarcati sulle navi, e rispediti in Piemonte; nei
giorni seguenti, le città di Alghero e Sassari seguirono l’esempio
dell’odierno capoluogo. Nel 1794, la popolazione sarda ebbe la
possibilità di pensare alla forma istituzionale di un nuovo stato sardo; ma
queste aspirazioni risultarono ancora una volta frustrate. I nobili, in
gran maggioranza, ostacolarono la struttura repubblicana proposta da
Giovanni Maria Angioj, e le difficoltà che seguirono si risolsero solo
negli anni seguenti: a poco a poco si ricompose quindi la frattura con la
corte piemontese. Presto sarebbe approdato un nuovo Viceré .
Nell’arco di tempo fra ‘700 e ‘800 vi furono degli
uomini in Sardegna che si batterono per la libertà
dell’Isola, da Sa die de sa Sardigna a Su
Connottu: un viaggio a cavallo dei due secoli più
importanti della storia sarda e Italiana
 Nato a Bono il 21 ottobre 1751 da una nobile famiglia, si addottorò in giurisprudenza a Sassari nel
1771, divenendo nel 1773, a Cagliari, giudice della Reale Udienza. Dopo il 1789 fu a capo di
un movimento antifeudale e antipiemontese. Nominato Alternos viceregio a Sassari, partì da Cagliari
il 13 febbraio 1796 percorrendo trionfalmente l’Isola agitata e in rivolta. Anche in Sardegna erano
giunte le nuove idee che avevano animato la Rivoluzione.. Tra la nascente borghesia sarda circolavano,
per lo più clandestinamente, opuscoli e pamphlet politici francesi o di ispirazione rivoluzionaria. Le idee della
Rivoluzione francese influenzarono molto il suo pensiero, Angioy era fermamente convinto della necessità
di combattere la tirannide, allora nell'isola espressa dal feudalesimo operato dai Savoia a danno dei
Sardi. A Sassari continuò la sua politica antifeudale, ma accusato di voler sovvertire l’ordine, fu destituito
e gli furono inviati contro 2500 cavalieri e 50 cannonieri. Sconfitto e colpito da taglia, abbandonò
l’Isola per rifugiarsi a Parigi, dove non cessò di propugnare una Repubblica sarda sotto la protezione
francese. Qui morì in data incerta, povero e in gran parte ignorato.
 Sulla facciata del Municipio di Bono si legge: “A Giovanni Maria Angioy, che ispirandosi ai
valori dell’89 bandì la Sarda crociata contro la Tirannide Feudale.”
Giovanni Maria
Angioy
L’ingresso trionfale a Sassari
Vincenzo Sulis (Cagliari, 28 ottobre 1788 – La Maddalena, 13 febbraio 1834) è stato un militare e scrittore sardo.
Nasce da una famiglia modesta e riuscì a studiare fino alle scuole superiori della Regia Università di Cagliari.
Improvvisamente abbandonò gli studi e si diede ad una vita disordinata. Venne arrestato e dopo essere stato liberato si mise a
fare razzie armato nei campi a capo di alcuni ex-compagni di prigione. Avendo ottenuto il perdono giudiziario riprese gli studi e
diventò uno dei più importanti notai di Cagliari. L'arrivo della flotta francese nel 1793 risvegliò in lui il suo carattere ribelle e
diventò da prima capopopolo contro i francesi e poi comandante delle truppe di Stampace durante i moti antipiemontesi. Quando
Carlo Emanuele IV perduto il Piemonte trovò rifugio in Sardegna, Vincenzo divenne uno dei suoi più stretti
collaboratori. In seguito però venne messo in cattiva luce dai suoi nemici al popolo e al re. Ricercato e con un taglia da 500
scudi venne tradito, consegnato alla forza pubblica ed infine processato. In seguito alla condanna nella quale gli fu comminata la
pena di carcere a vita venne rinchiuso prima nella torre dell’Aquila a Cagliari e, dal 1799, nella Torre dello Sperone ad
Alghero (oggi torre Sulis), dove visse fino al 1821 anno in cui ricevette la grazia da Carlo Felice.Finì i suoi giorni alla
Maddalena dove scrisse la sua autobiografia, rimasta inedita fino al 1964.
Il luogo e la data di nascita sono incerti e poco si sa della sua infanzia e della sua adolescenza. Proveniva da
una famiglia ricca e occupava alcune delle più importanti cariche sarde. Divenne famoso al popolo per essere
stato a capo dell'esercito che fronteggiava insieme a Vincenzo Sulis i militari francesi sbarcati lungo le coste
di Quartu Sant'Elena. le truppe francesi non avevano preparato l'invasione accuratamente, e l'esercito
sardo vinse la battaglia respingendo i nemici in mare. Nel 1794 Pitzolo fu a Torino tra la
delegazione che presentò al re le cinque richieste elaborate dagli Stamenti. Tra le cinque richieste vi era
quella di riservare cariche istituzionali nell'amministrazione a "nazionali sardi", quella di ratificare i
diritti e privilegi del regno, quella di convocare gli Stamenti regolarmente. I piemontesi repressero gli
Stamenti e quest’ opera generò inevitabilmente maggiore malcontento che esplose nei moti del 28 aprile
1794 a Cagliari, quando il popolo cagliaritano bloccò l'arresto di due membri degli Stamenti molto
rispettati e, prese le armi, incarcerò e successivamente espulse la maggior parte dei funzionari e professionisti
piemontesi.
 Gli Stamenti sardi funzionarono da quel momento come un vero e
proprio parlamento riportando l'ordine in Sardegna e avviando
diverse proposte di riforma dell'amministrazione della Sardegna.
Quando il Pitzolo rientrò da Torino nell'estate del 1794 fu
acclamato dai cagliaritani come padre della patria; egli, anche in virtù
della sua posizione di aristocratico, si dimostrò infatti determinato a
regolare e normalizzare gli aspetti più importanti della rivoluzione
sarda,ma il suo scopo era dare un riconoscimento e un ruolo agli
aristocratici e ai proprietari sardi. Il partito dei normalizzatori era
anche contrario ad ogni richiesta di riconsiderare o abolire il
funzionamento del sistema feudale in Sardegna.
Appartenente all’Ordine degli Scolopi, fu costretto ad uscirne
per gravi divergenze sui metodi di lavoro. Direttore del
giornale letterario “Biblioteca Sarda” , collaborò con il
Casalis alla stesura del monumentale Dizionario geografico
storico statistico commerciali degli Stati S.M. il Re di
Sardegna . Si occupò interamente dei tre volumi dedicati alla
Sardegna.
Nato a Sassari ,vi compì gli studi e vi si laureò. Si
trasferì a Torino dove proseguì gli studi e si laureò.
Collaborò con Napoleone e conseguì alte cariche
grazie a lui. Si occupò di storia sarda e pubblicò un
opera a Parigi. Morì a Cagliari ed è sepolto
nella Basilica di Bonaria
Fu una singolare figura di agitatore politico. Di professione notaio fu tra
i giovani che seguirono con entusiasmo l’avventura di G. M.
Angioy. Nel 1802, cappeggiò la spedizione che avrebbe dovuto dare
vita ad una repubblica sardo-corsa sotto la protezione francese. Occupò
alcuni paesi dai quali rivolse appelli appassionati agli altri centri isolani
che però non risposero. Catturato, Cilocco fu trasportato a Sassari
dove fu esposto allo scherno del popolo e dei nobili e dopo varie torture e
sevizie rimase tre mesi in prigione e venne impiccato a 33 anni.
Architetto cagliaritano, ha lasciato numerose
testimonianze della sua attività in diverse località
dell’isola. Fra le sue opere ,oltre ad alcune chiese
come Santa Maria Assunta (Guasila) e San
Francesco (Oristano), deve essere ricordato
l’ospedale civile di Cagliari.
Lavoro a cura di:
Simone Faggian
Giulia Loi
Omar Fiore
Classe 3°A
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