Malattie del Pianeta
Cambiamenti climatici – buco nell’ozono – effetto serra – global warming –
piogge acide
E’ ormai molto evidente che
i valori delle temperature,
precipitazioni, umidità,
insolazione, densità
dell’ozono stratosferico e
troposferico, i movimenti
delle masse d’aria
atmosferiche, la frequenza
di cicloni tropicali sono
diversi da quelli del passato
recente.
Questi risultati sono frutto di
imponenti investimenti in
risorse umane e finanziarie
profusi in programmi di ricerca
da molti paesi e da
organizzazioni internazionali.
La conoscenza ormai profonda sulle vicende del passato ci
permette di affermare che l’evoluzione del clima è continua e
molto più rapida di quanto non si credesse.
L’intervento umano, negli ultimi decenni, ha causato l’aumento
della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera e del
vapore acqueo, frutto della combustione di sostanze organiche
fossili. Questo ha portato ad un progressivo riscaldamento della
Terra.
Il Sole, irradia la Terra che a sua volta riflette verso l’esterno la
radiazione cambiata di lunghezza d’onda. Questa energia viene
assorbita dai cosiddetti gas – serra e produce il global warming,
cioè il riscaldamento globale.
Il rapporto di causa effetto fra questi fenomeni è avvenuto altre volte nella
storia geologica del pianeta.
Nel Carbonifero, l’alta temperatura e la forte umidità favorirono lo sviluppo
di dense foreste pluviali di felci giganti.
Verso la fine del periodo, i grandi movimenti tettonici produssero insistenti
dissesti idrogeologici che distrussero il bosco seppellendo i tronchi sotto
spesse coltri di sedimenti erosi, trasportati e depositati dai fiumi in piena.
Il periodo successivo, il Permiano, fu segnato da lunghi e ricorrenti periodi
glaciali.
L’improvviso raffreddamento è con tutta probabilità causato dalla
rarefazione dei gas – serra.
Oggi, bruciando carbone e petrolio, diffondiamo i gas serra con grande rapidità.
È molto difficile, tuttavia, stabilire quanta parte ha l’azione dell’uomo con le
oscillazioni naturali del clima.
I mutamenti in atto sono già abbastanza vistosi come il riscaldamento delle
acque dei mari con la conseguente dilatazione, che ha portato in circa
trent’anni ad un aumento della superficie oceanica di qualche decina di
centimetri
Nel processo di combustione di un chilogrammo di
carbone, si formano circa 3,5 chilogrammi di
anidride carbonica.
Anche gli altri combustibili fossili, come il petrolio,
la benzina, la nafta e il metano, quando bruciano
producono anidride carbonica, anche se in
quantità un po’ inferiore.
Allo stesso modo, la legna, nella combustione
libera anidride carbonica in una quantità che è
all’incirca una volta e mezzo il suo peso; noi
stessi, ne emettiamo una certa quantità ogni volta
che espiriamo aria dai polmoni.
L’anidride carbonica, non è una sostanza dannosa, anzi è indispensabile
per le piante che la utilizzano nella fotosintesi; tuttavia, il suo accumulo
nell’atmosfera rischia di causare un riscaldamento della Terra con l’effetto
serra.
L’energia emessa dal Sole raggiunge la Terra e viene assorbita dal suolo
e dalle acque che di conseguenza si riscaldano; viene così trasformata
in calore che viene poi emesso verso lo spazio sotto forma di radiazioni
infrarosse o raggi IR.
Se queste radiazioni attraversassero completamente l’atmosfera, la temperatura
sul nostro pianeta nelle ore notturne scenderebbe di parecchi gradi al di sotto
dello zero, come avviene ad esempio sulla Luna.
È ovvio che se in atmosfera aumenta la presenza di uno di questi gas, aumenta il
calore che viene trattenuto. Il pianeta può andare incontro al fenomeno della
sempre maggiore desertificazione.
Del resto l’uomo ricava la maggior parte dell’energia che gli serve bruciando
combustibili fossili liberando nell’aria su scala mondiale quantità enormi di
anidride carbonica.
Solo nell’ultimo secolo la concentrazione di questo gas in atmosfera è aumentata
di circa il 20%.
A peggiorare ulteriormente la situazione è stato l’aumento anche di altri gas a
effetto serra, in particolare il metano e il protossido di azoto, che contribuiscono
all’incremento del fenomeno.
Sicuramente è auspicabile la riduzione della emissione in atmosfera di
inquinanti e gas serra, intervenendo:
- sul miglioramento tecnologico dei processi di combustione, con l’utilizzo
di filtri, depuratori ed altri dispositivi idonei all’abbattimento di gas e polveri
inquinanti; oppure utilizzando combustibili “puliti” come ad esempio il metano;
- sulla diminuzione dei consumi energetici a livello domestico, commerciale
e industriale; promuovendo tutte le forme possibili di risparmio energetico e
diffondendo una maggiore educazione all’uso di energia;
- incrementando e promuovendo l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili come
l’energia solare ed eolica;
- limitando il traffico urbano con il potenziamento del servizio di trasporto
pubblico.
Nel 1997 a Kyoto è stato sottoscritto un accordo da
parte di 84 Paesi, noto come Protocollo di Kyoto,
che impegna gli stati a prendere provvedimenti per
limitare le immissioni di gas in atmosfera e per
diminuire il consumo e l’utilizzo di combustibili fossili.
Ad oggi non è ancora stata raggiunta l’unanimità per
quanto riguarda i criteri da adottare per l’attuazione di
questi provvedimenti.
Un’altra malattia SERIA del nostro pianeta è il buco dell’ozono
A tutte le latitudini, nell'alta stratosfera, le radiazioni provenienti dal Sole,
scindono le molecole biatomiche di ossigeno in due atomi fortemente reattivi
che reagiscono con un'altra molecola di O2 determinando la formazione di una
molecola a tre atomi di ossigeno chiamata ozono (O3).
Le molecole di ozono sono instabili, si dissociano e si riformano continuamente.
L’ozono costituisce solo una parte per milione dei gas atmosferici, tuttavia
svolge un ruolo estremamente importante per la vita.
La continua formazione e demolizione dell'ozono ha un duplice effetto: da un
lato assorbe le radiazioni ultraviolette che sarebbero pericolose se arrivassero
sulla superficie terrestre, dall'altro costituisce un meccanismo che consente di
mantenere, con un equilibrio naturale, la concentrazione di ozono
nell'atmosfera.
Secondo alcuni studiosi l'ipotesi più attendibile del processo distruttivo
dell'ozono è dovuto principalmente ai clorofluorocarburi (CFC), presenti
soprattutto nelle bombolette spray.
Il buco nell'ozono segnalato nel 1984 in Antartide, aveva una dimensione
paragonabile alla superficie degli Stati Uniti e un'altezza pari all'Everest.
Da quando, con il protocollo di Montreal del 1987, la comunità
internazionale ha adottato misure di difesa dello strato protettivo ozono, si
è sostanzialmente stabilizzata la quantità di gas nocivi, che tuttavia
rimarranno ancora per decenni nella stratosfera, assottigliando lo strato
che protegge la Terra dagli effetti peggiori dei raggi ultravioletti.
Come unici provvedimenti, nel frattempo, è stato bandito l’uso di tutti i gas
contenenti colrofluorocarburi e limitato il consumo di combustibili fossili che,
insieme ai policlorobifenili (PCB), ai pesticidi, e ai metalli pesanti come il piombo
e il mercurio rappresentano i fattori più altamente inquinanti.
Il problema dell’ozono al suolo nelle città
La presenza nell’aria di questo ozono nocivo provoca la formazione di altri
composti volatili, quali alcuni idrocarburi, che sono altamente pericolosi per
l’uomo, molto più pericolosi dell’ozono stesso.
L’ozono che si forma nella troposfera è molto tossico perché distrugge i vegetali,
colpisce le cellule dell’apparato respiratorio, può causare irritazioni agli occhi e
forti emicranie.
I raggi UVB sono quasi 100 volte più efficaci dei raggi UVA nel provocare
eritemi solari. L’esposizione senza protezioni provoca inoltre vari danni
all’apparato visivo anche molto gravi come congiuntiviti, infiammazioni della
membrana media della parete del globo oculare, insorgenza precoce della
cataratta e perdita acuta della capacità visiva con fotofobia.
Non sempre l’effetto delle radiazioni ultraviolette è dannoso: ad esempio
nei laboratori e negli ospedali vengono utilizzati raggi UVC per la
sterilizzazione.
La luce solare ha inoltre effetto benefico su malattie come il diabete e la
sclerosi multipla.
Grazie ai rilevamenti giornalieri della
quantità di radiazioni ultraviolette, eseguiti
dai satelliti in orbita intorno alla Terra,
l’Organizzazione Meteorologica
Mondiale, ha stabilito l’Indice di
Ultravioletto (UVI), ricavato da una scala
divisa in 10 gradi che corrispondono a
diversi livelli di allarme:
- un UVI compreso tra 0 e 3 gradi
corrisponde ad un livello minimo di
esposizione e richiede l’uso di creme
sulla pelle;
- un UVI tra 4 e 6 gradi richiede abiti e
occhiali specifici per i raggi ultravioletti;
- un UVI tra 7 e 10 gradi determina il
divieto di esporsi al Sole tra le 13 e le 16
del pomeriggio.
Altro malessere grave sono le piogge acide
L’acqua piovana si origina dall’evaporazione delle superfici acquatiche dei
mari, dei laghi, dei fiumi e dalla traspirazione soprattutto dei vegetali come
le piante.
L’acqua piovana è senza sali, praticamente è come l’acqua distillata.
In atmosfera però il vapore acqueo condensa a contatto con particelle
solide che incontra sciogliendo i gas che sono contenuti nell’atmosfera.
Inoltre si arricchisce di materiali vari che possono essere anche molto diversi
a seconda delle zone dove si forma.
Materiali come polveri e detriti del suolo sollevati dal vento, oppure gas
provenienti dalle eruzioni vulcaniche, dagli incendi dei boschi, dalla
decomposizione degli organismi viventi, dai cicli di alcuni elementi come
azoto e zolfo e dai fenomeni di combustione.
Quindi la pioggia non è proprio pura ed inoltre è anche leggermente acida
avendo un pH di circa 5,5 – 5,6.
Ricordiamo che un valore 7.0 di pH rappresenta la neutralità, sostanze con
valori al di sotto sono considerate acide, con valori superiori basiche. La scala
dei valori del pH arriva fino a 14.
L’aumento di acidità della pioggia ha avuto inizio nella seconda metà del
secolo scorso, cioè da quando è iniziato l’uso massiccio dei
combustibili fossili.
Per indicare questa variazione chimica delle piogge è stato
coniato il termine di piogge acide, termine impiegato per la
prima volta nel 1853 dal chimico inglese Smith, che per
primo lo utilizzò per indicare le piogge che caddero in quegli
anni sulla città di Manchester e dintorni.
Devastanti sono stati gli effetti sulle foreste dell’Europa
centrale come in Germania, Cecoslovacchia, e Polonia, e i
danni agli ecosistemi d’acqua dolce in Scandinavia, Canada
e Stati Uniti d’America.
Il fenomeno delle piogge acide rappresenta anche in Italia
un problema e un grosso rischio anche per il nostro
patrimonio artistico, poiché provoca un deterioramento
molto veloce dei monumenti.
Né sono da sottovalutare gli effetti sulla vegetazione e sul
suolo.
Ad esempio si è osservato la modificazione delle
dimensioni delle foglie o delle gemme, l’ingiallimento,
l’accartocciamento delle foglie, la rarefazione della chioma,
la diminuzione degli accrescimenti.
Le piogge acide corrodono i manufatti di metallo e le
costruzioni in marmo; inoltre sono dannose e pericolose
per gli organismi viventi.
Le principali sostanze responsabili delle piogge acide
sono alcuni prodotti di attività industriali e dei veicoli a
motore. In particolare: l’anidride solforosa e gli ossidi
di azoto che si trovano in atmosfera e che si sciolgono
nell’acqua formando acido solforico e i acido nitrico.
Tutte queste sostanze
vengono prodotte
normalmente anche in
natura,tuttavia, sono le
molte attività dell’uomo
che ne hanno
notevolmente
aumentato la quantità.
È opportuno quindi tenere sotto stretto
controllo il nostro pianeta “malato”, curarlo e
per il futuro rispettarlo per prevenire altre
eventuali gravi patologie.
BIBLIOGRAFIA
L. Leopardi, M. Gariboldi - Il libro delle Scienze – La materia e l’energia Ed. Garzanti Scuola
A. Rullini, C. Nicola, T. Vercellino - Scoprire la Terra e il Sistema Solare Ed. Atlas
T. Durante, G. Moreno, E. Totano Aloj - Introduzione alle scienze
sperimentali - Ed. Le Monnier
A. Vallega - Geopercorsi – Italia - Ed. Le Monnier
Questa presentazione è stata realizzata da Luca della classe terza media
di Piancavallo
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piogge acide