La creazione
Il tema della creazione è affrontato con due brani diversi
posti all’inizio del libro della Genesi.
Il primo – Gen 1,1-2,4a – è cronologicamente posteriore al
secondo – Gen 2,4b ss - ma tra i due non si dà alcuna
continuità.
La Bibbia è l’ eco della storia di Dio con il suo popolo, non è
un romanzo o un manuale; essa presenta semmai una
relazione in cui si mostra Dio che incontra il suo popolo e le
difficoltà con cui il popolo conosce, comprende e segue Dio.
Il tema di “Dio creatore” viene incontrato nella Bibbia più di
una volta , con esso si attraversa tutta la storia della
relazione con Dio.
Ogni testo biblico va interpretato nella scia del cammino
che il tema ha fatto nella Bibbia. Il tema di Dio creatore non
fu mai del tutto assente, ma non fu sempre importante per
Israele allo stesso modo.
Durante l’esilio babilonese esso divenne centrale: nel
momento in cui la storia mostrava un Dio debole e vinto
dagli dèi babilonesi Egli si rivela per mezzo dei profeti il Dio
che permette la dispersione del suo popolo perché vuole
farsi conoscere dagli altri popoli e questo lo fa perché è il
Dio della storia che ha nelle sue mani i popoli, il mondo, il
suo destino e dunque la sua origine. Dio è il Creatore, colui
che ha il potere su tutto.
La creazione
Il racconto biblico non è una "teoria religiosa sull'origine del
mondo"; è invece una riflessione su Dio e la sua azione
continua nella storia di Israele.
Israele ha riflettuto sulla rivelazione divina, sulla storia di un
rapporto in cui Dio e l’uomo si sono detti e si sono lasciati
dire da un altro.
Così possiamo affermare che la Scrittura è il luogo in cui Dio
ha creato il suo popolo per mezzo del darsi e del dirsi a lui; e
l’uomo rilegge questa stessa storia come una storia in cui
Dio, agendo continuamente nella storia, per vivere insieme
all’uomo si fa garante della sua identità, lo salva dal perdere
la propria identità al di fuori quella relazione.
Così Israele, guardando alla sua storia, vede un Dio che per
il suo popolo ha agito in ogni dove e gli ha così dimostrato di
essere per Lui, di più: che ogni cosa è per il loro rapporto.
Da qui: Dio è il padrone, il Signore , del cosmo e della storia.
Il racconto biblico della creazione del mondo non parla
della origine del mondo , come è nato il mondo, ma dice
del rapporto che Dio ha con il mondo e la storia,
del significato del mondo, perché esiste.
Il tema della creazione è affrontato con due brani diversi. Il
primo – Gen 1,1-2,4a – è cronologicamente posteriore al
secondo – Gen 2,4b ss.
Andiamo al primo di questi due racconti.
La creazione in Gen 1,1-2,4a
In questo scenario di desolazione appare come un
inizio promettente la vita: lo spirito di Dio.
Il termine rûwach ( ַ‫ )רּוח‬nel contesto biblico ha
un ampio diagramma semantico: possiede il
significato di vento, alito, soffio, spirito, vapore,
fumo, respiro, esalazione. Anche nel dire la
parola siamo invitatiad emettere il respiro che
sta nel profondo.
Rûwach designa il vento che, misterioso com’è,
appare come effetto immediato dell’azione di
Dio. Nessuno vede il vento, però i suoi effetti
sono impressionanti.
Il vento spinge le nuvole, agita gli alberi.
Quando è violento, è uragano (cfr. Ez 13,13s.);
ma può essere anche leggero (cfr. Gen 1,2) e lo
stesso potente (cfr. Is 33,15-16). Con il suo
soffio Dio rende possibile il passaggio del Mar
Rosso (cfr. Es 14,21-22). Così è possibile
vederlo all’opera nella storia perché spinge alla
vita: “al soffio delle tue narici si accumularono
le acque . . . Soffiasti con il tuo soffio e il mare
coprì i nemici” (Es 15, 8. 10).
1
In principio Dio creò il cielo e la
terra.
‫אשית בָּ ָּרא אֱֹלהִׁ ים אֵ ת הַ שָּ מַ יִׁ ם וְּ אֵ ת הָּ אָּ ֶרץ‬
ִׁ ‫בְּ ֵר‬
bərē’šîṯ bārā’ ’ĕlōhîm ’ēṯ haššāmayim wə’ēṯ hā’āreṣ
2
La terra era informe e deserta e le
tenebre ricoprivano l'abisso e lo
spirito di Dio aleggiava sulle acque.
Basilica di San Marco a Venezia
Cupoletta, chiamata della Genesi
La creazione in Gen 1,1-2,4a
La sapienza ebraica per esprimere il processo
con cui Dio ha dato vita alle cose utilizza una
analogia umana: il verbo bârâ˒ (‫)בָּ ָּרא‬, che è il
verbo del vasaio che plasma.
Per l'uomo biblico, che vive con la percezione
lineare del tempo, che ha una storia che lo ha
fatto, che sono gli eventi che lo hanno
preceduto ad averlo plasmato, quest’uomo
quando dice come il mondo riceva vita da Dio
lo pensa nella forma dell’essere che è
ricevuto per mano di un altro.
Vivente significa concepire un inizio del
tempo in cui il Vivente ha dato vita, esistenza
a tutte le cose.
Questo inizio sta in un antefatto : attorno a
questo inizio vi è solo il deserto, la non-vita.
In questo scenario di desolazione appare
come un inizio promettente la vita: lo spirito
di Dio.
1
In principio Dio creò il cielo e la
terra.
‫אשית בָּ ָּרא אֱֹלהִׁ ים אֵ ת הַ שָּ מַ יִׁ ם וְּ אֵ ת הָּ אָּ ֶרץ‬
ִׁ ‫בְּ ֵר‬
bərē’šîṯ bārā’ ’ĕlōhîm ’ēṯ haššāmayim wə’ēṯ hā’āreṣ
2
La terra era informe e deserta e le
tenebre ricoprivano l'abisso e lo
spirito di Dio aleggiava sulle acque.
Basilica di San Marco a Venezia
Cupoletta, chiamata della Genesi
La creazione in Gen 1,1-2,4a
Dio crea per mezzo della parola.
È la parola di Dio che crea: il suo parlare fa
essere.
La storia di Israele è la meditazione del
rapporto che intercorre tra un evento e la sua
interpretazione. La parola che spiega ha il
potere di essere generatrice di significato. Dio
crea perché genera Israele: la storia di Israele
da un accadere di eventi si fa storia di una
relazione, in cui gli avvenimenti sono
preordinati e la loro narrazione genera senso.
Per questo la narrazione avviene ritmata dal
tempo, dai giorni.
La creazione di Dio è anche un separare le
tenebre dalla luce. L’azione di Dio va
sviluppandosi come un ordinare a coppie, un
dare un ordine. Dio ha creato mettendo
ordine. Il caos originario, l’indistinguibile, il
non senso, va via via scomparendo lasciando
il posto ad un uni-verso.
3
Dio disse: «Sia la luce!».
E la luce fu.
4 Dio vide che la luce era
cosa buona e separò la
luce dalle tenebre 5 e
chiamò la luce giorno e le
tenebre notte. E fu sera e
fu mattina: primo giorno.
W. Blake,
Dio creatore, Grande Architetto dell'Universo
6
La creazione in Gen 1,1-2,4a
Ogni coppia creata porta la
creazione stessa alla sua
perfezione: «e vide che era cosa
buona». Il termine qui usato per
dire questa bontà è il termine
ebraico towb (‫ )טֹ וב‬che può essere
tradotto con bello in senso di
ordinato, preciso, al posto giusto.
La creazione è quindi una sorta di
sistemazione ordinata in cui ogni
cosa trova il suo ordine. Ancora
una volta Israele pensa alla sua
storia come ad un tutto ordinato,
in cui gli eventi non sono stati
frutto di un caso, ma posti a
comporre un ordine , un senso che
è da leggersi tra le righe.
Dio disse: «Sia il firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle
acque». 7 Dio fece il firmamento e separò le acque, che sono sotto il
firmamento, dalle acque, che son sopra il firmamento. E così avvenne. 8 Dio
chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno.
9 Dio disse: «Le acque che sono sotto il cielo, si raccolgano in un solo luogo e
appaia l'asciutto». E così avvenne. 10 Dio chiamò l'asciutto terra e la massa delle
acque mare. E Dio vide che era cosa buona. 11 E Dio disse: «La terra produca
germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che facciano sulla terra
frutto con il seme, ciascuno secondo la sua specie». E così avvenne: 12 la terra
produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria
specie e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie.
Dio vide che era cosa buona. 13 E fu sera e fu mattina: terzo giorno.
14 Dio disse: «Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno
dalla notte; servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni 15 e
servano da luci nel firmamento del cielo per illuminare la terra». E così
avvenne: 16 Dio fece le due luci grandi, la luce maggiore per regolare il giorno e
la luce minore per regolare la notte, e le stelle. 17 Dio le pose nel firmamento
del cielo per illuminare la terra 18 e per regolare giorno e notte e per separare la
luce dalle tenebre. E Dio vide che era cosa buona. 19 E fu sera e fu mattina:
quarto giorno.
20 Dio disse: «Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra,
davanti al firmamento del cielo». 21 Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli
esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e
tutti gli uccelli alati secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona. 22 Dio
li benedisse: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli
uccelli si moltiplichino sulla terra». 23 E fu sera e fu mattina: quinto giorno.
24 Dio disse: «La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame,
rettili e bestie selvatiche secondo la loro specie». E così avvenne: 25 Dio fece le
bestie selvatiche secondo la loro specie e il bestiame secondo la propria specie
e tutti i rettili del suolo secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona.
La creazione in Gen 1,1-2,4a
Facciamo (˓âsâh - ‫)עֲשֶ ה‬
Chi è il soggetto? Perché un plurale?
Le possibili cause del plurale:
1. Una forma di plurale majestatis è da
escludere perché non si dà nella lingua
ebraica, mentre sarebbe possibile un
plurale deliberativo in cui, come se ci
fosse un consultare se stesse si
prendesse alla fine la decisione;
2. Dio si consulta con la schiera degli angeli,
immagine presente anche nel Libro di
Giobbe;
3. Dio, alla fine dei giorni in cui ha creato a
coppie ogni cosa, in cui ha messo in
ordine, si rivolge all’intero creato perché
collabori nella sua più alta creatura:
l’uomo e la donna.
26
E Dio disse: «Facciamo l'uomo a
nostra immagine, a nostra
somiglianza, e domini sui pesci del
mare e sugli uccelli del cielo, sul
bestiame, su tutte le bestie
selvatiche e su tutti i rettili che
strisciano sulla terra».
27 Dio creò l'uomo a sua immagine;
a immagine di Dio lo creò;
maschio e femmina li creò.
La creazione in Gen 1,1-2,4a
Immagine e somiglianza
Il termine immagine (tselem - ‫ )צֶ לֶם‬sottolinea
la prossimità al soggetto da rappresentare,
quasi la sua riproduzione. Nell’antichità chi
portava l’immagina dell’imperatore era colui
che regnava al suo posto: egli stesso lo aveva
reso così vicino a sé da dargli la sua immagine
ed ora lo mandava altrove con la sua
immagine perché chi lo accogliesse avrebbe
accolto il mandante stesso.
Il termine somiglianza (dėmûwth - ‫) ְּדמּות‬
indica la sola similitudine e quindi la distanza
e la non identità con il soggetto
rappresentato.
Il rapporto tra questi due termini è capace di
illustrare l’espressione usata dall’autore sacro:
l’uomo ha una connessione con Dio
‘simbolica’: realmente è posto da Dio per una
sua prossimità, ma non coincide mai con esso
perché non ha un rapporto di identità con il
suo archetipo.
26
E Dio disse: «Facciamo l'uomo a
nostra immagine, a nostra
somiglianza, e domini sui pesci del
mare e sugli uccelli del cielo, sul
bestiame, su tutte le bestie
selvatiche e su tutti i rettili che
strisciano sulla terra».
27 Dio creò l'uomo a sua immagine;
a immagine di Dio lo creò;
maschio e femmina li creò.
La creazione in Gen 1,1-2,4a
Immagine e somiglianza
Vi sono quindi dei limiti che risiedono nella
relazione che l’immagine deve mantenere
con il suo originale. Se l’uomo perde
contatto con Dio, smarrisce sé stesso e
perde anche la sua funzione nel mondo.
L’immagine è costantemente determinata
dalla sua fonte originaria e non può
assurgere a livello di assoluto.
Inoltre “ogni uomo” e non solo particolari
uomini godono di questa qualità. Ciò
determina l’uguaglianza radicale di tutti gli
esseri umani di fronte a Dio e dunque il
superamento di ogni forma di razzismo e
discriminazione.
26
E Dio disse: «Facciamo l'uomo a
nostra immagine, a nostra
somiglianza, e domini sui pesci del
mare e sugli uccelli del cielo, sul
bestiame, su tutte le bestie
selvatiche e su tutti i rettili che
strisciano sulla terra».
27 Dio creò l'uomo a sua immagine;
a immagine di Dio lo creò;
maschio e femmina li creò.
La creazione in Gen 1,1-2,4a
Domini (râdâh - ‫) ָּרדָּ ה‬
La posizione preminente dell’uomo nel
creato lo autorizza ad agire in esso al posto
di Dio. Questo riconoscimento rischia
d’essere frainteso sottolineando
l’immagine a scapito della somiglianza:
occorre invece mantenere il carattere della
delega, per cui l’uomo non è padrone
assoluto: «La terra è mia – di Dio – e voi
siete presso di me come forestieri e
inquilini» (Lv 25,23). Nel governo della
terra l’uomo dovrà sempre ricordare di
essere un ospite.
«Il dominio accordato dal Creatore
all’uomo non è un potere assoluto, né si
può parlare di libertà di usare e abusare, o
di disporre delle cose come meglio
aggrada. Nei confronti della natura visibile
siamo sottomessi a leggi non solo
biologiche, ma anche morali, che non si
possono impunemente trasgredire»
(Evangelium vitae, n. 42).
26
E Dio disse: «Facciamo l'uomo a
nostra immagine, a nostra
somiglianza, e domini sui pesci del
mare e sugli uccelli del cielo, sul
bestiame, su tutte le bestie
selvatiche e su tutti i rettili che
strisciano sulla terra».
27 Dio creò l'uomo a sua immagine;
a immagine di Dio lo creò;
maschio e femmina li creò.
La creazione in Gen 1,1-2,4a
Maschio (zâkâr - ‫ ) ָּזכָּר‬e femmina (nėqêbâh - ‫)נְּ קֵ בָּ ה‬
Il testo presenta un’ultima coppia, quella formata
dall’uomo e dalla donna.
Tutto il testo di Gen 1,1-2,4a porta un segno
indelebile di un procedere per coppie; dall’inizio
– luce e tenebre – alla fine – maschio e femmina
– è rilevabile una scansione dell’azione di Dio che
ordina mettendo due a due, prima, le potenze
dell’universo, poi, coloro che in questo universo
sono chiamati a governare per mandato divino.
Si potrebbe affermare anche che l’immagine di
Dio-signore-nel-mondo sarebbe proprio la coppia
uomo-donna da intendersi proprio come
immagine composta.
Così l’immagine connessa alla somiglianza
diventa il dominare come domina Dio nella
fecondità della coppia che rimanda alla fecondità
di Dio-creatore.
26
E Dio disse: «Facciamo l'uomo
a nostra immagine, a nostra
somiglianza, e domini sui pesci
del mare e sugli uccelli del cielo,
sul bestiame, su tutte le bestie
selvatiche e su tutti i rettili che
strisciano sulla terra».
27 Dio creò l'uomo a sua
immagine;
a immagine di Dio lo creò;
maschio e femmina li creò.
La creazione in Gen 1,1-2,4a
Con questo ultime parole di benedizione Dio
completa l’immagine-somiglianza dell’uomo:
questi sarà fecondo e potente della fecondità e
potenza che derivano da Dio stesso.
Alla fine della creazione dell’uomo il testo
afferma che Dio vide che tutto ciò questa volta
era molto buono (ṭowb mė˓ôd - ‫)טֹ וב ְּמאֹ ד‬.
L’ordine è quindi completato e terminato. Ogni
cosa ora è ordinata a Dio.
28
Dio li benedisse e disse loro:
“Siate fecondi e moltiplicatevi,
riempite la terra; soggiogatela e
dominate sui pesci del mare e
sugli uccelli del cielo e su ogni
essere vivente, che striscia sulla
terra”.
29 Poi Dio disse: “Ecco, io vi do
ogni erba che produce seme e
che è su tutta la terra e ogni
albero in cui è il frutto, che
produce seme: saranno il vostro
cibo. 30 A tutte le bestie
selvatiche, a tutti gli uccelli del
cielo e a tutti gli esseri che
strisciano sulla terra e nei quali è
alito di vita, io do in cibo ogni
erba verde». E così avvenne.
31 Dio vide quanto aveva fatto, ed
ecco, era cosa molto buona. E fu
sera e fu mattina: sesto giorno.
La creazione in Gen 1,1-2,4a
Con questi ultimi versetti del capitolo 2° si
conclude la creazione.
L’immagine finale è il riposo di Dio. Dio ha
ordinato tutto, ha posto l’uomo come suo
luogotenente e ora spetta a lui – maschio e
femmina – continuare la sua opera.
Questa sua opera è dunque chiamata a
riflettere anche sulla nozione del tempo; questo
infatti non è più solo il momento dell’agire
convulso e senza posa, bensì è anch’esso
ordinato all’ultimo giorno, alla quiete.
L’agire non è il fine, è solo lo strumento con cui
avviene la creazione. Il fine è la quiete, la
lentezza che si accompagna al guardare
indietro, a benedire la storia – il tempo
orientato – e a rintracciarvi l’azione di Dio in
vista dell’ultimo e non della fine.
1
Così furono portati a
compimento il cielo e la
terra e tutte le loro
schiere. 2 Allora Dio, nel
settimo giorno portò a
termine il lavoro che aveva
fatto e cessò nel settimo
giorno da ogni suo lavoro.
3 Dio benedisse il settimo
giorno e lo consacrò,
perché in esso aveva
cessato da ogni lavoro che
egli creando aveva fatto.
4 Queste le origini del cielo
e della terra, quando
vennero creati.
La creazione in Gen 2,4b ss
L’immagine con cui si apre il secondo
racconto è totalmente diversa.
Qui Dio è colui che fa la terra e il cielo; è
presentato un luogo a cui nessuno ha
pensato: nessuno si è messo ad irrigare e non
c’è erba perché non vi è acqua. Nessuno ha
lavorata prima prima che Dio giungesse.
È però possibile rinvenire, anche in questo
secondo brano, una riflessione sull’agire di
Dio in favore dell’uomo: se non si occupa di
Dio dell’uomo e della terra, nessuno lo fa e
l’uomo è quindi abbandonato.
Dio viene ed inizia una storia, quella in cui Dio
si fa prossimo, irriga, fa piovere, si occupa
dell’uomo.
4aQuando
il Signore Dio fece la
terra e il cielo, 5 nessun cespuglio
campestre era sulla terra,
nessuna erba campestre era
spuntata - perché il Signore Dio
non aveva fatto piovere sulla
terra e nessuno lavorava il suolo
6 e faceva salire dalla terra
l'acqua dei canali per irrigare
tutto il suolo
La creazione in Gen 2,4b ss
Il Signore Dio
Qual è il nome di Dio?
Nel primo testo avevamo incontrato il termine
ĕlōhîm (‫ ;) ֱאֹלהִׁ ים‬nel secondo testo compare invece
il tetragramma sacro JHWH (‫)יהוה‬. Il termine è
impronunciabile, quando lo si incontra l’ebreo
legge adonai - Signore.
Il primo è un plurale della parola divinità: Eloah
(‫)אלוה‬, formato dal verbo radicale Alah - aver
timore - e da ĕl-colui, per cui: colui/coloro del
quale si ha timore (da qui anche l’idea del
plurale in Gen 1,24).
Il secondo è una forma verbale (causativo
imperfetto) di ‫הוה‬hawàh –divenire, per cui: Egli
fa divenire/ fa essere. Il testo di Es 3,14 lo
interpreta come ‫ ֶאהְּ יֶ ה אֲ ֶשר ֶאהְּ יֶ ה‬, ossia "’eh·yeh
’ă·šer ’eh·yeh” - "Io sono colui che diviene ed è”.
Il senso è spiegato dai versetti precedenti; Dio
dice a Mosé d’essere lo stesso della promessa
fatta ad Abramo, cosicché rispetto al divenire io
sono sempre lo stesso, non cambio, sono
fedele.
7
allora il Signore Dio
plasmò l'uomo con
polvere del suolo e
soffiò nelle sue narici un
alito di vita e l'uomo
divenne un essere
vivente.
La creazione in Gen 2,4b ss
Plasmò l’ uomo con polvere del suolo
È questo un versetto in cui i termini si
illuminano a vicenda.
Anzitutto abbiamo il termine plasmare,
proprio dell’agire del vasaio. Dio plasma come
il vasaio plasma la creta.
L’uomo infatti è tratto dalla terra, dalla
polvere del suolo, dalla ˒ădâmâh (‫)אֲ דָּ מָּ ה‬,
pertanto è chiamato ˒ădâm (‫)אָּ דָּ ם‬, il terroso,
colui che è fatto di polvere.
La sua entità è quindi prossima al nulla: basta
un soffio e la polvere si stocca dal suolo. Così
è l’uomo, tenuto in essere solo dalla forza di
Dio.
7
allora il Signore Dio
plasmò l'uomo con
polvere del suolo e
soffiò nelle sue narici un
alito di vita e l'uomo
divenne un essere
vivente.
La creazione in Gen 2,4b ss
Soffiò nelle sue narici un alito alito di vita e divenne
un essere vivente.
Il termine nephesh (‫ ) ֶנפֶש‬indica in ebraico vita,
respiro vitale; si tratta del termine più prossimo a
noi con cui dire il concetto di anima, anche se
esistono differenze significative. È ricevendo l’alito
(nėshâmâh - ‫ )נְּשָּ מָּ ה‬di Dio che l’uomo diventa un
essere vivente.
In ebraico non si hanno termini astratti, per dire
l’essere vivente che respira e che è mosso, animato
nel profondo si usa nephesh.
Per l'antico Israele, dunque, l'uomo è una persona
vivente (nephesh) che trova la sua visibilità
attraverso la carne (basâr), così egli è ‘carne
vivente’. Ma in ebraico, per indicare la persona nella
sua interezza, con la sua capacità di sentire e di
decidere, si può ricorrere anche a solo un termine.
Nefesh e basâr sono elementi inscindibili, nell’uno
c’è l’altro tanto che non si pensa né si dà l’uno senza
l’altro, con l’ovvia conseguenza che con la morte
tutto finisce perché la persona non c'è più.
7
allora il Signore Dio
plasmò l'uomo con
polvere del suolo e
soffiò nelle sue narici un
alito di vita e l'uomo
divenne un essere
vivente.
La creazione in Gen 2,4b ss
Dio pone l’uomo nel gan
eden, nel giardino delle
primizie perché lo
coltivasse e custodisse.
Ricorre il tema del primo
brano: ancora una volta
Dio dona all’uomo la sua
creazione perché ne sia
custode. Come e più di
prima tutto è fatto per
l’uomo. La vita sgorga dal
centro e l’uomo vi sta
attorno.
L’immagine di delizia è
conservata nell’immagine
della terra ubertosa della
Mesopotamia, così ricca
rispetto a quella che
Israele doveva abitare.
Albero della vita - Cattedrale di San Martino (LU)
Parte inferiore di una colonna centrale del porticato
8
Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a
oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato.
9 Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni
sorta di alberi graditi alla vista e buoni da
mangiare, tra cui l'albero della vita in mezzo al
giardino e l'albero della conoscenza del bene e
del male. 10 Un fiume usciva da Eden per irrigare
il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro
corsi. 11 Il primo fiume si chiama Pison: esso
scorre intorno a tutto il paese di Avìla, dove c'è
l'oro 12 e l'oro di quella terra è fine; qui c'è
anche la resina odorosa e la pietra d'ònice. 13 Il
secondo fiume si chiama Ghicon: esso scorre
intorno a tutto il paese d'Etiopia. 14 Il terzo
fiume si chiama Tigri: esso scorre ad oriente di
Assur. Il quarto fiume è l'Eufrate. 15 Il Signore
Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden,
perché lo coltivasse e lo custodisse. 16 Il Signore
Dio diede questo comando all'uomo: «Tu potrai
mangiare di tutti gli alberi del giardino, 17 ma
dell'albero della conoscenza del bene e del male
non devi mangiare, perché, quando tu ne
mangiassi, certamente moriresti».
La creazione in Gen 2,4b ss
Non è bene che l’uomo sia solo.
Tutta la creazione viene porta all’uomo
perché la nomini.
Dare un nome, nel linguaggio semitico,
significa possedere, dominare perché
appunto si ha il nome con cui chiamarlo,
renderlo presente. La cosa nominata non è
più a sé, ma entra in una relazione con me
dove io la nomino e domino.
L’uomo impone il nome ad ogni cosa creata.
Domina tutto eppure non trova nulla di simile
a sé. Sottomettendo tutto non trova nulla
che gli sia pari, nulla ha la stessa sua dignità.
18
Poi il Signore Dio disse: «Non è bene
che l'uomo sia solo: gli voglio fare un
aiuto che gli sia simile». 19 Allora il
Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta
di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del
cielo e li condusse all'uomo, per vedere
come li avrebbe chiamati: in qualunque
modo l'uomo avesse chiamato ognuno
degli esseri viventi, quello doveva essere
il suo nome. 20 Così l'uomo impose nomi
a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del
cielo e a tutte le bestie selvatiche, ma
l'uomo non trovò un aiuto che gli fosse
simile.
La creazione in Gen 2,4b ss
La creazione della donna.
Dio fa scendere un torpore e dal fianco
addormentato di ‘adam fa sorgere la donna,
la vita. Qui l’autore sacro usa un’immagine
legata alla natura: ‘Adam è tratto dalla terra,
addormentato riposa come la terra in
inverno, ma a primavera ecco sorgere ancora
la vita dalla terra che sembrava
addormentata. Eva è la vita che riprende; così
‘Adam la riconosce come sua pari, la sua
fecondità lo fa fecondo.
“Sarà chiamata donna perché è stata tratta
dall'uomo’” (Gn 2:23). Con questo versetto
compare una nuovo termine per dire
“uomo”, ‫(איש‬ysh)
ִׁ
a cui corrisponde il
nome “donna” è ‫( ִׁאשָּ ה‬ishà). Ysh e ishà:
“uomo” e (se ci è consentita la licenza)
“uoma”, l’essere uomo/terroso maschio e
l’essere uomo/terroso femmina.
21
Allora il Signore Dio fece scendere un
torpore sull'uomo, che si addormentò;
gli tolse una delle costole e rinchiuse la
carne al suo posto. 22 Il Signore Dio
plasmò con la costola, che aveva tolta
all'uomo, una donna e la condusse
all'uomo.
23 Allora l'uomo disse: «Questa volta
essa è carne dalla mia carne e osso
dalle mie ossa. La si chiamerà
donna perché dall'uomo è stata
tolta».
24 Per questo l'uomo abbandonerà suo
padre e sua madre e si unirà a sua
moglie e i due saranno una sola carne.
25 Ora tutti e due erano nudi, l'uomo e
sua moglie, ma non ne provavano
vergogna.
La creazione
I due racconti ci appaiono quindi differenti, distinti, eppure
anche molto simili. Per questo, sebbene diversi, il redattore
ha raccolto e tenuto assieme i due brani. Il senso che li
accomunava era comunque di più della differenza con cui lo
esprimevano.
Così Israele riflette sulla storia andando all’origine di questa:
Dio ne è l’inizio.
Questo inizio è posto in una fragilità: l’uomo rivece il
mandato, da una parte, di dominare ricordandosi del
sabato-il riposo e, dall’altra, di essere fecondo nel restare
vicino al centro senza esserlo.
Il monito è quindi anche un insegnamento con cui
comprendersi nella storia: si resta incomprensibili, polvere
in balia del soffio dei venti, se ci si dimentica che la fonte è
il centro e si rimane senza fine se non si riconosce la propria
origine.
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La creazione