Opinione pubblica, Media, Democrazia:
ascesa e caduta della II Repubblica
“Le condizioni della vita moderna hanno sempre
più richiamato l’attenzione sull’importanza
dell’opinione pubblica e della comunicazione […]
Lo sviluppo dei processi democratici ha
allargato il pubblico di cui contano le opinioni
ed ha aumentato la responsabilità sociale e
politica dei mezzi di comunicazione”
(Berelson e Janowitz, in Public Opinion and Communication, 1950)
Giorgio Grossi (Università di Milano-Bicocca)
28 aprile 2012
“Un paese da ricostruire”
1989-1994: I CINQUE ANNI CHE SEGNANO IL
PASSAGGIO ALLA II REPUBBLICA
1989 > caduta del muro di Berlino
1990 > legge Mammì sull’assetto del sistema misto radiotelevisivo
1991 > debuttano i Tg delle reti Mediaset
1992 > scoppia Tangentopoli; attentati a Falcone e
Borsellino
1993 > Referendum sulla preferenza unica; legge sulla
elezione diretta del sindaco; introduzione del sistema
elettorale maggioritario
1994 > Berlusconi entra in politica e vince le elezioni
1. LE TRASFORMAZIONI DEL SISTEMA
POLITICO-ELETTORALE (A)
Dalla democrazia consociativa alla democrazia competitiva
•
•
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•
•
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Sistema bipolare, logica della coalizione, importanza del
leader
Indebolimento delle fratture socio-politiche classiche
Dualismo del voto: identificazione (partito); opzione per
il governo (coalizione)
Rottura del linguaggio autoreferenziale e dei referenti
ideali
Cresce la disaffezione per la politica, aumenta l’indecisione, l’astensione, la partecipazione intermittente
Il “voto del cuore” dal partito alla coalizione
2. LE TRASFORMAZIONI DEL SISTEMA
POLITICO-ELETTORALE (B)
Cambia lo svolgimento delle campagne elettorali
•
•
•
•
Dalla campagna breve alla campagna lunga
Campagne di mobilitazione e di smobilitazione
Campaign issues e Personal issues nell’agenda dei temi
Marketing elettorale: sondaggi, consulenti politici, spin
doctors
• Correlazione tra esposizione alle reti tv ed orientamento
di voto (un nuovo tipo di “famiglia politica”?)
Un esempio: rapporto voto/reti televisive (elezioni 2001)
Fonte: Sani, Legnante (2002)
3. LE TRASFORMAZIONI DEL SISTEMA
INFO-COMUNICATIVO (A)
• Consolidamento di un mercato duopolistico nel settore
televisivo (il terzo polo di Cecchi Gori non riesce a sfondare).
• La miniriforma Rai di Ciampi (1993) e il CdA dei “professori”
contro la lottizzazione dura solo un anno (presidente
Dematté).
• Spoil system nella RAI dopo la vittoria di Berlusconi: dalla
lottizzazione al riallineamento all’esecutivo.
• Dibattito sulla “videocrazia”; la legge Gambino sulla “par
condicio” che limita gli spazi di propaganda elettorale nei
media (1995).
4. LE TRASFORMAZIONI DEL SISTEMA
INFO-COMUNICATIVO (B)
• Non viene approvata nessuna legge sul “conflitto di
interessi” (1996-98).
• La legge sull’emittenza del 1997 - max due reti sia per
Rai che per Mediaset - non viene mai applicata.
• Dal sistema dell’industria culturale alla convergenza
tecnologica: l’avvento delle nuove tecnologie (ICT) crea
un sistema integrato multimediale (Internet decolla dal
1998).
• Dal 2001 inizia l’era di RAISET: un unico sistema
televisivo pubblico-privato finalizzato al marketing ed alla
pubblicità.
5. LE TRASFORMAZIONI DELL’OPINIONE PUBBLICA E
DELLA COMUNICAZIONE POLITICA (A)
Dalla media logic alla media politics ovvero
dalla politica spettacolo alla politica im-mediata
A1 > spettacolarizzazione della politica, personalizzazione
della leadership, frammentazione del discorso politico
> media e partiti si influenzano reciprocamente, ma
restano relativamente distinti
A2 > si sviluppa la “politica im-mediata” e nasce il “partito
mediale”
> il marketing diventa l’infrastruttura dell’azione politica;
la pubblicità modella il discorso politico; la filosofia
aziendale guida l’organizzazione politica
> la televisione diventa il luogo deputato del “contratto
con gli italiani”
6. LE TRASFORMAZIONI DELL’OPINIONE PUBBLICA E
DELLA COMUNICAZIONE POLITICA (B)
L’opinione pubblica da “tribunale incorruttibile” o “principio di
terzietà” a posta in gioco della democrazia
B1 > La mediatizzazione dell’opinione pubblica come effetto della
mediatizzazione della politica
> Sfera pubblica de-spazializzata e de-temporalizzata; discorso
pubblico mediato; divisione cognitiva dei ruoli tra parlanti e
spettatori; rappresentanza e rappresentazione
B2 > Il “going public” e la “campagna permanente” come base del
consenso e della lotta politica.
> La comunicazione politica anche fuori campagna elettorale;
monitoraggio continuativo dell’opinione pubblica; controllo
dell’agenda e politiche di immagine
B3 > Il “clima d’opinione” come nuova variabile interveniente nella
competizione elettorale
> Costituisce la seconda dimensione del processo di opinionbuilding: è la percezione degli orientamenti di opinione prevalenti in
una data società, spesso generato da un clima d’opinione duale,
influenzato dai media. Un esempio: “Campagne elettorali del III tipo”
Le campagne elettorali: la tipologia di Norris (1997, 2000) rivisitata
Campagne
elettorali
I TIPO
premoderne
II TIPO
moderne
III TIPO
postmoderne
Caratteristica
distintiva
Ideology-oriented
Citizen-oriented
Climate-oriented
Strategia
Certificazione dei
rapporti di forza nella
società, conferma dei
valori e degli
interessi
Influenza
sull’elettorato
moderato (di centro) e
su quello marginale
(indecisi)
Influenza sul clima
d’opinione (a
prescindere dalla
conversione degli
elettori)
Ruolo della
comunicazione
Propaganda,
agitazione
(autoprodotta)
Informazione
elettorale, pubblicità
mediata,
comunicazione
“sopra” e “sotto la
linea” (eteroprodotta)
News management,
going public, virtual
polling, campagne di
opinione
(coprodotte)
Obiettivo
competitivo
Appartenenza e
identità politica
Attrazione, seduzione, Mobilitazione e
conversione
smobilitazione,
spostamento dei voti
più che degli
orientamenti
7. LE TRASFORMAZIONI DELL’OPINIONE PUBBLICA E
DELLA COMUNICAZIONE POLITICA (C)
L’evoluzione della comunicazione politica
C1 > La comunicazione politica come forma centrale di
interazione politica (tra partiti ed elettori) e come
relazione diretta (tra leader e cittadini).
C2 > Dalla comunicazione politica come propaganda e
come pubblicità alle due nuove modalità post-moderne:
la comunicazione “di clima” (per influire sulla percezione
di contesto) e la comunicazione “finzionante” (per creare
un senso di “iperrealtà” indipendente dalla realtà sociale)
C3 > Nuovi generi di discorso politico: “sound bites”,
“infotainment”, “politainment”
C4 > La comunicazione politica come fattore determinante
sia dell’agenda mediatica che del processo di opinionbuilding.
UNO SCHEMA INTERPRETATIVO DEL CASO ITALIANO:
DALLA “DEMOCRAZIA DEI PARTITI” ALLA “DEMOCRAZIA
DEL PUBBLICO”

All’inizio degli anni ’90 l’Italia appare il laboratorio più avanzato (e
spregiudicato) di questa nuova fase.
> La “sondocrazia” e la “piazza mediatica” diventano gli ingredienti
fondamentali non solo della lotta politica per la leadership del paese,
ma le stesse dinamiche d’opinione insieme ai flussi continui di
comunicazione politica conquistano il centro della interazione politica
tra elite e cittadini.

Nel giro di pochi anni la dinamica politica ed elettorale subisce una
rapida evoluzione: dalla “nuova politica” all’americanizzazione della
politica, all’ ”antipolitica”, al “marketing comunicativo” ed al “populismo
mediatico”.

Se dunque nella “democrazia dei partiti” l’opinione individuale e collettiva
erano prevalentemente allineate al processo di opinion-building
promosso dall’intermediazione delle organizzazioni politiche, nella
“democrazia del pubblico” l’opinione individuale tende ad assumere come
punto di riferimento comparativo il “clima d’opinione” collettivo.
> Tale clima è in gran parte costruito mediaticamente o comunque percepibile
prevalentemente attraverso l’arena mediatica.
IPOTESI A - INFLUENZA SUL VOTO:
DAL “VOTO D’OPINIONE” AL “CLIMA D’OPINIONE” (I)
 Nella versione originaria il voto d’opinione rappresenta solo un tipo
particolare, sia pure in crescita, di comportamento elettorale
sganciato dalle logiche di appartenenza o di interesse strumentale.
Invece il paradigma del “clima d’opinione” rimanda al framing
generale dell’agire politico in una data società, e si riferisce alla
centralità delle dinamiche cognitive e comunicative nello spazio
pubblico per tutti i tipi di elettori, e per la stessa costruzione dei
vissuti politici e delle opzioni valoriali.
 Esso infatti è riferito alla centralità del nesso tra opinione pubblica e
comunicazione politica mediata in quando determinante di contesto
e di sfondo.
E come tale non confligge con le appartenenze o le tradizioni
politiche, non è in contrasto con la fedeltà del voto, è compatibile
contemporaneamente col disinteresse per la politica e con la
partecipazione politica (soprattutto latente, invisibile), con il
disallineamento dai partiti e la “scelta di campo” per un leader di
coalizione, con l’individualismo dell’impegno politico e le lusinghe
della “dittatura della maggioranza”.
IPOTESI A - INFLUENZA SUL VOTO:
DAL “VOTO D’OPINIONE” AL “CLIMA D’OPINIONE” (II)
Due modelli di spiegazione del comportamento elettorale in Italia - la “fedeltà
leggera” e l’importanza del territorio – a confronto con l’ipotesi del “clima
d’opinione”.
a) L’elettore “fedele” non cambia coalizione, garantisce continuità, almeno
nelle tornate politiche conferma sempre l’appartenenza (“l’Italia divisa a metà”).
Tuttavia manifesta tratti contraddittori: è disinteressato alla politica ma attento
ed informato sull’offerta di coalizione; è indeciso fino all’ultimo ma poi vota in
modo “identitario” (non tradisce la sua coalizione, anche se cambia partito o
pratica il voto disgiunto); considera normale l’astensione ma quando la “posta
in gioco” è alta si mobilita e corre a votare la propria coalizione.
b) La geografia politica italiana è fortemente legata alla base territoriale. La
campagna mediatica serve a mobilitare più che a convertire. Le culture
politiche sono determinanti. Ma nel 2006 Berlusconi si salva da una sconfitta
annunciata solo mediante la creazione di un “contro-clima mediale” che
contrasta (e combatte) gli orientamenti prevalenti.
IPOTESI B - INFLUENZA SULL’AMBIENTE CULTURALE:
L’ANTIPOLITICA (I)
 Tutte le tornate elettorali degli anni ‘90 possono essere meglio interpretate attraverso
il framing dell’antipolitica: una costruzione cognitiva e simbolica che nasce all’inizio
come critica anti-centralistica (in alcune zone del nord con la Lega) e come
movimento d’opinione anti-partitocratico dopo Tangentopoli (il biennio riformatore
1992-93), e che poi viene tematizzata come “nuovismo”(di cui Berlusconi è il
principale esponente).
 Tale framing non viene rintuzzato dalla possibile contro-mobilitazione dell’opinione
pubblica in occasione dell’adesione all’Euro (occasione mancata dalla coalizione di
Centro-sinistra) e riemerge nella sua connotazione di fobia anti-immigrazione e anticriminalità nel biennio 2000-01 con la nuova vittoria del Centro-destra.
 Nel periodo sono cambiati infatti profondamente l’idea stessa di politica, la
concezione della natura della leadership, i fondamenti e gli ingredienti dei vissuti
politici dei cittadini-elettori. Si fa strada l’idea di una lotta politica basata, possiamo
dire, sulla “sentimentalizzazione degli interessi”, sulla “drammatizzazione delle
scelte”, sulla “pulsione valoriale”, sulla rinuncia da parte degli stessi attori politici a
combattere e contrastare il “senso comune” come dato “pre-politico” ma anzi a
valorizzarlo, corteggiarlo e sublimarlo.
IPOTESI B - INFLUENZA SULL’AMBIENTE CULTURALE:
NEO-POPULISMO MEDIATICO (II)
> Si evidenziano i mutamenti intervenuti nella relazione politica – di consenso
e legittimazione – tra leader e masse tramite rapporto mediatico e simbolico
diretto con i cittadini fuori da ogni intermediazione partitica e giornalistica,
e mediante la diffusione di tematiche “populiste” favorite dalla media logic
e dal primato delle audience (anche in ambito politico).
> Ad esempio: anti-intellettualismo diffuso, logica NIMBY, “malpancismo”,
rancore, aggressività, intolleranza, paura, esibizionismo, carrierismo.
> Il populismo mediatico rappresenta il supporto infrastrutturale del clima
d’opinione contemporaneo ed al tempo stesso la punta dell’iceberg della
trasformazioni della democrazia: non soltanto per il rapporto diretto tra leader e
cittadini (la “democrazia del popolo” come mobilitazione individuale one-to-one)
ma per il modo di sussumere il “senso comune” nel “programma politico”, e di
diffonderlo mediaticamente all’intero corpo elettorale secondo il ben noto
slogan di “dare alla gente ciò che la gente vuole”.
> Un esempio: la “bolla mediatica” della paura per la sicurezza (2007-2008)
FONTE: Indagine demos & pi (2010), a cura di I. Diamanti
Verso la democrazia partecipativa
(sfera pubblica, Internet, civic engagement)
• Verso la III Repubblica o verso una nuova
Democrazia?
• Il nuovo ruolo della sfera pubblica: reintermediazione e comunicazione
controversiale
• La Rete e le nuove forme di
partecipazione alla luce della multipolitica
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nuovi partiti
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