Braccialarghe Cristina
Del Papa Roberto
Lupoli Giuseppe
Fermo, maggio 2001
Dante Alighieri
Dal Codice Riccardiano 1040 - Firenze, Biblioteca Riccardiana
Biografia di:
Dante Alighieri
Nacque a Firenze nel 1265 da una famiglia della piccola nobiltà fiorentina e la sua vita
fu profondamente segnata dagli avvenimenti politici del tempo a cui egli partecipò
attivamente. Eletto priore della città (governatore)fu inviato come ambasciatore presso
Bonifacio VIII nel tentativo di dissuaderlo dalle sue manovre politiche. Fu accusato
ingiustamente di inganno e di opposizione al Papa, fu invitato a rientrare in città per
difendersi, ma egli rifiutò, sdegnato. Gli furono, allora, confiscati i beni e fu
condannato al rogo. Era l’anno 1302. Da quel momento Dante non rientrò più a
Firenze ed iniziò a peregrinare presso varie corti dell’Italia centro-settentrionale alla
ricerca di una sistemazione per sé e per la sua famiglia. Si stabilì, infine, a Ravenna
dove, in seguito ad una malattia, morì tra il 13 e il 14 settembre del 1321 all’età di 56
anni. Dante costituisce una figura centrale di tutta la letteratura europea e la sua
opera rappresenta il punto di formazione e di massima espressione della lingua
italiana. Egli segue la filosofia del Dolce Stil Novo secondo la quale tra l’uomo e la
donna “gentile” si crea un rapporto di corrispondenza che assume valore religioso e
sociale: l’Amore è, infatti, mezzo di elevazione spirituale, occasione di salvezza, motivo
di ingentilimento in coloro che sono disposti ad accoglierne il messaggio.La donna
gentile è, quindi, il tramite tra cielo e terra, tra l’uomo e Dio. Tra i suoi scritti
ricordiamo: le Rime, la Vita nuova, opera in versi ed in prosa nella quale è narrata la
vicenda dell’amore del poeta per Beatrice, idealizzata come fonte di virtù e di elevazione
spirituale; il Convivio; il De vulgari eloquentia trattato in latino, lasciato incompiuto,
sull’origine e sulla natura della lingua italiana; la Monarchia trattato politico in latino
sui rapporti tra il Papato e l’impero; il capolavoro di Dante la “Divina Commedia”
composta tra il 1306 e il 1321 divisa nelle tre cantiche dell’Inferno, del Purgatorio e del
Paradiso. Essa narra i viaggi compiuti dal poeta nei tre regni dell’oltretomba, guidato
prima da Virgilio e poi da Beatrice. Quest’ultima opera è considerata una delle opere
capitali della cultura universale.
Tanto gentile e tanto onesta pare
1
di
Dante Alighieri
1
Tratta dalla raccolta di prosa e di poesie: Vita nuova, opera di Dante scritta tra il 1292 e il 1293.
Tanto gentile e tanto onesta pare
Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l’ardiscon di guardare.
Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d’umiltà vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.
Mostrasi sì piacente a chi la mira,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che ‘ntender no la può chi no la prova:
e par che de la sua labbia si mova
uno spirito soave pien d’amore,
che va dicendo a l’anima: Sospira.
Analisi
morfologica
Analisi
metricoritmica
Analisi
figure
di suono
Tanto gentile e tanto onesta pare
Commento
Parafrasi
Analisi figure
sintattiche e di
significato
NOMI (15):
Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l’ardiscon di guardare.
Ella si va, sentendosi laudare,
donna, lingua, occhi, umiltà, cosa, cielo, terra,
miracol, occhi, dolcezza, core, labbia, spirito, amore,
anima.
VERBI (21):
pare, saluta, deven tremando, ardiscon, guardare, si
va, sentendosi laudare, vestuta, par che sia, venuta,
mostrare, mostrasi, mira, dà, ‘ntender, può, prova,
par, si mova, va dicendo, sospira.
AGGETTIVI (11):
benignamente d’umiltà vestuta;
e par che sia una cosa venuta
Tanto, gentile, tanto, onesta, mia, ogne,piacente,
sua, soave, pien, muta
da cielo in terra a miracol mostrare.
N.B.:“ALTRUI” non significa “qualcun altro”è, un
Mostrasi sì piacente a chi la mira,
pronome indefinito che funge da oggetto del verbo
transitivo, secondo l’uso dell’italiano dell’epoca.
che dà per li occhi una dolcezza al core,
CAMPI SEMANTICI:
che ‘ntender no la può chi no la prova:
DONNA
e par che de la sua labbia si mova
uno spirito soave pien d’amore,
che va dicendo a l’anima: Sospira.
lingua
cosa
cielo
occhi
dolcezza
terra
core
amore
miracol
labbia
anima
spirito
umiltà
Tanto gentile e tanto onesta pare
Tan-to-gen-ti-le e- tan-to o-ne-sta- pa-re
A
la-don-na-mia-quan-d’el-la al-trui-sa-lu-ta,
B
ch’o-gne- lin-gua-de-ven-tre-man-do- mu-ta,
B
e-li oc-chi- no- l’ar-di-scon- di- guar-da-re.
A
El-la- si- va, - sen-ten-do-si- lau-da-re,
A
be-ni-gna-men-te- d’u-mil-tà- ve-stu-ta;
B
e- par- che- sia- u-na- co-sa- ve-nu-ta
B
Sonetto: componimento
breve costituito da due
quartine e due terzine in
endecasillabi piani. Le
due quartine hanno rima
incrociata, le terzine
rima invertita.
da- cie-lo in- ter-ra a- mi-ra-col- mo-stra-re.
A
-SINALEFE: 11
-SINERESI: 4
Mo-stra-si- sì- pia-cen-te a- chi- la- mi-ra,
C
che-dà-per- li oc-chi u-na- dol-cez-za al- co-re,
D
che- ‘nten-der- no- la- può- chi- no- la- pro-va:
E
e- par- che- de- la- sua- lab-bia- si- mo-va
E
u-no- spi-ri-to- soa-ve- pien- d’a-mo-re,
D
che- va- di-cen-do a- l’a-ni-ma:- So-spi-ra.
C
-ENJAMBEMENT: 3
Tanto gentile e tanto onesta pare
Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l’ardiscon di guardare.
Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d’umiltà vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.
Mostrasi sì piacente a chi la mira,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che ‘ntender no la può chi no la prova:
e par che de la sua labbia si mova
uno spirito soave pien d’amore,
che va dicendo a l’anima: Sospira.
-ALLITTERAZIONE: 2
“…Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand’ella altrui saluta…
…l’ardiscon di guardare…”
-ONOMATOPEA: 2
“…tremando…sospira…”
Tanto gentile e tanto onesta pare
Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l’ardiscon di guardare.
FIGURE SINTATTICHE:
Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d’umiltà vestuta;
-ANAFORA: 1
-INVERSIONE: 5
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.
FIGURE DI SIGNIFICATO:
-SIMILITUDINE (allegoria): 1
Mostrasi sì piacente a chi la mira,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che ‘ntender no la può chi no la prova:
e par che de la sua labbia si mova
uno spirito soave pien d’amore,
che va dicendo a l’anima: Sospira.
-SINEDDOCHE: 3
PARAFRASI:
Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l’ardiscon di guardare.
Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d’umiltà vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.
Mostrasi sì piacente a chi la mira,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che ‘ntender no la può chi no la prova:
e par che de la sua labbia si mova
uno spirito soave pien d’amore,
che va dicendo a l’anima: Sospira.
La mia donna quando porge il suo
saluto, appare tanto nobile (in senso
spirituale) e degna di onore che
chiunque la incontri non riesce a
parlare e non osa guardarla.
Ella circondata da elogi, procede con
quell’atteggiamento di umiltà che
rivela benevolenza e appare come un
essere sceso dal cielo sulla terra a
manifestare in concreto la potenza
divina.
Si manifesta a chi la osserva così
bella che dona attraverso gli occhi
una sensazione di dolcezza che, chi
non ne ha diretta esperienza, non
può conoscere.
E sembra che il suo viso emani una
soave ispirazione amorosa che
suggerisce all’anima:«Sospira».
“Tanto gentile e tanto onesta pare” è una delle cinquantasette poesie presenti nelle oltre trentuno liriche della “Vita
Nuova” che narra la vicenda dell’amore di Dante per Beatrice, una fanciulla fiorentina di cui il poeta si innamora
fin dagli anni della sua infanzia paragonandola ad un angelo inviato da Dio sulla terra e che fa, quindi, da
intermediario tra l’uomo e Dio.
La lirica ha la struttura di un sonetto:un componimento paratattico, in cui la sua sintassi è essenziale, formato da
due quartine a rima incrociata e da due terzine a rima invertita in endecasillabi piani, dove, quindi, l’accento cade
sulla penultima delle undici sillabe. In origine, si chiamava genericamente sonetto, qualsiasi componimento messo
in musica. Nella sua forma propria il sonetto nacque, dalla fusione di due brevi componimenti poetici siciliani.
Perfezionato dai rimatori toscani e in modo particolare dal Dolce Stil Novo, da Dante e dal Petrarca, il sonetto fu la
forma prediletta della lirica d’arte italiana, allargandosi, già, nel Duecento dalla primitiva materia d’argomento
amoroso a quella di argomento morale, civile, politico, satirico e burlesco.
La parola chiave che costituisce la struttura portante del sonetto, è il verbo «pare» (“…tanto onesta pare…e par che
sia…mostrasi sì…e par che …”):il verbo, però, non indica banalmente “sembrare” ma “apparire” e ciò vuole
indicare il carattere di apparizione miracolosa che possiede la figura della donna.
Nella poesia, inoltre, non spicca un forte quadro visivo, non si delinea uno sfondo concreto, non si rivela una
descrizione fisica della donna (“…Ella si va…”).Infatti, l’uso, folto, di sostantivi e verbi, posti a fine verso a
formare le rime, (“…pare…guardare…laudare…mostrare…vestuta…venuta…”) non evocano una realtà concreta e
fisica ma assumono o un significato metaforico o un valore puramente spirituale. Presente è, infatti, l’allegoria
(“…par che sia una cosa venuta da cielo in terra…”)che conferma quanto detto.
Dal punto di vista stilistico-retorico il lessico utilizzato è letterario e l’enjambement, presente nel I° e II° strofa
(“…pare la donna mia…una cosa venuta da cielo in terra…) vuole valorizzare il rapporto donna-angelo; come,
anche, l’uso di figure sintattiche quale l’inversione che cerca di sottolineare il significato di alcuni termini che si
legano, comunque, alla creatura divina e l’uso di allitterazione e, quindi, di ripetizione della lettera “a” (“…Tanto
gentile e tanto onesta pare la donna mia quand’ella altrui saluta…”), che suggerisce un linguaggio legato alla
gentilezza della donna: tutto è funzionale all’immagine della fanciulla che Dante idealizza come fonte di virtù, di
bellezza e di elevazione spirituale.
Ci si chiede se un tipo di amore così inteso, possa essere attuale, o anche se,
al giorno d’oggi, esistano “creature” capaci di ispirare sentimenti così puri.
A nostro avviso, che ci accingiamo ad analizzare l’espressione poetica di un
personaggio come Dante per considerarne l’attualità, forse, un amore del
genere, non esisteva nemmeno in quell’epoca. La donna bellissima,
idealizzata da Dante non è , secondo noi, una rappresentazione realistica ma
trova le fondamenta del suo essere nella civiltà dell’epoca, in cui la religione
era morale di vita; la donna, infatti, era equiparata alla Madonna e quindi
immagine di perfezione.
Perciò, non pensiamo che l’uomo comune del XIII/XIV secolo provasse
sentimenti simili per quanto “gentile e onesta” potesse apparire una donna.
Probabilmente, oggi come oggi, una donna potrebbe essere idealizzata in
questo modo ma non crediamo che ci si possa sentire più vicini a Dio per
l’azione dell’amore e della donna stessa.
Pertanto, non è il sentimento d’amore che cambia ma è il contesto storico e
culturale in cui esso è inserito a conferirgli contenuti diversi.
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Dante - GB Carducci