Quattro giornate di Napoli
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L'insurrezione delle Quattro Giornate di Napoli, che permise la liberazione della città, nacque come
reazione ai rastrellamenti dei tedeschi, che riuscirono ad internare 18.000 uomini, all'ordine di
sgombero di tutta l'area occidentale cittadina, alla sistematica distruzione delle fabbriche e del porto,
ma ebbe anche un significato politico e militare. Militare perché impegnò per più giorni e costrinse
alla resa le forze tedesche che si erano rafforzate, politico perché nel corso della rivolta crebbero gli
elementi di autorganizzazione, anche se non fu possibile creare un comando unificato. La presenza
antifascista fu numerosa e significativa. Valga per tutti l'esempio di Antonio Tarsia in Curia che assunse
la direzione del quartiere Vomero costituendo il Fronte Unico Rivoluzionario, il quale ebbe sede nel
liceo Sannazzaro. Ma è da segnalare anche la presenza di soldati e soprattutto ufficiali in cui l'odio
antitedesco era rafforzato da un forte sentimento di lealismo al re ed all'istituto monarchico. Più
difficile invece il discorso sul rapporto tra rivolta e strutture antifasciste organizzate. Ad esempio il Cln
di Napoli non fu presente in quanto tale perché la proposta di costituirsi in organismo insurrezionale,
con funzioni di governo provvisorio, fu accolta con scetticismo dai suoi componenti.
Le Quattro Giornate hanno avuto un destino alterno sul piano della memoria. R. Battaglia nella sua
ormai classica "Storia della Resistenza" ne sottolineò il carattere di rivolta popolare "in cui all'odio
contro i tedeschi si unisce la ribellione del popolo meridionale contro le sofferenze secolari da esso
sopportate". Ma essa fu conosciuta anche - e forse soprattutto - attraverso il film "Le Quattro
Giornate" di N. Loy realizzato nel 1962, quando nel paese andava maturando l'esperienza di centrosinistra, in cui si esaltava la dimensione antinazista della rivolta anche mediante l'utilizzazione di alcuni
stereotipi come quello dello "scugnizzo". In realtà la memoria delle Quattro Giornate ha conosciuto
una lunga fase di oblio ed è entrata con difficoltà nella tradizione storico-politica della città.
In ogni caso la rivolta partenopea non deve essere considerata un fatto isolato. Essa fu preceduta e
seguita da un insieme di stragi, eccidi, veri e propri momenti insurrezionali in provincia di Napoli e
nell'area di terra di Lavoro.
Bombardamenti di Napoli
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Il primo bombardamento aereo a Napoli (dopo diverse ricognizioni aeree) si ebbe il 1º novembre
1940, ad opera di bombardieri leggeri Bristol Blenheim della Royal Air Force con base a Malta e si
inseriva nel più ampio quadro della guerra aeronavale nel Mediterraneo tra italiani ed inglesi: pochi
giorni dopo si aveva la famosa Notte di Taranto.
I primi obiettivi furono essenzialmente il porto e le navi, con le appendici della zona industriale
orientale, dei Granili, di San Giovanni a Teduccio e, ad occidente, di Bagnoli e Pozzuoli. È da notare
che in questo periodo la città non era assolutamente attrezzata per resistere ad attacchi di tale
genere: mancavano i rifugi e le uniche attività di contraerea erano quelle dei cannoni delle navi che
occasionalmente si trovavano nel porto.
L'incursione seguente si ebbe l'8 gennaio 1941 e produsse danni anche nella zona di corso Lucci e al
Borgo Loreto; tra le seguenti (sempre inglesi), importante fu l'incursione del 10 luglio, che distrusse
la raffineria di via delle Brecce e quelle del 9 e 11 novembre che ebbero come bersaglio la stazione
centrale, il porto e le fabbriche principali. Un altro raid, il 18 novembre, provocò molte vittime civili
per il crollo di un palazzo su un rifugio in Piazza Concordia.
Nel 1942 ci furono sei incursioni, tuttavia proprio la parte conclusiva dell'anno vide un deciso
cambio di strategia nella guerra aerea alleata: in pratica si passò dal bombardamento strategico,
destinato principalmente agli obiettivi militari, alle infrastrutture e agli impianti industriali, ai
bombardamenti a tappeto, fatti con bombardieri pesanti, distribuiti pressoché uniformemente su
tutta la città e con molte più vittime civili; lo scopo era anche quello di fiaccare il morale della
popolazione e indurla all'esasperazione e possibilmente alla rivolta. Ai bombardieri inglesi
cominciarono inoltre ad affiancarsi (fino a diventare la forza preponderante) le forze aeree
statunitensi e le incursioni diventarono anche diurne.
Proclama da parte dei nazisti al popolo napoletano
Da oggi 12 settembre 1943 assumo il comando della vostra città.
Esigo la massima disciplina per la immediata esecuzione dei seguenti ordini:
1) consegna di tutte le armi entro le 24 ore di tutte le armi e munizioni (compresi i
fucili da caccia) alle autorità germaniche
Chi non ottemperasse a quest’ordine e fosse trovato in possesso di armi e
munizioni sulla persona o in casa verrà immediatamente passato per le armi.
La consegna delle armi sarà fatta alle ronde militari tedesche oppure nei seguenti
luoghi:
A) Piazza Plebiscito
B) Piazza Garibaldi (Albergo bella Napoli)
C) Caserma Cavalleria Conte di Torino (bagnoli)
D) Albergo Bellavista (corso Vittorio Emanuele)
2. Il coprifuoco avrà inizio da oggi alle ore 20 e cesserà alle ore 6.
Sarà costretto ad adottare le suddette draconiane misure in seguito al fatto che
molti ufficiali e soldati germanici, che hanno combattuto per ben tre anni a fianco
dei soldati italiani versando il loro sangue anche per la causa italiana,sono stati
vilmente trucidati
Sbarco a
Salerno
Lo Sbarco a Salerno, denominato in codice dagli Alleati Operazione
Avalanche , fu una operazione militare attuata dagli eserciti anglo-americani
a partire dal 9 settembre 1943 nel corso della campagna d'Italia, durante
la seconda guerra mondiale.
Con lo sbarco nel settore di Salerno la 5ª Armata statunitense del
generale Mark Wayne Clark intendeva costituire la principale testa di ponte
nella penisola italiana e marciare rapidamente verso Napoli, in connessione
con le truppe britanniche del generale Bernard Montgomery già sbarcate nei
giorni precedenti in Calabria e sfruttando la situazione creata
dall'improvviso armistizio italiano.
Nonostante alcuni successi iniziali, le truppe del generale Clark vennero
violentemente contrattaccate dalle forze tedesche che il
feldmaresciallo Albert Kesselring era riuscito a concentrare sulle alture
dominanti; gli anglo-americani si trovarono in grande difficoltà e il generale
Clark temette un disastro. Dopo dieci giorni di aspri scontri, gli alleati, che
avevano subito perdite molto più elevate dei tedeschi, riuscirono, grazie
soprattutto al sostegno aereo-navale, a consolidare la testa di ponte; i
tedeschi preferirono ripiegare ordinatamente verso nord in direzione delle
linee fortificate in via di organizzazione nell'impervio territorio appenninico
a nord di Napoli dove l'avanzata alleata sarebbe stata bloccata durante
l'inverno 1943-1944.
La reazione tedesca
• Nel momento in cui i soldati iniziarono a prendere
terra, l'aviazione tedesca (la Luftwaffe) diede inizio ad
una serie di attacchi aerei sulle navi in rada e sui mezzi
da sbarco, provocando gravi perdite tra le file alleate.
Per risposta i cacciatorpediniere alleati dapprima
misero a silenzio l'aviazione, e poi con la novità
dell'utilizzo dei lanciarazzi, misero a tacere anche le
difese costiere. Il VI Corpo d’Armata e la 36ª Divisione
riuscirono però a superare quei duri attacchi e
i commando della Special Service Brigade sbarcarono
senza difficoltà a Marina di Vietri. Nel frattempo anche
l’altro corpo speciale, i Rangers, era sbarcato a Maiori.
La Caterina Costa
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La Caterina Costa è stata una motonave italiana, protagonista di uno dei peggiori
incidenti della seconda guerra mondiale.
Si trattava di una grande e moderna motonave da carico - una delle migliori
costruite in Italia al tempo - di 8060 tonnellate di stazza lorda, completata nel 1942
per l'armatore genovese Giacomo Costa.
Il 21 ottobre 1942 fu requisita dalla Regia Marina e, in virtù delle sue
caratteristiche, adibite al trasporto dei rifornimenti sulla rotta più importante,
quella per il Nord Africa. Compì quattro viaggi su questa tratta; il 26 dicembre 1942
rimase danneggiata in un attacco aereo suBiserta.
Il 28 marzo 1943 si trovava ormeggiata nel porto di Napoli, nella zona prospiciente
il rione di Sant'Erasmo, carica di materiale bellico destinato alle forze armate
italiane dislocate in Tunisia. Una volta ultimato il caricamento dei rifornimenti 790 tonnellate di carburante, 1700 tonnellate di munizioni, altro materiale fra
cui carri armati, alcune centinaia di militari italiani e tedeschi - sarebbe entrata a
far parte di un convoglio diretto a Biserta, in Tunisia.
Intorno alle ore 15 del 28 marzo si sviluppò a bordo un incendio, non si sa tuttora
se accidentale o doloso, che non poté essere domato e che portò, tre ore dopo,
allo scoppio del carico.
NAPOLI SOTTO BOMBARDAMENTO
Mappa della città con indicati i luoghi
dell'insurrezione
Un
giovanotto
che
impugna i
proiettili
Un’altra foto di Napoli sotto
bombardamento
Padiglione alla Masseria Pagliarone
Santa Chiara dopo i bombardamenti
Festeggiamenti dopo la liberazione
Lapide ai deceduti sotto
bombardamento
CATERINA COSTA
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