Breve percorso attraverso discriminazioni esistenti e
potenziali nel sistema previdenziale
Obiettivo e struttura dell’incontro
 Obiettivo: la protezione sociale è strutturata in modo
da ingenerare discriminazioni di genere?
Struttura dell’incontro:
a. Discriminazione diretta e discriminazione indiretta nella
protezione sociale
b. L’ordito del sistema di protezione sociale: schema
assicurativo e contratto social tipico
c. I contratti non standard e la protezione dei lavoratori
d. PAUSA!!!
e. Età di pensionamento e discriminazione: la corte di
giustizia della CE
Il sistema di protezione sociale
non è discriminatorio …
… è molto peggio …
…è antiquato
In effetti il sistema si muove sulla
base creata nell’ottocento
ed utilizza lo schema del contratto
assicurativo
per tutelare il lavoratore tipico degli
anni ‘50 del novecento
 operaio, maschio, con contratto a
tempo pieno e a tempo
indeterminato
La conseguenza dello schema
assicurativo
 Rilievo preminente al dato CONTRIBUTIVO
piuttosto che alla situazione di bisogno.
 L’anzianità contributiva è utilizzata per stabilire se
il soggetto ha diritto alla prestazione
 L’anzianità contributiva/l’ammontare dei
contributi versati sono utilizzati (a volte) per
quantificare la prestazione dovuta.
La contribuzione
L’andamento contributivo è legato ai periodi di lavoro
retribuiti secondo un minimo settimanale (limite
retributivo settimanale: €183,10, un part-time che
percepisce €92 alla settimana , avrà un’anzianità
contributiva di 1 settimana ogni 2 settimane di lavoro).
Periodi di sospensione dal lavoro senza indennità,
interruzioni lavorative, part-time rendono più
difficoltoso il raggiungimento dei minimi contributivi
richiesti per ottenere il diritto alle prestazioni.
Il lavoratore social tipico
 Il sistema è formalmente non discriminatorio.
 Ma chi sono i lavoratori che maggiormente utilizzano i
contratti non standard?
Prestazioni di protezione sociale
interessate
 Pensione di anzianità
 Prestazioni per la
disoccupazione
 Prestazioni temporanee
(malattia / maternità)
 Pensione di vecchiaia
La discriminazione di genere
dal femminile al maschile
Per l’integrazione
del diritto
Rispetto alla misura
Della prestazione
Pensione di anzianità [pensioni
contributive e retributive]
 Requisiti di ammissibilità:



Dal 1/7/2009: 36 anni di anzianità contributiva + 59 anni
anagrafici (c.d. base 95)
Dal 2013: 61 anni, base 97 (37 anni di contribuzione)
Oppure : 40 anni di contribuzione
 Liquidazione:
requisiti entro il 2° trimestre: 1° gennaio successivo; 4° trimestre:
1° luglio successivo.
In altri termini la liquidazione è differita per un periodo
ricompreso tra un minimo di 6 mesi ad un max di 1 anno.
Prestazioni per la disoccupazione
 Disoccupazione ordinaria:
 2 anni di anzianità contributiva, di cui almeno 1 nel
biennio antecedente la disoccupazione.
 60% della retribuzione per i primi 6 mesi, 50% 7° e 8°
mese (per ultra cinquanta: 9-12° al 40%)
 Disoccupazione a requisiti ridotti
 Almeno 78 giornate lavorative nell’anno precedente
 35% della retribuzione per i primi 120 gg.; 40% della
retribuzione fino al 180° (in genere max 6 mesi)
Prestazioni temporanee
 Le indennità relative alle prestazioni temporanee sono
normalmente commisurate alla retribuzione media
giornaliera globale dell’ultimo mese/tre mesi.
 Le variazioni contrattuali e/o di orario di lavoro
influiscono dunque sulla determinazione delle
indennità di malattia, maternità, etc…
 CIGS, Mobilità: la possibilità di fruire della pensione di
vecchiaia a 60 anni anziché 65, può influenzare i
criteri di scelta stabiliti nell’accordo gestionale
Il caso dell’assegno familiare nel
part-time: discriminazione?
 Almeno 24 ore: L'assegno spetta nella misura intera
(cioè sei assegni giornalieri nella settimana)
 Meno di 24 ore: Ai lavoratori part-time che lavorano
meno di 24 ore settimanali spetta l'assegno per il
nucleo familiare solo per le giornate in cui vi sia stata
effettiva prestazione lavorativa. Se il lavoratore è un
part-timer orizzontale potrà avere più assegni del
part-timer verticale, a parità di ore lavorate: 4 h. x 5
gg.= 5 assegni; 7 h. x 3 gg.= 3 assegni.
Una prima sintesi
 I problemi più gravi di discriminazione diretta
(assegni familiari, prestazioni ai superstiti inps, Stato,
inail) sono risolti da vari testi normativi oggi
ricondotti tutti nell’art.30 d.lgs.198/2006 “Divieti di
discriminazione nell’accesso alle prestazioni
previdenziali”
 I problemi attuali sembrano riguardare
fondamentalmente i tipi contrattuali con riduzione di
orario, tra i quali il part-time, tipicamente applicato in
maggior misura alle donne.
La pensione di vecchiaia retributiva
(18 anni di anzianità contributiva al 31/12/1995)
 65 anni di età, con possibilità di pensionamento a 60
anni per le donne previa comunicazione al datore di
lavoro (l.903/1977 come interpretata dalla C.Cost.
137/1988 e 498/1988. Ora trasfuso in art.30, co.1, d.lgs.
198/2006)
 20 anni di anzianità contributiva
 Dal 1992 questi requisiti sono richiesti anche per i
dipendenti pubblici (antecendentemente: 15/20 anni
di anzianità di servizio, senza età pensionabile)
La pensione di vecchiaia contributiva
(lavoratrici dal 1/1/1996, pubblico e privato)
 Età pensionabile (1995) da 57 a 65 anni, disponibile.
Dal 2004: 60 donne, 65 uomini
 Anzianità contributiva: 5 anni
 La fissazione di una età di pensionamento disponibile
solo per le donne incide su due aspetti
La lavoratrice
può scegliere il
coefficiente di
trasformazione
In caso di
licenziamento la
lavoratrice può
ottenere la
pensione mentre
il lavoratore no
Il sistema di calcolo contributivo
Montante
contributivo
Coefficiente di
trasformazione
• (contributi
versati in tutta la
vita lavorativa)
• (modificato ogni
10 / 3 anni)
X
Il coefficiente di trasformazione
60
• 5,163% (dal 1995 al 2009)
• 4,798% (dal 2010 al …? 2013?)
61
• 5,334 %
• 4,940%
62
• 5,514%
• 5,093%
63
• 5,706%
• 5,257%
64
• 5,911%
• 5,432%
65
• 6,136%
• 5,620%
25 anni
Retribuzione
annua lorda:
€40000
Montante
contributivo
330.000
P ENSIONE ANNUA €20.249 NEL
2009, €18.546 DAL 2010
CGCE C-46/07, 13/11/2008
Mantenendo in vigore una normativa in
forza della quale i dipendenti pubblici
hanno diritto a percepire la pensione di
vecchiaia a età diverse a seconda che siano
uomini o donne, la Repubblica italiana è
venuta meno agli obblighi di cui
all’art. 141 CE.
Punto 1
regimi legali vs. regimi professionali
A) la disciplina previdenziale per i dipendenti
pubblici è cambiata con la privatizzazione del
pubblico impiego.
B) tale cambiamento ha comportato l’inserimento
di una età diversa di pensionamento (60/65 anni)
C) E’ legittima una diversa età di pensionamento?
Direttiva 79/7
relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in
materia di sicurezza sociale
Articolo 7
1. La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli
Stati membri di escludere dal suo campo di
applicazione:
a) la fissazione dei limiti di età per la concessione della
pensione di vecchiaia e di fine lavoro e le conseguenze
che possono derivarne per altre prestazioni;
La differenza di età può essere
mantenuta nel regime legale
La differenza di età non può
essere mantenuta nei regimi
professionali
Quando un regime è
professionale?
Differenza tra regimi previdenziali nazionali e
regimi professionali
(CGCE 17-5-1990, C-262/88, Barber)
 Istituzione per contrattazione collettiva/ decisione
unilaterale [25]
 Finanziamento a carico del datore o datore e lavoratore
[25]
 contracting out [26]
 Solo alcune imprese [26]
 Vantaggi per il lavoratore [28]
 L’indipendenza del soggetto gestore dal datore con
modifica la natura retributiva [29]
 La fissazione di un requisito di età che varia secondo il
sesso per le pensioni versate nel contesto di un regime
professionale privato che si sostituisce in parte al
regime legale è in contrasto con detto articolo [art.119],
anche se la differenza tra l’età di pensionamento degli
uomini e quella delle donne è analoga a quella stabilita
dal regime legale nazionale[32]
I regimi professionali
 Art. 141 CE: parità retributiva
 Capo 2 dir 2006/54/CE: Parità di trattamento nel
settore dei regimi professionali di sicurezza sociale
 Per regimi professionali intendiamo, normalmente, i
fondi di previdenza complementare (ma non solo).
Punto 2: il regime per i pubblici
dipendenti è professionale?
 Posto che il datore di lavoro è anche colui
che paga la prestazione pensionistica,
questo dato è sufficiente a far ritenere che le
prestazioni pensionistiche per i pubblici
dipendenti siano regimi “professionali” ?
 Rientra nel campo di applicazione dell' art. 119 del Trattato,
con la conseguenza che è soggetto al divieto di
discriminazione basata sul sesso sancito da questo articolo,
un regime pensionistico applicabile al pubblico impiego,
come l' Algemene Burgerlijke Pensioenwet in vigore nei Paesi
Bassi, il quale è sostanzialmente modellato in funzione del
posto ricoperto dall' interessato, nel senso che, benché
disciplinato dalla legge, esso garantisce al dipendente
pubblico una tutela avverso il rischio di vecchiaia e
costituisce un vantaggio corrisposto dal datore di
lavoro pubblico al lavoratore in conseguenza dell'
attività lavorativa svolta da quest' ultimo, simile a
quello corrisposto da un datore di lavoro privato in
virtù di un regime convenzionale. (CGCE 28.9.94, Beune
c-7/93)
Una pensione corrisposta in base ad un regime quale quello stabilito dalla
valtion eläkelaki (legge sulle pensioni dei dipendenti pubblici), in vigore in
Finlandia, rientra nella sfera di applicazione dell'art. 119 del Trattato CE.
Infatti, dato che INTERESSA SOLTANTO UNA CATEGORIA
PARTICOLARE di lavoratori, che
È DIRETTAMENTE PROPORZIONALE AGLI ANNI DI SERVIZIO
PRESTATI e che il suo
IMPORTO È CALCOLATO IN BASE ALL'ULTIMA RETRIBUZIONE del
dipendente pubblico,
una pensione corrisposta in forza di detto regime soddisfa i tre criteri
caratterizzanti il rapporto di lavoro che, nelle sentenze 28 settembre 1994,
causa C-7/93, Beune, e 29 novembre 2001, causa C-366/99, Griesmar, la
Corte ha ritenuto determinante ai fini della qualificazione, con
riferimento all'art. 119 del Trattato, delle prestazioni erogate sulla base di
un regime pensionistico dei pubblici dipendenti. (CGCE, 12.9.2002, Pirkko
Niemi, c-351/00)
Dir. 2006/54/CE
attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento
fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (rifusione)
 I “considerando”
(13) Con la sentenza del 17 maggio 1990, nella causa
C-262/88, la Corte di giustizia ha stabilito che tutte
le forme di pensioni professionali costituiscono un
elemento di retribuzione a norma dell'articolo 141
del trattato.
 (14) Sebbene il concetto di retribuzione ai sensi
dell'articolo 141 del trattato non includa le prestazioni
sociali, è stato ormai chiarito che i regimi pensionistici dei
dipendenti pubblici rientrano nel campo d'applicazione del
principio della parità retributiva se le relative prestazioni
sono versate al beneficiario a motivo del suo rapporto di
lavoro con il datore di lavoro pubblico, e ciò anche
nell'ipotesi in cui il regime in questione faccia parte di un
regime legale generale. Secondo le sentenze della Corte di
giustizia nelle cause C-7/93 e C-351/00 questa condizione è
soddisfatta se il regime pensionistico interessa una
categoria particolare di lavoratori e se le prestazioni sono
direttamente collegate al periodo di servizio e calcolate con
riferimento all'ultimo stipendio del dipendente pubblico.
Per chiarezza, è dunque opportuno adottare una specifica
disposizione in tal senso.
I motivi della sentenza
 le considerazioni di politica sociale, di organizzazione
dello Stato, di etica o anche le preoccupazioni di
bilancio che hanno avuto o hanno potuto avere un
ruolo nella determinazione di un regime pensionistico
da parte di un legislatore nazionale non possono
considerarsi prevalenti qualora la pensione interessi
soltanto una categoria particolare di lavoratori, sia
direttamente funzione degli anni di servizio prestati e
il suo importo sia calcolato in base all’ultimo stipendio
del dipendente pubblico (37)
Particolare categoria
 essi si distinguono dai lavoratori di un’impresa o di un
gruppo di imprese, di un comparto economico o di un
settore professionale o interprofessionale soltanto in
ragione delle caratteristiche peculiari che disciplinano
il loro rapporto di lavoro con lo Stato, con altri enti o
datori di lavoro pubblici
Il calcolo della pensione
 la pensione versata nell’ambito del regime pensionistico
gestito dall’INPDAP viene calcolata con riferimento al
numero di anni di servizio prestati dal dipendente e allo
stipendio base percepito da quest’ultimo prima del suo
pensionamento.
 La Repubblica italiana, pur contestando queste
affermazioni per il motivo che sono basate su disposizioni
precedenti alla messa in mora, ammette tuttavia che,
conformemente all’attuazione della riforma che la
Repubblica italiana ha condotto a decorrere dagli anni ’90,
la pensione di cui trattasi tiene conto della media delle
retribuzioni percepite nell’ultimo decennio e dei contributi
versati corrispondenti.
 Costituisce retribuzione ai sensi dell’art. 141 CE anche
una pensione il cui importo è calcolato sulla base del
valore medio della retribuzione percepita nel corso di
un periodo limitato ad alcuni anni immediatamente
precedenti il ritiro dal lavoro (v. sentenza Niemi, cit.,
punto 51) nonché una pensione il cui importo è
calcolato sulla base dell’importo di tutti i contributi
versati durante tutto il periodo di iscrizione del
lavoratore e ai quali si applica un fattore di
rivalutazione (v. sentenza 1° aprile 2008, causa
C-267/06, Maruko, non ancora pubblicata nella
Raccolta, punto 55).
La fissazione, ai fini del pensionamento, di una condizione di
età diversa a seconda del sesso è giustificata dall’obiettivo di
eliminare discriminazioni a danno delle donne?
 la fissazione, ai fini del pensionamento, di una
condizione d’età diversa a seconda del sesso non è tale
da compensare gli svantaggi ai quali sono esposte le
carriere dei dipendenti pubblici di sesso femminile
aiutando queste donne nella loro vita professionale e
ponendo rimedio ai problemi che esse possono
incontrare durante la loro carriera professionale
 Il punto critico è nella determinazione della
prestazione: con la riforma del 1995 non è possibile
sostenere che la prestazione sia proporzionale alla
anzianità di servizio e alla retribuzione, perché uno dei
due parametri fondamentali per il calcolo è il
coefficiente di trasformazione che esula totalmente dal
rapporto di lavoro (è determinato ogni 3 anni dal
governo sulla base degli andamenti demografici,
anagrafici e del pil)
 La sentenza, allora, colpisce solo la normativa che si
applica in via transitoria ai lavoratori già in servizio al
31.12.1995
 Si deve sottolineare, comunque, che, poiché la
normativa si applica sia ai lavoratori pubblici che
privati, da una parte non è ben chiaro perché la corte
parli di una applicazione parziale, dall’altra – di fatto –
si entra nell’ambito delle scelte pubbliche di
protezione sociale.
 Posto che, allo stato attuale, la disciplina pensionistica
per i dipendenti pubblici ed i dipendenti privati è la
medesima, potrà lo Stato modificare l’età pensionabile
solo per i dipendenti della p.a.?
 Varie proposte di legge contengono delle possibili
risposte in termini di ritorno alla flessibilità dell’età di
pensionamento e all’applicazione immediata (proquota) a tutti della riforma del 1995.
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Prof. AVIO 06-11