La parodia
l’uso comico del mito germanico
nel fumetto
Cosa intendiamo per “parodia”
La definizione del termine “parodia” è oggetto di
dibattito tra studiosi della letteratura. Gérard Genette,
a cui si deve una trattazione sistematica della
riscrittura letteraria (Palimpsestes. La littérature au
second degré, 1982) considera parodie solo le
riscritture in cui uno stile elevato viene applicato a un
materiale narrativo “basso”.
Qui useremo “parodia” nel senso comunemente diffuso
del termine, come riscrittura comica di un testo
ampiamente noto, operazione cui Génette conferisce il
nome di “travestimento burlesco”.
Il procedimento parodico può costituire un’operazione
di riscrittura intrasemiotica (all’interno dello stesso
codice espressivo) o intersemiotica (da un codice
espressivo all’altro).
Il film Space Balls [Balle spaziali, 1987] di Mel Brooks
rappresenta, ad esempio, una riscrittura
intrasemiotica del film Space Wars [Guerre stellari,
1977].
I casi di cui ci occupiamo in questa lezione
rappresentano invece riscritture intersemiotiche (da
letteratura a fumetto).
A chi si rivolge la parodia?
L’indignazione con cui il Mago Merlino
si rivolge ai personaggi del racconto
L’antro del mostro (Grendel’s Layer,
“Captain Marvel”, ed. USA settembre
2001) sottolinea un problema di
fondo: come risulta efficace una
parodia se il pubblico non conosce
l’ipotesto?
In realtà la vignetta stessa fornisce
una parziale risposta: Merlino
richiama alla memoria dei lettori le
principali informazioni su Beowulf,
Grendel e sua madre.
Parodia e uso comico del
personaggio leggendario
L’antro del mostro non può comunque essere definito una
parodia vera e propria: non costituisce infatti una
riscrittura comica del poema anglosassone Beowulf. Uno
dei personaggi del poema – la madre di Grendel – viene
invece estrapolato dal contesto originale e riutilizzato
nel nuovo racconto. L’effetto comico nasce proprio da
questa ricontestualizzazione, e dal fatto che il mostro
antico diviene una star del cinema horror.
I Nibelunghi e casa Disney
Nel corso dell’ultimo mezzo
secolo la Disney ha pubblicato
tre riscritture parodiche
dell’epos nibelungico. La
prima, “Paperino e l’oro di
Reno, ovvero L’anello dei nani
lunghi”, viene sceneggiata da
Guido Martina e disegnata da
Pier Lorenzo de Vita nel
1959.
Questa versione è ambientata nel consueto universo
disneyano, collocato genericamente nell’America del Nord
(qui si direbbe più il Messico che gli Stati uniti). I
personaggi “paperopolesi” sono però qui definiti “nani
lunghi” (allungatisi per il troppo riposare), il loro re è
Paperon-Alberico (zio Paperone), detentore di un anello e
di un elmo magici, che si arricchisce giocando al casino di
Reno, nel Nevada. Derubato dai giganti Fasol e Fafner
(Bassotti), Paperone deve chiamare in aiuto Sigfritto
(Paperino, che si chiama così perché dice sempre “Sigh,
sono fritto”). Paperino dovrà a sua volta procurarsi l’aiuto
della valchiria (Paperina). Paperino vince il drago-bassotto
Fafner facendolo morir dal ridere con la sua goffaggine,
ma poi viene sconfitto da Gastone che si impadronisce del
tesoro. La storia si chiude su Paperone che insegue
Paperino per vendicarsi.
Zio Paperone e i funghi dei
Nibelunghi
Nel 1975, lo sceneggiatore Rodolfo
Cinico e il disegnatore Romano Scarpa
creano questa nuova parodia della
leggenda. Durante una gita tra le
montagne d’Europa, Paperone, Paperino
e i nipotini si imbattono in Alberico, re
dei Nibelunghi, che li porta alla sua
reggia. Alberico viene però rapito dai
giganti e tocca a Paperino cercare di
liberarlo. Ci riesce, naturalmente, con
l’aiuto determinante dei paperini.
Quando però Paperone esige una
ricompensa, Alberico si trasforma in
drago e i paperi sono costretti a una
fuga precipitosa.
Il finale risulta ambiguo e
legato al clima culturale e
sociale degli anni ’70: un
vecchio montanaro rivela ai
paperi che si è trattato di
un’allucinazione dovuta alla
consumazione dei “funghi
dei nibelunghi”.
La coda di Paperino,
nell’ultima vignetta, è però
bruciacchiata.
Paperin Sigfrido e l’oro del Reno
Nel 1989 viene pubblicata una nuova parodia disneyana
della leggenda nibelungica (“Topolino”, nr. 1758-1760), lo
sceneggiatore è Osvaldo Pavese, il disegnatore Guido
Scala.
La storia rappresenta una parodia delle varie versioni
della leggenda, mescolando personaggi wagneriani e
personaggi del Nibelungenlied e di altre riscritture. Per la
prima volta, comunque, il tempo della narrazione è un
Medioevo disneyano, non un presente fantastico.
Paperwotan (Paperone) è il signore della Valle del Reno e
passa il suo tempo ad accumulare oro. Viene derubato dai
Bassolunghi (Bassotti) e chiama in aiuto i giganti perché
gli costruiscano una fortezza per custodire il suo tesoro,
il compenso offerto è Brigika (Brigitta). Durante il
trasporto nella fortezza, l’oro viene rubato dai
Bassolunghi, che lo nascondono nella tana di un drago.
Paperwotan si rivolge allora a Paperin Sigfrido, che vive
nella foresta con il nano Mimetto. Di lui si innamora la
cugina Gutrina Paperina, e solo per non sfigurare con lei
Paperin Sigfrido affronta il drago. Con l’aiuto dei
coniglietti della foresta, l’ “eroe” si impadronisce di una
spada magica conficcata in un frassino e poi vince il
drago convincendolo a trasformarsi in ranocchio. Dopo la
sua vittoria, Mimetto si allea con la strega Crimelia
(Amelia) per sottrargli l’oro.
La bevanda magica che Mimetto fa bere a Paperin Sigfrido
lo fa innamorare della valchiria Brunilde. Mentre l’oro viene
di nuovo rubato, l’eroe va a conquistare – con una serie di
trucchi – la mano della valchiria. Al suo ritorno al castello
viene rispedito a cercare l’oro con l’aiuto di Brunilde, ma
l’infuriata e gelosa Gutrina va da Crimelia per avvertirla. Lì
scopre che è la maga la responsabile del tradimento
In una caotica battaglia l’oro (trasformato in anello del
potere) viene recuperato.
Per riaverlo, Crimelia compie una serie di magie durante i
festeggiamenti al castello, con il risultato che Brunilde si
innamora del guerriero Tremendione (che naturalmente
fugge), Gutrina di Gadsthone, Paperino di Gutrina, in un
susseguirsi di inseguimenti. Nella lotta finale tra Crimelia
e Paperwotan l’anello cade in un fiume e viene inghiottito
da un luccio. Nell’ultima vignetta tutti gli abitanti della
valle sono a pesca per recuperare il tesoro perduto.
L’ultima nuvola del narratore, il menestrello Folker, dice:
“Qui finisce la storia che ho narrata / e forse mai saprem
a chi l’impresa / riuscì di ripescar l’esca fatata / dall’imo
ove, col luccio, se n’è scesa”.
Parodie Disney e meccanismi del comico
In Paperin Sigfrido l’effetto comico è raggiunto soprattutto con
questi espedienti:
- il gioco onomastico (p. es. il cavallo Piantagrane, detto Grane, che
corrisponde al cavallo Grani del mito), oppure il servo Sidol (nota
marca di un prodotto per lucidare l’argento), che ha il compito di
lucidare le monete;
- gli anacronismi
- il rovesciamento di ruoli (l’eroe presentato come pasticcione pieno
di paura)
- l’attribuzione di ruoli mitici a personaggi disneyani, che conservano
le loro principali caratteristiche (avarizia di Paperone, sfortuna di
Paperino ecc.)
Meccanismi analoghi si trovano nelle due versioni precedenti, con un
accentuazione degli elementi anacronistici.
Mito nordico e paperini
Oltre al mito nibelungico, la Disney ha utilizzato altre
volte il patrimonio mitologico e leggendario germanico.
In Uncle Scrooge: Mythic Mystery (Zio Paperone e il
pianeta Valhalla) di Carl Barks, ad esempio, i paperi
finiscono su un pianeta dove gli abitanti portano il nome
di dei terrestri. Qui sotto l’immagine di Odino come
compare nella storia di Barks.
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