18.00
Lettera 345
Al nome
di Gesù Cristo crocifisso e di Maria
dolce
Carissima sorella e figliuola in Cristo dolce Gesù.
Io Catarina, serva e schiava dei servi di Gesù
Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo,
con desiderio di vedervi spregiare il mondo con
tutte le sue delizie, col cuore e con l'affetto
vostro,
acciocché in verità cerchiate la ricchezza di Cristo
crocifisso.
E veramente che ragione e cagione abbiamo di
spregiarle, considerando la poca fermezza e
stabilità loro,
e quanto elle sono nocive alla nostra salute.
Non vorrei, però, che voi credeste, che io dicessi
che propriamente la sostanza e i beni
temporali fossero nocivi a noi, e la morte
nostra .
Non è così; ma è il disordinato affetto e amore con
che la creatura li possiede.
Che se elle fossero state nocive, Dio non le avrebbe
create né date a noi;
poiché Colui il quale è sommamente buono non può
volere né fare cosa altro che buona.
Sicché, egli le fece buone, e per nostro bene.
Chi le fa ree?
Colui che le usa male, possedendole senza timore
di Dio.
Ma tenendole col suo santo timore, apprezzandole
quanto elle valgono e non più;
non facendosi dio delle creature, e ricchezze, onori
e stati del mondo, ma amarle, tenerle e
disprezzarle per Dio;
allora si possono tenere con buona coscienza.
È vero che maggiore perfezione e più piacevole a
Dio è, e con più frutto e meno fatica, lasciarle
mentalmente e attualmente.
Dobbiamo dunque, se attualmente le vogliamo
tenere, trarne (e voglio che ne traiate) il cuore e
l'affetto.
Però che le ricchezze del mondo è una grande
povertà; e mai non si possono possedere se
non da colui che pienamente le spregia.
Ma la vera ricchezza è quella che non ci può esser
tolta, né impedita dal dimonio, né da creatura;
e queste sono le vere e reali virtù.
Questa è una ricchezza durabile che ci toglie ogni
povertà;
ella ci pasce di grazia, ella ci copre la nostra
nudità, ella rende ragione nell'ultima stremità
della morte dinanzi al sommo Giudice per noi;
ella paga il debito al quale siamo obbligati, cioè di
rendere a Dio il debito dell'amore, il quale amore
se gli rende e dimostra col mezzo della virtù;
ella ci accompagna in questa via della
pellegrinazione, ch'è una via nella quale
abbiamo molti nemici che ci si parano dinanzi
per darci la morte.
Ma tra gli altri, tre sono i principali: cioè il mondo, il
dimonio e la fragile carne, ché ognuno si sforza di
gettare saette avvelenate.
Il mondo, coi falsi diletti e vani piaceri suoi;
la fragile carne e la sensualità nostra, col disordinato
amore e vana e leggiera dilettazione;
il dimonio, con le molte cogitazioni, con farci togliere
le cose nostre, e farci fare altra ingiuria dal
prossimo nostro, per privarci della carità fraterna e
farci venire odio e dispiacere verso del prossimo.
Di tutti questi nemici ci liberano le virtù.
La virtù ci dà lume, e col lume ci conduce alla porta
di vita eterna, la qual porta è disserrata col
sangue di Cristo.
Dentro v'entra la carità, che è madre di tutte le altre
virtù.
L'altre rimangono di fuori, ed ella se ne mena il
frutto di tutte: poiché l'anima virtuosa, quando si
parte da questa vita, entra a vita eterna, colla
virtù della carità;
l'altre virtù in quella vita durabile non sono
necessarie, e però non vi si portano.
Ine non bisogna la virtù della fede, però che l'anima
è certificata di quello che credeva;
e non vi bisogna speranza, però che ella ha quello
che sperava d'avere.
E così di tutte l'altre virtù le quali questa vita ci
conviene avere, e senza esse saremmo privati di
Dio;
e ine bisogna solo la carità, cioè l'amore: però che la
vita eterna non è altro che amore, col quale
gustiamo Dio nell'essenza sua.
L'amore suo ci ha fatti degni di vederlo a faccia a
faccia, nel qual vedere sta la nostra beatitudine.
L'amore ci fa partecipare il bene l'uno dell'altro, e il
bene di tutta la natura angelica, e di tutti quelli che
sono a vita eterna;
per amore Dio ci fa godere di sé medesimo, anco in
lui tutti godiamo, pieni e saziati nel mare pacifico
dell'essenza sua.
E, saziati, hanno fame: ma di lunga è la pena
della fame, e il fastidio della sazietà.
È tanto l'amore e la carità fraterna tra loro, che il
piccolo non ha invidia del grande;
ma tutti sono contenti e si riposano l'uno nel bene
dell'altro.
Sicché, solo la carità ivi è necessaria; e senza di
essa nessuno vi può andare.
Questo bene non considera la miserabile
creatura, né il male che ne segue,
che per compire una propria volontà in male, fa
contro la dolce volontà di Dio;
per acquistare il vizio, lascia la virtù, per la morte
perde la vita, per la cosa finita lascia l’Infinito,
per i beni della terra lascia i beni del cielo, per le
creature lascia il suo Creatore;
per servire al demonio e per seguirlo per la via della
bugia, lascia di servire a Cristo crocifisso e
seguire la dottrina sua: il quale è via, verità e vita;
e chi va per lui, va per la luce, e non va per la
tenebra.
Per empire il cuore di queste cose transitorie del
mondo, si lascia perire di fame,
non pigliando il cibo angelico, il qual cibo Dio per la
sua misericordia ha dato agli uomini.
Bene lo vediamo, ch'egli è ministrato in su la
mensa dell'altare,
tutto Dio e tutto uomo per vestire sé delle tristizie
del mondo,
si spoglia del vestimento nuziale, e perisce di
freddo;
e per togliere l'altrui, toglie sé medesimo.
Ma questi cotali, come ciechi e matti, non
guardano a tanti loro mali.
Tutto questo avviene per il disordinato affetto che
hanno posto nel mondo,
possedendo e amando le cose temporali fuori della
dolce volontà di Dio.
Non voglio che questo avvenga a voi;
ma voglio, e detto ho che io desidero, che il cuore e
l'affetto vostro in tutto ne sia spogliato;
cioè che voi amiate e teniate le creature e le cose
create tutte per Dio, e senza lui non cavelle.
Lui amate e lui servite con tutto il cuore e con
tutte le forze vostre, senza nessun mezzo, con
vera e profondissima umiltà;
amando il prossimo vostro come voi medesima.
Ma voi mi direte: «Come posso avere questa
umiltà?
Mi sento piena d'amor proprio, e inchinevole ad
ogni atto di superbia».
Io vi rispondo che, se voi vorrete, mediante la
divina grazia, tosto la taglierete da voi.
La qual grazia è data a chiunque la vuole.
Il modo è questo: che, col lume guardiamo
l'umiltà di Dio e il fuoco della sua carità.
La quale umiltà si vede tanto profonda, che ogni
intelletto umano ci viene meno.
Or fu mai simile cosa in creatura? Certo no.
È maggior cosa, che vedere Dio umiliato
all'uomo? Vedere la somma altezza discesa a
tanta bassezza?
Essersi vestito della nostra umanità, conversando
Dio visibilmente tra gli uomini;
portando le nostre infermità, povertà e miserie,
sopra sé medesimo
e umiliatosi all'obbrobriosa morte della Croce?
La grandezza s'è fatta piccola, a confusione degli
enfiati superbi che sempre cercano d'esser
maggiori;
ma essi non s’avvedono che cadono in somma
bassezza e miseria.
Sicché in lui troverete la vena dell'umiltà;
la quale s'è appressata dentro nell'anima d'ogni
creatura ragionevole;
se noi guardiamo la carità sua.
E dove si vide mai che colui che è stato offeso,
pagasse volontariamente la vita per colui che
l’offende?
Solo nell'umile immacolato Agnello la troviamo,
che per noi malvagi debitori ha pagato quel
debito il quale mai non contrasse.
Noi fummo e siamo i ladri, ed egli ha voluto esser
chiavellato in sul legno della santissima Croce;
egli ha presa l'amara medicina per dare a noi la
sanità, e ci ha fatto bagno del sangue suo;
come innamorato ci ha aperto il corpo che da ogni
parte versa sangue, con tanta larghezza e fuoco
d'amore e con tanta pazienza,
che il grido suo non fu udito per alcuna
mormorazione.
A questa larghezza si vergognino i cupidi avari, che
vedranno i poverelli perire di fame, e non
volgeranno neppure il capo.
E fanno ancora peggio; che non tanto che essi gli
diano, ma tolgono l'altrui.
Alla carità detta si confondano gli amatori di loro
medesimi, i quali per il proprio amore non curano
offendere Dio e la verità;
né pongono mente alla sua pazienza.
Venga terrore agl'impazienti, che non vogliono
sostenere una piccola cosa,
ma rodonsi con ira e odio del prossimo loro.
Sicché abbiamo trovato per che modo veniamo a
virtù,
cioè per il conoscimento della bontà di Dio,e per
il lume col quale vediamo la sua umiltà e carità.
In lui l'acquisteremo, cercandola dentro nell'anima
nostra;
altrove, né in altro modo, non la troveremo mai.
Questo è fondamento e principio, mezzo e fine di
ogni virtù e nostra perfezione.
Da questo verrete a spregiamento del mondo, e di
voi medesima;
questo ordinerà la vita in ogni tempo e luogo che
voi sarete.
E non solamente voi, ma tutta la vostra famiglia vi
farà drizzare, e allevare nel piacere suo, con
santi e buoni costumi,
così come deve fare la madre ai suoi figliuoli, e la
donna ai suoi servi;
con la santa confessione e comunione al luogo e al
tempo ordinato dalla santa Chiesa,
alla quale ci conviene obbedire, e a papa Urbano
VI, in fino alla morte.
Or così vi ordinate in tutte le vostre operazioni.
Adunque così vi prego dolcemente che con grande
sollecitudine guardiate l'umile e amoroso
Agnello,
acciò che insieme con lui godiamo in questa vita
per Grazia,
e nell'ultimo colla madre della carità entriamo alla
gloria della vita durabile.
Altro non vi dico.
Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.
Gesù dolce
Gesù amore
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