Educazione
e Relativismo
A cura di Pietro Lombardo
Direttore del Centro Studi
Evolution di Verona
Il relativismo
• Il relativismo è una posizione filosofica che
nega l’esistenza di verità assolute, o mette
criticamente in discussione la possibilità di
giungere a una loro definizione assoluta e
definitiva.
• In Europa se ne riconosce la prima comparsa
all'interno della sofistica greca; in seguito
posizioni relativiste furono espresse dallo
scetticismo antico e moderno, dal criticismo,
dall‘empirismo e dal pragmatismo.
• Chi è relativista sostiene che una verità
assoluta non esiste, oppure, anche se esiste,
non è conoscibile o esprimibile o, in
alternativa, è conoscibile o esprimibile
soltanto parzialmente (appunto,
relativamente).
• Gli individui possono dunque ottenere solo
conoscenze relative, in quanto ogni
affermazione è riferita a particolari fattori e
solo in riferimento ad essi è vera.
Dogmatismo ed intolleranza?
La mentalità “relativista” emerge anche nelle
discussioni quotidiane: può capitare che chi
sostiene con convinzione una tesi, chi parla di
“verità”, si senta etichettare pregiudizialmente
come “dogmatico” (termine che invece, più
propriamente, dovrebbe indicare chi rifiuta di
discutere le proprie tesi); o come
“intollerante” (termine che dovrebbe,
piuttosto, indicare chi pretende di imporre la
propria visione, anziché proporla al dibattito
comune).
La funzione positiva del relativismo
• I valori che danno senso alla vita non sono tutti nella
nostra cultura, ma neppure tutti nelle culture degli
altri (..). Essi consentono di valorizzare le diverse
culture, ma insieme ne rivelano i limiti, e cioè le
relativizzano (..).
• Allo stesso tempo si rinviene nel valore universale
della persona il fondamento di una comune cultura e
si riconosce nella Dichiarazione universale dei diritti
dell’uomo (ONU 1948) l’espressione dei valori di
generale consenso.
• Ad un approccio relativista viene dunque a
corrispondere una visione universalista.
Il nichilismo
• Il termine nichilismo (dal latino nihil, nulla, da
cui nihilismo, secondo una dizione desueta e
dal latino medioevale nichil dello stesso
significato) designa in senso generico
l’atteggiamento o la dottrina volti a negare in
modo definitivo e radicale l’esistenza di
qualsiasi valore in sé e l’esistenza di una
qualsiasi verità oggettiva.
• Nella sua versione più estrema, il nichilismo
considera la realtà stessa come radicalmente
inconoscibile.
Il nichilismo
• In un significato più comune, il nichilismo è una
concezione delle cose, in base alla quale la realtà
sarebbe inesorabilmente destinata a declinare nel
nulla, ovvero, dal punto di vista etico, sarebbe
indeterminabile o assente una finalità ultima che
orienti il corso delle cose e la vita dell’uomo.
• Dato che l’uomo è limitato e sperimenta ogni giorno
questo limite nella morte e nelle sue dolorose
anticipazioni, allora egli può essere spinto a
considerare - al di là di quanto ne sia cosciente - che
il niente sia il vero senso dell’essere.
• L’affermazione nichilista nega pertanto, in questo
senso, vera consistenza alla realtà e di conseguenza
esclude che l’uomo possa fare esperienza della verità
in quanto tale, considerata come oggettiva e
universale.
Il faro della verità
Quando viene a mancare, anche solo come orizzonte
della nostra vita, la luce e la certezza della verità, al
punto che, anche e particolarmente in ambito
educativo, lo stesso parlare di verità viene
considerato pericoloso e “autoritario”, e
parallelamente, sul piano etico, si ritiene infondato e
lesivo della libertà ogni riferimento a un bene
“oggettivo”, che preceda le nostre scelte e possa
essere il criterio della loro valutazione, diventa
inevitabile dubitare della bontà della vita e della
consistenza dei rapporti e degli impegni di cui la vita
è intessuta.
Dal principio del piacere a…
La tesi per cui unica bussola dell’agire umano
- nella sua sfera personale -dovrebbe essere
“fa’ ciò che ti piace e che desideri”, senza
nessuna riflessione seria sul bene oggettivo
della persona, è una tesi che sembra
salvaguardare la libertà individuale, ma non
dà risposta al naturale desiderio di felicità e di
infinito dell’uomo, che si realizza dando spazio
alla sua individualità nell’intreccio relazionale
del suo tessuto sociale e storico.
•Le verità educative su cui dialogare (e che il
relativismo mette in discussione) sono anche gli ideali e
i valori della sfera sociale e civile.
Non si tratta di decidere se preferiamo andare a vedere
un film comico o drammatico, se è più piacevole la
vacanza al mare o quella in montagna.
•Non si tratta di questioni destinate a rimanere
confinate tra le poltrone di un qualsiasi ambiente
educativo o circolo culturale.
Materia del contendere, piuttosto, diventa la misura in
cui valori personali, sociali, civili, politici e religiosi
possano:
1. diventare fondamento comune della convivenza,
2. evitare la drammatica realtà dei conflitti distruttivi,
3. favorire la crescita sociale e la realizzazione del BENE
COMUNE.
Crisi del principio d’autorità-anteriorità
• Un individuo rappresentava l’autorità, l’altro
ubbidiva. Allo stesso tempo ubbidivano entrambi ad
un principio condiviso, a un medesimo obiettivo:
“Questa ubbidienza è la stessa che ti ha permesso
di diventare l’adulto che sei oggi, come io voglio
esserlo domani”.
• L’anzianità rappresentava automaticamente una
fonte di autorità non perché l’adulto avesse
particolari qualità, ma perché incarnava la
possibilità di trasmissione della cultura.
• Oggi sembra non esistere più quella asimmetria
che determinava a priori i ruoli di giovani e adulti e
la cornice della loro relazione.
La questione dell’autorità
• La CRISI DEL PRINCIPIO D’AUTORITÀ-ANTERIORITÀ
è un aspetto di una crisi culturale che coinvolge ogni
ambiente educativo (famiglia, scuola).
• Oggi l’asimmetria che determinava a priori i ruoli di
giovani e adulti e la cornice della loro relazione non
esiste più.
• Tuttavia: “posizione più simmetrica” e “minore
autorità” non sono sinonimi di “permissivismo”.
• Necessità di interpretare il ruolo educativo in modo
flessibile, sapendo adattare il proprio intervento alla
relazione, con modalità autorevoli ma negoziali.
• Occorre: MANTENERE AUTOREVOLEZZA e
determinazione nel combattere le illusioni infantili e
nell’accompagnare l’educando nel mondo adulto.
«Il punto forse più delicato dell’opera educativa
è trovare un giusto equilibrio tra la
libertà e la disciplina.
Senza regole di comportamento e di vita fatte
valere giorno per giorno anche nelle piccole
cose, non si forma il carattere e non si viene
preparati ad affrontare le prove che non
mancheranno in futuro».
Benedetto XVI
Il passo dell’amore
• Il primo e più necessario contributo alla
formazione della persona rimane sempre quello
che proviene dalla vicinanza e dall’amore, a
cominciare naturalmente da quella fondamentale
esperienza dell’amore che i bambini fanno, o
almeno dovrebbero fare, con i loro genitori.
• Ogni vero educatore sa che per educare occorre
donare se stessi e che soltanto così si possono
aiutare i più giovani di noi ad acquistare fiducia,
a superare progressivamente il narcisismo iniziale
e a diventare a propria volta capaci di un amore
autentico e generoso.
Il coraggio di essere severi
• Il potere usato in modo etico e legittimo crea fiducia,
la mancanza di autorità genera insicurezza e
disorientamento.
• La relazione docente-adulto non è una relazione di
coppia. I ragazzi si aspettano un adulto che eserciti
un’autorità ponderata e giustificata:
– Sappia quello che vuole ottenere
– Non tema i conflitti
– Faccia valere il suo diritto al comando
– Faccia capire che il suo comportamento è motivato
da una sollecitudine nei loro confronti.
• Gli educandi sfruttano senza pietà le debolezze che
scoprono nei loro educatori. A nessun adulto viene
perdonata la sconfitta nella lotta per il potere.
Educare alla libertà
• La libertà si conquista con la disciplina.
• Libertà (autodeterminazione):
– non indipendenza da qualsiasi forma di guida e
di autorità (non: “libero DA CHI o COSA”);
– ma volontà e capacità di porsi un obiettivo,
accordarlo a dei valori, saperlo conciliare con la
propria vita, perseguirlo con costanza
(ma: “libero PER QUALE SCOPO”).
– Libertà = non condizione, ma frutto tardivo di
un lungo processo di sviluppo che comporta il
graduale raggiungimento dell’autodisciplina.
La pedagogia dell’errore
• Il rapporto tra l’educatore e l’allievo è pur sempre
l’incontro tra due libertà, una delle quali in
formazione: l’educazione ben riuscita è formazione
al retto uso della libertà.
• Man mano che il bambino cresce, diventa un
adolescente e poi un giovane, bisogna dunque
accettare il rischio della libertà, rimanendo però
sempre attenti ad aiutare a correggere le scelte
sbagliate.
• Quello che invece non dobbiamo fare è
assecondare gli errori, fingendo di non vederli, o
peggio condividendoli come se fossero espressione
di creatività e di libertà personale.
Educare alla sofferenza
• Nella mentalità diffusa la sofferenza - fisica o
morale - è quell’aspetto oscuro della vita che è
meglio mettere tra parentesi e da cui in ogni caso
bisogna preservare il più possibile le giovani
generazioni, a partire dall’infanzia.
• La sofferenza però fa parte della realtà e della
verità della nostra vita. Cercando di tenere gli
educandi al riparo da ogni difficoltà ed esperienza
del dolore rischiamo perciò di far crescere, al di là
delle nostre intenzioni, persone fragili, poco
realiste e poco generose:
la capacità di amare e di donarsi corrisponde infatti
alla capacità di soffrire, e di soffrire insieme.
La formazione integrale
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Una corretta impostazione pedagogica
punta alla formazione integrale dell’uomo,
facendolo avvicinare in maniera sistematica
e critica al principio di realtà e al valore
della cultura.
Ciò che rende differente l’uomo da tutte le
altre creature sta essenzialmente:
nella sua capacità di amare,
nell’intelligenza
nel senso morale ed etico
e nella creatività artistica.
I quattro pilastri dell’educazione
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“Imparare
“Imparare
“Imparare
“Imparare
ad essere”
a conoscere”
a fare”
a vivere insieme”
“Non vi è nulla di più invidiabile di
un’anima se non la sua capacità di
appassionarsi.
La passione equivale a volare,
è un movimento celeste verso l’alto”.
Theodor Fontane
“Nulla di grande nel mondo
è stato fatto senza la passione”.
Hegel
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