Fringe Benefits
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ASPETTI FISCALI E CONTRIBUTIVI
CONFINDUSTRIA TRIESTE
17 APRILE 2013
Studio Germani
Obiettivi
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Le imprese integrano sempre più frequentemente gli schemi convenzionali della politica
salariale con altri che prevedono una remunerazione dei lavoratori in termini di utilità
anzichè in termini meramente monetari.
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L’esigenza nasce dalla constatazione che la retribuzione periodica viene costantemente
utilizzata per fare fronte a spese personali e familiari che rivestono il carattere di assoluta
ripetitività ed inderogabilità.
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Considerato che il reddito che il lavoratore dipendente consuma ha già scontato
l’imposizione al momento della sua percezione, ci proponiamo di valutare se vi sia spazio
nell’ordinamento tributario e nella normativa contributiva a soluzioni che consentano di
ridurre la relativa imposizione mantenendo inalterata l’utilità complessiva per il
lavoratore.

L’obiettivo che ci prefiggiamo è quello di individuare consumi – anziché redditi – non
assoggettabili a contributi ed imposizione.
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definizione
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I fringe benefits - indennità aggiuntive - individuano il compenso in natura (concessione in uso di un bene o
somministrazione di un determinato servizio) attribuito ad un determinato soggetto in considerazione del ruolo e
dell’importanza che riveste nell’ambito della vita aziendale e rappresentano forme di remunerazione complementare
alla retribuzione principale, concesse dal datore di lavoro al dipendente od amministratore allo scopo di integrarne la
normale retribuzione, spesso al fine di incentivarlo ad una maggiore produttività. La previsione normativa è contenuta
inizialmente nell’art.2099 c.c. (previsione di prestazioni in natura).
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Una prima distinzione ha per oggetto il confine tra beni e servizi strumentali rispetto all’attività lavorativa (ad esempio
l’abbigliamento di lavoro oppure la copertura assicurativa RC) in contrapposizione a beni che risultano solo
parzialmente strumentali (ad esempio utilizzo di un’autovettura oppure la frequenza a corsi di lingue estere) In tale
ipotesi il criterio distintivo và ricercato nell’individuazione dell’interesse perseguito con l’erogazione: se effettuata
nell’interesse dell’impresa o nell’adempimento di una obbligazione non sussiste imponibilità in capo al dipendente, se è
destinata a soddisfare un bisogno del lavoratore è resa imponibile in capo a quest’ultimo soggetto.

Il reddito di lavoro dipendente è composto da tutte le somme ed i valori corrisposti in relazione al rapporto di lavoro.
Significativa, al riguardo, è l’evoluzione temporale dell’area di imponibilità: muovendo dall’art.46 del DPR 597/73
(dipendenza dal lavoro prestato) all’art.49 del TUIR del 1986 (dipendenza del rapporto di lavoro) così estendendo
l’imponibilità anche ad erogazioni non connesse alla prestazione lavorativa, sino a giungere all’attuale formulazione
dell’art.51 del TUIR che contiene il principio generale di onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente, esteso
persino alla fase successiva alla cessazione del rapporto di lavoro. [1]
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Il principio generale di simmetria fiscale – imponibilità in capo al percipiente e deducibilità per l’erogante, pur con i
limiti connessi alla sua applicazione.
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L’interesse dell’amministrazione finanziaria è testimoniato dalla nutrita serie di circolari e risoluzioni sul tema della
valorizzazione di tali compensi in natura. [2]
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Criteri di quantificazione
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Ai fini della determinazione del valore dei fringe benefit, compreso quello dei beni ceduti e dei servizi
prestati al dipendente, al soggetto a questo equiparato o ai familiari, anche se non fiscalmente a carico,
ovvero il diritto di ottenerli da terzi, si deve far riferimento al loro “VALORE NORMALE” di cui
all’art.9 comma 3 del TUIR di seguito riportato.
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Per valore normale, salvo quanto stabilito nel comma 4 per i beni ivi considerati, si intende il prezzo o
corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di
libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o
servizi sono stati acquistati o prestati e, in mancanza, nel luogo e nel tempo più prossimi. Per la
determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini ed alle tariffe del
soggetto che ha fornito i beni o servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di
commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso. Per i beni e servizi soggetti a
disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in vigore.
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Per quanto riguarda il valore normale di generi in natura prodotti dall’azienda e ceduti ai dipendenti esso è costituito dal
prezzo mediamente praticato dall’azienda al grossista. (dal tenore letterale della disposizione discende che la particolare
previsione è applicabile soltanto ai dipendenti delle aziende che producono beni e che effettuano cessioni ai grossisti, o
all'ingrosso e al dettaglio) cfr: risoluzione 29 marzo 2010 n.26/E + [3].
Il reddito da assoggettare a tassazione è pari al valore normale soltanto se il bene è ceduto o il servizio è prestato
gratuitamente (ciò vale anche nel caso dei beni prodotti dall'azienda e ceduti gratuitamente al dipendente), se, invece,
per la cessione del bene (anche in caso di bene prodotto dall'azienda e ceduto al dipendente) o la prestazione del servizio
il dipendente corrisponde delle somme (con il sistema del versamento o della trattenuta), è necessario
determinare il valore da assoggettare a tassazione sottraendo tali somme dal valore normale del bene o del
servizio. Va precisato che delle somme in questione si potrà tener conto soltanto nel periodo d'imposta in cui sono
effettivamente trattenute o versate dal dipendente.
In deroga al criterio del valore normale, sono previste regole specifiche di determinazione per i più diffusi fringe benefits,
in particolare sono istituiti criteri forfetari di quantificazione del valore relativamente a: veicoli aziendali, prestiti,
fabbricati concessi in locazione, uso o comodato.
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Aspetti contributivi
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Il datore di lavoro è obbligato ad effettuare la trattenuta IRPEF ed il prelievo dei contributi sulla retribuzione che il
dipendente percepisce sia che si tratti di compenso in denaro sia che si tratti di compenso in natura.
I criteri individuati dalla normativa fiscale Art. 51 del Tuir) per la valorizzazione dei compensi in natura – valore
normale e valore convenzionale – salvo alcune deroghe disciplinate dall’art. 12 della L. n. 153/1969, sono utilizzati
anche per la determinazione della base imponibile contributiva (armonizzazione delle basi imponibili). Per alcuni
fringe benefits la determinazione della base imponibile, in deroga al concetto generale di valore normale, è individuata
facendo riferimento a speciali criteri di determinazione forfetaria dei valori (c.d. “valore convenzionale”)
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LIMITE DI ASSOGGETTAMENTO
Ai sensi dell’articolo 51, comma 3, del Dpr 917/1986, il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati non concorre a
formare il reddito di lavoro dipendente fino all’importo complessivo nel periodo d’imposta di € 258,23. Il
superamento di tale limite comporta l’assoggettamento dell’intero importo con decorrenza dal relativo periodo di paga.
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Si tratta di una previsione di carattere generale applicabile senza dubbio anche con riferimento ai beni per i quali sono
state previste specifiche regole di determinazione.
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La verifica che il valore non superi complessivamente € 258,23= nel periodo d'imposta, va effettuata con riferimento
agli importi tassabili in capo al percettore del reddito ed al netto di quanto il dipendente ha corrisposto (con il metodo
del versamento o della trattenuta e comprensivo dell'eventuale IVA a suo carico) per tutti i beni o servizi di cui ha fruito
nello stesso periodo d'imposta, tenendo conto di tutti i redditi percepiti, anche se derivanti da altri rapporti di lavoro
eventualmente intrattenuti nell’ambito del medesimo periodo d'imposta e adottando il criterio cosiddetto di “cassa
allargata” (pagamento entro il 12 gennaio anno successivo e riferimento al precedente esercizio).
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Aspetti contributivi
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In sede di tassazione alla fonte del reddito di lavoro dipendente, il sostituto d'imposta dovrà applicare la ritenuta nel
periodo di paga in cui verrà superata la predetta soglia di € 258,23 ; se risulta evidente che il valore, tenuto conto
dell'intero periodo d'imposta, risulterà complessivamente superiore al suddetto importo, dovrà effettuare la ritenuta a
decorrere dal primo periodo di paga.
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ABROGAZIONE DELL’AGEVOLAZIONE DELLA PREVIGENTE AGEVOLAZIONE FISCALE
SULLE EROGAZIONI LIBERALI E SUI SUSSIDI OCCASIONALI
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E’ stata soppressa la disposizione che consentiva di non assoggettare a tassazione le erogazioni liberali di
somme in occasione di festività o ricorrenze alla generalità o a categorie di dipendenti fino ad un importo, nel
periodo d’imposta, pari a € 258,23, nonché i sussidi occasionali concessi in occasione di rilevanti esigenze
personali o familiari del dipendente o ai dipendenti vittime dell’usura ai sensi della legge 7 marzo 1996 n. 108,
o ammessi a fruire delle erogazioni pecuniarie ai sensi del decreto-legge 31 dicembre 1991 n. 419, convertito,
con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1992 n. 172.
Venuta meno la predetta disposizione l’Agenzia delle Entrate ha ricondotto tali erogazioni in natura nel regime
dei compensi in natura. Ne consegue che le erogazioni liberali in natura confluiscono nell’esclusione dalla base
imponibile del reddito di lavoro dipendente prevista per tutti i redditi in natura entro il limite di € 258,23. e
non è più richiesto che tali erogazioni vengano concesse in occasione di festività o ricorrenze alla generalità o a
categorie di dipendenti.
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Buoni per l’acquisto di beni o servizi
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Come chiarito dalla Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 59 E del 22 ottobre 2008, possono rientrate nella previsione
di esclusione fino all’importo di € 258,23 solo le erogazioni in natura sotto forma di beni o servizi o di buoni
rappresentativi degli stessi. [4]
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Rientrano in questa previsione anche le erogazioni effettuate in occasione delle festività senza che l’erogazione sia
concessa alla generalità o categorie di dipendenti, fermo restando che se si supera il valore di € 258,23 concorre
interamente a formare il reddito. A titolo esemplificativo possono rientrare, nel rispetto del limite sopra indicato, i
buoni benzina, il pacco natalizio, i doni elargiti in occasione di festività del dipendente (matrimoni, nascita di un figlio) e
ticket o buoni rappresentativi di beni o servizi acquistati dal datore di lavoro e usufruibili presso esercizi convenzionati.
Sull’argomento l’Assonime ha emanato utili approfondimenti che riportiamo di seguito.
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“La conclusione cui è giunta l’Agenzia delle Entrate in merito all’assimilazione delle erogazioni liberali in natura ai
compensi in natura tout court, ed alla conseguente utilizzabilità della franchigia per gli stessi prevista, ha riacceso il
dibattito sulla possibilità di configurare strumenti “alternativi”di integrazione della retribuzione non imponibili in
capo al dipendente, attraverso l’utilizzo di buoni-acquisto (buoni, anche incorporati nelle cosiddette “card aziendali”,
che consentono il ritiro di determinate quantità di merci precedentemente individuate come ad es. “buoni
carburante”) o di buoni sconto (buoni che permettono di acquistare beni o servizi, in azienda o presso terzi, ad un
prezzo ridotto rispetto a quello normalmente praticato e che rilevano per la differenza tra valore normale del bene o
del servizio e quanto pagato dal dipendente).
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Il “buono” costituisce un documento di legittimazione che permette al possessore di ottenere da un soggetto -che può
coincidere o meno con il datore di lavoro - un bene o un servizio, senza corrispettivo oppure a prezzo ridotto, rispetto
a quello normalmente praticato: ci si deve chiedere se tale modalità di integrazione della retribuzione possa rientrare
tra i benefits agevolati ai sensi del comma 3 dell’artt. 51 del TUIR.
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Buoni per l’acquisto di beni o servizi
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Sui buoni acquisto esistono alcuni risalenti pronunciamenti di prassi, riferiti ai buoni carburante e alla loro
disciplina ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, nei quali l’Amministrazione finanziaria assimila tali buoni sic et
simpliciter al denaro (Circolare n. 30E del 1 agosto 1974 e Circolare n. 27/E del 9 agosto 1976).
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L’Amministrazione ha ritenuto che il regime IVA applicabile alla cessione dei buoni carburante fosse quello disposto
per il denaro, in quanto la cessione di tali beni rientrerebbe comunque tra “le cessioni che hanno per oggetto denaro o
crediti in denaro” ai sensi dell’art. 2, comma 3, lett. a), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
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Tale interpretazione, se traslata ai fini della determinazione del reddito di lavoro dipendente, non permetterebbe ai
“buoni” in questione di beneficiare della franchigia di € 258,23 prevista dal comma 3 dell’artt. 51 del TUIR, con la
conseguenza che tali erogazioni ai dipendenti risulterebbero interamente imponibili.
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La conclusione espressa dal Ministero in merito ai buoni-acquisto, tuttavia, proprio perché formulata per colmare
una lacuna legislativa, può leggersi come circoscritta esclusivamente al settore di intervento, e cioè all’’imposta sul
valore aggiunto.
In effetti, ai fini del reddito di lavoro dipendente, anche dopo l’abrogazione della disposizione agevolativa relativa
alle liberalità, i buoni rappresentativi di beni e servizi possono comunque entrare, ad avviso dell’Agenzia, nella
previsione di esclusione dal reddito di cui al citato comma 3 dell’’art. 51 se di importo non superiore, nel periodo
d’imposta, a € 258,23=. Circolare 59° 2008 [4]
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Veicoli aziendali
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Per autoveicoli, motocicli e ciclomotori utilizzati oltre che per esigenze di lavoro anche per uso privato
(ad esempio per recarsi al lavoro), concessi cioè in uso promiscuo, si adotta un criterio forfetario
che prescinde dalla effettiva percorrenza e dai costi effettivamente sostenuti.
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Se il veicolo non è concesso in uso promiscuo, il suddetto criterio forfetario di valorizzazione del
fringe benefit non trova applicazione, in tale ipotesi, per il veicolo concesso per uso esclusivamente
personale, il valore del fringe benefit è determinato secondo la regola generale del valore normale.
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L’utilizzo di veicoli per uso esclusivamente aziendale non concorre, invece, a formare il reddito
del dipendente.
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QUANTIFICAZIONE DEL BENEFIT PER VEICOLI CONCESSI PER USO PROMISCUO
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Il valore del fringe benefit è pari al 30 per cento dell’importo che corrisponde alla percorrenza
convenzionale di 15.000 Km, calcolata sulla base del costo chilometrico d’esercizio desumibile dalle
tabelle ACI, al netto dell’ammontare eventualmente trattenuto al dipendente per l’utilizzo del mezzo.
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E‘ irrilevante, pertanto, che il dipendente sostenga a proprio carico tutti o taluni degli elementi che
concorrono alla base di commisurazione del costo di percorrenza fissato dall'ACI, dovendosi
comunque fare riferimento, ai fini della determinazione dell'importo da assumere a tassazione, al
totale costo di percorrenza esposto nelle suddette tabelle.
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Si precisa che, qualora il modello di veicolo utilizzato promiscuamente dal dipendente non sia
compreso tra quelli inclusi nelle tabelle in questione, l'importo da assoggettare a tassazione dovrà
essere determinato prendendo a riferimento quello che per tutte le sue caratteristiche risulta più
simile.
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Veicoli aziendali
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Per espressa previsione normativa il costo chilometrico di esercizio è desumibile dalle tabelle nazionali
che l'Automobile Club d'Italia deve elaborare entro il 30 novembre di ciascun anno e comunicare al
Ministero delle Finanze che provvede alla pubblicazione entro il 31 dicembre, con effetto dal periodo
d'imposta successivo. (pubblicata in G.U. 297 d.d.21/12/2012 per l’anno 2013).
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Poiché la percorrenza convenzionale utilizzata per individuare il valore dell’utilizzo del veicolo in modo
promiscuo è determinata su base annua, l'importo che concorrerà alla formazione del reddito,
determinato come sopra specificato, andrà ragguagliato al periodo dell'anno durante il quale
al dipendente è concesso l'uso promiscuo del veicolo, conteggiando il numero dei giorni per i
quali il mezzo è assegnato, indipendentemente dal suo effettivo utilizzo.
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Se il dipendente corrispondesse delle somme (con il metodo del versamento o della trattenuta) nello
stesso periodo d'imposta, a fronte della possibilità di utilizzare in modo promiscuo il veicolo di
proprietà del datore di lavoro, tali somme andranno sottratte dalla valutazione su base presuntiva del
predetto benefit.
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Disciplina ai fini IVA : articolo 13 lettera d) del DPR 633/72
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Veicoli aziendali
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IL CALCOLO DEL FRINGE BENEFIT “VEICOLI AZIENDALI” IN BASE ALL’UTILIZZO
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ESEMPIO BUSTA PAGA
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Retribuzione mensile
Fringe benefit (1.800 : 12)
UTILIZZO PROMISCUO
= (COSTO CHILOMETRICO ACI X 15.000) x 30% - QUANTO ADDEBITATO AL DIPENDENTE
UTILIZZO ESCLUSIVO PERSONALE :
VALORE NORMALE
UTILIZZO ESCLUSIVO A ZIENDALE :
ZERO
ESEMPIO:
MODELLO AUTOMEZZO :
XXXX
TABELLE ACI NAZIONALI :
€ 0,40 al Km. ( riferito a percorrenza di 15.000 Km annui)
FRINGE BENEFIT : 0,40 X 15.000 X 30% = € 1.800
€
€
1.500,00
150,00
Imponibile Previdenziale
(1500+150)
Contributi su imponibile previdenziale (1650 x 9,49%) =
Imponibile Fiscale (1500+150-156,58)
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€
€
€
1.650,00
156,58
1.493,42
Veicoli aziendali
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ESEMPIO : Autovettura del costo di € 40.000 concessa in uso ad un amministratore
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Ammortamento effettivo ( 25% x € 40.000,00) =
Ammortamento sul valore fiscale max ( 25% x 18.076,00) =
Ammortamento indeducibile (10.000,00 – 4.519,00) =
Spese di uso veicolo
€ 10.000,00
€ 4.519,00
€ 5.481,00
€ 5.000,00
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Totale spese a conto economico (€ 10.000,00 + € 5.000,00) =
€ 15.000,00
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Benefit annuo tassato in busta paga
Costo interamente deducibile (compenso in natura ex art. 95 Tuir)
€
€
Costi eccedenti deducibili al 40% (5.000,00 + 4.519,00 – 3.500,00) =
Importo deducibile ( 40% x 6.019,00) =
€ 6.019,00
€ 2.407,60
Totale costi da recuperare a tassazione in Unico 2012
(15.000 – 3.500 – 2.407,60)
€ 9.092,40
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3.500,00
3.500,00
Il recupero a tassazione di ammortamenti, canoni di leasing e spese di impiego opera limitatamente alla differenza tra
importo totale di tali oneri ed il valore del fringe, benefit tassato in capo all’amministratore e integralmente deducibile
in base all’art.95 TUIR.
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Veicoli aziendali
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Ai fini I.V.A.
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è detraibile al 100% l’IVA sugli acquisti di beni e servizi relativi ai veicoli stradali indicati all’art.19 bis
n.1 - lettera c - del DPR 633/72 (veicoli non utilizzati esclusivamente nell’esercizio di impresa) messi a
disposizione dei dipendenti dietro pagamento di un corrispettivo regolarmente fatturato. (Rif.Art.18
DPR 633 obbligo di rivalsa) ;
per i veicoli messi a disposizione dei dipendenti da considerare utilizzati esclusivamente nell’esercizio
di impresa (es. autovetture con detrazione 100%) la base imponibile non deve essere, comunque,
inferiore al valore normale equivalente per tali beni al fringe benefits ai fini IRPEF (tabella ACI Km15.000 – 30%) pertanto, nel caso di addebito di un corrispettivo inferiore a tale valore, andrà
fatturata l’eccedenza sino a concorrenza del predetto importo;
è detraibile nella misura forfetaria del 40%, senza possibilità di prova contraria, l’IVA relativa ai veicoli
stradali a motore utilizzati promiscuamente, quindi utilizzati dall’imprenditore ad uso personale o
familiare oppure messi a disposizione dei dipendenti senza addebitare loro alcun corrispettivo;
i veicoli che costituiscono oggetto dell’attività propria dell’impresa seguono le ordinarie regole di
determinazione dell’imposta, quest’ultima si renderà pertanto detraibile in funzione dell’effettivo
utilizzo del veicolo nell’ambito dell’attività aziendale . In caso di detrazione integrale dell’imposta
all’atto dell’acquisto, la successiva utilizzazione privata del mezzo andrà assoggettata ad iva quale
autoconsumo.
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Studio Germani
Prestiti
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Tutte le forme di finanziamento concesse dal datore di lavoro al dipendente (eccetto quelle indicate più
avanti) rappresentano fringe benefits, indipendentemente dalla loro durata.
Sono compresi anche i finanziamenti concessi da terzi (ad esempio un istituto di credito) con i quali il
datore di lavoro ha stipulato un accordo o una convenzione.
Rientrano nell'ambito di questa previsione, i prestiti concessi sotto forma di scoperto di conto
corrente, di mutuo ipotecario e di cessione dello stipendio, mentre ne restano escluse le dilazioni di
pagamento previste per beni ceduti o servizi prestati da parte del datore di lavoro.
Le suddette ipotesi, pur costituendo “compensi in natura” vengono quantificate sulla base di criteri
forfetari (art.51 - 4° comma TUIR)
QUANTIFICAZIONE
Il valore del prestito sul quale il datore di lavoro è obbligato ad effettuare la trattenuta d’imposta è pari
al 50 per cento della differenza tra gli interessi calcolati al suddetto tasso ufficiale di
riferimento vigente al termine di ciascun anno e gli interessi calcolati al tasso
effettivamente praticato sui prestiti ai dipendenti.
L'importo così determinato deve essere assoggettato a tassazione alla fonte al momento del pagamento
delle singole rate del prestito stabilite dal relativo piano di ammortamento.
In caso di prestiti a tasso variabile (caratterizzati da una variazione del tasso di interesse iniziale) il
prelievo alla fonte deve essere effettuato alle scadenze delle singole rate di ammortamento tenendo
conto anche delle variazioni subite rispetto al tasso di interesse inizialmente applicato.
Nei casi di restituzione del capitale in un'unica soluzione oltre il periodo d'imposta, l'importo maturato
va comunque assoggettato a tassazione in sede di conguaglio di fine anno.
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Studio Germani
Prestiti
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ESEMPIO
Importo del prestito:
€ 10.000,00
Tasso di interesse stabilito:
0,5 %
Tasso ufficiale di riferimento: 1,00 % (31.12.2012)
Fringe benefit:
€ 100,00 - € 50,00= € 50,00 x 50% = € 25,00
ESEMPIO BUSTA PAGA
Retribuzione mensile
Fringe benefit (€ 50 : 2)
€
€
(pagamento rata semestrale)
1.500,00
25,00
Imponibile Previdenziale (1.500+25,00)
Contributi su imponibile previdenziale (1.525,00 x 9,49%) =
Imponibile Fiscale (1.500+25,00-144,72)
€ 1.525,00
€
144,72
€ 1.380,28
Art.51 4° comma lettera b) – “in caso di concessione di prestiti si assume il 50% della differenza tra l’importo degli
interessi calcolato al tasso ufficiale di sconto vigente al termine di ciascun anno e l’importo degli interessi calcolato al
tasso applicato sugli stessi”
Risoluzione 28 maggio 2010 n.46/E – la fattispecie di cui al comma 4 lettera b) dell’art.51 si applica anche al caso in cui
l’azienda lascia al dipendente la scelta dell’istituto di credito presso cui contrarre il mutuo, per provvedere, poi, ad
erogare il contributo in conto interessi direttamente sul conto del lavoratore a copertura della quota degli interessi
maturati. L’amministrazione finanziaria ha affermato che le modalità prospettate “realizzano un collegamento
immediato ed univoco tra l’erogazione aziendale e il pagamento degli interessi tale per cui l’importo corrisposto dal
datore di lavoro non entra, di fatto, nella disponibilità del dipendente”
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Prestiti
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Modalità di evidenziazione nel foglio paga :
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Nel foglio paga di un dipendente che stà rimborsando un prestito in denaro al suo datore di lavoro
figureranno due voci:
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Una trattenuta per l’ammontare complessivo della rata mensile che viene pertanto a ridurre il “netto in
busta”
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Una voce neutra (non trattenuta) con l’ammontare del fringe benefit pari al 50% della differenza tra i
tassi, da assoggettare a contributi previdenziali ed a ritenute fiscali.
Sono superate le indicazioni contenute nella circolare 326/E/1997 “a nulla rilevano le eventuali variazioni
intervenute successivamente alla durata del prestito” sicché attualmente occorre confrontare al
termine di ogni anno il TUR con il tasso effettivamente applicato.
Conseguentemente nel caso in cui il datore di lavoro stipuli una convenzione con un istituto bancario al
fine di concedere prestiti a tassi agevolati ai propri dipendenti, è necessario che la banca comunichi
all’azienda l’ammontare del tasso effettivamente applicato affinché quest’ultima, in qualità di sostituto
d’imposta, provveda a calcolare le ritenute sul reddito erogato al dipendente comprensivo del reddito
in natura determinato secondo le predette modalità.
Studio Germani
Fabbricati in locazione, uso, comodato
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Criteri di determinazione del valore
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Il criterio di determinazione del valore di un fabbricato concesso al dipendente varia a seconda che egli
abbia o no l’obbligo di dimora nello stesso e che il fabbricato sia iscritto o no in catasto:
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In particolare: se il dipendente non ha obbligo di dimora e il fabbricato è iscritto in catasto, il
reddito per il dipendente è costituito dalla differenza tra la rendita catastale del fabbricato, aumentata
di tutte le spese inerenti il fabbricato stesso, comprese le utenze non a carico dell'utilizzatore (ad
esempio luce, gas, telefono, tassa rifiuti,ecc.), e quanto corrisposto per il godimento del fabbricato
medesimo;
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se il dipendente ha l’obbligo di dimora (ad esempio l’immobile concesso al portiere dello stabile) e
il fabbricato è iscritto in catasto, il reddito per il dipendente è costituito dal 30 per cento della
differenza tra la rendita catastale del fabbricato, aumentata di tutte le spese inerenti il
fabbricato stesso, comprese le utenze non a carico dell'utilizzatore, e quanto
corrisposto per il godimento dell’immobile;
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se il fabbricato non và iscritto in catasto (ad esempio, i fabbricati situati all’estero), il reddito di
lavoro dipendente è dato dalla differenza tra il valore del canone di locazione determinato in regime
vincolistico o, in mancanza, quello determinato in regime di libero mercato, e quanto corrisposto o
trattenuto per il godimento del fabbricato.
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Se il fabbricato và iscritto al catasto ma è privo di rendita occorre avere riguardo alla rendita presunta
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Le medesime regole sono applicabili al dipendente ed al collaboratore (rinvio art.52 1° comma TUIR).
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Fabbricati in locazione, uso, comodato
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Ai fini della determinazione del reddito di lavoro dipendente non è rilevante che il fabbricato sia di
proprietà del datore di lavoro o che quest’ultimo l’abbia assunto in locazione, poiché in entrambe le
ipotesi la quantificazione del fringe benefit deve essere calcolata con le modalità precedentemente
indicate che fanno riferimento alla rendita catastale ed agli oneri accessori, essendo irrilevante
l’importo del canone di locazione corrisposto dal datore di lavoro al proprietario.
E’ ragionevole ritenere che le spese sostenute dal datore di lavoro per arredare l’immobile messo a
disposizione del dipendente debbano rientrare nel calcolo del fringe benefit sulla base del valore
normale . Trattandosi di beni direttamente acquistati dall’impresa andrà utilizzato il relativo
ammortamento secondo le note aliquote ministeriali.
Analogo trattamento rilevante per la quantificazione del fringe benefits avrà la cd diaria od indennità
di prima sistemazione.
Qualora la rendita catastale aumentata delle citate spese condominiali o relative ad utenze, risultasse
superiore al canone di locazione addebitato al dipendente non si realizzerebbe alcun reddito
imponibile in capo a quest’ultimo.
Nella prassi aziendale è frequente che la società conduca in locazione un’unità immobiliare sulla base
di un contratto ad uso “foresteria” per poi concederlo in uso ai propri dipendenti in occasione di
missioni o trasferte. L’azienda in sostanza utilizza questa forma di alloggio preferendola all’alternativa
della sistemazione alberghiera. In tale ipotesi non si configura alcun fringe benefit in quanto la
concessione in uso dell’immobile avviene a titolo transitorio e legato ad esigenze di spostamento
temporaneo, inquadrabile nel’istituto della trasferta di cui all’art.51 5° comma TUIR.
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Fabbricati in locazione, uso, comodato
19

Per quanto attiene al trattamento dei canoni di locazione sostenuti dal datore di lavoro per unità
immobiliari concesse in uso ai dipendenti, nella determinazione del reddito d’impresa, andrà osservato
che detti immobili, ordinariamente accatastati nelle categorie da A/1 ad A/11 (escluso A/10) non sono
considerabili strumentali, né per natura, né per destinazione. Ne consegue l’indeducibilità dei relativi
canoni di locazione, ovvero degli ammortamenti nell’ipotesi di proprietà, e la relativa tassazione avrà
luogo sulla base del reddito catastale (Art.90 1° comma TUIR.) nella pratica l’impresa dovrà operare
una variazione in aumento, in sede di dichiarazione dei redditi, per il differenziale tra il canone di
locazione pagato e l’ammontare del fringe benefit (rendita catastale) tassato in capo al lavoratore che
utilizza l’immobile.

Art.95 2° comma .. “I canoni di locazione anche finanziaria e le spese di manutenzione dei fabbricati
concessi in uso ai dipendenti sono deducibili per un importo non superiore a quello che costituisce
reddito per il dipendente a norma del citato art.51 comma 4 lettera c)” – cd principio di simmetria
impositiva .

Qualora detti fabbricati siano concessi in uso a dipendenti che abbiano trasferito la loro residenza
anagrafica per motivi di lavoro nel comune in cui prestano l’attività, i relativi canoni e spese risultano
interamente deducibili dal reddito d’impresa nel periodo d’imposta in cui si realizza il trasferimento e
nei due successivi.
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Fabbricati in locazione, uso, comodato
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
SENZA OBBLIGO DI DIMORA : RENDITA CATASTALE + SPESE INERENTI IL
FABBRICATO - SOMMA PAGATA PER L’UTILIZZO DEL FABBRICATO
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CON OBBLIGO DI DIMORA : RENDITA CATASTALE + SPESE INERENTI IL
FABBRICATO - SOMMA PAGATA PER L’UTILIZZO DEL FABBRICATO x 30 %
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ESEMPIO – senza obbligo di dimora con immobile condotto in locazione :
Canone di locazione annuo
€ 8.000,00
Rendita catastale del fabbricato
€ 1.600,00
Spese condominiali, riscaldamento, utenze a carico datore
€ 2.000,00
FRINGE BENEFIT : 1.600,00 + 2.000,00 =
€ 3.600,00
ESEMPIO BUSTA PAGA
Retribuzione mensile
Fringe benefit (3.600 : 12)
Imponibile Previdenziale
(1.500+300)
Contributi su imponibile previdenziale (1.800 x 9,49%) =
Imponibile Fiscale (1.500+300 -170,82)
€ 1.500,00
€
300,00
€ 1.800,00
€
170,82
€ 1.629,18
Il datore di lavoro può dedurre la somma massima di € 3.600,00 anziché quella di € 10.000,00
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Telefoni cellulari
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
Nel casi in cui al dipendente venga concessa la possibilità di utilizzare il telefono cellulare aziendale
anche per fini privati, si configura nei suoi confronti una prestazione di servizi con o senza addebito di
un corrispettivo. In quest’ultima ipotesi si realizza una prestazione di servizi imponibile ai fini IVA.
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L’addebito può avvenire in forma analitica o forfetaria.
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Nel caso di addebito in forma analitica l’azienda dovrà individuare con esattezza, anche a mezzo
distinta bolletta del gestore telefonico, i costi delle telefonate private dalla bolletta del fornitore del
servizio telefonico e fatturarle al dipendente (metodo del codice di accesso);
Ai fini della quantificazione del fringe benefit la norma fa riferimento al valore normale dei servizi
prestati che, nel caso specifico, è dato dal costo delle telefonate personali risultante dalla bolletta
telefonica (totale per codice di accesso).
Qualora l’azienda addebiti l’intero costo delle telefonate private non verrà a configurarsi alcun fringe
benefit in capo al dipendente.
Nel caso, invece, di addebito inferiore al valore normale, il compenso in natura tassabile è costituito
dalla differenza tra detto valore e l’importo addebitato al dipendente.
L’addebito al dipendente di un importo “forfetario” per l’uso privato del telefonino crea il problema di
individuazione del valore normale del compenso in natura per la quantificazione del benefit.
L’azienda è obbligata, ad evitare contestazioni dall’Amministrazione Finanziaria, a determinare tale
valore dalla bolletta telefonica distinguendo analiticamente le telefonate effettuate per l’azienda da
quelle personali.
Il fringe benefit è determinato dal valore normale , dedotte le somme addebitate forfetariamente.
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Telefoni cellulari
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
Disciplina ai fini IVA (art.13 DPR 633/72) - L’azienda, al fine di poter detrarre l’iva relativa ai
costi del cellulare aziendale concesso al dipendente anche per uso privato, con addebito di un
corrispettivo, dovrà emettere nei suoi confronti una fattura d’importo pari al valore normale del
servizio messo a disposizione.
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Senza addebito del corrispettivo
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Nel caso in cui l’azienda conceda al dipendente la possibilità di far uso del cellulare anche per motivi
privati senza alcun addebito, il valore normale del fringe benefit, dato dal costo delle telefonate
personali risultante dalle bollette telefoniche, è interamente imponibile quale reddito di lavoro
dipendente.
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Circolare 19 febbraio 2008 n.12/E – riguarda il caso di una società che ha dato in uso ai propri
dipendenti cellulari aziendali con la seguente limitazione: il costo del traffico telefonico per le chiamate
tra dipendenti e tra dipendenti ed alcuni numeri fissi aziendali è a totale carico della società, mentre
ogni diverso utilizzo rimane a carico del dipendente ed il traffico privato gli viene direttamente
fatturato dalla compagnia telefonica. In tale ipotesi la società pone in detrazione l’intera IVA sul
traffico aziendale. [6]
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Mense aziendali e ticket
23

Le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, nonché quelle in mense organizzate
direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi non concorrono a formare il reddito di lavoro
dipendente. Tra le prestazioni di vitto e le somministrazioni in mense aziendali, anche gestite da terzi,
sono comprese le convenzioni con i ristoranti e la fornitura di cestini preconfezionati contenenti il
pasto dei dipendenti. La prestazione in esame deve comunque interessare la generalità dei dipendenti
ovvero intere categorie omogenee di essi.

La norma, inoltre, stabilisce che non concorrono a formare il reddito anche le prestazioni (ticket
restaurant) e le indennità sostitutive di mensa (ad esempio, ai lavoratori delle imprese edili o la
panatica dei marittimi a terra) nel limite di un importo massimo complessivo giornaliero pari a € 5,29

Nei ticket restaurant deve essere individuabile un collegamento fra i tagliandi ed il tipo di prestazione
cui danno diritto; i tagliandi devono recare sul retro la precisazione che non possono essere cedibili,
né cumulabili, né commerciabili e né convertibili in denaro; gli stessi, quindi, dovranno consentire
soltanto l'espletamento della prestazione sostitutiva nei confronti dei dipendenti che ne hanno diritto,
ed essere debitamente datati e sottoscritti.

L' art. 4 della legge 25 marzo 1997, n. 77, ha precisato che per servizi sostitutivi di mensa resi a mezzo
buoni pasto di cui al D.M. Lavoro e Previdenza Sociale 3 marzo 1994, in G.U. n. 66, del 21 marzo 1994,
devono intendersi le somministrazioni di alimenti e bevande effettuate dai pubblici esercizi, nonché le
cessioni di prodotti di gastronomia pronti per il consumo immediato, effettuate da mense aziendali,
interaziendali, rosticcerie e gastronomie artigianali, pubblici esercizi e dagli esercizi commerciali
muniti di autorizzazione per la vendita, per la produzione, la preparazione e vendita di generi
alimentari, anche su area pubblica e operate dietro commessa di imprese che forniscono servizi
sostitutivi di mensa aziendale.
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Mense aziendali e ticket
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
Il legislatore non ha dettato regole particolari in merito alle diverse opzioni disponibili per escludere il
pasto del dipendente, in tutto o in parte, dalla formazione del reddito, si ritiene, pertanto, che il datore
di lavoro sia libero di scegliere la modalità che ritiene più facilmente adottabile in funzione delle
proprie esigenze organizzative e dell'attività svolta e che possa anche prevedere più sistemi
contemporaneamente.

Il datore di lavoro può, ad esempio, istituire il servizio di mensa per una categoria di dipendenti,
adottare il ticket restaurant per un'altra categoria ed erogare un’indennità sostitutiva per un'altra
ancora, oppure può istituire il servizio di mensa e, nello stesso tempo, corrispondere un'indennità
sostitutiva oppure i ticket restaurant ai dipendenti che per esigenze di servizio non possono usufruire
del servizio mensa.

In base al tenore letterale della norma è da escludere che lo stesso dipendente, con riferimento alla
medesima giornata lavorativa, possa fruire del servizio mensa ed utilizzare anche il ticket restaurant o
ricevere anche l'indennità sostitutiva del servizio di mensa, fruendo dell'esclusione dalla formazione
del reddito di €5,29. Analogamente, in presenza di una indennità sostitutiva pari a € 1,50 ed un ticket
restaurant con valore nominale di € 3,50 non è possibile, con riferimento alla stessa giornata
lavorativa, cumulare le due prestazioni sostitutive fino a raggiungere la predetta soglia di esclusione,
ma è necessario assoggettare a tassazione integralmente una delle due erogazioni.
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Mense aziendali e ticket
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
L’erogazione del servizio sostitutivo della mensa può avvenire mediante l’uso delle carte elettroniche o
dei cosiddetti buoni pasto elettronici. Queste ultime sono contraddistinte dai medesimi requisiti del
ticket restaurant in termini di non cedibilità, non cumulabilità, non commerciabilità e conversione in
denaro e dalla presenza di un intermediario che si frappone tra il datore di lavoro ed il soggetto che
effettua la somministrazione.

Il loro utilizzo presso esercizi convenzionati può avvenire solamente da parte del lavoratore ed è
limitato ad una prestazione giornaliera nei soli giorni di presenza sul lavoro. Non sono consentiti
recuperi delle prestazioni non fruite. Le carte elettroniche sono uno strumento identificativo del
dipendente volto ad evitare abusi nell’utilizzo del servizio.

Secondo l’Agenzia delle Entrate il “buono elettronico” assolve alla funzione di rappresentare
esclusivamente il pasto cui ha diritto il dipendente e non il corrispondente valore monetario
utilizzabile presso l’esercizio convenzionato per l’acquisto di altri beni.

La carta elettronica è inquadrabile come una vera e propria mensa aziendale e le prestazioni rese
mediante il suo utilizzo non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente a prescindere dal
superamento o meno della soglia di € 5,29 che è riferita alle prestazioni ed alle indennità sostitutive
della mensa. (Risoluzione 17 maggio 2005 n.63/E). [7]
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