“Progetto Finanziato dal Parco regionale delle Alpi Apuane nell’ambito dell’Offerta Educativa
2010-2011 TRA AMBIENTE E TRADIZIONE: conoscere, sapere e fare”
Col di Favilla : il paese
abbandonato
I.C. Castiglione Garf.na
Scuola Primaria di Pieve Fosciana a. s. 2010/2011
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Attraverso lo studio fatto a
geografia sulle attività economiche
del nostro Paese, abbiamo
scoperto che oggi solo il 4% degli
Italiani è occupato nel settore
primario , mentre in passato (e in
un passato neppure tanto remoto
per quello che riguarda il nostro
territorio)
costituiva il settore
lavorativo principale.
In questa trasformazione sta la
storia del paese di Col di Favilla.
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Col di Favilla si trova nel
cuore delle Apuane e fa
parte del Comune di
Stazzema. Per arrivarvi
percorriamo la strada d’
Arni,
superiamo
la
galleria del Cipollaio,
raggiungiamo il bivio Tre
fiumi e proseguiamo a
piedi fino al bivio per
Passo
Croce.
Percorriamo la strada
sterrata
fino
a
raggiungere il cartello
che indica i diversi
percorsi.
Noi
ci
incamminiamo verso il
Puntato.
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Lungo il percorso incontriamo piccole maestà votive di pietra , noi le chiamiamo mestaine, dove
una volta i pastori pregavano per ottenere un buon raccolto o perché il loro gregge fosse
protetto. Su una abbiamo letto una strana iscrizione in dialetto: i segni di un litigio stanno vicini
alle parole affettuose in memoria di un fratello.
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Raggiungiamo la Torbiera di Fociomboli. E’ un grande prato col fondo acquitrinoso, circondato da
una bella faggeta . Alessandra ci spiega che la torbiera è il residuo di un piccolo lago di origine
glaciale ed è l’unica zona umida delle Apuane. Qui crescono piante endemiche, cioè che
possiamo trovare solo sulle Apuane, le orchidee e la Pinguicola, una pianta carnivora .
Siamo così fortunati che riusciamo anche a vedere distintamente una piccola salamandra .
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Avevamo studiato che nelle
Alpi Apuane esiste una
grande varietà di microclimi.
Questo perché in soli 20
chilometri, si passa dal livello
del mare ai quasi 2000 metri
del monte Pisanino, perché
c’è una grande varietà nei
terreni, per la differente
esposizione dei versanti ai
venti marini e per l’azione
modificatrice dell’uomo. Ora
Alessandra,la nostra guida,
ci dà una dimostrazione
concreta dell’esistenza vicina
di
diversi
microclimi
misurando la temperatura
dell’acqua nella torbiera e
nell’aria appena sopra di
essa.
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Dopo la sosta alla torbiera riprendiamo il percorso e giungiamo nella valle del
Puntato, alle pendici del monte Corchia. I tetti delle case e della chiesa appaiono
sotto il sentiero quasi improvvisi, come per magia.Da qui possiamo ammirare tante
vette delle Apuane: il Pizzo delle Saette, la Pania della Croce, il Corchia, il Freddone,
il Sumbra.
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Facciamo conoscenza con Mauro, che gestisce i rifugi della valle, e con il simpatico cane Due.
Alloggeremo al rifugio “La quiete”: non poteva esserci nome più adatto per descrivere questo
luogo! Sembra di vivere in un altro tempo : ogni piccola occupazione è importante per sentirci
parte della natura nella quale ci troviamo e per scoprire il valore della collaborazione.
E’ necessario raccogliere legna per mantenere il fuoco della stufa.
E’ divertente occuparsi della cena e della prima colazione badando bene di non
sprecare cibo né acqua, di differenziare i rifiuti, di utilizzare gli avanzi per gli animali, di
mantenere la pulizia delle camere e dei bagni.
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Un tempo il Puntato era
territorio di alpeggio. Qui si
veniva nella bella stagione
per portare i greggi al
pascolo e per praticare
alcune colture. Nel mese di
Agosto i contadini erano
impegnati a pulire i campi
di granturco e a preparare
il terreno delle selve per la
raccolta delle castagne.
A Settembre risalivano gli
alpeggi per la raccolta delle
patate
e
ad
Ottobre
avveniva la raccolta del
granturco e del foraggio,
che veniva sistemato nei
fienili coperti. Poi iniziava la
raccolta e l’essiccazione
delle
castagne,
che
proseguiva fino
a tutto
Novembre.
I segni sul territorio di questa intensa attività sono capanne, metati, muretti a secco.
Mauro ci mostra la piccola stazione meteorologica, i pannelli solari e fotovoltaici, la
teleferica, gli alveari.
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Purtroppo vediamo anche
qualcosa di brutto : le foglie
dei castagni sono infestate
da
strane
protuberanze,
grosse quanto chicchi di
mais. Alessandra ci spiega
che si tratta di una malattia
iniziata già lo scorso anno sui
faggi e che poi ha colpito
anche
i
castagni.
A
diffonderla è stata una
piccolissima vespa cinese, il
Cinipide, che ha infestato
Stati Uniti, Giappone e parte
dell’Europa. Questa malattia
preoccupa molto , perché se
non si troverà un rimedio
efficace, le piante non
daranno frutti, smetteranno di
crescere
e
poi
si
seccheranno. La soluzione
potrebbe essere data da un
insetto antagonista, un’altra
vespa cinese, che dovrebbe ,
si fa per dire, controllare il “
nemico”: forse per questo è
stata
soprannominata
la
“vespa-sceriffo” dei castagni.
•
Dopo esser diventati
“soci”
dell’Associazione “Il
sentiero”, salutiamo
Mauro e riprendiamo
la nostra escursione
diretti a Col di
Favilla. Il cammino
poco alla volta si
addentra nel bosco
e dopo alcuni saliscendi giungiamo al
piccolo
paesino
abbandonato
•
La sua storia inizia verso la metà dell’Ottocento, quando questo territorio iniziò ad
essere sfruttato come alpeggio e vi si costruirono le prime abitazioni stagionali. Il
luogo, per la vicinanza a pascoli, castagneti e boschi di faggio, fu un richiamo
transumante per pastori, boscaioli, raccoglitori di frutti spontanei. I boschi erano un
tempo un’importante risorsa per gli uomini di queste montagne , che sfruttavano le
faggete e i castagneti per ricavarne legna da ardere, da costruzione, carbone e
castagne.
•
Anche il nome del
paese sembra legato
alla lavorazione del
carbone. Si racconta
che alcuni boscaioli
notassero, sul far della
sera, un tripudio di
faville levarsi dal colle
verso
il
cielo,
sicuramente perché lì
vicino, si “scarbonava”.
Da allora il colle fu
ribattezzato Col di
Favilla e gli abitanti si
chiamarono
“collettorini”.
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Col moltiplicarsi delle
capanne e il prolungarsi
dei tempi di permanenza
dei
primi
abitatori
stagionali, che avevano
cominciato a lavorare il
terreno coltivandolo in
terrazzamenti e gradoni,
si sentì il bisogno di un
luogo
dedicato
alla
preghiera e al culto. Si
costruì dunque la chiesa
col suo campanile e, da
quel momento, quel luogo
potè considerarsi un vero
e proprio paese. I paesani
scelsero S. Anna come
protettrice ed ogni 26
Luglio la celebravano con
grandi festeggiamenti.
•
I collettorini furono dunque
agricoltori e pastori, ma
furono anche impegnati nella
produzione di carbone da
legna, nella lavorazione dei
metalli, nell’estrazione del
tannino da castagno per le
concerie e nell’attività
artigianale dell’impagliatura .
• Col passare degli anni, però,
l’economia nazionale si
trasformava : il primato
dell’agricoltura e
dell’allevamento cedeva il
passo all’industria e al
progresso tecnologico. Per gli
abitanti di Col di Favilla si
poneva il problema di una
scelta: andarsene o restare.
Entrambe le decisioni
presentavano aspetti positivi e
negativi, per questo la scelta fu
difficile e dolorosa.
Partire significava lasciare luoghi ,
persone , abitudini, certezze, affetti…per
poter trovare un lavoro ben pagato,
fortuna e migliori condizioni di vita.
•
Restare significava mantenere i legami
affettivi con la propria terra, la propria
gente e la propria famiglia, ma
conservare con rassegnazione
poverissime condizioni di vita.
•
•
La scelta tra queste due possibilità fu libera, ma soggetta a forti condizionamenti: la
povertà, la mancanza di servizi, il richiamo verso luoghi di facile fortuna e di
guadagni che si immaginavano sicuri.
Ben presto vinse la scelta del partire. Il paese , dal 1952, cominciò ad essere
abbandonato, partecipando al fenomeno di emigrazione, interna o estera, che fu di
gran parte dei territori di campagna e montagna d’Italia.
•
Ma Col di Favilla restò vivo nella
memoria e nel cuore dei suoi
abitanti. Dopo la profanazione
del cimitero e della chiesa, con
la distruzione della statua di S.
Anna, i collettorini costituirono
nel 1978 il Comitato Col di
Favilla, con lo scopo di
restaurare e ricostruire la
chiesa, il cimitero e alcune case.
Ogni anno, il 26 Luglio, si
rinnova la festa in onore di S.
Anna .
ISTITUTO COMPRENSIVO DI CASTIGLIONE GARFAGNANA
SCUOLA PRIMARIA DI PIEVE FOSCIANA CLASSE QUARTA
FINE
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