News - 2013-06-19
Un maschio di balenottera comune lungo più di 20 metri è la prima
vittima della caccia baleniera islandese di quest'anno. L'Islanda ha
ripreso a cacciare le balene nonostante il bando alla caccia
commerciale dell'IWC (International Whaling Commission Commissione Baleniera Internazionale).
Siamo riusciti a documentare l'arrivo al porto di Hvalfjörður, vicino Reykjavik e
la macellazione di questo esemplare che fa parte delle specie minacciate
d'estinzione inserite nella Lista Rossa elaborata dall'IUCN (International Union
for Conservation of Nature).
I balenieri islandesi hanno in programma di cacciare fino a 180 balenottere
comuni quest’estate, un piano sostenuto dal governo islandese. La ripresa
della caccia coincide con l’alta stagione per il whale watching e questo ha
portato a una forte protesta dell’industria turistica islandese secondo cui
l’osservazione delle balene porta maggiori benefici economici di quanti la
caccia potrà mai portare.
http://youtu.be/88HldQi4EFs
Nel 2008 circa 115.000 persone sono andate in Islanda per praticare il
whale watching e più del 20% di loro pensa che questa sia una ragione
importante per fare un viaggio in Islanda, spendendo così anche milioni
di dollari. Altre 115.000 persone hanno sottoscritto la promessa di visitare
l’Islanda se smetterà di cacciare le balene.
La caccia alle balene rischia di danneggiare fortemente l'immagine
dell'Islanda.
Nei Paesi Bassi il gruppo Avaaz ha raccolto 1,1 milioni di firme con una
petizione che chiede al governo olandese di non permettere più il
trasferimento di carne di balena islandese nei porti del Paese. Tanto più
che la caccia non ha alcun senso da un punto di vista economico: le
balene catturate in Islanda sono tutte per il mercato giapponese, che è
completamente collassato. La carne di quelle catturate nel 2010 è finita
nel cibo per cani in Giappone.
Le statistiche parlano chiaro. Le balenottere
azzurre, in Antartide, sono l'1 per cento della
popolazione originaria, nonostante quarant'anni
di protezione totale. Alcune popolazioni di
balene si stanno espandendo, ma altre no. Si
stima che le balene grigie del Pacifico Orientale
abbiano recuperato appieno la propria
condizione originaria. Le balene grigie del
Pacifico Occidentale, invece, sono le più
minacciate in assoluto: contando circa cento
esemplari, la specie è ormai sull'orlo
dell'estinzione.
Sovrasfruttamento,
imbrogli ed
estinzione: è questo
il circolo vizioso
degli interessi che si
nascondono dietro
la caccia
commerciale alle
balene e che
spazzano via una
popolazione di
balene dietro
l'altra. Anche dopo
decenni di
protezione, non
siamo sicuri di poter
recuperare alcune
specie.
La caccia commerciale non è l'unico pericolo che le balene
devono fronteggiare. Negli ultimi cinquant'anni, da quando
cioè si è cominciato a proteggere le balene, l'impatto delle
attività dell'uomo sugli ecosistemi marini è profondamente
cambiato.
Il cambiamento climatico, l'inquinamento chimico e quello
acustico, l’aumento del traffico marittimo, lo sfruttamento
eccessivo delle risorse ittiche mettono a repentaglio la
sopravvivenza delle popolazioni di balene rimaste. La pesca
industriale sottrae alle balene preziose risorse alimentari e le
espone al rischio delle catture accidentali.
Nonostante le minacce aumentino e dal 1986 sia in vigore una
moratoria sulla caccia commerciale, la Commissione
Baleniera Internazionale (IWC) - organismo istituito per tutelare
le popolazioni di cetacei – non è ancora stata in grado di
fermare le nazioni baleniere. Norvegia, Islanda e Giappone
continuano a cacciare. Quest’ultimo ricorrendo al pretesto
della caccia effettuata a fini scientifici viola ogni anno il
Santuario dell’Oceano Antartico (istituito nel 1994), uccidendo
ogni anno oltre 500 esemplari di balene nell’area.
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la caccia alle balene di Peroni Benedetta