Storia del mio rapporto con la
matematica lungo il mio cammino
scolastico.
Fin da quando ero piccola, mi piaceva che i miei giochi e la
mia camera fossero in ordine (cosa molto complicata
avendo una sorella molto disordinata). Questa mia
passione per la precisione la si notava anche quando
giocavo. Mi piaceva mettere tutte le macchinine in fila uno
dietro l’altro e spostarle in avanti, o spostando l’ultima
macchinina della fila in prima posizione oppure facendo
avanzare le macchinine una alla volta. Inoltre spesso mi
inventavo dei modi per costruire ponti o gallerie in cui
potesse passare la mia lunga fila di macchinine.
Quando non mi dedicavo a dirigere il traffico e a fare il vigile urbano
alle prese con una lunga fila di macchine, mi trasformavo in un piccolo
architetto. Con i lego, insieme a mia sorella, costruivo case, palazzi,
macchine, persone, aerei, treni..... Mi divertivo a poter creare qualcosa
tutto da sola, potermi sentire l’autore di un’immensa costruzione,
sapere che le mie opere potevano essere apprezzate da genitori e
parenti e poter sognare (un po’ come fanno tutti i bambini) di mettere
in pratica i miei progetti edilizi.
Infine con la mia baby-sitter mi divertivo molto a ricreare, sui divani e
sui mobili della sala, gli scaffali del supermercato. Posizionavo i diversi
prodotti con un ordine logico e coerente (cibo, vestito, detersivi,
bevande) e assegnavo a ciascun di loro un prezzo valutando in modo
abbastanza approssimato ma realistico il valore esatto della merce.
Successivamente mi personificavo in un’ottima commessa, prendevo la
mia cassa e mi divertivo con banconote, monete, scontrini e resti.
Fin dalla prima elementare la matematica mi piaceva
molto. Le lezioni non sembravano mai pesanti e la mia
maestra, anche se un po’ severa, cercava sempre di farci
capire ed apprezzare la matematica. Insegnava con
passione, si vedeva che la matematica le piaceva proprio,
che ci teneva a trasmetterci l’amore per questa materia e a
farci imparare divertendoci e aiutandoci l’un l’altro.
Nella mia classe ero una fra le migliori ma non volevo mai
farlo notare, cercavo sempre di fare del mio meglio e di dare
una mano ai miei compagni che arrancavano un po’ fra
numeri e conti.
La nostra maestra come metodi di insegnamento,
soprattutto nei primi anni, utilizzava molto i regoli e
l’abaco.
I regoli mi piacevano moltissimo, la
mamma si arrabbiava spesso con me
perché, finiti i compiti, li trovava
disseminati per tutta la casa. Io infatti
oltre ad usarli per svolgere gli esercizi,
li utilizzavo per giocarci e per inventare
mille costruzioni colorate.
Per quanto riguarda l’abaco, la
nostra insegnante invece di farcelo
comprare, ce lo aveva fatto
costruire. Avevamo preso come
base del polistirolo, come asticelle
gli stuzzicadenti per gli spiedini e
come palline i maccheroncini
colorati di diverso colore (blu per le
unità, rosso per le decine, verdi per
le centinaia).
Per quanto riguarda i compiti a casa,
in quegli anni, li facevo volentieri con
il nonno.
Lui mi aiutava volentieri, con molta
pazienza mi spiegava quello che non
avevo capito in aula, mi dava consigli
su come memorizzare le tabelline ed
eseguire calcoli a mente e valorizzava
le mie capacità e abilità.
Essendo lui ragioniere, possedeva
una grandissima e molto
sofisticata (per quei tempi)
calcolatrice. Mi sbrigavo subito a
finire i compiti perché sapevo che
dopo avrei potuto, come
ricompensa, utilizzare quella che
per me era una calcolatrice
magica.
Per quanto riguarda i giochi in questo arco di tempo ho
cominciato a giocare con i puzzle e con il tangram.
Mi divertivo molto a costruire i
puzzle perché mi rendevo conto
che tanti piccoli pezzi potevano
formare una bella figura. A volte
avevo difficoltà ad incastrare tra
di loro i pezzi, soprattutto
quando i pezzi erano molto
piccoli e numerosi, ma subito
mia sorella e mio zio mi
correvano in aiuto dandomi la
possibilità di continuare a
giocare.
Un natale, tra i vari pacchetti, ne
dovrai uno con un tangram...
All’inizio non capì bene di cosa si
trattasse ma appena lessi le
istruzioni lo trovai un gioco
molto divertente .
Utilizzare le figure geometriche
studiate a scuola (quadrato,
triangolo e parallelogramma) per
costruire figure di diversi e
svariati oggetti mi affascinava
moltissimo.
Alla scuola media il mio rapporto con
la matematica è stato molto
oscillante. Difatti in base
all’insegnante che avevo e alla
passione che metteva
nell’insegnamento passavo da
momenti di “odio totale” per
lamatematica, duranti i quali c’era la
tentazione di non fare i compiti, non
studiare e lasciare perdere tutto ciò
che riguardava l’universo intero della
matematica, a momenti in cui non
aspettavo altro che l’ora di
matematica per mettermi alla prova
con numeri e conti e i compiti di
matematica erano sempre i primi a
finire.
In prima media ho avuto una
professoressa molto severa.
Non spiegava molto ma voleva
che si sapesse sempre tutto a
memoria, come un pappagallo.
A me non piaceva fare
matematica con lei, perchè non
capivo il senso e le motivazioni
del metodo che utilizzava.
Ma non potevo fare nulla, lei era la professoressa e io l’allieva,
così mi sono adattata a studiare come mi veniva richiesto. In
questo modo prendevo i bei voti ma io non ero del tutto
soddisfatta.
Basandomi su quanto avevo
appreso dalla mia maestra e da
mio nonno, io mi immaginavo
la matematica come qualcosa
di pratico e concreto, con cui
mettersi alla prova e potersi
divertire.
Ora invece mi veniva presentata
come qualcosa di noioso,
monotono, ripetitivo e pesante.....
In seconda, per fortuna, ho
cambiato la professoressa, che è
rimasta la mia insegnante anche
per l’anno successivo.
Questa insegnante era molto
brava sia umanamente che
nell’insegnamento. Era molto
esigente ma era anche in grado di
valorizzare le abilità di ciascuno e
di correggere gli errori senza
umiliare le persone. Con lei mi
sono trovata davvero molto bene
perché mi sono sentita accettata,
apprezzata ed ho imparato
davvero molte cose sulla
matematica e sulla vita. Credo sia
stata la migliore insegnante che
abbia mai avuto.
Con questa insegnante mi sono trovata talmente bene
che quando mi è stato proposto di partecipare ai giochi
matematici, sia in seconda che in terza, ho accettato con
grande entusiasmo ed impegno. Avevo voglia di mettere
in gioco tutte le mie conoscenze, le abilità e la mia
capacità di ragionamento.
Entrambe le volte ho ottenuto degli
ottimi risultati, arrivando terza in
seconda e seconda in terza
(peccato che non c’era la quarta...
magari avrei raggiunto il primo
posto).
Per il buon piazzamento ottenuto mi hanno regalato
due bellissimi libri sulla matematica: “Il teorema del
pappagallo” e “il diavoletto di Maxwell”.
Incuriosita dalle copertine mi sono messa subito a
leggerli scoprendo cose nuove, belle ed interessanti
sulla matematica e capendo quanto la matematica e
la fisica fossero presenti nella vita di tutti i giorni.
Questo mi ha spinto, negli anni successivi, a studiare
la matematica con una nuova mentalità, più aperta
ed curiosa.
Ma eccoci qua al momento della scelta del liceo...... Le
possibilità erano due ed erano le seguenti:
Socio Psico Pedagogico per
realizzare il desiderio, che
avevo sin da piccola, di
diventare maestra.
Scientifico P.N.I per poter
continuare a studiare la
matematica e scoprire la chimica e
la fisica .
Alla fine optai per il liceo scientifico.
Il primo anno di liceo non ebbi ancora molta fortuna con
l’ insegnante di matematica. Era una supplente molto
giovane. Faceva molta fatica a gestire la classe e le sue
spiegazioni risultavano molto superficiali e poco
coinvolgenti.
Con lei bastava studiare poco e fare qualche esercizio per
andare bene.... Ancora una volta i voti erano molto buoni
ma io non ero soddisfatta totalmente.
Cercavo nella matematica quello stimolo che mi
spingesse ad impegnarmi per ricercare sempre qualcosa
di più, a farmi domande ed a trovare risposte.
In seconda liceo arrivò una nuova professoressa. Era molto brava ed
esigente, ma poco comprensiva. Avevamo molte lacune dell’anno
precedente e fare due anni in uno è stato molto complicato per tutti
noi.
Sicuramente abbiamo lavorato molto bene con lei ma fra tutti noi
c’era un clima di terrore per le verifiche e le interrogazioni. Si faceva
molta fatica ad arrivare al sei perché l’insegnate era molto puntigliosa
e precisa e al primo errore si veniva mandati al posto con un voto
negativo. Per fortuna anche questo anno è finito.....
Gli ultimi tre anni ho avuto un’insegnante molto brava sotto l’aspetto
didattico ed umano. Con lei si lavorava molto bene, c’era un bel clima
di serenità all’interno della classe e noi alunni ci impegnavamo
volentieri.
Era un’insegnante che voleva che tutti capissero le cose in modo
completo .
La sua matematica era poco teorica, molto pratica e concreta.
E così tra spiegazioni, interrogazioni, verifiche, battute, risate,
domande, chiarimenti, sgridate, giochi, fatiche, gioie e delusioni
siamo arrivati alla fine del liceo.
Eccoci di fronte ad un’altra scelta: c’era ancora l’incertezza
tra l’ambito educativo e quello scientifico. Ma questa volta
sono riuscita a capire che la matematica era, per me, un
hobby, una passione da coltivare ma che nella vita avrei
voluto fare proprio la maestra......
E perché no? Magari proprio una maestra di matematica.
Quest’anno quando tra i vari esami ho letto Matematiche
Elementari dal punto di vista Superiore sono stata molto
contenta, perché finalmente avrei potuto coltivare due
passioni nello stesso momento.
Il corso è stato molto interessante perché ho riscoperto la
matematica guardandola con gli occhi, la creatività e la
curiosità dei bambini ed ho potuto imparare molte cose che
mi potranno essere utili per insegnare, ai miei futuri alunni,
la matematica giocando e divertendosi.
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Io e la matematica