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di traduzione
FUGA DI MARIO
Marius, post sextum consulatum annumque LXX, nudus ac limo
obrutus, oculis tantummodo ac naribus eminentibus, extractus
arundineto circa paludem Maricae in quam se fugiens
consectantes Sullae equites abdiderat, iniecto in collum loro, in
carcerem Minturnensium iussu duumviri perductus est. Ad quem
interficiendum missus cum gladio servus publicus, natione
Germanus, qui forte ab imperatore eo, bello Cimbrico captus erat,
ut agnovit Marium, magno eiulatu expromens indignationem
casus tanti viri, abiecto gladio, profugit e carcere. Tum cives, ab
hoste misereri paulo ante principis viri docti, instructum eum
viatico collataque veste in navem imposuerunt. At ille adsecutus
circa insulam Aenariam filium, cursum in Africam direxit
inopemque vitam in tugurio ruinarum Carthaginiensium toleravit,
cum Marius aspiciens Carthaginem, illa intuens Marium, alter
alteri possent esse solacio.
Marius, post sextum consulatum annumque LXX, nudus ac limo obrutus, oculis
tantummodo ac naribus eminentibus, extractus arundineto circa paludem Maricae
in quam se fugiens consectantes Sullae equites abdiderat, iniecto in collum loro, in
carcerem Minturnensium iussu duumviri perductus est.
Il primo verbo che incontriamo è obrutus, participio perfetto nominativo singolare del
verbo obruo. Dobbiamo, quindi, come ormai più e più volte detto, cercare una parte
nominale cui concordare questo participio, ovviamnete anch’essa al nominativo
maschile singolare. Abbiamo Marius, quindi si tratterà di un participio congiunto al
nominativo, che possiamo tradurre con un gerundio. Il verbo seguente è eminentibus,
anch’esso participio, ma all’ablativo, concordato con oculis e naribus. Potrebbe trattarsi
di un ablativo assoluto. Andando avanti troviamo extractus, altro participio nominativo
maschile singolare da congiungersi ancora a Marius. Il primo verbo di modo finito che
incontriamo è abdiderat, indicativo piuccheperfetto terza pers. sing. del verbo abdo che
significa nascondere. Dobbiamo capire se è il verbo della principale. Torniamo indietro e
ci fermiamo appena individuiamo «qualcosa» che può reggere un verbo. Dovrebbe
essere inutile ripetere, perché lo abbiamo fatto ormai milioni di volte, che questo
«qualcosa» può essere o una congiunzione subordinante o un pronome relativo o un
pronome interrogativo e nient’altro. Dunque tornando indietro troviamo quam, pronome
relativo femminile singolare accusativo, riferito ovviamente all’unico termine femminile
singolare presente nel testo, cioè paludem. Siamo di fronte a una proposizione relativa.
All’interno di questa proposizione relativa, però, ci sono altri due verbi al participio: il primo,
fugiens, sarà ovviamente congiunto al soggetto, cioè a Marius, il secondo, consectantes,
essendo al plurale, sarà congiunto all’unico termine plurale, vale a dire equites e sarà
accusativo poiché equites, complemento oggetto di fugiens, è accusativo. Il prossimo verbo
è iniecto: ancora un participio in caso ablativo, concordato con loro in ablativo. Può con
ragionevolezza venirci il sospetto che possa trattarsi del solito ablativo assoluto. Ma non
abbiamo ancora trovato il verbo della principale: Ci siamo quasi! Infatti, andando avanti
troviamo perductus est, terza persona singolare del perfetto indicativo passivo del verbo
perduco, non retto da nulla. Questa è la nostra principale. Possiamo a questo punto
cominciare a tradurre. In un primo momento faremo una traduzione più «letterale», che
nessuno ci vieta di modificare se non è in un italiano accettabile. Comunque avremo
intanto compreso il senso del testo, passo senza il quale è inutile cercare di tradurre
qualsiasi cosa da qualsiasi lingua.
Traduzione: Mario, dopo il sesto consolato e settanta anni, nudo e coperto di fango, con solo
gli occhi e le narici sporgenti, estratto da un cannetto intorno alla palude di Marica nella
quale si era rifugiato fuggendo i cavalieri di Silla che lo inseguivano, essendogli stato gettato
un laccio intorno al collo, fu condotto per ordine di un duumviro nel carcere di Minturno. La
traduzione non è elegantissima, ma assolutamente accettabile. Possiamo comunque cercare
di migliorarla: Mario, dopo sei consolati e all’età di settanta anni, nudo e ricoperto di fango
dal quale sporgevano solo gli occhi e il naso, fu tratto fuori da un canneto nei pressi della
palude di Marica dove si era nascosto cercando di sfuggire ai cavalieri di Silla che lo
inseguivano e con un laccio intorno al collo fu condotto per ordine di un duumviro nel carcere
di Minturno. Non abbiamo cambiato poi molto, ma il testo è più elegante.
Ad quem interficiendum missus cum gladio servus publicus, natione Germanus, qui forte
ab imperatore eo, bello Cimbrico captus erat, ut agnovit Marium, magno eiulatu
expromens indignationem casus tanti viri, abiecto gladio, profugit e carcere.
Secondo periodo: il primo verbo è il gerundivo interficiendum, concordato con quem,
caso accusativo, retto da ad: non può che essere una finale espressa con ad e, appunto,
l’accusativo del gerundivo. Poi troviamo missus, participio maschile singolare nominativo.
Cerchiamo il nominativo maschile singolare cui concordarlo. Non c’è bisogno di andare
molto lontano, infatti dopo poco troviamo servus publicus, a cui è concordato Germanus,
seguito dall’ablativo di limitazione natione. Si tratta del gruppo soggetto della
proposizione principale. Ma prima del verbo della principale troviamo captus erat,
piccheperfetto indicativo di capio. Torniamo indietro e troviamo il pronome relativo qui.
Dinque questa è una proposizione relativa. Il prossimo verbo è agnovit, perfetto
indicativo, ma non ancora verbo della principale poiché è retto da ut. Dovrebbe essere
inutile ricordare che non può trattarsi né di finale né di consecutiva, proposizioni che
richiedono il congiuntivo, e che ut con l’indicativo va sempre tradotto con l’italiano come (
al quale si può ovviamente dare anche un significato temporale). Ancora un participio:
expromens, nominativo maschile singolare congiunto a servus, da tradursi con il
gerundio presente e di nuovo un altro participio, questa volta perfetto, in caso ablativo,
concordato con gladio. Le probabilità che si tratti di un ablativo assoluto sono,
ovviamente, elevatissime. Finalmente il verbo della principale, non retto da nulla e, come
spesso accade in latino, alla fine del periodo: profugit.
Possiamo ipotizzare una traduzione, non senza prima aver riflettuto sul fatto che il quem
iniziale è, naturalmente un nesso relativo e che di conseguenza va tradotto con una
congiunzione e il corrispondente dimostrativo: Un servo pubblico, germano per
nazionalità, che per caso era stato catturato da lui quando era generale nella guerra
cimbrica, mandato con una spada per ucciderlo, come riconobbe Mario, con un grande
urlo, manifestando l’indignazione per il caso di un uomo tanto grande, essendo stata
gettata la spada, fuggì dal carcere. Traduzione corretta sintatticamente ma certo non
bella. Prima di migliorarla alcune piccole osservazioni: il termine imperatore non può
essere tradotto con l’italiano imperatore, perché una minima conoscenza di storia
romana esclude la possibilità che Mario sia mai stato imperatore. Inoltre il termine
imperator in latino non designa quello che per noi è l’imperatore ( da Augusto in poi),
che i latini chiamavano princeps. Questa cosa viene ripetuta dall’inizio dell’anno quasi
tutte le volte che traduciamo dal latino…Inoltre qui, ma questa volta l’errore è veniale, il
termine imperatore è predicativo rispetto a eo. Accettabile comunque, anche se non
corretta, la traduzione «da quel generale». Casus, poi, è genitivo oggettivo e per questo è
preferibile tradurlo con «per il caso». A questo punto cerchiamo di migliorare la nostra
traduzione: Fu mandato ad ucciderlo un servo pubblico di nazionalità germanica che per
caso era stato fatto prigioniero da Mario quando era generale nella guerra Cimbrica, il
quale, quando lo riconobbe, gettata la spada, fuggì dal carcere con alte grida,
manifestando il suo sdegno per il destino di un uomo tanto grande.
Tum cives, ab hoste misereri paulo ante principis viri docti, instructum eum viatico
collataque veste in navem imposuerunt
Il primo verbo che incontriamo è misereri: è un infinito, quindi prima di tradurre
dobbiamo renderci conto della sua funzione sintattica. Il secondo verbo è docti, participio
perfetto del verbo doceo, nominativo maschile plurale da congiungersi con cives (altro
nom, masch. plur.). Poiché questa era forse l’unica lieve difficoltà di questo testo, vale a
dire la possibilità di concordare docti con principis viri, era stata data da me indicazione
in tal senso: ATTENZIONE! DOCTI STA CON CIVES E NON CON VIRI. Instructum è un
participio perfetto congiunto ad eum che è complemento oggetto di imposuerunt, verbo
della principale. Sarebbe importante ricordare che misereri regge il genitivo, ma in ogni
caso lo chiarisce il vocabolario. Importante è anche ricordare che il verbo doceo si può
costruire personalmente. Adesso possiamo cercare di tradurre. «Allora i cittadini, essendo
stati istruiti dal nemico ad avere compassione ( è evidente che l’infinito dipende da docti),
di un uomo poco prima il primo, lo misero su una nave rifornito di cibo e con una veste
fornita.» Il senso è chiaro, ma in un italiano inaccettabile. Quindi ci apprestiamo a
modificare, poiché nessuno di noi si esprimerebbe così: Allora i cittadini, edotti da un
nemico ad avere pietà di un uomo che poco tempo prima era stato il primo tra i cittadini,
lo rifornirono dell’occorrente per il viaggio, gli fornirono una veste e lo fecero imbarcare su
una nave.
At ille adsecutus circa insulam Aenariam filium, cursum in Africam direxit inopemque
vitam in tugurio ruinarum Carthaginiensium toleravit, cum Marius aspiciens
Carthaginem, illa intuens Marium, alter alteri possent esse solacio.
Adsecutus è il primo verbo che incontriamo: è un participio nom. masch. sing. congiunto a
ille. Direxit è il verbo della principale cui è coordinato, tramite il -que enclitico, toleravit.
Cum regge il congiuntivo imperfetto possent e i due participi al nominativo sono congiunti
rispettivamente a Marius (aspiciens) e a illa (intuens). Possiamo ipotizzare una traduzione:
Ma egli, avendo seguito il figlio nei dintorni dell’isola Enaria, diresse la rotta in Africa e
visse una vita povera in un tugurio delle rovine cartaginesi, potendo essere l’uno all’altra di
consolazione, Mario guardando Cartagine e d essa guardano Mario. Traduzione chiara, ma
migliorabile: Raggiunto suo figlio nei pressi dell’isola Enaria, fece rotta verso l’Africa dove
affrontò una vita povera in una capanna tra le rovine di Cartagine, mentre Mario
osservando Cartagine e Cartagine osservando Mario, potevano essere l’uno di conforto
all’altra.
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