La
Povertà
Che cos’è la povertà?
La povertà è una condizione caratterizzata da limitazioni materiali che
impediscono una vita soddisfacente. La definizione contiene elementi
che andrebbero precisati però nascono tre interrogativi:
-Quando una vita è soddisfacente?
Un’esistenza che soddisfa un uomo può sembrare fallimentare per un
altro. Esiste un livello minimo di benessere universale al di sotto del
quale nessun uomo può dirsi soddisfatto. Per tutti gli esseri umani è
essenziale avere i mezzi per soddisfare le necessità primarie.
-Quando ci sono limitazioni materiali?
Le limitazioni materiali non sono facili da individuare perché sono un
risultato che emerge di volta in volta. Esse sono legate a fattori
psicologici e sociali.
-Che cosa comporta il fatto di essere poveri?
C’è povertà dove si soffrono i danni prodotti da essa. Se un individuo
conduce una vita non soddisfacente che, però, non danneggia né lui né
gli altri, non si può parlare di povertà.
Povertà assoluta e povertà relativa
Dai primi studi sulla povertà si è adottato un approccio di sussistenza, secondo
il quale è povero chi è privo delle risorse necessarie alla sopravvivenza .
Con questo approccio si ragiona in termini di povertà assoluta: si considerano
poveri quelli che hanno un tenore di vita talmente basso da risultare poveri.
Il pregio dell’approccio di sussistenza è quello di definire la povertà in termini
universali; tuttavia ha il difetto di restringere l’ambito della povertà.
Nella seconda metà del ‘900 si è imposto un approccio comparativo, che propone
il concetto di povertà relativa: è povero chi ha un tenore di vita inferiore a
quello che possono avere le persone della sua società.
Siccome entrambi gli approcci presentano pregi, ma anche difetti, ci sono stati
tentativi di elaborare teorie sintetiche della povertà, capaci di definirla sia in
termini assoluti che in termini relativi
Aspetti non economici della povertà
La povertà non è solo un fatto economico, ma è condizionata anche da fattori
non-economici. I più importanti sono i fattori individuali e i fattori ambientali.
Sul piano individuale contano le aspirazioni che ha la persona, purché esse siano
legittime.
Chi ha un basso livello di aspirazioni sopporta più facilmente carenze economiche
che per altri sarebbero insopportabili e finisce per non essere povero in condizioni
che per altri sarebbero di povertà.
D’altra parte chi si aspetta molto dalla vita potrebbe essere povero nonostante
abbia buone risorse economiche.
Spesso le persone non riescono a realizzare le proprie aspirazioni legittime pur
avendo disponibilità economiche a causa della situazione ambientale.
Effetti della povertà
Essere poveri ha conseguenze fisiche.
Sono abituali le conseguenze psicologiche: abbassamento dell’autostima,
depressione, sindrome di freddezza caratterizzata da un disprezzo per i valori
umani.
La povertà è anche un problema sociale, dipende cioè da come la gente
percepisce l’esistenza dei poveri nella società e da come reagisce alla loro
presenza.
Georg Simmel mette in evidenza che il problema sociale della povertà si delinea
via via che cambia il modo di porsi nei confronti dei poveri.
Nel Medioevo la povertà non era considerata un male della società, ma un
male che penalizzava ingiustamente alcuni uomini. Max Weber dice che la
povertà comincia ad apparire una minaccia per la società quando nasce
l’industrializzazione. I poveri diventano una componente malata della
società.
Misure di povertà
Per valutare la povertà assoluta si fissa una soglia di povertà assoluta: un reddito minimo
che una famiglia deve avere per garantirsi la sopravvivenza. Una volta stabilita la soglia
di povertà assoluta si calcola il tasso di povertà assoluta, che è la percentuale di
popolazione al di sotto della soglia.
Poi abbiamo la povertà relativa: si fissa una soglia di povertà relativa e si va a vedere
quale quota di popolazione è al di sotto della soglia, cioè qual è il tasso di povertà relativa.
Un altro modo di analizzare la povertà relativa consiste nell’analizzare la distribuzione
dei redditi nella popolazione: essa viene divisa in quintili ordinati in base al reddito, dal
più povero al più ricco.
La percentuale del reddito totale della popolazione finisce nelle tasche del quintile più
povero.
Per analizzare meglio la disuguaglianza economica possiamo costruire la curva di Lorenz:
mostra come la distribuzione dei redditi si discosta dalla perfetta uguaglianza; inoltre
possiamo calcolare il coefficiente di Gini, che traduce la disuguaglianza economica in
un’unica misura numerica.
Le misure, tuttavia, non tengono conto degli aspetti non-economici della povertà.
L’ UNDP ha elaborato un indicatore di povertà umana che tiene conto di diversi elementi:
salute, durata di vita, disponibilità economica.
Chi sono i poveri?
Il povero è tipicamente un disoccupato o sottoccupato, membro di una minoranza etnica,
donna o un membro di una delle fasce deboli, giovinezza e vecchiaia. Gli anziani vengono
emarginati per i pregiudizi nei loro confronti; i giovani sono svantaggiati perché dipendono
a lungo dalla famiglia e difficilmente trovano il primo impiego e inizialmente hanno redditi
bassi.
Le donne hanno un accesso alle risorse economiche limitato dai processi di discriminazione e
dal fatto che sono impiegate nel lavoro domestico.
La povertà tende a crescere con l’ampiezza delle famiglie e dal luogo di residenza ( coloro
che vivono al sud sono più poveri rispetto a quelli che vivono al nord ).
Le minoranze etniche sono facilmente colpite dalla povertà perché svantaggiate nell’accesso
all’istruzione e alle relazioni sociali..
Possiamo distinguere i poveri abili al lavoro (disoccupati e sottoccupati) e gli inabili al
lavoro ( malati, anziani, handicappati). Agli estremi di questi gruppi ci sono i drogati e gli
alcolisti..
Esistono, poi, i poveri cronici, che difficilmente possono sperare di uscire da questa
condizione, e i poveri temporanei, che devono la loro condizione a circostanze particolari e
hanno buone speranze di uscire da questa situazione.
È importante anche distinguere tra povertà urbana e povertà rurale (di campagna).
Perché c’è la povertà?
Si riscontrano delle differenze tra le spiegazioni date dai ricchi e quelle date dai
poveri sulla povertà.
Chi sta bene tende ad attribuire la ricchezza e la povertà a cause interne:
fattori positivi per la ricchezza e fattori negativi per la povertà.
Le persone economicamente benestanti attribuiscono la ricchezza e la povertà a
cause esterne : avere un patrimonio esterno o essere fortunati. Le persone di
classe bassa chiamano in causa fattori individuali negativi nel caso della
ricchezza e positivi nel caso della povertà.
GROUP-SERVING BIASES
Chi è ricco mette in buona luce i ricchi e in cattiva luce i poveri; chi è povero
tende a fare l’inverso
Una genesi multifattoriale
La povertà è legata a fattori economici. La competizione economica che si
instaura nella società per l’accesso alle risorse fa si che alcuni finiscono
per averne in abbondanza e altri per non averne a sufficienza. Nella
competizione economica intervengono anche fattori non-economici.
La povertà è anche il risultato di processi di impoverimento: eventi a
cascata che portano le persone a essere via via più povere.
Povertà nel Terzo Mondo
La povertà si auto mantiene: se uno è povero tende a restare
povero.
Il fenomeno acquista un rilievo importante nel Terzo mondo: qui la
povertà è difficile da eradicare perché l’economia di interi paesi
risente di un circolo vizioso di auto mantenimento.
La ridotta produttività e la sovrappopolazione concorrono a fari si
che il pro capite sia basso.
C’è poco da investire, così il cerchio si chiude e la povertà si
autoalimenta.
Politiche sociali per arginare la povertà
Esistono due orientamenti:
-ridistribuire le ricchezze
Lo Stato dovrebbe togliere i beni ai ricchi e darlo ai poveri. Gli elementi per attuare la
ridistribuzione sono due: il sistema progressivo delle imposte e i trasferimenti assistenziali.
-promuovere lo sviluppo
Lo Stato dovrebbe occuparsi di favorire lo sviluppo economico del paese.
I due orientamenti vengono spesso contrapposti, anche se in realtà sono due strategie
complementari. Ridistribuendo le ricchezze si otterrebbe una riduzione della povertà. È facile
che però nascano tensioni sociali. Inoltre chi si sente protetto dallo stato può avere scarso
interesse a passare a un’esistenza produttiva.
L’ideale sarebbe combinare le due strategie: preoccuparsi di ridistribuire la ricchezza
promuovendo lo sviluppo. Per questo esistono INTERVENTI INTERMEDI.
Politiche non-economiche
Ridistribuire la ricchezza e promuovere lo sviluppo sono
interventi economici, ma la povertà non è solo un fatto economico.
Anche le politiche sociali non-economiche servono ad arginare la
povertà: ad esempio la lotta contro i pregiudizi e le
discriminazioni sono un mezzo potente per contrastare la
povertà.
Come spezzare la povertà nel
Terzo mondo
Per interrompere il circolo vizioso della povertà nel Terzo mondo
occorre trovare il modo di aumentare gli investimenti che si fanno
in quei paesi. Una strada potrebbe essere quella di fornire aiuti
curando che siano destinati nella produzione.
Resta, però, il problema della crescita demografica. Tuttavia,
stando alla teoria dell’omeostasi , la crescita demografica
dovrebbe ridursi man mano che si riduce in tasso di mortalità.
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