Lo spazio giornalistico come
spazio comunicativo
Dimensione enunciativa
Voce del giornale
Ogni giornale si costituisce come un soggetto semiotico,
una voce, con una propria identità e un proprio discorso
(ethos della retorica classica).
Ethos
“L’ethos oratorio è l’impressione che l’oratore produce di sé
per mezzo di ciò che dice: la parola detta deve essere in
sintonia con la personalità di chi la enuncia, la deve
veicolare. Più che l ’ individualità e la personalità reale
dell’oratore, esso costituisce il “personaggio” che l’oratore
viene a rappresentare nel suo discorso, che deve rispettare
certe caratteristiche e certi clichés, che deve assumere
atteggiamenti e comportamenti in linea con un sistema di
valori facilmente riconoscibile e condiviso”. (Parodi Scotti,
Ethos e consenso nella teoria e nella pratica dell’oratoria
greca e latina, Pitagora, 1996, p. 4)
Istituzione dei soggetti della
comunicazione giornalistica
Ducrot, Les mots du discours, Minuit, Paris, 1980:56:
“Si tratta della costruzione, nel discorso, del locutore e
dell’allocutario. Gli psicolinguisti e i sociolinguisti hanno
talvolta notato che si può, parlando, costruire
un ’ immagine di sé e della persona a cui si parla,
immagine che l’interlocutore sia accetta, sia rigetta: uno
dei principali mezzi di questa costruzione è proprio la
possibilità, iscritta secondo noi nella lingua, cioè nella
significazione di parole e frasi, di far sì che voci diverse si
esprimano, dando l’istruzione di identificarle con degli
esseri della realtà – e specificandone persino certe
istruzioni da osservare in questa identificazione”.
Soggetti empirici e soggetti simulacrali
E. tore
Emittente
empirico
E.tario
Testo
E.tore
E.tario
Cfr. Eco, Lector in fabula, Bompiani 1979.
Ricevente
empirico
L’enunciazione nel giornale
• Ogni
giornale, in quanto discorso, istituisce
comunicazione: enunciatore ed enunciatario
dei
soggetti
della
• Distinzione tra i soggetti empirici (giornalisti e lettori) e i loro simulacri nel
testo
• Patto di fiducia tra il giornale e i suoi lettori:
• strategia di autorappresentazione della propria immagine e come voce che
indica al lettore come interpretare la pluralità delle notizie
• Costruzione di una immagine complementare dei lettori
• Le tracce della enunciazione sono sempre rinvenibili, in modo più o meno
esplicito, all’interno del testo
Contratto di lettura
Progetto redazionale
=
Mondo costruito
Dispositivo d’enunciazione
=
Relazione E.tore/E.tario
Livello di manifestazione
Temi
=
Contenuto
Cfr. Manetti, L’enunciazione, Mondadori, 2008: 163-5
Simulacri
=
Le marche formali
Piano dell’enunciazione
testata rappresenta una “ istanza di
organizzazione del ‘notiziabile’ selezionato e di
guida alla sua interpretazione” (Lorusso e Violi,
2004:52): è un racconto e al tempo stesso un
discorso.
• Ogni
Racconto e discorso
• Il
giornale deve rispondere a una doppia
aspettativa dei suoi lettori:
• Una di tipo sintagmatico, che tende a instaurare legami
logico-narrativi tra il fatto del giorno e quelli dei giorni
precedenti (per ricucirli in una narrazione unica)
• Una di tipo paradigmatico, legata al fatto che il giornale
si presenta come un soggetto riconoscibile nello spazio
dell’informazione
“Contrariamente alla maggior parte dei beni di consumo
ordinari, alimentari e vestimentari, per esempio, che
richiedono una perpetua mobilità nei comportamenti di
acquisto e uso (ché occorre – imperativo sociale – variare
costantemente tanto la propria mise quanto il proprio
menu), il giornale, oggetto di comunicazione, sollecita in
ognuno la costrizione inversa, esigendo la ripetizione,
incoraggiando l’abitudine o la routine o, per dirla meno
disforicamente, una certa costanza: come se, una volta
eletto il proprio giornale, il restargli fedele non fosse, in
sostanza che rimanere fedeli a se stessi” (Landowski, La
società riflessa (1989), Meltemi, 1999: 155)
• Marrone, Corpi sociali, 2001:80:
«Da qui il fatto, tanto evidente quanto trascurato dagli
studiosi di giornalismo, che in un quotidiano (ma anche, in
modo diverso, nelle testate di altri media) non sono
presenti solo le notizie circa i fatti del giorno (secondo il
principio classico della imprevedibilità), ma anche
rubriche periodiche, testimonianze, posta, annunci,
programmi
radiofonici
e
televisivi,
previsioni
meteorologiche, fumetti, giochi, tutto quanto insomma
tende a produrre l’effetto di una quotidianità ripetitiva, di
un’abitudine, di una costanza, di un eterno ritorno
dell’uguale. In tal modo nel giornale non si trova soltanto
l’imprevedibile ma anche il banale, nel senso del
prevedibile, dell’atteso».
• Ogni testata costruisce la propria immagine e il proprio
“contratto di lettura” con i suoi lettori trovando una propria
personale misura nella tensione necessaria tra racconto e
discorso, tra oggettività e soggettività, tra sintagma e
paradigma (Marrone, 2001: 79-80).
Due macro-strategie enunciative
soggettiva
oggettiva
Stile soggettivante: l’enunciatore si manifesta in modo più marcato ed
esplicito, orientando l’informazione da uno specifico punto di vista.
Stile oggettivante: tende a presentare l ’ informazione senza, almeno
apparentemente, intermediazioni soggettive
Il direttore come primo enunciatore
delegato
• Stile oggettivo: effetto trasparenza enunciativa: il direttore tende a
scomparire come enunciatore delegato; il giornale sembra farsi da sé,
riflettendo la realtà senza una esplicita istanza interpretativa ->
strategia di neutralità del giornale
• L’assenza di firma ha la funzione esplicita di cancellare la distanza
enunciativa che pur sempre separa un enunciatore specifico
dall’enunciatore testata
• Stile soggettivo: in alcuni quotidiani ( “ il Foglio ” di Ferrara, “ la
Repubblica” ancora legata al nome di Scalfari) il direttore in quanto
enunciatore delegato ha una forte funzione coesiva; la sua presenza
serve a ribadire l’orizzonte di valori a cui si richiama il quotidiano e
così a riattualizzare il contratto tra enunciatore e enunciatario (vedi
argumentum di autorità della retorica classica)
Le diverse voci, ciascuna dotata di un proprio stile
enunciazionale, tendono
• a confluire in una voce coerente della testata (nel caso dei
quotidiani agenda e attivisti)
oppure
• a mantenere la propria specificità come prova della pluralità delle
posizione (nel caso dei quotidiani istituzionali che applicano una
strategia di neutralizzazione, es. del Corriere della sera)
• I quotidiani attivisti (e in buona parte anche i quotidiani
agenda) hanno uno stile soggettivante: si caratterizzano
cioè per la forte identità di valori e gusti tra enunciatario
ed enunciatore e per il fatto di espandere il discorso e
ridurre il racconto.
• I quotidiani istituzione hanno uno stile oggettivante, cioè
presentano una identificazione più debole con i lettori;
espandono il racconto e riducono il discorso.
Tipologie di contratti di lettura
Legati a diverse rappresentazioni del Lettore Modello.
Il Lettore Modello è rappresentato da una certa enciclopedia,
insieme di conoscenze, attitudini, sistemi di valore.
Parte della informazione viene dunque necessariamente
presupposta; le presupposizioni linguistiche (cfr. Sbisà,
Detto non detto) servono a riattivare queste conoscenze,
hanno funzione di coesione testuale e cognitiva.
Contratto di lettura e valori modali
Enunciatore ed enunciatario entrano in relazione tra loro soprattutto
attraverso i carichi modali che li contraddistinguono (Marrone
2001:109-110):
• Dovere
• Volere
• Potere
• Sapere
La comunicazione è una forma di azione in cui un Soggetto operatore
(enunciatore) congiunge un Soggetto di stato (enunciatario) con un
Oggetto (il messaggio).
Enunciatore ed enunciatario (attanti) sono variamente caricati di valori
modali: una cosa è parlare a un pubblico dotato di dovere (discorso
didattico), altra cosa rivolgersi a un destinatario dotato di volere (tipico
del discorso giornalistico).
Contratto informativo: l’enunciatore si assume il doverinformare e il saper-trovare la notizia; l’enunciatario viene
dotato di un voler-sapere e di un poter-comprendere (es.
Tg1)
Contratto pedagogico: l’enunciatario non è dotato del potercomprendere e l’enunciatore si assume il compito non solo
di informare ma anche di spiegare il senso delle notizie, il
loro valore informativo, le conseguenze che quegli eventi
potrebbero avere sull’enunciatario (es. Tg4)
Contratto paritetico: enunciatore ed enunciatario sono
dotati del medesimo voler sapere e poter-comprendere e
insieme vanno a caccia delle notizie (es. Tg3)
• Ma nella realtà le cose sono sempre assai più complesse,
non solo perché ogni testata è portata a cambiare tipo di
contratto a seconda delle esigenze strategiche del
momento, ma anche e soprattutto perché si danno casi in
cui attraverso microtattiche comunicative il contratto tra
enunciatore ed enunciatario viene surrettiziamente
riscritto per le specifiche esigenze informative del
momento.
Esempio (da Marrone, Corpi sociali, Einaudi 2001):
Tg3, 7 ottobre 1996; lancio di una notizia di cronaca politica
• Bisogna fare attenzione, perché c’è da farsi venire davvero il mal di
•
•
•
•
testa. Nel giro di una settimana le posizioni si ribaltano:
Ieri, per esempio, avevamo un Fini entusiasta di Cossiga e un
Berlusconi che sembrava aprire a D’Alema sulla Bicamerale.
Oggi invece sui giornali leggiamo di Berlusconi che dice: «ma per la
Bicamerale ci sono pochissime speranze», e Fini che dice: «è un
viottolo che vale la pena di percorrere».
Ma la notizia importante di oggi è che Massimo D’Alema, il segretario
del Pds, si è rimboccato le maniche e si è messo concretamente a
lavorare per cercare un’intesa.
Vediamo.
Semiotica del quotidiano
Landowski 1989
Tempo sociale oggettivato (funzione informativa,
narrazione - episodicità del racconto)
Tempo vissuto del discorso (costruzione di identità sociali
- periodicità del discorso)
Stile Le Monde
Giornali più oggettivi, costruiti in modo da espandere il racconto e
contrarre il discorso (Le Monde e CdS: modello giornalistico
tradizionale); costruzione di un lettore distaccato dalla propria
soggettività: oggettivazione del mondo colto come oggetto di
conoscenza e campo d’azione
Funzione referenziale, contratto informativo
Lettore Modello: dirigente, alto funzionario, ecc.: uomo d’azione e
cittadino del mondo
Stile Libération
Giornali più soggettivi, in cui l’informazione è sempre esplicitamente
filtrata attraverso il punto di vista del giornale, in modo che il discorso
tende a prevalere sul racconto: strategia della complicità, legami
intersoggettivi che legano i protagonisti della comunicazione:
giornalisti e lettori. Dal punto di vista dell ’ impaginazione e delle
sezioni, sembra che Libération riscriva Le Monde rovesciando
l’ordine: sostituzione del locale al mondiale.
Funzione fatica, contratto paritario
Tono derisorio nella descrizione dei fatti generalmente ritenuti importanti
(politica nazionale e internazionale);
Assunzione seria delle vicende dei cittadini comuni: inchieste,
testimonianze dirette e interviste
Lettore Modello: giovane cittadino
Modalità
• Qui
si pone il problema dello stile del discorso,
componente essenziale del patto di fiducia con i lettori
(modus vs dictum (Bally); modalità vs lexis (Culioli).
Modalità per Culioli
• Assertività
(affermazione/negazione:
referenziabilità)
(oggettività)
• Necessità/possibilità (oggettività)
• Valutazione soggettiva (“io penso che”) (soggettività)
• Interpellazione-Ingiunzione (messa in relazione di
enunciatore ed enunciatario (co-enunciatore): “fai
attenzione”) (intersoggettività)
Vedi analisi di Veron dei periodici francesi femminili: Marie-France,
Cosmopolitan e Biba (S. Fischer e E. Veron, Teoria della enunciazione e
discorsi sociali, in Semprini, Lo sguardo semiotico, Angeli, 1992: 143-167):
a) «Preparate con calma la loro ripresa scolastica» (Marie-France)
giudizio di apprezzamento condiviso: «è bene preparare con calma la
ripresa scolastica»
Modalità: interpellazione esplicita (II pers.plur.; modo imperativo)
è possibile prepararla con calma, la rivista si impegna a fornire
indicazioni su come farlo
-> strategia della distanza pedagogica
b) «Ragazzi: quelle che preparano la ripresa scolastica con calma»
tematizzazione: Ragazzi (come una rubrica)
assenza di marche di interpellazione: III pers.
modalità descrittiva, non ingiuntiva
-> strategia della distanza non-pedagogica
c) «Ripresa scolastica: lei è calma, io per niente»
Ancora stile rubrica: Ripresa scolastica
il pronome lei, a cosa fa riferimento? È una ripresa anaforica della
prima parte oppure è un secondo co-enunciatore?
opposizione tra lei e io nella seconda parte
-> strategia della complicità
Veron, p. 166: «una lettura che mette in rilievo le relazioni che il discorso
costruisce tra enunciatore e co-enunciatore è una via per superare la staticità
propria delle analisi del contenuto tradizionali».
Strategia della distanza
1. Distanza pedagogica
• differenza tra enunciatore ed enunciatario: il primo tiene a distanza il secondo:
guida, mostra, spiega, consiglia; l’enunciatario è rappresentato come un soggetto
che ascolta, capisce, trae profitto dai consigli;
• Universo del discorso fortemente gerarchizzato
2. Distanza non pedagogica
• l’enunciatore si limita a produrre delle affermazioni sul registro impersonale: non ci
sono marche di interpellazione, ma discorsi costruiti alla terza persona come
avviene nel genere del reportage oggettivizzato;
• non sono presenti nemmeno gerarchizzazioni dell’universo del sapere, ma si fa
piuttosto ricorso a una giustapposizione non classificatoria dei temi
Strategia della complicità
• Costruzione di un soggetto che prende la parola in prima persona,
l’enunciatario stesso viene fatto parlare e rappresentato come enunciatore
• dialogo tra enunciatore e enunciatario, attraverso il quale si istituisce una
comunità di valori condivisa
• noi inclusivo (io+tu)
Distanza/vicinanza
•Distanza: uso della lingua più trasparente, oggettivo e non marcato
•Vicinanza: uso soggettivo e marcato
Sul piano linguistico:
•metafore e metaplasmi
•Iconicità
•Domesticazione: ricerca di un linguaggio condiviso, ricorso a
tipiche espressioni del parlato
Sul piano della testualità:
•preferenza per la funzione ludica e fatica (brillantezza)
Sul piano comunicativo:
•scelta di forme dialogiche e informali
Noi
• Nei pronomi personali, il passaggio dal singolare al plurale non implica
una semplice pluralizzazione: noi non è una molteplicità di oggetti
identici, ma un congiungimento tra l’io e il non-io; in noi è sempre io che
predomina in quanto non vi è noi che a partire da io, e questo io, per la
sua qualità trascendente, si assoggetta l’elemento non-io. La presenza
dell’io è costitutiva del noi.
• Noi si dice in un modo per me+voi (forma inclusiva) e in un altro per
me+loro (forma esclusiva). In ognuna delle due forme ciò che predomina
è una persona, io nell’esclusivo (che comporta il congiungimento con la
non-persona, tu nell’inclusivo (che comporta il congiungimento della
persona non soggettiva con io implicito… in noi inclusivo, che si oppone
a lui, loro, è il tu a essere messo in rilievo, mentre nel noi esclusivo che
si oppone a tu, voi, è sottolineato l’io (Benveniste, Struttura delle
relazioni di persona nel verbo, in Problemi di linguistica generale I, pp.
278 sgg.)
Noi come amplificazione
• Noi non è un io quantificato o moltiplicato, è un io dilatato oltre la
persona in senso stretto, accresciuto e nello stesso tempo con dei
contorni vaghi…da un lato, con noi l’io si amplia in una persona più
massiccia, più solenne o meno definita; è il noi maiestatico. Dall’altro,
l ’ uso di noi smorza l ’ affermazione troppo decisa di io in
un’espressione più larga e diffusa; è il noi dell’autore e dell’oratore
(noi di modestia)…l’abituale distinzione di singolare e plurale deve
essere, se non sostituita, almeno interpretata nell ’ ordine della
persona da una distinzione tra persona ristretta (=singolare) e
persona amplificata (=plurale) (Benveniste, ivi, p. 280)
Pronomi nel giornalismo
• Fairclough (1989:127-8) segnala la frequenza della forma inclusiva
del noi negli editoriali politici. Implicazioni: il giornalista ha l’autorità di
dar voce ai cittadini; rafforzamento dell ’ ideologia collettiva che
enfatizza l’unità anziché la rappresentazione di prospettive specifiche.
• Loporcaro (2005): Il noi nel Tg è indicatore di complicità tra giornalista
e spettatore; il notiziario mira a presentarsi come voce della comunità,
costruzione di un soggetto collettivo (noi inclusivo), manifestazione di
un patto di reciproca appartenenza tra emittente e destinatario.
Identificazione del giornalista con il pubblico
• Fusione fra l’istanza narrante e il pubblico in un tutto indistinto che è
l’opposto di quanto si richiederebbe per una informazione referenziale
(Loporcaro 2005:126).
• Discorso complice e non critico
(Calabrese e Volli, I telegiornali:istruzioni per l’uso, 1995: 234-35)
• Obiettivo: ribadire vincoli affettivi e ideologici
In pubblicità
Strategia oggettivante, distanza indefinita (non pedagogica)
•«Il caffè è un piacere. Se non è buono, che piacere è?»
•«Dove c’è Barilla c’è casa»
•«Dash. Più bianco non si può»
•«C’è la birra e c’è la Grölsch»
•«Grana Padano. Formaggio d’autore»
Strategia della distanza istituzionale
«Crediamo nell’Italia e nel futuro delle famiglie e delle imprese» (Banca
Popolare di Bari)
Strategia di ammiccamento
•«Come te. La prima assicurazione che non ti vede così» (Genertel)
•«Chiamami Peroni, sarò la tua birra»
•«Fai vedere chi sei» (Ministero della Istruzione)
•«E tu di che Lumberjack sei?»
•«Quanti soldi butti via con il tuo conto?» (Conto arancio)
Strategia di prossimità
• «Con il nostro Mobile Banking hai più tempo anche per fare jogging»
(Unicredit)
Strategia di complicità
•«Il nome. L’unica cosa che so di lei. Ma sento che tra poco la sento»
(Cercafacile Omnitel)
•«Affidiamoci ai nostri valori» (Banca del Sud)
Cfr. Marmo, L’instabile costruzione enunciativa della identità aziendale in rete, in
«Versus», Quaderni di studi semiotici 94-96, 2003, pp. 135-147
Nella comunicazione aziendale
• Il ricorso al noi può servire a enfatizzare gli sforzi degli amministratori
e la positività dei risultati ottenuti (noi esclusivo).
• I risultati meno positivi vengono presentati in modo impersonale
(declinazione della responsabilità).
• L ’ uso del passivo crea un ’ impressione di oggettività e di non
responsabilità degli agenti (frequente anche nelle cronache sportive)
oppure segnala un maggior distacco del narratore (cfr. Santulli, Le
parole del potere, il potere delle parole, Angeli, 2005: 110)
• L’uso della II pers. può servire a stimolare un senso di appartenenza
nel destinatario.
Nel discorso politico
• Il discorso politico non è (o almeno è solo in parte) discorso
rappresentativo. Non è un insieme di enunciati in rapporto cognitivoreferenziale con il reale.
• Anziché mirare ad una rappresentazione fedele degli eventi, il
discorso politico costruisce il suo soggetto in forma attanziale
(Greimas 1966), cioè come un sistema di ruoli: funzioni discorsive e
testuali (Paola Desideri, La comunicazione politica: dinamiche
linguistiche e processi discorsivi, in Gensini, Fare comunicazione,
Carocci, 2006:165-192)
• Embrayage attanziale: identificazione dell’enunciatario
con il soggetto enunciatore (adesione del parlante al
contenuto dell’enunciazione): ricorso alle citazioni,
repliche, negazioni, confutazioni
Discorso polemico,
e in generale
propagandistico
Ma anche ricerca di
coesione e di
identificazione
• Débrayage attanziale: cancellazione dell’enunciatore
attraverso i tratti formali del discorso descrittivo e
oggettivo
(prevalenza della III persona e della forma impersonale o
passiva)
Discorso didattico
Effetto di distanziamento che si raggiunge anche quando in un discorso
politico il parlante fa riferimento a se stesso in quanto ruolo
istituzionale (descrizioni definite / non-io).
Risultato: enfatizzazione dell’importanza e della sacralità del ruolo e
deresponsabilizzazione del soggetto
Embrayage
•Il noi nel modello del contatto:
Mussolini, Il primo anniversario della marcia su Roma, 28 ottobre 1923:
Camicie Nere! Noi ci conosciamo; fra me e voi non si perderà mai il
contatto
uso pletorico del noi inclusivo e aggregante
•Mussolini, Al popolo di Mantova, 25 ottobre 1925:
I miei non sono discorsi, nel senso tradizionale della parola: sono
allocuzioni, prese di contatto tra la mia anima e la vostra, tra il mio cuore e i
vostri cuori. I miei discorsi non hanno quindi nulla di comune con i discorsi
ufficiali e compassati pronunciati in altri tempi da uomini in troppo funeree
uniformi, uomini che non potevano parlare direttamente al popolo perché il
popolo non li comprendeva e non li amava
Ricorso privilegiato al campo semantico del sentimento (anima, cuore, spirito,
fede)
• Esaltazione del rapporto immediato e quasi corporeo tra il capo del
governo e la comunità (processo di rispecchiamento). La comunità
preesiste all ’ individuo che le appartiene in modo necessario
(evocazione dell’identità collettiva).
Questo è il principio organizzatore dello stile di Mussolini: espressione
di una identificazione sentimentalizzata (non argomentata) tra oratore e
uditorio
• Svilimento
della parola come strumento di mediazione e di
rappresentazione e esaltazione di una immediatezza irriflessa, istintiva
e emozionale che trascina all’azione
• Molteplicità di atti linguistici esercitivi
Fedel, Il linguaggio politico nel Novecento: il caso di Benito Mussolini, in Id.,
Saggi sul linguaggio e l’oratoria politica, Giuffrè, 1999:
Elementi del discorso agitatorio di Mussolini
• Andamento paratattico della retorica mussoliniana:
• stimolo all’azione
• espressione di una appartenenza naturale
• Perentorietà, sottrazione al dialogo (Mussolini si presenta come l’unico portatore della
verità e dei valori)
• Assenza di problematicità; certezza che intensifica l’adesione dell’uditorio e
l’orientamento all’azione
• Componente ritmica (asemantica)
• Obiettivo: far sentire l’esistenza della comunità
• Spinta emotiva
• Drammatizzazione: rappresentazione scenica dell’azione, del gesto, della parola
• Presenza abbondante di tropi:
• Metafore religiose
• Metafore belliche
• Metafore medico-chirurgiche
Fedel, Il concetto di demagogia, in Id. Saggi sul linguaggio e
l’oratoria
politica,
Giuffrè,
1999:
161-180
• Struttura uno/molti: la demagogia ha una struttura oratoria obbligata a due poli: l’oratore e l’uditorio:
uno che parla e molti che ascoltano.
• funzione motivante del linguaggio. Nella situazione demagogica l’efficacia del discorso non
dipenderà dai contenuti di verità, dalla razionalità o dalla validità logica delle parole, ma dal fatto che
esse sappiano stimolare in modo adeguato il complesso motivazionale degli individui (valori,
sentimenti, interessi, credenze) per controllarne l’agire. Ne deriva: semplificazione, illogicità,
indifferenza alla verità, drammatizzazione.
• L’emotività come requisito della ricezione del linguaggio. I sentimenti fanno parte delle componenti
motivazionali dell’agire, di conseguenza il discorso del demagogo farà presa anche (e soprattutto) sui
sentimenti per produrre gli effetti voluti.
Modello del contratto
Campagne socialiste dal 1979 in poi (Craxi): manifesta enunciazione di
contratti programmatici ed esplicita richiesta di mandati fiduciari:
abbiamo proposto agli elettori un contratto. Se ci daranno forza,
promettiamo in cambio di lavorare per garantire al paese cinque
anni di stabilità e governabilità (Craxi, intervista al Messaggero, 13
maggio 1979)
• Noi esclusivo
• Insistenza sull’atto commissivo (tipico della propaganda politica)
Caratteri dei discorsi didattici
• Sequenze referenziali e veridittive: trasmissione del sapere e del far-credere
• Uso della terza persona e della forma impersonale: il soggetto dell’enunciazione
è occultato all’interno del proprio enunciato: debrayage attanziale
• Forme discorsive descrittive, scientifiche, storiche
• Assenza di confronti con altri enunciati
• Il fine è spingere il ricevente a identificarsi con i contenuti dei messaggi
• L’adesione dell’uditorio è presupposta
• Gli oggetti di accordo restano impliciti
Un discorso oggettivo con stile neutro in terza persona può essere altrettanto
persuasivo di un discorso soggettivo
Esempio di discorso didattico
Enrico Berlinguer: prosa austera di tono quasi scientifico, sequenze argomentative centrate
sui rapporti di causa-effetto, mezzo-scopo
Discorso del 20 settembre 1981: struttura di tipo elencativo, forma della enumerazione:
I guasti profondi che tensione e guerra fredda producono nel mondo di oggi:
- limitano e soffocano l’autonomia, l’indipendenza e la sovranità di un numero
grande di popoli e stati;
- Portano, nelle forme più varie, a restringere e a coartare in tutti i sistemi sociali
la libertà e i diritti democratici
- Complicano la soluzione dei problemi economici e sociali all’interno di tutti i
paesi, da quelli più poveri a quelli più ricchi
- Avvelenano gli animi, generano paura e odi tra gli uomini e fra i popoli,
alimentano sfiducia, spengono la ragione e sfibrano le energie;
- ……….
- Pace e sviluppo, dunque: due obiettivi che possono e debbono essere comuni a
tutte le forze, le istituzioni, le organizzazioni che hanno a cuore le sorti
dell’uomo.(cit. in Desideri, p.181)
Altro esempio di discorso didattico: Monti
• Autopresentazione, immagine di sé, ethos
• Credo di fare….
• Dovere, attenzione a non tradire la fiducia degli altri
• Prevalenza di atti
• verdettivi, centrista è una parola perfetta…un po’ vecchia; il terreno
pulito contro la corruzione è una questione essenziale
• Esercitivi o direttivi: bisogna fare di più, continua a valere il mio
invito ad essere irriverenti, è una delle prime cose che andrebbero
riproposte, ognuno è invitato a contribuire, ma serve, bisogna
continuare le riforme, la cosa da evitare, noi non possiamo isolarci,
non devono essere considerati, dovrebbe essere così cortese da
riconoscere…la politica deve fare
• Atti espositivi e forme di attenuazione con verbi
parentetici e di atteggiamento proposizionale
Strategie del discorso oggettivante
• Spersonalizzazione del discorso (cancellazione delle marche della enunciazione)
• Astrazione (cancellazione dei deittici riferiti a un tempo e a uno spazio definiti)
• Oggettivazione del sapere (enunciati modali aletici, che fungono da vere e proprie
fonti di autorità)
• Debrayage
• Discorso riportato, enunciatori delegati: citazioni con funzione di avvaloramento
delle posizioni esposte (stipulazione di autenticità: Mortara Garavelli 1985)
• Presupposizioni
Il carattere interpretativo di un testo viene mascherato, nascosto sotto una
sembianza di oggettività (simulacro di un sapere oggettivo e dimostrativo)
Discorso polemico
• Molto frequente, in linea con la natura competitiva della politica
• Esplicitazione degli oggetti di accordo
• Confronto con la parola degli avversari (spesso manipolata):
• Strategie
della citazione: allusione, replica, negazione,
confutazione, obiezione
• Strategie di embrayage attanziale finalizzati alla identificazione
dell’enunciatario con il soggetto enunciatore
Esempi del discorso polemico
Alcide De Gasperi (discorso al Senato, 22 luglio 1948, polemico con il
socialista Giua): polemica garbata con l ’ avversario politico, tono
interlocutorio:
L ’ onorevole Giua ha accennato alla concezione originaria cristiana, che
renderebbe facile la collaborazione con i comunisti, paragonati da lui ai
cristiani e specialmente a quella frazione di cristiani del tempo di Tertulliano.
Egli ha detto che il Cristo storico è un liberatore di schiavi. No! È una
concezione errata…. (cit. in Desideri, La comunicazione politica: dinamiche
linguistiche e processi discorsivi, p. 174)
Più aspro il tono del discorso alla Camera del 28 luglio 1953 (presentazione del
suo VIII e ultimo governo)
…ma voi opposizioni, siete forse d’accordo tra voi? Voi vi unite in un atto
negativo; ma siete capaci di unirvi in un atto positivo?
Aldo Moro; forti accenti polemici nei confronti degli avversari interni alla Dc
(dorotei); uso frequente del paradosso, dell’antitesi e dell’ossimoro
Discorso del 18 gennaio 1969
Non credo che occorra aggiungere altro, per dire che significato io intendo dare
alla sollecitazione al Congresso, all’invito pressante ad aprire finalmente le
finestre di questo castello nel quale siamo arroccati, per farvi entrare il vento
che soffia nella vita, intorno a noi. Non è un fatto di politica interna di partito,
di distribuzione o redistribuzione del potere. Io non so che fare di queste cose
(cit. in Desideri, p. 178)
Discorso del 29 giugno 1969, XI Congresso della Dc
Sarebbe un grave errore, un errore fatale, restare in superficie e non andare
nel profondo; pensare in contingenza, invece che di sviluppo storico. Tocca
alle forze politiche e allo Stato creare in modo intelligente e rispettoso i canali
attraverso i quali la domanda sociale e anche la protesta possano giungere a
uno sbocco positivo, ad una società rinnovata, ad un più alto equilibrio
sociale e politico (cit. in Desideri, p. 177)
Linguaggio della provocazione
• Contesta le regole del gioco politico
• Es. i discorsi di Pannella:
• toni di voce acuti, ritmo martellante;
• particolari modalità espressive e riformulazione semantica; parole
chiave: sfascio, ammucchiata, silenziamento (per parlamento), scippare,
imbavagliare, sgovernare.
• Ricorso all’iperbole e al paradosso
• Teatralizzazione della propria immagine
• Bossi:
• semplificazione semantico-grammaticale, invettiva verbale
• centralità del dialetto nella duplice funzione di collante etnico per
l’autoriconoscimento delle genti lombarde e di rottura con la lingua
italiana standard come codice ufficiale dello statalismo.
• Fallacie: “stia bene attento il presidente Scalfaro...noi facciamo lo
sciopero fiscale” (argumentum ad baculum)
• Formule: “uomo avvisato mezzo salvato”
Altro esempio di discorso della provocazione: Grillo
• Cornice: guerra alla politica
• Siamo in guerra, Arrendetevi, siete circondati
• Nomignoli per gli avversari
• Psiconano (Berlusconi), Topo Gigio (Veltroni), Alzheimer (Prodi), Salma
(Fassino e poi Napolitano),Azzurro Caltagirone (Casini), “il nano Bagonghi
con gli occhialini rossi” (Maroni); i media sono barracuda, Monti è Rigor
Montis, Bersani: Bersanator (zombi), un morto che parla
• Critica del linguaggio della politica, definito oscuro, contorto e fuori
•
•
•
•
della realtà, semplificazione
Teatralizzazione, messa in scena degli eccessi
Metaforica morte/vita (tipica del vitalismo e del totalitarismo), bellica:
traditori, cadere in trappola, ecc.
Fallacie dell’argomentazione: ad hominem inversione dell’onere della
prova
Nascondimento e silenzio (Oracolo: “non dice né nasconde ma
manda segni”), R. Simone, «Repubblica», 14.3.2013
Embrayage+débrayage: Prodi 1996
• Sento, parlando oggi in quest ’ aula, nella veste di presidente del
consiglio, tutto il peso della mia personale responsabilità. È il grande
peso della nostra storia, di cui questo parlamento conserva la
memoria più preziosa e di cui è l’espressione più alta. Di fronte a
questo parlamento, che è il punto di riferimento di tutte le nostre
istituzioni, il governo sente forte l’esigenza di rinnovamento espressa
dal popolo italiano. Esso, per la prima volta nella storia unitaria, ha
indicato in una grande inedita coalizione popolare lo strumento per
dare avvio a una nuova fase della vita della repubblica.
Embrayage: Berlusconi 2001
• Sette anni fa presentammo in quest’aula il programma del nostro primo
governo. Da allora molte cose sono cambiate e ciascuno di noi ha
imparato molto dai dati della vita e della politica. Ma consentitemi di
cominciare con una frase schietta, diretta, semplice: noi siamo qui per
lo stesso motivo di allora, vogliamo cambiare l ’ Italia. Lo faremo
pacificamente, nell’ordine, nel libero dibattito democratico, guardando
ai valori fondamentali della persona scolpiti nella costituzione della
nostra repubblica, nel rispetto intransigente dei diritti civili di tutti e di
ciascuno, ma lo faremo. Lo faremo nella legalità, in piena integrazione
nel sistema istituzionale vigente e nel rispetto di tutti i poteri
costituzionali dello stato, ma lo faremo. Lo faremo nell’ottimismo, che
non c’è mai mancato, nello spirito di fiducia e di cooperazione con tutti
coloro che mostrano buona volontà, e anche in un clima sereno, ma lo
faremo. Perché il paese che noi tutti amiamo ha il diritto di compiere e
completare al meglio la lunga e difficile transizione che ha investito il
suo sistema politico e costituzionale. C ’ è un capitolo da chiudere
definitivamente: ed è quello della vecchia politica. E c’è un capitolo
tutto da scrivere: quello di un nuovo modo di far politica.
• Berlusconi 2001
• «quando presi quella squadra e dissi: voglio che questa
squadra non solo giochi bene, ma voglio che vinca in
Italia, che poi vinca in Europa….quando presentai il
progetto della mia prima piccola città..e dissi che volevo
costruire una città che risolvesse i problemi del rapporto
tra le automobili….»
Il linguaggio della semplificazione
• Berlusconi (1994, in Galli de’ Paratesi, La lingua di Berlusconi):
Nel 1993 c ’ era una gran voglia di cambiamento, una voglia di
rinnovamento del modo stesso di far politica, una voglia di rinnovamento
morale, una voglia anche del modo di esprimersi della politica in maniera
diversa. Non più quel linguaggio da templari che nessuno capiva: si
sentiva il bisogno di un linguaggio semplice, comprensibile, concreto.
• Il linguaggio diviene un esplicito elemento di propaganda:
semplificazione semantica e sintattica; scarso il ragionamento
dialettico e la riflessione politica
• Appello enfatico all’affetto, sentimentalismo, pietismo, condivisioni
emotive; metafore religiose
• Fallacie: “Prodi ha la faccia larga e pastosa di un dottor Balanzone”
(attacco alla persona dell’avversario: argumentum ad hominem)
Berlusconi 2013
• Strutture presentative: c’è
• Ethos: autopresentazione come esperto, tecnico (conti, cifre),
•
•
•
•
•
capacità di valutare, di agire: io mi sono opposto sempre alla
Germania; io non condividevo assolutamente
Accordo sui fatti: ma questi sono fatti, fatti importati della storia
italiana
Esitazione
Segnali di incertezza: pause, prolungamenti vocalici, intonazioni
sospensive, anacoluti (o tema sospeso)
Reticenza: non dico…ma (preterizione: dire affermando di non dirlo)
Atti linguistici
• Direttivi: bisogna essere in grado di tagliare le spese; non si può
• Verdettivi: Alfano è il migliore; ci sono in giro tanti clown, tanti personaggi che
io non assumerei mai nelle mie aziende; Nemmeno uno che io giudicherei
degno di essere assunto in una mia azienda.
• espressivi, ironici: Tutti economisti di sinistra, complimenti; ma io sono
irresistibile caro Floris
Bersani 2013
• Enunciazione: ancoraggio discorsivo: pronomi dimostrativi, indicatori
di vicinanza/distanza, di simpatia/disprezzo: deissi empatica,
atteggiamento emotivo negativo: quella banca lì, questa destra qui,
queste cose qui
• Atti linguistici
• Direttivi: bisognerà dire che in questo caso è stato il comune di Siena;
andiamo a vedere le discussioni in Parlamento; le banche devono
risanarsi; deve girare meno contante; non si dica più come mi ha detto una
volta Tremonti…,noi dobbiamo; non possono pretendere, cominciamo col
vedere, guarderei meglio, io dico, si doveva e si dovrebbe fare una cosa
più progressiva, noi dobbiamo chiedere, andiamo a vedere
• Domanda retorica: chiede per affermare (atto linguistico indiretto:
forma e funzione non coincidono)
• Mitigazione: forse, credo che, penso che
• Polifonia, dialogismo
• Ethos: singolare e collettivo: “diciamo e facciamo”
Seconda Scheda di analisi:
Strategie enunciative
• Distinzione tra soggetti empirici e loro simulacri interni al
testo
• Quali sono e come emergono nel testo le “voci del
giornale”?
• Stile enunciazionale:
• Oggettivante
• Soggettivante
• Tipo di contratto di lettura tra la testata e il pubblico:
• Informativo
• Pedagogico
• Paritetico
• Polemico
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