Chimica Generale
CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE
LA STRUTTURA DELLA MATERIA
- La struttura dell’atomo: il nucleo
- La struttura dell’atomo: gli elettroni
- Il legame chimico
- Le forze di interazione intermolecolari
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Per caratterizzare un certo nucleo, che è formato da protoni e neutroni, è
necessario specificare il numero degli uni e degli altri
Il NUMERO ATOMICO, Z, di un elemento è pari al numero dei protoni nel
nucleo nonché al numero di elettroni. Il valore di Z identifica la natura chimica
dell’atomo (Z  elemento chimico).
Il NUMERO DI MASSA, A, è pari alla somma di neutroni e protoni nel
nucleo. Quando si indica sia Z che A si è specifici nel senso che non si indica
semplicemente l’elemento, ma un tipo di atomo cioè un nuclide.
Si definiscono:
isotopi: nuclidi che hanno lo stesso Z, ma diverso valore di A
12C, 13C, 14C
isobari: nuclidi che hanno lo stesso A, ma diverso valore di Z
41K (Z=19), 41Ar(Z=18)
isotoni: nuclidi che hanno lo stesso numero di neutroni, ma
diverso valore di A e Z
3H (Z=1,A=3), 4He(Z=2,A=4)
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ad esempio, l’idrogeno ha tre isotopi
prozio
1H (Z=1, A=1)
deuterio, D
2H (Z=1, A=2)
trizio, T
3H (Z=1, A=3)
ad esempio, il boro ha due isotopi
10B
(Z=5, A=10)
11B
(Z=5, A=11)
questo è l’unico
caso in cui gli
isotopi hanno
nome e simboli
diversi (H, D, T)
il nuclide 10B ha 5 protoni, 5
neutroni e 5 elettroni; il nuclide 11B
ha 5 protoni, 6 neutroni e 5 elettroni
da un punto di vista chimico
(per es. capacità di formare i
legami) il comportamento dei
due nuclidi del boro è lo stesso
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legame
chimico
reazioni
chimiche
compartecipazione
o scambio degli
elettroni più esterni
degli atomi coinvolti
reazioni
nucleari
coinvolgimento delle
particelle nucleari
(protoni e neutroni)
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IL NUCLEO
- il volume del nucleo è proporzionale al numero di nucleoni
(cioè sia neutroni che protoni)
- forma del nucleo : sfera o sferoide
ma cosa tiene uniti i nucleoni all’interno del nucleo?
La forza responsabile del legame fra i nucleoni è la
cosiddetta interazione forte che agisce a distanze molto
piccole, dell'ordine di 10-18 cm. molto complessa da spiegare
 fisica nucleare
è comunque possibile determinare l’energia di legame
nucleare: da misure di spettrometria di massa ad alta
risoluzione è stato possibile determinare sperimentalmente la
massa di ciascun nuclide con una grande accuratezza dalla
massa misurata di un nuclide si ottengono informazioni
importanti sull'energia di legame tra i nucleoni
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le particelle costituenti l'atomo, nel legarsi insieme hanno perso una
parte della loro massa: difetto di massa, ΔM, che è pari a
ΔM(AX)= M(AX) – Z  Mp – (A–Z)  Mn
dove ΔM(AX) è il difetto di massa associato al nuclide AX, M(AX) è la
massa del nuclide AX determinata sperimentalmente, Z è il numero
atomico, (A-Z) è la differenza fra numero di nucleoni e numero di
protoni (cioè il numero di neutroni), Mp è la massa del protone e Mn è
la massa del neutrone  il difetto di massa che si riscontra per le
varie specie è diverso da nuclide a nuclide
 il difetto di massa è strettamente relazionato all’energia di legame
fra nucleoni tramite la nota legge di equivalenza fra massa ed energia
derivata da Einstein ΔE = ΔM  c2 dove c’è la velocità della luce
l'energia di legame tra le particelle costituenti il nucleo (nucleoni)
è almeno ~106 volte più grande di quelle relative ai legami chimici
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Energia di legame media
per nucleone
L'energia di legame media
per nucleone è l'energia
calcolata tramite il difetto di
massa diviso per il numero
di nucleoni (sia protoni che
neutroni). La curva
sperimentale che la
rappresenta evidenzia un
punto di massimo in
corrispondenza di un valore
di A poco superiore a 50: si
tratta del ferro 56, che è
dunque il nucleo più
fortemente legato e più
stabile in assoluto.
zona di massima stabilità nucleare
i nuclei più
leggeri possono
aggregarsi in
nuclei più grandi
con cessione di
energia
fusione nucleare
i nuclei più
pesanti possono
spezzarsi in
nuclei più piccoli
con cessione di
energia
fissione nucleare
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Carta di stabilità dei nuclidi
tutti i nuclidi esistenti sono riportanti in funzione del
numero atomico e del numero di neutroni
- per gli elementi leggeri con
Z<20, la stabilità si ha per N=Z
(stesso numero di protoni e
neutroni), cioè N/Z=1
- per gli elementi con Z>20, la
stabilità si ha per N>Z (ci sono
cioè più neutroni di protoni), cioè
N/Z>1
i nuclidi instabili tendono a
decadere, cioè a trasformarsi
in altri nuclidi per emissione di
particelle nucleari o
radiazione (o entrambe)
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PROCESSI NUCLEARI
I nuclidi instabili tendono a trasformarsi in altri nuclidi per effetto
di processi nucleari detti
- decadimenti radioattivi (emissione di particelle
alfa, beta e gamma)
Inoltre, in alcuni contesti i nuclei possono subire trasformazioni
radicali a seguito di
- reazioni nucleari (ne esistono di diversi tipi; in
questo contesto vedremo esclusivamente le reazioni
di fusione e fissione nucleare)
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TIPI DI DECADIMENTO RADIOATTIVO
I nuclidi instabili tendono a decadere, cioè a trasformarsi in altri nuclidi per
emissione di particelle nucleari o radiazione elettromagnetica. Questo
fenomeno viene chiamato radioattività. Esistono tre tipi principali di
decadimento radioattivo: alfa, beta e gamma
EMISSIONE DI PARTICELLE ALFA ()
Tipico dei nuclidi instabili molto pesanti, il decadimento  consiste nella
emissione da parte di un nucleo di una particella formata da due protoni e
due neutroni (cioè un nucleo di 4He).
particella  = nucleo di 4He
Esempio: l’isotopo 238 dell’Uranio è un nuclide instabile che emette radiazione
trasformandosi in 234Th, secondo la reazione
238U(Z=92)  234Th(Z=90) + (Z=2, A=4).
L'emissione di una particella  trasforma radicalmente il nucleo di partenza:
il numero di massa A diminuisce di quattro unità e il numero atomico Z di due
(in altre parole cambia sia la natura dell’elemento che la sua massa).
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EMISSIONE DI PARTICELLE BETA ()
Il decadimento  consiste nella emissione da parte di un nucleo di un
elettrone o di un antielettrone (detto anche positrone)
 il positrone o antielettrone è una particella con la stessa massa dell'elettrone,
ma di carica positiva
emissione di un elettrone  decadimento emissione di un positrone  decadimento +
 DECADIMENTO -: nei nuclei non esistono gli elettroni; possiamo allora
pensare alla emissione di una particella - come al risultato della
trasformazione di un neutrone del nucleo in un protone + un elettrone (che
viene quindi emesso da nucleo stesso)
 il decadimento - trasforma il nucleo mantenendone inalterato A e
aumentando Z di una unità (N.B. cambia la natura dell’elemento, perché è
diverso il numero atomico, ma non cambia la massa del nuclide; se mi
riferisco alla tavola periodica, l’emissione di particelle - causa uno
spostamento di una posizione a destra).
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Esempio di decadimento - : il trizio 3H, lo iodio 131, il torio 234 danno tutti
spontaneamente un decadimento di questo tipo
3H (Z=1)3He(Z=2) + 131I(Z=53) 131Xe(Z=54) + 234Th(Z=90) 234Pa(Z=91) + -
 DECADIMENTO +: similmente, possiamo pensare alla emissione di una
particella + come al risultato della trasformazione di un protone del nucleo
in un neutrone
 il decadimento + trasforma il nucleo mantenendone inalterato A e
diminuendo Z di una unità (N.B. cambia la natura dell’elemento, perché è
diverso il numero atomico, ma non cambia la massa del nuclide; se mi
riferisco alla tavola periodica, l’emissione di particelle + causa uno
spostamento di una posizione a sinistra).
Esempio di decadimento + : il sodio 22 e il cobalto 54 danno spontaneamente
un decadimento di questo tipo
22Na(Z=11) 22Ne(Z=10) + +
54Co(Z=27)  54Fe(Z=26) + +
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EMISSIONE DI RAGGI GAMMA ()
Il decadimento  consiste nella emissione da parte
di un fotone la cui energia è dell'ordine di
grandezza delle energie nucleari
I raggi gamma occupano l’estremità
ad alta energia dello spettro elettromagnetico (hanno una lunghezza d'onda
minore anche dei raggi X)
Si distinguono essenzialmente tre casi:
- emissione di un fotone a seguito di un processo di rilassamento di un
nucleo eccitato che passa a un livello energetico più basso
- emissione di fotoni che accompagna l'emissione di altre particelle ( o  )
- annichilazione elettrone-positrone secondo la reazione -++2 
Esempio di decadimento  : quando l’uranio 238 decade per emissione alfa a
torio 234, emette anche raggi gamma
238U  234Th +  + .
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Le caratteristiche dei decadimenti radioattivi
I decadimenti radioattivi sono trasformazioni nucleari spontanee
il cui decorso è indipendente dalla temperatura, pressione e
stato chimico in cui il nucleo si trova. L’indifferenza a tutto ciò
che è fuori dal nucleo medesimo fa sì che si possa caratterizzare
il decadimento radioattivo, senza prestare attenzione alle
condizioni fisiche e chimiche del campione che si prende in
esame.
Il decadimento radioattivo si caratterizza in base a:
- la sua natura (alfa, beta, gamma)
- energetica
- cinetica di decadimento (tempo di dimezzamento)
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Energetica dei decadimenti radioattivi
L’energia associata ai decadimenti radioattivi si calcola agevolmente, se
sono note le masse di reagenti e prodotti; in particolare, si usa una
equazione che mette in relazione il difetto di massa in uma con l’energia in
megaelettronvolt, MeV (NB deve esserci un difetto di massa per le reazioni
spontanee, che generano quindi energia) con l’energia liberata
Q(MeV)=-931,5 ΔM (uma)
Per esempio consideriamo il decadimento alfa dell’uranio 238
238U
 234Th + α
tenendo presente che le particelle alfa sono nuclei di elio abbiamo:
massa di 238U = 238,0507785 uma
massa di 234Th = 234,043594 uma
massa di 4He = 4,002603 uma
Q=-931,5 (234,043594 + 4,002603 - 238,0507785) = 4,274 MeV
quindi l’energia liberata durante l’emissione di una particella alfa da
parte di un nucleo di uranio 238 è pari a 4,274 MeV (per nucleo !)
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Cinetica dei decadimenti radioattivi
Anche l’aspetto cinetico è molto importante per valutare gli effetti dei
decadimenti radioattivi.
la velocità di decadimento è definita come il numero di decadimenti
al secondo; la velocità di decadimento dipende dalla quantità di
radionuclide e dalla sua natura; in particolare, se considero un certo
istante, t, la velocità di decadimento è proporzionale al numero totale di atomi
del nuclide radioattivo considerato e presenti al tempo t:
velocità =  N(t)
dove , la costante di proporzionalità, è detta costante di decadimento ed
è tipica del particolare radionuclide considerato.
Si dimostra facilmente che il numero di radionuclidi attivi di un campione
diminuisce nel tempo con una legge esponenziale  di conseguenza anche
la radioattività di tale campione diminuisce esponenzialmente nel
tempo.
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Si definisce tempo di
dimezzamento, t½, il tempo
necessario a dimezzare la
concentrazione di un campione
di nuclide radioattivo. Si
dimostra facilmente che
ln 2 0,693
t½ =



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Curva di decadimento del
bismuto 210 (tempo di
dimezzamento= 5 giorni)
Curva di decadimento dello
stronzio 90 (tempo di
dimezzamento= 25 anni)
210Bi
90Sr

206Th
+
dopo circa un mese si è
essenzialmente esaurito

90Y
+ -
dopo decine di anni è
ancora attivo
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Implicazioni della cinetica di decadimento sulla pericolosità di un
radionuclide
La valutazione del carattere nocivo dei diversi nuclidi instabili va fatta
considerando la velocità di decadimento (cioè il numero di decadimenti al
secondo). In particolare, un nuclide che decade con una velocità
considerevole (tempo di dimezzamento piccolo) sarà molto pericoloso
appena prodotto (pensate al problema delle scorie radioattive) perché
rappresenta una sorgente intensa di radiazioni, ma in un lasso di tempo
relativamente breve perderà la proprio pericolosità. Viceversa, un nuclide
che decade con velocità piccola (tempo di dimezzamento grande), non
risulta essere molto pericoloso nell’immediato perché l’intensità della
radiazione non è grande, ma pone problemi di stoccaggio a lungo termine!
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UNITÀ DI MISURA della radiazione nucleare:
Attività: - Curie (Ci) = 3,70  1010 decadimendi al secondo
- Becquerel (Bq) = 1 decadimeno al secondo SI
Il corpo umano ha una radioattività naturale dovuta al 40K e 14C sufficiente a fornire 3700 Bq!
- Roentgen (R)= quantità di raggi X o raggi  che produce in un campione
di aria pari a 1 mL (STP) 2,1  109 ioni
Radiografia al torace 0,5 R
Dose assorbita: - rad = quantità di radiazione che deposita una quantità di
energia pari a 0,01 joule in un grammo di materia
- gray (Gy) = quantità di radiazione che deposita una
quantità di energia pari a joule in un chilogrammo di
materia (unità scelta dal Sistema Internazionale)
- rem= radiation equivalent for man=radfattore qualità (FQ)
- sievert = gray equivalente uomo=grayfattore qualità (FQ)
- dose letale 50% LD50= dose necessaria ad uccidere il 50% della popolazione
LD50=250-450 rem, 50 rem effetti a 20 anni
radioattività naturale media 0,1 rem
dose massima consentita 5 rem all’anno
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REAZIONI NUCLEARI
Sia dalle reazioni di fissione (scissione di un nucleo pesante in due nuclei
leggeri), che da quelle di fusione (combinazione di due nuclei leggeri in un
nucleo più pesante) si può ricavare energia nucleare. In entrambi i casi,
infatti, si sprigiona un'energia pari alla differenza tra l’energia di legame dei
nuclei prodotti e quella dei reagenti.
FUSIONE DI NUCLEI LEGGERI: la fusione non è mai un processo
spontaneo; è difficile da ottenere in laboratorio a causa della repulsione
elettrostatica che allontana i due nuclei positivi interagenti (perché abbia
inizio il processo, i nuclei devono invece essere avvicinati fino al punto di far
aggregato
diventare efficace l’interazione forte
intermedio
fra i nucleoni dei due nuclei diversi);
per il momento questo è stato ottenuto
solo con: 1) acceleratori di particelle
2) altissima temperatura (bombe
termonucleari).
2H + 3H  4He + n + 17,6 MeV
stelle a fusione di idrogeno (Sole)
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FISSIONE DI NUCLEI PESANTI: raramente è un processo
spontaneo, nei casi più comuni è un processo indotto dal bombardamento di
neutroni su nuclei pesanti come l’uranio 235: il neutrone collidente viene
prima assimilato dal nucleo bersaglio
la cui instabilità aumenta
fissione nucleare
al punto da scindersi in
due nuclei frammento
con emissione di 2-3
neutroni e liberazione di
un grosso quantitativo
di energia. La fissione neutrone
uranio 235
di un nucleo può
generare nuclei
92 protoni+
92 protoni+
143 neutroni
frammento diversi,
2 nuclei prodotto + 3
144 neutroni
neutroni + energia
tanto è vero che si parla
di una distribuzione di nuclei frammento.
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Per esempio, nel caso della fissione indotta dell’uranio 235 (alla base del
nucleare civile e militare), le rese dei diversi possibili nuclei figlio si
dispongono secondo il grafico
Anche il numero di neutroni
prodotto in ogni cammino è diverso
10
e oscilla fra 2 e 3, così come è
diversa l’energetica . Il modo
resa 1
corretto di rappresentare il processo
(%)
235U + n  X + Y + 2,4 n + energia
0,1
0,01
0,001
80
100
120
140
160
numero di massa dei nuclei frammento
dove 2,4 è il numero medio di neutroni
prodotti dai diversi processi mentre
l’energia media liberata è pari a 209 MeV
(4,7109 kcal/mol).
La curva è caratterizzata da due massimi
centrati ai valori di A=95 e A=138, il che
significa che nuclei frammenti con
questo numero di massa hanno la
maggior probabilità di essere formati
dalla reazione di fissione.
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CENNI SUI REATTORI A FISSIONE
La reazione di fissione di nuclei pesanti porta alla produzione di una quantità di
energia maggiore di molti ordini di grandezza rispetto alle energie prodotte
nelle reazioni chimiche che vengono sfruttate per la produzione di energia,
come per esempio la combustione di idrocarburi. Inoltre secondo la reazione
235U + n  X + Y + 2,4 n + energia
per ogni neutrone che viene consumato dall'uranio 235 se ne producono in
media 2,4. Vi è così un fattore di moltiplicazione dei neutroni, che
vengono poi a loro volta sfruttati per indurre altre reazioni di fissione
(reazione a catena).
Si definisce fattore di moltiplicazione k il rapporto fra in numero di neutroni
generato nello stadio i+1 rispetto al numero di neutroni generato nello stadio i
numero di neutroni generati nello stadio i 1
k
numero di neutroni generati nello stadio i
se k<1, non ci sarà reazione a catena perché la reazione non è in grado di
autoalimentarsi, se k=1 la reazione a catena raggiunge uno stato stazionario, se
k>1 allora il numero di neutroni prodotti aumenta rapidamente da uno stadio
all’altro e si raggiunge la cosiddetta condizione supercritica
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Quando la quantità di uranio 235 è sufficientemente grande, si riesce ad
ottenere un fattore efficace di moltiplicazione superiore ad uno, innescando così
una reazione di fissione a catena incontrollata che porta alla produzione di una
grande quantità di energia in un breve intervallo di tempo.
Questo fenomeno viene sfruttato per scopi militari: in una bomba nucleare
viene posta una quantità critica (massa critica) di materiale fissile, cioè tale da
avere una moltiplicazione di neutroni molto sostenuta ed una reazione a catena
rapidissima (vedi poi).
fissione nucleare per scopi bellici
Se, invece, durante la fissione si abbassa il guadagno di neutroni, per esempio
aggiungendo dei materiali che assorbono parte dei neutroni prodotti, è
possibile far avvenire la reazione in maniera controllata. Questo tecnica è
utilizzata nei reattori a fissione nucleare per la produzione di energia.
fissione nucleare per scopi civili (produzione di energia
elettrica)
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Schema di un reattore nucleare
Un reattore a fissione consiste, schematicamente, in un "nocciolo", dove viene fatta
avvenire la reazione di fissione controllata, uno scambiatore di calore che porta fuori dal
nocciolo l'energia prodotta e che aziona un dispositivo per rendere utilizzabile tale
energia (per esempio delle turbine collegate a generatori di elettricità)
I componenti principali di un reattore a fissione sono:
1) barre di combustibile nucleare
2) un moderatore che rallenta i neutroni di fissione
3) un refrigerante che rimuove l’energia termica prodotta durante il
processo di fissione
4) barre di controllo (assorbitori di neutroni) che permettono di
controllare la velocità di fissione
1) Combustibile: i reattori nucleari richiedono l’uso di un combustibile
nucleare, dove per combustibile nucleare si intende un tipo di nucleo
fissile, cioè un nucleo che subisce fissione indotta da neutroni. Questi
nuclidi possono essere, a seconda del tipo di reattore, 232Th, 233U, 235U,
238U e 239Pu, (o loro miscele). Fra questi, 233U, 235U, e 239Pu subiscono
fissione ad opera di neutroni termici, mentre 232Th e 238U interagiscono
efficientemente con neutroni molto veloci (> 1MeV).
L'uranio naturale, reperibile in diverse miniere distribuite un po’ in tutti i
continenti, contiene principalmente 238U (99,2745%) e solo uno 0,720%
di 235U. L’isotopo 233 dell’uranio va invece prodotto a partire dal torio
232. Alcuni reattori usano uranio ‘arricchito’ nell’isotopo 235U. In altri casi
si usa anche l'isotopo 238 che pur non essendo fissile è "fertile", cioè può
produrre nuclidi fissili per reazione nucleare.
2) Moderatore: In un reattore nucleare a fissione i neutroni che sono prodotti
dal processo stesso ma sono inizialmente formati con grande energia cinetica,
mentre per ottimizzare la resa devono essere rallentati, cioè termalizzati, per
aumentarne la capacità di indurre la fissione. Il modo migliore per rallentare i
neutroni consiste nel farli collidere con atomi d'idrogeno o di deuterio. Fra i
moderatori più comuni, c’è proprio l’acqua deuterata, D2O, detta anche
comunemente "acqua pesante". In alcuni casi, anche se meno efficace, si usa
la grafite, data la sua economicità ed anche per la sua inerzia ai neutroni. Nei
reattori autofertilizzanti, cioè in quelli dove si ottiene plutonio come prodotto
riutilizzabile, non bisogna rallentare molto i neutroni al fine di rendere più
efficace la reazione con 238U.
3) Refrigerante: la funzione del refrigerante è quella di trasportare l'energia
prodotta fuori dal nocciolo fino al suo ciclo di trasformazione. Inoltre il
refrigerante ha il compito importante di evitare la fusione dello stesso nocciolo
che potrebbe avvenire a causa della gran quantità di calore rilasciato dai
processi di fissione. Il refrigerante deve essere un fluido e può essere acqua (in
alcuni reattori può essere la stessa acqua pesante del moderatore che viene
fatta circolare), oppure altri liquidi, sia organici che inorganici. In certi casi si
preferisce uno scambiatore in fase gassosa (molto usati CO2 e He), mentre in
certi altri casi si utilizza il sodio allo stato fuso. La scelta di un refrigerante
dipende esclusivamente dalle caratteristiche tecniche del particolare reattore
considerato.
4) Barre di controllo (assorbitori di neutroni): per mantenere sotto
controllo la reazione a catena e quindi controllare la potenza sviluppata dal
reattore o, anche, spegnerlo è necessario disporre di un materiale che sia un
ottimo assorbitore di neutroni. Questo tipo di controllo si può ottenere, per
esempio, inserendo o sfilando dal nocciolo delle barre di un assorbitore come
per esempio boro o suoi composti (si usa spesso il carburo di boro) oppure
cadmio o suoi composti o altri materiali con una elevata sezione d’urto di
assorbimento di neutroni.
RISCHI DEI REATTORI A FISSIONE
Naturalmente un reattore a fissione può presentare diversi rischi nel suo
funzionamento. Questi possono essere raggruppati in due grosse categorie:
rischi termici e rischi dovuti alla produzione di scorie.
- I cosiddetti rischi termici sono tutti quei problemi che possono sorgere
dall'eccessiva potenza del reattore. Una potenza troppo alta sottopone a
sollecitazioni eccessive i materiali di cui è costruito il reattore e può provocare
perfino la fuoriuscita di materiale ad alta radioattività (come nel famoso
incidente di Chernobyl del 1986).
- Rischi dovuti alla produzione di scorie: le scorie sono costituite sia da nuclidi
prodotti di fissione sia da materiali presenti nel combustibile che, per reazione
con i neutroni nel nocciolo si sono attivati, cioè si sono trasformati in nuclidi
radioattivi. Di solito le scorie vengono separate in base alla loro radioattività,
cioè in base alla durata media del loro periodo di "raffreddamento", e poi
vengono riposte in depositi a "raffreddare". Nei reattori autofertilizzanti le
scorie sono molto pericolose per la presenza di plutonio. Inoltre questi
reattori presentano rischi molto più grandi degli altri a neutroni termici per il
fatto che dopo un certo periodo di funzionamento il combustibile deve essere
trattato opportunamente per estrarne il materiale fissile che si è formato.
Questo comporta una serie di operazioni periodiche ad alta pericolosità, come
rimozione del combustibile, suo trasporto, manipolazione in laboratori di
estrazione, etc. che rendono i reattori autofertilizzanti ad altissima
pericolosità. Occorre anche non sottovalutare, per questo tipo di reattori,
l'alta pericolosità sociale dato che il plutonio, prodotto in grande quantità,
può essere usato direttamente per scopi militari.
Problema delle scorie radioattive del combustibile esausto
Principali miniere di uranio nel mondo
L'uranio è un elemento che
si trova in natura, in basse
concentrazioni,
praticamente in tutte le
rocce, in tutti i terreni e
nelle acque. E’ più
abbondante di altri
elementi come il berillio, il
cadmio, l'oro, il mercurio,
l'argento, del tungsteno.
Si trova in molti minerali,
come lo pechblenda, il
minerale di uranio più
comune. I principali paesi
estrattori di U sono
riportati in figura.
I costi del combustibile fissile stanno aumentando notevolmente (il prezzo dell’ossido U3O8 è
variato da circa 20$ al chilo nel 2002 a 260$ nel 2007). Inoltre è impossibile stimare con
precisione le riserve di uranio ancora estraibile, ma bisogna considerare che il necessario uranio235 è molto raro. L'AIEA (Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica) ha stimato che i
giacimenti di uranio attualmente conosciuti basteranno a soddisfare il fabbisogno fino al 2035
nel caso di una domanda media, e fino al 2026 nel caso di una ripresa della domanda elevata.
Secondo altre stime, la quantità estraibile sarebbe molto maggiore, ma a costi molto più elevati.
In ogni caso si prevede un esaurimento del combustibile fissile prima di quello fossile!
Arricchimento dell’uranio 235
L'uranio naturale è composto da una miscela di tre isotopi, 234U, 235U, e 238U, di cui 238U è il
più abbondante (99,2745%), 235U ha una abbondanza naturale di circa 0,720%, mentre il
234U costituisce una percentuale trascurabile del totale (0.0055%). Tutti i tre isotopi sono
radioattivi; quello dotato di tempo di dimezzamento più lungo è 238U (t1/2: 4,5x109 anni),
seguono 235U (7x108 anni) e 234U (2,5x105 anni). Per ottenere un materiale fissile che sia
adatto a scopi nucleari, cioè che emetta una quantità sufficiente di neutroni, è necessario
aumentare la concentrazione dell'isotopo 235U rispetto al più comune e meno radioattivo
238U. La concentrazione di 235U deve passare dallo 0,71% al 3,2% per i reattori nucleari ad
acqua bollente (BWR) e al 3,6% per quelli ad acqua pressurizzata (PWR). Il processo di
concentrazione dell'uranio è un compito estremamente difficile: non è possibile separarli per
via chimica, ma l'unico modo è consiste nello sfruttare la piccolissima (meno dell'1,5%)
differenza di peso. Si fa reagire l'uranio metallico con fluoro ottenendo esafluoruro di
uranio (UF6), un composto solido bianco, che sublima in fase gassosa al di sopra di 56,4 °C.
Questo composto viene usato nei due più comuni processi di arricchimento, l'arricchimento
per diffusione gassosa (utilizzata soprattutto negli USA) e quello per centrifugazione del
Sistema di centrifughe
gas (principalmente utilizzato in Europa).
Camera
per
diffusione
di UF6
CENNI SUI REATTORI A FUSIONE
La difficoltà maggiore deriva dal fatto che per far avvenire la reazione i due
nuclei reagenti devono avvicinarsi vincendo la forte repulsione coulombiana.
Questo richiede una energia "di attivazione" di circa 104 eV.
Un reattore nucleare a fusione dovrebbe essere un sistema in grado di gestire
una reazione di fusione nucleare in modo controllato e con lo scopo di produrre
energia elettrica. Gli unici impianti operativi a tutt’oggi sono impianti di ricerca
in grado di sostenere la reazione di fusione nucleare per un tempo molto
ridotto e quindi non sono utilizzabili per la produzione di elettricità.
Da molti anni si ipotizzano e indagano varie tecniche per arrivare allo
sfruttamento dell’energia da fusione nucleare. Le tecniche si differenziano
l'una dall'altra proprio nel modo concepito per far avvicinare i nuclei
reagenti e quindi innescare la reazione. La tecnica più studiata fino ad oggi
impiega forti campi magnetici per confinare un plasma formato da nuclei di
deuterio e trizio ad alta temperatura (NB il campo magnetico serve a
confinare il plasma nel vuoto perché non esiste nessun materiale per
costruire un contenitore in grado di resistere alle temperature necesserie).
Per innescare la reazione la temperatura deve essere di circa 108 K, però a
tutt'oggi non si è ancora riusciti a stabilizzare il plasma con una
temperatura così alta per tempi sufficientemente lunghi da avere un
autosostentamento (energetico) costante della reazione.
La reazione che si pensa di poter sfruttare è
2H + 3H  4He + n + 17,6 MeV
I vantaggi della reazione di fusione nucleare sono legati al fatto che l’unica
scoria è l’isotopo stabile dell’elio, che oltre a non essere radioattivo è anche
un gas chimicamente inerte. Il peggior contaminante che potrebbe essere
disperso accidentalmente nell'ambiente è il trizio, che però ha un tempo di
dimezzamento di 12,3 anni e cioè molto minore di quello di alcuni
radionuclidi prodotti dalle centrali a fissione che possono dimezzarsi in
migliaia di anni. Inoltre, dal punto di vista della sicurezza le centrali a
fusione con confinamento magnetico non hanno nessuna possibilità di
restare attivi in assenza del contenimento magnetico del plasma. Questo
impedisce i pericoli tipici delle centrali a fissione, in cui è possibile avere
una reazione a catena che perdura nel tempo anche a reattore distrutto
come nel caso dell’incidente di Chernobyl.
Un problema che resta (anche quando si dovessero trovare le soluzione
tecnologiche) riguarda la scarsità in natura del trizio che infatti andrebbe
prodotto nella centrale stessa sfruttando il neutrone che si genera nella
reazione vista
2H + 3H  4He + n + 17,6 MeV
per indurre la reazione
6Li + n  4He + 3H
CENNI SUGLI ORDIGNI NUCLEARI
Le cosiddette bombe atomiche (andrebbero chiamate nucleari) si basano sui processi di
fissione e fusione nucleari. Le bombe che sfruttano le reazioni di fissione sono
denominate bombe A. Le bombe H (dette anche bombe a idrogeno o termonucleari) si
basano sul processo di fusione nucleare. Entrambi i tipi sono in grado di sviluppare
energie molto elevate mediante la trasformazione di quantità molto piccole di materia.
La bomba atomica tradizionale è basata sulla fissione di 235U indotta da neutroni; come
già visto, tale reazione, se avviene in maniera non controllata, è una reazione a catena
che si autosostiene. Ciò accade quando la massa dell'uranio raggiunge un valore ben
determinato, detto massa critica. L'esplosione di una bomba atomica di questo tipo, con
la fissione completa di un kg di uranio, sviluppa una quantità di energia pari a quella
prodotta dalla combustione di 2450 tonnellate di carbone.
L'innesco della reazione a catena da parte
di neutroni avviene portando allo stato
critico la massa di uranio, che subisce la
fissione nell'istante dell'esplosione. Prima
dell'innesco la massa critica è divisa in
due o più parti non critiche che vengono
riavvicinate al momento voluto mediante
una carica di esplosivo convenzionale
all'interno dell'involucro della bomba
atomica.
Durante l'esplosione di innesco l'involucro esterno della bomba non si deve
rompere altrimenti il materiale fissile si disperderebbe prima di costituire una
massa critica. In realtà durante l'esplosione di una bomba atomica, solo una
piccola parte della massa critica subisce realmente la fissione, ma comunque si
libera un'enorme quantità di energia. Per misurare la potenza delle bombe
atomiche si usa come unità di misura il megaton che è definito come il
potenziale esplosivo di 1 milione di tonnellate di trinitrotoluene (TNT). Durante
l'esplosione, i prodotti della fissione vengono espulsi violentemente e sono
quindi caratterizzati da una energia cinetica molto grande. Tale energia cinetica
viene rilasciata negli urti con le molecole che compongono l'atmosfera. A
questo punto l'energia cinetica si trasforma in energia termica provocando un
innalzamento di temperatura oltre 10 milioni di gradi. Il fenomeno è
accompagnato da emissione di luce accecante (visibile a centinaia di
chilometri), e propagazione di una violentissima onda d'urto nell'atmosfera.
Nella bomba A, il carattere esplosivo della reazione è determinato dal tempo
brevissimo in cui essa avviene, dell'ordine del milionesimo di secondo. Anziché
uranio 235 può essere impiegato anche il plutonio, elemento che si ottiene
nelle pile atomiche bombardando con neutroni l'isotopo 238 dell'uranio. Per
quanto riguarda la potenza dell'esplosione, il rendimento reale è sempre
inferiore al teorico e dipende dalla concentrazione del materiale fissile della
carica.
La bomba H produce energia per effetto di un processo di
fusione nucleare. La reazione più utilizzata è quella che
porta alla sintesi di un nucleo di elio mediante la fusione
nucleare di deuterio o il trizio. Questo tipo di bomba ha
una potenza, a parità di massa, sette volte superiore a
quella sviluppata da una bomba a fissione. Nella fusione
termonucleare non esiste alcun problema di massa critica,
e quindi non c'è limite alla quantità di sostanze reagenti.
La potenza ottenibile è pressoché illimitata. Per innescare
una reazione di fusione è necessario raggiungere una
temperatura di circa 200 milioni di gradi, cosa che si
ottiene facendo esplodere al centro della massa una
bomba del tipo a fissione.
Esiste anche un altro tipo di ordigno nucleare la bomba a neutroni o bomba N. Lo
scopo di questo ordigno è diverso dai precedenti: si tratta di un’arma tattica che
permette di eliminare l'avversario producendo solo limitate devastazioni del
territorio, e riducendo l'inquinamento radioattivo. Si tratta di una bomba termonucleare di modesta potenza che canalizza l'energia sviluppata nella reazione
nucleare principalmente nella produzione di neutroni veloci, minimizzando quindi
gli effetti di scoppio e di calore. La bomba N è una bomba a fusione di piccole
dimensioni e di limitata potenza, inferiore a un kiloton, ma dotata di opportuni
accorgimenti tecnici che consentono una notevole diffusione di neutroni
entro un raggio molto superiore a quello distruttivo dell'ordigno. I neutroni
possono penetrare attraverso notevoli spessori di materia e quindi per un grande
raggio di azione essi possono uccidere tutti gli esseri viventi senza distruggere
costruzioni e materiali.
Sono quattro i fattori distruttivi dovuti all'esplosione di un ordigno nucleare:
1) onda di calore (fino a 300 milioni di gradi in corrispondenza del punto di
detonazione); 2) onda d'urto; 3) emissione di radiazioni (insieme all'esplosione e
tramite successivo fall-out radioattivo); 4) effetto EMP (Electro Magnetic Pulse),
scoperto solo a partire da alcuni test nucleari dei primi anni sessanta.
Le esplosioni nucleari possono essere a loro volta classificate in cinque tipi:
a) aero-alte: esplosione nella stratosfera, con forte rilascio di particelle  e  e scarso
rilascio di raggi , che però vengono fermate dall'atmosfera; nessun danno agli esseri
umani ma viene rilasciato un gigantesco impulso elettromagnetico (EMP, Electro
Magnetic Pulse) che distrugge qualunque apparecchiatura elettronica non protetta da
adeguata schermatura; inoltre vengono azzerate le comunicazioni radio per un certo
periodo a causa dei disturbi; b) aero-basse: esplosione nell'atmosfera a poche
centinaia di metri di altezza, con forte rilascio di particelle  e  e scarso rilascio di raggi
, letali nel raggio di diversi chilometri in un tempo breve. Scarso fall-out; c)
superficiali: esplosione a terra, con forte rilascio di raggi , e scarso rilascio di
particelle  e  ; elevata ricaduta radioattiva dovuta alle polveri sollevate, pesantemente
contaminate. Danni anche di tipo sismico alle cose, ma minori effetti immediati sulle
persone; d) sotterranee: nessun rilascio di particelle, che vengono schermate dal
terreno, e di onde elettromagnetiche. Forte onda sismica, proporzionale alla potenza
dell'arma. È usata principalmente nei test per le armi nucleari; e) sottomarine.
Chimica Generale
CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE
INTERAZIONE TRA RADIAZIONE NUCLEARE E MATERIA
Da qui in avanti intenderemo con il termine radiazione nucleare ogni tipo
di particella che abbia una energia cinetica > 100 eV e che sia stata
generata da un decadimento o reazione nucleare (siano essi spontanei o
indotti).
La conoscenza dei meccanismi di interazione fra radiazione
nucleare e materia ci fornisce gli strumenti per
caratterizzarne la pericolosità e per difenderci da essa.
Le energie tipiche del legame chimico sono comprese fra 1-5 eV, mentre
l’energia necessaria a ionizzare una specie (atomica o molecolare) è
solitamente 15 eV. Di conseguenza, poiché l’energia messa in gioco
quando la materia è esposta alla radiazione nucleare è così alta da indurre
facilmente ionizzazione, la radiazione nucleare è detta anche radiazione
ionizzante.
Chimica Generale
CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ATTIVITÀ DI PROTEZIONE CIVILE
Da un punto di vista generale, possiamo dire che il passaggio della
radiazione nucleare ad alto contenuto energetico attraverso la materia
comporta un trasferimento di energia agli atomi/molecole di cui essa è
composta. Il trasferimento continua fino a che si raggiunge l’equilibrio
termico, cioè fintanto che la particella non ha perso il suo surplus
energetico cedendolo al mezzo interagente.
Nello specifico, però, ogni tipo di radiazione induce fenomeni diversi, che
andremo ora ad esaminare
Si usa distinguere i fenomeni che derivano dalla interazione della
radiazione nucleare con la materia in due gruppi:
• processi che subiscono le particelle nucleari mentre cedono la
propria energia (assorbimento della radiazione);
• processi ulteriori subiti dal materiale che ha assorbito la radiazione
(chimica indotta dalle radiazioni).
Assorbimento della radiazione
La riduzione della intensità di un fascio di particelle ionizzanti che attraversa
una porzione di materia è causata o da 1) reazioni nucleari che coinvolgono i
nuclei del materiale attraversato (detto assorbente perché assorbe la
radiazione stessa) o da 2) interazioni con gli elettroni atomici. Con la sola
eccezione di radiazione composta da neutroni, la tipologia 2) è di gran lunga il
processo dominante che genera una attenuazione della radiazione nucleare 
di fatto le reazioni nucleari possono essere trascurate (con la sola eccezione di
fasci di neutroni).
Come si misura l’assorbimento di radiazione nucleare?
flusso in assenza
del campione di
materiale
assorbente, 0
sorgente
di
radiazione
fenditura
collimatrice
campione
x
fenditure
collimatrici
rivelatore
r
flusso in presenza
del campione di
materiale
assorbente, 
r=distanza fra la sorgente e il rivelatore
x=spessore del campione
Il rapporto fra il flusso di particelle (espresso in particelle per superficie per
secondo)  in presenza di un campione di spessore x e in assenza di
campione 0 è detto trasmissione relativa ed ha tipicamente l’andamento in
funzione dello spessore del materiale x riportato nel grafico seguente. Si
distinguono due casi
1) particelle dotate di carica (alfa,
beta, protoni ecc.)
il rapporto /0 raggiunge lo zero per
un certo valore di spessore del
materiale, che può essere
quantificato o come spessore di
penetrazione medio, C1 per particelle
alfa o C3 per particelle beta, oppure
come spessore di penetrazione
massimo, C2 e C4 (sono diversi dai
valori medi a causa del fatto che gli
elettroni non occupano tutti posizioni
identiche e quindi c’è una certa
dispersione dei valori).
sono i valori medi quelli importanti
Esempio:
curva di assorbimento
della radiazione beta
emessa da 32P e che
attraversa una lamina di
alluminio (che funge da
assorbente)
2) particelle non cariche (neutroni e fotoni)
In questo caso, non è possibile definire uno spessore massimo e la curva di
assorbimento ha un andamento esponenziale secondo l’eq.  = 0 e-x
dove  è il coefficiente di attenuazione totale che tiene conto di due diversi
tipi di interazione ( = s + a): 1) deflessione o diffusione della traiettoria
della particella  s; 2) cattura della particella per trasferimento totale
dell’energia al mezzo assorbente  a
NB:  è un parametro molto importante per le valutazioni sulla schermatura
dalle radiazioni; a è un parametro molto importante per valutare l’effetto
della radiazione sulla materia.
Cammino percorso medio
Tipo di
particella
E
(MeV)
Aria
(cm)
Acqua
(mm)
Alfa
5,3
3,8
0,039
Beta neg.
1,0
405
4,1
3,0
1400
15
1,0
2,3
0,023
3,0
14
0,014
Protoni
Chimica Generale
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Meccanismi di assorbimento di protoni e particelle alfa
Andiamo ad illustrare i meccanismi di assorbimento delle particelle “pesanti”
(alfa, protoni, deuteroni, ecc.) dotate di carica, considerando nello specifico
l’assorbimento delle particelle alfa (considerazioni analoghe valgono anche per
protoni, ecc).
ricorda che nel caso delle particelle
cariche è l’interazione con gli
elettroni atomici ad essere
principalmente responsabile
dell’interazione con la materia (la
probabilità di interazione con i nuclei
è molto bassa)
Tipicamente, le particelle alfa sono generate con una energia cinetica piuttosto alta (fra 4 e 9
MeV), hanno una doppia carica positiva e sono molto più pesanti degli elettroni, quindi
 le interazioni elettrostatiche fra le particelle  e gli elettroni di atomi/
molecole che compongono il campione sono responsabili dei fenomeni
osservati
Chimica Generale
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Gli effetti sulla materia causati dalle particelle  (e le altre particelle pesanti con
carica positiva) sono essenzialmente di due tipi: eccitazione e ionizzazione
1) eccitazione
Quando la particella  passa vicino al guscio elettronico dell'atomo (ma non attraverso
esso), il campo elettrico della particella carica positivamente esercita una attrazione
elettrostatica sugli elettroni, causandone uno spostamento verso le orbite più esterne a
più alta energia (NB in questo caso non riesce a distaccare un elettrone dall’atomo).
L'atomo risulta di conseguenza eccitato; la diseccitazione l'atomo avviene tramite
l’emissione di fotoni nel campo di frequenze dei raggi X. NB: la particella  perde una
parte della sua energia, mentre i fotoni X emessi hanno energia sufficiente a
ionizzare gli atomi vicini.
Chimica Generale
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2) ionizzazione
Se invece la particella passa molto vicino (o addirittura attraversa) il guscio elettronico
dell'atomo, uno o più elettroni possono essere strappati all'atomo ionizzandolo e
causando così la formazione di una coppia di ioni (coppia ione-elettrone)
NB: gli elettroni non vanno ad unirsi alla particella , ma formano una coppia ionica con
lo ione positivo che si è formato dall’atomo per perdita dell’elettrone
Meccanismi di assorbimento di elettroni o particelle beta
Positroni, elettroni emessi per decadimento beta e elettroni prodotti da
acceleratori di particelle (elettroni monoenergetici) interagiscono con la materia
sia tramite l’interazione con gli elettroni orbitanti che con il campo
elemettromagnetico generato dal nucleo
curva blu: particelle beta da
decadimento radioattivo
curva verde: elettroni monoenergetici
prodotti da un acceleratore
i tipi di fenomeno che possono avere luogo sono
- eccitazione
simili ai processi già visti per particelle
- ionizzazione
pesanti con carica positiva
- Bremsstrahlung
processi che comportano una perdita di energia
- radiazione Cerenkov
per irraggiamento (assenti nel caso di particelle )
- annichilazione positronica
i processi più importanti sono eccitazione e
ionizzazione per -, annichilazione positronica per +
1) eccitazione
Il meccanismo è del tutto analogo a quello delle particelle alfa, anche se in questo
caso si instaura una repulsione fra le particelle  (o elettroni accelerati) e gli
elettroni orbitanti
particella - incidente
2) ionizzazione
elettrone in
un orbitale
eccitato
Il fenomeno è simile a quello che coinvolge le
particelle ; una differenza importante è
dovuta al fatto che la massa delle particelle 
è la stessa degli elettroni del mezzo
assorbente.
dopo l’allontanamento della
particella  lo stato eccitato
decade a quello fondamentale
con emissione di fotoni X)
particella - scatterata
elettrone
secondario
Meccanismi di assorbimento di radiazione gamma e neutroni
L’assenza di una carica della radiazione gamma e
dei neutroni comporta una interazione modesta
con la materia e, di conseguenza, la capacità di
penetrare grandi spessori di materia.
Abbiamo già visto come la legge di attenuazione
sia del tipo
 = 0 e -x
dove  è il flusso di fotoni/neutroni espresso in
numero di fotoni per metro quadro per secondo.
Il coefficiente di attenuazione dipende dal tipo di
materiale assorbente.
Di solito si trovano tabulati o graficati, anziché il
coefficiente di attenuazione di ciascun materiale,
altri parametri:
- spessore di materiale necessario ad attenuare di
un fattore 2 (mezzo spessore) o di un fattore 10
un fascio di raggi gamma
ln 10
ln 2
x1 / 2 
x1/10 


La capacità ionizzante della radiazione gamma è molto inferiore a quella
delle particelle alfa e beta. Per es. gli ioni prodotti dalla radiazione
gamma è meno dell’1-10% di quelli prodotti da radiazione beta
caratterizzata dalla stessa energia. Inoltre, il meccanismo con cui i raggi
gamma producono ioni è molto diverso (effetto Compton e effetto
fotoelettrico).
I neutroni interagiscono principalmente con i nuclei (sono indifferenti
agli elettroni perché privi di carica e molto più pesanti) con i quali potranno
dar luogo a collisioni elastiche, inelastiche o reattive.
Le collisioni reattive dei neutroni sono importantissime e ne parleremo in
seguito, causano mutazioni dei nuclei. A seguito di tali mutazioni i nuclei
possono stabilizzarsi come emissioni di raggi gamma.
Durante una collisione inelastica, invece, un neutrone colpisce un nucleo e
cede parte della sua energia cinetica che eccita il nucleo ad un livello
energetico superiore da cui il nucleo, poi, decade; la costante di decadimento
è caratteristica del particolare nuclide considerato, che normalmente emette
un fotone .
In conclusione, sia le collisioni reattive che quelle inelastiche inducono
l’emissione di raggi gamma (e quindi, in termini di pericolosità si ricade nel
caso precedente.
EFFETTI BIOLOGICI DELLE RADIAZIONI IONIZZANTI
L’interazione delle radiazioni ionizzanti con i tessuti biologici presenta le stesse
caratteristiche principali dell’interazione con gli altri materiali e l’effetto
dominante può essere inteso, anche in questo caso, come dovuto al rilascio di
un grande quantitativo di energia alle strutture molecolari.
L’acqua è la componente principale delle cellule e quindi è fondamentale il
ruolo della radiazione ionizzante sull’acqua stessa.
Prodotti
H
OH
H2
H 2 O2
eaq
rese
0,6
2,6
0,45
0,75
2,6
Le reazioni dei radicali prodotti dall’acqua in sistemi biologici sono importanti perché
possono indurre un danno biologico qualora riescano ad interagire con una
biomolecola importante in grado di produrre una qualche interferenza nel normale
funzionamento di una cellula. Per le molecole in grado di reagire con i radicali
prodotti dall’acqua, ma che non inducono un danno biologico importante, si usa il
termine di molecole spazzino (scavenger): tali specie chimiche, interagendo con i
radicali e le altre componenti attive presenti nell'acqua irradiata, li sottraggono dal
sistema e impediscono danni cellulari importanti. Una molecola-spazzino può essere
qualunque specie molecolare in grado di produrre interazione con i radicali e portare
a conclusione la fase dei processi chimici attivati dalla radiazione nell'acqua della
cellula.
Nel catalogare l’effetto della radiazione ionizzante sulle cellule si usano distinguere
due modi: azione diretta e azione indiretta. Infatti, oltre alla reattività dei
prodotti della radiolisi dell'acqua che li fa interagire con importanti molecole di
interesse biologico, c'è anche la possibilità che la particella incidente depositi
direttamente parte della sua energia nelle biomolecole di interesse. In questo caso le
reazioni iniziali non avvengono nell'acqua, ma direttamente nelle molecole dei
costituenti importanti della cellula, come il DNA. In questo caso il risultato sarà
eccitazione o ionizzazione di atomi presenti nelle molecole con formazione di radicali
a carico delle molecole biologiche. Questi radicali possono subire reazioni simili a
quelle considerate per la radiolisi dell'acqua con i conseguenti processi chimici,
compresa la ricombinazione.
Azione diretta
In questo processo l'energia viene direttamente depositata su una molecola bersaglio di
interesse biologico, senza la mediazione di specie radicali derivate dalla radiolisi
dell'acqua. E' ormai ampiamente dimostrato che sono le trasformazioni chimiche indotte
da radiazioni ionizzanti nella molecola del DNA quelle che producono le modificazioni
biologicamente più importanti. Anche altre molecole bioattive della cellula possono
essere danneggiate, ma la cellula è in grado di sostenere perdite molto rilevanti di molte
specie molecolari diverse dal DNA senza che si verifichino seri deficit funzionali. Gli
enzimi, per esempio, vengono continuamente sintetizzati e le molecole danneggiate
vengono sostituite rapidamente dalla cellula. Il motivo per cui un danneggiamento del
DNA può compromettere la sopravvivenza della cellula e la sua replicazione, è che il
genoma totale è unico in ciascuna cellula. La molecola contiene una ridondanza di
informazione molto limitata, e un danneggiamento irreversibile, se avviene, può
comportare una perdita di capacità di codificazione genetica, vitale per il funzionamento
della cellula e per la sua sopravvivenza. In altri termini, se viene danneggiato un enzima
intracellulare essenziale nel metabolismo cellulare, per esempio una grossa molecola
proteica, la cellula la rimpiazza poiché è in grado di rinnovare con continuità importanti
molecole biologiche grazie all’informazione codificata contenuta nella molecola DNA. Se
è il DNA stesso ad essere danneggiato, può non è possibile riparlo.
Azione indiretta
Come già detto, in questo caso sono i radicali prodotti dall’acqua a indurre le modifiche
del DNA o di altre molecole biologiche. Anche in questo caso, per quanto detto prima,
sono le modifiche del DNA a pregiudicare la funzionalità della cellula. Ad es. il radicale
OH è un potente ossidante in grado di trasformare un substrato organico S secondo lo
schema generale
OH + S  OH- + S+
Invece, gli atomi di idrogeno reagiscono con l’ossigeno molecolare formando un altro
radicale altamente reattivo, idroperossile:
H + O2 → HO2
che a sua volta reagisce con le molecole biologiche. Oppure gli atomi di idrogeno si
comportano da specie riducenti nei confronti di substrati organici.
In ogni caso si ha una alterazione della struttura molecolare delle molecole biologiche
coinvolte. Oltre a DNA e proteine, questo tipo di attacco può anche danneggiare gli acidi
grassi insaturi presenti nei fosfolipidi delle membrane cellulari: tali acidi vengono
perossidati dai radicali in una reazione a catena di lipoperossidazione e il risultato finale
è che le membrane risultano fortemente danneggiate e perdono la loro permeabilità.
a sinistra e’ rappresentata una
membrana lipoproteica integra; a
destra e’ rappresentata la stessa
membrana dopo lipoperossidazione, in cui alcune catene di
acido grasso sono diventate
idrofile a seguito della perossidazione e si sono orientate verso
l’esterno, con apertura di falle.
Ovviamente, l’effetto risulterà drammatico negli organismi monocellulari , causandone
la morte. Per questo motivo le radiazioni ionizzanti (e in particolare i raggi gamma per
il loro alto potere penetrante) sono sfruttate per la sterilizzazione, per esempio, degli
oggetti monouso nelle pratiche ospedaliere (siringhe usa e getta), ma anche per
ridurre la carica microbica di poveri farmaceutiche fortemente contaminate dalla
preprazione.
Una persona adulta possiede circa 4⋅1013 cellule che differiscono tra loro sia per la
funzione che per le dimensioni. La maggior parte delle cellule è piccola (avendo
dimensioni dell’ordine di 10-3 cm), mentre ad esempio le cellule nervose possono
arrivare a lunghezze dell’ordine del metro. Le cellule possono essere divise in due
categorie: cellule somatiche e cellule germinali. Quasi tutte le cellule del corpo sono
cellule somatiche le quali costituiscono i vari organi, i tessuti e le altre strutture del
corpo. Le cellule germinali o gameti funzionano solo nella riproduzione della specie.
Nell’uomo vi sono 46 cromosomi in ogni cellula eccetto che nelle cellule germinali che
ne contengono 23, cioè la esatta metà. Nella mitosi ciascun cromosoma duplica
esattamente se stesso, in modo che le nuove cellule formate contengono ancora 46
cromosomi. Poiché il DNA cromosomico controlla la produzione di proteine da parte
della cellula, le due nuove cellule sono esatte repliche della cellula originaria. Dopo la
mitosi i cromosomi si disattorcigliano e tornano alla loro forma filamentosa. La
struttura delle cellule germinali è molto diversa da quella delle cellule somatiche: vi
sono cellule germinali diverse per i due sessi e nella riproduzione ciascuna di loro porta
i propri 23 cromosomi per dare origine allo zigote, la prima cellula del nuovo individuo,
anch’esso contenente 46 cromosomi.
Quando la radiazione distrugge direttamente o indirettamente una molecola di DNA in
un cromosoma, il risultato è una mutazione. Se questa mutazione avviene in una cellula
somatica di un individuo adulto, non si ha alcun effetto macroscopico, a meno che il
numero di molecole di DNA danneggiate non sia enorme (il ruolo del DNA è la
produzione di proteine necessarie al funzionamento e alla vita delle cellule). Se invece
la mutazione avviene in una cellula germinale, la cellula in questione in genere non è più
in grado di essere fertilizzata (questo è in fondo un meccanismo di autodifesa) ma se lo
è, la mutazione si trasferisce allo zigote e alla progenie.
Un altro effetto della radiazione sulle cellule somatiche è l’insorgenza del cancro, che
possiamo schematizzare come una divisione rapidissima ed incontrollata delle cellule.
Anche se l’origine del cancro a tutt’oggi non è nota, vi sono migliaia di prodotti chimici
oggi riconosciuti responsabili dell’insorgenza del cancro, detti pertanto cancerogeni.
Anche le radiazioni ionizzanti possono avere questo effetto. L’aspetto inusuale di questo
tipo di danno somatico è che può manifestarsi molto tempo dopo che la radiazione ha
agito, potendo addirittura iniziare dopo che le cellule si sono rinnovate per molte
generazioni. Poiché le cellule differiscono sia nella composizione che per il metabolismo
ad esse associato, il loro comportamento (ed il danno subito) nei confronti delle
radiazioni è diverso. Consideriamo per esempio l’irradiazione dell’intestino. Le pareti
dell’intestino, a continuo contatto con le scorie dei cibi e delle bevande, devono essere
periodicamente rinnovate mediante frequenti processi di mitosi. Come effetto dei
esposizione alle radiazioni, per dosi relativamente basse la riproduzione è rallentata ma
non si ha alcun effetto grave.
Se però la dose è superiore ad un valore di soglia, la superficie dell’intestino non è più in
grado di riprodursi e rinnovarsi in tempo e si hanno quindi lesioni ai tessuti, tali che i
fluidi contenuti nell’intestino possono fuoriuscire: batteri ed altri materiali tossici entrano
in circolo nel sangue e inducono gravi infezioni in tutto il corpo.
Midollo osseo e sangue. All’interno delle ossa si trova il midollo che può essere di
due tipi: giallo, che serve per l’accumulo dei grassi, e rosso che è deputato alla
formazione del sangue. Il sangue è composto di tre tipi principali di cellule: gli
eritrociti (globuli rossi), i leucociti (globuli bianchi) e le piastrine. I globuli rossi
sono i responsabili della alimentazione e ossigenazione delle altre cellule del corpo e
alla rimozione dei prodotti di rifiuto. I globuli bianchi hanno azione di difesa contro
le infezioni e le piastrine hanno azione coagulante. In caso di irraggiamento i primi
ad essere danneggiati sono i globuli bianchi, che diminuiscono in numero (leucopenia).
In caso di forte irraggiamento si ha anche una riduzione di piastrine (emorragie) e
successivamente di globuli rossi (anemia). Se non si è verificato contemporaneamente
un grave danno al midollo osseo, è possibile un recupero da parte dell’organismo in
quanto il midollo osseo può produrre nuove cellule che sostituiscono quelle distrutte. In
caso contrario il danno sarà permanente ed ovviamente irreversibile.
Sistema linfatico. Il sistema linfatico è costituito da una rete fittissima di capillari
all’interno dei tessuti, nei quali scorre un fluido (linfa) simile al plasma ma con minore
contenuto proteico. Nella linfa si raccolgono i prodotti di rifiuto dei tessuti che vengono
convogliati verso le ghiandole (linfonodi) dove sono eliminati per filtrazione: la linfa
ripulita passa di nuovo nel sangue. La milza ha la funzione principale di eliminare per
filtrazione le cellule morte del sangue e produrre leucociti.
Gli effetti di irraggiamento si manifestano con infezione dei linfonodi e
danneggiamento dei linfociti.
Apparato digerente. Per apparato digerente si intende quel complesso di organi che
vanno dalla bocca all’intestino. Le cellule localizzate sulle pareti secernono sostanze
che agiscono sul cibo in modo da renderne possibile l’assorbimento da parte del
sangue. L’intestino tenue è abbastanza radiosensibile, lo stomaco e l’esofago lo sono
molto meno. I primi effetti del danneggiamento sono secrezione anomala e
produzione discontinua di cellule. Le cellule morte possono portare ad occlusioni
intestinali. Si possono avere anche ulcerazioni delle pareti con conseguente
processo infettivo.
Apparato genitale. Il danneggiamento da radiazioni può avere effetti sia somatici
che ereditari. Come effetto somatico si ha la sterilità, permanente o meno (le femmine
sono più sensibili dei maschi). Come effetto genetico si possono avere, come già detto,
mutazioni che possono essere trasmesse alla specie nelle generazioni future.
Sistema nervoso. La colonna vertebrale ed i nervi periferici sono più radiosensibile
del cervello. Per dosi molto elevate si può verificare anche un danno strutturale
attraverso una carenza di rifornimento sanguigno (ischemia) conseguente al danno
subito dai vasi adduttori.
Tiroide e ghiandole pituitarie e surrenali. Esse regolano il metabolismo basale e
sono responsabili del meccanismo della crescita e dello sviluppo del corpo. Il danno
alla tiroide o alle altre ghiandole ha quindi conseguenze su tutto l’organismo. La
tiroide presente scarsa radiosensibilità, tranne che allo iodio che, per meccanismi
metabolici, si fissa su tale organo.
Occhio. il cristallino è suscettibile di un danno irreversibile conseguente a radiazioni in
quanto le sue cellule non si rigenerano. La retina invece è molto meno radiosensibile.
Effetto somatico tardivo è la cataratta, che si manifesta in quanto le cellule danneggiate
perdono la loro trasparenza e diventando alla fine completamente opache.
Polmoni. I polmoni sono organi costituiti da piccolissime cavità chiamate alveoli, che
durante la respirazione si dilatano e si restringono. In danno agli alveoli di regola
non avviene per irraggiamento esterno, bensì a seguito di contaminazione interna
conseguente ad inalazione di sostanze radioattive (Radon, polveri, vapori) tramite il
meccanismo della respirazione. Un danno di questo tipo è detto funzionale e
coinvolge tutto l’organismo.
Fegato. Fegato e cistifellea sono poco radiosensibili, pertanto il danneggiamento può
essere causato solo da radioisotopi che si concentrano nel fegato per irraggiamento
interno. Anche in questo caso tutto l’organismo viene coinvolto essendo il danno di tipo
funzionale.
Reni. In caso di irradiazione al corpo intero non sembrano sussistere pericoli di gravi
alterazioni di funzionamento dei reni.
Cuore e vasi sanguigni. Sono organi molto resistenti alle radiazioni, e possono essere
danneggiati solo a seguito di dosi elevatissime.
Cute. I vari strati della pelle mostrano una differente radiosensibilità: il danno è tanto più
elevato quanto meno penetranti sono le radiazioni. Di solito comunque la capacità di
riparazione del danno nel caso della pelle è elevata. Un leggero danno può portare solo
ad un arrossamento, una forte irradiazione può portare invece a neoplasia epiteliale.
Capelli. L’irradiazione può portare ad una perdita temporanea dei capelli, che dopo
poche settimane ricominciano a crescere, spesso con caratteristiche diverse.
Ossa. Le cellule delle ossa sono relativamente poco radiosensibili. Alte dosi possono
portare ad osteoporosi. Alcuni radioisotopi come lo stronzio e il plutonio introdotti
nell’organismo si fissano nel midollo e nel tessuto osseo: in tal caso il
danno può essere molto maggiore, con l’insorgenza di leucemia o di osteoneoplasia.
Ma quali sono veramente i rischi in condizioni ‘normali’?
Sorgente di rischio
Stima della riduzione
dell’aspettativa di vita in giorni
20 sigarette al giorni
2370
Sovrappeso del 20%
985
Incidenti di vario tipo
435
Consumo di alcolici (media su
consumo USA)
130
Affogamenti
41
Radiazione naturale di fondo
8
Catastrofi (terremoti ….)
3,5
Diagnostica raggi X
6
Dose occupazionali di 1 rem
1
Dose di 1 rem/y per 30 anni
30
VERIFICA LA TUA PREPARAZIONE
Dopo lo studio di questa unità dovrai essere in grado di:
· descrivere le caratteristiche principali del nucleo atomico e dei nucleoni (neutroni e
protoni);
· distinguere nucleo isotopi, isobari e isotoni;
· mettere in relazione l’energia del nucleo con il difetto di massa;
· commentare l’andamento dell’energia di legame media per nucleone;
· commentare la carta di stabilita’ dei nuclidi;
· descrivere i decadimenti radioattivi (alfa, beta e gamma), la loro energetica e velocita’
· definire e usare il tempo di dimezzamento;
· definire e usare le unita’ di misura in uso quando si parla di radioattivita’;
· riconoscere i tipi di reazione nucleare (fissione e fusione);
· descrivere gli aspetti principali di un reattore a fissione e il rischio associato a questa
tecnica di produzione dell’energia;
· descrivere il principio di funzionamento di un reattore a fusione;
. descrivere i principi di funzionamento degli ordigni nucleari
· descrivere i principali meccanismi di interazione della radiazione con la
materia
· descrivere gli effetti biologici principali
ESEMPI DI ESERCIZI
1 –Un isotopo del bismuto, 210Bi, è un emettitore alfa con un
tempo di dimezzamento di 5 giorni. Affinché il numero di nuclidi
instabili si riduca a un quarto del valore iniziale è quindi
necessario aspettare almeno:
5 giorni
10 giorni
4 giorni
20 giorni.
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2 – Quale delle seguenti affermazioni riferite alla energia di
legame media per nucleone dei nuclei è corretta?
 L’energia di legame media per nucleone assume i valori
massimi per nuclei molto leggeri, come idrogeno e deuterio.
 L’energia di legame media per nucleone assume i valori
massimi per nuclei molto pesanti, come l’uranio.
 L’energia di legame media per nucleone assume i valori
massimi in corrispondenza dei nuclei con numero di massa
intorno a 50-60, come l’isotopo 56 del ferro.
 La curva che rappresenta l’energia di legame media per
nucleone in funzione del numero di massa dei nuclidi cresce
linearmente con il numero di massa.
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3 – I nuclidi che hanno lo stesso numero di neutroni, ma un
diverso numero di protoni sono detti:
 isobari;
 isotopi;
 isomeri;
 isotoni.
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4 - L’energia associata al decadimento del alfa di 237Np è (4He:
M=4,002603; 233Pa: M= 233,0402402; 237Np M=237,0481673):
 4,959 MeV
 circa 4 eV
 4876 MeV
 5,3241
5 – Per l’arricchimento dell’uranio si sfrutta uno dei suo composti,
l’esafluoruro di uranio (UF6), perché:
 è questo il composto principale dell’uranio in natura;
 perché il fluoro è chimicamente inerte;
 perché è un solido che sublima facilmente (intorno a 60º C) e
quindi si può sfruttare la diversa velocità di diffusione di 235UF6 e
238UF gassosi;
6
 perché si può utilizzare negli spettrometri di massa.
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6 – Una reazione nucleare è accompagnata da una perdita di
massa di 0,001 u.m.a. Pertanto, l’energia liberata dal processo è:
 0,001 MeV.
 0,0486 joules
 0,9315 MeV
 1,60×10-13 joules
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7 – La trasmissione in funzione dello spessore di materiale
assorbente ha un andamento:
 simile per particelle alfa e protoni;
 simile per specie che hanno la stessa massa (come, ad
esempio, neutroni e protoni);
 simile per particelle beta e neutroni;
 simile per tutte le particelle.
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8 – Quando il fattore di moltiplicazione, k, che esprime il rapporto
fra il numero di neutroni generati nello stadio i+1 di fissione
dell’235U rispetto allo stadio i è minore di 1:
 non c’è reazione a catena perché la reazione non è in grado di
autoalimentarsi;
 la reazione a catena raggiunge uno stato stazionario;
 si raggiunge la cosiddetta condizione supercritica;
 cambia il meccanismo della reazione di fissione dell’uranio.
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