La mente nel corpo
II
Giacomo Romano
Dipartimento di Filosofia e Scienze Sociali
Università degli Studi di Siena, a. a. 2008/2009
Corso di Filosofia della Mente, II parte
15/12/08
Il compito della
selezione
• La selezione è fondamentale, ma
bisogna interpretare il suo ruolo non
in senso prescrittivo, quanto
proscrittivo: non necessariamente
filtra i tratti che determinano il
fenotipo più adatto, ma riduce la
possibilità che si sviluppino dei
caratteri inadatti all’ambiente
• Il risultato è che si possono
riscontrare dei tratti non
(necessariamente) adattivi
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L’evoluzione come
deriva naturale
1. Le unità base dell’evoluzione sono
reti che si possono autoorganizzare in una pluralità di
configurazioni possibili
2. I processi di sviluppo evolutivo,
procedendo in una dialettica con
l’ambiente, determinano varie
modificazioni possibili sul fenotipo
3. Non c’è una singola unità evolutiva,
ma l’evoluzione si articola in
maniera reticolare a più livelli
4. L’evoluzione si sviluppa in simbiosi 3
con l’ambiente
La deriva naturale
nell’ambiente
• La questione determinante
nell’evoluzione come deriva
naturale è il carattere dinamico
che l’ambiente vi svolge: questo
cambia come cambia il fenotipo
• Un fenotipo NON si deve adattare
all’ambiente: il fenotipo e
l’ambiente evolvono
simultaneamente, co-dipendono e
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si specificano reciprocamente
La co-determinazione tra
ambiente e organismi
• “E’ meglio … intendere i geni come
elementi che specificano ciò che va
fissato in un ambiente affinché
qualcosa possa svolgere la funzione
di gene, e cioè essere
predittivamente correlato a un
risultato. In ogni atto riproduttivo
coronato dal successo, un
organismo tramanda tanto i geni
quanto l’ambiente in cui tali geni
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sono inclusi.” (VTR: pp. 235-236)
Cognizione e
co-evoluzione
• Nei processi cognitivi l’evoluzione
non è determinante nel senso che
preme verso una ottimizzazione di
una certa funzione cognitiva, ma nel
senso che articola il rapporto tra
percezione e ambiente in modo tale
che le sue regolarità siano
modificate dall’azione percettiva; per
questo si parla di enazione. La
percezione non si limita ad elaborare
le regolarità di un ambiente
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(indipendente), ma lo plasma
Una versione della
psicologia ecologica?
• Si potrebbe forse tracciare un
parallelo tra la concezione ecologica
e anti-rappresentazionale della
cognizione di J. J. Gibson e
l’enazione?
• NO: per Gibson le affordances [!]
sono identificate grazie a delle
invarianze della luce ambientale,
nella prospettiva funzionale del
soggetto percettivo; non sono delle
modificazioni dell’ambiente
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Evoluzione ed enazione
• L’approccio cognitivo/enattivo si
coniuga con una concezione
dell’evoluzione intesa come deriva
naturale: la cognizione non è
risoluzione di problemi sulla base di
una rappresentazione, ma
determinazione di una dimensione
(anche ontologica) di mezzo tra
soggetto e mondo
• La scienza cognitiva enattiva
rappresenta una alternativa radicale
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La scienza cognitiva
enattiva
• Il compito della ricerca nella scienza
cognitiva è quello di rendere
trasparenti i meccanismi attraverso i
quali l’ accoppiamento tra regolarità
ambientali e regolarità sensomotorie
realmente si sviluppa (cfr. VTR: p.
243)
• La formulazione della strategia
enattiva può essere a questo punto
resa esplicita:
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Enattivismo cognitivo
• “La cognizione è enazione: una storia di
accoppiamento strutturale che produce
(enacts) un mondo.” (ibid.)
• La cognizione enattiva si sviluppa
“attraverso una rete che consiste di
numerosi livelli, a loro volta costituiti da
sottoreti sensomotorie interconnesse”
(ibid.)
• In quest’approccio un sistema cognitivo
funziona correttamente “… quando …
diventa parte di un mondo preesistente …o
ne forgia uno nuovo …” (ibid.)
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Un’applicazione
dell’enattivismo
• Il progetto di intelligenza artificiale
di Rodney Brooks (MIT) si fonda su
una concezione enattivista che fa a
meno di rappresentazioni e modelli
• Brooks ha programmato alcuni robot
(Creature) a muoversi in un ambiente
senza dotarli di un sistema di
controllo centrale, ma
semplicemente attivandoli
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Enattivismo ed
epistemologia
• La cognizione è un processo
complementare al mondo; ma
su questa concezione della
cognizione, come si erge la
nostra conoscenza?
• Sembra che non vi siano dei
fondamenti …
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Esperienza e conoscenza
senza fondamenti
• L’assenza di fondamenti stabili
per la nostra conoscenza pare
innegabile; il problema è essere
in grado di accettarla
• La filosofia occidentale non sa
rispondere a questo problema,
per quanto di ordine pratico …
• La tradizione Madhyamika, si …
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La tradizione buddhista
madhyamika di Nagarjuna
• Con questa particolare scuola
di pensiero si impara a
convivere con la vacuità
dell’esperienza e con la sua
origine codipendente legata al
senso del sé
• Questo atteggiamento è
consono all’ipotesi della
infondatezza epistemologica
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L’argomentazione di
Nagarjuna per la
codipendenza
• Per dimostrare l’infondatezza
del senso del sé così come di
una realtà indipendente
Nagarjuna ha dimostrato
l’assurdità di proprietà
intrinseche e di un soggetto
indipendente
• Che tutto è vacuo si scopre
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Madhyamika, mondo
fenomenico e verità ultima
• Con la pratica degli
insegnamenti della tradizione
Madhyamika non si raggiungono
convinzioni scettiche, ma due
tipi di verità: la verità relativa
fenomenica (samvrti) e la verità
ultima (paramartha), che è la
consapevolezza della vacuità
del mondo fenomenico
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Realtà quotidiana e
conoscenza
• La conoscenza della realtà
quotidiana si fonda sulle sue
regolarità e non è certo dismessa; di
essa con la pratica Madhyamika
bisogna solamente riconoscere
l’illusorietà
• Anche il cognitivismo enattivo non
nega la mente o la realtà: ne vuole
rimarcare l’infondatezza
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L’antifondazionalismo
occidentale
• Anche alcune recenti (’90)
prospettive filosofiche
occidentali sono antifondazionali: nel pensiero
debole e nel (neo)pragmatismo
si è insistito molto sul
nichilismo e sulla assenza di
convinzioni stabili
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Un antifondazionalismo
diverso
1. Non c’è un’alternativa alla assenza
di un sé e di un mondo
2. L’interpretazionismo assume una
prospettiva
3. L’antifondazionalismo è identificato
a livello teorico e in termini
•
negativi
La via buddhista invece fa
dell’assenza di fondamenti un
presupposto per vivere meglio, ma
senza rinnegarne l’aspetto
corporeo, la vita quotidiana
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Antifondazionalismo e
dualismo
• L’assenza di fondamenta si
sviluppa parallelamente al
radicamento della cognizione
nel corpo; ma se il dualismo tra
mente e corpo si dissolve, è
compensato da un’altra forma di
dualismo: quello tra esperienza
e corporeità
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Buddhismo, scienze
cognitive e dualismo
• “… nella comunicazione … fra scienza
cognitiva e tradizione della
consapevolezza e della presenza, abbiamo
sistematicamente affiancato la descrizione
dell’esperienza che ci viene dalla pratica
della consapevolezza e della presenza a
quella dell’architettura cognitiva derivata
dalla scienza della cognizione. …
un’adeguata comprensione di questo
doppio senso di corporeità fornisce una via
di mezzo o un entre-deux fra gli estremi
dell’assolutismo e del nichilismo.” (VTR: p.
277)
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