Tecniche IBA
(Ion Beam Analysis)
Cos’è l’Archeometria?
E’ l’area delle applicazioni delle discipline scientifiche,
inclusa la Fisica, che hanno come oggetto le misure
riferite a oggetti antichi.
In particolare, ma non esclusivamente, le datazioni.
I metodi di analisi fisiche devono essere non distruttivi
e perciò sono importanti alcuni metodi di Fisica atomica
(Ion Beam Analysis) e di Fisica nucleare.
Analisi di materiali - COME?
• analisi chimica
• spettrometrie nel visibile, I.R., U.V.
• tecniche “nucleari”:
tecniche di attivazione (con neutroni)
fluorescenza X (XRF)

Ion Beam Analysis
(PIXE, PIGE, RBS, ....)
Tecniche di
Ion Beam Analysis
• insieme di metodologie della fisica nucleare,
basate sull’uso di piccoli acceleratori di
particelle,
estremamente
efficaci
per
determinare la composizione di un qualsiasi
campione
Ion Beam Analysis (IBA)
rivelatore
1000
Si
Lapislazzuli
Conteggi
800
600
Al
400
S
200
Ca
Na
K
0
spettro di
energie
segnali
radiazione caratteristica
fascio di particelle
campione
Ion Beam Analysis – Il principio
raggio X
(PIXE)
a
particella
diffusa (RBS)
raggio g
(PIGE)
Ion Beam Analysis
• quantitativa, multi-elementale
• molto sensibile  veloce,
basse correnti di fascio  non distruttiva
• analisi di superficie (15-20 mm
tipicamente)
• micro-analisi
• fasci esterni
PIXE
La tecnica PIXE (Particle Induced X-ray Emission) è
una metodica analitica relativamente recente. È stata
introdotta dal Lund Institute of Technology nel 1970.
Nel 1970, infatti, Johansson et al. hanno dimostrato
che il bombardamento di un campione con un fascio di
protoni di pochi MeV genera l’emissione di raggi X
caratteristici e che questo fenomeno rappresenta la
base per una tecnica d’analisi molto sensibile. Questi
studi sono stati possibili grazie alla disponibilità dei
nuovi rivelatori al Si(Li), verso la fine degli anni ‘60,
che hanno permesso di fatto la rivelazione dei raggi X
caratteristici con una sufficiente risoluzione
energetica.
PIXE
PIXE
Processi di diseccitazione atomica
Efficienza di fluorescenza
PIXE
Principio dell’analisi
PIXE
• le energie degli elettroni nei diversi
livelli atomici sono caratteristiche di
ciascuna specie atomica
• dunque, anche le differenze tra di esse, cioè le
energie dei raggi X, sono caratteristiche della
specie atomica da cui sono emessi
 la rivelazione e classificazione delle energie X
permette di identificare e quantificare i differenti
elementi presenti nel campione-bersaglio del
fascio
PIXE
XRF
PIXE

Lo spot colpito dal fascio
protonico
ha
un'area
variabile tra 4 mm2 e pochi
µm,
mentre
lo
strato
interessato in profondità è di
circa 100 µm

L'informazione che si
ottiene dalla tecnica PIXE è
relativa
agli
elementi
presenti sulla superficie
del campione
Strumenti per la PIXE
•
Dal punto di vista tecnologico, gli strumenti
PIXE utilizzati in campo archeometrico sono
spesso assemblati in casa e hanno quindi una
diffusione commerciale limitata. Gli strumenti
da laboratorio (a lato) possono richiedere
dispositivi ingombranti e poco comuni
come un acceleratore di Van de Graaff
(sotto); gli strumenti portatili sono assai poco
diffusi (dx in basso) per le difficoltà tecniche
connesse con la loro realizzazione, per quanto
rappresentino una soluzione analitica con
potenzialità ineguagliabili per quanto riguarda
l’analisi elementare.
AGLAE: accélérateur Grand Louvre
d’Analyse Elémentaire
Laboratorio dei musei di Francia (Parigi)
AGLAE: accélérateur Grand Louvre
d’Analyse Elémentaire
Laboratorio dei Musei di Francia (Parigi)
Sorgenti per la produzione
di ioni, particelle alfa o
protoni
Acceleratore elettrostatico tandem (2•106 V)
Console di comando
Acceleratore del Laboratorio LABEC –
INFN di Firenze
Processo fisico e principio di applicazione
PIXE portatile
•
Titolo: Il sistema portatile PIXE-alfa
•
Autori: Pappalardo L. 1, Romano F.P. 1, Garraffo S. 1, de Sanoit J. 2, Marchetta C. 3,
PappalardoG. 3
Autori CNR: SALVATORE GARRAFFO , LIGHEA PAPPALARDO , FRANCESCO PAOLO ROMANO
Affiliazione autori:
1: CNR-Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali,Sezione di Catania 2: CEA-DIMRI,
Laboratoire Henri Becquerel, Saclay, Francia 3: INFN, Laboratori Nazionali del Sud, Catania
Anno: 2003
Area disciplina di riferimento: Spectroscopy/Instrumentation/Analytical Sciences
Descrizione sintetica:
Nel settore dei Beni Culturali la conoscenza della composizione chimica della superficie di
manufatti riveste un ruolo molto importante. Comunemente la loro caratterizzazione viene
effettuata mediante la tecnica PIXE da acceleratore. Nella presente ricerca viene presentato il
nuovo sistema portatile PIXE-alfa che attualmente è l'unico al mondo. Una accurata scelta di
materiali e lo studio di una geometria compatta ha permesso di progettare e realizzare tale
sistema, basato su una sorgente di particelle alfa di 210Po, 37 MBq di attività, assemblata in
una geometria anulare. Particolare attenzione è stata rivolta al confinamento del Po. Il
sistema offre la possibilità di analizzare elementi con Z>10. Alcune significative e recenti
applicazioni "in situ" del sistema sono state: 1. La misura del contenuto di As in vernici blu su
ceramica robbiana presso il Museo Nazionale del Bargello a Firenze 2. caratterizzazione di
pigmenti in alcuni pythoi al museo di Heraklion a Creta
•
•
•
•
•
•
•
Il sistema
portatile
PIXE-alfa
dei LNS
PIXE portatile
Perché la PIXE?
• Se la tecnica PIXE richiede strumentazioni costose ed ingombranti
per ottenere la stessa risposta analitica dell’XRF, che vantaggio c’è a
utilizzarla?
– limiti di rivelabilità più bassi
– migliore rapporto segnale/fondo
IMPIEGHI
• Identificazione di:
– inchiostri e pigmenti
– strati metallici
– gemme
in miniature, manoscritti, carta moneta, statuette, gioielli
• indagini di provenienza:
– pietre
– gemme
– ceramiche
• tecnologia di lavorazione dei metalli:
– saldature
– dorature
– leghe
PIXE: external
proton beam
FASCIO ESTERNO
•
•
•
•
facilità nel maneggiare e muovere il “bersaglio”
analisi di oggetti di qualunque dimensione
prelievi non necessari
riscaldamento trascurabile
nessun danno termico
nessun problema di disidratazione
Condizioni tipiche di misura
• fascio di protoni da 3 MeV nominali
• correnti dai pA a meno di 1 nA
(a seconda del tipo di applicazione)
• durata di una misura dalle decine di
secondi a qualche minuto
Applicazioni della PIXE
Università degli Studi di Milano - Istituto di Fisica Generale Applicata
Applicazioni della PIXE
• Essendo una tecnica
di analisi elementare,
le
applicazioni
principali sono nella
caratterizzazione
di
oggetti metallici, in
vetro o in ceramica
Analisi del “Ritratto di fanciullo” di Luca Della
Robbia – prima del restauro all’Opificio delle
Pietre Dure di Firenze
(terrecotte invetriate)
Analisi di miniature
Analisi di miniature
Misure PIXE in fascio esterno sono state effettuate su
centinaia di miniature, tratte da manoscritti o frammenti
risalenti al periodo XII-XV secolo.
Obiettivi di tale lavoro erano quelli
di costruire un soddisfacente
database per gli elementi utilizzati
nei diversi pigmenti, stabilire trend
cronologici nell'utilizzo di vari
materiali per i colori, dedurre alcune
informazioni sulle vie dei commerci
per le materie prime, confermare
oppure no l'attribuzione delle opere
analizzate ad un artista.
Miniatura inizio XII secolo
Miniatura inizio XII secolo
Miniatura fine XII secolo
Miniatura
da una
Bibbia del
XIII secolo
Frontespizio
Pl.16,22
(XV secolo)
Caratterizzazione di pigmenti
•
Analogamente alla tecnica XRF, la PIXE può essere impiegata nella
caratterizzazione di pigmenti o coloranti, per la cui identificazione può
essere sufficiente la determinazione dei principali elementi presenti nel
composto. Nella figura è riportato lo spettro PIXE
– di un campione di lapislazzuli (3Na2O * 3Al2 O3 * 6SiO2 * Na2 S);
– di un campione di azzurrite (2CuCO3·Cu(OH)2).
l'identificazione
avviene attraverso il
riconoscimento
qualitativo
degli
elementi principali
presenti e della loro
concentrazione
relativa:
 Na, Al, Si e S
 Cu

Misure con PIXE sui
manoscritti - tempere blu
• uso esteso del lapislazzulo fin dal secolo XII
• probabilmente il carattere “sacro” del
contenuto dei testi implicava l’uso di un
materiale prezioso, indipendentemente dal
valore artistico della decorazione
• il carattere quantitativo delle misure consente
una differenziazione fra i differenti tipi di
lapislazzulo
Analisi di inchiostri in manoscritti di
interesse storico.
• L'altissima
capacità
di
risoluzione della tecnica PIXE la
rende particolarmente adatta
all'analisi
di
pigmenti
e
inchiostri su manoscritti, nella
quale è necessario riuscire a
discriminare tratti o zone
pigmentate molto ravvicinati.
• Un'ulteriore caratteristica della
PIXE è che il fascio protonico
può essere utilizzato per fare
una scansione sul campione in
due dimensioni, in modo da
fornire le distribuzioni spaziali
degli elementi presenti e quindi
studiare
come
le
loro
concentrazioni variano sulla
superficie.
Gli scritti di Galileo
•
Uno studio archeometrico molto interessante riguarda gli scritti di Galileo Galilei conservati
nella Biblioteca Nazionale di Firenze e noti come Manoscritti Galileiani (Ms. Gal.). Essi
sono databili globalmente a cavallo del XVII secolo, ma ricostruirne l’esatta
sequenza temporale è importante per gli studiosi di Galileo che vogliano capire lo
sviluppo del suo pensiero scientifico.
Gli scritti di Galileo
•
Molti fogli non sono datati; tra questi ha particolare importanza il trattato sul moto
naturale (Ms. Gal. 72, slide precedente); altri invece hanno chiari riferimenti
temporali come l’agenda personale (Ms. Gal. 26, sotto). Sfruttando questi riferimenti,
anche sulla base di evidenze stilistiche, è possibile ricostruire la sequenza correlando la
composizione dell’inchiostro di un documento incognito con quella di altri documenti datati.
Spesso
Galileo
scriveva
delle note
su altri
appunti
anche anni
dopo!
Gli scritti di
Galileo
• Sequenze di
numeri e calcoli
apparentemente
senza nesso
Gli scritti di Galileo : cronologia
degli scritti
•
•
•
•
In particolare, è possibile determinare due
cronologie:
– cronologia relativa dal confronto degli
inchiostri in fogli diversi o in parti diverse
all’interno dello stesso foglio
– cronologia assoluta dal confronto degli
inchiostri dei fogli con quelli di documenti
datati (lettere, agenda personale)
In collaborazione con storici italiani e stranieri, il
lavoro archeometrico è stato effettuato da
ricercatori dell’Università di Firenze per
determinare la distribuzione elementare degli
inchiostri.
Grazie all’elevata sensibilità e capacità di
risoluzione, la PIXE è particolarmente idonea a
studi di questo tipo dove è necessario poter
distinguere punti distanti tra loro frazioni di mm.
Gli inchiostri usati da Galileo sono metallogallici,
quindi a base tanninica con sali di ferro o zinco e
tracce di elementi metallici che possono essere
rivelate dalla PIXE.
Gli scritti di Galileo: risultati delle
analisi
• I requisiti necessari per il lavoro di
riordino temporale sono due:
1. si possa dimostrare l’esistenza di periodi durante i
quali sia stata utilizzata una sola sorgente di
inchiostro
2. i profili elementari determinati con la PIXE siano
sufficientemente consistenti all’interno di un periodo
ma sufficientemente diversi da periodo a periodo:
l’inchiostro ai tempi di Galileo era sicuramente fatto
in casa e quindi è ragionevole aspettarsi che almeno
i rapporti quantitativi fra gli ingredienti variassero da
una partita di inchiostro all’altra
L’analisi dei manoscritti datati ha confermato che
questi requisiti sono soddisfatti. Un esempio è
rappresentato dal Ms. Gal. 14 che è costituito da
diciassette lettere datate tra il 1600 e il 1636:
sottoposto ad analisi PIXE esso ha mostrato
l’esistenza di segmenti temporali omogenei, in cui
la distribuzione degli elementi K, Fe, Cu, Zn, Pb e Ni
è costante e differente da uno all’altro.
Gli scritti di Galileo: risultati
delle analisi
Gli scritti di Galileo: risultati delle
analisi
Analisi di dipinti su tavola o tela
PIXE differenziale
Analisi su un dipinto
“Paint layer studies using PIXE and RBS on air”
Wagner, W.; Neelmeijer, C.; Schramm, H.-P.
Un’applicazione di questa tecnica è
mostrata sul dipinto i 14 Santi Ausiliatori
di Lucas Cranach il Vecchio, sottoposto
ad analisi PIXE: lo spettro risultante dalla
caratterizzazione di un pigmento rosso con
protoni a due energie diverse rivela la
presenza di Cinabro in superficie e di
Bianco piombo (o meno probabilmente
Minio) nello strato sottostante.
4
2
2MeV
CINABRO
BIANCO DI PIOMBO
CALCE
4MeV
Caratteristiche tecniche PIXE
Caratteristiche della tecnica di spettroscopia PIXE
Tecnica distruttiva
No
Informazione fornita
Si determinano elementi
Tipo di campioni analizzabili
Liquidi e solidi
Possibilità di analisi in situ
Sì, con nuovi strumenti portatili molto
costosi
Possibilità di analisi senza prelievo di campione
Sì
Risoluzione spaziale
Ottima
Porzione del campione analizzato
Analisi superficiale del campione (leggermente
in profondità variando energia)
Espressione dei risultati
Spettro di concentrazione e energia:
elementi
Sensibilità
Ottima
Materiali analizzabili
Tutti quelli a base inorganica, alcuni
organici
Costo
Molto elevato
CONFRONTO PIXE E XRF
PIXE
XRF
PIXE: Migliore sensibilità ad elementi leggeri
PIXE and XRF comparison for applications to sediments analysis
F. Benydich a,*, A. Makhtari a, L. Torrisi b, G. Foti ’
Principi dell’analisi PIGE
• Per gli elementi a Z minore, le particelle del fascio si
possono avvicinare di più al nucleo bersaglio
(repulsione coulombiana meno forte)
• Le forze nucleari (a corto range) possono perciò
entrare in gioco
• Di conseguenza il nucleo bersaglio risulta eccitato
• La diseccitazione del
emissione di un raggio g.
nucleo
avviene
tramite
Principi dell’analisi PIGE
La tecnica PIGE consiste nella misura dell’energia dei
raggi gamma emessi dai nuclei.
Tali
energie
emettitori
sono
e
determinazione
caratteristiche
possono
essere
quantitativa
chimica del campione.
degli
utilizzate
della
elementi
per
la
composizione
Applicazioni PIGE
Per rivelare la presenza del lapislazzuli in pitture su carta, quali le miniature, da
anni è stato ampiamente dimostrato che la tecnica PIXE è particolarmente
efficiente, fornendo in tempi rapidissimi (dell’ordine del minuto) una risposta chiara
e quantitativa, senza necessità di prelievi e senza arrecare alcun danno. La
possibilità di identificare il lapislazzuli con PIXE in dipinti a olio su tela o tavola,
invece, specialmente quando il pigmento è schiarito mescolandolo al bianco di
piombo 2PbCO3Pb(OH)2, come spesso avviene, è limitata da diversi fattori:
forte assorbimento dei raggi X di bassa energia degli elementi leggeri nella
vernice protettiva e nello stesso strato pittorico;
sovrapposizione delle righe M del Pb con le K dello S;
Al e Si potrebbero derivare da molti altri pigmenti, aggiunti per modificare la
tonalità cromatica.
Misure PIGE (Particle-Induced Gamma-ray Emission) per
identificare il lapislazzuli rivelando i raggi g da 441 keV del
Na emessi a seguito della reazione (p,p’g)
Sono state effettuate misure con le
tecniche PIXE e PIGE, nelle quali si
è posta particolare attenzione alla
caratterizzazione dei pigmenti blu.
Gli strati pittorici erano protetti da
una vernice trasparente che non
era consentito rimuovere. Questo
fatto, insieme alla presenza di
grosse quantità di bianco di piombo
nella miscela del colore, rendeva la
rivelazione con PIXE degli elementi
leggeri praticamente impossibile.
Madonna dei Fusi di
Leonardo
Nell’analisi PIXE delle aree blu si sono trovati
due tipi di miscele:
Aree restaurate
Aree originali
Grosse quantità di Zn e Co:
indicano la presenza di bianco
di zinco e blu di cobalto
(pigmenti
usati
soltanto
dall’inizio del XIX secolo).
Grossa quantità di Pb, chiaramente
associabile a bianco di piombo.
Nessun elemento che si possa
attribuire a un pigmento blu (come
potrebbe essere il Cu per l’azzurrite).
L’uso di lapislazzuli per queste zone
si può solo arguire indirettamente.
Misure PIGE hanno invece permesso di evidenziare
positivamente la presenza di lapislazzuli, grazie alla
rivelazione dei gamma di 441 keV del Na.
Piramide di Cheope
• La tecnica PIGE ha rivelato e quantificato la presenza di elementi
leggeri quali ferro, sodio, magnesio, alluminio, silicio,
specialmente presenti nella zona esterna dei blocchi della piramide,
cosa che si è ritenuto indicasse l’utilizzo di un composto per favorire la
solidificazione della pietra calcarea.
• La tecnica PIXE ha invece rivelato elementi quali calcio (Ca),
stronzio (Sr) e arsenico (As).
• La tecnica NMR ha infine rivelato la presenza di alluminio (27Al) e di
silicio (29Si).
• Applications of nuclear physics in archaeology
– Guy DEMORTIER, Emeritus Professor, University of Namur
– 61, rue de Bruxelles, B-5000 Namur (Belgium)
– [email protected]
Piramide di Cheope
Queste valutazioni scientifiche, congiuntamente ad altre di carattere storico,
archeologico e sulla base di testi scritti da Erodoto, hanno portato a formulare una
nuova e rivoluzionaria teoria sulla costruzione della piramide di Cheope: i blocchi
che costituiscono tale piramide non sarebbero stati ricavati da una cava e
trasportati per poi impilarli al fine di costruire il monumento, ma bensì sarebbero,
secondo tale teoria, frutto di colate in stampi rettangolari. In tal modo il mattone
sarebbe stato colato in loco, anziché costruito, trasportato ed infine posizionato e
fissato. Ciò sembra concordare con un calcolo approssimativo della velocità di
costruzione della piramide, nonché con la conformazione stessa dei diversi blocchi
che la costituiscono.
Principi dell’analisi BS - I
In una collisione elastica di una particella del
fascio con un nucleo del bersaglio la particella
viene deflessa
Per collisioni con nuclei di una data massa M, al
diminuire del parametro d’urto :
l’angolo di scattering cresce (fino ad avere
backscattering)
l’energia residua della particella è minore
Principi dell’analisi BS - II
Per un dato angolo di scattering q, l’energia E1 della
particella del fascio (di massa m) dopo la collisione
dipende solo dalla massa M del nucleo bersaglio:
energia minore dopo collisioni con nuclei
più leggeri
energia maggiore dopo collisioni con nuclei
più pesanti
 M 2



2

 sin   cos  


 m


E1  E 0 
2
M 
  1
m

2
Esempio di spettro RBS (simulazione)
protoni 3 MeV su un target infinitamente sottile con elementi vari
q = 170°, risoluzione rivelatore (irrealistica) 1 keV FWHM
Si noti (C, Si, S, Ca,
Fe, Cu) la rivelazione
dei diversi isotopi
dello stesso elemento
Esempio di spettro RBS (simulazione)
stesso target, fascio (protoni) e geometria di misura del precedente, ma
con risoluzione rivelatore (realistica) 10 keV FWHM
Esempio di spettro RBS (simulazione)
alfa
3 MeV su un target infinitamente sottile con elementi vari
q = 170°, risoluzione rivelatore (irrealistica) 1 keV FWHM
Si noti, nel confronto con
l’analogo ottenuto con
fascio di protoni (due
slides prima), che la scala
di energia è diversa.
La separazione
masse è migliore
fra
le
Esempio di spettro RBS (simulazione)
stesso target, fascio (alfa) e geometria di misura del precedente, ma
con risoluzione rivelatore (realistica) 15 keV FWHM
Principi dell’analisi BS - III
Prima di subire una collisione con un nucleo, le particelle del
fascio penetrano nel bersaglio perdendo progressivamente
energia a causa delle interazioni con gli elettroni. Anche dopo
l’urto, la particella retrodiffusa perde energia prima di
“uscire” all’indietro verso il rivelatore
l’energia misurata di una particella diffusa dipende dunque
anche dalla profondità alla quale è avvenuta la collisione
IN CONCLUSIONE
lo spettro di energia delle particelle diffuse
fornisce informazioni sulla composizione del
bersaglio e sulla distribuzione degli elementi in
funzione della profondità
Simulazione di spettro RBS ottenuto con
alfa da 3 MeV su un campione spesso
Bulk di Cu ricoperto
con doratura di 0.1 mm
di spessore
q = 170°, risoluzione
15 keV FWHM
Simulazione di spettro RBS ottenuto con
alfa da 3 MeV su un campione spesso
Bulk di Cu ricoperto
con doratura di 1 mm
di spessore
q = 170°, risoluzione
15 keV FWHM
Dalla larghezza del
“picco” dell’oro si
determina lo spessore
della doratura (in
quanto il dE/dx è
noto)
Simulazione di spettro RBS ottenuto con
alfa da 3 MeV su un campione spesso
Carta spessa con strato
di FeSO4 in superficie,
di 2 mm di spessore
q = 170°, risoluzione
15 keV FWHM
Si noti il contributo
dell’ossigeno allo
spettro, che deriva sia
dall’ossigeno nel
solfato (in superficie)
che da quello nella
cellulosa della carta.
Simulazione di spettro RBS ottenuto con
alfa da 3 MeV su un campione spesso
Carta spessa con strato
di grafite (tratto di
matita) in superficie,
di 1 mm di spessore
q = 170°, risoluzione
15 keV FWHM
Si noti il contributo
del carbonio allo
spettro, che deriva sia
dal carbonio della
grafite (in superficie)
che da quello nella
cellulosa della carta.
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