Master Class 20-23 aprile 15
Giacomo Leopardi
Profilo biografico
Geografia e storia
Nascita a Recanati il 29 giugno 1798
La famiglia:
• Monaldo Leopardi (1776-1847)
• Adelaide degli Antici (1778-1857)
• I fratelli prediletti (Carlo e Paolina) e gli altri (Luigi e
Pierfrancesco; Luigi, Francesco Saverio, Raimondo,
Giuseppe e Ignazio)
L’ambiente culturale romagnolo e marchigiano:
• Francesco Cassi (1778-1846)
• Giulio Perticari (1779-1822)
• Bartolomeo Borghesi (1781-1860)
• Dionigi Strocchi (1762-1860)
Recanati
… ma che crede Ella mai? Che la Marca e ’l mezzogiorno
dello Stato Romano sia come la Romagna e ’l settentrione
d’Italia? Costì il nome di letteratura si sente spessissimo:
costì giornali accademie conversazioni librai in grandissimo
numero. … Qui, amabilissimo Signore mio, tutto è morte,
tutto è insensataggine e stupidità. Si meravigliano i
forestieri di questo silenzio, di questo sonno universale.
Letteratura è vocabolo inudito.
(Lettera a Pietro Giordani, 30 aprile 1817)
La giovinezza tra filologia e erudizione
 1811: versione in ottave dell’Ars poetica di Orazio
 1811-1812: tragedie La virtù indiana e Pompeo in Egitto; 23
dissertazioni filosofiche di tema fisico, metafisico e morale
 1813: Storia della Astronomia dalla sua origine fino all’anno
MDCCCXI (ed. 1880)
 1814: studio di Esichio Milesio, Porfirio e dei Retori
 1814-1815: indagini sui frammenti dei padri greci e sugli scrittori di
storia ecclesiastica
 1815: Saggio sopra gli errori popolari degli antichi (ed. 1846);
traduzione degli Idilli di Mosco (ed. 1816) e della Batracomiomachia
(ed. 1816)
 1816: Notizie istoriche e geografiche sulla città e chiesa di Damiata
(ed. 1816); Della fama di Orazio presso gli antichi (ed. 1816);
traduzioni di Frontone, primo libro dell’Odissea, secondo libro
dell’Eneide
 1817: traduzione della Titanomachia di Esiodo e dei frammenti di
Dionigi di Alicarnasso
Lo studio «matto e disperatissimo»
… in somma io mi sono rovinato con sette anni di studio
matto e disperatissimo in quel tempo che mi s’andava
formando e mi si doveva assodare la complessione. E mi
sono rovinato infelicemente e senza rimedio per tutta la
vita, e rendutomi l’aspetto miserabile, e dispregevolissima
tutta quella gran parte dell’uomo, che è la sola a cui
guardino i più; e coi più bisogna conversare in questo
mondo.
(Lettera a Pietro Giordani, 2 marzo 1818)
Dall’erudizione al bello
Le circostanze mi avevan dato allo studio delle lingue, e
della filologia antica. Ciò formava tutto il mio gusto: io
disprezzava quindi la poesia. Certo non mancava
d’immaginazione, ma non credetti d’esser poeta, se non
dopo letti parecchi poeti greci. … Il mio passaggio però
dall’erudizione al bello non fu subitaneo, ma gradato, cioè
cominciando a notar negli antichi e negli studi miei qualche
cosa più di prima.
Io sono andato un pezzo in traccia della erudizione più
pellegrina e recondita, e dai 13 anni ai 17 ho dato dentro a
questo studio profondamente … È un anno e mezzo che io
quasi senza avvedermene mi son dato alle lettere belle che
prima non curava.
(Zibaldone, 1741, 19 sett. 1821; Lettera a Pietro Giordani, 30 maggio 1817)
La scelta antiromantica/1
Scintilla celeste, e impulso soprumano vuolsi a fare un
sommo poeta, non studio di autori, e disaminamento di
gusti stranieri. O noi sentiamo l’ardore di quella divina
scintilla, e la forza di quel vivissimo impulso, o non lo
sentiamo. Se sì, un soverchio studio delle letterature
straniere non può servire ad altro che ad impedirci di
pensare, e di creare di per noi stessi: se no, tutti gli scrittori
del mondo non ci faranno poeti in dispetto della natura.
Ricordiamoci … che il più grande di tutti i poeti è il più
antico, il quale non ha avuto modelli, che Dante sarà
sempre imitato, agguagliato non mai, e che noi non
abbiamo mai potuto pareggiare gli antichi … perché essi
quando voleano descrivere il cielo, il mare, le campagne, si
metteano ad osservarle, e noi pigliamo in mano un poeta, e
quando voleano ritrarre una passione s’immaginavano di
sentirla, e noi ci facciamo a leggere una tragedia, e quando
La scelta antiromantica/2
voleano parlare dell’universo vi pensavano sopra, e noi
pensiamo sopra il modo in che essi ne hanno parlato; e
questo perché essi e imprimamente i Greci non aveano
modelli, o non ne faceano uso, e noi non pure ne abbiamo,
e ce ne gioviamo, ma non sappiamo farne mai senza, onde
quasi tutti gli scritti nostri sono copie di altre copie, ed ecco
perché sì pochi sono gli scrittori originali, ed ecco perché
c’inonda una piena d’idee e di frasi comuni, ed ecco perché
il nostro terreno è fatto sterile e non produce più nulla di
nuovo.
(Lettera ai Sigg. compilatori della «Biblioteca Italiana», 18
luglio 1816).
Gli esordi poetici
1816:
 Le rimembranze (idillio in sciolti, presto rigettato)
 Inno a Nettuno (lo finge tradotto dal greco)
 Appressamento della morte (cinque canti in terzine, ed.
1880)
1817:
 Sonetti in persona di ser Pecora fiorentino beccaio
 avvio dello Zibaldone
 Memorie del primo amore e Elegia I (nei Canti, col titolo
Il primo amore)
1818:
 Discorso di un Italiano intorno alla poesia romantica
 All’Italia e Sopra il monumento di Dante
Il pessimismo
Nella carriera poetica il mio spirito ha percorso lo stesso
stadio che lo spirito umano in generale. Da principio il mio
forte era la fantasia, e i miei versi erano pieni d’immagini, e
delle mie letture poetiche io cercava sempre di profittare
riguardo alla immaginazione. … In somma il mio stato era
allora in tutto e per tutto come quello degli antichi. … La
mutazione totale in me, e il passaggio dallo stato antico al
moderno, seguì si può dire dentro un anno, cioè nel 1819
dove privato dell’uso della vista, e della continua
distrazione della lettura, cominciai a sentire la mia infelicità
in un modo assai più tenebroso, cominciai ad abbandonar
la speranza, e riflettere profondamente sopra le cose …, a
divenir filosofo di professione (di poeta ch’io era), a sentire
l’infelicità certa del mondo …
(Zibaldone, 143-144, 1 luglio 1820)
Il linguaggio del «bello» e del «vero»
I sei idilli in endecasillabi sciolti del 1819-1821:
 L’infinito (primavera-autunno 1819);
 La ricordanza (1819; dal 1831 Alla luna, i vv. 13-14 aggiunti nell’ed. 1845);
 Lo spavento notturno (1819, dal 1835 nei Canti come Frammento XXXVII);
 La sera del giorno festivo (1820, dal 1835 La sera del dì di festa);
 Il sogno (fine 1820-inizi 1821);
 La vita solitaria (estate-autunno 1821)
Le otto canzoni del 1820-1823:
 Ad Angelo Mai
 Nelle nozze della sorella Paolina
 A un vincitore nel pallone
 Bruto minore
 Alla Primavera o delle favole antiche
 Ultimo canto di Saffo
 Inno ai Patriarchi o dei principii del genere umano
 Alla sua donna
L’esperienza romana
17 novembre 1822 – 3 maggio 1823
 L’isolamento
 La rinascita degli interessi filologici (Notae al De re
publica di Cicerone; Annotazioni sopra la Cronica
d’Eusebio)
 Il rifiuto della collaborazione alle Effemeridi letterarie
(traduzione di Platone)
 La fallita ricerca di un impiego
Le ragioni della libertà personale
In somma è quasi certo che s’io avessi voluto farmi prelato,
tu fra poco avresti sentito che tuo fratello in mantelletta se
n’andava a governare una provincia. … Io mi diedi
un’occhiata d’intorno, e conchiusi di non volerne saper
niente. Le ragioni, che ti potrei dire, son molte: io credo che
tu convenga con me; in caso diverso, assicurati almeno
che io non presi questa risoluzione per irresoluzione e poco
coraggio: ma perché da molto tempo, e prima di venir qua,
e molto più dopo venuto, io ho fatto questa deliberazione
che la mia vita debba essere più indipendente che sia
possibile, e che la mia felicità non possa consistere in altro
che nel fare il mio comodo. La mia natura porta così, e me
ne sono accertato per tante esperienze che non ne posso
più dubitare.
(Lettera al fratello Carlo, 22 marzo 1823)
Il rientro a Recanati e le Operette morali
 Edizione delle Canzoni (Bologna, Nobili, 1824)
 Stesura delle prime 20 Operette morali, Recanati 19 gennaio-16
novembre 1824
In questi giorni, quasi per vendicarmi del mondo, e quasi anche della
virtù, ho immaginato e abbozzato certe prosette satiriche.
In quel ms. consiste, si può dire, il frutto della mia vita finora passata, e
io l’ho più caro de’ miei occhi.
... vera prosa bella italiana … inaffettata, fluida, armoniosa, propria,
ricca, efficace, evidente, pura …
(Lettera a Pietro Giordani, 4 settembre 1820; Lettera ad Antonio
Fortunato Stella, 12 marzo 1826; Disegni letterari, III 4, del 1819-1820)
Una voce isolata
• «dialoghi satirici alla maniera di Luciano … ma tolti i
personaggi e il ridicolo dai costumi presenti o moderni»
• ambientati «non tanto tra morti, giacché di Dialoghi de’
morti c’è molta abbondanza, quanto tra personaggi che
si fingano vivi, ed anche volendo fra animali»
• intento di dare all’Italia «un saggio del suo vero
linguaggio comico»
(Disegni letterari, III, 1819)
«… certe prosette satiriche»
• Dialogo … Filosofo greco, Murco senatore romano,
popolo romano, congiurati
• Dialogo tra due bestie
• Dialogo Galantuomo e Mondo
• Novella Senofonte e Niccolò Machiavello
Il ruolo del comico
«Ne’ miei dialoghi io cercherò di portar la commedia a quello che finora
è stato proprio della tragedia, cioè i vizi dei grandi, i principii
fondamentali delle calamità e della miseria umana, gli assurdi della
politica, le sconvenienze appartenenti alla morale universale, e alla
filosofia, l’andamento e lo spirito generale del secolo, la somma delle
cose, della società, della civiltà presente, le disgrazie e le rivoluzioni e
le condizioni del mondo, i vizi e le infamie non degli uomini, ma
dell’uomo, lo stato delle nazioni ec.»
«le armi del ridicolo, massime in questo ridicolissimo e freddissimo
tempo» giovano «più di quelle della passione, dell’affetto,
dell’immaginazione, dell’eloquenza; e anche più di quelle del
ragionamento»
«considerando meglio le cose, m’è paruto di aspettare»
(Zibaldone, 1393-1394, 27 luglio 1821; Lettera a Pietro Giordani, 6 agosto 1821)
Struttura del volume
1. Storia del genere umano
2. Dialogo d’Ercole e di Atlante
3. Dialogo della Moda e della Morte
4. Proposta di premi fatta dall’Accademia dei Sillografi
5. Dialogo di un Folletto e di uno Gnomo
6. Dialogo di Malambruno e di Farfarello
7. Dialogo della Natura e di un’Anima
8. Dialogo della Terra e della Luna
9. La scommessa di Prometeo
10. Dialogo di un Fisico e di un Metafisico
11. Dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio familiare
12. Dialogo della Natura e di un Islandese
13. Il Parini, ovvero della gloria
Struttura del volume
14. Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie
15. Detti memorabili di Filippo Ottonieri
16. Dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Gutierrez
17. Elogio degli uccelli
18. Cantico del gallo silvestre
19. Frammento apocrifo di Stratone da Lampsaco (1845)
20. Dialogo di Timandro e di Eleandro
21. Il Copernico. Dialogo (1845)
22. Dialogo di Plotino e di Porfirio (1845)
23. Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un
passeggere (1834)
24. Dialogo di Tristano e di un amico (1834)
----------------------- Dialogo di un lettore di umanità e di Sallustio
Tra Milano, Bologna e Firenze
Milano e la collaborazione con Antonio Fortunato Stella
 I falliti progetti dell’opera omnia di Cicerone e dei
moralisti greci tradotti
 Le Rime di Petrarca (ed. 1826), la Crestomazia
prosastica (ed. 1827), la Crestomazia poetica (ed. 1828)
Tra Bologna e Firenze
 La mancata collaborazione con l’Antologia di Viesseux
(marzo 1826)
 La conoscenza di Antonio Ranieri (giugno 1828)
Il «no» all’Antologia/1
Più volte ho pensato ad avere per corrispondente un
hermite des apennins, che dal fondo del suo romitorio
criticherebbe la stessa Antologia, flagellerebbe i nostri
pessimi costumi, i nostri metodi di educazione e di pubblica
istruzione, tutto ciò in fine che si può flagellare quando si
scrive sotto il peso di una doppia censura civile ed
ecclesiastica. … Voi sareste il romito degli Appennini.
La vostra idea dell’Hermite des Apennins, è opportunissima
in sé. Ma perché questo buon Romito potesse flagellare i
nostri costumi e le nostre istituzioni, converrebbe che prima
di ritirarsi nel suo romitorio, fosse vissuto nel mondo, e
avesse avuto parte non piccola e non accidentale nelle
cose della società. Ora questo non è il caso mio. La mia
Il «no» all’Antologia/2
vita, prima per necessità di circostanze e contro mia voglia,
poi per inclinazione nata dall’abito convertito in natura e
divenuto indelebile, è stata sempre, ed è, e sarà
perpetuamente
solitaria,
anche
in
mezzo
alla
conversazione … Da questa assuefazione e da questo
carattere nasce naturalmente che gli uomini sono a’ miei
occhi quello che sono in natura, cioè una menomissima
parte dell’universo, e che i miei rapporti con loro e i loro
rapporti scambievoli non m’interessano punto, e non
interessandomi,
non
gli
osservo
se
non
superficialissimamente. Però siate certo che nella filosofia
sociale io sono per ogni parte un vero ignorante.
(Corrispondenza tra Viesseux e Leopardi, 1-4 marzo 1826)
Rinasce la poesia: i canti pisano-recanatesi
Pisa (novembre 1827-aprile 1828)
Recanati (20 novembre 1828-29 aprile 1830)
Uno de’ maggiori frutti che io mi propongo e spero da’ miei versi, è che
essi riscaldino la mia vecchiezza col calore della mia gioventù; è di
assaporarli in quella età, e provar qualche reliquia de’ miei sentimenti
passati messa quivi entro, per conservarla e darle durata, quasi in
deposito …; oltre la rimembranza, il riflettere sopra quello ch’io fui, e
paragonarmi meco medesimo; e in fine il piacere che si prova in
gustare e apprezzare i propri lavori, e contemplare da se
compiacendosene, le bellezze e i pregi di un figliuolo proprio, non con
altra soddisfazione, che di aver fatta una cosa bella al mondo, sia essa
o non sia conosciuta per tale da altrui.
(Zibaldone, 4302, 15 febbraio 1828)
 Il risorgimento, A Silvia (inaugura la canzone libera)
 Le ricordanze, La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio, Il
canto notturno. A questa serie va annesso Il passero solitario
Firenze
Fino al 2 settembre 1833
 L’edizione Piatti dei Canti (1831): 23 liriche dal 1817 al
1830
 Il ciclo di Aspasia (concluso a Napoli: Il pensiero
dominante, Amore e Morte, Consalvo, A se stesso,
Aspasia)
 La stesura delle ultime due Operette (1832): Dialogo di
un venditore d’almanacchi e di un passeggere e Dialogo
di Tristano e di un amico (ed. Piatti 1834)
 L’esperimento dello Spettatore Fiorentino (maggio 1832)
Il progetto de Lo Spettatore Fiorentino
Se la natura del nostro Giornale è difficile a definire, non
così lo scopo. In questo non v’è misteri. Noi non miriamo
né all’aumento dell’industria, né al miglioramento degli
ordini sociali, né al perfezionamento dell’uomo. …
Confessiamo schiettamente che il nostro Giornale non avrà
nessuna utilità. E crediamo ragionevole che in un secolo in
cui tutti i libri, tutti i pezzi di carta stampata, tutti i fogliolini di
visita sono utili, venga fuori finalmente un Giornale che
faccia professione d’essere inutile. … Il nostro scopo
dunque non è giovare al mondo, ma dilettare quei pochi
che leggeranno. Lasciamo stare che lo scopo finale d’ogni
cosa utile essendo il piacere, il quale poi all’ultimo si ottiene
rarissime volte, la nostra privata opinione è che il
dilettevole sia più utile che l’utile. Noi abbiamo torto
certamente, poiché il secolo crede il contrario.
(Preambolo a Lo Spettatore Fiorentino)
Napoli
Fino alla morte, 14 giugno 1837
 I Paralipomeni della Batracomiomachia (poemetto di 8
canti di 375 ottave, avviato nel 1831; ed. Parigi 1842)
 Il progetto dell’opera omnia presso Saverio Starita (6
volumi, ma escono solo i Canti, ed. 1835, e il primo
volume delle Operette, ed. 1836)
 Il progetto dell’edizione parigina (e la cosiddetta «Starita
corretta»)
 La ginestra e Il tramonto della luna (ed. 1845)
 Le edizioni postume definitive di Canti e Operette morali
(Firenze 1845)
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Lettera a Pietro Giordani