IL SERVIZIO GIUSTIZIA. LO “STATO
DELL'ARTE”.
L'OROGRAFIA DELLA QUESTIONE:
ALCUNI DATI (Relazione Primo Presidente Cassazione,
Inaugurazione anno giudiziario 2010)
Dal rapporto Doing Business del 2009, molti Paesi europei risultavano tra i primi
50 (Germania 9°
posto, Francia 10°, Belgio 22°, Regno Unito 24°, Svizzera 32°), tranne la Spagna
che si attestava al 54° posto.
L’Italia, non solo non appariva in alcuna posizione competitiva al pari degli altri
Paesi europei, ma si
attestava oltre i primi 150, risultando ben 156° su 181, dopo Angola, Gabon,
Guinea, Sao Tome e prima di
Gibuti, Liberia, Sri Lanka, Trinidad.
Un anno dopo, la consueta classifica stilata dalla Banca mondiale non è meno
sconfortante.
La classifica del 2010 non mostra alcun miglioramento per l’Italia, che
resta al 156° posto.
Elenco dei Paesi “non distanti” dall’Italia
POSIZIONE PAESE TEMPO (GG.)
153 Gabon 1070
154 Guinea Bissau 1140
155 São Tome E Principe 1185
156 Italia 1210
157 Gibuti 1225
158 Liberia 1280
159 Slovenia 1290
160 Sri Lanka 1318
161 Trinidad E Tobago 1340
162 Colombia 1346
163 India 1420
164 Timor Est 1435
165 Bangladesh 1442
166 Afghanistan 1642
Fonte: Banca Mondiale, Doing business 2010.
LA SPESA PUBBLICA PER LA GIUSTIZIA
Si registra ancora una contrazione degli stanziamenti per la Giustizia, in
valore assoluto e in percentuale sul bilancio statale.
La spesa per abitante cala da 134 euro nel 2008 a 127 nel 2009, a 122
nel
2010.
L’incidenza sul bilancio dello Stato delle spese di Giustizia (solo spese di
Giustizia, non includendo le spese
per la Magistratura onoraria) oscilla, negli ultimi anni, dallo 0,07 % (del
2005), allo 0,10 % (del 2006), allo 0,08%
(del 2007) allo 0,06% (del 2008 e del 2009), allo 0,4 (del 2010).
RELAZIONE PRIMO PRESIDENTE DELLA
CORTE DI CASSAZIONE
INAUGURAZIONE ANNO GIUDIZIARIO 2012
LE COSE NON SONO CAMBIATE:
1. esigenza di adeguamento del sistema
giudiziario italiano alle indicazioni di
contenuto e alle sollecitazioni organizzative
che provengono dalle istituzioni
sovranazionali.
2. problemi annosi che lo appesantiscono sul
piano non solo dell’efficienza e dei tempi
della giustizia, ma anche su quello
dell’effettività delle garanzie, come emerge
dalle giurisprudenze delle Corti di
Lussemburgo e di Strasburgo:
TUTELA EFFETTIVA
ECCESSIVA DURATA
RESPONSABILITA’ CIVILE
CONDIZIONE CARCERI
Il 2011 è stato caratterizzato da eventi
giudiziari di particolare rilievo ed interesse,
che hanno contrassegnato le relazioni fra
ordinamento interno e ordinamenti
sovranazionali, con importanti accelerazioni di
integrazione e sinergia fra le Corti
IL “DIALOGO TRA CORTI”
GIUDICI ITALIANI
CORTE DI GIUSTIZIA
CORTE EDU
DIRITTO PENALE DELL’IMMIGRAZIONE: IL CASO EL
DRIDI
CORTE DI GIUSTIZIA – 2011 –
Direttiva 2008/115/CE del 16 dicembre 2008, recante
norme e procedure comuni applicabili negli Stati
membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui
soggiorno è irregolare (c.d. “direttiva rimpatri”), deve
essere interpretata nel senso che essa osta ad una
normativa interna che preveda l’irrogazione della
pena della reclusione al cittadino extracomunitario
per la semplice permanenza, senza giustificato
motivo, nel territorio dello Stato in violazione
dell’ordine di allontanamento adottato a suo carico
MANCATA TRASPOSIZIONE DELLA DIRETTIVA:
QUALI EFFETTI?
EFFETTI DIRETTI DI UNA NORMA EUROPEA
i singoli sono legittimati ad invocare, contro lo
Stato inadempiente, le disposizioni dell’atto
comunitario che appaiano, dal punto di vista
sostanziale, incondizionate e sufficientemente
precise
ARTT. 15-16 DIRETTIVA
Gli Stati membri non possono introdurre, al
fine di ovviare all’insuccesso delle misure
coercitive adottate per procedere
all’allontanamento coattivo, una pena
detentiva come quella prevista dall’art. 14,
comma 5-ter, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, solo
perché un cittadino di un Paese terzo, una
volta che gli è stato notificato un ordine di
lasciare il territorio nazionale e dopo che il
termine impartito con tale ordine è scaduto,
permane in maniera irregolare in detto territorio.
Siffatta pena detentiva, dunque, segnatamente
in ragione delle sue condizioni e modalità di
applicazione, rischia di compromettere la
realizzazione dell’obiettivo perseguito dalla
direttiva europea, ossia l’instaurazione di una
politica efficace di allontanamento e di rimpatrio
dei cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno sia
irregolare, nel rispetto però dei loro diritti
fondamentali.
IL GIUDICE DEVE NON APPLICARE LA NORMA
INTERNA
GLI EFFETTI “DI SISTEMA” DELLA DECISIONE DELLA
CORTE EUROPEA
“la pronunzia della Corte di giustizia che accerta
l’incompatibilità della norma incriminatrice con il
diritto europeo […] si incorpora nella norma stessa
e ne integra il precetto con efficacia immediata”,
così producendo “una sorta di abolitio criminis che
impone, in forza di interpretazione
costituzionalmente necessitata, di estendere a
siffatte situazioni di sopravvenuta inapplicabilità della
norma incriminatrice nazionale, la previsione
dell’art. 673 c.p.p.”
Cass. sez. I, n. 22105 del 28 aprile 2011
Con nota del 3 maggio 2011, il Procuratore
generale della Corte di cassazione ha invitato i
Procuratori generali presso le corti d'Appello
ad attivare la procedura prevista dagli artt.
665 e 673 c.p.p. al fine di revocare le
sentenze definitive di condanna per i reati di
cui all'art. 14, commi 5-ter e 5-quater d.lgs.
n. 286/1998 e, conseguentemente, ordinare la
scarcerazione dei detenuti.
QUALE CONCLUSIONE?
Ci troviamo di fronte ad un sistema
“integrato” di fonti costituzionali,
comunitarie e internazionali.
Ciò significa che il giudice è chiamato a
confrontarsi con una legislazione
dell’Unione, che è tenuto a conoscere e ad
applicare, in un continuo, indispensabile
dialogo, non più soltanto con la Corte
costituzionale, bensì, anche, con la Corte
di giustizia, nonché a ricercare
un’interpretazione convenzionalmente
orientata della norma interna, gravitante nel
sistema Cedu.
Rapporto della Commissione europea per l’efficacia
della giustizia (Cepej) 2010 (dati 2008)
L’Italia è al secondo posto per sopravvenienza di
nuovi procedimenti in primo grado (ben 2.842.668),
superata soltanto dai 10.164.000 procedimenti della
Russia, che però conta 143 milioni di abitanti.
La Francia e la Spagna, paesi ben più comparabili con
il nostro, accumulavano nello stesso anno oltre un
milione in meno di procedimenti (rispettivamente
1.774.350 e 1.620.717)50.
La classifica è identica per i processi civili
definiti e analoga per i procedimenti penali
avviati e portati a termine in quello stesso anno,
che furono rispettivamente 1.280.282 e
1.204.982, in Italia; 796.920 e 758.610 in
Turchia; 610.674 e 618.122 in Francia (che
sono i due Stati che ci seguono
immediatamente).
PARADOSSO
“i giudici italiani … hanno smaltito solo nel 2008
oltre un milione di cause in più dei loro
colleghi francesi e spagnoli”
incapacità strutturale di definire i processi in
tempi ragionevoli, nella pratica sistematica che
viola l’art. 6 Cedu.
I magistrati italiani, dunque, lavorano schiacciati
dalla montagna di quasi 9 milioni di cause
arretrate (5.5 milioni di cause civile, 3,4 milioni
di cause penali)
Altra singolare anomalia italiana che va posta in
evidenza, quella della quantità di avvocati: quasi
240.000, il maggior numero per abitanti in Europa:
soltanto gli avvocati di Rieti iscritti all’albo delle
giurisdizioni superiori sono 125 e superano il
numero di 103 avvocati ammessi al patrocinio
dinanzi alla Cour de Cassation e al Conseil d’État.
Dall’indagine Cepej 2010 risulta che il rapporto tra
giudice e avvocati è in Italia di 32,4 mentre in Francia
è di 8,254. Anche nel rapporto avvocati/abitanti, l’Italia
surclassa la Francia con 332 avvocati per 100.000
abitanti, contro 75,8 della Francia.
LA DURATA DEI PROCESSI
Art. 111 Cost.
La giurisdizione si attua mediante il giusto
processo regolato dalla legge.
Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le
parti, in condizioni di parità, davanti a giudice
terzo e imparziale. La legge ne assicura la
ragionevole durata.
(l. cost. 23 novembre 1999, n. 2)
- CARENZE D’ORGANICO
Su un organico nazionale di 10.109 posti, le
unità mancanti sono oggi 1.375, di cui 1.146
negli uffici giudiziari
- TEMPI DEI PROCESSI
GIUSTIZIA CIVILE
Nei giudizi di appello la durata media è
aumentata da 947 giorni nel 2010 a 1.032 nel
2011, con un incremento del 9%. Nei tribunali è
salita da 456 giorni nel 2010 a 470 giorni, con
un aumento del 3,1%. Davanti ai giudici di pace
è stata di 353 giorni, con un incremento
dell’11,3% rispetto ai 317 del 2010
QUANTO “COSTA” L’ECCESIVA DURATA DEI
PROCESSI?
NON SOLO RISPETTO ALLA TUTELA DEI
DIRITTI, MA ANCHE RISPETTO ALLA
PRODUTTIVITA’ ECONOMICA
L’ex Governatore della Banca d’Italia, Mario
Draghi, nelle Considerazioni finali all’assemblea
del 31 maggio 2011, ha sottolineato la
necessità che sia «affrontato alla radice il
problema di efficienza della giustizia civile:
la durata stimata dei processi ordinari in primo
grado supera i mille giorni e colloca l'Italia al
157esimo posto su 183 paesi nelle graduatorie
stilate dalla Banca mondiale […] L’incertezza
che ne deriva è un fattore potente di attrito nel
funzionamento dell’economia, oltre che di
ingiustizia. Nostre stime indicano che la
perdita annua di prodotto attribuibile ai difetti
della nostra giustizia civile potrebbe giungere
a un punto percentuale».
Rapporto della Banca Mondiale – “Doing
Business 2012” –
Per l’Italia emerge che la peggiore
performance riguarda, oltre al sistema fiscale,
la tutela legale. L’Italia si vede assegnare i
voti peggiori sulle procedure volte ad
ottenere l’attuazione dei contratti e rispetto a
questo indicatore è collocata al 158° posto
(in peggioramento sul Rapporto “Doing
Business 2011”, nel quale il Paese occupava il
157° posto) su 183 paesi esaminati
RELAZIONE PRIMO PRESIDENTE DELLA
CORTE DI CASSAZIONE
SULL'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA
NEL 2010
“Quello della realizzazione della ragionevole
durata dei processi, secondo le concordi
previsioni dell’art. 6 della CEDU, dell’art. 111 della
Costituzione italiana e dell’art. 47 della Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione Europea, è infatti
un tema assolutamente prioritario e centrale:
per il rispetto di un diritto umano fondamentale di
ogni persona, il diritto alla giustizia, che
costituisce una sorta di pre-condizione per la
tutela di ogni altro diritto, una sorta di “diritto ai
propri diritti”;
per l’immagine dell’Italia nel panorama europeo e
internazionale;
per gli effetti sull’economia e sulla competitività
internazionale del sistema Italia”.
CONDANNE DELLA CORTE DI STRASBURGO
LEGGE “PINTO” (N. 89/2001)
equa riparazione per la violazione del termine di
ragionevole durata del processo
rimedio di carattere interno alla violazione dell'art.
6, par. 1, della Convenzione europea,
tendenzialmente sostitutivo del ricorso alla Corte
di Strasburgo, la cui adozione rispondeva
essenzialmente alla finalità di evitare ulteriori
condanne a carico dell'Italia per il superamento
del termine di ragionevole durata del processo
QUALI EFFETTI?
- nel cinquantennio 1959-2009 risulta che per l’eccessiva durata dei
procedimenti l’Italia ha riportato 1095 condanne, la Francia 278, la
Germania 54 e 4 la Spagna
- promossi dinanzi alle corti d'appello quasi 40.000 procedimenti
camerali per l'equa riparazione dei danni derivanti dall'irragionevole
durata del processo, i quali sono andati ad aggrava-re i già onerosi
carichi di lavoro degli uffici giudiziari di secondo grado, causando ri-tardi
nella trattazione dei giudizi ordinari
475 sentenze di condanna per il ritardo nel
pagamento degli indennizzi liquidati ai sensi della
legge n. 89 del 2001, e della pendenza di oltre
3.900 ricorsi aventi il medesimo fondamento,
nonché del costante aumento del numero di
questi procedimenti, passati dai 613 dell'anno
2007 ai 1.340 del primo semestre dell'anno 2010
COMUNICATO STAMPA CORTE DI
STRASBURGO DICEMBRE 2010
«un grave pericolo per il rispetto dello Stato di
diritto, conducendo alla negazione dei diritti
consacrati dalla Convenzione»
«impostare un'efficace strategia a medio e lungo
termine per trovare una soluzione a questo
problema strutturale che esige un forte impegno
politico».
La severa risoluzione approvata rivolge alle
autorità italiane di più alto livello un nuovo appello
«affinché mantengano fermo il loro impegno
politico a risolvere il problema tutte le misure
tecniche e di bilancio necessarie in tal senso».
DATI DEL SISTEMA PENITENZIARIO
Detenuti presenti negli istituti (28 FEBBRAIO
2012)
In 206 istituti con una capienza regolamentare di
45.742 sono presenti 66.632 detenuti, dei quali
24.069 stranieri
2.846 donne
RELAZIONE PRIMO PRESIDENTE 2012
Occorre ripetere che ridurre 67 mila detenuti in un
condizioni logistiche adeguate a 45 mila
persone è palesemente incompatibile con i
principi di cui al terzo comma dell’art. 27
della Costituzione e dell’art. 3 Cedu
Intervento del Presidente Napolitano al Convegno “Giustizia!
In nome della Legge e del Popolo sovrano”
Roma, 28/07/2011
Evidente in generale è l'abisso che separa, come si è
detto, la realtà carceraria di oggi dal dettato
costituzionale sulla funzione rieducatrice della pena e
sui diritti e la dignità della persona. E' una realtà non
giustificabile in nome della sicurezza, che ne viene più
insidiata che garantita, e dalla quale non si può
distogliere lo sguardo, arrendendosi all'obbiettiva
constatazione della complessità del problema e della
lunghezza dei tempi necessari - specie in carenza di
risorse finanziarie adeguate, come ha spiegato il
Presidente Giampaolino - per l'apprestamento di
soluzioni strutturali e gestionali idonee
LA “SPINTA” DELLE FONTI (E DELLE
GIURISDIZIONI) INTERNAZIONALI ED
EUROPEE
IL CASO SULEJMANOVIC v. ITALY – CORTE
EDU –
SOVRAFFOLLAMENTO CARCERARIO E
TRATTAMENTI INUMANI E DEGRADANTI
UN CONTESTO GIURIDICO FLUIDO:
Nuove proposte di riforma della giustizia
Stratificazione di interventi settoriali e disorganici
IL PUNTO DI PARTENZA (E DI ARRIVO): LA
COSTITUZIONE
Art. 101. La giustizia è amministrata in nome del popolo.
I giudici sono soggetti soltanto alla legge.
Art. 104. La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente
da ogni altro potere.
Art. 105. Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le
norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i
trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei
magistrati.
Sentenza n. 142 del 1973
Il caso: vilipendio dell’ordine giudiziario.
«viene in considerazione la "posizione" che all'ordine giudiziario,
nel suo duplice aspetto di complesso di uffici e di ordo
personarum, risulta costituzionalmente garantita verso la
menzione della sua "autonomia", cui allude, distintamente dalla
indipendenza ma in stretta connessione con questa, la dizione
letterale dell'art. 104, primo comma»
«la disciplina diversificata che la Costituzione riserva, e vuole sia
riservata, per quanto attiene allo stato giuridico dei magistrati
dell'ordine giudiziario, sia garantendo loro direttamente
l'inamovibilità, nei sensi e alle condizioni di cui all'art. 107, comma
primo, sia sottraendoli, anche per quel che concerne tutte le
vicende del predetto stato, ad ogni dipendenza da organi del
potere esecutivo»
«Strumento essenziale di siffatta autonomia, e
quindi della stessa indipendenza dei magistrati
nell'esercizio delle loro funzioni, che essa é
istituzionalmente rivolta a rafforzare, sono le
competenze attribuite al Consiglio superiore
dagli artt. 105, 106 e 107 Cost., nelle quali deve
rientrare ogni provvedimento che direttamente o
indirettamente possa menomarla»
«a differenza dalla Corte costituzionale (e dalle
Camere), l'ordine giudiziario non é un collegio, né
comunque un organo singolo, anche se
complesso, idoneo a porsi come titolare di un
interesse pubblico differenziato e specializzato»
«Né può affermarsi che il Consiglio superiore
rappresenti, in senso tecnico, l'ordine giudiziario,
di guisa che, attraverso di esso, se ne realizzi
immediatamente il cosiddetto autogoverno
(espressione da accogliersi piuttosto in senso
figurato che in una rigorosa accezione giuridica)»
AUTONOMIA NON COINCIDE CON TOTALE SEPARAZIONE: UN
SISTEMA DI PESI E CONTRAPPESI
«(…) potrebbe parlarsi di organo a composizione parzialmente
rappresentativa; ma la presenza nel Consiglio di membri non tratti
dall'ordine giudiziario e la particolare disciplina costituzionalmente
dettata quanto alla presidenza di esso rispondono all'esigenza
(che fu avvertita dai costituenti) di evitare che l'ordine giudiziario
abbia a porsi come un corpo separato»
«Sono stati predisposti, perciò, accorgimenti idonei ad attuarne e
mantenerne una costante saldatura con l'apparato unitario dello
Stato, pur senza intaccarne le proclamate e garantite autonomia e
indipendenza»
COMPOSIZIONE MISTA CSM
PRINCIPIO LEALE COLLABORAZIONE
RUOLO DEL MINISTRO DI GIUSTIZIA
IL RUOLO DEL MINISTRO DI GIUSTIZIA
ex artt. 92 e 95 Cost. ha l’attuazione dell’indirizzo
politico sulle questioni di giustizia deliberato dal
Consiglio dei ministri
DIRETTIVA ANNUALE DEL MINISTRO
http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_7_2_1.
wp
Art. 107 Il Ministro della giustizia ha facoltà di
promuovere l’azione disciplinare
SORVEGLIANZA SU UFFICI
POTERE ISPETTIVO
RICHIESTA DI INFORMAZIONI
MA
ESERCIZIO DI AZIONE è DI PROCURATORE
GENERALE DI CASSAZIONE
DECISIONE è DI SEZIONE DISCIPLINARE DI
CSM
Art. 110. Ferme le competenze del Consiglio
superiore della magistratura,
spettano al Ministro della giustizia
l’organizzazione e il funzionamento dei
servizi relativi alla giustizia
SUPPORTO-COORDINAMENTOORGANIZZAZIONE
RAPPORTO FUNZIONALE E NON
GERARCHICO CON UFFICI GIUDIZIARI
«A questo medesimo fine sono rivolte le
disposizioni del testo costituzionale (…) che
stabiliscono gli opportuni raccordi tra
Consiglio superiore e Ministro per la
giustizia, il quale ultimo rimane l'unico
organo politicamente responsabile
davanti al Parlamento, secondo i principi,
di quanto attiene all'organizzazione della
giustizia ed al suo funzionamento»
«L'autonomia e l'indipendenza della magistratura e del giudice non
pongono l'una al di là dello Stato, quasi legibus soluta, né l'altro
fuori dall'organizzazione statale.
Il magistrato é e deve essere indipendente da poteri e da interessi
estranei alla giurisdizione; ma questa é funzione statale ed i
giudici, esercitandola, svolgono attività abituale al servizio dello
Stato»
Corte cost., sentenza n. 2/1968
Alternativa critica:
- RIGIDA SEPARAZIONE tra potere giudiziario e
altri poteri dello stato;
DIALOGO/COLLABORAZIONE tra i poteri dello
stato (cheks and balances)
Il ruolo dell’organizzazione
L’ORGANIZZAZIONE GIUDIZIARIA:
Concreto assetto organizzativo dell’ordine
giudiziario come strumento funzionale all’effettiva
indipendenza della magistratura
COME GARANTIRE LA TUTELA DEI DIRITTI
ATTRAVERSO LA GIURISDIZIONE?
CONDIZIONI STRUTTURALI ed
ORGANIZZATIVE per
TERZIETA’ ed IMPARZIALITA’
AUTONOMIA ED INDIPENDENZA DI ORDINE
GIUDIZIARIO (art. 104 Cost.)
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