L’evoluzione degli esseri
viventi
Le teorie pre-evoluzioniste
Prima dello sviluppo del pensiero evoluzionistico, oggi universalmente riconosciuto, era largamente
radicata l’idea che non fosse possibile alcun cambiamento delle specie. La teoria del fissismo
sosteneva che tutte le specie erano fisse e immutabili; i fissisti più fedeli alla tradizione biblica
sostenevano la teoria del creazionismo, secondo cui tutte le specie avevano avuto origine di un atto
creativo divino e perfetto e quindi impossibile da modificare.
Il naturalista svedese Carlo Linneo (1707-1778) sosteneva che «le specie viventi sono tante quante
ne furono create all’inizio» e si sono conservate immutate nel tempo. Anche il naturalista francese
George Cuvier (1769-1832), fu uno strenuo sostenitore della fissità della specie. Secondo Cuvier,
l’esistenza di fossili appartenenti a specie scomparse non provava la realtà dell’evoluzione, ma era
spiegabile come conseguenza di grandi catastrofi naturali (teoria del catastrofismo). Egli sosteneva
inoltre che le specie scomparse venivano sostituite da nuove specie grazie a nuovi atti creativi (teoria
delle creazioni successive).
Il primo a sostenere le idee evoluzioniste fu il naturalista francese Jean-Baptiste Lamarck (17441829).
Lamark
La teoria di Lamarck
Lamarck basò la sua teoria su tre idee guida.
1.
La grande varietà dei viventi: poche specie primitive si sono modificate e diversificate sotto la
spinta dei mutamenti ambientali (la necessità di adattarsi ai diversi ambienti).
2.
L’uso e il non uso degli organi: animali e vegetali rispondono alle modificazioni ambientali
potenziando l’uso degli organi utili alla sopravvivenza e riducendo o abbandonando l’uso di
altri. Queste modificazioni fisiche rappresentano l’adattamento degli individui alle condizioni
ambientali.
3.
L’ereditarietà dei caratteri acquisiti: una specie si modifica nel tempo affinché i caratteri
acquisiti, cioè sviluppati nel corso della propria esistenza, vengano trasmessi alla discendenza.
La talpa, vivendo al buio, ha
perso l’uso della vista.
L’anatra ha sviluppato le zampe palmate
per il continuo nuotare.
Charles Darwin, il viaggio
Circa cinquant’anni dopo Lamarck riprese il problema dell’evoluzione il grande studioso Charles
Darwin (1809-1882). Il pomeriggio del 27 dicembre 1831, Darwin si imbarcò come naturalista di
bordo sul brigantino Beagle. Aveva allora 22 anni: nel giro di quattro anni e nove mesi, andò incontro
ad una maturazione umana e scientifica, che lo rese famoso negli ambienti scientifici per la qualità e
la ricchezza del materiale che aveva raccolto e inviato e reso pubblico da Henslow.
Ad ogni tappa, Darwin scendeva sulla terraferma per raccogliere campioni di flora e fauna. Quelli di
Darwin, non erano passivi resoconti: differenze e somiglianze tra specie, posero interrogativi a cui gli
schemi classici non offrivano risposte soddisfacenti. Al suo ritorno, aveva già individuato problemi
irrisolti e, grazie all’esperienza acquisita, gettò le basi per la teoria evoluzionista. Durante il viaggio,
aveva con sé il primo volume di Principi di geologia di Lyell. Lyell sosteneva la teoria
dell’attualismo, ma venne criticato perché nei suoi scritti non affrontava il tema dell’origine.
Accuratezza, acutezza e pazienza
Attenendosi ai principi di Lyell, Darwin dedicava ogni volta la sua attenzione alla stratigrafia delle
rocce e alla natura del suolo, stabilendo collegamenti tra l’ordine stratigrafico e la successione degli
organismi e delle rocce che li contengono. Analizzando svariati fenomeni, come l’azione delle forze
naturali, individuò correlazioni importanti tra attività vulcanica e catene montuose, tra isole
vulcaniche e margini delle coste continentali, iniziando a chiedersi perché negli strati geologici ci
fossero organismi di forme e dimensioni diverse.
Alla vista degli abitanti della Terra del Fuoco, Darwin rimase stupefatto: l’abisso tra un uomo
civilizzato e un selvaggio, era molto maggiore rispetto a quello tra un animale domestico ed uno
selvaggio perché nell’uomo vi è una maggiore capacità di miglioramento. Al di là delle differenze di
razza, la specie umana restava per Darwin unica. Lo schiavismo è forse ciò che più lo indigna e,
di ritorno verso l’Inghilterra, scrive sul suo diario «grazie a Dio non vedrò mai più un paese
schiavista. […] Noi inglesi […] abbiamo anche una consolazione, quella di avere compiuto infine un
sacrificio più grande di quelli compiuti da qualsiasi altra nazione per espiare i nostri peccati». Infatti,
nel 1833, il Parlamento aveva abolito la schiavitù.
L’avventura nelle Galápagos
Il 17 settembre 1835, il Beagle approdò all’isola di Chatham, nell’arcipelago delle Galápagos; un
arcipelago di origine vulcanica formato da una dozzina di isole di cui cinque maggiori. Nel 1832 era
stato ammesso all’Ecuador, dopo essere stato sotto la sovranità della Spagna e dell’Inghilterra. Le
isole, hanno un clima temperato grazie alle correnti oceaniche provenienti dall’Artide; facendo in
modo che animali come pinguini, foche e leoni marini, convivessero con uccelli tropicali, iguane,
tartarughe e cactus. Ma, soprattutto, non c’era mai stata una popolazione aborigena. Qui, Darwin
incontra i famosi fringuelli e le altrettanto famose tartarughe. Anche se non subito, si accorse che,
nonostante le isole fossero vicine, simili e con lo stesso clima, la flora e la fauna erano segnate da
piccole ma nette differenze.
«L’arcipelago è un piccolo mondo a sé stante, o piuttosto un satellite dell’America, dalla quale ha
tratto pochi sperduti coloni e da cui ha ricevuto l’impronta generica dei suoi prodotti indigeni. Se poi
si considerano le dimensioni di queste isole, tanto più si accresce la meraviglia per il numero dei loro
esseri aborigeni e per la loro limitata diffusione.»
Nella nuova edizione del 1845 di Viaggio di un naturalista, Darwin rielaborò alcune parti del suo
racconto, specialmente il capitolo dedicato alle Galápagos, fornendo testimonianza di ciò che aveva
elaborato in seguito al viaggio.
I fringuelli di Darwin
Nelle Galápagos, Darwin segue un elenco estremamente accurato delle diverse specie di uccelli, tra cui
«un singolarissimo gruppo di fringuelli», quattordici specie divise in quattro gruppi da John Gould uno
Dei maggiori ornitologi dell’Ottocento a
cui Darwin affidò le sue collezioni di
uccelli (dalle sue classificazioni,
derivarono o trovarono conferma gli
interrogativi di di Darwin). «Tutte queste
[…] specie sono peculiari
dell’arcipelago e lo stesso vale per
l’intero gruppo […]. La cosa più curiosa
è la perfetta gradazione del becco delle
diverse specie […]. Osservando una tale
gradazione e diversità di struttura di un
gruppo piccolo e molto omogeneo di
uccelli, si può realmente immaginare
che, essendoci originariamente in questo
arcipelago solo un esiguo numero di
uccelli, una specie sia stata modificata
in modo da assolvere finalità diverse».
Diventano sempre più evidenti le
incongruenze di una spiegazione
creazionista man mano che il «mistero
dei misteri» (l’origine di nuove specie) comincia a trovare una soluzione.
Domenica 2 ottobre 1836, il Beagle approda in Inghilterra.
Le riflessioni di Darwin
Ritornato in patria Darwin iniziò a studiare il materiale raccolto. Nel frattempo lesse il Saggio sul
principio di popolazione dell’economista inglese Thomas Malthus (1766-1834); in esso, l’autore
sosteneva che l’aumento della popolazione umana non si accompagnava mai a un adeguato aumento
della disponibilità di cibo, e che l’insufficienza del cibo è all’origine della lotta per l’esistenza.
Darwin concepì allora l’idea che la lotta per l’esistenza potesse spiegare anche l’origine di nuove
specie e la scomparsa di altre. Interessandosi all’attività degli allevatori, Darwin scoprì anche che le
differenze tra gli animali d’allevamento sono dovute alla selezione artificiale (gli allevatori scelgono
gli animali da far riprodurre e gli incroci in modo che i discendenti presentino le caratteristiche
desiderate). I risultati della selezione artificiale si ottengono in breve tempo, ma sicuramente le
differenze tra le diverse specie di fringuelli delle Galápagos non potevano che essere dovute alla
selezione naturale, operata dalla natura.
Una razza di cane domestico, ottenuta dalla
selezione artificiale operata dagli allevatori.
La teoria dell’evoluzione
Tutte le osservazioni e gli indizi raccolti indussero Darwin a concludere che le specie non sono fisse
e immutabili, ma si trasformano lentamente nel corso del tempo.
Darwin fonda la sua teoria su tre presupposti.
1.
La variabilità delle specie: tra individui della stessa specie esistono differenze ereditarie che
possono essere più o meno vantaggiose. Gli individui che presentano variazioni più favorevoli
riescono a sopravvivere (selezione naturale).
2.
La prole in eccesso: in tutte le specie gli individui hanno la capacità di generare una prole
molto più numerosa di quella che poi sopravviverà raggiungendo a sua volta l’età riproduttiva.
La selezione naturale agisce in modo da contrastare il potenziale riproduttivo delle specie, che
secondo Darwin è il motore dell’evoluzione: con il passare del tempo ci sarà un progressivo
accumulo di tratti vantaggiosi che portano all’adattamento evolutivo.
3.
Antenato comune: secondo Darwin per dare origine ad una nuova specie, è essenziale che la
specie originaria venga divisa in popolazioni isolate tra loro; ogni razza (definita da Darwin una
«specie nascente») accumulerà diverse variazioni fino a trasformarsi in una nuova specie.
Le conchiglie appartengono tutte alla stessa
specie di mollusco, ma presentano colori,
disegni, forme e dimensioni molto diversi: è un
esempio di variabilità.
L’evoluzione è il tema centrale della biologia, in quanto è
l’unico concetto in grado di spiegare ciò che sappiamo
della vita.
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Trombetta Chiara - Scienza e scuola