“La pedagogia così com’è io la leverei
“Io non ho patria e reclamo il diritto di dividere il
mondo in diseredati e oppressi da un lato,
privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la
mia patria , gli altri i miei stranieri. “
(Don Lorenzo Milani : Lettera ad una professoressa)
Cooperazione educativa e cooperative
Learning
•
•
•
•
•
L’esperienza della cooperazione educativa di Célestin Freinet (in
Francia negli anni 30 e nel secondo dopo guerra): aiuto-reciproco,
autogestione pedagogica, la classe come laboratorio e non auditorio,
il tatonnement expérimental , organizzazione cooperativa, formazione
della persona istruzione/didattica+educazione), formare il cittadino,
imparare delle tecniche di vita e l’arte di vivere. Formare una
personalità democratica per una società democratica.
L’esperienza di Freinet introdotta in Italia da Ernesto Codignola e
Raffaele Laporta: l’esperienza della Scuola-città Pestalozzi di Firenze
Il movimento di cooperazione educativa in Italia: esperienze di Mario
Lodi e Aldino Bernardini
L’esperienza cooperativa di Barbiana con Don Milani
Anni 80 : interruzione : modello anglossassone del cooperativ learning
dei fratelli Johnson : l’apprendimento e la didattica, pragmatismo
americano, l’efficienza
Mediazione culturale a scuola
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
La scuola come comunità aperta e accogliente: saper accogliere la storia
dell’alunno che arriva da una terra lontana ma anche sapere educare
all’accoglienza
L’alunno figlio di migranti
Il pluralismo culturale: una ricchezza
Andare verso il métissage e la transculturalità
La figura del mediatore culturale: un facilitatore della comunicazione
Mediazione culturale, apprendimenti, educazione e mediazione
pedagogica
Alcune tappe di pedagogia interculturale e transculturale: Marc-Antoine
Jullien e Heinrich Pestalozzi , Célestin Freinet e i rifugiati della
Repubblica spagnola, Raffaele Laporta e il rapporto Nord/Sud in Italia
L’educazione inclusiva
Jean Marie Gustave le Clézio
•
“Scrivendo ho solo cercato una cosa: comunicare
con gli altri”.
L’amore per le culture amerindie e la denuncia del loro genocidio
culturale; l’incontro dello scrittore con un altro mondo:
“Ciò che è scomparso è quella civiltà plurale , complessa , molto inventiva e
profonda . Se non ci fosse stata la catastrofe della conquista , i
massacri , gli stupri fisici morali , in molti luoghi avrebbe sviluppato
delle tematiche ammirevoli che non possiamo neanche immaginare. Ma
sarebbe un errore pensare che tutto sia stato distrutto , che non
rimanga nulla. Molti temi di civiltà che ci preoccupano oggi come
l’ambiente , il rispetto di tutte le forme di vita, il posto del sogno e
dell’intuizione nel nostro intelletto, la nozione di distribuzione delle
ricchezze , la presenza del mito nel nostro immaginario , la medicina
con le piante, tutto ciò trova le sue radici nelle culture amerindie.
Stiamo scoprendo gradualmente quanto ne siamo debitori”.
1)
La logica delle riserve: una vergogna per
l’umanità
2) Le Clézio denuncia la logica delle riserve e dei ghetti che escludono:
“le riserve indiane negli Stati uniti sono dei ‘bantoustan’ nei quali
si è sviluppata nel corso dei secoli una miseria fisica e
psicologica che costituisce un atto di accusa pesante verso lo
Stato che si dichiara il più civilizzato e democratico del
pianeta”
“Oggi la divisione non è più quella che separa le nazioni…ma
quella che divide i poveri dai ricchi. L’Europa ha fatto come gli
Stati uniti verso i poveri provenienti dal Sud America quando
ha costruito il muro di Maastricht”.
La scuola come comunità aperta e
accogliente
• La scuola è una comunità aperta al mondo sociale e culturale
• La scuola è uno spazio interattivo in cui si apprende ad incontrare
l’altro diverso da sé oppure ad escluderlo
• Il contesto scuola è un sistema complesso di relazioni che favorisce
o ostacola l’inclusione di tutti gli alunni favorendone l’incontro e gli
apprendimenti
• La scuola deve sapere accogliere: l’accoglienza e la sua
organizzazione è un momento importante del processo d’inclusione
e anche della funzione educativa della scuola stessa
• La scuola deve sapere accogliere l’alunno che viene da una terra
lontana con la sua storia (sociale, familiare,culturale) ; l’ospitalità
svolge una funzione pedagogica nella misura educa ad accogliere
per includere
L’alunno figlio di migranti
•
•
•
•
Giustamente Jean-Jacques Rousseau affermava che per poter educare
occorre conoscere il bambino; per potere accogliere e creare le condizioni
relazionali e pedagogiche dell’inclusione dell’alunno figlio o figlia di migranti
occorre conoscerlo/a ; conoscere la sua storia
Si parla impropriamente di alunni immigrati; in realtà non tutti hanno vissuto
la migrazione (cioè la partenza, il viaggio e le difficoltà dell’inserimento nel
nuovo contesto) ; alcuni si , altri no . Basta pensare a chi è nato in Italia di
genitori non italiani, oppure a chi è nato italiano di coppia mista, oppure a
chi ha viaggiato ma ad una età molto bassa che non ha lasciato tracce nella
memoria.
Ogni situazione è una situazione a sé, ogni storia di bambino è una storia a
sé: il bambino nato in Italia da genitori non italiani avrà dei problemi insieme
simili e diversi al suo compagno che ha vissuto la migrazione.
Per potere costruire un contesto che favorisca l’inclusione e possa facilitare
gli apprendimenti del bambino occorre partire dalla sua specifica storia:
occorre sapere cogliere la complessità delle situazioni
Il pluralismo culturale: una ricchezza per la
scuola
•
•
La presenza di bambini provenienti da diversi orizzonti sociali e culturali
costituisce una ricchezza per la scuola: una ricchezza sul piano pedagogico
perché può educare tutti all’incontro con l’altro diverso da sé, una ricchezza
sul piano didattico perché costringe l’insegnante ad attrezzarsi e ad
innovare nella gestione del processo d’insegnamento/apprendimento, una
ricchezza sul piano umano perché favorisce l’incontro tra esperienze di vita,
una ricchezza sul piano culturale perché stimola insegnanti , educatori e
mediatori culturali a costruire dei percorsi interdisciplinari che possono
collegare materie diverse
Sappiamo anche tuttavia il pluralismo culturale può essere vissuto come un
problema, che deve fare i conti con i pregiudizi, le paure , le diffidenze e le
chiusure irrazionali. Il compito dell’azione pedagogica e della didattica e di
trasformare quello che può apparire come un problema in una risorsa per
fare crescere la comunità scolastica.
La scuola e la classe come uno spazio d’incontro
interculturale e transculturale: verso il métissage
•
Si può affermare che la scuola come comunità di vita e
d’esperienze e anche la classe come micro-comunità funziona
insieme come uno spazio transazionale e transizionale:
1)Uno spazio transazionale: la teoria pedagogica di John Dewey:
Il pedagogo americano J.Dewey sostiene che il gruppo classe è strutturato come
uno spazio transazionale dove avvengono una serie di transazioni cioè di
scambi e negoziazioni tra insegnante e alunni e tra alunni. Per lui il compito
dell’insegnante è quello di creare le mediazioni e di utilizzare i mediatori
necessari allo sviluppo degli apprendimenti di tutti; ognuno a secondo le
proprie capacità , i propri tempi e i propri bisogni. Dewey sottolinea
l’importanza della comunicazione per individuare gli interessi che creano le
motivazioni allo studio.
2) Uno spazio transizionale (Donald Winnicott):
Lo spazio e il contesto del gruppo classe ha una funziona affettiva estremamente
importante per rassicurare l’alunno, farlo sentire a ‘casa sua ‘ , accolto e
quindi per creare le condizioni relazionali ed affettive positive per permettere
all’alunno di elaborare le proprie difficoltà senza sentirsi etichettato
negativamente o giudicato. Il gruppo classe deve funzionare come una ‘bolla
affettiva ‘.
Scoprire che siamo insieme simili e diversi
• E’ nel contesto classe che gli alunni apprendono di essere insieme
simili e diversi. Dall’esperienza comune in classe si può imparare il
sentimento dell’eguaglianza che favorisce la scoperta, il
riconoscimento e l’accettazione delle differenze
• Si scopre anche che l’altro è dentro di noi (me stesso come un altro
direbbe Paul Ricoeur) e che è propria la possibilità del racconto che
fonda l’immagine interiore di sé cioè ‘l’identità narrativa ‘, l’ipseità (la
scoperta dell’alterità) . La regia pedagogica dell’insegnante con la
collaborazione del mediatore culturale può creare le condizioni per
questa scoperta delle contaminazioni reciproche, della
transculturalità e del métissage cioè della mescolanza (del fatto che
siamo sempre più cose contemporaneamente , base della nostra
apertura al mondo)
L’importanza dell’accoglienza e il ruolo del mediatore
culturale
Nell'ultimo documento di febbraio 2006 del Miur intitolato:”Linee guida per l'accoglienza e
l'integrazione degli alunni stranieri” possiamo leggere:
•
1.”Si sta delineando in Italia una scuola delle cittadinanze, europea nel suo orizzonte,
radicata nell’identità nazionale, capace di valorizzare le tante identità locali e, nel contempo,
di far dialogare la molteplicità delle culture entro una cornice di valori condivisi. Al di là delle
buone pratiche e delle singole iniziative di accoglienza e di integrazione, occorrono tuttavia
un impegno organico e un’azione strutturale capaci di sostenere l’intero sistema formativo
nazionale. L’educazione interculturale costituisce lo sfondo da cui prende avvio la specificità
di percorsi formativi rivolti ad alunni stranieri, nel contesto di attività che devono connotare
l’azione educativa nei confronti di tutti. La scuola infatti è un luogo centrale per la
costruzione e condivisione di regole comuni, in quanto può agire attivando una pratica di
vita quotidiana che si richiami al rispetto delle forme democratiche di convivenza e,
soprattutto, può trasmettere le conoscenze storiche, sociali, giuridiche ed economiche che
sono saperi indispensabili nella formazione della cittadinanza societaria. L’educazione
interculturale rifiuta sia la logica dell’assimilazione, sia la costruzione ed il rafforzamento di
comunità etniche chiuse ed è orientata a favorire il confronto, il dialogo, il reciproco
arricchimento entro la convivenza delle differenze".
•
2.”L'educazione interculturale non è una disciplina aggiuntiva , ma una dimensione
trasversale, uno sfondo che accomuna tutti gli insegnanti e gli operatori scolastici. Il
pluralismo culturale e la complessità del nostro tempo richiedono necessariamente una
continua crescita professionale di tutto il personale della scuola”.
•
3.”La gestione dell'accoglienza implica all'interno dell'Istituto un lavoro costante di
formazione del personale”
•
4.”I genitori sono la risorsa fondamentale per il raggiungimento del successo
scolastico:pertanto le diverse culture di appartenenza richiedono alla scuola di individuare
gli strumenti migliori del dialogo. Di particolare importanza risulta la capacità della scuola di
facilitare la comunicazione con la famiglia dell'alunno, prestando attenzione anche agli
aspetti non verbali, facendo ricorso , ove possibile ai mediatori culturali o ad interpreti, per
superare le difficoltà linguistiche ed anche per facilitare la comprensione elle scelte
educative della scuola”.
•
5.”Il primo colloquio , fondamentale per un sereno e proficuo ingresso dell'alunno a scuola
va preparato coinvolgendo tutti i soggetti interessati”.
•
6.”Uno degli obiettivi prioritari nell'integrazione degli alunni stranieri è quello di promuovere
l'acquisizione di una buona competenza nell'italiano scritto e parlato, nelle forme ricettive e
produttive, per assicurare uno dei principali fattori di successo scolastico e sociale”.
Il mediatore culturale: un facilitatore della
comunicazione in contesti multiculturali
• Il mediatore culturale deve essere un tecnico della comunicazione
interculturale; la competenze che devono avere tutti i mediatori a
prescindere dei contesti dove operano (scuola, formazione
professionale, servizi sociali, servizi sanitari, giustizia , centri per
l’impiego ) sono riferibili all’ambito della gestione della relazione e
della comunicazione sia sul piano sociale che interpersonale. Deve
essere un soggetto terzo in grado di creare quelle mediazioni
necessarie al funzionamento di una comunicazione positiva , deve
un ‘ponte ‘ che crea le condizioni per l’incontro utilizzando spazi e
strumenti diversi.
• Il mediatore deve anche potersi specializzare in termini di
conoscenze e saperi in riferimento agli ambiti della sua operatività:
un conto è fare il mediatore a scuola, altra cosa è farlo in un serizio
sanitario oppure nel settore della gisutizia
Le competenze del mediatore
Il mediatore deve:
• 1) favorire la comunicazione tra soggetti culturalmente diversi
• 2) gestire i processi negoziali nelle relazioni
• 3) gestire in termini costruttivi i conflitti
• 4) decodificare - e aiutare gli operatori a decodificare - la domanda
dell'utenza immigrata per ricodificarla in termini comprensibili e
fruibili per questa (questo punto è importante poiché non si può
soltanto interpretare la domanda dell'utente immigrato senza fornirle
una risposta comprensibile ed utilizzabile; il più delle volte è questo
secondo passaggio che non funziona)
• 5) produrre un cambiamento positivo nelle percezioni e le
rappresentazioni degli attori che interagiscono (modifica della cultura
stessa dei servizi)
• 6) lavorare in un approccio di rete costruendo, con gli operatori e gli
utenti, dei percorsi d'incontro e d'integrazione.
• 7) aiutare la comunità e i suoi attori ad autoeducarsi all’accoglienza e
all’inclusione delle differenze (la pedagogia sociale e cooperativa di
Raffaele Laporta)
Mediazione culturale, educazione,
apprendimenti e mediazione pedagogica
•
Il mediatore culturale a scuola non deve essere confuso con l’interprete sul
piano linguistico, il suo ruolo è quello di collaborare con gli insegnanti per
costruire dei percorsi didattici e pedagogici che possono favorire:
1)l’incontro tra gli alunni nella classe e lo scambio comunicativo positivo tra di
loro
2)progettare e programmare delle attività di gruppo che educano alla
mondialità, alla varietà culturale e all’alterità
3)fornire informazioni utili alla comprensione del mondo dell’immigrazione
4)favorire il dialogo tra scuola e famiglie immigrate
5)facilitare gli apprendimenti degli alunni figli di migranti con particolari difficoltà
partecipando all’elaborazione del piano educativo individualizzato
6)promuovere una cultura dell’accoglienza e dell’inclusione
7)prevenire e gestire i conflitti tramite la mediazione pedagogica (la
cooperazione educativa)
8)Lavorare in modo integrato in una ottica di rete collaborativa tra le diverse
figure professionali (insegnanti, educatori, famiglie, operatori dei servizi)
Alcune tappe pedagogiche
•
Marc-Antoine Jullien , studioso francese di educazione comparate (fondatore
della pedagogia comparata moderna): studia tutte le esperienze educative
innovative d’Europa che si basano sui principi dell’educazione attiva delineata da
Rousseau: centralità del soggetto che apprende nel processo
d’insegnamento/apprendimento, conoscenza del soggetto che apprende per partire
dai suoi bisogni e i suoi interessi, sapere che il bambino non è un piccolo adulto ma
un essere radicalmente diverso dall’adulto che necessita quindi dei metodi diversi per
favorire lo sviluppo delle sue potenzialità. Jullien fa una analisi comparativa
mostrando i punti comuni tra le diverse scuole ed esperienze di educazione attiva e la
loro traduzione pedagogica concreta nei diversi contesti culturali.
•
Questo fondatore fondatore dell'educazione comparata studia le diverse espereinze
educative europee ,nel 1811, in un testo intitolato "Esquisse et vues préliminaires
d'un ouvrage sur l'éducation comparèe dans les différents Etats de l'Europe". Notava
come fosse interessante realizzare "una raccolta ragionata di osservazioni di
diverse esperienze su una materia (l'educazione dei bambini e dei giovani )che
interessa tutti gli uomini". Una "raccolta ragionata" per poter imparare
dall'esperienza altrui e ispirarsi in termini di traduzione creativa, adattata al proprio
linguaggio culturale e ai propri bisogni storici. Questo con l'obiettivo di conoscere,
comprendere e trovare delle soluzioni pratiche nuove, inedite ai bisogni educativi
delle nuove generazioni.
Quale comprensione per quale educazione?
• Quale comprensione per quale approccio pedagogico?
Per riprendere Jullien si può tentare di elaborare una "tavola comparativa di
osservazioni": comparare, fare dei raffronti sulle pratiche e i metodi educativi
significa anche tener conto della varietà delle culture, delle storie e dei linguaggi (i
metodi sono strutturati come dei linguaggi). Questo lavoro é anche un modo per
attivo un processo di mutuo-apprendimento. Qui nessuno insegna a nessuno ma tutti
apprendono dal confronto , dallo scambio e dalla riflessione sulle pratiche
d'intervento. Tra le diverse pratiche esistono molti punti di contatto che non
cancellano le differenze ,anzi che le alimentano in un processo di conoscenza
reciproca. Jullien finisce per avere degli scambi con Heinrich Pestalozzi che tenta a
Yverdon (in Svizzera) a mettere in pratica le teorie educative di Rousseau; il
confronto con il grande educatore svizzero verrà riportato da Jullien in una serie di
testi dove tenta di collegare similitudine e diversità.
• Possiamo prender come paradigma dell’ approccio metodologico interculturale e
transculturale che deve promuovere il mediatore culturale l'affermazione espressa da
Edgar Morin nel suo libro "I sette saperi necessari all'educazione del futuro":
"L'educazione dovrà fare in modo che l'idea di unità della specie umana non
cancelli l'idea della sua diversità e che l'idea di diversità non cancelli l'idea
della unità.(...) L'educazione dovrà illustrare questo principio di unità-diversità
in tutti i campi".
Mediazione pedagogica e cooperazione
educativa
I principi delle pedagogie attive si ritrovano nelle esperienze della cooperazione
educativa praticata dall’educatore francese Célestin Freinet ma anche dal
pedagogista pescarese Raffaele Laporta:
1)
Aiuto-reciproco, l’insegnante come regista e non come trasmettitore, il
gruppo come luogo e strumento dell’inclusione tramite la gestione dei diversi
punti di vista e dei conflitti con l’organismo cooperativo del consiglio che
diventa lo spazio dove si apprende a dialogare, a riconoscersi, il fare insieme
diventa fondamentale perché crea una comunione di vissuti. Ognuno a
secondo i suoi bisogni e le sue capacità; non esiste un metodo unico ma
esistono tanti metodi quanto sono le situazioni didattiche e gli alunni
2)
Laporta nell’”Autoeducazione delle comunità” sottolinea l’importanza della
dialettica maggioranza /minoranza nel processo di
insegnamento/apprendimento ; l’apprendimento del rispetto del pluralismo
culturale e dei diritti delle minoranze ad esistere. La pedagogia sociale
propone di attivare le mediazioni necessarie che sappiano educare le
comunità ad essere accogliente e rispettose della libertà delle minoranze.
Questo approccio laportiano è un approccio che fa della mediazione
pedagogica cioè della mediazione che educa il contesto il centro del
dispositivo educativo. Laporta vede la mediazione pedagogica come una
educazione a collegare il particolare e il globale e soprattutto a non rifiutare il
cambiamento che proviene dai processi di acculturazione.
"E' necessario nell'attuale congiuntura storica che le culture locali vengano sottrate al
rapporto di acculturazione arbitrario e violento instaurato da una cultura ufficiale
la quale d'altronde ha realizzato una condizione storica irreversibile tendente
all'integrazione di tutte le aree culturali ..Questa sottrazione non può voler dire
azione tendente a render autonome e chiuse in se stesse le singole culture; può
voler dire soltanto impegno al recupero consapevole da parte di ciascuna di essa
dei valori e dei contenuti che possano contribuire ad una comune convivenza e
sopravvivenza. La presa di coscienza é dunque l'obiettivo primo di un'azione di
educazione ,oggi, nell'ambito di quelle culture".
Educare il contesto scolastico
• Non basta inserire dei mediatori culturali preparati in ambito
pedagogico ma ci vuole anche una preparazione e un
aggiornamento del personale docente che deve acquisire nuovi
saperi, nuove conoscenze e nuove competenze sia in ambito
pedagogico che didattico
• La gestione del processo d’insegnamento/apprendimento con un
gruppo classe multiculturale richiede delle competenze in settori
nuovi come quelli dell’etnopsicologia, della psicologia
transculturale, della pedagogia interculturale e della mediazione
pedagogica
• Per creare un contesto accogliente che include e non esclude , che
favorisce l’incontro e previene i conflitti, che favorisce gli
apprendimenti di tutti garantendo l’eguaglianza delle opportunità
nell’accesso all’istruzione, ai saperi e alle conoscenze bisogna
preparare il personale docente nonché la rete dei servizi territoriali
Un agire comunicativo che include
Propongo di concludere con il tentativo di definizione dato da Jurgen
Habermas nel suo libro "L'inclusione dell'altro"; teniamo conto
che il suo punto di vista é di ordine filsofico-politico e si basa sui
principi enunciati da Kant;in particolare il suo imperativo
categorico:"quello di trattare sempre l'altro come un fine e mai come
un mezzo".
"la responsabilità solidale per un'altro visto come uno di noi si
riferisce in realtà al "noi" flessibile di una comunità(...)che estende
sempre "più in là" i suoi porosi confini". Aggiunge:"Inclusione qui
non significa accaparramento assimilatorio né chiusura contro
il diverso. Inclusione dell'altro significa piuttosto che i confini
della comunità sono aperti a tutti: anche- e soprattutto- a
coloro che sono reciprocamente estranei e che estranei
vogliono rimanere".
Scarica

L`inclusione dell`altro