Lezione 15
Le politiche pubbliche
Politica Pubblica: alcune definizioni (1)
“Una politica pubblica è qualsiasi cosa un governo
decida di fare o di non fare”.
Thomas Dye, Undestanding Public Policy, Englewood Cliffs, NJ,
Prentice Hall, 1972
Enfasi su:
 Ruolo dei governi
 Importanza delle “non azioni”
Ma…
 Trascura l’elemento dell’influenza di altri attori
 Non fa riferimento (almeno esplicitamente) alla dimensione
“dinamica” e processuale delle politiche pubbliche
Politica Pubblica: alcune definizioni (2)
“Una politica pubblica è un insieme di decisioni interrelate, prese
da un attore politico o da un gruppo di attori, sulla selezione
degli obiettivi e dei mezzi atti al loro raggiungimento all’interno
di una situazione specifica in cui gli attori hanno, in linea di
principio, il potere di prendere tali decisioni”.
William Jenkins, Policy Analysis: a Political and Organizational Perspective,
London, Martin Robertson, 1978.
–
–
–
–
Politica pubblica come processo
Ampliamento della gamma degli attori coinvolti
Potere come proprietà contestualizzata, non assoluta
Presenza di una concatenazione mezzi-fini.
Politica Pubblica: alcune definizioni (3)
Una politica pubblica è “un certo corso d’azione che un attore o
un gruppo di attori segue al fine di gestire un problema o una
questione di specifico interesse”.
C. W. Anderson, The Place of Principles in Policy Analysis, in “American
Political Science Review”, n. 73, 1979
Elemento nuovo:
• Nesso tra la politica pubblica e la soluzione di uno specifico problema.
Attività di policy making = attività di problem solving
Politica Pubblica: alcune definizioni (4)
“Una politica pubblica è un insieme di azioni compiute da una
pluralità di soggetti, pubblici e/o privati, che siano in qualche
modo correlate alla soluzione di un problema percepito come
collettivamente rilevante”. (Dunn 1981)
Elementi nuovi:
• Una politica è “pubblica” innanzitutto perché cerca di risolvere un problema
di pubblica rilevanza.
• Non sempre le azioni intraprese e le decisioni assunte seguono una netta
concatenazione mezzi/fini o un percorso coerente.
Politica Pubblica: alcune definizioni (5)
“Le politiche pubbliche sono un modo per collegare tra loro
eventi eterogenei, che avvengono in differenti contesti
istituzionali, che spesso si dipanano per lunghi periodi di
tempo, con molteplici protagonisti, ma che, nonostante questi
sfasamenti, possono essere ricondotti ad un tratto comune: i
tentativi messi in atto per fronteggiare l’insorgere di un
problema collettivo, mobilitando risorse pubbliche per avviarne
la soluzione, oppure, all’opposto, adoperandosi per negarne la
rilevanza e accantonare ogni provvedimento”.
Gloria Regonini, Capire le politiche pubbliche, Bologna, Il Mulino, 2001, p.
22.
In sintesi, una politica pubblica
è caratterizzata da:
– un processo decisionale, un insieme di azioni (e
non azioni)…
– …in qualche modo correlate (non sempre siamo in
grado di delineare una netta concatenazione mezzifini)…
– …poste in essere da una pluralità di attori, tra cui i
governi detengono un ruolo particolarmente
importante…
– …e rivolte alla soluzione di un problema
(percepito) di pubblica rilevanza.
Nella lingua inglese, due termini distinti
per due concetti diversi
• POLITICS: designa la sfera della lotta per la
conquista del potere e per la definizione degli
orientamenti generali del governo
• POLICY: designa le misure per rispondere a
uno specifico problema pubblico
Il continuum descrittivo/prescrittivo (1)
Studio del policy-making: analisi descrittiva delle politiche pubbliche.
• La domanda cruciale è: che cosa succede durante i processi decisionali?
Chi partecipa? Con quali risorse? (Lasswell: “who gets what, when and
how”)
• Idea centrale: lo studio delle politiche ci aiuta a capire meglio come
funzionano le istituzioni pubbliche
• Ruolo dell’analista: ricostruire empiricamente i contorni, le fasi, gli attori e
le loro relazioni nell’ambito dei processi decisionali (Metafora del biologo).
Es. accademici
• Proposito: Formulare modelli più realistici per l’interpretazione di come le
società complesse affrontano situazioni critiche, e riguardo ai rapporti tra
cittadini e istituzioni politiche negli Stati contemporanei (è il polo più
vicino alla scienza politica).
Il continuum descrittivo/prescrittivo (2)
Studio per il policy-making: analisi prescrittiva delle politiche pubbliche
• La domanda cruciale è: Come migliorare le politiche e i loro risultati?
• Idea centrale: studiare le politiche pubbliche è necessario perché esse
talvolta mancano i loro obiettivi, e spesso producono risultati non del
tutto soddisfacenti
• Ruolo dell’analista: esaminare i processi di formulazione delle politiche
pubbliche in chiave diagnostica/terapeutica + interesse ad approfondire
gli aspetti tecnici della progettazione e della valutazione delle politiche
(Metafore del medico e dell’ingegnere). Es. consulenti, think tanks, istituti
di ricerca (periodo iniziale anche accademici)
• Proposito: migliorare i risultati dell’azione pubblica e/o ridurne i
fallimenti. Dare suggerimenti ai decisori rispetto alle possibili soluzioni,
agli strumenti utilizzabili, alla formulazione degli obiettivi di policy.
Perchè c’è bisogno delle
politiche pubbliche?
Approccio dell’economia del benessere
• La principale teoria che ispira l’analisi
delle politiche pubbliche
• Sostiene che il mercato non sempre è
efficace (fallimenti del mercato) e che in
quei casi le istituzioni devono integrare o
sostituirsi al mercato
Economia del benessere (2)
• Obiettivo principale delle politiche
pubbliche: trovare il modo di agire nel
modo più efficiente
• Metodo per valutare l’efficienza: analisi
costi/benefici
• Definire l’efficienza: ottimo paretiano vs
criterio di Kaldor
Fallimenti del mercato
• 1- Monopolio naturale (monopolio strutture es.
Telecom)
• 2 – Informazione imperfetta (es. effetti collaterali
medicine)
• 3 – Esternalità (costi scaricati sulla collettività es.
inquinamento)
• 4 – Tragedia dei beni comuni (sfruttamento
incontrollato di risorse pubbliche quali riserve di
pesca)
• 5 – Concorrenza distruttiva (eccessiva concorrenza –
riduzione profitti e salari – riduzione del benessere
della collettività)
Fallimenti dello stato
1 - Distorsione organizzativa (società pubbliche
create per correggere il mercato ne aumentano
invece l’inefficienza)
2 – Aumento dei costi (finanziamento pubblico
permette sopravvivenza di imprese pubbliche
in perdita)
3 – Esternalità derivate (esclusione di beni e
servizi dal mercato)
Tipologie di beni e servizi (1)
• Secondo gli economisti del benessere esistono
quattro tipi di beni e servizi:
1 – Beni privati puri
2 – Beni pubblici puri
3 – Tool goods
4 – Beni collettivi
• Classificabili in base a due criteri:
1 – Escludibilità
2 - Rivalità
Tipologie di beni e servizi (2)
alta
alta
Rivalità
Bene privato
bassa
Toll good
Escludibilit
à
bassa
Bene collettivo
Bene pubblico
Tipologie di beni e servizi (criteri)
• Escludibilità: se sia possibile o
conveniente escludere dal consumo altri
individui
• Rivalità: se la contemporanea fruizione
da parte di altri consumatori diminuisca i
benefici del singolo fruitore
Tipologie di beni e servizi (esempi)
• Beni privati: Gran parte dei beni e servizi
commercializzati
• Beni pubblici: illuminazione delle strade,
difesa
• Tool goods: beni pubblici per il cui uso si può
chiedere un pedaggio (es. autostrade)
• Beni collettivi: pesci del mare
Prescrizioni degli economisti del
benessere
• Beni privati: il governo non deve intervenire
nelle transazioni
• Beni pubblici: devono essere erogati dallo
stato
• Tool goods: erogati dallo stato ma
ammortizzati con tributo/pedaggio da chi li usa
• Beni collettivi: il governo deve regolarne l’uso
tramite licenze per evitarne l’esaurimento
Gli attori di policy
La via d’uscita empirica:
il sottosistema di policy
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Attori di policy
(policy subsystem)
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• Definizione: insieme di attori, ai vari livelli, che sono coinvolti in
una particolare area di policy.
Organizzazione dello stato
Fonte: Howlett e Ramesh, 2003, p.56
Tipi di attori: i partiti
• Due domande “classiche”, al centro del dibattito teorico:
 Qual è il ruolo svolto dai partiti nel policy-making (in termini
assoluti, o in relazione agli altri attori e alle varie fasi del processo
di policy)?
 Ma i partiti contano davvero nel determinare le politiche
pubbliche?
• Più recentemente la rilevanza dei partiti è stata messa in
discussione da molti studiosi, per diverse ragioni:
 Aumento delle sfere di attività dello Stato e complessificazione
dell’intervento pubblico
 Declino ideologico e crisi organizzativa dei partiti
 Legittimità sempre più orientata all’output
Più che ai partiti in quanto organizzazioni, bisogna guardare al
ruolo del personale di estrazione partitica eletto e/o nominato nelle
istituzioni (pubbliche o semi-pubbliche)
Tipi di attori: i funzionari elettivi
• L’esecutivo (rafforzamento recente; problemi sempre
più complessi e legittimità sempre più orientata all’output)
Sist. Parlamentari
• Il parlamento
(ruolo diverso a
seconda di)
Sist. Presidenziali
In ogni caso, il suo ruolo è sempre più limitato al voto su proposte che
vengono dal governo.
Tipi di attori: i funzionari nominati
• La burocrazia: esecutori o co-decisori?
1. I burocrati possono ritagliarsi un ruolo
significativo grazie ad alcune risorse:
•
•
•
•
Competenze tecniche/specialistiche
Deleghe formali
Accesso alle risorse (informative e di bilancio)
Persistenza in carica
2. Tuttavia, la loro azione può incontrare alcuni
limiti:
• Frammentazione interna
• Assenza di legittimazione elettiva
Tipi di attori: i gruppi di interesse
• Risorse a disposizione
• Informazioni
• Risorse organizzative (es. membership; risorse
finanziarie)
• Risorse politiche
• Principali teorie
• Pluralismo
• Neopluralismo
• Neocorporativismo
Tipi di attori: organizzazioni di
ricerca e mass media
• Le organizzazioni di ricerca:
• Università (studio del policy making)
• Think-tanks (studio per il policy making)
• Mass media
• Ruolo rilevante nella definizione dell’agenda
politica (ruolo di news-maker)
Gli strumenti di policy
 Cosa sono
 Proposte di classificazione
 Gli strumenti volontari
 Gli strumenti coercitivi
 Gli strumenti misti
 Perché si sceglie uno strumento piuttosto che
un altro
Definizione
Gli strumenti di policy sono i mezzi o i meccanismi di cui lo
Stato può disporre per realizzare le politiche
La scelta dello strumento può essere molto controversa.
Gli strumenti di policy sono stati al centro di numerosi
tentativi di classificazione, basati su:
Risorse a disposizione del governo
Fine di policy
Rapporto tra stato e società: volontarietà o
coercizione?
Classificazione basata sulla legittima
coercizione (Doern e Phidd)
Coercizione
Min
AUTOREGOLA
-ZIONE da parte
della società/del
mercato
Max
PROPRIETA’
PUBBLICA
Una tassonomia basata sul livello
di erogazione da parte dello Stato
Strumenti di policy
Massimo di
obbligatorietà
Massimo di
volontarietà
STATO
SOCIETA’
Una visione d'insieme
Erogazione diretta
Impresa e controllo
pubblico
Regolazione
Coercitivi
STATO
Tasse e tariffe
aste per i diritti
proprietà
Sussidi
Informazioni
Esortazioni
Misti
Mercati
Organizzazioni
di volontariato
Famiglie e
comunità
Volontari
SOCIETA’
Quali strumenti per una policy?
• Un governo può scegliere tra i vari strumenti quelli
reputati più adatti alla soluzione di un problema
collettivamente rilevante.
• Teoricamente, la scelta può prevedere combinazioni
differenti di strumenti. Molti strumenti sono (in linea di
massima) TECNICAMENTE SOSTITUIBILI (es. sanità,
servizi di cura)
• Ciò non significa che lo siano in pratica. I diversi
strumenti sono infatti caratterizzati da differenti livelli di
LEGITTIMITA’, EFFICIENZA, EFFICACIA,
EQUITA’, APPROVAZIONE.
Strumenti volontari
• Gli strumenti volontari implicano un controllo minimo o
assente da parte del governo (non decisioni o decisione di non
agire)
• Anziché richiedere un intervento pubblico diretto, il problema
di policy viene affrontato direttamente all’interno della società.
• Alcune organizzazioni (famiglia, comunità, ong, ecc.) agiscono
per la soluzione del problema su base volontaria, e non perché
costrette dal governo.
• Il ricorso a questo tipo di strumenti pare destinato ad aumentare
a causa dei processi di privatizzazione in corso in molti stati
occidentali.
• Vantaggi in termini di efficienza (minori costi per lo stato);
possibili svantaggi in termini di efficacia ed equità.
Tipi di strumenti volontari (1)
1) Famiglia e comunità: (es. servizi di cura e assistenza)
– il vantaggio principale è che il governo non deve affrontare nessun
costo diretto, mentre può decidere di distribuire fondi per supportare
le azioni delle famiglie o delle comunità.
– Vi possono essere però molti svantaggi dal punto di vista dell’equità
(sia per chi riceve il servizio, sia per chi lo eroga).
Tipi di strumenti volontari (2)
2)
Organizzazioni di volontariato: (es. beneficienza;
tutela di interessi debolmente rappresentati ecc.).

–
–
Sostituiscono lo stato nell’affrontare numerosi problemi,
fornendo prestazioni flessibili e spesso innovative, e
stimolando lo sviluppo di spirito di solidarietà.
Tuttavia possono agire con efficacia solo in alcuni ambiti
di policy (difficoltà di fronte a problemi particolarmente
complessi, es. occupazione, disagio minorile ecc.) e
pertanto non possono essere usati come sostituti di altri
strumenti.
Rischi di “burocratizzazione” in presenza di finanziamento
pubblico
Tipi di strumenti volontari (3)
3) Mercato: è lo strumento attorno al quale vi sono
maggiori conflitti politici e ideologici (es. ideologia
liberista vs. ideologia interventista).
– Genera non pochi problemi se posto di fronte alla necessità di
beni pubblici, a cui la società attribuisce un valore.
– In genere i governi scelgono differenti combinazioni di
mercato e regolazione.
Strumenti coercitivi
REGOLAZIONE
IMPRESE A
CONTROLLO
PUBBLICO
EROGAZIONE
DIRETTA DI
BENI O SERVIZI
 Gli strumenti coercitivi vincolano o indirizzano
l'azione degli individui o delle aziende,
delimitandone i comportamenti ammissibili.
 Il governo può agire liberamente all'interno dei
vincoli costituzionali, limitando la discrezionalità
degli individui, dei gruppi e delle organizzazioni
e/o provvedendo all’erogazione diretta dei servizi.
Tipi di strumenti coercitivi (1)
1.
Regolazione: processo o attività con cui un governo
richiede o prescrive una certa azione o un certo
comportamento all'individuo e alle istituzioni.
–
–
Implica un COMANDO da parte del governo, a cui I
soggetti devono adeguarsi, pena una SANZIONE (es. leggi,
provvedimenti amministrativi, standard, proibizioni).
Può essere di natura economica (es. correzione squilibri
mercato, concorrenza ecc.) o sociale (es. tutela interessi
diffusi come la salute, la parità di genere, la qualità
ambientale ecc.)
Tipi di strumenti coercitivi (2)
2.
Imprese a controllo/partecipazione pubblica: sono
un caso estremo di regolazione, in cui il governo
partecipa al capitale azionario delle imprese e alla loro
gestione. Il livello di partecipazione statale può variare,
fino ad un max. del 100%.
•
In genere si introducono per garantire beni e servizi alla collettività nel
caso in cui il settore privato non possa rispondere a questo bisogno
perché i costi iniziali o di investimento sono troppo elevati rispetto ai
benefici previsti (es. settore delle partecipazioni statali per la fornitura di
servizi; es. politiche per il Mezzogiorno).
Tipi di strumenti coercitivi (3)
3. Erogazione diretta: diretta produzione di un servizio da
parte dello Stato (difesa, pubblica sicurezza, istruzione
pubblica, viabilità, ecc.) tramite le proprie strutture
burocratiche.
PROBLEMA DEI COSTI E DELLA “RIGIDITA’”
DELLE STRUTTURE AMMINISTRATIVE;
PROBLEMI CORRELATI ALL’INDIVIDUAZIONE
DEI BENEFICIARI
Gli strumenti misti
INFORMAZIONE ED
ESORTAZIONE
SUSSIDI
ASTE
TASSE E
TARIFFE
Combinano in vario modo elementi di
obbligatorietà con elementi di volontarietà. Il
governo li utilizza se vuole influire nelle
decisioni degli attori non statali, pur lasciando
la decisione finale agli attori privati.
Tipi di strumenti misti (1)
1) Informazione ed esortazione: si tratta di uno
strumento passivo, al quale gli individui rispondono
soltanto se vogliono farlo. In genere si applicano
dove si pensa che il governo debba rispettare la sfera
privata individuale (campagne di sensibilizzazione,
promozione di politiche di prevenzione sanitaria,
ecc.).
– Sono strumenti poco costosi e orientati al rispetto delle
libertà individuali, ma sono anche molto deboli quando
servono risultati immediati.
Tipi di strumenti misti (2)
2) Sussidi: qualsiasi forma di trasferimento di denaro
dal governo ad altri individui, imprese o
organizzazioni, allo scopo di incentivare il
compimento di un’attività desiderabile. (es.
finanziamenti; agevolazioni fiscali; prestiti e
vouchers)
• Offrono numerosi vantaggi politici (es. benefici
concentrati e visibili, costi diffusi e scarsamente
percepiti), ma presentano anche possibili svantaggi
dal punto di vista dei costi e dell’equità.
Tipi di strumenti misti (3)
3) Tasse e tariffe: sono somme che i privati (singoli cittadini o
imprese) devono pagare obbligatoriamente allo stato il
quale le utilizza per finanziare la fornitura di servizi
collettivi o come deterrenti per scoraggiare certi
comportamenti.
– Vantaggi: immediata cogenza; flessibilità dello
strumento.
– Svantaggi: alto costo politico; difficoltà nel graduare la
tassazione e conseguenti rischi di iniquità; non
consentono una precisa e immediata pianificazione,
poiché la loro riscossione è vincolata al comportamento
individuale.
Tipi di politiche pubbliche
Classificazione basata sul settore di policy
• La classificazione più semplice è quella basata sul
tipo di problema che la policy intende risolvere (es.
politica sanitaria, politica dell’ambiente; politica
dell’immigrazione)
• è una classificazione molto semplice, che ci aiuta a
delimitare la issue di riferimento. Ci dice poco,
invece, rispetto agli elementi costitutivi della policy
(attori, istituzioni, procedure, strumenti, stili)
La tipologia di Lowi
• Il contributo di Lowi è profondamente innovativo su almeno tre
versanti:
– La svolta: policy determines politics (ogni policy ha la propria politics)
– Le arene del potere: per ciascun tipo di policy, possiamo trovare un’arena
decisionale caratterizzata da un particolare tipo di politics (attori coinvolti;
tipo di interazione e stile decisionale; locus decisionale privilegiato)
– Il criterio della coercizione come base per l’elaborazione di una tipologia.
In particolare, se ne considerano due dimensioni:
• Ambito di applicazione della coercizione  individuo vs.
ambiente/collettività
• Probabilità della coercizione (percezione di)  immediata vs. remota
La tipologia di Lowi
Applicabilità della coercizione
Ambiente dell’azione
remota
immediata
Probabilità della coercizione
Azione individuale
Politica distributiva
Politica costituente
(Arena distributiva)
(Arena costituente)
Politica regolativa
Politica redistributiva
(Arena regolativa)
(Arena redistributiva)
Le politiche distributive
(ambito individuale; probabilità remota)
• Hanno per oggetto l’attribuzione di benefici immediati a destinatari visibili
(si capisce bene chi ci guadagna).
• Costi occultati, o comunque non facilmente individuabili (non si capisce
chiaramente chi/cosa ci perde).
• Disaggregazione della politica in micro-provvedimenti individualizzanti.
• Interazioni tra gli attori sostanzialmente prive di momenti conflittuali. Lo
stile decisionale può essere definito come logrolling e pork-barrel
• Sedi decisionali prevalenti: commissioni parlamentari; agenzie
amministrative; di preferenza, sedi istituzionali frammentate e opache, e
iter procedurali complessi.
 Vantaggi: bassa conflittualità; alta convenienza politica.
 Problemi e rischi: impatto limitato poiché spesso circoscritte a piccoli gruppi di
destinatari; problemi in termini di equità; rischi di policy making incoerente e
frammentato; rischi di degenerazione clientelare.
Le politiche regolative
(ambito individuale; probabilità immediata)
• Hanno per oggetto la diretta riduzione o delimitazione dei comportamenti
ammissibili di individui e gruppi.
• Di solito è ben chiaro chi viene “colpito” dalla regolazione
• Ciò rende le interazioni tra gli attori (regolatori e regolati) fortemente
conflittuali.
• Stile decisionale: bargaining (negoziato)
• Sedi decisionali prevalenti: assemblee legislative.
• Gli esiti sono spesso imprevedibili
• La regolazione tende a perpetuarsi, anche se il “potenziale regolativo” delle
politiche varia spesso nel tempo (es. nuove regole, sovrapposizioni,
mutamenti di contesto ecc.)
• La cogenza delle regole non è un fatto scontato: le regole si dimostrano tali
solo nel momento in cui i comportamenti vi si conformano (es. tassazione e
condono fiscale)
Le politiche redistributive
(ambito esteso; probabilità immediata)
• Hanno per oggetto il trasferimento esplicito di risorse fra due o più gruppi sociali.
Sono politiche con cui si tolgono risorse economiche a qualcuno (che si oppone)
per darle a qualcun altro (che si mobilita per ottenerle).
• Imputazione ben visibile dei costi economici e dei benefici. Giochi “a somma
zero”. È ben chiaro chi ci perde e chi ci guadagna.
• Le interazioni tra gli attori sono altamente conflittuali.
• Lo stile decisionale è quello del bargaining (negoziato), che coinvolge di solito i
vertici del governo, dei sindacati e delle associazioni di categoria. La loro capacità
di “portare a casa il risultato” è largamente condizionata dalle risorse
(organizzative e di consenso) controllate da ciascun attore.
• Le sedi decisionali privilegiate sono l’arena elettorale (scontro tra forze politiche
che rappresentano specifici gruppi sociali) e l’arena governativa, con il governo
che rappresenta (almeno formalmente) il decisore ultimo.
• Esempi tipici: relazioni industriali, politiche pensionistiche, politiche fiscali.
Politiche costituenti
ambito esteso; probabilità remota
• È il tipo meno analizzato da Lowi.
• Hanno per oggetto la definizione delle regole del gioco e degli
assetti istituzionali entro i cui confini potranno essere create le
future politiche governative (METAREGOLE  regole sulle
regole).
• Incidono sulla distribuzione dell’autorità, stabilendo “chi” ha
diritto di decidere “cosa” in ultima istanza.
• Di solito i policy makers coincidono con i policy takers
(burocrati, partiti politici)
• Poiché si tratta delle regole del gioco, di solito le decisioni
richiedono il supporto di un’ampia maggioranza, innescando
dinamiche di tipo consensuale e seguendo uno stile decisionale
di tipo cooperativo.
I tipi di Lowi nella pratica
• Difficoltà a collocare una politica pubblica concreta in uno
solo dei quattro tipi (es. possibile sovrapposizione di
redistribuzione e regolazione – specie al momento di fissare i
requisiti; es. politica di coesione dell’UE)
• Se interpretate rigidamente, le arene di Lowi rischiano di non
cogliere interessanti elementi di differenziazione tra la realtà
empirica e i tipi proposti (es. recenti politiche costituenti nel
caso italiano).
• I tipi individuati da Lowi vanno considerati come strumenti
analitici, cioè come pietra di paragone con cui confrontare le
politiche concrete
Altre proposte tipologiche: la tipologia di Wilson
• Trae ispirazione dalla tipologia di Lowi (policy → politics)
• Si concentra sulle politiche regolative, ma il ragionamento può essere
esteso anche agli altri tipi di policy.
Diffusi
Entrepreneurial
politics
Concentrati
Benefici
• È articolata in base a due dimensioni: i costi e i benefici (così come
percepiti dai destinatari)
Interest group
politics
Majoritarian
politics
Client politics
Concentrati
Diffusi
Costi
Majoritarian Politics
(costi e benefici diffusi)
• Si ha nel caso di interventi che riguardano problemi di tutta la
collettività, ma in cui nessuno intravede concrete possibilità di
ottenere benefici sproporzionati ai costi, e nessuno rischia di
pagare troppo per vantaggi goduti da altri.
• Per questo non vi è una grossa mobilitazione a favore di queste
politiche, né particolare conflitto.
• Laddove riescano ad entrare in agenda, saranno maggioranze
debolmente interessate a decretarne l’approvazione o il rigetto.
Interest group politics
(costi e benefici concentrati)
• Si ha nel caso di interventi in cui chi ci guadagna e chi ci
perde è ben risaputo, ed i destinatari hanno tutto l’interesse
a mobilitarsi con tutte le proprie risorse per far prevalere
l’ipotesi preferita.
• È un processo che segue logiche prevalentemente
negoziali, e si svolge di solito in modo appartato, lontano
dai riflettori dell’alta politica. I gruppi di interesse sono
quelli maggiormente incentivati alla partecipazione.
• Spesso le soluzioni cercano di accontentare, anche se in
misura diversa, tutte le parti in gioco.
Client politics
(costi diffusi e benefici concentrati)
• Si ha nel caso di politiche che vanno a favorire gruppi ristretti
a spese di cittadini non adeguatamente attrezzati a percepirne i
costi.
• Quindi, come nelle politiche distributive, i benefici sono ben
visibili e i costi no.
• L’interazione tra gli attori, quindi, non è per niente conflittuale,
ma è piuttosto caratterizzata da compromesso e dinamiche
collusive.
• Le decisioni vengono prese anche in questo caso, e in misura
ancora maggiore, lontano dai riflettori, attraverso procedure
opache e distanti dai giochi politici visibili.
Entrepreneurial politics
(benefici diffusi e costi concentrati)
• Si ha quando alcuni “imprenditori di policy”
cercano di vincere le resistenze dei gruppi
organizzati per promuovere politiche volte alla
tutela dell’interesse generale.
• È fondamentale la capacità di questi attori di
mobilitare e mantenere alta l’attenzione verso il
problema di policy
Lo studio del policy making: linee generali
•
È il filone che mostra la continuità più evidente con i temi e i metodi della scienza
politica (finalità descrittiva, metodo induttivo, forte base empirica)
•
Idea centrale: La descrizione/ricostruzione del policy making consente di:
– Mettere a fuoco le modalità concrete attraverso cui si sviluppano i fenomeni
politici (quali attori partecipano, con quali risorse, con quali stili ecc.)
– Avere una visione completa, dotata di profondità spaziale e temporale, dei
processi decisionali che riguardano uno specifico problema pubblico ai diversi
livelli di governo, nei vari livelli funzionali del sistema politico,
nell’interazione tra Stato e società.
Il processo di policy
Alcuni le unificano
sotto “formulazione
Presa
d’atto del
problema
Proposta
delle
soluzioni
1.
2.
Definizione
dell’agenda
Formulazione
della policy
Scelta della
soluzione
3.
Processo
decisionale
(Agenda
setting)
Retroazione
Attuazione
della
soluzione
Controllo dei
risultati
4.
5.
La messa in
opera
La valutazione
.
Chi decide le politiche?
2° dilemma: modelli basati sulla prevalenza
o modelli basati sulla relazione? (1)
• Modelli basati sulla prevalenza (immagine monocentrica
del policy making). Si ritiene, a-priori, che un certo tipo di attori conti
più degli altri.
•
•
•
•
Es. partiti (Party government)
Es. burocrati (Bureaucratic government)
Es. esperti
Es. statalismo
Problema: si risponde più alle domande “Chi governa? Chi ha
più potere?” che alla domanda “chi fa concretamente le
politiche”
2° dilemma: modelli basati sulla prevalenza
o modelli basati sulla relazione? (2)
“occupati a cercare di identificare gli attori veramente potenti, gli osservatori tendono a non
notare il potere e l’influenza che nascono dalle configurazioni con cui si muovono e trattano
reciprocamente i policy makers principali”, Heclo 1974
Modelli basati sulla relazione (immagine policentrica)
• Triangoli di ferro (Gruppi di interesse/commissioni parlamentari/apparati
burocratici) → Immagine “rigida” delle relazioni tra attori.
• Policy networks (immagine più “elastica”. Metafora della “rete” di attori)
– Prospettiva “formale”/configurativa (scuola inglese): si fa attenzione alla
“forma” del network, e in particolare a:
» Numero e stabilità degli attori coinvolti Issue network 
Policy community
» Grado di apertura delle reti
– Prospettiva di teoria sociale (scuola tedesca): network come nuove forme di
governo, che riflettono le mutate relazioni tra stato e società. Alternativa ai
meccanismi del mercato e della gerarchia
Fase 3 - Decisione
•
4 principali modelli decisionali
1.
2.
3.
4.
Razionalità assoluta
Cognitivo
Incrementale
Garbage can (cestino dei rifiuti)
Il modello razional-sinottico (detto anche razionale
sinottico o della razionalità assoluta)
• Assunti: Unicità del decisore; Preferenze ordinate; Perfetta separazione tra
mezzi e fini; Perfetta conoscenza di tutte le possibili soluzioni alternative;
Capacità di valutare simultaneamente tutte le conseguenze; Possibilità di
calcolare tutti i costi (non necessariamente economici) legati alla scelta di
ogni singola opzione.
• Come si decide: La decisione consiste nell’adottare i mezzi che ci
consentono di raggiungere i fini prefissati nel miglior modo possibile;
ricerca della soluzione OTTIMALE. Decisione come calcolo.
• Alcuni esempi: Scienza economica; Ambito giuridico; Alcuni settori
dell’analisi delle politiche pubbliche (Decision Analysis; PPBS…)
Il modello cognitivo (o della razionalità limitata)
di H. Simon
• Premessa: Le facoltà cognitive dell’essere umano sono limitate: chi decide,
quindi, non è in grado di conoscere tutte le soluzioni possibili di un
problema e di vagliarne simultaneamente costi e benefici. (Critica agli
assunti del modello razional-sinottico)
• Come si decide: Chi decide svolgerà una ricerca sequenziale delle possibili
soluzioni alternative del problema che deve risolvere, e sceglierà la prima
che reputa SODDISFACENTE per il conseguimento dei propri obiettivi.
Gli stessi fini possono essere ridimensionati alla luce dei mezzi di cui si
dispone (es. procedure già collaudate, routines…). Continui aggiustamenti
tra mezzi e fini, anche in seguito ad eventuali fallimenti; l’errore diventa
fonte di apprendimento per decisioni successive. I problemi non sono
“dati” ma sono definiti dagli attori in gioco (visione costruttivista dei
problemi).
Il modello incrementale di Ch. Lindblom
• Premessa: Le decisioni sono sempre l’esito di processi collettivi; ad es. nei
sistemi democratici e pluralisti le scelte pubbliche sono prodotte da attori
non solo singolarmente “limitati”, ma anche frammentati e portatori di
interessi diversi. In tali situazioni i decisori aspirano ad ottenere di volta in
volta ciò che è possibile, piuttosto che perseguire quello che è astrattamente
desiderabile.
• Come si decide: Le decisioni sono il frutto di mutui accordi tra attori
partigiani; non è possibile definire a priori i fini, ma si tende piuttosto a
definirli e adattarli a seconda dei mezzi disponibili (non c’è quindi
separazione). L’obiettivo non è raggiungere una meta prefissata, ma
piuttosto discostarsi dallo status quo, procedendo tramite comparazioni
limitate e successive. Le decisioni hanno quindi natura incrementale.
Questo metodo minimizza il rischio di errori, o comunque consente di porvi
rimedio.
Il modello “cestino dei rifiuti” di March e Olsen
•
Premessa: Nell’ambito dei processi decisionali reali, non solo gli attori sono miopi e
frammentati, ma si muovono anche in un contesto caratterizzato da una forte
ambiguità: non c’è solo incertezza in merito alle soluzioni, ma anche le domande
sono formulate in modo chiaro e impreciso. Le preferenze degli attori non sono date,
ma prendono forma soltanto durante la loro interazione. I problemi non si presentano
uno per volta, ma premono congiuntamente sulla stessa occasione di scelta. Talvolta
le soluzioni possono addirittura preesistere ai problemi. Infine, la partecipazione degli
attori è fluida e incostante.
•
Come si decide: “Ogni occasione di scelta appare come un bidone della spazzatura in
cui i partecipanti buttano alla rinfusa vari tipi di problemi e soluzioni, man mano che
vengono generati. La scelta finale dipende quindi dall’incontro tra quattro variabili: i
partecipanti, i problemi, le soluzioni e le occasioni di scelta. (…) Il criterio
decisionale che emerge da questo modello è il caso (…). È il tempo a svolgere un
ruolo fondamentale: la coincidenza temporale è il criterio fondamentale che regola le
scelte”.
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Lezione 15 - I blog di Unica