Master in Psicomotricità Educativa e Preventiva
Culture del corpo
Rossella Ghigi
Classi sociali, stili di vita,
moda
Differenziazione sociale
Cerchie di relazioni sociali dell’individuo
X in una società poco differenziata
Cerchie di relazioni sociali dell’individuo
X in una società più differenziata
Differenziazione sociale
L’individuo è inserito
in più gruppi che
hanno meno presa su
di lui
Georg Simmel
(1858 –1918)
Differenziazione sociale
L’individuo acquista
maggiore individualità
psichica, maggiore
libertà, maggiore
tensione alla
realizzazione individuale
MA più solitudine
L’individualismo e la libertà
individuale comportano
incertezza
Economia monetaria nelle
grandi città: rapporti
specialistici mediati dal
denaro
Anonimità degli scambi nella
città
Sentirsi soli in
mezzo alla folla
Georg Simmel
VITA NELLE METROPOLI
scambi fugaci
categorizzazione
immediata di appartenenza
a un gruppo basata
sull’apparire
Georg Simmel
Modernità:
differenza nell’uguaglianza
Necessità di esprimere
entrambe:
LA MODA
Georg Simmel
LA MODA
DIFFERENZIAZIONE Vs.
UGUAGLIANZA
DISTINZIONE Vs.
IMITAZIONE
Georg Simmel
Moda
non è semplice imitazione
esigenza di appoggiarsi al
gruppo
(deresponsabilizzazione
per le proprie scelte) +
esigenza di esprimere una
singolarità (etica
individualistica)
Genere e cultura del corpo
Identità di genere
Per “genere” in
sociologia si indica
l’organizzazione sociale
dell’identità sessuale
(L. Nicholson, 1990)
Emma e Nino
• Popolazione con almeno un titolo di
studio secondario superiore per genere e
classe di età, Italia anno 2006 (Fonte: Miur)
• Tasso di occupazione delle donne 1564 anni per regione –2005 (Fonte: Istat)
Tasso
di occupazione delle donne 15-64 anni
per titolo di studio e ripartizione geografica –
Media anno 2005 (Fonte: Istat)
• Tasso di disoccupazione delle donne
per regione –2005 (Fonte: Istat)
di disoccupazione per genere – Media
anno 2005 (Fonte: Eurostat)
Tasso
•
Occupati a tempo determinato sul totale degli occupati per genere - 1°
trimestre 2006 (Fonte: Eurostat)
• Tassi di occupazione delle persone 35-44 anni per
genere, condizione familiare e numero di figli - Media
2005 (Fonte: Istat)
70
intervistata
partner
60
58,3
50
45,2
41,8
39,9
40
39,6
35,936,3
35,5
32,5
31,5
32,3
30
25,9
25
24,1
20,5
19,4
20
19,3
16,6
14,9
10
5,4
0
fino a 1
ora al
giorno
2 ore al
giorno
3 ore al
giorno
4 ore al
giorno e
oltre
lavoro domestico dal lunedì al venerdì
fino a 1
ora al
giorno
2 ore al
giorno
3 ore al
giorno
4 ore al
giorno e
oltre
lavoro di cura dal lunedì al venerdì
fino a 1
ora al
giorno
2 ore al
giorno
3 ore al
giorno e
oltre
tempo libero
• Lavoro domestico ed extradomestico (Istat 2005)

Donne imprenditrici individuali o
in società di persone o di
capitali sul totale degli
imprenditori per regione – Anno
2003 (Fonte: Istat)
 Redditi individuali annuali netti
da lavoro autonomo delle donne
rapportati a quelli degli uomini per
regione – Anno 2003 (Fonte: Istat)
Senato - Elezioni 2008
uomini
donne
Camera - Elezioni 2008
uomini
donne
La violenza
Dalla differenza alla disuguaglianza
1. Nelle relazioni economiche
(Lavoro, produzione..)
2. Nelle relazioni di potere
(Potere nella famiglia, nel lavoro, nel gruppo dei pari, nelle
assemblee..)
3. Nelle relazioni emotive
(Nel rapporto uomo/donna, nel rapporto coi figli, nel lavoro, etc)
4. Nelle relazioni simboliche
(Nello spazio pubblico, nelle rappresentazioni mediatiche,
nell’immaginario, nei libri, etc.)
Dalla differenza alla disuguaglianza
Ma anche nel rapporto stesso con il proprio
corpo: nelle pratiche, nello stato di salute,
nel rapporto con gli altri, nella
rappresentazione mediatica...
Emma e Nino: cosa succede di
diverso nel loro percorso?
Diverse le risposte in letteratura scientifica:
•Emma e Nino sono “diversi” per natura e
predisposizioni;
•Emma anticipa la discriminazione che
conoscerà autoescludendosi, Nino no;
•Emma e Nino sono stati educati in maniera
diversa, a ruoli di genere differenti.
La socializzazione di genere
Teoria del “ruolo sessuale”
Apprendimento tramite diverse agenzie
di socializzazione
Rinforzi e sanzioni
Interiorizzazione dell’identità di
genere
Caratteristiche innate
Socializzazione di genere
Dalle differenze …
Discriminazione
sociale
… alle disuguaglianze
“Per produrre individui che siano, in una certa misura,
consenzienti a un destino preconfezionato, che inizia ancor
prima della nascita, bisogna ricorrere a un sistema
condizionatore adeguato. [Questo inizia fin dal] colore del
corredino preparato per il nascituro. […] Più questi modelli
sono differenziati per maschi e femmine, più il risultato
appare garantito, per cui fin dalla primissima infanzia si
elimina tutto ciò che può renderli simili e si esalta tutto ciò
che può renderli differenti”; […] “dalla femmina ci si aspetta
che diventi un oggetto, ed è considerata per quello che darà.
[…] il suo destino è la rinuncia alle aspirazioni personali”
(Gianini Belotti 1973, 25-27; 22).
“Ci si allarmerà, per i maschi, a causa del wrestling e dei
cartoni animati violenti e del troppo tempo trascorso davanti
ai videogiochi. Ci si angoscerà, nel caso delle femmine, per
il loro corpo, la loro bellezza, la possibilità che diventino
prede sessuali. Difendendo le bambine diligenti dai maschi
disturbatori, nei primi giochi e all’asilo, si condanneranno
entrambi” (Lipperini 2007, 96).
Le femmine sono definite con più frequenza “belle”, “attraenti”, “piccoline”,
mentre i maschi vengono piuttosto detti “svegli”, “forti”, si dice che siano
dotati di maggiore capacità di coordinazione e che abbiano una “voce forte” .
Lloyd e Duveen (1990; cit. in Seveso 2000): esperimento filmando
l’interazione di alcune madri che incontravano per la prima volta dei bambini
di 6 mesi di età di ambo i sessi. Metà di questi bambini erano stati vestiti con
gli abiti tipici del genere opposto, cosicché le madri non sapevano che il
genere che loro attribuivano non sempre corrispondeva al sesso biologico
dell’infante. Il risultato fu che quando pensavano di giocare coi maschietti, le
madri erano meno affettuose, più attive, offrivano loro sonagli o martelli,
mentre con le bambine erano più amorevoli, dolci e pacate e offrivano loro
bamboline.
Altre ricerche hanno mostrato un comportamento inconsapevolmente
differenziato per bambine e per bambini da parte dei genitori:
dall’arredamento scelto per la cameretta ai giochi proposti, dalle istruzioni
circa il comportamento da tenere, al contatto fisico e allo spazio che viene
consentito di occupare. In generale, dal bambino ci si aspetta
tradizionalmente che abbia un giorno la possibilità di utilizzare tutte le risorse
personali, ambientali e altrui per realizzarsi, dalla bambina ci si aspetta
piuttosto che interiorizzi un giorno le proprie energie “perché altri vi possano
attingere” (Gianini Belotti 1973, 22). L’educazione da parte dei genitori è
ancora oggi condizionata da queste differenti aspettative.
Diverse ricerche mostrano come l’attribuzione ai maschietti di una maggiore
vivacità porti i genitori a scegliere per loro giochi che la stimolano e
sollecitano; viceversa, attribuendo maggior pacatezza alle bambine, i genitori
regalano loro giochi di cura e tendono a raccomandarsi di far diminuire la
loro esuberanza nel gioco. L’effetto è che già a “nove, dieci anni, le bambine
si osservano, dunque, nello specchio di una femminilità multipla, ma con due
imperativi principali: piacere e accudire” (Trinci 2009, 23). Ferraris e Lo Coco
(1983) hanno mostrato, confrontando dati di questionario somministrato agli
adulti e narrazione di storie di bambini tra i 3 e i 5 anni, che questi ultimi
hanno stereotipi sessuali associati alle attività lavorative simili a quelle degli
adulti.
Altre ricerche su bambini di ambo i sessi tra i 4 e i 7 anni di età: le femmine
mostrano una maggiore conoscenza del maschile (ovvero di ciò che viene
considerato appropriato per un maschio) rispetto ai loro coetanei. La
spiegazione fornita non si basa su qualità innate attribuite alle bambine, ma,
prevalentemente, a cause di tipo ambientale e culturale: definendosi fin da
piccole come “altro da”, le bambine sono più portate dei coetanei a dover
conoscere il modello dominante da cui differenziarsi.
“Le donne sono percepite come più emotive, gentili,
sensibili, dipendenti, poco interessate alla tecnica, curate
nell’aspetto, naturalmente disposte alla cura. Gli uomini, al
contrario, sono percepiti come aggressivi, indipendenti,
orientati al mondo e alla tecnica, competitivi, fiduciosi in se
stessi, poco emotivi.
Si tratta, come si vede, esattamente delle caratteristiche
appropriate per sostenere il ruolo sociale che ai due sessi
viene riservato; il maschio dominante orientato all’esterno, la
femmina dominata, ripiegata su se stessa e la casa.”
Mazzara, Stereotipi e pregiudizi, I997, p.26-27.
“Se lui aggredisce, comanda, impone, lei seduce, lusinga,
implora.. La donna è costretta a usare il solo linguaggio che
conosce e le è stato concesso, quello emotivo, confuso,
contraddittorio, che è perdente rispetto alle risposte lucide,
logiche, dell’uomo. La seduzione, la civetteria, l’inganno, la
simulazione, il piccolo baratto o il grande ricatto, la falsa
acquiescenza, il pianto, il vittimismo, la malattia.. Sono tutte
aggressioni camuffate, le sole permesse alle donne.”
Gianini Belotti, Dalla parte delle bambine, 1973
“Già durante i primi tre anni di vita si notano differenze nei
ruoli adottati da bambini e bambine nel gioco; è tuttavia
verso i 5 anni di età che l’identificazione a un genere si
manifesta in misura maggiore. Se Fein a metà degli anni
settanta già sottolineava la prevalenza di giochi maschili tra i
bambini, e di giochi femminili ma anche maschili tra le
bambine, altre ricerche hanno mostrato che i bambini di
ambo i sessi dai 5 anni in poi sono punitivi verso i coetanei
che non rispettano i ruoli sessuali. Un bambino di più di 5
anni che gioca con le bambole o si trucca viene deriso dai
compagni; allo stesso modo, una bambina che gioca con le
pistole viene talvolta rifiutata dalle coetanee (Neri 2006;
2007).
Un’altra ricerca (Cecchi 2007) proponendo schede-disegni e trascrivendo i
colloqui con bambini di una scuola dell’infanzia e di una scuola primaria, ha
confermato la presenza di stereotipi di genere. In particolare, i bambini della
scuola dell’infanzia collegano rapidamente il genere a specifici tratti anatomici,
non senza una chiara attribuzione di valore: “i maschi hanno le gambe più
atletiche, le femmine meno atletiche, i maschi hanno i muscoli duri e le
femmine molli” (ibidem, 309); in altri casi hanno mostrato di organizzare la
realtà sulla base del genere (“la palla è da femmina” se “ha un pezzettino di
colore rosa”; “il maschio non può giocare con la bambola ma se è un bambolo
sì”; “g. non si può mettere il grembiule rosa sennò diventa una donna”; “i
maschi hanno la faccia da maschi, se si mettono il grembiule rosa gli viene la
faccia da femmina”; ibidem, 308) e di aver interiorizzato stereotipi di genere
tipici degli adulti (“essere femmine vuol dire non amare le rughe”, “essere
comandine”; “fare shopping”; essere maschi significa “avere responsabilità”,
“proteggere la famiglia”, “essere sicuri che non ci siano problemi”).
•La femminilità viene definita
soprattutto in base alla
capacità di prendersi cura
delle cose e delle persone:
ma queste capacità nel
mondo sociale e nella
costruzione delle identità
individuali sono scarsamente
o per nulla considerate.
Colette Guillaumin
Il corpo è costruito come maschile o
femminile:
Dalle modifiche dirette alle caratteristiche
morfologiche, alla capacità motoria, agli
strumenti e al modo di manipolarli.
(es. Immobilizzazione e manifestazione di impazienza)
Le posture
Critiche al modello tradizionale della socializzazione di genere:
•Non esiste un unico “ruolo sessuale” per bambine e per
bambini;
•Non esistono differenze nei “tratti caratteristici” tali da parlare
di un’unica “differenza” (innata/acquisita);
•Nella “socializzazione” il soggetto non è puramente
“passivo”;esiste una dimensione gratificante e di piacere anche
fisico nell’apprendimento di genere;
•In quanto pratica, la socializzazione di genere è esposta al
cambiamento.
Tuttavia:
Quali che siano le dinamiche di apprendimento e
i gradi di libertà nell’interiorizzazione dei ruoli
di genere, le diverse agenzie di
socializzazione (famiglia, gruppo dei pari,
media..) concorrono a rinforzare un’equazione
fondamentale:
Donna = corpo (materia, natura, imprevedibilità,
istinto)
Uomo = logos (anima, cultura, controllo,
raziocinio)
Equazione donna = corpo
Binomio profondamente radicato nel
pensiero occidentale.
Susan Bordo: la donna impara fin da
piccola a essere un corpo, l’uomo ad
avere un corpo
Equazione donna = corpo
“Gli uomini agiscono le donne appaiono.
Gli uomini guardano le donne. Le
donne si guardano mentre vengono
guardate. Questo fatto è determinante
non solo nelle relazioni tra uomini e
donne, ma anche nel rapporto delle
donne con se stesse. Lo sguardo di una
donna su se stessa è maschile: l’oggetto
dello sguardo è femminile. Perciò la
donna trasforma se stessa in oggetto, in
particolare in oggetto di una visione,
uno spettacolo.” Berger (1971)
La politica dei corpi di genere
1. Iper-sessualizzazione
2. Stereotipizzazione
3. Disciplinamento
4. Iper-ritualizzazione
La politica dei corpi di genere
1. Iper-sessualizzazione
2. Stereotipizzazione
3. Disciplinamento
4. Iper-ritualizzazione
Ipersessualizzazione: donna
essenzialmente come corpo sessuato
1.
Produce e ri-produce
l’equazione donna=
corpo=oggetto per gli altri;
2. Rafforza l’idea che essa sia
un’entità incontrollabile ma
consumabile al tempo stesso
3. Induce la donna a pensarsi
costantemente come un corpo
www.ilcorpodelledonne.net
http://www.youtube.com/watch?v=B
rSSSfYE2dQ
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