Valerio Cutini
a.a. 2013 / 2014
Università degli Studi di Pisa
insegnamento di
Tecnica Urbanistica
• Corso di laurea triennale in Ing. Edile
Ingegneria del Territorio
• Corso di laurea magistrale
in Ing. Idraulica,Trasporti e Territorio
Lezione n° 5.
Il principio di interazione spaziale
valerio cutini
Il principio di interazione spaziale
a.a. 2013-2014
Il principio di interazione spaziale è posto alla base del
funzionamento del sistema urbano
I metodi e i modelli che vi afferiscono mirano a rispondere
alla questione dei rapporti che intercorrono fra le attività
localizzate entro un determinato sistema insediativo
Come nella
città?
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Spazio urbano e rapporti fra attività
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Ogni attività posta in un sistema sviluppa con i suoi
elementi una complessa rete di relazioni: relazioni di
attrazione, di repulsione, di cooperazione
Reciprocamente, tutte le attività del sistema
esercitano su di essa analoghe relazioni, di vario
genere. Esempi:
Spostamenti fisici (movimento pedonale o veicolare)
Compravendita di beni o servizi
Scambio di informazioni (telefono, Internet, …)
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L’ipotesi gravitazionale
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Questi rapporti sembrano organizzarsi sulla base di
campi gravitazionali, la cui intensità appare sensibile
alla dimensione delle attività e alla loro mutua distanza
Ogni attività sembra subire (ed esercitare) da parte
delle altre attività una influenza proporzionale
all’entità delle grandezze in gioco e inversamente
proporzionale alla distanza che le separa
Una tale evidenza ha suggerito di studiare tali rapporti
mediante modelli costruiti in analogia con le leggi
newtoniane sulla fisica dei gravi, assimilando le attività
a corpi fisici di massa proporzionale alla propria entità
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Utilità dei modelli gravitazionali
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I modelli gravitazionali si rivelano particolarmente utili
per lo studio dei fenomeni urbani e territoriali
Di tale modello si prospettano due possibili
utilizzazioni, frequentemente praticate:
una utilizzazione come modello di flusso, finalizzato a
misurare l’intensità delle relazioni di interazione fra
attività insediate
una utilizzazione come modello di potenziale,
finalizzato a misurare l’influenza determinata da tutte
le attività insediate in un qualsiasi punto dello spazio
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I modelli gravitazionali
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Secondo la legge di gravitazione universale, due corpi A
e B posti nello spazio si attraggono con una forza la cui
intensità varia in ragione delle loro masse M e in ragione
inversa del quadrato della distanza che li separa
TAB = K (MA MB) / d²
L’estensione di una tale formulazione allo studio dei
fenomeni spaziali è stata da decenni sperimentata con
successo in vari campi di analisi, come i movimenti
pendolari, i rapporti commerciali, le spese telefoniche
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I modelli gravitazionali
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In tali sperimentazioni, si è assunto come valore
dell’intensità di interazione fra due attività i e j
insediate, di consistenza (fisica, demografica,
economica, etc.) Pi e Pj quello Tij risultante
dall’espressione
Tij = K (Pi Pj ) / d
Dove l’esponente  esprime il peso della frizione spaziale
nel fenomeno in studio, ovvero il peso della specifica
deterrenza che la distanza pone alla interazione nel caso
in specie
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Il modello di Reilly
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Una delle prime sperimentazioni del principio di
interazione gravitazionale risale agli anni ‘30, quando
William Reilly presentò la sua “law of retail gravitation”
È un’estensione del modello gravitazionale per l’analisi
dei movimenti finalizzati all’acquisto di beni al dettaglio
Secondo tale legge, dati due centri urbani A e B, con
popolazione residente rispettivamente pari a PA e PB, la
vendita di beni al dettaglio in A e in B effettuata nei due
centri dai consumatori residenti nei diversi centri
intermedi C risulta dalla espressione:
VA / VB = (PA/PB ) / (dBC  / dAC )
 1   1,5 - 2,5
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Il modello di Reilly: un’applicazione
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Un’applicazione del modello di Reilly consiste
nella individuazione dei limiti delle aree di mercato di 2
centri
A
C
B
Poiché sulla frontiera fra le due aree di mercato le vendite
si equivalgono (VA= VB) è possibile definire, ponendo ad
es.  = 1 e γ = 2, il punto di frontiera C sul segmento AB
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Il modello di Reilly: un’applicazione
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VA/VB = (PA /PB )/(dBC  /dAC ) = 1
(PA/PB )/(dBC/dAC)2 = 1
A
C
B
(PA/PB )= (dAC /dBC)
(PA/PB )= (dAB /dBC) - 1
(PA/PB )= (dAB- dBC) /dBC
dBC = dAB / [1 + (PA/PB )]
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I modelli di interazione spaziale
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Si consideri un sistema territoriale, in cui siano insediate
n attività
Chiamiamo Tij l’intensità della relazione di interazione
fra l’attività i-esima e l’attività j-esima
Naturalmente, il flusso totale in uscita dall’area di origine
iè
Oi = Σj Tij
Mentre il flusso totale in entrata nell’area di destinazione
jè
Dj = Σi Tij
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I modelli di interazione spaziale
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In analogia alla fisica dei gravi, l’entità dell’interazione Tij
fra l’attività i-esima e la j-esima, fra loro distanti dij, è
proporzionale al flusso totale in uscita da i, al flusso totale
in entrata in j e ad una funzione dell‘impedenza spaziale:
Tij = k Oi Dj f (dij)
L’interazione fra i e j deve tuttavia tenere conto anche
della presenza delle altre attività concorrenti nella
ripartizione dei flussi…
…e quindi sarà inversamente proporzionale alla
attrazione esercitata dalle altre zone:
Tij = k Oi Dj f (dij) / k Σj Dj f (dij)
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I modelli di interazione spaziale
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Tij = k Oi Dj f (dij) / k Σj Dj f (dij)
Se in tale espressione poniamo:
Ai = 1 / Σj Dj f (dij)
Tij = Ai Oi Dj f (dij)
Se poi sostituiamo:
Prij = Ai Dj f (dij)
Tij = Oi Prij
Ovvero, l’interazione dell’origine Oi con la destinazione
Dj può essere vista come il prodotto del flusso in uscita
Oi per la “probabilità” che tale flusso sia indirizzato
proprio alla destinazione Dj
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I modelli di interazione spaziale
a vincolo unico
Si dicono “a vincolo unico” i modelli gravitazionali
progettati in modo che i risultati del modello rispettino
una sola delle seguenti condizioni
Σj Tij= Oi
Σi Tij= Dj
I modelli di interazione spaziale a vincolo unico sono
finalizzati a ricavare, dato il flusso Oi in uscita, l’entità
del flusso in entrata Dj (o viceversa), oltreché l’intensità
delle interazioni Tij
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Il modello di
Lakshmanan-Hansen
T.R. Lakshmanan
Il modello di Lakshmanan-Hansen, studiato nel 1965 per
ottimizzare la localizzazione degli shopping centers di
Baltimora, è anche detto “modello di Baltimora”
È un modello gravitazionale a vincolo unico che assume
ad oggetto il flusso per gli acquisti al dettaglio fra le
zone residenziali ed i centri commerciali
Obiettivo è determinare il fatturato di ogni centro
commerciale e di confrontarlo con un valore di soglia,
sotto al quale non ha possibilità di prosperare
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Il modello di
Lakshmanan-Hansen
L’ipotesi di lavoro è che l’ammontare degli acquisti
effettuati dai residenti nella i-esima zona nel j-esimo
shopping center sia:
proporzionale all’ammontare della spesa
complessiva effettuata in ogni zona residenziale
proporzionale al potere attrattivo dello shopping
center
inversamente proporzionale alla distanza fra la
residenza e lo shopping center
inversamente proporzionale al potere attrattivo
degli altri shopping centers
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Il modello di
Lakshmanan-Hansen
Si assumono le seguenti notazioni:
Pi - popolazione della i-esima zona residenziale
ci - spesa media pro-capite nella i-esima zona
Fj - taglia del j-esimo shopping center
dij - distanza fra la i-esima zona residenziale e il jesimo shopping center
Sij - acquisti dei residenti nella i-esima zona nel jesimo shopping center
Si può scrivere:
Sij = ciPi Fj f (dij) / Σj Fj f (dij)
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Il modello di
Lakshmanan-Hansen
Sij = ciPi Fj f (dij) / Σj Fj f (dij)
Il modello di Baltimora è un modello di interazione
spaziale che utilizza come fattore di attrazione,
indicatore della taglia dello shopping center, la sua
superficie di vendita Fj
Al solito, tale espressione può essere scritta in modo
conciso:
Sij = CiPrij
avendo posto:
ciPi = Ci
Fj f (dij) / Σj Fj f (dij) = Prij
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Il modello di
Lakshmanan-Hansen
Sij = CiPrij
Finalità del modello è determinare l’ammontare totale
degli acquisti effettuati in ogni shopping center, ovvero:
Sj = Σi Sij
Eventualmente scartando soluzioni che comportino
valori di Sj inferiori a una determinata soglia assunta
come valore minimo per la sopravvivenza dello
shopping center
Sj ≥ Smin
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Il modello di
Lakshmanan-Hansen
La sperimentazione del modello su Baltimora venne
condotta assumendo la seguente espressione
dell’impedenza spaziale:
f (dij) = dij-α
E fornì risultati affidabili ponendo α = 1,5-2,5. Ovvero, in
definitiva:
Sij = ciPi Fj dij-2 / Σj Fj dij-2
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I modelli di interazione spaziale
a vincolo doppio
Si dicono “a vincolo doppio” i modelli gravitazionali
progettati in modo che i risultati del modello rispettino
entrambe le seguenti condizioni
Σj Tij= Oi
Σi Tij= Dj
Tali modelli assumono pertanto come noti sia i valori dei
flussi Oi che quelli dei Dj, e si usano per determinare il
valore delle interazioni Tij fra le coppie di zone
Un modello a doppio vincolo non è libero di fornire la
localizzazione di arrivo degli spostamenti, giacché sia le
origini Oi che le destinazioni Dj sono vincolate
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I modelli di interazione spaziale
a vincolo doppio
Un modello a doppio vincolo è così caratterizzato:
(1)
Tij = K Oi Dj f (dij)
(2)
Σj Tij= Oi
(3)
Σi Tij= Dj
Si può dimostrare che l’unico modo per risolvere le (1) nel
rispetto delle (2) e delle (3) consiste nell’utilizzare, al
posto di K, 2n costanti, che chiameremo Ai e Bj:
Tij = AiBjOiDj f (dij)
Si ricava:
Ai = 1/ ΣjBjDj f (dij)
Bj = 1/ ΣiAiOi f (dij)
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I modelli di interazione spaziale
a vincolo doppio
Tij = AiBjOiDj f (dij)
(1)
Ai = 1/ ΣjBjDj f (dij)
Bj = 1/ ΣiAiOi f (dij)
Nelle espressioni delle interazioni Tij, notiamo che le
costanti Ai contengono le Bj, e le Bj contengono le Ai
Per tale motivo il calcolo di entrambi i gruppi di costanti
deve essere effettuato per via iterativa
Si pone, ad esempio, Ai= 1 (i = 1,2, .., n), e si ricavano i
valori Bj, che, sostituiti nelle (1), forniscono nuovi valori di
Ai; e così via fino a convergenza
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Il potenziale economico-spaziale
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Anche il concetto di potenziale economico-spaziale
discende dall’analogia con la fisica dei gravi
Dato un insieme di masse Mj, il potenziale gravitazionale
da esso indotto in un punto a è definito come:
Ea = k Σj Mj / daj
L’estensione ai fenomeni territoriali è immediata
l’unica differenza sta nella possibilità di apprezzare
diversamente l’impedenza spaziale, in relazione alla
effettiva deterrenza allo spostamento relativa a
diversi fenomeni
α
Ea = k Σj Pj / daj
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Il potenziale economico-spaziale
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Il potenziale economico-spaziale può essere definito
come una sorta di accessibilità generalizzata
Nel principio di competizione spaziale ad ogni punto
dello spazio circostante un determinato “centro” viene
riconosciuto un certo livello di centralità, funzione
dell’impedenza spaziale rispetto a questo
Qui ogni punto di un sistema formato da attività
interagenti è caratterizzato da un livello di “accessibilità
generalizzata”, il cui valore dipende dall’entità delle
attività e dalla frizione spaziale rispetto ad esse
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Il potenziale economico-spaziale
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In altri termini, la relazione localizzazione/rendita viene
qui generalizzata mediante il superamento dell’unitarietà
del centro e la disaggregazione dello spazio geografico
nelle sue componenti elementari: le attività insediate
Il centro non è un dato assunto a priori, in modo esogeno,
come il luogo massimamente accessibile, ma risulta dalla
presenza, dalla consistenza e dalla posizione delle
attività:
è il punto dello spazio con più elevato valore del
potenziale economico-spaziale
Per questo motivo il potenziale è detto accessibilità
generalizzata
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Il potenziale economico-spaziale:
utilizzazione
Il concetto di potenziale economico-spaziale è utile per
spiegare, comprendere e prevedere:
Una scelta localizzativa (orientata al luogo a più
elevato potenziale)
L’insieme dei flussi diretti verso tale localizzazione e
in uscita da essa
Il valore posizionale di tale localizzazione (e quindi
anche il valore economico del suolo)
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lezione 5s - Università degli Studi di Pisa