ing. Giovanni Maiocchi
SEMINARIO 30/03/2010 – CORSO DI PIANIFICAZIONE DELLE TRASFORMAZIONI ENERGETICHE A.A. 2010/2011
SOMMARIO
IL MECCANISMO DI SVILUPPO PULITO: COS’È, STATISTICHE SU PROGETTI E
METODOLOGIE.
IL CARBON MARKET
I PROGETTI SUGLI IDROFLUOROCARBURI
L’ITALIA ED IL CDM
UN ESEMPIO DI ATTIVITÀ PROGETTUALE
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IL CDM: COS’È
Il Meccanismo di Sviluppo Pulito (Clean Development
Mechanism) è uno degli strumenti previsti dal protocollo di Kyoto
per aiutare i suoi firmatari a raggiungere obiettivi di riduzione
delle emissioni nazionali di gas ad effetto serra. L’Italia ha l’obbligo
di far in modo che la media delle emissioni annuali, calcolata sul
periodo 2008-2012, sia ad un valore del 6.5 % al di sotto delle
emissioni nazionali annuali avute nel 1990.
United Nation
Framework
convenction on
climate Change
(UNFCCC)
•Meccanismo di
Sviluppo pulito (CDM)
Protocollo
di Kyoto
•Implementazione
congiunta
(JI)
•Emission trading
3/47
Attraverso il CDM si creano progetti in paesi in via di sviluppo con
l’aiuto di partner appartenenti a nazioni già industrializzate come
l’Italia. Un progetto CDM ha come requisito fondamentale quello di
diffondere tecnologie che permettono di ridurre le emissioni di GHG
(GreenHouse Gases = gas ad effetto serra) rispetto alla pratica
comune presente sul territorio.
IL CDM: COS’È
Ad esempio, un impianto che permette di smaltire correttamente i
rifiuti di una città, rivalorizzando il biogas prodotto dalla loro
fermentazione, è in sé una pratica meno inquinante delle
discariche intese come cumuli a cielo aperto. Aiutare un paese in
via di sviluppo a passare da un tipo di discarica all’altro è uno dei
campi di applicazione del CDM.
Ad ogni tonnellata di CO2 eq evitata viene assegnato un certificato
di riduzione delle emissioni (Certified Emission Reduction, CER)
scambiabile sul mercato delle riduzioni (Carbon Market) in cambio
di altri certificati o di un controvalore economico.
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IL CDM: COS’È
5/47
Un progetto CDM può avere 2 tipi di proponenti:
IL CDM: COS’È
1 - Un’azienda di una nazione industrializzata (nazione detta “Annex
1”) coinvolge un’altra azienda, un consorzio od altre entità di un
paese in via di sviluppo, proponendogli la realizzazione congiunta di
un progetto che prevede il trasferimento di tecnologie e know-how.
L’azienda, italiana nel nostro caso, acquisisce congiuntamente al
partner i proventi dell’attività ed i certificati realizzati
dall’abbattimento di emissioni.
2 - Una nazione Annex 1 finanzia un progetto ad un proponente
privato, stipulando un contratto in cui richiede in cambio
l’acquisizione dei CERs generati durante la vita del progetto. Spesso
le nazioni delegano azioni di questo tipo a dei fondi creati dalla
World Bank che agiscono su loro mandato.
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I dati ed alcuni grafici impiegati in queste slides provengono dalle
seguenti fonti:
IL CDM: COS’È
- Sito dell’United Nations Framework Convention on Climate
Changes: www.unfccc.int
- CDM Pipeline creata da Jørgen Fenhann, UNEP Risø Centre,
Technical University of Denmark. Scaricabile mensilmente dal sito :
www.CDMpipeline.org
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IL CDM: COS’È
I progetti creati grazie al Clean Development Mechanism a partire
dal 2005 fino al 1 Febbraio 2010 sono 4968 e genereranno una
riduzione totale di emissioni conteggiata fino al 2012 pari a circa
2,84 miliardi di tCO2e. Se manterranno le previsioni di riduzione
delle emissioni, questi progetti produrranno quindi 2,84 miliardi di
CERs.
L’unità di misura delle riduzioni di gas ad effetto serra è la tonnellata
equivalente di anidride carbonica (tCO2e). Con questa unità, ad ogni
volume di gas ad effetto serra viene associata una quantità di CO2,
tale che produca un danno ambientale equivalente su un arco
temporale di 100 anni. Il fattore di conversione è detto “Global
warming potential”. Ad esempio l’emissione di 2 t di N2O (GWP =
198) equivale all’emissione di 198 × 2 = 396 t di CO2e, riguardo il suo
contributo al global warming su un intervallo temporale di 100 anni.
8/47
IL CDM: COS’È
I progetti CDM possono essere catalogati in 26 categorie. Tra queste:
Afforestazione e riforestazione; energia da biomasse; captaggio CO2;
miglioramento dell’ efficienza energetica: domestica (vedi esempio a fine
presentazione) e nell’industria; progetti basati sul fuel switch nelle centrali
termiche e di generazione elettrica; valorizzazione del fugitive gas (gas
emesso da pozzi petroliferi) e valorizzazione del metano presente nelle
miniere di carbone; Generazione di energia elettrica da: geotermico,
idroelettrico, eolico, gas di discarica, fotovoltaico, maree ed ogni altra
rinnovabile; progetti di abbattimento di HFCs, PFCs e N2O; ecc...
C’è una grossa differenza tra una categoria di progetto e l’altra riguardo la
quantità media di emissioni evitate da ciascun progetto. Infatti i progetti
più numerosi sono quelli legati alle energie rinnovabili (60%) che tuttavia
producono CERs solo per il 35% sul totale. I progetti legati ai gas ad alto
Global Warming Potential ammontano al 2% in numero ma producono
CERs per il 26%. (dati Febbraio 2010)
9/47
Grafici da
“Pipeline
Febbraio
2010”
IL CDM: STATISTICHE
10/47
Grafico da
“Pipeline
Febbraio
2010”
CERs issued in each sector
Supply-side EE
4%
Demand-side EE
0%
Fuel switch
1%
IL CDM: STATISTICHE
CH4 reduction &
Cement & Coal
mine/bed
6%
Renewables
13%
Afforestation &
Reforestation
0,0%
Transport
0%
HFCs, PFCs & N2O
reduction
75%
I progetti registrati ad oggi appartengono ad una molteplicità di categorie. Tuttavia quelli
che hanno già cominciato a produrre a CERs sono quelli che stati registrati per primi, in
genere riguardanti l’abbattimento di idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed ossido di
diazoto. Questi progetti hanno già avuto modo di dar prova durante i loro primi mesi di
attività della loro efficiacia nell’ evitare emissioni. Perciò a seguito di un processo di
validazione hanno ottenuto l’emissione dei primi certificati .
Afforestation &
Reforestation
3000
2800
2600
2400
2200
2000
1800
1600
1400
1200
1000
800
600
400
200
0
Fuel switch
Energy Efficiency
CH4 reduction & Cement
& Coal mine/bed
Renewables
dic/03
mar/04
giu/04
set/04
dic/04
mar/05
giu/05
set/05
dic/05
mar/06
giu/06
set/06
dic/06
mar/07
giu/07
set/07
dic/07
mar/08
giu/08
set/08
dic/08
mar/09
giu/09
set/09
dic/09
IL CDM: STATISTICHE
Million CERs
Growth of total expected accumulated 2012 CERs
Expected MCERs in 2012 from Projects registered within each year
600
700
2012 MCERs
600
500
500
Number of projects
400
400
2012 MCERs
300
Number of
projects
300
200
200
100
100
0
HFC & N2O reduction
Il numero di progetti
presentati ogni anno è
andato via via
aumentando ma la media
delle emissioni evitate da
ognuno di essi è
diminuita. Grafici da
“Pipeline Febbraio 2010”.
0
2004/05
2006
2007
2008
2009
12/47
Accumulated number of projects submitted for validation &
registered projects
7000
6000
Number
IL CDM: STATISTICHE
5000
Registered
4000
3000
Submitted for
validation
2000
Projects with
issuance
1000
0
È in costante crescita sia il numero di progetti presentati all’Executive board del CDM per
la validazione, sia il numero di quelli che sono stati infine accettati e registrati. (I Project
with issuance sono la parte di progetti registrati che hanno già ottenuto CERs)
IL CDM: LE METODOLOGIE
All’Executive board del CDM sono state fino a Febbraio 2010
presentate 321 metodologie. Il CDM EB esamina la loro validità e
acconsente o meno al loro utilizzo nei calcoli da effettuare durante
lo studio per un prgetto CDM. Le metodologie sono di diverso tipo e
specifiche per:
- La determinazione delle emissioni di base (dette di baseline) in un
determinato settore in un certo paese, da cui partire per il
conteggio delle riduzioni di emissioni;
- L’identificazione delle formule da impiegare per il conteggio delle
riduzioni di emissioni. L’idea fondamentale è che queste siano
realizzabili grazie all’impiego di tecnologie o pratiche meno
inquinanti rispetto alla baseline;
- Le tecniche di monitoraggio delle emissioni effettivamente evitate
una volta che il progetto è attivo.
14/47
IL CDM: LE METODOLOGIE
Number of Methodologies
Accumulated number of
321
methodologies
180
170
160
150
140
130
120
110
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
Submission Round
A
C/ withdrawn
Pending
Questo grafico mostra in maniera cumulativa nel tempo, dall’entrata in vigore del
CDM ad oggi, quante metodologie sono state approvate (colonne verdi,
15/34
“approved”), respinte (colonne rosse, “rejected”) e tenute in sospeso.
15/34
I CERs ottenuti da un progetto CDM entrano nel sistema di scambio di quote di
emissione previsto dal protocollo di Kyoto. Questo sistema, che viene definito
“cap and trade”, consente di ripartire gli sforzi per ridurre le emissioni a livello
globale, nel modo economicamente più efficace. Gli obiettivi globali di riduzione
vengono rispettati, ma i costi complessivi sono meno elevati.
Il prezzo delle quote di CERs è stabilito in base alla domanda e all'offerta, come in
qualsiasi libero mercato.
IL CARBON MARKET
Poiché i Carbon Credits (CERs, ERUs, AAUs, EUAs) sono strumenti commerciabili
come qualsiasi altro titolo, essi vengono scambiati attraverso transazioni
finanziarie. Queste transizioni avvengono in un tipo di mercato finanziario
chiamato:
La pare del carbon market che si occupa delle transizioni di certificati prodotti da
procgetti CDM (CERs) e JI (Emissioni Reduction Units, ERUs) si chiama:
16/47
IL CARBON MARKET
Già prima dell'entrata in vigore ufficiale del Protocollo di Kyoto (16 febbraio 2005) la
Comunità Europea aveva preventivamente istituito, a partire dal 1° gennaio 2005, un
sistema per regolare lo scambio di quote di emissione tra imprese situate nei Paesi
membri, in modo del tutto simile all'Emissions Trading internazionale previsto dal
protocollo. Questo sistema europeo di scambio delle emissioni si chiama EU ETS
(European Union Emissions Trading Scheme). L’EU ETS fissa dei limiti per le emissioni di
anidride carbonica a più di 11.000 impianti in tutta Europa e permette che i diritti ad
emettere anidride carbonica (che sono chiamati quote di emissioni di carbonio europee,
EUA “EU Allowances”) possano essere commercializzati.
A partire dal 2008 l'EU ETS si è integrato nell'Emissons Trading internazionale previsto dal
Protocollo: le EUAs (quote europee) sono convertibili in AAUs (Assigned Amount Unit,
quote di Kyoto).
La Direttiva 101/2004/CE (nota come Direttiva Linking) regola l'utilizzo all'interno dell'EU
ETS dei crediti derivanti dai progetti che si sviluppano nell'ambito dei meccanismi flessibili
del CDM e della JI (Joint implementation). In particolare la Direttiva Linking ha consentito
l'uso delle CERs a partire dal 2005 e delle ERUs a partire dal 2008.
Vediamo l’effetto dell’introduzione dei CERs nel mercato dei certificati di abbattimento
delle emissioni (Grafico seguente).
Fonti: sito del registro italiano delle emissioni “GRETA”, e, per il grafico, Michael Wara,
Program on Energy and Sustainable Development, Stanford University.
17/47
IL CARBON MARKET
In questo grafico si nota il collegamento al ribasso tra il prezzo dei CERs (rombi blu) ed il
prezzo delle EUAs (triangoli gialli). Si noti come esso sia minore di quello delle EUAs,
sebbene destinato a crescere nel tempo. Questo dimostra che l’obiettivo fondamentale del
CDM è stato raggiunto: Il CDM riduce il costo di adempimento a Kyoto.
La differenza di prezzo circa costante tra CERs ed EUAs è dovuta al fatto che la quota di
CERs sul mercato è insufficiente per poter iniziare una vera concorrenza alle EAUs. La
conseguenza della mancata concorrenza è che il prezzo dei CERs è guidato da quello delle
EAUs e non rispecchia i reali costi di abbattimento sostenuti. Se così fosse il loro prezzo
sarebbe ancora minore.
Distorsioni di mercato nelle prime fasi di diffusione del CDM
Stima del valore del sussidio CDM nella produzione di 200 t/anno di HCFC-22
I
1 kg HCFC-22 → 0,03 kg HFC-23
PROGETTI
step 1: calcolo della CO2e prodotta da 1 kg di HCFC22
0,03 kg HFC-23 x 11700 = 351 kg CO2e = 0,351 tCO2e
0,351 tCO2e x 9 €/CER = € 3,16
step 2: Stima del sussidio lordo
sussidio lordo per 1 kg HCFC-22 = € 3,16
SUGLI
3 000 000 € = investimento; periodo di finanziamento = 10 anni
390 000 €/anno = costo dell'infrastruttura ad un tasso di interesse dell'8%
step 3: costo dell'impianto di abbattimento dell'HFC-23
(si considera un impianto capace di captare e
distruggere 200 t HFC-23/anno)
200 000 €/anno = costi operativi
IDROFLUOROCARBURI
tot 590 000 €/anno
€ 590 000 / 200 tHFC-23 = 2950 €/tHFC-23
step 4: calcolo del costo di abbattimento per kg di
HCFC-22
2950 €/tHFC-23 x 0,03 = 88,5 €/tHCFC-22 = 0,09 €/kgHCFC-22
costo dell'abbattimento per kg HCFC-22 = 0,09 €
step 5: calcolo del sussidio netto
€ 3,16 - € 0,09 = 3,07 €/kg HCFC-22
Un’azienda produce HCFC-22, idroclorofluorocarburo impiegato nell’industria frigorifera come fluido
refrigerante. Nel processo di sintesi si forma come by-product (sottoprodotto) il potente gas serra HFC23. L’azienda decide di cogliere l’occasione offerta dal CDM ed inserisce nel suo impianto una centralina
che attarverso reazioni chimiche riesce ad abbattere questo gas.
19/47
Distorsioni di mercato nelle prime fasi di diffusione del CDM
I
PROGETTI
SUGLI
Ad ogni tonnellata di CO2eq evitata l’aziende ottiene un CERs vendibile sul carbon
market, e il ricavo dalla vendita di tutti CERs viene usato per coprire i costi
dell’impianto. Tuttavia la cifra ottenuta è molto superiore ai costi e l’azienda si
trova così ad avere un nuovo utile netto grazie alla partecipazione al CDM.
IDROFLUOROCARBURI
Queste distorsioni sono avvenute nei primi anni di funzionamento del
meccanismo, ed ora sono già state risolte. Immaginiamo quindi di essere nel 2005
e vediamo che Il sussidio netto era di 3,07 €/kg HCFC-22 prodotto. 3,07 € era quasi
il doppio del prezzo all’ingrosso per l’HCFC-22, che nell’ultimo quadrimestre del
2005 si attestava a circa 1,6 €/kg. Decidendo di partecipare al CDM, un produttore
di refrigerante otteneva per ogni kg del suo prodotto primario un sussidio circa
doppio del ricavo dalla vendita (Fonte Michael Wara).
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PROGETTI CDM REGISTRATI GLOBALMENTE SUDDIVISI PER CONTINENTE OSPITE
CDM: I PAESI OSPITE MAGGIORMAMENTE COINVOLTI
ASP = Asia and south pacific
AFR = Africa
LAC = Latin America and the Caraibbean
Fonte: sito UNFCCC
21/34
CDM: I PAESI OSPITE MAGGIORMAMENTE COINVOLTI
Numero di
progetti
registrati per
paese ospite
CERs annuali
attesi per paese
ospite
22/34
PROGETTI REGISTRATI DAI PAESI PARTNER
L’ITALIA E IL CDM
L’Italia (dati Febbraio 2010) compare in 96 progetti CDM registrati od in fase di
validazione. Questi progetti spaziano tra tutte le categorie elencate nelle
precedenti slides, ponendo l’Italia tra i principali paesi partner.
23/47
MACRO CATEGORIE A CUI APPARTENGONO I PROGETTI CDM CON PARTNER ITALIANI
9
7
HFCs
15
L’ITALIA E IL CDM
CH4
Efficiency
improvement
Renewables
44
21
Reforestation
Numero di progetti con finanziamento italiano suddivisi in macro categorie. Sono stati
considerati sia i progetti già registrati che quelli in fase di validazione, per un totale di 96
progetti (dati Febbraio 2010).
L’ITALIA E IL CDM
Incremento negli anni delle riduzioni di emissioni (kCERs/year) create dai
progetti italiani, a partire dal 2002 (Dati al Febbraio 2010).
25/47
I Cers totali ottenibili
fino al 2012 dai
progetti italiani già
registrati ammontano
a 133248 kCERs. Il
grafico mostra la
provenienza dei CERs
fra le macrocategorie
(Febbraio 2010).
43,85%
4,89%
12,57%
0,36%
L’ITALIA E IL CDM
HFCs
CH4
38,33%
Efficiency
improvement
I Cers totali ottenibili
fino al 2012 dai progetti
italiani già registrati e da
quelli in fase di
validazione ammontano
a 163769 kCERs.
Renewables
Reforestation
36,09%
9,38%
11,68%
31,19%
11,67%
HFCs
CH4
Efficiency
improvement
Renewables
Reforestation
Abbattimento HCF23 per ossidazione
termica
1,6%
0,3%
1,7%
recupero gas da pozzi petroliferi
recupero di gas di discarica
36,1%
generazione idroelettrica
31,2%
L’ITALIA E IL CDM
efficency improvement in industria
manifatturiera
efficency improvement own generation
riforestazione
6,4%
generazione eolica
Methane avoidance (biogas)
11,5%
4,9%
6,1%
Produzione di energia da biomasse
0,1%
CERs al 2012 per categoria di progetto
Cers totali ottenibili fino al 2012 (dati 02/2010) dai progetti italiani già registrati più quelli in fase di
validazione, suddivisi per specifica categoria di progetto (I grafici precedenti consideravano
macrocategorie).
27/34
40,0%
35,0%
30,0%
25,0%
20,0%
L’ITALIA E IL CDM
15,0%
10,0%
5,0%
0,0%
Reforestation
Renewables
Efficiency
improvement
CH4
HFCs
Italy
worldwide average
Confronto fra Italia e resto dei paesi Annex 1 per preferenze riguardo le categorie di progetto in
cui creare progetti (dati 2010).
I 96 progetti CDM a partecipazione italiana sono ospitati i nazioni in via di sviluppo
appartenenti a tutti i continenti. I paesi partner che sono stati finora preferiti sono Cina ed
India.
64
L’ITALIA E IL CDM
11
2
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
Tunisia
Albania
Bolivia
Congo DR
Ecuador
Honduras
Macedonia
Mauritius
Moldova
Nigeria
Peru
Uganda
India
China
3
Argentina
6
29/47
L’ITALIA E IL CDM
• 10 progetti italiani in Africa su di un totale mondiale di 122 progetti in Africa (~8%).
• I 10 progetti producono 17 105 kCERs su di un totale africano di 91910 kCERs al 2012
(~19%). Dati Febbraio 2010.
30/47
66,67%
70%
60%
39,71%
50%
25,50%
40%
30%
Worldwild average presence
6,25%
0,24%
2,08%
0,06%
0,68%
1,04%
0,16%
1,04%
1,04%
0,14%
1,04%
0,04%
1,04%
0,04%
1,04%
0,10%
0,12%
1,04%
3,13%
0,64%
1,04%
0,06%
11,46%
20%
10%
0%
Italy presence
Suddivisione percentuale dei progetti italiani tra le varie nazioni e preferenza media di quelle nazioni da
parte dei partner Annex 1 (dati 2010).
31/47
Presenza italiana sul totale dei progetti CDM di una nazione (dati 2009)
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
Italian percentage on total
world projects
66,7%
50,0% 50,0%
50,0%
33,3%
20,0%
16,7%
9,4%
3,2%
14,3% 12,5%
0,9%
2,9%
32/47
L’Italia partecipa al CDM attraverso società private od attraverso azioni del
governo italiano. Il governo non organizza direttamente progetti CDM ma
partecipa a fondi promossi dalla World Bank e finalizzati all’acquisizione di CERs.
L’ITALIA E IL CDM
L’entità della World Bank che ha creato i fondi per i progetti CDM è l’International
Bank for Reconstruction and Development (IBRD).
I fondi multilaterali creati dall’IBRD a cui partecipa anche l’Italia sono:
•Prototype Carbon Fund (PCF)
•Community Development Carbon Fund ( CDCF)
•BioCarbon Fund (BCF)
•Umbrella Carbon Facility (UCF)
L’Italia ha inoltre delegato la World Bank per la creazione di un fondo nazionale
uguale ai precedenti, chiamato Italian Carbon Fund. L’IBRD ha creato anche gli
analoghi Danish Carbon Fund e Spanish Carbon Fund.
33/47
emissioni annuali Italia GHG (1000t-CO2)
600.000
580.000
emissioni annuali GHG (1000t-CO2)
560.000
540.000
520.000
500.000
480.000
460.000
1.990 1.991 1.992 1.993 1.994 1.995 1.996 1.997 1.998 1.999 2.000 2.001 2.002 2.003 2.004 2.005 2.006
L’Italia sta impiegando il CDM e gli altri meccanismi flessibili del protocollo di Kyoto come
validi aiuti nel cammino intrapreso per il ridimensionamento della sua impronta ecologica per
quanto riguarda le emissioni causa del riscaldamento globale .
Fonte: elaborazioni IGES (institute for global environmental strategies, Japan) su dati
UNFCCC.
34/47
UN ESEMPIO DI ATTIVITÀ PROGETTUALE
Vediamo ora un esempio di attività progettuale che potremmo inserire in un progetto
CDM. Il progetto prevede un programma di sostituzione di tecnologie inquinanti in
ambiente domestico, a favore di altre ad inquinamento zero. Appartiene quindi alla
categoria del miglioramento dell’efficienza energetica domestica (categoria “EE
households”).
Ci proponiamo lo scopo aggiuntivo di dimostrare l’apporto positivo che il CDM potrebbe
portare alle ONG che operano in ambiti territoriali come quello africano. Infatti un’ONG
potrebbe creare interventi ad hoc per migliorare la qualità della vita e rifinanziabili nel
contempo grazie al meccanismo di sviluppo pulito. In altre parole, una ONG crea un
progetto basato su accorgimenti che migliorano le condizioni di vita della popolazione e
che inoltre riducono le emissioni di CO2. In tal modo l’ONG riesce a rifinanziare almeno
parzialmente l’intervento grazie allo scambio dei CERs creati dal progetto.
In molte zone rurali africane nelle abitazioni sono assenti adeguati sistemi di illuminazione.
Ci si illumina approfittando della luce prodotta dalle stufe che cuociono le vivande ed una
volta spenti i bracieri cessa la possibilità di avere una fonte luminosa immediata. In altre
zone più agiate si usano sistemi di illuminazione basati su lampade a kerosene o ad olio.
Alcune ONG e soprattutto la canadese “Light up the world” hanno provveduto a migliorare
questa situazione attraverso programmi di illuminazione efficiente. Molti dati utilizzati per
la realizzazione del seguente progetto esempio sono stati tratti dall’URL: www.lutw.org
35/47
UN ESEMPIO DI ATTIVITÀ PROGETTUALE
Schema di principio del kit di illuminazione da distribuire grazie al programma. Il sistema
prevede che un pannello fotovoltaico carichi una batteria esente dalla necessità di
manutenzione. Delle lampade a Led traggono energia dalla batteria e forniscono
un’intensità luminosa sufficiente ad illuminare un ambiente di medie dimensioni nelle ore
serali.
36/47
UN ESEMPIO DI ATTIVITÀ PROGETTUALE
37/47
UN ESEMPIO DI ATTIVITÀ PROGETTUALE
Un kit di illuminazione distribuito dalla ONG canadese Light Up The World
38/47
UN ESEMPIO DI ATTIVITÀ PROGETTUALE
Proviamo ora a redigere i punti salienti di un PDD (project design document).
Questo documento deve essere presentato per la presentazione ad una DOE
(designed operation entity), cioè una società di certificazione come DNV, TÜV,
ecc.. al fine di valutare i requisiti del progetto necessari per la certificazione come
progetto CDM.
Nella creazione di un PDD (Project design document) è fondamentale
l’applicazione corretta della più adeguata metodologia, affinché il progetto possa
essere accettato dall’Executive Board.
La metodologia prevede sempre che sia svolta un’attenta analisi della baseline
rispetto a cui calcolare le riduzioni delle emissioni. Inoltre precisa un metodo di
stima delle stesse ed da infine indicazioni per la realizzazione del piano di
monitoraggio delle riduzioni realmente ottenute durante tutta la vita del
progetto.
Una sezione del PDD è dedicata alla dimostrazione dell’ “addizionalità”, che è un
requisito fondamentale per un progetto CDM. Dobbiamo cioè dimostrare che
nessuno avrebbe creato il progetto senza l’aiuto del CDM.
39/47
Un PDD ha uno schema standard comune per tutti i progetti. Questo schema
include:
UN ESEMPIO DI ATTIVITÀ PROGETTUALE
- Una descrizione generale del progetto;
- La verifica dell'addizionalità;
- La descrizione di come è stata determinata la baseline o di quale baseline già
esistente si fa uso;
- La determinazione della durata del progetto;
- Una stima delle emissioni che si libereranno durante tutta la vita del progetto
ed il calcolo dei CERs ottenibili;
- Il piano per il monitoraggio delle reali riduzioni di emissioni ottenute;
- La descrizione degli altri eventuali aspetti ambientali significativi del progetto
ed infine una sintesi dei commenti al progetto da parte di soggetti locali.
Nel caso in esame, essendo le riduzioni ottenibili inferiori alle 60 ktCO2/anno, si
sono applicate procedure semplificate (riguardo schema del PDD e metodologie),
create appositamente per questo tipo di progetti (small scale projects).
Proviamo ora a redigere alcuni punti salienti del PDD.
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Format standard per la presentazione di un PDD
UN ESEMPIO DI ATTIVITÀ PROGETTUALE
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A.4.2 Type and category(ies) and technology of project activity:
UN ESEMPIO DI ATTIVITÀ PROGETTUALE
Miglioramento dell’efficienza energetica. Il progetto appartiene alla categoria small scale type 2.C .
Innanzitutto è un progetto small scale type 2 perché è finalizzato al miglioramento dell’efficienza
energetica e produce una riduzione totale dei consumi inferiore ai 60 GWh all’anno. Inoltre
appartiene alla sottocategoria 2.C in quanto è dedicato ad una tecnologia specifica del lato della
domanda.
A.4.3 Brief statement on how anthropogenic emissions of greenhouse gases (GHGs) by sources
are to be reduced by the proposed CDM project activity, including why this would not occur
in the absence of the proposed CDM project activity. (Breve spiegazione di come l’attività di
progetto concorre a ridurre le emissioni di carattere antropogenico e spiegazione del perché
tali riduzioni non si potrebbero ottenere in assenza del progetto CDM proposto):
Soddisfacendo la domanda di illuminazione attraverso un sistema altamente efficiente come quello
proposto si evita la penetrazione nella zona di sistemi tradizionali arretrati, come lampade a
kerosene od olio. Poiché il costo di ogni kit difficilmente scenderà a breve sotto i 60 € si nota che
una soluzione del genere è impossibile da adottare seguendo come criterio quello del risparmio
economico. Una lampada a Kerosene può comportare la spesa di 1 € più quella per il kerosene, che
comunque è molto contenuta.
Per questo senza il sussidio del CDM è impossibile che una tecnologia pulita di questo tipo riesca a
diffondersi nelle regioni prese in considerazione. Tali considerazioni sono una comprova
dell’addizionalità del progetto.
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D.1 Name and reference of approved methodology applied to the monitoring plan of the
project activity:
UN ESEMPIO DI ATTIVITÀ PROGETTUALE
Si utilizza una metodologia apposita per progetti small scale type 2.C. La metodologia AMS-2.C
infatti da le indicazioni da seguire sia riguardo l’individuazione della baseline che per il piano di
monitoraggio delle emissioni.
D.2 Justification of the choice of the methodology and why it is applicable to the project
activity:
La metodologia AMS-2.C è specifica per progetti di sostituzione di tecnologie inquinanti sul lato
della domanda di un servizio energetico, con nuove tecnologie caratterizzate da una migliore
efficienza energetica. Inoltre è specifica per progetti che realizzino una riduzione massima di
energia inferiore ai 60 GWh/anno, come nel caso del progetto in esame.
E.1.2.4 Describe the formulae used to estimate the anthropogenic emissions by sources of
GHG’s in the baseline using the baseline methodology for the applicable project category:
La tecnologia di baseline che viene soppiantata grazie al progetto è rappresentata dall’uso di
lampade a Kerosene (detto anche petrolio lampante). Si assume che il kerosene utilizzato nelle
lampade abbia un coefficiente di emissione pari a 2,56 kgCO2/litro. Fonte: Tabelle dei coefficienti
di emissione dell’EIA (Energy Information Administration), disponibili all’URL:
http://www.eia.doe.gov/oiaf/1605/coefficients.html)
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CALCOLIAMO LE EMISSIONI EVITATE GRAZIE AL PROGETTO
La luminosità di una lampada a kerosene è assunta pari a: 0,3 lm/Wterm, quindi
servono 1/0,3=3,4 Wterm per ogni lm .
UN ESEMPIO DI ATTIVITÀ PROGETTUALE
[Fonte: Nimbkar Agricultural Research Institute, disponibile alla pagina web:
http://nariphaltan.virtualave.net/lantern.htm ]
Per un illuminamento di 320 lm, sufficiente ad illuminare una stanza, occorre una
fiamma della potenza di 3,4 W/lm x 320 lm = 1088 Wterm . A questa potenza
corrisponde una portata di circa 93,6 gr/h.
In un anno, ipotizzando un periodo di accensione medio giornaliero della lampada
di 5 ore, vengono utilizzati 93,6 x 5 x 365 = 170 820 gr = 170,96 kg di kerosene per
abitazione [gr/h ∙ h/gg ∙ gg/anno = gr/anno].
Il coefficiente di emissione del Kerosene è pari a 2,56 kgCO2/l.
Per stabilire quanto emettiamo in un anno vediamo a quanti litri corrispondono
170,96 kg di kerosene.
La densità del kerosene è di 770 kg/m3 a cui corrisponde un volume specifico di
1/770*103 dm3/kg = 1,298 dm3/kg = 1,298 l/kg.
Ogni abitazione consuma 170,96 kg/anno x 1,298 l/kg = 221,9 litri di kerosene
all’anno.
L’emissione di CO2 corrispondente è pari a 2,56 kgCO2/l x 221,9 l/anno = 569
kgCO2/anno per abitazione.
UN ESEMPIO DI ATTIVITÀ PROGETTUALE
Utilizzando i kit alimentati da fotovoltaico, le emissioni di anidride carbonica
associate ad ogni lampada ritirata dalla circolazione si possono vedere come
emissioni evitate.
Quindi ad ogni kit ad emissioni 0 si possono associare 569 kgCO2/anno evitati.
Ipotizziamo che il progetto coinvolga 5000 abitazioni.
La riduzione totale ottenibile annualmente è pari a 569 kgCO2/anno abitazione x
5000 abitazioni = 2 845 000 kgCO2/anno = 2 845 ktCO2/anno, con un risparmio
totale di circa 850 t di kerosene.
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CONCLUSIONI
L’attività progettuale appena descritta non riesce ad autofinanziarsi grazie al solo
controvalore economico dei CERs generati. Infatti, il progetto deve sostenere costi di
realizzazione medio-alti ed una spesa aggiuntiva necessaria per ottenere la prima
certificazione di validità come progetto CDM da parte delle DOE. Il nostro progetto in
particolare crea una piccola passività.
Tuttavia occorre fare una considerazione: Quando un progetto CDM è realizzato da
un’azienda, questa ha la necessità di creare un’attività che sia redditizia. In questo caso
invece si suppone che l’entità che realizza il progetto sia un’ONG, che abbia come scopo
quello di migliorare gli standard di qualità della vita. Pertanto, anche se riesce a finanziarsi
anche solo in parte attraverso la rendita da CERs, ottiene comunque un vantaggio rispetto
al dover finanziare in toto un progetto di aiuti.
Il ruolo delle ONG e delle istituzioni locali nel processo di creazione di un progetto CDM è
sicuramente da approfondire. Le ONG potrebbero organizzarsi in modo da ottenere i
finanziamenti necessari per la promozione di progetti CDM direttamente dalla World Bank
attraverso l’IBRD o da fondazioni private.
CONCLUSIONI
Già durante il MOP2 (Meeting of Parties of Kyoto Protocol) tenutosi a Nairobi Dal 7 al
16 Novembre 2006, il segretario generale dell’UNFCCC ha annunciato un nuovo piano,
il “Nairobi Framework”.
Sei agenzie delle nazioni unite hanno lanciato un’iniziativa per aiutare le nazioni in via
di sviluppo più povere a partecipare al CDM. Soprattutto in Africa, molte nazioni
rimangono paradossalmente ai margini del CDM, in quanto non possiedono ancora
una minima struttura industriale, che è il reparto dove finora si è realizzato il maggior
numero di progetti.
Le agenzie coinvolte nell’iniziativa sono: “United Nations Development Programme
(UNDP)”, “United Nations Environment Programme (UNEP)”, World Bank Group,
African Development Bank e la stessa “United Nations Framework Convention on
Climate Change (UNFCCC)”.
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