Il suicidio in famiglia: il sostegno ai
sopravvissuti
FERRARA, 15 OTTOBRE 2015
Dott. Antonio Loperfido
Se nulla si può fare per
quanto è accaduto, molto
rimane da fare per chi
rimane in vita.
Jim Carrey,
il funerale di Cathriona White, suicida.
Ha scritto, "Love cannot
be lost", "L'amore non si
può perdere". “.
Era un fiore
irlandese gentile e delicato, troppo
sensibile per questa terra, e per il
quale amare ed essere amato era
tutto ciò che splendeva”.
Noi creiamo la nostra
vita in base ai
convincimenti profondi
che abbiamo su chi siamo
e ciò che crediamo
possibile.
Lo scienziato Gregg Braden, nel suo
libro dal titolo La guarigione spontanea
delle credenze, afferma: ” Viviamo la
vita sulla base di ciò che
crediamo del mondo, di noi
stessi, delle nostre limitazioni,
ma se le nostre vite si basano
su ciò che crediamo, cosa
accade se quelle convinzioni e
credenze sono sbagliate?”.
Il vero viaggio di
scoperta non consiste
nel cercare nuovi
paesaggi, ma nell'avere
nuovi occhi.
(Marcel Proust)
“Non c’è motivo di continuare ad aspettare
che la vita cominci. Il gioco dell’attesa può
finire. Adesso. Come un leone rinchiuso in
una gabbia di carta, gli esseri umani sono
generalmente intrappolati dalle illusioni
della loro mente. Ma nonostante le
apparenze, la gabbia non rappresenta di
fatto una barriera in grado di tenere
imprigionato lo spirito umano” (Steven C. Hayes,
PhD- inventore dell’ACT –università del Nevada).
 Esistono
delle possibilità d’uscita
dal tunnel di dolore? Esistono delle
strategie di sussistenza che
possono essere di conforto?
Da soli
Insieme
Non è sempre facile dare un senso a
un evento, ci sono situazioni
disperate di dolore e sofferenza,
che, pare, non racchiudono più la
possibilità di un obiettivo
desiderabile.
La scomparsa violenta,
inaspettata, improvvisa,
irragionevole di un congiunto,
provoca nei sopravvissuti una
condizione psicologica
di frustrazione,
di disorientamento,
di dolore.
Il gesto suicida impone
ai sopravvissuti una
revisione del come
soddisfare i propri
bisogni.
Il gesto suicida genera ansia
perché impone ai
sopravvissuti delle domande
inquietanti, che mettono in
discussione il significato
della propria vita:
- Perché ha rinunciato a vivere?
- Perché ha preferito la morte a
me?
– Come riuscirò a vivere
dignitosamente?
– Quali sono le mie risorse?
– In che modo cercherò di superare
le difficoltà della vita?
- Che senso devo dare alla mia
esistenza?
-come sto vivendo la mia
vita?
- qual è il significato che
sto dando alla mia vita?
– è degna di essere
vissuta?
- perché non mi suicido?
I sopravvissuti
devono rivisitare
- i propri valori ed
- i propri obiettivi di
vita.
Parole chiavi:
la motivazione al cambiamento,
la tecnica della dereflessione,
intenzione paradossa,
la ruminazione mentale,
le frasi ipotetiche,
sensi di colpa,
il dolore,
l’Ombra.
MOTIVAZIONE:
I sopravvissuti sono
motivati a cambiare?
La motivazione è definita
come la forza che ci
spinge verso un
determinato obiettivo
(Motiva – Azioni)
La motivazione al
cambiamento è ciò che
permette di superare un
periodo nero, di uscire da una
situazione stagnante o di
lasciarsi alle spalle persone o
fatti che ci hanno reso
infelici.
Si tenta di promuovere una
nuova esperienza, mettere
meglio a fuoco gli obiettivi e
realizzare un programma che
rispetti il più possibile gli intenti
progettati.
Imparare a maneggiare
alcuni concetti non
convenzionali,
cambiare prospettiva.
Pensare che:
• La sofferenza psicologica è
normale, è importante ed
accompagna ogni persona.
• Non è possibile sbarazzarsi
volontariamente della propria
sofferenza psicologica, anche se si
possono prendere provvedimenti
per evitare d’incrementarla
artificialmente.
• Nella relazione tra causa ed effetto, il
dolore è l’effetto e non la causa del
problema.
• Non bisogna identificarsi con la
propria sofferenza.
• Si può vivere un’esistenza dettata dai
propri valori, iniziando da ora, ma per
farlo si dovrà imparare come uscire
dalla propria mente ed entrare nella
propria vita.
Cambiare è difficile per un
semplice motivo: tutti gli esseri
umani hanno una naturale paura
dell’ignoto CHE METTE ANSIA.
L’ignoto è spaventoso, è pieno
di difficoltà sconosciute, magari
più grandi di quelle che già
sperimentiamo tutti i giorni.
Il dolore, diventa patologico
o una condizione
permanente quando si
automantiene, perdendo il
significato iniziale di segnale
vitale/esistenziale, di
sistema di difesa.
Il dolore cronico si
alimenta con i reperti
del passato e fa
temere il nuovo.
Anche la ruminazione
mentale alimenta il
dolore e l’omeostasi
La ruminazione mentale
impedisce nei sopravvissuti
la soluzione dei problemi,
accentua i pensieri, le frasi, i
gesti e i ricordi negativi,
vieta di fronteggiare in
maniera adeguata le
situazioni di vita quotidiana.
Essa è una norma di pensiero
afinalistica, ripetitiva, poiché
non conduce alla ricerca di
soluzioni, non aiuta a guardare
al futuro ma a tenere la testa
continuamente rivolta
all’indietro, a scrutare un
passato che non piace e che si
vorrebbe cancellare.
Inoltre, influisce
negativamente sulla
concentrazione e sulla
capacità di attenzione perché
le energie mentali sono
distolte continuamente dai
pensieri nocivi.
Le ruminazioni mentali
rappresentano la perdita
della fiducia e
dell’autostima che causa
la paura di vivere e la
sfiducia nelle proprie
capacità creative.
Col passar del tempo, i
contenuti di queste
ruminazioni mentali
diventano pensieri dominanti,
rendendo i survivors schiavi
dei loro stessi ragionamenti,
che producono una
sofferenza psicologica.
Le difficoltà, come ciò
che è nuovo, sono sfide
da affrontare e
superare. Alla fine di
una sfida c’è una
ricompensa che
attende.
Ogni cambiamento di un
comportamento abituale
presuppone,
necessariamente, un nuovo
processo di apprendimento,
un modo nuovo di affrontare
il problema e di ragionare.
Per esempio, saper
riconoscere le ipotesi irreali.
E’ irrealistico formulare
ipotesi nel passato,
solitamente si fanno nel
presente e nel futuro.
Nel presente e nel futuro le
ipotesi possono essere reali
e possibili. Il passato non si
può cambiare e le ipotesi
irreali indicano situazioni
che non sono avvenute e
che, quindi, non è possibile
realizzare.(Se studio supererò
l’esame)
Il più delle volte, le frasi
ipotetiche dell'irrealtà
rinforzano i rimpianti,
consolidano i rimorsi,
rinsaldano i sensi di colpa e
lo struggimento per il
suicida.
I survivors, spesso, diventano
persone inconsolabili, che
vogliono riavere chi è morto. Il
loro pensiero torna sempre e
solo al congiunto scomparso,
creando una dipendenza,
soprattutto emotiva.
Ogni processo di
apprendimento
richiede tempo
- SI E’ DISPOSTI A
FARLO?
- NE VALE LA PENA?
- SI E’ CONVINTI DI
FARLO?
Una delle caratteristiche della
coscienza umana è la sua
incapacità di fissare l’attenzione
contemporaneamente su due
realtà o su due aspetti di una
stessa realtà, giacché può
focalizzare solo un aspetto alla
volta.
Il metodo della
dereflessione è
applicato quando una
persona è troppo
concentrata su di sé.

Edgar Rubin
Qualcosa di simile accade quando
si fissa l’attenzione su se stessi
(sull’Io) o sugli altri. Infatti,
quando l’attenzione è rivolta all’Io,
gli altri diventano sfondo; quando
ci soffermiamo sugli altri, l’Io
allora diventa sfondo.
I genitori sono molto esperti
nell’usare il metodo della
dereflessione e quello
dell’intenzione paradossa
(schernire, ridicolizzare ciò
che crea problema).
La dereflessione consiste
nello spostare il focus
dell’attenzione su un’idea
importante e significativa
diversa dal sintomo, in modo
tale da allontanarla dal
sintomo stesso o dalla
reazione.
Si basa sulla capacità di
autotrascendenza, cioè
spostare l’attenzione da
sé ad altro al di fuori dal
sé.
L’uomo è un essere che trascende se
stesso, proiettato verso la
comprensione e la creazione di una
realtà che è al di fuori di lui, in
grado di formare creativamente o
apprendere con l’esperienza la
realtà stessa.
Non basta 'distrarsi',
ma occorre
accentrare
l'attenzione su
qualcosa di positivo.
Il sopravvissuto non vede più
nulla intorno a sè, vede solo se
stesso, il suo dolore. Col
metodo della dereflessione si
inverte la direzione dei suoi
sforzi, rivolgendo lo sguardo ad
altro da sé.
La dereflessione permette la
maturazione spirituale
dell’individuo, quel
superamento di sè che
introduce l’uomo nel suo
futuro, che lo guida nel
viaggio.
Un figlio rappresenta il futuro,
una sequenza di eventi che
scandisce l’esistenza, alla
stessa stregua delle fasi della
vita. (Esempio di
dereflessione).
I sopravvissuti si
trovano di fronte a due
fenomeni:
l’individuazione e
l’autonomia.
Tutte le persone che
riescono a portare a termine
l’integrazione dell’evento di
perdita, riferiscono:
- un senso di
alleggerimento,
- una fioritura amorevole a
livello emozionale
- un rafforzamento dell’autostima,
- un rinforzo delle loro risorse
individuali,
- una maggior coscienza della loro
individualità, di chi sono, nel senso
della chiarezza intorno a ciò che per
loro ha senso e valore.
La logoterapia, conosciuta anche
come analisi esistenziale, è un
approccio psicoterapeutico
teorizzato da Viktor Frankl che si
pone, come obiettivo primario, la
riscoperta del significato (logos)
dell'esistenza dell'essere umano.
CHE SENSO HA LA MIA
ESISTENZA?
Da una parte, il
determinismo,
l’automatismo, il
fatalismo, l’omeostasi,
l’egoismo.
Dall’altra:“Tu
hai sì un dolore, un
problema, un sintomo, ma
niente e nessuno ti obbliga ad
assoggettarti ad esso, a gettare
via per questo la tua vita. Tu
puoi invece accettarlo,
trasformarlo in qualcosa di
positivo, ignorarlo e perfino
farci dell’ironia”. Frankl
I veri eroi della vita non
sono i vincitori che
festeggiano giubilanti ma i
vinti che riescono a trovare
nella pena una parola di
fiducia.
Persone che si conciliano
con la proprie debolezze e
malattie in modo positivo ed
a volte ironico ci dimostrano
di cosa siamo realmente
capaci in quanto uomini.
Fare pace con la nostra parte
di personalità che viene
definita da Jung, “OMBRA”.
L’Ombra riguarda quegli
aspetti della personalità
relativi a colpe, vergogne,
autosvalutazione,
infantilismi, aspetti che
generalmente si tende a
proiettare su altre persone.
“L’Ombra è la somma di quelle
caratteristiche personali che l’
individuo desidera nascondere agli
altri e a se stesso. Ma più questo
sforzo di occultamento è intenso e
protratto, più l’Ombra tende a
diventare attiva e a compiere
azioni malvagie” (Ellenberger
1976 pag. 104).
Fin quando non veniamo messi
alla prova facciamo facilmente
parte della schiera degli angeli,
ma di fronte alle
difficoltà è molto più
impegnativo mantenere una
condotta ideale (Cfr. Carotenuto 1991
pag.226 e seg.).
Riconoscere gli aspetti oscuri
della personalità come
realmente presenti
nell’inconscio, costituisce la
base indispensabile di ogni
conoscenza.
Incontrare l’Ombra significa
accettarla per permetterle di
offrirci qualcosa di prezioso,
cercare di eliminare ogni lato
della personalità che
rispecchia la negatività,
significa non avere un buon
equilibrio psichico.
Secondo Carl Gustav Jung, più
tendiamo a mantenere l'Ombra
in una dimensione inconscia,
più questa cresce, si amplia,
diventa vorace e acquista
potere.
L'ombra, se rimane isolata
dalla totalità, porta
progressivamente ad una
destrutturazione della Persona
e alimenta nell'essere umano
una distruttività tale da
boicottare e rovinare se stesso,
le sue relazioni:
COSA FARE
Fissare delle
mete, piccole o
grandi.
- essere ancora
utili ed
importanti per
chi gli sta
accanto.
spostare
l’attenzione da
ricordi sgradevoli e
dolorosi a pensieri e
considerazioni
positivi.
-
- Continuare ad amare
l’assente. Continuare a
pensarlo anche oltre la
morte, a parlargli, a
renderlo partecipe della
propria vita e delle proprie
attività.

La preghiera diventa dialogo con
un Dio percepito come amico,
come essere capace di ascolto, di
tenera accoglienza e di profondo e
autentico amore.
- La preghiera diventa ricerca
di senso e spinta ad agire;
l’esperienza spirituale si
traduce in azione, in
cambiamento di stile di vita,
non degli altri ma di se
stesso.
- Ammettere a se stessi
che la vita à andata
diversamente da
com’era stata
progettata.
Accettarsi limitati e
imperfetti è fondamentale
per rappacificarsi con se
stessi e con il proprio
congiunto, per riconoscere
nella sua morte non solo un
aspetto del proprio limite
ma anche una nuova pista di
vita.
Impedimenti al
superamento del
cordoglio
Ipotesi psicodinamica: il
significato inconscio del
dolore, che si collega alle
esperienze infantili e della
fanciullezza, come per
esempio l’accudimento e
l’affetto da parte dei
genitori.
Si può vedere nel dolore
(inconsciamente) un
mezzo per ottenere
amore, oppure la
punizione per qualche
comportamento
sbagliato, reale o
immaginato.
In quest’ultimo caso il
dolore rappresenta un
inconscio bisogno di
sofferenza, un mezzo per
espiare delle colpe, che ha
lo
scopo di attenuare la
colpa.
Oppure il dolore
rappresenta un modo
per convertire dei
sentimenti di
aggressività.
Si usa il dolore per
auto-punirsi, oppure
possono usare il dolore
per tenere legati a sé i
loro oggetti d’amore.
Il dolore diviene un linguaggio
non verbale utilizzato per la
comunicazione interpersonale,
al fine, ad esempio, di
assicurarsi la dedizione di
qualche familiare o di ridare
stabilità ad un matrimonio
traballante.
– il dolore mette la
persona in grado di
evitare qualche attività
nociva o sgradita;
– il dolore mette il
familiare in grado di
ottenere maggior
supporto dall’ambiente.
I sensi di colpa
I sensi di colpa, i
ripensamenti, il dubbio di
non essere stati capaci di
amarli e apprezzarli come
desideravano pesano sul
cuore di chi resta.
Il senso di colpa.
Qualunque sia la teoria che si
preferisce, è possibile "scavalcarla",
comprendendo che il senso di
colpa nasce sempre da
un'errata valutazione della
realtà circostante.
Secondo una visione tradizionale, ma
molto discutibile, un'educazione
equilibrata (famiglia, scuola ecc.)
consentirebbe alle persone di trovare
un soddisfacente equilibrio tra capacità
di sentirsi in colpa e amore per sé
stessi.
In realtà questa visione è la causa
principale degli effetti negativi (e a
volte devastanti) del senso di colpa.
Cosa vuol dire soddisfacente equilibrio?
Il termine sa molto di compromesso e
come tale rivela comunque una dose di
negatività.
Il senso di colpa è una
delle basi fondamentali
del disagio psichico
Due componenti principali
dell’origine del senso di colpa :
1) Devi ricevere un messaggio
che lo innesca:
2) Devi avere poche difese
contro quel messaggio .
1.
Devi ricevere un messaggio che lo
innesca: i messaggi, comportamenti e
azioni che le persone a te vicine (o
lontane, come nel caso di un film) lo
generano, possono crearlo. Quali sono
le strategie che le persone esterne (gli
altri) utilizzano per creare a te o agli
altri un senso di colpa (volontariamente
o involontariamente)?
2. Devi avere poche difese contro quel messaggio:
La
tua risposta agli input conta. Quando
piove, possiamo avere o meno un
impermeabile e bagnarci o no. E
quando arriva un messaggio che
innesca il senso di colpa, abbiamo la
protezione giusta? Quanto questi
messaggi entrano o no, a quali sei o
meno sensibile, quali ti colpiscono
senza che tu abbia difese?
Alcuni sensi di colpa sono utili (es,
sentirsi in colpa se guido essere ubriaco
o continuo a bere rischiando di morire
per coma etilico), ed alcuni sono
dannosi (es: senso di colpa se vado in
palestra e lo vivo come un rubare
tempo alla famiglia, dimenticando che
se non sto bene io farà male a tutti, a
me e agli altri).
Aspettative e il loro
trasformarsi in senso di colpa
Le persone in relazione tra loro
sono assimilabili a “sistemi di
aspettative” reciprocamente attivi,
e riversano aspettative che quando
assimilate generano sensi di colpa,
soprattutto nella parte più debole
della relazione.
La facilità di provare senso di
colpa nell'età adulta dipende dal
modo in cui si è attraversata
l'infanzia e l'adolescenza e
soprattutto dal modello
educativo a cui si è stati esposti.
Un'educazione equilibrata ed i
giusti modelli familiari
consentono alle persone di
crescere con un soddisfacente
equilibrio tra capacità di sentirsi
in colpa e amore per se stessi.
Quando il primo aspetto - provare
rimorso - diventa preponderante, la
personalità e il comportamento
dell'individuo rischiano di risentirne
pesantemente. Ciò che dovremmo
chiederci per poter comprendere
meglio il fenomeno, è da cosa abbia
origine il senso di colpa immotivato .
Una delle tante ipotesi
avanzate dagli psicologi , il
senso di colpa nascerebbe
allorquando si ritiene di
aver avuto molto più degli
altri, magari anche senza
averlo meritato veramente.
Un esempio drammatico potrebbe
essere quello di chi sopravvive a un
incidente in cui è scomparsa una
persona cara e può conseguentemente
sviluppare un assurdo ma lacerante
senso di colpa, per il semplice fatto di
essere rimasto vivo. Si parla in questo
casi di senso di colpa "eterodiretto",
ovvero rispetto al mondo esterno.
Esiste anche un'altra teoria, di
stampo più prettamente sociale,
che parla prevalentemente di
senso di colpa "autodiretto",
ovvero nei confronti di sè stessi.
Secondo tale prospettiva il
malessere nascerebbe
dall'incongruenza tra
un'immagine ideale di sè
(socialmente desiderabile,
integerrima, impeccabile,
sempre all'altezza della
situazione)e l'immagine reale
che ciascuno possiede della
propria persona.
Questo succede a chi pretende molto
da sé, per cui mantiene un
atteggiamento di autocritica e di
rigidità: un'eco delle critiche e delle
rigidità vissute in famiglia, da parte di
genitori che si aspettavano molti
successi dai figli, e che reagivano con
asprezza a questo tipo di delusioni.
Il senso di colpa autodiretto è
certamente l'esperienza più
penosa, in quanto condizionante
per l'equilibrio della persona.
Il senso del dovere, il senso di
responsabilità, la disciplina, l'autocoscienza,
sono gli essenziali precursori - derivanti da
un'educazione ispirata essenzialmente a tali
valori - per lo sviluppo di una personalità
altamente autocritica e come tale infelice
perchè incapace di darsi tregua.
Quando si inizia ad imporsi degli
standard eccessivi, il percorso
distruttivo è già iniziato, soprattutto
perchè si manifesterà una progressiva
tendenza all'innalzamento degli obiettivi
e del livello di difficoltà delle prove in
cui si sceglie di cimentarsi .
Questo processo nasce , secondo l'ipotesi
psicodinamica, dal bisogno di riparare ad una ferita
narcisistica dell'io, che ha avuto inizio con le
ripetute mortificazioni cui il bambino è stato
sottoposto nell'arco della sua educazione; il non
essere mai stato incoraggiato ed apprezzato, ma piuttosto
spronato a "fare di più", genera un basso livello di
autostima, che induce a maccanismi compensatori che
consistono nell'imporre a se stesso delle sofferenze e delle
privazioni che possano apparire all'esterno nobilitanti e
lodevoli.
Il senso di colpa appartiene alla
memoria (eterica) e si radica
nell'interiorità a causa di un
evento subito e compiuto nel
passato e vissuto giorno dopo
giorno senza speranza di
soluzione.
In tal modo esso impedisce il
cammino verso la libertà
interiore e proprio per questa
sua caratteristica il senso dì
colpa, è una situazione interiore
che blocca e rende passivi verso
l’esterno.
Il lato caldo del senso di colpa è il rancore.
Il rancore appartiene alla vita dell'anima.
Se il senso di colpa spegne e intristisce la
vitalità del nostro mondo interiore, il rancore
dilania continuamente la nostra interiorità a
causa di un incessante movimento
emozionale che spesso trapassa nella sete di
vendetta
La vendetta, se eseguita, crea il
passaggio da dentro a fuori. Un
contenuto della nostra individualità
(rancore) diventa così una azione
verso l’esterno (vendetta).
Il rancore vive nel presente, la
vendetta si proietta nel futuro.
Il rancore è il fratello minore dell'odio e la vendetta un suo
servo.
Il perdono appartiene all’Io Superiore ed è perciò di natura
Spirituale.
Esso crea un rapporto da Io ad Io ed è uno strumento
dell’Amore che consegna l’intenzione umana alla risoluzione
divina in armonia con le archetipiche parole del Cristo:
“Padre perdona loro, perché non sanno quel che fanno”
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Loperfido 15.10.2015 - Uno sguardo al cielo