Fisica Subnucleare di Gauge
Università di Padova
II anno laurea specialistica
T.Dorigo / U.Gasparini, AA 2010/2011
Tommaso Dorigo
[email protected]
Stanza 3L0, tel. 049-8277230, 346-8671707.
http://www.science20.com/quantum_diaries_survivor
Struttura del corso e logistica
•
40 ore in 8 settimane di 5 ore ciascuna (mercoledì 15.30-17.15, giovedì 14.3016.15, venerdì 14.30-15.15)
– 20-22, 27-29 ottobre; 3-5, 10-12, 17-19, 24-26 novembre; 1-3, 8-10 dicembre
– solo una settimana di “buffer” per lezioni mancate (13-17 dicembre)
– 6 di queste settimane di corso le tengo io; 2 le terrà il prof. Ugo Gasparini
•
Taglio “sperimentale”
– Si danno per acquisite le nozioni del corso di Riccardo Brugnera
– L’enfasi non è sui calcoli ma sui fenomeni fisici e la loro interpretazione
•
Trasparenze distribuite alla fine di ogni parte (5 parti in totale)
•
Esercizi di complemento
– siete consigliati a provarli prima della lezione successiva
– possono essere chiesti all’esame (solo orale)
•
E-mail e numero di telefono vi sono richiesti per potervi avvertire di eventuali
assenze improvvise o altre comunicazioni
– Mandatemeli al più presto a [email protected] !
– Subject: Fisica Subnucleare
Miscellanea
•
Il corso ha un taglio sperimentale  enfasi sulla fenomenologia e le indagini
sperimentali, quando possibile
– fate attenzione ai (pochi) valori numerici di osservabili che incontreremo
– è difficile farmi arrabbiare, ma un modo è venire all’esame a dire che il quark b ha una
massa di 30 GeV (è successo a due vostri colleghi in passato)
•
Nel corso cercherò di inserire alcune nozioni di base di statistica e discussione delle
problematiche sperimentali nella stima delle grandezze misurate
– non compaiono esplicitamente nel programma, ma sono comunque richieste
•
•
Le parti I, II, III sono abbastanza “standard” – non ascolterete nulla che non possiate
rileggere in forma equivalente nei testi consigliati; le parti IV e V contengono
materiale che non trovate facilmente altrove
Durante la lezione siete fortemente invitati a interrompere per chiedere maggiori
spiegazioni o quant’altro
– chi fa una domanda dimostra ignoranza solo momentaneamente; chi non la fa rimane
ignorante per sempre.
– Non sono un’enciclopedia! Potrò in casi particolari rimandare la risposta alla lezione
seguente.
– se vado troppo veloce o troppo lento DITELO!
•
Per le lezioni di 2 ore, preferisco farle tutte di fila senza intervallo.
•
Infine una precisazione...
Mi presento
Ricercatore INFN, partecipo all’esperimento CMS al Large Hadron
Collider del CERN dal 2001, e all’esperimento CDF al Tevatron di
Fermilab (Chicago) dal 1996.
Mi occupo di ricerche di fisica di alto PT: quark top, bosone di Higgs,
nuova fisica
Sono anche membro di:
– CMS Statistics Committee Board
– CDF Publication Review Group
Tengo da 5 anni un blog dove cerco di spiegare la fisica delle particelle
in maniera semplice
Sommario
1) Dal modello a partoni alla QCD
– Diffusione, deep inelastic scattering, funzioni di struttura, Bjorken scaling,
Lagrangiana di QCD, il colore, violazioni di scaling, rinormalizzazione e
running di as
2) Dalle interazioni deboli al modello GSW
– La teoria V-A, Fermi e GT transitions; determinazioni della costante di Fermi;
correnti cariche e neutre
3) Il Modello GSW e i suoi tests sperimentali
– sin2qw dal neutrino scattering, correzioni radiative, fisica della Z, interferenza e
asimmetrie a LEP, misure a LEP II
4) La rottura della simmetria e il bosone di Higgs
– modello di Goldstone, meccanismo di Higgs, Lagrangiana del Modello
Standard, fenomenologia dell'Higgs, ricerche sperimentali, stato e prospettive
5) Fisica ai colliders adronici
– fisica ai colliders adronici (Tevatron e LHC), evidenze indirette del top, ricerca
e proprieta' del top quark e bosoni vettori, ricerche di nuova fisica,
supersimmetria, limiti sperimentali e prospettive
Testi consigliati
•
F. Halzen, A.D. Martin, “Quarks & Leptons: An Introductory Course in Modern
Particle Physics”, Wiley 1984
•
W.E. Burcham, M. Jobes, “Nuclear and Particle Physics”, Longman 1995
•
R.K. Ellis, W.J. Stirling, B.R. Webber “QCD and Collider Physics”, Cambridge
U.P. 1996
– Cap. 8, 10, 11
•
Appunti dalle lezioni (specie per le parti 4 e 5): disponibili alla fine di ogni parte
•
Altri testi utili (livello più avanzato):
– L.B. Okun, “Leptoni e Quarks”, Ed. Riuniti 1986
• Cap.19,20
– F. Mandl, G. Shaw, “Quantum Field Theory”, Wiley 1984
• Cap. 11,12,13
– J.F. Donoghue, E. Golowich, B.R. Holstein, “Dynamics of the Standard Model”,
Cambridge U.P. 1992
• Cap.15
PARTE PRIMA
Deep Inelastic Scattering e QCD
• Brevi richiami di QED, l’eq. di Dirac, quadricorrente,
matrice di transizione
• Diffusione elastica, scattering elettrone-muone, variabili
di Mandelstam
• Scattering elettrone-protone e fattori di forma
• Scattering inelastico; Bjorken scaling; relazione di
Callan-Gross
• Struttura a quark dei nucleoni
• La QCD e il colore. Violazioni dello scaling
• Running di as e rinormalizzazione
Invarianza di gauge U(1) e QED
• La costruzione della Lagrangiana del Modello Standard verrà vista nella
parte IV del corso; tuttavia partiamo proprio con un accenno alla sua
proprietà più fondamentale in quanto è alla base dell’interazione elettronefotone che ci serve a descrivere lo scattering
• Alla base di tutto c’è la richiesta FISICA che i campi spinoriali che
descrivono i fermioni, che dobbiamo rappresentare con funzioni
complesse, descrivano la stessa fisica indipendentemente da una fase
arbitraria:
ia
 ( x)  e  ( x)
(1.1)
• La Lagrangiana di QED per un elettrone libero
L  i     m


(1.2)
(da cui
(i   m)  0 )


ci assicura che ciò valga.
• La famiglia di trasformazioni di fase U(a) = eia forma un gruppo unitario
Abeliano U(1). La simmetria sottostante delle funzioni d’onda fisicamente
implica la presenza di una quantità non misurabile. Possiamo quindi
“fissarla”: una volta deciso il valore di a, esso vale in tutto lo spazio.
GLOBAL GAUGE INVARIANCE.
• Va notato che sarebbe ancora meglio per la teoria se a potesse variare da
punto a punto senza cambiare la fisica: a=a(x).
• Se vogliamo invarianza di gauge locale, ci serve che L rimanga la
stessa per
iea ( x )
 ( x)  e
 ( x)
(1.3)
• Questo non funziona, perché la derivata di a(x) compare nella
trasformazione.
Possiamo imporre la “non fisicità” della fase arbitraria
indipendentemente in tutto lo spazio solo se modifichiamo il modo in cui
deriviamo il campo, introducendo la derivata covariante
ove A trasforma secondo
A  A   a (1.5)


  D    ieA




(1.4)

• La proprietà del campo A garantisce che L è ora invariante di gauge
locale (esempio 1)
– Abbiamo avuto bisogno di A per “compensare” le differenze di fase da punto
a punto. Dato che possiamo pensare di dover compensare la fase a
distanze arbitrarie, il campo A ha range infinito! Inoltre esso non può avere
un termine di massa nella Lagrangiana, per non rompere di nuovo la
invarianza di gauge locale.
 Discuteremo in dettaglio queste proprietà e le implicazioni fra alcune settimane.
• L’invarianza di gauge locale implica che i nostri fermioni interagiscano,
con intensità proporzionale al quadrato della carica elettrica. La
Quantum Electrodynamics si basa dunque su una invarianza di gauge
U(1) locale.
La QED è quindi il “prototipo” di teoria quantistica di campo di gauge,
basata sul gruppo abeliano U(1).
La QED descrive l’interazione elettromagnetica tra particelle cariche
‘point-like’ di spin ½ ( e.g. elettroni, muoni, quarks, la cui equazione del
moto “libera” è data dall’ eq. di Dirac) mediata dal fotone, il quanto del
campo elettromagnetico A.
L’equazione del moto di un elettrone (carica elettrica -e )
in presenza di un campo e.m. è
[ (i  eA )  m]  0



dove A = ( F, A) è il quadri-potenziale del campo e.m. :
 matrici di Dirac:
[ k matrici di Pauli:
 0
k  
  k
k 
0 
1 0 
0  

0

1


  
B   A



A
E  F 
t
0 1 
0  i 
1 0 




 2 
 3 0  1
1
0


i 0 


1  
(1.6)
(1.7)
]
Generalità sullo scattering
• Lo scattering di elettroni da una regione di carica elettrica è un
metodo di indagine della sua struttura interna
– si può rivelare sia l’angolo di scattering che l’energia finale dell’elettrone
 esprimibili in funzione del quadrimomento trasferito, q
– si esprime la sezione d’urto di scattering , differenziale nell’angolo
solido dW, in relazione alla sezione d’urto per lo scattering da una
sorgente puntiforme di carica
• Il rapporto fra le due fornisce informazioni sulla distribuzione incognita di
carica, espresse in funzione del quadrimomento trasferito q  funzione di
struttura
• Vedremo in maniera formale come si calcolano le funzioni di struttura
per gli adroni, e scopriremo che lo scattering ad alta energia (“deep
inelastic”) ci permette di descrivere gli adroni in termini dei loro
costituenti
• La descrizione estesa del calcolo è utile in quanto il DIS è a tutt’oggi
utilizzato in esperimenti di alta energia (PDF, fisica dei neutrini, fisica
elettrodebole di precisione...)
Concetti di base per lo scattering di elettroni
Siamo interessati al processo di diffusione tra due fermioni carichi
puntiformi, ad esempio: e-e-  e-e-, e--  e-, e-q  e-q.
Per illustrare la tecnologia di indagine, calcoleremo lo scattering
elettrone-muone, che ne è l’archetipo anche se non si misura direttamente!
Nella teoria perturbativa dello scattering da un potenziale,
l’ampiezza di transizione tra uno stato iniziale
(spinore i con 4-impulso (Ei,pi) ) ad uno stato finale
(spinore f con 4-impulso (Ef,pf) ) è data da:
T  i  ( x)V ( x) ( x)d x
4
if
f
i
(1.9)
dove V(x) è il potenziale che perturba l’Hamiltoniana di particella
libera Ho : H = H0 + V




0
e si è introdotto lo spinore coniugato
(la quantità      0
una densità di probabilità)

è definita positiva e ha il significato di
In QED, per la quale l’eq. del moto è:
(  i   m)  e  A  V ( x)
(1.6)
V ( x)  e  A
il potenziale è:
ossia:
T  ie ( x) A ( x) ( x)d x

if

f
i
 i  j ( x) A ( x)d x

(1.10)
4
4

i(x)
e-
dove si è introdotta la “corrente elettromagnetica”:
(1.11)
j ( x)  e f ( x)  i ( x)
f (x)
eA(x)
j ( x)  e f ( x)  i ( x) abbia il significato fisico di densità
Che
di 4-corrente j = (r,j) deriva dal fatto che vale l’eq. di continuità  j  0 ,
come si può verificare dall’eq. di Dirac e dalla sua equazione aggiunta per
lo spinore coniugato (esempio 2)


Nello scattering elettrone-muone, possiamo considerare il campo A
come il 4-potenziale del campo e.m. associato alla presenza del
muone: la sorgente del campo è la corrente e.m. del muone:
j
muon

( x)  e
muon
( x) 

muon
Vediamo come si esprime il
propagatore del campo A.
( x)
i(x)
f (x)
k e- e- k’
4-impulso
iniziale dell’elettrone
muon(x)
p
4-impulso
iniziale del muone
A(x)
p’
4-impulso finale
 A 0

La relazione tra il campo e la sua sorgente jmuon è data
dall’ eq. di Maxwell, espressa nella gauge di Lorentz

(  ) A  j ( x)
t
2
2
(1.12)
muon

2

(c = 1)
Al primo ordine della teoria perturbativa, possiamo prendere per
jmuon la soluzione del campo muon che viene dalla eq. libera di Dirac:
 ( x)  u ( p)e
muon
ossia:
j
muon

 
( px  p x  Et  p  x )
 ipx


muon
( x)  e
muon
( x) 

muon
( x)  eu ( p' ) u ( p)e
muon
Nota: la conservazione del 4-impulso, k+ p = k’+p’
implica che vale q = p’-p = k-k’

i( p' p) x
muon
= q (4-momento
trasferito nel processo)
j
muon

( x)  e
muon
( x) 

muon
( x)  eu ( p' ) u ( p)e

muon
muon

(  ) j
t
2
Da tale soluzione libera, si vede che
muon
2
2
  j ( x) 

  j
  t   q


i( p' p) x

 q j ( x)
2
muon

muon
2

2
2
2
muon

( x)
A ( x)   j
e confrontando con (1.12) si trova

muon

( x) / q
2
Questa esprime il campo elettromagnetico in termini della sua sorgente,
la densità di quadricorrente del muone.
L’ampiezza di transizione, al primo ordine perturbativo, è allora:

j ( x) j
T  i  j ( x) A ( x)d x  i 
q

if
muon
4

2

( x)
4
d x
Esprimendo anche la corrente dell’elettrone
j ( x)  e ( x)  ( x)
in termini di soluzione dell’equazione
di particella libera di Dirac:
 ( x)  ue (k )e  ikx

j ( x) j
si ha: T  i 
q
if
muon

( x)
2
d x
4
1
 i  eu (k ' ) u (k )e
d x
 eu ( p ' ) u ( p )e
q 
1
 ie (2 )  (k ' p ' k  p )u (k ' ) u (k ) u ( p ' ) u ( p ) 
q 
 i (2 )  (k ' p ' k  p ) M

e
i(k 'k ) x
e
2
4
i( p' p) x
muon

4
e
4

muon
2
4
e
2

muon
muon
4
if
dove si è definito l’ elemento di matrice di transizione:
e 
M   [u (k ' ) u (k )][u ( p' ) u ( p)]
q 
2
(1.13)

if
2
e
e
muon

muon
Il calcolo dell’elemento di matrice nel caso di proiettili senza polarizzazione
netta comporta prendere il modulo quadro, mediato sugli spin iniziali, e
sommata sugli spin finali (se questi non vengono osservati):
4
1
e
M 
 M  L L
(2s  1)(2s  1)
q
2

2
spin
A
4
e
muon 
B
I tensori della corrente di elettrone e muone sono
1
 [u ( k ' ) u (k )][u ( k ' ) u (k )]
2
1
L
  [u ( p ' ) u ( p )][u ( p ' ) u ( p )]
2
Per la corrente dell’elettrone, che si riduce usando le proprietà delle matrici
gamma, dobbiamo allora calcolare
L 

e


*
e  spin
*
muon 

  spin
1
L  u
2

e
( s ')
a
(k ' )
s'


a
 u  (k )u  (k )  u (k ' )
(s)

(s)
( s ')
s
per la quale ci servono le relazioni di completezza degli spinori. Con brevi
calcoli (esempio 3) si trova
1
L   u (k ' )u (k ' )
2
1
Tr (k ' m) (k  m) 
2

e
( s ')
s'

( s ')
a



a
 u  ( k )u  (k )  
(s)
s
(s)

Quindi ci serve calcolare la traccia del prodotto di quattro matrici.
Poiché la traccia di elementi con un numero dispari di matrici
gamma è nulla, rimangono solo due termini:
1
1
L  Tr[k  k  ]  m Tr[  ]
2
2



2


e
e con i teoremi di traccia si trova (esempio 4):
L  2[k ' k  k ' k  (k 'k  m ) g ]





2

e
Lo stesso calcolo, per il tensore della corrente muonica, fornisce la
analoga espressione
 2[ p' p  p' p  ( p' p  M ) g ]
2
L
muon 





Inserendo nell’elemento di matrice, e trascurando i termini
proporzionali alla massa dell’elettrone, si ottiene (esempio 5):
4
8e
M 
[(k ' p ' )(k  p )  (k ' p )(k  p ' )  M k 'k ]
q
2
2
4
Per procedere dobbiamo scegliere un sistema di riferimento. Risulta
comodo quello “del laboratorio” (difficile con muoni!),
in cui il “bersaglio” è a riposo.
k’ = (E’,k’)
q
k = (E,k)
q=(,q)
p = (M,0)
Con alcuni calcoli (esempio 6) si trova l’espressione:
4
8e 1
1
M 
[ q M ( E  E ' )  2 EE ' M  M q ]
q
2
2
2
2
2
2
2
4
Raccogliendo un furbo fattore 2M2EE’ e tenendo conto
che
q2 = -2k*k’ ~ -2EE’(1-cosq) = -4 EE’ sin2q/2,
e che l’energia del fotone è  = E-E’ = -q2/2M, si ottiene infine (esempio 7)
8e
q
q
q

M 
2M EE' cos 
sin 
q
2 2M
2

4
2
2
2
4
2
2
2
p’ = (E’,p’)
• Abbiamo ottenuto l’elemento di matrice dell’interazione e.m. fra un
elettrone e un muone (o un altro fermione puntiforme di massa M),
mediato sugli stati di spin
• Da questa espressione si ricava la sezione d’urto per lo scattering,
che è la quantità osservabile sperimentalmente, espressa in funzione
dell’unica grandezza indipendente, l’angolo di scattering q.
• Bisogna far attenzione alla normalizzazione delle funzioni d’onda, e
esprimere il tutto in forma covariante per trasformazioni di Lorentz
• Vediamo allora come sono normalizzate le funzioni d’onda nei casi
non relativistico (Schroedinger) e relativistico (Klein-Gordon).
• Schroedinger:
i

1

  0
t 2m
2
l’eq. di continuità per un flusso di particelle si scrive
r
 j  0 ,
t
e con
rN
si trova che
  Ne
i p  x iEt
2
che segue da
p
j N
m
r 
2
2
che segue (esercizio 1.6) da
i
j
(    )
f
2m

 f  m f
t
*
• Klein-Gordon:
*
2
2
2
2
sommando l’equazione moltiplicata per –if* alla coniugata moltiplicata
per -if, la stessa eq. di continuità, e la stessa equazione di
particella libera di energia E e impulso p, portano alle espressioni
r  2E N
j  2p N
2
2
Che r sia proporzionale a E dipende dalla contrazione
relativistica del volume d3x  d3x (1-v2)0.5 che obbliga
la densità di probabilità a bilanciare la diminuzione
Dunque possiamo normalizzarci a 2E particelle in un volume V, e
questo manterrà la covarianza. Da r=2EN2 si trova quindi
1
N
V rdV  2 E
V
Riprendiamo allora l’ampiezza di transizione espressa in funzione
dell’elemento di matrice:
T  iM (2 )  ( p  p  p  p )
4
4
fi
C
D
A
B
e normalizzando come deciso, e prendendo la frequenza di
2
transizione per unità di volume
tenendo conto di
[(2 )  ( p  p  p  p )] 
4
4
W 
fi
fi
tV
2
C
D
A
B
(2 )  ( p  p  p  p )  
8
T
4
C
D
A
e
 i ( pC  p D  p A  p B )
(2 )
B
4
d p
4

(2 )  ( p  p  p  p )  tV
4
4
C
Si ottiene
D
A
W  (2 )
fi
B
 (p  p  p  p )
4
4
C
D
V
A
4
B
M
2
La sezione d’urto  si calcola dalla frequenza di transizione per unità
di volume Wfi moltiplicandola per il numero di stati finali disponibili e
dividendo per il flusso iniziale di particelle.  ha il significato di “area
efficace” ove l’interazione ha luogo.
Il numero di stati finali disponibili (C,D) per elemento di impulso d3p è
Vd3p/(2)3 , ma noi abbiamo 2E particelle per unità di volume quindi
gli stati finali per ciascuna particella sono Vd3p/[2E(2)3]
Per il flusso incidente si prende il numero di particelle incidenti (A) per
unità di area e tempo, |vA|2EA/V , e lo si moltiplica per il numero di
bersagli per unità di volume, 2EB/V
Si trova quindi l’espressione infinitesima della sezione d’urto:
 V
 M
d pd p

d  
 (p  p  p  p )
4E E
 v 2 E E  (2 ) V
2
2
3
4
2
A
A
B
2
3
C
C
D
A
D
B
C
D
Il volume arbitrario con cui abbiamo fatto i conti sparisce, come deve.
Facendo i conti nel sistema del laboratorio si trova, con semplici
calcoli (esempio 8):
E ' dE ' dWd p'
 1 M
d  
 ( p  q  p' )

4p '
 4ME  4
2
3
4
2
0
Finalmente possiamo inserire l’elemento di matrice calcolato
in precedenza. Tenendo conto di alcune proprietà della delta di Dirac,
in particolare che
3
d p'
 ( p  q  p' )   d p' dp ' ( p  q  p' )q ( p ' )  p'  M

2p '
4
3
4
2
0
2
0
   ( p  q)  M 
2
2
0
e che  (( p  q )  M )   (2 p  q  q )  1   p  q  q   1    q 




2M  M
2M  2M 
2M 
2
2
2
2
2
si trova l’espressione
d
(2aE ' )

dE' dW
q
4
2
q q
q 
q 

sin   

cos 
2 2M
2 
2M 

2
2
2
2
Possiamo anche integrare in dE’ e usare ancora le proprietà della
delta di Dirac, esprimendo:
q 
2 EE ' (1  cosq ) 
1

  
 ( E ' E / A)
    E  E '

2M 
2M


 2 MA
2
A  1
ove si è espresso con A il fattore di rinculo
2E
q
sin
M
2
2
per ottenere la formula di Mott:
d 4a E ' ( E ' / E ) 
q


cos
(

/
2
)

sin
(

/
2
)



dW
q
2M


2
2
2
2
2
4
2
a (E' / E) 
q


cos
(

/
2
)

sin
(

/
2
)

4 E sin ( / 2) 
2M
2
2
2
2
4
2
2
La formula di Mott esprime nel laboratorio la sezione d’urto di scattering
di elettroni da fermioni puntiformi massivi. Si può verificare (vedi H.M. es.6.8)
che l’aver assunto spin ½ per il bersaglio porta al fattore sin2(q/2)
(scattering dal momento magnetico del bersaglio)
E’ importante sottolineare che per un fissato valore dell’ energia incidente E,
la sezione d’ urto è solo funzione dell’angolo di scattering q, essendo
E '  E /[1  (2 E / m) sin 2 ( / 2)]
detto “fattore di rinculo” (esempio 9)
Infine, è utile esprimere la sezione d’urto elementare di Mott in forma
Lorentz-invariante, utilizzando le variabili di Mandelstam:
s  (k  p ) 2  (k ' p ' ) 2  2kp  2k ' p '
t  (k  k ' )  q
2
k’
k
2
u  (k  p ' ) 2  (k ' p ) 2  2kp'  2k ' p
Dalla forma Lorentz-invariante (1.15) dell’ ampiezza
di transizione (trascurando la massa del muone):
 8e 
M 
[(k ' p ' )(kp)  (k ' p )(kp' )] 
q 
e s u 
s  u 
 2     2e 
t 4 4
 t 
4
k’
2
if
4
4
2
2
2
2
4
2
2
p’
p
k
e
q
quark
p
La possibilità di “crossing” dell’elemento di matrice usando le variabili
di Mandelstam è conveniente, e permette di ottenere subito
dall’espressione precedente (non verificabile sperimentalmente!)
l’elemento di matrice per la produzione di coppie di muoni da
scattering e+e– Lo scambio necessario è k’-p, cioè st:
t  u 
M  2e 
 s 
Otteniamo così la previsione della sezione d’urto:
2
2
if
d
dW

a

CM
2
4s
2
4
2
1 p
1
1
M 
2e [ (1  cos q )] 
64 s p
64 s
2
f
2
2
4
2
2
i
(1  cos q )
2
che integrata in dq e df dà
4a
 (e e    ) 
3s




2
La costante di struttura fine
La costante fondamentale dell’interazione e.m.:
a  e 2 / 4
detta “costante di struttura fine” si misura con grande precisione osservando
la struttura fine dei livelli energetici atomici. E’ espressa in unità naturali
(  c  1) nel sistema di unità di misura “razionalizzato” di HeavisideLorentz, nel quale la 1a equazione di Maxwell per il campo E (la legge di
 
Gauss) è espressa nella forma
E  r
 
(ossia e0=1 ; nel S.I. invece   E  r / e 0 ), o equivalentemente la
legge di Coulomb che definisce il valore della carica elettrica è: F  e 2 / 4r 2
La costante a è adimensionale: essa entra in (1.16) [eq. espressa in unità
naturali ] come rapporto tra una sezione d’ urto (dimensione: [] = m2)
e l’inverso del quadrato di un’energia ([1/s] = J-2 ); queste quantità
sono tra loro omogenee, essendo [h] = Js e [c] = m s-1.
Nel S.I., l’espressione di a è
a  e 2 / 4e0 c
Infatti:
 e2 
2

N

m
 J m
 
e 0 
(dalla legge di Coulomb)
c  J  s  m  s 1  J  m
e quindi la combinazione
a  e 2 / 4e0 c
è adimensionale.
Numericamente:
(1.6 10 )
1
a
 0.73 10 
4 8.85 10 1.05 10  2.997 10
137
19
2
2
12
34
8
Lo scattering elastico elettrone-nucleone
Il processo di scattering elettromagnetico epep non è un
processo point-like (come eq eq o e e)
La sezione d’urto di Mott, che nel sistema del laboratorio è
data dalla (1.16):
 2

d  d 
q2
2

sin ( / 2)

cos ( / 2) 
2
dW  dW  Rutherford 
2M

va modificata. La corrente adronica diventa
j
j
hadr
quark
 equq ( p' )  uq ( p)
ik


 eu p ( p ' )  F1 (q 2 )  
F2 (q 2 )  q u p ( p )
2M


(1.17)
con
ek
ek’
protone
p
   i (         ) / 2 ed M è ora la massa del nucleone.
p’
Va notato che la corrente vettoriale dell’elettrone si scrive normalmente
j
e

 eu ( k ' ) u ( k )
e

ma questo equivale, per la decomposizione di Gordon della corrente (vedi
HM esercizio 6.2), a
(1.18)
e
eu (k ' ) u (k ) 
u (k )(k ' k )  i (k 'k ) u (k )
2m

e


e

da cui si vede che la scrittura concisa dell’accoppiamento contiene già una
parte che descrive lo scattering elettrico (come per una particella senza
spin) e una che descrive l’interazione magnetica. Quest’ultima contribuisce
solo quando k-k’ è grande, ovvero quando l’interazione è ad alto q2.
La parte che permette lo scattering dal momento magnetico del bersaglio,
contenuta nella quadricorrente dell’elettrone, è quella dovuta allo spin
dell’elettrone.
Quando scriviamo la corrente del sistema adronico, al termine
corrispondente si va a sommare la parte “anomala” dovuta al momento
magnetico anomalo dell’adrone.
Si dimostra (esempio 10) che il termine entro parentesi nella corrente (1.17)
j
hadr
ik


2
2
 eu p ( p ' )  F1 (q )  
F2 (q )  q u p ( p )
2M


è il più generale 4-vettore che può essere costruito dalle matrici di Dirac e dai
4-momenti in gioco p, p’ e q = k-k’ = p’-p, tenendo conto che la 4-corrente
jhadr deve essere conservata:   j  0 , ossia qj = 0.
Le funzioni F1(q2), F2(q2) descrivono la struttura dell’adrone, e non siamo
in grado di scriverle: esse devono essere determinate sperimentalmente,
come verrà discusso in seguito.
Si noti anche che il fattore k che moltiplica F2(q2) è il momento
magnetico anomalo del nucleone: misura la parte aggiuntiva del momento
magnetico del nucleone rispetto a quello di una particella point-like di
spin ½ come l’elettrone.
Notiamo anche che per q20 il fotone virtuale ha lunghezza d’onda grande
e il protone gli appare come una particella di carica +e e momento magnetico
(1+k)e/2m . Deve anche aversi F1(0)=F2(0)=1.
In effetti si dimostra che nel limite non relativistico, l’interazione (1.10) tra
una corrente e il 4-potenziale:
T    j ( x) A ( x)d x

if

4
(1.10)
si decompone in una parte elettrica e una magnetica. Ciò discende dalla
decomposizione di Gordon della corrente
(1.18)
e
j  eu f ( p' )  ui ( p) 
u f ( p' )( p' p)   i  ( p' p) ui ( p)
2M
e dal fatto che il 2o termine in (1.18) inserito in (1.10) dà, nel limite non
relativistico:
   ( 2) 3
e
4
( 2)  e
 2M  f i  ( p' p)  i A d x   f  2M   B  i d x

(2)
dove  è uno spinore bidimensionale,   ( 1 ,  2 ,  3 ) sono le matrici di
Pauli; il termine a destra dà l’interazione B di una particella di momento
magnetico =e/2M col campo magnetico B
[per maggiori dettagli, vedi Halzen-Martin, cap.6.2]
Riscriviamo la forma più generale della corrente adronica:
j
hadr
ik


 eu p ( p ' )  F1 (q 2 )  
F2 (q 2 )  q u p ( p )
2M


Se si inserisce jhadr nell’ elemento di matrice (1.13):
1
M  j  j
q 
elettr
if

 hadr
elettr
(ricordiamo che: j
 e[ue (k ' )  ue (k )] )
2
la sezione d’urto che si ottiene è data dalla “formula di Rosenbluth”:
(1.19)

d  d   2 k 2 q 2 2  2
q2
2
2



F

F
cos
(

/
2
)

(
F

kF
)
sin
(

/
2
)
  1

1
2
2 2 
2
dW  dW  Ruth. 
4M
2M


 d 
2
2
2
2

 cos ( / 2) A(q )  B(q ) tan ( / 2)
 dW  Ruth.


Per piccoli q2, non riusciamo a vedere struttura nel protone: ci appare
come una carica puntiforme +e con momento magnetico 2.79e/2M.
E’ utile introdurre le combinazioni lineari:
GM (q 2 )  F1 (q 2 )  kF2 (q 2 )
kq2
2
GE (q )  F1 (q ) 
F
(
q
)
2 2
4M
(1.20)
2
2
che sono, come vedremo, interpretabili come ‘fattori di forma’ magnetico
ed elettrico del nucleone. Non sono interpretabili direttamente come
trasformate di Fourier delle distribuzioni di carica e momento magnetico,
perché il bersaglio non è più statico; tuttavia ne sono vicini parenti.
L’introduzione di GE e GM ci permette di “disaccoppiare” F1 e F2 nella
formula di Rosenbluth: spariscono i termini di interferenza F1F2.
La formula di Rosenbluth può essere riscritta come segue (per casa) :
q

G

G

E'
4M
cos ( / 2) 
E
 1  q / 4M

2
(1.19’)
d  d 
 
dW  dW 
2
E
M
2
2
2
Ruth.
2
2


 q


G tan ( / 2)
 2M



2
2
2
M
2
Negli esperimenti di scattering elastico su targhetta fissa, il
momento trasferito è determinato dalla misura dell’ energia E’
dell’elettrone diffuso e dall’ angolo di diffusione:
q 2  (k 'k ) 2  4 EE' sin 2 ( / 2)
E’
eE
q
M
Nel “diagramma di Rosenbluth” costruito selezionando dati a q2 fissato:
d  d 
/  
dW  dW 
E'

cos ( / 2)
E

2
Ruth.
[Perkins, fig.6.4]
la pendenza misura direttamente il
fattore di forma magnetico GM(q2)
al valore scelto di q2; dall’ intercetta A(q2)
si determina GE(q2).
tan 2 ( / 2)
Esperimenti allo Stanford Linear Accelerator (SLAC) sono stati fatti su
targhette di idrogeno (=> protoni) e su deuterio (=>neutroni+protoni)).
Per sottrazione, da questi ultimi è possibile ottenere la sezione d’urto su
neutroni:
d
 d 
 d 




dW enen  dW ed ed  dW ep ep
e quindi determinare i fattori di forma anche del neutrone, nonostante
alcuni problemi con la struttura nucleare del deuterio.
GE,Mp,n(q2) sono stati misurati in un esteso intervallo di momenti trasferiti
[vedi, e.g., Phys.Rev.139B(458),1965]
2.79
[Burkham-Jobes, Fig.12.8]
2.0
GMp
GMn/(1.91)
1.0
G Ep
G En
Tutti i dati sono descritti da un unico andamento di dipolo:
1
GMp (q 2 ) GMn (q 2 )
G (q ) 


(1  q 2 / m 2 ) 2
p
n
p
E
(1.21)
2
GEn (q 2 )  0
dove il fit ai dati sperimentali dà: m2 = 0.71 GeV2
e le quantità:
 p  GMp (q 2  0)
n  GMn (q 2  0)
misurano i momenti magnetici del protone e del neutrone:
 p  2.79 N  2.79
n  1.91 N
N 
e
 3.15 10 14 Mev  J 1
2m N
“magnetone di Bohr” vale:
e
2m N
(1.22)
è il ‘magnetone nucleare’, momento
magnetico di una particelle di Dirac point-like
di massa mN ; si ricordi che il
e
B 
 1836  mN  5.79 10 11 Mev  J 1
2me
Come detto, GE e GM sono i ‘fattori di forma’ elettrico e magnetico
del nucleone, sono cioè in relazione con la sua distribuzione di densità
di carica elettrica e di momento magnetico.
GM (q 2 )  F1 (q 2 )  kF2 (q 2 )
Osserviamo infatti che dalla (1.20):
kq2
GE (q )  F1 (q ) 
F (q 2 )
2 2
4M
2
GE (q 2 ) q
2  F1 ( q )
0
2
2
e inoltre, dalla formula di Rosenbluth (1.19’), per q2  0 :
(1.23)
d
dW
 d 
   cos ( / 2)  G (q )
 dW 
2
2
2
E
ep ep
Mott
a bassi q2( basse velocità), l’elettrone ‘vede’ solo il potenziale
elettrostatico (la parte magnetica è trascurabile), ossia nell’ ampiezza
di scattering
4
Tif    j ( x) A ( x)d x
possiamo porre
A  (f ( x),0)
con


f ( x)  f (r , t )  f (r )
Tif    j0 ( x)f ( x)d 4 x  eu (k ' ) 0u (k )  ei ( k k ') xf ( x)d 4 x 
  
 3
i ( E  E ') t
i ( k  k ') r
 eu (k ' ) 0u (k )  e
dt  e
f (r )d r
F(x) elettrostatico,
non dipende dal tempo
2 ( E ' E )
 3
Tif  eu (k ' ) 0u (k )2 ( E ' E )  e f (r )d r

iq r
Utilizzando l’ integrazione per parti:
 f e
2

iq  r


dove:
  
q  k 'k





2
iq  r
3
2 iq  r 3 
d r    f  e d r   f (r )   e d r 
 f e
3


iqr 

2
 iqr 3 
  q  f (r )  e d r
0

e l’ eq. di Poisson per il potenziale:  f  r (r )
2
( r è la densità
di carica elettrica)
 iqr 3 
1
 f (r )  e d r   q 2
 iqr 3 
 r (r )  e d r
Inserendo in Tif tale espressione si ottiene:
 iqr 3 
eu (k ' ) 0u (k )
Tif  
2 ( E ' E )  r (r )e d r  2 ( E ' E ) M if
2
q
con:
 iqr 3 
eu (k ' ) 0u (k )
M if  
r ( r )e d r
2

q
Se inserisce questa espressione di Mif nel calcolo della sezione d’urto:
d
1

M if
2
dW (2 )
si ottiene:
d
dW
2
p 2 dp
 4 dE


 d 
   cos ( / 2)  e  r (r )e d r
 dW 
2
ep ep
Ruth.

iq  r
3
2
(1.24)
 iqr 3 
GE ( q )  e  r ( r )e d r
2
e confrontando con (1.23) si vede che
(1.25)
ossia il fattore di forma elettrico GE(q2) è la trasformata di Fourier
della densità di carica elettrica er(r) del nucleone.
Sperimentalmente, si trova che i dati sperimentali sui fattori di forma
sono ben descritti da una formula di dipolo:
1
G (q ) 
(1  q 2 / m 2 ) 2
p
E
2
Con m2=0.71 GeV2; questo risultato può essere direttamente messo in
relazione con le dimensioni del nucleone.

r
(
r
)  r (r )  Ae mr
Consideriamo una distribuzione a simmetria sferica:
(la costante di normalizzazione è A = m3/8, imponendo
Dalla (1.25) si ha:

G (q )  e r (r )e d r  2   r (r )e
2
E

iq r
 
3
r 0 0
iqr cos
 r (r )4r dr  1
2
r dr sin d
2
-dcosq
2 sin r 2 ddr
)
1

2  iqr



r
(
r
)
r
2
2
iqrx
z

GE (q )  2  r (r )r   e dx dr  2 
e dz dr 


iqr  iqr
r 0
r 0
 1




eiqr  e iqr
 2  r (r )r
dr
iqr
r 0
2
con:
 mr
In definitiva, inserendo r (r )  Ae
si ottiene:




2

A
2
 ( m iq ) r
 ( m  iq ) r
GE ( q ) 
rdr   e
rdr  
 e
iq r 0
r 0


x  cos 

q q
A  m3 / 8
 2A
2A 
1
1
4iqm
1



iq  (m  iq ) 2 (m  iq ) 2  iq (m 2  i 2 q 2 ) 2 (1  q 2 / m 2 ) 2
dove per brevità negli integrali si è sempre inteso q=|q| e quindi q2= |q|2 >0;
nell’ espressione
1
p
2
GE ( q ) 
(1  q 2 / m 2 ) 2
con q2 si intende invece il modulo quadro del 4-impulso trasferito
q=(k’-k): q2 -2kk’=-|q|2 <0, e quindi le due espressioni coincidono.
Il valore m2=0.71 GeV2 è quindi legato al “raggio” R della distribuzione
di carica:
 mr
r / R
r (r )  Ae
R
 Ae
1
1

 0.235 fm
2
m
0.71GeV
(vedi esercizio 1.5)
Il raggio del nucleone misurato dal fattore di forma elettrico del
protone è dell’ ordine di qualche frazione di Fermi.
Più precisamente, il valor medio del quadrato del raggio della distribuzione
di carica è:
m3  mr
 r   r r (r )4r dr  
e 4r 4 dr 
8
m3  mr 4
12

e r dr  2

2
m
2
2
2
=(4!) / m5
rrms   r 2  
12
 0.80 fm
m
SLAC,
Hofstadter et al.
Sommario delle sezioni d’urto
• Abbiamo fin qui visto cosa succede nello scattering elastico di un elettrone
(o altro fermione carico) da un altro fermione a riposo nel laboratorio
• Riepiloghiamo brevemente le caratteristiche principali previste dal modello
(QED, approssimazione single-photon exchange):
– scattering da fermione puntiforme (e-m-): formula di Mott
d
a (E' / E) 
q


cos
(

/
2
)

sin
(

/
2
)

dW 4 E sin ( / 2) 
2M
2
2
2
2
2
4
2
(notare il comportamento per q20 e che il secondo termine è assente per
bersagli statici spinless)
– scattering da fermione con struttura (e-p) - carica e momento magnetico
anomalo: formula di Rosenbluth
q

G

G

E'
4M
cos ( / 2) 
E
 1  q / 4M

2
d  d 
 
dW  dW 
2
E
M
2
2
2
Ruth.
2
2


 q


G tan ( / 2)
 2M



2
2
2
M
2
Esperimenti di scattering elastico e-N a Stanford
LINAC da 550 MeV di energia massima entrato in funzione a
Stanford (California) a metà degli anni ’50:
contatore di
elettroni
Spettrometro su
piattaforma rotante
[R.Taylor, J.Friedman,
W.Kendall, Lectures for Nobel
Prize, 1990; Rev.Mod.Phys. 63
(1991),573 ]
Lo Stanford Linear Accelerator (SLAC)
Alla fine degli anni ’60, entra in funzione l’acceleratore lineare (lungo 2 miglia)
con Ebeam=20 GeV
- l’intervallo di q2 è notevolmente esteso rispetto al passato
- si ha accesso allo scattering inelastico (il nucleone viene spaccato con
produzione di adroni nello stato finale)
Furono realizzati
3 spettrometri
dedicati per
elettroni da 1.6,
8 e 20 GeV
Gli esperimenti a SLAC
Spettrometri a piccola
accettanza angolare
(dW 1 msterad)
posizionabili a diversi
angoli di diffusione
(1,5 - 250 per E=20 GeV)
separatore e/
Esperimenti precedenti:
1GeV2
Spettrometro da
20 GeV
Primo uso massiccio
di computer nel
controllo on-line…
Esercizio 1.1: variabile s di Mandelstam
 
s  ( pe  pq )  pe  pq  2 pe pq  m  m  2( Ee Eq  pe  pq ) 
2
2
2
2
 2( p 2  p 2 cos  )  4 p 2  ECM
2
e
2
q
essendo ECM=2p
per me, mq << E
In un esperimento su taghetta fissa: pq=(m,0)
s  2 Ee m
ECM  2 Ee m
Ad esempio, negli esperimenti a SLAC:
Ee=20 GeV, m= mN=0.94 GeV ECM  6 GeV
epe
epe’
pq’
Ad un collisore con fasci “simmetrici” invece:
pq
ECM = 2 Ebeam
(esempio: LEP1 ,2 : Ebeam:44-47 GeV, 80 -105 GeV; Tevatrone: 0.98 TeV );
con fasci asimmetrici di energie E1, E2 :
ECM  2 E1E2
(esempio: collisore e-p HERA (Desy,Amburgo):
Ee=27.5 GeV, Ep=920 GeV  ECM  320 GeV )
Esercizio 1.2: momento trasferito e
angolo di scattering
Dimostrare che:
E’
q 2  (k 'k ) 2  4 EE' sin 2 ( / 2)
eE
Si ha:
q 2  (k 'k ) 2  k 2  k '2 2kk' 
 2 EE ' (1  cos  )  4 EE' sin 2 ( / 2)
angolo di scattering
nel laboratorio
1
(1  cos  )  sin 2 ( / 2)
2
M
q
Esercizio 1.3: formula di Mott
Dimostrare che:
2


q
2
2
2
2
A  [( k ' p' )( kp)  (k ' p)( kp' )  mq kk' ]  2M EE' cos  / 2 
sin  / 2
2
2M


Utilizzando la conserv. del 4-impulso: p’ = p+q = p+k-k’ , si ha:
[k ' (k  k ' p )]( kp)  (k ' p )[ k (k  k ' p )]  M 2 kk' 
[ q2=(k-k’)2  -2kk’ ]
q2
 [k ' k  k '  k ' p ]( kp)  (k ' p )[ k  kk' kp]  M

2

0

0
2
q2
q2
q
 [  k ' p ]( kp)  (k ' p )[  kp]  M 2

2
2
2
2
q2
2 q
  (kp  k ' p )  2(k ' p )( kp)  M

2
2
Nel laboratorio:
2
p=( M, 0)
q2
q
k=( E , k)
  M ( E  E ' )  2M 2 E ' E  M 2
2
2
k’=(E’, k’)
2
2
2
Allora:
2
q2
q
A   M ( E  E ' )  2M 2 E ' E  M 2

2
2
2
2


q
M
(
E

E
'
)
q
2
 2 M EE ' 
1

2
4 EE ' 
 2 M 2 EE '
q 2  4 EE' sin 2 ( / 2)
[es. 1.2]
 q2

2
2
2
 2 M EE ' 
sin  / 2  1  sin  / 2
2
 2M

M (E  E' )
 sin 2  / 2
2 EE '
q 2  4 EE ' sin 2 ( / 2) 
 2qp  2(k  k ' ) p  2( E  E ' ) M
[si osservi: q  p  p '
In definitiva:
q 2  p 2  2kp  p'2  0
0
 2

q2
2
A  2M EE' cos  / 2 
sin

/
2

2
2
M


2
q 2  2kp ]
Esercizio 1.4: energia dell’ elettrone
uscente nello scattering elastico e-p
Dimostrare:
E '  E /[1  (2 E / m) sin 2 ( / 2)]
Abbiamo visto che [es. 1.3]:
q 2  4 EE ' sin 2 ( / 2) 
 2qp  2(k  k ' ) p  2( E  E ' ) M
Allora:
E  E' 
2 EE ' 2
sin  / 2
M
E'
1

E 1  2 E sin 2  / 2
M
[Hofstadter e collab.,
1956]
M (E  E' )
 sin 2  / 2
2 EE '
E
2E
1 
sin 2  / 2
E'
M
Esperimento a SLAC:
E= 401 MeV, q=75o
M=939 MeV
(targhetta di idrogeno)
 E’ = 305 MeV
Esercizio 1.5: raggio del nucleone
Ricordiamo che in “unità naturali”:
  1,05 10 34 J  s  1
1s  0,95 1034 J 1
c  3 108 m / s  1
1m  0,33 108 s
1J 1  1,6 1010 GeV 1
1GeV  1,6 1010 J
inoltre:
Pertanto:
1m  0,33 108 s  0,33 1080,95 10341,6 1010 GeV 1
1m  5.07 10 GeV
15
GeV
1
1
1

10 15 m
5,07
GeV  0.197 fm
1
[Nota: un altro utile fattore di conversione è il seguente: GeV  0.388mb
infatti: 1 barn = 10-24 cm2= 10-28 m2  1 mb = 10-31 m2 = 0.1 fm2 ]
1
1
1
Allora:
R 

GeV 1  0.235 fm
m
0.71
0.71GeV 2
2
Come già discusso:
rrms   r 2  
12
 0.80 fm
m
Esercizio 1.6
Calcolare la densità di corrente nel caso non relativistico
dell’eq. di Schroedinger
L’equazione di Schroedinger e la sua i   1    0
coniugata si scrivono
t 2m
2

1
i

  0
t 2m
*
2
*
1
 

i  i

   0
 t 2m

1
 

 i   i

   0
t 2m


*
Moltiplicandole
opportunamente e
sommando:
2
*
2
*

i

i

   
    0
t 2m
t 2m
r
e
quindi
da
 j  0
r
i
t
       0


t 2m
i
si trova
j
(    )
2m
*
2
*
2
*
*
2
*
2
*
*
*
Parte I Capitolo 2
Dal Deep Inelastic Scattering
al modello a Quark
Sommario:
• Scattering inelastico eN
• Bjorken scaling
• Relazioni di Callan-Gross
• Modello a quark del nucleone
Deep Inelastic Scattering
Nel processo di diffusione fortemente inelastico (“DIS”) eNeX il sistema
adronico X nello stato finale non è più il nucleone, che viene distrutto
dall’urto; il sistema ha una massa invariante arbitraria W2=(P+q)2
(nello scattering elastico era W2=MN2 )
dove P è il 4-momento iniziale del nucleone (nel laboratorio: P = (MN,0) ) e
q=(k’-k) è il 4-momento trasferito nell’urto con l’elettrone.
L’energia del sistema adronico finale ed il
momento trasferito:
Eadr  E  E ' 
Pq

MN
ek
ek’
q=k’-k
(2.1)
q 2  (k 'k ) 2
sono ora variabili cinematiche indipendenti.
[Nota: l’invariante Pq calcolato nel sistema del
laboratorio dà:
P  q  M N q0  M N ( E  E ' ) ]
nucleone
X
P=(MN,0)
W 2  ( P  q) 2  P 2  q 2  2 P  q
Infatti:
1
1
2
2
2
2
P  q  M N  (W  P  q )  (W 2  M N  q 2 )
2
2
In definitiva:
2M N  W 2  M N  q 2
2
(2.2)
dove la massa invariante W può essere arbitraria
2
(nella diffusione elastica era invece fissa: W2 = MN2 da cui 2 M N  q )
Da un punto divista puramente fenomenologico, si può ottenere la sezione
d’urto di diffusione in maniera analoga a quanto fatto per la sezione d’urto
elastica, modificando la corrente adronica nell’ampiezza di scattering
rispetto all’ampiezza point-like; le funzioni che sostituiscono i fattori di forma
elastici F1(q2) e F2(q2) sono ora funzioni, a priori, delle due variabili
cinematiche indipendenti q2 e .
La sezione d’urto di scattering va ora scritta in forma doppio differenziale:
Scattering elastico
[eq. (1.19)]
2 2

q2
 d 
 d   2 k q 2  2
2
2

F  cos ( / 2) 
( F1  kF2 ) sin ( / 2)


  F1 
2 2 
2
4M
2M
 dW  eN eN  dW  Ruth. 


Scattering inelastico:
(2.3)
 d 
 d 
2
2
2
2



 W2 (q , ) cos ( / 2)  2W1 (q , ) sin ( / 2)
 dE ' dW eN eX  dW  Ruth.

[ricordiamo,
eq. (1.16):
a2
a 2 E '2
4a 2 E '2
 d 





2
4
2
2
4
q4
 dW  Ruth. 4 E sin ( / 2) 4 E E ' sin ( / 2)
q 2  4 EE' sin 2 ( / 2)
]
Le “funzioni di struttura inelastiche” W1(q2,) e W1(q2,) vanno
determinate sperimentalmente.

Fermiamoci un attimo a ragionare su cosa stiamo descrivendo. Nello
scattering eP, all’aumentare del Q2 la sezione d’urto elastica decresce,
come visto dalla formula di Rosenbluth. Invece vi è una sempre maggior
probabilità di rompere il protone.
Per Q2 intermedi lo stato finale comprenderà una “eccitazione barionica”,
che può decadere in protone-pione. Per Q2 ancora maggiori la QCD ci
presenta uno stato finale molto complicato, che non si può descrivere
con facilità.
Questo sistema adronico non si misura: si rivela solo l’elettrone, il suo
angolo, e la sua energia, oltre alla frequenza del processo.
La variabile indipendente  = -Q2/2M non è più unica in quanto la massa
invariante del sistema adronico è anch’essa variabile. Usando x = Q2/2m si
descrive il processo elastico a x=1, inelastico per x<1.
• Per comprendere la differenza e le caratteristiche cinematiche
del processo di scattering elastico e inelastico è utile costruire
un diagramma ove in ascissa c’è la variabile 2M e in ordinata il
Q2 dello scattering.
x=1, W=M
Q2
Zona cinematicamente
inaccessibile
W=M’
W=M’’
x=0.5
DIS:
Q2,  grandi
W’’2-M2
2M
•
Hoftstadter et al.,
scattering di elettroni da
nuclei di 4He. A 45° si
osserva un picco elastico
(corrispondente a x=1), e
un bump meno definito a
x=0.25, che corrisponde
allo scattering dai
nucleoni. Il bump non è
stretto per via del moto di
Fermi dei nucleoni nel
nucleo di elio.
•
A maggior angolo di
scattering (60°), il
quadrimomento trasferito
è maggiore, e si osserva
una riduzione della parte
elastica, dovuta alla
diminuzione col Q2 del
fattore di forma; lo
scattering inelastico
invece “scala”.
Vediamo ora a quale predizione porta per le funzioni di struttura l’ “ipotesi
partonica” sulla struttura del nucleone, ossia la supposizione che il processo
di diffusione inelastica eN eX risulti dalla sovrapposizione incoerente delle
sezioni d’urto di processi di scattering elastico ‘point-like’ su singoli partoni,
oggetti ‘puntiformi’ (come l’ elettrone) di spin ½ e carica elettrica frazionaria,
che identificheremo successivamente con i quarks.
La sezione d’urto di Mott (1.16’) per lo scattering elastico elettromagnetico
eq eq :
2 2
2
2

d

4
a
e
q
q E' (E' / E) 


2
2
(1.16’) 

cos
(

/
2
)

sin
(

/
2
)



2
d
W
q4
2
m

eq eq


può essere riscritta ( d    d dE ' ) :
dW
 dWdE ' 
 
4a 2e 2 q E '2 ( E ' / E )  2
q2
q2 
 d 
2


sin ( / 2)  

(2.4) 
cos ( / 2) 
4
2
q
2m
2m 
 dWdE ' eq eq

 
La funzione  in (2.4) esprime il fatto che E’ deve essere tale da soddisfare la
2
relazione di elasticità :   q / 2m , dove ora però   pq  q / m
con pq momento del partone e m massa del partone (vedi prossima slide).
66
Il fotone deve avere il giusto q2 per interagire con il quark!
Il partone i-esimo all’interno del nucleone porta una frazione x del momento
totale: pq = xP; valgono le relazioni:
mq2 = x2P2 = x2MN2, ossia mq = xMN e quindi = pqq/mq = xPq/ xM = Pq/M
ossia la variabile  = pqq/mq che entra nell’ espressione dello scattering Mott
elettrone-quark è la stessa variabile  = E-E’ che compare nella cinematica
dello scattering del nucleone.
La conservazione del momento impone inoltre:
  f ( x) xdx  1
i
i
(2.5)
dove fi(x) sono le funzioni di densità partoniche (“PDF”) che danno la
densità di probabilità di trovare il partone i-esimo con momento frazionario x
all’ interno del nucleone. Non stiamo sommando ampiezze: questa è una
somma incoerente! (lo scattering elastico è azione coerente dei partoni!)
Se si confronta l’espressione della sezione d’urto inelastica (2.3) con (2.4),
si vede che ponendo:
 d 
 d 
 



 dWdE '  eN eX
i  dWdE '  eqi eqi
deve essere:
(z)=(z)/
W2 (q 2 , )   
i
f i ( x) 2
q2
q2
f i ( x)ei  ( 
)dx   
ei  (1 
)dx 
2m

2Mx
i
2
 f i ( x) 2 2M 2 
1
2
 
ei
x

e

i xfi ( x )

2
q
i  
 x  q 2 / 2 M v i

f ( x) [ g ( x)]dx 
= g(x)
f ( x)
| g ' ( x) |
e analogamente:
2W1 (q 2 , )   
i
2
ei q 2
q2
f i ( x)
 ( 
)dx 
2 2
2M x
2Mx
2

ei q 2 2M 2 
2 f i ( x)
   f i ( x)
x 
  ei
2
2
2
2 M x q
M
i 
i
 x   q 2 / 2 M
In definitiva:
f i ( x)
MW1 (q , )   ei
 F1 ( x)
2
i
2
2
W2 (q 2 , )   ei 2 f i ( x) x F2 ( x)
(2.6)
i
ossia l’ipotesi che il DIS eN eX sia la sovrapposizione incoerente
di scattering elastici eq  eq su oggetti puntiformi di spin ½ porta a
prevedere che le funzioni di struttura W1(q2,), W2(q2,) siano
funzioni dell’ unica variabile adimensionale x = -q2/2M, detta
“variabile di Bjorken”:
“invarianza di scala” (o “Bjorken scaling”) delle funzioni di struttura
Inoltre dalla (2.6) segue la relazione:
F2 ( x)  2xF1 ( x) (2.7)
detta “relazione di Callan-Gross”, che è verificata sperimentalmente.
La relazione verifica che i quarks sono fermioni di spin ½.
E’ importante notare che mentre nello scattering elastico elettroneprotone avevamo usato dei fattori di forma GE e GM che
dipendevano dal q2 del processo –una variabile con dimensione
e scala fissata dal valore empirico Q2 = 0.71 GeV2, ovvero una
scala di massa che riflette la dimensione inversa della
distribuzione di carica e momento magnetico del nucleone, ora
ci troviamo invece con funzioni di struttura che dipendono da
una variabile adimensionale x = -q2/2M.
E’ chiaro cosa questo significa: sono funzioni che descrivono
oggetti puntiformi all’interno del protone.
Possiamo
comprendere
appieno l’importanza
del DIS e la relazione
fra scattering elastico
e inelastico, e lo
scaling, ipotizzando
di fare scattering
elettrone-nucleo a
valori sempre
maggiori di Q2.
Man mano che si aumenta il Q2, si “vede” più in
profondità nel nucleo, risolvendo i singoli N nucleoni, e
poi all’interno di questi i nN partoni che li costituiscono. Il
moto di Fermi diventa irrilevante quando l’energia della
sonda diventa molto superiore.
Gli esperimenti a SLAC hanno verificato l’invarianza di scala
[Ann.Rev.Nucl.Sci. 22 (203) 1972]:
W2
[da: Burcham-Jobes,
Fig.12.15]
x=q2/ 2M(E-E’) fissato
2xF1/F2
q 2  4 EE' sin 2 ( / 2)
e la validità della relazione di
Callan-Gross:
[da: Burcham-Jobes,
Fig.12.18]
x=-q2/ 2M
La relazione di Callan-Gross ha conseguenze interessanti sulla
espressione della sezione d’urto (2.3):
1-sin2q/2
4a 2 E '2
 d 
2
2
2
2

W
(
q
,

)
cos
(

/
2
)

2
W
(
q
,

)
sin
( / 2) 


2
1
4
q
 dE ' dW eN eX

2
2
4a 2 E '2
4
a
E
'
2

W

(
2
W

W
)
sin
( / 2) 
2
1
2
4
q
q4


=F1/M
=F2/

 F2
 1 1  xyM 

F
 
2


Mx

2
E
'




F2 ( x)  2xF1 ( x)
dove si è introdotta la “ variabile di inelasticità” :
 q 2 4 EE' sin 2  / 2 2 E ' sin 2  / 2


e si è usato x 
2M
2MEy
My
y
Eadr E  E ' 


(2.8)
E
E
E
da cui
sin 2  / 2 
Nel CM invece, la relazione tra y e l’ angolo di scattering q* è:
1 – y = (1/2)(1+cosq*) [esercizio 2.1 ]
Mxy
2E '
In definitiva:
4a 2 E '2
 d 



q4
 dE ' dW  eN eX
2 2
 F2
 1 1  xyM  4a E ' F2 
 Ey  Mx 

F


1

Ey


 
2



4
q
Ey 
 Mx   2 E ' 
 2 EE ' 

4a 2 E '2 F2  E y 2 Mxy 


1 

4
q
Ey  E ' 2 2 E ' 
  Ey
E’ conveniente esprimere la sezione d’urto doppio-differenziale in funzione
delle variabili x ed y; utilizzando:
E
dE ' dW  2M
ydxdy
[esercizio 2.2]
E'
si ha:
 E ' d 
4a 2 E '2 F2  E y 2 Mxy 




1 

4
2
ME

ydxdy
q
Ey
E
'
2
2
E
'

eN eX


=s
 d 
(stiamo


considerando  dxdy  eN eX
E>>M)
2
= 1-y
4a s E '  E y Mxy  4a s  E ' y Mxy 

F 1 


F  



q E  E' 2 2E' 
q
 E 2 2E 
4a s 
y 

F 1  y  
= 0 per E>>M
q
2


4
2
2
2
2
4
2
2
4
2
2
Sviluppando:

y2 1
1  y   1  (1  y ) 2
2 2
si ottiene infine:

 d 
2a 2 s
2



1

(
1

y
)
F2 ( x)
4
q
 dxdy  eN eX

dove, ricordiamo dalla (2.6):

(2.9)
F2 ( x)   ei f i ( x) x
2
i
La sezione d’urto di DIS elettromagnetico eNeX misura le densità
partoniche f(x) all’ interno del nucleone. Dal modello statico a quark del
nucleone sappiamo che possiamo descrivere p=(uud), n=(udd); tuttavia
il modello rimane valido se aggiungiamo ai quarks di valenza una componente
del “mare”, quarks e antiquarks che elidano il loro contributo alle proprietà
statiche.
Se indichiamo con:
(2.10)
q ( x)  u p ( x)  d p ( x)
q ( x)  u p ( x)  d p ( x)
le densità di quark e di antiquark nel protone
(up(x) e dp(x) sono le densità di quark di tipo “up”,
con carica 2/3, e di tipo “down”, con carica -1/3)
si ha
per il protone:
2
2


2
1
 
 
( p)
2
F2 ( x)   ei f i ( x) x  x   u p ( x)  u p ( x)     d p ( x)  d p ( x)  
3
i
 3 

1
4

 x  u p ( x)  u p ( x)   d p ( x)  d p ( x) 
9
9

Possiamo quindi
prevedere che se
i quarks di valenza
dominano, il rapporto
fra F2 del neutrone
e F2 del protone
deve valere ¼;
viceversa =1
e per il neutrone, utilizzando l’ invarianza di isospin,
per cui un(x)=dp(x) e dn(x)=up(x):
1
4

F2 ( x)  x  un ( x)  un ( x)   d n ( x)  d n ( x)  
9
9

1
4

 x  d p ( x)  d p ( x)   u p ( x)  u p ( x) 
9
9

(n)
Per il nucleone in un processo di scattering su una “targhetta isoscalare”, in cui:
1
| N  | p   | n  
2


1 ( p)
(n)
F2 ( x)  F2 ( x) 
2
1 5
5

 x  u p ( x)  u p ( x)   d p ( x)  d p ( x) 
2 9
9

F2 ( x) 
Per un bersaglio isoscalare
abbiamo quindi
5
F2 ( x)  q ( x)  q ( x)x
18
Il modello a partoni, con l’assegnazione di carica elettrica ai quark up e down
derivata dal modello statico a quark degli adroni, predice quindi:
 d 
2a 2 s
2 5


q( x)  q ( x)x

1

(
1

y
)
4
q
18
 dxdy  eN eX


(2.9’)
Confronteremo questa predizione con quella che deriva dall’ analogo processo
di diffusione da interazione debole N X (in cui non sono in gioco le cariche
elettriche), per il quale viene predetto lo stesso andamento nelle variabili y e x
ma senza il fattore 5/18, che è una conseguenza delle assegnazioni di
carica ai quark.
Lo scattering elettromagnetico non permette di separare il contributo dei quark
(di valenza) da quello degli antiquark (dal ‘mare’) dei processi di annichilazione
qq all’interno del nucleone; ciò come vedremo sarà possibile usando
i neutrini al posto degli elettroni come ‘sonde’ per scandagliare la struttura
subnucleare.
Si osserva che a basso x dominano i quark del “mare”, e ad alto
x dominano invece i quarks di valenza.
Esercizio 2.1: la variabile di inelasticità
Dimostriamo la relazione:
per la variabile di inelasticità
Si ha:
1
(1  cos  * )
2
E  E'
y
E
1 y 
E ' mq E ' pk '
1 y  

E mq E
pk
k=(E,k)

p’ u
-
k’=(E’, k’)
q*
p d
[ q*: angolo di diffusione nel CM;
nel laboratorio: y  2 E ' sin 2  / 2 ]
Mx
( E, E’ si intendono misurate nel laboratorio, in cui p=(mq,0) e quindi
pk’=mqE’ e pk = mqE )
Allora:
e quindi:
  2
pk ' | p || k ' |  p  k ' | p | (1  cos(   * )) 
k’

q* | p 2 | (1  cos  * )
p
q*


d
pk | p 2 | (1  cos  )  2 | p 2 |
pk ' 1
 (1  cos  * )
pk 2
Esempio 2.2: calcolo di dE’dW
Dimostriamo la relazione:
Ricordiamo:
y

E

E
dE ' dW  2M
ydxdy
E'
E'
E  E'
 1
E
E
dE '   Edy
dW  2 sin d  2  d cos
dE ' dW  Edy 2  d cos 
Inoltre:
sin 2 ( / 2)  (1 / 2)(1  cos  )
2d sin 2 ( / 2)  d cos 
dE ' dW  4Edy  d sin 2 ( / 2)
 q 2  4EE' sin 2  / 2  2E ' sin 2  / 2
Ricordiamo inoltre:
x


2M
2MEy
My
 2E ' d sin 2  / 2
Mydx
Ad` un fissato y : dx 
2

d
sin

/
2

My
2E'
Mydx
E
e quindi: dE ' dW  4Edy  2 E '  2M E ' ydxdy
Esercizio 2.3: relazioni tra variabili di Mandelstam
Ricordiamo le relazioni tra le variabili di
Mandelstam:
k
k’
s  (k  p ) 2  (k ' p ' ) 2  2kp  2k ' p '
t  (k  k ' ) 2  q 2
p
p’
u  (k  p ' )  (k ' p )  2kp'  2k ' p
2
2
k’
q
k
In funzione dell’ angolo di scattering nel CM:
 
2
s  (k  p )  2kp  2( EEq  k  p ) 
 2(k 2  k 2 cos  )
t  (k  k ' ) 2  2kk' 
 2( EE 'kk' cos  )  2k (1  cos  )
2
u  (k  p' ) 2  2kp' 
 2k 2 (1  cos(   ))  2k 2 (1  cos  )

p’
p
quark
2
s  4k 2  ECM
s
t   (1  cos  )
2
s
u   (1  cos  )
2
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