anno XII
sesta raccolta(31 marzo 2015)
Anno XII!
Una serena, Santa Pasqua,
a voi e ai vostri cari
In questa raccolta:
 “Love never dies”, di Antonio Corona, pag. 2
 Senza più ali, di Maurizio Guaitoli, pag. 3
 JFK: una vita incompiuta(III parte), di Paola Gentile, pag. 5
 Lettera congiunta Si.N.Pre.F. AP-Associazione Prefettizi, in data 27 marzo 2015,
all’On.le Sig. Ministro dell’Interno, Avv. Angelino Alfano, pag. 6
“Love never dies”
di Antonio Corona
4° posto: Evita(1976).
Non del tutto convincente. Ci si ricorda di
Don’t cry for me(Argentina) e poco più.
Non entusiasmante il valore aggiunto della
trasposizione cinematografica con Madonna
e Antonio Banderas(attore, non cantante…).
3° posto: Cats(1981).
Celeberrima, Memory. Funzionale a una
narrazione per “quadri”, un po’…
“canzonettaro” il resto, unito da un filo
conduttore. Originale e per certi versi
toccante
la
storia.
Costumi
bellissimi(almeno per l’epoca).
2° posto: Jesus Christ Superstar(1970).
Trascorsi ormai quarantaanniquaranta, è
penalizzato da una qualità di incisione
ormai vetusta e in gran parte inadeguata.
Ciononostante, impreziosita da una trama
armonica di notevole valore, è una
autentica, sanguigna e coerente opera rock.
Basti pensare che il “primo” Jesus in
versione
discografica
è
interpretato
nientemeno che da Ian Gillan, vocalist dei
mitici Deep Purple(per chi si voglia togliere
lo sfizio, digitarne su google il nome
accompagnato dal titolo del musical). Il film
è stato un successo planetario. Hit trainanti,
Superstar e I don’t know how to love him.
Splendida, Gethsemane. I only want to say.
1° posto: probabilmente inarrivabile e
ineguagliabile, The Phantom of the
Opera(1986).
Oltre 22milioni di spettatori a teatro, 29anni
ininterrotti di repliche: trovare un biglietto
abbordabile(a Londra), senza il rischio di
trovarsi in teatro dietro una colonna,
costituisce tuttora impresa non da poco. Il
“copione” di Gaston Leraux(il libro è dei
primi del ‘900) già di suo è avvincente ed
emozionante. Le arie musicali - di chiara
impostazione operistica che però non
disdegna contaminazioni rock(ne è evidente
dimostrazione proprio il brano omonimo) e
ammiccamenti alla migliore tradizione
broadwayana - rappresentano forse il
culmine, il connubio, la interazione perfetti
delle diverse “anime” artistiche che
da un’idea di Antonio Corona
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pervadono un ispiratissimo compositore
giunto alla piena maturità. I migliori
interpreti di sempre sono Michael Crawford
e Sarah Brightman. Le loro straordinarie
performance sono consegnate per sempre
alla storia nella versione discografica
originale, in commercio. Un vero peccato
che non ve ne sia anche una
cinematografica. Tanti anni dopo, all’inizio
di questo millennio, sarà realizzata sotto la
regia di Joel Schumacher, con Gerard
Butler(attore, non cantante…) nel ruolo
principale, nella impossibilità di reggere il
paragone con Crawford. Preferibile - pure in
blue ray - la rappresentazione alla Royal
Albert Hall, per il 25° anniversario, con
Ramin Karimloo e Sierra Boggess. Ma
comunque la si metta, The Phantom è e
resta un autentico capolavoro. Tra i
numerosi brani di impatto, The music of the
night, Think of me, The point of no return.
Fuori graduatoria, in quanto non
altrettanto famosi e meno coinvolgenti,
Aspects
of
love(1989)
e
Sunset
Boulevard(1993).
Questa in sintesi, a parere (certamente
opinabile) dello scrivente, la graduatoria
“ideale” della produzione maggiore del più
grande compositore(di musical) di tutti i
tempi: Sir Andrew Lloyd Webber.
… e “Love never dies”?
Bella domanda.
Non semplice la risposta.
E non tanto in ragione delle
relativamente poche repliche succedutesi in
giro per il mondo(a Broadway, per esempio,
benché annunciata, risulta non sia stata mai
messa in scena).
Quanto, piuttosto, poiché si tratta del
sequel del Fantasma, dal quale non si può
perciò prescindere.
La storia, in tutta onestà, non è
all’altezza del complesso ordito di Gaston
Leraux.
Viceversa, la semplicità ne agevola
notevolmente la immediata comprensione.
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il commento-raccolta di opinioni e punti di vista
anno XII-sesta raccolta(31 marzo 2015)
Il confronto, inevitabile, con l’assoluto
masterpiece che lo precede, è su allestimento
teatrale(degno di nota, splendido in alcuni
momenti), libretto(che, poco dopo il debutto,
è stato necessario rimaneggiare) e, soprattutto,
partitura musicale, sostanzialmente, questa,
sulla linea di The Phantom.
Senza entrare in dettagli che disvelino la
trama, sembra potersi asserire che molto si
giochi volutamente sulla diversità delle parti
affidate a Erik(il “vero” nome del Fantasma)
e Christine Daaé e quelle degli altri interpreti,
quasi a volere marcare nettamente la
sublimità compositiva del Fantasma - che è
anche un compositore, così facendone
rifulgere il genio creativo - da tutto il resto, un
insieme di motivi peraltro accattivanti e
gradevoli.
Significativa in proposito, per esempio,
la differenza fra il lacerante e disarmonico
Don Juan - l’opera scritta dal Fantasma, nella
quale è incastonato lo splendido duetto di The
point of no return, intorno alla quale andrà a
consumarsi il drammatico epilogo del primo
musical – e la melodiosa Love never dies,
brano omonimo del sequel, l’ultima propria
composizione che Erik pretende interpretata
almeno una volta da Christine.
Come ammaliato e inguaribile fan di
The Phantom of the Opera, la prima istintiva
tentazione è quella di una bocciatura del
sequel senza possibilità di appello.
Di contro, cercando, non senza fatica, di
essere… al di sopra di ogni sospetto di
partigianeria, occorre riconoscere che qui e là
si avvertono gli anni passati tra i due musical.
In termini di ispirazione pura, il primo
appare assolutamente inavvicinabile.
Viceversa, con il secondo si ha
l’impressione di un processo di maturazione
artistica(e del relativo mestiere) di Lloyd
Webber mai arrestatosi.
Un Webber che riesce a coniugare una
pressoché immutata incisività con una
maggiore semplicità di linguaggio e
immediatezza, senza rinnegare se stesso e
rimanendo a se stesso coerente.
Insomma, a essere onesti, nonché al
netto della storia, che potrebbe essere pure
completamente reimpostata, l’effetto di, e
giudizio su, Love never dies potrebbe risultare
di ben altro tono se non si trattasse di un
sequel e se The Phantom non esistesse e non
costituisse perciò ineludibile pietra di
paragone.
Come è noto, però, con i se e con i ma la
storia non si fa.
Non rimane allora che predisporsi
all’ascolto e alla visione possibilmente senza
pregiudizio e preconcetto alcuno.
Si riesce così a godere tutto il buono, e
ve n’è, di una opera che, come si è detto, ha
probabilmente l’unico, vero, grande torto di
essere la continuazione di The Phantom of the
Opera.
Da consigliare, quindi?
Sicuramente agli amatori del musical,
ancor più se seguaci di Sir Andrew Lloyd
Webber.
Agli altri, perché la musica di livello
può soltanto fare bene.
Love never dies è disponibile, in blue
ray o dvd, sicuramente su Amazon.
Ne esistono più versioni.
Qui
si
è
fatto
riferimento
all’allestimento di Melbourne.
Torneranno
gradite
eventuali
considerazioni e ulteriori indicazioni.
Non ultimo, ai fini del “posto” da
assegnargli nella “ideale” graduatoria della
produzione dello straordinario musicista
inglese.
Senza più ali
di Maurizio Guaitoli
Il pensiero mi torna spesso, in questi ultimi
giorni, alle ali spezzate della tedesca
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Germanwings, e sulla sorte infausta di quel
suo Airbus 320.
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il commento-raccolta di opinioni e punti di vista
anno XII-sesta raccolta(31 marzo 2015)
Riflessione: sul piano assolutamente
generale, che cosa spinge un aspirante
martire suicida a decidere di sacrificare la
propria vita, e quella di moltissime altre, con
il suo gesto terminale?
Questione non banale, da sempre. Non
ho strumenti professionali, dal punto di vista
medico, né studi di psico-patologia, per
potermi porre su di un piano che non sia, in
fondo, quello del senso comune.
E ciononostante, dopo la sconcertante
strage del co-pilota dell'Airbus tedesco della
Germanwings(che, lo scorso 25 marzo 2015,
si è deliberatamente schiantato sulle
montagne francesi, trascinando nel suo abisso
personale 150 vite, compresa la sua), una
riflessione mi sento pur obbligato a farla.
Anche a seguito di alcuni titoli, che ho trovato
decisamente
sgradevoli,
apparsi,
per
l'occasione, sulla stampa italiana.
Siccome l'emotività "conta" parecchio
nella vita degli esseri umani, Vi dirò che il
titolo cubitale, "SCHETTINEN", apparso
sulla prima pagina de il Giornale del 27
marzo scorso, mi è sembrato decisamente
fuori luogo e di cattivo gusto.
Un po' come(ricordate?), lo fu per tutti
Noi la copertina di Der Spiegel, di qualche
anno fa, in cui una nera e lugubre calibro 38
faceva da… condimento a un piatto di
italianissimi spaghetti.
Motiverei questo mio dissenso in due
punti.
Primo: lo Schettino pilota tedesco,
semmai, avrebbe perduto quota, perché
impegnato a palpeggiare una bionda hostess
prosperosa, seduta sulle sue ginocchia,
sfiorando una montagna alta un metro di più
di quello che lui aveva previsto.
Uno spaccone, demente, sfortunato e
incosciente, ma nulla di più.
Secondo: Lui, lo Schettino vero, no che
non aveva visto negli occhi quei trenta morti e
passa, che rappresentano il bilancio finale
della tragedia Costa Concordia.
Invece, il co-pilota Guenter Lubitz li
aveva visti negli occhi quei suoi 149 assistiti.
Sapeva che molti di loro avevano tutta la vita
da un’idea di Antonio Corona
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davanti, e una immensa gioia di vivere, che li
accompagnava in quel viaggio di ritorno.
Allora: "Perché?", Guenter? Perché?
Ho chiesto alla mia strizzacervelli
personale(l'ho sposata, in via cautelativa...) se
potesse Lei, appunto, spiegarmi "Perché?".
Le risposte sono quelle, tutto sommato,
standard: ovvero, si potrebbe trattare di uno
stato depressivo-psicotico grave, tenuto
perfettamente nascosto.
Del resto, se accade non di rado che un
nevrotico depresso, prima o poi, decida di
farsi aiutare da un terapeuta, viceversa lo
psicotico sembra soffrire di una tale perdita di
realtà, che può non rendersi conto del suo
vero stato, per il resto della sua vita(a meno
che non si veda costretto a curarsi, su
sollecitazione di un familiare, o per
diposizione coattiva di un giudice!).
La depressione feroce annebbia, questo
sì, ma alla fine, se proprio devi, ti togli di
mezzo, tu solo, in modo rapido e in silenzio.
Fatta la tara sulle follie post-settembre
2001, con porte superblindate delle cabine di
pilotaggio, che non si aprono nemmeno con
l'intervento dell'Arcangelo Gabriele, o
sull'incoscienza di chi controlla un bel nulla, a
proposito di idoneità psico-fisica(per timore,
poi, di doversi subire una causa di lavoro e
feroci proteste sindacali), rimane la solitudine
dell'uomo, la sua coscienza, la sua percezione
del mondo circostante.
Quello che, in linea di principio, mi
interesserebbe di potere stabilire, riguarda la
possibilità di individuare l'esistenza di un
discrimine netto, tra la scelta folle di Guenter,
e quella di un qualsiasi altro kamikaze
integralista, che si farebbe esplodere a occhi
chiusi, potendo, portandosi dietro il doppio
dei passeggeri dell'Airbus 320.
Direi questo, a fiuto(mi scusino gli
psichiatri: non ho studiato abbastanza.. ): tra
la “Guenter-depression” e la “jihadexaltation” il salto energetico, esistente tra
uno stato di normality e un altro di estrema
eccitazione(gli allontanamenti dalla linea
mediana della curva comportamentale hanno
l'andamento, rispettivamente, di picco verso
l'alto – esaltazione - e di un altro diretto in
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il commento-raccolta di opinioni e punti di vista
anno XII-sesta raccolta(31 marzo 2015)
basso -depressione grave) è, in valore assoluto
- tralasciando, cioè il… segno! - esattamente
lo stesso, a mio giudizio.
Questo mostro energetico qualcuno lo
chiama Demonio.
Io, XX-Ray.
Cioè, una radiazione perversa della
mente, potente come una carica nuclere!
A questo punto, ha importanza se dietro
l'Otello-Guenter ci sia uno Iago(che,
certamente, esiste per lo jihadista, etero
diretto dai suoi imam radicali), o no?
Quello che qui a me appare interessante
rappresentare è la… Decisione, nell'uno,
come nell'altro caso.
Un
numero
impressionante
di
terroristi(ricordate, ad es., gli attentati nei
luoghi pubblici, in Israele?) si sono fatti
esplodere tra la folla, avendo prima, con
assoluta calma e freddezza, guardato bene
negli occhi le loro future vittime: bimbi,
donne, anziani, civili innocenti.
Che cosa vedevano in loro?
Semplice, in fondo: quello che vedevano
i medici nazisti quando sottoponevano a ogni
genere di torture e di esperimenti(ricordate
quelli sui gemelli?) le loro piccole vittime.
Direi semplicemente che, nella follia
lucida dell'ideologia della razza, della classe e
della religione, non c'è più l'Umanità, di
fronte al bisturi, all'AK-47, al tritolo e alle
fiamme; ma soltanto una… Cosa.
Ecco: la “cosificazione”, dello spazio,
del tempo e della carne.
Ovvero, quella pastura in cui si avvolge,
come in una farina nera, avvelenata, l'Altro da
sé; perché il suo volto divenga levigato e
anonimo, come nei manichini antropomorfi e
lobotomizzati dei quadri di De Chirico,
rendendolo, appunto, Diverso da noi; alla
stregua di un cristallo, da rompere con un
martello, che rappresenta, appunto, la
Decisione; l'energia XX-Ray.
Hitler, Stalin, Boko Haram, Al Qaeda,
Daesh-Isi, e moltissimi Satana come loro la
vedono così.
E, purtroppo, questi sono in grado di
distruggere il mondo, perché sostituiscono,
con incredibile leggerezza cosciente, la Morte
alla Vita.
A me dispiace solo di non avere potuto
accogliere quei 140 ragazzi qui da noi, in
Italia, vivi e vitali, per continuare assieme a
lasciarci irraggiare e riscaldare dal soffio
caldo e sensuale della vita
Sarà per la prossima! Per chi crede!
Beh, malgrado le premesse, lasciatemi
augurare
una
Buona
Pasqua
di…
Resurrezione a tutti Voi!
JFK: una vita incompiuta(III parte)
di Paola Gentile
“La fine improvvisa della vita e della
presidenza di John Fitzgerald Kennedy ci ha
lasciato una serie di intriganti ‘come sarebbe
stato se’. In ogni caso, pur trascurando
questo aspetto e riconoscendo alcune
opportunità mancate e qualche passo falso,
non si può non riconoscere che i mille giorni
di Kennedy parlarono alle migliori coscienze
degli Stati Uniti, ispirarono la visione di una
nazione e di un mondo meno divisi e
dimostrarono che l’America era ancora
l’ultima, migliore speranza dell’umanità”(R.
Dalleck JFK, pag. 780)
da un’idea di Antonio Corona
www.ilcommento.it
Nella prima e nella seconda parte di questo
articolo - apparse in precedenti raccolte de il
commento(www.ilcommento.it) - ho parlato
di John Fitzgerald Kennedy come un “mito”,
cioè come di una persona che nel XX secolo
ha lasciato una traccia indelebile, nonostante
la brevità del suo mandato, per tutti quelli che
credono nel suo impegno per la pace
mondiale, attraverso un’opera di mediazione e
di conciliazione con l’URSS, a evitare lo
scoppio di una terza guerra mondiale.
Nel libro di Robert Dallek, che ho letto
e che reca la sua biografia ufficiale, ho trovato
però tracce di una notizia, non smentita,
secondo cui Robert Kennedy, suo fratello,
5
il commento-raccolta di opinioni e punti di vista
anno XII-sesta raccolta(31 marzo 2015)
sarebbe stato favorevole a un complotto per
l’uccisione di Fidel Castro, dittatore di Cuba,
cui JFK si sarebbe opposto non per ragioni
“morali”, ma di mero calcolo politico.
L’uccisione di Castro, infatti, secondo
l’opinione del Presidente, avrebbe potuto
rappresentare un pericolo, in quanto foriera di
eventuali insurrezioni da parte del popolo
favorevole al dittatore, il che avrebbe creato
problemi non soltanto interni, ma anche agli
USA.
Vi confesso che questa affermazione mi
ha lasciata perplessa e stupita, in quanto, forse
nella mia “ingenuità” di fan del Presidente,
mai avrei potuto immaginare che l’Uomo si
sarebbe
potuto
“macchiare”
della
responsabilità di un omicidio, per quanto
dettato da ragioni di opportunità nello
scenario politico della guerra fredda.
Del resto, ce lo ha insegnato
Macchiavelli, la ragion di Stato prevale
certamente sulla morale comune, che
considera l’assassinio un male riprorevole, ma
che, nella superiore visione di uno statista,
può essere un espediente per rimediare a fatti
che potrebbero trasformarsi in tragedie per
una Nazione.
Ed è in questi termini che certamente ha
ragionato l’Uomo, preoccupato, come detto
più volte, di garantire la pace mondiale e
l’incontrastata supremazia degli USA.
Mi scuso pertanto con i miei lettori se
forse ho esagerato nella esaltazione delle virtù
del Presidente, considerandolo un uomo di
qualità eccezionali, che si è distinto dai suoi
omologhi per la sua “visione” pacifista, in un
tempo in cui lo spettro della guerra fredda
aleggiava nello scenario mondiale come un
male cui non era possibile porre rimedio.
Ed è in questa visione che emerge la
tempra dell’Uomo, attento alle esigenze degli
umili e degli emarginati, ma anche acuto
osservatore della delicata scena politica in cui
ha operato.
Sulla base di queste riflessioni non
cambia la mia alta considerazione di questo
personaggio che è rimasto, con la sua morte
tragica e prematura, un emblema non solo per
la mia generazione, ma anche per quelle
successive, che hanno visto in Lui un
“martire”, ucciso per aver contrastato gli
interessi dei c.d. “poteri forti”.
Lettera congiunta Si.N.Pre.F. AP-Associazione Prefettizi,
in data 27 marzo 2015,
all’On.le Sig. Ministro dell’Interno, Avv. Angelino Alfano
"Onorevole Signor Ministro,
permetta di rappresentarLe l’urgente
necessità di una interlocuzione diretta e della
conseguente, pronta convocazione di un
incontro sui seguenti temi:
 eventuale confluenza della Carriera
Prefettizia nel ruolo unico dei dirigenti
dello Stato(A.S. n. 1577)
 riorganizzazione:
 “tagli” uffici dirigenziali(d.l. n.
95/2012, convertito con modificazioni in
l. n. 94/2012);
 razionalizzazione della rete delle
Prefetture e loro trasformazione in
da un’idea di Antonio Corona
www.ilcommento.it
Uffici territoriali dello Stato(A.S. n.
1577);
 gestione flussi migratori in atto.
Tematiche sulle quali il confronto è
indispensabile, non ultimo per la mancanza –
ormai da tempo - di qualsivoglia
comunicazione e segnale in proposito da
parte della Amministrazione.
In attesa di cortese riscontro, voglia intanto
gradire sentiti saluti.
f.to Presidente Si.N.Pre.F.
(Claudio Palomba)
Presidente AP-Associazione Prefettizi
(AntonioCorona)”
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il commento-raccolta di opinioni e punti di vista
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Annotazioni
Pur con tutti i suoi limiti, il commento desidera essere per i colleghi della carriera prefettizia
un agile veicolo, all’interno della nostra Amministrazione, di opinioni e punti di vista su una
qualsiasi questione, per dare la possibilità a chiunque di noi di dire la propria su
qualunque argomento, con la massima libertà e con un linguaggio semplice e immediato, con
sinteticità e rispetto per gli altri: dalla politica all’economia, dalla religione ai comportamenti
sociali, dall’amministrazione allo sport, dalla musica al teatro e così via.
Per contattarci o mandarci i vostri “pezzi” da inserire ne il commento(max due cartelle,
carattere Times New Roman, formato 14, con l’indicazione dell’ufficio di appartenenza e un
numero telefonico dove vi si possa raggiungere agevolmente), riferitevi a [email protected].
Fateci inoltre sapere se desiderate essere inseriti in una mail-list per farvi arrivare il
commento direttamente per posta elettronica.
Ci trovate anche su internet, www.ilcommento.it
Vi aspettiamo.
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