Piero Doria
Raccolta di studi religiosi
editi ed inediti
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ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
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via Raffaele Garofalo, 133 a/b
00173 Roma
(06) 93781065
ISBN
978–88–548–2489–8
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: aprile 2009
7
INDICE
INDICE
p. 7
INTRODUZIONE
p. 9
CAPITOLO PRIMO
Le nuove frontiere della dottrina sociale
p. 11
CAPITOLO SECONDO
p. 29
Chiesa e comunicazione sociale: il decreto conciliare Inter mirifica
CAPITOLO TERZO
p. 37
La «rivoluzione cristiana» di Jacques Maritain e l’Italia
Premessa
p. 37
Luigi Sturzo (1871-1959)
p. 44
Alcide De Gasperi (1881-1954)
p. 49
Aldo Moro (1916-1978)
p. 54
Giuseppe Dossetti (1913-1996)
p. 58
Conclusione
p. 61
CAPITOLO QUARTO
p. 63
Dal Concilio Vaticano I al Concilio Vaticano II: spunti
per alcune riflessioni
La Bolla «Aeterni Patris»
p. 63
«De Romani Pontificis infallibili magisterio»
p. 67
La Bolla «Humanae Salutis»
p. 71
8
Indice
Vescovi diocesani ed Ordini Religiosi
I periti al Concilio Vaticano II
La «Nota explicativa praevia»
La Bolla «In Spiritu Sancto»
p. 75
p. 78
p. 82
p. 85
APPENDICE:
Luigi Sturzo
Antonio Rosmini
p. 89
p. 95
9
INTRODUZIONE
Venendo incontro agli stimoli di non pochi amici, di
vedere raccolti in un’unica sede alcuni nostri recenti scritti
editi ed inediti, redatti su temi e personaggi della storia
contemporanea della Chiesa, abbiamo deciso di riunirne
alcuni nel presente volume intitolato per l’appunto Raccolta di studi religiosi editi ed inediti.
Si tratta, in realtà, di brevi saggi su eventi e personaggi
che oramai da anni sono compagni dei nostri studi e che
hanno giocato un ruolo decisivo anche nella nostra formazione culturale e scientifica. Pensiamo per esempio, ad
Antonio Rosmini, a Luigi Sturzo, a Jacques Maritain, a
Paolo VI, a Giovanni Paolo II o ad avvenimenti come il
Concilio Ecumenico Vaticano II – vera palestra internazionale di studi e di confronto e vera rivoluzione copernicana per la sua profonda azione di aggiornamento che ha
saputo realizzare nella Chiesa ma non solo – che rappresenta ormai da qualche anno il nostro quotidiano impegno
di lavoro.
Non v’è dubbio che anche altri scritti, soprattutto inediti, potevano trovare spazio in questa sede e pur con i limiti
che riconosciamo alla presente collezione, abbiamo preferito privilegiare una certa omogeneità di tempi e di temi,
che ci pare ampiamente rispettata.
Nel primo capitolo, con il titolo Le nuove frontiere della dottrina sociale, ripubblichiamo il saggio preparato per
il numero unico di «Lumsa News», interamente dedicato
alla figura di Giovanni Paolo II, edito nel 2005 in occasione della scomparsa del pontefice1.
Quindi nel capitolo secondo abbiamo deciso di ripresentare il breve saggio Chiesa e comunicazione sociale: il
1
Le nuove frontiere della dottrina sociale, in «Le sfide di Karol
Wojtyla. Riflettere su un Papato», in «Lumsa News», anno 9, num.
4/6, aprile-giugno 2005, pp. 57-67.
10
Introduzione
decreto conciliare “Inter mirifica” edito nel 2007 sempre
in «Lumsa News»2.
Nei capitoli 3 e 4, invece, pubblichiamo due saggi interamente inediti intitolati rispettivamente La «rivoluzione
cristiana» di Jacques Maritain e l’Italia e Dal Concilio
Vaticano I al Concilio Vaticano II: spunti per alcune riflessioni. Il primo come anticipazione di un lavoro che si
spera in futuro di poter approfondire e rendere autonomo;
il secondo come frutto spontaneo di alcuni pensieri ancora
in fieri.
In Appendice, infine, presentiamo due brevi profili inediti di Luigi Sturzo ed Antonio Rosmini, a noi particolarmente cari e vicini.
Un sincero pensiero di ringraziamento e di gratitudine,
in conclusione, desideriamo rivolgere al Prof. Claudio Vasale e a p. Marcel Chappin SJ per aver voluto accompagnare la stesura delle presenti pagine con i loro consigli.
Piero Doria
Dal Vaticano, 28 gennaio 2009
2
Chiesa e comunicazione sociale: il decreto conciliare “Inter mirifica”, in «Lumsa News», anno 11, num. 3/5, marzo-maggio 2007,
pp. 61-63.
CAPITOLO 1
Le nuove frontiere della dottrina sociale
Il 15 maggio 1891 Leone XIII pubblicava la lettera enciclica «Rerum novarum» sulla condizione degli operai1.
E benchè non fosse la prima volta che la Santa Sede
«scendeva sull’arena dei terreni interessi»2, tuttavia, col
1
LEONE XIII, Rerum novarum (Roma, 15 maggio 1891), in «Leonis XIII P.M. Acta (d’ora in poi AL)», 11 (1892), pp. 97-144. La pubblicazione della Rerum novarum non ebbe sempre favorevole accoglienza, soprattutto in certi ambienti cattolici tradizionalisti, ancora
legati al vecchio sistema economico, come testimoniano le stesse parole di Pio XI il quale, a questo proposito, scrisse: «Tuttavia la dottrina di Leone XIII, così nobile, così profonda e così inaudita al mondo,
non poteva non produrre anche in alcuni cattolici una certa impressione di sgomento, anzi di molestia e per taluno anche di scandalo. Essa
infatti affrontava coraggiosamente gli idoli del liberalismo e li rovesciava, non teneva in nessun conto pregiudizi inveterati, preveniva i
tempi oltre ogni aspettativa; ond’è che i troppo tenaci sostenitori
dell’antico disdegnavano questa nuova filosofia sociale, e i pusillanimi paventavano di ascendere a tanta altezza; taluno anche vi fu che,
pure ammirando questa luce, la reputava un ideale chimerico di perfezione più desiderabile che attuabile» [PIO XI, Quadragesimo anno
(Roma, 15 maggio 1931), in «Acta Apostolicae Sedis (d’ora in poi
AAS)», 23 (1931), pp. 177-228, pp. 180-181].
2
GIOVANNI XXIII, Mater et magistra (Roma, 15 maggio 1961), in
«AAS», 53 (1961), pp. 401-464, p. 405. «Trattammo già questo argomento (questione operaia), - ha scritto Leone XIII – come ce ne venne
occasione, più di una volta; ma la coscienza del nostro ministero apostolico ci muove a trattarla ora di proposito e pienamente per mettere
in rilievo i principi con cui risolvere la questione secondo giustizia ed
equità» (LEONE XIII, Rerum novarum, p. 98). I documenti ai quali fa
riferimento Leone XIII nel passo citato sono i seguenti: Quod apostolici muneris (Roma, 28 dicembre 1878), in «AL», 1 (1881), pp. 170183; Arcanum divinae sapientiae (Roma, 10 febbraio 1880), in «AL»,
2 (1882), pp. 10-40; Diuturnum illud (Roma, 29 giugno 1881), in
«AL», 2 (1882), pp. 269-287; Immortale Dei (Roma, 1° novembre
12
Capitolo 1
documento leoniano, per la prima volta, «venne formulata
una sintesi organica dei principi ed una prospettiva storica
così ampia che fa della Enciclica Rerum novarum una
somma del Cattolicesimo in campo economico sociale»3.
Da quel primo documento altri ne seguirono e da Pio
XI in poi, passando per il Concilio Vaticano II, ogni pontefice ha contribuito a realizzare quel meraviglioso «corpus dottrinale»4, ancora in fieri, sul magistero sociale della
Chiesa5. Una costante opera di aggiornamento che, come
ha sottolineato Jacques Maritain, «non è per nulla un adattarsi della Chiesa al mondo, come se fosse il mondo a re1885), in «AL», 5 (1886), pp. 118-150; Libertas (Roma, 20 giugno
1888), in «AL», 8 (1889), pp. 212-246; Sapientiae christianae (Roma,
10 gennaio 1890), in «AL», 10 (1891), pp. 10-41.
3
GIOVANNI XXIII, Mater et magistra, p. 405.
4
GIOVANNI PAOLO II, Sollicitudo rei socialis (Roma, 30 dicembre
1987), in «AAS», 80/1 (1988), pp. 513-586, p. 514.
5
A testimonianza di quanto fu profetica quell’interiore intuizione
di Leone XIII è sufficiente elencare, di seguito, i principali documenti
pontifici dei successori di Gioacchino Pecci a partire, per l’appunto,
da Achille Ratti. PIO XI, Quadragesimo anno, pp. 177-228; PIO XII, Il
Cinquantesimo della «Rerum novarum». Uso dei beni materiali – Il
lavoro – La famiglia (Radiomessaggio del 1° giugno 1941), in
«AAS», 33 (1941), pp. 195-205; PIO XII, Il Radiomessaggio natalizio
al mondo (Radiomessaggio del 24 dicembre 1942), in «AAS», 35
(1943), pp. 9-24; PIO XII, La perenne vitalità della «Rerum novarum»
spiegata alle ACLI di Roma (Allocuzione del 14 maggio 1953), in
«AAS», 45 (1953), pp. 402-408; GIOVANNI XXIII, Mater et magistra,
pp. 401-464; GIOVANNI XXIII, Pacem in terris (Roma, 11 aprile
1963), in «AAS», 55 (1963), pp. 257-304; CONCILIO VATICANO II,
Constitutio pastoralis De ecclesia in mundo huius temporis – Gaudium et spes (7 dicembre 1965), in «AAS», 58 (1966), pp. 1025-1120;
PAOLO VI, Populorum progressio (Roma, 26 marzo 1967), in «AAS»,
59 (1967), pp. 257-299; PAOLO VI, Octogesima adveniens (Roma, 14
maggio 1971), in «AAS», 63 (1971), pp. 401-441; GIOVANNI PAOLO
II, Laborem exercens (Castel Gandolfo, 14 settembre 1981), in
«AAS», 73/2 (1981), pp. 577-647; GIOVANNI PAOLO II, Sollicitudo rei
socialis, pp. 513-586; GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus (Roma,
1° maggio 1991), in «AAS», 83 (1991), pp. 793-867.
Le nuove frontiere della dottrina sociale
13
golare la Chiesa; bensì una messa a punto delle posizioni
essenziali della Chiesa stessa»6.
Di fronte al mondo «la Chiesa non è mossa da alcuna
ambizione terrena; essa mira a questo solo: a continuare,
sotto la guida dello spirito paraclito, l’opera stessa di Cristo, il quale è venuto sul mondo a rendere testimonianza
alla verità, a salvare e non a condannare, a servire e non ad
essere servito»7. Pertanto, la Chiesa «non propone sistemi
o programmi economici e politici, né manifesta preferenze
per gli uni o per gli altri, purchè la dignità dell’uomo sia
debitamente rispettata e promossa e a lei stessa (Chiesa)
sia lasciato lo spazio necessario per esercitare il suo ministero nel mondo»8, ma, soprattutto, «non spetta alla Chiesa
analizzare scientificamente le possibili conseguenze dei
cambiamenti (sviluppi nelle condizioni tecnologiche, economiche e politiche) sulla convivenza umana. La Chiesa
però ritiene suo compito di richiamare sempre la dignità e
i diritti degli uomini del lavoro e di stigmatizzare le situazioni in cui essi vengono violati, e di contribuire a orientare questi cambiamenti perchè si avveri un autentico progresso dell’uomo e della società».9 Di conseguenza, «è
6
J. MARITAIN, Il contadino della Garonna. Un vecchio laico interroga se stesso sul mondo d’oggi, Brescia 1973, p. 82.
7
CONCILIO VATICANO II, Gaudium et spes, n. 3, p. 1027.
8
GIOVANNI PAOLO II, Sollicitudo rei socialis, p. 570.
9
GIOVANNI PAOLO II, Laborem exercens, p. 580. Nel discorso Esta hora, pronunciato da Giovanni Paolo II alla terza Conferenza generale dell’episcopato latino-americano a Puebla (Messico) il 28 gennaio 1979, il papa ha detto, tra l’altro: «Teniamo presente, d’altra parte, che l’azione della Chiesa in campi come quello della promozione
umana, dello sviluppo, della giustizia, dei diritti della persona, vuole
rimanere sempre al servizio dell’uomo, e dell’uomo così come lo vede
nella visione cristiana della sua antropologia. Essa, infatti, non ha bisogno di ricorrere a sistemi e ideologie per amare, difendere e collaborare alla liberazione dell’uomo: è al centro del messaggio, del quale
essa è depositaria e banditrice, che trova ispirazione per operare in
favore della fraternità, della giustizia, della pace, contro tutte le domi-
14
Capitolo 1
dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei
tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo»10, perchè
oggetto della cura della Chiesa è l’uomo - «concreta ed
irripetibile persona umana11» e «prima e fondamentale via
della Chiesa12» - ed i suoi diritti. Diritti che derivano direttamente da Dio, come dono gratuito ad ogni singolo uomo,
e che nessun individuo, singolo o collettivo, può violare
tra il silenzio generale. Perchè la difesa dei diritti di un
solo uomo è la difesa dei diritti dell’intera umanità creata
da Dio e perchè «l’essere umano è totalmente libero solo
quando è se stesso, nella pienezza dei suoi diritti e doveri:
la stessa cosa si deve dire dell’intera società»13.
Ho ritenuto opportuno svolgere queste brevi osservazioni introduttive, lasciando volutamente ampio spazio
alle parole dei successori di Pietro ed ai documenti del
Concilio Vaticano II, prima di analizzare il magistero sociale della Chiesa in Giovanni Paolo II, per sottolineare
ancora una volta, qualora ve ne fosse bisogno, che
l’insegnamento della Chiesa si situa in un solco di Storia
Fede Sacra Scrittura e Tradizione che a partire da Abramo,
passa per Cristo (il Dio fatto uomo) e giunge fino a noi per
nazioni, schiavitù, discriminazioni, violenze, attentati alla libertà religiosa, aggressioni all’uomo, e quanto attenta alla vita. [...]. Fedele a
questo impegno (evangelico), la Chiesa vuole mantenersi libera di
fronte agli opposti sistemi, così da optare solo per l’uomo, quali che
siano le miserie o le sofferenze che lo affliggono; e questo non per
mezzo della violenza, dei giochi di potere, dei sistemi politici, ma
bensì per mezzo della verità sull’uomo, in cammino verso un futuro
migliore». Cfr. «AAS», 71/1 (1979), pp. 187-205, p. 199.
10
CONCILIO VATICANO II, Gaudium et Spes, n. 4, p. 1027.
11
GIOVANNI PAOLO II, Sollicitudo rei socialis, p. 526.
12
GIOVANNI PAOLO II, Redemptor hominis (Roma, 4 marzo 1979),
in «AAS», 71/1 (1979), pp. 257-324, p. 284.
13
GIOVANNI PAOLO II, Sollicitudo rei socialis, p. 579.
Le nuove frontiere della dottrina sociale
15
mezzo dei papi e dei padri della Chiesa (in primo luogo,
ma non solo, sant’Agostino e san Tommaso)14.
14
«Negli ultimi cento anni – ha scritto Giovanni Paolo II – la
Chiesa ha ripetutamente manifestato il suo pensiero, seguendo da vicino la continua evoluzione della questione sociale, e non ha certo
fatto questo per recuperare privilegi del passato o per imporre una sua
concezione. Suo unico scopo è stata la cura e la responsabilità per
l’uomo, a lei affidato da Cristo stesso, per questo uomo che, come il
concilio Vaticano II ricorda, è la sola creatura che Dio abbia voluto
per se stessa e per cui Dio ha il suo progetto, cioè la partecipazione
all’eterna salvezza. Non si tratta dell’uomo astratto, ma dell’uomo
reale, concreto e storico: si tratta di ciascun uomo, perchè ciascuno è
stato compreso nel mistero della redenzione e con ciascuno Cristo si è
unito per sempre attraverso questo mistero. Ne consegue che la Chiesa
non può abbandonare l’uomo, e che questo uomo è la prima via che la
chiesa deve percorrere nel compimento della sua missione [...], la via
tracciata da Cristo stesso, via che immutabilmente passa attraverso il
mistero dell’incarnazione e della redenzione» (GIOVANNI PAOLO II,
Centesimus annus, p. 859). La bibliografia sul «magistero sociale»
della Chiesa è particolarmente ricca e, in questa sede, fatta eccezione
per alcuni testi, ho ritenuto doveroso privilegiare quei contributi e
lavori editi successivamente alla pubblicazione della lettera enciclica,
Centesimus annus, di Giovanni Paolo II. A questo proposito si rinvia
alle seguenti opere: M.-D. CHENU, La dottrina sociale della Chiesa.
Origine e sviluppo (1891-1971), Brescia 1977; PH-I. ANDRÉVINCENT, La “Dottrina sociale” di Giovanni Paolo II, Roma 1984; P.
DE LAUBIER, Il pensiero sociale della Chiesa Cattolica. Una storia di
idee da Leone XIII a Giovanni Paolo II, Milano 1986; J. HÖFFNER, La
dottrina sociale cristiana, Cinisello Balsamo (Mi) 1989; Dalla Rerum
novarum alla Centesimus annus, a cura di G. GRILLO, Vigodarzere
(Padova) 1991; Il principio di sussidiarietà nella dottrina sociale della chiesa. Testi integrali della Rerum novarum e dei documenti pontifici pubblicati per le ricorrenze dell’enciclica leonina con presentazioni di p. Raimondo Spiazzi, a cura di P. MAGAGNOTTI, Bologna
1991; R. A NTONCICH-J.M. MUNÁRRIZ, La dottrina sociale della Chiesa, Assisi 1991; G. B. GUZZETTI, L’insegnamento sociale della Chiesa. L’insegnamento socio-economico, Leumann (Torino) 1991, pp.
232-297; H. CARRIER, Dottrina sociale: nuovo approccio
all’insegnamento sociale della Chiesa, Cinisello Balsamo (Milano)
1993; L. NEGRI, Il magistero sociale della chiesa, Milano 1994; Verso
una società libera: cento anni di dottrina sociale cattolica, a cura di
16
Capitolo 1
Il bene comune - ha scritto Giovanni Paolo II – «non è
la semplice somma degli interessi particolari, ma implica
la loro valutazione e composizione fatta in base a
un’equilibrata gerarchia di valori e, in ultima analisi, a
un’esatta comprensione della dignità e dei diritti della persona»15.
Ed è proprio da questa frase, di tipico gusto tomistico,
che vuole partire il mio tentativo di approccio agli insegnamenti di Giovanni Paolo II. E più precisamente dalle
due fondamentali espressioni equilibrata gerarchia dei
valori ed esatta comprensione della dignità e dei diritti
della persona che sono i concetti intorno ai quali ruota tutta l’impostazione metodologica ed analitica del pensiero di
papa Wojtyla sulla dottrina sociale della Chiesa in funzione del perseguimento del bene comune.
Entrambi, infatti, sono facilmente rinvenibili nei tre
principali documenti di Giovanni Paolo II, ai quali faccio
riferimento in questa sede, vale a dire le encicliche Laborem exercens, Sollicitudo rei socialis e Centesimus annus.
Tuttavia, per una migliore comprensione dei testi, i documenti pontifici andrebbero letti e studiati, oserei dire, quasi contemporaneamente integrandoli l’un l’altro sì da realizzare un solo corpo ed unico insegnamento16.
G. WEIGEL e R. ROYAL, Milano 1994; F. BIFFI, Convertitevi e lottate
per la giustizia e l’equità. Centodieci anni di Magistero Sociale, Casale Monferrato (AL) 2001; U. COLOMBO SACCO DI A LBIANO, Giovanni
Paolo II sulla scena del mondo. Magistero sociale, dialogo e diplomazia, Milano 2004, in part. pp. 29-38 e pp. 99 ss.; Compendio della
dottrina sociale della Chiesa, a cura del Pontificio Consiglio della
Giustizia e della Pace, Città del Vaticano 2004.
15
GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus, p. 852.
16
Proprio perchè il metodo che ho indicato è quello che ho seguito,
a torto o a ragione, nel preparare il presente contributo mi sembra superfluo dire che nel prosieguo del testo non presenterò, se non nei casi
opportuni, alcun apparato critico.
Le nuove frontiere della dottrina sociale
17
Il primo valore da cui parte l’analisi di Giovanni Paolo
II è indubbiamente l’uomo, creato da Dio a sua immagine
e somiglianza. Un valore assoluto per il quale ogni atto
della creazione è destinato e che è, dunque, il fine ultimo
della stessa creazione. In conseguenza di ciò anche nelle
cose umane il fine deve rimanere sempre l’uomo17. Tuttavia, come appare chiaramente dalla lettura dei documenti
pontifici da Leone XIII in poi, che si presentano come una
lucida e cristallina analisi dei tempi, il valore uomo è stato
sostituito in campo politico, economico, sociale e via dicendo da altri valori, che valori non sono, non essendo utili neppure al soddisfacimento di quei bisogni indispensabili, che in economia vengono identificati con il termine di
primari (mangiare, bere, ecc.)18. Per cui in questa gerarchia di valori il capitale, il potere, le ideologie (autoritarismi, totalitarismi, false democrazie), il disprezzo per
l’ambiente, gli armamenti, le guerre, il vecchio e nuovo
colonialismo, l’odio razziale e religioso, il carrierismo, le
sopraffazioni negli ambienti di lavoro, ed altro ancora
hanno relegato il valore-uomo ad un ruolo marginale e
forse neppure più individuabile come valore.
17
CONCILIO VATICANO II, Gaudium et Spes, n. 12, p. 1034. Anche
se, come ha sottolineato il papa, «il dominio accordato dal Creatore
all’uomo come immagine di Dio non è potere assoluto, né si può parlare di libertà di usare e abusare, o disporre delle cose come meglio
aggrada. La limitazione imposta dallo stesso Creatore fin dal principio, ed espressa simbolicamente con la proibizione di mangiare il frutto dell’albero, mostra con sufficiente chiarezza che, nei confronti della natura visibile, siamo sottomessi a leggi non solo biologiche, ma
anche morali, che non si possono impunemente trasgredire»
(GIOVANNI PAOLO II, Sollicitudo rei socialis, p. 560).
18
«La natura, per contro, non ha assegnato all’oro e all’argento utilità di sorta di cui non ci sia facile fare a meno, se non fosse la stupidità umana a dar pregio alla loro rarità. Essa, invece, come madre sommamente benigna, ha posto bene in vista tutto il meglio, come l’aria,
l’acqua e la terra medesima, e ha nascosto in luoghi remoti le cose
vane e del tutto disutili» (TH. MORE, Utopia, Vicenza 1978, p. 131).
18
Capitolo 1
È sufficiente volgere lo sguardo al secolo appena trascorso per ritrovare tutto questo. Un secolo di grandi progressi, certamente, ma anche un secolo ricco di profonde
contraddizioni, con sullo sfondo due grandi guerre ed una
sempre pronta ad esplodere e che forse solo l’innato spirito di autoconservazione dell’uomo ha evitato19. Un secolo
durante il quale l’uomo spesso ha perso il senso della ragione superando limiti inimmaginabili20. A questo proposi19
«Sembrava che l’ordine europeo, uscito dalla seconda guerra
mondiale e consacrato dagli Accordi di Yalta, potesse essere scosso
soltanto da un’altra guerra. È stato, invece, superato dall’impegno non
violento di uomini che, mentre si sono sempre rifiutati di cedere al
potere della forza, hanno saputo trovare di volta in volta forme efficaci
per rendere testimonianza alla verità. Ciò ha disarmato l’avversario,
perchè la violenza ha sempre bisogno di legittimarsi con la menzogna,
di assumere, pur se falsamente, l’aspetto della difesa di un diritto o
della risposta a una minaccia altrui. Ringrazio ancora Dio che ha sostenuto il cuore degli uomini del tempo della difficile prova, pregando
perché un tale esempio possa valere in altri luoghi e in altre circostanze. Che gli uomini imparino a lottare per la giustizia senza violenza,
rinunciando alla lotta di classe nelle controversie interne, coma alla
guerra in quelle internazionali» (GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus, p. 821).
20
«Leggendo l’enciclica (Rerum novarum) in connessione con tutto il ricco magistero leoniano, si nota come essa indichi, in fondo, le
conseguenze sul terreno economico-sociale di un errore di più vasta
portata. L’errore – come si è detto – consiste in una concezione della
libertà umana che la sottrae all’obbedienza alla verità e, quindi, anche
al dovere di rispettare i diritti degli altri uomini. Contenuto della libertà diventa allora l’amore di sé fino al disprezzo di Dio e del prossimo,
amore che conduce all’affermazione illimitata del proprio interesse e
non si lascia limitare da alcun obbligo di giustizia. Proprio questo errore giunse alle estreme conseguenze nel tragico ciclo delle guerre che
sconvolsero l’Europa e il mondo tra il 1914 e il 1945. Furono guerre
derivanti dal militarismo e dal nazionalismo esasperato e dalle forme
di totalitarismo, ad essi collegate, e guerre derivanti dalla lotta di classe, guerre civili e ideologiche. Senza la terribile carica di odio e di
rancore, accumulata a causa delle tante ingiustizie sia a livello internazionale che a quello interno ai singoli stati, non sarebbero state possibili guerre di tale ferocia, in cui furono investite le energie di grandi
Le nuove frontiere della dottrina sociale
19
to, è possibile fare riferimento ad alcuni avvenimenti che
hanno caratterizzato il secolo appena passato, come per
esempio la rivoluzione russa o, quella più tarda, della Cina, affermatesi sull’onda emotiva di formule violente quali
dittatura del proletariato e lotta di classe21 e che hanno
registrato sia sul piano legislativo, sia sul piano meramente pratico, vale a dire della vita di tutti i giorni, una violenza inaudita concretizzatasi in persecuzioni, torture (delle
più terribili e delle più atroci) ed in esecuzioni singole o di
massa22. Per la prima volta apparivano, nascosti tuttavia
nazioni, in cui non si esitò davanti alla violazione dei diritti umani più
sacri, e fu pianificato ed eseguito lo sterminio di interi popoli e gruppi
sociali. Ricordiamo qui, in particolare, il popolo ebreo, il cui terribile
destino è divenuto simbolo dell’aberrazione cui può giungere l’uomo,
quando si volge contro Dio» (GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus,
pp. 814-815).
21
«Ciò che viene condannato nella lotta di classe è, piuttosto,
l’idea di un conflitto che non è limitato da considerazioni di carattere
etico o giuridico, che si rifiuta di rispettare la dignità della persona
nell’altro (e di conseguenza in se stesso), che esclude, perciò, un ragionevole accomodamento e persegue non già il bene generale della
società, bensì un interesse di parte che si sostituisce al bene comune e
vuol distruggere ciò che gli si oppone. [...]. Lotta di classe in senso
marxista e militarismo, dunque, hanno le stesse radici: l’ateismo e il
disprezzo della persona umana, che fan prevalere il principio della
forza su quello della ragione e del diritto» (GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus, p. 811)
22
«L’uomo tende verso il bene, ma è pure capace di male; può trascendere il suo interesse immediato e, tuttavia, rimanere ad esso legato. L’ordine sociale sarà tanto più solido quanto più terrà conto di questo fatto e non opporrà l’interesse personale a quello della società nel
suo insieme, ma cercherà piuttosto i modi della loro fruttuosa collaborazione. Difatti, dove l’interesse individuale è violentemente soppresso, esso è sostituito da un pesante sistema di controllo burocratico, che
inaridisce le fonti dell’iniziativa e della creatività. Quando gli uomini
ritengono di possedere il segreto di un’organizzazione sociale perfetta
che renda impossibile il male, ritengono anche di poter usare tutti i
mezzi, anche la violenza o la menzogna, per realizzarla. La politica
diventa allora una religione secolare, che si illude di costruire il para-
20
Capitolo 1
agli occhi del mondo – come dire utili ma impresentabili –
gli universi concentrazionari o campi di concentramento,
nei quali venivano rinchiusi i nemici del popolo, nella
maggior parte dei casi oppositori politici, o, tra gli altri,
coloro che non ritenevano di dover rinunciare alla propria
fede religiosa (ortodossa, cattolica, ebraica, protestante,
musulmana, ecc.), o ai valori nei quali fino ad allora avevano creduto. Migliaia, ancora, le vittime della cosiddetta
rivoluzione permanente, altrimenti conosciuta con il nome
di purghe staliniane, o della rivoluzione culturale cinese,
durante la quale, in assenza di qualsiasi rispetto dei diritti
dell’uomo e della sua dignità, una moltitudine di donne e
di uomini è stata sottoposta ad un processo violento di rieducazione quasi che pensare ed avere delle idee fosse il
crimine più odioso di questo mondo. Tuttavia, se è necessario sottolineare la gravità dei fatti appena accennati, è
del pari doveroso constatare con tristezza come una parte
significativa della popolazione delle democrazie occidentali di quegli anni, forse accecata dallo scontro ideologico,
non sia riuscita a cogliere e a comprendere quali orrendi
crimini si consumavano al di là dei confini di quelle nazioni stante, per esempio, l’ampia diffusione del Libretto
rosso di Mao Tze-tung23 e la loro difesa d’ufficio.
In questa triste graduatoria di crimini contro l’umanità
un posto, non di secondo piano, spetta anche alla Germania di Hitler. Ho letto e riletto più volte il Mein kampf 24,
la sua opera, cercando uno spunto, una idea, un qualche
cosa, insomma, che potesse giustificare il suo grande ascendente verso il popolo tedesco. Al di là della sua podiso in questo mondo. Ma qualsiasi società politica, che possiede la
sua propria autonomia e le sue proprie leggi, non potrà mai esser confusa col regno di Dio» (GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus, pp.
823-824).
23
MAO TZE-TUNG, Livre rouge de la révolution culturelle, Bruxelles 1971.
24
A. H ITLER, La mia battaglia, Milano 1934.
Le nuove frontiere della dottrina sociale
21
chezza intellettuale e politica, non ho trovato assolutamente nulla in questo senso, in compenso, però, ho rinvenuto
tanta confusione e non solo nella prosa. Alla follia della
superiorità della razza ariana si è associata la follia della
persecuzione del popolo ebraico fino al suo sterminio totale, un avvenimento che non ha precedenti nella storia e
che associato ai campi di concentramento ed ai forni crematori ha provocato da solo, senza vale a dire tener conto
della guerra, milioni di morti. L’incredulità dei primi testimoni, di fronte alle figure dei sopravvissuti ed ai forni
crematori, è pari solo alla stoltezza di coloro che ancora
oggi dubitano che siano veramenti esistiti. Oggi e per
sempre tutti i morti, vittime dell’olocausto, meritano solo
tanto rispetto ed il nostro riguardoso silenzio.
Come rispetto e silenzio meritano tutte le vittime dei
tanti sistemi autoritari passati o tuttora presenti e con i
quali le democrazie occidentali hanno tenuto e continuano
a tenere non solo relazioni diplomatiche, a volte necessarie
ed opportune, ma anche ingiustificabili rapporti economici25.
E rispetto e silenzio meritano anche tutte le vittime di
Hiroshima e Nagasaki, in gran parte civili inermi massacrati inutilmente a guerra oramai conclusa. Certo, mi si
25
«Nel corso degli anni ottanta crollano progressivamente in alcuni paesi dell’America Latina, ma anche dell’Africa e dell’Asia certi
regimi dittatoriali e oppressivi; in altri casi inizia un difficile, ma fecondo cammino di transizione verso forme politiche più partecipative
e più giuste. Un contributo importante, anzi decisivo, ha dato
l’impegno della chiesa per la difesa e la promozione dei diritti
dell’uomo: in ambienti fortemente ideologizzati, in cui lo schieramento di parte offuscava la consapevolezza della comune dignità umana,
la chiesa ha affermato con semplicità ed energia che ogni uomo – quali che siano le sue convinzioni personali – porta in sé l’immagine di
Dio e, quindi, merita rispetto. In tale affermazione si è spesso riconosciuta la grande maggioranza del popolo, e ciò ha portato alla ricerca
di forme di lotta e di soluzioni politiche più rispettose della dignità
della persona» (GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus, pp. 819-820).
22
Capitolo 1
può obiettare che è necessario storicizzare. Ebbene, di
fronte a migliaia di morti e a tutte le conseguenze sulle
generazioni future create da quegli ordigni non riesco proprio a storicizzare. E continuo a considerare quella decisione presa dal presidente Harry S. Truman un crimine
contro l’umanità che, purtroppo, nessun tribunale internazionale ha ancora sentito il bisogno di sanzionare come
tale26. Come un crimine contro l’umanità sono tutte quelle
industrie di armi che assorbono ogni anno miliardi e miliardi di dollari dai bilanci pubblici dei singoli stati, a partire dai più ricchi e civili (Stati Uniti in testa), quando nel
mondo milioni di persone non hanno il minimo per so26
«Consideriamo insieme – ha detto Giovanni Paolo II in occasione del suo discorso La guerra è opera dell’uomo pronunciato al «Peace Memorial di Hiroshima» il 25 febbraio 1981 – quella che è una
delle tristi imprese dell’umanità e cioè che su tutta la superficie terrestre i nomi di molti – troppi – luoghi vengono ricordati soprattutto
perchè hanno testimoniato l’orrore e la sofferenza prodotti dalla guerra; i monumenti ai caduti che, se da un lato ricordano la vittoria,
dall’altro rammentano però anche la sofferenza e la morte di innumerevoli esseri umani; i cimiteri in cui riposano coloro che hanno sacrificato la loro vita al servizio del proprio paese o di una nobile causa ed i
cimiteri in cui giacciono le innocenti vittime delle furia distruttrice
della guerra, i resti dei campi di concentramento e sterminio in cui il
disprezzo per l’uomo e per i suoi diritti inviolabili aveva raggiunto la
sua espressione più indegna e crudele; i campi di battaglia in cui la
natura ha misericordiosamente sanato le ferite della terra, senza riuscire tuttavia a cancellare dalla storia umana del passato l’odio e
l’inimicizia. Hiroshima e Nagasaki si distinguono da tutti gli altri luoghi e monumenti come le prime vittime della guerra nucleare. Chino il
capo al ricordo di migliaia di uomini, donne e bambini che persero la
vita in un momento terribile e di chi per lunghi anni ha riportato nel
corpo e nella mente quei giorni di morte che inesorabilmente portarono avanti il loro processo di distruzione. Il bilancio definitivo della
sofferenza umana iniziata qui, non è stato ancora interamente steso né
è stato ancora calcolato il costo umano complessivo che è stato pagato, soprattutto se si considera ciò che la guerra nucleare ha arrecato – e
potrebbe ancora arrecare – alle nostre idee, ai nostri atteggiamenti ed
alla nostra civiltà» [cfr. «AAS», 73/1 (1981), pp. 415-420, 415-416].
Le nuove frontiere della dottrina sociale
23
pravvivere. Si può uccidere un uomo sparandogli una pallottola al cuore o facendolo saltare su di una mina oppure
in mille altri modi violenti come la storia dell’ultimo secolo ci ha insegnato, ma si può uccidere un bambino anche
in maniera silenziosa negandogli, per esempio, un bicchiere d’acqua pulita o un medicinale di poco conto27.
E rispetto e silenzio meritano le migliaia di vittime del
Vietnam e dell’Afghanistan, del Libano e della Palestina,
di Israele e dell’India, della Cina e dell’Iraq, dell’Iran e dei
tanti conflitti africani che ogni giorno insanguinano quel
continente, e di tutte quelle guerre che giorno dopo giorno
si perpetuano nel mondo e che non conosciamo, perchè,
come si dice oggi, non fanno notizia.
E rispetto e silenzio meritano ancora i tanti militari uccisi in tutto il mondo, nel corso degli esperimenti nucleari,
utilizzati come cavie da governanti senza scrupoli per testare direttamente sull’uomo gli effetti delle radiazioni. Un
fenomeno che, in situazioni diverse, ha coinvolto, purtroppo, recentemente anche i militari italiani e la stessa popolazione dell’ex-Jugoslavia per l’uso irresponsabile di armi
non convenzionali da parte dell’esercito statunitense e nei
confronti dei quali, l’allora governo USA, non ha ritenuto
di dover assumere una posizione chiara come, una posizione chiara, non ha ritenuto di dover assumere l’attuale
amministrazione americana nei confronti del caso di Nicola Calipari. Corsi e ricorsi storici!
A questo punto, però, mi sembra utile sottolineare che
non è condizione sufficiente e necessaria governare un re27
«Una folle corsa agli armamenti assorbe le risorse necessarie per
lo sviluppo delle economie interne e per l’aiuto alle nazioni più sfavorite. Il progresso scientifico e tecnologico, che dovrebbe contribuire al
benessere dell’uomo, viene trasformato in uno strumento di guerra:
scienza e tecnica sono usate per produrre armi sempre più perfezionate
e ditruttive, mentre a un’ideologia, che è perversione dell’autentica
filosofia, si chiede di fornire giustificazioni dottrinali per la nuova
guerra» (GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus, p. 815)
24
Capitolo 1
gime autoritario o totalitario per essere un criminale di
guerra, ma si può essere tale anche governando una democrazia di lunga tradizione se, alla radice dell’azione di quel
governo, vien meno il rispetto per l’uomo in quanto tale e
se si perseguono obiettivi contrari al bene comune.
In questo polverone di follia collettiva la voce della
Chiesa, alleggerita finalmente dalla zavorra del potere
temporale, ha saputo, in certi momenti, essere l’unica difesa dell’uomo. Il pensiero corre subito a Benedetto XV ed
al suo inascoltato grido contro l’«inutile strage»28 e, parimenti, il pensiero corre al suo predecessore Leone XIII ed
alla sua profetica denuncia contro il capitalismo ed il socialismo29. E il pensiero corre, ancora una volta, a Gio28
BENEDETTO XV, Dès le debut. Adhortatio ad populorum belligerantium moderatores (Vatican, 1er août 1917), in «AAS», 9 (1917), pp.
417-420, p. 420. Sulla guerra si veda, sempre di Benedetto XV, la
lettera enciclica Ad beatissimi Apostolorum Principis (Roma, 1° novembre 1914), in «AAS», 6 (1914), pp. 565-581, in part. le pp. 566567.
29
«[...] con animo invitto (Leone XIII) prende a tutelare personalmente la causa degli operai che le circostanze hanno consegnati soli e
indifesi all’inumanità dei padroni e alla sfrenata cupidigia della concorrenza, senza chiedere aiuto alcuno né al liberalismo, né al socialismo dei quali l’uno s’era mostrato affatto incapace di dare soluzione
legittima alla questione, l’altro proponeva un rimedio che, di gran
lunga peggiore del male, avrebbe gettato in maggiori pericoli la società umana» (PIO XI, Quadragesimo anno, pp. 179-180). A proposito
del capitalismo e del socialismo, Giovanni Paolo II, precisando in
maniera più chiara l’insegnamento sociale della Chiesa, ha scritto rispettivamente: «Se con capitalismo si indica un sistema economico
che riconosce il ruolo fondamentale e positivo dell’impresa, del mercato, della proprietà privata e della conseguente responsabilità per i
mezzi di produzione della libera creatività umana nel settore
dell’economia, la risposta è certamente positiva, anche se forse sarebbe più appropriato parlare di economia d’impresa, o di economia di
mercato, o semplicemente di economia libera. Ma se con capitalismo
si intende un sistema in cui la libertà del settore dell’economia non è
inquadrata in un solido contesto giuridico che la metta al servizio della
libertà umana integrale e la consideri come una particolare dimensione
Le nuove frontiere della dottrina sociale
25
vanni Paolo II e al suo rifiuto, pronunciato in faccia al
mondo, di aprire un ennesimo fronte di guerra in Iraq. Un
rifiuto disatteso e di cui il presidente George W. Bush,
unitamente al suo staff ed ai suoi alleati nel mondo, dovrà
assumersene per intero e fino in fondo tutto il peso morale
di fronte alla Storia.
Passati gli anni i problemi restano ed in qualche caso
appaiono anche più gravi perchè dimostrano l’incapacità
dell’uomo, cambiati i protagonisti, di elevarsi al di sopra
dei tempi. A distanza di quasi un secolo dall’enciclica
Rerum novarum Giovanni Paolo II è stato costretto a scrivere: «come giustificare il fatto che ingenti somme di danaro, che potrebbero e dovrebbero essere destinate a incrementare lo sviluppo dei popoli, sono invece utilizzate
per l’arricchimento di individui o di gruppi, ovvero assegnate all’ampliamento degli arsenali di armi, sia nei paesi
sviluppati sia in quelli in via di sviluppo, sconvolgendo
di questa libertà, il cui centro è etico e religioso, allora la risposta è
decisamente negativa» (GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus, pp.
845-846). E sul socialismo ha scritto «[...] l’errore fondamentale del
socialismo è di carattere antropologico. Esso, infatti, considera il singolo uomo come un semplice elemento e una molecola dell’organismo
sociale, di modo che il bene dell’individuo viene del tutto subordinato
al funzionamento del meccanismo economico-sociale, mentre ritiene,
d’altro canto, che quel medesimo bene possa essere realizzato prescindendo dalla sua autonoma scelta, dalla sua unica ed esclusiva assunzione di responsabilità davanti al bene o al male. L’uomo così è
ridotto a una serie di relazioni sociali, e scompare il concetto di persona come soggetto autonomo di decisione morale, il quale costruisce
mediante tale decisione l’ordine sociale. Da questa errata concezione
della persona discendono la distorsione del diritto che definisce la
sfera di esercizio della libertà, nonchè l’opposizione alla proprietà
privata. L’uomo, infatti, privo di qualcosa che possa dir suo e della
possibilità di guadagnarsi da vivere con la sua iniziativa, viene a dipendere dalla macchina sociale e da coloro che la controllano: il che
gli rende molto più difficile riconoscere la sua dignità di persona e
inceppa il cammino per la costituzione di un’autentica comunità umana» (GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus, p. 809).
26
Capitolo 1
così le vere priorità»30. E tutto il prosieguo dell’enciclica è
una aperta denuncia dei mali del tempo, ai quali una risposta ancora non è stata data dai cosiddetti potenti di turno, i
quali nei loro incontri sembrano ricercare più
l’autocompiacimento personale che la soluzione dei problemi. I mali denunciati da papa Wojtyla sono:
«l’analfabetismo, la difficoltà o impossibilità di accedere
ai livelli superiori di istruzione, l’incapacità di partecipare
alla costruzione della propria nazione, le diverse forme di
sfruttamento e di oppressione economica, sociale, politica
e anche religiosa della persona umana e dei suoi diritti, le
discriminazioni di ogni tipo, specialmente quella più odiosa fondata sulla differenza razziale»31. E, ancora, il soffocamento del diritto di iniziativa economica di singoli individui o di nazioni, l’urbanizzazzione, la disoccupazione e
la sottoccupazione, il debito internazionale dei paesi più
poveri, l’interdipendenza economica e politica tra paesi
sviluppati e meno sviluppati (particolarmente dannosa per
questi ultimi), la tensione tra oriente ed occidente, la produzione ed il commercio di armi, il fenomeno sempre crescente di milioni di rifugiati (perchè crescente è il numero
di guerre che si combattono ogni giorno nel mondo), il
terrorismo, le differenze tra Nord e Sud del mondo, le
campagne sistematiche contro la natalità, il consumismo, i
tentativi di imporre agli altri popoli il proprio modo di vivere o la propria fede religiosa, la brama del profitto e la
sete di potere ad ogni costo.
Unica difesa contro tutto questo per molti popoli è stata
la voce e la penna di quel puntino bianco che molti fedeli
hanno potuto ammirare da lontano nei suoi viaggi apostolici: il papa. Oggi, lo possiamo dire, la grandezza dei successori di Pietro si ritrova tutta in una duplice spiegazione,
vale a dire, per un verso nella loro fedeltà al Vangelo e a
30
31
GIOVANNI PAOLO II, Sollicitudo rei socialis, pp. 523-524.
GIOVANNI PAOLO II, Sollicitudo rei socialis, pp. 528-529.
Le nuove frontiere della dottrina sociale
27
Cristo e, per altro verso, nella pochezza intellettuale ed
umana, sempre fatte salve le dovute eccezioni, degli uomini di stato che nel mondo si sono succeduti. E se oggi
c’è ancora bisogno di una dottrina sociale della Chiesa è
perchè abbiamo ancora troppi politici più interessati a fare
la guerra che a promuovere la pace, non riuscendo ancora
a capire che, non le armi, ma «lo sviluppo» - come insegnava Paolo VI - «è il nuovo nome della pace»32.
In conclusione, desidero rivolgere un ultimo pensiero ad
un altro punto che tanto a cuore stava a papa Wojtyla e
che ben si ricollega al magistero sociale della Chiesa, vale a
dire il richiamo, nella costituzione europea, alle radici cristiane. Non ho parole nuove da suggerire rispetto a quelle
già pronunciate da Giovanni Paolo II, ed è per questo che
facendole mie le rinnovo: «Non abbiate paura! Aprite, anzi
spalancate le porte a Cristo»33.
32
PAOLO VI, Populorum progressio, p. 299.
Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Per l’inizio del Pontificato. Spalancate
le porte a Cristo (22 ottobre 1978), in «AAS», 70 (1978), pp. 944948, p. 947; e GIOVANNI PAOLO II, Discours “Je compte sur vous”
aux membres de la Commission pontificale «Iustitia et pax» (11 novembre 1978), in «AAS», 71/1 (1979), pp. 26-29, p. 26.
33
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Raccolta di studi religiosi editi ed inediti