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Corso completo
Il presente progetto è finanziato con il sostegno della Commissione europea. L’autore è il solo responsabile
di questa pubblicazione e la Commissione declina ogni responsabilità sull’uso che potrà essere fatto delle
informazioni in essa contenute.
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INDICE
MODULO 0 - Introduzione
MODULO 1 - Occupazione dei lavoratori stranieri e misure per l'Integrazione
1.1 I Documenti fondamentali per il Lavoro
1.1.0 Introduzione
1.1.1 Documenti necessari per lavoratori stranieri extra-comunitari per lavorare in Italia
1.2 Sistemi di Istruzione
1.2.1 Descrizione del Sistema Educativo Nazionale e Politiche in materia di Istruzione in
Europa
1.2.2 Struttura del sistema educativo Italiano
1.2.3 Sistemi educativi dei paesi più rappresentati
AFRICA
Angola
Capo Verde
Marocco
AMERICHE
Brasile
Ecuador
ASIA
Cina
India
EUROPA
Albania
Kosovo
Moldavia
Romania
Serbia e Montenegro
Ucraina
1.3 Riconoscimento dei titoli di studio in Europa
1.3.0 Legislazione UE
1.3.1 Processo di riconoscimento dei titoli di studio in Italia
1.3.2 Riconoscimento dell’educazione non formale in Italia
1.4 Linee Guida per l’orientamento alla carriera per i migranti
1.4.1 EUROPASS
1.4.2 linee guida per CV
1.4.3 Coaching – i passi più importanti
1.4.4 Elenco siti utili per incontro domanda e offerta di lavoro in Italia
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MODULO 2 – Legislazione, documenti e informazioni in Italia
2.0 Verso una politica comune europea sull’Immigrazione
I) ultimo sviluppi
II) Contesto generale
2.1 Italia Norme di base
2.2 Procedure legali per assumere un lavoratore straniero extracomunitario in Italia
MODULO 3 - Abilità sociali e comunicazione inter-culturale
3.0 Introduzione al modulo
3.1 Definizioni di Cultura
3.1.1 Il sistema dei valori fondamenti a partire dei documenti internazionali
3.2. Diversità culturale
3.2.1 Capire la diversità (culturale)
3.2.2 Apprendimento interculturale
3.2.3 Avvicinarsi all’apprendimento interculturale: una questione di atteggiamento
3.2.4 Differenze, similitudini, stereotipi
3.3 Comunicazione e comunicazione interculturale
3.3.1 Il significato dei termini
3.3.2 Social skill
3.3.3 La comunicazione
3.3.4 Ascolto attivo
3.3.5 Gestione dei conflitti
MODULO 4 - Connessioni con il mercato del lavoro
4.1 Il sistema produttivo in Italia
4.2 Il Mercato del Lavoro
4.3 Il mercato del lavoro e i contratti di lavoro in Italia
4.4 Consuetudini e diritti nel rapporto di lavoro dipendente
4.5 Cosa si aspettano i managers dai lavoratori
Extra
1 - Politiche interculturali nelle città Europee: Guida sulle migliori pratiche - Sintesi
2 - Il ruolo delle parti sociali
3 - La ricerca del lavoro
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Introduzione
Il progetto BRIDGE ha come scopo creare strumenti, facilmente transmissibili al network composto
da attori nazionali e internazionali, per facilitare e permettere un migliore accesso al lavoro e
coesione sociale dei lavoratori stranieri. Lo sviluppo di strumenti formativi innovativi include
materiale di supporto, un corso on e off line e un sito web usati dai diversi gruppi target (ovvero i
lavoratori stranieri e gli operatori dei servizi per l’impiego – Competenze chiave stabilite a
Lisbona).
Per questo motivo, i beneficiari del progetto e della formazione, sono quei professionisti che
lavorano a contatto con lavoratori stranieri (provenienti da paesi Europei ed extra Europei) e che
offrono servizi quali:
 Centri per l’impiego (sia pubblici che privati)
 Professionisti specializzati in tematiche connesse con il lavoro (orientatori, consulenti per il
lavoro, coach, e così via…)
Su scala più amplia, i gruppi target del progetto e delle attività sono:
 il settore pubblico e privato – poiché beneficierà di personale formato e più ‘orientato al
cliente’
 Gerenti d’impresa e responsabili delle risorse umane – avranno a disposizione di personale
selezionato, con particolare riferimento a lavoratori stranieri. Inoltre, la creazione di lavoro è
l’area che maggiormente contribuisce alla coesione sociale, e
 Sindacati e associazione, poiché assicurano paghe eque e migliori condizioni di lavoro
 Sul lungo periodo, la Società in quanto, come affermato dalla Commissione Europea ‘il
lavoro rappresenta una forte chance per combattere l’esclusione sociale’.
Beneficiari
Il corso pilota proposto da BRIDGE è indirizzato a:
- Personale dei centri per l’impiego, pubblici e privati
- Professionisti specializzati in argomenti connessi al lavoro (consulenti, coach, orientatori e così
via).
Gli obiettivi
Il corso si propone di:
-
Migliorare la conoscenza dei partecipanti sulle pratiche del mercato del lavoro locale e come
usare le regole vigenti per facilitare l’inserzione lavorativa di stranieri.
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-
Offrire la possibilità di rinforzare le abilità comunicative, e interculturali - Imparare a
riconoscere le differenze culturali.
Sviluppare la consapevolezza sugli atteggiamenti e valori della propria cultura, per aiutare a
essere più efficaci in un contesto multiculturale.
Migliorare le competenze informatiche, grazie alla prova on-line.
Il corso è indirizzato a discenti adulti ed poiché online, offre la possibilità di migliorare le
competenze informatiche. Quindi, usando le nuove tecnologia come supporto all’apprendimento, si
vuole non solo aumentare le conoscenza in questo contesto, ma anche offrire la possibilità di
implementare le abilità trasversali, necessarie e fondamentali nella società contemporanea.
I moduli
Gli argomenti affrontati dai 4 moduli formativi:
Modulo 1 - Occupazione dei lavoratori stranieri e misure per l'Integrazione
Il modulo è stato disegnato per fornire semplici informazioni sui documenti richiesti per
l’assunzione di lavoratori stranieri dai diversi paesi partecipanti e per offrire informazioni sul
sistema scolastico di un selezionato numero di Paesi, per facilitare l’inserimento lavorativo, e
aiutare il personale incaricato, a indirizzare il lavoratore nella giusta direzione
lavorativa/professionale/di formazione. Dato che educazione e formazione hanno un forse effetto
sulla carriera professionale, o possono influenzare le scelte di formazione aggiuntiva, è importante
comprendere la struttura dei paesi di origine, per poter offrire informazioni su quale potrebbero
essere le scelte più appropriate per coloro che stanno cercando lavoro. Per completare il modulo,
sono forniti alcuni spunti e suggerimenti riguardanti il coaching e l’orientamento lavorativo, per
offrire un set completo di informazioni su come facilitare l’inserimento lavorativo. Inoltre, il
modulo aiuta a creare un curriculum vitae basato sul formato EUROPASS, da suggerire all’utente
per migliorare la sua presentazione.
Modulo 2 - Legislazione, documenti e informazioni nei Paesi partners
Per aggiornare la conoscenza dei partecipanti sulle pratiche legali e la modulistica necessaria
all’assunzione di laboratori stranieri e sul sistema che regolano tali pratiche, il corso fornisce un
riferimento normativo Europeo e il processo nazione, e un collegamento alle maggiori fonti di
informazione su tali argomenti e i nomi di alcune associazioni/istituzioni che forniscono assistenza
in caso di situazioni non regolari.
Modulo 3 - Abilità sociali e comunicazione inter-culturale
Il modulo vuole fornire informazioni e suggerimenti su come costruire abilità sociali, culturali e
comportamenti cruciali in un processo di dialogo proattivo con un pubblico multietnico e
multiculturale. Il materiale parte dalla definizione dei concetti base, quali cultura, comunicazione e
dialogo interculturale, per poi passare ai valori fondamentali per supportare e facilitare un
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comunicazione interculturale efficace. Il modulo non fornisce informazioni specifiche sulle culture
delle Nazioni, ma affronta i diritti generali – che dovrebbero essere comuni a tutti – offrendo
esempi su come riconoscere gli stereotipi o come controllare punti di vista soggettivi e preconcetti,
in modo da mantenere un atteggiamento più professionale in ogni situazione lavorativa.
Modulo 4 - Connessioni con il mercato del lavoro
Il materiale presentato offre una panoramica sul sistema produttivo locale. Lo scopo è aggiornare le
conoscenze dei partecipanti in termini di aspetti legali connessi all’assunzione dei lavoratori. Il
modulo si conclude con informazioni sui diritti e doveri dei lavoratori, per poter informare l’utenza
su quali sono le pratiche locali, poiché potrebbero non esserne a conoscenza.
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MODULO 1
Occupazione dei lavoratori stranieri e
misure per l'Integrazione
1.1 I Documenti fondamentali per il Lavoro
1.1.0 Introduzione
Questo modulo iniziale è stato ideato per fornire informazioni sui documenti specifici usati in Italia
da stranieri che intendono lavorare in Italia. Alcuni di essi sono comuni a tutti gli stati Europei,
come l’autorizzazione al lavoro o il certificato di residenza, ma alcune Nazioni hanno deciso di
aggiungere altre informazioni che lo straniero deve ofrire, per poter lavorare legalmente.
Inoltre, ci potrebbero essere differenze basate sui paesi di origine, o sullo stato legale della persona
che cerca lavoro. Alcuni documenti specifici sono richiesti a coloro che intendono avviare
un’attività in proprio.
La lista che offriamo è aggiornata alla data di creazione del presente materiale. Ogni sezione
fornisce le fonti dalle quali tale materiale è stato attinto. Vi preghiamo di consultarlo per
aggiornamenti e maggiori informazioni.
1.1.1 Documenti necessari per lavoratori stranieri extra-comunitari per
lavorare in Italia
DESCRIZIONE
LAVORO
SUBORDINATO
LAVORO
AUTONOMO
PASSAPORTO
Documento personale di riconoscimento, valido per
l'espatrio
X
X
VISTO DI
INGRESSO
È un’autorizzazione, rilasciata dal Consolato o
dalla Rappresentanza Diplomatica Consolare
competente, che permette l’ingresso nel territorio
italiano.
X
X
PERMESSO DI
SOGGIORNO
È un’autorizzazione rilasciata dal Questore che
attribuisce allo straniero il diritto di soggiorno sul
territorio dello Stato italiano.
X
X
CODICE FISCALE
È uno strumento di identificazione del cittadino nei
rapporti con gli enti e le Amministrazioni
Pubbliche che viene rilasciato dall’Agenzia delle
entrate.
X
X
NULLA OSTA AL
LAVORO
È’ una dichiarazione, rilasciata dalle autorità
competenti italiane che attesta che non esistono
impedimenti all'ingresso e al soggiorno in Italia del
X
X
DOCUMENTO
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cittadino extracomunitario che intenda prestare
un'attività lavorativa.
CONTRATTO DI
SOGGIORNO
È il contratto che regola il rapporto di lavoro tra un
datore di lavoro ed un lavoratore extracomunitario,
contiene la garanzia da parte del datore di lavoro
della disponibilità di un alloggio per il lavoratore e
l’impegno al pagamento delle spese di viaggio per
il rientro del lavoratore nel Paese di provenienza, e
costituisce titolo valido al rilascio del permesso di
soggiorno.
LICENZA O
AUTORIZZAZION
E a SVOLGERE
L’ATTIVITA’
È un documento, rilasciato dalle autorità
competenti in Italia, che attesta l'assenza di motivi
che impediscono il rilascio dell'autorizzazione o
della licenza prevista per l'attività che si vuole
svolgere in Italia.
X
ATTESTAZIONE
DISPONIBILITA’
RISORSE
Attestazione, rilasciata dalle autorità competenti in
Italia, dei parametri relativi alla disponibilità delle
risorse finanziarie necessarie per lo svolgimento
dell'attività.
X
DISPONIBILITA’
DI ALLOGGIO
contratto di acquisto o affitto di un immobile,
oppure esibire la dichiarazione di ospitalità da parte
di enti, cittadini italiani o stranieri muniti di un
regolare permesso di soggiorno.
X
X
1.2 Sistemi di Istruzione
1.2.1 Descrizione del Sistema Educativo Nazionale e Politiche in materia di
Istruzione in Europa
E’ una serie di descrizioni esplicative di tutte le tipologie e le fasi di apprendimento. Inoltre, queste
informazioni posso essere utilizzate come un importante strumento per chi vuole ottenere una
visione completa e succinta su uno o più sistemi educativi.
Dal 2009/10 le descrizioni sono organizzate nel modo seguente:
• Istruzione iniziale e formazione: organizzazione, fondi e controllo di qualità,
• Istruzione pre-primaria
• Educazione primaria/Unica struttura educativa
• Educazione secondaria/Educazione secondaria superiore
• Istruzione post secondaria e educazione non terziaria
• Istruzione di III livello
• Educazione e formazione permanente
Ulteriori informazioni sulle politiche europee e sui sistemi educativi degli altri Paesi Europei:
http://eacea.ec.europa.eu/education/eurydice/eurybase_en.php, Cedefop (European Centre for the
Development of Vocational Training) e ETF (European Training Foundation).
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Se si desidera ottenere più informazioni sull’educazione professionale e la formazione in Europa, si
può accedere al database di Cedefop.
I sistemi di educazione individuale vengono descritti in modo più dettagliato in questo modulo per
fornire uno schema sulle somiglianze e sulle differenze tra i diversi sistemi di Istruzione. Viene
inoltre analizzata la conoscenza dei sistemi di formazione dei lavoratori stranieri.
I sistemi di Istruzione nel mondo variano ampiamente in termini di contenuti e strutture dei
Curriculum. Conseguentemente, può essere difficoltoso per i fautori delle politiche locali comparare
i propri sistemi a quelli degli altri Paesi, in modo da imparare dalle esperienze altrui.
Nei primi anni ’70 L’Unesco ha definitio lo Standard Internazionale di Classificazione
dell’Istruzione (ISCED) come strumento per raccogliere e analizzare statistiche sull’Istruzione, sia
in singoli Paesi che internazionalmente.
Lo schema generale per effettaure la comparazione:
ISCED 0: Istruzione pre-primaria - L’educazione pre-primaria viene definitiva come la fase iniziale
dell’Istruzione organizzata. E’ indirizzata ai bambini che abbiamo almeno 3 anni.
ISCED 1: Istruzione Primaria - Questo livello comprende l’età tra i 5 e i 7 anni di età. E’
obbligatorio in tutti i Paesi e generalmente dura tra i 4 e i 6 anni.
ISCED 2: Istruzione secondaria inferiore - E’ una prosecuzione dei programmi basici del primo
livello, sebbene l’insegnamento sia più focalizzato. Normalmente, la fine di questo livello coincide
con il termine della scuola dell’obbligo.
ISCED 3: Istruzione secondaria superiore - Questo livello generalmente inizia al termine della
scuola dell’obbligo. L’età di entrata è tipicamente tra i 15 e i 16 anni. Sono richieste le qualifiche di
entrata (esame finale al termine degli studi obbligatori) e altri minimi requisiti. L’istruzione è molto
più orientata rispetto al precedente livello.
ISCED 4: Istruzione post secondaria, non terziaria - Questi programmi stanno a cavallo tra
l’istruzione secondaria e terziaria. Servono per allargare le conoscenze degli studenti formati al
livello Isced 3. I programmi servono per preparare gli studenti per il livello superiore o per l’entrata
nel mercato del lavoro.
ISCED 5: Istruzione terziaria (primo livello) - Per accedere a questo livello normalmente bisogna
aver completato con successo i livelli 3 o 4. Questo livello include i programmi dell’istruzione
terziaria con orientamento universitario (tipo A) che sono basati largamente su programmi teorici e
programmi con orientamento lavorativo (tipo B).
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1.2.2 Struttura del sistema educativo Italiano
L’istruzione obbligatoria prevede una durata di 10 anni (fino a 16 anni di età), e comprende il primo
ciclo di istruzione e i primi due anni della scuola secondaria di secondo grado o dei percorsi
triennali di istruzione e formazione professionali di competenza regionale. L’obbligo può essere
assolto nelle scuole statali o nelle scuole paritarie. Inoltre, tutti hanno il diritto/dovere di istruzione e
formazione per almeno 12 anni (all’interno del sistema di istruzione) o, comunque, fino al
conseguimento di una qualifica professionale (all’interno del sistema di istruzione e formazione
professionale) entro il 18° anno di età (legge n.53/2003).
EDUCAZIONE PRE-PRIMARIA: Viene attuata nella scuola dell'infanzia che ha durata
triennale ed è rivolta ai bambini di età compresa fra i 3 e i 6 anni. La scuola dell'infanzia è compresa
nel sistema educativo di istruzione e formazione, ma non ha carattere obbligatorio.
PRIMO CICLO DI ISTRUZIONE: Ha la durata di otto anni (età: 6-14 anni) e costituisce il
primo segmento in cui si realizzano l'obbligo di istruzione e il diritto/dovere all'istruzione e alla
formazione. Si suddivide in: Scuola primaria che ha una durata di 5 anni (età: 6- 11 anni); Scuola
secondaria di primo grado che ha una durata di 3 anni (età: 11-14 anni).
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SECONDO CICLO DI ISTRUZIONE: Si rivolge ai giovani che hanno concluso il primo ciclo di
istruzione ed è costituito dall'istruzione secondaria superiore di competenza statale, e dall'istruzione
e formazione professionale di competenza regionale:
Scuola secondaria di secondo grado (di competenza statale) si distingue in:
Istruzione secondaria superiore di tipo generale: finalizzata al proseguimento degli studi;
appartengono a questo tipo di istruzione i Licei; da 14 a 19 anni di età, con durata complessiva di 5
anni, ad eccezione del liceo artistico che prevede anche un percorso di 4 anni più un eventuale anno
integrativo.
Istruzione secondaria superiore di tipo professionale: finalizzata all’inserimento nel mondo del
lavoro (o al proseguimento degli studi); appartengono a questo tipo di istruzione gli: Istituti tecnici:
dopo un biennio comune di base, sono divisi, nel triennio, in indirizzi e specializzazioni (da 14 a 19
anni di età , durata complessiva di 5 anni); Istituti professionali che si articolano in un triennio che
si conclude con un diploma di qualifica e in un successivo biennio post-qualifica (4° e 5° anno) che
dà accesso all'università (da 14 a (17) 19 anni di età;durata di 3 o 5 anni).
Formazione professionale iniziale FPI (di competenza regionale e realizzata dalle agenzie
formative accreditate) prevede percorsi di istruzione e formazione professionale di base che hanno
durata triennale e portano al conseguimento di un attestato di qualifica regionale (certificato di
qualifica professionale).
ISTRUZIONE E FORMAZIONE TECNICA SUPERIORE: si svolge nell’ambito del sistema di
Istruzione e Formazione Tecnica Superiore e offre percorsi IFTS e corsi degli Istituti Tecnici
Superiori.
ISTRUZIONE SUPERIORE: si rivolge ai giovani che hanno concluso il secondo ciclo di
istruzione e si distingue in: istruzione universitaria (di competenza statale e privata) e istruzione non
universitaria offerta dal sistema dell'Alta Formazione Artistica e Musicale (Afam). Sono previsti tre
cicli. I ciclo: corsi di Laurea (L) di durata triennale; II ciclo: corsi di Laurea
specialistica/magistrale di durata biennale; corsi di Diploma di specializzazione di primo livello, di
durata variabile e corsi di Master universitario di primo livello, di durata annuale. Il III ciclo offre
corsi di Dottorato di ricerca, di durata triennale.
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Struttura del sistema educativo a.a. 2010/2011 (Fonte: Eurydice- Eacea)
CITE=ISCED
1.2.3 Sistemi educativi dei paesi più rappresentati
Panoramica
Quasi tutti i Paesi Europei non riconoscono titoli di studio, la formazione professionale o avanzata
ottenuta in Paesi al di fuori della UE. Per i cittadini Europei, dell’Area Economica Europea (EEA) e
i cittadini svizzeri la situazione è migliorata sensibilmente negli ultimi anni, ma si è ancora lontani
dal poter dire la stessa cosa per i paesi terzi.
Dato che l’educazione e la formazione hanno un forte legame con la carriera professionale scelta o
può influenzare la scelta di formazione addizionale, è importante conoscere le strutture dei sistemi
educativi dei Paesi di Origine, per poter offrire informazioni utili a seconda del lavoro scelto dagli
stranieri e poterli indirizzare verso la professione più indicata per la loro preparazione.
Anche se gli Stati Europei non riconoscono la formazione professionale o superiore acquisita nel
paese di origine, vi sono alcuni accordi bilaterali con tali paesi che servono a colmare le mancanze
di professioni a livello locale. (Per maggiori dettagli consultare la sezione 124 e le sub sezioni
relative ad ogni paese).
In questa sezione presentiamo un ristretto numero di Paesi esteri. Questi sono stati scelti poichè
sono rappresentati da comunità numerose nei paesi partecipanti al progetto.
I sistemi educativi di questi Paesi sono confrontabili con il sistema ISCED presentato nella
sezione precedente, se il paese è stato esaminato dall’UNESCO nel corso delle sue attività.
Per informazioni su altri paesi: ww.uis.unesco.org/ev.php?ID=7433_201&ID2=DO_TOPIC
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AFRICA
Angola
Il sistema di Istruzione dell’Angola è in fase di riforma; tale processo dovrebbe terminare nel 2011.
Lo scopo dei cambiamenti previsti è di adeguare il sistema angolano a quello internazionale.
Educazione secondaria
Educazione superiore
Educazione Educazione
prescolastica primaria
ISCED 0
ISCED 1
I ciclo
II ciclo
ISCED 2
ISCED 3 o 4 (se
include
formazione
professionale )
Laureato
Master
ISCED 5
Dottorato
ISCED 6
Considerando i cambiamenti che si stanno introducendo, il nuovo Sistema di Istruzione angolano è
composto da:
Educazione pre-scuola: aggregando asili nido e dell’infanzia, insieme alle classi “di intruduzione
alla scuola” che equivalgono all’ultimo anno di asilo.
Educazione Primaria – obbligatoria, della durata di 6 anni,
Primo Ciclo della Scuola secondaria, dura 3 anni
Secondo Ciclo dell’Istruzione Secondaria, dura 3 o 4 anni, in relazione alle diverse classi.
Considerando che l’educazione normale include solo 3 anni di corso, in questo ciclo possono essere
inclusi 1 o 2 anni, di formazione intermedia, per quegli studenti che concludono l’educazione
generale secondaria, ma che non intendono accedere all’Educazione Superiore.
Formazione intermedia, per quegli studenti che concludono l’educazione secondaria generale, ma
non intendono acccedere all’Educazione Superiore.
L’Istruzione Superiore è divisa nel Diploma di Laurea (3 anni), Laurea (4,5 o 6 anni – dipendendo
dall’Area), Post Laurea (Master, Dottorato o Specializzazione professionale post Laurea)
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Capo Verde
Il Sistema Educativo di Capo Verde è composto da:
- Istruzione Pre scuola: per bambini di età tra I 3 e I 5 anni, per completare l’educazione
famigliare
- Istruzione Scolastica, divisa in: Educazione Basica, Educazione Secondaria, Educazione
Superiore
Educazione Secondaria
Educazione Educazione
prescolastica primaria
ISCED 0
-
-
-
ISCED 1
Educazione Superiore
Educazione
Media
I ciclo
II ciclo
ISCED 2
ISCED 3
ISCED 4
Bacalaureato, Laureato,
Master
Dottorato
ISCED 5
ISCED 6
Istruzione Basica: divisa in 3 fasi – ognuna dura 2 anni. La prima fase è introduttiva, la
seconda fornisce una formazione generale e l’ultima mira ad un’approfondimento e
allargamento delle competenze acquisite.
Istruzione Secondaria: mira ad acquisire conoscenze scientifiche, tecnologiche e culturali
per accedere all’educazione superiore o per lavorare (educazione artistica o tecnica per
portare ad una qualificazione professionale). Questo livello di educazione è diviso in 3 cicli
di due anni ciascuno. Il primo è comune per tutti, il secondo è diviso in formazione generale
o tecnica e il terzo (specializzazione) è diviso in generale o tecnico.
Educazione Superiore: disponibile presso le Università e gli Istituti Politecnici. Conducono
ai seguenti titoli: diploma (Bachelor), laurea, master e Dottorato (PhD)
Marocco
•
Al momento il sistema educativo del Marocco è diviso tra Formazione di Base (durata 9
anni) Educaione Secondaria (durata 3 anni) e Educazione superiore.
•
L’educazioen prescolastica è volontaria e coinvolge i bambini dai 4 ai 6 anni. I bambini
sono accolti in scuole private o in scuole tradizionali (scuole Koranic o Kouttab) o in
moderne (materne e asili)
L’educazione elementare rappresenta la fase obblicatoria dell’educazione. È divisa in due cicli: il
primo è la scuola primaria, la quale dura 5 anni e riceve studenti dai 6/7 agli 11/12 anni. Al termine
del ciclo si ottine il CFEB (Certificato di fine degli studi). Il secondo ciclo dura 4 anni (studenti tra
gli 11/12 e 15/16 anni). Questo ciclo ha due modalità:
•
Studi professionali (Filière profesionelle) al termine del quale si ottine il CAP (Certificato di
apprendistato o di perfezionamento)
•
Studi generali: (Filière générale) per il conseguimento del BEF (brevetto di studio
fondamentale)
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L’educazione secondaria dura 3 anni, per accedervi lo sudente deve aver completato il nono anno di
Scuola di Base. L’età degli studenti va dai 15/16 ai 18/19 anni. Questa fase educativa conduce
all’ottenimento del titolo di ‘Bacalaureato’ (BAC) che è la chiave per accedere all’educazione più
alta. Anche questo livello di educazione può avere due modalità: studi professionali studies (Filère
technique est professionelle) e studi generali (Filière générale).
L’educazione superiore è offerta da tre diverse categorie di istituzioni: le Università, le grandi
scuole e i dipartimetni di Istruzione del Ministero dell’educazione. Al momento, tale educazione è
divisa in tre cicli.
•
I ciclo – dura 2 anni ai termine dei quali si ottine il DEUD, ovvero il diploma generale di
studi Universitari.
•
II ciclo – dura 2 anni per il conseguimento della ‘licenza’
•
III ciclo – dura 3 anni al termine dei quali si ottiene il diploma di educazione superiore
(DES). Con questo diploma lo studente è autorizzato a preparare il dottorato, che dura in
genere dai 3 ai 5 anni, con l’eccezione di Medicina che dura 7 anni.
Fonti:
•
http://www1.men.gov.ma/NR/exeres/01C6A7F9-B6D3-4BEC-B422-E065C1846107.htm
•
http://www.ibe.unesco.org/es/en-el-mundo/regiones-de-la-unesco/africa/marruecos/profileof-education.html
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AMERICHE
Brasile
Educazione Basica:
• Educazione dei bambini – mira allo sviluppo integrale (fisico, psicologico, intellettuale e
sociale) dei bambini fino ai 6 anni di età (asilo fino ai 3 anni e prescuola tra I 4 e I 6 anni)
• Educazione Fondamentale – mira all’educazione basica dei cittadini e dura 8 anni, con
l’inizio opzionale a 6 anni.
• Educazione Media – mira a consolidare e approfondire i risultati ottenuti nell’Educazione
fondamentale. Dura 3 anni, iniziando a 15 anni di età. Questo livello non è ancora
obbligatorio.
Educazione Superiore
• Composta da corsi sequenziali in diverse aree, comprendendo corsi di laurea, post laurea e
corsi estensivi. Il numero di anni varia in relazione alle opzioni scelte ed è possibile
accedervi dai 18 anni di età.
In relazione alle metodologie di apprendimento, oltre all’educazione regolare, esiste anche:
• Educazione Speciale - intesa come quell’educazione per persone con particolari bisogni.
• Educazione per giovani e adulti - per chi non ha avuto l’opportunità di studiare
precedentemente
• Educazione professionale – per sviluppare capacità professionali, sia per studenti regolari sia
per lavoratori che vogliano aumentare le loro qualifiche.
• Opportunità culturali specifiche: in relazione ad esempio all’esistenza di comunità Indigene
in alcune regioni, vi sono scuole Bilingue e Interculturali.
Educazione fondamentale
Pre scuola
ISCED 0
Classi da 1’ a 4’
Classi da 5’ a
8’
ISCED 1
ISCED 2
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Educazioen Superiore
Educazione
Media
Laureato
ISCED 3
16
master
ISCED 5
Dottorato
ISCED 6
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Ecuador
L’educazione prescolare dura un anno ed è destinata a bambini tra i 5 e i 6 anni di età. Gli
istituti con abbastanza risorse possono organizzare un anno supplementare da frequentare prima
di quello appena descritto. Nessuno dei 2 anni è obbligatorio.
L’educazione primaria comprende 6 anni, divisi in 3 cicli di 2 anni ciascuno. Questa è
obbligatoria a partire dai 6 anni.
Il livello medio comprende 3 cicli: base, diversificato e di specializzazione. Quello basico
comprende 3 corsi di studio di un anno ciascuno per il conseguimento della scolarizzazione
obbligatoria
Il livello diversificato offre una preparazione interdisciplinare che permette o di acquisire
competenze specifiche o di continuare gli studi di post-bacalaureato o di livello superiore. È
diviso in
A – corsi brevi post-basico di 1 o 2 anni
B – bacalaureato – 3 anni
Coloro che superano il livello diversificato e la prova finale, ricevono il titolo di scuola
superiore, con l’indicazione di specializzazione rispettiva.
Il ciclo di specializzazione si realizza in istituti tecnici o tecnologici ed è destinata al
conseguimento di una professionalità intermendia. Il ciclo di specializzazione corrisponde al
bacalaureato, con 2 e/o 3 anni integrativi
Esistono 2 tipi di centri di studio superiore non universitatio: gli istituti pedagogici e gli istituti
tecnici superiori. Questi centri offrono corsi intermedi di 2 o 3 anni post-bacalaureato. Il post
bacalaureato prepara per un livello intermedio e offre formazione scientico tecnologica che
permette di ottenere professionalità in breve tempo.
Coloro che superano il livello diversificato e la prova finale ricevono il titolo di scuola
superiore, con l’indicazione di specializzazione rispettiva.
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Il ciclo di specializzazione si realizza in istituti tecnici o tecnologici ed è destinata al
conseguimento di una professionalità intermedia. Il ciclo di specializzazione corrisponde al
bacalaureato, con 2 e/o 3 anni integrativi.
Le Univerità e i Politecnici conferiscono il titolo di laureato, avvocato, dottore e molti altri titoli
corrispondenti al contesto della carriera professionale o di specializzazione.
ASIA
Cina
Il sistema educativo cinese è diviso in 3 categorie: educazione di base, superiore e degli adulti. La
legge L’Educazione obbligatoria dice che ogni bambino deve sostenere 9 anni di educazione
formale.
Educazione di base
L’educazione di base comprende la prescolastica, la primaria e l’educazione regolare secondaria.
La prescuola o asilo può durare fino a 3 anni, per bambini dai 3 ai 6 anni, per poi entrare alla scuola
elementare. L’anno scolastico è diviso in 2 semestri. L’educazione secondaria è divisa in
accademica e specialistica/professionale/tecnica. Quella accademica è fornita nelle scuole inferiori e
medie superiori.
Chi termina la scuola media inferiore ed è intenzionato a seguire gli studi deve sostenere un esame
di ingresso, sulla base del quale si valutano le opzioni per la continuazione degli studi nella scuola
media superiore o per accedere ad istituti secondari professionali.
Le scuole professionali offrono programmi che durano 2 o 4 anni e formano per un livello medio
operai, agricoltori, personale amministrativo e tecnico.
Le scuole tecniche abitualmente offrono programmi che durano 4 anni e formano a livello
intermedio personale tecnico. ‘Le scuole per personale qualificato’ normalmente formano diplomati
di scuola media superiore per posizioni che richiedono abilità produttive e operative. I corsi durano
normalemente 3 anni.
Educazione superiore
Consiste in corsi di 2/3 anni di college (ciclo breve) o 4 anni, mentre le università offrono
programmi sia accademici che professionalizzanti. Molti college e università offrono programmi
per il conseguimento del master o del dottorato.
L’educazione superiore è divisa in programmi di 3 o 4 anni. Il primo è offerto non solo presso i
college ma anche presso le univerità. Il secondo è offerto dalle Università ma non sempre comporta
il conseguimento del titolo di bacalaureato.
Educazione degli adulti.
È la categoria che si sovrappone alle precedenti. L’educazione per adulti include la Scuola Primaria
per operai, la scuola per Agricoltori e classi di alfabetizzazione. L’educazione secondaria per adulti
include corsi specializzati per operatori radio/TV, la scuola per i dirigenti, scuola per staff e operai,
scuola specialistica per agricoltori, corsi in servizio per insegnati e per personale dei college. Molti
dei curricula elencati hanno una durata di 2 o 3 anni.
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Cina: Mappa del Sistema Educativo Nazionale, secondo ISCED97
2A
2C
3A
3B
3C
4A
Generale
Preprofessional
e
Generale/Pr
eprofessional
e
Generale/Pr
eprofessional
e/Professio
nale
Professional
e
Qualificazioni in uscita
Anni cumulativi di uscita dal
programma
Primaria
Durata in anni del programma
1
Età ipotetica di uscita
Pre primaria
Età ipotetica di inizio
0
Requisiti di entrata
Descrizione del programma
Orientazione del programma
Livelli ISCED 97
WEI 2007*
Note
3-4
6-7
3
…
Abitualmente full time
1113
1411-12
16
6-7
Secondaria
inferiore
5-6
5-6
3-4
8-10
Secondaria
inferiore
12
15
3
8-9
Secondaria
inferiore
15
18
3
11-13
Secondaria
inferiore
15
18
3
11-13
Secondaria
inferiore
15
18
3
11-13
Post
secondaria,
non terziaria
5B
Terziaria, non
universitaria
5B (2nd)
Terziaria, non
universitaria
5A (1st,
medium)
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Università
…
Esame di
ingresso
secondario e
nazionale
Diploma
Esame di
ingresso
Bacalaureato
secondario e
nazionale
19
…
…
Programma offerto in
speciali scuole delle aree
rurali, per la formazione di
operai, operatoria agricoli e
impiegati in altri settori, con
conoscenze base e alcune
abilità professionali
…
Abitualmente, corsi specifici
professionalizzanti ma con
un livello inferiore rispetto
al 5B
Generally, occupationally
specific training.
Generalmente sono
training specifici
professionalizzanti
18
2021
2-3
13-16
…
…
…
…
18
22
4
15-17
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Esame di
ingresso
Bacalaureato
secondario e
nazionale
5A (1st,
medium)
Università
5A (2nd)
Master
Bacalaureato
Master
6
Dottorato
Master
Dottorato
18
23
2425
2724-25
29
22
5
16-18
2-3
17-20
3-4
20-24
Ingegneria e medicina
India
Pre primaria: per bambini dai 3 ai 5 anni, diviso tra asilo nido, materna inferiore e superiore. I
bambini imparano come funziona la vita scolastica e imparano a leggere e scrivere alcune parole
elementari.
 Primaria: per bambini dai 6 agli 11 anni, divisa in 5 classi (classi da I a V)
 Media: dalla classe VI alla classe VIII
 Secondaria: dalla classe IX alla X
 Secondaria superiore: classi XI e XII
 Università: la durata varia a seconda della carriera scelta. Per Medicina, ad esempio, dura 4
anni e mezzo più un anno di internariato obbligatorio. Altre facoltà possono essere
completate in 3 anni.
Upper Primary
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Is the programme part of
Compulsory Education?
4
Theoretical duration (in
years)
3
Theoretical entrance age
2
Pre-primary
Education
Primary Education
Primary - Ed
Guarantee Scheme
and Alternative and
Innovative scheme
(EGS & AIE)
Main diplomas,
qualifications or
certificates awarded at
end of programme
1
Minimum entrance
requirements
ID
Name of the education
programme
 Specializzazione: solo dopo il completamento dell’Università.
Test, age (3-5)
Pre-primary Certificate
3
2-3
N
6 years old
Primary Certificate
6
5
Y
7 years old
Primary Certificate
7
5
Y
Primary
Certificate
Upper Primary
Certificate
11
3
Y
20
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5
Senior Secondary /
Intermediate
6
High School
7
8
9
Senior School level
Cerificate
Industrial Training
Institute (ITI),
lower-level
technical and
vocational
Technical
Education Training
10
Junior basic
teacher's training /
Nursing
11
Tertiary,
Professional (1st)
12
University (1st short)
13
University (2nd)
14
Master's Degree
(2nd)
15
University (2nd)
16
Tertiary, technical
17
18
19
Doctor of
Philosophy (1st)
Doctor of Letters
(2nd)
Master of
Philosophy (1st)
Senior Secondary
School Leaving
Certificate
16
2
N
Matriculation Certificate
14
2
N
Senior School
Certificate
16
2
N
ITI Certificate
14
1-2
N
Diploma in Technical
Education
16
3
N
Diploma / certificate
equivalent to Bachelor's
degree
18
2
N
Bachelor's Degree
18
4
N
Bachelor's Degree
18
3
N
Bachelor of Law
21
3
N
Master's Degree
21
2
N
Bachelor of Education
21
1
N
Diploma / certificate
equivalent to Bachelor's
Degree
18
3
N
Master's Degree
Doctor of Philosophy
25
3
N
Doctor of
Philosophy
Doctor of Literature or
Doctor of Science
na
2
N
Master's Degree
Master of Philosophy
23
2
N
Matriculation
Certificate
Upper Primary
Certificate
Matriculation
Certificate
Upper Primary
Certificate
Matriculation
Certificate
Senior
Secondary
School Leaving
Certificate
Senior
Secondary
School Leaving
Certificate
Senior
Secondary
School Leaving
Certificate
Bachelor's
Degree
Bachelor's
Degree
Bachelor's
Degree
Senior
Secondary
School Leaving
Certificate
EUROPA
Albania
A seguito dell’adesione dell’Albania al Processo di Bologna il sistema educativo è in fase di
revisione. Secondo gli ultimi dati presenti sul sito del Ministero dell’Istruzione (www.mash.gov.al).
La scuola dell’obbligo inizia all’età di 6 anni e dura almeno 9 anni. La frequenza della scuola di
base (fino all’età di 16 anni) è obbligatorio. Nel caso a 16 anni non abbiano ancora concluso la
scuola di base possono frequentare corsi part-time.
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EDUCAZIONE PRE-PRIMARIA: viene impartita da asili nido (0-3 anni) e scuole materne (3-6
anni) e non è obbligatoria.
EDUCAZIONE DI BASE si compone di due livelli distinti: il livello inferiore con una durata di 5
anni per i bambini dai 6 agli 11 e il livello intermedio con una durata di 4 anni.
ISTRUZIONE SECONDARIA: si accede dopo aver completato il ciclo di educazione di base;
non è obbligatoria e si compone di istruzione secondaria di tipo generale e istruzione secondaria di
tipo professionale.
Istruzione secondaria di tipo generale: impartita dalle scuole superiori ha la durata di 3 anni e
termina con l’esame di maturità (State Matura Exams). Essa prevede un curriculum di base + un
curriculum di specializzazione in diversi ambiti di studio (arte, lingue, scienze sociali, ecc).
Istruzione secondaria professionale: prevede diversi livelli di formazione, in linea con il quadro
europeo di qualificazione. In particolare si possono distinguere:
a) Formazione professionale di I Livello (Isced 3C) che dura 2 anni, rilascia un certificato di
formazione professionale di base e permetto l’accesso alla formazione professionale di II livello o
l’inserimento nel mondo del alvoro.
b) Formazione professionale di II Livello (Isced 3C) che dura 1 anno e rilascia un certificato di
competenza professionale; permette l’accesso al III livello di formazione professionale o
l’inserimento nel mondo del lavoro. Inoltre, frequentando un corso aggiuntivo (di educazione
generale) permette di sostenere l’esame di maturità (General State Matura) e proseguire con gli
studi universitari.
c ) Formazione professionale di III Livello (Isced 3A) (Istruzione tecnica e manageriale) che dura
1 anno; viene rilasciato un certificato di tecnico e il diploma professionale. È possibile accedere
all’università.
d) Formazione professionale di III Livello (Isced 3A) (Istruzione tecnica e manageriale), come
percorso di formazione specifico; dura 4 anni; viene rilasciato un certificato di tecnico e il diploma
professionale. È possibile accedere all’università.
ISTRUZIONE E FORMAZIONE TECNICA SUPERIORE: prevede corsi di formazione
professionale (Isced 4B) che durano 1-2 anni; si accede dopo il completamento dell’istruzione
secondaria (generale o professionale); viene rilasciato il certificato di competenza professionale per
la specifica professione.
ISTRUZIONE SUPERIORE: si rivolge ai giovani che hanno concluso l’istruzione secondaria.
Sono previsti tre livelli. I livello: corsi universitari Diplomë (Bachelor) che hanno una durata tra i 3
e i 6 anni a seconda della specializzazione. II livello: corsi di Master universitario (Diplomë e
Studimeve te Thelluara pasuniversitare) della durata di 1-2 anni. III livello: corsi di Dottorato di
ricerca, di durata triennale
Fonte: Ministero dell’Educazione Repubblica di Albania (http://www.mash.gov.al)
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Kosovo
Il sistema scolastico in Kosovo è in fase di riforma e riorganizzazione. Questo rende difficile il
reperimento di informazioni sul sistema educativo, e anche le informazioni rilevanti sono rare e
provengono da ricerche via Internet o richieste dalle Autorità competenti.
In Kosovo i bambini posso accedere al sistema educativo all’età di 1 anno (livello educativo
primario non obbligatorio) fino ai 5 anni di età. L’educazione pre-primaria è divisa tra una cura
generale, il nido e le classi pre-scuola. L’età di entrata nella scuola dell’obbligo avviene ai 6 anni di
età e il processo scolastico obbligatorio dura 8 anni.
Inizialmente sono 4 anni di scuola primaria dove la classe è tenuta da uno stesso insegnante, anche
se vi sono materie che richiedono specifiche competenze, come arte o musica. Dopo questo periodo
gli studenti frequentano classi di educazione basica (11-15 anni).
Dopo l’educazione basica, gli studenti accedono all’educazione secondaria. Questo livello è
suddiviso in tre sistemi:
• la scuola secondaria generale
• la scuola professionale
• la scuola superiore artistica
Oltre ai livelli citati precedentemente, ci sono scuole specifiche, scuole religiose e differenti
tipologie di scuole superiori.
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Frequentando le scuole secondarie superiori, gli studenti possono continuare il loro percorso
educativo nel settore terziario, che comprende principalmente le Università.
Fonti:
• http://www.alg-prizren.com/pdfs/alg-gutachten-prof-schneider-dt.pdf
• http://www.kindernothilfe.de/multimedia/KNH/Downloads/L%C3%A4nderkurzinformation
en/Kosovo0506.pdf
• http://www.bpb.de/themen/FP4DAK,1,0,Kosovo.html
• http://www.entwicklung.at/fileadmin/media/L%C3%A4nder_und_Regionen/Suedosteuropa/
Kosovo/Laenderinfo_Kosovo_Aug2010.pdf
• http://www.iiep.unesco.org/fileadmin/user_upload/Cap_Dev_Technical_Assistance/pdf/201
0/Week_2_Forum/Parallel_Worlds.pdf
• http://www.see-educoop.net/education_in/pdf/teacher_education_in_kos-enl-t05.pdf
Età
Settore Educativo
Educazione, III
livello
Istituzione
Università
(ISCED 4/5/6)
19-27
Educazione
Secondaria
15-19
Educazione generale,
scuola secondaria
Scuola Professionale
Scuola
Superiore
Artistica
(ISCED 3)
Scuola Inferiore
(ISCED 2)
Scuole medie
11-15
Primaria
Scuola Primaria
7-11
(ISCED 1)
6
Pre-primaria
Classi pre-scuola
3-5
(ISCED 0)
Asilo
1-2
Nido
Moldavia
A seguito dell’adesione della Repubblica di Moldova al Processo di Bologna il sistema educativo è
in fase di revisione. Secondo gli ultimi dati presenti sul sito del Ministero dell’Istruzione
(www.edu.md): l’obbligo di istruzione è di nove anni (I-IX); il sistema educativo è organizzato in
livelli e cicli e presenta la seguente struttura:
Livello 0 Educazione pre-primaria: comprende asili nido e scuole primarie.
Livello 1 Scuola primaria: per i bambini dai 6 ai 10 anni, ha carattere obbligatorio.
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Livello 2 Ginnasio: per i bambini dai 10 anni ai 15 anni, ha carattere obbligatorio, si accede dopo
aver frequentato la scuola primaria; alla sua conclusione viene rilasciato un certificato (certificate of
gymnasium studies)
Livello 3 Istruzione secondaria si compone di :
- Istruzione secondaria di tipo generale: impartita nei Licei: si accede dopo aver completato il
ginnasio, ha una durata di 3 anni; viene rilasciato un diploma (baccalaureate diploma), permette
l’accesso all’istruzione superiore.
- Istruzione e formazione professionale di primo e scondo livello: impartita nelle scuole
professionali e dei mestieri la durata varia in funzione del tipo di istituto, dalla provenienza
(ginnasio, liceo, scuola di cultura generale) e vengono rilasciati certificati o diplomi finalizzati
all’inserimento lavorativo o al proseguimento degli studi. La durata della scuola professionale ha
una durata di 3 anni (per chi provinene dal ginnasio) e di 1 anno (per chi proviene dal liceo o dalla
scuola media di cultura generale. La scuola dei mestieri ha una durata di 1 anno ed è aperta a chi ha
compiuto i seguenti studi: ginnasio, scuola media di cultura geerale e liceo.
Livello 4 Istruzione e formazione tecnica superiore: (non universitaria): impartita nei Collegi, ha
una durata che va dai 2 ai 5 anni, al termine viene rilasciato un diploma tecnico di specialità
(vocational/technical studies diploma). Per gli studenti che provengono dal ginnasio la durata è di
4-5 anni. Per gli studenti che provengono dalla scuola media di cultura generale o dal liceo la durata
è di 2-3 anni.
Livello 5 Istruzione superiore impartita da università, accademie e istituti, ha una durata che va
dai 4 ai 6 anni a seconda della specializzazione di studio.
- I ciclo- Licenza universitaria: ha una durata di 3-4 anni (bachelor’s degree diploma); si accede
tramite concorso, possono partecipare gli studenti in possesso in possesso di diploma di
baccaaureato (liceo), attestato di scuola media generale e diploma di studi tenici di specialità
(collegii).
- II ciclo- Licenza di master si può accedere dopo aver completato il I ciclo e ha una durata di 1-2
(master’s degree diploma);
Livello 6 Istruzione superiore
- III ciclo- Dottorato di ricerca: si può accedere dopo il secondo ciclo di istruzione; ha una durata di
3-4 anni e rilascia il titolo di dottore di ricerca (doctor’s degree diploma). Gli studi di post-dottorato
durano fino a due anni.
Fonte: Ministero dell’Istruzione Republica Moldova (www.edu.md).
La figura che segue presenta graficamente la struttura del sistema educativo moldavo (fonte: Ministero dell’Istruzione
(www.edu.md).
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Romania
La frequenza degli asili pubblici o privati e del nido non è obbligatoria. La scuola
dell’obbligo inizia ufficialmente a 7 anni. Da questa età cominciano gli 8 anni di scuola
obbligatoria: 4 anni di scuola primaria e 4 anni di scuola secondaria. La lingua ufficiale è il
Rumeno. Al termine di questo periodo gli studenti sostengono un esame per passare all’educazione
secondaria.
Risultati medi e sufficienti permettono di accedere alle scuole professionali triennali che
sono simili alle scuole medie con uno specifico orientamento professionale. Dopo 3 anni, con un’età
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tra i 18 e i 19 anni, gli studenti devono passare un esame e dopo posso accedere al mercato del
lavoro.
Vi sono due possibilità di formazione professionale: a) 5 anni di scuole pomeridiane
superiori con diploma, b) 5 anni di esperienza lavorativa diretta e possibile accesso ai Master grazie
al diploma ottenuto.
Gli studenti che passano l’esame con buoni o ottimi risultati hanno la possibilità di accedere
alle scuole superiori, il “Gymnasium”. Esistono due tipi, il cosiddetto gymnausium teorico e il
gymnausium professionale. Gli studenti non sono liberi di scegliere le loro materie, ma possono
scegliere la scuola che offre loro i percorsi desiderati.
Dopo 4 anni gli studenti sono Diplomati. Il test è scritto ed è incentrato sulle materie:
matematica, chimica, fisica, Rumeno, lingua straniera e storia. Gli studenti possono scegliere una
materia aggiuntiva, scritta o orale. Gli esaminatori sono insegnanti, provenienti da altre scuole.
Il gymnasium professionale non è molto differente da quello teorico. Il focus delle principali
materie è direzionato a specifiche carriere professionali.
Ci sono scuole vocazionali con specifici focus su: chimica, processi tessili, edilizia,
agricoltura, petrolio e cave, trasporti, ingegneria elettrica, arti drammatiche e musica, studi
educazionali, professioni mediche e recentemente informativa e turismo.
Inizialmente, questi studenti erano coordinati da personale proveniente dal mondo degli affari. Per
esampio, gli insegnanti delle materie vocazionali erano impiegati pagati direttamente dalle imprese.
Dal 1990, il gymnasium professionale è sotto la supervisione del Ministro dell’Istruzione e gli
insegnanti sono impiegati dallo Stato.
Originariamente esisteva una stretta collaborazione tra le scuole e le imprese che assicurava agli
studenti non solo l’opportunità per stage di alcune settimane, ma anche, dopo aver superato gli
esami, un lavoro. La maggior parte delle compagnie assumevano gli studenti diplomati, senza
eccezioni. Questa situazione è drammaticamente cambiata dopo il 1990, in seguito all’apertura del
Paese e dei mercati e a causa della competizione economica crescente. Anche ottenere uno stage o
soltanto un appuntamento è arduo.
Dopo 4 anni di frequenza del Gymnasium professionale, gli studenti possono fare due
esami. Nel primo, lo studente deve superare il cosiddetto esame di qualificazione professionale, che
consiste in un esame orale e scritto in un progetto specialistico.
Nel secondo lo studente ottiene la qualifica A che è identica a quella rilasciata nel
Gymnasium teorico. Dopo aver passato gli esami, gli studenti possono accedere ai Collegi o agli
Studi Universitari, anche se non hanno ottenuto qualifiche professionali specifiche.
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Serbia e Montenegro
Le scuole Serbe sono state modellate in base al sistema adottato dai sistemi socialisti. Tutte
le scuole erano sotto la supervisione dello Stato. L’educazione obbligatoria, sia in Serbia che in
Montenegro, va dai 7 ai 15 anni di età. Gli 8 anni obbligatori (scuola primaria) si divido in due
sezioni.
Gli studenti sono accompagnati da un unico/a insegnante nei primi 4 anni di scuola
obbligatoria e nei successivi 4 si aggiungono dei tutors. Dopo ogni classe ricevono un certificato.
Gli esami sono tenuti in Lingua Serba, ma in alcune regioni vengono mantenute le lingue locali.
Alcuni anni fa, gli studenti dovevano sostenere un esame per accedere alle scuole
secondarie. Oggi è stato sostituito da un esame finale al termine della scuola primaria.
Le scuole secondarie sono le scuole di arte, le scuole di educazione generale e le scuole
secondarie professionali. I 4 anni di Gymnasium preparano principalmente gli studenti per il
college, dove gli studenti delle scuole vocazionali secondarie ricevono un’educazione generale e
sono inoltre formati per capacità e abilità professionali.
Gli studenti che scelgono le materie generali nei 4 anni, ricevono un Diploma che li
qualifica per accedere alle Università. Sebbene l’educazione obbligatoria sia stata introdotta nell’Ex
Yugoslavia, dopo la II guerra Mondiale, c’è ancora un numero considerevole di analfabeti, in
particolare donne, nelle aree rurali.
Nel 1991 è stato stimato un tasso di analfabetismo dell’8%. Inoltre, la dispersione scolastica
è molto alta in alcune regioni. Il tasso di alfabetizzazione in Serbia raggiunge il 93%. Circa il 7%
della popolazione è analfabeta per diverse ragioni. Da una parte l’alfabetizzazione dipende dallo
status sociale e dall’età (più della metà degli analfabeti hanno circa 60 anni). Dall’altro lato il tasso
di alfabetizzazione varia da regione a regione (gli analfabeti si concentrano soprattutto nel sud e nei
villaggi periferici).
Un fattore importante è l’appartenenza ad un gruppo etnico e/o religioso. Per esempio, il
tasso di analfabetismo tra gli slovacchi in Serbia (1.4%) e i Cristiani (Protestanti) è il più basso,
mentre tra musulmani e bosniaci (9,5%) gli albanesi kosovari (12,4%) e i rom (26,7%) hanno i tassi
più alti.
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Età
19-25
Settore Educativo
Istruzione
Educazione di III livello
Collegi
Università
(ISCED 4/5/6)
(2 a 4 anni di durata)
(4 a 6 anni di durata)
Scuola superiore
Gymnasium
Scuola Secondaria
(ISCED 3)
(4 years of duration)
(2 a 4 anni di durata)
Scuola primaria e secondaria
inferiore
Scuola Primaria
(ISCED 1/2)
(1-8 anni di scuola)
15-19
7-15
Pre-primaria
Asili dell‘infanzia
5-7
(ISCED 0)
Ucraina
Educazione scolastica: Tutti i bambini dai 7 ai 15 anni hanno l’obbligo scolastico. Le
opzioni dopo la scuola dell’obbligo sono la secondaria superiore (triennio di scuola generele per
poter accedere all’Università) o la scuola professionale (copre sia la secondaria che i programmi
professionali).
Educazione superiore: la scuola è coordianta dal Ministero dell’Educazione, che controlla
anche le scuole dirette da altri ministeri. La scuola è divisa in livelli e categorie:
I livello: scuola professionale
II livello: college, corrispondente al Bacalaureato e corsi specilistici inferiori.
III livello: istituti, conservatorio, accademie e università, corrispondente al Bacalaureato e corsi
specilistici superiori.
IV livello: istituti, conservatorio, accademie e università, corrispondente al Bacalaureato, Master
e corsi specialistici.
Studi post secondari non universitari (del tipo tecnico/professionale): dal 1992 l’educazione post
secondaria è considerata superiore, segue la classificazione della scuola professionale superiore:
I livello: Scuole professionali e tecniche
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II livello: college e scuole tecniche, rilasciano la qualifica di Specilista junior.
III livello: istitutizioni al livello dell Università.
Studi Universitari:
I livello: Bakalavr, Specialist (Bacalaureato, Specialista) – in media gli studi durano 4 anni, 6 per
Medicina. Il bacalaureato è un diploma intermedio, mentre il Diploma di specialista viene rilasciato
dopo 5 o 6 anni di studi, a seconda del tipo di istituzione.
II livello: Magister – dopo la qualifica di Bakalavr o di Specialist, si può acceder al Master, per uno
o due anni. Gli studenti discutono una tesi finale per ottenimento del titolo.
III livello: Dottorato (I livello) – divisa in due corsi di studi.
IV livello: Dottorato (II livello) – per ottenere l’abilitazione. La tesi finale deve apportare un
contributo allo sviluppo della materia studiata e deve essere pubblicato per intero o in parte.
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1.3 Riconoscimento dei titoli di studio in Europa
1.3.0 Legislazione EU
Il principio basico della Comunità Europea è il libero movimento delle persone il libero scambio dei
servizi.
Inoltre, i cittadini dell’Unione (Stati Membri EU 1), i cittadini EEA (Stati Membri EEA2 dell’area
economica) e i cittadini svizzeri possono portare avanti attività (autonome o no) che corrispondono
alle qualifiche e all’educazione ricevute nei loro Paesi.
Creare una regolamentazione per i riconoscimenti accademici
•
Queste regole non sono solo per i cittadini UE. Ci sono contratti e accordi esistenti tra i vari
Paesi Membri e Paesi Terzi.
•
Non esiste regolamentazione sul numero di riconoscimenti degli studi e degli esami
obbligatori.
L’importante Università Austriaca ha deciso sui riconoscimenti acquisiti all’estero: come regola,
per prima cosa bisogna immatricolarsi e in seguito va fatta un richiesta dei crediti.
In tutta l’area EU ci sono tre passaggi di riconoscimento, per i quali esistono diversi
strumenti:
•
Riconoscimento delle qualifiche che permettono l’accesso all’educazione universitaria
•
Riconoscimento delle esperienze di studio all’estero (f.i. Erasmus)
•
Riconoscimento delle qualifiche, che sono principalmente regolate da accordi multilaterali e
bilaterali.
•
Linee Guida per i riconoscimenti professionali
Il riconoscimento per scopi professionali significa permettere alle persone di portare avanti
attività professionali, grazie alle competenze e qualifiche acquisite all’estero. In generale, questo
avviene solo per le cosiddette attività “regolate”, che sono quelle per le quali c’è bisogno di un
diploma di scuola superiore.
Se una professione è “regolata” le seguenti regole mostrano vantaggi.
•
Riconoscimento automatico (linee guida settoriali)
Una professione è automaticamente riconosciuta se è regolata da specifiche linee guida.
Nelle linee guida professionali l’Unione Europea ha stabilito un numero minimo di qualifiche
necessarie. Il profilo lavorativo è riconosciuto automaticamente se il diploma risponde al diploma
menzionato nelle linee guida.
Comunque, se la formazione è stata acquisita prima della definizione delle linee guida degli
stati membri o se il diploma ha un altro nome, il riconoscimento è possibile solo sotto certe
condizioni:
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•
Regole Generali (Linee Guida Generali)
Una professione è conforme con le regole generali se non è regolata da specifiche linee
guida. L’Austria deve tenere in considerazione le qualifiche acquisite e deve determinare se
corrispondono a quelle richieste o no. Una professione non è riconosciuta automaticamente poichè
la Comunità Europea non ha ancora stabilito un livello minimo di titoli richiesti.
Fonti:
http://www.wequam.at/Default.aspx?tabid=106
http://ec.europa.eu/eures/main.jsp?catId=8194&acro=living&lang=de&parentId=7768&countryId=
AT&living
http://www.mdw.ac.at/upload/MDWeb/stdir/pdf/Infoblatt_Berufliche_Anerkennung_nach_EU.PDF
1.3.1 Processo di riconoscimento dei titoli di studio in Italia
RICONOSCIMENTO (EQUIPOLLENZA) DEI TITOLI DI ISTRUZIONE SUPERIORE
In Italia nessun titolo estero è direttamente riconosciuto senza una specifica procedura di
riconoscimento. L’equipollenza è una forma complessa di riconoscimento accademico che si basa
sulla valutazione analitica di un titolo di istruzione superiore straniero con lo scopo di verificare se
se esso corrisponde in modo dettagliato per livello e contenuti a un analogo titolo universitario
italiano tanto da poterlo definire equivalente e dargli così lo stesso “peso” giuridico definendolo
“equipollente”. Le università italiane1, nella loro autonomia, valutano i titoli accademici stranieri
allo scopo di rilasciare gli analoghi titoli italiani: la decisione viene presa caso per caso e, se
ritenuto opportuno, possono essere richiesti eventuali esami integrativi.
E’ possibile richiedere l’equipollenza di un titolo estero a determinate condizioni:
 il titolo deve essere stato rilasciato all'estero da un'università o da altra istituzione di livello
universitario che appartenga "ufficialmente" al sistema educativo di riferimento;
 deve essere un titolo “ufficiale” del sistema di riferimento;
 deve essere un titolo finale di 1°, o di 2° o di 3° ciclo (bachelor-level o master-level, o più
avanzato);
 deve infine esistere un titolo italiano con cui si possa comparare il titolo estero.
Per la domanda di riconoscimento ci si deve rivolgere alla Segreteria dell'Università che offre il
titolo di interesse e richiedere tutte le informazioni sulle modalità con cui l’università stessa effettua
l’equipollenza dei titoli esteri. Comunemente vengono richiesti i seguenti documenti:
1
Per le domande di riconoscimento accademico di titoli relativi all'area sanitaria, la dichiarazione di equipollenza dei titoli conseguiti all'estero sono disposte previo accertamento del rispetto delle quote previste per ciascuna professione, a tal fine deve essere acquisito il preventivo parere del Ministero della Salute, il parere negativo non consente l'iscrizione agli albi professionali o agli elenchi speciali per l'esercizio delle relative professioni sul territorio nazionale e dei Paesi dell'Unione Europea" www.bridge-europe.eu
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il “Diploma” o documento ufficiale che attesta il conseguimento titolo straniero di livello
universitario;
un “certificato” o documento ufficiale con l’elenco delle materie incluse nel curriculum o piano di
studi;
il Diploma Supplement2 o la Dichiarazione di valore3, emessa dalle competenti autorità italiane
all’estero.
RICONOSCIMENTO DEI TITOLI PROFESSIONALI
A) PROFESSIONI NON REGOLATE: Per le professioni non regolate dalla legge, cioè quelle che
si possono esercitare senza la necessità di possedere uno specifico titolo di studio o una specifica
“abilitazione”, non è necessario ottenere il riconoscimento legale o formale del titolo professionale
estero. Per facilitare la comprensione del titolo di studio estero da parte di un potenziale datore di
lavoro, può essere utile allegare il Diploma Supplement, la Dichiarazione di Valore o un altro
documento che possa descrivere le caratteristiche del titolo estero. Esempi di professioni non
regolamentate: professioni artistiche e musicali; mediazione linguistica.
B) PROFESSIONI REGOLATE: Le professioni regolate sono quelle il cui esercizio è regolato
dalla legislazione nazionale, che stabilisce le qualifiche, i requisiti di addestramento alla pratica
della professione e le norme di deontologia professionale. Al fine di esercitare legalmente queste
professioni in Italia è necessario ottenere il riconoscimento del titolo di abilitazione professionale
estero dall’autorità italiana competente ( varia a seconda della professione).
VALUTAZIONE DEL TITOLO ESTERO PER ALTRI SCOPI
La valutazione del titolo estero può essere fatta anche da enti e altre istituzioni per scopi diversi dal
proseguimento degli studi universitari e dal conseguimento dei titoli universitari italiani, e per i
quali non è necessario giungere al riconoscimento formale delle qualifiche in Italia. Tra gli altri
scopi vi sono ad esempio: iscrizione ai Centri per l’impiego; assegnazione di borse o di altri
benefici da parte delle pubbliche amministrazioni. La procedura di riconoscimento si svolge
direttamente presso l’ente che deve valutare le qualifiche estere.
Informazioni più dettagliate si possono trovare nei seguenti siti web: www.cimea.it; www.esteri.it
Fonti: www.cimea.it; www.esteri.it
2
Il Diploma Supplement è un documento allegato al titolo di studio, volto a migliorare la trasparenza internazionale e a facilitare il riconoscimento accademico e professionale delle qualifiche e che fornisce informazioni sulla natura, livello, contesto, contenuto e status degli studi intrapresi e completati con successo. 3
La Dichiarazione di valore è un documento ufficiale, scritto in lingua italiana, che descrive in modo sintetico e fornisce informazioni su un determinato titolo di studio conferito a una persona da un’istituzione appartenente ad un sistema educativo diverso da quello italiano e sul suo valore nel paese che lo ha rilasciato. È un documento di natura esclusivamente informativa e non costituisce di per sé alcuna forma di riconoscimento del titolo in questione. Viene emessa dalle Rappresentanze Diplomatiche italiane all’estero (Ambasciate, Consolati, Istituti italiani di Cultura). www.bridge-europe.eu
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Accordi governativi bilaterali e multilaterali stipulati dall'Italia sul
riconoscimento dei titoli di studio
Accordi bilaterali
ARGENTINA
Accordo firmato a Bologna il 3.12.97. Ratifica con L. 210 del 7.6.1999 su G.U. n.152 del 1.7.1999.
Prevede il riconoscimento di titoli scolastici, intermedi e finali, ai fini della prosecuzione degli
studi. E’ entrato in vigore il 28 dicembre 1999.
AUSTRALIA
Processo Verbale firmato a Canberra il 24.10.97. Attuazione dell'art.38 del X Protocollo di
attuazione dell’Accordo culturale dell’8.1.75. E’ una raccomandazione alle Università per una
adeguata valutazione dei livelli corrispondenti dei titoli accademici ai fini della prosecuzione degli
studi nei gradi universitari successivi
AUSTRIA
Scambio di Note firmato il 28.01.1999 a Vienna, ratificato con Legge 322 del 10.10.2000 (su G.U.
n. 261 dell'8.11.2000 - supplemento ordinario) in vigore dal'1.03.2001, con allegata tabella
elencativa dei titoli accademici corrispondenti dei due Paesi.
- Scambio di Note del 16 e 17 febbraio 2003, in vigore dal 1° aprile 2003, che integra e aggiorna la
tabella elencativa dei titoli accademici corrispondenti, allegata allo scambio di Note del 28 gennaio
1999, e introduce una tabella di corrispondenza dei voti, in applicazione delle decisione assunte
dalla 16° Commissione mista di esperti.
Scambio di note firmato a Roma il 30 marzo e il 5 aprile 2007, in vigore dal 1° gennaio 2009, da
cui risultano tabelle di corrispondenza aggiornate tra i titoli accademici dei due Paesi.
CINA
Accordo firmato a Pechino il 4 luglio 2005, regola il reciproco riconoscimento dei periodi e dei
titoli, ai soli fini dell'accesso e della prosecuzione degli studi nelle istituzioni universitarie dei due
Paesi.
L'Accordo stabilisce le modalità per la valutazione della corrispondenza dei crediti e dei contenuti
formativi tra i due Paesi, e concorda la costituzione di una Commissione mista permanente per la
corretta interpretazione delle disposizioni ivi contenute. L’Accordo è in fase di ratifica da parte
dell’Italia.
CIPRO
Accordo firmato a Roma il 9 gennaio 2009. Entrerà in vigore 60 giorni dopo la reciproca notifica di
adempimento delle procedure interne di ratifica tra i due Paesi.
ECUADOR
Accordo firmato a Quito il 7.3.1952. (L. n.187 del 9 maggio 1955 e DM 13 maggio 1961).
Riconoscimento di 7 titoli accademici rilasciati dall'Università di Quito
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FRANCIA
- Scambio di lettere firmato a Roma 6.11.1984 (DPR n.106 del 2.3.1987). Equipollenza a tutti gli
effetti del "baccalauréat" e della "maturità" rilasciati rispettivamente dal Liceo "Chateubriand" di
Roma e "Leonardo da Vinci" di Parigi.
- Scambio di lettere firmato a Roma del 4.6.1996 e 14.6.1996 (Legge di ratifica n. 116 del 16.4.98
su G. U. n. 97 Serie Generale del 28.4.98). Equipollenza a tutti gli effetti del "baccalauréat" e della
"maturità" rilasciati rispettivamente dai Licei "Stendhal" di Milano e "Jean Giono" di Torino e da
eventuali future sezioni staccate del Liceo "L. da Vinci" di Parigi. E' entrato in vigore il 10 aprile
2000.
- Accordo e Protocollo per l’istituzione dell’ "Università italo-francese", firmato a Firenze il
6.10.1999, ratificato con Legge n. 26.05.2000 n. 161, su G.U. 141 del 19.06.2000.
Si tratta dell’istituzione di un centro per la promozione e finanziamento di collaborazioni
interuniversitarie tra Atenei italiani e francesi, che prevedano corsi congiunti di studio con rilascio
di doppi titoli, sia a livello di lauree che di dottorati di ricerca.
GERMANIA
Accordo firmato a Bonn il 20.9.1993. Ratificato con Legge 31.1. 1996 n.49 ed entrato in vigore il
23.2.96. Riconoscimento reciproco di equipollenza dei titoli finali e periodi intermedi
dell’istruzione superiore (=universitaria) ai soli fini prosecuzione degli studi.
Memorandum del 2.7.1974 Ratificato con Legge 19.5.1975, n. 181 in vigore dal 19.7.1975.
Riconoscimento dei titoli finali delle Scuole tedesche in Italia e, reciprocamente, di eventuali istituti
italiani di istruzione secondaria, statali o legalmente riconosciuti in Germania
EX-JUGOSLAVIA
Accordo firmato a Roma 18.2.83. Legge di Ratifica n.971 del 13.12.84. Suppl. ordinario n. 24 del
29.1.85. Riconoscimento titoli accademici, con tabella allegata di corrispondenza.
Entrato in vigore il 3.6.85, è attualmente sospeso con:
- La Repubblica Fed. Jugoslavia dal 9.1.1996 (G.U. Serie Generale n.26 del 1.2.96)
- Croazia dal 31.1.1995 (G.U. Serie Gen. n. 81 del 6.4.95)
- Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia dal 24.2.1995 (G.U. serie generale n. 101 del 3.5.95)
- Bosnia Erzegovina dal 22.03.1999
MALTA
Processo Verbale della 1° riunione della Commissione Mista di esperti (La Valletta, 29-31 ottobre
1991) sul riconoscimento dei titoli finali di studio dell’istruzione scolastica. E’ un’intesa
amministrativa, con vigenza immediata, esecutiva parzialmente degli impegni previsti dall’art.3
dell’Accordo Culturale tra Italia e Malta del 28.7.1967.
Prevede il riconoscimento per l’ammissione alle Università italiane di un "Diploma Unico Maltese"
attestante specifici requisiti, sostitutivo delle precedenti certificazioni miste e complementari, per
singole materie e livelli, maltesi e britanniche.
MESSICO
Accordo firmato a Città del Messico il 12.8.1980. Ratificato con Legge n. 285 del 27.4.1982 in
vigore dal 5.12.83. Riconoscimento solo per la continuazione degli studi di titoli scolastici ed
accademici. Per la parte relativa ai titoli accademici, l'accordo non è operativo poiché non è stata
mai convocata la Commissione mista che avrebbe dovuto confrontare, come previsto dallo stesso
accordo, i rispettivi ordinamenti universitari e mettere a punto l’elenco dei titoli corrispondenti dei
rispettivi Paesi
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REGNO UNITO
Accordo tramite Scambio di lettere fatto a Roma il 21.5 e il 18.6.96. (Legge di Ratifica n. 121 del
16.4.98 su G.U. n. 99 del 30.4.98). Entrato in vigore il 5 marzo 1999.
Riconoscimento ai soli fini dell'iscrizione universitaria dei titoli delle scuole britanniche in Italia
(St. George's School e The New School di Roma e Sir James Henderson di Milano)
SLOVENIA
Memorandum d'intesa firmato a Roma il 10.7.1995 L. n. 103 del 7.4.97 su G.U. n. 93 del 22.4.97.
Entrato in vigore il 6.8.97
Detto Memorandum ha ripristinato l'applicazione con la Slovenia (dopo la sua sospensione il
20.9.94) dell'Accordo con la ex-Jugoslavia del 1983 con regole di maggiore garanzia, in attesa di
mettere a punto un nuovo accordo complessivo ed aggiornato maggiormente rispondente alle
recenti riforme strutturali dell'istruzione universitaria italiana.
S. MARINO
Accordo del 28.4.1983 (L. n. 760 del 18.10.1984). Impegno al reciproco riconoscimento dei titoli di
studio, da cui:
- Scambio di Note firmato il 9.7.1991 sul riconoscimento del Liceo Scientifico di S. Marino;
- Scambio di Note firmato a Roma il 31.5.1990 sul riconoscimento del Dottorato di ricerca
sammarinese in Studi storici (Decreto MURST dell’11.6.1990 su G.U. n.137 del 14.6.1990).
- Scambio di Lettere sul riconoscimento del Dottorato di ricerca sammarinese in "Ingegneria
Economico-gestionale", firmato a Roma il 16.7.99, in vigore dal 28.11.2000.
- Scambio di Lettere sul riconoscimento dei titoli, finale e intermedi, del nuovo corso ad indirizzo
economico-aziendale della Scuola Secondaria Superiore Sammarinese firmato in San Marino il 20
gennaio 2000, con vigenza immediata.
SPAGNA
In attuazione degli articoli 5 e 10 dell’Accordo Culturale tra Italia e Spagna fatto a Roma
l’11.8.1955, è stato firmato a Roma il 14 luglio 1999 uno Scambio di Note con allegate Risoluzioni
A (per i titoli accademici) e B (per i titoli scolastici intermedi e finali, sia delle scuole metropolitane
che delle scuole di un Paese funzionanti nel territorio dell’altro), con vigenza immediata.
La nuova intesa
- abroga le tabelle di equipollenza già allegate al precedente Scambio di Note del 20.8 e 22.11.1963
- modifica lo Scambio di Note del 27.11.84 sui Licei italiani in Spagna e licei spagnoli in Italia
- limita la validità del riconoscimento ai fini del proseguimento degli studi, rinviando alle direttive
comunitarie il riconoscimento a fini professionali.
(su G.U. n.11 - SUPPL. ORD. 15.01.2000)
Scambio di Note tra il Governo della Repubblica Italiana ed il Governo del Regno di Spagna, che
integra e modifica lo Scambio di Note del 27.11.1984 relativo al riconoscimento reciproco dei titoli
rilasciati dia Licei italiani in Spagna e dai Licei spagnoli in Italia, firmato a Roma il 26 luglio 2000
e il 23 maggio 2001. Vigenza immediata (23.05.2001)
L'intesa modifica l'esame finale di lingua e cultura italiana presso il Liceo spagnolo Cervantes di
Roma, ai fini dell'accesso all'Università italiana, per armonizzarlo con la riforma dell'esame di stato
finale degli Istituti italiani d'istruzione secondaria di 2° grado.
S. SEDE
Scambio di Note del 25.1.1994 (recepito con DPR 2.2.94, n. 175 in G.U. n. 62 del 16.3.94)
attuativo dell’art.40 del Concordato dell’11.2.1929 e dell’art. 10 del testo di revisione del
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Concordato del 18.2.1984. Riconoscimento come "Diploma universitario" e come "laurea"
rispettivamente dei titoli di Baccalaureato e di Licenza nelle discipline ecclesiastiche di "Teologia"
e di "Sacra Scrittura".
SVIZZERA
- Scambio di lettere firmato a Roma (22.8.1996 - 6.9.1996), ratificato con Legge 30.7.1998 n. 294,
su G.U. Suppl. ordinario n. 140/L del 20.8.98. E’ entrato in vigore il 5.02.1999. Prevede il
riconoscimento, ai soli fini dell'iscrizione universitaria, dei titoli di studio rilasciati dalle scuole
svizzere in Italia ed italiane in Svizzera.
- Accordo tra il Governo della Repubblica Italiana ed il Consiglio Federale Svizzero sul reciproco
riconoscimento delle equivalenze nel settore universitario. Firmato a Berna il 7 dicembre 2000.
Attuazione con ratifica presidenziale. In vigore il 1 agosto 2001.
Convenzioni multilaterali
UNESCO: STATI ARABI ED EUROPEI RIVIERASCHI DEL MEDITERRANEO
Convenzione sul riconoscimento degli studi, diplomi e gradi dell’Istruzione Superiore negli Stati
Arabi e negli Stati europei rivieraschi del Mediterraneo (Nizza, 17 dicembre 1976)
- Legge di ratifica in Italia n. 965 del 21.11.1980, su G.U. n.17 del 19.1.1981 (in vigore dal 14.5.81)
* Vi hanno aderito solo alcuni degli Stati aventi diritto. Questa Convenzione continua a regolare in
materia i rapporti dell’Italia con i Paesi arabi rivieraschi aderenti, nonché con i Paesi europei
rivieraschi del Mediterraneo aderenti a questa Convenzione ma non a quella di Lisbona.
PAESI DEL CONSIGLIO D’EUROPA E DELLA "REGIONE EUROPEA" DELL’UNESCO
Convenzione congiunta di Lisbona (Lisbona, 11 aprile 1997)
Legge di ratifica 11 luglio 2002, n.148, su G.U. supplemento ordinario Serie generale n. 173 del
25.07.2002, in vigore dal 26.07.2002
Sostituisce
, assorbendole e allargandone la portata, le precedenti Convenzioni settoriali (titoli di ammissione
all’Università, studi universitari intermedi, titoli universitari finali, ecc.) firmate dall’Italia in sede di
Consiglio d’Europa o di UNESCO, che si elencano di seguito e che restano in vigore tra l'Italia e i
Paesi che hanno aderito alle medesime ma non alla nuova Convenzione di Lisbona.
CONSIGLIO D’EUROPA
- Convenzione Europea relativa all’equivalenza dei diplomi che danno accesso all’istruzione
universitaria (Parigi, 11.12.1953)
Legge di ratifica in Italia n.901 del 19.7.1956, su G.U. n. 207 del 20.8.1956 (in vigore dal 31.101956)
- Protocollo aggiuntivo alla predetta Convenzione (Strasburgo, 3.6.1964)
Legge di ratifica n.444 del 3.6.1966, su G.U. n.158 del 28.6.66. In vigore dal 21.10.1966.
- Convenzione europea sull’equipollenza dei periodi di studi universitari (Parigi, 15.12.1956)
Legge di ratifica in Italia n. 157 del 4.2.1958, su G.U. n. 69 del 20.3.1958 (in vigore dal 29.3.1958)
- Convenzione europea sul riconoscimento accademico delle qualifiche universitarie (Parigi ,
14.12.1959)
Ratificata con Legge n. 1940 del 31.12.1962, su G.U. n. 49 del 20.2.1963
(in vigore dal 7.9.1963)
- Convenzione europea sull’equipollenza generale dei periodi di studio universitari (6.11.1990)
L. di ratifica n. 258 del 14.7.93 su G.U. n. 178 S.O. del 31.7.1993 in vigore dall’1.3.1994.
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UNESCO: STATI DELLA "REGIONE EUROPA"
Convenzione sul riconoscimento degli studi e dei diplomi relativi all'Istruzione Superiore
(universitaria) negli Stati della Regione Europa (21.12.1979).
Legge di ratifica n. 376 del 4.6.1982 su G.U. n. 168 S.O. del 21.6.1982 (in vigore dal 20.2.1983)
FONTE:
http://www.esteri.it/MAE/IT/Politica_Estera/Cultura/Universita/Riconoscimento_titoli_studio/Acco
rdi_governativi.htm
1.3.2 Riconoscimento dell’educazione non formale in Italia
La situazione attuale
In Italia lo strumento deputato alla validazione dell’apprendimento non formale e informale è il
Libretto formativo del cittadino (approvato con Decreto Interministeriale del 10 ottobre 2005),
ancora oggi in fase di sperimentazione.
Il Libretto Formativo del Cittadino è uno strumento pensato per raccogliere, sintetizzare e
documentare le diverse esperienze di apprendimento dei cittadini lavoratori nonché le competenze
da essi comunque acquisite: nella scuola, nella formazione, nel lavoro, nella vita quotidiana. Ciò al
fine di migliorare la leggibilità e la spendibilità delle competenze e l’occupabilità delle persone.
Il Libretto formativo è coerente con le strategie e le azioni dell’Unione Europea finalizzate alla
trasparenza delle competenze e alla mobilità delle persone, in particolare si integra con Europass, il
portafoglio di documenti che rende più chiare e trasparenti le competenze nella mobilità.
Attualmente, il libretto formativo non è a regime, ma a partire dal 2006 fino ad oggi è stato oggetto
di sperimentazione nell’ambito di 13 regioni e delle due province autonome: Valle d’Aosta,
Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Trento, Bolzano, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Lazio,
Molise, Sicilia, Veneto, Sardegna. La sperimentazione, realizzata con modalità differenziate nei
diversi contesti regionali continua oggi ad estendersi a numerosi contesti di applicazione (lavoratori
in crisi occupazionale, lavoratori immigrati, apprendisti, adulti in formazione continua, militari in
congedo).
Libretto formativo del cittadino in dettaglio
A chi e a cosa serve?
Il libretto formativo è uno strumento di valorizzazione della persona che volontariamente
sceglie di utilizzarlo, e risponde a tre obiettivi principali:
 fornire informazioni sul soggetto e sul suo curriculum di apprendimento formale, non formale e
informale, per la ricerca di un lavoro, per la mobilità professionale e per il passaggio da un
sistema formativo all’altro;
 rendere riconoscibili e trasparenti le competenze acquisite e sostenere in questo modo
l’occupazione e lo sviluppo professionale;
 orientare gli individui nelle scelte di vita e nei progetti professionali.
Lavoratore: l’utilizzo del libretto formativo è immaginato per lavoratori giovani,
raccogliendo le informazioni relative al percorso di apprendimento realizzato dopo la scuola
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dell’obbligo. Ma anche per gli adulti, riportando esperienze pregresse, in particolare per agevolare il
rientro in formazione, la mobilità interprofessionale o geografica e la transizione lavorativa. Unico
responsabile dell’aggiornamento del Libretto è il lavoratore titolare.
Imprese: per le imprese rappresenta uno strumento di informazione finalizzato a: evidenziare
in modo omogeneo e attendibile il percorso formativo e professionale del lavoratore, dando
visibilità al patrimonio complessivo della persona e ai suoi punti di forza; facilitare la riconoscibilità
di professionalità e competenze individuali all’interno di un percorso di inserimento (contratti di
apprendistato) e mobilità lavorativa (forme di contratto flessibile).
Istituzioni: per le istituzioni locali e per il sistema dell’education (istruzione e formazione
professionale), il libretto formativo rappresenta uno strumento di garanzia finalizzato a:
formalizzare e definire standard minimi di un servizio utile alla concreta valorizzazione delle
esperienze e competenze della singola persona espresse in un quadro sintetico in funzione di una
loro migliore spendibilità, garantire la trasparenza e la leggibilità delle informazioni e dei dati
formativi e professionali della persona, anche attraverso la condivisione di un linguaggio
istituzionale delle competenze.
Com’è fatto?
Il libretto formativo è in formato cartaceo ed elettronico e si articola in due sezioni. Nella
prima sezione vengono riportate: esperienze professionali; titoli di istruzione; esperienze formative.
La seconda sezione è dedicata invece alla descrizione delle competenze acquisite. Per ciascuna
competenza sono previsti: descrizione, contesto e periodo di acquisizione, documenti a supporto
dell’avvenuta acquisizione delle competenze descritte.
Chi lo rilascia?
Il Libretto Formativo è un documento istituzionale nazionale e viene gestito e rilasciato a cura delle
Regioni e Province Autonome nell’ambito delle loro esclusive competenze in materia di formazione
professionale e certificazione delle competenze. Ciascuna Regione potrà decidere l’organizzazione
del Libretto nel modo ritenuto più opportuno, nonché le modalità di assistenza per la sua
compilazione attraverso il ricorso a soggetti competenti appositamente autorizzati.
Attualmente il Libretto si trova in una fase di sperimentazione. Successivamente sarà
progressivamente diffuso e implementato. Per informazioni sulla accessibilità del Libretto
formativo è opportuno rivolgersi agli uffici della Regione di appartenenza o al più vicino Centro per
l’Impiego.
Per maggiori informazioni e approfondimenti www.nrpitalia.it; www.cliclavoro.gov.it
www.bridge-europe.eu
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Altri strumenti utili al riconosciemento delle competenze: i documenti Europass4
EUROPASS (Decisione n.2241/2004/CE) è un insieme di documenti aggregati in un dossier e
pensati con l´obiettivo di rendere più trasparenti e leggibili i titoli, le qualifiche e le competenze
acquisite nell´ambito di contesti di apprendimento formali, non formali e informali.
Europass Curriculum Vitae: è un modello standardizzato che consente di descrivere, sulla base di
un formato condiviso e riconosciuto in tutta Europa, le esperienze di studio e di lavoro e le
competenze sviluppate da un individuo, al momento della presentazione di una candidatura per un
lavoro o per la prosecuzione di un percorso formativo. Questo strumento può essere utilizzato in
tutti i casi di mobilità geografica e professionale. Viene compilato direttamente dall'interessato, in
maniera autonoma o con l'aiuto di un operatore. Essendo un'autodichiarazione, non ha alcun valore
legale ma svolge una funzione essenzialmente informativa. E' possibile compilarlo on-line o
scaricare il formato dal portale europeo. Se si intende utilizzare il formato Europass CV per cercare
un lavoro in Italia, è opportuno aggiungere la seguente nota sulla privacy: Autorizzo il trattamento
dei miei dati personali ai sensi del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196 "Codice in materia
di protezione dei dati personali".
Europass Passaporto delle Lingue: è uno strumento che accompagna l'individuo nel proprio
percorso di apprendimento delle lingue straniere lungo tutto l'arco della vita. Esso offre infatti una
descrizione puntuale delle competenze linguistiche acquisite sia in ambito formale (scuola e
formazione) sia in altri contesti (sul lavoro, con gli amici, in famiglia, ecc). Essendo una
dichiarazione autocertificata e volontaria non ha valore legale, pertanto non ha bisogno di ulteriori
validazioni. Non sostituisce le certificazioni formali ottenute, sia all'interno del sistema scolastico
che all'esterno, ma le ingloba con sistematicità in un documento che registra tutto il percorso di
apprendimento. E' possibile compilare online o scaricare il formato dal portale europeo.
Europass Mobilità: è uno strumento che consente di documentare le competenze e le abilità
acquisite da un individuo durante un'esperienza di mobilità realizzata all'estero (Spazio Economico
Europeo e Paesi candidati) in esito a percorsi di apprendimento formale (corsi di istruzione e
formazione) e non formale (lavoro, volontariato, ecc.). I percorsi di apprendimento documentabili
attraverso Europass Mobilità possono svolgersi nel quadro di un qualsiasi programma o iniziativa in
materia d'istruzione e formazione nazionale ed europea (ad esempio, Leonardo, Socrates e
Gioventù). Europass Mobilità è rivolto a tutti gli individui, indipendentemente dall'età, dalla
qualifica e dalla condizione professionale. La gestione di Europass Mobilità è affidata al Centro
Nazionale Europass (NEC).
Europass Certificate Supplement: è un documento che accompagna i titoli e le qualifiche
professionali acquisite, allo scopo di renderle più facilmente comprensibili anche ad eventuali datori
di lavoro stranieri. Il Certificate Supplement fornisce informazioni sulle abilità e competenze
acquisite, sul tipo di attività professionale cui è possibile accedere, nonché sul livello del certificato
4
Tra gli strumenti Europass è compreso anche il Diploma Suplement: un documento finalizzato ad accompagnare i titoli e le certificazioni rilasciate a seguito di un corso di studi effettuato in una Università o presso un Istituto di Istruzione Superiore. Vista la sua funzione integrativa, il Diploma Supplement ha valore solo se accompagnato al certificato originale e viene rilasciato, a conclusione del ciclo di studi, dall´ente presso il quale si è conseguito il titolo originale (segreteria dell´ateneo nel caso di un percorso formativo di tipo accademico, ufficio competente nel caso di percorso formativo di tipo non accademico). www.bridge-europe.eu
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nell'ambito della classificazione nazionale. Le autorità competenti al rilascio del Certificate
Supplement sono le stesse che rilasciano i titoli originali.
Per maggiori informazioni, moduli e istruzioni di compilazione si veda: www.europass-italia.it
Fonti: Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali (www.cliclavoro.gov.it); Punto Nazionale di
Riferimento (www.nrpitalia.it); www.europass-italia.it
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1.4 Linee Guida per l’orientamento alla carriera per i
Migranti
1.4.1 EUROPASS
Cos’è il modo migliore per accompagnare I lavoratori stranieri nel mercato del lavoro dei Paesi
partners?
Il Modulo 1.4. cerca di fornire una risposta a questa domanda. All’inizio vengono citati i
primi importanti passi da compiere durante il coaching per i migranti.
Inoltre, questo modulo aiuta a creare un Curriculum Vitae basato sul modello Europass CV,
per supportare un’applicazione di successo. Vengono inoltre fornite informazioni sulla situazione
attuale del mercato di lavoro locale e sulle liste elettroniche delle offerte di lavoro, sui giornali e
sugli strumenti online utili.
Il Curriculum Vitae Europass (Europass CV) è un CV standardizzato in tutta Europa.
Permette a chi cerca lavoro di presentare la propria esperienza lavorativa, studi, conoscenza delle
Lingue e altri strumenti chiaramente e in modo comprensibile.
Mentre si elabora il CV devono essere tenuti in considerazione:
•
Focalizzare sull’essenziale
•
Adattare il CV alle caratteristiche del lavoro/profilo
•
Mantenere una struttura comune
•
Termini chiari e brevi dichiarazioni
•
Rilettura dopo la compilazione del CV
Prima che un candidato rediga il CV Europass dovrebbe conoscere la sua struttura e i contenuti
richiesti per la compilazione, insieme ai documenti da fornire.
Per saperne di più su EUROPASS – in tutte le lingue Europee
https://europass.cedefop.europa.eu/europass/home/hornav/Introduction.csp
Informazioni per i lavoratori e apprendisti in tutte le Lingue Europee
https://europass.cedefop.europa.eu/europass/home/hornav/Europass+and+you/For+learners+and+w
orkers.csp;jsessionid=DB3E3A4DD2F7D699F65E6176AE2B3814.wpc1
•
Europass Curriculum Vitae in Inglese:
https://europass.cedefop.europa.eu/europass/home/vernav/Europass+Documents/Europass+
CV.csp;jsessionid=9264F74C73657B59C24909F0099BD66A.wpc1
•
Examples of CV provided by EUROPASS in different languages
https://europass.cedefop.europa.eu/europass/home/hornav/Downloads/EuropassCV/CVExa
mples.csp
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Europass in Italia
http://www.europass-italia.it/
Informazioni sul Portafoglio Europass:
Tel +39 06 44590527 [email protected]
1.4.2 linee guida per CV
Il Curriculum Vitae cronologico
È il più tradizionale; è composto da una lista cronologica delle esperienze precedenti. Include
principalmente obiettivi professionali, studi, formazione e soprattutto esperienze lavorative. E'
efficace se le attività recenti di lavoro e di studio sono effettivamente legate al lavoro per cui ci si
candida.
SVANTAGGI:
UTILE:
mette in risalto le interruzioni di carriera
se si vuole esaltare una progressione di carriera
se si ha un'esperienza di lavoro lunga e diversificata
se si ha un percorso molto specialistico di formazione e
lavoro
SCONSIGLIABILE: se si ha un'esperienza lavorativa ancora breve.
Il Curriculum Vitae funzionale
Dà risalto alle caratteristiche che il candidato valuta più coerenti all'obiettivo-candidatura. Le
diverse attività lavorative sono raggruppate in sezioni logiche, in funzioni o settori.
se si ha a che fare con specialisti della selezione
cercheranno di ricostruire la carriera con eventuali
'buchi'
per chi ha una certa età
UTILE:
per chi deve coprire qualche fallimento lavorativo
per chi è passato da un settore di attività ad un altro
SCONSIGLIABILE: se si ha una breve esperienza lavorativa
SVANTAGGI:
Il Curriculum Vitae attitudinale
Evidenzia gli interessi e il potenziale del candidato ed è una combinazione dei due tipi precedenti
(si chiama anche combinato o misto). E' necessario allegare una buona lettera d'accompagnamento.
SVANTAGGI:
non evidenzia immediatamente i punti di forza
per chi è al primo impiego o ha una breve esperienza lavorativa
UTILE:
SCONSIGLIABILE: per chi ha dei 'buchi'
per chi ha una carriera molto diversificata
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La lettera di accompagnamento
Il curriculum va accompagnato da una lettera che costituisce, il più delle volte, il primo contatto con
il datore di lavoro. L'importante è essere concreti, mantenendo una forma sobria, garbata e sintetica,
indicando i dati essenziali, la qualifica lavorativa cui si aspira e le motivazioni.

verificare attentamente la correttezza ortografica e formale;

porre attenzione che l'indirizzo del mittente sia in alto a sinistra;

che il nome e l'indirizzo del destinatario siano in alto a destra, ma più in basso rispetto al
nome del mittente;

inserire come OGGETTO: in risposta all'annuncio…

iniziare con "Egregi Signori" ma, se è già noto il nome della persona alla quale si vuol
scrivere, iniziare con "Egregio Signor..." e chiudere con "Distinti saluti";

firmare di pugno;
 conservare una copia della lettera
Il curriculum è un documento che segue il lavoratore nelle sue varie tappe, va quindi
periodicamente aggiornato con le nuove esperienze ma non modificato nella sua struttura.
La lettera di accompagnamento al curriculum è invece uno strumento di comunicazione che va
"costruito" ogni volta e adeguato all'interlocutore con cui si vuole entrare in relazione.
L'obiettivo della lettera è quello di comunicare che le aspettative del lavoratore sono rivolte a quella
specifica azienda che lui ha scelto, tra le tante, perché ritiene di poter svolgere una esperienza
professionale positiva.
In questo modo, il destinatario avrà la percezione di una persona "motivata" che desidera inserirsi
nella struttura con disponibilità e impegno. Se dunque il curriculum può essere ciclostilato, la lettera
di accompagnamento deve essere personalizzata ma soprattutto adattata alle diverse situazioni.
Altre informazioni su http://www.europass-italia.it/scelta2.asp
1.4.3 Coaching – i passi più importanti
Il “Coaching” può essere descritto con il metodo e la tecnica che può essere usata per orientare un
individuo verso nuove conoscenze in tempi e modi stabiliti.
Ci sono varie definizioni di “Coaching” e a causa dell’esistenza di varie e contraddittorie traduzioni,
è stato suggerito che dibattere sulle definizioni di coaching è un esercizio di astrazione (Jackson
2005).
La definizione di coaching può essere semplice e inclusiva come “il processo di rafforzamento di
altri” (Whitmore, 1997). O più definitiva: “un processo che permette l’apprendimento e lo sviluppo
di performance da migliorare”.
Essere un “coach” di successo richiede conoscenza e comprensione dei processi cosi come una
varietà di stili, strumenti e tecniche che siano appropriate ai contesti in cui il coaching ha luogo
(Parlsoe, 1999).
La prospettiva gioca un ruolo enorme nell’interpretazione di una definizione di un collaboratore
inviduale. I mentori vedono il “coaching” come un’attività prevalentemente legata agli strumenti
relativi a specifiche capacità per raggiungere dei risultati (Cranwell e altri, 2004).
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Il “coach” sposta il focus sui risultati del lavoro e un focus principale sulla performance nel lavoro
corrente e enfatizza lo sviluppo di strumenti.
Punti di forza del coaching - I benefici




Il beneficio principale del coaching per gli individui e per gli affari è la facilitazione
dell’auto apprendimento mirato.
Sebbene l’apprendimento sia possibile attraverso un “formatore – il coach –”, il vero
beneficio dell’accompagnamento è l’abilità dell’individuo di diventare un più abile
collaboratore.
Per quanto concerne lo sviluppo dei talenti, gli studi indicano vantaggi considerevoli
per le compagnie che incoraggiano l’accompagnamento-il coaching- durante le fasi di
transizione e cambiamento
E’ normalmente considerato un miglior investimento rispetto alla formazione
tradizionale
I limiti del Coaching - Svantaggi



Il coaching non è una terapia. Se così fosse…la persona accompagnata diventerebbe
dipendente!
Può essere visto come una posizione di prestigio e questo potrebbe creare un cliché
sugli “accompagnatori” e “influenzatori politici”
Prova a dire al tuo capo che è un “pessimo coach”!
Per i fornitori di servizi lavorativi
Il “coach” è una persona che aiuta i clienti nella costruzione del futuro, como loro desiderano, e che
attiva le risorse necessarie per rendere possibili e reali questi desideri.
 Esaminare le condizioni che vuoi cambiare (punto di partenza)
 Rendere l’obiettivo chiaro (punto di arrivo)
 Elaborare un piano di azione
 Attivare le risorse e gli strumenti per raggiungere il risultato finale
 Analizzare gli ostacoli incontrati in passato, identificando le aree dove intervenire per
trovare la giusta ispirazione, entusiasmo ed energia per cambiare la situazione.
L’attitudine del Coach






Gestione della condizione di partenza
Chiare intenzioni: servire il/al cliente
Congruenza: fare fare che dici, dire quello che credi
Fiducia in se stessi
Fiducia nel cliente
Creare le giuste condizioni
Creare le giuste condizioni
 Attitudine positiva
 Comportamento adeguato
 Respirazione
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

Prerequisiti




Dialogo interno
Adeguate condizioni
La mappa non è il territorio!
Sospendere i giudizi
Flessibilità (se qualcosa non funziona, tenta una alternativa)
Il cliente deve essere messo in grado di raggiungere migliori risultati, rispetto a prima
Raccogliere informazioni
Fare domande per lasciare che il cliente acceda alle proprie risorse
Ogni affermazione potrebbe essere conclusa con una successiva domanda:
– Cosa ne pensi?
– Cosa faresti?
– E se?…
– In quale modo?….
– Come faresti?
Le abilità del Coach
• Creare una relazione stabile (empatia, stare in contatto, in relazione con gli altri)
• Capacità di ascoltare gli altri
• Sincerità
• Supporto fino a quando il risultato non è raggiunto
• Far comprendere che il cliente è il responsabile per il raggiungimento dei risultati
• Fare domande
• Assegnare compiti/funzioni
Le domande
• Cosa desideri?
• Come saprai ottenerlo?
• Dove, quando, con chi vuoi raggiungere questo risultato?
• Che risorse hai bisogno?
• Cosa hai già e cosa hai bisogno per cercarlo?
• È sotto la tua responsabilità?
• L’obiettivo è in linea con quello che sei?
• Qual è la strategia? Qual è la sequenza delle cose da fare?
• Cosa fare adesso? Qual è il primo passo?
• Cosa accadrà dopo la prima sessione? Difficoltà? Obiezioni?
Obiettivi ben strutturati
• Epressi in modo positivo
• Eco-logici
• Limitati nel tempo (quando?)
• Trovati e Sostenuti dalla persona
• Specifici
• Valutabili
• Rispettano I risultati già ottenuti
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•
Motivazione (perchè?)
I focus point
I punti di interesse del coaching individuale
• Creare un senso di fiducia
• Seguire i fatti e le performance
• Individuare le difficoltà e imparare a superarle
• Curare gli aspetti emotivi e motivazionali
• Fornire feedback, anche critici, per supportare le correzioni e la crescita professionale
• Gestire le proprie emozioni, stress, mancanza di tempo, esprimendo uno stile positivo di
supervisione
Coaching e Supervisione
• Il Coaching è un processo di monitoraggio la cui anima è la CRESCITA PROFESSIONALE
• Oltre al DIALOGO, supportare il cliente nel “capitalizzare” le esperienze
• Il Coaching è un impegno reciproco e condiviso
Il Piano di Lavoro
• Definire precisi compiti
• Stabilire scadenze
• Descrivere i risultati sperati
• Predisporre:
– Azioni operative da effettuare
– Tempi e scadenze per la valutazione dei risultati
Piano di Azione
Definire l’anima:
– Dell’intero processo (obiettivi e strategie) Of the whole process (objective and
strategies)
– Delle sessioni/interviste
– Decidere sui passi di lavoro
– Analizzare la situazione su fatti reali
– Verificare le possibili opzioni e le migliori soluzioni
– Scegliere le azioni tra quelle disponibili
– Definire scadenze e momenti di verifica
Il primo colloquio/intervista
Il primo colloquio è importante perchè serve a stabilire:
• Creare empatia
• Ascolto e informazioni raccolte
• Come posso aiutarti? In che modo? Qual è l’anima? Cosa vorresti? Cosa vorresti migliorare
(in te stesso e nelle tue possibilità?)
• Come funzionerà? (durata, tempo, sforzo)
• Impegno reciproco
• Piano di Azione
La sessione del Coaching
• Condizioni del cliente in partenza
• Condizioni alla fine della sessione
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•
•
•
•
•
Progressi, risultati raggiunti all’ultima sessione
Difficoltà durante l’ultima sessione
Quali sono le risorse e i progressi rispetto al piano di lavoro
Impegni del cliente fino alla sessione successiva
Il mio piano fino alla sessione successiva
Relazione (al cliente)
• I progressi fatti per raggiungere i risultati
• Obiettivi raggiunti
• Di cosa devo essere a conoscenza? Posso essere orgoglioso di? Cosa ho bisogno di
correggere?
• Cosa ho bisogno di correggere nell’approccio a questo obiettivo?
• Cosa posso fare di diverso per raggiungere il risultato?
• Cosa potrei fare che non stia già facendo?
• Qual è il mio impegno?
Dove organizzare il coaching
Tra i servizi di fornitura di lavoro:
• Tutoraggio
• Bilancio delle competenze
• Training
• Scouting aziendale
• Guida alla costruzione del curriculum e delle carriere
1.4.4 Elenco siti utili per incontro domanda e offerta di lavoro in Italia
SITI WEB INCONRO DOMANDA E OFFERTA DI LAVORO
NOME
TIPOLOGIA ENTE
SITO WEB
EURES
UE
http://ec.europa.eu/eures/
Cliclavoro
Pubblico
www.cliclavoro.gov.it
Borsa Lavoro Lombardia
Pubblico
www.borsalavorolombardia.net
Avantjob
Privato
www.avantjob.it
BancaLavoro
Privato
www.bancalavoro.com
InfoJobs
Privato
www.infojobs.it/
JobDirect
Privato
www.jobdirect.it/
JobinTourism
Privato
www.jobintourism.it/
Mondolavoro
Privato
www.mondolavoro.it/
Monster
Privato
www.monster.it
MR Lavoro
Privato
www.mrlavoro.com/
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Profili & Carriere
Privato
www.profiliecarriere.it/
GIORNALI A CARATTERE NAZIONALE
NOME
SITO WEB
Il Corriere della Sera
www.corriere.it
La Repubblica
www.repubblica.it
La Stampa
www.lastampa.it
Il Sole 24 ore
www.ilsole24ore.com
Bollettino del lavoro*
www.bollettinodellavoro.it
*Mensile con offerte di lavoro
SERVIZI PER L’IMPIEGO PUBBLICI E PRIVATI
NOME
LINK
CENTRI PER L’IMPIEGO
www.lavoro.gov.it/Lavoro/Europalavoro/SezioneCittadini/BancheDati/Indirizz
ario
(servizi pubblici per l’impiego)
Numero verde del Ministero del Lavoro 800.196.196
Albo informatico delle AGENZIE
PER IL LAVORO (servizi privati per
l’impiego) autorizzate dal Ministero
del Lavoro e delle Politiche sociali.
L’albo si suddivide in 5 sezioni*:
1) Somministrazione di lavoro
generalista;
www.lavoro.gov.it/Lavoro/md/AreaLavoro/occupazione/AlboInformatico/
2) Somministrazione di lavoro
specialista;
3) Intermediazione;
4) Ricerca e selezione del personale;
5) Supporto alla ricollocazione
professionale.
Somministrazione di lavoro: fornitura professionale di manodopera, a tempo determinato.
Consiste nel mettere a disposizione di soggetti utilizzatori della prestazione di lavoro subordinato
lavoratori direttamente assunti dal somministratore. Il lavoratore è quindi a tutti gli effetti
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dipendente dell'Agenzia di somministrazione, ma lavora presso un altro soggetto da cui riceve le
direttive per lo svolgimento della propria attività.
Intermediazione: l'attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro. Comprende, la raccolta
dei “curricula” dei potenziali lavoratori, la preselezione, la promozione e gestione dell'incontro tra
domanda e offerta di lavoro, la progettazione ed erogazione di attività formative finalizzate
all'adeguamento delle competenze o delle capacità dei lavoratori.
Ricerca e selezione del personale : attività di consulenza finalizzata all’individuazione di
candidature idonee a ricoprire una più posizioni lavorative in seno all'organizzazione e su specifico
incarico del committente.
Supporto alla ricollocazione professionale : l'attività è effettuata su specifico ed esclusivo
incarico dell'organizzazione committente, ed è finalizzata alla ricollocazione di lavoratori nel
mercato del lavoro.
Fonte: ricerca su internet al 4-11-2010
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MODULE 2
Legislazione, documenti e informazioni in
Italia
2.0
Verso
una
sull’Immigrazione
politica
comune
europea
Tutti gli Stati Membri dell’Unione Europea sono interessati dal flusso della migrazione
internazionale. A livello europeo i Paesi aderenti hanno concordato una politica comune
sull’immigrazione. La Commissione Europea ha fatto proposte per sviluppare queste politiche, la
maggior parte delle quali sono oggi Legislazione attiva Europea. Il principale obiettivo è gestire al
meglio i flussi migratori con un approccio coordinato che tenga conto la situazione economica e
demografica in Europa.
Malgrado le politiche restrittive sull’immigrazione messe in piedi dagli anni settanta, nella maggior
parte dei Paesi Membri, molti migranti, legali e illegali, hanno continuato ad entrare in Unione
Europea, insieme alle persone in cerca di asilo. Sfruttando le necessità di persone svantaggiata, in
cerca di una vita migliore, sono sorti varie reti e organizzazioni criminali in tutta Europa. Questa
situazione ha portato alla spesa di ingenti risorse per mobilitarsi contro la migrazione illegale,
principalmente contro il traffico di esseri umani e i contrabbandieri. Inoltre è evidente che la U.E.
ha bisogno dei migranti, per fronteggiare le crisi economiche e demografiche in corso.
Considerando che un nuovo approccio per gestire le migrazioni era necessario, i leaders dell’Unione
Europea hanno stabilito gli elementi per una politica comune dell’Immigrazione, nell’Ottobre del
1999 al Consiglio Europeo tenuto a Tampere (Finlandia). L’approccio concordato a Tampere è stato
confermato nel 2004 con l’adozione del Programma di “The Hague” che ha steso gli obiettivi per
rafforzare libertà, sicurezza e giustizia nell’ambito dell’Unione Europea, per il periodo 2005-2010.
Part I – copre gli ultimi sviluppi degli anni recenti
Part II - visione generale dei fatti e dei risultati a livello Europeo
I) Ultimi sviluppi
Migrazione Economica
La Commissione Europea, nel Luglio 2001, ha posto le basi per la Direttiva sulle condizioni di
ammissione e soggiorno dei lavoratori di Paesi terzi. Tuttavia, a causa dei differenti punti di vista da
parte dei vari Paesi sulla material, le negoziazioni non hanno portato all’adozione di una
legislazione. La Commissione ha rilanciato nel 2005 il dibattito sul bisogno di regole comuni per
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l’ammissioni di migranti per cause economiche, con la Carta Verde per l’approccio Europeo alla
gestione della migrazione economica (COM 2004 -811). Questa consultazione ha portato
all’adozione, nel Dicembre 2005 della “Piano Politico per la Migrazione Legale” (COM 2005 669) che enumera le azioni e le iniziative legislative che la Commissione intende adottare, in modo
da perseguire lo sviluppo della politica europea sull’Immigrazione.
Integrazione
 Nel Settembre 2007, la Commissione ha presentato il terzo Rapporto sulla Migrazione e
Integrazione 8COM 2007 – 512), che segue il processo di monitoraggio delle poliche di
sviluppo sull’ammissione e integrazione di cittadini di Paesi Terzi nell’Unione Europeal. Il
rapporto fornisce informazioni sulla costruzione della struttura per l’integrazione fino al
Giugno 2007 e include informazioni specifiche sulle varie dimensioni del processo di
integrazione negli Stati Membri per l’anno 2005 e la prima metà del 2006.
Immigrazione illegale e rientri
 Nel Dicembre 2008, il Parlamento Europeo e il Consiglio dell’Unione Europea hanno
adottato la Direttiva 2008/115/EC sugli standard comuni e le procedure negli Stati Membri
per i rientri dei cittadini di Paesi Terzi illegalmente presenti in Europa, come pubblicato sul
Giornale Ufficiale (L 348 of 24.12.2008). La scadenza per l’adozione degli Stati Membri è il
24/10/2010.
 Nel Luglio 2006 la Commissione ha adottato la Comunicazione sulle priorità politiche nella
lotta contro l’immigrazione illegale dei cittadini provenienti da Paesi Terzi (COM (2006)
402) che segue un approccio più comprensivo, cercando un equilibrio tra la sicurezza e i
diritti basici degli individui e quelle misure indirizzate a tutti i livelli del processo
dell’immigrazione illegale.
 Per realizzare pienamente il Programma d’Azione sui Rientri, concordata nel 2002, la
Commissione ha adottato, nel Settembre 2005, la proposta per la Direttiva sugli standard
comuni e le procedure negli Stati Membri per i rientri dei cittadini dei Paesi terzi.
L’obiettivo di questa proposta è di fornire in modo chiaro, trasparente ed equo, regole
comuni concernenti i rientri, l’uso di misure coercitive, la custodia temporanea e il rientro,
tenendo presente, allo stesso tempo, il rispetto per i diritti umani e le libertà fondamentali
delle persone coinvolte.
Migrazione e Sviluppo

Nel settembre 2005, la Commissione ha adottato la comunicazione “Migrazione e Sviluppo:
alcuni indirizzi concreti” (COM (2005) 390). Questa Comunicazione costituisce la risposta
dell’Unione Europea alla richiesta fatta dal Consiglio nel Marzo 2003 e dal Consiglio
Europeo nel Novembre 2004 per presentare indicazioni concrete al fine di migliorare
l’impatto dell’Immigrazione sullo sviluppo dei Paesi di Origine, in uno svariato campo di
azioni. Ha costituito un ulteriore contributo per gli obiettivi delle politiche di sviluppo. La
Comunicazione ha evidenziato le misure e le iniziative che hanno più probabilità di
raggiungere progressi concreti.
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
La Comunicazione identifica un numero concreto di indirizzi nelle seguenti aree: Rimesse,
Facilitazioni/aiuti per I membri della diaspora per lo sviluppo dei Paesi d’origine; facilitare
la circolazione di “cervelli”, limitare l’impatto della fuga dei “cervelli”;
II) Contesto Generale
a. Agenda di Tampere
Il Consiglio d’Europa ha concordato a Tampere (Finlandia) nell’Ottobre 1999, gli elementi richiesti
per una politica sull’Immigrazione Europea:
 basata su un approccio comprensivo della gestione dei flussi migratori in modo da
equilibrare gli arrivi per motivi economici e umanitari;
 include un trattamento equo dei cittadini dei Paesi terzi che mira il più possibile a dare gli
stessi diritti e doveri dei cittadini degli Stati membri in cui vivono;
 un elemento chiave nelle strategie di gestione dovrebbe essere lo sviluppo di partenariati con
i Paesi d’origine, incluse le politiche per il co-sviluppo.
Come primo passo per creare una politica comune per l’Immigrazione, la Commissione ha
presentato nel Novembre del 2000 una Comunicazione al Consiglio e al Parlamento Europeo per
lanciare un dibattito con le altre Istituzioni UE e con gli Stati Membri e la società civile. La
comunicazione ha raccomandato un comune approccio alla gestione dell’Immigrazione che
dovrebbe prendere in considerazione i seguenti aspetti:
 lo sviluppo economico e demografico dell’Unione;
 la capacirà di ricezione di immigrati di ogni Stato membro insieme ai loro legami storici e
culturali con i Paesi d’origine;
 la situazione dei Paesi d’origine e l’impatto della politica migratoria (fuga di cervelli)
 il bisongo di sviluppare specifiche politiche di integrazione (basate sul trattamento equo dei
cittadini dei Paesi terzi residenti legalmente nell’Unione, la prevenzione dell’esclusione
sociale, il razzismo, la xenofobia e il rispetto per la diversità)
La comunicazione è stata seguita, nel Luglio 2001, da un’altra comunicazione, che ha proposto
l’adozione di un metodo aperto di coordinamento per la politica di Immigrazione comunitaria, per
incoraggiare lo scambio di informazioni tra gli Stati membri sull’implementazione di una politica
comune. La procedura prevedeva un accordo su un numero di obiettivi europei e linee guida che gli
Stati Membri avrebbero dovuto poi incorporare in piani di azione che sarebbero stati rivisti a
scadenze regolari.
b. I principali risultati durante il periodo di implementazione del programma di Tampere (19992004) sono stati i seguenti:
Immigrazione legale
 Ricongiungimenti famigliari - Il Consiglio Direttivo 2003/86/EC del 22 Settembre 2003 su
diritto ai ricongiungimenti familiari è entrato in vigore il 3 Ottobre 2003. La Legislazione
degli Stati Membri ha dovuto adeguarsi entro il 3 Ottobre 2005.
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 Status di residente EU di lungo termine - Il Consiglio Direttivo 2003/109/EC del 25
Novembre 2003 per il riconoscimento dello status per i cittadini di Paesi terzi, regolarmente
residenti da 5 anni nel territorio di uno Stato Membro, è entrato in vigore il 23 Gennario
2006.
 Studenti - La Direttiva sulle condizioni di ammissione per i cittadini dei Paesi terzi per scopi
di studio, scambio, training non remunerati o servizio di volontariato è stata adottata il 12
Gennaio 2005. La Legislazione degli Stati Membri doveva adeguarsi entro il 12 Ge. 2007.
 Ricercatori – La Direttiva per facilitare l’ammissione dei ricercatori in Europa è stata
adottata dal Consiglio il 12 Ottobre 2005 (Direttiva 2005/71). Gli Stati dovevano
implementarla entro il 12 Ott. 2007.
Integrazione
 Integrazione e Occupazione - Nel Giugno 2003, la Commissione Europea ha adottato una
Carta per le politiche di Immigrazione, Integrazione e Occupazione, in cui richiama di Stati
membri a sforzi per l’integrazione degli Immigrati (COM (2003) 336)
 Una rete di Punti Nazionali di contatto per l’Integrazione è stata implementata e si riunisce
regolarmente per scambiare le buone pratiche. La Rete ha fornito validi input per la
preparazione di un Libro tascabile sull’Integrazione, pubblicato nel Novembre 2004.
 Nel Settembre 2005, la Commissione ha adottato la comunicazione “Un’Agenda comune
per l’Integrazione – la Struttura per l’Integrazione dei cittadini dei Paesi terzi in U.E. (COM
(2005) 389). Questa Comunicazione fornisce nuove proposte per l’azione a livello sia
nazionale che locale. Gli Stati Membri sono incoraggiati nell’accrescere i loro sforzi con una
prospettiva di sviluppo di strategie di integrazione nazionali comprensive.



Nel Giugno 2006 la Commissione ha presentato il Secondo Rapporto Annuale
sull’Immigrazione e l’Integrazione (SEC (2006) 892) che fornisce una visione sui trend
migratori nell’Unione Europea, analizzando i cambiamenti e descrivendo le azioni prese,
riguardanti le ammissioni e l’integrazione di immigrati, a livello nazionale ed Europeo,
nell’anno 2004.
Nel Maggio 2007, la seconda edizione per Libro tascabile per gli operatori e i decisori
politici, è stato uno strumento guida per lo scambio d’informazioni e buone pratiche. Era
focalizzato sull’integrazione degli immigrati, sulle politiche abitative in ambiente urbano,
sull’integrazione economica e sulla gestione dell’integrazione. Una terza edizione era
prevista per il 2009.
Nel Giugno 2007, le Conclusioni del Consiglio sul rafforzamento delle politiche di
Integrazione in U.E. promuovendo “unità nella diversità” sono state adottate in seguito
all’incontro informale tenuto a Postdam nel Maggio 2007, con I Ministri responsabili per
l’Integrazione.
Immigrazione Illegale
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

Piano d’Azione sull’Immigrazione illegale – Il 28 Febbraio 2002, il Consiglio d’Europa ha
adottato un piano globale di lotta contro l’immigrazione illegale e il traffico di esseri umani
in Europa.
Rientri - Il 28 Novembre 2002, il Consiglio ha adottato un Programma d’Azione sui rientri
che ha promosso lo sviluppo di misure di breve, medio e lungo termine, includendo EU
standard e linee guida, nel campo dei rientri dei residenti illegali.
Relazioni con i Paesi Terzi


Accordi di re-ammissione sono stati conclusi con alcuni Paesi (Hong Kong, Macao, Sri
Lanka, Albania) e con altri Paesi sono in corso le negoziazioni;
Assistenza ai Paesi Terzi - Il 10 Marzo 2004 il Parlamento Europeo e il Consiglio hanno
adottato un Regolamento che stabilisce il programma per l’assistenza tecnica e finanziaria ai
Paesi terzi nell’area dell’Immigrazione e dell’Asilo (AENEAS). Contiene un programma
pluriennale dal 2004 al 2008, che una spesa globale di 250 milioni di Euro.
Infine, è importante osservare the la Politica comune per l’Immigrazione non coinvolge la
Danimarca che ha deciso di non aderire al TITOLO IV del Trattato di costituzione della Comunità
Europea. Il Regno Unito e l’Irlanda decidono il loro coinvolgimento caso per caso (con una
possibilità di opzione “opt-in”).
2.1 Italia Norme di base
http://www.provincia.torino.it/xatlante/00start.htm e http://www.ismu.org/index.php?page=93
Il decreto legislativo 25 luglio 1998 n.286 - Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero - è un atto che raccoglie la più parte
delle regole aventi forza di legge in materia di immigrazione e condizione dello straniero e per
questo è definito testo unico (T.U.).
Le regole contenute nel T.U. sono, anzitutto, quelle della legge 6 marzo 1998 n.40, la prima legge
che ha cercato di affrontare organicamente i diversi problemi posti dall'immigrazione.
Il T.U. come definito nel 1998 è stato con gli anni oggetto di diverse modifiche (riportate
sistematicamente nel testo). A ben vedere possiamo dividere il T.U. in due parti:


norme sull'immigrazione (ingresso per motivi di lavoro; a repressione dell'ingresso e/o del
soggiorno irregolari);
norme sulla condizione dello straniero residente.
Nel T.U.troviamo disposizioni particolari in materia sanitaria, di istruzione, di diritto alla casa e
all'assistenza sociale ma non vi si sono discipline importanti come ad esempio quella dell'asilo o
quella sull'acquisto della cittadinanza. Oltre a ciò va poi ricordato che per i 'comunitari' vige una
disciplina a parte nettamente più favorevole.
Al testo unico si affianca un regolamento di attuazione che contiene tutta una serie di disposizioni
che specificano e integrano quelle del T.U. fermo restando che alcune indicazioni specificative,
integrative rispetto al T.U. sono contenute in altri atti (circolari ecc.).
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Regolarizzazione 2009
La regolarizzazione del 2009 prevede la possibilità di emersione per colf e badanti. Il datore
di lavoro (italiano o straniero) può di fatti presentare la richiesta per gli stranieri occupati
irregolarmente da almeno 3 mesi (cioè almeno dal 1° aprile 2009). Ill rapporto inoltre deve essere
ancora in attivo all'atto della presentazione della domanda. Quest'ultima è inoltre subordinata al
pagamento di un contributo forfetario di 500 euro per ciascun lavoratore. I tempi per la
presentazione della domanda sono compresi dal 1° al 30 di settembre 2009. Le sedi variano in base
alla nazionalità del lavoratore: Inps nel caso di italiani o stranieri (comunitari o extracomunitari)
muniti di permesso di soggiorno valido che consente attività di lavoro subordinato; Sportello Unico
per l'Immigrazione nel caso di stranieri extracomunitari senza documenti di soggiorno.




Legge n. 102 del 3 agosto 2009
Circolare Inps n. 101 del 10 agosto 2009
Circolare Interministeriale 10/2009 del 7 agosto 2009
Circolare Ministro dell'Interno del 7 dicembre 2009
Regolarizzazione 2010

19/02/2010
Procedura di emersione dal lavoro irregolare nell'attività di assistenza e di sostegno alle
famiglie ex L. 102/09. Presentazione della documentazione relativa all'alloggio - mancata
presentazione delle parti - dati relativi alla domanda

18/02/2010
Procedura di emersione dal lavoro irregolare nell'attività di assistenza e di sostegno alle
famiglie ex L.102/09. Presentazione della documentazione relativa all'alloggio - mancata
presentazione delle parti - dati relativi alla domanda.
27/01/2010
Procedura di emersione del lavoro irregolare nell'attività di assistenza e di sostegno alle
famiglie ex L.102/09. Assistenza sanitaria nelle more della procedura di emersione.


19/01/2010
Procedura di emersione dal lavoro irregolare nell'attività di assistenza e di sostegno alle
famiglie ex L. 102/09. Assegnazione lavoratori interinali.
Altro sulle regolarizzazioni: http://www.ismu.org/index.php?page=94
Varie

Regolamento Cas.sa Colf (22 luglio 2010)
NORMATIVA GENERALE

DECRETO
LEGISLATIVO
25
luglio
1998
n.
286
( pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 18 agosto 1998 n.191 - S.O. n. 139 )
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TESTO UNICO DELLE DISPOSIZIONI CONCERNENTI LA DISCIPLINA
DELL'IMMIGRAZIONE E NORME SULLA CONDIZIONE DELLO STRANIERO.

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 31 agosto 1999 n. 394
( pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 258 del 3 novembre 1999 - S.O. )
REGOLAMENTO RECANTE NORME DI ATTUAZIONE DEL TESTO UNICO DELLE
DISPOSIZIONI CONCERNENTI LA DISCIPLINA DELL'IMMIGRAZIONE E NORME
SULLA CONDIZIONE DELLO STRANIERO, A NORMA DELL'ARTICOLO 1,
COMMA 6, DEL DECRETO LEGISLATIVO 25 LUGLIO 1998, N. 286.

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 18 gennaio 2002, n. 54
(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 83 del 9 aprile 2002 - Supplemento Ordinario n. 69)
"TESTO UNICO DELLE DISPOSIZIONI LEGISLATIVE E REGOLAMENTARI IN
MATERIA DI CIRCOLAZIONE E SOGGIORNO DEI CITTADINI DEGLI STATI
MEMBRI DELL'UNIONE EUROPEA. (TESTO A)"
CITTADINANZA

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 18 aprile 1994 n. 362
( pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 13 giugno 1994 n. 136 - S.O. n. 91 )
REGOLAMENTO RECANTE DISCIPLINA DEI PROCEDIMENTI DI ACQUISTO
DELLA CITTADINANZA ITALIANA

DPR 572/1993 Decreto del Presidente della Repubblica 12 ottobre 1993, n. 572,
Regolamento di esecuzione della legge 5 febbraio 1992, n.91, recante nuove norme sulla
cittadinanza

LEGGE
5
febbraio
( pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
NUOVE NORME SULLA CITTADINANZA
del
1992
15 febbraio
n.
1992
n.
91.
38 )
AZIONE AMMINISTRATIVA

Legge
11
febbraio
2005,
n.
15
"Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali
sull'azione amministrativa" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 42 del 21 febbraio 2005
circolari

Anagrafe
o Ministero
dell'Interno
circolare
inscrizioni
anagrafiche
stranieri
Circolare n. 12 - Prot. n. 200502414 - 15100/325 - 2 marzo 2005
Modifiche ed integrazioni alle disposizioni contenute nel regolamento di cui al DPR
31 Agosto 1999, n. 394
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o

circolare
Ministero
dell'Interno
anagrafe
minori
Prot.
n.
03005146-15100/325
19
giugno
2003
Iscrizione anagrafica dei minori nati in Italia da cittadini stranieri regolarmente
residenti.
sanità
CIRCOLARE del MINISTERO DELLA SANITA' - 24 MARZO 2000, N.5 - G.U. 1
giugno
2000
n.
126
Indicazioni applicative del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 "testo unico
delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla
condizione
dello
straniero"
disposizioni in materia di assistenza sanitaria.
sportello unico
o CIRCOLARE
Ministero
dell'interno
del
13
giugno
2005
D.P.R. 18 ottobre 2004 n.334 concernente "Regolamento recante modifiche ed
integrazioni al D.P.R. 31 agosto l999, n.394. in materia di immigrazione" -Sportello
Unico per l'Immigrazione - Prima fase operativa
o CIRCOLARE
Ministero
dell'interno
del
3
giugno
2005
D.P.R. 18 ottobre 2004 n. 334 concernente "Regolamento recante modifiche ed
integrazioni al D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394 in materia di immigrazione" - Sportello
Unico per l'Immigrazione - Snellimento delle procedure della prima fase operativa.
o CIRCOLARE
Ministero
dell'interno
del
30
maggio
2005
Con riferimento alle Direttive dei Ministri dell'Interno e del Lavoro e delle Politiche
sociali, emanate ai sensi dell'art. 24 del D.P.R. n. 334/2004, in data 13 maggio 2005,
e alla circolare congiunta in pari data, riguardante gli Sportelli Unici per
l'Immigrazione, si forniscono le seguenti indicazioni circa la prima fase operativa di
detti organismi, concordate anche con il Dipartimento per gli Affari Interni e
Territoriali e il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, nonché con il suddetto
Ministero
o CIRCOLARE Ministero del Lavoro 8 marzo 2005 - N. 9 /2005 - Prot. 23 / 0001182 /
06.01
OGGETTO: D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 concernente "Regolamento recante
modifiche ed integrazioni al D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, in materia di
immigrazione", previsto dall'art. 34, comma 1, della legge Bossi-Fini - Sportello
Unico per l'Immigrazione - Ulteriori immediate indicazioni
o CIRCOLARE Ministero dell'interno Prot. n. 200502414 Ð 15100/325 Roma, 2
Marzo
2005
Modifiche ed integrazioni alle disposizioni contenute nel regolamento di cui al DPR
31 Agosto 1999, n. 394
o CIRCOLARE
utg
del
24
febbraio
2005
D.P.R. 18 ottobre 2004 n.334 concernente "Regolamento recante modifiche ed
integrazioni al D.P.R. 31 agosto 1999, n.394, in materia di immigrazione", previsto
dall'art. 34, comma 1, della legge Bossi-Fini - Sportello Unico per l'Immigrazione Prime indicazioni
o

Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=7&l=it
http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=46&l=it scegliee delle cose qui
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Sportello unico immigrazione
http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/temi/immigrazione/sottotema005.html
Consigli territoriali
http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/temi/immigrazione/sottotema004.html
http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala_stampa/notizie/immigrazione/0
983_27_06_2007_schede_accesso_informazioni.html
http://www.stranieriinitalia.it/
http://www.prefettura.it/torino/?f=Spages&s=news.php&id_argomento=830&id_sito=1233&id_avv
iso=11141#News_11141 .
http://www.anolf.it/
CORSI LINGUA
http://www.puntolingua.it/stranieri_residenti.asp
http://www.dienneti.it/italiano/stranieri.htm
http://www.italicon.it/index.asp?codpage=corsiitaliano_t_b
I documenti per il contratto di lavoro subordinato in Italia: cittadini
stranieri extracomunitari
DOCUMENTO
DESCRIZIONE
PASSAPORTO
Documento personale di riconoscimento, valido per l'espatrio
NULLA OSTA AL
LAVORO
È’ una dichiarazione, rilasciata dalle autorità competenti italiane che attesta che non
esistono impedimenti all'ingresso e al soggiorno in Italia del cittadino extracomunitario
che intenda prestare un'attività lavorativa.
CONTRATTO DI
SOGGIORNO
È il contratto che regola il rapporto di lavoro tra un datore di lavoro ed un lavoratore
extracomunitario, contiene la garanzia da parte del datore di lavoro della disponibilità
di un alloggio per il lavoratore e l’impegno al pagamento delle spese di viaggio per il
rientro del lavoratore nel Paese di provenienza, e costituisce titolo valido al rilascio del
permesso di soggiorno.
VISTO DI INGRESSO
PER LAVORO
SUBORDINATO
È un’autorizzazione, rilasciata dal Consolato o dalla Rappresentanza Diplomatica
Consolare competente, che permette l’ingresso nel territorio italiano.
PERMESSO DI
SOGGIORNO PER
LAVORO
SUBORDINATO
È un’autorizzazione rilasciata dal Questore che attribuisce allo straniero il diritto di
soggiorno sul territorio dello Stato italiano.
CODICE FISCALE
È uno strumento di identificazione del cittadino nei rapporti con gli enti e le
Amministrazioni Pubbliche che viene rilasciato dall’Agenzia delle entrate.
Modulistica


Elenco codici stato
modello addestramento extracomunitari
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























Modulo A - richiesta lavoro domestico art. 22.doc
Modulo B -richiesta lavoro subordinato art. 22.doc
Modulo C - richiesta lavorostagionale art. 24
Modulo D -richiesta lavoro subordinato art 27 lett a
Modulo E - richiesta lavoro subordinato art 27 lett b
Modulo F - richiesta lavoro subordinato art 27 lett c
Modulo G - richiesta lavoro subordinato art.27 lett d
Modulo H - richiesta lavoro domestico art. 27 lett e
Modulo I - richiesta lavoro subordinato art.27 lett f
Modulo L - richiesta lavoro subordinato art 27 lett g
Modulo M - richiesta lavoro subordinato art 27 lett i
Modulo N - richiesta lavoro subordinato art 27 lett r
Modulo O - richiesta lavoro subordinato art. 27 lett r bis
Modulo P - CONTRATTO DI SOGGIORNO
Modulo Q - CONTRATTO DI SOGGIORNO
Modulo R - CONTRATTO DI SOGGIORNO
Modulo S 1
Modulo S -richiesta N.O. ricongiungimento
Modulo T 1
Modulo T 2
Modulo T - richiesta N.O. familiare al seguito
Modulo V - Domanda verifica quota per lavoro subordinato
Modulo Z - Domanda certificaz quota lavoro autonomo
ModuloS 2
Fonte: www.provincia.torino.it/xatlante/00start.htm e www.ismu.org/index.php?page=93
2.2 Procedure legali per assumere un lavoratore
straniero extracomunitario in Italia
 Assunzione di un lavoratore, straniero extracomunitario residente in Italia
Il lavoratore residente in Italia per poter essere assunto deve avere il permesso di soggiorno,
rilasciato per uno dei seguenti motivi: lavoro subordinato o autonomo; motivi familiari e
ricongiungimento familiare; asilo politico; protezione sociale; studio e formazione professionale;
attesa occupazione; assistenza minore (genitore che assiste un figlio malato).
Il datore di lavoro che intende assumere alla proprie dipendenze un lavoratore straniero è tenuto a
stipulare il contratto di soggiorno e comunicare entro 5 giorno allo Sportello unico per
l'immigrazione la data di inizio del rapporto di lavoro con il cittadino straniero, nonché l'eventuale
trasferimento di sede del lavoratore, con la relativa decorrenza.
 Assunzione di un lavoratore, straniero extracomunitario residente all’estero
L’assunzione di un lavoratore, straniero extracomunitario residente all'estero deve seguire una
determinata procedura, nell'ambito delle quote previste dal Decreto flussi (che stabilisce il numero
massimo di cittadini stranieri non comunitari ammessi annualmente a lavorare sul territorio italiano.
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Nei casi stabiliti dalla legge si può entrare per lavoro anche al di fuori delle quote- per informazioni
si veda il sito del Ministero dell’Interno www.interno.it)5.
Qui di seguito vengono riportati i principali passaggi e soggetti coinvolti nella procedura di
assunzione.
1. Il datore di lavoro italiano o straniero, regolarmente soggiornante in Italia, che intenda
instaurare un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato, stagionale o
domestico, con uno straniero extracomunitario residente all'estero deve presentate allo Sportello
Unico per l'immigrazione della provincia di residenza (cioè quella in cui ha sede legale l'impresa, o
quella in cui avrà luogo la prestazione lavorativa) domanda di nulla osta al lavoro. La domanda di
nulla osta al lavoro può essere: nominativa quando il datore di lavoro conosce il lavoratore
straniero da assumere; numerica quando il datore di lavoro presenta richiesta per una o più persone
iscritte nelle apposite liste, tenute presso le rappresentanze diplomatiche e consolari (istituite in base
ad accordi bilaterali). In particolare il datore di lavoro deve presentare allo Sportello Unico per
l'immigrazione di competenza i seguenti documenti: (a) richiesta nominativa di nulla osta con
modalità telematica (attraverso il sito www.interno.it); (b) documentazione che certifichi l’esistenza
di idonea sistemazione alloggiativa per il lavoratore straniero, secondo le regole previste dalle leggi
di ciascuna regione; (c); (d) proposta di contratto di soggiorno contenente, oltre agli elementi
essenziali dell’accordo contrattuale, l’impegno del datore di lavoro al pagamento del viaggio di
ritorno del cittadino straniero nel Paese di provenienza nel caso di espulsione di quest'ultimo; (e)
dichiarazione di impegno del datore di lavoro a comunicare allo Sportello Unico le variazioni
concernenti il rapporto di lavoro (cessazione del rapporto, cambio sede, ecc.).
2. Lo Sportello Unico Immigrazione (a) acquisisce il parere del Questore circa la sussistenza, nei
confronti del lavoratore straniero, dei motivi ostativi al rilascio del nulla osta; acquisisce il parere
della Direzione Provinciale del Lavoro circa la sussistenza o meno dei requisiti minimi contrattuali
e della capienza reddituale del datore di lavoro. In caso di parere favorevole da parte di entrambi gli
Uffici (in caso di parere negativo rigetta la domanda): (b) convoca il datore di lavoro per la
consegna del nulla osta e per la firma del contratto di soggiorno; (c) trasmette per via telematica la
documentazione agli uffici consolari.
3. Il lavoratore straniero residente all’estero, appresa la notizia dell’avvenuto rilascio del nulla
osta da parte del datore di lavoro, deve richiedere il visto all’autorità consolare presso il Paese di
residenza. (Il nulla osta al lavoro subordinato ha validità pari a 6 mesi dalla data del rilascio, entro i
quali il lavoratore deve richiedere il rilascio del visto).
4. L’Autorità consolare presso il Paese di residenza (alla quale è stata trasmessa per via
telematica la documentazione comprensiva del relativo nulla osta), comunica al cittadino straniero
(a) la proposta di contratto e (b) rilascia il visto d’ingresso entro 30 giorni, dandone comunicazione
5
L’ingresso nel territorio dello Stato per motivi di lavoro subordinato (anche stagionale) e di lavoro autonomo, è possibile, salvo casi particolari, solo nell’ambito delle quote d’ingresso annualmente stabilite con i decreti sui flussi adottati dal Governo. In via preferenziale, nei decreti dei flussi vengono assegnate quote riservate agli stranieri extra‐
UE provenienti da Stati con i quali il nostro Paese ha concluso accordi finalizzati alla regolamentazione dei flussi di ingresso per motivi di lavoro ed accordi sulle procedure di riammissione. Sono, altresì, assegnate in via preferenziale quote riservate ai lavoratori di origine italiana per parte di almeno uno dei genitori fino al terzo grado in linea retta di ascendenza, residenti in Paesi non comunitari, che chiedano di essere inseriti in un apposito elenco, costituito presso le rappresentanze diplomatiche o consolari. www.bridge-europe.eu
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alle autorità competenti italiane (Ministero dell’Interno, al Ministero del Lavoro e della Previdenza
Sociale, all’INPS ed all’INAIL).
5. Il lavoratore straniero, entro 8 giorni dall’ingresso in Italia, si deve recare presso lo Sportello
Immigrazione di competenza per: (a) far verificare il visto rilasciato dall’autorità consolare e i dati
anagrafici del lavoratore; (b) sottoscrivere il contratto di soggiorno e (c) ritirare il modulo con il
quale presentare la richiesta di permesso di soggiorno, altrimenti è considerato irregolarmente
presente sul territorio nazionale; (d) ritirare certificato di attribuzione del codice fiscale. Il
lavoratore straniero, deve quindi (e) inoltrare la richiesta del permesso di soggiorno (presso un
Ufficio Postale). La Questura provvederà, poi, ad informare l'interessato per la consegna del
permesso di soggiorno.
Per maggiori informazioni consultare:
Ministero dell’Interno (www.interno.it);
INPS (www.inps.it)
Ministero del lavoro (a cura di), “Immigrazione come, dove, quando. Manuale d'uso per
l'integrazione,
Edizione
2009
“
disponibile
in
varie
lingue
al
sito
(http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/md/AreaSociale/Immigrazione/pubblicazioni/Anno2009_Presenta
zione_Vademecum_Immigrazione.htm)
Fonti: Ministero dell’Interno (www.interno.it); Ministero del lavoro (www.lavoro.gov.it); INPS
(www.inps.it)
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MODULE 3
Abilità sociali e comunicazione interculturale
3.0 Introduzione al modulo
La nostra società è ormai multietnica e multiculturale con conseguenti e costanti trasformazioni sia
in ambito familiare, sia in ambito lavorativo ed, in generale, nella rete di relazioni sociali.
Ciò comporta che le persone che si trovano a comunicare tra loro, perché diverse possono essere
l’educazione, la formazione, la condizione sociale ed economica, la lingua, la diversa funzione (per
esempio, tra chi offre un servizio e chi lo riceve), trovino dei riferimenti minimi comuni da
condividere per poter convivere, lavorare insieme, dialogare ed arrivare, a volte, alla realizzazione
di rapporti interculturali. (v. più avanti la differenza tra multicultura ed intercultura).
Questo Modulo 3 si pone gli obiettivi di:
1) indicare quali possono essere i social skill indispensabili ad un operatore che deve
rapportarsi con un pubblico multietnico e multiculturale.
2) definire alcuni concetti base quali: cultura, comunicazione, comunicazione interculturale,
ecc.
3) indicare quali sono i valori fondamentali a cui si deve attenere una effettiva comunicazione
multiculturale/ interculturale.
Per facilitare il raggiungimento del secondo obiettivo abbiamo scelto di presentare e commentare,
all’interno di tutto il Modulo, alcuni documenti che fanno parte della cultura laica comune alle
culture occidentali:
 la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo,
 la Carta Europea,
 le Costituzioni Nazionali,
Abbiamo ricercato in essi le norme che riguardano i diritti fondamentali e le tutele che debbono
essere garantite ad ogni essere umano, qualunque sia la sua condizione. Inoltre abbiamo riportato
alcuni documenti ’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza, la
Cultura e la Comunicazione), riguardanti la differenza tra le culture e le indicazioni internazionali
sottoscritte dagli Stati aderenti all’Organizzazione perché tale Organizzazione, nata nel 1945, oggi
comprende 194 Stati ed opera proprio per la realizzazione della comunicazione interculturale.
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3.1 Definizioni di Cultura
Definizione di cultura a partire dai documenti di riferimento
“La cultura è il cammino
attraverso il quale gli individui esprimono
la loro capacità di soddisfare se stessi”
Investire nella Diversità Culturale e nel dialogo interculturale
UNESCO, 2009
Cultura
1. Consapevolezza intellettuale e morale di sé, del proprio ruolo e dei propri diritti e doveri rispetto
alla società e all’umanità, della propria condizione storica, fondata su una personale elaborazione
delle esperienze dirette e indirette.
Le sfere della cultura sono:
1. L’insieme delle nozioni e delle conoscenze di una persona
2. L’insieme delle conoscenze scientifiche, artistiche, letterarie di un popolo e di un periodo
storico.
Secondo l’articolo 1 della Dichiarazione Universale dell'UNESCO sulla Diversità Culturale (2005):
“La cultura assume forme diverse nel tempo e nello spazio. La diversità si rivela attraverso gli
aspetti originali e le diverse identità presenti nei gruppi e nelle società che compongono l'Umanità.
Fonte di scambi, d'innovazione e di creatività, la diversità culturale è, per il genere umano,
necessaria quanto la biodiversità per qualsiasi forma di vita. In tal senso, essa costituisce il
patrimonio comune dell'Umanità e deve essere riconosciuta e affermata a beneficio delle
generazioni presenti e future”.
Per cui: la cultura è strettamente legata ai concetti di identità e valore che disegnano e influenzano
gli stili di vita. La nostra diversità culturale è la nostra ricchezza e la nostra forza collettiva.
L’identità è una parola che va pronunciata al plurale. (Johannesburg, 2002)
La preservazione della cultura è legata allo sviluppo economico. Le culture debbono essere
rispettate in quanto contesti vivi e dinamici all’interno delle quali le popolazioni ritrovano i propri
valori e la propria identità. Le conoscenze indigene locali e le lingue sono depositarie delle
diversità.
Diversità culturale
Per “diversità culturale” s’intende la molteplicità delle forme mediante le quali si esprimono le
culture dei gruppi e delle società. Tali espressioni si trasmettono all’interno dei gruppi e delle
società nonché fra di essi. La diversità culturale si manifesta non soltanto nelle variegate forme
attraverso le quali il patrimonio culturale dell’umanità si esprime, arricchisce e trasmette grazie alla
varietà delle espressioni culturali, ma anche attraverso modi diversi di creazione artistica,
produzione, diffusione, distribuzione e godimento, quali che siano i mezzi e le tecnologie utilizzati.
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Nel testo intitolato “Razza e Storia” scritto nel 1952 per l’UNESCO, l’antropologo francese
Claude Lévi-Strauss sostenne che la protezione della diversità culturale non dovrebbe restare
confinata alla preservazione dello status quo:
“È la diversità in sé stessa che deve essere salvata, non la forma esterna e visibile che ogni periodo
ha rivestito per tale diversità”
Proteggere la diversità culturale in questo modo significa assicurare che la diversità continui ad
esistere. Questo presuppone la capacità di accettare e sostenere il cambiamento culturale.
Contenuto culturale
Per “contenuto culturale” s’intende il senso simbolico, la dimensione artistica ed i valori culturali
che sono alla radice o che esprimono le identità culturale di una comunità.
Ad esempio, molti atteggiamenti e posture vengono spesso letti come aggressivi, anche se nelle
intenzioni e nel contesto non c'è aggressività, ma semplicemente un'oggettiva differenza di status
sociale e culturale tra operatore e utente.
Espressioni culturali
Per "espressioni culturali" s’intendono le espressioni che risultano dalla creatività degli individui,
dei gruppi e delle società e che hanno un contenuto culturale.
In questo contesto, diventa importante l'azione dell’operatore come facilitatore della
comunicazione, in modo da agevolare la fiducia e la collaborazione tra servizi e famiglie,
considerati soggetti attivi e responsabili.
Ad esempio, l'uso di diversi codici non verbali è evidente parlando con gli utenti stranieri nel modo
di atteggiarsi o di sedersi, nel tono di voce e nella mimica facciale. Non si tratta di un semplice
atteggiamento, ma di un passaggio da un codice di comunicazione a un altro. L'approfondita
conoscenza di entrambi i sistemi di comunicazione consente all’operatore di assumere anche la
funzione di "muro di gomma" tra gli interlocutori, assorbendo il disagio e l'ansia legati a una
comunicazione difficile e restituendo tranquillità, esplicitando e traducendo gli elementi della
comunicazione che potrebbero portare a fraintendimenti o irrigidimenti. Questa funzione è
particolarmente importante nelle situazioni conflittuali.
Politiche e misure culturali
Per "politiche e misure culturali" s’intendono le politiche e misure relative alla cultura, a livello
locale, nazionale, regionale o internazionale, che siano incentrate sulla cultura in quanto tale o
destinate ad avere un effetto diretto sulle espressioni culturali degli individui, dei gruppi o delle
società, compresa la creazione, la produzione, la diffusione e la distribuzione di attività, beni e
servizi culturali, e sull’accesso agli stessi.
Interculturalità
Per "interculturalità" s’intendono l’esistenza e l’interazione paritaria di diverse culture e la
possibilità di generare espressioni culturali condivise mediante il dialogo e il rispetto reciproco.
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Nella Circolare Ministeriale n. 205 del 26 luglio 1990 del Ministero dell’Istruzione italiano,
“La scuola dell'obbligo e gli alunni stranieri”, l'educazione interculturale è compito educativo della
scuola e si realizza attraverso la:
"Mediazione fra le diverse culture: mediazione non riduttiva degli apporti culturali diversi, bensì
animatrice di un continuo, produttivo confronto fra differenti modelli. L'educazione interculturale si osserva - avvalora il significato di democrazia, considerato che la "diversità culturale" va
pensata quale risorsa positiva per i complessi processi di crescita della società e delle persone, il
riconoscimento della sua identità culturale, nella quotidiana ricerca di dialogo, di comprensione e
di collaborazione, in una prospettiva di reciproco arricchimento".
Si può dire che l'operatore interculturale, agendo con imparzialità, utilizza il proprio patrimonio di
conoscenza individuale e la capacità di gestione delle relazioni e delle interazioni personali per
rappresentare, nel modo migliore possibile, le esigenze e le caratteristiche dei beneficiari presso gli
operatori dei servizi.
L'ottica interculturale sottolinea la reciprocità del bisogno di chiarire e distendere la comunicazione
e la relazione tra operatore e utente straniero. L'idea di simmetria e di reciprocità nell'interazione tra
italiano e straniero, tra operatore e utente, si collega alla considerazione che la soluzione dei
problemi si trovi nella collaborazione tra le due parti, che per essere efficace deve essere alla pari.
Esercizio. Per riflettere e agire:
1. Immaginiamo di vivere in un mondo in cui ci sia un’unica lingua, un unico modo di
pensare e un unico genere musicale. La vita sarebbe molto noiosa e banale. La diversità culturale
rende la vita più dinamica, più ricca e più interessante, consentendoci di interagire gli uni con gli
altri e di apprezzare più coscientemente la nostra cultura.
2. Osservate la carta geografica mondiale e verificate la vostra conoscenza sugli altri paesi.
Quante lingue parlate? Che cosa conoscete delle culture degli altri paesi?
3. Potreste vivere da soli, senza figli o genitori né amici o vicini? Una comunità può
sopravvivere senza interagire con le altre comunità?
4. In che modo voi, personalmente, e gli altri della vostra comunità, giovate della diversità
culturale? Avete già avuto occasione di riflettere sulle differenze fra la vostra e le altre culture, e su
quale contributo apportino i diversi gruppi culturali nella vostra vita?
5. In che modo si può beneficiare della globalizzazione preservando nello stesso momento la
loro cultura?
Indicazioni di lavoro
A.Provate a riflettere su questi interrogativi e per ciascuno di essi indicate la risposta che dareste.
B. Discutete con uno o più compagni le domande e le vostre risposte.
C. Scrivete i risultati emotivi e razionali cui siete giunti
3.1.1 Il sistema dei valori fondamenti a partire dei documenti
internazionali
L'incontro e il confronto tra persone di cultura diversa porta in sé un potenziale creativo
estremamente interessante, che ha come effetto la ricerca di soluzioni innovative sul piano
comunicativo, relazionale e organizzativo. Perché ciò avvenga è necessario però mettere in atto
condizioni che permettano a ogni persona di esprimersi liberamente e pienamente.
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È necessario cioè aumentare la capacità di integrazione della comunità, in modo da favorire scambi
e relazioni interculturali a più livelli, e sempre più profondi: non più solo pranzi multietnici, festival
di musica etnica, ma nuove idee, nuovi modi di vedere la realtà, nuovi pensieri.
Nell'ottica di attivare processi di cambiamento strutturale in direzione interculturale, obiettivo del
lavoro di mediazione diventa favorire il superamento degli ostacoli nella comunicazione, per creare
autonomia nell'accesso ai servizi da parte degli utenti stranieri e rendere autonomi i servizi nel
lavoro con gli immigrati. In sostanza, si lavora per favorire un rapporto/scambio/confronto equo
(reciprocità e parità tra attori diversi per una efficace collaborazione).
Ponendosi a lavorare per questo obiettivo comune, è indispensabile parlare dei valori della società
occidentali, che sono stati sintetizzati nei documenti che rappresentano un riferimento universale. Il
primo documento è la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 19486.
Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo
Articolo 1
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e
di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.
Articolo 2
Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente
Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di
religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di
nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto
politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia
indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi
limitazione di sovranità.
Articolo 22
Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla
realizzazione attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con
l'organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla
sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità.
6
DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL'UOMO
Il 10 dicembre 1948, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite proclamava la Dichiarazione universale dei diritti
umani. Per la prima volta nella storia dell'umanità, era stato prodotto un documento che riguardava tutte le persone del
mondo, senza distinzioni. Per la prima volta veniva scritto che esistono diritti di cui ogni essere umano deve poter godere per
la sola ragione di essere al mondo. Eppure la Dichiarazione è ancora disattesa, perché ancora troppo sconosciuta.
Storia e la strutura della Dichiarazione universale. A cura d’Amnesty Internazional
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Articolo 23
1. Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, a giuste e soddisfacenti
condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.
2. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.
3. Ogni individuo che lavora ha diritto ad una rimunerazione equa e soddisfacente che assicuri
a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se
necessario, da altri mezzi di protezione sociale.
4. Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri
interessi.
Articolo 26
1. Ogni individuo ha diritto all'istruzione. L'istruzione deve essere gratuita almeno per quanto
riguarda le classi elementari e fondamentali. L'istruzione elementare deve essere
obbligatoria. L'istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e
l'istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito.
2. L'istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al
rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve
promuovere la comprensione, la tolleranza, l'amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e
religiosi, e deve favorire l'opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.
3. I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro
figli.
Articolo 27
1. Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di
godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici.
2. Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni
produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.
Carta Europea
Altro documento di riferimento nazionale sono le singole costituzioni che hanno consentito ai
territori divenuti autonomi di promulgare leggi ed ordinamenti per la vita democratica. L’Unione
Europea ha inoltre anch’essa una Carta Europea dei Diritti Umani, altro focal point per i valori
dell’area europea.
Articolo 14 - Diritto all'istruzione
1. Ogni individuo ha diritto all'istruzione e all'accesso alla formazione professionale e continua.
2. Questo diritto comporta la facoltà di accedere gratuitamente all'istruzione obbligatoria.
3. La libertà di creare istituti di insegnamento nel rispetto dei principi democratici, così come il
diritto dei genitori di provvedere all'educazione e all'istruzione dei loro figli secondo le loro
convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche, sono rispettati secondo le leggi nazionali che
ne disciplinano l'esercizio.
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"Il diritto all’istruzione non può essere rifiutato a nessuno. Lo Stato, nell’esercizio delle
funzioni che assume nel campo dell’educazione e dell’insegnamento, deve rispettare il diritto
dei genitori di provvedere a tale educazione e a tale insegnamento secondo le loro convinzioni
religiose e filosofiche.".
Articolo 15 - Libertà professionale e diritto di lavorare
1. Ogni individuo ha il diritto di lavorare e di esercitare una professione liberamente scelta o
accettata.
2. Ogni cittadino dell'Unione ha la libertà di cercare un lavoro, di lavorare, di stabilirsi o di
prestare servizi in qualunque Stato membro.
3. I cittadini dei paesi terzi che sono autorizzati a lavorare nel territorio degli Stati membri hanno
diritto a condizioni di lavoro equivalenti a quelle di cui godono i cittadini dell'Unione.
3.1.2 Valori universali
Il modello di integrazione recepito dai documenti internazionali e dalle legislazioni7, afferma da una
parte l'universalismo dei diritti e riconosce dall'altra come un valore le diversità dei singoli e delle
culture di appartenenza purché non contrastino con i valori fondamentali della società. Gli
immigrati sono tenuti a condividere, come del resto gli autoctoni sono chiamati a rispettare le loro
specificità culturali. Funzionale a questo modello è la sperimentazione di nuove forme di rapporti e
comportamenti che favoriscano l'inclusione degli immigrati e uno scambio con le loro culture.
Affinché il modello di integrazione prescelto dal legislatore possa realizzarsi concretamente, si
richiede, a livello di mentalità degli operatori e di scelte operative presso le sedi decisionali, una
flessibilità aperta alla reciprocità, così che le diverse identità culturali, senza essere minacciate o
rifiutate, confluiscano in un terreno che, seppure unitario quanto alle regole fondamentali di
convivenza, rimane caratterizzato dalla presenza di persone con appartenenze multiple e, di
conseguenza, da un dinamismo improntato sul confronto dialettico e sulla valorizzazione reciproca
(lingue, espressioni letterarie, valori, tradizioni, sistemi sociali e giuridici).
E' la mediazione culturale a favorire la disponibilità all'incontro e allo scambio di chi "ospita" e di
chi viene "ospitato" per il raggiungimento di obiettivi comuni di sviluppo capaci di arricchire
l'intera società.
E' rafforzare la convinzioni che l'incontro e il confronto tra persone di cultura diversa porta in sé un
potenziale creativo estremamente interessante, ha come effetto la ricerca di soluzioni innovative sul
piano comunicativo, relazionale e organizzativo. Perché ciò avvenga è necessario però mettere in
atto condizioni che permettano a ogni persona di esprimersi liberamente e pienamente.
Dai documenti citati emergono i seguenti valori fondamentali:
 Dignità della persona;
7
legge 40/1998 www.bridge-europe.eu
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 Libertà;
 Eguaglianza dei cittadini;
 Sviluppo della persona umana, della personalità nonché sviluppo delle sue facoltà e delle
sue attitudini mentali e fisiche, in tutta la loro potenzialità;
 Rafforzamento del rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Essa deve
promuovere la comprensione, la tolleranza, l'amicizia;
 Prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, godere delle arti e di
partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici;
 Diritto di scelta;
 Partecipazione di tutti i lavoratori;
 Diritto all'educazione;
 Cooperazione internazionale;
 Fratellanza.
3.2 Diversità culturale
3.2.1 Capire la diversità (culturale)
Uno sgurdo alla cultura: il modello dell’iceeberg
L’idea dietro questo modello è che la cultura può essere raffigurata come un iceberg: solo una
piccola porzione dell ‘iceberg è visibile sopra il livello dell’acqua. Ad ogni modo, la punta
dell’iceberg è infatti supportata da una parte molto più grande, invisibile, sotto il livello dell’acqua.
Questa parte dell’iceberg è la sua base.
Nella metafora dell’iceberg per la cultura, una nave da crocera si avvicina all’iceberg per dare uno
sguardo al territorio estraneo. Una sua parte è immediatamente visibile, una parte è più o meno
visible a causa delle onde, e la sua base va in profondità sotto la superficie.
Sopra la superficie dell’acqua
Aspetti della cultura che sono espliciti, visibili, insegnati: sono inclusi le spiegazioni scritte, e le
migliaia di abilità e informazioni passate durante lezioni fronali, quali le maniere o fare calcoli
complessi o cucinare il pane.
Sempre sopra il livello dell’acqua ci sono gli aspetti tangibili: ‘i marcatori culturali’ che i turisti
cercano ad esempio nel pane francese o nei tessuti del Guatemala, o nei codici di abbigliametno, il
modo in cui si pronuncia la lettera ‘R’, come conservano il cibo, il modo in cui si ammobilia un
ufficio.
A livello dell’acqua
La zona di transizione è quella dove l’osservatore culturale deve stare maggiormente all’erta:
“adesso vedi, adesso no”, l’area dove si discutono le interpretazioni implicite, l’area dove le
spiegazioni ufficiali e gli insegnamenti diventano irrazionali, contraddittori, inspiegabili – dove la
teologia diventa fede. Sotto il livello dell’acqua si ‘nasconde’ la cultura: le abitudini, le
supposizioni, le interpretazioni, i valori, i giudizi, … le cose che sappiamo ma che non sappiamo o
possiamo articolare. Abitualmente questi aspetti non sono insegnati direttamente. Pensa all’ora dei
pasti, per esempio, e a in che ordine mangi il cibo. Termini con il dolce? Con dei sott’aceto? Con il
te? Noci e formaggio? Mangiate un unico piatto? O, di questi tempi, evitate cene a tavola tutti
insieme?
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Considera cosa fa qualcuno che vi tratta in modo cordiale, vi porge la mano per salutarvi? Tiene le
distanze e abbassa lo sgurdo? Balza in avanti e vi abbraccia? Vi chiama per nome di battesimo?
Questo tipo di regole sono apprese per osmosi; avete la sensazione che sia ‘giusto’ o quando siete
trattati nel modo ‘giusto’, perché questi giudizi sono ‘sotto il livello dell’acqua’, abitualmente non
vi è bisogno di mettere in questione o esprimere questi sentimenti.
Fonte: http://www.culture-at-work.com/iceberg.html
3.2.2 Apprendimento interculturale
Il termine apprendimento interculturale può essere inteso a diversi livelli. A livello letterale si
riferisce al processo individuale di acquisizione della conoscenza, atteggiamenti o comportamenti,
in connessione con l’interazione tra diverse culture. Comunque, l’apprendimento interculturale può
anche essere visto in un contesto più amplio, per denotare il concetto di come le persone di culture
diverse possano vivere insieme paficicamente, in comunità e in costante interazione. In questo
contesto, l’apprendimento è visto non tanto come un processo individuale quanto come un carattere
aperto che enfatizza il processo verso la società interculturale (oltre il multiculturalismo).
L’apprendimento interculturale esige che una persona conosca se stessa e la propria origine, prima
che di essere capaci di capire gli altri. È processo impegnativo dato che tocca idee radicate e
profonde circa il bene e il male, su come è strutturato il nostro mondo e la nostra vita. In un
processo di apprendimento interculturale, quello che diamo per scontato e ciò che proviamo è
messo in discussione. La nostra identità è messa in questione dal modo di dare e pensare di altre
persone, e questo accade spesso non senza conflitti. Sviluppare una sensibilità interculturale è un
processo graduale, che passa dal rifiuto alla integrazione delle differenze.
3.2.3 Avvicinarsi all’apprendimento interculturale: una questione di
atteggiamento
1) Fiducia e rispetto
Costruire la fiducia è importante per poter raggiungere l’apertura necessaria al processo di
apprendimento comune. Ognuno dovrebbe sentirsi sicuro di:
- Condividere un punto di vista diverso
- Condividere sentimenti e percezioni diverse
Per arrivare ad accettare e comprendere, è richiesta molta pazienza e sensibilità per poter creare la
giusta atmosfera di apprendimento, che ci permette di ascoltare le opinioni degli altri in modo
paritario, e di offrire sicurezza e fiducia repriproca. In questo senso, è necessario:
- Dare modo agli altri di esprimersi
- Dare valore alle esperienze, talento e contributo degli altri
- Discutere apertamente dei propri bisogni e aspettative
2) Sperimentare l’identità
Il punto di partenza per l’apprendimento interculturale è la nostra cultura, compresi anche le nostre
esperienze e contesto personale. Qui risiedono sia le opportunità e gli ostacoli al processo di
apprendimento. Tutti abbiamo realtà personali che ci hanno modellato, e che ci portiamo dietro,
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arricchite da nuove esperienze e conoscenza. Cercare di capire noi stessi, la nostra identità è un
prerequisito per incontrare gli altri e iniziare un percorso di cambiamento significativo.
3) La realtà come costruzione
Ci sono molti modi di leggere e percepire la realtà. In un processo di apprendimento interculturale,
si diventa estremamente coscienti di come ciascuno costruisce il proprio mondo. Anche aspetti
basilari come la dimensione e il tempo possono essere percepiti in modo drasticamente diverso da
una cultura rispetto ad un’altra. Ciò nonstante, viviamo tutti lo stesso mondo e ciò influenza le
nostre vite e la relazione con gli altri.
Il vostro processo di apprendimento dovrebbe essere guidato dai seguenti principi:
- Rispetto per la libertà personale e di decisione
- Accettazione delle idee degli altri in modo equo
- Riconciliazione dei diversi punti di vista
- Essere coscienti della propria responsabilità all’interno del processo (impegno)
La differenza nella percezione rimarra, ma può essere usata in modo costruttivo. La sfida per voi è
di operare tra punti di vista differenti. Sei capace di pensare a te stesso come non appartenente a
nessuna cultura, in modo da fungere da mediatore esterno? È una sfida ma è un esercizio interessate
da provare; immagina le diverse risorse culturali e risposte che saresti di grado si usare in questo
caso.
4) In dialogo con gli ‘altri’
L’apprendimento interculturale deve essere inteso come un processo che ci porta ‘verso gli altri’. In
questo caso ‘gli altri’ sono il cuore della conoscenza. Si comincia dal dialogo e si va avanti. È un
processo che ci sfida a percepire noi stessi e gli ‘altri’ come diversi ma tuttavia complementari.
L’apprendimento culturale ci offre la possibilità di identificarci con la prospettiva ‘dell’altro’
(‘essere nei suoi panni’), senza pretendere di vivere coò che l’altro sta vivendo. Vi permette di
sperimentare solidarietà genuina e stimorale una reale cooperazione.
5) Cambio costante e domande
L’esperinza dell’apprendimento interculturale è caratterizzata da continuo cambiamento, dato che è
un processo e non mostra molto in fase evolutiva, quanto piuttosto in termini di strategie personali
per avere a che fare e trattare le differenze culturali. In questo processo, ciascuno deve accettare che
non sempre ci sono delle risposte, o una domanda corretta, e si deve essere aperti per rimanere
costantemente alla ricerca di una cambiamento e saperlo accettare. La curiosità è benvenuta e nuove
percezioni (creatività) sono rischieste. Bisogna essere preparati a:
- Mettere in discussione le proprie supposizioni, idee e stereotipi
- Staccarsi dalle proprie convinzioni, tradizioni e idee
Dopotutto, nessun processo di apprendimento è scevro di rotture, congedi, scoperte e trasformazioni
6) Un potenziale per il conflitto
Se teniamo conto della diversa percezione che le diverse culture hanno di tempo, spazio, relazioni
sociali e personali, ecc… appare evidente che il conflitto sta al centro dell’apprendimento culturale.
Non tutti i conflitti hanno necessariamente una soluzione, ma di sicuro devono essere espressi. Un
ambiente che crea le condizioni per la fiducia in se e negli altri e di sicuro un ambiente dove le
persone si sentono libere di esprimere le loro:
- Insicurezze
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- Dubbi
- Incomprensioni
- Sentimenti feriti
Le varie espressioni di identità e lo sforzo di valorizzare le differenze sono entrambi stimolanti
aspetti di questo processo. La diversità può essere sperimentata come utile e arricchente, che porta a
nuove forme di relazione e soluzioni, e di conseguenza, ci fa provare a sbloccare gli elementi
costruttivi e le opportunità dei conflitti.
Conclusioni
L’apprendimento interculturale mira a profondi processi e cambiamenti di abitudini e
comportamento. Ci spinge ad affrontare le forze invisibili della cultura, sotto la superficie. È un
processo di scoperta che implica un impegno personale e interrogativi da entrambe le parti. Implica
rischi e tensioni, ma anche opportunità e soluzioni. È una questione di colpire il giusto equilibrio tra
sfidare se stessi e allontanarsi dalle proprie convinzioni e rispettare le differenze come elementi
comuni della realtà.
Fonte: Source: Community Foundation Transatlantic Fellowship Orientation Session June 2-4,
2001– Washington D.C.
3.2.4 Differenze, similitudini, stereotipi
Culture e stili di vita
Gestire la diversità vuol dire apprezzare le persone in quanto individui e riconoscere che persone di
ambienti diversi portano nuove idee e percezioni al nostro progetto, aggiungendo valore al lavoro e
alle opportunità che offriamo. Gestire la diverità è sfidare questioni quali la discriminazione diretta
e indiretta, sulla base di sesso, razza, abilità, età, orientamento sessuale, linguaggio, origini sociali,
religione, opinione politica e altre caratteristiche personali. L’attività di ‘promuovere le differenze’
è un modo per incoraggiare i giovani ad apprezzare i diversi modi di sviluppo e che gli individui, i
gruppi, le società hanno il diritto di scegliere il proprio cammino e che tale cammino sia rispettato
dagli altri.
Stereotipi
Gli stereotipi sono generalizzazioni o supposizioni che le persone fanno delle caratteristiche di tutti
i membri di un gruppo, in base all’immagine (spesso sbagliata) che le persone di quel gruppo
hanno. Per esempio, uno studio sugli stereotipi mostra come gli Americani siano considerati
amichevoli, generosi e tolleranti, ma piuttosto arroganti, impazienti e dominatori. Gli asiatici invece
sono visti come astuti e vigili, ma riservati. Chiaramente non tutti gli Americano sono amichevoli e
generosi, e not tutti gli Asiatici sono astuti. Se si presume di conoscere come una persona è, e non si
guarda alla persona come ad un individuo, è possibile che si commettano errori di valutazione sul
suo carattere.
Durante un conflitto, le persone tendono a sviluppare un’immagine esageratamente negativa
dell’altra parte. Ci si aspetta, ad esempio, che l’avversario sia agressivo, egocentrico, disonesto,
mentre le persone vedono se stesse in modo completamente opposto. Questi stereotipi tendono ad
essere auto generanti: se una parte presume che l’altra sia aggressiva e disonesta, questa tenderà a
rispondere in modo simile. L’avversario tenderà a sviluppare una immagine simile della prima
parte, e gli stereotipi negativi saranno confermati. Questi possono peggiorare, data che la
comunicazione è impedita e si scatenano tensioni.
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I ‘negoziatori’ devono essere coscienti dei propri pregiudizi nei confronti degli altri e di quelli che
gli altri possono avere nei loro confronti. Certi tipi di pregiudizi sono relativamenti ovvi. Una storia
di relazioni ostili generalmente crea la situzione ‘noi contro loro’. Per esempio, la negoziazione tra
Stati Uniti e Iran è ‘colorata’ da passate ostilità tra le nazioni. Dal momento che questi pregiudizi
sono abbastanza manifesti, sono facili da individuare e gestire.
Ci sono forme più sottili di pregiudizi, come il sesso, la nazionalità di origine o l’occupazione. Per
esempio, ci si aspetta che gli Asiatici siano astuti e riservati, gli Americano arroganti e materialisti, i
Latino Americani disorganizzati e poco pratici. Questi pregiudizi sono moto difficili da
riconoscere, ma sono fatti della vita. Possono interferire durante la negoziazione con gli altri,
possono anche influenzare come il ‘negoziatore’ è visto, e portare a aspettative controproducenti.
Il ‘negoziatore’ deve aspettarsi di essere l’oggetto dei pregiudizi degli altri, ma deve sapere come
ignorarli o escluderli.
Vi sono diversi modi di combattere i pregiudizi. La tattica di base è concentrarsi su un individuo in
particolare, piuttosto che sulla sua etnicità o stato di provenienza. Bisogna anche tener presente che
spesso ci sono maggiori differenze all’interno del gruppo piuttosto che tra gruppi differenti.
Interazioni proficue tra gruppi diversi possono essere anche annullare gli stereotipi. Riconoscere
che si può cadere vittima di pregiudizi per primi, è uno dei punti cruciali per combatterli. Breslin
avverte che un sottile pregiudizio ‘è particolarmente prericoloso, perché predispone il ‘negoziatore’
a vedere le persone come problema, non come collega con il quale lavorare per risolvere un
problema.” (citazione presa da J. William Breslin, "Breaking Away from Subtle Biases," in
Negotiation Theory and Practice, eds. J. William Breslin and Jeffery Z. Rubin, (Cambridge: The
Program on Negotiation at Harvard Law School, 1991), pp. 247-250).
Esercizio 1. Lettura
A proposito di stereotipi:
chi è lo straniero?
l’immigrato, l’extracomunitario, il forestiero, il rom
oppure “l’altro”, il diverso da noi?
Straniero è colui che venendo dall’esterno pone il duplice problema dell’ospitalutà e
dell’accoglienza. Insieme pone anche l’aspetto della minaccia. Sono due caratteristiche
indissolubili. Ciò fa sì che lo straniero sia ospite e nemico al tempo stesso.
Rapporto tra straniero e dono.
Come insegnano i classici latini e greci il dono è sempre un inganno. Si presenta come qualcosa
che conferisce ed inganna al tempo stesso. E’ qualcosa che aggiunge, ma al tempo stesso ci
vincola, ci mette in condizione di subalternità. E’ esattamente ciò che accade con lo straniero Non
c’è dubbio che è un portatore di un dono e questo dono è il conferimento della nostra identità:
Possiamo definire la nostra identità solo in rapporto con l’altro da sé, e ciò che è veramente altro
è lo straniero.
Però lo straniero è accompagnato, in maniera indissolubile, da un’inquietante minaccia, questo è
l’aspetto che genera la paura. L’atteggiamento nei confronti della paura è uno degli aspetti più
rivelatori della miseria culturale del nostro dibattito. Sulla paura si sono costruite le fortune di
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alcune forze politiche, ora e nei tempi antichi. Attraverso la paura è facile esercitare il controllo
sociale ed acquisire consensi politici. Come uscire da questa paura?
Rovesciando il processo: si dovrebbe aprire una riflessione rigorosa per cogliere la polivalenza
dello straniero.
E’ indispensabile tenere ben distinte l’ospitalità, le nozione filosofica, dall’accoglienza che è
invece uno dei posssibili atteggiamenti politici con i quali affrontare l’argomento.”
Da Umberto Curi filosofo di Padova, Saggio, Il perturbante
Esercizio 2. Per discutere e agire:
1. Gli “stranieri” a volte possono suscitare diffidenza, paura o rabbia. Possiamo provare
irritazione quando altri non capiscono la nostra lingua, non mangiano lo stesso cibo, non bevono le
stesse bevande o non si comportano come noi.
La differenza è un motivo sufficiente per non rispettare gli altri?
Per quale motivo a volte la differenza ispira reazioni negative?
Come sarebbe il nostro mondo se ci comportassimo con tutti gli individui in uno spirito di
apertura e di accettazione, invece di reagire contro di loro con paura e diffidenza?
2. Quali politiche di pluralismo culturale dovremmo attuare al fine di garantire una
convivenza pacifica e armoniosa fra le persone?
3.3 Comunicazione e comunicazione interculturale
3.3.1 Il significato dei termini
Comunicare
1. Rendere participi di qualcosa, trasmettere.
2. Inviare e ricevere messaggi.
Comunicazione
1. L’azione, il fatto di comunicare e cioè di trasmettere e rendere partecipe.
2. Il fatto di comunicare, inviare e ricevere messaggi.
3. Il fatto di comunicare materialmente, di collegare ed essere collegato, il modo stesso e i
mezzi che consentono il passaggio e il collegamento.
Comunicazione interculturale
Comunicazione che mette in rapporto persone di culture differenti per giungere a un fine comune.
Si intendono culture differenti, ad esempio sia quelle di persone che appartengono allo stesso Paese,
ma vivono in zone diverse (nord, centro, sud) sia giovani ed anziani, uomini e donne, sia persone di
paesi differenti e di continenti diversi, sia persone di grado di istruzione differente.
La comunicazione è una delle caratteristiche principali del nostro secolo. Esiste una comunicazione
individuale, di gruppo, sociale, esistono mezzi di comunicazione sempre più veloci e sofisticati, sia
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per inviare le proprie idee ( lettere, internet: facebook, wikipedia, ecc), sia per spostarsi fisicamente
(aereo, missili, ecc.)
Quando si deve parlare con una persona che non parla la nostra lingua normalmente, soppratutto
nell’Italia e nel Mediterraneo ricorriamo alla mimica, ai gesti, al teatro per farci comprendere. Non
sempre però la comunicazione ha le stesse prassi e ciò innalza, a volte, un muro tra chi vuole
comunicare e chi non riesce a recepire ciò che si intende trasmettere.
Abbiamo già riflettuto sulle diverse modalità del saluto, operazione quotidiana e specchio di
differenze culturali profonde.
Riflettiamo ora sul fatto che la comunicazione è un diritto/dovere che le nostre leggi democratiche
debbono tutelare e rendere uguale per tutti. La comunicazione agisce istantaneamente è un potente
strumento di trasformazione sociale.
Lingue e dialetti
Secondo i documenti presentati, tutte le lingue hanno pari diritti e debbono essere tutte
salvaguardate perché la lingua è lo strumento indispensabile per l’espressione della propria
opinione e per lo scambio di pensieri e sentimenti.
Essa infatti sintetizza il passato e lo proietta nel futuro; si modifica con l’evoluzione della cultura
cui è legata e, a sua volta, influenza i fenomeni culturali.
Sistema complesso di suoni e di forme grammaticali, ogni lingua è accettata da una comunità
etnica, politica e culturale. Oggi, nel mondo si parlano 5000 lingue diverse e ancora più elevato è il
numero dei dialetti.
3.3.2 Social skill
Una riflessione indispensabile che deve fare un operatore al servizio del pubblico multietnico
riguarda il valore e la realtà delle persone che si trova di fronte.
Molti di voi avranno sicuramente già acquisito che le persone immigrate, portano con se costumi,
valori, tradizioni che vanno conosciute e rispettate in quanto sono la motivazione principale di
determinati comportamenti.
Ad esempio, il rifiuto di una donna musulmana di accettare lavori a fianco di uomini o richiedere
visite mediche solo da donne non sono il capriccio di una singola persona, ma corrispondono a
precise indicazioni religiose e di costume. Lo stesso discorso può valere per l'alimentazione,
l’abbigliamento, il saluto.
Molte incomprensioni spesso sono generate dalla non conoscenza della lingua, parlata e tanto più
scritta. Apparentemente le persone sembrano conoscere la lingua del Paese in cui arrivano, ma
sovente si sanno esprimere in forme primitive e, quasi mai, comprendono le nostre risposte o le
nostre indicazioni. Ciò genera una catena di incomprensioni che ostacolano la comunicazione ed , a
volte sfociano in trattamento discriminatorio.
Se la scarsa conoscenza ed educazione all'altro possono far sorgere conflitti e dispute non solo
culturali, ma anche di ordine religioso, la condivisione di modelli interculturali può rappresentare
una indispensabile risorsa. Per tali ragioni, diviene sempre più importante trovare strumenti
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adeguati al fine di favorire, da un lato l'inserimento e non l'assimilazione delle persone immigrate,
dall'altro la conoscenza di informazioni utili per tutti coloro che debbono praticare l'accoglienza e la
condivisione, anche solo di informazioni e prassi specifiche di comportamento, la prassi da usare
nei diversi posti di lavoro, gli obblighi che derivano da un’assunzione, il rispetto dell’orario di
lavoro, come ci si deve presentare ed interagire con padroni e colleghi, ecc.
Alcuni dei requisiti fondamentali che si richiedono ad un addetto allo sportello, che si trova a
svolgere anche il ruolo dell’operatore sono:
1. padronanza della lingua italiana e, almeno, di un'altra lingua straniera;
2. buona conoscenza della storia, della cultura e della religione sia italiana sia dei paesi di
provenienza di coloro che sono immigrati. Se si vuole, si possono suddividere gli utenti secono le
competenze specifiche degli operatori ed, ad esempio, un operatore sarà destinato agli utenti di
lingua inglese, un altro di lingua spagnola, ecc, tenendo presente che molte volte la lingua
determina anche la cultura. Un’altra possibilità é destinare gli operatori a specifiche aree
geografiche ad esempio: America Latina, Europa dell’Est, Africa, ecc.
In entrambi i casi è importante far in modo che gli operatori, accanto all’esperienza di base, possano
specializzarsi grazie all’esperienza diretta. Per far questo é consigliabile che ciascuno abbia un
quaderno dove annota le difficoltà specifiche incontrate durante la giornata, il modo in cui le ha
superate e discuterne con gli altri partecipanti al corso e/o con un superiore competente.
3. conoscenza di base della legislazione italiana in generale ed ottima competenza di quella del
lavoro, ma anche la normativa sull’immigrazione e le regole concernenti l’inserimento lavorativo di
stranieri nel mercato del lavoro locale.
4. la consapevolezza di essere al servizio dell’ utente che pretende: capacità di ascolto empatico e
specialistico, pazienza e capacità di mediazione;
5. elasticità nell'interpretazione del proprio ruolo;
6. solida formazione culturale e conoscenza dei meccanismi della comunicazione interpersonale e
cioè capacità di ascolto empatico e specialistico
7. possibilità di accesso ai servizi e alle modalità di espletamento delle principali pratiche.
L’operatore, la cui funzione necessita di vaste e ricche conoscenze sociali, storiche e culturali,
nonché di capacità e tecniche di mediazione e di conciliazione, è una figura essenziale al giorno
d'oggi. Essa svolge un ruolo determinante al fine dell'integrazione socio-culturale delle persone
immigrate.
3.3.3 La comunicazione
‘Se c’è una regola generale per la comunicazione è che non comunichiamo mai efficacemente come
pensiamo” (Handy 1985)
Troppo spesso c’è una differenza tra quello che diciamo e quello che pensiamo di aver detto, e tra
come pensiamo di trattare le persone e come loro ritengono di essere trattate. C’è una lacuna tra le
nostre intenzioni e azioni o interpretazioni che spesso sono riportate come una interruzioni nella
comunicazione. Questa interruzione può condurre a crisi nei rapporti, rendere le istruzioni difficili
da interpretare o causa offesa, risentimento o frustrazione.
Cos’è la comunicazione?
50% è come ci presentiamo:
- I gesti
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- La postura
- L’atteggiamento
- Lo sguardo
50% del messaggio trasmesso e come gli altri percepiscono il messaggio è influenzato da come ci
presentiamo.
40% è para-linguaggio
- L’intonazione, tono e velocità
- Volume
- Entusiasmo
- Interiezioni
10% è il contenuto linguistico
cosa diciamo, che cosa le persone sentono
4 orecchie
Una buona comunicazione è basilare per lavorare efficacemente con altri gruppi. Ma cosa è una
“buona comunicazione”?
Una risposta semplice potrebbe essere: comunicazione efficace avviene quando quello che dici
viene capito per quello che significa. Proprio come le onde radio trasmesse sono captate da una
ricevente. Se, per esempio, le condizioni atmosferiche sono cattive, il ricevente avrà un messaggio
distorto. Il messaggio non arriverà a destinazione come dovrebbe essere.
La comunicazione umana è ancora più complicata delle onde radio. Comunichiamo non solo con le
parole, ma anche con il corpo poiché forniamo segnali non verbali con esso. Il teorico tedesco della
comunicazione Friedemann Schulz von Thun dichiara che ogni messaggio ha 4 aspetti:
1 – il contesto
2 – il sentimento
3 – la richiesta
4 – la relazione tra attori
Per esempio, se diciamo ad un amico “Sono le 5 in punto”, forse si vuole solo comunicare questo
fatto, ma può darsi si voglia sottolineare il fatto che si è in ritardo. Un’altra possibilità è dire “Ora
preferisco fare altro piuttosto che stare con te” alla persona con la quale stiamo parlando. O forse
intendiamo dire al nostro interlocutore di finire più rapidamente quello che sta dicendo? Qualsiasi
cosa diciamo, poniamo un accento più forte su certi elementi piuttosto che altri.
I fraintendimenti capitano quando inviamo un messaggio con un significato ma il ‘ricevente’ lo
sente diversamente, come se lo sentisse con ‘orecchie’ diverse. Secondo questo modello, una
comunicazione efficace può avvenire quando il messaggio è ricevuto con lo stesso codice di
significato con il quale è stato inviato.
Cosa può fare colui che invia il messaggio per essere sicuro che questo raggiunga il ricevente nel
modo corretto? Prima di tutto, anche se sembra ovvio, è essenziale che il messaggio sia inviato in
modo che il ricevente lo possa capire. Significa parlare chiaramente in modo che la persona possa
capire, usando termini che la persona possa comprendere, in modo da permettere di recepire le
parole come le sente.
Secondo il nostro sviluppo personale, tendiamo a cogliere certi aspetti del messaggio piuttosto che
altri. Ci sono persone, per esempio, che sentono tutto quello che viene detto loro come se fosse
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un’accusa, anche se non è cosi in realtà. Altre persone, invece, recepiscono tutto come un comando
al quale obbedire, e cosi via. Rifletti su alcuni fraintendimenti che hai vissuto, e cerca di
identificare come li hai percepiti.
Naturalmente, questi sono solo alcuni esempi su cosa il messaggio può contenere. Il codice del
messaggio dipende dal contesto, dal linguaggio del corpo e da molte altre cose. Se impari a mandare
un messaggio esprimendolo con un codice il più chiaro possibile, aiuti la conversazione e il partner
a capire correttamente.
‘Decodificare’ i messaggi degli altri può rivelarsi un po’ più difficile. Se non si conosce la persona,
o se questa ha una cultura diversa, può essere più difficile capire il ‘codice’. Se non si è sicuri,
invece di reagire, è meglio chiedere ‘cosa intendi dire?’
Fonte: www.schulz-von-thun.de
Offri comportamento positivo e interessato
- concentra la tua attenzione sul soggetto: ferma tutte le attività non rilevanti per concentrarti sulla
persona che parla o sull’argomento.
- ripassa mentalmente cosa già sai sull’argomento – organizza in anticipo il materiale rilevante per
svilupparlo in seguito (altri casi simili, altre esperienze, altre situazioni).
- evita le distrazioni – siediti vicino al tuo interlocutore, in modo appropriato. Evita distrazioni (una
finestra, rumori, vicini rumorosi, ecc…)
- comprendi il tuo stato emozionale - sospendi le emozioni, o partecipa passivamente se non riesci
a controllarle.
- accantona i pregiudizi, le tue opinioni – si è presenti per recepire cosa l’interlocutore ha da dire,
non il contrario.
3.3.4 Ascolto attivo
Metodologia
• Scopo - Migliorare l’abilità di comunicazione e ascolto attivo.
• Metodologia – Hai mai vissuto un’esperinza nella quale avresti voluto spiegare qualcosa, ma
la persona era occupata a fare altro e non siete riusciti a catturare la sua attenzione? Vi
sembrava di ‘parlare al muro’? L’ascolto attivo significa inviare segnali al vostro
interlocutore in modo da permettergli di seguire il flusso del discorso. Significa, rivolgersi –
fisicamente –verso di lui/lei, e rivolgere verso di lui/lei lo sguardo. Significa anche ripetere
quello che la persona dice, per dimostrare di aver capito. Se la persona comprende di essere
ascoltata, sarà più predisposta a parlare con voi.
Di seguito sono elencati alcuni consigli pratici su come ascoltare attivamente:
Atteggiamento positivo e interessato
• Focalizza l’attenzione sul soggetto
– Ferma tute le attività non pertinenti per concentrare l’attenzione su chi parla e
sull’argomento
• Ripassa mentalmente cosa sai già sull’argomento
– Organizza in anticipo il materiale che ti serve in seguito (precedenti sessioni, articoli
di giornale, tue esperienze precedenti…)
• Evita le distrazioni
– Siediti in modo composto, vicino al parlante, in modo appropriato. Evita le
distrazioni (una finestra, I vicini che parlano, rumori esterni…)
• Percepisci il tuo stato emozionale
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•
– Sospendi le tue emozioni fino a dopo il colloquio, a meno che tu sappia controllarle.
Accantona i tuoi pregiudizi e opinioni
– Devi essere disposto a conoscere cosa l’interlocutore ha da dire, non il contrario.
L’ascolto:
- Concentrati sulla persona che sta parlando – segui e comprendi chi sta parlando come se
fossi al suo posto. Ascolta con le orecchie ma anche con gli occhi e gli altri sensi.
- Presta attenzione ai punti della conversazione non verbale. Lascia che l’argomento o
presentazione segua il suo corso. Non concordare o dissentire, ma incoraggia a esprimere
il pensiero.
- Sii coinvolto: rispondi attivamente alle domande. Incoraggia chi sta parlando e mostra
interesse.
Fonte: http://www.studygs.net/listening.htm
Per discutere e agire:
Fredy ha partecipato al laboratorio di formazione UNESCO/IYP (International Year for
Peace) in Colombia. Nella sua città in Colombia ci sono veramente poche televisioni perché il
segnale televisivo nazionale è molto difficile da captare. L’elettricità è un privilegio di pochi. Per
poter accedere a Internet, Fredy deve comprare il carburante per alimentare un generatore, grazie
al quale può accedere un computer, avuto in prestito, e utilizzare il servizio di posta elettronica per
qualche minuto. E’ il rappresentante dei gruppi giovanili nella propria città ed è solo grazie alla
sua posizione che può accedere a Internet. La maggior parte degli altri giovani della sua città non
ha mai la possibilità di accedere a Internet. Tutti gli altri giovani ammirano e rispettano Fredy per
questo privilegio.
1. In che modo le nuove tecnologie d’informazione e di comunicazione (NTIC) hanno
cambiato il mondo? Chi beneficia di questo cambiamento? Quali saranno le conseguenze a lungo
termine sulle comunità come quella di Fredy se il progresso avanza al ritmo attuale ?
2. Alcuni popoli non hanno i mezzi per parlare agli altri della bellezza e unicità della propria
cultura. Quali sono le conseguenze in termini di diversità culturale?
3. Non tutti hanno la stessa possibilità di accedere a Internet e alle altre tecnologie della
comunicazione. Questo fatto ha anche un impatto sul tipo di informazioni e sui contenuti disponibili
in Internet e negli altri mezzi di comunicazione di massa. In quanti siti internet si parla della vostra
comunità/cultura? Quali sono le vie per incoraggiare e incrementare la presenza dei contenuti
locali in Internet e nei mezzi di comunicazione di massa in generale?
Esercizi / Esempi:
Per essere dei “buoni comunicatori” sono indispensabili gli social skills ricordati nel capitolo
dedicato.
La riprova che la nostra comunicazione è stata efficace è la risposta che ne deriva. Come, ad
esempio, in questa situazione:
L’utente: Fa una domanda.
L’operatore: Deve rispondere con una strategia di comunicazione che si basa sui seguenti requisiti.
a) Deve conoscere la lingua (sia la sua che quella dell’utente).
b) Deve avere conoscenza della tematica trattata nella domanda.
c) Deve conoscere i codici verbali e quelli non verbali per farsi capire.
A questo punto, possono succedere tre cose:
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1. L’utente non risponde né affermativamente né negativamente.
Questo vuol dire che non ha capito e, perciò, la comunicazione non è stata efficace.
2. L’utente fa una seconda domanda.
Questo vuol dire che ha capito in maniera parziale oppure completamente e perciò la
comunicazione è stata efficace.
3. L’utente risponde affermativamente.
Questo vuol dire che il messaggio è stato interpretato in maniera corretta.
Sia nel 2 che nel 3 è nato un dialogo e quindi una comunicazione efficace.
3.3.5 Gestione dei conflitti
Un’attività raramente si sviluppa esattamente come dovrebbe. I conflitti posso scatenarsi in ogni
momento, e le cause possono essere molte e diverse, prevedibili o imprevedibili.
Un conflitto può capitare all’interno del gruppo o tra individui. La natura umana detta che non si
possa tutti concordare sulle stesse cose tutte le volte e allo stesso modo, quindi si cerca di essere
realistici e accettare che durante un’attività si possa incontrare un conflitto di qualche tipo e bisogna
essere in grado di affrontarlo.
La chiave per affrontarlo efficacemente è rimanere allerta, essere preparati, calmi e non farsi
coinvolgere.
Prevenzione – essere preparati
Creare un programma bilanciato che riconosca le dinamiche del gruppo o le interazioni con l’altra
persona per evitare che il processo si inneschi da solo; essere quindi preparati e adattare le proprie
emozioni di conseguenza, il livello di energia e i bisogni.
- Coinvolgere gli attori nell’identificazione dei modi di risoluzione del conflitto
- Sviluppare discussioni guidate
- Mantenere un equilibrio tra emozioni personali e attività con l’altra persona
- Cercare di lenire la tensione, far sedere l’altro comodamente, e far cambiare la
prospettiva
- Incoraggiare l’ascolto attivo, per chiarire le posizioni, opinioni e interessi
- Cercare soluzioni che possono risolvere il problema senza creare conflitti
Cause comuni di conflitto e come risolverle
Il tempo – numerose e lunghe sessioni possono influire sul rendimento, così come scarsa energia e
mancanza di interesse. Strumenti come il misuratore di umore possono aiutare a controllare
regolarmente le emozioni e i livelli di energia, per adattare il tuo piano di lavoro o le attività.
La risposta – una risposta resa poveramente può creare incomprensione o essere percepita come una
critica anche non ve ne è intenzione. Quando rispondiamo è importante rispettare le emozioni degli
altri, concentrandoci su quello che viene detto, fornendo spiegazioni a quanto detto. È meglio dire
“non concordo con quello che stai dicendo” piuttosto che ‘come puoi essere cosi stupido da non
capire?’
Le risposte
• Rispondere in modo poco articolato può creare incomprensioni, o essere percepita come una
critica anche se l’interlocutore non ne h al’intenzione.
• Quando diamo una risposta, è importante percepire lo stato d’animo degli altri, per
concentrarsi su quello che dicono o hanno fatto, e per capire il loro punto di vista.
• É meglio dire che non si ha capito, che attaccare con parole o offendere l’altra persona.
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Responsabilità – Alcune persone si prendono responsabilità altre le schivano come la peste. Alcune
persone hanno molte responsabilità nella vita privata, altre hanno poco da tenere a mente. Presta
attenzione che la persona davanti a te sia comoda e capisca cosa gli è stato detto. Non esitare a
intervenire se pensi che il messaggio non sia stato recepito, e lasci che siano loro ad essere
responsabili per le loro decisioni e supportali nel loro processo di assimilazione.
Una guida in 6 passi per la risoluzione
La base per ogni sforzo per negoziare in modo collaborativi la risoluzione di conflitti è una
atmosfera positiva e di rispetto nella quale coltivare la comunicazione. In realtà, bisogna essere
coscienti del fatto che la relazione tra individui potrebbe non essere basata sulla fiducia, quindi vi
sono 2 opzioni da considerare:
- Costruire un senso di fiducia a priori,
- Accettare l’assenza di fiducia, e considerare un modo pratico per lavorare senza di essa.
I sei punti seguenti possono essere di aiuto in questo secondo caso.
1 - dare un nome alla paura: spesso si è riluttanti a definire chiaramente i problemi e le sfide che ci
inibiscono. Dando loro un nome, trovando la fonte delle paure e cosa le fa scattare, ci liberiamo dal
problema poiché lo rendiamo visibile.
2 – stabilire le regole di base - è uno strumento essenziale per chiarire i bisogni e le aspettative della
negoziazione.
3 – accantonare la negoziazione del conflitto per poter chiarire ‘i risultati attesi’ – questa fase è più
incentrata sul risultato che sul chiarimento del conflitto. A volte questa soluzione è più meglio
accettata della mediazione.
4 – concentrarsi su cosa è avvenuto in passato, e su cosa vorremmo succedesse in futuro – questo
approccio fa si che si sposti l’attenzione su elementi positivi, e si passi da una situazione di conflitto
ad un atteggiamento di risoluzione del problema.
5 - riconoscere l’importanza del vedere lo schema generale per comprendere il significato specifico
del conflitto - Focalizzarsi sul singolo problema è inutile, bisogna comprendere l’intero contesto
nel quale si è presentato.
6 – Capire che la negoziazione del conflitto è un atto di coraggio – buttarsi nel processo di
risoluzione richiede coraggio. Richiede che ci si confronti con le proprie paure e si affrontino le
minacce insite nel conflitto. Quando le persone sono bloccate da un conflitto, bisogna trattenersi dal
risolverlo per loro, ma si deve accettare la responsabilità di facilitare un processo di soluzione
comune. Se si accetta il proprio ruolo, le persone percepiscono la sicurezza e sono più disposti a
lavorare per la risoluzione.
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MODULO 4
Connessioni con il mercato del lavoro
4.1 – Il sistema produttivo in Italia
Le attivita economiche
Industria e servizi8
Il sistema produttivo italiano è caratterizzato dalla presenza di micro imprese: sono quasi 4,3
milioni le imprese con meno di 10 addetti, rappresentano il 95% del totale e occupano il 46% degli
addetti. Il 21% degli addetti (quasi 3,8 milioni) lavora nelle piccole imprese (da 10 a 49 addetti) e il
12,5% % (oltre 2,2 milioni) in quelle di media dimensione (da 50 a 249 addetti).Le imprese con 250
addetti e più sono meno dell’1% (3.735) e tuttavia assorbono il 20% dell’occupazione complessiva
(circa 3,6 milioni di addetti).
La struttura delle imprese, in termini di attività economica, è caratterizzata da una forte
concentrazione dell’occupazione nel settore manifatturiero, con oltre il 25 % degli addetti totali, nel
Commercio all’ingrosso e al dettaglio (20 % dell’occupazione totale) e nelle Costruzioni (poco più
dell’11 %). In particolare, all’interno del manifatturiero si conferma il peso rilevante della
Fabbricazione di prodotti in metallo, le cui imprese occupano 792 mila addetti, delle Industrie tessili
(quasi 597 mila addetti) e delle Industrie alimentari (oltre 439 mila addetti).
In termini di localizzazione, 1,3 milioni di imprese (quasi il 30 % del totale) hanno la sede
amministrativa nel Nord-ovest: esse occupano il 34 % degli addetti complessivi ed operano
prevalentemente nel settore degli Altri servizi (42 % delle imprese della ripartizione). Il settore
degli Altri Servizi caratterizza anche il Centro (42 %) e il Nord-est (38 %), mentre il Commercio
prevale nelle regioni meridionali (44 % sia nel Sud sia nelle Isole). In termini di occupazione si
conferma solo in parte quanto evidenziato per le imprese: nel Nord-ovest continua a prevalere il
settore degli Altri Servizi (31 % degli addetti della ripartizione), nel Mezzogiorno il Commercio
(rispettivamente 38 % nel Sud e 40 % nelle Isole), mentre nel Nord-est prevale l’Industria in senso
stretto (32 %) e nel Centro il Commercio (36 %). (Istat ,2010)
Agricoltura9
8
Fonte: Istat (2010), “Struttura e dimensione delle imprese. (ASIA) Anno 2008”, Statistiche in breve. Non sono incluse le attività economiche relative a: agricoltura (sezione A della classificazione NACE Rev. 2); amministrazione pubblica e difesa; assicurazione sociale obbligatoria (sezione O); attività di organizzazioni associative (divisione 94); attività di famiglie e convivenze come datori di lavoro per personale domestico; produzione di beni e servizi indifferenziati per uso proprio da parte di famiglie e convivenze (sezione T); organizzazioni ed organismi extraterritoriali (sezione U); le unità classificate come istituzioni pubbliche e istituzioni private non profit. 9
Fonte: Istat (2009), “Struttura e produzioni delle aziende agricole. Anno 2007”, Statistiche in breve www.bridge-europe.eu
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Nel 2007 le aziende agricole italiane sono risultate pari a 1,7 milioni. La struttura dell’agricoltura
italiana agricoltura italiana è prevalentemente a carattere familiare: le aziende a conduzione diretta
del coltivatore sono circa 1,6 milioni, pari al 93,9% del complesso di aziende con superficie
agricola utilizzata (SAU). Le aziende a conduzione con salariati e/o compartecipanti (conduzione in
economia) risultano pari solo a 97 mila unità, rappresentando il 5,8% del totale delle aziende e
detengono complessivamente 2,6 milioni di ettari di SAU (pari al 20% del totale della SAU).
Fonte: Istat (2010), “Struttura e dimensione delle imprese. (ASIA) Anno 2008”, Statistiche in
breve; Istat (2009), “Struttura e produzioni delle aziende agricole. Anno 2007”, Statistiche in
breve; Università degli Studi di Trento -Silvio Pugliese (a cura di) Economia e Organizzazione
Aziendale (www.inf.unitn.it)
Tipologie di imprese
LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA
La struttura organizzativa delle imprese consiste nella modalità di distribuire compiti e
responsabilità tra le persone che operano nel’azienda. La struttura organizzativa di un’impresa varia
in funzione del variare di una serie di fattori, tra cui ad esempio: dimensione dell’azienda, tipologia
dei clienti, prodotti forniti.
In termini di responsabilità e di coordinamento delle decisioni, le principali strutture
organizzative adottate dalle imprese Italiane sono:
La struttura semplice o piatta: il meccanismo di coordinamento è molto semplice, ci sono pochi
livelli direttivi. Normalmente, la supervisione è diretta eseguita dal vertice strategico (spesso il
proprietario dell’impresa) che accentra le varie funzioni e gli impiegati rispondono direttamente al
vertice strategico. Questa struttura viene normalmente adottata dalle microimprese e dalle piccole
imprese.
La struttura gerarchica: in questa struttura l’autorità e le responsabilità discendono dall’alto verso
il basso, lungo la linea gerarchica. Le decisioni strategiche vengono prese a livello di direzione che
decide anche il livello di delega ai livelli inferiori; ai livelli operativi il coordinamento avviene
prevalentemente attraverso standard e procedure. Normalmente, in queste strutture ogni funzione ha
un direttore, il quale, per comunicare con gli altri direttori dello stesso livello , deve passare
attraverso il superiore gerarchico. Questa struttura viene normalmente adottata dalle imprese di
dimensioni medie e grandi.
Qualsiasi tipo di struttura organizzativa venga utilizzata, comprende alcune funzioni fondamentali
per la gestione. La presenza delle varie aree funzionali dipende dalla dimensione dell’azienda. Nelle
imprese di dimensioni medio e grandi sono normalmente presenti le seguenti aree funzionali di
gestione:
Ricerca e Sviluppo: presidia essenzialmente l’attività di progettazione dei prodotti e dei processi
necessari a realizzarli. Si tratta generalmente di attività poco ripetitive, i cui risultati sono difficili da
misurare, e richiedono un alto livello di competenza specialistica. Le risorse umane sono in genere
specializzate (tecnici e ricercatori).
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Produzione: rappresenta l’area operativa centrale dell’impresa industriale, che si fa carico della
trasformazione delle materie prime e semilavorati per ottenere i prodotti finiti e rappresenta in molti
casi il fattore critico di successo dell’azienda.
Personale: rappresenta una funzione trasversale (che attraversa tutte le funzioni aziendali),
destinata ad acquisire e gestire la risorsa più importante dell’impresa : il potenziale umano e
professionale. Con il passare degli anni questa funzione è diventata sempre più importante al punto
che oggi rappresenta probabilmente il principale fattore critico di successo.
Acquisti: rappresenta una funzione normalmente di piccole dimensioni ma economicamente molto
rilevante; ha lo scopo primario di assicurare l’acquisizione delle risorse (materie prime e
semilavorati, macchine e attrezzature), nella quantità e nella qualità necessarie all’impresa per
conseguire i propri obiettivi.
Marketing e Vendite: la funzione raggruppa tutte le attività necessarie a comprendere i bisogni dei
clienti e a soddisfarli consegnando un prodotto competitivo in termini di qualità, quantità e prezzi.
Le principali attività sono: analisi del mercato, politica di prodotto e di prezzo, organizzazione
commerciale, gestione delle scorte.
Amministrazione e finanza: ha lo scopo primario di trasformare in valore monetario tutte le
attività svolte dall’impresa e verificarne la concordanza con gli obiettivi aziendali. Tra le principali
attività vi sono: gestione delle scritture contabili, della tesoreria, dei rapporti con le banche,
reporting periodico sull’andamento economico dell’azienda.
L'Italia è un paese che da sempre presenta un tessuto produttivo piuttosto differenziato. Due delle
caratteristiche importanti nell'analizzare il tessuto produttivo italiano sono:
 le specializzazioni territoriali
 la presenza dei distretti industriali
Entrambi questi fattori rendono il tessuto produttivo di ogni regione particolare sia per quanto
riguarda la specializzazione produttiva, sia per quanto riguarda la cultura di impresa, sia per quanto
riguarda la modalità organizzativa delle aziende appartenenti allo stesso settore o distretto.
La dimensione media dell'impresa, rispetto ad altri paesi, è tendenzialmente piuttosto piccola:
secondo i dati ISTAT 200810 sono solo 3.500 (su circa 4.435.000) le imprese con oltre 250 addetti.
Un terzo di queste si concentrano nelle attività manifatturiere. Anche questo fattore incide molto
sulla cultura di impresa e sulle modalità di organizzazione e di gestione aziendali.
Molte sono le aziende a gestione famigliare, anche nel caso di un grosso numero di addetti.
Le aziende famigliari
In Italia sono presenti almeno due tipologie di aziende famigliari:
 quelle che nel tempo si sono date una modalità di gestione “moderna”, solitamente quelle
che sono state maggiormente aperte verso l'esterno, che hanno affrontato la concorrenza
10
ISTAT Tav. 2 - Principali aggregati e indicatori economici delle imprese industriali e dei servizi, per settore di attività
economica (Ateco2007) e classe di addetti delle imprese - Anno 2008
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internazionale o che si sono confrontate con un mercato internazionale, che hanno aperto
stabilimenti produttivi o altre forme di rappresentanza in paesi terzi e sono state costrette ad
adottare modalità gestionali ed organizzative più simili a quelle delle grandi aziende se non
addirittura delle multinazionali. In questi casi il termine famigliare è più legato al nome che
alla tipologia aziendale (es.: Ferrero, Barilla, Pininfarina ecc.)
 Quelle che, pur crescendo a livello dimensionale, non hanno ritenuto di modificare le
modalità di gestione interne e che operano quindi ancora secondo logiche da pater familias,
pur in presenza di un numero di addetti anche sopra le mille unità.
Per un maggiore dettaglio sui settori produttivi prevalenti in Italia, per la dimensione di impresa e
per avere dei dati sui settori merceologici maggiormente trainanti in ogni periodo, in ciascun
territorio italiano, si possono consultare i seguenti siti o link.
http://www.istat.it/imprese/
http://www.istat.it/salastampa/comunicati/in_calendario/compimp/20101027_00/
I dati sulla produzione e sulle imprese ed i lavoratori attivi in Italia sono anche raccolti e pubblicati
dalle Camere di Commercio regionali, dall'INPS e da altri istituti nazionali quali l'INAIL ecc.
Può risultare interessante rivolgersi direttamente ai siti degli enti suddetti per ottenere dati
aggiornati e che diano conto delle specifiche territoriali e distrettuali del nostro paese.
Il talento in una multinazionale
Scritto da Massimo Sozzi Martedì 16 Novembre 2010 09:20
Nonostante l'Italia sia il paese delle PMI (piccole medie industrie), le aziende più ambite
sono, come evidenziato dall'EBPS 2009, le multinazionali.
Ma una multinazionale è difficile trovarla sotto casa. E poi, una volta trovata la
multinazionale dei propri sogni, quali sono i canali giusti per far conoscere il proprio talento? Quali
sono i parametri con cui una multinazionale seleziona i candidati?
AlmaLaurea ha intervistato Marta Guidarelli, HR Leadership Development Specialist
della Unilever, realtà multinazionale con sedi presenti in oltre 170 paesi del mondo.
Leggi l'intervista su
http://www.psicologiadellavoro.com/risorse-umane/recruiting-selezione/556-il-talento-in-unamultinazionale
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CULTURA ORGANIZZATIVA
Se da un lato non è affatto facile descrivere la cultura organizzativa di un'azienda, appare tuttavia
importante inserire questo elemento come focus di attenzione per coloro che cercano opportunità di
lavoro. E’ difficile descrivere la cultura di un’organizzazione poiché essa si basa su assunti che
vengono in larga parte dati per scontati, come se tutti dovessero conoscerli a prescindere dalla loro
vita extraprofessionale e dalle loro esperienze precedenti; nel caso di uno straniero che si inserisce
in una organizzazione lavorativa il problema culturale si pone sotto una duplice prospettiva: quella
interna, dell'azienda e quella esterna, della cultura del paese in cui l'azienda opera che sarà
condivisa da gran parte dei lavoratori presenti.
Non è però difficile rendersi conto che la cultura organizzativa è l’insieme di tutte quelle
modalità di agire e quei valori che un’organizzazione esprime quando opera e quando decide.
E’ la cultura ed i valori dei suoi fondatori o delle persone di successo che hanno influenzato e
influenzano i modi in cui un’organizzazione opera.
La gestione del potere, il ruolo dato alla gerarchia, le modalità di comunicazione, l’approccio
più individualistico o di squadra, più competitivo o collaborativo, l’autonomia e la delega sono tutte
variabili che connotano una cultura aziendale e differenziano un’organizzazione da un’altra.
La cultura è data da una serie di elementi che si consolidano in un gruppo, in un’organizzazione in
base alle esperienze di successo che hanno segnato il gruppo.
Molte delle figure professionali presenti ad esempio nelle aziende manifatturiere sono assai diverse
a seconda della dimensione aziendale. La cultura organizzativa delle aziende con un numero di
dipendenti superiore a 250 è sicuramente diversa da quella delle aziende con un numero di addetti
inferiore. Le multinazionali sono ancora un mondo differente dal punto di vista dell'organizzazione
interna ma anche delle caratteristiche e dei saperi professionali dei manager e delle figure apicali in
generale.
Considerare il paradigma culturale di un'organizzazione è indispensabile ai fini del raggiungimento
degli obiettivi che l'organizzazione cerca di perseguire. Cogliere gli aspetti di cultura organizzativa
favorisce l'integrazione dei lavoratori neoassunti in generale e a maggior ragione agevola
l'inserimento dei lavoratori provenienti da esperienze culturali, linguaggi e paradigmi diversi.
VALORI E ATTESE SUL LAVORO
Le aziende impiegano molto tempo e risorse nel curare la propria immagine: quanto più sono
esposte all'esterno, ossia quanto più sono esposte sul mercato o vicine ai clienti (es: aziende
alimentari o aziende con marchi molto diffusi e conosciuti) tanto più investono nella ricerca della
esplicitazione dei loro valori, all'esterno.
Non è sempre detto però che a fronte di un investimento sulla determinazione dei valori da mostrare
all'esterno, lo stesso investimento venga fatto per studiare o definire i valori interni o quanto i valori
esterni siano vissuti anche sul versante interno.
Le imprese si coinvolgono in iniziative di solidarietà sociale, a valenza etica ma a volte esse stesse
hanno un difficile rapporto, per esempio, con il rispetto dei diritti dei lavoratori, in alcuni paesi, al
loro interno!
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Capire quindi il tessuto valoriale, la storia dell'azienda nella quale si viene assunti può costituire un
elemento che, insieme ai requisiti più strettamente tecnico-professionali, aiuta il periodo di
inserimento delle persone nuove in azienda.
Le aspettative sul lavoro sono senz'altro influenzate dalla cultura aziendale, ma anche dalla
tipologia dell'organizzazione. Lo steso ruolo professionale è interpretato in maniera diversa a
seconda del contesto organizzativo nel quale viene giocato. E' anche per questo motivo che è
importante analizzare le professioni e le posizioni lavorative, per farsi un'idea migliore di quello che
ogni figura comporta all'interno delle diverse organizzazioni produttive o di servizi.
D'altronde anche ogni individuo che entra in una organizzazine è portatore delle sue attese e dei
suoi valori professionali e non. Ciascuno attribuisce al proprio lavoro un significato che lo
caratterizza e che lo rende fonte di soddisfazione personale. Questo significato si basa sui valori
professionali, che sono le cose per le quali secondo ciascuno, vale la pena lavorare. Alcuni lavorano
per aiutare altri, alcuni per fare carriera, si può lavorare per la sicurezza economica e per esprimere
il proprio valore, alcuni lavorano per esprimere la propria creatività o per ottenere approvazione
sociale. Le motivazioni profonde che sottendono le scelte professionali sono diverse e variate,
solitamente variano in base ai bisogni della persona e alle sue caratteristiche personali, culturali e
agli ideali.
Conoscere i propri valori lavorativi permette di compiere consapevolmente e in modo più motivato
le scelte professionali, garantendo che il lavoro possa essere in armonia ed equilibrio con le
preferenze e le credenze della persona nel suo complesso, a prescindere dall'ambito lavorativo.
Conoscere i propri valori permette inoltre di entrare meglio in sintonia con la visione del lavoro del
proprio futuro capo, dei nuovi colleghi e dell'organizzazione nel suo insieme.
Le figure professionali
In Italia è l'ISTAT a censire, insieme alle altre caratteristiche della popolazione, del sistema
produttivo ecc., anche le professioni. L'ultimo censimento della popolazione in Italia risale al 2001;
il censimento avviene ogni 10 anni, tuttavia, nel 2006 l'ISTAT, in collaborazione con l'ISFOL ha
rivisto la classificazione delle professioni, arricchendola con un minimo di descrizione. Pertanto,
oltre ad enumerare le professioni italiane, esse sono oggi anche sinteticamente descritte. Le figure
professionali in Italia sono racchiuse in una sorta di dizionario delle professioni che viene utilizzato
dal ministero del lavoro e dai Centri per l'Impiego, per classificare i lavoratori che entrano, escono o
permangono sul mercato del lavoro, sia che lavorino, sia che siano alla ricerca del lavoro. Le
“etichette” professionali presenti nelle banche dati ed utilizzate dal Ministero e dai CPI sono oltre
6700. Da sempre Organizzazioni Sindacali, Ministero del Lavoro, Enti di Formazione, Agenzie di
Orientamento ecc. si occupano e preoccupano di dare una definizione il più possibile condivisa
delle professioni, anche se un sistema univoco di classificazione delle professioni valevole per tutta
Italia non esiste ancora, o per lo meno non è utilizzato da tutti i soggetti preposti e per tutti i diversi
scopi: selezione, formazione, valutazione, sviluppo del personale ecc.
Dalla collaborazione Istat-Isfol, nasce, come detto, la Nomenclatura e classificazione delle Unità
professionali, meglio nota come NUP06, la quale rappresenta un avanzamento della Classificazione
delle professioni del 2001 (CP01) perché ne estende il dettaglio classificatorio ed aggiunge una
componente descrittiva definendo, per ognuno dei cinque livelli di classificaizone previsti, i
contenuti del lavoro ad esso corrispondente.
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In questo modo la NUP06 diventa uno strumento di rappresentazione dei contenuti del lavoro più
analitico e trasforma la CP01 in un "dizionario", fondamentale per comprendere il mondo delle
professioni.
La struttura della NUP06 è fondata sulla logica della classificazione internazionale delle professioni
(ISCO-International Standard Classification of Occupations) ed è a quest'ultima completamente
raccordabile.
I cinque livelli della classificazione NUP sono articolati secondo il criterio della competenza.
L'ultimo livello gerarchico della NUP06, l'unità professionale, racchiude al suo interno professioni
omogenee rispetto a conoscenze, competenze, abilità richieste e attività lavorative svolte.
Le voci professionali elencate all'interno di ciascuna delle 805 unità professionali non costituiscono
l'elenco esaustivo delle professioni circolanti nel mondo del lavoro italiano, ma sono riportate a
mero titolo esemplificativo per orientare e facilitare al lettore la consultazione e la ricerca.
La NUP06 è consultabile al seguente link
http://www.istat.it/strumenti/definizioni/professioni/nup/
Un riferimento che ha una certa valenza a livello nazionale, rispetto alla descrizione delle
professioni, quindi non solo rispetto alla loro catalogazione, e ai percorsi formativi o ai pre requisiti
per svolgere quella determinata professione si può trovare all'interno del sito dell'ISFOL
http://orientaonline.isfol.it/Versione_Accessibile/Professioni/index.scm
L'ISFOL L’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (Isfol) è un
ente pubblico di ricerca.
Svolge e promuove attività di studio, ricerca, sperimentazione, documentazione, valutazione,
informazione, consulenza e assistenza tecnica per lo sviluppo della formazione professionale, delle
politiche sociali e del lavoro.
Contribuisce al miglioramento delle risorse umane, alla crescita dell’occupazione, all’inclusione
sociale e allo sviluppo sociale.
Altri riferimenti per le modalità di classificazione delle professioni si possono trovare su alcuni siti
delle agenzie per il lavoro più grandi ed importanti in Italia. E' il caso ad esempio di Adecco che
aveva un dizionario delle professioni interne abbastanza articolato e che lo ha però ridotto a sole tre
voci professionali: addetto alla logistica, addetto ai tempi e metodi e commesso venditore. Queste
tre figure sono consultabili al link:
http://www.adecco.it/it-IT/consigli-lavoro/dizionario-professioni/Pages/default.aspx
Altri riferimenti e classificazioni delle professioni utilizzate in Italia e comparabili con sistemi di
classificazione internazionali delle professioni si possono trovare:
http://extranet.regione.piemonte.it/fplavoro/centrorisorse/studi_statisti/monografie_studi/classificazione.htm
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Altra importantissima fonte italiana per la classificazione delle professioni è costituita dalla banca
dati Excelsior, consultabile al sito
http://excelsior.unioncamere.net/web/index.php
Esiste anche una versione in lingua inglese del sito e dei suoi risultati.
Questa banca dati, creata dall'Unione Italiana delle Camere di Commercio Industria, Artigianato e
Agricoltura, in collaborazione con il Ministero del Lavoro e con l’Unione Europea, a partire dal
1997, rappresenta il quadro previsionale della domanda di lavoro e dei fabbisogni professionali e
formativi espressi dalle imprese, fornendo indicazioni di estrema utilità soprattutto per supportare le
scelte di programmazione della formazione, dell’orientamento e delle politiche del lavoro. Sono
quindi dati scaturiti annualmente da una serie di interviste alle imprese italiane, nelle quali viene
loro chiesto di esprimere delle previsioni rispetto alle professioni che intenderanno assumere o
dismettere per l'anno successivo a quello dell'intervista.
L’indagine è svolta in ogni provincia italiana dalla rete delle Camere di Commercio con
interviste dirette o telefoniche , coinvolgendo un campione di 100.000 imprese di tutti i settori
economici e di tutte le dimensioni. L’elevato numero di interviste e la metodologia complessiva
adottata nella costruzione del campione consentono di ottenere dati statisticamente significativi a 12
mesi per tutte le 105 province italiane italiane (comprendendo le nuove province di Monza e
Brianza e Fermo).
Per tale motivo Excelsior è considerata una delle più ampie indagini previste dal Programma
Statistico Nazionale e rappresenta lo strumento informativo più completo disponibile in Italia per la
conoscenza dei fabbisogni professionali e formativi delle imprese.
Per ogni impresa vengono rilevati i programmi di assunzioni di personale dipendente per i
dodici mesi successivi e le relative uscite (per pensionamenti, scadenze di contratto, ecc.). Per le
assunzioni sono raccolte informazioni analitiche sulle caratteristiche del personale che l’impresa
intende acquisire.
Le informazioni raccolte con Excelsior riguardano, in sintesi:









le caratteristiche delle imprese che assumono;
motivi di non assunzione per le imprese che non assumono;
i movimenti occupazionali previsti per livello di inquadramento;
le assunzioni previste dalle imprese per tipologia contrattuale (lavoro dipendente a tempo
indeterminato, lavoro dipendente a termine, collaborazioni a progetto, lavoro stagionale,
apprendistato, contratti d’inserimento ecc.);
le figure professionali, i titoli di studio, i livelli formativi ed i relativi indirizzi richiesti;
le principali caratteristiche delle assunzioni programmate (difficoltà di reperimento,
necessità di ulteriore formazione, esperienza pregressa, conoscenze informatiche e
linguistiche);
le previsioni di assunzione di lavoratori immigrati e le relative figure professionali;
le dimensioni e le caratteristiche degli investimenti annuali delle imprese italiane in
formazione continua e le tipologie di risorse umane coinvolte ;
le imprese che ospitano tirocinanti e il numero di tirocini ogni anno complessivamente
attivati.
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Modulo 4.2 – Il Mercato del Lavoro
Il mercato del lavoro è il luogo in cui chi cerca lavoro (le aziende, gli imprenditori, gli enti
pubblici) si incontra con chi offre il proprio, cioè i lavoratori. Questa semplice definizione rivela
una realtà spesso confusa e contraddittoria. Infatti il mercato del lavoro non funziona in realtà
come un vero e proprio mercato e spesso chi cerca personale e chi cerca occupazione fanno fatica
ad incontrarsi.
In parte ciò è dovuto alla carenza di informazioni sul mercato del lavoro e delle professioni o
anche al fatto che non si sa dove cercare queste informazioni o se esse siano attendibili.
L’informazione sul mondo del lavoro è scarsa. Nonostante la mole di informazioni che ci
investe ogni giorno, poche persone sanno parlare di lavoro o di una professione. Nei giornali, in
TV, a scuola, se ne parla poco e male. Fanno notizia i licenziamenti, la cassa integrazione, gli
scioperi, il tasso di disoccupazione, in pratica solo le notizie allarmanti sullo stato di salute
dell’occupazione in Italia. Ecco che con poche informazioni, spesso distorte un mercato del genere
funziona malissimo: immagina un negozio di scarpe senza vetrine, senza commessi, con mucchi di
scarpe qua e là e altre scarpe in scatole senza etichetta o numero. Come potresti fare acquisti in un
posto del genere?
Ebbene, il famoso “mercato del lavoro” è così: senza informazioni, senza guide, senza
segnali di entrata. Ma in questo mercato il lavoro c’è: il problema è che nessuno in genere ti
mostra come andarlo a trovare. Fino a 30 anni fa era il lavoro che veniva da noi: il sistema del
collocamento obbligatorio prevedeva che le persone si iscrivessero ad una lista e che aspettassero
che arrivasse il loro numero, un po' come oggi con la coda al banco salumi del supermercato! Le
occupazioni erano più semplici (fornaio, ragioniere, operaio, impiegato) e semplici da avere, dopo
la scuola. Oggi le professioni sono diverse migliaia, offrono grandi opportunità, ma la gente,
soprattutto i giovani, non lo sanno. Cercano tutti gli stessi lavori. Negli stessi mucchi. Come in un
negozio senza commessi. Con migliaia di scarpe nuove dentro.
L’immagine che si adatta meglio a visualizzare il mercato del lavoro è quella dell’iceberg.
La parte visibile, quella emersa, quella conosciuta a tutti, è solo una piccola parte. La maggior
parte dell’iceberg invece è nascosta sotto l’acqua, ma per questo non vuol dire che non esista.
Cercare lavoro in modo efficace significa conoscere il mercato del lavoro nella sua totalità e
cercare anche nella parte nascosta, laddove ci sono più opportunità e meno competizione nella fase
di selezione.
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Cosa c’è nel mercato del lavoro nascosto? Se vai a guardare la parte “sotto” dell’iceberg,
noterai che di lavoro ce n’è molto di più di quello che pensi e di quanto le statistiche facciano
pensare.
Ecco cosa è nascosto:
 Professioni nuove o poco conosciute: nella parte visibile trovi le professioni tradizionali,
quelle conosciute a tutti, con cui vieni a contatto tutti i giorni, nella parte non visibile trovi le
professioni nuove e poco conosciute. Le professioni “classiche” sono solo qualche centinaio
mentre in totale le professioni sono più di 10.000 (il Dictionary of Occupational Titles,
pubblicato dal Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti nel 1991, ne riporta la descrizione
di 12741; la codifica adottata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ne individua
6761!).
 Occasioni di lavoro: il 70% degli occupati in Italia lavora in imprese con meno di 100
dipendenti, la maggior parte delle quali non prevede investimenti nella selezione del
personale. Questo significa che queste opportunità di lavoro non vengono pubblicate sui
giornali e la ricerca del personale passa attraverso canali informali: amici, parenti, vicini di
casa, conoscenti ecc.
 Piccole aziende: le grandi aziende, visibili e conosciute da tutti, commissionano parte della
loro produzione a piccole aziende satelliti, alcune delle quali sono leader del proprio settore
di nicchia. Mentre migliaia di persone si candidano presso le grandi aziende, poche sono
quelle che lo fanno presso quelle piccole convinte erroneamente che chi ha un numero
elevato di dipendenti cerca più personale. Così non è, e spesso è proprio la piccola azienda a
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offrire ottime opportunità di lavoro e di carriera, offrendo maggiore varietà, maggiore
flessibilità e richiedendo minore specializzazione.
 Ciò che sfugge alle statistiche: le statistiche sono solo una media che non rappresenta
un’immagine vera della realtà. Puoi leggere che il settore delle calzature è in crisi e magari
avere vicino a casa un’azienda calzaturiera in forte espansione, oppure che la richiesta di
psicologi clinici in Italia è ormai satura e scoprire che nella tua città ce ne sono pochi e quei
pochi lavorano tantissimo. Indagare nel mercato nascosto ti permette di farti un’immagine
precisa delle opportunità lavorative nella zona in cui ti piacerebbe lavorare.
 Forme di lavoro più flessibile: sebbene essere assunti con un contratto a tempo
indeterminato da un’azienda sia ancora la modalità di lavoro più frequente, sempre più
aziende cercano di utilizzare forme flessibili di contratti che vadano incontro ai bisogni
produttivi dell’azienda. Non esiste più solo il cosidetto “posto fisso”, ma tante altre modalità
di essere occupati ancora poco conosciute che ampliano la gamma delle tue opportunità.
Gli attori del Mercato del lavoro
Il mercato del lavoro in Italia è regolato da soggetti pubblici e privati.
I soggetti privati che operano per favorire l'incontro tra la domanda e l'offerta di lavoro sono
stati solo ultimamente regolamentati in un elenco stilato presso il Ministero del Lavoro. Tali
soggetti vengono ad oggi chiamati collettivamente Agenzie per il Lavoro.
Le agenzie hanno il compito di favorire l'incontro tra le persone in cerca di occupazione e le
aziende o società alla ricerca di professionalità, garantendo le regole di
 pari opportunità
 uguaglianza
 libero accesso, ossia gratuità per le persone in cerca di lavoro
L'introduzione di soggetti privati dediti alla mediazione sul Mercato del Lavoro è piuttosto
nuova per l'Italia, che fino al 1993 ha avuto un sistema di collocamento praticamente soltanto
pubblico. E' determinante tenere conto di questo aspetto se si vuole meglio comprendere la cultura
dei lavoratori italiani nei confronti dell'impiego e della mobilità sul mercato del lavoro.
L'Ente Pubblico, da sempre preposto alle operazioni di incontro tra domanda e offerta di
lavoro, dopo l'estensione ai privati dell'autorizzazione ad operare sul mercato del lavoro, ha
modificato il proprio ruolo, si a livello di decentramento (gli operatori pubblici non dipendono più
dallo Stato nazionale ma sono ora organismi previsti dalle Regioni, ed implementati dalle
Province), sia a livello di competenze e specializzazione: negli ultimi 15 anni gli operatori di quelli
che si chiamano Centri per l'Impiego, hanno modificato completamente la loro professionalità
passando da un ruolo notarile ad uno più consulenziale. Sono state investite molte risorse nella
formazione degli operatori dei Centri per l'Impiego che ora operano secondo una modalità molto
più attiva sul mercato, spesso in partnership con le agenzie per il lavoro private.
Molti Centri per l'impiego, soprattutto nei luoghi a maggiore intensità di occupazione di
cittadini stranieri, hanno a disposizione alcuni mediatori culturali con compiti di supporto
linguistico ma anche di mediazione culturale vera e propria. Il loro compito è quindi sia quello di
traduttori linguistici, sia quello di traduttori culturali: spiegano le normative e le conseguenze che
esse hanno per i cittadini, spiegano ai lavoratori stranieri come alcune attività devono essere intese e
le differenze esistenti tra le modalità italiane e quelle dei loro paesi di origine. I mediatori sono
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solitamente madrelingua delle popolazioni maggiormente rappresentate in un determinato territorio
ed hanno ricevuto una formazione specifica in Italia.
Servizi per l'impiego
I servizi per l’impiego si rivolgono a lavoratori e imprese con l’obiettivo di favorire l’incontro
tra domanda e offerta di lavoro. Si occupano della prima accoglienza e dell’orientamento del
lavoratore, al quale forniscono tutte le informazioni relative al mondo del lavoro, alla normativa e
alle opportunità di impiego, ai percorsi formativi finalizzati all’inserimento o al reinserimento
lavorativo.
La Riforma Biagi (legge 30/2003) delinea un mercato del lavoro nel quale operatori pubblici e
operatori privati autorizzati svolgano la propria attività in regime di competizione e concorrenza.
Anche se come detto prima, molto spesso poi questi attori hanno trovato le modalità di collaborare e
di integrare le reciproche competenze. Il D.Lgs n. 276/2003 rende operativa la riforma dei Servizi
per l’impiego, accostando ai tradizionali operatori pubblici del mercato (i centri per l’impiego), le
nuove agenzie per il lavoro e gli altri operatori autorizzati.
L’obiettivo è realizzare un sistema coerente di strumenti, per garantire la trasparenza ed
assicurare servizi efficienti ai cittadini adottando modelli, metodologie e soluzioni organizzative
sperimentate con successo in Italia e in altri Paesi.
I servizi per l'impiego attuano localmente, sotto la regia del ministero del lavoro e di concerto
con le politiche Comunitarie in materia di politiche attive per il lavoro, alcune misure volte a
favorire l'ingresso, il reingresso o la permanenza sul Mercato del Lavoro a specifici soggetti.
Le principali azioni avviate per favorire l’occupazione di specifiche tipologie di lavoratori che
incontrano particolare difficoltà ad affermarsi nel mercato del lavoro sono le seguenti:
 Collocamento dei soggetti portatori di disabilità
 Interventi per la promozione delle pari opportunità
 Sostegno alla conciliazione lavoro famiglia (art. 9 L.53/2000)
 Lavoratori italiani o comunitari da adibire ad attività subordinata nei Paesi extracomunitari
http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/md/AreaLavoro/occupazione/domandaOfferta/Lavoratoriitalianies
tero.htm
Azioni a sostegno di specifici target
 Immigrati
 Soggetti portatori di disabilità
 Giovani
 Over 50
 Donne
 Detenuti ed ex detenuti
Partenariati europei e internazionali
Immigrati
Nello spirito dell’Azione di sistema volta a sostenere lo sviluppo dei Servizi per il lavoro, un
significato particolare riveste l’inserimento e l’integrazione nel mercato del lavoro delle persone
esposte al rischio di esclusione sociale, quali gli immigrati e gli extracomunitari.
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Tale tematica è stata oggetto, negli ultimi anni, di interventi significativi da parte del
legislatore, tra i quali lo “Sportello Unico per l’immigrazione” istituito presso le prefetture,
finalizzato alla procedura di assunzione di lavoratori stranieri. Si è cercato di creare nuove
professionalità all’interno dei Servizi per il lavoro, in affiancamento agli operatori.
Di particolare interesse è stata la formazione di utenti, selezionati anche tra stranieri esperti
sulla normativa dell’immigrazione e diritto del lavoro, volta all’acquisizione di nuovi profili
professionali ossia “Consulenti informativi” e “Mediatori interculturali” da affiancare agli operatori
dei Centri per l’Impiego.
Allo scopo di analizzare la complessa fenomenologia dell’immigrazione e proporre modelli di
rilevazione e di determinazione dei fabbisogni dei lavoratori extracomunitari, sono stati condotti
studi e analisi regionali sulle imprese presenti nei territori e sulla loro utilizzazione di manodopera
immigrata, sulle condizioni e sulle politiche di accoglienza.
Un progetto avviato nel 2009 e che proseguirà fino al 2011 prevede l’analisi ed il
miglioramento delle politiche di gestione dei flussi migratori a livello locale, in particolare
contribuendo all’organizzazione di una programmazione locale condivisa con i soggetti che
intervengono nella gestione delle politiche di inserimento e di reimpiego degli immigrati.
Accordo "Inserimento socio-lavorativo Immigrati" ex art. 15 Legge 7 agosto 1990 n. 241
E' stato siglato in data 12/03/2010 dal Dipartimento libertà civili e immigrazione e dal
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali un accordo sulle politiche occupazionali per i cittadini
stranieri, che faciliterà la cooperazione tra le istituzioni per inserire gli immigrati nel mondo del
lavoro
Un 'Comitato tecnico di indirizzo', composto da dirigenti dei dipartimenti dei ministeri
dell’Interno e del Lavoro, lavorerà allo sviluppo di una cooperazione fra le istituzioni per migliorare
la gestione dei servizi e delle politiche occupazionali a favore degli immigrati.
Tra i primi interventi concordati, lo scambio costante di informazioni sui piani per
l’occupazione, evoluzione e integrazione dei rispettivi sistemi informativi, cooperazione per
l’analisi del fabbisogno professionale e delle competenze per settore e territori, supporto tecnico al
raccordo tra i servizi per il lavoro, gli uffici periferici del ministero del Lavoro e gli Sportelli unici e
le questure. Tra gli obiettivi da raggiungere, la semplificazione amministrativa delle procedure, una
maggiore integrazione tra procedure amministrative, lotta al sommerso, formazione e intervento nel
reimpiego dei lavoratori in attesa di permesso di soggiorno, valorizzazione del ruolo di
coordinamento dei Consigli territoriali dell’immigrazione, iniziative per l’inserimento al lavoro di
cittadini extracomunitari, progetti destinati ai paesi d’origine per migliorare la gestione dei flussi e
promuovere l’immigrazione legale.
Se vuoi approfondire il progetto “Inserimento socio-lavorativo immigrati”, questo è il link
http://www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/446F40C0-DF73-4C7F-92B575978102D8E9/0/0946_convenzione_interno_lavoro.pdf
Come trovare lavoro in Italia
(http://ec.europa.eu/eures/main.jsp?catId=7913&acro=living&lang=it&parentId=7717&countryId=I
T&living=)
Portale pubblico del lavoro lavoro (Ministero del Lavoro)
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http://www.cliclavoro.gov.it/Pagine/default.aspx
Per trovare un lavoro in Italia è necessario iscriversi ai centri per l’impiego. La persona alla
ricerca di un'occupazione deve:
 presentarsi presso il Centro per l'impiego competente per territorio, che è quello dell'ambito
territoriale in cui sono domiciliati;
 presentare una dichiarazione, su apposito modulo disponibile presso l'ufficio medesimo, che
attesti l'eventuale attività lavorativa precedentemente svolta, nonché l'immediata
disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa.
Per trovare il centro per l’impiego più vicino al proprio domicilio è possibile consultare il sito
del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali
Dove trovare i Centro per l'Impiego più vicino a casa vostra
http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/md/AreaLavoro/occupazione/serviziImpiego/SearchCPI.htm
oppure sui siti internet dei capoluoghi di provincia, nella sezione lavoro o in quella centri per
l'impiego.
Presso ogni CPI è attivo il servizio EURES che offre informazioni sulle offerte di lavoro nello
Spazio Economico Europeo.
EURopean Employment Services in ITALIA EURES è una rete di cooperazione cui partecipano i
servizi pubblici per l'impiego dello Spazio Economico europeo (SEE) insieme con altri soggetti
regionali, nazionali ed internazionali attivi sul tema dell'occupazione.
Si tratta di organizzazioni sindacali e datoriali e di collettività locali e regionali. Nelle regioni
frontaliere i soggetti partecipanti possono anche creare strutture specifiche, denominate EURES
transfrontalieri, volte a rispondere alle esigenze particolari di queste regioni in materia di mobilità.
La forza operativa in Italia delle rete EURES è rappresentata dai consulenti EURES, distribuiti sul
territorio italiano, assistiti nella loro attività dagli Assistenti e Referenti EURES, con il compito di
informare, consigliare e aiutare i candidati alla mobilità e le imprese che intendono assumere
personale a livello internazionale. Questa rete di personale EURES dispone di una banca dati (in
continua evoluzione) di offerte d'impiego a vocazione europea e di una banca di informazioni
generali sulle condizioni di vita e di lavoro nei paesi dello SEE. Entrambe sono on line all'interno
del portale della mobilità (http://europa.eu.int/eures).
Come funziona EURES in Italia
Per accedere al servizio, occorre contattare uno degli sportelli Eures di tutta Italia, preferibilmente
quello geograficamente più vicino. Il contatto con il Consulente Eures può avvenire per posta, per
e-mail, per telefono o direttamente presso gli uffici ove opera personale EURES.
Le rete EURES consente a tutti coloro che cercano lavoro di prendere conoscenza delle offerte di
lavoro disponibili nel paese prescelto. Tutte le imprese che desiderano allargare la ricerca del
personale oltre il territorio nazionale possono consultare profili di candidati alla mobilità e
diffondere le loro offerte di lavoro presso i partners di EURES.
Documenti EURES sul lavoro in Italia
http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/eures/documentazione/
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Portale europeo della mobilità professionale
http://ec.europa.eu/eures/home.jsp?lang=it&langChanged=true
Agenzie per il lavoro
Per trovare lavoro è possibile anche rivolgersi alle agenzie di lavoro private, attualmente
quelle autorizzate dal Ministero del lavoro sono più di 700.
Le Agenzie per il lavoro sono operatori abilitati, attraverso autorizzazione rilasciata dal Ministero
del Lavoro e della Previdenza Sociale, e iscritte in un apposito albo informatico. Per consultare
l'elenco delle agenzie per il lavoro autorizzate dal Ministero del Lavoro.
http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/md/AreaLavoro/occupazione/AlboInformatico/
Le sezioni alle quali le varie agenzie si iscrivono corrispondono a servizi diversi, che si rivolgono a
persone che cercano lavoro, con caratteristiche diverse per età, professionalità, situazione
occupazionale ecc. Si riportano di seguito le principali sezioni e la tipologia di servizio che
l'agenzia è autorizzata ad erogare.
Agenzie di somministrazione di lavoro: fornitura professionale di manodopera, a tempo
determinato. Consiste nel mettere a disposizione di soggetti utilizzatori della prestazione di lavoro
subordinato lavoratori direttamente assunti dal somministratore. Il lavoratore è quindi a tutti gli
effetti dipendente dell'Agenzia di somministrazione, ma lavora presso un altro soggetto da cui
riceve le direttive per lo svolgimento della propria attività.
Queste agenzie sono anche note con il termine agenzie di lavoro interinale. A loro si possono
rivolgere le persone in cerca di occupazione che abbiano titoli di studio inferiori alla laurea, bassa
professionalità o che abbiano poca esperienza di lavoro all'interno del Paese. Le agenzie hanno
molto spesso anche una sezione cosiddetta permanent con la quale sono autorizzate a gestire attività
di ricerca e selezione del personale. I profili veicolati tramite la sezione permanent sono solitamente
più elevati per titolo di studio e per professionalità, ossia possono candidarsi anche persone con
elevata professionalità ed esperienza lavorativa di almeno 3-5 anni. Le persone selezionate dal
settore permament, qualora superino il processo di selezione, vengono assunte direttamente
dall'azienda che ha commissionato la ricerca all'agenzia.
Agenzie di intermediazione: l'attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro.
Comprende, la raccolta dei “curricula” dei potenziali lavoratori, la preselezione, la promozione e
gestione dell'incontro tra domanda e offerta di lavoro, la progettazione ed erogazione di attività
formative finalizzate all'adeguamento delle competenze o delle capacità dei lavoratori.
Le agenzie di intermediazione sono solitamente anche agenzie interinali e/o di ricerca e
selezione che hanno però anche la possibilità di effettuare direttamente attività formative in favore
dei propri clienti.
Agenzie di ricerca e selezione del personale: attività di consulenza finalizzata
all’individuazione di candidature idonee a ricoprire una più posizioni lavorative in seno
all'organizzazione e su specifico incarico del committente.
Queste agenzie si rivolgono prevalentemente ad un target di lavoratori medio alto. I profili
ricercati e selezionati sono quindi di solito di responsabili intermedi e dirigenti, con alta
specializzazione e forte esperienza professionale.
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All'interno di questa categoria si trovano anche le cosiddette società di head-hunting che altro
non sono che agenzie di ricerca e selezione specializzate nella selezione di profili manageriali,
dirigenziali, di direttori ecc., spesso introvabili. Una delle caratteristiche distintive degli head-unters
è che effettuano la ricerca di profili di persone che già lavorano, cercando di “rubarle” all'azienda
dove sono occupati e proponendo loro di cambiare azienda a fronte di maggiore remunerazione,
prestigio sociale ecc.
Agenzie di supporto alla ricollocazione professionale: l'attività è effettuata su specifico ed
esclusivo incarico dell'organizzazione committente, ed è finalizzata alla ricollocazione di lavoratori
nel mercato del lavoro.
Questo tipo di agenzie, note anche come società di outplacement, intervengono, come detto,
su incarico dell'azienda. Ciò comporta che le persone che si trovano in necessità di essere
ricollocate non possono rivolgersi direttamente ad esse, ma solo qualora l'azienda che le ha
licenziate si rivolga direttamente all'agenzia, stipulando un contratto per il servizio di
ricollocazione.
La ricollocazione professionale può essere

individuale: nel qual caso il servizio è rivolto a manager che l'azienda ha necessità di
allontanare per fusione con altre realtà, ristrutturazione, chiusura ecc.

collettiva o di gruppo: nel qual caso il servizio è promosso da aziende che abbiano in corso
procedure di mobilità o concorsuali o siano in cassa integrazione straordinaria ed è rivolto ai
loro lavoratori iscritti alle liste di mobilità o in CIGS
Ogni agenzia per il lavoro ha un proprio sito dove nella maggior parte dei casi sono pubblicati
e ricercabili gli annunci di lavoro o le opportunità di lavoro presenti.
I siti delle Agenzie di somministrazione richiedono spesso di iscriversi direttamente al sito,
cosa che è consigliabile fare, per maggiore rapidità ed efficacia nella ricerca. In alternativa si può
andare direttamente ad iscriversi presso le loro sedi che sono almeno 4 per ogni regione italiana e si
trovano solitamente nei comuni più grandi e nei capoluoghi di provincia.
Oltre ai servizi di ricerca attiva del lavoro esistono in Italia alcuni servizi di supporto alla
ricerca, che sono tipicamente servizi di orientamento e di formazione.
I SERVIZI DI ORIENTAMENTO
I servizi di orientamento aiutano le persone in cerca di lavoro a chiarire quale possa essere
l'obiettivo professionale più adeguato per loro e coerente con le loro capacità, attitudini, con il loro
percorso scolastico, con le esperienze professionali precedenti ecc.
Orientarsi vuol dire individuare una direzione professionale verso la quale muoversi
utilizzando:
o informazioni su se stessi, sulle proprie caratteristiche, attitudini, interessi, sui propri punti
deboli, sulle conoscenze e le competenze acquisite
o informazioni sul mondo del lavoro e delle professioni, oltre che sulle opportunità formative
offerte dal contesto di riferimento
o una strategia definita per affrontare il mercato del lavoro in modo efficace
Il consigliere di orientamento può aiutare le persone a costruire percorsi pienamente
soddisfacenti in ambito formativo e professionale offrendo tre tipologie di servizio:
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 l'informazione orientativa che consiste nel fornire all'utenza del centro informazioni,
organizzate su supporti cartacei o multimediali; tali informazioni possono essere mediate da
un esperto o fruite autonomamente. a seconda delle necessità
 la formazione orientativa è rappresentata da momenti formativi brevi che possono, ad
esempio, riguardare tecniche e strategie di ricerca del lavoro, mercato del lavoro locale,
analisi delle capacità e delle motivazioni
 la consulenza orientativa che si configura come una relazione di aiuto individualizzato che
mira a favorire la conoscenza di sé, la scoperta delle proprie attitudini, capacità, interessi e le
motivazioni per definire un progetto professionale e a individuare le modalità e gli strumenti
per attuarlo.
Esiste in Italia una Direzione Generale per le politiche e per l'orientamento e la formazione
http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/Europalavoro/SezioneEuropaLavoro/DGPOF/ChiSiamo/
La Direzione ha il compito di promuovere e coordinare i servizi pubblici e privati di
formazione e orientamento, soprattutto per quanto riguarda le attività finanziate con i fondi della
Comunità europea.
Il link ha degli interessanti riferimenti a tutte le diverse materie in tema di orientamento e
formazione di cui la Direzione si occupa, con i riferimenti ai responsabili delle diverse linee di
intervento.
I centri pubblici di orientamento forniscono informazioni e consulenza sulle opportunità di
lavoro e di formazione per tutte le tipologie di clienti in cerca di occupazione o che necessitano di
aggiornamento professionale. Essi sono attivi o presso i CPI ovvero sono operativi come centri a se
stanti. I loro servizi sono gratuiti. Per sapere dove trovarli
http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/Europalavoro/SezioneCittadini/BancheDati/Indirizzario/
Ci sono alcuni siti internet che aiutano ad orientarsi ed auto orientarsi, ma la cosa migliore è
rivolgersi direttamente ad uno dei servizi gratuiti presenti presso i Centri per l'Impiego, dove magari
sarà possibile trovare indicazioni anche sui siti da consultare.
LA FORMAZIONE PROFESSIONALE E MANAGERIALE
Anche la formazione professionale in Italia, come altri servizi all'impiego, è fornita da enti
pubblici così come da società private. Nel caso di corsi di formazione che rilasciano una qualifica
riconosciuta occorre che l'Ente di formazione che eroga la formazione sia pubblico o autorizzato
dall'Ente Pubblico all'attività di formazione.
La formazione professionale è rivolta a target molto differenti per tipologia professionale,
istruzione, categoria specifica per il mercato del lavoro ecc.
Nelle pagine seguenti si farà riferimento unicamente alla formazione rivolta ad adulti,
tralasciando il campo della formazione rivolta all'assolvimento dell'obbligo scolastico e formativo.
Verranno presentate quindi le principali opzioni per la formazione in un'ottica di formazione lungo
tutto l'arco della propria vita lavorativa (lifelong learning)
La formazione professionale è intesa dal 1978 come un "sistema di interventi formativi
finalizzati alla diffusione delle conoscenze teoriche e pratiche necessarie per svolgere ruoli
professionali e rivolti al primo inserimento, alla qualificazione, alla riqualificazione, alla
specializzazione, all'aggiornamento e al perfezionamento dei lavoratori"
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Nel 1996 il Patto per il Lavoro, sottoscritto da Governo e parti sociali delinea un nuovo
sistema formativo integrato, e due anni più tardi vengono introdotti
 l'obbligo della formazione fino ai 18 anni di età a scuola, nei centri di formazione o
attraverso il contratto di apprendistato11;
 il potenziamento di apprendistato e tirocini;
 il rafforzamento della formazione continua
Nel 1997 vengono normate anche l'istituto della borsa lavoro (canale para formativo per
favorire l'ingresso nel mercato del lavoro di soggetti deboli sul mercato stesso) e l'obbligo di
formazione per i lavoratori temporanei.
La formazione professionale è di competenza regionale. Essa viene finanziata in gran parte
con fondi dell'Unione Europea, in programmi o con misure specifiche.
Molto spesso i programmi sono divisi tra programmi formativi rivolti a occupati e programmi
formativi rivolti a disoccupati. L'offerta formativa di ogni regione è molto vasta e tiene conto delle
specificità produttive della Regione e dei territori provinciali, delle professioni maggiormente
ricercate su quel determinato territorio ecc.
Gli operatori della formazione professionale rivolta a tutti i tipi di target sono migliaia in tutto
il Paese. Nel caso quindi si voglia cercare di frequentare un corso di formazione occorre rivolgersi:
 ai Centri per l'Impiego, che hanno il catalogo dei corsi gratuiti o semi gratuiti (che si rinnova
in media una volta l'anno) rivolto a ciascun target e che sanno consigliare le persone
interessate sulle reali competenze acquisibili attraverso il percorso formativo;
 alla Regione, dove si possono trovare tutti gli attori della formazione professionale operanti
con il Fondo Sociale Europeo;
 ai centri di formazione manageriale rilevabili attraverso molti siti internet e tramite la
Associazione Italiana per la Formazione Manageriale
 alle Università e Politecnici
 alle Associazioni di Categoria
 alle Camere di Commercio e ai loro Centri Estero
 Centri di ricerca e consulenza
Link utili per le varie categorie:
http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/Europalavoro/SezioneCittadini/
http://www.formatemp.it/area-formazione.aspx
http://www.cestor.it/atenei/guida.htm
http://www.lavoroeformazione.it/formazione-professionale.asp
http://www.asfor.it/sitonuovo/
http://www.formazione.ilsole24ore.com/
http://www.conform.it/home.aspx
11
Dal 2003 non sussiste più l'obbligo che si chiama oggi diritto‐dovere all'istruzione e alla formazione e si assolve con il conseguimento del diploma, di qualifica professionale o della qualifica post apprendistato. www.bridge-europe.eu
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Oltre a questi siti, tutti i succitati enti hanno all'interno del lavoro sito la presentazione dei
corsi (nel caso di associazioni di categoria, università ecc.) ovvero la presentazione degli enti che
erogano direttamente i vari corsi.
Il sito di ciascuna provincia italiana presenta l'elenco dei corsi approvati per quell'anno
scolastico e degli enti di formazione ai quali potersi rivolgere per le iscrizioni e le informazioni di
dettaglio.
4.3 – Il mercato del lavoro e i contratti di lavoro in Italia
Il lavoro in Italia può essere suddiviso in due grandi categorie: lavoro subordinato e lavoro
autonomo. All'interno di ciascuna categoria, poi, vi sono modalità e contratti differenti che
vengono riportati di seguito
È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga, per una retribuzione, a collaborare nell'impresa,
prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione
dell'imprenditore. La subordinazione si ha in presenza delle seguenti condizioni e caratteristiche: la
continuità del rapporto, l'obbligo di osservare un orario fisso, un compenso costante, l'inserimento
all'interno di un'organizzazione tesa a obiettivi produttivi, l'obbligazione di mezzi e non di
risultato.
Quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo, un'opera o un servizio,
con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del
committente, si applicano solitamente le norme del lavoro autonomo
Rispetto ad alcune garanzie le due categorie differiscono sensibilmente: nel caso di lavoro
subordinato i contratti di lavoro garantiscono ferie, malattia, trattamento di fine rapporto e
contributi previdenziali, nel caso del lavoro autonomo esse non sono invece garantite.
L’orario normale di lavoro è stabilito in 40 ore settimanali, calcolate non necessariamente
sulla base della settimana lavorativa, ma per ogni periodo di sette giorni. Ai contratti collettivi è
data la possibilità di stabilire un orario normale di lavoro inferiore alle 40 ore. L’orario
settimanale, sia in presenza sia in assenza della contrattazione, non può superare le 48 ore,
comprese le ore di lavoro straordinario. Il limite delle 48 ore è calcolato su un periodo di sette
giorni, in un arco di tempo non superiore ai 4 mesi. Questo consente di rispettare il limite di 48
ore, attraverso una specie di regola della compensazione: in una settimana lavorativa si potrà
superare il limite purché, nel periodo di riferimento, vi siano settimane lavorative di meno di 48
ore. Il lavoratore ha diritto ogni 7 giorni ad un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive. E’
riconosciuto il diritto ad un periodo di ferie annuali non inferiore a 4 settimane.
TIPOLOGIE CONTRATTUALI PER IL LAVORO SUBORDINATO
Contratto a tempo indeterminato
La giurisprudenza lo considera ancora il contratto che rappresenta la “normalità”. E' un
contratto la cui durata non è definita a priori dal contratto stesso, ma che si prevede si sciolga solo
in presenza di volontà da parte del lavoratore (dimissioni volontarie) o di colpa grave da parte del
lavoratore, nel qual caso l'azienda ha facoltà di richiedere il termine del contratto (licenziamento),
ovvero nei casi di crisi aziendale, riorganizzazione o di chiusura.
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Contratto a termine (tempo determinato)
E' un contratto di lavoro stipulato per una durata limitata nel tempo. La durata del contratto è
definita nel contratto. I contratti collettivi stabiliscono il numero in percentuale dei lavoratori che
possono essere assunti con contratto di lavoro a termine, rispetto al numero dei lavoratori
impegnati a tempo indeterminato.
Per assumere con contratto a tempo determinato è sufficiente che il datore di lavoro, attraverso la
redazione di un atto scritto, provi l’esistenza di ragioni di carattere tecnico, produttivo
organizzativo o sostitutivo, per legittimare l’apposizione del termine al contratto.
L’atto scritto deve contenere:
il termine del contratto, le ragioni di carattere tecnico o produttivo od organizzativo o sostitutivo
che motivano l’assunzione a termine (ad esempio l’acquisizione di commesse particolari ed
estemporanee, o la necessità di accelerare i ritmi di produzione per il rispetto di un termine di
consegna per una determinata commessa).
L’apposizione del termine rimane priva d’effetto se non risulti dall’atto scritto e non siano
specificate le ragioni che giustificano tale apposizione.
Il datore di lavoro deve consegnare l'atto scritto al lavoratore entro 5 giorni dall'inizio della
prestazione lavorativa.
Il datore di lavoro può prolungare il rapporto di lavoro una sola volta, con consenso del
lavoratore, fino a raggiungere il limite massimo di 36 mesi.
Il contratto può essere prorogato solo se la sua durata iniziale era inferiore a tre anni e a
condizione che la proroga sia richiesta da ragioni oggettive e sia per la stessa attività lavorativa per
la quale il contratto a termine era stato stipulato.
Il contratto è rinnovabile per un numero di volte indefinito. Per poter ricorrere al rinnovo è
necessario che tra la scadenza di un contratto a tempo determinato ed il successivo sia
rigorosamente rispettato un intervallo di tempo di 10 giorni se il contratto precedente aveva durata
inferiore ai 6 mesi, di 20 giorni se superiore ai 6 mesi.
Nel caso di due assunzioni successive, senza l'intervallo richiesto, il rapporto viene
automaticamente trasformato a tempo indeterminato a partire dalla data di stipula del primo
contratto.
Contratto a tempo parziale
E' un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato o determinato che prevede un
orario di lavoro ridotto.
Ci sono 3 tipologie di part-time (lavoro a tempo parziale):
 orizzontale: tutti i giorni della settimana lavorativa l'orario è ridotto
 verticale: il lavoro è svolto in alcuni giorni della settimana a orario ridotto oppure a orario
pieno
 ciclico: il lavoro è svolto per alcune settimane al mese o per alcuni mesi all'anno
Il contratto, in forma scritta, deve indicare: mansione, livello, categoria, orario di lavoro, sede
di lavoro, contratto di categoria applicato
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CONTRATTI DI LAVORO SUBORDINATO
http://extranet.regione.piemonte.it/cgi-bin/fp-lavoro/centrorisorse/infolav/ricerca.pl
Lavoro accessorio
http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/PrimoPiano/20090608_LavoroAccessorio.htm
Contratto di lavoro interinale
http://extranet.regione.piemonte.it/cgi-bin/fp-lavoro/centrorisorse/infolav/scheda.pl?id=22
E' un contratto di lavoro subordinato tra un lavoratore e un'agenzia di intermediazione di
prestazioni lavorative a carattere temporaneo. L'agenzia a sua volta stipula un contratto con
l'impresa dove effettivamente il lavoro verrà svolto. Il lavoratore stipula un contratto con l'agenzia
interinale, ma svolge il lavoro presso la sede dell'azienda utilizzatrice, rispettandone gli orari, i
tempi di consegna, la disciplina. L'impresa utilizzatrice non ha quindi un contratto con il lavoratore
ma con l'impresa fornitrice, l'agenzia, del lavoro interinale (contratto di fornitura). Il lavoratore
cioè è dipendente dell'agenzia, NON dell'azienda in cui o per cui effettua il lavoro.
Durante tutto il periodo dell'attività lavorativa è pertanto l'agenzia di lavoro temporaneo che
provvede al pagamento del salario e al versamento dei contributi previdenziali.
La durata, le prestazioni e il salario sono però indicati dall'impresa che impiega il lavoratore.
Il trattamento retributivo non può essere inferiore a quello cui hanno diritto i dipendenti di pari
livello dell'impresa utilizzatrice. Il periodo di lavoro inizialmente stabilito può essere prorogato,
con il consenso del lavoratore.
L'uso di lavoro interinale è vietato per:
 sostituzione di lavoratori in sciopero;
 lavorazioni che richiedono sorveglianza medica speciale;
 lavori particolarmente pericolosi;
 nelle unità produttive in cui si siano effettuata licenziamenti collettivi entro i dodici mesi
precedenti.
Il lavoro con contratto di lavoro interinale rappresenta spesso una buona modalità per entrare in
contatto con aziende che, prima di effettuare assunzioni più stabili, “provano” i lavoratori attraverso
un contratto di questo tipo, che non comporta per loro eccessivi oneri e responsabilità nei confronti
del lavoratore. In molti casi, soprattutto per le mansioni a più alto contenuto professionale e per
quelle che non siano tipicamente a tempo determinato (ad esempio lavoro stagionale), il lavoratore
che superi positivamente un periodo di lavoro interinale può venire assunto direttamente
dall'azienda utilizzatrice.
Contratto di lavoro intermittente (o a chiamata)
Il contratto di lavoro intermittente è stato introdotto in Italia nel 2003, Alcuni articoli della norma
sono poi però stati abrogati escludendo, però, i contratti già in essere, e quelli nuovi ma solo del
settore turistico e dello spettacolo, purché vi fosse una regolamentazione da parte dei Contratti
collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro
comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
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Il contratto di lavoro a chiamata può essere concluso qualora si presenti la necessità di utilizzare un
lavoratore per prestazioni a carattere discontinuo.
Il Ministero del Lavoro, ha autorizzato il ricorso al lavoro intermittente per tutte le attività definite
discontinue o di semplice attesa dalla normativa sull'orario di lavoro. Fra le numerose ed eterogenee
categorie contemplate per questa tipologia contrattuale (circa 50, alcune delle quali ormai obsolete)
si possono citare, a puro titolo esemplificativo, le seguenti:




Custodi, guardiani, portinai, personale di sorveglianza
Addetti a centralini telefonici privati
Receptionist di albergo
Camerieri, personale di servizio e di cucina negli alberghi, trattorie, esercizi pubblici in
genere, carrozze-letto, carrozze ristoranti
 Addetti alle pompe di carburante
 Lavoratori dello spettacolo.
Tali limiti non operano in caso di contratto stipulato con lavoratori di età inferiore a 25 anni o
superiore a 45 (anche se già pensionati).
È inoltre ammesso il ricorso al lavoro intermittente durante i fine settimana, le ferie estive e le
vacanze pasquali e natalizie.
Il contratto può essere concluso anche con lavoratori già occupati, anche a tempo pieno, purché
siano rispettati i limiti imposti dalla legge in merito al riposo settimanale obbligatorio.
Uno stesso lavoratore può concludere più contratti, purché gli impegni assunti contrattualmente non
siano tra loro incompatibili.
Il contratto di lavoro deve necessariamente precisare:
 Le esigenze che giustificano il ricorso al lavoro a chiamata
 La durata del contratto (che può essere stipulato a tempo determinato o indeterminato)
 l'indicazione dei tempi e delle modalità con cui il datore può richiedere la prestazione
 I tempi e le modalità di corresponsione della retribuzione
 Le eventuali misure di sicurezza specifiche per l'attività dedotta in contratto.
Trattamento
Al lavoratore "intermittente" deve essere garantito, a parità di mansioni svolte, il medesimo
trattamento normativo, economico e previdenziale riconosciuto ai colleghi di pari livello. Il
trattamento deve ovviamente essere ridotto in proporzione al minore impiego del lavoratore, specie
con riferimento alla retribuzione. Sono proporzionatamente ridotti anche i trattamenti per malattia,
infortunio, maternità e congedi parentali. Spettano invece per intero al lavoratore intermittente sia
l'assegno per il nucleo familiare che l'indennità di disoccupazione (per i periodi non lavorati).
L'indennità di disponibilità [modifica]
Qualora il lavoratore si impegni a restare a disposizione del datore in attesa della chiamata
(garantendo quindi la sua prestazione lavorativa in caso di necessità), il datore è tenuto a
corrispondergli mensilmente una c.d. indennità di disponibilità. In questi casi, il contratto deve
altresì precisare:
 il preavviso per la chiamata
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 l'importo e le modalità di pagamento dell'indennità di disponibilità
L'importo minimo dell'indennità è fissato dai contratti collettivi di settore, e non può essere inferiore
al 20% della retribuzione mensile.
Il lavoratore che, per malattia o altra causa, si trovi nell'impossibilità di rispondere alla chiamata
deve informare tempestivamente il datore di lavoro.
Se è stata assicurata la disponibilità a chiamata, il lavoratore non può rifiutare di fornire la
prestazione senza fondato motivo, pena la perdita dell'indennità e il risarcimento del danno
eventualmente arrecato al datore di lavoro.
Job sharing
http://extranet.regione.piemonte.it/cgi-bin/fp-lavoro/centrorisorse/infolav/scheda.pl?id=21
Il job-sharing è un rapporto di lavoro subordinato che consiste nella condivisione del
medesimo posto di lavoro da parte di due o più lavoratori che si obbligano contrattualmente in
solido nei confronti di un datore di lavoro, garantendogli l'intera prestazione lavorativa attraverso
una autonoma gestione delle modalità di svolgimento temporale della prestazione medesima.
Questo istituto è stato assimilato come forma del lavoro a tempo parziale.
Con il contratto di job sharing più soggetti, in genere due, condividono un unico rapporto di
lavoro a tempo pieno, assumendosene insieme la responsabilità.: in questo senso il lavoro è a
tempo pieno, ma ciascuno dei lavoratori presta la sua opera a tempo parziale. I lavoratori possono
gestire autonomamente la suddivisione delle ore lavorative a seconda delle proprie esigenze, pur
garantendo l'intera prestazione lavorativa.
I lavoratori con contratto di job-sharing possono organizzarsi l'orario e la quantità di lavoro
a seconda delle proprie esigenze, eventualmente con modalità differenti di volta in volta.
In qualunque momento i lavoratori, in accordo fra loro, possono determinare la sostituzione
o la modificazione della distribuzione dell'orario.
I lavoratori per esempio possono lavorare:
 alternativamente uno al mattino e uno al pomeriggio
 ciascuno due giorni e mezzo a tempo pieno
 alternativamente per una settimana ciascuno.
Il datore di lavoro deve essere preventivamente informato sull'orario dei soggetti coinvolti
con cadenza almeno settimanale.
Salvo diversa pattuizione, il datore di lavoro pretenderà l'adempimento dell'intera
prestazione lavorativa da ciascuno dei lavoratori .
Le legittime dimissioni di uno dei lavoratori possono costituire eventuale motivo di recesso
dell'altro lavoratore. (dimissioni o licenziamento).
Le persone che lavorano insieme con lo stesso contratto hanno l'obbligo di sostituirsi
reciprocamente in caso di impedimento di uno di loro.
La normativa sancisce quanto segue:
 i lavoratori sottoposti a contratto di job-sharing rispondono unitariamente dell'intera
prestazione;
 l'assenza di uno dei lavoratori legittima il datore di lavoro a pretendere l'intera prestazione
all'altro lavoratore solidamente obbligato;
 dal punto di vista contributivo i lavoratori sono "assimilati" a quelli a tempo parziale con la
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precisazione che il calcolo dei contributi e delle prestazioni sarà effettuato non in
riferimento all'orario previsto nel contratto bensì, mese per mese, con riferimento alla
effettiva prestazione di ciascuno.
CONTRATTI DI LAVORO
FORMATIVO
1. Contratto di apprendistato
SUBORDINATO
A
PREVALENTE
OBIETTIVO
http://extranet.regione.piemonte.it/cgi-bin/fp-lavoro/centrorisorse/infolav/scheda.pl?id=44
E' uno speciale rapporto di lavoro subordinato a causa mista, ovvero in cui la prestazione del
lavoratore viene scambiata con la retribuzione e anche con la formazione professionale finalizzata
all'acquisizione della qualifica per la quale è stato assunto.
Il contratto di apprendistato è stato individuato come strumento per favorire l’occupazione
giovanile e rappresenta anche una delle modalità per assolvere l’obbligo formativo ora innalzato
sino a 18 anni. Il giovane può, infatti, completare la sua formazione sul posto di lavoro come
apprendista in alternativa al sistema scolastico e alla formazione professionale.
Possono essere assunti con contratto di apprendistato giovani tra i 15 e i 24 anni (salvo le
eccezioni che seguono), che abbiano assolto l’obbligo scolastico; il contratto può essere attivato da
aziende operanti in tutti i settori di attività, permettendo loro di ottenere agevolazioni contributive.
Destinatari
Possono essere assunti come apprendisti giovani, tra i 15 e i 24 anni che abbiano assolto
l’obbligo scolastico novennale, indipendentemente dal titolo di studio.
Il requisito dell’età deve sussistere al momento dell’assunzione. Il limite massimo si alza fino
a 26 anni in alcune aree individuate dal Regolamento CEE (Mezzogiorno e aree a declino
industriale).
Nel settore artigiano l’età massima può essere elevata fino a 29 anni, per particolari
qualifiche di alto contenuto professionale.
Se l’apprendista è portatore di handicap i limiti massimi sopra definiti sono elevati di due
anni.
Campo di applicazione
Il contratto può essere attivato da imprese appartenenti a tutti i settori di attività (compreso
quello agricolo).
Durata
la contrattazione collettiva potrà stabilire i limiti di durata nell’ambito di un minimo di 18
mesi e di un massimo di 48 mesi, a eccezione del settore artigiano, per il quale permane il limite
massimo dei 60 mesi.
L'orario di lavoro non deve superare le 8 ore giornaliere e le 40 settimanali. In queste sono
inserite e calcolate anche le ore di insegnamento la cui percentuale precisa viene determinata dai
Ccnl; in assenza di questi sono destinate all'insegnamento 200 ore complessive annue ripartite in 8
ore settimanali.
L'apprendista deve frequentare i corsi di insegnamento complementare, obbligatori e
gratuiti, che prevedono prove finali di idoneità; la qualifica ottenuta dovrà essere scritta sul
libretto individuale di lavoro.
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Se al termine dell'apprendistato l'imprenditore non dà disdetta del contratto, il lavoratore
resta in servizio con la qualifica ottenuta e il periodo dell'apprendistato è considerato utile ai fini
dell'anzianità di servizio.
2. Contratto di inserimento
Il contratto di inserimento è un contratto di lavoro a tempo determinato, finalizzato all'inserimento
o reinserimento nel mercato del lavoro o in un determinato contesto lavorativo. Il suo scopo
principale è quello di valorizzare l'acquisizione di concrete competenze professionali calibrate alle
necessità del datore di lavoro, nella prospettiva di una eventuale stabilizzazione del lavoratore
mediante una successiva trasformazione del rapporto in contratto a tempo indeterminato.
L'introduzione nel 2003 di questa forma contrattuale ha compensato la limitazione del Contratto di
formazione e lavoro alle sole pubbliche amministrazioni.
Questa tipologia contrattuale è stata specificamente prevista per agevolare la collocazione di
soggetti inoccupati o disoccupati: giovani tra i 18 e 30 anni (fino al giorno prima del compimento
del trentesimo anno), disoccupati di lunga durata di età compresa tra 29 e 32 anni, disoccupati con
più di 50 anni di età, donne di qualsiasi età residenti in zone ad alto tasso di disoccupazione
femminile, persone con grave handicap.
La durata può oscillare fra i 9 ed i 18 mesi, elevabili a 36 per portatori di handicap. Il
contratto non è rinnovabile ma può essere prorogato entro il rispetto della durata massima
complessiva.
Il lavoratore può essere inquadrato in una categoria fino a due livelli inferiore a quella
corrispondente alla qualifica da conseguire.
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TIPOLOGIE DI LAVORO NON SUBORDINATO O AUTONOMO
Quella del lavoro autonomo o non subordinato è una categoria che comprende una tipologia
di funzioni e professioni molto diverse le une dalle altre.
Il rapporto di lavoro autonomo non fa capo ad un contratto collettivo nazionale e non ha,
quindi, contrattualmente o per norma giuridica, le garanzie di continuità e di tutela previste per i
lavoratori subordinati quali il pagamento delle ferie, della malattia, del TFR e di non godere, in
molti casi, di tutela pensionistica.
In realtà, però, i rapporti di lavoro di tipo autonomo vanno dalle prestazioni professionali a
prestazioni che, per quanto riguarda la subalternità all'impresa, non hanno niente di diverso dal
lavoro dipendente.
Le tipologie di lavoro autonomo o parasubordinato sono:
o
collaborazioni occasionali
o
collaborazioni a progetto (COCOPRO), anche dette, secondo la dicitura ancora
valida per le collaborazioni con la pubblica amministrazione (COCOCO);
o
prestazioni con partita IVA
Collaborazione occasionale
http://extranet.regione.piemonte.it/cgi-bin/fp-lavoro/centrorisorse/infolav/scheda.pl?id=19
Rappresenta un accordo fra il lavoratore e l'azienda nel quale dovrebbero essere specificate le
mansioni da svolgere, la durata approssimativa del lavoro, il compenso pattuito e le modalità di
pagamento.
Il pagamento si ottiene attraverso la presentazione di una nota (o notula) di collaborazione
occasionale non continuativa.
Questa è esente dal pagamento dell'IVA, ma prevede la ritenuta d'acconto12 a carico del
lavoratore.
Il lavoro occasionale si caratterizza per il fatto che non può avere una durata complessiva
superiore a 30 giorni nel corso dell'anno solare con lo stesso committente e non deve comportare
un compenso superiore a cinquemila euro nello stesso anno solare.
Il lavoro occasionale ha, dunque, due vincoli, uno di natura temporale (30 giorni), l'altro di
natura economica (5.000 euro). Tali requisiti sono stati introdotti al fine di limitare l'utilizzo
abnorme delle prestazioni occasionali da parte dei singoli committenti, in modo da ricondurre le
prestazioni stesse, qualora anche uno solo dei precedenti parametri risulti superiore, alle
disposizioni riguardanti le collaborazioni coordinate e continuative, con tutti gli obblighi (fiscali,
previdenziali, assicurativi e informativi) che ne derivano.
Il lavoratore può essere adibito a qualsiasi mansione.
Lavoro occasionale accessorio
12
La ritenuta d'acconto non è una forma di contratto, bensì una forma di pagamento a cui sono
assoggettati tutti i cosiddetti lavoratori "autonomi".
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Lavoro occasionale accessorio
Il lavoro occasionale di carattere accessorio ha lo scopo di favorire l'inserimento lavorativo di
fasce deboli del mercato aumentando le opportunità di lavoro presso le famiglie o enti senza scopo
di lucro.
Il legislatore individua esattamente le mansioni a cui il lavoratore potrà essere adibito:

piccoli lavori domestici, compresa l'assistenza domiciliare a bambini e alle persone anziane,
ammalate o con handicap;

insegnamento privato supplementare;

piccoli lavori di giardinaggio, pulizia;

realizzazione di manifestazioni sociali, sportive culturali;

collaborazioni con enti pubblici e associazioni di volontariato per lavori di emergenza o di
solidarietà.
L'attività di lavoro occasionale accessorio:

non può essere svolta per più di trenta giorni nell'arco dell'anno solare (anche
se in favore di committenti diversi);

i compensi non possono essere superiori a tremila euro nel corso dell'anno
solare.
Coloro che sono interessati a svolgere attività di lavoro occasionale accessorio devono fare
comunicazione della loro disponibilità ai servizi provinciali per l'impiego o ai soggetti pubblici e
privati accreditati presso le Regioni che cederanno loro, dietro corrispettivo in danaro, una tessera
magnetica di riconoscimento.
È prevista una particolare procedura per il pagamento del corrispettivo: i lavoratori sono
retribuiti attraverso la consegna di buoni lavoro del valore di 7,5 euro ciascuno, acquistati in
precedenza dai datori di lavoro presso le rivendite autorizzate (es.: tabaccherie).
Una volta effettuata l'attività e ricevuti i buoni, il lavoratore dovrà presentarli ai centri
autorizzati: riceverà quindi a titolo di corrispettivo 5,8 euro. Il restante valore, pari a 1,7 euro, è
così ripartito: 1 euro è destinato alla contribuzione INPS, 0,5 euro sono versati come premio
assicurazione INAIL e 0,2 euro sono trattenuti dall'ente autorizzato a titolo di rimborso spese.
Collaborazione coordinata e continuativa (contratto a progetto)
http://extranet.regione.piemonte.it/cgi-bin/fp-lavoro/centrorisorse/infolav/scheda.pl?id=18
Prevede che ci sia la stipula di un contratto con un'azienda per la fornitura delle proprie
prestazioni professionali. La prestazione è remunerata sulla base del raggiungimento di obiettivi e
non su base oraria. Il contratto a progetto non prevede l'esclusività del rapporto di lavoro fra datore
e lavoratore, salvo diversamente stabilito dal contratto ed è facile che il lavoratore abbia in corso
più contratti contemporaneamente per datori di lavoro diversi. Nei contratti a progetto può essere
tuttavia presente il vincolo di riservatezza che impedisce al lavoratore di poter divulgare
liberamente i contenuti del rapporto contrattuale in essere e del lavoro svolto.
Requisiti del rapporto:
 Non occasionalità
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




Assenza del vincolo della subordinazione
Opera prevalente del collaboratore
Coordinazione con l'attività del committente (l'azienda che richiede la prestazione)
Autonomia operativa del collaboratore
Onerosità dell'opera prestata (ossia deve essere previsto un compenso per il lavoro svolto
dal collaboratore)
Elementi caratterizzanti il rapporto di lavoro a progetto:
 il progetto o programma o fasi di esso;
 l’autonomia del collaboratore in funzione del risultato;
 il coordinamento con il committente;
 la durata che deve essere determinata o determinabile;
 l’irrilevanza del tempo impiegato per l’esecuzione della prestazione;
 l’assenza di un vincolo di subordinazione.
Per quel che riguarda i requisiti di forma del rapporto a progetto, questo, in base all’articolo
62 del decreto legislativo 276/03 deve essere stipulato, ai fini della prova, in forma scritta e oltre a
contenere l’indicazione della durata che come detto deve essere determinata o determinabile e
l’indicazione del progetto o programma, deve contenere l’indicazione del corrispettivo e dei criteri
per la sua determinazione nonché i tempi e le modalità di pagamento e la disciplina dei rimborsi
spese, le eventuali misure per la tutela e la sicurezza del collaboratore a progetto, e le forme di
coordinamento del lavoratore a progetto con il committente sulla esecuzione, anche temporale della
prestazione lavorativa, che in ogni caso non possono essere tali da pregiudicarne l’autonomia
nell’esecuzione dell’obbligazione lavorativa.
La normativa del Contratto a Progetto 'NON riguarda i rapporti di lavoro con la pubblica
amministrazione per la quale rimane in vigore la forma della collaborazione coordinata e
continuativa nella Pubblica Amministrazione.
Le tasse sono a carico del lavoratore a ritenuta d'acconto. L'azienda trattiene dal compenso
lordo la ritenuta del 20%, che versa a titolo di anticipo all'erario.
Prestazione con partita IVA
Anche la partita IVA non è un tipo di rapporto di lavoro ma una forma di gestione fiscale di
pagamento dei rapporti di lavoro autonomo.
In Italia la figura del professionista è una figura diversa sia da quella di un'azienda sia da
quella di un dipendente. Un artigiano, un avvocato o un commercialista (ma lo stesso discorso vale
per numerose altre professioni, quali grafici, informatici, geometri ecc.) sono accomunati dal fatto
che "vendono" il loro sapere o la loro tecnica a più aziende o persone, lavorando in assoluta
indipendenza dal proprio cliente/committente.
Il professionista o l'artigiano non dovrà rendere conto al proprio cliente né sul quando ha
svolto la sua attività, né su come o con l'aiuto di chi: risponderà solamente della qualità del
prodotto o servizio una volta finito e della sua corrispondenza a quanto richiesto dal cliente
attraverso il contratto stipulato.
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Lo Stato Italiano prevede che solo i professionisti iscritti agli albi (commercialisti, avvocati,
notai, ecc.) siano obbligati ad aprire una partita IVA: per tutti gli altri si tratterà di una scelta legata
alla convenienza o alla volontà di presentarsi al cliente nella figura del "professionista". Oggi,
tuttavia, alcune tipologie di lavoro necessitano l'apertura di una partita Iva.
All'interno di questa forma giuridica gravitano molte figure sociali con reddito e mansioni
completamente differenti, che vanno dal dirigente d'azienda a consulenti, piuttosto che piccoli
artigiani.
Chi vuole esercitare le proprie prestazioni in partita IVA deve segnalarlo
all'Amministrazione finanziaria presentando un'apposita dichiarazione entro 30 giorni dall'inizio
dell'attività. All'atto della dichiarazione l'Ufficio IVA attribuisce al lavoratore un numero di partita
IVA che lo fa passare ad un regime fiscale simile a quello delle aziende. Proprio a causa del fatto
che succede sempre più spesso che una società richieda al proprio consulente di aprire una partita
IVA, come unica modalità contrattuale per poter svolgere la prestazione lavorativa, lo Stato ha
previsto un regime fiscale agevolato per le nuove partite IVA, per i primi 3 anni. In quel periodo il
professionista non è tenuto al pagamento dell'IVA, se non supera una certa soglia di reddito, e ha
diritto ad un regime fiscale agevolato.
A fronte delle proprie prestazioni il professionista o l'artigiano dovrà emettere una parcella
(l'equivalente della fattura per le aziende): ogni mese o trimestre sarà tenuto a pagare l'Iva
(Imposta sul valore aggiunto) calcolata in base al valore del fatturato prodotto nel periodo.
Come tutti gli altri lavoratori, il professionista presenterà poi a fine anno fiscale la propria
dichiarazione dei redditi sul modello Unico.
Stando alle statistiche, tranne nei casi dei professionisti inquadrati negli ordini (medici,
notai, avvocati, ecc.), molte partite Iva di consulenti si trasformano poi in aziende (Snc, Sas, Srl,
ecc.): a dimostrazione del fatto che l'apertura di una partita Iva era quindi il "segnale" del desiderio
di intraprendere
Contratto di agenzia (agenti e rappresentanti)
http://www.contrattodiagenzia.com/
Il contratto di agenzia implica l'assunzione, da parte di un agente, dell'incarico di promuovere
la conclusione di contratti di vendita di determinati beni o servizi per conto di un terzo (l'impresa o
preponente). Ciò si verifica in cambio di una retribuzione, in una zona e in un territorio o, ancora,
in un dato settore di mercato preliminarmente stabiliti dal preponente. Nella lettera d'incarico,
l'impresa deve specificare i punti fermi che regolano l'attività dell'agente.
Il rapporto di collaborazione dell'agente incaricato con l'impresa inizia formalmente al
momento della stipulazione di un'apposita lettera d'incarico. In essa devono essere affrontati alcuni
punti cruciali riguardanti l'attività dell'agente e, in particolare, il nome delle parti, la zona
assegnata, i prodotti da vendere, l'entità delle provvigioni e dei compensi, nonché la durata del
contratto, ossia se si tratti di un vincolo a tempo determinato o indeterminato.
L'agente è sempre più una figura imprenditoriale, dotata di autonomia di movimento, nel
rispetto delle regole fissate dal preponente. Fra le principali caratteristiche del rapporto di agenzia
vi è il suo carattere imprenditoriale, l'autonomia nell'organizzazione (pur nel rispetto delle direttive
del preponente), la stabilità dell'incarico (il contratto vincola l'agente a un rapporto di
collaborazione costante), l'assegnazione di una zona definita, il diritto di esclusiva (il preponente,
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con l'esclusione di differenti accordi, non può destinare più agenti in una stessa zona e per lo
stesso settore d'attività); la partecipazione al rischio da parte del preponente.
Qualora già non lo fossero, l'azienda è inoltre tenuta a iscrivere i componenti della propria
forza vendita all'Enasarco (Ente nazionale assistenza agenti e rappresentanti). Nel caso in cui
l'agente sia di tipo monomandatario, ha con ciò il diritto di lavorare in esclusiva nella zona a lui
assegnata per contratto e non può assumere incarichi da altri proponenti.
Per contratto, all'agente non sono imposti particolari obblighi di orario lavorativo, né rispetto
agli itinerari e neppure per quanto concerne il suo periodico invio, all'impresa da cui dipende, di
relazioni sull'andamento delle vendite concluse nel territorio a lui assegnato. Inoltre, l'agente non
ha diritto a forme di rimborso o risarcimento delle spese affrontate nello svolgimento della propria
attività.
La normativa prevede che la prestazione d'opera degli agenti di commercio riceva compensi
la cui entità dipende dagli accordi inizialmente pattuiti fra le parti. Fra i tipi possibili di
provvigioni abbiamo la percentuale costante, quando il compenso è direttamente proporzionale al
giro di affari procurato; il premio, che può aggiungersi alla percentuale costante come
riconoscimento economico di determinati obiettivi di vendita; la percentuale crescente, in cui la
provvigione aumenta con il conseguimento di un dato livello di affari; il cosiddetto sovrapprezzo,
quando la provvigione corrisponde alla differenza fra il prezzo di listino e il prezzo (maggiorato)
alla vendita del bene o servizio; minimo garantito, ossia un risarcimento mensile che l'azienda
riconosce all'agente, tenendo conto per esempio della vastità della zona ricoperta dalla sua attività.
ALTRE FORME DI LAVORO O INSERIMENTO SUL MERCATO DEL LAVORO
Tirocinio formativo e di orientamento
I tirocini sono una interessante opportunità per agevolare le scelte professionali mediante la
conoscenza diretta del mondo del lavoro e per realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro.
Il tirocinio non si configura come un rapporto di lavoro: l'azienda non deve corrispondere una
retribuzione ed il tirocinante non deve pagare per essere inserito nell'impresa.
Possono effettuare tirocini di questo tipo le persone che abbiano già assolto l'obbligo
scolastico, senza limiti di età. Il tirocinio, non configurandosi come rapporto di lavoro, non
comporta la cancellazione dalle liste di disoccupazione.
La durata del tirocinio varia da:

4 mesi per studenti che frequentano la scuola secondari;

6 mesi per inoccupati o disoccupati, inclusi lavoratori in mobilità; per allievi di istituti
professionali di Stato, di corsi di formazione professionale, di attività formative postdiploma o post-laurea, anche nei 18 mesi successivi al termine degli studi;

12 mesi per studenti universitari, studenti che frequentano corsi di diploma universitario,
dottorati di ricerca o corsi di perfezionamento e specializzazione post-secondari anche non
universitari, anche nei 18 mesi successivi al termine degli studi; per persone svantaggiate;
per laureati da non più di 18 mesi;

24 mesi per soggetti portatori di handicap.
E' consentito (ma non dovuto) il rimborso al tirocinante di spese documentate (buoni
pasto, trasporti, etc.).
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Sono: i Centri per l'impiego, le Università, gli Istituti d'istruzione universitaria, le istituzioni
scolastiche, le comunità terapeutiche, le cooperative sociali, gli enti di formazione accreditati i
soggetti che possono farsi promotori di tirocinio.
Chi decide di sperimentare l'oingresso o il reingresso sul mercato del lavoro tramite tirocinio ha
l'opportunità di mettere in evidenza le proprie capacità ed abilità, lavorando nell'impresa. Può
inserire l'esperienza fatta sul suo curriculum, rendendolo più appetibile per la ricerca del lavoro.
Tirocinio estivo
Il tirocinio estivo di orientamento è il tirocinio indirizzato agli adolescenti o giovani che,
regolarmente iscritti ad un ciclo di studi presso l'università e gli istituti scolastici di ogni ordine e
grado, possono svolgere durante le vacanze estive.
Il tirocinio estivo mira ad agevolare gli studenti nella scelta professionale e a permettere loro di
orientarsi meglio nel mondo del lavoro. Consente inoltre di acquisire competenze spendibili nel
mercato del lavoro.
Il tirocinio estivo ha una durata non superiore a tre mesi e si svolge nel periodo compreso tra la fine
dell'anno accademico e/o scolastico e l'inizio di quello successivo. In caso di pluralità di tirocini, la
durata massima complessiva non può superare i tre mesi. L'azienda interessata a ospitare tirocinanti
non incontra limiti numerici per legge, salvo diversa previsione dei contratti collettivi.
L'azienda che ospita il tirocinante, pur non essendo obbligata, può erogare al tirocinante un sussidio
economico non superiore a 600 euro.
Altre forme di ingresso nel mercato del lavoro, previste per soggetti e target specifici sono
rintracciabili sui siti delle province, alla sezione lavoro o politiche attive del lavoro.
4.4 Consuetudini e diritti nel rapporto di lavoro
dipendente
Rapporti con il management/datore di lavoro: Il lavoratore subordinato deve osservare con
puntualità gli orari di lavoro. Deve, inoltre, essere diligente, osservare le disposizioni per
l’esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dal datore di lavoro e dai suoi collaboratori e
deve tenere un comportamento leale verso il datore, non divulgando notizie riservate ed astenendosi
dal fargli concorrenza.
Pause: la contrattazione collettiva stabilisce modalità e durata delle pause giornaliere se l’orario
giornaliero è superiore a 6 ore. In assenza di previsione contrattuale , al lavoratore dovrà essere
concessa una pausa tra l’inizio e la fine di ogni periodo giornaliero di lavoro di durata non inferiore
a 10 minuti.
Orario di lavoro: l’orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali, ma si fa riferimento ai
contratti collettivi di lavoro, a livello nazionale o settoriale.
Straordinari: il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario è possibile, ma deve essere contenuto.
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Riposo giornaliero e settimanale: il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore
ed a un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica,
ogni sette giorni.
Turni di lavoro: alcune attività vengono svolte in turni onde consentire che la produzione aziendale
non venga mai interrotta. alcuni contratti prevedono che nonostante che l’orario in turno sia sotto il
profilo lavorativo sempre orario normale, venga prevista una indennità per i turni più pensanti o
meno agevolati.
Indennità di trasferta: sono indennità che competono a coloro che svolgono attività al di fuori
della sede aziendale. La determinazione del compenso da corrispondersi in aggiunta alla
retribuzione mensile è definita dai Contratti nazionali o da disposizioni aziendali se di miglior
favore.
Ferie: le ferie annuali retribuite hanno durata di almeno quattro settimane e sono irrinunciabili.
Festività: La norma di legge stabilisce che tutte le festività, eccettuate le domeniche, debbano
essere pagate 1/6 dell'orario settimanale, cioè 6 ore e 40 minuti (6,67). Sono considerati festivi: la
Domenica; Capodanno:1 Gennaio, Epifania: 6 Gennaio; Pasqua: domenica e lunedì dell’Angelo;
Anniversario della liberazione: 25 Aprile; Festa del lavoro: 1 Maggio; Assunzione: 15 Agosto;
Ognissanti: 1 Novembre; Immacolata Concezione: 8 Dicembre; Santo Natale: 25 Dicembre; Santo
Stefano: 26 Dicembre; Santo Patrono della città.
Diritto allo studio: allo studente-lavoratore dovrà essere data la possibilità di sostenere esami. Il
permesso giornaliero per sostenere esami deve essere retribuito ed è per il datore di lavoro,
vincolante. Inoltre, lo studente-lavoratore ha diritto a 150 ore di permessi straordinari retribuiti da
usarsi in 3 anni (50 l'anno).
Malattia: in caso di malattia il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro per un
certo periodo di tempo, generalmente lungo, denominato periodo di comporto, la cui durata è fissata
dai contratti collettivi. Dopo aver inizialmente informato dell'assenza il proprio datore di lavoro,
entro il terzo giorno (o diversamente se così previsto dal contratto collettivo) dall'inizio della
malattia il lavoratore deve fargli recapitare il certificato medico che attesti l'impossibilità di prestare
attività lavorativa.
Maternità: in caso di maternità la lavoratrice ha diritto all’astensione dal lavoro (almeno 5 mesi: 2
mesi prima del parto e 3 mesi dopo il parto) e alla conservazione del posto di lavoro e non può
essere licenziata. Dopo il periodo di astensione obbligatoria è previsto il diritto ad astenersi dal
lavoro nei primi 8 anni di vita del bambino, per un periodo frazionato o continuativo non superiore
a 6 mesi con retribuzione ridotta.
Fonti: www.cisl.it; www.cgil.it; www.uil.it
4.5 Cosa si aspettano i managers dai lavoratori
In generale, le competenze richieste ai lavoratori e considerate più di frequente come “molto
importanti” dalle aziende italiane sono: la capacità di lavorare in gruppo; l’autonomia; le abilità
manuali; l’abilità di gestire rapporti con i clienti; la capacità di risolvere i problemi; la
capacità comunicativa. Tuttavia l’ordine di importanza che le aziende italiane attribuiscono alle
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competenze possedute dal lavoratore varia in funzione delle mansioni e della posizione
professionale dei lavoratori (dirigenti, impiegati, operai, ecc). Le figure che seguono riportano i
risultati dell’Indagine Excelsior 201013 riguardanti l’importanza delle competenze richieste dalle
imprese per le assunzioni programmate nel 2010 (Fonte: Unioncamere “Il monitoraggio dei
fabbisogni professionali delle imprese italiane per favorire l’occupabilità”, 2010).
13
L’indagine annuale Excelsior, inserita tra quelle ufficiali con obbligo di risposta previste dal Programma Statistico Nazionale, vengono intervistate circa 100.000 imprese con almeno un dipendente per conoscerne in modo analitico il fabbisogno di occupazione per l’anno in corso. I dati in tal modo raccolti forniscono una conoscenza aggiornata, sistematica ed affidabile della consistenza e della distribuzione territoriale, dimensionale e per attività economica della domanda di lavoro espressa dalle imprese, nonché delle principali caratteristiche delle figure professionali richieste (livello di istruzione, età, esperienza, difficoltà di reperimento, necessità di ulteriore formazione, ecc.). www.bridge-europe.eu
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EXTRA E BUONE PRATICHE
1 - Politiche interculturali nelle città
Europee: Guida sulle migliori pratiche Sintesi
Città Europee - gli attori della politica interculturale
Le città europee e in particolare quelle con economie forti attraggono immigrati da ogni
parte del mondo. Negli ultimi anni i grandi centri urbani sono diventati molto differenti in termini
etnici, culturali e religiosi. Il cambiamento in atto nella natura della società urbana presenta
opportunità in termini d’innovazione culturale e competitività internazionale. Allo stesso tempo, la
diversità sfida l’abilità delle città di stabilire e mantenere relazioni pacifiche e produttive tra diversi
segmenti della popolazione.
Conseguentemente, gestire le relazioni interculturali all’interno di un’ampia popolazione
costituisce la sfida maggiore per le città. Il network delle città per le politiche locali per
l’Integrazione dei Migranti (CLIP) definisce le politiche interculturali, i programmi e le attività
delle autorità locali e delle organizzazioni che mirano ad influenzare l’interazione sociale, la
comunicazione e la comprensione reciproca tra cittadini locali e popolazioni migranti. Oltre a fare
da ponte tra gruppi etnici e religiosi diversi. Il progetto CLIP mira ad identificare e analizzare le
politiche interculturali che contribuiscono a rafforzare le relazioni positive intergruppi e a facilitare
il processo di integrazione dei migranti e delle minoranze etniche.
Le politiche per l’interculturalità mirano a influenzare le relazioni tra gruppi che hanno
comportamenti diversi, dovuti a valori, norme, visione, interessi e idee differenti. Gestire e
migliorare le relazioni significa raggiungere un alto grado di coesione sociale delle comunità locali,
influenzando le relazioni tra gli abitanti locali e i migranti, tra i diversi gruppi di migranti, tra le
diverse etnie, culture e religioni, tra le autorità locali e loro cittadini cosi come tra gli immigrati e i
gruppi minoritari.
Considerato il problema crescente negli ultimi anni della radicalizzazione delle posizioni, in
entrambe le popolazioni (maggioritaria e minoritaria) e alla minaccia che rappresenta per la
coesione sociale, la guida presenta come le città affrontino il processo di radicalizzazione e quali
misure sono state messe in atto per risolverlo.
Questa guida alle buone pratiche evidenza i risultati chiave della ricerca svolta nell’UE e
presenta le principali raccomandazioni per i fautori delle politiche a livello Europeo, Nazionale e
Locale.
Il contesto della politica
Il dialogo interculturale e le relazioni intergruppo sono un tema centrale nei dibattiti in corso
in Europa. Problemi e prospettive sulle relazioni tra differenti gruppi nelle città si riflettono a livello
politico nelle discussioni sul dialogo interculturale. E’ quindi un tema politico importante dal punto
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di vista di molti attori europei: l’Unione Europea, il Consiglio d’Europa, le Organizzazioni
governative e non governative (ONG).
L’Unione Europea e in particolare la Commissione Europea, è un influente soggetto
orientatore nelle politiche interculturali. La Carta Europea per i Diritti Fondamentali garantisce per
Legge alcuni diritti politici, sociali ed economici relativi all’uguaglianza e alla libertà per i cittadini
e i residenti nell’Unione Europea.
Il dialogo interculturale è un tema centrale per le Organizzazione Intergovernative. Le Nazioni
Unite, in modo particolare l’UNESCO (UN Educational, Scientific and Cultural Organization) ha
promosso l’importanza del dialogo interculturale per decenni e lo considera un tema ancora più
attuale oggi, alla luce di un mondo sempre più globalizzato.
I risultati della ricerca
Una visione delle relazioni interculturali locali
Tra le città appartenenti al Network CLIP, le relazioni urbane interculturali sono ambigue.
Da un lato è possibile identificare una coesistenza pacifica caratterizzata da una limitata e parziale
cooperazione tra differenti gruppi etnici, religiosi e culturali, con relazioni pragmatiche e culturali
tra questi gruppi. In questa situazione si riscontrano pochi conflitti violenti, un basso grado di
radicalismo da entrambi le parti e l’emergere di richieste legali contro la discriminazione.
Dall’altro lato, in molte città emergono problemi come un basso grado di coinvolgimento
dei migranti nei processi di decisione e influenza nelle politiche interculturali, risorse insufficienti
per le organizzazioni di immigrati, la mancanza di personale con competenze in entrambe le parti e
segregazione territoriale. Vige inoltre la disaffezione su particolari tematiche, la mancanza di
consapevolezza sulle problematiche che coinvolgono i centri urbani, cosi come la percezione delle
tensioni reali ed esistenti tra vari gruppi minoritari.
Molte città evidenziano una diffusa percezione della discriminazione in relazione ad
importanti elementi della qualità della vita come impiego, casa e educazione. In alcuni territori, le
buone relazioni interculturali vanno di pari passo con la percezione della discriminazione. Mentre i
conflitti quotidiani sono parte delle relazioni interculturali, i conflitti violenti accadono raramente.
Tuttavia, le tensioni importate dai paesi d’origine giocano un ruolo significativo in molte città.
Questioni centrali
•
•
•
La maggior parte delle città affronta le relazioni intergruppi e gli aspetti interculturali
all’interno del quadro delle politiche per l’integrazione. Altre città pianificano le loro politiche
in termini di strategie sulla diversità, mentre le città dell’Est Europa hanno implementato
politiche per le minoranze locali.
Rafforzare e radicare un senso di appartenenza tra le organizzazioni dei migranti viene
considerato cruciale. Alcune città utilizzano programmi di formazione/capacitazione, altre
sviluppano organizzazioni “ombrello” e altre ancora implementano buone pratiche attraverso
progetti che coinvolgono i leader delle comunità in politiche interculturali.
Alcune città utilizzano gli eventi culturali interculturali come un modo per sfatare stereotipi
etnici e razziali e promuovere la coesione sociale. Infatti, molte municipalità supportano questo
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•
•
•
•
•
•
•
•
tipo di iniziative, di solito in cooperazione con le organizzazioni locali del settore, insieme alle
associazioni di Immigrati.
E’ riconosciuto che sviluppare competenze interculturali può aiutare a ridurre i malintesi
culturali e a migliorare le relazioni pacifiche tra gruppi. Tutte le città aderenti alla rete CLIP
stanno facendo uno sforzo per aumentare le capacità interculturali dei loro residenti, per
esempio attraverso corsi di formazione di Lingua.
La maggior parte delle città hanno intrapreso programmi municipali e campagne per
combattere la discriminazione e il razzismo, creando appositi uffici e progetti.
Alcune hanno sperimentato iniziative per incrementare la coscienza interculturale e le
competenze tra le forze di polizia. Altre ancora hanno organizzato campagne di informazione
sui temi della sicurezza legati ai migranti. Questi sforzi mirano ad incoraggiare l’interazione tra
la polizia e i gruppi di migranti, per ridurre paure e pregiudizi.
La maggior parte delle città ha implementato politiche che mirano a soddisfare i “bisogni”
religiosi, includendo il bisogno di spazi. Altre municipalità non considerano una loro
responsabilità la costruzione di strutture per le comunità di migranti, mentre altre città
supportano attivamente iniziative per l’edificazione di nuovi centri o la manutenzione di luoghi
di culto.
Altre sono coinvolte in un dialogo interreligioso che riguarda questioni di fede. Ci sono
iniziative che mettono insieme rappresentanti di diversi culti per discutere temi riguardanti le
interazioni tra gruppi religiosi nella vita di tutti i giorni, cosi come aspetti politici e sociali.
Nessuna delle città appartenenti alla Rete CLIP ha formulato un’esplicita strategia rivolta alle
Comunità Musulmane. In pratica, tuttavia, diversi enti pubblici organizzano progetti e iniziative
per migliorare le relazioni tra i gruppi di Musulmani. La maggior parte degli altri centri urbani
conosce l’importanza dell’Islam per le relazioni intergruppi e conduce progetti individuali
destinati alle comunità musulmane.
Migrazione e integrazione sono temi politici attuali in molte città Europee, con gruppi radicali
in entrambe le parti: anti-immigrati, formati tra la popolazione locale e gruppi religiosi radicali
istituiti tra i migranti. Tuttavia, la maggior parte delle città CLIP non presenta processi di
radicalizzazione di nessun tipo.
I provvedimenti che le città applicano per prevenire i movimenti anti-immigrazione sono per la
maggior parte una risposta ad azioni ed eventi concreti. Le politiche contro i movimenti radicali
sono più complesse e centrate su individui o gruppi ben definiti.
Per
visualizzare
la
relazione
completa
si
può
accedere
al
link:
http://www.eurofound.europa.eu/publications/bysubject/listdiversity2010.htm dove si troverà anche
la Pubblicazione realizzata da Eurofound e le migliori pratiche del Network CLIP (Tutti i
documenti sono in Inglese, tranne quelli segnalati diversamente).
www.bridge-europe.eu
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2 - Il ruolo delle parti sociali
Nei lavori di Eurofound è stato rilevato il grande potenziale delle parti sociali,
particolarmente nell’attuale situazione economica, per affrontare l’esclusione sociale. Le prove che
arrivano da tutta Europa dimostrano che le parti sociali hanno a loro disposizione una varietà di
strumenti, attraverso la contrattazione collettiva e oltre, per agire.
Mantenere il lavoro e migliorare le competenze
In base a quanto definito dalla Commissione Europea, “Avere un lavoro rappresenta la
migliore opportunità per evitare l’esclusione”. La creazione di occupazione è un’area dove i datori
di lavoro possono efficacemente contribuire a creare inclusione, mentre i sindacati possono lavorare
per assicurare adeguati stipendi, sicurezza lavorativa e condizioni di lavoro. In tempi recenti,
sindacati e datori di lavoro si sono trovati spesso d’accordo sul moderare gli incrementi salariali e
nell’introdurre limiti alla loro crescita, o, in alcuni casi, addirittura tagli, al fine di ridurre o evitare i
licenziamenti.
Queste esperienze di contrattazione mostrano l’importante contributo dato all’Occupazione
dalle parti sociali durante la crisi economica. Nel settore automobilistico in Francia e in Germania,
la contrattazione ha facilitato l’introduzione di soluzioni di lavoro alternative, di breve periodo,
supportate dallo Stato, che riducono i costi del lavoro per le imprese e aiutano a mantenere gli
attuali livelli di occupazione.
Tuttavia, la contrattazione collettiva ha anche introdotto misure per creare opportunità
formative e supportare quelli che sono stati recentemente licenziati. In Svezia, i parti sociali, a
livello settoriale, supportano e gestiscono congiuntamente i Consigli per la sicurezza lavorativa a
livello settoriale. Questi Consigli forniscono supporto ai lavoratori che sono stati esclusi dal
mercato del lavoro, attraverso formazione, assistenza finanziaria e tecnica nel creare nuove Imprese
ecc. Questo tipo di aiuti rendono più facile le ristrutturazioni aziendali e dimostra come i parti
sociali possano agire insieme, per limitare le conseguenze negative della disoccupazione.
Costruendo i migliori sistemi di sicurezza sociale
Nella maggior parte degli Stati membri, i parti sociali sono coinvolti nel dare forma e
amministrare i sistemi nazioni di sicurezza sociale, lo strumento chiave per combattere l’esclusione
sociale, giocando spesso un ruolo centrale nella pianificazione legislative. A causa dell’ampio
supporto di base delle parti sociali, questo coinvolgimento può condurre ad un largo consenso verso
le leggi approvate e facilitarne la sua implementazione. Inoltre, le parti sociali sono spesso
coinvolte nell’amministrare gli schemi di assistenza sociale. Questo può aiutare a creare un più
stretto link per i cittadini disoccupati con il mercato del lavoro e portare a politiche attive più
incisive.
In qualità di esperti del mercato del lavoro, le parti sociali rappresentano i soggetti migliori
per assistere i cittadini in cerca di lavoro e indirizzarli ad una formazione appropriata.
Recentemente, si è maggiormente focalizzata l’attenzione sull’obiettivo del sistema di sicurezza
sociale, per fornire forti incentivi per l’attivazione e la motivazione delle persone a rientrare nel
mercato del lavoro.
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Assistere i lavoratori che hanno un basso livello di Istruzione
I lavoratori con un basso livello d’istruzione e qualificazione corrono un grande rischio di
trovarsi in una situazione di povertà ed esclusione sociale e di incontrare condizioni lavorative
svantaggiate. I soggetti poco qualificati sono particolarmente vulnerabili in tempi di crescente
competizione: quando l’economia è in recessione, oltre a ricevere una formazione ampiamente
minore rispetto ad altri gruppi, perdono terreno e opportunità rispetto ai lavoratori più qualificati.
Le istituzioni devono garantire che i datori abbiano incentivi sufficienti per offrire percorsi
formativi a tutti i lavoratori, in modo particolare per quelli meno qualificati. La cooperazione tra le
parti sociali spesso porta i Governi a contribuire maggiormente. Infatti, le maggiori parti sociali a
livello Europeo hanno firmato uno “Schema di azione per lo sviluppo durevole delle competenze e
qualificazioni”, che afferma la mutua responsabilità delle organizzazioni sia di lavoratori sia dei
datori. A livello nazionale, la contrattazione collettiva regola il coordinamento e il supporto
finanziario dell’apprendistato.
Affrontare la discriminazione
Le donne, gli immigrati e le persone con disabilità sono spesso soggetti a discriminazione
nell’ambiente di lavoro. Gli stranieri rappresentano in modo consistente la fetta di lavoratori più
colpita da salari bassi, occupazioni precarie e squalificate e hanno poche possibilità di essere inseriti
in programmi di formazione.
Le donne hanno grandi difficoltà a progredire verso posizioni tradizionalmente ricoperte
dagli uomini e le disparità di genere salariali continuano a persistere in tutta Europa. Le parti sociali
hanno fatto più progressi nel combattere le discriminazioni contro le donne rispetto a quelle contro i
migranti e ancora molto potrebbe essere fatto per entrambi i gruppi.
In modo crescente, la discriminazione è trattata esplicitamente nella contrattazione collettiva
e le parti sociali sono attive nel prevenirla, in parte in base agli accordi Europei in materia. Grazie
ad una prospettiva di lungo termine cosi come ad una grande influenza nel mercato del lavoro, i
soggetti collettivi si trovano in una posizione favorevole per affrontare la discriminazione.
In alcuni Stati Membri, le parti sociali includono nella contrattazione collettiva esplicite
misure antidiscriminatorie e piani che trattano le diversità o creano forme di intervento per
migliorare le condizioni lavorative degli immigrati. Le parti sociali a livello Europeo hanno adottato
uno Schema di Azioni Europeo sull’uguaglianza di genere che include gli obiettivi di promozione
del ruolo della donna nel processo decisionale e affronta le differenze salariali uomo-donna.
Ulteriori Informazioni
*The European foundation for the improvement of living and working conditions
www.eurofound.europa.eu/resourcepacks/integration.htm è la Fondazione Europea per il
miglioramento delle condizioni di vita e lavoro che ha attivato l’iniziativa “Tutti a bordo, lasciando
l’esclusione sociale alle spalle” per affrontare le cause che stanno alla base dell’esclusione sociale e
promuovere azioni in tutta Europea, per creare una società totalmente inclusiva.
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3 - La ricerca del lavoro
Organizzare la ricerca
Solo in Italia vengono ogni anno pubblicati più di 350.000 titoli di libri, più di 13.000 riviste
diverse, per non parlare dei milioni di siti presenti in internet. Al fine di non perdersi in questa
giungla informativa è bene seguire la regola di “partire dal generale per arrivare al particolare” il
che significa che per raccogliere le informazioni è necessario partire dalla consultazione di testi,
riviste o siti che trattano il settore in generale per poi via via passare alla lettura di testi, riviste o siti
specializzati sul sotto settore che interessa, fino ad esaminare nello specifico i cataloghi delle
aziende e gli opuscoli dei prodotti.
Questo tipo di approccio alla ricerca permette:
 di operare scelte mirate su settori strategici, ossia di passare dal generale conosciuto a molti
al particolare conosciuto a pochi, in altre parole di passare dalla parte visibile del mercato
del lavoro alla parte nascosta;
 di circoscrivere la ricerca e incanalare le energie, ossia focalizzare l’attenzione su di un
obiettivo specifico, evitando dispersioni di energia e impegno in un settore troppo ampio;
 di ottenere informazioni specifiche su aziende e persone, ossia di individuare bersagli
concreti per continuare la ricerca informativa attraverso il contatto diretto con chi lavora nel
campo.
Un utile strumento per incrementare il livello di informazioni necessarie sul settore
lavorativo di interesse, per capire quali sono le caratteristiche del settore in un paese diverso da
quello di provenienza, è una intervista informativa.
L’intervista informativa è un colloquio della durata di circa 15-20 minuti con un persona che
conosce direttamene il settore di lavoro di interesse perché ci lavora.
Ha i seguenti obiettivi:
 raccogliere informazioni strategiche di prima mano sulle professioni e sul settore;
 costruire una rete di contatti o networking
Attenzione però che chiedere un lavoro non rientra tra gli obiettivi dell’intervista
informativa.
Chi intervistare
Dopo aver letto il materiale raccolto nell'attività di documentazione sul settore di lavoro e
sulla/sulle professione/i di interesse, occorre cercare qualcuno che lavori nel campo e lo conosca
bene, in modo da porgli una serie di domande. Il primo passo quindi è quello di identificare il
professionista che potrebbe essere di aiuto direttamente o attraverso qualcuno che lo conosca. Si
può provare ad attivare la propria rete di contatti e conoscenze e chiedere ad amici, parenti,
conoscenti, vicini di casa se conoscono qualcuno che lavori nel settore, oppure si possono contattare
le associazioni di categoria o direttamente le aziende per sapere il nominativo di chi ricopre il
profilo professionale ricercato
Ottenere un appuntamento
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Una volta identificata la persona o il professionista l’obiettivo è quello di ottenere un
appuntamento. Il modo migliore è quello di contattarlo telefonicamente per fissare la data e il luogo.
La telefonata è un momento molto delicato, e il successo nell’ottenere il fatidico incontro dipende in
buona parte da come viene gestita
Nella telefonata è bene:







essere gentili e persistenti;
presentarsi senza ambiguità;
chiarire l’obiettivo della chiamata;
offrire più alternative all’interlocutore per incontrarsi;
sottolineare che si cercano informazioni, non un lavoro;
fare appello alla competenza dell’interlocutore sulle informazioni ricercate
rimandare le risposte alle domande dell’interlocutore al momento del colloquio.
Ottenuto l’appuntamento è fondamentale prepararsi adeguatamente all’intervista
informativa. Dimostrare di essere competente ed interessato è la chiave per ottenere una proficua
collaborazione da parte dell'interlocutore sia per la ricerca informativa e sia, in un eventuale futuro,
per la ricerca del lavoro.
Prepararsi vuol dire conoscere almeno in modo sommario la professione della persona che
vai ad intervistare e il settore in cui lavora;
 avere chiaro le informazioni da raccogliere;
 avere una lista di domande pertinenti.
Le domande tipiche dell’intervista informativa.








Caratteristiche della professione
Caratteristiche dell’azienda
Formazione necessaria per l'accesso alla professione/ all'area di interesse
Tecniche utilizzate per la selezione
Strumenti utilizzati per la selezione
Suggerimenti e consigli
Stipendio medio o meglio, contratto nazionale applicato
Contatti, riferimenti
Il networking nella ricerca del lavoro
La rete di contatti (network) è formata da tutte le persone che conosciamo, a partire dai
parenti più prossimi fino ai conoscenti più lontani; il networking non è altro che l’attività di
allargare la rete, in altre parole di conoscere nuove persone.
Fanno parte della rete di contatti: la famiglia e i parenti: genitori, fratelli, zii, nonni, cugini,
ecc.; gli amici e i conoscenti: amici, amici di amici, vicini di casa, ecc.; i colleghi di lavoro: le
persone con cui hai lavorato o lavori attualmente; gli insegnanti e i professori di tutte le scuole che
hai frequentato o che stanno frequentando i tuoi figli; i membri di organizzazioni di cui fai o hai
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fatto parte come le associazioni sportive, culturali, di volontariato, ecc.; i professionisti a cui ti
rivolgi, esempio il dottore, il dentista, il parrucchiere, l’idraulico ecc..
Gli obiettivi del networking
Il networking è un’attività naturale che utilizziamo quotidianamente nella nostra vita in
modo spontaneo e intuitivo. Le volte in cui cercando un buon ristorante abbiamo chiesto a qualcuno
di indicarcelo; quando abbiamo chiesto consiglio per un bravo medico, abbiamo svolto più o meno
consapevolmente attività di networking. E' una capacità che utilizziamo ogni giorno, magari in
modo poco sistematico, ma che grazie alle informazioni e all’aiuto prezioso degli altri ci permette di
raggiungere i nostri obiettivi. Nell’ambito specifico della ricerca informativa e del lavoro, il
networking permette di:





aumentare i contatti in modo geometrico;
incontrare e conoscere più persone che svolgono il lavoro di interesse;
raccogliere informazioni su di una azienda o di una professione;
far conoscere la tua strategia di ricerca;
scoprire opportunità di lavoro nascosto o di crearne di nuove.
Tipologie di networking
Puoi utilizzare la tua rete di contatti nel modo spontaneo e improvvisato di sempre oppure
passare ad un’attività di networking consapevole e sistematica che permette di focalizzare le energie
e le risorse per il raggiungimento degli obiettivi.
 Il networking può essere di tipo passaparola, professionale, mirato, online14
 Organizzare la ricerca del lavoro: cercare lavoro è un lavoro
La ricerca informativa e la ricerca del lavoro sono attività impegnative in termini di tempo e
di energia. L’attesa per trovare occupazione è proporzionale (oltre al tipo di professione che cerchi,
al livello di competenze ed esperienza che possiedi e alla fortuna) al numero di ore che dedichi a
questa attività, e a come la svolgi. La parola d’ordine è quindi organizzazione: del tuo spazio, del
tuo tempo e delle informazioni che raccogli.
Lo spazio
E' importante poter disporre di uno spazio di lavoro in cui eseguire le proprie attività di
ricerca senza essere disturbati. L’area di lavoro deve essere provvista di un registro (se non si
possiede un pc occorre necessariamente procurarsi un quaderno su cui registrare tutte le attività
svolte e l'esito che hanno avuto), un telefono e di tutto il materiale che utile alla ricerca, dalle buste
da lettera alla pinzatrice, dalla penna alle lettere di ringraziamento. L'area di lavoro va tenuta in
ordine, in modo da poter trovare facilmente tutto quello si cerca.
La gestione del tempo
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Vedi pagina dedicata al social networking www.bridge-europe.eu
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Come non esiste una giornata di 25 ore, non esiste nemmeno una ricetta universale per
organizzare il proprio tempo (un tipo di organizzazione può andare bene per una persona ma non
per un'altra). Ci sono però alcune indicazioni che possono essere di aiuto.

Definire una quantità di tempo da dedicare alla ricerca (ad esempio tre ore al giorno) e
distribuirla nell’arco della settimana. Questo permette di dare sistematicità all’attività, e di
garantire un impegno giornaliero per portarla a termine.




Fissare l’orario dedicato alla ricerca in modo flessibile, in base alle attività da svolgere.
L’orario deve tenere conto degli appuntamenti, del tempo che occorre per portare a termine
un compito, degli orari di apertura di uffici, biblioteche, aziende ecc.
Utilizzare un’agenda settimanale (l'agenda elettronica è ancora preferibile, anche perché può
dare segnali sonori all'arrivo di una certa incombenza) in cui segnare le cose da fare, in
modo da ottimizzare l’attività di ricerca e avere chiaro cosa fare, quando, dove ed entro
quale scadenza. Scrivere tutto quello che si deve fare sotto la data precisa e barrarlo a matita
quando è stato fatto. Pianificare le attività di settimana in settimana in modo da mantenersi
sempre attivi.
Collocare i compiti più spiacevoli, quelli che di solito si vorrebbero rimandare, all’inizio
della giornata e della settimana, affinché non si trasformano in un fattore di preoccupazione
che influenza negativamente le altre cose da fare.
Lasciare spazio nell’arco della giornata e della settimana alle attività piacevoli del tempo
libero che rilassano e ricaricano. Evitare lo stress da troppo lavoro!
Organizzare le informazioni
Durante la ricerca si avrà a che fare con una miriade di informazioni raccolte da libri, riviste,
giornali, internet, interviste, ecc.. L’organizzazione è fondamentale se non si vuole soccombere.
Ecco alcuni strumenti che possono essere d’aiuto:

Blocco degli appunti tascabile o palmare, da portare sempre in giro e in cui trascrivere
annotazioni importanti per la ricerca, ad esempio indirizzi, nome di un contatto fornito da
una persona, titolo di una rivista da consultare, una cosa qualsiasi che sia venuta in mente
all'improvviso ecc.

Raccoglitore ad anelli o dossier in cui inserire, in buste plastificate trasparenti, articoli,
fotocopie, annunci di lavoro, opuscoli, ecc. suddivisi per argomento o tipologia, con la data
a la fonte dell’informazione.

Rubrica telefonica in cui trascrivere tutti i contatti e gli indirizzi utili con il relativo numero
di telefono e la fonte. Meglio ancora se collegata direttamente con la rubrica del pc

Agenda in cui scrivere tutte le attività da svolgere e quelle svolte (annotando con precisione
la data). In caso di agenda elettronica occorre assicurarsi di allineare sempre le informazioni
tra tutti gli strumenti che si usano

Cartella da portare ai colloqui in cui inserire copia del curriculum, di eventuali
pubblicazioni, di ricerche o di quanto può essere utile mostrare al datore di lavoro.
Durante la ricerca del lavoro inoltre è preferibile tenere una copia di tutto quello che si
spedisce (curriculum, lettera di accompagnamento, nota di ringraziamento, ecc. ), annotando la data
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di invio e inserendo il tutto in una cartella appropriata (sia essa cartacea o elettronica). In qualunque
momento potrai sapere cosa hai spedito, quando e a chi, anche per evitare spiacevoli ripetizioni
Altri strumenti utili
Il computer è ormai, così come il collegamento a internet, uno strumento pressoché
essenziale per la ricerca di un lavoro. Oltre all’accesso a internet, il computer permette di gestire
una grande quantità di informazioni, come 100 versioni diverse del tuo curriculum o un database
con migliaia di indirizzi di aziende e contatti.
La ricerca del lavoro
Spesso le persone che cercano lavoro utilizzano tecniche poco efficaci semplicemente
perché hanno un’idea poco chiara di come un’azienda si muove per ricercare il personale.
Rispondono alle inserzioni sui giornali, spediscono “a pioggia” i curriculum, mettono in giro la
voce che “stanno cercando un lavoro” perché pensano che tutte le aziende in cerca di lavoratori
pubblichino un annuncio sul giornale o scelgano tra i curriculum arrivati in azienda o ricerchino
persone “generiche”, che sanno svolgere un lavoro, che hanno della esperienza. Ma questo non
avviene, ed è sufficiente mettersi nei panni di un imprenditore di una piccola/media azienda per
comprendere che i passi che fa per trovare la persona “giusta” sono diversi da quelli di chi cerca
lavoro.
Sistema tipico di ricerca del personale
Nel caso molto comune in Italia del datore di lavoro di una piccola media impresa (priva
quindi di un ufficio ad hoc che si possa occupare della selezione delle risorse umane) i passaggi per
cercare personale sono solitamente quelli riportati di seguito. Occorre considerare che in Italia le
piccole e medie imprese rappresentano il 95% del tessuto economico e danno occupazione a circa
l’80% della forza lavoro.
Ecco a grandi linee alcuni strumenti necessari per la ricerca
 Conoscenza diretta
Il datore si chiede se conosce già qualcuno che può ricoprire il profilo ricercato. Prende in
considerazione prima chi ha già visto lavorare (es. un dipendente meritevole di promozione, un
collaboratore informale, un lavoratore temporaneo, uno stagista, un volontario, una persona che gli
dà una mano in un periodo di grande lavoro, come ad esempio Natale), poi conoscenti degni di
fiducia (un amico, un parente, un amico di altri dipendenti di cui si fida) e infine quelle persone
incontrate in situazioni di auto candidatura che gli sono piaciute e hanno manifestato un reale
interesse a lavorare per la sua azienda, sempre che abbia ancora l'indirizzo di costoro e che non lo
abbia già cestinato anche perché per poter trattenere i curriculum che gli arrivano dovrebbe seguire
troppe procedure imposte dalla legge sulla Privacy.
 Conoscenza indiretta
Il datore utilizza la propria rete di contatti nella ricerca di un valido collaboratore. Utilizza il
passaparola, contatta conoscenti di fiducia, coinvolge i propri dipendenti e chiunque ritiene possa
indicargli nominativi adeguati. Pensa che il loro giudizio sia una garanzia.
 Curriculum
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Il datore si affida alle risorse interne all’azienda. Ricerca tra i curriculum pervenuti in
azienda quelli che rispondono alle caratteristiche del profilo ricercato e convoca i candidati per un
colloquio. Di solito in questo caso possono essere convocati coloro che, per puro caso, si sono
presentati nei giorni precedenti, in quanto non è molto comune, anche per le limitazioni imposte
dalla Legge sulla Privacy, trattenere ed archiviare i curriculum che arrivano ogni giorno in azienda.
 Banche Dati
Il datore contatta gli enti che possiedono banche dati curriculari (centro per l’impiego,
l'associazione di categoria a cui è iscritto, siti internet dedicati ecc.). Comunica le caratteristiche del
profilo ricercato per ricevere un elenco di nominativi rispondenti. Dà la precedenza a quegli enti che
forniscono il servizio gratuitamente.
 Agenzia di lavoro temporaneo
Soprattutto nel caso in cui abbia intenzione di assumere a tempo determinato, il datore di
lavoro può pensare di rivolgersi ad una agenzia di lavoro temporaneo. Il servizio offerto costa circa
il 20-30 % dello stipendio del dipendente per ogni mese di contratto, ma offre una serie di vantaggi:
selezione a carico dell’agenzia, velocità del reperimento dei candidati, minime incombenze
burocratiche.
 Annuncio di lavoro
Il datore di lavoro decide di inserire gratuitamente un annuncio di lavoro in un periodico di
annunci economici, oppure a pagamento un annuncio di ricerca di personale qualificato (a riquadro)
in un quotidiano o in una rivista di settore. Tra i curriculum pervenuti, selezionerà i migliori
candidati e li convocherà per la selezione, sempre che abbia qualcuno internamente in grado di
occuparsene e che ne abbia il tempo.
 Società di selezione del personale
Il datore delega la ricerca a una società specializzata nella selezione del personale che, nel
reclutamento, utilizza i nominativi della propria banca dati e la pubblicazione di un annuncio di
ricerca di personale. La società opererà la selezione in modo professionale e presenterà una rosa di
candidati adeguati. Il servizio può costare dal 22 al 35% della RAL del lavoratore, a seconda del
livello contrattuale al quale si è intenzionati ad assumere.
 Cacciatori di teste
Per quei profili ad alta qualifica e molto difficili da reperire, il datore può pagare un
reclutatore professionista (“cacciatore di teste”) che ricercherà qualcuno tra le persone che
attualmente lavorano per un’altra azienda. I cacciatori di teste (head hunters) sono oggi catalogati
come Agenzie di Lavoro di Ricerca e Selezione.
Le tecniche di ricerca del lavoro
Le tecniche più efficaci per trovare occupazione vanno combinate in una strategia di ricerca
del lavoro adeguata, che ciascuno si compone nel tentativo di raggiungere il proprio obiettivo
professionale.
Il curriculum è un documento sintetico che riporta gli aspetti salienti della tua formazione,
delle tue esperienze e delle tue competenze.
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Il mailing consiste nell’invio alle aziende, a mezzo posta o via e-mail, del curriculum con
una lettera di accompagnamento al fine di ottenere un colloquio.
L’autocandidatura consiste nel contattare le aziende target del nostro piano di ricerca per
proporre una collaborazione e la propria professionalità.
Gli annunci di lavoro sono un mezzo di comunicazione utilizzato dalle aziende o dalle
società di selezione per la ricerca del personale, e compaiono sui differenti organi di stampa, dai
quotidiani ai periodici a internet. Rispondere ad un annuncio è ancora il modo più diffuso per
cercare lavoro, anche se non è il metodo più efficace e veloce di ricerca.
Le banche dati consistono in archivi cartacei o elettronici di curriculum utilizzati da enti
pubblici e società o associazioni private per far incontrare domanda e offerta di lavoro. Cercare
lavoro attraverso le banche dati significa iscrivere il proprio curriculum negli archivi delle società
ed enti che possono segnalarlo ad eventuali aziende. Un esempio di queste società sono le Agenzie
per il Lavoro.
Il pubblico impiego Le modalità di assunzione del pubblico impiego segue un iter diverso da
quella del settore privato. Per questo è importare conoscere bene le modalità di accesso per cogliere
le opportunità. Il Concorso (una selezione per titoli e/o esami) è la modalità più frequente, anche se
non l'unica possibile.
La creazione d’impresa è un’altra opportunità offerta dal mercato del lavoro che consiste nel
realizzare un’idea imprenditoriale, creandosi da sé il lavoro.
Riprendiamo, approfondendoli, alcuni degli strumenti più efficaci per cercare lavoro.
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Mailing
Il mailing consiste nell’invio alle aziende, a mezzo posta o via e-mail, del curriculum con
una lettera di accompagnamento al fine di ottenere un colloquio. È una forma di campagna
pubblicitaria con l’obiettivo di far conoscere alle aziende che tu, con la tua professionalità, sei sul
mercato.
Il mailing riserva tre grandi vantaggi:
1. raggiungere un illimitato numero di persone simultaneamente: a differenza del networking
attraverso cui i tuoi contatti crescono in modo geometrico, il mailing permette di
raggiungere tutte le persone che vuoi nello stesso momento.
2. proporsi in aree geografiche al di fuori della zona di residenza: il mailing è il mezzo
appropriato se si desidera contattare aziende lontane da casa, dove un approccio diretto di
autocandidatura è più difficoltoso per questioni di tempo e denaro.
3. è un modo meno “traumatico” di presentarsi all’azienda: la lettera ha il grande vantaggio di
presentare la persona senza che debba affrontare l’emozione che provoca il contatto diretto o
per telefono. E quando poi si chiama per fissare un appuntamento, il compito è facilitato
perché il selezionatore, che ha letto il curriculum, sa già chi è al telefono.
Come impostare la campagna di mailing
La ricerca del lavoro attraverso il mailing comporta tre passi:

definire la lista di aziende bersaglio in cui si stima interessante lavorare;

redigere e inviare lettere di accompagnamento e curriculum personalizzati per ogni datore
che si desidera contattare, indipendentemente dal fatto che l’impresa sia alla ricerca di
personale o meno;

telefonare successivamente alla persona a cui si è scritto per cercare di ottenere un
appuntamento.
La lettera di accompagnamento
È usanza e segno di professionalità accompagnare il curriculum con una lettera di
accompagnamento (chiamata anche di presentazione o di motivazione) che comunichi al lettore per
quale motivo si scrive e chi si è. La lettera di accompagnamento è quindi lo strumento chiave del
mailing e ha l’obiettivo di catturare l’attenzione del lettore e spingerlo alla lettura del curriculum.
E' estremamente importante che la lettera sia personale e ritagliata sull’azienda e sul profilo per cui
ci si candida.
Cosa scrivere nella lettera di accompagnamento
L’impostazione standard della lettera prevede tre sezioni:
Introduzione e aggancio
La sezione d’apertura ha lo scopo di attirare l’attenzione del lettore, di agganciarlo e farlo
proseguire nella lettura. Ogni pretesto è buono per un aggancio.
La chiave per ottenere buoni agganci è quella di informarsi attraverso la rete di contatti, la
lettura di giornali e di riviste specializzate, del sito, la partecipazione a fiere, mostre e convegni. È
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chiaro inoltre che più genuino è l'interesse per il settore, per l’azienda o per il lavoro, più sarà
semplice cercare e trovare informazioni e dati utili.
Chi sono e perché scrivo
La sezione intermedia riporta il motivo per cui si scrive e alcune informazioni sintetiche del
curriculum. Il lettore in qualche modo deve farsi un’idea di chi ha di fronte e soprattutto di cosa può
offrire all’azienda. È la parte della lettera in cui comunicare le capacità e le esperienze salienti (e
solo quelle) che possono interessare il selezionatore. Riportare i punti di forza, ad esempio uno
stage fatto nel settore, una passione dimostrabile per le attività dell’azienda, una caratteristica di
personalità ecc., ed esprimili in modo personale sottolineando le competenze acquisite.
Vediamoci e parliamone
Il paragrafo di chiusura ha l’obiettivo di concordare un incontro. È il momento di proporre
un colloquio conoscitivo e far sapere le modalità attraverso cui ti muoverai per fissare un
appuntamento. E per finire, ringrazia per l’attenzione che ti ha concesso e invia i tuoi saluti.
Mailing via internet
Attraverso internet si può recapitare il curriculum a migliaia di aziende immediatamente. Sia
ben inteso, le indicazioni delineate sopra valgono anche per la posta elettronica e la rapidità e
l’economia della rete non deve incentivare l’invio “a pioggia” di lettere e curriculum generici. Se si
decide di utilizzare questo strumento si ricordi che il messaggio e-mail funge da lettera di
presentazione, che ha lo scopo di agganciare il lettore e portarlo a leggere il curriculum allegato
(possibilmente in formato word o pdf);
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L'autocandidatura
L’autocandidatura è di gran lunga la tecnica di ricerca del lavoro più efficace e consiste nel
contattare le aziende in cui vi piacerebbe lavorare (indipendentemente se queste siano alla ricerca di
personale) e proporre la vostra collaborazione e la vostra professionalità. Questa tecnica richiede
grande preparazione, impegno e soprattutto una grande attività di networking per raccogliere
informazioni strategiche e stabilire i contatti con le persone chiave dell’azienda. L’obiettivo
dell’autocandidatura è quindi quello di ottenere un colloquio di 15-20 minuti con chi ha il potere di
assumere o di offrirvi una collaborazione, e dimostrargli di essere un candidato interessante, che
può in qualche modo contribuire allo sviluppo dell’azienda.
La campagna di autocandidatura
La campagna di autocandidatura presuppone una serie di step e di strategie da adottare e in
particolare:
Definire le aziende bersaglio
Preparare un elenco delle aziende bersaglio che si desidera contattare. È importante che la
lista riporti un numero di aziende gestibile, in modo da poter raccogliere informazioni precise e
aggiornate su di esse, informazioni estremamente utili per il colloquio. Compilare quindi un elenco
con tutti i nomi delle aziende al limite creando un apposito data base.
Ricercare le persone chiave
Dopo aver definito l’azienda bersaglio, è fondamentale individuare la persona chiave che ha
il potere di assumere o di prendere quel tipo di decisione che, in una piccola azienda, può essere il
titolare oppure, in una grande, il responsabile di funzione del settore in cui ci si vorrebbe inserire. È
bene scoprire nome, cognome, titolo e possibilmente anche posizione del destinatario (esempio,
Dott. Marco Neri, Responsabile Marketing). Per ottenere il nominativo esatto, si può utilizzare la
propria rete di contatti oppure pubblicazioni come l’Annuario generale Guida Monaci, l’Annuario
generale dell’economia italiana Kompass o gli Annuari delle associazioni di categoria o molte altre
finti ricercabili via web. Un altro modo è provare a cercare su google il nome dell'azienda e vedere
se viene unito a nomi di ruoli chiave. Se proprio non si riesce attraverso altre vie, si può poi sempre
chiamare l’azienda e, con una scusa generica, chiederne il nome.
Scegliere la modalità di approccio migliore
Definita l’azienda, la persona e ricercato il contatto, è necessario scegliere quale approccio
utilizzare per ottenere un colloquio. Ce ne sono fondamentalmente tre:
 contatto diretto
 lettera
 telefonata.
Il primo approccio, ossia andare di persona in azienda e chiedere di parlare con la persona
prevista è una modalità invasiva, poco professionale e per questo sconsigliata. È sempre meglio
ottenere un appuntamento prima, in modo che l’interlocutore sappia chi sta aspettando e il motivo
della visita e possa dedicare 15-20 minuti all'incontro.
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La telefonata è comunque un passaggio obbligato per ottenere un appuntamento. Se è stata
utilizzata anche durante la ricerca informativa per richiedere appuntamenti per una intervista
informativa, si dovrebbe ormai essere esperti in quanto l’obiettivo è identico: ottenere un colloquio.
Il successo nell’ottenerlo dipende da come ci si è preparati e da quanto ci si è esercitati.
Prepararsi al colloquio di autocandidatura
Fissato l’appuntamento, è fondamentale giungere al colloquio ben preparato, il che vuol
dire: saper discutere in modo chiaro i propri obiettivi professionali; saper comunicare le proprie
capacità e i i propri punti di forza che possono contribuire allo sviluppo dell’azienda o del settore
per cui ci si candida; far capire che si è realmente interessati a lavorare per l’azienda e che si
conoscono le sue attività e i suoi problemi.
Affrontare il colloquio
Si è giunti all’incontro con l’interlocutore “decisivo”, quello che esprimerà un parere su di
voi e deciderà in merito all'eventuale assunzione. A differenza dal colloquio di lavoro, il colloquio
di autocandidatura è breve e il selezionatore in qualche modo si aspetta che siate voi ad esplicitare il
motivo della “visita”. Sebbene la discussione si svilupperà probabilmente sugli stessi argomenti del
colloquio di lavoro, l’introduzione è nelle vostre mani e ne determinerà la sua evoluzione.
Preparatevi quindi una breve presentazione che possa rispondere alla domanda del selezionatore:
“Allora, Sig. Rossi, mi dica, come mai ha chiesto questo appuntamento?” Il consiglio è di
presentarsi con onestà parlando brevemente di chi si è, del proprio percorso di ricerca del lavoro,
del motivo per cui si sta cercando lavoro e di quanto vi ha motivato a chiedere un appuntamento.
La presentazione serve per rompere il ghiaccio e incuriosire l’interlocutore, non per
raccontare “tutto” di sé. Sarà il selezionatore ad interrompere e chiedere informazioni specifiche su
quello che più gli interessa relativamente alle esperienze di lavoro precedenti, alla formazione allo
sviluppo di carriera ecc. Cercate quindi di limitare la presentazione a poche informazioni essenziali
e lasciate che il colloquio si sviluppi spontaneamente in una discussione piacevole su di un
argomento che interessa ad entrambi e che voi ben conoscete. Ricordatevi di rispettare il tempo
richiesto e se il colloquio si dilunga oltre i 15 minuti, fatelo notare e solo se invitati a restare
prendetevi altri 5 minuti; altrimenti ringraziate e salutate.
Spedire una mail di ringraziamento
La mail di ringraziamento è una pratica poco diffusa, ma gradita da chi la riceve. Spedirla
subito dopo il colloquio servirà a: dimostrare di essere una persona gentile e professionale; a farsi
ricordare dal selezionatore di te; a inserire qualcosa di importante che vi siete scordati di
comunicare durante il colloquio.
Affinché sia efficace la mail di ringraziamento va spedita subito, non oltre il giorno
successivo al colloquio.
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La creazione d'impresa
Spesso nell’immaginario collettivo trovare lavoro significa trovare un’azienda pubblica o
privata che assume offrendo un contratto a tempo determinato o indeterminato o, al limite, una
collaborazione. In realtà esiste un’altra opportunità per trovare occupazione: diventare imprenditore.
Diventare imprenditore significa crearsi un lavoro partendo da un’idea d’impresa. In altre
parole se si possiede un’idea imprenditoriale si può valutare la sua fattibilità e seguire tutti i
passaggi per la sua realizzazione. Idea imprenditoriale non significa necessariamente qualcosa di
“grande” che richiede grossi investimenti e solide capacità manageriali. Può essere anche qualcosa
(un prodotto o un servizio) realizzabile a costi ridotti e finanziabile attraverso una delle leggi a
favore dell’imprenditoria. Le politiche attive del lavoro puntano molto sulla diffusione della cultura
imprenditoriale, e hanno predisposto una serie di strumenti legislativi, finanziari e formativi molto
interessanti, soprattutto per le donne e per i giovani. Avere un’idea e trovare i soldi per realizzarla
però non sono condizioni sufficienti per il suo successo. Considera che in Italia ogni anno nascono
moltissime nuove aziende, ma altrettante ne muoiono (la maggior parte delle quali nei primi anni di
vita). Realizzare un’idea imprenditoriale è una decisione seria che prevede un’attenta valutazione e
un’accurata preparazione.
In diverse province italiane esistono servizi e sportelli per il sostegno alla creazione di
impresa.
Se si pensa di poter percorrere questa strada, conviene rivolgersi agli sportelli specializzati
che offrono un servizio gratuito di orientamento, consulenza e assistenza all’imprenditoria.
I passi verso la creazione d’impresa
La creazione d’impresa presuppone almeno tre passi da seguire per valutare se l’idea
imprenditoriale possiede fondamenta robuste:
1. Autovalutazione
Sebbene non esista un profilo standard dell’imprenditore, il primo aspetto da considerare è
quello di verificare se si posseggono le risorse personali e professionali per poter intraprendere con
successo un’attività autonoma. Il rischio di incorrere in eventi stressanti, pressioni sociali ed
economiche è elevato e richiede alto investimento personale e dedizione che non tutti sono disposti
o in grado di affrontare. La realizzazione di un’impresa esige quindi alcune caratteristiche tra cui:
forte motivazione; fiducia in se stessi; ottimismo; stabilità ed equilibrio emotivo; capacità di
organizzazione e pianificazione; flessibilità; propensione al rischio; tenacia; capacità relazionali e
comunicative.
Molto importante inoltre è possedere conoscenze specifiche del settore in cui si colloca
l’idea d’impresa, e capacità operative maturate attraverso studio, esperienze di lavoro, esperienze
associative ecc.
Considerare la via imprenditoriale prevede quindi di ripercorrere la fase del bilancio delle
competenze e verificare se si posseggono le caratteristiche di personalità e le capacità per sostenere
con successo la scelta, ricordando che le capacità possono essere apprese, e che spesso una forte
motivazione, come credere fermamente in un’idea, permette di superare i propri limiti.
2. Definizione dell’idea
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Il secondo passo consiste nel mettere a fuoco l’idea, ossia definirla in modo chiaro e
dettagliato per verificarne la fattibilità. Un’idea imprenditoriale ben definita dovrebbe rispondere a
tutta una serie di domande relative al mercato, al prodotto, ai clienti, ai concorrenti, ai competitor,
alle strategie, al posizionamento, al marketing in generale, alla struttura organizzativa, ai metodi per
produrre il servizio o prodotto, agli strumenti di lavoro ecc. ecc.
Rispondere a queste domande richiede un’accurata ricerca informativa. È molto
impegnativo, ma è anche l’unico modo per verificare se l’idea è sostenibile, per ottenere assistenza
e per cercare finanziamenti. Se si va a chiedere informazioni sulle leggi di finanziamento per la
creazione d’impresa, senza un’idea precisa si ottengono risposte vaghe. Esistono infatti diverse
leggi che però hanno ambiti di applicabilità differenti a seconda del tipo di società, del territorio, del
settore, del servizio/prodotto, dell’imprenditore, ecc. Finché l’idea è poco precisa e confusa quindi è
difficile anche chiedere ed ottenere aiuto.
3. Business plan
La stesura e la redazione del business plan sono un passaggio obbligato per la creazione
d’impresa. Si tratta di un documento tecnico-contabile che mira a chiarire l’esatta natura dell’idea
imprenditoriale, e i passaggi per la sua realizzazione. In particolare l’idea viene valutata sotto
almeno tre profili:



a sostenibilità sul mercato o il potenziale mercato del prodotto e/o del servizio;
le redditività economica ossia la capacità di generare ricavi superiori ai costi;
l’equilibrio finanziario ossia la capacità dell’azienda di armonizzare flussi di cassa in entrata
con quelli in uscita.
Il business plan è un documento indispensabile nella fase di avvio e crescita di qualunque
azienda.
Rappresenta infatti lo scenario che definisce e verifica gli obiettivi da raggiungere, analizza
il settore e il mercato in cui opera e individua le risorse necessarie per raggiungere in tempi stabiliti
gli obiettivi prefissati. È, per così dire, il curriculum dell’idea d’impresa, da presentare agli
eventuali soci, ai finanziatori e alle banche (partners di capitale), al mercato, ai fornitori e ai clienti
per ottenere credibilità e sostegno. Essendo un documento tecnico è bene che venga redatto da un
professionista (o perlomeno con l’assistenza di un centro competente in materia), sulla base però dei
dati da te raccolti nella fase di definizione dell’idea. Ricorda che l’imprenditore sei tu, gli altri sono
i tuoi consulenti.
A chi rivolgersi
Il panorama italiano degli sportelli (pubblici e privati) a favore dell’imprenditoria è alquanto
eterogeneo e, oltre ai nomi, si differenzia per la tipologia e i servizi offerti (informazione,
orientamento, formazione, assistenza e accompagnamento). Di seguito riportiamo un elenco di enti
o associazioni a cui ti puoi rivolgere:
Camere di commercio
Alcune sedi possiedono sportelli che offrono il servizio di consulenza alla creazione
d’impresa. In ogni modo possono essere “luoghi” fondamentali per reperire informazioni sul
mercato locale.
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Associazioni di categoria
Alcune associazioni offrono questo tipo di servizio: potete rivolgervi a quelle che
rappresentano il settore in cui si colloca la vostra idea d’impresa
Business Innovation Center
I BIC sono centri diffusi in tutta Europa (circa 30 in Italia) creati allo scopo di supportare la
nascita di Piccole e Medie Imprese innovative. Offrono servizi di consulenza, assistenza e
accompagnamento alla creazione d’impresa.
Presso gli Infomagiovani o i Centri per l'Impiego sono attivi sportelli specializzati per la
creazione di impresa. Su internet si possono trovare numerosi siti dedicati all’imprenditoria, ma il
contatto e la consulenza dirette sembrano ancora la strada migliore per garantire il successo
dell'impresa.
Riviste interessanti sull’argomento sono:
Millionaire: mensile che tratta di idee imprenditoriali, business, franchising.
Giovani & impresa: bimestrale pubblicato da Sviluppo Italia che tratta argomenti sulla
creazione d’impresa e sui finanziamenti per l’imprenditoria giovanile.
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La selezione del personale
Essere partecipe alla selezione del personale è il momento fatidico della realizzazione del
proprio obiettivo professionale, il momento in cui si possono concretizzare tutti gli sforzi investiti
nel bilancio delle competenze, nella ricerca informativa e nella ricerca del lavoro. È la fase di
valutazione, quella in cui vengono vagliate le competenze per definire se si è il candidato migliore
per ricoprire un determinato profilo professionale.
Si possono incontrare due tipi diversi di valutatori: il datore o il selezionatore. Sebbene
entrambi mirino a valutare qual è la persona “giusta”, il datore e il selezionatore non lo fanno allo
stesso livello di accuratezza.
Il datore di lavoro o responsabile di reparto di solito è chi ha il potere di assumerti in una
determinata società e opera la selezione dei candidati in modo naïf, basandosi sulla propria
esperienza, sull’intuizione o sul comune buon senso, spesso anche sulle sue impressioni “a pelle”.
Il selezionatore invece è un professionista esperto nella selezione del personale che opera su
mandato del titolare dell’azienda e che, oltre al colloquio, utilizza altri strumenti per valutare il
candidato (e ridurre gli errori di valutazione). Gli strumenti utilizzati possono essere:




test psicoattitudinali che mirano a testare le tue abilità logico-matematiche, linguistiche ed
operative;
questionari di personalità che analizzano le tue caratteristiche emotive e caratteriali e
valutano le modalità di comportamento e di relazione nell’ambiente di lavoro;
analisi grafologica che analizza le tue caratteristiche emotive e caratteriali;
prove di gruppo che valutano le tue capacità di lavorare in un team e alcuni tratti di
personalità come la leadership, l’autonomia, la capacità di contatto, la creatività ecc.
Può inoltre capitare di essere sottoposti a prove e simulazioni pratiche per accertare il livello
di conoscenze e competenze specifiche o abilità di problem solving professionale.
Indipendentemente da latri fattori e da altre tecniche, comunque, il colloquio di lavoro
rimane comunque uno degli strumenti maggiormente utilizzati nella ricerca di personale.
Durante un colloquio di lavoro si ha l’opportunità di illustrare e valorizzare le proprie
competenze per far capire di essere un buon candidato (e magari il migliore) per ricoprire il profilo
per il quale si viene selezionati.
Il segreto per riuscire nei colloqui di lavoro e affrontare le diverse fasi della selezione del
personale è solo uno: prepararsi prima!
Il colloquio è un momento carico di tensione non solo per chi viene selezionato, ma anche
per il selezionatore. Infatti chi ci sta di fronte ha l’arduo compito di raccogliere una serie di
informazioni che gli permettano di formulare un giudizio preciso su di noi, e stabilire quale sia il
candidato “giusto” per quel lavoro. Sbagliare significa assumere la persona sbagliata con tutti i
relativi problemi che questo comporta: perdita di tempo, denaro, produttività, perdita
dell'assegnazione del servizio, qualora si tratti di un'agenzia di selezione ecc. La sua mente quindi è
assillata da una serie di domande che necessitano di risposte precise ed esaurienti:
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Come si inserisce questo candidato nell’azienda e nel suo gruppo di lavoro? Ha doti di
flessibilità, serietà, concretezza, impegno, apertura mentale, capacità di motivare gli altri e di
sdrammatizzare i problemi? Legherà con i suoi colleghi e i suoi superiori?
“È motivato per questo lavoro? Quanto sembra desiderarlo?”
Potrà portare nuovi stimoli, positività, dinamismo, intelligenza ed energia nell’ufficio
(reparto, gruppo, settore) al quale verrebbe destinato?
Manifesta un sincero interesse ed entusiasmo per l’azienda, per quello che facciamo e per
quello che vogliamo fare in futuro? Gli possono piacere le sfide, anche impegnative, che l’azienda
affronta per giungere ai risultati previsti?
Possiede la professionalità e le competenze per svolgere al meglio i compiti assegnati nel
migliore dei modi e in armonia con il resto dei suoi colleghi?
È probabile che resti a lavorare per l’azienda o se ne andrà alla prima occasione? Desidera
questo posto solo per denaro?
Ha un aspetto gradevole? (dove “aspetto gradevole” non vuol dire “bella presenza” ma
presentarsi in ordine e con la maggiore naturalezza possibile. Significa vestirsi pettinarsi, radersi,
profumarsi come si farebbe per andare a quel lavoro, senza esagerazioni e affettazioni)
L'azienda può permettersi di assumerlo?
Per trovare risposta a questi dubbi, il selezionatore formulerà una serie più o meno ampia di
domande a cui si dovrà rispondere in modo chiaro, esauriente e preciso.
Gli obiettivi durante colloquio sono, per chi cerca lavoro sono:




mostrare una motivazione genuina alla posizione offerta;
presentare la propria persona e la propria professionalità;
mettere in risalto i punti di forza che vi rendono adatti alla posizione;
suscitare l’interesse del selezionatone affinché prenda in seria considerazione la vostra
candidatura.
L’unico modo per raggiungere questi obiettivi è prepararsi in modo professionale. Non ce ne
sono altri.
La preparazione al colloquio comincia diversi giorni prima dell'evento e prevede:



la raccolta di quante più informazioni possibili (attraverso la ricerca informativa) sulla
società e sulla mansione. Più si risulterà informati più si avrà modo di impressionare
l'interlocutore: il fatto di avere ricercato delle informazioni sull'azienda denota interesse,
curiosità, competenza e spirito d’iniziativa;
la preparazione alle domande del selezionatore. Le domande possibili sono piuttosto
prevedibili: se si è svolto un bilancio delle competenze si può riprendere quello,
preparandosi delle risposte e allenandosi ad esporle in modo chiaro e sintetico;
la definizione di una lista di domande che si desidera porre al selezionatore. Il colloquio è
uno scambio di informazioni in cui anche il candidato ha il diritto e il dovere di porre
domande sull’azienda, sul mercato e sulle caratteristiche del profilo da ricoprire. Preparatevi
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


la lista delle cose che volete sapere e ricordate che anche la qualità delle vostre domande
entra nella valutazione del selezionatore sulla vostra adeguatezza per il tipo di lavoro;
la preparazione del materiale da portare al colloquio. Preparate tutti i documenti che possono
supportare la vostra candidatura: curriculum, pubblicazioni, ricerche, ecc.
l’identificazione della sede del colloquio. Perdersi alla ricerca della sede e giungere in
ritardo spesso vuol dire giocarsi l’occasione. Fate un sopralluogo qualche giorno prima o
utilizzate una mappa o partite con largo anticipo, ma non rischiate di arrivare in ritardo!
decidere cosa indossare: la prima impressione è molto importante e il modo in cui ci si veste
ha un forte impatto. Non ci sono regole generali se non quello di indossare abiti sobri e
adatti alla società e al ruolo che si vuole ricoprire (evitate qualsiasi eccentricità). Non
indossate abiti ai quali non siete abituati o che vi fanno sentire troppo scomodo.
Durante il colloquio:

ricordatevi di essere lì per offrire qualcosa, e non per elemosinare il lavoro che vi possono
offrire. Cercate di tenere sempre in mente questa semplice e nobile verità: è sorprendente
sentire quotidianamente come imprenditori, direttori ecc. rimangono favorevolmente colpiti
da un atteggiamento propositivo rispetto ad un atteggiamento del tipo “qualsiasi cosa mi
chiediate purché mi facciate lavorare”. Basta ricordare che come ci si presenta durante il
colloquio riflette il modo che si avrà di lavorare una volta assunti;
 prestate particolare attenzione ai primi momenti del colloquio. Questi danno il tono, il
“colore” di tutto il colloquio successivo. Alla tipica domanda “mi parli un po' di Lei” oppure
“come mai qui?”, che è volutamente generale ed è solitamente fatta per mettere
l'interlocutore a proprio agio (ma anche a farlo scoprire), meglio rispondere brevemente e
chiaramente, parlando per non più di 2 minuti; dopo questi 2 minuti, se non sopravviene una
domanda, rivolgetevi, gentilmente ma senza timore, al vostro interlocutore. Serve per
allentare la tensione (che non esiste solo per voi: chiunque seriamente interessato a ricercare
un collaboratore ha il timore di non fare la scelta giusta), per mostrare l’atteggiamento
aperto e dialogico che è in voi, oltre che a farvi un’idea più chiara di chi si ha di fronte.
Avete illustrato brevemente chi siete e cosa vi aspettate dal lavoro e da quel posto: bene,
chiedetevi pure se la persona davanti a voi è d’accordo, o se quell’impiego ha determinate
caratteristiche;
 non criticare mai ex datori di lavoro, clienti, fornitori, colleghi: il selezionatore si chiederà
immediatamente se un giorno o l'altro potrete farlo anche con lui/lei oppure il selezionatore
potrebbe conoscere la persona che state criticando, traendone una pessima impressione.
 Esponete il lato positivo anche dei vostri difetti (“... mi dica, quali sono i suoi lati deboli sul
lavoro?”). Se site ipercritici, potete provare a rispondere: “Amo il lavoro fatto bene fino in
fondo e a volte sono un po’ troppo esigente...”. Se avete bisogno di molta supervisione,
potete affermare “... sono scrupoloso e molto attento alle procedure.”;
 al primo colloquio parlate di soldi solo se a) siete molto ben informati su quanto prevedono i
contratti o quella azienda, e b) solo dopo aver “sentito” la possibilità di assunzione;
 NON mentite, MAI. Un periodo di disoccupazione, una difficoltà in famiglia o in una
precedente esperienza lavorativa può essere spiegato (non c’è bisogno di giustificarlo) in
maniera matura, senza farne scaturire difetti o colpe che riguardano solo voi, la vostra storia
personale.
Aspetti del non verbale e paraverbale
Parlando di colloqui di lavoro è inevitabile menzionare l’atteggiamento non verbale, parlare
di come si gesticola, di come si incrociano le braccia, si accavallano le gambe. Di cose su questo
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argomento se ne sono scritte molte. Sapere intervenire sul proprio comportamento non verbale
richiede tempo ed enorme attenzione. Fortunatamente, siamo quello che siamo, con il nostro
carattere e la nostra personalità, che ci rende unici e particolari, come le risorse che offriamo ad un
potenziale datore di lavoro. Siate quindi voi stessi, per quanto possibile, ed evitate atteggiamenti
artefatti. In fondo si tratta di una conversazione tra due persone con l’obiettivo di scoprire se le
reciproche aspettative possono incontrarsi. Essere emozionati e tesi è naturale, e il selezionatore lo
sa.
Domande tipiche del colloquio di lavoro
Chi fa il colloquio ha l’obiettivo di scoprire che tipo di persona e di lavoratore ha di fronte,
nel breve lasso di tempo di circa un’ora. Le domande dovrebbero aiutare il selezionatore o il datore
di lavoro a capire una serie di cose, nel caso la persona intervistata abbia fatto un buon bilancio
delle competenze, esse sono ben chiare e presenti. L'obiettivo deve essere quindi di aiutare
l'interlocutore a capire chi si è e perché si è la persona “giusta” per ricoprire il profilo per cui ci si
candida. È impossibile prepararsi a tutte le potenziali domande che un selezionatore può porre, ma
occorre considerare che molte di esse, sebbene formulate in modo diverso, cercano di raccogliere lo
stesso tipo di informazioni. E' bene quindi riprendere l’autovalutazione, prepararsi un repertorio dei
punti di forza (conoscenze, capacità, qualità personali) con esempi concreti che ne dimostrino il
possesso e allenarsi a comunicarli in modo chiaro e preciso. Questo repertorio sarà utile per
rispondere anche a domande meno prevedibili.
Test psicoattitudinali
I test psicoattitudinali sono prove che mirano a valutare le vostre capacità logico verbali e
matematiche e le attitudini verso un determinato tipo di lavoro psicometrico. Vengono (non molto
di frequente) utilizzati dai selezionatori per effettuare una scrematura dei candidati nella fase
iniziale della selezione e per costruire un profilo completo del candidato integrando i risultati con
gli elementi emersi nel colloquio, nella somministrazione dei questionari di personalità, nella analisi
grafologica e nelle prove di gruppo.
Essere sottoposto ad una batteria di test psicoattitudinali significa dover rispondere a
centinaia di domande a riposta multipla in un arco di tempo limitato. Il vostro punteggio verrà
calcolato confrontando il numero di items a cui avete risposto correttamente con quello medio
prodotto da un campione di persone a cui è stato somministrato il test con le vostre stesse
caratteristiche di età, sesso e livello di istruzione. Il vostro punteggio potrà quindi risultare inferiore,
uguale o superiore alla media (il punteggio medio è 100).
Soprattutto se l'italiano non è la vostra lingua madre, vi conviene esercitarvi sui test per non
essere eccessivamente penalizzati da questo elemento, rispetto agli altri candidati.
La preparazione
Sebbene i test psicoattitudinali siano scale standardizzate costruite per misurare le effettive
capacità intellettive di una persona, in realtà sappiamo benissimo che l’intelligenza è qualcosa di
molto più complesso che difficilmente può essere racchiusa e valutata da un semplice test (per
quanto costruito bene). I risultati di un test possono variare a seconda della motivazione, del livello
di ansia e della familiarità con questa tipologia di prove o addirittura se si ascolta Mozart mentre si
compila i questionari. Questo significa che si può migliorare notevolmente i propri risultati se si è
preparati ad affrontare queste prove.
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In libreria si trovano intere collane di volumi dedicati alla preparazione dei concorsi e ad
affrontare le prove psicoattitudinali. Prendetelo come un gioco ed esercitatevi il più possibile (non
c'è da preoccuparsi se all’inizio ci si sente un po’ stupidi, sembra che queste prove siano state
costruite apposta). Dopo un po’ ci si rende conto che le tipologie di domande sono molto simili e
che si riesce a rispondere correttamente e in minor tempo.
Un altro modo è appassionarsi ai giochi enigmistici: compilare cruciverba può aiutare a
migliorare le conoscenze concettuali necessarie per affrontare le prove di cultura generale, così
come i rebus aiutano a potenziare la creatività nella risoluzione dei problemi.
Questionari di personalità
I questionari di personalità sono prove che mirano a valutare le vostre caratteristiche
emotive e caratteriali e valutano le modalità di comportamento e di relazione nell’ambiente di
lavoro. Vengono utilizzati dai selezionatori per costruire un profilo completo del candidato
integrando i risultati con gli elementi emersi nel colloquio, nella somministrazione dei test
psicoattitudinali, nella analisi grafologica e nelle prove di gruppo.
Essere sottoposto ad un questionario di personalità significa dover rispondere a decine di
items a riposta multipla in cui indicare la preferenza oppure il grado in cui ci si sente descritti
dall'affermazione proposta. A differenza dei test psicoattitudinali non esistono risposte giuste o
sbagliate in quanto i questionari mirano a valutare i vostri atteggiamenti, le vostre preferenze e i
tratti caratteriali che vi rendono una persona unica e diversa da tutte le altre. I risultati daranno un
profilo della vostra personalità in funzione di ciò che il questionario tende a rilevare, ad esempio il
vostro livello di introversione, estroversione, energia, equilibrio emotivo, apertura mentale ecc. Il
vostro profilo verrà delineato confrontando le risposte date per ogni tratto di personalità con la
media di un campione di persone a cui è stato somministrato il test con le vostre stesse
caratteristiche di età, sesso e livello di istruzione. I tratti che emergeranno saranno quelli che si
discostano dalla media del campione di riferimento.
Il risultato del test di personalità ha valore solo se confrontato con il candidato attraverso un
colloquio e non può essere utilizzato come elemento di selezione di per sé, a maggior ragione se il
risultato ottenuto non è validato da un colloquio tra valutatore e candidato.
La preparazione
Sebbene i questionari di personalità siano scale standardizzate costruite per misurare le tue
caratteristiche personali, sappiamo che la personalità è qualcosa di molto più complesso che non
può essere assolutamente racchiusa e valutata da un semplice test (per quanto costruito bene). In
realtà la vostre caratteristiche personali emergono soprattutto nel colloquio e nelle prove di gruppo.
Il selezionatore questo lo sa. Ciò significa che potete affrontare le prove con tranquillità, rispondere
in maniera sincera alle domande senza cercare di andare a capire cosa il singolo item vuole
indagare, in ogni caso spesso fallireste! Considerate che i questionari hanno anche indici che
misurano quanto siete sinceri nelle risposta. Potrà capitare di dover rispondere più volte alle stesse
domande, magari formulate in maniere diverse o domande che vi appaiono simili ma che in realtà
non lo sono. È quindi difficile mentire.
L’unica vera preparazione e svolgere un accurato bilancio delle competenze che permetterà
di conoscersi meglio ed essere più coerente nel rispondere alle domande.
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Analisi grafologica
L'analisi grafologica o perizia calligrafica mira a valutare le caratteristiche personali del
candidato partendo dall’analisi della grafia. Viene utilizzata da qualche selezionatore per costruire
un profilo completo del candidato integrando i risultati con gli elementi emersi nel colloquio, nella
somministrazione dei test psicoattitudinali, dei questionari di personalità e nelle prove di gruppo.
Essere sottoposto ad una perizia calligrafica significa semplicemente scrivere in modo
spontaneo e in corsivo un brano su di un foglio bianco (non ricopiarlo). La prova termina qui. Il
grafologo quindi analizzerà minuziosamente la vostra grafia per rilevare le vostre caratteristiche di
personalità. In alcune selezioni potrà essere richiesto per questo scopo di scrivere a mano la lettera
di accompagnamento che spedirete insieme al curriculum in risposta ad un annuncio.
L’analisi grafologica parte dall’assunto che nella scrittura noi proiettiamo la nostra
personalità e che l’analisi del segno grafico può quindi rivelarci molti aspetti caratteriali di chi
scrive come ad esempio l'intuizione, analisi e sintesi, tenacia, riservatezza, disciplina, leadership,
adattamento, flessibilità ecc.
Prove di gruppo
Le prove di gruppo mirano a valutare le vostre capacità di lavorare in un team e alcuni tratti
di personalità come la leadership, l’autonomia, la capacità di contatto, la creatività. Vengono
utilizzate dai selezionatori per osservare dal vivo le tue modalità di interagire in gruppo e di
collaborare o competere in funzione di un obiettivo dato. Le osservazioni emerse vanno ad integrare
i risultati ottenuti nel colloquio, nei test psicoattitudinali, nei questionari di personalità e nella
analisi grafologica.
Essere sottoposto ad una prova di gruppo significa trovarsi in una stanza con altri candidati e
dover affrontare insieme un compito. Il selezionatore (spesso almeno due) si metterà in disparte per
osservare le interazioni e prenderà nota degli atteggiamenti, dei tratti e dei comportamenti dei
singoli candidati. Possono essere prese in considerazione due tipi di prove:
1. Leaderless Group Discussion ossia una discussione di gruppo caratterizzata dall’assenza del
leader. Insieme ad altri 6-8 candidati vi sarà chiesto di lavorare su di un compito stabilito in
un lasso di tempo dato (generalmente dai 40 ai 120 minuti). Il compito assegnato può essere
cooperativo, per esempio se vi viene chiesto di uscire con una soluzione unanime, oppure
competitivo, quando dovete scegliere chi fra voi ha svolto il compito in modo migliore.
Questa prova mira ad osservare le capacità verbali, lo spirito di gruppo, la leadership,
l’abilità di relazioni interpersonali.
2. “In basket” ossia “nel cestino” è un tipo di prova in cui vengono fornite (per la simulazione)
una serie di informazioni che nella vita reale sarebbero contenute nella corrispondenza che
si trova nel cestino della posta. In base a tali informazioni i candidati devono discutere tra
loro al fine di prendere delle decisioni che interessano tutto il gruppo. Questa prova mira ad
indagare le capacità di organizzazione, di stabilire priorità, pianificare, supervisionare, di
delega e gestione dei rapporti.
Social network pro e contro Linkedin
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Per cercare e trovare lavoro oramai non c’è più bisogno di andare in edicola e comprare
l’ultimo numero di una rivista dove ci sono concorsi ed annunci. La rete Internet, infatti, se ben
“sfruttata”, offre l’opportunità non solo di ridurre le distanze, ma anche di mettersi in contatto con
le “persone giuste”, ovverosia quelle con le quali è possibile scambiarsi esperienze e competenze
comuni, ma anche mettersi in contatto con manager, titolari d’azienda e professionisti che ci
possono permettere di trovare un’occupazione in linea con le proprie aspettative. In tal senso,
l’utilizzo su Internet di social network professionali come LinkedIn (www.linkedin.com) può
rivelarsi un’arma vincente. Un social network professionale on-line, infatti, abbatte le barriere e
permette di poter far conoscere a tutti le proprie capacità, la propria esperienza, ma anche la voglia
di far carriera. Anche su LinkedIn, così come per ogni social network professionale on-line che si
rispetti, è importante ben definire il proprio profilo, inserire un curriculum dettagliato e mettere in
mostra la propria esperienza.
Se si considera infatti che LinkedIn ha 800 mila utenti solo in Italia, è chiaro che occorre
presentarsi sul network in modo tale, categoricamente, da potersi “distinguere tra la folla”;
fondamentale è poi fare in modo che su LinkedIn vengano messe in risalto le proprie capacità, in
modo tale che a trovarvi siano le “persone giuste“. Basti pensare che LinkedIn vanta il record di
donne manager italiane registrate al network anche per superare barriere ed ostacoli, per la loro
carriera, create dai pregiudizi. In questo modo per tutti, anche per le professioniste italiane capaci e
con tanta voglia di emergere, sarà possibile incrementare la lista dei propri contatti, ed entrare in
feedback con quelle persone che hanno letto ed apprezzato le vostre esperienze.
Il social network professionale permette tra l’altro non solo di cercare e trovare lavoro, ma
anche di mettere in risalto la propria attività ed i propri interessi, ragion per cui, ragionando in
termini di promozione di un marchio, il vostro, è altrettanto importante che su LinkedIn ci sia anche
un vostro slogan, che è la prima cosa che si va a leggere sotto il proprio nome sul network. Solo con
strategie efficaci, finalizzate a catturare l’attenzione, tutto quel che viene dopo è di sicuro più
semplice; di conseguenza, arricchire il proprio profilo con la descrizione delle proprie passioni e
delle proprie abilità, unitamente magari ad una lista di siti Internet preferiti, può essere determinante
per far sì che un network professionale si trasformi in uno strumento potentissimo per cercare e
trovare lavoro, fare affari e valorizzare la propria attività.
Social Network e selezione
Secondo un’indagine condotta da Adecco, da 123people e da Digital Reputation, spesso i
profili mal impostati sui social network possono influenzare l’esito di un colloquio.
Tra i vari motivi adducibili all’insuccesso di un colloquio di lavoro, potrebbe esserci una
foto non “sufficientemente” professionale o un profilo inadeguato postati su uno dei Social
Network, come ad esempio Facebook. E’ quanto emerge da una ricerca condotta su 100 imprese
italiane e 400 candidati e lavoratori, e curata da Adecco, leader mondiale nella gestione delle risorse
umane, in collaborazione con 123people, motore di ricerca di persone in tempo reale, e
digitalreputation.it, blog che offre consigli pratici su come prendersi cura della propria reputazione
online.
Infatti, secondo l’indagine, emerge innanzitutto che l’83% di tutti gli intervistati (hr
manager, lavoratori e candidati) che hanno partecipato al sondaggio, dice di utilizzare i motori di
ricerca per monitorare la propria digital reputation (soprattutto Google, Facebook e 123people). In
merito alla fase di selezione e colloquio, inoltre, se è vero che un HR manager su 3 dichiara di non
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aver mai scartato a priori un candidato sulla base di quanto visionato online, cioè dopo aver
“googlato” il nome dell’aspirante lavoratore, e quindi di non farsi troppo condizionare dalle
informazioni (i CV cestinati dopo l’analisi su Internet è pari all’8%), tuttavia il 36% dei referenti
dice di ricorrere comunque all’online per approfondimenti e/o verifiche.
Dalla ricerca emerge, infatti, che ai social network i selezionatori ricorrono prima di tutto
per: effettuare controlli incrociati sui curricula, 51% delle risposte; per verificare referenze e
contatti professionali (48%); per accertare eventuali attitudini professionali attraverso la
partecipazione a community su skill specifiche (47%); e persino per scoprire informazioni private
sui candidati (40%).
Le community insomma avrebbero sostituito le ‘tradizionali referenze’, rappresentando
un’enorme fonte di informazioni e notizie private e non, altrimenti irreperibili.
E chi cerca lavoro ha la consapevolezza di essere sotto i riflettori? No, secondo il 38,5% dei
referenti aziendali, che ritiene che i frequentatori dei social network si muovano online spesso senza
pensare
alle
conseguenze
sulla
loro
digital
reputation.
Tale opinione viene tuttavia smentita dal 55% dei 400 partecipanti all’indagine in qualità di
candidati e lavoratori che invece sono consapevoli della rischiosità dal punto di vista professionale
dell’essere presente su un social network. In primo luogo perché ritengono si possano reperire
informazioni private che possono essere percepite in maniera negativa dai datori di lavoro
(33,53%), oltre che far emergere contatti e passioni poco professionali (25,99%), ovvero immagini
e video personali (24,8%) e per ultimo – ma non meno importante – potrebbero essere rintracciati
commenti negativi personali nei confronti del proprio datore di lavoro e dell’azienda (15,67%).
Più dell’88% degli intervistati, quindi, corre ai ripari prendendo provvedimenti per tutelarsi:
grazie alle impostazioni sulla privacy (50,46%) ed evitando di inserire informazioni private
discutibili (37,66%). Per proteggersi dalle ‘intrusioni’ di datori di lavoro e colleghi, il 26% degli
intervistati preferisce non inserire informazioni sul proprio percorso di carriera, mentre il 31% ha
deciso di inserirle solo sulle community professionali o in misura diversa in base al tipo di social
network (29%).
Privacy o meno, comunque, ai social network rinunciano in pochi (possiedono un profilo il
76% dei lavoratori e candidati e il 52% dei referenti aziendali intervistati) e sono considerati ormai
un nuovo canale utile per promuovere la propria immagine e professionalità e cambiare o trovare
lavoro (lo sostiene il 60% dei candidati/lavoratori), perché consentono il rafforzamento e
l’ampliamento del network di contatti (74% delle risposte) e la partecipazione a gruppi di
discussione professionale (64%).
I più utilizzati? Al primo posto Facebook – che ottiene il 52% di preferenze da parte dei
referenti aziendali e il 44% dei candidati – e LinkedIn – 42% aziende e 25% candidati. Segue Xing
– scelto dal 9% dei candidati e lavoratori e 5% dei referenti delle imprese – mentre FriendFeed e
MySpace trovano riscontro rispettivamente solo fra il 13% e il 9% dei candidati e lavoratori, ma
restano poco conosciuti fra i rappresentanti delle società intervistati.
“I social media rappresentano un’ulteriore evoluzione rispetto ai mezzi di recruiting on line
classici – spiega Silvia Zanella, Marketing & Communication Manager di Adecco Italia – e, come
accaduto in passato, si rende necessario conoscerli e farli propri. Per questo è importante imparare a
sfruttare questi strumenti sia per autopromuoversi sia per prendere degli spunti per selezionare le
risorse migliori.”
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“Ci sono due aspetti dei risultati della ricerca che mi fanno riflettere. Il primo è che ci siano
ancora persone che scelgono di non esserci e non partecipare a ciò che succede in rete, convinte che
questo possa metterle al riparo da eventuali problemi. Se già oltre la metà dei selezionatori verifica
online i profili dei candidati – afferma Giorgio Minguzzi, fondatore di digitalreputation.it – un
domani sarà più avvantaggiato il candidato che ha un profilo online con referenze pubbliche
incontrovertibili o il signor nessuno il cui nome non salta fuori nemmeno con una ricerca su
Google? Del resto, esattamente come i datori di lavoro, anche i candidati sono oggi in grado cercare
informazioni sulle aziende che li hanno convocati per un colloquio e controllare la loro reputazione.
E questo è il secondo aspetto che mi colpisce perché sembra che manchi la consapevolezza di
questa reciprocità nella maggior parte dei candidati che hanno partecipato al sondaggio”.
“Le aziende hanno sempre cercato maggiori informazioni sui candidati che non fossero già
presenti sui CV, – dichiara Russell E. Perry, CEO 123people – e oggi Internet rende questa attività
ancora più semplice grazie alle moderne tecnologie di ricerca che permettono di trovare ogni
piccolo dettaglio personale, nel momento stesso in cui viene messo online. Come dimostrato da
questa ricerca, bisogna stare molto attenti perché le informazioni che condividiamo oggi su Internet
possono avere un serio impatto sulla nostra attività lavorativa in meno di dieci anni. Per trovare
lavoro o per mantenere quello che si ha, in futuro, è molto importante gestire attivamente e
controllare le informazioni che ci riguardano online. Inoltre non bisogno dimenticare che non
esistere online è ancora più sospetto.”
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