ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
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Rassegna
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28 Aprile 2005
Responsabile :
Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – e-mail:[email protected])
Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
SOMMARIO
Pag.3 COMPETITIVITA’: Il decreto competitività grimaldello per riformare il diritto
fallimentare (diritto e giustizia)
Pag.5 COMPETITIVITA’: Per i legali, sulle professioni è meglio nessuna riforma che
una cattiva (italia oggi)
Pag.6 COMPETITIVITA’: Il maxi emendamento in cantiere chiede fondi per i primi
tagli all'
Irap (il sole 24 ore)
Pag.7 COMPETITIVITA’: Regime soft per i reati fallimentari (italia oggi)
Pag.9 COMPETITIVITA’: Albi, nuove censure Antitrust (il sole 24 ore)
Pag.11 COMPETITIVITA’: Il doppio richiamo dell’Autorità (il sole 24 ore)
Pag.12 COMPETITIVITA’: Professioni, doppio no Antitrust (italia oggi)
Pag.14 ORDINI FORENSI: Ordini forensi, l'
Unione fa la forza (italia oggi)
Pag.17 ANTITRUST: Concorrenza cercasi, ostinatamente (il sole 24 ore)
Pag.18 RIFORME: Giustizia, riforme a colpi di fiducia (italia oggi)
Pag.20 PRIVACY: Privacy, 4 priorità per Pizzetti (il sole 24 ore)
Pag.21 CSM: Nei conflitti giudice-camere il ministro paga la parcella (italia oggi)
Pag.22 UFFICI GIUDIZIARI: A Milano fondi azzerati anche per i nuovi Codici
(il sole 24 ore)
Pag.23 GIUDICI DI PACE: Riforme per i giudici di pace (italia oggi)
Pag.24 CARCERI: La Smuraglia non decolla (diritto e giustizia)
Pag.25 CARCERI: Ministero della Giustizia - Dipartimento dell’amministrazione
Penitenziaria - «Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione delle
disposizioni di legge relative ai lavoro dei detenuti ai sensi dell’articolo 20,
ultimo comma, della legge 354/75, anno 2004» 26 aprile 2005
(diritto e giustizia)
Pag.28 STUDI LEGALI: Studi legali alla sfida del marketing (italia oggi)
Pag.30 STUDI LEGALI: Come l'
avvocato può sviluppare il proprio business
(italia oggi)
28/04/2005
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DIRITTO E GIUSTIZIA
Il decreto competitività grimaldello per riformare il diritto fallimentare
È continuata anche ieri in Aula al Senato la discussione generale sul decreto competitività. A
prendere per primo la parola è stato il senatore Franco Chiusoli (Ds) che ha subito sottolineato come
i provvedimenti sull’action plan saranno forse integrati dalle norme contenute in un disegno di
legge che verrà esaminato dalla Camera dei deputati e di cui non si conosce né l’oggetto nè
tantomeno la portata. Si tratta di un provvedimento, ha aggiunto Chiusoli, che avrebbe dovuto
essere presentato lo scorso settembre, e che poi avrebbe dovuto trovare posto nella legge finanziaria
per il 2005. «Successivamente – ha continuato il senatore diessino – si è deciso che sarebbe stato
meglio inserirlo nell’ambito del disegno di legge collegato, infine si è stabilito di farne un testo
autonomo ma diviso in due parti, di cui l’una da varare con legge ordinaria e l’altra - quella
all’esame di Palazzo Madama - collocata in un decreto legge che contiene norme talmente diverse
tra loro ed eterogenee per materia da costringere il Presidente del Senato a proporre addirittura che
venisse esaminato da una Commissione ad hoc, per essere infine approvato - come è ormai
consuetudine - a colpi di fiducia».
Un altro grande problema, ha sostenuto, invece, il senatore Stefano Bastianoni (Margherita) è la
semplificazione amministrativa. Viene, infatti, prevista una dichiarazione di inizio attività, nei suoi
obiettivi anche condivisibile, secondo Bastianoni, ma la vaghezza del testo del provvedimento e
l’ambito di applicazione la rendono assolutamente non adeguata.
Di diverso avviso la senatrice Ida D’Ippolito (Forza Italia) che ha ritenuto che le disposizioni di
riforma del diritto fallimentare, siano improntate al ripristino di una maggiore efficienza, in quanto
conferiscono maggiore flessibilità e sicurezza ai rapporti di credito, rafforzando altresì la certezza
della tutela dei creditori e l’immediatezza delle procedure di realizzo. II decreto legge ha, infatti, il
pregio di precisare meglio i presupposti per l’esercizio dell’azione elencando gli atti revocati, salvo
che l’altra parte non provi la non conoscenza dello stato d’insolvenza del debitore.
Rilevante appare, inoltre, ha aggiunto D’Ippolito, la disciplina in tema di esenzioni dalla revocatoria
volta ad evitare che situazioni meritevoli di tutela vengano travolte dall’esercizio strumentale delle
azioni giudiziarie conseguenti all’accertata insolvenza del destinatario dei pagamenti. La nuova
disciplina del concordato preventivo rende più efficace e flessibile tale istituto, consentendo di
risolvere le situazioni di crisi anche attraverso accordi stragiudiziali che abbiano ad oggetto la
ristrutturazione dell’impresa.
Di fondamentale importanza sembrano, poi almeno secondo la senatrice di Forza Italia, le
disposizioni in tema di dichiarazione di inizio di attività, come ampiamente riconosciuto anche da
diversi esponenti delle forze di opposizione. La possibilità di sostituire ogni atto di autorizzazione
vincolata con una dichiarazione di inizio attività costituisce, infatti, una marcata accelerazione verso
la liberalizzazione delle attività produttive, senza tuttavia trascurare l’esigenza di poter effettuare, se
del caso, i necessari controlli. Sempre a finalità di semplificazione procedurale e di connessa
riduzione dei costi vanno giustamente evidenziate le disposizioni in tema di soppressione
dell’obbligo di ricorso al notaio per i passaggi di proprietà di veicoli.
Non va poi dimenticato, ha concluso la senatrice, che nel contestuale disegno di legge all’esame
dell’altro ramo del Parlamento è contenuta la delega al Governo ad emanare uno o più decreti
legislativi per la semplificazione degli adempimenti amministrativi delle imprese, esclusi quelli
fiscali, previdenziali, ambientali, nonché quelli gravanti sui datori di lavoro.
In senso tutto opposto va la tesi del sentore Mario Cavallaro (Margherita) che sostiene di aver
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provato una sensazione di fastidio nel vedere “maltrattate” le libere professioni.
«Lo stesso Governo – ha continuato Cavallaro –per la verità, sa e sostiene che queste poche norme
non sono idonee neppure in maniera preparatoria a risolvere o a dare una rotta, una traccia alla
materia organica delle libere professioni e - addirittura - afferma esso stesso che comunque il
disegno di legge accompagnatorio dovrà contenere ben più consistenti norme; ciò avviene dopo un
tentativo che, come è noto, non ha avuto successo neanche da parte della maggioranza, di esitare in
sede emendativa ad un più corposo elemento di riforma. Sono stati infatti presentati molti e
significativi emendamenti, ma il testo complessivamente, così come emerge anche dal dibattito della
competente Commissione, è comunque la povera, poca e confusa cosa che è contenuta nel testo
originario del decreto legge».
Mentre la parola passava al viceministro dell’Economia e delle Finanze, Giuseppe Vegas, che
considerate le ovvie ed evidenti connessioni che esistono tra il disegno di legge in esame e il
dibattito sulla fiducia al Senato, (alla Camera il Berlusconi bis ha ottenuto ieri il via libera) chiedeva
di poter rinviare la sua replica alla prima seduta utile in cui sarà esaminato questo provvedimento,
Domenico Siniscalco, ministro dell’Economia e delle Finanze annunciava l’arrivo del maxiemendamento al Dl competitività.
La posizione dell’Antitrust. E mentre la discussione a Palazzo Madama veniva rinviata, l’Antitrust
metteva un freno al Parlamento sulle nuove norme riguardanti gli Ordini professionali, previste nel
Dl sulla competitività. «Ricondurre determinate professioni ad oggi svolte in regime di libero
mercato – si legge nel comunicato diffuso ieri dall’Authority – sotto l’egida degli Ordini
professionali, oltre ad ampliare ingiustificatamente le competenze di quest’ultimi, determina una
significativa restrizione della concorrenza attraverso una limitazione all’entrata di nuovi operatori e
la creazione di riserve di attività».
Non solo. Ulteriori effetti distorsivi, ha avvertito l’Antitrust, potrebbero derivare dall’applicazione
di tariffari per il pagamento delle prestazioni. Infatti, secondo l’autorità garante della concorrenza e
del mercato, la fissazione di tariffe minime o fisse non solo non è riconducibile al perseguimento
dell’interesse generale, ma non garantisce elevati livelli qualitativi nell’erogazione della prestazione.
I compensi professionali non dovrebbero essere un’emanazione della volontà della categoria
professionale, bensì fissati liberamente dal professionista.
Quanto al divieto di pubblicità comparativa non ne capisce il motivo. Infatti, qualora il messaggio
pubblicitario confronti aspetti rappresentativi e verificabili, potrebbe agevolare l’informazione dei
consumatori. Per cui la pubblicità, se riferita alla tipologie che alle caratteristiche che ai prezzi dei
servizi offerti dai professionisti, aiuta a colmare parte delle asimmetrie informative.
Sulle commissioni d’esame per l’abilitazione professionale l’Antitrust ha ricordato che già
nell’indagine conoscitiva nel settore degli ordini e dei collegi professionali, aveva sottolineato la
necessità di limitare la presenza di rappresentanti degli Ordini all’interno delle commissioni
esaminatrici.
D’accordo con l’istituzione dell’Ordine dei dottori commercialisti e ragionieri, l’Antitrust è tuttavia
perplessa sull’attribuzione di competenze esclusive agli iscritti all’Albo unico. Una simile riserva
sembra precludere l’esercizio di determinate attività da parte di soggetti attualmente attivi nel
settore che non siano ragionieri e commercialisti, come ad esempio i consulenti tributari. Pertanto, il
nuovo Ordine potrebbe addirittura restringere il livello di concorrenza, determinando una riduzione
del grado di efficienza dei servizi professionali in questione a svantaggio degli utenti.
Cristina Cappuccini
28/04/2005
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ITALIA OGGI
Per i legali, sulle professioni è meglio nessuna riforma che una cattiva
Meglio nessuna riforma che una riforma a metà. O peggio lesiva del sistema di garanzie
rappresentato dagli ordini. Gli avvocati non hanno dubbi sul cammino che la riforma delle
professioni deve avere per essere in linea con le aspettative e con le esigenze del mondo forense
disposto ad aprirsi al cambiamento, ma senza rinunciare alle proprie certezze. Una posizione ferrea
che il Consiglio nazionale forense ha espresso senza alcun tentennamento, non risparmiando
critiche, spesso anche severe, nei confronti del progetto al quale da mesi ormai lavora il ministro
della giustizia Roberto Castelli e che fu presentato agli ordini e alle associazioni professionali il 28
febbraio scorso. Una proposta sulla quale fin da subito anche l'
Organismo unitario dell'
avvocatura si
era detto contrario anche perché non appariva condivisibile il nuovo impianto organizzativo
proposto dal ministro favorevole a una parcellizzazione delle strutture ordinistiche attraverso la
creazione di assemblee nazionali e coordinamenti regionali per tutte le professioni. Ma ancora più
grave secondo il Cnf appariva la pretesa del ministero della giustizia di valutare la correttezza dei
codici deontologici di categoria da sempre espressione dell'
autogoverno degli ordini professionali.
Obiezioni forti e sulle quali Castelli si era mostrato disponibile a trattare con la promessa di
modificare parte dell'
articolato in sede di conversione in legge del decreto. Promessa mantenuta
attraverso la decisione di affidare a un piccolo vertice a quattro (Castelli-Vietti-Siliquini-Lo Presti)
l'
onere di studiare modifiche capaci di superare le obiezioni degli ordini e in particolare degli
avvocati al primo testo Castelli. Dopo il restyling, definito comunque insufficiente dall'
avvocatura,
la proposta del guardasigilli è approdata al senato sotto la veste di un maxi-emendamento al disegno
di legge di conversione del decreto sulla competitività. La prima e la principale obiezione sulla
quale il Consiglio nazionale forense e l'Organismo unitario dell'avvocatura hanno fatto leva fin
dall'
inizio riguarda l'
utilizzo della delega scelta dal governo come strumento per assicurare alla
riforma un cammino più veloce e meno impervio. Secondo gli avvocati, infatti, il riordino del
settore deve avvenire attraverso un percorso ordinario e organico che solo una legge quadro può
garantire fino in fondo. Inoltre, secondo gli avvocati, le correzioni introdotte non apparivano
sufficienti a garantire una buona riforma. In particolare continuava a destare scontento
l'
organizzazione degli ordini decisa da Castelli e una norma che prevedeva la possibilità di
procedere all'
accorpamento e all'
unificazione degli ordini in caso di svolgimento di attività similari.
Per correre ai ripari, Nino Lo Presti, responsabile An delle libere professioni, presenta un subemendamento che assicura il rispetto degli assetti attuali e dell'
autonomia degli ordini. Inoltre il
ministro concorda con il relatore, Cosimo Izzo, la presentazione di altri emendamenti che rendono
facoltativo il ricorso alle assemblee nazionali e obbligatorio il parere degli ordini in fase di
elaborazione dei decreti attuativi della riforma. Ma quando tutto sembrava filare liscio, è arrivata la
lettera del presidente Marcello Pera che ha invitato il governo a ritirare la delega. Nella stessa
giornata la commissione bilancio del senato ha approvato due emendamenti che hanno mandato su
tutte le furie gli ordini professionali in quanto si eliminavano due vincoli per il riconoscimento delle
associazioni professionali che grazie al nuovo testo potranno essere riconosciute anche se svolgono
attività ´tipiche'degli ordini. Di qui la decisione del presidente Alpa di scrivere una lettera a tutti i
capo gruppo del senato chiedendo loro di intervenire per correggere una norma che ´rischia di
ingenerare grande confusione nella collettività'
. Finora l'
appello è stato raccolto da alcuni senatori
che hanno presentato in aula emendamenti volti a ripristinare il testo del decreto prima delle
correzioni della commissione bilancio. Ma chissà se il parlamento avrà il coraggio di votarli dopo la
censura, arrivata ieri, dell'
Antitrust proprio sulla riforma delle professioni contenuta nel decreto?
(riproduzione riservata) G.Sotirovic
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IL SOLE 24 ORE
Il maxi emendamento in cantiere chiede fondi per i primi tagli all'Irap
ROMA • Si avvia alla stretta conclusiva il decreto legge sulla competitività, attualmente all'
esame
del Senato, con correzioni in vista per quanto riguarda i professionisti, in particolare dopo le
obiezioni sollevate dall'
Antitrust.
Ieri si è conclusa la discussione generale e martedì prossimo è prevista la replica del Governo, che
per quanto riguarda il Dl 35/ 2005, è rappresentato in Parlamento dal sottosegretario Cosimo
Ventucci ( Forza Italia). La replica arriverà accompagnata, o seguita a breve distanza, dal maxi
emendamento sul quale martedì stesso, o al più tardi mercoledì mattina, dovrebbe essere posta la
fiducia. Ieri anche il ministro dell'
Economia, Domenico Siniscalco, ha confermato che ci sarà un
maxi emendamento governativo sul testo del decreto legge. Per quanto riguarda i professionisti, le
modifiche saranno allo studio del Governo nei prossimi giorni. Nella giornata di ieri sono state però
avanzate diverse ipotesi: dalla correzione di alcuni punti — in particolare delle regole sulle
associazioni professionali — a uno stralcio completo della questione professioni dal Dl.
Uno dei motivi per i quali il maxi emendamento potrebbe tardare di un giorno rispetto a quanto
previsto potrebbe essere rappresentato dagli sgravi Irap, per i quali sembra che, in ogni caso, ci si
avvii a una fumata bianca.
Il relatore al provvedimento, Cosimo Izzo ( Forza Italia), ha proposto un'
agevolazione sul costo del
lavoro per le nuove assunzioni, in particolare al Sud e nelle altre zone svantaggiate del Paese. A
quanto risulta, proprio su questa regola, all'
Economia si starebbe studiando — con l'
intenzione di
arrivare a una soluzione positiva — per trovare una copertura e far passare lo sconto già nel decreto
legge sulla competitività. La ricerca di risorse — ma modifiche all'
ultimo momento sono sempre
possibili — non dovrebbe portare a un aggiustamento delle regole rispetto a quanto contenuto
nell'
emendamento del relatore ( pubblicato sul Sole 24 Ore del 23 aprile). Si tratta, però, di un
argomento sul quale l'
ultima parola sarà verosimilmente detta agli inizi della settimana prossima.
In ogni caso, lo slittamento di un giorno per la votazione del maxi emendamento potrebbe essere
necessario proprio per elaborare l'
insieme delle misure che entreranno nel pacchetto competitività.
Si tratta di un passaggio importante, perché quelli introdotti con il maxi emendamento saranno gli
ultimi cambiamenti possibili. La via della questione di fiducia, infatti, una volta imboccata al
Senato, dovrebbe essere seguita anche alla Camera e perciò il provvedimento, dopo la votazione
della settimana prossima, sarà di fatto bloccato e non più emendabile.
Il maxi emendamento governativo dovrà traghettare le modifiche approvate nei giorni scorsi dalla
commissione Bilancio del Senato, perché possano essere recepite nel decreto legge. Anzi, il corpo
dell'
intervento dell'
Esecutivo sarà costituito proprio dagli emendamenti già approvati al Senato, con
un'
attenzione ai costi che le singole misure possono comportare. È questo, infatti, il maggior
ostacolo sulla partita Irap, tanto che già tra gli emendamenti approvati al Senato non figura quello,
proposto sempre dal relatore, che mirava a escludere dall'
Ires gli studi professionali e i lavoratori
autonomi con meno di tre addetti. Antonio Criscione
28/04/2005
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ITALIA OGGI
Competitività / Le novità nell'
emendamento Borea votato in commissione bilancio al senato
Regime soft per i reati fallimentari
Sono state ridotte le fattispecie rilevanti e abbassate le pene
Riduzione delle condotte penalmente rilevanti e drastico abbattimento delle sanzioni previste per i
fatti che continuano a integrare illecito penale. Queste le novità di maggior spicco previste dallo
schema di legge delega concernente la modifica della disciplina dei reati commessi dal fallito,
contenuto nell'
emendamento al decreto legge sulla competitività (n. 35/2005) votato dalla
commissione giustizia del senato dieci giorni fa. Sebbene per una valutazione più compiuta sarà
necessario attendere il relativo decreto legislativo, tuttavia l'
analisi dei principi contenuti nella legge
delega consente qualche prima riflessione.
In primo luogo, si assiste a un'
opera di depenalizzazione, dal momento che la legge delega non
prende più in considerazione taluni fatti previsti come reato dalla vigente legge fallimentare.
Saranno perciò destinati a scomparire alcuni comportamenti che oggi integrano i reati di ricorso
abusivo al credito (artt. 218 e 225), di denuncia di credito inesistente e altre inosservanze da parte
del fallito (artt. 220 e 226, sebbene una parte di tali condotte sia ancora prevista come reato dal
comma 7). Inoltre, la legge delega non ripropone i reati commessi dal curatore, quali: l'
interesse
privato del curatore negli atti del fallimento (art. 228), l'
accettazione di retribuzione non dovuta (art.
229), l'
omessa consegna o deposito di cose del fallimento (art. 230), reati che si estendevano, in
virtù dell'
art. 231, anche ai coadiutori del curatore. Ancora, la legge delega non considera più come
reato i fatti ora incriminati dall'
art. 234, che sanziona l'
esercizio abusivo di attività commerciale.
Infine, non vengono più previste ipotesi delittuose colpose, che invece assumevano rilievo in
relazione a talune fattispecie, come la bancarotta semplice (art. 217, comma 1, n. 4) e la denuncia di
creditori inesistenti (art. 220, comma 2).
Lo sfoltimento della classe dei reati fallimentari assume i contorni di una vera e propria abolitio
criminis, con le conseguenze previste dall'
art. 2, comma 2 c.p.: se i processi, per taluni dei fatti che
non sono più annoverati tra gli illeciti penali, sono pendenti, conseguirà necessariamente una
sentenza assolutoria perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato; se invece è intervenuta
sentenza di condanna passata in giudicato, il condannato potrà chiedere la revoca della sentenza per
abolizione del reato (art. 673 c.p.p.) e cesseranno l'
eventuale esecuzione e tutti gli effetti penali.
Per quanto attiene alle fattispecie superstiti, il dato più eclatante riguarda la generalizzata riduzione
della pena, che si riflette, accorciandoli, sui termini di prescrizione. La legge delega (art. 1, comma
8) distingue tra fasce edittali. Nella fascia più alta si considerano i delitti di bancarotta fraudolenta
patrimoniale e documentale: in luogo della reclusione da tre a dieci anni, ora comminata dall'
art.
216, si prevede la reclusione non inferiore nel minimo a due anni e non superiore nel massimo a sei
anni; la riduzione del massimo edittale comporta l'
accorciamento del termine di prescrizione:
anziché gli attuali 15 anni, quei delitti si prescriveranno in dieci anni.
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Vi è poi una seconda fascia di delitti per i quali si prevede la reclusione non inferiore nel minimo a
un anno e non superiore nel massimo a quattro anni; si tratta dei delitti di bancarotta fraudolenta
preferenziale e di domanda di ammissione di crediti simulati o distrazioni senza concorso del fallito
(ora puniti dagli artt. 216, comma 3, e 232 con la reclusione da uno a cinque anni), nonché del
delitto di bancarotta fraudolenta impropria (che è addirittura punito dall'
art. 223 con la medesima
pena ora prevista per la bancarotta fraudolenta: la reclusione da tre a dieci anni). Alla riduzione di
pena consegue, anche in questo caso, la riduzione dei termini di prescrizione, che passano da dieci
anni (15 per la bancarotta fraudolenta impropria) a cinque anni. Secondo le regole generali, fissate
dall'
art. 2, comma 3 c.p., le nuove, più miti, sanzioni avranno effetto retroattivo, e, quindi, si
applicheranno anche ai fatti commessi prima dell'
entrata in vigore delle nuove norme; si pensi, per
esempio, al caso Parmalat, in cui gli imputati potranno giovarsi degli ´sconti'di pena.
Rimane invece invariata la sanzione (reclusione non inferiore nel minimo a sei mesi e non superiore
nel massimo a due anni) prevista per i reati di bancarotta semplice (artt. 217 e 224).
Per quanto attiene alle condotte incriminate, occorrerà attendere la concreta traduzione dei principi
contenuti nella legge delega; in generale, non si registrano grosse novità, in quanto i caratteri dei
reati fallimentari (in particolare, la bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale) rimangono
sostanzialmente invariati. I reati che subiscono maggiori rimaneggiamenti sono la bancarotta
semplice, con una riduzione delle condotte punibili (art. 217), e la bancarotta fraudolenta impropria
(art. 223), in quanto, con riguardo all'
ipotesi di cui al vigente comma 1 n. 1, scompaiono alcuni reati
societari collegati (artt. 2226, 2227, 2228, 2229, 2232, 2233 c.c.), in parte sostituiti da altri (artt.
2623, 2624 e 2638 c.c.), mentre viene cancellata la previsione attualmente incriminata al n. 2.
Novità si registrano anche sul terreno delle circostanze. Quanto alle aggravanti, mentre vengono
riproposte quelle ora considerate dall'
art. 219, comma 1 (l'
aver cagionato un danno patrimoniale di
rilevante entità) e comma 2, n. 1 (l'
aver commesso più fatti di bancarotta), non è più considerata
quella attualmente prevista dall'
art. 219, comma 2, n. 2, ossia se il colpevole per divieto di legge non
poteva esercitare un'
impresa commerciale.
Quanto, invece, alle attenuanti, oltre alla conferma di quella considerata dal vigente art. 219, comma
3 (l'
aver cagionato un danno patrimoniale di specie tenuità), ne vengono introdotte due ex novo: se,
prima del giudizio ovvero della dichiarazione di esecutività dello stato passivo è intervenuta
l'
integrale riparazione del danno patrimoniale ai creditori o se manca l'
accertamento dei crediti o dei
diritti; se, prima dell'
esercizio dell'
azione penale, è intervenuta da parte dell'
autore del fatto
consegna della contabilità o di altri documenti idonei alla completa ricostruzione contabile del
patrimonio o del movimento degli affari.
Da segnalare, infine, un affievolimento anche in tema di pene accessorie: si prevede ancora
l'
interdizione temporanea dagli uffici direttive delle persone giuridiche delle imprese, la cui durata
viene tuttavia accorciata la durata: sarà infatti pari alla pena inflitta, mentre attualmente è di dieci
anni; viene invece cancellata la pena dell'
inabilitazione all'
esercizio di un'
impresa commerciale, con
la conseguenza che chi si è reso responsabile anche di gravi fatti di bancarotta fraudolenta potrà
continuare a esercitare l'
attività imprenditoriale. (riproduzione riservata) Stefano Corbetta
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IL SOLE 24 ORE
COMPETITIVITÀ • Critiche del Garante alle ipotesi di riforma per Ordini e associazioni
Albi, nuove censure Antitrust
Tariffe da abolire Per dottori commercialisti e ragionieri sì all'
unione ma senza « riserve »
ROMA • L'
Antitrust torna protagonista nel dibattito sulle professioni, alla vigilia del maxi
emendamento del Governo al decreto legge sulla competitività. L'
Autorità garante della concorrenza
e del mercato, presieduta da Antonio Catricalà, descrive quelli che dovrebbero essere i cardini della
riforma delle professioni: da questi è ben lontana la proposta del Governo che era stata presentata
(poi ritirata) come emendamento al decreto legge. L'
Antitrust mette anche le mani avanti sul
desiderio dei commercialisti di ottenere, grazie alla rivisitazione delle competenze in seguito
all'
Albo unico, attività riservate. I moniti a Governo e Parlamento sono contenuti in due
segnalazioni approvate il 20 aprile, così come avevano richiesto i tributaristi dell'
Int.
Riforma da riscrivere. La pronuncia dell'
Antitrust è precedente al voto della commissione Bilancio
del Senato che ha previsto il riconoscimento delle Associazioni a patto che gli iscritti non esercitino
attività riservate ai professionisti degli Albi. La decisione sembra condivisa dall'
Antitrust, visto che
il divieto di riconoscimento allargato alle attività « regolamentate o tipiche » degli Albi è giudicato
come un'
indebita estensione delle riserve. Tuttavia, afferma l'
Antitrust, le Associazioni non devono
mettere fuori gioco quanti vogliono esercitare, senza appartenenze, le attività libere.
Il testo originario del Dl compie solo un piccolo passo in avanti nella composizione delle
commissioni d'
esame, in cui i rappresentanti degli Ordini non possono essere più della metà.
Tuttavia, per l'
Antitrust, non è ancora garantito appieno il principio di imparzialità nell'
accesso alle
professioni e nel giudizio dei candidati.
Per quanto riguarda il disegno di riforma generale, Governo e Parlamento devono rimettersi al
lavoro. L'
emendamento dell'
Esecutivo, ritirato per il venir meno delle condizioni politiche, non è
una piattaforma accettabile per l'
Antitrust. Prima di tutto perché si prevede una moltiplicazione
degli Ordini, " promuovendo" in Albi i professionisti sanitari disciplinati attraverso " profili". Una
scelta " ridondante", nel momento in cui le qualificazione è assicurata da percorsi universitari. Il
Governo, inoltre, punta a confermare le tariffe con livelli massimi, nonché, a pena di nullità, con
valori minimi. Lo strumento, però, non garantisce la qualità della prestazione, non aiuta il cliente a
orientarsi sul mercato e priva il professionista di una leva importante nel modulare i propri servizi.
A questo proposito, l'
offerta— secondo l'
Antitrust — continua a essere penalizzata dalla mancata
liberalizzazione sul fronte della pubblicità, la cui disciplina è rinviata agli ordinamenti professionali
e al codice deontologico, con il divieto della tecnica comparativa.
Di contro, la pubblicità costituisce — per il Garante — uno dei mezzi principali a disposizione del
cliente per superare l'
handicap informativo. Per questo il messaggio pubblicitario non deve rifuggire
dal descrivere tipologie, caratteristiche e prezzi dei servizi.
L'
Antitrust censura anche il silenzio del legislatore sulle società. « La salvaguardia del principio di
vigilanza dell'
Ordine sul professionista che opera all'
interno della società — scrive l'
Antitrust —
non sembra richiedere la totale esclusione di soci di solo capitale, o quanto meno lo stesso obiettivo
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potrebbe essere perseguito consentendo la loro partecipazione in misura limitata » . E attribuendo la
maggioranza dei voti, oltre che del capitale, ai professionisti.
Da un punto di vista strettamente giuridico, l'
emendamento — fa notare l'
Antitrust— snatura i
codici deontologici, quale espressione di autodisciplina, in quanto possono essere contestati dal
ministero. Commercialisti e monopolio.
Per l'
Antitrust non c'
è alcuna giustificazione per attribuire attivà riservate a dottori commercialisti e
ragionieri, attraverso i decreto legislativi di attuazione dell'
Albo unico ( legge 34/ 05).
« Le riserve — mette in guardia l'
Autorità — si giustificano solo con riguardo a professioni il cui
esercizio è strettamente connesso alla tutela di interessi pubblici costituzionalmente garantiti e solo
nella misura in cui risultino strettamente necessarie a garantire uno standard minimo di prestazione e
ad esercitare un controllo sull'
esercizio della professione » .
Le riserve si tradurrebbero — per l'
Antitrust — in un ingiustificato vantaggio per gli iscritti all'
Albo,
rispetto agli altri operatori sul mercato.
Dottori e ragionieri ribattono qualificando la presa di posizione del Garante come « una gaffe
clamorosa. Bastava leggere l'
articolo 3 della legge 34/ 05 — dicono i presidenti dei Consigli
nazionali, Antonio Tamborrino e William Santorelli — per verificare che alla nuova professione " è
consentita l'
attribuzione di nuove competenze che presentino profili di interesse pubblico generale,
nel rispetto del principio della libertà di concorrenza e fatte salve le prerogative attualmente
attribuite dalla legge a professionisti iscritti ad altri Albi" » . MARIA CARLA DE CESARI
28/04/2005
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IL SOLE 24 ORE
Il doppio richiamo dell’Autorità
Le osservazioni dell'
Antitrust in materia di riforma delle professioni e di Albo unico
Esclusive da limitare. Il Governo, con l'
emendamento al decreto legge competitività poi ritirato,
sembra ampliare le competenze degli Ordini. Se il riconoscimento delle Associazioni venisse vietato
per l'
esercizio di attività tipiche verrebbero attribuite in esclusiva ai professionsti degli Albi attività
in precedenza non riservate
Albo unico sotto esame. L'
Albo unico per dottori commercialisti e ragionieri risponde alle esigenze
di razionalizzazione dei servizi professionali. Tuttavia, l'
Antitrust segnala possibili effetti negativi
dall'
attribuzione di riserve di competenza esclusiva ai commercialisti e agli esperti contabili. Una
simile riserva sembra precludere l'
esercizio di determinate attività da parte di altri operatori
attualmente attivi nel settore e potrebbe restringere il livello di concorrenza
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ITALIA OGGI
La riforma Castelli e il decreto attuativo al centro di due pareri dell'
Authority al parlamento
Professioni, doppio no Antitrust
Competitività e albo unico ledono l'
equilibrio del mercato
La riforma Castelli delle professioni viola la libera concorrenza. Appaiono lesivi del buon
funzionamento del mercato dei servizi professionali i quattro commi inseriti nel decreto sulla
competitività e ancor di più le norme contenute nel maxi-emendamento del governo, per il momento
accantonato dopo l'
invito, di qualche giorno fa, del presidente Marcello Pera di evitare il ricorso alla
delega in una fase di crisi dell'
esecutivo. Contrario alla libera concorrenza appare anche il decreto
legislativo che il governo è in procinto di adottare per rendere operativo il nuovo albo unico delle
professioni economico-giuridiche.
Dopo il ritiro della delega sul progetto Castelli di riforma delle professioni, ora arriva anche la
censura dell'
Antitrust. In un parere diramato ieri, l'
Authority presieduta da Antonio Catricalà ha
smontato tutto il progetto di riforma messo a punto dal ministro della giustizia, a cominciare dai
quattro commi inseriti nel decreto e ancora all'
esame del senato e finendo con il censurare anche i
contenuti del maxi-emendamento, accantonato dalla commissione bilancio del senato.
Nella stessa riunione l'
Antitrust si è occupata anche dell'
istituendo albo unico tra dottori
commercialisti e ragionieri. In questo secondo parere, infatti, l'
Autorità per la concorrenza e il
mercato invita il governo a non attribuire nuove competenze in via esclusiva alla nuova professione.
I due pareri sono stati inviati ai presidenti di senato e camera e al premier Silvio Berlusconi perché
ne facciano tesoro in un momento decisivo per entrambe le riforme.
Cominciamo con le norme contenute nel decreto legge sulla competitività, che saranno votate
dall'
aula del senato a partire da martedì prossimo. A finire nel mirino dell'
Antitrust è soprattutto il
comma 6 dell'
articolo 2, che riguarda la composizione delle commissioni giudicatrici per l'
esame di
stato. Secondo il garante la disposizione che limita a non più della metà il numero dei commissari
che possono essere individuati dagli ordini professionali va nella direzione giusta ma non appare
ancora sufficiente. ´Riservare a rappresentanti degli ordini un ruolo determinante nella fase di
accertamento del possesso dei requisiti del candidato equivale a sacrificare la terzietà di chi
contribuisce a stabilire il numero di coloro che sono ammessi a esercitare'
, scrive l'
Authority. Da
censurare è anche il tanto conteso comma 8 sul riconoscimento delle associazioni professionali. In
particolare, appare fortemente limitativo della concorrenza il principio secondo il quale possono
essere riconosciute soltanto le professioni che non svolgono attività tipiche o regolamentate di
competenza degli ordini. Un'
obiezione in parte superata dalle modifiche introdotte dal senato. La
commissione bilancio, infatti, giovedì scorso ha eliminato dal comma 8 proprio la nozione di
´tipiche' e di ´regolamentate'
, rendendo molto più ampi i margini di riconoscimento delle
associazioni. Ma un'
ulteriore correzione sarebbe dietro l'
angolo dopo che gli ordini si sono appellati
al senato per impedire che le correzioni siano confermate dall'
aula. L'
Autorità sul punto è molto
chiara: ´Il riferimento alla tipicità delle prestazioni può condurre ad attribuire, in esclusiva, ai
professionisti iscritti all'
albo, attività in precedenza a questi non riservate, creando così significative
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limitazioni all'
esercizio di attività libere e fino a oggi non soggette a riserve'
. Passando poi al maxiemendamento (in questi giorni si capirà se Roberto Castelli intende riproporre all'
aula) il parere
dell'
Antitrust si concentra su tre punti in particolare: tariffe, pubblicità e società. Richiamando più
volte la posizione espressa su questi temi anche dalla Commissione europea (in particolare nella
relazione sulla concorrenza dei servizi professionali del febbraio del 2004), si specifica che la
previsione di tariffe obbligatorie fisse o minime ´non appare giustificata in quanto le stesse non
rispondono all'
esigenza di garantire la qualità dei servizi prestati'
. Per quanto riguarda la pubblicità,
invece, si dà atto agli ordini di aver lavorato negli ultimi anni per adeguare i propri codici
deontologici, ma bisogna comunque eliminare il divieto di pubblicità comparativa. Sulle norme in
materia di società tra professionisti, l'
Antitrust insiste che la previsione di soci di puro capitale non
appare comportare alcun rischio per l'
indipendenza dei professionisti, soprattutto se i primi sono in
posizione di minoranza.
Infine, con riferimento al ministero della giustizia, appare non condivisibile anche la previsione di
affidare al guardasigilli il riesame dei codici deontologici, violando in tal modo ´il potere di
autodisciplina delle professioni'
. Né è pensabile istituire nuovi ordini in ambiti finora di libero
mercato come prevedeva un emendamento per la creazione di nuovi ordini sanitari. Più scarno,
infine, il parere sull'
albo unico. L'
Antitrust, infatti, plaude alla fusione dei due albi ma non
condivide ´la previsione di riserve di competenza esclusiva'
. E si appella al governo perché
nell'
emanando decreto legislativo di attuazione della legge delega n. 34/2005 non vengano
introdotte ´previsioni intese a riservare in via esclusiva specifiche competenze ai professionisti
medesimi'
. Immediata la reazione dei dottori commercialisti e dei ragionieri, che in un comunicato
congiunto firmato dai presidenti Antonio Tamborrino e William Santorelli definiscono ´una
clamorosa gaffe'la nota dell'
Authority. ´Bastava leggere l'
articolo 3 della legge n. 34 del 2005 per
verificare che alla nuova professione è consentita l'
attribuzione di nuove competenze che presentino
profili di interesse pubblico generale, nel rispetto del principio della libertà di concorrenza e fatte
salve le prerogative attualmente attribuite dalla legge a professionisti iscritti ad altri albi'
, spiegano i
presidenti.
Soddisfatte invece le associazioni non regolamentate, in particolare i tributaristi dell'
Int, che
plaudono alla presa di posizione del garante. (riproduzione riservata) G.Sotirovic
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ITALIA OGGI
Indagine di ItaliaOggi sulle aggregazioni territoriali alla luce del progetto Castelli che le disciplina
Ordini forensi, l'Unione fa la forza
Presenti sul territorio 14 coordinamenti su base regionale
L'
unione fa la forza. È senz'
altro così che la pensano gli ordini forensi dislocati su tutto il territorio nazionale
che hanno fatto delle Unioni regionali (associazioni spontanee di coordinamento tra ordini forensi di una
medesima regione) il loro cavallo battaglia.
Inizialmente, infatti, queste associazioni sono nate per volontà dei singoli ordini come strumenti spontanei di
coordinamento volti a garantire almeno a livello regionale l'
uniformità della disciplina riguardante avvocati e
praticanti e per dare l'
opportunità ai consigli forensi distrettuali di confrontarsi periodicamente su questioni di
carattere interno (come per esempio la difesa d'
ufficio, gli importi delle tariffe, le sanzioni disciplinari e la
formazione di praticanti e avvocati). Ma negli ultimi anni esse hanno sviluppato anche una sensibilità politica
e di pressing nei confronti degli interlocutori istituzionali.
Attualmente il fenomeno associativo tra ordini forensi investe quasi tutto il territorio nazionale sul quale sono
presenti attivamente ben 14 Unioni (Piemonte, Lombardia, Liguria, Triveneto, Emilia Romagna, Marche,
Umbria, Toscana, Lazio) anche se in realtà nel caso delle Unioni del Triveneto e del Piemonte è più corretto
parlare di organismi interregionali.
All'
Unione del Triveneto, infatti, afferiscono anche gli ordini del Friuli-Venezia Giulia e del Trentino mentre
a quella del Piemonte anche gli ordini della Valle D'
Aosta.
L'
Unione con la tradizione più antica è sicuramente quella dell'
Emilia Romagna, nata a metà degli anni '
70,
che assorbe, oltre a quello di Bologna ben otto ordini dislocati tra Piacenza e Rimini, per un totale di circa 6
mila iscritti.
Secondo Lucio Straziari, che la presiede, l'
associazione rappresenta un ottimo strumento per garantire
l'
uniformità dei regolamenti che disciplinano la classe forense. Di recente, ha continuato Straziari, l'
Unione
dell'
Emilia Romagna si è riunita per stabilire modalità di esercizio della pratica forense uniche per tutti gli
ordini della regione. Al fine di ostacolare forme di pratica fittizia, infatti, l'
Unione ha stabilito che i propri
iscritti non possano avere più di due praticanti ciascuno. Non solo. L'
associazione ha anche stabilito,
colmando così una lacuna della legge del '
90 regolatrice della pratica forense, che il libretto della pratica
debba essere consegnato all'
ordine entro 60 giorni dalla scadenza del termine semestrale stabilito dalla legge
sulla pratica forense.
Ma l'
ente, ha continuato Straziari, svolge anche tutti quei compiti istituzionali che in mancanza di un
organismo di coordinamento regionale verrebbero svolti dai singoli consigli distrettuali, come per esempio
l'
elezione dei membri della Cassa forense (che avvengono su base regionale) e in generale funzioni di
rappresentanza.
Anche per gli ordini del Triveneto l'
istituzione dell'
Unione, avvenuta circa vent'
anni fa, é stata un'
esperienza
positiva.
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
A oggi, l'
organo, che raccoglie circa 16 ordini e 10 mila iscritti, spiega Mario Diego, presidente
dell'
associazione, è molto impegnato soprattutto sul fronte delle collaborazioni regionali.
Per esempio, grazie alla propria attività, l'
Unione ha reso possibile l'
attivazione di tirocinii formativi per
praticanti avvocati presso gli uffici giudiziari dei tribunali del Veneto, mentre con il Friuli-Venezia Giulia,
l'
ente ha stipulato una convenzione per la concessione di agevolazioni finanziarie ai giovani avvocati nella
fase di avvio dell'
attività professionale.
Di stampo interregionale anche l'
Unione degli ordini del Piemonte, che con la Valle d'
Aosta accorpa ben 17
ordini, la quale ha recentemente rafforzato il proprio ruolo istituzionale aprendo i lavori anche ai
rappresentanti dell'
Aiga (che vi partecipano a livello consultivo). L'
attività dell'
Unione, ha precisato
Gherardo Caraccio, che la presiede, punta soprattutto a garantire il coordinamento e l'
uniformità della
disciplina di tutti gli ordini che ne fanno parte. ´È assurdo, infatti, pensare che ordini appartenenti a un
medesimo distretto si trovino ad affrontare singolarmente dei problemi la cui risoluzione può giovare a tutti
gli iscritti'
, spiega Caraccio.
Di recente, l'
ente è stato impegnato a risolvere i problemi causati dalle modifiche apportare alla legge sul
gratuito patrocinio (che ha portato da sei a due anni il periodo di iscrizione all'
albo necessario per accedere
alle liste).
La legge, infatti era entrata in vigore a marzo quando ormai il termine per l'
iscrizione alle liste era chiuso.
Al fine di evitare che la chiusura dei termini penalizzasse gli avvocati iscritti all'
albo da soli due anni,
l'
Unione ha disposto la riapertura dei termini per l'
iscrizione, dando così la possibilità agli avvocati più
giovani di beneficiare della riforma.
Secondo Caraccio, sino a ora, lo strumento associativo ha dato ottimi frutti e adesso è arrivato il tempo di
pensare alla creazione di organismi di coordinamento interregionale.
Proprio in tale ottica, l'
Unione piemontese ha già iniziato a muovere i primi passi instaurando delle
collaborazioni con gli ordini della regione Liguria.
Un'
altra associazione che vanta radici storiche è quella della Calabria che esiste da circa 20 anni e riunisce
tutti gli undici ordini della regione (tre nel distretto di Reggio Calabria e tre in quello di Catanzaro).
´Ultimamente'ha spiegato Giuseppe Morabito presidente dell'
Unione, ´siamo stati molto impegnati sul fronte
della riforma delle professioni e in particolare nell'
opera di contrasto al decreto Castelli (ormai naufragato)
che non teneva conto della specificità della professione forense'
.
Con riferimento alle questioni interne degli ordini, invece, ci stiamo sta occupando soprattutto dell'
istituzione
delle scuole forensi. Nella regione esiste, infatti, solo una scuola forense (presso l'
ordine di Locri). Tuttavia,
ha spiegato Morabito, l'
istituzione delle scuole ha un senso solo se queste verranno riconosciute a livello
istituzionale attraverso una parificazione con quelle Bassanini.
Quanto alla questioni di carattere pratico, di recente l'
Unione si è riunita per decidere se gli avvocati che
esercitano la professione in un luogo diverso da quello della residenza debbano essere cancellati dall'
albo
dell'
ordine di residenza. Alla fine tutti sono stati d'
accordo nel dare una risposta positiva al quesito,
stabilendo che per avvocati il luogo di iscrizione debba coincidere con quello dove essi esercitano la propria
attività professionale.
Grande impegno nella formazione, anche per le Unioni della Sicilia e della Calabria.
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L'
Unione siciliana, presieduta da Giovanni Vaccaro, che coordina i 19 ordini isolani per un totale di 26 mila
iscritti, tra avvocati e praticanti, sta avviando un'
intensa opera di coordinamento tra le scuole degli ordini
promuovendo sinergie e collaborazioni.
Inoltre, sul fronte istituzionale, l'
ente, ha sottolineato Vaccaro, sta partecipando alla stesura della legge
regionale sulle professioni.
In Toscana, L'
Unione regionale (circa dieci ordini, tra cui quelli di Firenze, Pisa, Lucca, Grosseto), sempre in
un'
ottica formativa, il 22 marzo scorso ha firmato un protocollo d'
intesa con la regione Toscana e la Cassa
forense per la realizzazione di un centro di alta specializzazione forense per studi e ricerche di rilevanza
nazionale e europea in materia di professioni. Tra le priorità dell'
Unione, ha sottolineato Stefano Borsacchi,
presidente dell'
ente, vi è anche quello di riaccorpare l'
ordine di Massa Carrara alla regione Toscana.
Il tribunale di Massa Carrara, infatti per una strana schizofrenia del sistema, afferisce alla corte di appello di
Genova per la giustizia civile, mentre per la giustizia amministrativa al tar di Firenze. ´È evidente'
, spiega il
presidente, ´che tale anomalia deve essere sanata e a tal fine in parlamento è già presente un disegno di legge
di cui l'
Unione auspica l'
approvazione'
. Tra le altre proposte attualmente all'
attenzione del parlamento anche
quella di istituire in Toscana una seconda Corte di appello oltre a quella di Firenze.
Tra le Unioni più giovani, invece, quella dell'
Abruzzo e del Lazio.
Quella dell'
Abruzzo presieduta da Alessandro Chiodini, conta circa sette ordini (di cui cinque provinciali, più
quelli di Camerino e Urbino) per un totale di 3.000 iscritti.
´Attualmente, l'
Unione'
, ha spiegato Chiodini, ´non ha ancora delle scuole forensi e per questo si sta battendo
per loro costituzione. Inoltre, essa si sta attivando per la piena condivisione da parte degli avvocati del
processo telematico e per dare al codice deontologico dell'
avvocatura un'
attuazione unitaria almeno a livello
regionale'
.
Nel Lazio, l'
Unione regionale esiste solo da due anni ma si può dire che sia nata sostanzialmente solo nel
febbraio scorso, ha spiegato il neo-presidente Riccardo Micci e per il momento è molto impegnata nella
preparazione del primo congresso dell'
avvocatura italiana che si terrà a novembre a Milano. Tra le prime
questioni pratiche che l'
Unione si è trovata a risolvere quella riguardante le modalità di applicazione delle
sanzioni disciplinari agli avvocati.
Infine, in Umbria, spiega Anna Rosa Sindico, presidente dell'
ordine di Perugia, ancora non esiste un'
Unione
regionale anche se la proposta per la costituzione di un ente di coordinamento è attualmente al vaglio degli
ordini della regione ed è stata anche sollecitata da consigliere del Cnf Alarico Mariani Marini.
Su un punto comunque tutti gli ordini sono d'
accordo, le Unioni devono rimanere associazioni spontanee,
volte a migliorare l'
attività degli ordini ma che non devono in alcun modo incidere sulla loro autonomia.
Quanto alla possibilità di un riconoscimento istituzionale delle Unioni (che era stato prospettato nel decreto
Castelli), pertanto, i consigli degli ordini forensi sono molto scettici e disposti ad accettarlo solo qualora non
comporti alcun rapporto gerarchico tra le Unioni e singoli ordini. E proprio al fine di discutere di un
eventuale riconoscimento istituzionale e accrescere lo spirito di collaborazione reciproco i rappresentanti
delle Unioni hanno già in programma di incontrarsi a Siracusa il18 giugno prossimo. (riproduzione riservata)
Simona Andreazza
28/04/2005
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IL SOLE 24 ORE
Concorrenza cercasi, ostinatamente
È cambiato il presidente, Antonio Catricalà ha da poco preso il posto di Giuseppe Tesauro, ma
l'
Antitrust non cambia idea sulle professioni. E a costo di essere accusata di posizione preconcetta e
persino demodé, l'
Autorità garante della concorrenza e del mercato ribadisce la necessità di una
riforma degli Ordini che limiti le esclusive, cancelli i minimi inderogabili, consenta la pubblicità
anche comparativa e contempli le società.
In due segnalazioni al Parlamento e al Governo, il Garante fornisce la sua chiave di lettura della
battaglia di questi giorni tra Ordini e Associazioni. La riforma — dice in sostanza l'
Antitrust — è
evocata come una parola magica, ma in realtà nasconde « un orientamento di protezione della
situazione attuale » . E sono stati dimenticati ( o fraintesi) i principi della giurisprudenza
comunitaria, secondo cui la regolamentazione è giustificata solo dall'
interesse generale, a cui va
commisurata.
Dunque, l'
Antitrust torna a parlare mentre gli Ordini chiedono la protezione delle attività " tipiche",
al di là delle riserve. E mentre il legislatore, anche se l'
emendamento è stato accantonato, sembra
convinto che la tutela del pubblico passi per la stretta corrispondenza tra ogni attività e un Ordine.
Il contesto in cui si è mossa potrebbe far annoverare l'
Antitrust tra gli alleati delle Associazioni. Ma
sarebbe una lettura semplicistica, poiché " stemmi e distintivi" non devono diventare necessari per
esercitare attività libere.
Purtroppo si rischia il paradosso: per difendere la possibilità di esercitare le attività libere forse
occorrerà la regolamentazione del riconoscimento pubblico. ( m. c. d.)
28/04/2005
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ITALIA OGGI
Il metodo, già sperimentato per la riforma del cpc e dei fallimenti, potrebbe estendersi al cpp e al cp
Giustizia, riforme a colpi di fiducia
Il governo Berlusconi-bis punta a completare il programma
Il governo Berlusconi-bis è disposto a tutto per portare a casa le riforme della giustizia mancanti.
Anche a votarsele a colpi di fiducia. La riforma del processo civile e quella del diritto fallimentare
sono già avviate su questa strada con il decreto competitività. Ma nelle file di Forza Italia la
tentazione è quella di ´adottare il metodo'per, come ha sottolineato a gran voce ieri lo stesso
premier Silvio Berlusconi alla camera in sede di replica prima del voto di fiducia, ´rispettare tutti gli
impegni presi'nel programma di governo del 2001. Dunque anche per la riforma del processo
penale e magari anche quella del codice penale. Rimarrebbe fuori la sola riforma dell'
ordinamento
giudiziario, che rischia effettivamente di rimanere sulla carta ma per la quale il voto di fiducia non è
spendibile, se non per questioni regolamentari, certamente per quelle istituzionali. E infatti
sull'
effettiva possibilità di portarla a casa ancora oggi non è dato sapere.
A domanda diretta, che ItaliaOggi ha posto al ministro martedì scorso, se la riforma si sarebbe fatta,
la risposta è stata: ´Credo proprio di sì. Convocherò di nuovo i saggi della Cdl e chiederò ai partiti di
uscire allo scoperto per verificare le loro intenzioni reali'
. E sembrerebbe che Castelli sia disposto
anche ad ´ammorbidire'il testo pur di ottenere l'
agognato sì, magari anche con il ´soccorso'di una
parte dell'
opposizione. È chiaro che l'
unico punto veramente in discussione, soprattutto dopo il
messaggio di rinvio alle camere della legge da parte del presidente della repubblica Carlo Azeglio
Ciampi, è quello del sistema dei concorsi per progredire in carriera che secondo Ciampi violerebbe
le prerogative costituzionali del Consiglio superiore della magistratura. Rinunciare a questo
passaggio significherebbe svuotare in gran parte la riforma del suo carattere ´punitivo' ma
consentirebbe a Castelli di portarla comunque a casa: d'
altra parte la politica è l'
arte del possibile in
tutti i sensi.
Per la riforma il banco di prova è vicino: il 5 maggio il disegno di legge è in calendario nuovamente
al senato, dopo la battuta d'
arresto dovuta alla crisi appena ricomposta con il rimpasto.
Quanto alle altre riforme, l'
unica chance di approvarle entro la fine di legislatura è quella di
procedere a colpi di fiducia. Il lavoro tecnico è quasi terminato sia per quanto riguarda il cpp (la
commissione Dalia è in dirittura d'
arrivo e a breve presenterà al ministro un ddl) sia per quanto
riguarda il codice penale (la revisione è stata messa a punto dalla commissione Nordio).
Naturalmente nessuna conferma ufficiale viene fornita alla voce di una strategia ´di attacco'ma
secondo quanto risulta a ItaliaOggi, ne avrebbe parlato lo stesso Berlusconi con i collaboratori più
esperti in materia.
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L'
intenzione del premier di mettere la fiducia sui provvedimenti simbolo ha una conseguenza
immediata: un voto di tale natura costringerebbe tutti i partiti della coalizione a fare quadrato sulle
riforme, pena, in caso di sconfitta, le elezioni anticipate, che naturalmente non vanno giù a nessuno.
Potrebbe preludere a un ´serrate le file'anche la scelta di modificare in parte la compagine
ministeriale: Michele Vietti, sottosegretario Udc, da sempre spina nel fianco del ministro Roberto
Castelli, migrato (con il suo assenso) al ministero dell'
economia e sostituito con Pasquale Giuliano,
magistrato e nella scorsa legislatura (´nel periodo più caldo dei processi milanesi'
) capogruppo di
Forza Italia in commissione giustizia alla camera. Vietti però ha già dichiarato di non essere
disposto a lasciare il ruolo di ´saggio'in materia di giustizia e non ha nascosto di voler continuare a
seguire le riforme già in cantiere, come quella del processo civile e la delega fallimentare, creando
già qualche malumore a via Arenula. Sono confermati Giuseppe Valentino (An), Jole Santelli (Fi) e
Luigi Vitali (Fi).
Alla fine, dunque, l'
Udc molla la presa sul dicastero di via Arenula ma è Forza Italia che lo presidia.
´In politica nulla è casuale'
, ragiona il sottosegretario fresco di nomina Giuliano. ´La mia comunque
è una collocazione tecnica con un compito anche di pontiere con la magistratura. Il dialogo è ancora
possibile se non si pongono questioni pregiudiziali'
, sceglie la veste di colomba Giuliano. Convinto
che si possa lavorare bene con la nuova squadra è anche Vitali.
Proprio ieri pomeriggio il ministro Castelli ha convocato i suoi sottosegretari per ripartire le
deleghe, mantenendo nelle sue mani quella sulle professioni e quella sull'
ordinamento giudiziario in
condominio con Valentino. Confermate quella di Valentino (penale e informatica) e di Santelli
(minorile), Giuliano ha fatto il pieno: si occuperà degli affari civili e dell'
organizzazione giudiziaria
e in parlamento del diritto fallimentare, di ineleggibilità dei magistrati, di class action. Vitali ha
ottenuto le deleghe di polizia penitenziaria e il personale. In parlamento si occuperà di prescrizione
e processo civile. (riproduzione riservata) C.Morelli
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Privacy, 4 priorità per Pizzetti
ROMA • Codici deontologici, rapporto con la pubblica amministrazione, mantenimento del budget,
salvaguardia del Codice della riservatezza: sono questi gli obiettivi di breve e medio termine che il
nuovo Garante della privacy dovrà darsi. Anche se ancora non esiste un programma ufficiale degli
interventi futuri, il neo presidente dell'
Authority, Francesco Pizzetti, non potrà che iniziare da settori
nevralgici per la tutela dei dati personali, settori con cui i conti sono aperti da tempo.
La squadra dell'
Autorità è ormai completa. Nominati dal Parlamento anche gli altri tre Garanti
(Mauro Paissan, Giuseppe Chiaravalloti e Giuseppe Fortunato), confermato il segretario generale,
Giovanni Buttarelli, convalidato il resto della struttura, il lavoro può riprendere e può, pertanto,
chiudersi la fase di avvicendamento, durante la quale è stata effettuata attività di routine.
I codici. I codici deontologici in lista d'
attesa sono diversi e tutti importanti. Il più vicino al
traguardo è quello sui dati genetici, che ha già avuto il via libera del Garante e ora è all'
esame del
ministero della Sanità.
Altri codici attesi da tempo sono quelli sull'
utilizzo dei dati personali in Internet, sui rapporti di
lavoro, sul direct marketing, sulla videosorveglianza. Sull'
uso delle telecamere a circuito chiuso già
esiste un vademecum del Garante, mentre negli altri ambiti mancano regole sistematiche e ci si rifà
alla legge generale sulla privacy o ad altre normative di settore.
La pubblica amministrazione. È uno dei punti deboli della privacy.
Gli uffici pubblici hanno finora beneficiato di una sorta di immunità, grazie anche a proroghe
legislative che hanno procrastinato gli obblighi a cui la pubblica amministrazione è comunque
soggetta. Uno dei problemi più rilevanti riguarda l'
utilizzo dei dati sensibili: le amministrazioni
devono mettersi in regola entro la fine dell'
anno.
La salvaguardia del Codice. Il Codice della privacy ha subìto diverse modifiche. Alcune sono
arrivate quando era ancora fresco di stampa. Talune parti — in particolare quelle relative alle
scadenze— sono state cambiate più volte. Il rischio da scongiurare è che rimanga un testo inattuato
o che, di modifica in modifica, se ne snaturi lo spirito.
Il budget. L'
ufficio del Garante, che ha un organico limitato a 84 persone, negli ultimi quattro anni
ha avuto un taglio delle risorse del 20 per cento. Ulteriori economie limiterebbero la capacità di
intervento dell'
Autorità.
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ITALIA OGGI
Il Csm su chi deve sostenere le spese dei legali nei conflitti di attribuzione
Nei conflitti giudice-camere il ministro paga la parcella
Gli onorari degli avvocati che difendono tribunali e procure nei conflitti di attribuzione con altri
poteri dello stato li paga Castelli. Il ministero della giustizia ha nel bilancio un capitolo ad hoc
(1560) intitolato proprio alle spese di lite. Le parcelle, dunque, non gravano sul processo e non
vanno computate nel modello 12.
Inusuale il quesito che il procuratore di Verona, Guido Papalia, ha posto al Consiglio superiore della
magistratura, sollecitato dall'
ammissibilità stabilita dalla Corte costituzione di un conflitto di
attribuzione sollevato dalla camera dei deputati nei confronti della procura. Una tipologia di
conflitto sempre più frequente, come ha avuto modo di sottolineare la stessa Corte costituzionale.
Negli ultimi otto anni le pronunce in materia sono state 92, con una media di dieci all'
anno. ´Una
crescita impetuosa quasi interamente dovuta alle numerose controversie che vedono come
protagonisti organi giudiziari da una parte e organi governativi e soprattutto parlamentari dall'
altra.
Spia di una conflittualità endemica fra politica e giustizia'
, ha rilevato l'
ex presidente della Corte
Valerio Onida nella sua relazione sull'
attività della Corte.
Nel caso specifico, il procuratore Papalia, non potendosi rivolgere all'
avvocatura dello stato, a cui
non spetta la difesa nell'
ipotesi di conflitti interorganici, si era affidato a un avvocato del libero foro.
Ma è stato colto da un dubbio: chi lo paga? Così ha chiesto al Csm se le spese e gli onorari
dovessero essere liquidati secondo la procedura di spese di giustizia (articolo 4 dpr 115/02) oppure
come spese d'
ufficio e, in quest'
ultimo caso, se la spesa dovesse esser assunta direttamente dal
ministero della giustizia oppure dal Csm.
Il Csm ha escluso qualsiasi competenza al riguardo, sottolineando tuttavia che non è rinvenibile
alcuna normativa specifica, visto che la questione si era posta in un procedimento incidentale che
nell'
ambito di un procedimento penale vede come parte interessata non l'
indagato o altre parti ma lo
stesso uffici giudiziario.
Il Csm, in mancanza di riferimenti normativi e per rispondere al quesito, ha fatto una ricerca sui
precedenti e ne ha scovato uno relativo alla decisione della Consulta che ha annullato la
deliberazione di insindacabilità adottata dalla camera dei deputati. In quella occasione gli avvocati
del libero foro hanno presentato parcella alla direzione generali affari civili, ufficio I, che dopo aver
ottenuto il visto di congruità, ha autorizzato il pagamento dei compensi sul capitolo 1560. Trafila
che il Csm suggerisce di seguire ancora. (riproduzione riservata) C.Morelli
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IL SOLE 24 ORE
EMERGENZE GIUDIZIARIE
A Milano fondi azzerati anche per i nuovi Codici
MILANO • Aggiornamento che passione. Destinata a restare insoddisfatta, però. Almeno a Milano e
almeno a Palazzo di giustizia. E così in aula si andrà con un Codice datato. È questo il paradosso
con cui, quest'
anno, si dovranno confrontare i magistrati milanesi. Un effetto del taglio drastico dei
fondi ( meno 40%) a disposizione per l'
acquisto di Codici penali e di procedura penale aggiornati
con le ultime modifiche arrivate nel corso del 2004. A lanciare l'
allarme è una circolare del
procuratore aggiunto Ferdinando Vitiello, inviata a tutti i sostituti procuratori, ai responsabili degli
uffici giudiziari e a quelli di polizia.
Certo, le modifiche intervenute nella materia nel corso del 2004 non sono state numerose, e a
sottolinearlo è lo stesso Vitiello ricordando l'
esiguità del nuovo materiale con cui dovere fare i conti,
ma dalla stessa circolare traspare una certa amarezza per un'
amministrazione della giustizia che si
vorrebbe sempre più efficiente e che invece deve preoccuparsi anche dell'
impossibilità di avere a
disposizione i " ferri del mestiere" più elementari. Del resto, neppure risalendo troppo indietro con
la memoria, basterebbe riandare ai tanti casi segnalati dall'
Anm nel suo Libro bianco di pochi mesi
fa.
Proprio sul fronte dell'
aggiornamento si ricordava come gli stessi magistrati, non di un tribunale
periferico, ma della Corte di cassazione si fossero autotassati per garantire l'
acquisto di riviste
giuridiche.
E anche in questo caso il segnale di emergenza arriva da una delle principali sedi giudiziarie del
Paese, a ulteriore testimonianza del fatto che è proprio nelle realtà più grandi che le difficoltà
acquistano uno spessore maggiore e che i cittadini fanno sempre più fatica a ottenere risposte
almeno in tempi ragionevoli.
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ITALIA OGGI
Riforme per i giudici di pace
Forti iniziative di protesta per sollecitare la politica a dare risposte concrete alle richieste dei giudici
di pace. L'
avvertimento arriva dall'
Associazione nazionale giudici di pace che il 29 e 30 aprile
prossimi terrà la XI assemblea a Bologna. A dieci anni dall'
istituzione il giudice di pace può vantare
ottimi risultati: 1.300.000 cause trattate nel civile e 200 mila nel penale solo nell'
ultimo anno, con
una durata media di 256 giorni. Ma non ci sono state politiche conseguenti, richieste
dall'
associazione: riforma organica, organo di autogoverno, mandato e tutela previdenziale.
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DIRITTO E GIUSTIZIA
Carceri: la Smuraglia non decolla
Nonostante la legge Smuraglia (193/00) il numero dei detenuti lavoranti, che non siano alle
dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria ha registrato un leggero decremento, passando dalle
2.310 unità del 2003 alle 2.263 di giugno 2004. È stata depositata martedì 26 aprile la relazione al
Parlamento da parte del ministero della Giustizia, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria,
sullo stato di attuazione delle disposizioni di legge relative al lavoro dei detenuti riferite al 2004 (la
relazione è leggibile tra i documenti correlati). Dalla relazione si apprende innanzitutto che i
detenuti dal 2003 al 2004 sono aumentati di duemilatrecento unità, passando dai 54.237 del 31
dicembre 2003, ai 56.532 di giugno 2004. Di questi, oltre diecimila nello scorso anno risultavano
addetti ai lavori domestici o comunque a lavori non qualificanti, mentre solo 973 erano addetti alla
manutenzione ordinaria del fabbricato, tutti comunque alle dipendenze dell’Amministrazione
penitenziaria. Attività che, come sottolinea la relazione «pur rappresentando una opportunità di
lavoro, non garantiscono però l’acquisizione di professionalità spendibili sul mercato del lavoro».
I benefici della legge 193/00 si vedono, dice il documento, con l’aumento del numero sia dei
lavoranti all’esterno, che passano da 424 a 435, che dei lavoranti all’interno degli istituti (da 346 a
450) e questo solo grazie agli incentivi offerti dalla legge; mentre il lieve decremento dei detenuti
lavoranti e non dipendenti dall’Amministrazione penitenziaria è dovuto essenzialmente, riporta la
relazione, ad un sensibile calo dei semiliberi. Durante i primi nove mesi dello scorso anno,
comunque, sono state 107 le imprese e le cooperative che hanno fruito delle agevolazioni fiscali e
contributive previste dalla Smuraglia, dando lavoro a circa 613 detenuti in 40 istituti. «Tuttavia –
riporta la relazione – risulta ancora poco significativa la presenza del mondo imprenditoriale
all’interno del carcere». Ma le attività e i progetti avviati sono diversi. Il Dipartimento
dell’amministrazione penitenziaria segnala che a marzo del 2004 è stato firmato un protocollo
d’intesa con l’Unioncamere per la creazione di una rete stabile di comunicazione tra le Camere di
commercio ed i provveditorati regionali per una maggiore comunicazione tra domanda di lavoro
proveniente dalla popolazione detenuta e i bisogni formativi ed occupazionali espressi dal mondo
imprenditoriale. E proprio al fine di meglio pubblicizzare tutte le opportunità della legge Smuraglia,
proseguono le collaborazioni tra il Dipartimento e Confcooperative Federsolidarietà.
Avviate anche iniziative nel settore bonifiche agrarie con la creazione di nuove e specifiche realtà
agricole in vari istituti penitenziari, con conseguenze positive, dal momento che il numero dei
detenuti lavoranti presso le aziende agricole è passato dai 382 del 2003 ai 419 di giugno 2004. È
inoltre operativa, la convenzione tra il Dipartimento e la Confagricoltura e l’Amab (Associazione
mediterranea agricoltura biologica) per l’attuazione di rapporti di servizio, di gestione, di
riscossione di contributi comunitari. Sempre lo scorso anno è stato avviato il progetto “Agricola
2007”, approvato dal ministero del Lavoro sulla base del fondo nazionale di intervento per la lotta
alla droga, che ha appunto, come dice il nome durata triennale. Tra gli obiettivi del progetto quelli di
realizzare interventi riabilitativi per i tossicodipendenti sottoposti a procedimenti giudiziari,
incentivare le strutture riabilitative che adottano modalità di intervento integrato psico-socio
educativo e realizzare percorsi integrati di sostegno e promozione dell’occupazione dei soggetti in
uscita dai programmi riabilitativi. (p.a.)
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Ministero della Giustizia
Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria
Direzione generale dei detenuti e del trattamento
Ufficio IV – Osservazione e trattamento intramurale
«Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione delle disposizioni di legge relative ai lavoro dei detenuti
ai sensi dell’articolo 20, ultimo comma, della legge 354/75, anno 2004»
26 aprile 2005
Nell’ambito delle attività poste in essere per incrementare e sviluppare il lavoro penitenziario questa
Direzione Generale si è attivata, nel corso del 2004, per individuare tutte le strutture lavorative all’interno
degli istituti penitenziari - industrie, laboratori artigianati, colonie e tenimenti agricoli - non utilizzate o
sottoutilizzate ma potenzialmente in grado di aumentare le proprie capacità produttive.
Sono state acquisite, quindi, per ogni Regione, le progettualità per il rilancio delle attività lavorative, tenendo
anche conto delle realtà territoriali e delle locali esigenze di mercato.
Sono stati successivamente rilevati gli importi necessari per l’ammodernamento di lavorazioni penitenziarie
esistenti ma scarsamente produttive e per l’allestimento di nuove officine dove le strutture edilizie lo
permettevano.
Coordinati da questa Direzione Generale, che ha impartito le opportune direttive, i provveditorati regionali si
sono variamente attivati con il territorio e con il mercato del lavoro esterno per la ricerca di nuove commesse
di lavoro e per valutare la possibilità di offrire in gestione a terzi le lavorazioni che avevano particolari
difficoltà a mantenere o sviluppare le proprie produzioni.
Nelle realtà territoriali più problematiche ci si è attivati per sensibilizzare maggiormente gli enti locali, il
mondo imprenditoriale e le associazioni di categoria.
Analizzando i dati attualmente in possesso, relativi al 30 giugno 2004, si è rilevato un buon incremento
rispetto all’anno precedente, dei detenuti impiegati alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria in
attività di tipo industriale (665 unità al 30.06.2004 contro 537 unità al 31.12.2003) e si segnala un ulteriore
incremento dei detenuti assunti da imprese e cooperative all’interno degli istituti penitenziari (450 unità
attuali rispetto al 346 al 31.12.2003).
L’Amministrazione penitenziaria, nell’intento di assicurare al maggior numero di detenuti possibile il lavoro
intramurario, continua ad utilizzare - per le attività che non richiedono particolare qualificazione - gli istituti
del part-time e del lavoro a tempo determinato.
Al 30 giugno 2004 su una popolazione detenuta di 56.532 unità (54.237 al 31.12.2003), 10.013 soggetti
(9.604 al 31.12.2003) risultavano addetti a lavori domestici o non qualificati alle dipendenze
dell’Amministrazione Penitenziaria e 973 unità (909 al 31.12.2002) erano addette alla manutenzione
ordinaria del fabbricato, sempre alle dipendenze dell’Amministrazione Penitenziaria.
Al riguardo si segnala che queste attività, pur rappresentando una opportunità di lavoro, non garantiscono
però l’acquisizione di professionalità spendibili sul mercato del lavora.
E’ proseguita nel frattempo - sia pure gradualmente - l’opera di adeguamento delle officine penitenziarie già
esistenti alla normativa antinfortunistica di cui al D.Lgs 626/94 e l’allestimento di lavorazioni di tipo
industriale presso gli istituti di nuova costruzione. Le lavorazioni penitenziarie funzionanti al 30.06.2004
erano 127 rispetto alle 84 del 31.12.2003.
Permangono, comunque, difficoltà nell’affidamento della direzione tecnica delle lavorazioni penitenziarie a
persone estranee all’Amministrazione ai sensi dell’articolo 20 bis O.P. Tali difficoltà, più che dovute alla
scarsità di risorse finanziarie, sembrano legate a problemi nel collegamento con gli uffici che operano sul
territorio in materia di lavoro, artigianato, ecc.; collegamento necessario per l’individuazione di personale
specializzato cui affidare le lavorazioni e per la determinazione del relativo compenso.
La attuazione della legge 193/00, cd. “Smuraglia”, che definisce le misure di vantaggio per le cooperative
sociali e le imprese che vogliano assumere detenuti in esecuzione penale all’interno degli istituti penitenziari,
ha aperto prospettive di sicuro interesse per il lavoro penitenziario. Nel corso del 2004, dati relativi ai premi 9
mesi dell’anno, risulta che 107 tra imprese e cooperative hanno fruito delle agevolazioni fiscali e contributive
previste, dando lavoro a circa 613 detenuti in 40 istituti. Tuttavia, pur rilevando un certo maggior interesse
nei confronti della manodopera detenuta, risulta ancora poco significativa la presenza del mondo
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imprenditoriale all’interno del carcere.
Il numero dei detenuti lavoranti non alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria ha registrato
complessivamente un leggero decremento, passando dalle 2.310 unità dei 31.12.2003 alle 2263 unità dei
30.06.2004. Tale decremento è dovuto ad un sensibile calo di semiliberi passati da 1538 a 1378 mentre,
anche grazie agli incentivi offerti dalla legge 193/00, sono aumentati sia il numero dei lavoranti all’esterno ex
articolo 21 (da 424 a 435) sia i dipendenti di imprese che danno lavoro all’interno degli istituti (da 346 a
450). Nel corso dell’anno 2004, inoltre, si è proseguito, in via sperimentale in sei istituti penitenziari
(C.C.N.C. Roma Rebibbia, C.R. Roma Rebibbia, C.C. Ragusa, I.P. Trani, C.R. Padova e C.C. Torino) ad
affidare a terzi il servizio di confezionamento pasti dei detenuti. L’iniziativa prevede di affidare -in gestione a
cooperative sociali il servizio di cucina all’interno degli istituti penitenziari ponendo come condizione
minima l’assunzione e la formazione, da parte del gestore, di un numero di detenuti almeno pari a quello che
già era impiegato presso la stessa attività. Lo scopo è quello di massimizzare il numero dei detenuti da
integrare in attività lavorative migliorandone la qualificazione professionale ed ottenendo, nel contempo, un
miglioramento del livello qualitativo dei servizio e risparmi sul capitolo di spesa relativo ai pagamento delle
mercedi per i detenuti.
In data 31.03.2004 è stato firmato un Protocollo D’intesa con l’Unioncamere. Obiettivo del Protocollo è la
creazione di una rete stabile di comunicazione tra le Camere di Commercio ed i Provveditori Regionali, in
grado sia di porre in relazione la domanda di lavoro proveniente dalla popolazione detenuta con i bisogni
formativi ed occupazionali espressi dal mondo imprenditoriale e cooperativistico dei territorio sia di
diffondere informazioni corrette ed esaustive sugli sgravi contributivi e fiscali previsti dalla normativa
vigente. Al Protocollo seguiranno azioni, prima delle quali l’organizzazione in via sperimentale presso alcune
realtà individuate d’intesa con I’Unioncamere di incontri sia a livello regionale che provinciale.
Prosegue, inoltre, la stretta collaborazione dei Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, con
Confcooperative Federsolidarietà (organismo che riunisce numerose cooperative di solidarietà sociale), con
cui è stato sigillato un protocollo d’intesa, per la più ampia pubblicizzazione ed applicazione della legge
Smuraglia al fine di favorire lo sviluppo di opportunità lavorative per la popolazione detenuta negli istituti
penitenziari.
L’Amministrazione Penitenziaria, inoltre, ha assunto iniziative nel settore delle bonifiche agrarie, attivandosi
per la creazione di nuove e specifiche realtà agricole in istituti penitenziari aventi sia la ricettività che le
capacità necessarie per avviare attività specializzate con conseguente creazione di molteplici figure
professionali per ristretti. In questo settore il numero dei detenuti lavoranti presso le aziende agricole è
passato dai 382 ai 31.12.2003 ai 419 al 30.06.2004.
I nuovi tenimenti agricoli già operativi sono ubicati negli istituti di Casa Circondariale di Modena, Casa di
Reclusione di Porto Azzurro, Casa Circondariale di Palermo Pagliarelli, Casa Circondariale Femm.le di
Venezia, Casa Circondariale di Giarre, Casa Circondariale di Viterbo e casa Circondariale dì Velletri. Si è
conclusa, inoltre, la fase di riconversione agricola, da filiere produttive tradizionali a specializzate, negli
Istituti penitenziari di Roma Rebibbia Casa di Reclusione Femminile e Casa di Reclusione Maschile - e la
Case di Lavora di Castelfranco Emilia.
È proseguito, nel corso dell’anno 2004, l’impegno per avviare attività agricole specializzate ad indirizzo
biologico. Al riguardo sono in fase di realizzazione nuovi tenimenti presso gli istituti di Asti, Alessandria
“San Michele”, San Gimignano, Pesaro, Massa Marittima, Reggio Emilia, Vasto, Cremona, Laureana di
Borrello e presso l’O.P.G. di Montelupo Fiorentino.
Le attività avviate sono specifiche e spaziano dall’orticoltura biologica alla frutticoltura in serra,
dall’allevamento dei conigli d’angora alla floricoltura, all’itticoltura e all’apicoltura.
Questo Dipartimento, di concerto con il Dicastero delle politiche agricole, ha dato applicazione al
Regolamento Cee 1221/97 sostituito dal 7971/4 (regole per la produzione e commercializzazione del miele)
ottenendo, anche per la Campagna 2004-2005, i fondi comunitari per la realizzazione di corsi professionali di
“apicoltura” per circa 200 detenuti (in tredici istituti penitenziari) da inserire poi, ove possibile, nella realtà
lavorativa nazionale.
E’ operativa, inoltre, la convenzione tra questo Dipartimento e la Confagricoltura (Confederazione Generale
dell’Agricoltura Italiana) e l’A.M.A.B. (Associazione Mediterranea Agricoltura Biologica) per l’attuazione di
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rapporti di servizio, di gestione, di riscossione di contributi comunitari, di assistenza tecnico - pratica, nonché
di approntamento di percorsi formativi per vari profili professionali agricoli in favore della popolazione
detenuta.
Ha avuto inizio, infine, nel corso dei 2004, il progetto “Agricola 2007” che prevede l’allestimento di attività
agricole e di coltivazione innovative, in particolare di tipo biologico, finalizzate all’inserimento, lavorativo
dei detenuti partecipanti.
Il progetto è stato approvato dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali, a valere sul fondo nazionale di
intervento per la lotta alla droga, ed ha durata triennale. Prevede la realizzazione di attività agricole nel
settore ortoflorovivaistico e di coltivazioni innovative, in particolare dì tipo biologico, presso diversi istituti
penitenziari con disponibilità di tenimento agricolo, e si articola in un prima fase di offerta formativa, gestita
dalle articolazioni periferiche di Confagricoltura e AMAB - con le quali, come già detto, questa
Amministrazione ha stipulato convenzioni - o da altre Associazioni o Enti presenti sul territorio, ed in una
seconda fase consistente nello svolgimento di attività lavorative nel settore agricolo, quest’ultima tesa sia a
sperimentare quanto appreso che a valorizzare la realtà dei tenimenti agricoli annessi alle strutture
individuate.
Gli obiettivi che si pone il progetto sono: realizzare interventi riabilitativi per i tossicodipendenti sottoposti a
procedimenti giudiziari; incentivare le strutture riabilitative che adottano modalità di intervento integrato
psico-socio educativo; realizzare percorsi integrati di sostegno e promozione dell’occupazione dei soggetti in
uscita dai programmi riabilitativi.
Sono stati individuati come sedi di realizzazione del progetto gli istituti di Modena, Roma Rebibbia
Femminile, Viterbo, Velletri, Giarre, ls Arenas, Milano Bollate, Alessandria, Asti.
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ITALIA OGGI
Vaagt (legale e consulente) fa il punto sulla integrazione fra i settori al Legal marketing luncheon
Studi legali alla sfida del marketing
Ancora difficoltà di comprensione delle tecniche di sviluppo
Non esiste ancora un grand'
amore tra gli avvocati e il marketing. I due non si capiscono bene,
vengono da due scuole di pensiero diverse e parlano lingue differenti. Anche se recentemente più e
più studi legali cominciano ad avvertire l'
importanza del marketing a causa della competizione
crescente, in realtà sono molto riluttanti ad accettare l'
approccio nuovo dei professionisti di
marketing.
L'
ex-avvocato tedesco e consulente di studi legali da più di dieci anni, Christoph Vaagt di Vaagt und
Partner di Monaco di Baviera, ha puntato sui problemi d'
accettazione tra marketing e avvocati nella
sua presentazione al Legal marketing luncheon il 19 aprile al Laghetto Congress Center a Milano.
Più di 50 partecipanti, tra marketing manager di noti studi legali e avvocati interessati al marketing,
si sono riuniti per la quarta volta al Luncheon, che era sponsorizzato da Martindale-Hubbell e Just
Legal Services.
A parere di Vaagt, i problemi sono multipli e non si risolvano da soli. Per aggiungere valore, negli
studi legali, ci vuole un certo tipo di professionista di marketing con una buona consapevolezza del
lavoro dell'
avvocato e con la diplomazia e delicatezza per comunicare bene le possibilità del
marketing. Ma abbisogna anche di un carattere forte per difendere il proprio punto di vista e la
capacita di argomentare in modo analitico, presentando i fatti.
In un mercato così competitivo come il nostro d'
oggi, ogni studio che intende mantenere la sua
posizione nel mercato e crescere il business deve assolutamente cambiare il modus operandi,
sostiene anche il consulente marketing per studi legali e fondatrice del Legal marketing luncheon,
Silvia Hodges. In realtà, il futuro è già cominciato: il mercato degli studi legali si sta segmentando.
Non esiste più un mercato solo, ma già oggi gli studi si battono in segmenti diversi. Dall'
esempio
del mercato legale più competitivo nel mondo, quello del Regno Unito, vediamo che non ci sarà
spazio per tutti. Vaagt faceva riferimento alla concentrazione di studi del cosiddetto Magic circe di
Londra nelle aree di specializzazione con valore alto. Già il second tier, vuol dire gli studi legali che
offrono tutti i servizi legali, non ha le capacità in termini d'
avvocati, l'
organizzazione, la struttura e
la determinazione come quello del Magic circe e fa fatica ad avere una porzione del mercato
profittevole.
Secondo Vaagt, questi studi si trovano in una difficile situazione e provano a fondersi con altri studi
dello stesso livello per mantenere la posizione odierna. L'
unica possibilità è quella di focalizzare su
poche aree od operazioni di valore alto come tipi di clienti e/o segmenti del mercato. Tutto il resto
che non ha una posizione chiara e distinta sarà schiacciato.
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Gli avvocati devono rendersi conto del fatto che nelle aree di valore alto la sensibilità del cliente per
il prezzo del servizio legale è molto più bassa. In altre parole, se un avvocato è visto come esperto
per operazioni importanti per il cliente, può quasi chiedere quanto vuole. Invece se lavora sulle
operazioni di poco valore per il cliente, il prezzo (naturalmente) basso diventa il fattore cruciale.
Vaagt sosteneva anche che gli avvocati dovessero rendersi conto del ciclo di vita delle aree di
specializzazione diverse. Il m&a (fusioni e acquisizioni), un'
area tradizionalmente molto prestigiosa,
negli Stati Uniti è diventato quasi una comodità: Operazioni di meno di 20 mila dollari non le fanno
più i senior partner dello studio come una volta, ma si fanno velocemente tramite avvocati indiani
´overnight'
. Il settore della proprietà intellettuale come i brevetti, invece, è diventato un'
area più
importante: con la minaccia di una violazione brevettale, anche senza una base giustificata, una
società può mettere un'
altra in gran difficoltà.
Il problema è non soltanto quello operativo, ma comincia con le decisioni strategiche. Ecco dove i
professionisti di marketing legale possono aiutare: è importante preparare proposte chiare e logiche
per gli avvocati, cominciare il processo della comunicazione, chiedendo le domande giuste per
estrarre le informazioni ed esperienze importanti dagli avvocati. ´Quando il socio non ha paura di
perdere il cliente, si sente più ad agio per condividere i suoi clienti e fare cross selling'
, dice Vaagt.
´Gli avvocati pensano in un modo molto analitico, se capiscono il processo e perché ha senso fare
una cosa, è molto più probabile che lo faranno'
. Secondo Vaagt, il più grande errore nel marketing e
quello che gli studi legali sciupano tanti soldi per le attività di marketing sbagliato, poco efficace:
invece di focalizzare sui clienti già esistenti con azioni fatto su misura per i clienti più importanti,
cercano sempre il contatto con un gran numero di potenziali clienti nuovi. Vaagt sostiene che gli
studi non devono subire il destino, ma possono attivamente scegliere in quale mercato vogliono
posizionarsi, ma quello che dicono e fanno devono essere coerenti.
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A lezione di marketing
Come l'avvocato può sviluppare il proprio business
In questa colonna abbiamo esaminato in dettaglio l'
approccio del marketing a livello organizzativo.
Come si realizza, invece, il marketing a livello personale? Cosa deve fare l'
avvocato per sviluppare
il proprio business, indipendentemente dal fatto che lavori per se stesso o sia integrato in una
struttura di grandi dimensioni? Per diventare un rainmaker, per dirlo all'
inglese, ovvero un
professionista che, grazie alle proprie conoscenze, è in grado di avere tanti clienti, deve trasformarsi,
deve per forza essere estroverso e agire in un certo modo, applicando determinate ricette vincenti?
La risposta è: no, l'
avvocato può restare se stesso, ma dev'
essere consapevole dei principi di
marketing in generale, deve capire l'
importanza di vedere l'
attività dal punto di vista del cliente e di
avere l'
attitudine giusta, che è quella pro-attiva.
Per sviluppare il proprio business con successo, generalmente si possono seguire tre strade:
l'
avvocato può cercare di soddisfare al meglio gli attuali clienti, così cresce la probabilità che questi
restino anche in futuro, può provare a sviluppare i clienti attuali, per esempio tramite il cross selling
(introdurre le aree di practice o servizi degli altri soci) o, come terza possibilità, può trovare nuovi
clienti. Siccome costa molto di più da un punto di vista di impiego di risorse e di tempo,
accaparrarsi un nuovo cliente piuttosto che tenere un cliente attuale, conviene sempre cominciare
con quello che abbiamo già. Però, soprattutto quando abbiamo intenzione di sviluppare una nuova
area di business o nuovi settori, dobbiamo metterci attivamente alla ricerca di nuovi clienti.
La base di questa attività è, da una parte, assicurarsi una certa visibilità nel gruppo target, e dall'
altra
parte, il contatto diretto e la relazione personale con il gruppo target che l'
avvocato sviluppa durante
la sua carriera. La visibilità e la reputazione si ottengono scrivendo articoli, partecipando a convegni
nel ruolo di relatore ed essendo quotato come esperto nella stampa, attraverso un ruolo cruciale in
un'
associazione dove si trovano tanti clienti target ecc.
Lo sviluppo del business invece è il processo di creare continuativamente nuovi contatti e nuove
relazioni positive. Non si tratta di una cosa extra, ma è parte di quello che gli avvocati dovrebbero
fare già quotidianamente.
È opportuno cominciare presto nella carriera in modo da far fruttare al massimo l'
attività di
marketing e stabilire credibilità e affidabilità, infatti quello che l'
avvocato vende, alla fine, è proprio
la fiducia, che si è meritato attraverso l'
esperienza e la regolarità di un servizio di alto livello.
È altresì importante facilitare il più possibile la propria accessibilità e l'
orientamento al servizio del
cliente, non smettere mai di essere cortese e simpatico. Ma quello che distingue un avvocato bravo
da uno mediocre, è il vero interesse verso il cliente, la sua intenzione di comprendere le esigenze
tanto del cliente attuale che di quello potenziale.
Per essere in grado di farlo bene, bisogna avere una strategia, una visione di che cosa si vuole
raggiungere, non perdere tempo e risorse con delle azioni troppo ad hoc. Un esperto americano ha
Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
parlato di random acts of lunch che l'
avvocato deve evitare, ovvero, andare a colazione ogni tanto,
quando si ha la coscienza sporca, con chiunque si è conosciuto per caso. Ovviamente, è meglio farlo
in modo strategico: decidere cosa si vorrebbe raggiungere e come ci si vorrebbe differenziare dalla
concorrenza (ricordiamoci che dev'
esserci sempre una ragione per cui un cliente viene da noi invece
che dal nostro concorrente).
Sappiamo bene che gli avvocati tendono a voler fare tutto, a non volersi mai limitare, a prendere
ciascuna causa che arriva, perché siamo capace di fare tutto, ma bene?
Quando offriamo tutto a tutti, i clienti non ci percepiscono come un avvocato esperto, uno che
veramente aggiunge tanto valore, che gli altri non sono in grado di fare. E i clienti vogliono lavorare
con degli esperti! Pagano tanto per i servizi legali (almeno dal loro punto di vista) e si aspettano di
ricevere il migliore servizio. Più uno è specializzato, più è percepito come esperto, meno ha
concorrenza ed è in grado di domandare fee più alti.
Un avvocato può essere specializzato in una nicchia del mercato, in certi servizi, clienti o settori.
Quando ha ancora la possibilità di scegliere, come quasi tutti i giovani avvocati, è importante
chiedersi: cosa mi piace di più, di cosa voglio continuare ad occuparmi?
Per quali tipi di clienti sono in grado di offrire il massimo valore? Più avanti nella carriera,
dev'
essere in grado non solo di dirlo, ma anche di dimostrarlo con esempi specifici dove ha aiutato
un cliente con un problema simile.
I clienti si chiedono spesso se l'
avvocato ha l'
esperienza giusta, gli skill giusti per aiutarli nel modo
più efficace. Non vogliono pagare per la sua formazione né per settori specifici, né per
problematiche specifiche. L'
avvocato deve già essere esperto, prima che arrivi il cliente con il suo
problema.
Come sempre nella vita, ma soprattutto quando ci si vuole meritare la fiducia e la confidenza dei
clienti, è sempre meglio promettere meno e rendere tanto.
Nel prossimo articolo esamineremo i diversi modi per acquistare i clienti desiderati tramite la
ricerca ben preparata e il networking di gruppo e one-on-one.(email: [email protected])
Silvia Hodges
28/04/2005
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Rassegna stampa - Ordine degli Avvocati di Taranto