EZIO BONANNI
LA STORIA DELL’AMIANTO
NEL MONDO DEL LAVORO
Rischi, Danni e Tutele
Prestazioni previdenziali e risarcimenti
©Osservatorio Nazionale sull’Amianto – ONA Onlus
Proprietà letteraria riservata
ISBN 978-88-909105-2-4
Osservatorio Nazionale sull’Amianto – ONA Onlus
Via Crescenzio, 2 – 00193 – Roma
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EZIO BONANNI
LA STORIA DELL’AMIANTO
NEL MONDO DEL LAVORO
Rischi, danni e tutele
Prestazioni previdenziali e risarcimenti
Prefazione
Prof. Pietro Sartorelli
Editore: Osservatorio Nazionale sull’Amianto – ONA Onlus
Tutti i diritti sono riservati a norma di legge e a norma delle convenzioni internazionali
Edizione riveduta: 31 Dicembre 2013
ISBN 9788890910524
Ringrazio tutti coloro che nel tempo hanno reso possibile,
con la loro scienza e coscienza, la realizzazione di quest’opera,
tra i quali il Prof. Pietro Sartorelli, il Prof. Giancarlo Ugazio,
il Dott. Paolo Pitotto e tanti altri scienziati dai quali ho appreso molte delle
cognizioni tecnico-scientifiche, e tutti i miei collaboratori, tra i quali la Dott.ssa
Silvia Arata, la Dott.ssa Anna Corbi, l’Avv.ssa Maria Linda Bruno,
senza dimenticare tutti coloro che fanno parte dell’Osservatorio
Nazionale Amianto, preziosi compagni di viaggio,
a cominciare dal Segretario Nazionale, Dott. Michele Rucco,
la Dott.ssa Stefania Divertito, il Dott. Gianni Avvantaggiato,
il Dott. Claudio Zappalà, e si potrebbe continuare ancora.
A tutte le vittime dell’amianto e ai loro familiari
e al tempo stesso a tutti coloro
che giorno dopo giorno dedicano
le loro energie, la loro esistenza per
porre fine a questo genocidio, e per rendere
giustizia a migliaia e migliaia di morti, e
per sconfiggere definitivamente questo killer
silenzioso, contro ogni complicità e connivenza,
per un mondo migliore, veramente giusto ed equo
in cui anche le Istituzioni finalmente
perseguano la tutela della salute e dell’ambiente
e con esso la dignità della persona.
Prefazione
Nel 2006 la World Health Organization (WHO) dichiarava ufficialmente che la migliore
soluzione per eliminare le patologie asbesto-correlate consisteva nella cessazione dell’impiego di tutti i
tipi di amianto. Tale affermazione teneva conto del fatto che non esiste un livello di esposizione per
quanto basso al di sotto del quale il rischio di contrarre malattie da asbesto era scongiurato. Nello stesso
anno l’International Labour Organization (ILO), a sua volta, invitava ad eliminare l’uso dell’asbesto e
ad identificare e trattare convenientemente l’amianto presente negli ambienti di vita e di lavoro per
prevenire l’insorgenza di future malattie e morti da asbesto. Malgrado ciò in molti Paesi si continua
l’estrazione e la vendita dell’amianto, soprattutto del tipo serpentino rappresentato dal crisotilo, anche se
in alcuni di essi la produzione e/o l’uso di manufatti in amianto è bandita. Questo tipo di politica è stata
recentemente condannata dall’International Commission on Occupational Health (ICOH) che nello
statement “Global asbestos ban and the elimination of asbestos-related diseases” del 2012 richiama
anche l’attenzione sulla necessità nel campo specifico di una prevenzione primaria, secondaria e
terziaria. In particolare, per la stessa ICOH, la prevenzione terziaria deve includere da parte della Sanità
Pubblica le cure mediche e riabilitative finalizzate alla riduzione per quanto possibile della disabilità
derivante dalle patologie da asbesto, nonché la valutazione della stessa invalidità in modo da garantire i
relativi benefici.
Risulta incredibile come, di fronte ai pronunciamenti di tutti gli organismi internazionali che
univocamente condannano l’amianto, ancora oggi in alcuni casi si voglia far credere che esista
incertezza scientifica per quanto riguarda la sua nocività. In effetti nel nostro Paese solo recentemente si
è diffusa la consapevolezza dei danni per la salute pubblica derivanti dall’uso massivo dell’amianto
avvenuto nei decenni passati, in gran parte osservati oggi e negli anni a venire. Dati i lunghi tempi di
latenza di queste malattie infatti le azioni volte alla loro prevenzione dovranno continuare per vari
decenni dopo l’effettiva interruzione dell’estrazione e dell’uso dell’asbesto.
In questo ambito deve essere inquadrata la battaglia sostenuta quotidianamente da Ezio Bonanni e
dall’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), la ONLUS da lui fondata che rapidamente ha raccolto
sostegno sia nel mondo politico che scientifico. Questa sua ultima fatica, che segue numerosi altri libri
sull’argomento, rende conto del livello di approfondimento raggiunto non solo nell’ambito giuridico a
lui congeniale, ma anche, quale cultore della materia, in campo scientifico, occupandosi con disinvoltura
al tempo stesso degli aspetti mineralogici, igienistici industriali e medici della materia. Probabilmente
mai nessuno era riuscito a riunire in un’unica opera dedicata alla tutela dei rischi lavorativi da amianto
la trattazione approfondita di argomenti di natura così differente, dedicando anche una considerevole
parte del volume alla storia dell’amianto e dell’emersione del rischio morbigeno che derivava dal suo
impiego, avvenuta progressivamente in campo scientifico e giurisprudenziale. Questo sforzo è premiato
dall’omogeneità dell’opera stessa che molto difficilmente si sarebbe potuta ottenere se fosse stata
realizzata da più autori.
Il libro risulta al tempo stesso consigliabile a chi per la prima volta si avvicina a questa tematica
per semplice curiosità o desiderando arricchirsi culturalmente, come a chi intenda approfondirne gli
aspetti tecnici, giuridici e scientifici. In tal senso la trattazione è molto estesa e in grado di accontentare i
professionisti in ambito legale e medico che vogliano aggiornarsi sui molti e diversi problemi che
l’asbesto ha purtroppo creato in ambito lavorativo. Il compito non era facile ed Ezio Bonanni ha
dimostrato grande sensibilità e competenza affrontando temi di estrema delicatezza e attualità.
Pietro Sartorelli
Introduzione
I minerali di amianto sono responsabili della morte o di gravi malattie in migliaia e migliaia di
cittadini e lavoratori, e di loro congiunti, tale da costituire un’emergenza non solo sanitaria e
giudiziale, ma soprattutto sociale e per certi versi culturale, ove si consideri la sottovalutazione del
rischio, e della poca attenzione per la tutela dell’ambiente e della salute, mentre invece fin
dall’inizio o quantomeno dagli anni ’30, del secolo scorso, c’era piena consapevolezza di quanto
pregiudizio si determinasse per la salute umana e per l’ambiente a causa dell’utilizzo
esponenzialmente crescente dell’asbesto, utilizzato in più di 3.000 applicazioni e presente pure nelle
scuole e negli ospedali.
Si è reso necessario, quindi, ricostruire le vicende che hanno portato alla mobilitazione
sempre crescente di cittadini e lavoratori, di professionisti e uomini politici, fino alla messa al
bando dell’amianto nel nostro paese in seguito alla legge n. 257 del 1992, con uno sguardo attento
in prospettiva ai progressi della scienza ed una attenzione per la prevenzione primaria, e per gli
strumenti di tutela, anche previdenziale e risarcitoria.
Questo libro vuole essere anche lo strumento attraverso il quale chiunque possa trovare un
sostegno per la tutela delle sue ragioni, se e quando si senta o si ritenga vittima del minerale, o in
dovere di agire per spirito e coscienza etica.
Vengono suggeriti gli strumenti attraverso i quali ottenere il riconoscimento delle prestazioni
previdenziali legate all’esposizione all’amianto e all’insorgenza delle patologie asbesto correlate, e
per ottenere anche il risarcimento del maggior pregiudizio sofferto, sotto il profilo patrimoniale e
non patrimoniale, con analisi e proposte per la tutela procedimentale e giurisdizionale, dal quale
deriva un inteccio virtuoso per la tutela della salute del genere umano e la speranza in un mondo
migliore da lasciare in eredità ai nostri figli e alle future generazioni.
L’autore
INDICE SOMMARIO
1. Che cos’è l’amianto ................................................................................................................................ 1
1.1 I minerali di amianto. ......................................................................................................................... 1
1.2 La classificazione. .............................................................................................................................. 1
1.3 Le caratteristiche chimiche e mineralogiche dei vari tipi di amianto.................................................... 4
1.4 Le proprietà tecniche e gli usi dell’amianto. ....................................................................................... 6
1.5 Il rilascio di fibre da materiali contenenti amianto. ............................................................................. 9
1.6 La produzione di amianto nel Novecento. ..........................................................................................10
1.7 La presenza di amianto nel nostro Paese. ...........................................................................................12
1.8 I livelli di rischio...............................................................................................................................13
1.8.1 Gli ambienti di lavoro. ..............................................................................................................13
1.8.2 Gli ambienti di vita. ..................................................................................................................14
2. Il rischio amianto e le patologie asbesto correlate ................................................................................17
2.1 Il rischio amianto. .............................................................................................................................17
2.2 L’anamnesi lavorativa e le tecniche di identificazione dei diversi tipi di asbesto. ...............................18
2.3 La identificazione dell’agente patogeno, la diagnosi delle patologie asbesto correlate e la verifica del
nesso di causalità attraverso l’esame autoptico e istopatologico. .......................................................19
2.4 Le verruche da amianto e le altre manifestazioni cutanee. ..................................................................23
2.5 Le pleuropatie asbesto correlate. .......................................................................................................23
2.5.1 Le placche pleuriche e il loro meccanismo patogenetico. ..........................................................24
2.5.2 L’ispessimento pleurico. ...........................................................................................................30
2.5.3 Versamenti pleurici benigni. .....................................................................................................30
2.5.4 Atelettasie rotonde....................................................................................................................30
2.5.5 Broncopneumopatia ostruttiva. .................................................................................................30
2.6 L’asbestosi. .......................................................................................................................................31
2.7 La polmonite interstiziale desquamativa e la fibrosi interstiziale. .......................................................35
2.8 Il tumore del polmone. ......................................................................................................................35
2.9 Il mesotelioma. .................................................................................................................................42
2.9.1 Il mesotelioma pleurico. ...........................................................................................................43
2.9.2 Il mesotelioma peritoneale. .......................................................................................................48
2.9.3 Conclusioni in ordine al mesotelioma. ......................................................................................51
2.10 Le patologie autoimmunitarie. ...........................................................................................................54
2.11 Tumore al pancreas ed amianto. ........................................................................................................57
2.12 Le neoplasie dell’apparato gastrointestinale. ......................................................................................57
2.13 L’asbesto nell’apparato riproduttivo. .................................................................................................59
2.14 I tumori della faringe e laringe. .........................................................................................................62
2.15 Tumori dell’apparato urogenitale (rene e prostata).............................................................................62
2.16 Tumori dei tessuti emolinfopoietici. ..................................................................................................63
3. L’amianto nella storia fino agli albori del XX secolo ...........................................................................65
3.1 L’etimologia. ....................................................................................................................................65
3.2 L’utilizzo dell’amianto nel mondo classico........................................................................................ 66
3.3 Gli albori della Medicina del Lavoro. ................................................................................................67
3.4 Il Medioevo. .....................................................................................................................................67
3.5 Il Rinascimento e la Prima Rivoluzione Industriale. ..........................................................................68
3.6 La nascita della moderna Medicina del Lavoro: l’emersione delle patologie polmonari causate dalle
polveri e della necessità della prevenzione ........................................................................................69
3.7
3.8
3.9
La Rivoluzione Industriale. ...............................................................................................................70
La produzione e l’utilizzo dell’amianto nel XIX secolo. ....................................................................71
Lo studio delle pneumoconiosi e le prime norme di igiene pubblica nel XIX secolo...........................72
4. Emersione del rischio morbigeno per esposizione ad amianto ............................................................83
4.1 Il rischio morbigeno per esposizione ad amianto nella Inghilterra Vittoriana. .....................................83
4.2 Le norme di igiene e sanità pubblica nell’Italia all’inizio del XX secolo. ...........................................85
4.3 Gli studi di igiene industriale e di medicina del lavoro all’inizio del XX secolo. ................................85
4.4 L’istituzione della clinica del lavoro di Milano. .................................................................................88
4.5 Le Sentenze del Tribunale e della Corte di Appello di Torino. ...........................................................88
4.6 La conoscenza scientifica dei danni alla salute provocati dalle fibre di amianto. ................................92
4.7 L’istituzione dell’Ispettorato dell’Industria e del Lavoro e le nuove norme igieniche con il divieto di
esportazione dell’amianto e la evoluzione normativa nel primo decennio del XX secolo. ...................95
4.8 La Medicina del Lavoro nel II decennio del XX secolo. ....................................................................95
4.9 Le acquisizioni scientifiche degli anni ’20. ........................................................................................98
4.10 Il nuovo ‘Regolamento generale per l’igiene del lavoro e l’Assicurazione obbligatoria contro le
malattie professionali’. .................................................................................................................... 105
5. L’asbestosi come malattia professionale e il suo riconoscimento giuridico ....................................... 107
5.1 Le pubblicazioni scientifiche dei primi anni ’30. ............................................................................. 107
5.2 L’evolversi della scienza, della legislazione e della giurisprudenza nella seconda metà degli anni
’30………………… ....................................................................................................................... 109
5.3 La legge 455 del 1943 e il definitivo riconoscimento dell’asbestosi come malattia professionale. .... 113
6. Emersione del nesso di causalità tra esposizione all’amianto e neoplasie polmonari ....................... 121
6.1 L’occultamento delle risultanze scientifiche circa il nesso causale tra l’esposizione all’amianto e il
tumore del polmone. ....................................................................................................................... 121
6.2 Il tumore al polmone come patologia asbesto correlata .................................................................... 121
6.3 La Costituzione e il lavoro. ............................................................................................................. 124
6.4 Il faticoso percorrere della scienza; la non attuazione delle norme giuridiche in tema di prevenzione e
di protezione; il definitivo approccio diagnostico e terapeutico dell’asbestosi ed emersione della
consapevolezza del rischio morbigeno dell’amianto per le patologie neoplastiche (1951-1960). ....... 125
7. Amianto e mesoteliomi ........................................................................................................................ 131
7.1 I primi casi di associazione certa tra esposizione ad amianto e mesotelioma. ................................... 131
7.2 La consapevolezza unanime sul nesso di causalità tra amianto e mesotelioma e carcinoma polmonare,
grazie al Dott. Irving J. Selikoff e il contributo scientifico dei medici del lavoro italiani. ................. 135
7.3 Le lotte del movimento operaio, la conferma degli studi, le loro pubblicazioni nel periodo 1971-80 136
7.4 L’emersione della normativa comunitaria, e la prosecuzione del dibattito scientifico sul rischio
morbigeno indotto dalle fibre di amianto, attraverso la Direttiva 477/83/CEE, e le premesse per la
messa al bando dell’amianto (1981-1990). ...................................................................................... 138
7.5 La messa al bando dell’amianto, e il progresso della medicina del lavoro (1991-2000), conferma del
rischio anche a basse dosi. ............................................................................................................... 147
8. I diritti della persona .......................................................................................................................... 153
8.1. Il diritto. ......................................................................................................................................... 153
8.2 La dimensione etica del diritto. ....................................................................................................... 154
8.3 Salute e diritto. ................................................................................................................................ 156
8.4 La dignità come valore della persona umana. .................................................................................. 162
8.5 La dignità nella Costituzione italiana. .............................................................................................. 162
8.6 La sintesi dei diritti fondamentali della persona. .............................................................................. 163
8.7
8.8
La nozione giuridica di salute. ......................................................................................................... 163
‘Il diritto al lavoro salubre’ come sintesi tra il ‘diritto-dovere al lavoro, tutela della salute’ e della
‘personalità morale dei prestatori d’opera’, e come presupposto per la tutela di ogni altro diritto...... 164
8.9 La salute quale ambito inviolabile della dignità umana. ................................................................... 167
8.10 Il Trattato di Lisbona come strumento promozionale dei diritti della persona umana. ....................... 167
9. La tutela dell’ambiente ....................................................................................................................... 169
9.1 Emersione della tutela dell’ambiente nel diritto internazionale, nel diritto comunitario e nel diritto
interno. ........................................................................................................................................... 169
9.1.1 Le origini e le successive affermazioni del diritto all’ambiente................................................ 169
9.1.2. Il principio dello sviluppo sostenibile. ................................................................................... 169
9.1.3. Emersione nel diritto internazionale dei principi di precauzione e di valutazione di impatto
ambientale e di internalizzazione. .................................................................................................... 170
9.2 Il diritto all’ambiente, il principio di sviluppo sostenibile e di ‘chi inquina paga’, di prevenzione e di
precauzione nel diritto comunitario. ................................................................................................ 171
9.3 Quadro complessivo della disciplina nazionale in materia di ambiente. ............................................ 172
9.3.1 Il recepimento dei principi di diritto comunitario. ................................................................... 172
9.3.2 L’ambiente come fondamentale diritto della persona umana. .................................................. 173
9.3.3 Il diritto all’ambiente quale ‘presupposto necessario per la tutela di altri diritti fondamentali’. 173
9.3.4 Il diritto all’ambiente come ‘protezione integrata e complessiva dei valori naturali insieme con
quelli consolidati’ e con quelli sanciti dalle altre norme costituzionali. ............................................ 173
9.3.5 Una prima nozione di danno ambientale. ................................................................................ 174
9.3.6. L’ambiente come bene primario ed assoluto. ......................................................................... 175
10. Igiene e sicurezza del lavoro ............................................................................................................. 177
10.1 L’obbligo di sicurezza dell’ambiente lavorativo nelle fonti comunitarie. .......................................... 177
10.2 La direttiva quadro 89/391 ed i suoi rapporti con il diritto nazionale. ............................................... 180
10.2.1 I soggetti della sicurezza. ...................................................................................................... 180
10.2.2 La prevenzione dei rischi alla fonte. ...................................................................................... 181
10.2.3 La procedimentalizzazione dell'obbligo di prevenzione dei rischi. ......................................... 181
10.2.4. Garanzia della massima sicurezza tecnologicamente fattibile. .............................................. 182
10.3 L’art. 2087 c.c. quale presupposto della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale del datore di
lavoro. ............................................................................................................................................ 183
10.4 Le misure di prevenzione. ............................................................................................................... 184
10.5 Informazione e formazione dei lavoratori. ....................................................................................... 185
10.6. Coinvolgimento dei lavoratori nella tematica della prevenzione. ...................................................... 185
10.7 La natura giuridica della pretesa del lavoratore alla massima sicurezza tecnicamente possibile. ....... 186
10.8. Il recepimento della direttiva quadro n. 89/391/CEE........................................................................ 189
10.9 Esigenza di un ‘testo unico’. ........................................................................................................... 189
10.10 Le direttive sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti
chimici, fisici e biologici. ................................................................................................................ 190
11. La normativa dell’amianto tra diritto comunitario e diritto interno .............................................. 193
11.1 Premessa. ........................................................................................................................................ 193
11.2 La direttiva 477/83/CEE avente ad oggetto la ‘protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con
l’esposizione all’amianto durante il lavoro’. .................................................................................... 193
11.3 Il mancato recepimento della direttiva 477/83/CEE e la condanna della Corte di Giustizia. .............. 194
11.4 Condanna della Corte di Giustizia delle Comunità Europee (Quinta Sezione) a carico della Repubblica
Italiana con decisione del 15 novembre 2001 nella causa C-49/00 per inadempimento in tema di
servizio di prevenzione e protezione. ............................................................................................... 196
11.5 L'elusivo tentativo italiano di adeguarsi a quanto disposto dalla Corte di Giustizia. .......................... 196
11.6 La direttiva 2009/148/CE del 30.11.2009. ....................................................................................... 198
11.7 Sostanziale elusione della normativa comunitaria e violazione del quadro costituzionale dei diritti della
persona, in tema di protezione dei lavoratori dall’amianto (e dagli altri cancerogeni). ...................... 199
11.7.1 Carenza di un testo unico in materia di amianto (e di altri patogeni). ..................................... 199
11.7.2 Le disposizioni normative entrate in vigore con il D.Lgs. 81 del 2008. ...... Errore. Il segnalibro
non è definito.200
11.8 Osservazioni conclusive. ................................................................................................................. 207
11.9 Il diritto al risarcimento dei danni per inadempimento degli obblighi comunitari e per violazione delle
disposizioni costituzionali. .............................................................................................................. 207
12. Le prestazioni assicurative erogate dall’Inail................................................................................... 215
12.1 La funzione di tutela del lavoratore. ................................................................................................ 215
12.2 L’indennizzo del danno biologico e la rendita.................................................................................. 216
12.3 Gli istituti di previdenza. ................................................................................................................. 216
12.4 La natura giuridica delle patologie asbesto correlate. ....................................................................... 217
12.5 Le patologie asbesto correlate nelle tabelle delle malattie professionali............................................ 219
12.6 Le prestazioni INAIL in caso di asbestosi. ....................................................................................... 220
12.7 Le altre patologie asbesto correlate che figurano nelle tabelle INAIL. .............................................. 222
12.8 L’onere della prova a carico dell’INAIL per superare la presunzione legale di origine professionale
della patologia se contemplata nelle tabelle. .................................................................................... 222
12.9 Il superamento del sistema tabellare. ............................................................................................... 222
12.10 Le prestazioni. ................................................................................................................................ 227
12.11 Le prestazioni sanitarie. .................................................................................................................. 227
12.12 Le prestazioni economiche in favore dell’assicurato. ....................................................................... 227
12.12.1 Inabilità temporanea assoluta. ............................................................................................. 228
12.12.2 Le prestazioni per inabilità permanente. .............................................................................. 228
12.13 Altre prestazioni.............................................................................................................................. 230
12.13.1 L’assegno di incollocabilità. ............................................................................................... 230
12.13.2 La rendita di passaggio. ...................................................................................................... 230
12.13.3 Le quote integrative. ........................................................................................................... 231
12.14 Le prestazioni ai superstiti. .............................................................................................................. 232
12.14.1 La rendita in favore del coniuge, dei figli e degli altri familiari. .......................................... 232
12.14.2 Assegno continuativo mensile. ............................................................................................ 232
12.14.3 Assegno funerario............................................................................................................... 233
12.14.4 Prestazioni del Fondo Gravi Infortuni. ................................................................................ 233
12.15 La procedura per ottenere l’indennizzo. ........................................................................................... 233
12.16 La prescrizione. .............................................................................................................................. 233
12.17 Decorrenza della prescrizione.......................................................................................................... 234
13. I benefici contributivi per esposizione ad amianto. .......................................................................... 237
13.1 Le rivalutazioni contributive. ................................................ Errore. Il segnalibro non è definito.237
13.2 L’art. 13, commi 6 e 7 della Legge 257/92. ..................................................................................... 238
13.3 La natura giuridica delle maggiorazioni contributive ex art. 13, comma 8, Legge 257/92. ................ 238
13.4 Le modifiche alla fattispecie di cui all’art. 13 comma 8 legge 257/92 introdotte dall’art. 47 della legge
326/03. ........................................................................................................................................... 240
13.5 Applicabilità della nuova disciplina dettata dall’art. 47 I comma della legge 326/03. ....................... 241
13.6 I casi per i quali non si applica la disciplina della decadenza per il mancato deposito della domanda
all’INAIL nel termine del 15.06.2005.............................................................................................. 246
13.7 L’art. 24, comma 6, del D.L. 201/11 convertito in legge 214/11 (cosiddetta Legge ‘Salva Italia’) e
l’impatto sui lavoratori esposti all’amianto. ..................................................................................... 249
13.8 Accertamento dell’esposizione qualificata ai fini del riconoscimento del diritto di cui all’art. 13,
comma 8, l. 257/92. ........................................................................................................................ 252
13.8.1 Il limite di soglia. ................................................................................................................. 252
13.8.2 La competenza delle CONTARP regionali. ........................................................................... 252
13.8.3 L’utilizzo del Database Amyant INAIL e dell’algoritmo di calcolo dell’Ente tedesco
Berufsgenossenchaften per la valutazione tecnica dell’esposizione. ................................................. 255
13.8.4 La tutela giurisdizionale del diritto........................................................................................ 255
13.9 Gli atti di indirizzo ministeriali........................................................................................................ 256
13.10 Contenuto dell’atto di indirizzo ministeriale. ................................................................................... 259
13.11 Sulla natura giuridica degli atti di indirizzo ministeriali. .................................................................. 260
13.12 Sulla legittimità degli atti di indirizzo ministeriali. .......................................................................... 261
13.13 L’intervento del legislatore per assicurare valore legale agli atti di indirizzo ministeriale. ................ 262
13.14 Le norme di cui all’art. 1, commi 20, 21 e 22 della legge n. 247 del 2007. ....................................... 263
13.15 Il Decreto 12.03.08 e l’atto Inail del 19.05.08 n. 60002.................................................................... 263
13.16 La legittimazione passiva. ............................................................................................................... 266
13.17 La decadenza ex art. 47 del DPR 639/70. ........................................................................................ 267
14. Le altre forme di tutela sociale ......................................................................................................... 271
14.1 Il Fondo Vittime dell’Amianto. ....................................................................................................... 271
14.2 Le prestazioni del Fondo. ................................................................................................................ 272
14.3 Profili di illegittimità del decreto del Ministro del Lavoro n. 30 del 12.01.2011. .............................. 272
14.4 Impugnazione del Decreto Interministeriale innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale Lazio. 273
14.5 Il procedimento amministrativo e le opzioni processuali per il riconoscimento del diritto (anche a
coloro che non sono titolari di rendita Inail). ................................................................................... 277
14.6 L’equiparazione alle vittime del dovere nella Marina Militare. ........................................................ 278
15. La responsabilità penale in materia di amianto ............................................................................... 281
15.1 Il fondamento costituzionale della repressione penale. ..................................................................... 281
15.2 La responsabilità penale. ................................................................................................................. 281
15.3 I reati omissivi. ............................................................................................................................... 282
15.4 Le fonti del diritto penale del lavoro. ............................................................................................... 282
15.5 La responsabilità amministrativa delle persone giuridiche. .............................................................. 282
15.6 La non efficace applicazione delle norme di sicurezza e di prevenzione. .......................................... 283
15.7 Il microsistema penale di cui agli artt. 434 e 437 c.p. ....................................................................... 285
15.7.1 L’art. 437 c.p. ....................................................................................................................... 287
15.7.2 La condotta nella fattispecie penale di cui all’art. 437 c.p. ..................................................... 289
15.7.3 Il disastro o infortunio. ......................................................................................................... 291
15.7.4 Il dolo nell’ipotesi di reato di cui all’art. 437 c.p. .................................................................. 293
15.7.5 L'ipotesi del secondo comma dell’art. 437 del codice penale. ............................................... 293
15.7.6 La fattispecie dell'art. 434 del codice penale. ....................................................................... 301
15.7.7 La condotta nel reato di cui all’art. 434 del codice penale...................................................... 303
15.7.8 Il dolo................................................................................................................................... 304
15.7.9 L'ipotesi del secondo comma dell’art. 434 del codice penale. ................................................ 306
15.8 La fattispecie di cui all’art. 451 del codice penale. ........................................................................... 308
15.9 L’art. 449 del codice penale. ........................................................................................................... 309
15.10 La recente evoluzione normativa e il nuovo quadro sanzionatorio. ................................................... 310
15.11 Le associazioni come formazioni sociali con le quali far valere i diritti. ........................................... 311
15.12 La costituzione di parte civile nel processo penale. .......................................................................... 312
15.13 La legittimazione processuale delle associazioni a costituirsi parte civile e/o a intervenire nel processo
penale. ............................................................................................................................................ 313
15.14 Il nesso di causalità. ........................................................................................................................ 317
15.15 Le componenti dell’illecito omissivo. .............................................................................................. 321
15.15.1 Il legame tra il non fare e l’evento naturalistico. .................................................................. 321
15.15.2 Quanto all’asbestosi. ........................................................................................................... 329
15.15.3 Quanto al tumore polmonare. .............................................................................................. 331
15.15.4 Quanto al mesotelioma. ...................................................................................................... 335
15.16 L’elemento psicologico del reato. .................................................................................................... 347
15.17 La colpa nei casi di patologie asbesto correlate. ............................................................................... 347
16. La responsabilità civile del datore di lavoro..................................................................................... 359
16.1 La natura giuridica della responsabilità del datore di lavoro. ............................................................ 359
16.2 Il regime probatorio nei diversi profili di responsabilità. .................................................................. 359
16.3 La colpa contrattuale e la colpa aquiliana. ....................................................................................... 361
16.4 La irrilevanza del luogo dello svolgimento delle mansioni. .............................................................. 363
16.5 Le affermazioni confessorie di Confindustria e la consapevolezza del rischio cui si è voluto
consapevolmente sottoporre i lavoratori esponendoli all’amianto. .................................................... 363
16.6 L’eccezione del datore di lavoro circa l’inesistenza di una norma che imponesse limiti di soglia e la
mancata verifica dell’entità dell’esposizione.................................................................................... 364
16.7 La risarcibilità dei danni differenziali e complementari del lavoratore in caso di insorgenza di malattia
professionale. .................................................................................................................................. 366
16.8 Il nesso di causalità in materia di responsabilità civile. .................................................................... 368
16.9 La responsabilità in caso di esposizione ambientale. ........................................................................ 373
16.10 Inizio della decorrenza della prescrizione in tema di responsabilità contrattuale ed aquiliana. .......... 373
17. I danni risarcibili e la loro quantificazione ...................................................................................... 375
17.1 Il danno potenziale. ......................................................................................................................... 375
17.2 Il danno statisticamente accertato. ................................................................................................... 375
17.3 La risarcibilità dei pregiudizi da esposizione ad amianto.................................................................. 376
17.4 La risarcibilità del ‘danno biologico a causa del semplice pericolo cagionato dall’alterazione’ anche in
assenza di incidenza funzionale. ...................................................................................................... 379
17.5 Disturbo post traumatico da stress legato alla condizione esistenziale di paura di ammalarsi quale
malattia professionale indirettamente legata alla esposizione ad amianto. ........................................ 379
17.6 I pregiudizi esistenziali e morali legati all’esposizione ad amianto in caso di assenza di patologia
asbesto correlata.............................................................................................................................. 380
17.7 La risarcibilità dei danni ulteriori, anche in caso di accredito della maggiorazione contributiva di cui
all’art. 13, commi 6, 7, 8, della legge n. 257/92. .............................................................................. 382
17.8 La risarcibilità dei danni differenziali e complementari.................................................................... 382
17.9 L’integrale risarcimento di tutti i pregiudizi. .................................................................................... 387
17.10 Il ‘principio di integralità del risarcimento del danno’...................................................................... 389
17.11 La risarcibilità del danno morale. .................................................................................................... 392
17.12 Il ‘principio di integralità del risarcimento del danno’ delle vittime dell’amianto. ............................ 394
17.13 La risarcibilità dei danni subiti dai familiari. ................................................................................... 395
17.14 La quantificazione dei danni............................................................................................................ 396
18. Prevenzione primaria, diagnosi precoce e pubbliche responsabilità ............................................... 401
18.1 L’incidenza di patologie asbesto correlate in Italia........................................................................... 401
18.1.1 I dati epidemiologici del mesotelioma. .................................................................................. 401
18.1.2 La valutazione dell’incidenza delle altre patologie. ............................................................... 404
18.2
18.3
18.4
18.5
La necessità di aggiornamento delle tabelle delle patologie asbesto correlate. .................................. 405
La prevenzione primaria.................................................................................................................. 405
La diagnosi precoce come forma di prevenzione secondaria. ........................................................... 407
Amianto: monitoraggio preventivo periodico per gli ex esposti, già prevista dall’art. 29 del D.Lgs.
277/91. ........................................................................................................................................... 408
18.6 Le prospettive: dalla bonifica integrale al risarcimento dei danni. .................................................... 411
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE ........................................................................................................... 413
Capitolo I
Che cos’è l’amianto
SOMMARIO: 1.1 I minerali di amianto. 1.2 La classificazione. 1.3 Le caratteristiche chimiche e mineralogiche dei
vari tipi di amianto. 1.4 Le proprietà tecniche e gli usi dell’amianto. 1.5 Il rilascio di fibre da materiali contenenti
amianto. 1.6 La produzione di amianto nel Novecento. 1.7 La presenza di amianto nel nostro Paese. 1.8 I livelli di
rischio. 1.8.1 Gli ambienti di lavoro. 1.8.2 Gli ambienti di vita.
1.1 I minerali di amianto.
Il termine amianto o ‘asbesto’ indica quei silicati fibrosi che, diversamente dagli altri, hanno
capacità di suddivisione longitudinale in fibrille, lunghe e flessibili e sempre più sottili, fino a poter
raggiungere un diametro di 0,25 ųm (1300 volte più sottile di un capello umano), e che sono capaci
di rimanere sospese a lungo tanto da poter essere facilmente inalate e penetrare in tutti gli organi del
corpo umano e causare diverse patologie, molte delle quali con esito infausto.
L’amianto è virtualmente indistruttibile, perché resiste al fuoco e al calore fino a 2000°, ed è
inattaccabile da agenti esogeni, come gli acidi, ed è estremamente flessibile, resistente alla trazione,
fonoassorbente, facilmente friabile, abbondante ed economico: tutte queste caratteristiche ne hanno
facilitato l’impiego e la diffusione.
E’ possibile definire l’esistenza di due tipi fondamentali di asbesto, i serpentini e gli anfiboli,
che, secondo la composizione chimica riconducono, nella maggioranza dei casi, al tipo degli
inosilicati basici di magnesio a catena doppia cui appartiene appunto il crisotilo, secondo la
seguente tabella 1:
1 - crisotilo (serpentino fibroso) Mg6[(OH)6Si4O11]•H2O
2 - lizardite Mg6[(OH)6Si4O11]
di serpentino:
3 - antigorite (serpentino lamellare) Mg6[(OH)8Si4O10]
4 - amesite (asbesto bruno) Mg2Al2[(OH)8Al2Si2O10]
amianto
o
asbesto
di anfibolo:
1 - antofillite (Mg,Fe)7, [(OH)2Si8O22]
2 - tremolite Ca2Mg5[(OH)2Si8O22]
3- actinolite Na2Ca2Mg10(OH)4Sil6O44]
4 - riebeckite Na2Fe3’’Fe2’’’[(OH)2Si8O22]
5 - crocidolite (asbesto blu) Na2(Mg,Fe)3[(OH)2Si8O22]
1.2 La classificazione.
L’art. 247 del D.Lgs. 09.04.08 n. 81, che riproduce l’art. 2 della Direttiva 477/83/CEE (ora
sostituita dalla Direttiva 2009/148/CE), stabilisce che
1
Renato Sinno, IL RISCHIO ‘AMIANTO’ NELL’AMBIENTE DI VITA E DI LAVORO, RISPOSTE RISOLUTIVE DELLE
PROBLEMATICHE RELATIVE ALLA ‘INERTIZZAZIONE’ ED ALLA ‘SOSTITUIBILITÀ’ DELL’AMIANTO.
2 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
“Ai fini del presente capo il termine amianto designa i seguenti silicati fibrosi:
a) l'actinolite d'amianto, n. CAS 77536-66-4;
b) la grunerite d'amianto (amosite), n. CAS 12172-73-5;
c) l'antofillite d'amianto, n. CAS 77536-67-5;
d) il crisotilo, n. CAS 12001-29-5;
e) la crocidolite, n. CAS 12001-28-4;
f) la tremolite d'amianto, n. CAS 77536-68-6”
tra i quali solo il crisotilo, detto anche ‘amianto bianco’, appariene alle serie dei serpentini, mentre
tutti gli altri (l’amosite, la tremolite, l’antofillite, l’actinolite, la crocidolite detto anche ‘amianto
blu’) sono anfiboli (dal greco αμφίβολος e dal latino amphibolus=ambiguo).
Il crisotilo (dal greco χρυσός= fibra d’oro) o amianto bianco-verde-grigio-giallastro, è un
silicato idrato di magnesio, con formula 3MgO,2SiO,2H2O- n. CAS 12001-29-5, con fibre di
lunghezza variabile, soffici e setose, con elevata resistenza meccanica e flessibilità, con una buona
tenuta degli agenti alcalini, con una temperatura di decomposizione tra i 450-700°C, ed è di gran
lunga il tipo di amianto più diffuso2.
Appartengono alla serie degli anfiboli:
l’actinolite o actinoto (dal greco ακτινωτο/j=pietra raggiata) o amianto verde-nero; silicato
idrato di calcio, ferro e magnesio, 2CaO,4MgO,FeO,8SiO2,H2O - n. CAS 77536-66-4; è un
componente abbondante delle rocce scistose-cristalline della catena alpina; ed ha una temperatura di
decomposizione tra 620-900°C;
l’amosite (dall’acronimo di Asbestos Mines of South Africa) o amianto bruno-giallo-grigio o
cummingtonite o grunerite; silicato idrato di ferro e magnesio, 5.5FeO,1.5MgO,8SiO2,H2O- n.
CAS 12172-73-5), con fibre lunghe, diritte e fragili, di flessibilità discreta e con particolare stabilità
al calore e temperatura di decomposizione tra 600-800°C, utilizzato prevalentemente come isolante
termico;
la crocidolite3 (dal greco κροκυ/j υℵδοϕ λι/θοj=pietra simile a un fiocco di lana) o amianto
blu o amianto del Capo o riebeckite, proviene dalle vicinanze di Griqua Town, nell’Africa australe;
silicato idrato di sodio, ferro ferrico, ferro ferroso e magnesio, Na2O,Fe2O3,3FeO,8SiO2,H2O - n.
CAS 12001-28-4; con fibre diritte, maggiore resistenza agli agenti acidi rispetto agli altri tipi di
anfiboli, di buona flessibilità e con temperatura di decomposizione tra 400-600°C;
la tremolite o amianto grigio-verde-giallo; silicato idrato di calcio e magnesio,
2CaO,5MgO,8SiO2,H2O - n. CAS 77536-68-6), comune in molte località alpine, prende il nome
dalla Valle Tremola nel massiccio del S. Gottardo (Campolongo, nel Canton Ticino) 4; fragile, ma
con più resistenza al calore, perché ha una temperatura di decomposizione tra 950-1040°C.
l’antofillite5 (dal greco α℘νθοj=fiore e φυ/λλον=foglia, e dal latino scientifico antophyllum =
garofano) o amianto verde-giallo-bianco; silicato idrato di magnesio, 7MgO,8SiO2,H2O- n. CAS
77536-67-5; è il più importante degli anfiboli rombici, è frequente nei micascisti dell’Alto Adige
(Val Passiria, sopra Merano) e in misura inferiore anche nell’isola d’Elba e nelle Alpi e Prealpi
Occidentali, e in Finlandia, è fragile, con temperatura di decomposizione tra 600-850°C.
Tutte queste caratteristeche possono essere così riassunte:
2
In Italia si estrae dalle cave della Val Malenco in alta Valtellina (a fibra lunga e molto pregiato) e della Val di Susa (E.
Artini, I minerali, VI edizione, Hoepli Ed., Milano 1963.
3
VOCABOLARIO DELLA LINGUA ITALIANA, Ist. Enc. Italiana Treccani, Roma 1986.
4
VOCABOLARIO DELLA LINGUA ITALIANA, Ist. Enc. Italiana Treccani, Roma 1994.
5
N.Tommaseo, B.Bellini, DIZIONARIO DELLA LINGUA ITALIANA, voce ‘antofillite’,vol. I, UTE Ed,Torino 1865.
CAPITOLO I | 3
Crisotilo – ‘White asbestos’
dal greco: ‘fibra d’oro’ n.
CAS (*) 12001-29-5
crisotilo
Crocidolite - “Blue
asbestos” dal greco: “fiocco
di lana” n. CAS 12001-28-4
riebeckite- glaucofane
Na2Fe3+2Fe2+3(Si8O22(OH)2
Grunerite d’amianto
(amosite) “Brown asbestos”
Asbestos Mines of South
Africa n. CAS 12172-73-5
cummingtonite-grunerite
(Mg, Fe2+)7Si8O22(OH,F)2
Tremolite di amianto dalla
Val Tremola, Svizzera n.
CAS 77536-68-6
tremolite
Ca2Mg5Si8O22(OH)2
Actinolite di amianto dal
greco: “fibra raggiata” n.
CAS 77536-66-4
Antofillite di amianto dal
greco: “garofano” n. CAS
77536-67-5
actinolite
Ca2(Mg,Fe2+)5Si8O22(OH,F)2
antofillite
(Mg,Fe)7(Si8O22)(OH)2
Mg3 (Si2O5)(OH)4
Veri e propri minerali industriali
Utilizzo occasionale.
Minor numero di giacimenti
minerari
(*) Chemical Abstracts Service (CAS): il numero CAS è il numero con cui viene assicurata la completa identificazione delle sostanze
chimiche. FONTE: Amianto naturale in Piemonte, a cura della Regione Piemonte e di Arpa Piemonte.
e con il segunte schema semplificativo:
Amianto e/o Asbesto
__________________________|_________________________
|
|
Crysotile
Amphibole
fibrose
_________________________________________________________________
|
|
|
|
|
Amosite
Tremolite
Anthophyllite
Actinolite
Crocidolite
5.5.FeO, 1.5MgO,
2CaO, 5MgO, 7MgO,8SiO2, H2O 2CaO,4MgO, FeO (amianto blu)
8SiO2, H2O
8SiO2, H2O
8SiO2, H2O
Na2O,Fe2O3,3FeO
8Si2, H2O
La classificazione del legislatore non è in grado di riprodurre la variegata diversità di questi
minerali, sia perché ognuno dei quali, anche quelli che appartengono allo stesso gruppo, ha una
differente formula chimica6, che non è sovrapponibile, poiché i loro componenti, la cui
identificazione richiederebbe una analisi quantistica elementare volta per volta, sono molto
eterogenei; sia perchè ce ne sono molti altri, come l’erionite (IARC 2012b) e la fluoro-edenite7, che
non vi sono contemplati e che invece dovrebbero esserlo, in quanto hanno le stesse caratteristiche
6
M.B. Bever (MIT), ENCYCLOPEDIA OF MATERIALS SCIENCE AND ENGINEERING, Pergamon Press, New York 1986, e
Ezio Bonanni, LO STATO DIMENTICA L’AMIANTO KILLER, Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel
Territorio, Sesto San Giovanni, 2009.
7
La fluoro-edenite è un minerale del gruppo anfibolo di sottogruppo calcico clino anfibolo. La sua composizione è con
membro fluoro dominate e la sua relazione è edenite. La classificazione Dana è 66.01.03a.10a (gruppo 2, anfiboli
calcici), la classe Strunz è 09.DE.10 (Inosilicati della famiglia anfibolo), la classe Nichel-Strunz è 9.DE.15 (Inosilicati
clinoanfiboli) dove con E fanno parte gli inosilicati con doppie catene periodiche, 2(Si4O11). La sua composizione
chimica è di elementi quali: Al, Ca, F, H, Mg, Na, O, Si, con concentrazioni di Na2O (3.20%) K2O (0,84%) MgO
(22,65%) CaO (10,83%) MnO (0,46%) FeO (1,60%) Al2O3 (3,53%) Fe2O3 (1,00%) SiO2 (52,92%) TiO2 (0,29%) F
(4,35%) Cl (0,07%) somma 101,74% in meno di O = F + Cl 1,85% per un totale di 99,89% in peso. Le proprietà fisiche
vanno dal lustre vitreo con diafanità trasparente, al colore verde chiaro a giallo intenso (anche grigio nero) con riflessi
bianco-giallastri, 5-6 Mohs di durezza misurata, densità di 3,09 g/cm3, tenacia fragile, sfaldatura 110 e frattura
concoide.
4 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
fisico-chimiche e sono in grado di determinare gli stessi rischi per l’uomo e danni per l’ambiente8
dei mimerali contemplati nella norma, che dovrebbe essere riformulata, con l’integrazione ed il
richiamo a tutti i minerali asbesti formi, per applicarvi le stesse misure di prevenzione e tutela.
La fluoro-edenite è stata utilizzata nella città di Biancavilla, ai piedi dell’Etna, senza che ci
fosse consapevolezza del rischio cui andavano incontro i suoi abitanti, tra i quali negli ultimi anni
sono insorti molti mesoteliomi9.
La mancata classificazione della fluoro-edenite e di altri minerali asbestiformi quali minerali
di amianto espone a rischio molti cittadini, privi così di ogni tutela, preventiva e risarcitoria,
diversamente l’adeguamento della legislazione renderebbe applicabili le norme di prevenzione
tecnica e protezione individuale nei luoghi di lavoro, e di prevenzione primaria negli ambienti di
vita, otre alle disposizioni di cui alla Legge 257/92 (con il divieto di estrazione, utilizzazione e
commercializzazione e le misure di sostegno per i lavoratori), non ultime le misure di sorveglianza
sanitaria per gli esposti, per una eventuale diagnosi precoce della patologie asbesto correlate che
dovessero insorgere, e per assumere ogni ulteriore misura che si rendesse necessaria, anche in
termini di assistenza e previdenza sociale.
1.3 Le caratteristiche chimiche e mineralogiche dei vari tipi di amianto.
La differente composizione chimica di tutti i minerali di amianto discende dalla provenienza e
ne ripercorre l’origine, attraverso un processo di infiltrazione dell’acqua nel sottosuolo, la forte
pressione e la modifica della struttura delle rocce, e ne determina la capacità di suddivisione in fibre
longitudinali, le cui caratteristiche sono a loro volta influenzate anche dalle lavorazioni e dalle
modalità di impiego, ferme le caratteristiche di incorruttibilità, resistenza alle alte temperature,
all’usura, all’aggressione delle sostanze chimiche e alla trazione e dunque dell’indistruttibilità10.
L’elemento strutturale comune di tutti i silicati è lo ione complesso [SiO4]4-; il gruppo silicato
ha uno sviluppo tridimensionale a forma di tetraedro, in cui il catione Si4+ è legato a quattro ioni
ossigeno.
2
O apicale
2-
O di base
·
Si4+
8
Belluso E., Ferraris G., Alberico A., AMIANTO, LA COMPONENTE AMBIENTALE: DOVE, QUALI E COME SONO GLI
“Effetti negativi per la salute umana possono essere causati anche da fibre minerali
diverse da quelle classificate dalla legge n. 277/91, quali actinolite, amosite, antofillite, crisotilo, crocidolite e tremolite
(ad es. Ross et al., 1993) e, più in generale, da polveri minerali; basterebbe citare il caso dell’erionite (Ross et al., 1993).
Per un quadro più realistico delle relazioni tra cause e danno si dovrebbe però meglio tenere conto che: a) esistono molti
altri minerali fibrosi che possono essere presenti nell’ambiente, anche se non utilizzati industrialmente, la cui
nocività/innocuità è ancora da studiare (Astolfi et al., 1991); i minerali asbestiformi, ivi compresi quelli classificati
amianto dalla legge, sovente contengono a livello submicroscopico (e cioè di fibrille) altre fasi fibrose; c) la variabilità
chimica è assai cospicua”. “Il Piemonte è particolarmente ricco di rocce serpentiniche che possono essere mobilizzate
indipendentemente dall’estrazione di amianto. Tali rocce sono pure ricche di minerali fibrosi non classificati amianto.
Basti ricordare la scoperta, effettuata tra il 1983 e il 1985 (Compagnoni et al., 1983; Compagnoni et al., 1985), di
abbondante presenza di due nuovi minerali asbestiformi, carlosturanite e balangeroite. In seguito a tale scoperta, è stata
effettuata una dettagliata ricerca e campionatura dei minerali fibrosi presenti nelle rocce serpentini che del territorio
alpino occidentale, cui sono seguite adeguate indagini di laboratorio”.
9
Comba P, Gianfagna A., Paoletti L. PLEURAL MESOTELIOMA CASES IN BIANCAVILLA ARE RELATED TO A NEW FLUOROEDENITE FIBROUS AMPHIBOLE. Arch Environ Health 2003; 58:229-32.
10
G. Scansetti, INTRODUZIONE ALL’IGIENE INDUSTRIALE, Cortina Ed., Torino 1980.
AMIANTI NELLE ALPI OCCIDENTALI?,
CAPITOLO I | 5
La sua struttura deriva dalle ridotte dimensioni dello ione silicio tetravalente e dalla sua alta
carica positiva, rispetto agli ioni O2- che sono, invece, relativamente più grandi.
Il silicio presenta una forte carica che, unita alle dimensioni relativamente piccole del legame
Si-O, genera l’esistenza di [SiO4]4- isolati oppure organizzati in strutture in cui i diversi atomi di
silicio formano dei polimeri inorganici; in questi, i tetraedri sono tra loro legati esclusivamente per i
vertici e mai per gli spigoli o le facce ed ogni atomo di ossigeno è comune a due tetraedri limitrofi.
La classificazione dei minerali asbestoidi, essendo essi polimeri della tipologia sopra
descritta, si basa su modalità e grado di polimerizzazione del tetraedro di base, come avviene per
tutti gli altri silicati.
I silicati sono classificati su basi strutturistiche, vale a dire sul modo in cui i tetraedri si
uniscono, e non semplicemente su basi chimiche; ciò caratterizza la morfologia esterna delle
differenti specie silicatiche.
Possono essere individuate le seguenti sottoclassi:
1) nesosilicati: contraddistinti da una struttura ‘ad isola’ in cui i tetraedri rimangono isolati;
2) sorosilicati: costituiti da gruppi di due tetraedri uniti tra loro tramite uno ione ossigeno;
3) ciclosilicati: consistenti in anelli costituiti da 3 oppure 4 oppure 6 tetraedri uniti per due
vertici;
4) inosilicati: formati da collegamenti a catena - semplici o doppi- tra i tetraedri secondo una
direzione prevalente;
5) fillosilicati: composti di strati di tetraedri, saldati tra loro da anelli esagonali con sviluppo
bidimensionale, che attribuiscono al minerale un aspetto lamellare, fogliaceo, con facile sfaldatura.
Gli anfiboli e i serpentini fanno parte, rispettivamente, degli inosilicati e dei fillosilicati: i
primi, si presentano allungati fino ad essere fibrosi, mentre i secondi hanno l’aspetto di fogli.
Il tetraedro dei silicati, presentando quattro cariche negative, non è un’unità elettricamente
neutra, dunque, per bilanciare questa eccedenza di cariche negative, si deve legare con altri ioni
positivi (Fe, Mg, Ca).
L’amianto anfibolico può essere del tipo:
Ø ferromagnesico (antofillite ed amosite);
Ø calcico (tremolite ed actinolite);
Ø sodico (Riebeckite fibrosa o crocidolite).
Gli anfiboli, appartenenti alla famiglia degli inosilicati a catena doppia, sono minerali presenti
nelle rocce eruttive conseguentemente al raffreddamento dei magmi silicatici e, strutturalmente, si
presentano sotto forma di fibre più o meno lineari, relativamente flessibili, avvolte in massi.
La loro composizione è ottenuta da miscele isomorfe di due silicati e i principali anfiboli sono
monoclini e hanno formula generale molto complessa; essendo minerali idrati, cristallizzano solo in
presenza di acqua.
La composizione chimica del gruppo degli anfiboli può essere espressa dalla formula:
W0-1X2Y5Z8O22(OH,F)2,
dove:
Ø
Ø
Ø
Ø
W indica Na e K,
X indica Ca, Na, Mn, Fe, Mg, Li,
Y indica Mn, Fe, Mg, Al, Ti,
Z indica Si e Al.
6 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
La struttura degli anfiboli si caratterizza per la catena doppia Si4O12 parallela all’asse c, con
struttura contenente molti siti cationici e forma un’impalcatura a T-O-T (tetraedro-ottaedrotetraedro), di ampiezza doppia rispetto alla struttura T-O-T del pirosseno, con diminuita stabilità
termica rispetto ai pirosseni per la presenza del gruppo (OH).
L’amianto serpentinico, il crisotilo, è invece un silicato idrato di magnesio.
I minerali asbestoidi presentano dei caratteri cristallo-chimici e geomineralogici che hanno
importanti implicazioni per quanto concerne la loro patogenicità, dovuta essenzialmente alla
capacità di rilasciare fibre/fibrille inalabili.
I minerali di amianto acquisiscono il loro particolare aspetto fibroso negli specifici ambienti
di formazione e, segnatamente, in ambiente metamorfico a temperature basso/medie ed a regimi
medi di pressione, che ne favoriscono la rapida idratazione e l’immediato consolidamento.
In mancanza di queste condizioni, gli stessi minerali possono assumere abito massivo (quasi
amorfo) e costituire le rispettive varietà non fibrose, ma chimicamente identiche.
Mentre i legami Si-O, all’interno delle catene, si spezzano molto difficilmente, gli anfiboli,
data la loro conformazione, si sfaldano con molta facilità lungo la direzione delle catene; anche lo
stesso crisotilo può sfaldarsi per apertura degli strati spiraliformi sovrapposti.
La fibrosità degli asbesti, per tali ragioni, si manifesta a varie scale: dal campione
macroscopico, in cui si distinguono fasci di fibre anche di decimetri, fino alla scala del microscopio
elettronico che permette di evidenziare fibre ancora più sottili.
La possibilità di suddivisione longitudinale in tante, migliaia, di fibre, conferisce al minerale
elevate proprietà meccaniche e lo fa risultare l’unico capace di essere annodato e filato, fino ad un
massiccio impiego nel settore tessile, metalmeccanico, edile, cartario, dei trasporti, e ad un
vastissimo impiego, negli ambienti di vita e di lavoro, in almeno 3.000 tipologie di prodotti.
Possiamo così riassumere le proprietà di questi minerali:
Proprietà minerale
Colore
Crisotilo
Da bianco a
verde pallido
T(°C)
decomposizione
T(°C)
fusione
Densità (g/cm3)
Resistenza agli acidi
Resistenza agli alcali
Resistenza alla trazione
103 (Kg/cm2)
Aspetto
Flessibilità
Filabilità
Indice rifrazione
Crocidolite
Blu
Antofillite
Da bianco a
grigio
Actinolite
Da verde
chiaro a verde
scuro
Tremolite
Da bianco a
grigio
450-700
Amosite
Da grigiogiallastro a
marrone
scuro
600-800
400-600
600-850
620-960
950-1040
1500
1400
1200
1450
1400
1315
2,55
Scarsa
Molto buona
31
3,4-3,5
Media
Buona
17
3,3-3,4
Buona
Buona
35
2,85-3,1
Molto buona
Molto buona
<7
3,0-3,2
Media
Buona
5
2,9-3,1
Molto buona
Buona
5
Serico,
flessibile
Molto buona
Molto buona
1,53-1,55
Fragile
Fragile e duro
Lungo e rigido
Discreta
Discreta
1,66-1,69
Buona
Buona
1,65-1,70
Discreta-fragile
Scarsa
1,59-1,69
Fragile
Scarsa
1,60-1,69
Fragile, friabile
Fragile
Scarsa
1,60-1,69
1.4 Le proprietà tecniche e gli usi dell’amianto.
L’amianto è indistruttibile, resistente al calore e al fuoco, resistente all’azione degli acidi,
resistente alla trazione, molto flessibile e friabile e dotato di capacità fono assorbenti (per questo
veniva spruzzato nelle scuole, nelle palestre, nelle piscine, nelle mense, negli ospedali, nelle
stazioni delle metropolitane, etc., su pareti o soffitti per formare uno strato soffice di alcuni
centimetri, capace di creare una sensazione acustica di ovattamento dei suoni, minor intensità dei
rumori e migliore comprensione delle parole non compromesse dagli echi acustici), termoisolanti,
CAPITOLO I | 7
in grado di contenere il calore (come nelle tubazioni, per il trasporto del vapore, per isolare caldaie
e forni).
Se legato a matrici resistenti e stabili, è compatto (come per esempio l’eternit), se legato con
matrici non compatte, è friabile (come il materiale spruzzato), e viene classificato come tale se può
essere ridotto in polvere con la sola pressione delle dita, diversamente è in matrice compatta.
Le caratteristiche e il basso costo di estrazione e produzione ne hanno favorito l’impiego nei
settori più disparati, dalla produzione del cemento-amianto, il cui nome commerciale era eternit,
all’uso in edilizia anche per realizzare le tegole, i pavimenti, le tubazioni, le vernici e le canne
fumarie, nonché per la coibentazione di edifici, navi, treni, aerei, etc.; dalle tute dei vigili del fuoco,
alle automobili (vernici e parti meccaniche), alla fabbricazione di corde, plastica e cartoni, e perfino
nella filtrazione dei vini11: complessivamente, in oltre 3000 applicazioni.
Nell’edilizia questi materiali sono stati largamente impiegati, sia nell’impasto con il cemento,
per realizzare quei manufatti, tra i quali i più diffusi: lastre ondulate o piane, per coperture di edifici
industriali e civili, prefabbricati e pareti divisorie non portanti, tubi per acquedotti e fognature,
tegolature, canne fumarie, serbatoi, intonaci, oltre che negli impianti di riscaldamento e di
condizionamento, e quindi:
(a) nelle coperture in cemento-amianto, quali lastre ondulate, tegole, etc., realizzate con
crisotilo e anche con anfiboli quali la crocidolite, che hanno rappresentato il 90% di tutto l’amianto
collocato, e che tuttora rappresentano una fonte di contaminazione di fibre nel caso siano degradate
o danneggiate, e comunque quando la matrice cementizia perde la sua consistenza;
(b) nei controsoffitti e nelle coibentazioni del sottotetto, dove se non presenti direttamente
sotto forma di lane o feltri di amianto, si può essere ricorsi all'uso di pianelle e pannelli in
fibrocemento piano, con finalità antincendio e tenuta del calore. Spesso sono stati realizzati anche
intonaci a spruzzo o con impasti gessosi dati a cazzuola, con tenore in amianto variabile;
(c) nei cassoni, nei serbatoi e nelle tubazioni per l'acqua: uso molto frequente nell'edilizia. Si
tratta di cemento‐amianto di vario spessore e di vario calibro, utilizzato sia per le acque bianche e
meteoriche che per gli scarichi fognari (pozzetti, gronde, canalizzazioni), con contaminazione anche
dell’acqua potabile;
(d) nelle canne fumarie, nei camini e nelle tubazioni di scarico fumi di combustione sono stati
diffusamente usate tubazioni in cemento‐amianto, per le caratteristiche di incombustibilità e tenuta
del calore;
(e) nei pannelli, nei divisori e nelle tamponature: soprattutto nell'edilizia prefabbricata sono
stati usati sino agli anni '80, pannellature in miscele di amianto con varie matrici leganti, organiche
ed inorganiche (carbonato di calcio, silicato di alluminio). Presentano habitus fibroso nelle superfici
di taglio; è stato usato prevalentemente crisotilo, ma anche anfiboli, per un contenuto totale di circa
il 15 % in peso;
(f) nelle pavimentazioni in vinil‐amianto: molto usato nell'edilizia pubblica: ospedali, scuole,
uffici, prima degli anni '80. Conosciuto comunemente come ‘linoleum’, in piastrelle o lastre (per lo
più verdi o blu) ha un contenuto di amianto variabile dal 3‐4% al 30%, prevalentemente crisotilo;
(g) nelle caldaie, nelle stufe, nei forni e negli apparati elettrici: molte applicazioni domestiche
o di uso comune possono presentare applicazioni di materiali contenenti amianto quali:
- guarnizioni sottoforma di cordoncino o cartone, ed isolamenti termici, sottoforma di feltri e
tessuti di amianto, in stufe, caldaie e forni;
11
Assoamianto, IMPIEGHI
05.03.2012.
DELL'AMIANTO,
sito internet http://www.assoamianto.it/utilizzo_dell.htm, consultato in data
8 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
- cartoni negli apparati elettrici o ferri da stiro o phon;
- guarnizioni in motori elettrici, caldaie, motori a scoppio;
(h) nella coibentazione di tubi per il riscaldamento: il locale caldaia è potenzialmente un
luogo in cui è possibile la presenza di amianto come:
‐ coibentazione dei tubi (impasto gessoso o nastri tessuti)
‐ isolante elettrico (cartone) per le contattiere e per i termostati o termocoppie
‐ premistoppa per le valvole
‐ feltri, tessuti e guarnizioni intorno alla caldaia.
Quindi i principali luoghi dove è stato utilizzato amianto, possono essere così analiticamente
riportati:
Per le caratteristiche di fono assorbenza:
Per le caratteristiche di resistenza al fuoco:
Per le caratteristiche di termoisolanza:
cinema, chiese, mense, ospedali, palestre, ristoranti, scuole,
teatri, etc.
autorimesse, carrozze ferroviarie, centrali elettriche e termiche,
navi, etc.
carrozze ferroviarie, capannoni industriali, navi, etc.
Per quanto riguarda l’industria, l’amianto veniva utilizzato per
(i) coperture in eternit, pannellature e tamponature: nelle attività industriali è molto frequente
l'utilizzo di coperture dei capannoni con lastre ondulate di fibrocemento contenente amianto (più
comunemente conosciute con il più diffuso nome commerciale: ‘Eternit’) in una percentuale
variabile tra il 12 ed 15% sul peso totale. La tipologia di amianto usata é quella del crisotilo, ma
spesso avvenivano aggiunte di crocidolite (spesso riconoscibile da ciuffi blu scuro di fibre
affioranti) e/o amosite in basse percentuali. I pannelli di divisione o tamponatura sono spesso
materiali compositi dell'amianto, dove oltre al cemento, si possono ritrovare lane minerali, resine
organiche, cellulosa;
(j) condotte e tubi coibentati: è stato molto frequente l'uso di tubazioni in cemento amianto di
vario calibro, sia per l'adduzione di acqua o di scarichi fognari (presenza diffusa di pozzetti, gronde,
canali, serbatoi), ma anche per il trasporto di fluidi industriali (oli, acidi, etc.), in quanto il
cemento‐amianto si presta molto bene per questa funzione che può avvenire oltre che a temperatura,
anche a pressione: in questo caso veniva usato un cemento‐amianto con più del 15% di asbesto
miscelato. Altra applicazione industriale molto diffusa é stata quella di ricoprire le tubazioni
metalliche da coibentare con impasti di amianto (soprattutto amosite), gesso o silicati di magnesio o
sodio; questa malta veniva contenuta da una retina metallica di contenimento e di solvente, il tutto
era racchiuso da una sottile copertura in cemento‐amianto: questa modalità di coibentazione è nota
come ‘coppella’, e, attualmente si ritrova diffusamente protetta da lamierino zincato o da telatura
bituminosa nelle parti danneggiate o sottoposte a manutenzione;
(k) serbatoi, tank, reattori, refrigeratori, giunti di espansione: ha avuto grande diffusione la
coibentazione di contenitori, anche grandi, per la tenuta termica con amianto friabile, soprattutto
amosite. Risultano normalmente ricoperti da rete metallica di contenimento;
(l) impianti termici, impianti a pressione e bombole: negli impianti chimici dove la pressione
spesso si combina con temperature operative spinte ed eventualmente liquidi corrosivi, l'amianto ha
giocato un importante ruolo nei punti di tenuta, costituendo il principale materiale usato per le
guarnizioni, sovente sottoforma di treccia di crisotilo tessuto. Corde di amianto (crisotilo) si
ritrovano frequentemente quali guarnizioni nelle caldaie. Nelle bombole di acetilene l'amianto
friabile costituisce una frazione importante del peso totale del contenitore;
CAPITOLO I | 9
(m) parti di macchine e macchinari: frequente la presenza in macchine utensili:
‐ convertitori di coppia
‐ frizioni e freni
‐ rondelle e guarnizioni
‐ coibentazioni isolanti elettriche, termiche, antifiamma, antibrina, antirombo e antirumore.
(n) impianti elettrici: i quadri elettrici, le centraline di distribuzione e telefoniche trovano un
largo uso di materiali contenenti amianto: carte, cartoni, pannelli, materassini isolanti, caminetti
spegniarco in cemento‐amianto, paratie in ‘glasal’ o ‘syndanio’ (fibrocementi di amianto prodotti
con particolari miscele ad alta pressione e particolarmente duri);
(o) giunti flangiati, baderne e guarnizioni: altro settore di impiego assai vasto di tessuti di
amianto e di miscele di amianto con varie componenti resinose organiche , la più nota è
l'‘amiantite’, prodotta in fogli di vario spessore e ritagliabile da fustellatrici per ottenere guarnizioni
di giunti, di motori, di valvole, di tubazioni, di contenitori.
Dalla pressatura si ottenevano:
- corde, nastri e guaine utilizzati per fasciare tubazioni e cavi elettrici situati
in prossimità di sorgenti di calore;
- tessuti per confezionare tute protettive antifuoco da destinarsi a pompieri,
operai dell'industria siderurgica e piloti di auto da corsa;
- coperte spegni fiamma e tende per il contenimento del calore dei forni a
tunnel;
- materassi per coibentare le grandi caldaie a vapore delle vecchie navi;
- sipari da teatro;
- carta e cartoni utilizzati come barriere antifiamma, guarnizioni per forni o
caldaie, piani di appoggio sui banchi di saldatura; rivestimenti di casseforti;
- pannelli di fibre grezze compresse impiegati per la coibentazione di
condotte che trasportavano vapore ad alta temperatura;
- filtri in carta di amianto che hanno avuto in largo uso nell'industria chimica
ed alimentare (per filtrare vino e bibite).
Dall'impasto con altri materiali si
otteneva amianto a spruzzo:
- isolante termico nei cicli industriali con alte temperature (es.: centrali
termiche e termoelettriche, industria chimica, siderurgica, vetraria, ceramica
e laterizi, alimentare, distillerie, zuccherifici, fonderie);
- isolante termico nei cicli industriali con basse temperature (es. impianti
frigoriferi, impianti di condizionamento);
- isolante termico (coibentazione di carrozze ferroviarie, navi e autobus) e
barriera antifiamma nelle condotte per impianti elettrici.
Dall’impasto con resine sintetiche si
ottenevano:
- ferodi, usati per fabbricare freni e frizioni degli autoveicoli. Durante l’uso i
ferodi si consumano, riducendosi in particelle che si disperdono nell'aria;
- confezione di mattonelle per pavimenti. Il rilascio di fibre da questo
materiale è praticamente nullo durante il normale uso.
1.5 Il rilascio di fibre da materiali contenenti amianto.
La pericolosità dei materiali di amianto dipende dalla loro capacità di rilasciare fibre
aerodisperse nell’ambiente che possono essere inalate, e uno dei criteri che permette una
10 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
valutazione è rappresentato dalla friabilità dei materiali: si definiscono tali quelli che possono essere
sbriciolati o ridotti in polvere mediante la semplice pressione delle dita e comunque possono
liberare fibre spontaneamente per la scarsa coesione interna (soprattutto se sottoposti a fattori di
deterioramento quali vibrazioni, correnti d’aria, infiltrazioni di acqua) e possono essere facilmente
danneggiati nel corso di interventi di manutenzione.
In relazione alla loro friabilità, i materiali contenenti amianto possono essere classificati
come:
(a) friabili, se facilmente sbriciolati o ridotti in polvere;
(b) compatti, se duri, senza possibilità di essere ridotti in polvere se non con l’impiego di
attrezzi meccanici, e così
Tipo di materiale
Ricoprimenti a spruzzo e
rivestimenti isolanti
Rivestimenti isolanti di
tubazioni o caldaie
Funi, corde e tessuti
Cartoni, carte e prodotti
affini
Prodotti in amiantocemento
Prodotti bituminosi,
mattonelle di vinile con
intercapedini di carta di
amianto, mattonelle e
pavimenti vinilici, PVC e
plastiche rinforzate
ricoprimenti e vernici,
mastici, sigillanti, stucchi
adesivi contenenti amianto
Note
Friabilità
Fino all'85% circa di amianto. Spesso
anfiboli (amosite, crocidolite);
prevalentemente amosite spruzzata su
strutture portanti di acciaio o su alter
superfici come isolanti termo-acustici
Impiegati tutti i tipi di amianto
talvolta in miscela al 6 - 10% con
silicati di calcio. In tele, feltri,
imbottiture in genere al 100%.
In passato sono stati usurati tutti i tipi
di amianto. In seguito solo crisotilo al
100%
Generalmente solo crisotilo al 100%
Elevata
Attualmente il 10 - 15% di amianto in
genere crisotilo. Crocidolite e
amosite si ritrovano in alcuni tipi di
tubazioni e di lastre
Dallo 0,5 al 2 % per mastici,
sigillanti, adesivi; dal 25 al 100 % per
pavimenti e mattonelle vinilici
Possono rilasciare fibre se abrasi, segati,
perforati o spazzolati, oppure se deteriorati
Elevato potenziale di rilascio di fibre se i
rivestimenti non sono ricoperti con strano
sigillante uniforme e intatto
Possibilità di rilascio di fibre quando grandi
quantità di materiali vengono immagazzinati
Non avendo una struttura molto compatta,
sono soggetti a facili abrasioni ed a usure
Improbabile rilascio di fibre durante l'uso
normale. Possibilità di rilascio di fibre se
tagliati, abrasi o perforati
1.6 La produzione di amianto nel Novecento.
L'utilizzo intensivo dell'amianto nelle varie lavorazioni industriali inizia alla fine
dell'Ottocento e si intensifica nel corso del Novecento; nella seconda metà degli anni Settanta del
secolo scorso la produzione mondiale raggiunge l'apice e, da allora, incomincia un lento declino che
tuttora prosegue, senza tuttavia lasciare prevedere crolli repentini. Anzi negli ultimi anni (dal 1996
al 2000) si assiste ad una stabilizzazione della quantità estratta.
CAPITOLO I | 11
Produzione di amianto dal 1930 al 2000
I dati per la costruzione del grafico sono stati tratti dalla tabella presentata da Claudio e Tommaso
Bianchi in ‘Amianto. Un secolo di sperimentazioni sull'uomo’, cit., pag. 7. E' opportuno precisare che i dati
relativi al 1930 e al 1950 sono riferiti al consumo e non alla produzione.
Per il futuro, è difficile ipotizzare ulteriori previsioni, dal momento che molto dipenderà sia
dalla ‘possibilità’ di diffusione e di applicazione planetaria dei saperi e delle conoscenze mediche,
sia dalla capacità di mobilitazione che dimostreranno le forze che si battono per il bando
dell'asbesto in contrapposizione agli interessi delle grandi multinazionali che lo commerciano e
delle aziende che lo usano.
La distribuzione geografica dell'impiego del minerale corrisponde alla localizzazione delle
aree industriali sul globo ed alla loro crescita nel corso del Novecento. Lo sfruttamento del minerale
parte da fine Ottocento nei Paesi di prima industrializzazione (Inghilterra, USA, Europa
nordoccidentale...) per poi procedere nei Paesi di seconda industrializzazione (Giappone, Italia,
URSS e Europa orientale...) e infine estendersi dagli anni Settanta a tutto il globo (in particolare
nell'Estremo Oriente, in Cina, Corea del Sud, India, Thailandia). Dalla fine degli anni Settanta
diminuisce progressivamente l'uso in Europa e in Nord America.
Come si nota nitidamente dal grafico seguente, che riporta il consumo in tonnellate di amianto
in Europa e in Nord America dal 1920 al 2000, il maggior impiego del minerale nei due continenti
si verifica nella seconda metà del Novecento, declinando però vistosamente dagli anni Ottanta.
Consumo in tonnellate di amianto in Europa e in Nord America dal 1920 al 2000
12 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
Inizialmente il Nord America presentava maggiori consumi, ma con la massiccia cresita
economica europea degli anni Cinquanta-Sessanta, vennero raggiunte anche in quest’area le
quantità usate in America, per poi essere superate dagli anni Settanta. Anche perché proprio a
partire dagli anni Settanta scoppia negli Stati Uniti la disputa sulla nocività del minerale e questo ne
fece ridurre progressivamente l’impiego negli Usa (fino agli anni Ottanta l’assoluto maggior
consumatore di amianto nel Nord America sono proprio gli Stati Uniti, poi superati da Canada e
Messico). Solo successivamente scoppierà la ‘questione amianto’ anche in Europa, e ciò porterà a
un drastico ridimensionamento dell’uso del minerale, fino alla direttiva 1999/77/CE della
Commissione della Comunità Europea che ne prevede il bando per tutti gli Stati che la compongono
a decorrere dal primo gennaio 2005. Ciò ci fa auspicare che l’UE giochi un ruolo ‘propulsivo’ in
merito, cercando di far recepire il contenuto di tali normative anche agli Stati extra-comunitari non
solo europei per avviare un processo che porti ad una fuoriuscita globale dall’amianto.
1.7 La presenza di amianto nel nostro Paese.
A partire dal 1945 e fino al 1992, in
Italia sono state lavorate 3.748.550 tonnellate
di amianto, e fino agli anni ’80 il nostro Paese
è stato il secondo maggiore produttore di
amianto, dopo l’Unione Sovietica e il
maggiore della comunità europea; il picco è
stato raggiunto nel 1976 con 164.788
tonnellate; fino al 1987 la produzione si è
mantenuta sopra le 100.000 tonnellate annue
per poi decrescere, fino ad annullarsi
completamente dopo il 1992.
Secondo stime del CNR, nel nostro
Paese l’amianto è ancora presente in diverse
realtà industriali e produttive, e nel settore dell’edilizia e dei trasporti. Ci sono, inoltre, 2,5 miliardi
di metri quadrati di coperture in onduline di cemento-amianto, presenti su tutto il territorio
nazionale, ancora da bonificare.
L’ISPRA, nel capitolo ‘Rifiuti speciali’ dell’annuario del 2011, specifica che in Italia nel
2009 sono stati prodotti rifiuti di materiali contenenti amianto per 379.000 tonnellate, con un
aumento del 18% rispetto all’anno precedente, di cui 345.472 tonnellate, pari al 91,2%, è costituita
da rifiuti di materiali da costruzione contenenti amianto, classificati con CER 170605, e soltanto
32.429 tonnellate, pari all’8,6, sono costituite da materiali isolanti contenenti amianto (CER
170601), mentre soltanto 563 tonnellate, pari allo 0,14 sono apparecchiature fuori uso contenenti
fibre libere di amianto (CER 160212), e ancora meno, e cioè 430 tonnellate, pari allo 0,11%, sono
costituiti da imballaggi metallici contenenti amianto (CER 150111), ed in ultimo solo 20 tonnellate,
pari allo 0,005%, sono pastiglie per freni contenenti amianto (CER 160101).
Appare evidente che ove non vengano istituiti stringenti obblighi di bonifica, e tenendo conto
delle sole coperture in amianto, pari a 32 milioni di tonnellate, e senza tener conto degli altri
materiali in amianto, e dividendo per 345.472 (che è il dato complessivo dei materiali da costruzione
in amianto e non solo delle onduline, che benché rappresentino una quantità enorme, sono pur
sempre una minima parte dei materiali edili che hanno presenza di amianto), si avrebbe quale
risultato che occorrerebbero ancora altri 90 anni soltanto per rimuovere le coperture in cemento
amianto.
CAPITOLO I | 13
1.8 I livelli di rischio
Occorre necessariamente distinguere tra gli ambienti di lavoro e gli ambienti di vita, rispetto
ai quali esistono diversi ambiti normativi, metodologie di misura, livelli di accettabilità,
provvedimenti di prevenzione e mezzi di protezione.
1.8.1 Gli ambienti di lavoro.
La esposizione occupazionale a fibre di amianto ha avuto grande importanza in passato
quando le cautele previste dalla normativa di origine comunitaria (D.Lgs. 277/91) non erano ancora
operanti e tale esposizione era semplicemente considerata nell'ambito di quelle a polveri nocive
prevista dal DPR 303/55. Come valori di riferimento venivano utilizzati, quindi, i Valori Limite di
Soglia (TLV) adottati dalla ACGIH 4.
La direttiva 477/83/CEE fu recepita in Italia soltanto con il D.Lgs. 277/91 e la Legge 257/92
ha introdotto livelli di soglia più restrittivi rispetto a quelli dell'ACGIH, peraltro mai applicati in
modo sistematico nel nostro paese, e che sono stati poi ridotti progressivamente fino allo 0,1 ff/l di
cui all’art. 254 del D.Lgs. 81/08, nonostante l’amianto sia un cancerogeno certo per l’uomo
(notazione A1)
La stima e la conoscenza delle esposizioni passate sono oggi estremamente importanti, in
relazione ai lunghi tempi di latenza di molte delle patologie asbesto correlate e al fine di poter
approntare idonei strumenti di prevenzione, se non altro secondaria, con diagnosi precoce, ovvero ai
fini di prepensionamento con le maggiorazioni contributive ex art. 13, comma 8, L. 257/92.
Occorre dunque rapportarsi al passato al fine di verificare le esposizioni di lavoratori che
hanno svolto mansioni ora non più attuali, anche in seguito all’introduzione del divieto di
estrazione, lavorazione e commercializzazione dell’amianto, con l’entrata in vigore della L. n.
257/92, anche se rimangono del tutto attuali le esposizioni di lavoratori impegnati in quelle attività
che prevedono la rimozione, la bonifica e lo smaltimento dell’amianto ancora presente.
Apposite norme tecniche definiscono i criteri di allestimento e conduzione di questi cantieri
con un approccio di protezione dalle fibre di amianto che prevede contemporaneamente:
• l'incapsulamento con prodotti vernicianti/impregnanti dei materiali contenenti amianto;
• la massima protezione delle vie respiratorie degli addetti con dispositivi di protezione
individuale (DPI) adeguati;
• la costante rimozione dell'inquinante mediante aspirazione ed espulsione dell'aria all'esterno
dei cantieri previa filtrazione assoluta.
L’art. 249 del D.Lgs 81/08 detta le norme di valutazione del rischio, e si fonda sul prelievo di
aria confinata in zona respiratoria del lavoratore, attraverso una pompa portatile e membrana
filtrante, e successivo conteggio delle fibre depositate con il microscopio ottico in contrasto di fase
a 500 ingrandimenti. Il risultato dell'analisi si esprime in numero di fibre per millilitro d'aria (ff/ml).
Ai fini del conteggio si considerano solo le fibre più lunghe di 5 micron, con diametro inferiore a 3
micron e con rapporto di allungamento superiore a 3: esse vengono definite fibre regolamentate ‐
FR (OMS, 1987), anche se ciò non è condivisibile, in quanto tutte le fibre di amianto sono dannose
per l’organismo umano, e non a caso il Prof. Omura, riferendosi ad alcune valutazioni eseguite
dall’EPA, che aveva conteggiato soltanto parte delle fibre, ha chiesto che gli venissero indicate le
14 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
evidenze scientifiche che avevano determinato quelle modalità di valutazione e che portavano ad
escludere il rischio per la salute per talune fibre di amianto12.
Così sono di seguito riportate alcune esemplificazioni relative alle esposizioni personali
valutate con i criteri sopra esposti:
Rimozione coperture di cemento‐amianto non trattate e a secco: 0,03 ‐ 0,3 ff/ml media 8 ore
0,2 ff/ml
Rimozione coperture di cemento‐amianto con trattamento 0,01 ‐ 0,08 ff/ml media 8 ore 0,02
ff/ml
Addetti alla produzione vetro media 8 ore 0,3 ff/ml
Fustellatura guarnizioni media 8 ore 0,2 ff/ml
Smontaggio freni 0,2 ‐ 2 ff/ml
Scoibentazione di amianto friabile 0,6 ‐ 2 ff/ml
1.8.2 Gli ambienti di vita.
Per moltissimi anni il rischio di esposizione a fibre di amianto è stato considerato importante
solo per i lavoratori, mentre è stato del tutto sottovalutato quello non professionale e collegato solo
indirettamente al lavoro (familiari di lavoratori addetti ad attività con presenza di amianto o aree
interessate ad immissioni da stabilimenti produttivi) e ambientale, dovuto alla contaminazione degli
ambienti di vita con fibre di amianto presenti nelle aree antropizzate.
Sulla base di queste considerazioni sono stati emanati, oltre alla Legge 257/92, alcuni decreti
applicativi che hanno l'obiettivo di gestire il potenziale rischio derivato dalla presenza di amianto in
edifici, manufatti e coperture.
Pur essendo il rischio causato dall'esposizione ad amianto nella popolazione di più difficile
valutazione rispetto a quello professionale, si deve innanzitutto precisare che non esiste una soglia
sotto la quale c’è assenza di rischio 13, fermo restando che si dovrà tener conto
(a) della netta differenza tra amianto friabile (libero o tessuto o spruzzato etc.) e l’amianto in
matrice compatta (come il cemento-amianto etc.) purché in buone condizioni, perché il primo è di
gran lunga più pericoloso, per la facilità con la quale può determinare la dispersione di fibre;
(b) la determinazione della concentrazione di fibre aerodisperse si effettua con prelievi su
membrana e conteggi in microscopia elettronica a scansione (SEM). Può essere anche utilizzata la
microscopia elettronica a trasmissione (TEM) attualmente adottata in Nord America;
(c) viene essere accordata la precedenza agli interventi di protezione per gli occupanti di
edifici quali scuole di ogni ordine e grado ed ospedali (Circolare n°45/86 del Ministero della
Sanità);
(d) erroneamente non sono considerati importanti comparti ambientali diversi dall'atmosfera,
pertanto l'amianto non è considerato rilevante tra gli inquinanti di tipo alimentare o del sottosuolo.
Le lobby hanno inciso e sono riuscite a far sottovalutare il pericolo che le fibre di asbesto
disperse nell’acqua potabile trasportata in tubi di cemento-amianto possano determinare nei tanti
cittadini che la ingeriscono, o la utilizzano per le normali attività di vita (cucinare, lavarsi, etc.), e
che ne determina, con l’evaporazione, la dispersione negli ambienti domestici, e quindi con la
inalazione per le persone che vi abitano.
12
Come precisa Giancarlo Ugazio in ASBESTO/AMIANTO, IERI, OGGI E DOMANI. VIAGGIO TRA VERITÀ, IPOCRISIA,
RETICENZA E DOLORE. Aracne, 2012.
13
Iarc, MONOGRAPHS ON THE EVALUATION OF CARCINOGENIC RISKS TO HUMANS, Volume 14, Asbestos, Summary Of
Data Reported And Evaluation, Asbestos, Last Updated: 26 March 1998.
CAPITOLO I | 15
I dati riportati nella letteratura scientifica, peraltro non molto omogenei in riferimento ai
metodi di campionamento e analisi impiegati, evidenziano concentrazioni di fibre aerodisperse
estremamente variabili che vanno da valori di 0,0001 ff/l (fibre/litro) in aria ambiente fino a 50 ‐
100 ff/l in ambienti confinati con amianto friabile degradato (dati riferiti a misure in microscopia
elettronica).
Queste esposizioni, a lungo sottovalutate, determinano comunque un rischio per la salute in
quanto per i cancerogeni non vi sono soglie sotto le quali si è a riparo assoluto da ogni rischio, e
perché le fibre inalate nel tempo si accumulano nell’organismo e accrescono progressivamente il
rischio (probabilità) di provocare danni (soprattutto per gli anfiboli) e perché tra la popolazione
esposta sono compresi anche i bambini (si pensi alle scuole dove ancora oggi c’è amianto) i quali
hanno una lunga aspettativa di vita ed hanno perciò più possibilità di sviluppare il tumore; e perché
in questo tipo di esposizioni non ci sono mezzi di protezione delle vie respiratorie, a differenza di
coloro che sono professionalmente esposti, per i quali sono previsti criteri di precauzione,
sorveglianza e controllo.
Capitolo II
Il rischio amianto e le patologie asbesto correlate
SOMMARIO: 2.1 Il rischio amianto. 2.2 L’anamnesi lavorativa e le tecniche di identificazione dei diversi tipi di
asbesto. 2.3 La identificazione dell’agente patogeno e la diagnosi delle patologie asbesto correlate e la verifica del nesso
di causalità attraverso l’esame autoptico e istopatologico. 2.4 Le verruche da amianto e le altre manifestazioni cutanee.
2.5 Le pleuropatie asbesto correlate. 2.5.1 Le placche pleuriche e il loro meccanismo patogenetico. 2.5.2 L’ispessimento
pleurico. 2.5.3 Versamenti pleurici benigni. 2.5.4 Atelettasie rotonde. 2.5.5 Broncopneumopatia ostruttiva. 2.6
L’asbestosi. 2.7 La polmonite interstiziale desquamativa e la fibrosi interstiziale. 2.8 Il tumore del polmone. 2.9 Il
mesotelioma. 2.9.1 Il mesotelioma pleurico. 2.9.2 Il mesotelioma peritoneale. 2.9.3 Conclusioni in ordine al
mesotelioma. 2.10 Le patologie autoimmunitarie. 2.11 Tumore al pancreas ed amianto. 2.12 Le neoplasie dell’apparato
gastrointestinale. 2.13 L’asbesto nell’apparato riproduttivo. 2.14 I tumori della faringe e laringe. 2.15 Tumori
dell’apparato urogenitale (rene e prostata). 2.16 Tumori dei tessuti emolinfopoietici.
2.1 Il rischio amianto.
Tutte le fibre di amianto sono contaminano l’ambiente e ledono il corpo umano, in base alle
loro caratteristiche, dalla composizione chimica alla provenienza, dalla lunghezza e diametro al loro
rapporto, e alla capacità di dispersione; quest’ultima dipende pure dal tipo di utilizzazione e
lavorazione, e non solo dalla reattività di superficie e dalla loro biodurabilità, che già ne
condizionano la persistenza a livello alveolare o pleurico e i meccanismi patogenetici di fagocitosi
dei macrofagi o la formazione di granulomi14.
Le fibre di amianto hanno una capacità di penetrazione nel corpo umano inversamente
proporzionale al diametro, e quelle anfiboliche, perché rettilinee, attraversano più agevolmente il
tessuto polmonare e raggiungono la pleura rispetto a quelle di crisotilo che hanno una forma
ricurva; tutte sono cancerogene (la IARC - Monographs supplement 7, Asbestos [group 1]15
contempla tutti i tipi di asbesto tra le sostanze cancerogene del gruppo 1), senza che si possa
stabilire un livello di esposizione dell’essere umano sotto il quale non ci sia rischio di contrarre
cancro (come precisa ancora la IARC Monographs On The Evaluation Of Carcinogenic Risks To
Humans, Volume 14, Asbestos, Summary Of Data Reported And Evaluation, Asbestos, Last
Updated: 26 March 1998: ‘At present, it is not possible to assess whether there is a level of
exposure in humans below which an increased risk of cancer would not occur’16); per di più, ogni
esposizione aumenta il rischio di insorgenza ovvero diminuisce i tempi di latenza o aumenta la
progressione della patologia tumorale eventualmente innescata. ‘L’esposizione a qualunque tipo di
fibra e a qualunque grado di concentrazione in aria va pertanto evitata’ (Organizzazione Mondiale
della Sanità, 1986), per evitare che quantità minime di minerale, inalate o ingerite, possano far
ammalare chi è particolarmente predisposto o chi si trova in particolari condizioni enzimatiche.
L’entità e il tipo di esposizione incide sia sulla valutazione delle misure di prevenzione
primaria e secondaria che debbono essere eventualmente adottate, poiché evidentemente chi è stato
esposto alla crocitolite avrà una più elevata probabilità di contrarre mesotelioma, rispetto a chi lo è
14
Donaldson K, Murphy FA, Duffin R, Poland CA. ASBESTOS, CARBON NANOTUBES AND THE PELURAL MESOTHELIUM:
A REVIEW OF THE HYPOTHESIS REGARDING THE ROLE OF LONG FIBRE RETENTION IN THE PARIETAL PLEURA,
INFLAMMATION AND MESOTHELIOMA. Part Fibre Toxicol. 2010; 22: 7:5.
15
IARC MONOGRAPHS SUPPLEMENT 7, Asbestos (group 1), 106-116, 1987.
16
Iarc MONOGRAPHS ON THE E VALUATION OF CARCINOGENIC RISKS TO HUMANS, Volume 14, Asbestos, Summary Of
Data Reported And Evaluation, Asbestos, Last Updated: 26 March 1998.
18 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
stato al crisotilo, anch’esso cancerogeno ma con una minore capacità patogenetica, sia sulla
valutazione medico-legale del danno e del nesso di causalità ove insorgano delle patologie asbesto
correlate.
2.2 L’anamnesi lavorativa e le tecniche di identificazione dei diversi tipi di asbesto.
L’anamnesi lavorativa al pari della identificazione della natura mineralogica delle fibre di
asbesto inalate assume un ruolo determinante per valutare la necessità di sorveglianza sanitaria e per
modularne il protocollo, come già evidenziato dal Prof. Emilio Sartorelli17:
“particolare importanza…, oltre ad un’accurata anamnesi lavorativa e ad uno studio
approfondito dei luoghi di lavoro e delle mansioni eseguite, anche la identificazione delle fibre
presenti nei materiali utilizzati durante le varie lavorazioni, nelle polveri sedimentate e
soprattutto nei liquidi di lavaggio bronco-alveolare; infatti l’identificazione della natura
mineralogica delle fibre di asbesto è determinante perchè, come è noto, l’azione patogena è
maggiore per gli asbesti di anfibolo rispetto all’asbesto di serpentino (crisotilo)”.
I vari tipi di asbesto contenuti nei materiali possono essere identificati, sempre seguendo
il prof. Pietro Sartorelli, attraverso diverse tecniche:
-
Microscopia ottica in contrasto di fase (impiegando il metodo della dispersione cromatica);
Diffrattometria a raggi X;
Spettroscopia infrarossa;
Microscopia elettronica a scansione con sonda per la microanalisi dei raggi X in dispersione
di energia;
- Microscopia elettronica a trasmissione con sonda per la microanalisi dei raggi X in
dispersione di energia.
Tutte le tecniche analitiche sopra elencate presentano caratteristiche che, a seconda dei casi, ne
limitano o ne richiedono l’utilizzo esclusivo di alcune piuttosto che di altre.
L’analisi sui materiali viene normalmente eseguita mediante microscopia ottica in contrasto di
fase impiegando il metodo della dispersione cromatica, o diffrattometria a raggi X o spettroscopia
infrarossa. Tali tecniche presentano limitazioni dovute sia ai limiti di rivelabilità strumentali, sia al
fatto che, ad esempio, la diffrattometria e la spettroscopia infrarossa non sono in grado di distinguere,
dei vari minerali, le forme fibrose da quelle non fibrose ed, inoltre sono possibili interferenze in
presenza di matrici complesse.
Da quanto sopra riportato emerge che non sempre l’analisi qualitativa effettuata con le
metodiche analitiche descritte può dare una risposta certa sulla presenza e sulla natura dell’asbesto
esistente in un campione quando questo sia inglobato in matrice complessa; per questo motivo si rende
necessario l’utilizzo della microscopia elettronica in quanto è l’unica metodica che consente, mediante
la sonda per la microanalisi di raggi X in dispersione di energia, di risalire alla composizione in ossidi
degli elementi presenti nella singola fibra che stiamo analizzando.
Per qualificare e quantificare l’esposizione personale, è decisivo lo studio del BAL,
attraverso il quale si possono ricavare dati scientificamente apprezzabili, sui quali modulare il
programma di sorveglianza sanitaria, e come prova documentale per ottenere l’accredito delle
maggiorazioni contributive e il riconoscimento di eventuali patologie asbesto-correlate che
dovessero insorgere:
“Il risultato derivante dallo studio mediante microscopia ottica del BAL è sicuramente un
indicatore dell’esposizione passata ad asbesto, in quanto documenta la presenza o meno dei
corpuscoli di asbesto; tale presenza fa sicuramente da discriminante tra la popolazione esposta e
17
Emilio Sartorelli, MANUALE DI MEDICINA DEL LAVORO, Piccin-Nuova Libraria, 1998.
CAPITOLO II | 19
quella non esposta, anche se è noto che possono essere rilevati corpuscoli dell’asbesto
nell’escreato e nel BAL di soggetti non esposti abitanti in aree urbane, ma anche in zone rurali.
Tuttavia, mentre si possono osservare corpuscoli dell’asbesto occasionali (concentrazioni < 1
per ml) anche in non esposti, la presenza di corpi dell’asbesto in concentrazioni superiori a 1 per
ml dimostra una forte correlazione con il carico polmonare di fibre e quindi anche
un’esposizione professionale significativa.
I corpuscoli dell’asbesto rappresentano una reazione dell’organismo alle fibre di asbesto
penetrate nei tessuto polmonare e possono essere osservati nei preparati istologici in sede
interstiziale od endoalveolare donde possono essere espulsi con l’escreato. Essi sono costituiti
da una fibra di asbesto della lunghezza di 15-100 micron avvolta da un mantello proteico ricco
di ferro, con meccanismo di formazione extracellulare per quelli originati dalle fibre lunghe ed
intracellulare (nei macrofagi) per quelli originati dalle fibre corte che possono essere
interamente fagocitate.
Quindi l’analisi del lavaggio broncoalveolare eseguita mediante microscopia ottica a contrasto
di fase per la determinazione della concentrazione dei corpuscoli di asbesto è importante perchè
fornisce un’indicazione dell’entità della passata esposizione; tuttavia tale tecnica analitica non
consente di individuare la natura mineralogica nè delle fibre nude, nè del “core” dei corpuscoli
di asbesto parzialmente ricoperti da ferro-proteine; pertanto, per utilizzare al massimo le
informazioni che ci possono derivare dal lavaggio broncoalveolare al fine di confermare
l’esposizione occupazionale ad asbesto è necessario eseguire un’analisi delle fibre nel BAL
mediante microscopia elettronica a scansione o a trasmissione con sonda per la microanalisi dei
raggi X in dispersione di energia.
Tale tecnica analitica consente inoltre di rilevare (a causa del maggior potere risolutivo) anche
le fibre ultrasottili che con la microscopia ottica risultano non visibili”.
Il grado di rischio è proporzionale all’entità dell’esposizione, per durata ed intensità, e
influenzato dalla serie del minerale e dal suo impiego e lavorazione, che ne determina la capacità di
suddivisione longitudinale, in fibre sempre più sottili, ed è proporzionale alle caratteristiche del
materiale. Inoltre, l’individuazione del grado di rischio permette di attivare la prevenzione primaria
per chi non è stato esposto, e quella secondaria per quei pazienti per i quali è stato eseguito l’esame;
infine, permette di evitare future esposizioni che comunque influiscono aggravandone le
conseguenze di quelle pregresse, e di avere a disposizione uno strumento investigativo
fondamentale per affermare il nesso di causalità.
2.3 La identificazione dell’agente patogeno, la diagnosi delle patologie asbesto correlate
e la verifica del nesso di causalità attraverso l’esame autoptico e istopatologico.
Ci sono alcuni casi nei quali le patologie asbesto correlate determinano la morte del paziente
senza essere state preventivamente diagnosticate, poiché spesso sono asintomatiche, non solo per
quanto riguarda l’asbestosi, come già segnalato nel 1949 da Canepa18 e Franchini: questi, nel
sottoporre ad esame autoptico un coibentatore di navi deceduto per infortunio, vi riscontrarono una
estesa fibrosi polmonare che non era stata rilevata nei controlli clinici; che non era emersa dagli
esami radiologici periodici; che non era accompagnata da alcun sintomo dispnoico, e che rendeva
evidente come la stessa potesse essere diagnosticata soltanto in uno stadio relativamente avanzato.
Anche Boglioli L.R., Taff. M.L., Spitz W.U., Gordon R.E., in ‘Sudden death o fan elderly man with
multiple malignant neoplasms (Morte improvvisa di un uomo affetto da diverse neoplasie maligne)’
{AM J Forensic Med Pathol. 12, 265-271, 1991} descrivono un caso di decesso immediato e inspiegabile
18
A. Franchini, G. Canepa, CONTRIBUTO
Lav. 40 (6-7) : 161-172, 1949.
ALLO STUDIO ANATOMO- PATOLOGICO DELL’ ASBESTOSI POLMONARE,
Med.
20 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
senza ci fosse stata una esatta diagnosi e identificazione della causa della morte, emersa soltanto in
seguito all’esame autoptico19:
“With the lengthening of the human life span, cancer has become an increasingly important
medical problem for the aged. It is not uncommon to find multiple primary neoplasms in elderly
individuals. We recently investigated the death of an elderly man who had died suddenly and
had three incidental malignant neoplasms, including a pleural mesothelioma, first diagnosed at
autopsy. The importance of performing a complete medicolegal autopsy for epidemiological
and statistical purposes is emphasized”.
La diagnosi precisa e la identificazione delle caratteristiche mineralogiche del tipo di fibre
inalate, e la loro influenza nell’innesco di un eventuale processo cancerogeno è possibile anche con
l’esecuzione dell’esame istologico per la quale sono necessari 100 mg di tessuto, come si evince in
uno studio di Wu M., Gordon R.E., Herbert R., Padilla M., Moline J., Mendelson D., Litle V.,
Travis W.D., Gil J., eseguito su alcuni pazienti che, trovandosi nel settembre del 2001 trovavano nei
pressi del World Trade Center, erano rimasti esposti alle polveri che avevano invaso Manhattan in
seguito al crollo delle Torri Gemelle e che avevano contratto delle pneumopatie:
“CONTEXT: After the collapse of the World Trade Center (WTC) on 11 September 2001, a
dense cloud of dust containing high levels of airborne pollutants covered Manhattan and parts
of Brooklyn, New York. Between 60,000 and 70,000 responders were exposed. Many reported
adverse health effects. CASE PRESENTATION: In this report we describe clinical, pathologic,
and mineralogic findings in seven previously healthy responders who were exposed to WTC
dust on either 11 September or 12 September 2001, who developed severe respiratory
impairment or unexplained radiologic findings and underwent video-assisted thoracoscopic
surgical lung biopsy procedures at Mount Sinai Medical Center. WTC dust samples were also
examined. We found that three of the seven responders had severe or moderate
restrictive disease clinically. Histopathology showed interstitial lung diseaseconsistent with
small airways disease, bronchiolocentric parenchymal disease, and nonnecrotizing
granulomatous condition. Tissue mineralogic analyses showed variable amounts of sheets of
aluminum and magnesium silicates, chrysotile asbestos, calcium phosphate, and calcium
sulfate. Small shards of glass containing mostly silica and magnesium were also found. Carbon
nanotubes (CNT) of various sizes and lengths were noted. CNT were also identified in four of
seven WTC dust samples. DISCUSSION: These findings confirm the previously reported
association between WTC dust exposure and bronchiolar and interstitial lung disease. Longterm monitoring of responders will be needed to elucidate the full extent of this problem. The
20
finding of CNT in both WTC dust and lung tissues is unexpected and requires further study” .
19
Questo studio è stato oggetto di esame da parte del Prof. Giancarlo Ugazio nella sua pubblicazione
ASBESTO/AMIANTO. IERI, OGGI, DOMANI. VIAGGIO TRA VERITÀ, IPOCRISIA, RETICENZA E DOLORE, Ed. Aracne, Roma,
luglio 2012, pag. 57. Sintesi: “Con l’allungamento dell’arco vitale dell’uomo, il cancro è divenuto un problema
sanitario d’importanza crescente per l’anziano. Non è raro trovare neoplasie multiple primarie nell’anziano. Di recente,
noi abbiamo eseguito ricerche sulla morte di un uomo attempato che era deceduto improvvisamente ed era portatore di
tre neoplasie maligne occasionali, comprendenti un mesotelioma pleurico, diagnosticato per la prima volta all’autopsia.
Abbiamo rilevato l’importanza di eseguire l’autopsia con approccio medico-legale finalizzato al rilievo epidemiologico
e statistico”.
20
Wu M., Gordon R.E., Herbert R., Padilla M., Moline J., Mendelson D., Litle V., Travis W.D., Gil J., CASE REPORT:
LUNG DISEASE IN WORLD TRADE CENTER RESPONDERS EXPOSED TO DUST AND SMOKE: CARBON NANOTUBES FOUND IN
THE LUNGS OF WORLD TRADE CENTER PATIENTS AND DUST SAMPLES (REPERTO CLINICO: PNEUMOPATIA IN SOGGETTI
ESPOSTI NEL WORLD TRADE CENTER A POLVERE E FUMO: RITROVAMENTO DI NANOTUBI DI CARBONIO NEI POLMONI E NEI
CAMPIONI DI POLVERE), Environ Health Perspect. 118, 499-504, 2010. Questo studio è stato oggetto di esame da parte
del Prof. Giancarlo Ugazio nella sua pubblicazione ASBESTO/AMIANTO. IERI, OGGI, DOMANI. VIAGGIO TRA VERITÀ,
IPOCRISIA, RETICENZA E DOLORE, Ed. Aracne, Roma, luglio 2012, pag. 59. Sintesi: “Contesto: dopo il crollo del World
CAPITOLO II | 21
Questi esami hanno permesso di affermare la sussistenza del nesso di causalità tra queste
patologie e l’esposizione a polveri e fibre di amianto del WTC, poiché l’esame istopatologico
dimostra la pneumopatia interstiziale e l’analisi mineralogica del tessuto evidenzia la presenza di
quantità variabili di lamelle di silicati di alluminio, magnesio, di asbesto crisotilo, etc. Questi esami
hanno rilevanza anche nella ricerca e nella cura dei mesoteliomi, come dimostrato in un altro studio
eseguito da Chahinian A.P., Kirschner P.A., Gordon R.E., Szrajer L., Holland J.F. i quali attraverso
l’esame istopatologico oltre che ad avere conferma della esattezza della diagnosi, hanno potuto
ottenere delle cellule tumorali che hanno impiantato nel topo nudo, sul quale sperimentare
l’efficacia di diverse terapie, oltre che verificarne il nesso causale21:
“A patient with malignant mesothelioma experienced tumor recurrence 3 months after
pleuropneumonectomy. Samples of the tumor were transplanted into nude mice to assess
chemosensitivity. There was close concordance between the results in xenografts and the
clinical outcome in this patient. Both mitomycin and to a lesser extent cisplatin were effective as
single agents against the nude mouse xenografts, and the combination of these two drugs
produced a complete response both in the patient and in the xenografts. The patient survived 18
months from onset of chemotherapy and 24 months from diagnosis. The duration of clinical
complete response to chemotherapy was 14 months, despite the fact that mitomycin, the most
effective agent against the xenografts, was discontinued after only two cycles because
the patient developed pulmonary toxicity. This directpatient-xenograft correlation further
validates the usefulness of the nude mouse model in the search for effective therapies for
malignant mesothelioma, a tumor characterized by frequent refractoriness to most available
Trade Center (WTC), l’11 settembre 2001, una densa nube di polvere con un elevato contenuto di inquinanti
aerodispersi coprì Manhattan e parti di Brooklyn, New York. Furono esposti tra 60.000 e 70.000 individui. Molti
riferirono severi disturbi di salute. Presentazione dei casi: in questo rapporto noi riferiamo i reperti clinici, patologici,
mineralogici in sette individui, in precedenza sani, che furono esposti alla polvere del WTC l’11 o il 12 settembre 2001,
e che svilupparono gravi patologie respiratorie o inspiegabili reperti radiologici e furono sottoposti a biopsia polmonare
in video-toracoscopia presso il Centro Medico del Mount Sinai. Furono esaminati anche campioni della polvere del
WTC. Trovammo che tre dei setti individui presentavano una condizione clinica di grave o moderata riduzione
funzionale respiratoria. L’esame istopatologico evidenziò una pneumopatia interstiziale, consistente in sofferenze delle
vie aeree di minor calibro, in sofferenza parenchimale bronchiolocentrica con formazioni granulomatose non
necrotizzanti. Le analisi mineralogiche del tessuto mostrarono la presenza di quantità variabili di lamelle di silicati di
alluminio e di magnesio, di asbesto crisotilo, di fosfato di calcio, e solfato di calcio. Furono trovati anche piccoli
frammenti di vetro contenenti soprattutto silicio e magnesio. Furono osservati anche nano tubi di carbonio (CNT) di
diverso calibro e lunghezza. Furono identificati anche CNT in quattro dei sette campioni di polvere del WTC.
Discussione: questi reperti confermano l’associazione, riferita in precedenza, tra l’esposizione alla polvere del WTC e la
pneumopatia interstiziale. Sarà necessario un monitoraggio a lungo termine dei soggetti per chiarire completamente
questo problema. Il reperto dei CNT sia nella polvere del WTC sia nel tessuto polmonare era inatteso e richiede di
essere ulteriormente studiato”.
21
Chahinian A.P., Kirschner P.A., Gordon R.E., Szrajer L., Holland J.F., USEFULNESS OF THE NUDE MOUSE MODEL IN
MESOTHELIOMA BASED ON A DIRECT PATIENT-XENOGRAT COMPARISON (UTILITÀ DEL MODELLO DEL TOPO NUDO NEL
MESOTELIOMA BASATO SUL PARAGONE DIRETTO PAZIENTE-TRAPIANTO), Cancer. 68, 558-560, 1991. Questa
pubblicazione che traduce le ricerche dirette dal Prof. Gordon è stata assunta in esame dal Prof. Giancarlo Ugazio nella
sua pubblicazione ASBESTO/AMIANTO. IERI, OGGI, DOMANI. VIAGGIO TRA VERITÀ, IPOCRISIA, RETICENZA E DOLORE, Ed.
Aracne, Roma, luglio 2012, pag. 57. Sintesi: “Un paziente affetto da mesotelioma maligno andò incontro alla recidiva
del tumore tre mesi dopo la pleuropneumectomia chirurgica. Frammenti del tessuto tumorale furono impiantati in topi
nudi per esaminare la chemio sensibilità. Ci fu una stretta concordanza tra i risultati nell’impianto eterologo e
l’evoluzione clinica in questo paziente. Sia la mitomicina, sia il cisplatino, anche se in minor misura, furono efficaci
come agenti singoli contro l’impianto eterologo nel topo nudo, e la combinazione di questi due farmaci produceva una
risposta completa sia nel paziente sia negli impianti eterologhi. Il paziente sopravvisse 18 mesi dall’inizio della
chemioterapia e 24 mesi dalla diagnosi. La durata della completa risposta clinica fu di 14 mesi, nonostante il fatto che la
mitomicina, il farmaco più efficace contro gli impianti, fosse interrotto dopo soli due cicli perché il paziente aveva
sviluppato effetti tossici sul polmone. Questa correlazione diretta paziente-impianto eterologo convalida ulteriormente
l’utilità del modello del topo nudo nella ricerca di terapie efficaci del mesotelioma maligno, un tumore caratterizzato
dalla frequente refrattarietà verso i farmaci disponibili”.
22 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
agents”.
L’esame istologico del tessuto dell’organo bersaglio del paziente, permette di verificare e
quantificare la eventuale esposizione, per entità e tipo, ma anche, a differenza del BAL, quale sia la
provenienza del minerale e il luogo dove è stato utilizzato, e quindi permette di accertare
scientificamente e giuridicamente il nesso di causalità, attraverso la individuazione del luogo e del
periodo di esposizione: in definitiva, qualora l’esposizione fosse occupazionale permette di risalire
alla identificazione del titolare dell’obbligo di garanzia e di affermarne le responsabilità civili e
penale e con esse quelle del datore di lavoro22.
Heller D.S., Gordon R.E., già nel 1991, hanno pubblicato un caso di tumore polmonare, che si
riteneva fosse stato causato dall’esposizione professionale all’amianto, per il quale erano già decorsi
10 anni, e non c’era tessuto polmonare sufficiente per una ricerca diretta delle fibre; poiché la
vedova aveva conservato fazzoletti di carta contenenti campioni dell’espettorato dell’estinto raccolti
prima del decesso, ne è stato raschiato il materiale e l’esame della microspia elettronica, ha
permesso di evidenziare la presenza di asbesto, crisotilo e amosite, e quindi di confermare l’origine
occupazionale della patologia asbesto correlata: in questo caso la vedova ha ottenuto il risarcimento
dei danni23.
In altri casi gli studi istopatologici hanno permesso di evidenziare il nesso causale anche di
altre patologie che fino ad ora non erano state associate all’esposizione all’asbesto, tra le quali la
polmonite interstiziale desquamativa e la fibrosi interstiziale, come dimostrato da Freed J.A., Miller
A., Gordon R.E., Fischbein A., Kleinerman J., Langer A.M., attraverso uno studio che parte
dall’esame bioptico del polmone a cielo aperto eseguito su un paziente, già adibito ad attività nel
settore edile, che ne era affetto: nelle sezioni istologiche ottenute col microtomo congelatore fu
osservata una sola formazione ferruginosa, mentre l’esame al microscopio elettronico mostrò un
eccezionale carico polmonare di polveri minerali, specialmente un’alta concentrazione di fibre
ultramicroscopiche di asbesto crisotilo, tanto che si è potuto concludere che ne fosse l’agente
eziologico24.
22
Come suggerito dal Prof. Ronald Gordon, che in data 24 ottobre 2011 ha ricevuto l’autore presso il Department of
Pathology, Mount Sinai School of Medicine, City University of New York (NY 10029-6574).
23
Heller D.S., Gordon R.E., DEMONSTRATION OF ASBESTOS FIBERS IN A TEN-YEAR-OLD SPUTUM SAMPLE
(DIMOSTRAZIONE DI FIBRE D’ASBESTO IN UN CAMPIONE DI SPUTO VECCHIO DI 10 ANNI), Am J Ind Med. 20, 415-419,
1991, il cui abstract da Giancarlo Ugazio in ASBESTO/AMIANTO, IERI, OGGI E DOMANI, VIAGGIO TRA VERITÀ, IPOCRISIA,
RETICENZA E DOLORE, a pag. 55, con la traduzione in italiano: “Il contributo di una precedente esposizione ad asbesto
all’insorgenza di successivi tumori maligni, soprattutto nel polmone, è stato un tema di grande interesse scientifico. In
anni recenti, questa correlazione è stata la molla per un rilevante contenzioso legale. In questo momento, la correlazione
tra asbesto e cancro polmonare è ben accettata. Sono disponibili eccellenti tecniche per l’identificazione dei corpuscoli
dell’asbesto e delle fibre nei tessuti mediante microscopia luce e microscopia elettronica, a patto che si possano avere
campioni di tessuto per le ricerche. Recentemente noi abbiamo incontrato un caso di carcinoma polmonare in un
soggetto con una storia anamnestica di esposizione lavorativa ad asbesto che era deceduto dieci anni prima. La diagnosi
del tumore maligno fu fatta per mezzo dell’esame istologico di una metastasi in un linfonodo della regione del muscolo
scaleno. Non c’era tessuto polmonare disponibile per una ricerca diretta. Ci fu fatto sapere che la vedova del lavoratore
deceduto aveva conservato fazzoletti di carta contenenti campione dell’espettorato dell’estinto raccolti prima del suo
decesso. Noi siamo stati in grado di dimostrare un rilevante carico di asbesto, crisotilo e amosite, esaminando mediante
microscopia elettronica il materiale raschiato via da questi fazzoletti di carta”.
24
Freed J.A., Miller A., Gordon R.E., Fischbein A., Kleinerman J., Langer A.M., DESQUAMATIVE INTERSTITIAL
PNEUMONIA ASSOCIATED WITH CHRYSOTILE ASBESTOS FIBRES (POLMONITE INTERSTIZIALE DESQUAMATIVA CORRELATE
CON LE FIBRE DI ASBESTO CRISOTILO), Br J Ind Med. 48, 332-337, 1991, nella cui pubblicazione in Italia da parte di
Giancarlo Ugazio, in “Asbesto/amianto, ieri, oggi, domani, viaggio tra verità, ipocrisia, reticenza e dolore”, e nella
traduzione in italiano della sintesi dell’autore: “L’attività produttiva delle pareti a secco, in passato, è stata correlata con
l'esposizione alle fibrille aero disperse d’asbesto. Questa pubblicazione riferisce il caso di un lavoratore addetto alla
costruzione di pareti a secco, con 32 anni di esposizione, che sviluppò dispnea e una riduzione della capacità degli
scambi gassosi, e presentava opacità irregolari diffuse sulla radiografia toracica. Egli non rispose al trattamento con
CAPITOLO II | 23
Molti datori di lavoro, alle istanze risarcitorie delle vittime, oppongono la ubiquitaria presenza
dell’amianto nei luoghi di vita e concludono per la natura non professionale della patologia: questo
tipo di accertamenti permette, invece, non solo di determinare l’entità dell’esposizione, ma
soprattutto il tipo di fibre e le caratteristiche mineralogiche, di risalire all’impiego e dunque al luogo
di esposizione, permettendo di determinare con ragionevole certezza la responsabilità civile e
penale.
Questo risultato si ottiene anche ove si volesse negare la legge scientifica fondata sul modello
multistadio della cancerogenesi, che si basa sull’evidenza scientifica della rilevanza di ogni
esposizione morbigena per l’insorgenza di qualsiasi patologia asbesto correlata, ivi compreso il
mesotelioma: oggi, ogni tentennamento rispetto alla teoria della trigger dose sembra ormai
superato, anche in ambito giudiziale25, poiché si è giunti alla conclusione che ogni esposizione,
anche quelle successive, incidono sul meccanismo della riparazione e sulle capacità immunitarie,
fino a far aumentare il rischio, diminuire la latenza e potenziare il processo neoplastico26. Viene a
determinarsi, quindi, la responsabilità di tutti coloro che detenevano le posizioni di garanzia e che
erano tenuti ad evitare l’evento. Se anche si volesse accogliere per il mesotelioma l’altra teoria, è
evidente che gli esami scientifici permetterebbero e permettono comunque e in ogni caso di risalire
alle fibre che hanno determinato l’insorgenza della patologia e quindi ad individuare le
responsabilità.
2.4 Le verruche da amianto e le altre manifestazioni cutanee.
Nel 1953 un medico della Clinica Dermatologica dell’Università di Genova, Dott. Farris,
pubblicò ‘Verruche da amianto ed altre manifestazioni cutanee nei lavoratori dei ‘coibenti’’27, con
una casistica di lesioni dermatologiche negli addetti alla coibentazione delle navi; gli operai che
erano stati a contatto con materiali contenenti amianto (per lo più cordone-amianto, capisolite,
amosite, magnesia-amianto, tela-amianto, fibretta-amianto e martinite), presentavano spesso le
cosiddette “verruche da amianto”, cioè elementi papulo-nodulari di tipo granulomatoso, al centro
dei quali è possibile rinvenire frammenti di fibre di amianto; tali lesioni insorgevano e possono
insorgere alle mani, o in altre parti del corpo, nei soggetti che non usano guanti protettivi.
2.5 Le pleuropatie asbesto correlate.
Le fibre di amianto oltre a determinare l’insorgenza dell’asbestosi e di altre pneumoconiosi
determinano anche l’insorgenza delle pleuropatie, la cui patogenesi è riconducibile alla migrazione
delle fibre di amianto nella cavità pleurica, poiché una volta inalate esse tendono ad accumularsi
alla periferia del polmone a causa dell’azione di disseminazione operata dai vasi linfatici drenanti in
corticosteroidi. L’esame bioptico del polmone a cielo aperto dimostrò una polmonite interstiziale desquamativa. Nelle
sezioni istologiche ottenute col microtomo congelatore fu osservata una sola formazione ferruginosa, tuttavia l’esame al
microscopio elettronico mostrò un eccezionale carico polmonare di polveri minerali, specialmente un’alta
concentrazione di fibre di asbesto crisotilo. Questo lavoro pone l’accento sulla necessità di considerare le fibre di
asbesto come agente eziologico della polmonite interstiziale desquamativa. Anche la lieve fibrosi interstiziale presente
in questo caso è considerata come conseguenza dell’esposizione alla polvere minerale, soprattutto alle fibre
ultramicroscopiche d’asbesto”.
25
Tra le altre, Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, 11.07.2011, n. 15159; Corte di Cassazione, Sezione Lavoro,
16.02.2012, n. 2251.
26
E. Bonanni, G. Ugazio, PATOLOGIE AMBIENTALI E LAVORATIVE, MCS-AMIANTO&GIUSTIZIA, Edizioni Minerva
Medica, Torino 2011.
27
G. Farris, VERRUCHE DA AMIANTO ED ALTRE MANIFESTAZIONI CUTANEE NEI LAVORATORI DEI “COIBENTI”, Rass. Med.
Ind.,12 (1) : 1-17, 1953.
24 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
senso centrifugo verso il plesso sottopleurico28. Le pleuropatie determinano l’insorgenza di placche
pleuriche, ispessimento pleurico diffuso, versamenti pleurici benigni, atelettasie rotonde e
broncopatia ostruttiva.
2.5.1 Le placche pleuriche e il loro meccanismo patogenetico.
Le placche pleuriche sono ispessimenti che interessano la pleura parietale, e sono di norma
multiple, bilaterali, in qualche caso simmetriche con estensione e spessore variabili, ad eccezione
degli apici e seni costofrenici, e possono calcificare.
Questa pleuropatia è un’affezione morbosa29, che costituisce il presupposto fondamentale sul
quale fondare la diagnosi30, e per valutare l’intensità della pregressa esposizione, anche per
esprimere un giudizio in ordine al nesso causale di eventuali patologie tumorali.
Spesso aumentano di volume nel tempo; i versamenti durano a lungo e tendono a recidivare
dopo il drenaggio; presentano (a) il quadro clinico paucisintomatico, (b) il quadro radiologico con
placche localizzate inizialmente in sede parieto-basale o in corrispondenza del tratto centrale del
diaframma, (c) il quadro funzionale con deficit di tipo restrittivo31, senza riduzione della diffusione
alveolo-capillare.
Le fibre di amianto sono trasportate per via linfatica nel cavo pleurico e qui esercitano
un’azione irritativa diretta sulla superficie pleurica innescando la reazione infiammatoria delle
cellule mesoteliali, le quali inglobano le fibre di asbesto e producono collagene, elastina, laminina e
fibronectina, elementi tutti che costituiscono la matrice connettivale-extracellulare della placca,
come evidenziato da McLoud et al.32.
Hillerdal G.33 descrive questo meccanismo e più recentemente sempre Hillerdal, avvalorato
anche da Craighead, Rosenstock e Churg34, ha dimostrato come l’esposizione alle fibre di amianto
28
A tutte le pleuropatie benigne deve essere attribuito il significato di indicatori di pregressa esposizione ad amianto.
P. Boffetta, HEALTH EFFECTS OF ASBESTOS E XPOSURE IN HUMANS: A QUANTITATIVE ASSESSMENT, Med. Lav. 1998;
89: 471-480.
30
J.E. Cotes, J. Steel, WORK RELATED LUNG DISORDERS, Ed. Blackwell Scientific Publications, 1987.
31
M.R. Beckelake, ASBESTOS RELATED DISEASES OF THE LUNG AND OTHER ORGANS, Am. Rev. Resp. Dis.,1976, 114,
187 – 227.
32
McLoud TC, Woods BO, Carrington CB, et al. DIFFUSE PLEURAL THICKENING IN AN ASBESTOS-EXPOSED POPULATION:
PREVALENCE AND CAUSES. AJR 1985;144:9-18. Abstract: “Two types of pleural reaction have been described in
association with asbestos exposure: pleural plaques and diffuse pleural thickening. This study was undertaken to
determine the prevalence and causes of diffuse thickening in asbestos-exposed persons. Serial chest radiographs in 1373
exposed individuals and 717 controls were interpreted according to the ILO scheme by two B readers. Diffuse pleural
thickening was defined as a smooth, noninterrupted pleural density extending over at least one-fourth of the chest wall,
with or without costophrenic angle obliteration. Among the exposed group, plaques and diffuse thickening occurred
with almost equal frequency, 16.5% and 13.5%, respectively. Of the 185 cases with diffuse thickening, the radiographic
appearance was most often due to the residual of a benign asbestos effusion (31.3%) or confluent plaques (25.4%). The
most commonly held explanation of diffuse thickening, an extension of pulmonary fibrosis to the visceral and parietal
pleura, was actually infrequent (10.2%). Among the group with diffuse thickening without asbestosis, the forced vital
capacity and single-breath diffusing capacity were significantly lower than those of comparable normal persons and
those with confluent plaques”.
33
Hillerdal G. THE PATHOGENESIS OF PLEURAL PLAQUES AND PULMONARY ASBESTOSIS: POSSIBILITIES AND
IMPOSSIBILITIES. Eur J Respir Dis 1980; 61:129-138. Abstract: “None of the various existing theories on
the pathogenesis of pleura plaques (PP) is able to explain their peculiarities. Knowledge of physiology of the lung and
pleura and in particular its lymphatic system as well as cellular activities when the cells are exposed to asbestos is
necessary when discussing these problems. Short asbestos fibres when phagocytosed by macrophages will activate these
cells to produce various substances, among them a factor that will stimulate fibroblasts to produce more collagen. Some
of the small fibres will spread towards the visceral pleura of the lung, just like all inhaled dusts. Once in the visceral
pleura, some of them will penetrate to the pleural space. There, they will follow the normal lymph flow from the pleural
space, which is exclusively through the parietal pleura. Finally, in passing through the parietal pleura, a portion will
remain in macrophages there, causing a low-grade stimulation of the submesothelial fibroblasts. After some decades,
this will result in visible PP”.
29
CAPITOLO II | 25
aumenta il rischio di carcinoma bronchiale: su una coorte di 1.596 soggetti con placche pleuriche
identificati dal 1963 al 1985, egli ha riscontrato un rischio di tumore del polmone pari a 1,4 e di
mesotelioma pleurico a 11,25, con latenze medie superiori ai 40 anni35.
Le placche pleuriche sono solitamente asintomatiche e la diagnosi è prevalentemente
radiologica e si giova di proiezioni oblique con la diagnostica tradizionale, appaiono peraltro molto
evidenti all’indagine con High Resolution Computed Tomography (HRCT).
Nel caso di estensione marcata degli ispessimenti, se lo spessore è di almeno 5 mm con
estensione ad almeno il 25% della parete toracica bilaterale o obliterazione di entrambi i seni costofrenici, si parla di ‘fibrosi pleurica diffusa’. In questi casi non si tratta più solo di un segno di
esposizione, ma di un’affezione morbosa da amianto36, che comporta una riduzione della
compliance torace-polmone, con conseguente indebolimento complessivo dell’apparato
respiratorio, che comunque risulta alterato e con esso la funzione respiratoria e la capacità di
diffusione alveolo-capillare, anche in assenza di segno radiologico di fibrosi interstiziale.
Miller A., Lilis R., Godbold J. mettono in evidenza la riduzione della capacità vitale forzata
(CVF)37:
“Radiographic evidence of interstitial fibrosis (IF) secondary to asbestos inhalation (using the
International Labour Office [ILO] profusion of small irregular opacities) was compared with
FVC as an independent indicator of IF. In addition, spirometric indices of airflow (FEV1/FVC
and FET25-75%) were correlated with the radiographic profusion score. A study of 2,611 longterm insulators was well designed for these analyses since all subjects were from the same
trade, there were sufficient (n = 515) nonsmokers to assess the effects of asbestos exposure in
the absence of smoking, most (60%, n = 1,557) of the workers had parenchymal abnormalities
34
Craighead JE, Mossman BT. THE PATHOGENESIS OF ASBESTOS-ASSOCIATED DISEASES. N Eng J Med 1982;307:14461455; Rosenstock L, Hudson LD. NONMALIGNANT ASBESTOS-INDUCED PLEURAL DISEASE. Semin Respir Med
1986;7:197-202; Churg A. THE PATHOGENESIS OF PLEURAL PLAQUES. Indoor Built Environ 1997;6:73–78.
35
Hillerdal G, Henderson DW. ASBESTOS, ASBESTOSIS, PLEURAL PLAQUES AND LUNG CANCER. Scand J Work Environ
Health 1997; 23:93–103. Abstract: “Inhalation of asbestos fibers increases the risk of bronchial carcinoma. It has been
claimed that asbestosis is a necessary prerequisite for the malignancy, but epidemiologic studies usually do not have
enough statistical strength to prove that asbestos-exposed patients without asbestosis are without risk. Several recent
studies do actually indicate that there is a risk for such patients. In addition, case-referent studies of patients with lung
cancer show an attributable risk for asbestos of 6% to 23%, which is much higher than the actual occurrence of
asbestosis among these patients. Thus there is an increasing body of evidence that, at low exposure levels, asbestos
produces a slight increase in the relative risk of lung cancer even in the absence of asbestosis. Consequently, all
exposure to asbestos must be minimized”. Questo studio è citato anche nella sentenza del Tribunale Penale di Torino, n.
565, che ha definito il giudizio n. 24265/04 R.G. notizie di reato e n. 5219/09 R.G. Tribunale (Processo Eternit).
36
G.Chiappino, G. Pierucci, BENIGN PLEUROPATHIES DUE TO ASBESTOS: THEIR CLINICAL PROGNOSTIC SIGNIFICANCE
AND THE MEDICOLEGAL ASPECTS, Med. Lav., 1992, 83 (3) p 244 –8.
37
Miller A, Lilis R., Godbold J., et al., RELATIONSHIP OF PULMONARY FUNCTION TO RADIOGRAPHIC INTERSTITIAL
FIBROSIS IN 2,611 LONGTERM ASBESTOS INSULATORS: AN ASSESSMENT OF THE INTERNATIONAL LABOUR OFFICE
PROFUSION SCORE, Am Rev Respir Dis 1992;145: 263–270. Sintesi autore: “L’evidenza radiografica di fibrosi
interstiziale (IF) secondaria a inalazione di amianto (utilizzando l'Ufficio internazionale del lavoro [OIL] profusione di
piccole opacità irregolari) è stato confrontato con FVC come indicatore indipendente di IF. Inoltre, gli indici
spirometrici di flusso d'aria (FEV1/FVC e FET25-75%) sono stati correlati con il punteggio di profusione radiografico.
Uno studio su 2.611 isolatori a lungo termine è stato messo in atto per queste analisi; nello studio sono stati presi in
considerazione soggetti che svolgevano la medesima attività professionale. Sono stati sufficienti (n = 515) non fumatori
per valutare gli effetti dell'esposizione all'amianto in assenza di fumo, la maggior parte (60%, n = 1.557) dei lavoratori
ha presentato anomalie parenchimali (punteggio maggiore o uguale a 1/0), e c'era una maggiore prevalenza di punteggi
più alti che in altre serie pubblicate (347 lavoratori o 13,3% avevano un punteggio maggiore o uguale a 2 / 1).
Guardando a tutti i soggetti, la FVC è diminuita come punteggio di maggiore profusione. La FVC era anormale (88,0%
del predetto), anche quando il punteggio era chiaramente profusione normale (0/0). La FVC era più bassa in qualsiasi
punteggio nei fumatori e nei lavoratori con ispessimento pleurico (di più con ispessimento diffuso). C'era, tuttavia,
qualche differenza di FVC tra i punteggi intermedi 0/1 contro 1/0 e 1/2 contro 2/1. Maggiore flusso di aria con
maggiore profusione, che tende a superare una diminuzione registrata a profusione punteggi minori. Questi risultati
forniscono una maggiore comprensione delle relazioni tra i punteggi profusione, fumo, malattie della pleura, e la
funzione polmonare”.
26 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
(scores greater than or equal to 1/0), and there was a greater prevalence of high scores than in
other published series (347 workers or 13.3% had scores greater than or equal to 2/1). Looking
at all subjects, the FVC decreased as profusion score increased. The FVC was abnormal
(88.0% of predicted) even when the profusion score was clearly normal (0/0). The FVC was
lower at any score in smokers and in workers with pleural thickening (more so with diffuse
thickening). There was, however, no difference in FVC between intermediate scores 0/1 versus
1/0 and 1/2 versus 2/1. Airflow increased with greater profusion, tending to overcome a
decrease seen at lesser profusion scores. These results provide a greater understanding of the
relationships among profusion scores, smoking, pleural diseases, and pulmonary function”.
Anche Schwartz DA, Fuortes LJ, Galvin JR, et al. confermano queste risultanze38:
“To assess the clinical significance of asbestos-induced pleural fibrosis, we evaluated the
relationship between radiographic evidence of pleural fibrosis and spirometric values in 1,211
sheet metal workers. Of those with pleural fibrosis (n = 334), 78% had circumscribed plaques
and 22% had diffuse pleural thickening involving the costophrenic angle. Factors that were
found to be associated with the presence and type of pleural fibrosis included increased age (p
less than 0.001), more years in the trade (p less than 0.0001), more years since first exposure
to asbestos (p less than 0.0001), more pack-years of cigarette smoking (p less than 0.01), and
the presence and degree of interstitial fibrosis (p less than 0.0001). After controlling for these
potential confounders (age, years in the trade, latency, pack-years of smoking, and ILO
profusion category), linear multivariate regression models demonstrated that both
circumscribed plaques (p = 0.007) and diffuse pleural thickening (p = 0.008) were
independently associated with decrements in FVC but not with decrements in the FEV1/FVC
ratio. Furthermore, our data indicate that the effect of diffuse pleural thickening on decrements
in FVC is approximately twice as great as that seen with circumscribed pleural plaques. We
conclude that the presence and type of pleural fibrosis among asbestos-exposed workers is
independently associated with a pattern of spirometry that is suggestive of an underlying
restrictive defect in lung function”.
Secondo Jarvolm B., Sanden A. 39 la data della prima esposizione, la durata dell’esposizione e
l’esposizione cumulativa sembrano correlarsi linearmente con il rischio di placche pleuriche;
l’esposizione cumulativa, tuttavia, appare essere quella maggiormente associata:
38
Schwartz DA, Fuortes LJ, Galvin JR, et al., ASBESTOS-INDUCED PLEURAL FIBROSIS AND IMPAIRED LUNG FUNCTION,
AmRev Respir Dis 1990; 141: 321–326. Sintesi autore: “Per valutare il significato clinico di asbesto e fibrosi pleurica, è
stata valutata la relazione tra l'evidenza radiografica di fibrosi pleurica e valori spirometrici in 1.211 lavoratori di
metallo. Di quelli con fibrosi pleurica (n = 334), il 78% aveva contratto placche e il 22% aveva diffuso ispessimento
pleurico che coinvolge il seno costofrenico. E’ stato trovato che i fattori correlati con la presenza e il tipo di fibrosi
pleurica comprendono a) l'aumentare dell'età (p inferiore a 0.001), b) numero di anni di servzio (p inferiore a 0.0001), c)
numero di anni dalla prima esposizione ad amianto (p inferiore a 0.0001) , d) numero di anni da fumatore (p inferiore a
0,01),e) presenza e il grado di fibrosi interstiziale (p inferiore a 0,0001). Dopo un’analisi di questi fattori, i modelli di
regressione lineare multivariata hanno dimostrato che entrambe le placche circoscritte (p = 0.007) e diffuso
ispessimento pleurico (p = 0,008 ) erano indipendentemente associati con decrementi in FVC ma non con decrementi
nel rapporto FEV1/FVC. Inoltre, i dati hanno dimostrato che l'effetto di ispessimento pleurico diffuso sul diminuisce in
SV è circa due volte più grande di quello visto con placche pleuriche circoscritte. Si conclude che la presenza e il tipo di
fibrosi pleurica tra i lavoratori esposti all'amianto è indipendentemente associata ad un modello di spirometria che è
indicativa di un difetto di fondo restrittivo della funzione polmonare”.
39
Jarvolm B, Sanden A., PLEURAL PLAQUES AND RESPIRATORY FUNCTION, Am J Ind Med 1986;10: 419–426. Sintesi
autore: “Uno studio trasversale è stato composto da 202 lavoratori dei cantieri navali non fumatori con differenti
esposizioni all'amianto. La loro radiografia del torace non riportava particolari anomalie a parte la presenza di placche
pleuriche. Tutti i lavoratori hanno partecipato ad un esame specifico per esposti all'amianto, che comprendeva un totale
di 3.904 persone. 115 dei 202 lavoratori non riportavano anomalie ai raggi X, mentre 87 lavoratori riportavano placche
pleuriche, senza alcuna anomalia nelle radiografie. Tre dei 115 lavoratori con normali raggi X e 13 del 87 con placche
pleuriche avevano SV al di sotto dei limiti di riferimento (p inferiore a 0.005). I lavoratori con placche hanno avuto una
media inferiore del 6,9% FV. Anche dopo stratificazione di esposizione all'amianto, i lavoratori con presenza di
CAPITOLO II | 27
“This cross-sectional study was comprised of 202 nonsmoking shipyard workers with varying
exposures to asbestos. Their chest X-rays were normal or contained no abnormality other than
pleural plaques. They participated in a health examination of workers exposed to asbestos,
which comprised a total of 3,904 persons. One hundred and fifteen of the 202 workers had no
deviations from normal X-rays, and 87 had pleural plaques but no other finding on their X-rays.
Three out of the 115 workers with normal X-rays and 13 of the 87 with pleural plaques had
FVCs below the reference limits (p less than 0.005). The workers with plaques had an average
of 6.9% lower FVC. Even after stratification for asbestos exposure, men with plaques were
found to have lower FVCs than men without plaques. This difference was largest for those with
heavy exposure to asbestos”.
E ancora, Clin B, Paris C, Ameiulle J, et al40:
“BACKGROUND: It is uncertain whether isolated pleural plaques cause functional
impairment. OBJECTIVE: To analyse the relationship between isolated pleural plaques
confirmed by CT scanning and lung function in subjects with occupational exposure to asbestos.
METHODS: The study population consisted of 2743 subjects presenting with no parenchymal
interstitial abnormalities on the high-resolution CT (HRCT) scan. Asbestos exposure was
evaluated by calculation of an individual cumulative exposure index (CEI). Each subject
underwent pulmonary function tests (PFTs) and HRCT scanning. Variables were adjusted for
age, smoking status, body mass index, CEI to asbestos and the centres in which the pulmonary
function tests were conducted. RESULTS: All functional parameters studied were within normal
limits for subjects presenting with isolated pleural plaques and for those presenting with no
pleuropulmonary abnormalities. However, isolated parietal and/or diaphragmatic pleural
plaques were associated with a significant decrease in total lung capacity (TLC) (98.1%
predicted in subjects with pleural plaques vs. 101.2% in subjects free of plaques, p=0.0494),
forced vital capacity (FVC) (96.6% vs. 100.4%, p<0.001) and forced expiratory volume in 1 s
(FEV(1)) (97.9% vs. 101.9%, p=0.0032). In contrast, no significant relationship was observed
between pleural plaques and FEV1/FVC ratio, forced expiratory flow at 25-75% FVC and
residual volume. A significant correlation was found between the extent of pleural plaques and
the reduction in FVC and TLC, whereas plaque thickness was not related to functional
impairment. CONCLUSIONS: The results show a relationship between isolated parietal and/or
placche pleuriche avevano FVC più passo rispetto ai lavoratori senza placche pleuriche. Questa differenza è più grande
per quelli con forte esposizione all'amianto”.
40
Clin B, Paris C, Ameiulle J, et al., DO ASBESTOS-RELATED PLEURAL PLAQUES ON HRCT SCANS CAUSE RESTRICTIVE
IMPAIRMENT IN THE ABSENCE OF PULMONARY FIBROISIS?, Thorax. 2011; 66: 985-91. Sintesi autore: “Background: Non è
chiaro se isolate placche pleuriche provocano danni funzionali. Obiettivo: Analizzare il rapporto tra isolate placche
pleuriche confermati mediante scansione TC e la funzione polmonare nei soggetti con esposizione professionale
all'amianto. Metodi: La popolazione in studio consisteva di 2743 soggetti senza alcuna anormalità parenchimale
interstiziali identificata da scansione ad alta risoluzione CT (HRCT). L’esposizione all'amianto è stata valutata
attraverso il calcolo di un indice individuale di esposizione cumulativa (CEI). Ogni soggetto è stato sottoposto i test di
funzionalità polmonare (PFT) e alla scansione HRCT. Le variabili sono state organizzate per età, abitudine al fumo,
indice di massa corporea, CEI all'amianto e dei centri in cui sono stati condotti i test di funzionalità polmonare.
Risultati: Tutti i parametri funzionali studiati erano nei limiti della norma per i soggetti che presentano isolate placche
pleuriche e per coloro che le presentano senza anomalie pleuropolmonari. Tuttavia, parietali isolata e / o diaframmatica
placche pleuriche sono stati associati con una significativa riduzione della capacità polmonare totale (TLC) (98,1%
previsto in soggetti con placche pleuriche contro 101,2% in soggetti privi di targhe, p = 0.0494), la capacità vitale
forzata (FVC) (96,6% vs 100,4%, p <0,001) e volume espiratorio forzato in 1 s (FEV (1)) (97,9% vs 101,9%, p =
0,0032). Al contrario, nessuna relazione significativa è stata osservata tra le placche pleuriche e il rapporto FEV1/FVC,
flusso espiratorio forzato a volume 25-75% FVC e residuale. Una correlazione significativa è stata trovata tra
l'estensione delle placche pleuriche e la riduzione della FVC e TLC, mentre lo spessore della placca non è stato correlto
a danni funzionali. Conclusioni: I risultati mostrano una relazione tra parietale isolata e / o diaframmatica placche
pleuriche e una tendenza verso un pattern restrittivo, sebbene la diminuzione osservata della FVC e TLC è improbabile
che sia di reale rilevanza clinica per la maggior parte dei soggetti di questa serie”.
28 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
diaphragmatic pleural plaques and a trend towards a restrictive pattern, although the observed
decrease in FVC and TLC is unlikely to be of real clinical relevance for the majority of subjects
in this series”.
Le placche dunque sono il segno dell’interstiziopatia in evoluzione, ancora non
radiologicamente evidente e sono dose dipendenti. Per stabilire i tempi di insorgenza dalla prima
esposizione sono stati eseguiti molti studi, e c’è stata la pubblicazione di diversi lavori scientifici tra
i quali quello di Koskinen et al.41, che mette in evidenza il rischio molto frequente tra i lavoratori
edili, sia ancora in attività che tra quelli pensionati:
“OBJECTIVES: The prevalence of asbestos-related radiographic abnormalities was surveyed
among Finnish construction, shipyard, and asbestos industry workers. METHODS: The
radiographic screening focused on active and retired workers who were under the age of 70
years and had been employed for at least 10 years in construction or for at least 1 year in
shipyards or in the asbestos industry. In 1990-1992, 18,943 people participated in an X-ray
examination of the lungs and an interview on work history and exposure. The criteria for a
positive radiological finding were (i) small irregular lung opacities clearly consistent with
interstitial pulmonary fibrosis (ILO 1/1 or higher), (ii) lung opacities indicating mild pulmonary
fibrosis (ILO 1/0) with unilateral or bilateral pleural plaques, (iii) marked adhesions with or
without thickening of the visceral pleura, or (iv) findings consistent with bilateral pleural
plaques. RESULTS: Fulfilling the criteria were 4133 workers (22%) (22% from construction,
16% from shipyards, and 24% from the asbestos industry). The radiological findings included
signs of pulmonary fibrosis (3%), changes in the visceral pleura (7%), bilateral plaques (17%),
and unilateral plaques (10%). Occupational disease was diagnosed according to the Finnish
insurance regulations for three-fourths of those referred for further examinations, 96% being
abnormalities in the pleura and 4% being asbestosis. CONCLUSIONS: Exposure to asbestos
dust has been common in ordinary construction work, and, consequently, radiographic
abnormalities (mostly pleural) occur frequently among active and retired construction
workers”.
Più recentemente Matrat M, Pairon JC, Paolillo AG, et al.42 insistono sul rischio morbigeno
tra i lavoratori del settore edile per l’utilizzo di materiali friabili contenenti amianto, e così per i
41
Koskinen K, Zitting A, Tossavainen A, et al., RADIOGRAPHIC ABNORMALITIES AMONG FINNISH CONSTRUCTION,
Scand J Work Environ Health 1998; 24: 109–117. Sintesi autore:
“OBIETTIVI: La prevalenza di anomalie radiografiche asbesto-correlate è stata rilevata nell’edilizia finlandese, cantieri
navali, e lavoratori del settore amianto. METODI: La proiezione radiografica è stata incentrata sui lavoratori attivi e
pensionati che di età inferiore ai 70 anni e che avevano lavorato per almeno 10 anni nel settore dell’edilizia o per
almeno 1 anno nei cantieri navali o nel settore dell'amianto. Nel 1990-1992, 18.943 persone hanno partecipato a un
esame radiografico dei polmoni e ad un colloquio sulla loro storia professionale e l'esposizione ad amianto. I criteri per
un risultato positivo radiologici erano (i) piccole opacità irregolari del polmone chiaramente coerenti con fibrosi
polmonare interstiziale (ILO 1/1 o superiore), (ii) opacità polmonari che indicano lieve fibrosi polmonare (ILO 1/0) con
placche pleuriche monolaterali o bilaterali, (iii) aderenze marcate con o senza ispessimento della pleura viscerale, o (iv)
risultati coerenti con placche pleuriche bilaterali. RISULTATI: i criteri sono stati soddisfatti da 4133 i lavoratori (22%)
(22% del settore dell’edilia, il 16% del settore dei cantieri navali, e il 24% del settore amianto). I risultati radiologici
hanno evideniatoi segni di fibrosi polmonare (3%), cambiamenti della pleura viscerale (7%), targhe bilaterali (17%), e
placche unilaterali (10%). La malattia professionale è stata diagnosticata in base alle norme assicurative finlandesi:, il
96% per anomalie nella pleura e il 4% per asbestosi. CONCLUSIONI: L'esposizione a polveri di amianto è stata
appurata nel settore dell’edilizia ordinaria e, di conseguenza, anomalie radiografiche (per lo più della pleura) si
verificano di frequente tra i lavoratori edili attivi e pensionati”.
42
Matrat M, Pairon JC, Paolillo AG, et al., ASBESTOS EXPOSURE AND RADIOLOGICAL ABNORMALITIES AMONG
MAINTENANCE AND CUSTODIAN WORKERS IN BUILDINGS WITH FRIABLE ASBESTOS-CONTAINING MATERIALS, Int Arch
Occup Environ Health 2004; 77: 307–312. Abstract: “OBJECTIVES: Few studies have been carried out to evaluate the
respiratory effects of asbestos exposure of custodian and maintenance workers. METHODS: By a multicentre crosssectional study, 277 custodian and maintenance employees working in buildings with friable asbestos-containing
materials and 87 unexposed subjects were studied for radiological abnormalities by use of the International Labour
SHIPYARD AND ASBESTOS INDUSTRY WORKERS,
CAPITOLO II | 29
lavoratori degli impianti del cemento-amianto, non solo tra gli operai, ma anche tra gli impiegati,
come dimostra lo studio di Jakobsson K, Stro¨mberg U, Albin M, et al43.
Le conclusioni mettono in evidenza come anche il crisotilo è dannoso per l’organismo umano,
in quanto le concentrazioni di anfibolo, nelle situazioni esaminate, erano molto limitate: le indagini
radiologiche dimostrano anomalie del parenchima polmonare, in base al tempo di esposizione,
anche con versamenti pleurici benigni, coerenti con una reazione immediata scatenata
dall’esposizione intensa all’amianto crisotilo.
Le patologie dimostrano che per le placche pleuriche e per l’asbestosi c’è una reazione doserisposta, e questi parametri, sulla base di indagini radiologiche, permettono di includere coloro che
sono stati esposti nelle popolazioni ad alto rischio al fine di stabilire idonee misure di sorveglianza
sanitaria, come evidenziano Paris ed altri44.
Office (ILO) classification of radiographs of pneumoconiosis, in relation to parameters of asbestos exposure.
RESULTS: The cumulative asbestos exposure index was generally low (fewer than 5 fibres/ml x years in 82.3% of
exposed workers). On multivariate analysis, pleural thickening was significantly related to latency since onset of
exposure to asbestos in exposed workers, after adjustment for age, body mass index and tobacco smoking.
CONCLUSIONS: Asbestos exposure of custodian and maintenance employees in buildings with friable asbestoscontaining materials might be associated with an excess of pleural thickening on chest X-rays”.
43
Jakobsson K, Stro¨mberg U, Albin M, et al., RADIOLOGICAL CHANGES IN ASBESTOS CEMENT WORKERS, Occup
Environ Med 1995; 52: 20–27. Abstract: “OBJECTIVE: To explore associations between exposure to asbestos cement
dust and radiographic findings in lung parenchyma and pleura. METHODS: Radiographs from 174 blue collar workers
and 29 white collar workers from an asbestos cement plant formed one part of the study. Progression of small opacities
was further studied in those 124 blue collar workers, for whom two radiographs taken after the end of employment were
available. The median readings from five readers who used the full ILO 1980 classification were used. As exposure
indices, time since start of employment, duration of employment, cumulative exposure, and average intensity of
asbestos exposure were used. The influence of age and smoking was also considered in multiple logistic regression
analyses. RESULTS: Small opacities (profusion > or = 1/0) were closely correlated with time related exposure
variables, and showed weaker association with intensity based exposure variables. The odds ratio (OR) for small
opacities was equal to 2.8 (90% CI 1.2, 6.7) in the > 30 f(fibre)-y/ml group, compared with those in the 0-10 f-y/ml
group. Progression of at least two minor ILO categories after the end of employment was seen in 20%. Also, pleural
thickening was closely related to time. By contrast, costophrenic angle obliterations were not associated with the time
related variables, but closely associated with the intensity of asbestos exposure, and tended to occur during
employment. The OR was 4.5 (90% CI 1.3, 15) in the > 2 f/ml group, compared with those in the 0-1 f/ml group.
CONCLUSIONS: In these workers, exposed mainly to chrysotile but also to small amounts of amphibole, the risk of
radiographically visible parenchymal abnormality was substantially increased and strongly dependent on time related
exposure variables. Progression was found long after the end of exposure. The findings on costophrenic angle
obliterations, supposed to be sequelae of benign pleural effusions, were consistent with an immediate reaction triggered
by intense asbestos exposure”.
44
Paris C., Thierry S., Brochard P., et al., PLEURAL PLAQUES AND ASBESTOSIS: DOSE- AND TIME-RESPONSE
RELATIONSHIPS BASED ON HRCT DATA, Eur Respir J. 2009; 34: 72-9. Abstract: “Most studies on asbestos-related
diseases are based on chest radiographs, and dose-response relationships are still controversial. The aim of this study
was to describe the most relevant parameters of asbestos exposure linked to pleural plaques and asbestosis diagnosed by
high-resolution computed tomography (HRCT). A large screening programme including systematic HRCT
examinations was organised from 2003 to 2005 in France for formerly asbestos-exposed workers. The time since first
exposure (TSFE), level, duration and cumulative exposure to asbestos were used in adjusted unconditional logistic
regression to model the relationships of the two diseases. Analysis of a population of 5,545 subjects demonstrated that
TSFE (p<0.0001) and cumulative exposure (p = 0.02) (or level, depending on the models used), were independently
associated with the frequency of pleural plaques. Only cumulative exposure (p<0.0001) or level of exposure (p = 0.02)
were significantly associated with asbestosis. All trend tests were significant for these parameters. To date and to our
knowledge, this study is the largest programme based on HRCT for the screening of asbestos-exposed subjects. Both
time-response and dose-response relationships were demonstrated for pleural plaques, while only dose-response
relationships were demonstrated for asbestosis. These parameters must be included in the definition of high-risk
populations for HRCT-based screening programmes”.
30 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
Questi studi confermano le conclusioni cui era giunto Boffetta45, il quale aveva affermato che
anche il mesotelioma è legato alla dose per intensità e tempo di esposizione, che determina il rischio
e i tempi dell’insorgenza, in progressione tenendo conto della data della prima esposizione.
2.5.2 L’ispessimento pleurico.
L’ispessimento pleurico diffuso interessa la pleura viscerale (con obliterazione del seno
costo-frenico) ed ha localizzazione bilaterale o monolaterale; può determinare anche aderenze tra i
due foglietti pleurici e può calcificare.
Nei casi lievi, l’ispessimento è asintomatico, mentre nei casi più gravi, in cui la fibrosi risulta
massiva, si associa ad una sindrome respiratoria restrittiva che si manifesta con dispnea da sforzo,
tosse secca e dolore toracico. La diagnosi è basata su clinica e radiografia del torace e risulta una
prevalenza tra gli esposti ad amianto compresa tra il 2 e il 7%, con un rapporto tra placche ed
ispessimenti circa di 6 a 1.
2.5.3 Versamenti pleurici benigni.
Sono pleuriti essudative apparentemente idiopatiche, spesso con versamento ematico, che
coinvolgono i foglietti viscerale e parietale della pleura e compaiono dopo non meno di 10 anni di
esposizione e spesso rimangono l’unica manifestazione per un altro decennio. Sono patologie
benigne, tranne quando si presentano con febbre, dolore toracico, leucocitosi, ed evolvono verso
l’ispessimento pleurico diffuso e l’obliterazione del seno costo-frenico.
Non sono clinicamente distinguibili dai versamenti che preannunciano più serie patologie
asbesto correlate e la diagnosi differenziale si basa essenzialmente sul mancato riscontro di altri
fattori causali (quali in particolare TBC e tumori) e sulla positività anamnestica per l’amianto.
2.5.4 Atelettasie rotonde.
Le atelettasie rotonde sono lesioni pleuroparenchimali circoscritte, con ispessimento della
pleura viscerale, presenza di sinechia con la pleura parietale e atelettasia parcellare del parenchima
sottostante, conseguenti a versamenti pleurici benigni a cui segue l’invaginazione della pleura
viscerale con il collasso del parenchima circostante; e/o in seguito a fibrosi pleurica viscerale che
esercita trazione sul parenchima polmonare vicino. Alla radiografia e soprattutto alla TAC del
torace, l’area di atelettasia si mostra con una struttura a coda di cometa che si determina in seguito
ad un affastellamento di vasi e bronchi verso l'ilo.
2.5.5 Broncopneumopatia ostruttiva.
Si dibatte se le pneumopatie asbesto correlate, solitamente a carattere restrittivo, possono
invece determinare anche alterazioni ostruttive e sul ruolo della concomitante esposizione al fumo
45
Boffetta P., HEALTH EFFECTS OF ASBESTOS EXPOSURE IN HUMANS: A QUANTITATIVE ASSESSMENT, Med Lav. 1998; 89:
471-80. Abstract: “Asbestos causes four diseases in humans: Lung fibrosis (asbestosis) follows heavy exposure and, in
industrialized countries, is mainly a relic of past working conditions. The risk of pleural fibrosis and plaques is likely to
be linearly dependent from time since first exposure and is present for all types of asbestos fibres. The diagnostic
uncertainties regarding pleural plaques and the substantial degree of misclassification make it difficult to precisely
estimate the shape of the dose-response relationship. The risk of lung cancer seems to be linearly related to
cumulative asbestos exposure, with an estimated increase in risk of 1% for each fibre/ml-year of exposure. All fibre
types seem to exert a similar effect on lung cancer risk; a multiplicative interaction with tobacco smoking has been
suggested. Pleural mesothelioma is a malignant neoplasm which is specifically associated with asbestosexposure: the
risk is linked with the cubic power of time since first exposure, after allowing for a latency period of 10 years, and
depends on the fibre type, as the risk is about three times higher for amphiboles as compared to chrysotile.
Environmental exposure to asbestos is also associated with mesothelioma risk”.
CAPITOLO II | 31
di sigaretta, anche se queste ultime sono riscontrabili anche tra gli esposti che non hanno mai
fumato.
La BPCO viene evidenziata attraverso l’esame spirometrico, che mostra una riduzione
dell’indice di Tiffeneau [rapporto tra volume espiratorio forzato in un secondo (FEV1) e capacità
vitale forzata (FVC)] conseguente alla riduzione dell’FEV1. La presenza delle fibre di asbesto sulle
pareti bronchiali induce flogosi, iperplasia e fibrosi, che si estende ai dotti alveolari, determinando
quindi l’inizio del processo asbestosico, oppure un’altra delle patologie asbesto correlate, che
colpisce le piccole vie aeree.
Quando la sindrome ostruttiva si associa a quella restrittiva, che è predominante, si accentua
l’entità della compromissione funzionale.
2.6 L’asbestosi.
Già nel 1927 Cooke ha distinto la fibrosi polmonare diffusa causata da amianto che egli
chiamava ‘asbestosi’ dalla silicosi e dalle altre pneumoconiosi e ne ha descritto il meccanismo
patogenetico capace di determinarne l’insorgenza: l’asbesto, grazie alle sue caratteristiche
polianioniche, quando giunge a contatto con i macrofagi alveolari stimola la produzione di
interleuchina 1, la quale attiva la formazione di collagene da parte dei fibroblasti, e, in modo nonantigene-specifico, la proliferazione dei linfociti T, che, in presenza di qualsiasi tipo di antigene,
inviano un messaggio di ritorno ai macrofagi alveolari, che incrementano la produzione degli
antigeni di membrana Ia (antigeni di istocompatibilità del tipo II); questi ultimi, sempre che vi siano
antigeni, stimolano nuovamente i linfociti T, in maniera questa volta antigene-specifica. Si crea così
un circuito nel quale la fibrosi polmonare origina per la presenza di asbesto e di antigeni; da questo
ciclo deriva, da parte dei fibroblasti, la produzione di collagene, e da parte dei linfociti B la
produzione di plasmacellule e immuno-globuline. Essendo la fibra di asbesto indistruttibile, questo
processo è destinato a proseguire con sempre maggiore intensità. Questo spiega il motivo per cui, in
alcune persone, la fibrosi è più precoce e massiva, mentre molte altre risultano indenni. Condizioni
di iperreattività immunitaria, quali l’artrite reumatoide e il lupus eritematoso, o situazioni infettive,
quali tubercolosi polmonare, bronchiti e polmoniti, determinano certamente uno stato di
ipersensibilità, che può favorire l’insorgenza della patologia, e che quindi controindica
maggiormente l’esposizione ad amianto.
Sotto il profilo anatomo-patologico, il polmone, per effetto delle fibre di amianto, diviene
rigido e perde la elasticità del parenchima, con successiva desquamazione intra-alveolare,
determinata dalle fibre, con possibile alterazione dei bronchioli e da essi la fibrosi peribronchiale e
alveolare, e il successivo inspessimento, tant’è che spesso gli alveoli delle zone colpite da asbestosi
si presentano rivestite da cellule epiteliali cubiche anziché pavimentose.
La struttura aghiforme di alcuni tipi di fibre di amianto (anfiboli), ne determina la
penetrazione nel parenchima polmonare con il cosiddetto ‘effetto spugna’ conseguente agli atti
respiratori stessi, con interessamento prima delle basi polmonari e poi di quelle adiacenti il cuore e
sottopleuriche, con conseguenti micro-lesioni e micro-emorragie parenchimali, che spiegano
l’andamento cronico-evolutivo della malattia asbestosica, anche nei soggetti non ipersensibili e non
affetti da broncopneumopatie croniche.
Nel polmone e nell’escreato delle persone che hanno inalato amianto, sono state evidenziati
poi i cosiddetti ‘corpuscoli dell’asbesto’: strutture allungate, di circa 10-30 micron di lunghezza e 23 micron di diametro, giallastre, composte centralmente da una fibra allargata all’estremità e
ricoperta da uno strato amorfo-proteico con granuli di ferritina, determinati dalla capacità del
32 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
minerale di assorbire proteine, acido ialuronico e ferritina, e costituiscono un segno biologico di
esposizione.
Clinicamente, l’asbestosi si presenta con la dispnea, che insorge generalmente in modo
insidioso, quando cioè il processo fibrotico è abbastanza avanzato, e agli esami diagnostici i
pazienti hanno dei crepitii e con la radiografia del torace o con l’esame TAC è possibile riscontrare
le lesioni caratteristiche della asbestosi, dalla fibrosi alla accentuazione a livello basale della
reticolazione ‘a tela di ragno’, e nei casi più gravi il tipico aspetto ‘a vetro smerigliato’, e all’esame
spirometrico emerge l’insufficienza respiratoria restrittiva, tanto più grave quanto più elevato è il
grado di fibrosi, e in altri casi l’alterazione del rapporto ventilazione/perfusione, con riduzione della
capacità di diffusione sia a riposo sia sotto sforzo, con algie interscapolari e basali, dovute
all’impegno pleurico; tosse, con scarsa espettorazione vischiosa, soprattutto nei mesi invernali.
Nell’espettorato, sono presenti, come già detto, i tipici ‘corpuscoli dell’asbesto’, oltre a numerosi
siderociti che, unitamente ai corpuscoli, possono costituire, secondo alcuni, un segno preradiologico di asbestosi.
Nell’asbestosi i disturbi clinici si presentano di solito più precocemente che nella silicosi, e
dipendono, oltre che dalla sensibilità individuale, dalla natura e dall’entità dell’esposizione.
Nelle condizioni lavorative comuni in passato (esposizioni medio-gravi), dopo circa 5-10 anni
di latenza comparivano alterazioni croniche e lentamente progressive, rappresentate da un
inspessimento fibroso, diffuso, simmetrico e minutamente reticolare di tutta l’impalcatura di
sostegno dei polmoni, ed in particolare dei setti inter-alveolari. Poiché alcune lavorazioni
dell’amianto erano anche in passato poco faticose, spesso si è assistito alla permanenza sul luogo di
lavoro di pazienti affetti da tecnopatia in stadio avanzato e troppo spesso, anche a causa della non
coerente applicazione delle norme di cui all’art. 13, comma 8, L. 257/92, che stabiliva il
prepensionamento per i lavoratori esposti, e con la contemporanea scarsa sorveglianza sanitaria, si
veniva a determinare il ritardo della fine dell’esposizione, che dunque determinava l’aggravamento
di queste patologie e in alcuni casi anche l’esito infausto. In alcuni soggetti ipersensibili, si
giungeva prematuramente a morte per scompenso di cuore o per bronco-polmoniti intercorrenti;
molto frequente era poi il decesso per associazione a tubercolosi polmonare. In questi casi più gravi,
l’evoluzione complessiva della malattia poteva rivestire un arco di circa 15 anni dall’inizio
dell’esposizione. In caso di esposizioni più lievi, per minore concentrazione ambientale o per ridotta
esposizione temporale (ad esempio per precoce abbandono dell’attività a rischio), questi periodi si
allungavano e in alcuni casi coesisteva il cancro broncopolmonare.
L’asbestosi presenta generalmente un andamento cronico-ingravescente, per cui anche
cessando l’esposizione lavorativa non ci sono miglioramenti, ed anzi spesso si registrano
peggioramenti del quadro clinico e nei casi di patologia infettiva intercorrente o di abitudine al
fumo, la risoluzione del processo flogistico con le cure appropriate (farmaci e cure termali) o la
sospensione del fumo, possono rallentare in modo considerevole l’aggravamento della tecnopatia
asbestosica. A tale proposito, si ricorda che da tempo l’Istituto Assicuratore prevede, nei casi di
associazione di patologie infettive croniche, la possibilità di accesso gratuito annuale alle cure
termali inalatorie.
Si sono distinti due modelli di classificazione: quello proposto dal BIT-Ginevra nel 1958, che
consentiva la classificazione pratica soprattutto della silicosi e delle pneumoconiosi dei minatori di
carbone, e quello proposto dall’UICC/Cincinnati, che, essendo più esteso e dettagliato, si applicava
meglio alla descrizione dei casi di asbestosi.
La classificazione del BIT si adatta in particolare alle pneumoconiosi con piccole opacità
arrotondate, e indica con il simbolo ‘L’ le fibrosi lineari, mentre con la ‘Z’ le immagini non più
CAPITOLO II | 33
normali ma non ancora indice di sicura pneumoconiosi polmonare o mediastinica. Successivamente,
si è visto che l’interpretazione radiologica attraverso tale metodo può determinare la confusione di
immagini L con immagini Z, e viceversa.
La classificazione della UICC prevede invece una suddivisione degli aspetti radiografici delle
pneumoconiosi in ‘piccole e grandi opacità’; le piccole vengono a loro volta distinte in rotonde e
irregolari, valutando: a) la profusione, cioè la concentrazione delle opacità conseguenti a fibrosi,
suddivise in quattro categorie (Cat.0: 0/-, 0/0, 0/1; Cat.1: 1/0, 1/1,1/2; Cat.2: 2/1, 2/2 2/3; Cat3: 3/2,
3/3, 3/4); b) il tipo, strettamente correlato al diametro, per le opacità rotonde (p,q,r) o alle
caratteristiche morfologiche, per le piccole opacità irregolari (s,t,u); c) l’estensione, riferita alle
zone polmonari in cui tali opacità sono localizzate (zona superiore, media, inferiore, destra e
sinistra). Le grandi opacità, invece, vengono classificate a seconda delle dimensioni (categorie A, B,
C) e del tipo (wd: opacità ben delimitate; id: opacità mal delimitate).
I casi di asbestosi nel tempo sono considerevolmente aumentati; pertanto gli studi sulle
pneumoconiosi, in passato rappresentati prevalentemente dalle ricerche sulla silicosi, hanno in
seguito dedicato sempre più spazio all’asbestosi. In campo epidemiologico, risultava quindi
indispensabile una classificazione non tanto diagnostica, quanto finemente analitica, in rapporto alle
alterazioni radiologiche presenti. Con il metodo della ‘lettura multipla’, è stato osservato,
soprattutto dagli autori inglesi, che spesso la medesima lastra veniva inserita prima in una categoria,
e poi in quella immediatamente superiore o inferiore, anche da parte dello stesso operatore. Nella
revisione del 1968, ciascuna categoria della classificazione del BIT viene quindi suddivisa in tre
stadi, e viene altresì aggiunta una classificazione delle alterazioni pleuriche e del profilo delle
ombre, data l’importanza di questi particolari nella diagnosi radiologica della malattia asbestosica.
Anche in questa revisione vengono adottati i simboli s, t, u, per le piccole opacità irregolari,
equivalenti ai simboli p, m, n, della silicosi.
La classificazione BIT delle lastre di pneumoconiosi, iniziata nel 1950 e già rivista nel 1958,
viene adattata nel 1968 a quella UICC, con la quale viene infine fusa nel 1971, durante
l’International Workshop ILO/UC, sponsorizzato dalla Task Force on Pneumoconioses of the
American College of Radiology, venendo così a costituire una ‘Classificazione Internazionale’, con
un unico set di lastre campione di riferimento; nel 1980 c’è stata un’ulteriore revisione.
Come già accennato, la spirometria completa è un altro esame utile per la diagnosi di
asbestosi e per la determinazione della lesione all’integrità psicofisica, sia sotto l’aspetto clinico che
medico-legale.
Solitamente nell’asbestosi si instaura un’insufficienza respiratoria restrittiva, conseguente alla
fibrosi polmonare ed alle alterazioni pleuriche, associate, in alcuni casi, alla malattia. Nei casi
iniziali, anche in assenza di segni radiologici rilevanti, si osserva una riduzione della capacità di
trasporto dell’ossido di carbonio (TLCO) e una desaturazione arteriosa di ossigeno, anche in corso
di prove da sforzo di moderata entità. Spesso le prove spirometriche, che vengono svolte facendo
effettuare una espirazione forzata in apposito boccaglio monouso, raccordato allo spirometro da
tubo flessibile, non vengono svolte dai pazienti in modo sufficientemente corretto, per la difficoltà
oggettiva che tali operazioni comportano, soprattutto nelle persone anziane; pertanto non sempre la
scarsa collaborazione dei pazienti, segnalata talora nei referti, dipende da un’effettiva scarsa volontà
di sottoporsi alla prova46.
46
Le prime nozioni di fisiologia respiratoria risalgono a Galeno, medico greco del II sec. d.C., e a Erasistrato, medico
greco fondatore della fisiologia, del III sec. d.C., che dimostrarono il ruolo del diaframma e dei muscoli accessori
intercostali nell’attività respiratoria, oltre all’origine ed alle funzioni del nervo frenico. Anche Leonardo da Vinci (14521519) si occupò della funzione del diaframma, osservando che durante l’inspirazione il polmone si espande in tutte le
34 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
Già nel 1846, Hutchinson aveva inventato la spirometria e definito la capacità vitale e da
allora gli spirografi hanno subito notevoli miglioramenti, e nel 1948 Tiffeneau e Pinelli hanno
definito il volume espiratorio massimo al secondo (VEMS) quale ‘capacità polmonare utilizzabile
nello sforzo’. La determinazione di questi due parametri ha reso possibile dividere le affezioni
respiratorie in patologie restrittive, in cui la capacità vitale (CV) e il VEMS diminuiscono
parallelamente ed il loro rapporto rimane pressochè normale, ed ostruttive, in cui la CV risulta più o
meno invariata, con forte riduzione della VEMS e conseguentemente del rapporto VEMS/CV. Altro
parametro importante delle prove spirometriche è poi il volume (VR) residuo (come già evidenziato
dal Sartorelli negli anni ’50-’60), cioè la quantità di aria che rimane nelle vie aeree dopo
un’espirazione forzata; la somma della CV e del VR determina la capacità totale (CT o TLC), ed il
rapporto VR/CT, normalmente compreso tra il 20-30%, aumenta solitamente con l’età e nelle forme
enfisematose. I valori normali di riferimento sono correlati alla statura ed al peso dell’individuo; in
alcune patologie, oltre ai parametri funzionali, risulta utile valutare natura ed entità degli scambi
gassosi alveolari, attraverso lo studio della diffusione alveolo-capillare, introdotto nel 1915 da
M.Krogh.
Sotto il profilo funzionale, l’asbestosi determina la riduzione dei volumi polmonari (VC e
TLC) e una caduta degli scambi gassosi; nei fumatori è possibile evidenziare un quadro di broncoostruzione con diminuzione del FEV1> VC.
Il lavaggio bronco-alveolare, introdotto da autori belgi e francesi, e praticato in Italia
dall’U.O. di Medicina del Lavoro di Siena, permette, nel caso di sospetta asbestosi, di accertare la
pregressa esposizione, ma non ha valore diagnostico. Previa sedazione generale ed anestesia locale,
nonché inibizione della tosse, si introduce il fibro-broncoscopio per via nasale sino ad un bronco
segmentario del lobo medio; in seguito si introducono 20 ml di soluzione fisiologica, aspirando
lentamente il liquido dopo qualche secondo (l’operazione si ripete in circa 10’, per 7-8 volte).
L’analisi del liquido al microscopio ottico e/o elettronico consente il riconoscimento e la
valutazione dei corpuscoli e delle fibre d’amianto, presenti in relazione alla sensibilità della
metodica impiegata. Il BAL fornisce anche il quadro citologico, caratteristico soprattutto in caso di
alveoliti. Il campione dell’ambiente alveolare risulta ben correlato con quello isolato da tessuto
polmonare ottenuto con biopsia a torace aperto.
La scintigrafia polmonare con citrato di Gallio consente di diagnosticare agevolmente ascessi,
neoplasie e lesioni tubercolari, mentre nel caso di pneumoconiosi, essendoci solitamente una lieve
anche se diffusa flogosi interstiziale, la concentrazione di radionuclide risulta modesta; pertanto tale
indagine non viene abitualmente svolta per l’asbestosi, anche per la possibile interferenza di organi
e tessuti circostanti.
La TAC polmonare, soprattutto in seguito alla recente introduzione dell’alta risoluzione,
consente invece una precisa diagnosi delle pleuropatie asbestosiche, e conferma inoltre la fibrosi
polmonare, fornendo dati sulla sua estensione.
Questo esame si impone poi in particolari casi di alterazione funzionale dei parametri
respiratori, in presenza di normalità radiologica, mentre l’esame istologico del polmone consente
una diagnosi di certezza; e poiché è alquanto invasivo, è riservato ai casi più gravi, o al corso di
autopsie, che vengono eseguite nel caso di decesso di titolari di rendita per pneumoconiosi.
Attualmente presso l’Unità Operativa di Medicina del Lavoro del Policlinico Le Scotte di
Siena, diretta dal Prof. Pietro Sartorelli (che ha continuato le ricerche scientifiche del padre, Prof.
direzioni, mentre il collasso a seguito di puntura pleurica venne scoperto da Andrea Vesalio (1514-1564), anatomista
fiammingo attivo in Italia e fondatore dell’anatomia descrittiva dell’uomo.
CAPITOLO II | 35
Emilio Sartorelli), vengono eseguiti anche gli esami della mesotelina e della osteopontina47.
2.7 La polmonite interstiziale desquamativa e la fibrosi interstiziale.
Anche la polmonite interstiziale desquamativa e la fibrosi interstiziale debbono essere
classificate tra le patologie asbesto correlate, come è stato dimostrato con lo studio pubblicato da
Freed J.A., Miller A., Gordon R.E., Fischbein A., Kleinerman J., Langer A.M., ed eseguito su un
paziente che era stato esposto alle fibrille aerodisperse di asbesto durante l’attività lavorativa nel
settore edile48:
“The drywall construction trade has in the past been associated with exposure to
airborne asbestos fibres. This paper reports a drywall construction worker with 32 years of dust
exposure who developed dyspnoea and diminished diffusing capacity, and showed diffuse
irregular opacities on chest radiography. He did not respond to treatment with corticosteroids.
Open lung biopsy examination showed desquamative interstitial pneumonia. Only a single
ferruginous body was seen on frozen section, but tissue examination by electron microscopy
showed an extraordinary pulmonary burden of mineral dust with especially high concentrations
of chrysotile asbestos fibres. This report emphasises the need to consider asbestos fibre as an
agent in the aetiology of desquamative interstitial pneumonia. The coexistent slight interstitial
fibrosis present in this case is also considered to have resulted from exposure to mineral dust,
particularly ultramicroscopic asbestos fibres”.
L’esame al microscopio elettronico ha permesso di dimostrare la presenza di polveri minerali
di amianto, specialmente fibre di asbesto crisotilo, nel polmone del paziente, e quindi dimostra
come debbono essere considerate come agente eziologico della polmonite interstiziale
desquamativa, come la fibrosi interstiziale.
2.8 Il tumore del polmone.
Secondo l'ILO ogni anno muoiono al mondo oltre cento mila persone da tumori asbesto
correlati, di cui almeno 70.000 per carcinomi polmonari, e altri 44.000 per mesoteliomi pleurici, cui
vanno aggiunti tutti gli altri decessi causati dalle altre patologie tumorali e dalle pneumoconiosi e
dalle loro complicazioni.
Nell’eziologia complessa e multifattoriale del tumore al polmone, nella quale interagiscono in
maniera addittiva e sinergica fattori genetici, ambientali ed occupazionali, l’amianto svolge un ruolo
di primo piano49, e non può essere negato (Berry G., Gibbs G.W.50), e si viene a determinare un
47
Marker tumorali, sui quali insistono i sanitari dell’U.O. dell’Università di Siena.
Freed J.A., Miller A., Gordon R.E., Fischbein A., Kleinerman J., Langer A.M., DESQUAMATIVE INTERSTITIAL
PNEUMONIA ASSOCIATED WITH CHRYSOTILE ASBESTOS FIBRES (POLMONITE INTERSTIZIALE DESQUAMATIVA CORRELATE
CON LE FIBRE DI ASBESTO CRISOTILO), Br J Ind Med. 48, 332-337, 1991, nella cui pubblicazione in Italia da parte di
Giancarlo Ugazio, in ASBESTO/AMIANTO, IERI, OGGI, DOMANI, VIAGGIO TRA VERITÀ, IPOCRISIA, RETICENZA E DOLORE, e
nella traduzione in italiano della sintesi dell’autore: “L’attività produttiva delle pareti a secco, in passato, è stata
correlata con l'esposizione alle fibrille aero disperse d’asbesto. Questa pubblicazione riferisce il caso di un lavoratore
addetto alla costruzione di pareti a secco, con 32 anni di esposizione, che sviluppò dispnea e una riduzione della
capacità degli scambi gassosi, e presentava opacità irregolari diffuse sulla radiografia toracica. Egli non rispose al
trattamento con corticosteroidi. L’esame bioptico del polmone a cielo aperto dimostrò una polmonite interstiziale
desquamativa. Nelle sezioni istologiche ottenute col microtomo congelatore fu osservata una sola formazione
ferruginosa, tuttavia l’esame al microscopio elettronico mostrò un eccezionale carico polmonare di polveri minerali,
specialmente un’alta concentrazione di fibre di asbesto crisotilo. Questo lavoro pone l’accento sulla necessità di
considerare le fibre di asbesto come agente eziologico della polmonite interstiziale desquamativa. Anche la lieve fibrosi
interstiziale presente in questo caso è considerata come conseguenza dell’esposizione alla polvere minerale, soprattutto
alle fibre ultramicroscopiche d’asbesto”.
49
Così Heller D.S., Gordon R.E., DEMONSTRATION OF ASBESTOS FIBERS IN A TEN-YEAR-OLD SPUTUM SAMPLE
(DIMOSTRAZIONE DI FIBRE D’ASBESTO IN UN CAMPIONE DI SPUTO VECCHIO DI 10 ANNI), Am J Ind Med. 20, 415-419,
48
36 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
sinergismo prima di tutto tra amianto e fumo (anche tra la popolazione generale), come evidenziato
da Albin M, Magnani C, Krstev S, et al. 51.
Può essere richiamato il lavoro del Prof. Forni (I tumori professionali del polmone52),
presentato al IV Congresso Nazionale della Società Italiana di Cancerologia, nel quale vennero
riepilogati i dati sui tumori professionali del polmone, causati dall’amianto, presente anche negli
ambienti di vita.
J.E. Cotes nel 1968 ha pubblicato la II edizione del testo inglese Lung function53 sulla
funzionalità polmonare, con ampia retrospettiva sull’evoluzione delle prove di funzionalità
respiratoria e descrizione delle più recenti acquisizioni in materia e l’anno dopo in Sud Africa S.
Williams, ha pubblicato Asbestosis bibliography54, con un’ampia rassegna bibliografica di tutta la
letteratura sull’amianto, con riassunto degli articoli relativi al periodo 1960-1968.
Può essere stimato che non meno del 3-4% dei tumori polmonari è causato dall’amianto, sulla
base di due lavori, che hanno utilizzato la distribuzione dei tassi di tumore della pleura in Piemonte
e in Italia, come metro di paragone, e nell’ambito di uno studio di analisi ecologica, il primo di
1991, il cui abstract da Giancarlo Ugazio in ASBESTO/AMIANTO, IERI, OGGI E DOMANI, VIAGGIO TRA VERITÀ, IPOCRISIA,
RETICENZA E DOLORE, pagg. 55 e 56, prima citato.
50
Berry G, Gibbs GW. AN OVERVIEW OF THE RISK OF LUNG CANCER IN RELATION TO EXPOSURE TO ASBESTOS AND OF
TACONITE MINERS. Regul Toxicol Pharmacol 2008; 52(1 Suppl): S218-22. Abstract: “Exposure-response relationships
between the relative risk of lung cancer and quantitative measures of exposure to asbestos are available from a number
of epidemiological studies. Meta-analyses of these relationships have been published by Lash et al. (1997) [Lash, T.L.,
Crouch, E.A.C., Green, L.C., 1997. A meta-analysis of the relation between cumulative exposure to asbestos and
relative risk of lung cancer. Occup. Environ. Med. 54, 254-263] and Hodgson and Darnton (2000) [Hodgson, J.T.,
Darnton, A., 2000. The quantitative risks of mesothelioma and lung cancer in relation to asbestos exposure. Ann.
Occup. Hyg. 44, 565-601]. In this paper, the risks derived in these meta-analyses have been compared. Lash et al.,
concentrated on process and found that the risk of lung cancer increased as the asbestos is refined by processing.
Hodgson and Darnton concentrated on fibre type and found that the risk was highest for exposure to amphibole asbestos
(crocidolite and amosite), lowest for chrysotile and intermediate for mixed exposure. Some of the differences between
the conclusions from the two meta-analyses are a consequence of the choice of studies included. The range of asbestos
types included in the studies in the analysis of Hodgson and Darnton was wider than that in Lash et al., enabling
differences between fibre types to be analyzed more readily. There are situations where occupational exposure to
chrysotile asbestos has shown no detectable increase in risk of lung cancer. Taconite miners have shown no increased
risk of mortality due to lung cancer”.
51
Albin M., Magnani C., Krstev S., et al. ASBESTOS AND CANCER: AN OVERVIEW OF CURRENT TRENDS IN EUROPE.
Environ Health Perspect. 1999; 107 Suppl 2:289-98. Abstract: “This review assesses the contribution of occupational
asbestos exposure to the occurrence of mesothelioma and lung cancer in Europe. Available information on national
asbestos consumption, proportions of the population exposed, and exposure levels is summarized. Population-based
studies from various European regions on occupational asbestos exposure, mesothelioma, and lung cancer are reviewed.
Asbestos consumption in 1994 ranged, per capita, between 0. 004 kg in northern Europe and 2.4 kg in the former Soviet
Union. Population surveys from northern Europe indicate that 15 to 30% of the male (and a few percent of the female)
population has ever had occupational exposure to asbestos, mainly in construction (75% in Finland) or in shipyards.
Studies on mesothelioma combining occupational history with biologic exposure indices indicate occupational asbestos
exposure in 62 to 85% of the cases. Population attributable risks for lung cancer among males range between 2 and 50%
for definite asbestos exposure. After exclusion of the most extreme values because of methodologic aspects, most of the
remaining estimates are within the range of 10 to 20%. Estimates of women are lower. Extrapolation of the results to
national figures would decrease the estimates. Norwegian estimates indicate that one-third of expected asbestos-related
lung cancers might be avoided if former asbestos workers quit smoking. The combination of a current high asbestos
consumption per capita, high exposure levels, and high underlying lung cancer rates in Central Europe and the former
Soviet Union suggests that the lung cancers will arise from the smoking-asbestos interaction should be a major
concern”.
52
E.C.Vigliani, A.Forni, I TUMORI PROFESSIONALI DEL POLMONE, Atti IV Congresso Nazionale Società Italiana di
Cancerologia, 6 (2):77-83, 1967.
53
J.E.Cotes, LUNG FUNCTION, Blackwell Ed., Oxford 1968.
54
S.Williams, ASBESTOSIS BIBLIOGRAPHY, State Library Ed., Pretoria 1969.
CAPITOLO II | 37
Martuzzi M, Comba P, De Santis M, et al.55, cui ha fatto seguito lo studio di Marinaccio A, Scarselli
A, Binazzi A, et al., dal titolo ‘Magnitude of asbestos-related lung cancer mortality in Italy’56.
Ci sono delle pubblicazioni che approfondiscono il rapporto tra i casi di mesotelioma (MM) e
i casi di tumore polmonare indotto dall’asbesto (ARLC), e su uno studio condotto da De Vos Irvine
H, Lamont DW, Hole DJ, Gillis CR, su una coorte di cittadini scozzesi ha stimato che il 5.7% dei
casi di tumore polmonare, diagnosticati tra il 1975 ed il 1984 nella Scozia occidentale, debbono
essere considerati asbesto correlati, evidenziando un rapporto ARLC/MM pari a 2:157.
Uno studio finlandese eseguito da Karjalainen A, Anttila S, Vanhala E, Vainio H. su una
popolazione di pazienti sottoposti a trattamento chirurgico per carcinoma polmonare tra il 1988 e il
1993, ha permesso di accertare che circa il 19% di queste neoplasie fossero riconducibili
all’esposizione all’amianto, con un rapporto di 5:1 con il mesotelioma58.
55
Martuzzi M., Comba P., De Santis M., et al. ASBESTOS-RELATED LUNG CANCER MORTALITY IN PIEDMONT, ITALY. Am
J Ind Med. 1998; 33: 565-70. Abstract: “This study investigates the association between pleural neoplasm mortality, a
possible proxy for asbestos exposure, and lung cancer mortality among males resident in Piedmont (northwestern Italy).
Pleural neoplasm mortality was estimated in the 1,209 municipalities of the region for the period 1980-1992, applying
Bayesian methods. The association with lung cancer mortality for municipalities was studied using Poisson regression.
Urban/rural indicators and altitude were also included in the analysis. A positive, statistically significant association was
found between pleural neoplasm and lung cancer mortality (beta = 0.025, P < 0.001); lung cancer risk was associated
also with urban status (vs. rural, beta = 0.223, P < 0.001) and altitude (P = 0.01). The proportion of lung cancer deaths
attributable to living in municipalities with increased pleural neoplasm mortality was 3.9% (95% confidence interval,
2.1-5.7%). The observed association and the presence of a dose-response relationship at the municipality level
underscore the dangers of asbestos for human health”.
56
Marinaccio A., Scarselli A., Binazzi A., et al. MAGNITUDE OF ASBESTOS-RELATED LUNG CANCER MORTALITY IN
ITALY. Br J Cancer. 2008; 99: 173-5. La cui sintesi degli autori può essere così tradotta: “An ecological study, based on
a data set containing all lung and pleural cancer deaths in each Italian municipality in the period 1980-2001, was
performed. The pleural to lung cancer ratio was estimated to be 1 : 1 and 3% (around 700) of all male lung cancer
deaths were found to be asbestos-related”.
57
De Vos Irvine H, Lamont DW, Hole DJ, Gillis CR. ASBESTOS AND LUNG CANCER IN GLASGOW AND THE WEST OF
SCOTLAND. BMJ. 1993; 306:1503-6. Abstract: “OBJECTIVE: To quantify the relation between lung cancer and
exposure to asbestos in men in west Scotland and to estimate the proportion of lung cancer which may be attributed to
exposure to asbestos. DESIGN: An ecological correlation study of the incidence of lung cancer in men and past
asbestos exposure. The unit of analysis was the postcode sector. Correction was made for past cigarette smoking, air
pollution, and deprivation. SETTING: The region covered by the west of Scotland cancer registry, containing 2.72
million people and including Glasgow and the lower reaches of the River Clyde, where shipbuilding was once a major
industry. SUBJECTS: All men diagnosed with lung cancer between 1975 and 1984 whose residence at the time of
registration was within the west of Scotland. MAIN OUTCOME MEASURE: The population attributable risk for
asbestos related lung cancer. RESULTS: An estimated 5.7% (95% confidence interval 2.3 to 9.1%) of all lung cancers
in men registered in the west of Scotland during the period 1975-84 were asbestos related, amounting to 1081 cases.
CONCLUSIONS: A considerable proportion of cases of lung cancer in men in Glasgow and the west of Scotland from
1975 to 1984 were asbestos related. Most of these may not have been considered for compensation by the Department
of Social Security. Given the very small annual number of recorded cases of asbestosis this condition is probably not a
prerequisite for the development of asbestos related lung cancer. A heightened awareness of the increasing incidence of
asbestos related neoplasms and their more thorough investigation are recommended”.
58
Karjalainen A, Anttila S, Vanhala E, Vainio H. ASBESTOS EXPOSURE AND THE RISK OF LUNG CANCER IN A GENERAL
URBAN POPULATION. Scand J Work Environ Health 1994; 20: 243-50. Abstract: “OBJECTIVES: The aim of the study
was to investigate the asbestos-associated risk of lung cancer according to histological type of cancer, lobe of origin,
pulmonary concentration, and type of amphibole fibers and also to estimate the etiologic fraction of asbestos for lung
cancer. METHODS: The pulmonary concentration of asbestos fibers in 113 surgically treated male lung cancer patients
and 297 autopsy cases among men serving as referents was determined by scanning electron microscopy. The age- and
smoking-adjusted odds ratios of lung cancer were calculated according to pulmonary fiber concentration for all lung
cancer types, squamous-cell carcinoma, and adenocarcinoma and for the lower-lobe and the upper- and middle-lobe
cancers. RESULTS: The risk of lung cancer was increased according to the pulmonary concentration of asbestos fibers
(f) of 1.0 to 4.99 x 10(6) f.g-1 [odds ratio (OR) 1.7] and > or = 5.0 x 10(6) f.g-1 (OR 5.3). The odds ratios associated
with fiber concentrations of > or = 1.0 x 10(6) f.g-1 were higher for adenocarcinoma (OR 4.0) than for squamous-cell
carcinoma (OR 1.6). The asbestos-associated risk was higher for lower lobe tumors than for upper lobe tumors. The risk
estimates for anthophyllite and crocidolite-amosite fibers were similar, except for the risk of squamous-cell carcinoma.
An etiologic fraction of 19% was calculated for asbestos among male surgical lung cancer patients in the greater
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In un lavoro più recente di Darnton AJ, McElvenny DM, Hodgson JT. e relativo ad una stima
del numero di tumori polmonari asbesto-correlati registrati in Gran Bretagna nel periodo che va dal
1980 al 2000, ad eccezione del 1991, è emerso che il 2-3% dei decessi per carcinoma polmonare era
riconducibile ad una pregressa esposizione ad amianto con un rapporto con il mesotelioma pari a
0,759.
P. Boffetta e collaboratori, in uno studio pubblicato nel 2010, stima che possono essere
attribuiti all’esposizione professionale di amianto il 5.4 dei tumori al polmone, con un rapporto pari
a 2.2, ovvero a due casi di tumore polmonare ogni due casi di mesotelioma, nei quali l’asbesto ha
contribuito a farlo insorgere con una frazione di oltre l’80%60.
Nel 2006, un organismo creato nel 1991 dalla divisione “Infortuni sul lavoro-malattie
occupazionali” del sistema francese di previdenza sociale, ai fini assicurativi e di prevenzione a
livello europeo, ha pubblicato un rapporto su “Le malattie professionali legate all’amianto in
Europa: riconoscimento, cifre, dispositivi specifici”, nel quale venivano riportati tutti i dati relativi
ai casi di tumore polmonare asbesto correlati indennizzati nei vari paesi europei e la sequenza per i
periodi dal 1980 al 2003, dal quale risulta che nel nostro Paese nel 2003 sono stati riconosciuti
soltanto 189 mentre in Francia 1018 e in Germania 739.
Tutti gli studi sono concordi nell’attribuire ai due anfiboli, crocitolite e amosite, un livello di
rischio maggiore rispetto al crisotilo, così hanno un ruolo le caratteristiche dimensionali delle fibre,
e le modalità di utilizzo del minerale, in quanto il processo di separazione longitudinale che dà
Helsinki area. CONCLUSIONS: Past exposure to asbestos is a significant factor in the etiology of lung cancer in
southern Finland. The asbestos-associated risk seems to be higher for pulmonary adenocarcinoma and lower-lobe
tumors than for squamous-cell carcinoma and upper-lobe tumors”.
59
Darnton AJ, McElvenny DM, Hodgson JT. ESTIMATING THE NUMBER OF ASBESTOS-RELATED LUNG CANCER DEATHS
IN GREAT BRITAIN FROM 1980 TO 2000. Ann Occup Hyg. 2006; 50: 29-38. Abstract: “INTRODUCTION: Inhalation of
asbestos fibres is known to cause two main kinds of cancer-mesothelioma and lung cancer. While the vast majority of
mesothelioma cases are generally accepted as being caused by asbestos, the proportion of asbestos-related lung cancers
is less clear and cannot be determined directly because cases are not clinically distinguishable from those due to other
causes. The aim of this study was to estimate the number of asbestos-related lung cancers among males by modelling
their relative lung cancer mortality among occupations within Great Britain in terms of smoking habits, mesothelioma
mortality (as an index of asbestos exposure) and occupation type (as a proxy for socio-economic factors). METHODS:
Proportional mortality ratios for lung cancer and mesothelioma for the 20-year period from 1980 to 2000 (excluding
1981) were calculated for occupational groups. Smoking indicators were developed from three General Household
Surveys carried out during the 1980s and 1990s. Poisson regression models were used to estimate the number of
asbestos-related lung cancers by estimating the number of lung cancer deaths in each occupation assuming no asbestos
exposure and subtracting this from the actual predicted number of lung cancer deaths. RESULTS: The effect of asbestos
exposure in predicting lung cancer mortality was weak in comparison to smoking habits and occupation type. The
proportion of current smokers in occupational groups and average age at which they started smoking were particularly
important factors. Our estimate of the number of asbestos-related lung cancers was between two-thirds and one death
for every mesothelioma death: equivalent to between 11 500 and 16 500 deaths during the time period studied.
CONCLUSIONS: Asbestos-related lung cancer is likely to have accounted for 2-3% of all lung cancer deaths among
males in Great Britain over the last two decades of the 20th century. Asbestos-related lung cancers are likely to remain
an important component of the total number of lung cancer deaths in the future as part of the legacy of past asbestos
exposures in occupational settings”.
60
Boffetta P, Autier P, Boniol M, et al. AN ESTIMATE OF CANCERS ATTRIBUTABLE TO OCCUPATIONAL EXPOSURES IN
FRANCE. J Occup Environ Med. 2010; 52: 399-406. Abstract: “OBJECTIVE: To perform a quantitative estimate of the
proportion of cancers attributable to occupational exposures in France in 2000. METHODS: Exposure data for
established carcinogens were obtained from a 1994 survey and other sources. Relative risks for 23 exposure-cancer
combinations were derived from meta-analyses and pooled analyses. RESULTS: A total of 4335 cases of cancer among
men (2.7% of all cancers) and 403 cases among women (0.3% of all cancers) were attributed to occupational exposures.
Asbestos, polycyclic aromatic hydrocarbons, and chromium VI were the main occupational carcinogens in men, and
asbestos and involuntary smoking were the main carcinogens in women. Corresponding proportions for cancer deaths
were 4.0% and 0.6% in men and women, respectively. Lung cancer represented 75% of deaths attributable to
occupational exposures. CONCLUSION: Our estimates are comparable with those obtained for other countries in
studies based on similar methodology”.
CAPITOLO II | 39
origine a fibre di minore diametro è maggiore in alcuni settori rispetto che ad altri così lo è di più
nel settore tessile rispetto a quello minerario, anche se l’entità dell’esposizione risulta il fattore
principale, come dimostra Boffetta nello studio dal titolo ‘Health effects of asbestos exposure in
humans: a quantitative assessment’, pubblicato in Med Lav 1998; 89: 471-48061.
Si dimostra che il rischio di sviluppare il cancro polmonare è correlato in modo lineare
all’esposizione cumulativa all’amianto, con un aumento pari all’1% per ogni fibra per ml per ogni
anno, senza che sussista un valore soglia al di sotto del quale l’effetto cancerogeno non si realizzi.
La dose cumulativa di 25 fibre/ml/anno, stimata anche in seguito ad anamnesi lavorativa e non solo
accertata attraverso l’esame mineralogico del liquido broncoalveolare ricavato in seguito al BAL,
permette di concludere che il rischio relativo di carcinoma polmonare nei lavoratori esposti, rispetto
a quelli che non lo sono stati è ≥ 2 (Helsinki Consensus Conference), con tempi di latenza di
almeno 15 anni dall’inizio dell’esposizione ancorché molto variabile, e con aumento del rischio al
30° - 35° anno di osservazione ed una riduzione nel periodo successivo, nel quale il residuo
specialmente di crisotilo nel polmone si inattiva parzialmente e soprattutto perché coloro che sono
stati più esposti, e che hanno fumato con più abitualità, sono già deceduti.
L’effetto sinergico del fumo di sigaretta con l’esposizione ad amianto, determina una
incidenza del tumore polmonare molto più marcata tra coloro che sono esposti, come hanno
dimostrato Hammond EC, Selikoff IJ, Seidman H. i quali hanno pubblicato ‘Asbestos exposure,
cigarette smoking and death rates’62, e confermato da Gustavsson P, Nyberg F, Pershagen G et al.,
61
Boffetta P. HEALTH EFFECTS OF ASBESTOS EXPOSURE IN HUMANS: A QUANTITATIVE ASSESSMENT. Med Lav 1998; 89:
471-480. Abstract: “Asbestos causes four diseases in humans: Lung fibrosis (asbestosis) follows heavy exposure and, in
industrialized countries, is mainly a relic of past working conditions. The risk of pleural fibrosis and plaques is likely to
be linearly dependent from time since first exposure and is present for all types of asbestos fibres. The diagnostic
uncertainties regarding pleural plaques and the substantial degree of misclassification make it difficult to precisely
estimate the shape of the dose-response relationship. The risk of lung cancer seems to be linearly related to cumulative
asbestos exposure, with an estimated increase in risk of 1% for each fibre/ml-year of exposure. All fibre types seem to
exert a similar effect on lung cancer risk; a multiplicative interaction with tobacco smoking has been suggested. Pleural
mesothelioma is a malignant neoplasm which is specifically associated with asbestos exposure: the risk is linked with
the cubic power of time since first exposure, after allowing for a latency period of 10 years, and depends on the fibre
type, as the risk is about three times higher for amphiboles as compared to chrysotile. Environmental exposure to
asbestos is also associated with mesothelioma risk”.
62
Hammond EC, Selikoff IJ, Seidman H. ASBESTOS EXPOSURE, CIGARETTE SMOKING AND DEATH RATES. Ann N Y Acad
Sci 1979; 330:473-90. Abstract: “Before 1966, there was evidence from a number of studies conducted in several
different countries that people with a history of occupational exposure to asbestos dust are at risk of developing
asbestosis and mesothelioma and at very high risk of lung cancer. There was also evidence that mesothelioma or lung
cancer resulting from asbestos exposure does not usually appear until many years after initial exposure. Little more was
known about the sometimes fatal effects of exposure to asbestos dust although there was some evidence that it increases
the risk of cancer of the digestive tract. This investigation was started in 1966 primarily to obtain information on the
combined effects of cigarette smoking and exposure to asbestos dust in respect to death from lung cancer and chronic
noninfectious pulmonary diseases: to obtain further evidence concerning cancer other than mesothelioma and lung
cancer; and to obtain information on the degree to which occupational exposure to asbestos dust increases total death
rates from all causes combined. Some of the early findings have been published. In any study of the effects of exposure
to asbestos dust it is necessary to have information on two groups of people: an exposed group and a nonexposed group
usually called the ‘control group’. Obviously, the two groups should be as alike as possible except in respect to asbestos
exposure. In mortality studies, the total population is often used as the control groups; and age-sex specific death rates
as officially reported for the total population are compared with the age-sex specific death rates of asbestos workers.
When this is done (and we have done it) it is only because of lack of availability of a more suitable control group. For
this investigation, we could not use the total population as the only control group for the reason that we had to have
information on the age-specific death rates of men with each of various types of smoking histories; and such
information is not available for the total population. Therefore, we had to obtain a more suitable control group described
later”.
40 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
nella loro pubblicazione ‘Low-dose exposure to asbestos and lung cancer: Dose-response relations
and interaction with smoking in a population-based case-referent study in Stockholm, Sweden’63.
Le indagini epidemiologiche confermano che il rischio di tumore polmonare (11/100.000
persone/anno nella popolazione generale) è aumentato secondo alcuni di cinque volte, secondo altri
fino a 15 volte, nei lavoratori dell'asbesto non fumatori, rispetto ai non esposti non fumatori, mentre
negli esposti fumatori, il rischio è addirittura più di 50 volte superiore.
Il tumore polmonare insorge molto facilmente nei soggetti asbestosici, come dimostrato dal
Prof. Enrico Vigliani64, che pertanto già dal 1969, quando il consumo di amianto tendeva ad
aumentare, affermò che fosse necessaria una incisiva azione di prevenzione, con l’abbassamento dei
limiti di soglia, una incisiva attivazione degli strumenti di prevenzione e di evitare ogni ulteriore
esposizione per chi lo era stato già nel passato, e che trova conferma nella pubblicazione di
O’Reilly et al., dal titolo ‘Asbestos-related lung disease’65.
L’esperienza dei lavoratori civili in un cantiere navale della Guardia Costiera degli Stati Uniti
costituisce il Background degli studi di Krstev e collaboratori, i quali hanno pubblicato lo studio dal
titolo ‘Mortality among shipyard coast guard workers: a retrospective cohort study’66, dal quale
63
Gustavsson P, Nyberg F, Pershagen G et al. LOW-DOSE EXPOSURE TO ASBESTOS AND LUNG CANCER: DOSE-RESPONSE
RELATIONS AND INTERACTION WITH SMOKING IN A POPULATION-BASED CASE-REFERENT STUDY IN STOCKHOLM, SWEDEN.
Am J Epidemiol 2002; 155: 1016-1022. Abstract: “This population-based case-referent study investigated the lung
cancer risk associated with occupational exposure to asbestos, focusing on dose-response relations and the interaction
with tobacco smoking. Incident cases of lung cancer among males aged 40-75 years in Stockholm County, Sweden,
were identified from 1985 to 1990. Referents were selected randomly within strata (age, inclusion year) of the study
base. Questionnaires administered to subjects or their next of kin gave information on occupations, tobacco smoking
habits, and residences. Response rates of 87% and 85% resulted in 1,038 cases and 2,359 referents, respectively.
Occupational exposures were assessed by an industrial hygienist. Lung cancer risk increased almost linearly with
cumulative dose of asbestos. The risk at a cumulative dose of 4 fiber-years was 1.90 (95% confidence interval (CI):
1.32, 2.74), higher than that predicted by downward linear extrapolation from highly exposed occupational cohorts. The
relative risk (exp(beta)) for a transformed dose variable ln(fiber-years + 1) was 1.494 (95% CI: 1.193, 1.871) per unit of
exposure. The joint effect of asbestos and smoking was estimated to be 1.15 (95% CI: 0.77, 1.72) times that predicted
from the sum of their individual effects and 0.31 (95% CI: 0.11, 0.86) times that predicted from their product, indicating
a joint effect between additivity and multiplicativity”.
64
E.C.Vigliani, CRITERI PER LA DETERMINAZIONE DELLE CONCENTRAZIONI MASSIME TOLLERABILI DI SILICE E AMIANTO
NELL’ ARIA, Med.Lav. vol.60 n.2, 1969: “la ragione del forte abbassamento dei limiti tollerabili dell’amianto, consiste
nel fatto che l’asbestosi predispone all’insorgenza del cancro polmonare e del mesotelioma della pleura......L’azione
oncogena dell’amianto fa trascendere il problema dei suoi effetti biologici dal campo della patologia professionale a
quello della medicina preventiva e dell’igiene pubblica. ......In alcuni paesi, si è incominciato a tenere un registro dei
mesoteliomi....Nella polvere dell’atmosfera delle città, sono contenute fibre di amianto, come è stato di recente
osservato anche a Torino”.
65
O‘Reilly KM, Mclaughlin AM, Beckett WS, Sime PJ., ASBESTOS-RELATED LUNG DISEASE, Am Fam Physician
2007;75: 683–8. Abstract: “The inhalation of asbestos fibers may lead to a number of respiratory diseases,
including lung cancer, asbestosis, pleural plaques, benign pleural effusion, and malignant mesothelioma. Although
exposure is now regulated, patients continue to present with these diseases because of the long latent period between
exposure and clinical disease. Presenting signs and symptoms tend to be nonspecific; thus, the occupational history
helps guide clinical suspicion. High-risk populations include persons in construction trades, boilermakers, shipyard
workers, railroad workers, and U.S. Navy veterans. Every effort should be made to minimize ongoing exposure.
Patients with a history of significant asbestos exposure may warrant diagnostic testing and follow-up assessment,
although it is unclear whether this improves outcomes. Patients with significant exposure and dyspnea should have
chest radiography and spirometry. The prognosis depends on the specific disease entity. Asbestosis generally progresses
slowly, whereas malignant mesothelioma has an extremely poor prognosis. The treatment of patients with asbestos
exposure and lung cancer is identical to that of any patient with lung cancer. Because exposure to cigarette smoke
increases the risk of developing lung cancer in patients with a history of asbestos exposure, smoking cessation is
essential. Patients with asbestosis or lung cancer should receive influenza and pneumococcal vaccinations”.
66
Krstev S, Stewart P, Rusiecki J, Blair A., MORTALITY AMONG SHIPYARD COAST GUARD WORKERS: A RETROSPECTIVE
COHORT STUDY, Occup Environ Med 2007; 64:651–8. Abstract: “BACKGROUND: The mortality experience of 4702
(4413 men and 289 women) civilian workers in a US Coast Guard shipyard was evaluated. METHODS: All workers
employed at the shipyard between 1 January 1950 and 31 December 1964 were included in the study and were followed
through 31 December 2001 for vital status. Detailed shipyard and lifetime work histories found in
CAPITOLO II | 41
risulta la prova di un eccesso di patologie tumorali per i tumori delle vie respiratorie (SMR 1,29,
95% CI 1,15-1,43), del cancro del polmone (SMR 1,26 , 95% CI 1,12-1,41), del mesotelioma (SMR
5,07, IC 95% 1,85-11,03) dell’enfisema (SMR 1,44, IC 95% 1,01-1,99), oltre ad un aumento
dell’insorgenza anche dei tumori del cavo orale e naso-faringeo ma solo tra i lavoratori del legno
nel cantiere, potendo lasciar supporre quindi un sinergismo con le polveri di amianto, che debbono
essere considerate quantomeno concausa di queste patologie.
Beall et al., in uno studio relativo all’incidenza del cancro quale causa di mortalità in un
impianto di produzione di pneumatici tra coloro che vi erano stati occupati per almeno un anno, vi
ravvisa un aumento del cancro dello stomaco, della vescica, e della leucemia 67.
Battista et al. hanno pubblicato uno studio relativo alla mortalità per cancro associata
all’esposizione all’amianto nel settore della costruzione e della riparazione dei vagoni ferroviari, e
dal quale risulta un aumento dei tumori della laringe e del pancreas e del mieloma multiplo, senza
che se ne possano trarre conclusioni certe, come invece per il cancro al polmone, per il quale invece
non può essere messa in dubbio l’incidenza della esposizione all’amianto68.
the shipyard personnel records and job descriptions were evaluated. Workers were classified as likely exposed to any
potential hazardous substances. In addition, 20 job groups were created on likely similar exposures.
Standardised mortality ratios (SMRs) were calculated based on the general population of the state and adjusted for age,
calendar period, sex and race. RESULTS: The follow-up was successful for 93.3% of the workers. Among all men
employed in the shipyard, there was an excess of mortality from all causes of death (SMR 1.08; 95% CI 1.04 to 1.12),
respiratory cancers (SMR 1.29; 95% CI 1.15 to 1.43), lung cancer (SMR 1.26; 95% CI 1.12 to 1.41), mesothelioma
(SMR 5.07; 95% CI 1.85 to 11.03) and emphysema (SMR 1.44; 95% CI 1.01 to 1.99) and a decrease for cardiovascular
diseases (OR 0.95; 95% CI 0.90 to 1.00), vascular lesions of the central nervous system (SMR 0.80; 95% CI 0.67 to
0.96), cirrhosis of the liver (SMR 0.38; 95% CI 0.25 to 0.57) and external causes of death (SMR 0.55; 95% CI 0.44 to
0.68). A similar pattern was observed for the men classified as exposed. No increasing trend of mortality was found
with duration of employment in the shipyard, with the exception of mesothelioma (SMRs of 4.23 and 6.27 for <10 years
and > or =10 years, respectively). In occupations with at least three cases and with an SMR of > or =1.3, the authors
observed a significantly elevated mortality for lung cancer among machinists (SMR 1.60; 95% CI 1.08 to 2.29) and
shipfitters, welders and cutters (SMR 1.34; 95% CI 1.07 to 1.65) and for oral and nasopharyngeal cancers among
wood workers (SMR 6.20; 95% CI 2.27 to 13.50). CONCLUSION: Employment in this Coast Guard shipyard revealed
a small but significant excess mortality from all causes, lung cancer and mesothelioma, most of which is probably
related to asbestos exposure”.
67
Beall C., Corn M., Cheng H., et al., MORTALITY AND CANCER INCIDENCE AMONG TIRE MANUFACTURING WORKERS
HIRED IN OR AFTER 1962, J Occup Environ Med 2007; 49: 680–90. Abstract: “OBJECTIVE: This study
evaluated mortality during 1962 through 2003 and cancer incidence during 1995 through 2003 at a tire manufacturing
plant. METHODS: The mortality study included 3425 men and women, employed for at least one year. Of these, 3069
were eligible for the cancer incidencestudy. RESULTS: Employees experienced 390 deaths compared with 608
expected (standardized mortality ratio (SMR)=64; 95% confidence interval (CI)=58-71). Total cancer mortality (123
observed, SMR=75, CI=62-89) and lung cancer mortality (47 observed, SMR=72, CI=53-96) were lower than expected.
Hourly white men had small increases in stomach cancer, bladder cancer, and leukemia deaths. During 1995 through
2003, 169 incident cancers were observed compared with 197 expected (SIR=86, 95% CI=74-100). Three
mesothelioma cases occurred among hourly white men (SIR=653, CI=135-1907); all were exposed potentially to
asbestos before starting at the rubber plant. CONCLUSIONS: Small numbers and limited information on jobs,
occupational agents, and lifestyle preclude attribution of observed increases to workplace exposures”.
68
Battista G., Belli S., Comba P., et al., MORTALITY DUE TO ASBESTOS-RELATED CAUSES AMONG RAILWAY CARRIAGE
CONSTRUCTION AND REPAIR WORKERS. Occup Med 1999; 49: 536–9. Abstract: “The objective of this study was to
further clarify the cancer risk associated with asbestos exposure in railway carriage construction and repair. The cohort
included 734 subjects employed between 1 January 1945 and 31 December 1969. Vital status was ascertained at 31
December 1997.Mortality was investigated in the time span 1970-97. Forty-two subjects (6%) were lost to follow-up
and eight causes of death (4%) could not be ascertained. The overall mortality was not above the expected value.
Among neoplastic diseases, excesses were observed for lung ştandardizedmortality ratio (SMR) = 124; 90% confidence
interval (CI) = 87-172; 26 obs), pleura (SMR = 1,327; CI = 523-2,790; 5 obs), larynx (SMR = 240; CI = 95-505; 5 obs),
liver (SMR = 241; CI = 126-420; 9 obs), pancreas (SMR = 224; CI = 98-443; 6 obs) and multiple myeloma (SMR =
429; CI = 117-1,109; 3 obs). The observed excess of lung and pleural neoplasms can be causally related to asbestos
exposure in the manufacture of railwaycarriages. A causal role of asbestos exposure in the raised SMRs from laryngeal
and pancreatic neoplasms and multiple myeloma cannot be conclusively proven”.
42 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
Chen et al., hanno eseguito uno studio di coorte su lavoratori con asbestosi in Hong Kong, dal
quale è emerso un rapporto tra l’asbestosi e le malattie cardiache, oltre che con le altre patologie
ritenute asbesto correlate69.
Il tumore polmonare può insorgere anche in assenza di segni radiologici di asbestosi come
conferma Finkelstein MM70 nello studio dal titolo ‘Absence of radiographic asbestosis and the risk
of lung cancer among asbestos-cement workers: extended follow-up of a cohort’ (pubblicato in Am
J Ind Med. nel 2010): anche in assenza di asbestosi coloro che sono stati esposti all’amianto
possono contrarre il tumore al polmone, e quindi il nesso di causalità non può essere escluso,
coerentemente con quanto già stabilito nei criteri di Helsinki, secondo i quali non è necessario il
riscontro radiologico o bioptico di asbestosi per attribuire all’asbesto un ruolo causale
nell’insorgenza del tumore polmonare (Helsinki Consensus Report, 1997).
Nonostante l’amianto nel nostro Paese sia stato messo al bando già con la legge n. 257 del
1992, e quindi da oltre 20 anni, sussiste ancora un eccesso di rischio di cancro polmonare negli ex
esposti, come ci confermano gli studi epidemiologici e scientifici disponibili, non solo perché gli
effetti del minerale perdurano sull’organismo umano ben oltre, ma soprattutto per la persistenza
dell’esposizione, nei luoghi di vita ed in vari settori produttivi71.
2.9 Il mesotelioma.
Fu Wedler per primo nel 1944 ad individuare una correlazione certa tra asbesto e tumori
mesoteliali: infatti, un’altra patologia neoplastica collegata all’esposizione ad amianto è proprio il
mesotelioma maligno.
69
Chen M., Tse LA, Au RK, et al., MESOTHELIOMA AND LUNG CANCER MORTALITY: A HISTORICAL COHORT STUDY
HONG KONG. Lung Cancer. 2012; 76: 165-70. Abstract: “OBJECTIVES: To
investigate the mortality pattern among a cohort of workers with asbestosis in Hong Kong, with special emphases
onmesothelioma and lung cancer. METHODS: All 124 male workers with confirmed asbestosis in Hong Kong during
1981-2008 were followed up to December 31, 2008 to ascertain the vital status and causes of death.
Standardized mortality ratio (SMR) for each underlying cause of death was calculated by using person-year method.
Axelson's indirect method was applied to adjust for the potential confounding effect of cigarette smoking. RESULTS: A
total of 86 deaths were observed after 432.8 person-years of observations. The SMR for overall mortality (6.06, 95%
CI: 4.90-7.51) increased significantly. The elevated risk of deaths from all cancers (7.53, 95% CI: 5.38-10.25) was
mainly resulted from a significantly excess risk from lung cancer (SMR=7.91, 95% CI: 4.32-13.29, 14 deaths)
and mesothelioma (SMR=6013.63, 95% CI: 3505.95-9621.81, 17 deaths). The SMR forlung cancer retained statistically
significant after adjustment of smoking. An increased smoking adjusted SMR was also suggested for all heart diseases
(2.32, 95% CI: 0.93-4.79, 7 deaths) and acute myocardial infarction (3.10, 95% CI: 0.84-7.94, 4 deaths), though the
statistical significance was borderline. We found a positive association with net years of exposure to asbestos
for mesothelioma and lung cancer. CONCLUSIONS: Our study provided further evidence on the carcinogenesis of
asbestos/asbestosis with the risk of deaths from lung cancer andmesothelioma. This study also provided a preliminary
support for a possible link between asbestosis and heart disease, but power is limited”.
70
Finkelstein MM, ABSENCE OF RADIOGRAPHIC ASBESTOSIS AND THE RISK OF LUNG CANCER AMONG ASBESTOS-CEMENT
WORKERS: EXTENDED FOLLOW- UP OF A COHORT. Am J Ind Med. 2010; 53:1065-69. Abstract: “BACKGROUND: It has
been a matter of controversy whether there is an increased risk of lung cancer among asbestos-exposed workers
withoutradiographic asbestosis. A previous study of lung cancer risk among asbestos-cement workers has been updated
with an additional 12 years of follow-up. METHODS: Subjects had received radiographic examination at 20 and 25
years from first exposure to asbestos. Radiographs were interpreted by a single National Institute of Safety and Health
(NIOSH)-certified B-reader using the 1971 International Labor Office (ILO) Classification of the pneumoconioses as
reference standard. Asbestosis was defined as an ILO coding of 1/0 or higher. Standardized Mortality Ratios (SMRs)
were calculated using the general population of Ontario as reference. RESULTS: Among asbestos-cement workers
without radiographic asbestosis at 20 years latency the lung cancer SMR was 3.84 (2.24-6.14). Amongworkers without
asbestosis when examined at 25 years latency the SMR was 3.69 (1.59-7.26). CONCLUSIONS: Workers from an
Ontario asbestos-cement factory who did not have radiographic asbestosis at 20 or 25 years from first exposure to
asbestos continued to have an increased risk of death from lung cancer during an additional 12 years of follow-up”.
71
Si pensi al Petrolchimico di Gela, ove tonnellate e tonnellate di amianto, presenti nel sito, in assenza di qualsiasi
misura di sicurezza sono stati oggetto di reiterati sequestri da parte della Magistratura già a partire dal luglio 2011.
AMONG ASBESTOSIS WORKERS IN
CAPITOLO II | 43
Il mesotelioma è un tumore delle sierose, che insorge più frequentemente al livello pleurico –
mesotelioma della pleura – ma si manifesta anche in tutte le altre sedi dove è presente il tessuto
mesoteliale, quali il peritoneo, pericardio, tunica vaginale del testicolo.
2.9.1 Il mesotelioma pleurico.
I mesoteliomi pleurici sono causati dall’esposizione all’amianto, ed è maggiore per
esposizione a crocidolite, seguita da quella agli altri anfiboli, e infine da quella al crisotilo, che
spesso contiene tracce di anfiboli come impurità. La IARC72 tuttavia non ha mai valutato in termini
differenziali i vari tipi di amianto, ribadendo semplicemente che si tratta di sostanze sicuramente
cancerogene per l’uomo e come è stato confermato da Scherpereel A, Astoul P, Baas P, et al., nella
pubblicazione ‘Guidelines of the ERS/ESTS for management of malignant pleural mesothelioma’73,
e recentemente anche da van Meerbeeck JP, Scherpereel A, Surmont VF, Baas P.74, anche limitata
nel tempo, ad uno o due anni, risalenti ad almeno 15-20 anni prima, e con una punta massima
intorno ai 40 anni dalla prima esposizione, e con noduli multipli di piccole dimensioni sulla pleura
parietale o viscerale che evolvono verso la coesione per formare delle masse tumorali.
Anche esposizioni ambientali, soprattutto se si sommano a quelle lavorative determinano un
aumento di rischio di contrarre il mesotelioma, che è patologia dose-correlata, come hanno
confermato Hansen et al., con uno studio del 199875, nel quale si porge attenzione agli ambienti di
72
IARC, Monographs on the evaluation of carcinogenic risks to umans, suppl.7, Lyon 1987.
Scherpereel A, Astoul P, Baas P, et al., GUIDELINES OF THE ERS/ESTS FOR MANAGEMENT OF MALIGNANT PLEURAL
MESOTHELIOMA, Eur Resp J 2010; 35: 479–95. Abstract: “Malignant pleural mesothelioma (MPM) is a rare tumour but
with increasing incidence and a poor prognosis. In 2008, the European Respiratory Society/European Society of
Thoracic Surgeons Task Force brought together experts to propose practical and up-to-dated guidelines on the
management of MPM. To obtain an earlier and reliable diagnosis of MPM, the experts recommend performing
thoracoscopy, except in cases of pre-operative contraindication or pleural symphysis. The standard staining procedures
are insufficient in approximately 10% of cases. Therefore, we propose using specific immunohistochemistry markers on
pleural biopsies. In the absence of a uniform, robust and validated staging system, we advice use of the most recent
TNM based classification, and propose a three step pre-treatment assessment. Patient's performance status and
histological subtype are currently the only prognostic factors of clinical importance in the management of MPM. Other
potential parameters should be recorded at baseline and reported in clinical trials. MPM exhibits a high resistance to
chemotherapy and only a few patients are candidates for radical surgery. New therapies and strategies have been
reviewed. Because of limited data on the best combination treatment, we emphasise that patients who are considered
candidates for a multimodal approach should be included in a prospective trial at a specialised centre”.
74
van Meerbeeck JP, Scherpereel A, Surmont VF, Baas P., MALIGNANT PLEURAL MESOTHELIOMA: THE STANDARD OF
CARE AND CHALLENGES FOR FUTURE MANAGEMENT. Crit Rev Oncol Hematol. 2011; 78: 92-111. Abstract: “This review
addresses the management of MPM. In an introductory section, the etiology, epidemiology, presentation, diagnosis and
staging of MPM will be reviewed. The evidence was collected by a systematic analysis of the literature (2000-2009)
using the databases Medline (National Library of Medicine, USA), Embase (Elsevier, Netherlands), Cochrane Library
(Great Britain), National Guideline Clearinghouse (USA), HTA Database (International Network of Agencies for
Health Technology Assessment - INAHTA), NIH database (USA), International Pleural Mesothelioma Program WHOLIS (WHO Database) with the following keywords and filters: pleura, cancer, mesothelioma, guidelines,
treatment, surgery, chemotherapy, radiotherapy, palliation, supportive care, pleurodesis, review”.
75
Hansen J, De Klerk NH, Musk AW et al. ENVIRONMENTAL EXPOSURE TO CROCIDOLITE AND MESOTHELIOMA. Abstract:
“This study aimed to estimate exposure-response relationships for mesothelioma and environmental exposure to
crocidolite. All 4,659 former residents of Wittenoom, Western Australia (WA) who lived there between 1943 and 1993
for at least 1 mo and were not directly employed in the crocidoliteindustry, were followed-up through the WA death,
cancer and mesothelioma registries, electoral rolls, and telephone books. In 1992, all subjects who should be traced
were sent a questionnaire. Exposure levels were estimated from results of periodic environmental surveys and duration
of residence. Incidence rates were standardized to the World Population and Cox Regression was used to estimate the
effects of exposure on incidence. To the end of 1993, 27 cases of mesothelioma were diagnosed. Mesothelioma cases
stayed longer at Wittenoom, had a higher average intensity ofexposure, and a higher cumulative exposure to crocidolite
than control subjects. The standardized incidence of mesothelioma was 260 per million person-years, and was similar
for males and females. The rate increased significantly with time from first exposure, duration of exposure and
cumulative exposure. At these levels of crocidolite exposure, there is a significantly increased risk of mesothelioma,
which is dose-dependent”.
73
44 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
vita, come già avevano fatto l’anno prima Howel D, Arblaster L, Swinburne L, et al., con la
pubblicazione ‘Routes of asbestos exposure and the development of mesothelioma in an English
region’76, ove si esaminava il ruolo delle esposizioni familiari e domestiche, il cui ruolo è
confermato dallo studio di Bourdes V, Boffetta P, Pisani P. dal titolo ‘Environmental exposure to
asbestos and risk of pleural mesothelioma:review and meta-analysis’77, pubblicato nel 2000, la
presenza di corpuscoli dell’asbesto nell’escreato e nel liquido pleurico serve solo a confermare la
pregressa esposizione.
Il mesotelioma ha un lungo periodo di latenza (37-43 anni, range 13-73 anni), e insorge
prevalentemente a livello pleurico, pur potendo interessare tutte le sedi in cui vi è del tessuto
mesoteliale, tipo il pericardio, il peritoneo, la tunica vaginale del testicolo. Si tratta di un tumore
molto raro e che presenta diversi quadri istologici (epiteliale, sarcomatoso, indifferenziato e a
cellule miste), per cui risulta molto difficile una corretta interpretazione diagnostica.
Il mesotelioma pleurico è caratterizzato da una bassa sopravvivenza (circa 1 anno dalla
diagnosi), da intensi dolori toracici, tosse e dispnea ingravescente, per incremento della neoplasia
e/o comparsa di versamento pleurico.
La diagnosi in vivo si basa sulla presenza dei seguenti elementi patognomonici: - pregressa
esposizione a dosi elevate di amianto per almeno un anno; -periodo di latenza superiore ai 20 anni; insorgenza insidiosa dei sintomi; -assenza di linfoadenopatia; -assenza di metastasi; -positività
radiografica (mammelloni pleurici); - presenza di cellule maligne mesoteliali e di acido ialuronico
nel versamento pleurico -esame istologico positivo; -esclusione di altre localizzazioni primarie.
La presenza dei corpuscoli dell’asbesto nell’escreato e nel liquido pleurico serve solo a
confermare la pregressa esposizione.
76
Howel D, Arblaster L, Swinburne L, et al. ROUTES OF ASBESTOS EXPOSURE AND THE DEVELOPMENT OF
ENGLISH REGION. Occ Environ Med. 1997; 54:403-9. Abstract: “OBJECTIVES: To investigate
the contribution of exposure to asbestos through different routes in the development of mesothelioma. METHODS:
Case-control study. 185 confirmed cases of mesothelioma and 160 controls were identified, when death had occurred
between 1979 and 1991 in four health districts in Yorkshire. The surviving relatives were interviewed to ascertain
lifetime exposure to asbestos. Adjusted odds ratios (ORs) of exposure to asbestos (through occupational,
paraoccupational, and residential routes) were calculated for cases and were compared with controls. RESULTS: Likely
or possible occupational exposure to asbestos was more common in cases than in controls (OR 5.6, 95% confidence
interval (95% CI) 3.1 to 10.1). After excluding those with likely or possible occupational exposure, likely or possible
paraoccupational exposure was more common in cases than controls (OR 5.8, 95% CI 1.8 to 19.2). Only six cases of
mesothelioma were identified as being solely exposed to asbestos through their residence, compared with nine controls.
The OR for residential exposure to asbestos varied between 1.5 and 6.6, depending on which potential industrial sources
were included, but the 95% CIs were so wide that slightly reduced or greatly increased odds comparing cases with
controls could not be excluded. CONCLUSION: Study results support previous evidence that occupational and
paraoccupational exposure to asbestos is associated with developing mesothelioma. Despite a rigorous search, purely
residential exposure seemed to account for only 3% of identified cases. No firm conclusion can be drawn about the risks
from residential exposure alone, as many of the study subjects could also have been occupationally or
paraoccupationally exposed to asbestos”
77
Bourdes V, Boffetta P, Pisani P. ENVIRONMENTAL EXPOSURE TO ASBESTOS AND RISK OF PLEURAL MESOTHELIOMA:
REVIEW AND META- ANALYSIS. Eur J Epidemiol. 2000; 16: 411-7. Abstract: “A number of epidemiological studies have
addressed the risk of pleural mesothelioma from environmental (household and neighborhood) exposure toasbestos, but
no overall risk estimate is available. We reviewed the epidemiological studies on risk of pleural mesothelioma and
household or neighborhood exposure to asbestos. We identified eight relevant studies; most were conducted in
populations with relatively high exposure levels. We combined the risk estimates in a meta-analysis based on the
random-effects model. The relative risks (RRs) of pleural mesothelioma for householdexposure ranged between 4.0 and
23.7, and the summary risk estimate was 8.1 (95% confidence interval [CI]: 5.3-12). For neighborhood exposure, RRs
ranged between 5.1 and 9.3 (with a single RR of 0.2) and the summary estimate was 7.0 (95% CI: 4.7-11). This review
suggests a substantial increase in risk of pleural mesothelioma following high environmental exposure to asbestos;
however, the available data are insufficient to estimate the magnitude of the excess risk at the levels of environmental
exposure commonly encountered by the general population in industrial countries”.
MESOTHELIOMA IN AN
CAPITOLO II | 45
In letteratura sono noti anche casi di mesoteliomi da fibre minerali naturali diverse, quali
l’erionite e le fibre di vetro78, oppure da agenti fisici quali le radiazioni ionizzanti, tuttavia l’85-98%
dei casi di mesotelioma riconosce una pregressa esposizione ad amianto. Il fumo di sigaretta non
determina un incremento di tale patologia.
Anche nel nostro Paese, alla luce delle tragiche vicende che hanno colpito i familiari di
diversi lavoratori esposti, così per le mogli che hanno lavato le tute dei mariti impregnate di polveri
di asbesto, ci sono state diverse ricerche, oggetto di numerose pubblicazioni, già nel 1993, con lo
studio di Magnani C, Terracini B, Ivaldi C et al., dal titolo: ‘A cohort study on mortality among
wives of workers in the asbestos cement industry in Casale Monferrato – Italy’79, cui ha fatto
seguito nel 2000 un secondo lavoro di Magnani C, Agudo A, González CA et al. 80 e nel 2001 quello
di Magnani C., Dalmasso P., Biggeri A. et al., dal titolo ‘Increased risk of malignant mesothelioma
of the pleura after residential or domestic exposure to asbestos. A case-control study in Casale
Monferrato – Italy’81, che confermano come ci sia un rischio concreto di contrarre mesotelioma
78
J.T.Peterson, S.D.Greenberg & al., NON-ASBESTOS-RELATED MALIGNANT MESOTHELIOMA, Cancer 54:951-960, 1984.
- P.V.Pelnar, Further evidence of non-asbestos-related mesothelioma, Scan.J.Work Environ. Health, 14:141-144, 1988.
79
Magnani C, Terracini B, Ivaldi C et al. A COHORT STUDY ON MORTALITY AMONG WIVES OF WORKERS IN THE
ASBESTOS CEMENT INDUSTRY IN C ASALE MONFERRATO – ITALY. Br J Ind Med. 1993;50:779-84. Abstract:
“The study investigates mortality from cancer and other diseases in a cohort of wives of asbestos cement workers in
Casale Monferrato (northwest Italy). After the exclusion of women with an occupational record in the asbestos cement
industry, the cohort comprised 1964 women. Their domestic exposure was estimated according to their husbands'
periods of employment in the plant: 1740 had a period of domestic exposure whereas the remaining 224 married an
asbestos cement worker only after he definitely stopped his activity in the asbestos cement plant; these have, therefore,
been considered as unexposed. The cohort of wives was constructed entirely through official records in the town offices
and is both exhaustive and unaffected by recall bias. At the end of follow up (1988) 1669 women were alive, 270 were
dead and 25 (1.2%) were untraced. Main mortality analyses were only up to age 79 to reduce the misclassification of
causes of death. Expected mortality was based on local rates. Mortality analyses were limited to the period 1965-88 due
to the availability of local rates: in that period 210 deaths occurred among women with domestic exposure v 229.1
expected. There were four deaths from pleural tumours (one diagnosed as mesothelioma at necropsis) and six from lung
cancer v. 0.5 and 4.0 expected respectively. Two further cases of mesothelioma were diagnosed by histological
examination after the end of follow up. None of the threewives with histologically diagnosed mesothelioma had been
engaged in industrial activities. Corresponding information for the other three cases could not be traced”.
80
Magnani C, Agudo A, González CA et al. MULTICENTRIC STUDY ON MALIGNANT PLEURAL MESOTHELIOMA AND NONOCCUPATIONAL EXPOSURE TO ASBESTOS. Br J Cancer. 2000;83:104-11. Abstract: “Insufficient evidence exists on the
risk of pleural mesothelioma from non-occupational exposure to asbestos. A population-based case-control studywas
carried out in six areas from Italy, Spain and Switzerland. Information was collected for 215 new histologically
confirmed cases and 448 controls. A panel of industrial hygienists assessed asbestos exposure separately for
occupational, domestic and environmental sources. Classification of domestic and environmental exposure was based
on a complete residential history, presence and use of asbestos at home, asbestos industrial activities in the surrounding
area, and their distance from the dwelling. In 53 cases and 232 controls without evidence of occupational exposure to
asbestos, moderate or high probability of domestic exposure was associated with an increased risk adjusted by age and
sex: odds ratio (OR) 4.81, 95% confidence interval (CI) 1.8-13.1. This corresponds to three situations: cleaning
asbestos-contaminated clothes, handling asbestos material and presence of asbestos material susceptible to damage. The
estimated OR for high probability of environmental exposure (living within 2000 m of asbestos mines, asbestos cement
plants, asbestos textiles, shipyards, or brakes factories) was 11.5 (95% CI 3.5-38.2). Living between 2000 and 5000 m
from asbestos industries or within 500 m of industries using asbestos could also be associated with an increased risk. A
dose-response pattern appeared with intensity of both sources of exposure. It is suggested that low-dose exposure to
asbestos at home or in the general environment carries a measurable risk of malignant pleural mesothelioma”.
81
Magnani C, Dalmasso P, Biggeri A et al. INCREASED RISK OF MALIGNANT MESOTHELIOMA OF THE PLEURA AFTER
RESIDENTIAL OR DOMESTIC EXPOSURE TO ASBESTOS. A CASE-CONTROL STUDY IN CASALE MONFERRATO – ITALY.
Environ Health Perspect. 2001;109: 915-9. Abstract: “The association of malignant mesothelioma (MM) and
nonoccupational asbestos exposure is currently debated. Our study investigates environmental and domestic asbestos
exposure in the city where the largest Italian asbestos cement (AC) factory was located. This population-based casecontrol study included pleural MM (histologically diagnosed) incidents in the area in 1987-1993, matched by age and
sex to two controls (four if younger than 60). Diagnoses were confirmed by a panel of five pathologists. We interviewed
102 cases and 273 controls in 1993-1995, out of 116 and 330 eligible subjects. Information was checked and completed
on the basis of factory and Town Office files. We adjusted analyses for occupational exposure in the AC industry. In the
town there were no other relevant industrial sources of asbestos exposure. Twenty-three cases and 20 controls lived
46 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
anche per i familiari dei lavoratori esposti ad amianto: quindi sono esposti a rischio anche coloro
che hanno avuto una esposizione soltanto domestica e familiare, che dovrebbero essere sottoposti a
sorveglianza sanitaria, per una diagnosi precoce della patologia.
Esiste una proporzionalità tra dose cumulativa e mesotelioma (Berman DW, Crump KS, nel
loro studio dal titolo ‘Update of potency factors for asbestos-related lung cancer and
mesothelioma’82; Boffetta P. nella pubblicazione dal titolo ‘Human cancer from environmental
with an AC worker [odds ratio (OR) = 4.5; 95% confidence interval (CI), 1.8-11.1)]. The risk was higher for the
offspring of AC workers (OR = 7.4; 95% CI, 1.9-28.1). Subjects attending grammar school in Casale also showed
an increased risk (OR = 3.3; 95% CI, 1.4-7.7). Living in Casale was associated with a very high risk (after selecting out
AC workers: OR = 20.6; 95% CI, 6.2-68.6), with spatial trend with increasing distance from the AC factory. The
present work confirms the association of environmental asbestos exposure and pleural MM, controlling for other
sources of asbestos exposure, and suggests that environmental exposure caused a greater risk than domestic exposure”.
82
Berman DW, Crump KS. UPDATE OF POTENCY FACTORS FOR ASBESTOS-RELATED LUNG CANCER AND MESOTHELIOMA.
Crit Rev Toxicol. 2008;38 Suppl 1:1-47. Abstract: “The most recent update of the U.S. Environmental Protection
Agency (EPA) health assessment document for asbestos (Nicholson, 1986, referred to as "the EPA 1986 update") is
now 20 years old. That document contains estimates of "potency factors" for asbestos in causing lung cancer (K(L)'s)
and mesothelioma (K(M)'s) derived by fitting mathematical models to data from studies of occupational cohorts. The
present paper provides a parallel analysis that incorporates data from studies published since the EPA 1986 update. The
EPA lung cancer model assumes that the relative risk varies linearly with cumulative exposure lagged 10 years. This
implies that the relative risk remains constant after 10 years from last exposure. The EPAmesothelioma model predicts
that the mortality rate from mesothelioma increases linearly with the intensity of exposure and, for a given intensity,
increases indefinitely after exposure ceases, approximately as the square of time since first exposure lagged 10 years.
These assumptions were evaluated using raw data from cohorts where exposures were principally to chrysotile (South
Carolina textile workers, Hein et al., 2007; mesotheliomaonly data from Quebec miners and millers, Liddell et al.,
1997) and crocidolite (Wittenoom Gorge, Australia miners and millers, Berry et al., 2004) and using published data
from a cohort exposed to amosite (Paterson, NJ, insulation manufacturers, Seidman et al., 1986). Although the linear
EPA model generally provided a good description of exposure response for lung cancer, in some cases it did so only by
estimating a large background risk relative to the comparison population. Some of these relative risks seem too large to
be due to differences in smoking rates and are probably due at least in part to errors in exposure estimates. There was
some equivocal evidence that the relative risk decreased with increasing time since last exposure in the Wittenoom
cohort, but none either in the South Carolina cohort up to 50 years from last exposure or in the New Jersey cohort up to
35 years from last exposure. The mesothelioma model provided good descriptions of the observed patterns of mortality
after exposure ends, with no evidence that risk increases with long times since last exposure at rates that vary from that
predicted by the model (i.e., with the square of time). In particular, the model adequately described the mortality rate in
Quebec chrysotile miners and millers up through >50 years from last exposure. There was statistically significant
evidence in both the Wittenoom and Quebec cohorts that the exposure intensity-response is supralinear(1) rather than
linear. The best-fitting models predicted that the mortality rate varies as [intensity](0.47) for Wittenoom and as
[intensity](0.19) for Quebec and, in both cases, the exponent was significantly less than 1 (p< .0001). Using the EPA
models, K(L)'s and K(M)'s were estimated from the three sets of raw data and also from published data covering a
broader range of environments than those originally addressed in the EPA 1986 update. Uncertainty in these estimates
was quantified using "uncertainty bounds" that reflect both statistical and nonstatistical uncertainties. Lung
cancer potency factors(K(L)'s) were developed from 20 studies from 18 locations, compared to 13 locations covered in
the EPA 1986 update. Mesothelioma potency factors(K(M)'s) were developed for 12 locations compared to four
locations in the EPA 1986 update. Although the 4 locations used to calculate K(M) in the EPA 1986 update include one
location with exposures to amosite and three with exposures to mixed fiber types, the 14 K(M)'s derived in the present
analysis also include 6 locations in which exposures were predominantly to chrysotile and 1 where exposures were only
to crocidolite. The K(M)'s showed evidence of a trend, with lowest K(M)'s obtained from cohorts exposed
predominantly to chrysotile and highest K(M)'s from cohorts exposed only to amphibole asbestos, with K(M)'s from
cohorts exposed to mixed fiber types being intermediate between the K(M)'s obtained from chrysotile and amphibole
environments. Despite the considerable uncertainty in the K(M) estimates, the K(M) from the Quebec mines and mills
was clearly smaller than those from several cohorts exposed to amphibole asbestos or a mixture of amphibole asbestos
and chrysotile. For lung cancer, although there is some evidence of larger K(L)'s from amphibole asbestos exposure,
there is a good deal of dispersion in the data, and one of the largest K(L)'s is from the South Carolina textile mill where
exposures were almost exclusively to chrysotile. This K(L) is clearly inconsistent with the K(L) obtained from the
cohort of Quebec chrysotile miners and millers. The K(L)'s and K(M)'s derived herein are defined in terms of
concentrations of airborne fibers measured by phase-contrast microscopy (PCM), which only counts all structures
longer than 5 microm, thicker than about 0.25 microm, and with an aspect ratio > or =3:1. Moreover, PCM does not
distinguish between asbestos and nonasbestos particles. One possible reason for the discrepancies between the K(L)'s
and K(M)'s from different studies is that the category of structures included in PCM counts does not correspond closely
CAPITOLO II | 47
pollutants: the epidemiological evidence’83), che conferma i risultati di Hodgson JT, Darnton A., ed
oggetto di pubblicazione nel lavoro dal titolo: ‘The quantitative risks of mesothelioma and lung
cancer in relation to asbestos exposure’84.
Che in uno studio eseguito su una popolazione di soggetti esposti ad asbesto in una miniera
dell’Australia occidentale, dimostrano come l’incidenza di mesoteliomi, pleurici e peritoneali,
presenta una correlazione positiva con il tempo trascorso dalla prima esposizione, con il massimo
rischio dopo 40/50 anni e proporzionale all’entità dell’esposizione complessiva.
Doll R, Peto J., nello studio dal titolo ‘Asbestos: effects on health of exposure to asbestos’
hanno affermato che l’incremento della dose incrementa il rischio di insorgenza della malattia, ma
non rileva per determinare il periodo di induzione85.
Questo studio è di fondamentale importanza perché vi si afferma testualmente ‘non v’è prova
di un livello soglia al di sotto del quale non vi sia rischio di mesotelioma’, e Hillerdal G., nel suo
lavoro ‘Mesothelioma: cases associated with non-occupational and low dose exposures’86 e
to biological activity. In the accompanying article (Berman and Crump, 2008) the K(L)'s and K(M)'s and related
uncertainty bounds obtained in this article are paired with fiber size distributions from the literature obtained using
transmission electron microscopy (TEM). The resulting database is used to define K(L)'s and K(M)'s that depend on
both the size (e.g., length and width) and mineralogical type (e.g., chrysotile or crocidolite) of an asbestos structure. An
analysis is conducted to determine how well different K(L) and K(M) definitions are able to reconcile the discrepancies
observed herein among values obtained from different environments”.
83
Boffetta P. HUMAN CANCER FROM ENVIRONMENTAL POLLUTANTS: THE EPIDEMIOLOGICAL EVIDENCE. Mutat Res. 2006;
608: 157-62. Abstract: “An increased risk of mesothelioma has been reported among individuals experiencing
residential exposure to asbestos, while results for lung cancerare less consistent. Several studies have reported an
increased risk of lung cancer risk from outdoor air pollution: on the basis of the results of the largest study, the
proportion of lung cancers attributable to urban air pollution in Europe can be as high as 10.7%. A causal association
has been established between second-hand tobacco smoking and lung cancer, which may be responsible for 1.6% of
lung cancers. Radon is another carcinogen present in indoor air, which may be responsible for 4.5% of lung cancers. An
increased risk of bladder might be due to water chlorination by-products. The available evidence on cancer risk
following exposure to other environmental pollutants, including, pesticides, dioxins and electro-magnetic fields, is
inconclusive”.
84
Hodgson JT, Darnton A. THE QUANTITATIVE RISKS OF MESOTHELIOMA AND LUNG CANCER IN RELATION TO ASBESTOS
EXPOSURE. Ann Occup Hyg. 2000; 44: 565-601. Abstract: “Mortality reports on asbestos exposed cohorts which gave
information on exposure levels from which (as a minimum) a cohort average cumulative exposure could be estimated
were reviewed. At exposure levels seen in occupational cohorts it is concluded that the exposure specific risk of
mesothelioma from the three principal commercial asbestos types is broadly in the ratio 1:100:500 for chrysotile,
amosite and crocidolite respectively. For lung cancer the conclusions are less clear cut. Cohorts exposed only to
crocidolite or amosite record similar exposure specific risk levels (around 5% excess lung cancer per f/ml.yr); but
chrysotile exposed cohorts show a less consistent picture, with a clear discrepancy between the mortality experience of
a cohort of xhrysotile textile workers in Carolina and the Quebec miners cohort. Taking account of the
excess risk recorded by cohorts with mixed fibre exposures (generally<1%), the Carolina experience looks uptypically
high. It is suggested that a best estimate lung cancer risk for chrysotile alone would be 0.1%, with a highest reasonable
estimate of 0.5%. The risk differential between chrysotile and the two amphibole fibres for lunc cancer is thus between
1:10 and 1:50. Examination of the inter-study dose response relationship for the amphibole fibres suggests a non-linear
relationship for all three cancer endpoints (pleural and peritoneal mesotheliomas, and lung cancer). The peritoneal
mesothelioma risk is proportional to the square of cumulative exposure, lung cancer risk lies between a linear and
square relationship and pleural mesothelioma seems to rise less than linearly with cumulative dose. Although these nonlinear relationships provide a best fit ot the data, statistical and other uncertainties mean that a linear relationship
remains arguable for pleural and lung tumours (but not or peritoneal tumours). Based on these considerations, and a
discussion fo the associated uncertainties, a series of quantified risk summary statements for different elvels of
cumulative exposure are presented”.
85
Doll R, Peto J. ASBESTOS: EFFECTS ON HEALTH OF EXPOSURE TO ASBESTOS. London: Health and Safety Commission;
HMSO, 1985.
86
Hillerdal G., MESOTHELIOMA: CASES ASSOCIATED WITH NON-OCCUPATIONAL AND LOW DOSE EXPOSURES, Occ
Environ Med. 1999;56:505-13. Abstract: “OBJECTIVES: To estimate the importance of low dose exposure to asbestos
on the risk of mesothelioma. METHODS: A review of the literature. RESULTS AND CONCLUSIONS: There is no
evidence of a threshold level below which there is no risk of mesothelioma. Low level exposure more often than not
contains peak concentrations which can be very high for short periods. There might exist a background level
48 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
Hodgson JT, Darnton A. nel loro lavoro ‘The quantitative risks of mesothelioma and lung cancer in
relation to asbestos exposure’87, riferendosi a Illgren EB, Browne K. 88 e a quanto da loro affermato,
hanno messo in evidenza come il tentativo di affermare la sussistenza di una ‘soglia
dall’identificazione della più bassa dose stimata essere stata ricevuta da qualunque caso osservato è
un nonsenso logico. Inoltre, l’esistenza di zero casi in una categoria di dose (umana o animale) non
dovrebbe essere automaticamente interpretata come rischio zero. La diretta conferma di una soglia
in base ai dati umani è virtualmente impossibile’ (Rapporto ISTISAN, 2007).
Il mesotelioma pleurico invade le strutture toraciche vicine, e si presenta in tre forme
istologiche: epitelioide, sarcomatoide, bifasica, la cui diagnosi è molto complessa e necessita delle
più recenti tecniche diagnostiche di immunoistochimica89.
2.9.2 Il mesotelioma peritoneale.
La sede più diffusa del mesotelioma maligno in sede extrapleurica è quella peritoneale, per
cui l’associazione con l’esposizione all’amianto è stata già dimostrata, in seguito a numerosi studi,
tra i quali quello di Ribak et al., 1988 ('Malignant mesothelioma in a cohort of asbestos insulation
workers: Clinical presentation, diagnosis, and causes of death')90, e di Heller D.S., Gordon R.E.,
of mesothelioma occurring in the absence of exposure ot asbestos, but there is no proof of this and this "natural level" is
probably much lower than the 1-2/million/year which has been often cited”.
87
Hodgson JT, Darnton A. THE QUANTITATIVE RISKS OF MESOTHELIOMA AND LUNG CANCER IN RELATION TO ASBESTOS
EXPOSURE, Ann Occup Hyg. 2000; 44: 565-601. Abstract: “Mortality reports on asbestos exposed cohorts which gave
information on exposure levels from which (as a minimum) a cohort average cumulative exposure could be estimated
were reviewed. At exposure levels seen in occupational cohorts it is concluded that the exposure
specific risk ofmesothelioma from the three principal commercial asbestos types is broadly in the ratio 1:100:500 for
chrysotile, amosite and crocidolite respectively. For lung cancer the conclusions are less clear cut. Cohorts exposed only
to crocidolite or amosite record similar exposure specific risk levels (around 5% excess lung cancer per f/ml.yr); but
chrysotile exposed cohorts show a less consistent picture, with a clear discrepancy between the mortality experience of
a cohort of xhrysotile textile workers in Carolina and the Quebec miners cohort. Taking account of the
excess risk recorded by cohorts with mixed fibre exposures (generally<1%), the Carolina experience looks uptypically
high. It is suggested that a best estimate lung cancer risk for chrysotile alone would be 0.1%, with a highest reasonable
estimate of 0.5%. The risk differential between chrysotile and the two amphibole fibres for lunc cancer is thus between
1:10 and 1:50. Examination of the inter-study dose response relationship for the amphibole fibres suggests a non-linear
relationship for all three cancer endpoints (pleural and peritoneal mesotheliomas, and lung cancer). The
peritoneal mesothelioma risk is proportional to the square of cumulative exposure, lung cancer risk lies between a linear
and square relationship and pleural mesothelioma seems to rise less than linearly with cumulative dose. Although these
non-linear relationships provide a best fit ot the data, statistical and other uncertainties mean that a linear relationship
remains arguable for pleural and lung tumours (but not or peritoneal tumours). Based on these considerations, and a
discussion fo the associated uncertainties, a series of quantified risk summary statements for different elvels of
cumulative exposure are presented”.
88
Illgren EB, Browne K. ASBESTOS RELATED MESOTHELIOMA: EVIDENCE FOR A THRESHOLD IN ANIMALS AND HUMAN.
Regul. Toxicol. Pharmacology. 1991;13:116-32. Abstract: “A threshold for mesothelioma for the major asbestos fiber
types becomes not only plausible but also very likely in view of the existence of a distinct background incidence of
spontaneously occurring and non-asbestos-related mesotheliomas; the high occupational doses associated with the
appearance of mesotheliomas in humans; and the large number of "tumorigenic" fibers required to produce significant
numbers of mesotheliomas inanimals. Even when the duration of exposure associated with the appearance of
mesotheliomas in humans has been brief, the exposure itself has been intense. The review of the relevant animal
and human literature cited herein supports the concept of mesothelioma threshold”.
89
Beasley MB, Brambilla E, Travis WD. THE 2004 WORLD HEALTH ORGANIZATION CLASSIFICATION OF LUNG TUMORS.
Semin Roentgenol 2005; 40: 90–97.
90
Ribak, J., Lilis, R., Suzuki, Y., Penner, L., and Selikoff, I. J. MALIGNANT MESOTHELIOMA IN A COHORT OF ASBESTOS
INSULATION WORKERS: CLINICAL PRESENTATION, DIAGNOSIS, AND CAUSES OF DEATH. Br. J. Ind. Med. 1988, 45: 182–
187. Abstract: "Malignant mesothelioma has been rare in the general population. In recent decades its incidence has
risen dramatically, parallel to the increasing use of asbestos in industry since 1930. Altogether 17,800 asbestos
insulation workers, members of the International Association of Heat and Frost Insulators and Asbestos Workers (AFLCIO-CLC) in the United States and Canada, were enrolled for prospective study on 1 January 1967 and followed up to
the present. Every death that occurs is investigated by our laboratory. One hundred and seventy five deaths from
mesothelioma occurred among the 2221 men who died in 1967-76 and 181 more such deaths in the next eight years.
CAPITOLO II | 49
Clement P.B., Turnnir R., Katz N., in ‘Presence of asbestos in peritoneal malignant mesotheliomas
in women (Presenza di asbestos nei mesoteliomi peritoneali maligni nelle donne)’, Int J Gynecol
Cancer. 9, 452-455, 1999, nel cui abstract testualmente91:
“Asbestos plays a causal role in pleural mesotheliomas. The role in peritoneal mesotheliomas is
less clear, particularly in women, who are less likely to have an exposure history.
Seven peritoneal malignant mesotheliomas in women with no recorded asbestos exposure were
analyzed in this report. Tissue digestion was performed on paraffin blocks of tumor.
Transmission electron microscopy, energy-dispersive spectroscopy, and electron diffraction
were performed for tissue fiber burden and fiber identification. Asbestos fiber burdens were
present in 6 cases. Two showed crocidolite, 2 showed chrysotile, one showed chrysotile and
amosite, and one showed chrysotile and tremolite. Fiber burdens ranged from 56,738 to
1,963,250 fibers per gram wet weight tissue. All fibers counted were between 1 and 5 microns.
This study demonstrates asbestos in peritoneal mesotheliomas in women.Asbestos may play a
role in the development of these tumors”.
cui ha fatto seguito Welch et al., 2005 ('Asbestos and peritoneal mesothelioma among collegeeducated men')92, McDonald et al., 2006 ('Sixty years on: the price of assembling military gas
masks in 1940')93 e Boffetta et al., 2007 ('Epidemiology of peritoneal mesothelioma')94, per il quale
Altogether, 356 workers had died of malignant mesothelioma (pleural or peritoneal) by 1984. Diagnosis of
mesothelioma was accepted only after all available clinical, radiological, and pathological material was reviewed by our
laboratory and histopathological confirmation by the pathology unit made in each case. One hundred and thirty four
workers died of pleural and 222 of peritoneal mesothelioma. Age at onset of exposure, age at onset of the disease, and
age at death were similar in both groups of patients. Significant difference was noted only in the time elapsed from
onset of exposure to the development of first symptoms, which was longer in the group with peritoneal mesothelioma.
Shortness of breath, either new or recently increased, and chest pain were the most frequent presenting symptoms in the
group with pleural mesothelioma; abdominal pain and distension were frequent in the patients with peritoneal
mesothelioma. Pleural effusion or ascites were found in most patients. The most effective approach to the diagnosis of
malignant pleural mesothelioma in these cases was by open lung biopsy; exploratory laparotomy was best for
diagnosing peritoneal mesothelioma. Patients with pleural mesothelioma died principally from pulmonary insufficiency
whereas those with peritoneal mesothelioma succumbed after a period of pronounced wasting".
91
Questo studio è stato oggetto di esame da parte del Prof. Giancarlo Ugazio nella sua pubblicazione
ASBESTO/AMIANTO. IERI, OGGI, DOMANI. VIAGGIO TRA VERITÀ, IPOCRISIA, reticenza e dolore, Ed. Aracne, Roma, luglio
2012, pag. 58. Sintesi: “L’asbesto svolge un ruolo eziologico nei mesoteliomi pleurici. Il suo ruolo nei mesoteliomi
peritoneali è meno chiaro, soprattutto nelle donne le quali meno verosimilmente hanno una storia anamnestica di
esposizione. In questa ricerca furono studiati sette mesoteliomi peritoneali maligni in donne senza storie anamnestiche
di esposizione. La digestione del tessuto fu eseguita su campioni del tumore inclusi in paraffina. La microscopia
elettronica a trasmissione, la spettroscopia a dispersione d’energia, e la diffrazione elettronica furono impiegate per il
conteggio delle fibre e per la loro identificazione. Il carico delle fibre di asbesto era presente in sei casi. Due mostrarono
la presenza di crisotilo, uno mostrò crisotilo e amosite, ed uno evidenziò crisotilo e tremolite. I conteggi variarono tra
56.738 e 1.963.250 fibre per grammo di peso umido. Tutte le fibre avevano dimensioni tra 1 e 5 micron. Questa ricerca
evidenzia la presenza di asbesto nei mesoteliomi peritoneali nelle donne. L’asbesto può svolgere un ruolo eziologico
dell’insorgenza di questi tumori.
92
Welch LS, Acherman YI, Haile E, et al. ASBESTOS AND PERITONEAL MESOTHELIOMA AMONG COLLEGE-EDUCATED
MEN. Int. J. Occup. Environ. Health. 2005; 11: 254–258. Abstract: "The proportion of peritoneal mesotheliomas among
all mesotheliomas has been decreasing, leading some to suggest that peritoneal mesotheliomaoccurs only after high
levels of exposure to asbestos. To investigate the relationship between asbestos exposure and the development of
peritonealmesothelioma, a case-control study examined 40 cases of primary peritoneal mesothelioma from a single
institution. This series differed from previous reports in that 75% of the cases and controls had attended college. Results
show an odds ratio of 6.6 for asbestos exposure among this group of primary peritoneal mesothelioma cases with
relatively slight asbestos exposures".
93
McDonald JC, Harris JM, Berry G. SIXTY YEARS ON: THE PRICE OF ASSEMBLING MILITARY GAS MASKS IN 1940.
Occup. Environ. Med. 2006; 63:852–825. Abstract: "BACKGROUND: Between 1940 and 1944 military gas masks
with filter pads containing 20% crocidolite were assembled in a Nottingham factory. METHODS: Records supplied by
the late Professor Stephen Jones were of 1154 persons, mainly women, who had worked in the factory during this
period; they included many deaths from mesothelioma. A systematic effort was therefore made to establish causes of
death for the whole cohort. RESULTS: Of 640 employees with full name and sex recorded, 567 (89%) were traced. Of
50 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
l’esposizione alla crocidolite rispetto al crisotilo segna un costante aumento del rischio (Merler et
al., 200095; Reid et al., 200596), in ogni caso proporzionale all’esposizione per intensità e durata
these, 491 had died, including 65 from mesothelioma, though only 54 were certified as such. After exclusion of these
54, standardised mortality ratios were significantly raised for respiratory cancer (SMR 2.5) and carcinomatosis (SMR
3.2). The pattern of mortality in the remaining 514 employees without full identification was similar, but a low tracing
rate (40%) did not justify their further analysis. The first death from mesothelioma was in 1963 (22 years after first
exposure) and the last in 1994, whereas a further 5.0 cases would have been expected between 1996 and 2003 (p =
0.0065). CONCLUSION: These findings in a cohort followed over 60 years after brief exposure to crocidolite confirm a
high and specific risk of mesothelioma (28% peritoneal) and perhaps of lung cancer some 20-50 years later. The
statistically significant absence of further mesothelioma cases during the past eight years suggests that crocidolite,
though durable, is slowly removed".
94
Boffetta, P. EPIDEMIOLOGY OF PERITONEAL MESOTHELIOMA: A REVIEW. Ann. Oncol. 2007; 18:985–990. Abstract:
"The epidemiology of peritoneal mesothelioma is complicated by possible geographic and temporal variations in
diagnostic practices. The incidence rates in industrialized countries range between 0.5 and three cases per million in
men and between 0.2 and two cases per million in women. Exposure to asbestos is the main known cause of peritoneal
mesothelioma. Results on peritoneal mesothelioma have been reported for 34 cohorts exposed to asbestos, among which
a strong correlation was present between the percentages of deaths from pleural and peritoneal mesothelioma
(correlation coefficient 0.8, P < 0.0001). Studies of workers exposed only or predominantly to chrysotile asbestos
resulted in a lower proportion of total deaths from peritoneal mesothelioma than studies of workers exposed to
amphibole or mixed type of asbestos. Cases of peritonealmesothelioma have also been reported following exposure to
erionite and Thorotrast, providing further evidence of common etiological factors with the pleural form of the disease.
The role of other suspected risk factors, such as simian virus 40 infection and genetic predisposition, is unclear at
present. Control of asbestos exposure remains the main approach to prevent peritoneal mesothelioma".
95
Merler E, Ercolanelli M, de Klerk N. IDENTIFICATION AND MORTALITY OF ITALIAN EMIGRANTS RETURNING TO ITALY
AFTER HAVING WORKED IN THE CROCIDOLITE MINES AT WITTENOON GORGE, WESTERN AUSTRALIA. Epidemiol. Prev.
2000; 24: 255–261. Abstract: “The crocidolite mine at Wittenoom Gorge, Western Australia, has been active from 1943
to 1966, and managed by Australian Blue Asbestos Ltd (ABA). Migrants constituted the large majority of workers. The
list of workers is composed of 6,911 subjects (6,501 males). In it we identified 1,102 Italians (1,069 males) and
completed the follow up for those previously lost, remained in Australia or returned to Italy. Up to 1997, 302 subjects
(301 males) definitively resettled in Italy, almost always returning to their community of origin. The median length
of work at Wittenoom for those resettled was 17.8 months. The resettled subjects are spread around Italy, and 112
subjects (37%) already died. We compared the mortality rates of those returned to Italy to the rates of the
male Italian population. Migrants were subjected to a strong selection before departure and were the target of a
surveillance program during work at Wittenoom: however, for those resettled, instead of a healthy migrant effect, we
observed an overmortality, mainly due to deaths from penumoconiosis (10 deaths vs 0.38 expected), from respiratory
tumours (3 deaths from pleural mesothelioma and 4 from primary peritoneal tumours; an excess of lung cancers, SMR
1.28, 95% CI 0.72-2.11, and an excess of undefined caused of deaths (SMR 6.29, 95% CI 2.52-12.96). The study
suggests that asbestos-related diseases and deaths have been observed among those resettled to Italy. In order to
increase the precision of the follow up of the Wittenoom cohort, a search outside Australia should be carried out in
some European countries for workers whose vital status was unconfirmed. Survivors in Italy are suffering from
asbestosis, jeopardizing their life, and are at risk of cancer, but few have received information, actions aimed at
reducing the accumulated risk, or compensation. Italy had a multi-million number of migrants for work, and an
important percentage of migrants is returned to Italy: the effects of occupational exposures to adverse agents should be
expected, but this topic has received up to now little attention”.
96
Reid A, de Klerk N, Ambrosini G, et al. THE ADDITIONAL RISK OF MALIGNANT MESOTHELIOMA IN FORMER WORKERS
AND RESIDENTS OF WITTENOOM WITH BENIGN PLEURAL DISEASE OR ASBESTOSIS. Occup. Environ. Med. 2005; 62:665–
669. Abstract: “AIMS: To examine the hypothesis that people with benign pleural disease or asbestosis have an
increased risk of malignant mesothelioma beyond that attributable to their degree of asbestos exposure. METHODS:
Former workers and residents of the crocidolite mining and milling town of Wittenoom are participating in a cancer
prevention programme (n = 1988). The first plain chest radiograph taken at the time of recruitment into the cancer
prevention programme was read for evidence of benign pleural disease and asbestosis, using the UICC classification.
Crocidolite exposure of former workers was derived from employment records and records of dust measurements
performed during the operation of the asbestos mine and mill between 1943 and 1966. Based on fibre counts, exposure
for former residents was determined using duration of residence and period of residence (before and after a new mill
was commissioned in 1957) and interpolation from periodic hygienic measures undertaken from personal monitors
between 1966 and 1992. Cox proportional hazards modelling was used to relate benign pleural disease, asbestosis,
asbestos exposure, and mesothelioma. RESULTS: Between 1990 and 2002, there were 76 cases of mesothelioma (56 of
the pleura and 20 of the peritoneum). Cases had more radiographic evidence of (all) benign pleural disease, pleural
thickening, blunt/obliterated costophrenic angle, and asbestosis than non-cases. Adjusting for time since first exposure
(log years), cumulative exposure (log f/ml-years), and age at the start of the programme, pleural thickening (OR = 3.1,
95% CI 1.2 to 7.6) and asbestosis (OR = 3.3, 95% CI 1.3 to 8.6) were associated with an increased risk of peritoneal
CAPITOLO II | 51
(Browne and Smither97, 1983; Leigh et al., 1991)98.
Il meccanismo di insorgenza è stato recentemente approfondito in uno studio di BundersonSchelvan et al., che hanno messo in evidenza il ruolo dello stress ossidativo99.
2.9.3 Conclusioni in ordine al mesotelioma.
In Italia muoiono circa 1200 persone all’anno per mesotelioma, distribuite maggiormente
nelle aree dove in passato si è utilizzato l’amianto. Data l’elevata latenza nella genesi della
patologia, nonostante la riduzione delle esposizioni, non si prevede una diminuzione di nuove
mesothelioma. There was no increased risk for pleural mesothelioma. CONCLUSION: The presence of benign pleural
disease, in particular pleural thickening, and asbestosis appears to increase the risk of mesothelioma of the peritoneum,
but not of the pleura beyond that attributable to indices of asbestos exposure in this cohort of subjects exposed to
crocidolite”.
97
Browne K, Smither WJ. ASBESTOS RELATED MESOTHELIOMA: FACTORS DISCRIMINATING BETWEEN PLEURAL AND
PERITONEAL SITES. Br. J. Ind. Med. 1983; 40:145–152. Abstract: “Up to the end of 1980, 144 confirmed cases
of mesothelioma were identified among employees of an organisation using asbestos in manufacturing and insulation.
The primary site was peritoneal in 74 cases, pleural in 66, and undetermined in four. All employees had been exposed to
amphiboleasbestos, and evidence from different factories confirmed the predominant role of crocidolite in the
production of mesothelioma. The ratio of pleural to peritoneal sites showed a continuous change when related to the
year of first exposure, varying from 5:1 pleural to peritoneal before 1921 to 1:3 after 1950. The strong temporal
relationship appeared to reflect progressive dust suppression, including the non-fibrous dusts present in insulation
materials and perhaps also the degree to which the fibres had been opened. Other predisposing factors were related to
the degree of individual exposure, the peritoneal site being associated preferentially with longer and heavier exposures”.
98
Leigh J, Rogers AJ, Ferguson DA, et al. LUNG ASBESTOS FIBER CONTENT AND MESOTHELIOMA CELL TYPE, SITE, AND
SURVIVAL. Cancer. 1991; 68: 135–141. Abstract: “All ascertainable cases of malignant mesothelioma in Australia were
notified to a national surveillance program in the period January 1, 1980 to December 31, 1985. There were 854 cases
obtained and 823 confirmed on clinical (77) or histologic (746) ground. Tumor site was known in 759 cases (685
pleural and 74 peritoneal). Lung fiber content analyses by light microscopy and analytic transmission electron
microscopy with energy-dispersive x-ray analysis were done on 226 cases in which postmortem material was available,
using the method of Rogers. Cell type was determined by a five-member expert panel of pathologists appointed by the
Royal College of Pathologists of Australasia. There was a statistically significant trend between lung fiber content
(fibers/g dry lung) and cell type from epithelial (low fiber content) through mixed to sarcomatous (high fiber content).
This trend was most apparent for total uncoated fibers (chi-square = 6.8, df = 1, P less than 0.01) and crocidolite (chisquare = 6.7, df = 1, P less than 0.01). Lung fiber content also was associated with tumor site; higher lung fiber content
being associated with peritoneal tumors. This relationship was significant for all fiber content measures except
chrysotile and was independent of the fiber content-cell type relationship (log-linear analysis). Survivalfrom time of
provisional diagnosis was significantly longer for epithelial (mean, 13 months; standard deviation [SD], 12.8) and
mixed (mean, 10.2 months; SD, 8.7) types than sarcomatous cell types (mean, 5.8 months; SD, 6.5; P less than 0.0001,
by analysis of variance on log10 survival time).Survival time was significantly greater for pleural tumors (mean, 11.4
months; SD, 13.4) than peritoneal tumors (mean, 8.6 months; SD, 12.5) (P less than 0.005, by Student's t test on
log10 survival time)”.
99
Bunderson-Schelvan M, Pfau JC, Crouch R, Holian A. NONPULMONARY OUTCOMES OF ASBESTOS EXPOSURE. J
Toxicol Environ Health B Crit Rev. 2011;14: 122-52. Abstract: “The adverse pulmonary effects of asbestos are well
accepted in scientific circles. However, the extrapulmonary consequences of asbestos exposure are not as clearly
defined. In this review the potential for asbestos to produce diseases of the peritoneum, immune, gastrointestinal (GIT),
and reproductive systems are explored as evidenced in published, peer-reviewed literature. Several hundred
epidemiological, in vivo, and in vitro publications analyzing the extrapulmonary effects of asbestos were used as
sources to arrive at the conclusions and to establish areas needing further study. In order to be considered, each study
had to monitor extrapulmonary outcomes following exposure to asbestos. The literature supports a strong association
between asbestos exposure and peritoneal neoplasms. Correlations between asbestos exposure and immune-related
disease are less conclusive; nevertheless, it was concluded from the combined autoimmune studies that there is a
possibility for a higher-than-expected risk of systemic autoimmune disease among asbestos-exposed populations. In
general, the GIT effects of asbestos exposure appear to be minimal, with the most likely outcome being development of
stomach cancer. However, IARC recently concluded the evidence to support asbestos-induced stomach cancer to be
"limited." The strongest evidence for reproductive disease due to asbestos is in regard to ovarian cancer. Unfortunately,
effects on fertility and the developing fetus are under-studied. The possibility of other asbestos-induced health effects
does exist. These include brain-related tumors, blood disorders due to the mutagenic and hemolytic properties of
asbestos, and peritoneal fibrosis. It is clear from the literature that the adverse properties of asbestos are not confined to
the pulmonary system.
52 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
insorgenze sino al 2030, mentre non si conoscono ancora gli effetti delle basse esposizioni ad
amianto negli ambienti di vita e di lavoro, prese in considerazione solo di recente. A tale proposito,
la IARC non ha espresso valori-limite per questi agenti cancerogeni, e tra i nuovi esposti risultano
attualmente i ferrovieri, gli scoibentatori, gli edili, i manutentori, i meccanici, i verniciatori etc.100
Per quanto riguarda il mesotelioma, sono sufficienti basse dosi innescanti e brevi periodi di
esposizione ad amianto, che possono verificarsi non solo negli ambienti di lavoro ma anche in quelli
di vita. Non sono segnalati, in questo caso, meccanismi sinergici con il fumo di tabacco; vengono
invece indicati come possibili cause di mesoteliomi anche le radiazioni ionizzanti.
L’incidenza del mesotelioma è messa in relazione all’entità dell’esposizione per durata e per
intensità, crescente con la terza o quarta potenza del tempo dalla prima esposizione, e a parità di
condizioni si assegna un peso maggiore a quella più remota (Berry G, Reid A, Aboagye-Sarfo P, et
al. dal titolo ‘Malignant mesotheliomas in former miners and millers of crocidolite at Wittenoom
(Western Australia) after more than 50 years follow-up’101), ed in ultimo il Prof. Luciano Mutti, in
una pubblicazione del 20 luglio 2012 sul sito www.osservatorioamianto.com, nella pagina del
Dipartimento Ricerca e Cura del Mesotelioma, di cui lo scienziato è Direttore, risultano tracciati gli
elementi e i dati relativi alle ultime e più autorevoli risultanze scientifiche, in base alle quali si può
affermare che la teoria della trigger dose è assolutamente non scientificamente fondata:
“La singola fibra killer non esiste: il concetto di dose cumulativa
Ovviamente, ogniqualvolta ci si riferisce, sia in condizioni sperimentali che nell' esposizione
reale cui i soggetti sono esposti, a “basse/intermedie concentrazioni”, non si intende “una
singola fibra” sulla cui capacità di indurre cancro non esiste alcuna evidenza scientifica.
Al contrario sia nei modelli animali che negli studi epidemiologici la trasformazione neoplastica
è chiaramente dose dipendente mentre nei nostri modelli sperimentali che utilizzano in vitro
cellule mesoteliali umane normali, la trasformazione richiede sempre una certa quantità di fibre
seppur in concentrazione non elevata
Più in dettaglio questa chiarissima evidenza è basata sui seguenti dati ampiamente condivisi da
tutta la comunità scientifica internazionale più coinvolta nella ricerca e nel trattamento dei
tumori da amianto:
1) Epidemiologia: le linee guida europee pubblicate dalla European Respiratory Society e dalla
European Society of Thoracic Surgeons (di cui lo scrivente è co-autore) a pag 481 (colonna a
sx) parlano solo di dosi cumulative anche se non è possibile stabilire quale sia la dose
cumulativa sufficiente
Tale affermazione è basata su evidenze dalla letteratura internazionale citata nel documento
finale pubblicato sull European Respiratory Journal nel 2010 e frutto di due “consensus
100
M.Huncharek, CHANGING RISK GROUPS FOR MALIGNANT MESOTHELIOMA, Cancer 69:2704-2711, 1992.
Berry G, Reid A, Aboagye-Sarfo P, et al. MALIGNANT MESOTHELIOMAS IN FORMER MINERS AND MILLERS OF
CROCIDOLITE AT WITTENOOM (WESTERN AUSTRALIA) AFTER MORE THAN 50 YEARS FOLLOW- UP. Br J Cancer. 2012;
106: 1016-20. Abstract: “BACKGROUND: To report the number of malignant pleural and peritoneal mesotheliomas
that have occurred in former Wittenoom crocidolite workers to the end of 2008, to compare this with earlier predictions,
and to relate the mesothelioma rate to amount of exposure. METHODS: A group of 6489 men and 419 women who had
worked for the company operating the former Wittenoom crocidolite mine and mill at some time between 1943 and
1966 have been followed up throughout Australia and Italy to the end of 2008. RESULTS: The cumulative number
of mesotheliomas up to 2008 was 316 in men (268 pleural, 48 peritoneal) and 13 (all pleural) in women. There had been
302 deaths with mesothelioma in men and 13 in women, which was almost 10% of all known deaths.
Mesothelioma rate, both pleural and peritoneal, increased with time since first exposure and appeared to reach a plateau
after about 40 to 50 years. The mesothelioma rate increased with amount of exposure and the peritoneal mesotheliomas
occurred preferentially in the highest exposure group, 37% compared with 15% overall. CONCLUSION: By the end of
2008, the number of mesothelioma deaths had reached 4.7% for all the male workers and 3.1% for the females. Over
the past 8 years the numbers were higher than expected. It is predicted that about another 60 to 70 deaths
with mesothelioma may occur in men by 2020”.
101
CAPITOLO II | 53
meetings” tenuti a Lille e Berlino cui hanno partecipato 20 esperti internazionali
Rispetto al tipo di esposizione, vi è ampio consenso, infine, che l’ esposizione ambientale
protratta sia caratterizzata, semmai, dalla tendenza ad un più lungo periodo di cancerogenesi
neessario per il raggiungimento di una sufficiente dose cumulativa
Chemoprevention of asbestos-linked cancers: a systematic review.
Neri M, Ugolini D, Boccia S, Canessa PA, Cesario A, Leoncini G, Mutti L, Bonassi S.
Anticancer Res. 2012 Mar;32(3):1005-13.
Da tale considerazione deriva la conseguenza logica che mentre basse concentrazioni di fibre
in grado di indurre trasformazione neoplastica (come quelle ambientali), necessitano di un
tempo di latenza più lungo, concentrazioni cancerogene intermedie (come quelle di molte
esposizioni lavorative) esposizione lavorativa necessitano di un tempo di latenza più breve
2) Evidenze di Biologia cellulare e molecolare. Il nostro gruppo ha pubblicato un lavoro sulla
prestigiosa rivista ( Cancer Res) nel 2005 dove si dimostra che è necessaria una certa
concentrazione di fibre (non una) che rimane in sito e trasforma progressivamente le cellule
mesoteliali normali (Fig 1)
C) La singola cellula trasformata che induce il Mesotelioma non esiste. Evidenze scientifiche
che ampiamente dimostrano la necessità dell’ esistenza di numerose cellule trasformate e di
esposizione prolungata ad un cancerogeno
1) Esiste un significativo grado di inattivazione enzimatica della tossicità delle fibre nonchè un
significativo grado di eliminazione per via linfatica ma, soprattutto, le cellule mesoteliali sono
attaccabili dal sistema immunitario ed una sola cellula trasformata (comunque non da una sola
fibra) è impossibile che dia cancro da sola . E’ evidente che è essenziale un' esposizione
sufficiente e protratta per un sufficiente periodo di tempo al fine di ottenere un critico numero
di cellule trasformate che non possono più essere controllate dal sistema immunitario
Questo concetto di singola cellula trasformata è assolutamente anacronistico rispetto alle
conoscenze nell’ era a moderna della ricerca biomolecolare e dell’ immunità tumorale
In particolare le cellule mesoteliali trasformate e quelle di mesotelioma sono caratterizzate da
una sorprendente capacità di indurre una risposta immunitaria efficace da rendere il concetto
della genesi del mesotelioma come quello di un cancro sviluppatosi da una singola cellula
assolutamente lontano dalle evidenze scientifiche disponibili
Expression and regulation of B7-H3 immunoregulatory receptor, in human mesothelial and
mesothelioma cells: immunotherapeutic implications.
Calabrò L, Sigalotti L, Fonsatti E, Bertocci E, Di Giacomo AM, Danielli R, Cutaia O, Colizzi F,
Covre A, Mutti L, Natali PG, Maio M.
J Cell Physiol. 2011 Oct;226(10):2595-600. doi: 10.1002/jcp.22600.
Cancer testis antigens expression in mesothelioma: role of DNA methylation and
bioimmunotherapeutic implications.
Sigalotti L, Coral S, Altomonte M, Natali L, Gaudino G, Cacciotti P, Libener R, Colizzi F,
Vianale G, Martini F, Tognon M, Jungbluth
Britiish J cancer, 2001
Primary human mesothelioma cells express class II MHC, ICAM-1 and B7-2 and can present
recall antigens to autologous blood lymphocytes.
Mutti L, Valle MT, Balbi B, Orengo AM, Lazzaro A, Alciato P, Gatti E, Betta PG, Pozzi E.
Int J Cancer. 1998 Dec 9;78(6):740-9.
2) Esistono forti evidenze che alcuni tumori umani vedano il loro inizio dalla trasformazione di
un numero sufficiente di cellule staminali tissutali normali (cancer stem cells hypothesis.)
E’ stato infatti dimostrato che un cancerogeno deve alterare ripetutamente nel tempo le cellule
staminali normali di un tessuto per trasformarle in cancer stem cells. Quindi sono neessarierie
ripetute esposizioni critiche che trasformano molte cellule staminali normali in “cancer stem
cells”
54 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
E' anche facilmente desumibile da queste evidenze come la persistenza di un cancerogeno e la
rinnovata esposizione delle “cancer stem cells” a concentarzioni basse/intermedie alle fibre di
amianto (come da esposizione esogena protratta di origine ambientale o lavorativa) induca la
trasformazione di un maggior nunmero di xcellule staminali normali e, in ultima analisi, porti ad
uyna maggiore aggressività della lesione neoplapstica, “alimentata” da un maggior numero di
“cancer stem cells”
Noi abbiamo identificato queste “cancer stem cells” nel mesotelioma
In vitro and in vivo characterization of highly purified human mesothelioma derived
cells.Melotti A, Daga A, Marubbi D, Zunino A, Mutti L, Corte G.
BMC Cancer. 2010 Feb 22;10:54”.
Per cui lo studioso trae le seguenti conclusioni:
“Risulta del tutto evidente quindi, anche alla luce di tutte queste evidenze epidemiologiche e
sperimentali (ampiamente condivise dalla comunità scientifica internazionale degli esperti), che
a) l’ ipotesi che una singola fibra killer che trasformi una singola cellula normale in cellula
tumorale e che quest’ ultima sia la causa del tumore è assolutamente infondata ed, in ultima
analisi, totalmente inaccettabile
b) concentrazioni basse/ intermedie sono le più pericolose in senso cancerogene e determinano
tempi di latenza più brevi e meno brevi (rispettivamente) dall' inizio dell'esposizione alla
comparsa clinica del tumore
c) al contrario, risulta chiaro uno scenario in cui una prolungata esposizione a basse
concentrazioni di amianto sia il meccanismo che, quando raggiunge la dose cumulativa
sufficiente, causa la progressiva trasformazione di un numero critico di cellule normali
mesoteliali in cellule tumorali di Mesotelioma e ad alla progressione della malattia
d) più alto è il numero di cellule staminali tissutali che si trasformano in “cancer stem cells” a
causa della protratta, rinnovata esposizione a concentrazioni basse intermedie di fibra, più
probabile è la maggiore aggressività biologica della neoplasia”.
Queste tesi scientifiche hanno trovato successivo autorevole riscontro con la Sentenza della
Corte di Cassazione, IV Sezione Penale, n. 33311 del 27.08.2012.
2.10 Le patologie autoimmunitarie.
L’insorgenza dell’artrite reumatoide, del lupus, della sclerosi sistemica, della periaortite e
della fibrosi retro peritoneale sono state associate all’esposizione alle fibre di amianto.
Olsson et al., in uno studio (Occupations and exposures in the work environment as
determinants for rheumatoid arthritis, pubblicato presso Occup Environ Med nel 2004)102 e Noonan
102
Olsson AR, Skogh T, Axelson O, Wingren G., OCCUPATIONS AND EXPOSURES IN THE WORK ENVIRONMENT AS
Occup Environ Med. 2004; 61: 233–238. Abstract: “BACKGROUND
AND AIMS: Several occupational categories have been associated with rheumatoid arthritis (RA); this study was
conducted to further evaluate these associations. METHODS: Lifelong occupational history together with exposure
experiences were collected through a postal questionnaire answered by 293 incident cases and 1346 population based
referents. Occupational determinants were evaluated through stratified and multivariate analyses; pooled analyses with
previously gathered data on 422 prevalent cases and 858 referents were also performed. RESULTS: In both materials,
significantly increased logistic odds ratios (LORs) were seen for male conductors, freight and transport workers (LOR
17.8, 95% CI 1.5 to 207.8 and LOR 4.7, 95% CI 1.4 to 16.3, respectively), and farmers and farm workers (LOR 2.4,
95% CI 1.1 to 5.2, and LOR 2.2, 95% CI 1.3 to 3.5, respectively). Among women, increased LORs were seen in the
separate and the pooled material for printmakers and process engravers (LOR 5.5, 95% CI 0.9 to 32.6, and LOR 3.0,
95% CI 0.9 to 10.3, respectively). Increased risks were seen in both materials for men exposed to asbestos (LOR 2.5,
95% CI 1.0 to 6.8, and LOR 1.6, 95% CI 0.8 to 3.3, respectively), and vibrations (LOR 2.0, 95% CI 0.9 to 4.4, and LOR
2.2, 95% CI 1.3 to 3.8, respectively). The risk for RA increased with increasing duration of exposure to vibrations and
mineral dust, respectively. CONCLUSIONS: There was evidence of a causal relation between exposures to vibrations
DETERMINANTS FOR RHEUMATOID ARTHRITIS.
CAPITOLO II | 55
et al., in uno studio (Nested case control study of autoimmune disease in an asbestos-exposed
population. Environ Health Perspect. 2006)103, hanno approfondito il ruolo dell’amianto per
l’insorgenza dell’artrite reumatoide, così Gold LS, Ward MH, Dosemeci M, De Roos AJ104 per
quanto riguarda il lupus e la sclerosi sistemica, mentre invece Van Bommel et al105 e Uibu et al.106
and mineral dust and development of RA among men. Occupational factors seem to be aetiologically more important
for men, and most occupations at risk involve multiple exposures. Several exposuresassociated with an increased risk
for RA are frequent among farmers, and some of the occupations at risk include exposure to organic dust”.
103
Noonan CW, Pfau JC, Larson TC, Spence MR., NESTED CASE CONTROL STUDY OF AUTOIMMUNE DISEASE IN AN
ASBESTOS-EXPOSED POPULATION. Environ Health Perspect. 2006; 114: 1243–1247. Abstract: “OBJECTIVE: To explore
the potential association between asbestos exposure and risk of autoimmune disease, we conducted a casecontrol studyamong a cohort of 7,307 current and former residents of Libby, Montana, a community with historical
occupational and environmental exposure to asbestos-contaminated vermiculite. METHODS: Cases were defined as
those who reported having one of three systemic autoimmune diseases (SAIDs): systemic lupus erythematosus,
scleroderma, or rheumatoid arthritis (RA). Controls were randomly selected at a 3:1 ratio from among the remaining
6,813 screening participants using frequency-matched age and sex groupings. RESULTS: The odds ratios (ORs) and
95% confidence intervals (CIs) for SAIDs among those >or=65 years of age who had worked for the vermiculite mining
company were 2.14 (95% CI, 0.90-5.10) for all SAIDs and 3.23 (95% CI, 1.31-7.96) for RA. In this age group,
exposure to asbestos while in the military was also an independent risk factor, resulting in a tripling in risk. Other
measures of occupational exposure to vermiculite indicated 54% and 65% increased risk for SAIDs and RA,
respectively. Those who had reported frequent contact with vermiculite through various exposure pathways also
demonstrated elevated risk for SAIDs and RA. We found increasing risk estimates for SAIDs with increasing numbers
of reported vermiculite exposure pathways (p<0.001). CONCLUSION: These preliminary findings support the
hypothesis that asbestos exposure is associated with autoimmune disease. Refined measurements of asbestos exposure
and SAID status among this cohort will help to further clarify the relationship between these variables”.
104
Gold LS, Ward MH, Dosemeci M, De Roos AJ., SYSTEMIC AUTOIMMUNE DISEASE MORTALITY AND OCCUPATIONAL
EXPOSURES. Arthritis Rheum. 2007; 56: 3189–3201. Abstract: “OBJECTIVE: To generate hypotheses regarding
occupational exposures that may cause systemic autoimmune diseases. METHODS: Based on examination of US death
certificates, we identified deaths in 26 states for which a cause was listed as rheumatoid arthritis (RA) (n = 36,178),
systemic lupus erythematosus (SLE) (n = 7,241), systemic sclerosis (n = 5,642), or other systemic autoimmune disease
(n = 4,270). Odds ratios (ORs) and 95% confidence intervals (95% CIs) were calculated to estimate associations
between occupation and death from any systemic autoimmune disease, and from RA, SLE, and systemic sclerosis,
specifically. Additionally, we estimated risks associated with occupational exposures, which were assigned using jobexposure matrices. RESULTS: A broad array of occupations was associated with death from systemic autoimmune
diseases, including several of a priori interest. Farming occupation was associated with death from any systemic
autoimmune disease (OR 1.3 [95% CI 1.2-1.4]), and increased risk was also seen with occupational exposure to animals
and pesticides. Several industrial occupations were associated with death from any systemic autoimmune disease,
including mining machine operators (OR 1.3 [95% CI 1.1-1.5]), miscellaneous textile machine operators (OR 1.2 [95%
CI 1.0-1.4]), and hand painting, coating, and decorating occupations (OR 1.8 [95% CI 1.0-2.9]). These occupations
were also significantly associated with death from the specific autoimmune diseases examined. Certain occupations
entailing exposure to the public, such as teachers, were associated with systemic autoimmune disease-related death,
whereas others, such as waiters and waitresses, were not. CONCLUSION: Our results suggest that death from systemic
autoimmune diseases may be associated with occupational exposures encountered in farming and industry. The
hypotheses generated in this study provide leads for future research on determinants of these diseases”.
105
Van Bommel EF, Jansen I, Hendriksz TR, Aarnoudse AL., IDIOPATHIC RETROPERITONEAL FIBROSIS: PROSPECTIVE
EVALUATION OF INCIDENCE AND CLINICORADIOLOGIC PRESENTATION. Medicine (Baltimore). 2009; 88: 193–201.
Abstract: “Retroperitoneal fibrosis (RPF) is a rare disorder of unknown etiology. Its incidence is unknown, and the
insidious and nonspecific nature of symptoms may contribute to considerable diagnostic delay. We conducted the
current study to assess the incidence and clinicoradiologic characteristics of idiopathic RPF. For this, we evaluated
prospectively 53 consecutive patients with a diagnosis of idiopathic RPF at our tertiary care referral center from April
1998 through January 2008.Calculated annual incidence of RPF was 1.3/100,000 inhabitants. Mean age was 64 +/- 11.1
(SD) yr; male-female ratio was 3.3:1.0. Median duration of symptoms was 6.0 mo (IQR 3.0-12.0). Abdominal, flank,
and/or back pain and discomfort were the major symptoms, with visual analogue scale scores of 49 +/- 27.2 mm and 43
+/- 29.4 mm for pain and discomfort, respectively. Female patients had higher erythrocyte sedimentation rate (ESR),
higher white blood cell count, and lower hemoglobin content than male patients at presentation. Computed tomographydocumented maximal mass thickness amounted to 35 +/- 16.6 mm; craniocaudal length amounted to 137 +/- 48.8 mm.
RPF mass extension up to or above the level of the renal vessels was noted in 3 patients (6%). Six patients (11%)
presented with atypical RPF localization and/or bulky mass. Localized lymphadenopathy adjacent to the RPF mass was
observed frequently (25%). Patients with hydronephrosis (56%) presented earlier than patients without hydronephrosis,
with higher creatinine and greater mass thickness but similar pain severity. Patients were typically at high
cardiovascular risk with increased-often aneurysmal-infrarenal aortic diameter (25.0 mm, IQR 22.0-30.0). RPF mass
56 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
hanno evidenziato il ruolo dell’esposizione ad amianto per quanto riguarda l’insorgenza della
periaortite e della fibrosi peritoneale.
La presenza di autoanticorpi anche in assenza di manifestazione patologica dimostra
l’attivazione di meccanismi autoimmunitari, come confermano le alterazioni di specifici parametri
umorali come gli anticorpi anti-nucleo (Pernis et al., 1965107; Pfau et. al., 2005108), il fattore
reumatoide (Pernis et al., 1965; Lange et al., 1974109), e l’incremento dei livelli sierici di
immunoglobine di tipo G e A (Bunderson-Schelvan et al., 2012110).
distribution was similar in patients with or without aneurysmal dilation. Occupational asbestos exposure (20%) and
asbestos-related pleural changes (17%) were frequent among males. Previous or concurrent chronic inflammatory
disease and/or autoimmune disease was noted in 8 patients (15%). Multivariate analysis revealed an independent
association of ESR values with severity of pain and discomfort. Smoking was independently associated with infrarenal
aortic diameter.In summary, annual RPF incidence is higher than previously assumed. Age at diagnosis and malefemale ratio seem to have changed over time. RPF typically affects patients at high cardiovascular risk, including
increased aortic diameter. Clinical presentation is influenced by sex, severity of inflammation and presence of
hydronephrosis. Prolonged asbestos exposure and asbestos-related pleural changes were frequent among males.
Localized lymphadenopathy adjacent to the RPF mass occurs frequently and should not confuse RPF diagnosis”.
106
Uibu T, Oksa P, Auvinen A, et al., ASBESTOS EXPOSURE AS A RISK FACTOR FOR RETROPERITONEAL FIBROSIS. Lancet.
2004; 363: 1422–1426. Abstract: “BACKGROUND: Retroperitoneal fibrosis (RPF) is an uncommon disease with
unknown causation in most cases. The pathognomonic finding is a fibrous mass covering the abdominal aorta and the
ureters. Our aim was to clarify the possible role of asbestos exposure in the development of RPF. The hypothesis was
based on the ability of asbestos to cause fibrosis in pulmonary and pleural tissue. METHODS: We undertook a casecontrol study of 43 patients with the disease (86% of eligible cases) treated in three university hospital districts of
Finland in 1990-2001. For every patient, five population-based controls were selected, matched by age, sex, and central
hospital district. We assessed asbestos exposure and medical history using a postal questionnaire and a personal
interview. Of the 215 eligible controls, 179 (83%) participated in the study. FINDINGS: The age-standardised
incidence of RPF was 0.10 (95% CI 0.07-0.14) per 100?000 person-years. The disease was strongly associated with
asbestos exposure. The odds ratio (OR) was 5.54 (1.64-18.65) for less than 10 fibre-years of asbestos exposure and 8.84
(2.03-38.50) for 10 or more fibre-years, the attributable fraction being 82% and 89%, respectively. Other risk factors
were previous use of ergot derivates (OR 9.92 [1.63-60.26]), abdominal aortic aneurysm (OR 6.73 [0.81-56.08]), and
smoking for more than 20 pack-years (OR 4.73 [1.28-17.41]). INTERPRETATION: Our results show that occupational
asbestos exposure is an important causal factor for RPF. For patients with work-related asbestos exposure, RPF should
be considered an occupational disease”.
107
Pernis B, Vigliani EC, Selikoff IJ., RHEUMATOID FACTOR IN SERUM OF INDIVIDUALS EXPOSED TO ASBESTOS. Ann NY
Acad Sci. 1965; 132: 112–120.
108
Pfau JC, Blake DJ, Fritzler MJ. AUTOANTIBODY PROFILES OF AN ASBESTOSEXPOSED POPULATION. In Autoimmunity:
Role, regulation and disorders. 2009; pp. 245–268: NOVA Science
109
Lange A, Smolik R, Zatonski W, Szymanska J. AUTOANTIBODIES AND SERUM IMMUNOGLOBULIN LEVELS IN ASBESTOS
WORKERS. Int Arch Arbeitsmed. 1974; 32: 313–325.
110
Bunderson-Schelvan M, Pfau JC, Crouch R, Holian A. NONPULMONARY OUTCOMES OF ASBESTOS EXPOSURE. J
Toxicol Environ Health B Crit Rev. 2011;14: 122-52. Abstract: “The adverse pulmonary effects of asbestos are well
accepted in scientific circles. However, the extrapulmonary consequences of asbestos exposureare not as clearly
defined. In this review the potential for asbestos to produce diseases of the peritoneum, immune, gastrointestinal (GIT),
and reproductive systems are explored as evidenced in published, peer-reviewed literature. Several hundred
epidemiological, in vivo, and in vitro publications analyzing the extrapulmonary effects of asbestos were used as
sources to arrive at the conclusions and to establish areas needing further study. In order to be considered, each study
had to monitor extrapulmonary outcomes following exposure to asbestos. The literature supports a strong association
between asbestos exposure and peritoneal neoplasms. Correlations between asbestos exposure and immune-related
disease are less conclusive; nevertheless, it was concluded from the combined autoimmune studies that there is a
possibility for a higher-than-expected risk of systemic autoimmune disease among asbestos-exposed populations. In
general, the GIT effects of asbestos exposure appear to be minimal, with the most likely outcome being development of
stomach cancer. However, IARC recently concluded the evidence to support asbestos-induced stomach cancer to be
"limited." The strongest evidence for reproductive disease due to asbestos is in regard to ovarian cancer. Unfortunately,
effects on fertility and the developing fetus are under-studied. The possibility of other asbestos-induced health effects
does exist. These include brain-related tumors, blood disorders due to the mutagenic and hemolytic properties
of asbestos, and peritoneal fibrosis. It is clear from the literature that the adverse properties of asbestos are not confined
to the pulmonary system”.
CAPITOLO II | 57
2.11 Tumore al pancreas ed amianto.
In ordine al nesso causale tra esposizione ad amianto e pancreas, è indispensabile prima di
tutto richiamare le indagini epidemiologiche di coorte iniziato da Selikoff111 nel 1967 sui
coibentatori di cantieri U.S.A. e canadesi. La dimensione della coorte era di oltre 18.000 lavoratori
eseguita per 20 anni, con una prima elaborazione nel 1977, dopo dieci anni, e la seconda nel 1986,
dopo 20 anni, e che aveva evidenziato un aumento di incidenza nella prima valutazione, mentre
nella seconda è emersa una incidenza statisticamente significativa.
La conferma dell’aumento significativo di tumori al pancreas in seguito ad esposizione ad
amianto, fatta emergere dallo studio del Prof. Selikoff, risiede nella presenza di una forte
esposizione ad amianto, con una conseguente migrazione di fibre dagli organi della cavità toracica a
quelli della cavità addominale e l’aumento significativo e generalizzato dei carcinomi anche in altri
organi viscerali addominali, quali il colon-retto, la cistifellea e le vie biliari.
Sarebbe necessario uno studio istopatologico dei reperti dei tessuti ed organi addominali, con
il metodo illustrato dal Prof. Gordon, al quale prima si è fatto riferimento, per rilevare la presenza di
fibre di amianto, come estremo chiarimento del nesso causale.
2.12 Le neoplasie dell’apparato gastrointestinale.
La presenza di amianto nelle tubature degli acquedotti contamina l’acqua potabile con fibre di
crisotilo, che vengono ingerite, oppure inalate, in quanto gli usi antropici determinano evaporazione
e quindi dispersione delle fibre negli ambienti domestici.
Gli effetti sono legati alla tipologia e durata di esposizione (Bunderson-Schelvan et al.,
112
2011 ), così come per quanto abbiamo già evidenziato in ordine al mesotelioma e dagli studi di
Kanarek et al., 1980113, Andersen et al., 1993114 e poi di Kjaerheim et al., 2005115 emerge che quello
111
Selikoff I.J., Seidman H. ASBESTOS - ASSOCIATED DEATHS AMONG INSULATION WORKERS IN THE STATES AND
CANADA. In Landrigan P, Kazemi H (Eds) “The third wave of asbestos disease: exposure to asbestos in place”. Annals
NY Academy Sciences 1991; 643; 1 - 14.
112
Bunderson-Schelvan M, Pfau JC, Crouch R, Holian A. Nonpulmonary outcomes of asbestos exposure. J Toxicol
Environ Health B Crit Rev. 2011;14: 122-52.
113
Kanarek MS, Conforti PM, Jackson LA, et al. ASBESTOS IN DRINKING WATER AND CANCER INCIDENCE IN THE SAN
FRANCISCO BAY AREA. Am J Epidemiol. 1980; 112: 54–72. Abstract: “Age-adjusted, sex- and race-specific 1969-1971
cancer incidence ratios for the 722 census tracts of the San Francisco-Oakland Standard Metropolitan Statistical Area
were compared with measured chysotile asbestos counts in tract drinking waters. The water supplies serving the area
have varying contact with naturally occurring serpentine. The t test for multiple regression coefficients and the t test for
correlation coefficients showed significant (p less than 0.01) relationships between chrysotile asbestos content of
tract drinking water and white male lung, white female gall bladder and pancreas, and peritoneal cancers in both sexes.
Of weaker significance (0.01 less than or equal to 0.05) were female esophagus, pleura and kidney, as well as stomach
cancers in both sexes. These associations appeared to be independent of income, education, asbestos occupation, marital
status, country of origin and mobility”.
114
Andersen A, Glattre E, Johansen BV. INCIDENCE OF CANCER AMONG LIGHTHOUSE KEEPERS EXPOSED TO ASBESTOS IN
DRINKING WATER. Am J Epidemiol. 1993; 138: 682–687. Abstract: “The study population comprises 690 Norwegian
male lighthouse keepers whose water supply came from cisterns that received rain water off asbestos-cement-tiled
roofs. The asbestos-cement tiles were installed in the late 1950s, and two decades later the fiber content in the tap water
was analyzed. The fiber content ranged from 1,760 to 71,350 million fibers per liter, which is significantly higher than
measured in any other Norwegian public water supply. During the follow-up period, 1960-1991, no statistically
significant excess risk was found for any type of cancer in the group with a latency period of 20 years or more, except
for stomach cancer (11 observed cases vs. 4.57 expected, standardized incidence ratio = 241, 95% confidence interval
120-431). No cases of malignant mesothelioma were found. The study is limited by lack of knowledge as to when the
tiles began to deteriorate and, thus, the magnitude of total exposure as well as by the inability to control for such
potential confounding factors as diet”.
115
Kjaerheim K, Ulvestad B, Martinsen JI, Andersen A., CANCER OF THE GASTROINTESTINAL TRACT AND EXPOSURE TO
ASBESTOS IN DRINKING WATER AMONG LIGHTHOUSE KEEPERS (NORWAY). Cancer Causes Control. 2005; 16: 593–598.
Abstract: “OBJECTIVE: Previous studies of predominantly ecological design have indicated a possible elevation
of gastrointestinal cancer risk in population groups exposed to drinking water contaminated with asbestos from natural
58 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
più frequente è quello dello stomaco, come pure è causato dall’amianto il tumore del colon
(Germani et al., 1999116; Kjaerheim et al., 2005) e dell’esofago (Kang et al., 1997117).
Altri hanno negato il nesso di causalità, e tuttavia queste apparenti contraddizioni possono
essere facilmente spiegate tenendo conto dell’intensità dell’esposizione e della differente
composizione mineralogica delle fibre, come evidenzia anche il Prof. Giancarlo Ugazio 118, il quale
evidenzia come ‘a una ricerca esclusivamente epidemiologica non guasterebbe se fosse corroborata
dal rilevamento di dati sperimentali aggiuntivi sul carico di fibre di asbesto … mediante le tecniche
diagnostiche non invasive di Y. Omura (2006) oppure con le determinazioni quantitative, …
descritte dal gruppo di ricerca di R.E. Gordon’.
Sui tumori gastrointestinali e sulla loro natura di patologie asbesto correlate, si era già
pronunciato Irving Selikoff, con lo studio ‘Epidemiology of gastrointestinal cancer’119, che ha
sources or asbestos-cement containing water pipes. In the present study the possible effect of ingested asbestos fibers
on gastrointestinal cancer risk was investigated in an occupational group where a proportion of the employees was
exposed to asbestos in their drinking water. METHOD: A cohort of 726 lighthouse keepers first employed between
1917 and 1967 were followed up for cancer incidence from 1960 to 2002. The standardized incidence ratio (SIR) was
calculated as the number of new cancer cases divided by the expected number based on five-year age and sex specific
incidence rates in the general rural population of Norway. A 95% confidence interval (CI) was calculated for all SIR
values assuming a Poisson distribution of the cancer cases. RESULTS: Risk of stomach cancer was elevated in the
whole cohort (SIR: 1.6, CI: 1.0-2.3), in the subgroup with definite asbestos exposure (SIR: 2.5, CI: 0.9-5.5), and when
the group was followed for 20 years and more after first possible exposure (SIR: 1.7, CI: 1.1-2.7). Less consistent
results were found for colon cancer; SIR was 1.5 (CI: 0.9-2.2) overall, 0.8 (CI: 0.1-2.9) among the exposed, and 1.6 (CI:
1.0-2.5) twenty years and more after first possible exposure. CONCLUSION: The results support the hypothesis of an
association between ingested asbestos and gastrointestinal cancer risk in general and stomach cancer risk specifically”.
116
Germani D, Belli S, Bruno C, Grignoli et al., COHORT MORTALITY STUDY OF WOMEN COMPENSATED FOR ASBESTOSIS
IN ITALY. Am J Ind Med. 1999; 36: 129–134. Abstract: “BACKGROUND: The carcinogenic effect of asbestos is
accepted for lung cancer and mesothelioma, while conflicting opinions exist for other cancer sites. The aim of the
present investigation is to study cause-specific mortality of women compensated for asbestosis who had certainly been
exposed to high levels of asbestos fibers. METHODS: The cause-specific mortality of all Italian women compensated
for asbestosis and alive December 31, 1979, was investigated through October 30, 1997. In the total cohort, which
included 631 subjects, 277 deaths occurred. Cause-specific SMRs (Standardized Mortality Ratio) were computed using
the national rates for comparison. RESULTS: A significantly increased mortality for all diseases related to asbestos
exposure was observed. Mortality for all causes, all neoplasms, lung cancer, uterine cancer, ovarian cancer, and nonneoplastic respiratory diseases was significantly increased. Separate analyses for textile (n = 276) and asbestos-cement
(n = 278) workers were performed. Women employed in the textile industry, mainly exposed to chrysotile, who are
compensated at a younger age, showed higher SMRs for lung cancer and asbestosis. Women in the asbestos-cement
industry, mainly exposed to crocidolite containing asbestos mixtures, experienced higher mortality for pleural
malignancies. CONCLUSIONS: The role of asbestos exposure in the development of gastrointestinal and genital
neoplasms is discussed”.
117
Kang SK, Burnett CA, Freund E, et al., GASTROINTESTINAL CANCER MORTALITY OF WORKERS IN OCCUPATIONS WITH
HIGH ASBESTOS EXPOSURES. Am J Ind Med. 1997; 31: 713–718. Abstract: “Asbestos, which is a well-known risk factor
for lung cancer and malignant mesothelioma, has also been suggested as a gastrointestinal (GI) carcinogen. This study
was conducted to assess the relationship between high asbestos exposure occupations and the occurrence of G1 cancer.
Death certificate data were analyzed from 4,943,566 decedents with information on occupation and industry from 28
states from 1979 through 1990. Elevated proportionate mortality ratios (PMRs) for mesothelioma were used to identify
occupations potentially having many workers exposed to asbestos. All PMRs were age-adjusted and sex- and racespecific. The PMRs for GI cancers in white males were then calculated for these occupations after excluding
mesothelioma, lung cancer, and non-malignant respiratory disease from all deaths. We identified 15,524 cases of
GIcancer in the 12 occupations with elevated PMRs for mesothelioma. When these occupations were combined, the
PMRs for esophageal, gastric, and colorectal cancer were significantly elevated at 108 (95% confidence interval = 107110), 110 (106-113), and 109 (107-110), respectively. Esophagealcancer was elevated in sheet metal workers and
mechanical workers. Gastric cancer was elevated in supervisors in production and managers. Colorectal cancer was
elevated in mechanical and electrical and electronic engineers. However, high exposure occupations like insulation,
construction painter supervisors, plumbers, furnace operators, and construction electricians showed no elevations of GI
cancers. In conclusion, this death certificate study supports an association between asbestos exposure and some
GI cancer, however the magnitude of this effect is very small”.
118
Giancarlo Ugazio, ASBESTO/AMIANTO, IERI, OGGI E DOMANI. Aracne Editore, luglio 2012.
119
Irving J. Selikoff, EPIDEMIOLOGY OF GASTROINTESTINAL CANCER, in Environmental Health Perspectives, Vol. 9, pp.
299-305, 1974.
CAPITOLO II | 59
trovato autorevole e definitivo riscontro nelle conclusioni dello IARC120:
“There is sufficient evidence in humans for the carcinogenicity of all forms of asbestos
(chrysotile, crocidolite, amosite, tremolite, actinolite, and anthophyllite). Asbestos causes
mesothelioma and cancer of the lung, larynx, and ovary. Also positive associations have been
observed between exposure to all forms of asbestos and cancer of the pharynx, stomach, and
colorectum”.
2.13 L’asbesto nell’apparato riproduttivo.
Già nel 1982, Wignall and Fox e Acheson et al., e poi Newhouse et al. nel 1985 e nel 2009
Reid et al., avevano affermato il nesso causale tra questa neoplasia e l’esposizione all’amianto.
In Italia è stato dimostrato un incremento di casi di tumore ovarico in donne indennizzate per
asbestosi (Germani et al., 1999) impiegate nel settore tessile dell’asbesto (Pira et al., 2005) e nella
produzione del cemento (Magnani et al., 2008), oltre che nel settore tipografico.
Marina Musti, Tommaso Massaro, Domenica Cavone, Armando Pinca, Gabriella Martina,
Maria Antonietta Grimaldi, Antonio Baldassarre, Gabriella Serio e Leonardo Resta del
Dipartimento Medicina Interna e Medicina Pubblica Sezione Medicina Lavoro Ramazzini
Università Bari e Dipartimento Anatomia Patologica Università Bari, hanno pubblicato uno studio
avente ad oggetto ‘Esposizione ad amianto e rischio di insorgenza di mesotelioma primitivo
dell’ovaio’, dal quale si evince che ‘una meta-analisi del 1999 sulla mortalità di donne impiegate in
un’industria tipografica russa ha evidenziato 13 decessi per carcinoma ovarico’ e precisamente:
“12 donne erano addette alla rilegatura dei testi ed esposte a talco contaminato da amianto (21).
Un eccesso di tumori ovarici rispetto agli attesi è stato riscontrato in diversi studi condotti su
soggetti occupati in fabbriche di cemento-amianto. Nel 2000 Attanoos e Gibbs analizzano 7 casi
di tumore primitivo delle gonadi maschili e femminili. Quattro di questi sono tumori primitivi
dell’ovaio, dei quali tre mesoteliomi. Tra questi ultimi per due pazienti è stata accertata
l’esposizione ad amianto”.
Uno studio caso-controllo (Langseth 2007) condotto su lavoratrici di una industria tipografica
in Novergia ha evidenziato la presenza di fibre di amianto all’interno di frammenti di tessuto
ovarico sano in due dei casi (46 donne affette da cancro ovarico) ed in nessuno dei controlli a
sostegno dell’ormai condivisa opinione di diversi autori sul passaggio delle fibre attraverso le vie
genitali fino all’ovaio.
Nel sito www.asbesto.com, in ordine alle macchine rotative, che si utilizzano nel settore
poligrafico, evidenzia la presenza di amianto ed una alta incidenza di mesoteliomi tra i lavoratori
del settore121.
120
IARC, ASBESTOS (CHRYSOTILE, AMOSITE, CROCIDOLITE, TREMOLITE, ACTINOLITE, AND ANTHOPHYLLITE), 2010.
Riguardo le macchine rotative, che rientrano nel campo delle macchine operative, sarà opportuno consultare
l’articolo tratto dal sito: www.asbestos.com: “Machine Operatives - Mesothelioma Risks Machine operatives were
exposed to asbestos in a variety of ways. Machine operative is a general term used for anyone who operates machinery.
Asbestos, because it was commonly used as as insulator, was often found in various types of machinery, and in fact,
was one of the most widely used products of the industrial age. The insulating abilities of asbestos made it the perfect
material to line brakes, cables and other parts of the inner workings of machinery. …....….. Unfortunately, the clothing
and gloves often caused machine operatives to be exposed to asbestos when the protective gear became worn or torn.
When this occurred, microscopic asbestos fibers were released into the air, where they could be inhaled or ingested by
machine operatives”. Il quale evidenzia come per le macchine operative fosse diffuso l’impiego di materiali a consumo
in MCA, che usurandosi liberavano continuamente fibre, e l’impiego di DPI in MCA, quali guanti e grembiuli, che
anch’essi liberavano fibre.
121
60 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
Fibre di asbesto sono state trovate nel tessuto ovarico di donne esposte (Heller et al., 1996122;
1999123; Langseth et al., 2007).
Heller D.S., Gordon R.E., Westhoff C., Gerber S., ‘Asbestos exposure and ovarian fiber
burden (Esposizione ad asbesto e carico di fibre nell’ovaio)’, Am J Ind Med. 29, 435-439, 1996,
hanno evidenziato124:
“Epidemiologic studies suggest increased risk of epithelial ovarian cancer in female asbestos
workers and increased risk of malignancy in general in household contacts of asbestos workers.
Ovaries were studied from 13 women with household contact with men with
documented asbestos exposureand from 17 women undergoing incidental oophorectomy.
Ovarian tissue was examined by analytic electron microscopy. Significant asbestos fiberburdens
were detected in 9 out of 13 women with household asbestos exposure (69.2%), and in 6 out of
17 women who gave no exposure history (35%). Three exposed women had asbestos counts
over 1 million fibers per gram wet weight (23%), but only 1/17 women without an exposure
history had a count that high (6%). Although asbestos has been documented as a contaminant
of some older cosmetic talc preparations, the chrysotile and crocidolite types of asbestos we
detected are more indicative of background and/or occupational exposure. This study
demonstrates that asbestoscan reach the ovary. Although the number of subjects is
small, asbestos appears to be present in ovarian tissue more frequently and in higher amounts
in women with a documentable exposure history”.
Ed ancora Heller D.S., Gordon R.E., Katz N., ‘Correlation of asbestos fiber burdens in
fallopian tubes and ovarian tissue (Correlazione tra il conteggio delle fibre d’asbesto nelle tube di
Falloppio e quello del tessuto ovarico)’, Am J Obstet Gynecol. 18, 346-347, 1999125:
“Evidence suggests an increased risk of ovarian cancer with asbestos exposure. Ovaries and
corresponding fallopian tubes were studied by analytic electron microscopy. There was 71.4%
agreement between tube and ovary for presence-type of asbestos. The fallopian tube can
provide useful information regarding asbestos exposure when no ovarian tissue is available”.
122
Heller DS, Gordon RE, Westhoff C, Gerber S. ASBESTOS EXPOSURE AND OVARIAN FIBER BURDEN. Am J Ind Med.
1996; 29: 435–439.
123
Heller DS, Gordon RE, Katz N. CORRELATION OF ASBESTOS FIBER BURDENS IN FALLOPIAN TUBES AND OVARIAN
TISSUE. Am J Obstet Gynecol. 1999; 181: 346–347.
124
Questo studio è stato oggetto di esame da parte del Prof. Giancarlo Ugazio nella sua pubblicazione
ASBESTO/AMIANTO. IERI, OGGI, DOMANI. VIAGGIO TRA VERITÀ, IPOCRISIA, RETICENZA E DOLORE, Ed. Aracne, Roma,
luglio 2012, pag. 58. Sintesi: “Ricerche epidemiologiche suggeriscono un aumento del rischio di cancro ovarico in
donne lavoratrici nel campo dell’asbesto e un incremento di malignità generale nei contatti domiciliari con lavoratori
dell’asbesto. Furono studiate le ovaie di 13 donne in contatto domiciliare con uomini certamente esposti ad asbesto e di
167 donne sottoposte occasionalmente ad ooforectomia. Il tessuto ovarico fu esaminato mediante microscopia
elettronica analitica. Furono osservate rilevanti concentrazione di fibre d’asbesto in 9 delle 13 donne con esposizione
domiciliare ad asbesto (69,2%), e in 6 delle 17 donne che non presentavano una storia anamnestica di esposizione
(35%). Tre delle donne esposte presentavano conteggi di fibrille superiori ad un milione di fibre per grammo di peso
umido (23%), ma solo 1/17 donne senza una storia anamnestica di esposizione aveva un conteggio altrettanto elevato
(6%). Sebbene sia stato dimostrato che l’asbesto è un contaminante di vecchie preparazioni cosmetiche di talco, le
specie molecolari dell’asbesto, crisotilo e crocidolite, che noi abbiamo trovato sono indicative di un’esposizione di base
od occupazionale. Questa ricerca dimostra che l’asbesto può raggiungere l’ovaio. Sebbene il numero dei soggetti sia
piccolo, l’asbesto sembra presente nel tessuto ovarico più frequentemente in elevate concentrazioni nelle donne con una
storia anamnestica positiva per l’esposizione”.
125
Questo studio è stato oggetto di esame da parte del Prof. Giancarlo Ugazio nella sua pubblicazione
ASBESTO/AMIANTO. IERI, OGGI, DOMANI. VIAGGIO TRA VERITÀ, IPOCRISIA, RETICENZA E DOLORE, Ed. Aracne, Roma,
luglio 2012, pag. 58. Sintesi: “L’evidenza suggerisce che l’esposizione ad asbesto aumenta il rischio di contrarre il
cancro dell’ovaio. Le ovaie e le corrispondenti tube di Falloppio furono studiate con microscopia elettronica analitica.
Ci fu una concordanza al 71,4% tra le tube e le ovaie per la concentrazione e la tipizzazione molecolare delle fibre
d’asbesto. La tuba di Falloppio può fornire informazioni utili a proposito dell’esposizione ad asbesto quando non sia
disponibile tessuto ovarico”.
CAPITOLO II | 61
Haque AK, prima con Mancuso MG, Williams MG, Dodson RF, del Dipartimento di
Patologia dell’Università del Texas Medical Branch, Galveston, con la pubblicazione del 1992,
‘Asbestos in organs and placenta of five stillborn infants suggests transplacental transfer’126; poi
con Vrazel DM, Burau KD, Cooper SP, Downs T. con la pubblicazione dal titolo ‘Is there
transplacental transfer of asbestos? A study of 40 stillborn infants’127, e ancora con Vrazel DM e
con Uchida T., con la pubblicazione dal titolo ‘Assessment of asbestos burden in the placenta and
tissue digests of stillborn infants in South Texas’128, ha dimostrato che le fibre di amianto
126
Haque AK, Mancuso MG, Williams MG, Dodson RF. ASBESTOS IN ORGANS AND PLACENTA OF FIVE STILLBORN
Environ. Res. 1992; 58: 163–175. Abstract: “Digests of lungs, liver,
and placenta from five stillborn infants of 22 to 38 weeks gestational age were examined for asbestos and other fibers
using light and electron microscopy, energy dispersive X-ray analysis, and selected area diffraction analysis. Uncoated
chrysotile asbestos fibers were found in the digests of at least one of the three tissues examined from each stillborn
infant. The asbestos fiber burdens ranged from 71,000 to 357,000 fibers/g wet tissue. Most of the fibers were small,
with the mean length ranging from 0.83 to 2.53 microns. While appreciable numbers of uncoated chrysotile fibers were
present, no coated asbestos fibers were found in any of the stillborns. Both coated and uncoated nonasbestos fibers were
found in at least one of the tissue digests of all five stillborns. The uncoated nonasbestos fibers were characterized as
aluminum silicates, diatomaceous earth fragments, or other fibers. The coated nonasbestos fibers or ferruginous bodies
were consistent with being formed on diatomaceous earth fragments, black carbon cores, or sheet silicate cores. Since
the placenta is the only route of communication between the fetus and the outside environment, our findings strongly
suggest a transplacental transfer of asbestos and other fibers in humans”.
127
Haque AK, Vrazel DM, Burau KD, et al. IS THERE TRANSPLACENTAL TRANSFER OF ASBESTOS? A STUDY OF 40
STILLBORN INFANTS. Pediatr. Pathol Lab Med. 1996; 16:877–892. Abstract: “An autopsy study was conducted to
investigate whether there is transplacental transfer of asbestos in humans. The asbestos burden of lung, liver, skeletal
muscle, and placenta digests of 40 stillborn infants was determined using a bleach digestion method. The fibers detected
in the tissue digests were characterized as to the type of asbestos, using electron microscopy, energy-dispersive x-ray
analysis, and selected-area diffraction analysis. Placental digests of 45 full-term, liveborn infants were similarly
processed as controls. Low levels of small, thin, uncoated asbestos fibers were detected in the placentas and organs of
37.5% of the stillborn infants (15 of 40). The fiber sizes ranged from 0.05 to 5.0 microns in length and 0.03 to 0.3
micron in width, with a mean length of 1.15 microns and a mean width of 0.069 micron. Maximum numbers of fibers
were found in the lungs (mean 235,400 fibers/g; n = 10), followed by liver (mean 212,833 fibers/g; n = 6), placenta
(mean 164,500 fibers/g; n = 4), and skeletal muscle (80,000 fibers/g; n = 1). The fibers were detected at all stages of
gestation and showed no association with gestational age. A significant association was found between fiber presence
and working mothers, and positive but nonsignificant associations were found with maternal history of drug abuse,
previous abortions, and fetal maceration. No association was found between premature rupture of membranes and fiber
presence. No fibers were detected in the 45 placentas of the liveborn control infants. There was a highly significant
difference in the asbestos fiber counts of the placentas of the stillborn and liveborn infants (P < .001). Our studies
demonstrate the presence of short and thin asbestos fibers in stillborn infants and their positive association with working
mothers”.
128
Haque AK, Vrazel DM, Uchida T. ASSESSMENT OF ASBESTOS BURDEN IN THE PLACENTA AND TISSUE DIGESTS OF
STILLBORN INFANTS IN SOUTH TEXAS Arch Environ Contam Toxicol. 1998; 35: 532–538. Abstract: “The primary aim of
this prospective study was to examine the tissues and placentas of autopsied stillborn infants for presence
of asbestos fibers.Asbestos burden of lung, liver, skeletal muscle, and placenta digests of 82 stillborn infants was
determined using standard bleach digestion technique. The digests were examined by electron microscopy, and the
types of fibers determined using energy dispersive x-ray analysis and selected area diffraction analysis. Digests of 45
placentas collected from deliveries of liveborn healthy infants were processed and examined similarly as controls.
Asbestos fibers were detected in 50% of the fetal digests and 23% of the placental digests of stillborn infants. Of the
fibers present, 88% were chrysotile, 10% were tremolite, and 2% were actinolite and anthophyllite. Fibers measured
0.5-16.73 microgram in length (mean 1.55 microgram), and 0.03-0.8 microgram in width (mean 0.098 microgram).
Lungs were most frequently positive for fibers (50%), followed by muscle (37%), placenta (23%), and liver (23%).
Mean fiber counts were highest in the liver (58,736 f/g), followed by placenta (52,894 f/g), lungs (39,341 f/g), and
skeletal muscle (31,733 f/g). Digests of 15% of the control placentas also showed asbestos fibers, although in very small
numbers. The mean fiber count of the stillborn placentas (52,894 f/g) was significantly higher than the mean fiber count
of the control placentas (mean 19 f/g) (p = 0.001). A highly significant association was found between fiber presence in
stillborns and a maternal history of previous abortions (p = 0.007). A significant association was also found between
fiber presence and placental diseases (p = 0.041). An association was suggested between working mothers and fiber
presence (p = 0.19), although it did not reach statistical significance. The study documents the presence of small and
thin asbestos fibers in stillborn fetal tissues and placenta. Significantly higher number of fibers were found in stillborn
tissues compared to controls (liveborn placenta). The absence of a maternal history of asbestos-related occupations
suggests that the fibers may have been acquired through environmental exposure”.
INFANTS SUGGESTS TRANSPLACENTAL TRANSFER.
62 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
attraversano la placenta e determinano una esposizione prenatale del nascituro, associate a un
possibile incremento della mortalità fetale (Tsurikova et al., 1992129) e la comparsa di mesotelioma
nell’infanzia (Wassermann et al., 1980130).
Quindi si può concludere che il tumore dell’ovaio deve essere associato all’esposizione
all’amianto, come pure confermato da Straif et al. 131 e dalle conclusioni dello IARC132:
“There is sufficient evidence in humans for the carcinogenicity of all forms of asbestos
(chrysotile, crocidolite, amosite, tremolite, actinolite, and anthophyllite). Asbestos causes
mesothelioma and cancer of the lung, larynx, and ovary. Also positive associations have been
observed between exposure to all forms of asbestos and cancer of the pharynx, stomach, and
colorectum. For cancer of the colorectum, the Working Group was evenly divided as to whether
the evidence was strong enough to warrant classification as sufficient”.
2.14 I tumori della faringe e laringe.
Una relazione positiva è stata riscontrata tra l’esposizione ad asbesto e tumore della faringe
sulla base dei risultati di una serie di studi di coorte condotti su popolazioni esposte
professionalmente all’amianto (Selikoff & Seidman, 1991; Sluis-Cremer et al., 1992; Reid et al.,
2004; Pira et al., 2005).
Nel rapporto Eurogip (2006) si evidenzia come il tumore alla laringe sia stato riconosciuto
come asbesto correlato in 237 casi in Germania per il periodo dal 1997 al 2012, 15 casi in
Danimarca per il periodo dal 1991 al 2003, altri 11 casi in Francia dal 1994 al 2002, e in Italia
soltanto tre casi nel 2002, mentre per quanto riguarda il tumore alla faringe, soltanto due casi in
Francia dal 1994 al 2002.
Nelle conclusioni IARC133:
“There is sufficient evidence in humans for the carcinogenicity of all forms of asbestos
(chrysotile, crocidolite, amosite, tremolite, actinolite, and anthophyllite). Asbestos causes
mesothelioma and cancer of the lung, larynx, and ovary…”.
2.15 Tumori dell’apparato urogenitale (rene e prostata).
Nel 1995 sono state ritrovate fibre di asbesto nei tumori uroteliali e nella parete vescicale sana
(‘Concentrazione di fibre di asbesto nei tumori uroteliali e nella parete vescicale esente da
neoplasia’134).
Già nel 2004, Morando Soffritti sosteneva che
“Oltre al mesotelioma, l’amianto determina un aumento dell’incidenza di altri tumori, in
particolare di quelli del polmone, della laringe, dell’esofago, del colon-retto, e del rene”.
129
Tsurikova GV, Spitsyn VA, Gladkova EV, Minaeva OP. BIODEMOGRAPHIC PARAMETERS AS INDICATORS OF GENETIC
ADAPTATION TO HARMFUL OCCUPATIONAL FACTORS (E.G., ASBESTOS). Gig Tr Prof Zabol. 1992; 6: 28–30.
130
Wassermann M, Wassermann D, Steinitz R, et al. Mesothelioma in children. IARC Sci Publ. 1980; 30: 253–257.
Straif K, Benbrahim-Tallaa L, Baan R, et al. A REVIEW OF HUMAN CARCINOGENS—PART C: METALS, ARSENIC,
DUSTS, AND FIBRES. Lancet Oncol. 2009; 10: 453–454.
132
IARC, ASBESTOS (CHRYSOTILE, AMOSITE, CROCIDOLITE, TREMOLITE, ACTINOLITE, AND ANTHOPHYLLITE), 2010.
Sintesi dell’autore: “Vi è una sufficiente evidenza della cancerogenicità per l'uomo di tutte le forme di amianto
(crisotilo, crocidolite, amosite, tremolite, actinolite e antofillite). L'amianto provoca il mesotelioma e il cancro del
polmone, della laringe e dell'ovaio. Anche associazioni positive sono state osservate tra l'esposizione a tutte le forme di
amianto e tumore della faringe, stomaco, colon-retto e. Per il cancro del colon-retto, il Gruppo di lavoro è stato
equamente diviso sul fatto che la prova era abbastanza forte da giustificare la classificazione come sufficiente”.
133
IARC, ASBESTOS (CHRYSOTILE, AMOSITE, CROCIDOLITE, TREMOLITE, ACTINOLITE, AND ANTHOPHYLLITE), 2010.
134
L.Pollice, G.M.Ferri, L.Paoletti, & al., CONCENTRAZIONE DI FIBRE DI ASBESTO NEI TUMORI UROTELIALI E NELLA
PARETE VESCICALE ESENTE DA NEOPLASIA, Med.Lav. 17:11-15, 1995.
131
CAPITOLO II | 63
Il Tribunale di Velletri, Sezione Lavoro, con Sentenza 2471 del 12.07.2012, ha accolto la
domanda di un lavoratore affetto da carcinoma uroteliale ed esposto ad amianto, al quale l’INAIL
non aveva voluto riconoscere la natura professionale della patologia, nonostante gli fossero state già
riconosciute in seguito ad una Sentenza del Tribunale di Roma le maggiorazioni contributive ex art.
13, comma 8, L. 257/92 con accertamento giudiziale di esposizione qualificata ed ultradecennale.
L’INAIL è stata condannata all’indennizzo del danno biologico e del danno patrimoniale: nella
motivazione si fa riferimento alla pregressa ed accertata esposizione ad amianto, e al fatto che
possono essere dichiarate tali (e cioè asbesto correlate in relazione ad esposizione professionale ad
asbesto), non solo le classiche patologie inserite nelle tabelle.
2.16 Tumori dei tessuti emolinfopoietici.
In due pazienti con asbestosi e in uno con mesotelioma pleurico susseguente ad un mieloma
iniziale, sono stati rinvenuti tre diversi tumori maligni della linea cellulare B, leucemia linfocitaria
cronica, mieloma ad immunoglobulina A [IgA], e mieloma ad immunoglobulina G [IgG].
Carenze di immunità cellulomediata e iperattività della funzione delle cellule B, sono state
osservate in precedenza in pazienti affetti da asbestosi.
Kagan E., Jacobson R.J., Yeung K.Y., Haidak D.J. e Nachnani G.H.135 ritengono che queste
alterazioni immunitarie siano asbesto correlate e possono predisporre allo sviluppo di tumori
maligni di tipo immunoproliferativo e linfoproliferativo, giacchè questi tumori sono stati rinvenuti
in un più ampio numero di situazioni cliniche di iperattività del sistema immune.
Successivamente gli stessi Kagan E. e Jacobson R.J., hanno pubblicato ‘Lymphoid and
plasma cell malignancies: asbestos-related disorders of long latency (Tumori maligni di cellule
linfoidi e di plasmacellule: disturbi correlate all’asbesto con una lunga latenza)’136 in Am. J. Clin
Pathol 80, 14-20, 1983, attraverso il quale si dimostra come 13 lavoratori esposti all’amianto
fossero affetti da neoplasie linfoplasmacitarie, dei quali 6 con leucemia cronica linfocitaria, 4 con
mieloma IgG, 2 con mieloma IgA, e 1 con linfoma istiocitario.
Il periodi di latenza variava tra i 16 e i 41 anni e l’affezione polmonare asbesto correlata era
evidente in 12 soggetti e i mesoteliomi maligni della pleura coesistevano con i mielomi IgG in due
soggetti, tanto da poter escludere una correlazione fortuita.
Questo studio conferma ancora una volta come l’asbesto sia cancerogeno per il sistema
linfoide e suggerisce di verificare la pregressa esposizione all’amianto in pazienti che presentino
neoplasie linfoproliferative.
Contestualmente Waxweiler R., Robinson C.137, hanno pubblicato ‘Asbestos and nonHodgkin’s lymphoma (Asbesto e linfoma non-Hodgkin)’, con il quale si evidenzia come nel
periodo che va dal 1959 al 1962 vi erano tra i richiedenti una indennità per la disabilità un crescente
numero di pazienti affetti da linfoma e leucemia che avevano svolto attività di ingegnere meccanico
e carpentiere, e come tra la causa di decesso per uomini nel 1950 ci fossero molti più tumori
maligni dei tessuti linfopoietici e ematopoietici.
Nello studio di Battista G., Belli S., Comba P., Fiumalbi C., Grignoli M., Loi F., Orsi D.,
Paredes I., dal titolo ‘Mortality due to asbestos-related causes among railway carriage construction
135
Kagan E., Jacobson R.J., Yeung K.Y., Haidak D.J., Nachnani G.H., ASBESTOS-ASSOCIATED NEOPLASMS OF B CELL
LINEAGE (NEOPLASIE ASBESTO-CORRELATE DELLA LINEA CELLULARE), B. Am J Med 67, 325-330,1979.
136
Kagan E. e Jacobson R.J., LYMPHOID AND PLASMA CELL MALIGNANCIES: ASBESTOS-RELATED DISORDERS OF LONG
LATENCY (TUMORI MALIGNI DI CELLULE LINFOIDI E DI PLASMACELLULE: DISTURBI CORRELATE ALL’ ASBESTO CON UNA
LUNGA LATENZA), Am J Clin Pathol 80, 14-20, 1983.
137
Waxweiler R., Robinson C., ASBESTOS AND NON-HODGKIN’S LYMPHOMA (ASBESTO E LINFOMA NON-HODGKIN),
Lancet. I(8317), 189-190, 1983.
64 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
and repair workers (Mortalità dovuta a cause correlate all’asbesto tra i lavoratori della costruzione
di vetture ferroviarie e della loro riparazione)’138, hanno messo in evidenza un incremento del
mieloma multiplo, anche se non ritenevano definitivamente dimostrato il nesso causale con
l’esposizione all’amianto.
Becker N., Berger J., Bolm-Audorff U., in ‘Asbestos exposure and malignant lymphomas A
review of the epidemiological literature (Esposizione ad asbesto e linfomi maligni – Una rassegna
della letteratura epidemiologica)’, pubblicato su Int. Arch. Occup. Environ. Health139, hanno messo
in evidenza come ci sono stati numerosi casi di linfomi tra coloro che sono stati esposti all’amianto.
Nella ricerca questi studiosi hanno distinto tra linfoma non-Hodgkin, leucemia linfatica
cronica e il plasmocitoma/mieloma multiplo e anche se il rapporto causale non poteva essere
confermato, tuttavia un incremento dei casi tra coloro che erano stati esposti all’amianto, lascia
supporre un aumento del rischio, con conseguente necessità di maggiori approfondimenti.
In ultimo Seidler A., Becker N., Nieters A., Arhelger R., Mester B., Rossnagel K., Deeg E.,
Elsner G., Melis M., Sesler S., Avataneo G., Meloni M., Cocco P.140, con scopo di analizzare la
relazione tra l’esposizione all’asbesto e il linfoma maligno con una ricerca multicentrica eseguita in
Germania e in Italia, secondo un comune protocollo fondamentale, hanno fatto emergere come per
un totale di 1.173 individui, mediante un colloquio e anamnesi occupazionale, con questionari
aggiuntivi dedicati alle specifiche mansioni di lavoro e valutazione dell’esposizione all’asbesto, si
giunge al risultato che non sarebbe risultata alcuna associazione statisticamente significativa tra
l’esposizione cumulativa all’asbesto e il rischio di qualunque sottotipo di linfoma.
Un rischio elevato fu rinvenuto per l’associazione tra l’esposizione a più di 2,6 fibre per anno
e il mieloma multiplo.
Il Prof. Giancarlo Ugazio ha spiegato la divergenza delle conclusioni di Seidler et al., con
quelle degli altri studi eseguiti dal 1979 al 2001, con il fatto che all’esame epidemiologico non sono
stati aggiunti dati sperimentali ‘…sul carico di fibre d’asbesto dei tessuti emolinfopoietici implicati
nell’affezione tumorale nei casi , o quelli indenni nei controlli, mediante le tecniche diagnostiche
non invasive di Y. Omura (2006) (…) oppure con le determinazioni quantitative, con la speciazione
molecolare, descritte dal gruppo di ricerca di R. E. Gordon, su entrambe le popolazioni osservate
nello studio caso/controllo’141.
138
Battista G., Belli S., Comba P., Fiumalbi C., Grignoli M., Loi F., Orsi D., Paredes I., MORTALITY DUE TO ASBESTOSRELATED CAUSES AMONG RAILWAY CARRIAGE CONSTRUCTION AND REPAIR WORKERS (MORTALITÀ DOVUTA A CAUSE
CORRELATE ALL’ ASBESTO TRA I LAVORATORI DELLA COSTRUZIONE DI VETTURE FERROVIARIE E DELLA LORO
RIPARAZIONE), Occup Med (Lond). 49, 536-539, 1999.
139
Becker N., Berger J., Bolm-Audorff U., ASBESTOS EXPOSURE AND MALIGNANT LYMPHOMAS A REVIEW OF THE
EPIDEMIOLOGICAL LITERATURE (ESPOSIZIONE AD ASBESTO E LINFOMI MALIGNI – UNA RASSEGNA DELLA LETTERATURA
EPIDEMIOLOGICA), Int. Arch. Occup. Environ. Health. 74, 459-469, 2001.
140
Seidler A., Becker N., Nieters A., Arhelger R., Mester B., Rossnagel K., Deeg E., Elsner G., Melis M., Sesler S.,
Avataneo G., Meloni M., Cocco P., ASBESTOS EXPOSURE AND MALIGNANT LYMPHOMA: A MULTICENTER CASE-CONTROL
STUDY IN GERMANY AND ITALY (ESPOSIZIONE ALL’ ASBESTO E LINFOMA MALIGNO: RICERCA MULTICENTRICA CASOCONTROLLO ESEGUITA IN GERMANIA E IN ITALIA), Int Arch Occup Environ Health. 83, 563-570, 2010.
141
Ugazio Giancarlo, ASBESTO/AMIANTO, IERI, OGGI, DOMANI , VIAGGIO TRA VERITÀ, IPOCRISIA, RETICENZA E DOLORE,
Aracne, luglio 2012.
Capitolo III
L’amianto nella storia fino agli albori del XX secolo
SOMMARIO: 3.1 L’etimologia. 3.2 L’utilizzo dell’amianto nel mondo classico. 3.3 Gli albori della Medicina del
Lavoro. 3.4 Il Medioevo. 3.5 Il Rinascimento e la Prima Rivoluzione Industriale. 3.6 La nascita della moderna Medicina
del Lavoro: l’emersione delle patologie polmonari causate dalle polveri e della necessità della prevenzione. 3.7 La
Rivoluzione Industriale. 3.8 La produzione e l’utilizzo dell’amianto nel XIX secolo. 3.9 Lo studio delle pneumoconiosi
e le prime norme di igiene pubblica nel XIX secolo.
3.1 L’etimologia.
Il termine amianto, utilizzato prevalentemente in Italia e in Francia, dal greco ’αμίαντος142,
significa puro o immacolato (’α privativa e μιαίντω = incontaminabile, puro, incorruttibile); ed è
sinonimo di asbesto, dal greco ’άσβεστος143 (’α privativa e σβέννυμι) che è utilizzato
prevalentemente nel mondo anglosassone, in Germania ed in Russia, e può essere tradotto anche
come inestinguibile, incessante e perpetuo, ed identifica perfettamente le caratteristiche fisicochimiche del minerale.
Nella lingua greca entrambi i termini venivano utilizzati come aggettivi: per es. ’άλς
’αμίαντος si traduce con mare incontaminato e πύρ ’άσβεστος come fuoco inestinguibile, così nel
linguaggio tecnico-scientifico identifica quei minerali che hanno queste particolari caratteristiche e
così ’αμίαντος λίθος si traduce con pietra incorruttibile e dunque, nella lingua italiana, con amianto.
Già Erodoto144 (484-430 a.C.), citò amianto facendo riferimento al figlio di Licurgo da
Trapezunte d’Arcadia: ’Αμίαντος Λυκούργου ’Αρκάς ’εκ Τραπεζούντος, anche se non si può
escludere145 che egli potesse far riferimento anche al minerale146.
Plinio il Vecchio (Gaio Plinio Secondo, 23-79 d.C.), nel suo ‘Naturalis Historia’ sostituì
'’άσβεστος con ’άσβεστινον, per indicare il lino incorruttibile purificato dal fuoco, che traduceva in
‘materiale non corruttibile’ e ‘lino vivo’, per affermarne l’origine vegetale dal deserto e dal sole
dell’India e l’utilizzazione per realizzare mantelli dei re e delle persone influenti, e venivano
utilizzati anche per avvolgere i cadaveri durante la cremazione nelle cerimonie funebri, per evitare
la contaminazione delle ceneri.
Nella lingua latina147 i termini ‘αμίαντος e ‘άσβεστος furono tradotti con amiantus, i, m., e
asbestinum, i, n. e asbestos, i, f., e usati indifferentemente come sinonimi, e nella lingua italiana148,
il termine asbesto fu utilizzato per la prima volta nel 1327 da Cecco d’Ascoli149 e quello di amianto
in uno scritto del 1546-47 da M. A. Montignano150, nella traduzione in volgare delle opere di
142
H. Stephano, THESAURUS GRAECAE LINGUAE, vol. I, Parigi 1831-1856 - Rocci L., Vocabolario greco-italiano, Dante
Alighieri Ed., 38° edizione, Roma 1995 - Montanari F., Vocabolario della lingua greca, Loescher Ed., Torino 1995.
143
Daremberg et Saglio, DICTIONNAIRE DES ANTIQUITES GRECQUES ET ROMAINES, Hachette Ed., Paris 1873.
144
Hèrodote (1948), HISTOIRES, VI, 127, Les belles lettres Ed., Paris.
145
J.E.Powell, A LEXICON TO HERODOTUS, II edizione, G.Olms Ed., Hildesheim 1960.
146
Paulys-Wissowa, REAL-ENCYCLOPÄDIE DER CLASSISCHEN ALTERTUMSWISSENSCHAFT, Metzlerscher Ed. Stuttgart
1894.
147
F. Calonghi, DIZIONARIO LATINO-ITALIANO, III edizione, Rosenberg&Sellier, Torino, 1962.
148
M. Cortelazzo, P. Zolli, DIZIONARIO ETIMOLOGICO DELLA LINGUA ITALIANA, 1/A-C, Zanichelli, Bologna 1979.
149
DIZIONARIO BOMPIANI DEGLI AUTORI, v.I A-C, Bompiani Ed., Milano 1987.
150
C. Battisti, G. Alessio, DIZIONARIO ETIMOLOGICO ITALIANO, Barbera G. Ed., Firenze 1951.
66 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
Pedanio Dioscoride, ed è riapparso nel linguaggio commerciale della seconda metà del XIX secolo.
3.2 L’utilizzo dell’amianto nel mondo classico.
Ricerche archeologiche eseguite fin dagli anni Trenta del secolo scorso presso il lago Juojärvi
hanno portato alla luce reperti che dimostrano come gli artigiani scandinavi, e poi quelli russi,
utilizzassero i minerali di amianto, principalmente antofillite, per realizzare un impasto con
terracotta e paglia che con la cottura permetteva di realizzare utensili da cucina e pentole, che perciò
stesso erano più resistenti, al fuoco e al calore.
Oltre ad Erodoto151, che vi aveva fatto riferimento per indicare ‘Amiante di Licurgo’, il
termine amianto venne utilizzato per indicare quei minerali che avevano trovato largo utilizzo in
tutto il Peloponneso e le isole del Mediterraneo, da Cipro152, dove il minerale veniva impiegato per
la manifattura dei teli utilizzati per la cremazione, per gli stoppini delle lampade, per i cappelli e le
scarpe (Pedanio Dioscoride)153, ad Eubea (Evia), nel Mar Egeo154, dove la ‘pietra di Karystos’155
veniva filata e pettinata, fino a realizzarne un tessuto simile alla lana, con il quale creare tovaglie
che potevano essere lavate con il fuoco156 e Apollonio Discolo157 nel II secolo d.C. confermava che,
con un materiale simile al legno, venivano prodotti anche stoppini indelebili alla fiamma e tessuti
impermeabili anche all’acqua.
Ancora nel II secolo, Plutarco, filosofo e letterato greco, raccontava di vergini vestali che
utilizzavano lampade perpetue per illuminare il fuoco sacro dei templi di Roma, di tovaglioli, reti e
cuffie in lino incombustibile di Carpasia, antica città di Cipro provvista di cave di amianto158; anche
Pausania, scrittore greco, riferisce che la lampada perpetua del tempio di Minerva Poliade, ad
Atene, aveva uno stoppino in lino di Carpasia 159.
In Roma, Plinio il Vecchio (erudito latino del I secolo d.C.), nel trattato ‘Naturalis historia’,
descriveva l’amianto come ‘lino vivo’ con il quale poter realizzare tessuti, tovaglie, tuniche funebri
per i re, e sudari ai quali avvolgere i corpi dei defunti prima della cremazione, e per non mescolarne
le ceneri, ed affermò che traesse origine dai monti dell’Arcadia, provincia greca del Peloponneso
centrale160 e Anassilao di Larissa, naturalista seguace in Roma delle dottrine pitagoriche, ne aveva
esaltato le capacità fonoassorbenti161.
Il filosofo greco Teofrasto (ca 372-287 d.C.), discepolo di Aristotele, descrisse l’amianto
151
Come già prima precisato nel primo capitolo, nell’opera “Le Nove Muse”, libro 3, 284, Erodoto aveva indicato con
la parola Amianto il nome proprio di persona: “Amiante di Licurgo arcade da Trapezunte”.
152
Le miniere erano localizzate a sud/est del monte Troodos, presso il villaggio denominato “Amianto” di cui tuttavia
non abbiamo più traccia.
153
Pedanio Dioscoride, nel suo trattato DE MATERIA MEDICA, del I secolo d.C.: Pedanii Dioscoridis, Mat.Med.V,93,
M.Ising, Basilea 1542 “Amiantus lapis in Cypro nascitur, scisso alumini similis: quo utpote flexili, telas uela tantum
spectaculi gtatia texunt,sic ignibus iniecta ardent quidem, sed flammis inuicta splendidiora exeunt”.
154
Strabone, RERUM GEOGRAPHICARUM, X,1§6,J.Wolters, Amsterdam 1707 - Strabon, Géographie X,1 §6, Les belles
lettres, Paris 1971.
155
L’origine di questa pietra è nelle rocce ofilitiche che affiorano estesamente nella parte centro settentrionale
dell’isola.
156
Strabone, geografo e storico - 63/58 - 21/25 a.C., nel suo trattato RERUM GEOGRAPHICARUM.
157
Apollonii Dyscoli, Hist.Comment.36 ,I.Elzevirium , Lione 1620 .
158
Plutarco, De orac.defect., VII,5,Piatti, Firenze 1820.
159
Pausania, Periegesi della Grecia,I,26 §7, Mondadori Ed.,Milano 1982.
160
Gaio Plinio Secondo, Hist.Nat.XXXVII,54 §146, Einaudi Ed., Torino 1988, “Asbestos in Arcadiae montibus
nascitur coloris ferrei”… “Inventum iam est etiam quod ignibus non absumeretur. Vivum id vocant, ardentesque in
focis convivio rum ex eo vidimus mappas sordi bus exustis splendescentes igni magim quam possent aquis. Ragum inde
funebres tunicae carporis favillam ab reliquo separant cinere”.
161
Id., Hist.Nat.XIX,4 §19,Einaudi Ed., Torino 1984 “Anaxilaus auctor est linteo eo circumdatam arborem surdis
ictubus et qui non exaudiantur caedi”.
CAPITOLO III | 67
come ‘pietra apparentemente somigliante alla lana, sulla quale se viene versato dell’olio, brucia, ma
una volta bruciato tutto l’olio, la pietra cessa di bruciare, come se non fosse responsabile del
fenomeno’, come ci confermano le Ricette Fiorentine162 (nelle quali viene chiamato ‘allume di
piuma’).
Alcuni di questi oggetti, sono stati rinvenuti e sono ora custoditi in vari musei, così in quello
Archeologico di Napoli sono conservati il lino di Pozzuoli, lenzuolo funerario rinvenuto nel 1633 e
il candelabro con stoppino in amianto, ritrovato in una tomba a Vulci, città etrusca presso Viterbo
(Fossati, Ann. Hist.Arch., I p 129); e nei Musei Vaticani è esposto il lenzuolo funerario di 1,80 m x
1,60 m, ritrovato in un sarcofago a Roma, vicino a Porta Maggiore nel 1702, del monumento
funerario di Eurysaces, ricco fornaio della Roma tardo - repubblicana.
3.3 Gli albori della Medicina del Lavoro.
Già nel secondo millennio a.C. nelle miniere d’oro sul Mar Rosso163 e in quelle greche, dove
si estraeva l’argento164 e il minio (polvere rossa costituita da una miscela di ossidi di piombo,
chiamata dai Greci ‘cinabro’), gli operai si proteggevano dalle polveri utilizzando delle membrane
di vesciche, con le quali fasciavano il viso in modo da poterci vedere:
“qui minium in officinis poliunt, faciem laxis vesicis inligant, ne in respirando pernicialem
pulverem trahant et tamen ut per illas spectent” (Plinio il Vecchio165),
ed altri accorgimenti per limitare la dispersione dei vapori che si sprigionavano dalla fusione dei
metalli166, perché erano altrettanto dannosi per l’uomo.
Prima Ippocrate167 e poi Galeno168, avevano compreso che le polveri cagionavano delle
tecnopatie169, e che pertanto per la loro diagnosi e prognosi fosse indispensabile l’anamnesi
lavorativa.
3.4 Il Medioevo.
Un alone di mistero e magia avvolge l’utilizzo dell’amianto per tutto il corso del Medioevo, e
fantasiose leggende vennero alimentate dalle abitudini di Carlo Magno, che per impressionare i suoi
ospiti e impaurire i suoi nemici, si avvolgeva con una tovaglia di amianto che non prendeva fuoco;
162
Circa la presenza di amianto sull’isola di Cipro, una testimonianza importante ci viene da Giovanni Mariti, studioso
di scienze naturali, nato a Firenze nel 1736, nelle Ricette Fiorentine «Viaggi per l’isola di Cipro e per la Soria e
Palestina … dell’anno MDCCLX al MDCCLXVIII, Tomo 1. Nel testo scrive: “… L’istessa difficoltà (la raccolta del
minerale era vietata) si trova per la pietra amianto, la di cui cava è presso il villaggio di Paleoandros, della quale, per
testimonianza dei diversi Istorici, colle dovute preparazoni facendosene tele, queste poi, per nettarlle si gettano sopra il
fuoco e rimangono pulite ed incombuste, e di cui Plinio Libro XXXVI cap XIX ‘Amiantus alumini stmilis nihil igni
depredi’, e Dioscoride parlando dell’amainto di Cipro: amiantus Lapis in Cipro nascitur Scilli alumini familis, e quo
elaborato ut pote flebili telass pectacula graztia texunt: de ignibus inviete splendidores exeuhnt. (Descoride?) I Mariti
poi aggiunge: “… i moderni greci chiamato questa pietra amianto col nome di Caristia, ed altri con quello di pietra di
cotone. Altre a detta Pietra, vi si trova molto diaspro rosso, agata…”»
163
C.H.V.Sutherland, L’ORO, Mondadori Ed., Milano 1961 ,p 33 .
164
D.M.Metcalf,W.A,Oddy, METALLURGY IN NUMISMATICS,I,p 3-49,R.N.S. Ed.,Londra 1980.
165
Secondo Plinio Gaio (1988), HIST. NAT., XXXIII, 40, Einaudi Ed., Torino, 1988. Gaio Plinio Secondo, detto Plinio il
Vecchio, riferisce che gli addetti alla lavorazione del minio (polvere rossa costituita da miscela di ossidi di piombo,
chiamata dai Greci “cinabro”) si fasciavano il viso con membrane di vesciche allentate, per non assorbire respirando
quella polvere nociva e per aver modo tuttavia di guardare attraverso di esse: “qui minium in officinis poliunt, faciem
laxis vesicis inligant, ne in respirando pernicialem pulverem trahant et tamen ut per illas spectent”.
166
Id., Hist.Nat.,XXXIV,50 §167 ,Einaudi Ed.,Torino 1988.
167
Medico greco (460-377 a.C.).
168
Medico e filosofo greco (129-200 d.C.).
169
C.Brillante, O.Galeazzi, D.Siviero, SINTESI STORICA DELLE MALATTIE PROFESSIONALI NEL PERIODO EGIZIANO E NEL
PERIODO GRECO-ROMANO, Atti del XXXIV Congresso Nazionale di Storia della Medicina del 1989, Messina 1992.
68 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
e dai racconti di Marco Polo170 che in relazione alla utilizzazione di teli di amianto che si pulivano
non con l’acqua ma con il fuoco, lo definiva ‘telo di salamandra’171:
“Anche vi dico che a Roma hae una di queste tovaglie, che’l Gran Cane mandò per gran
presente, perché il sudario del nostro Signore vi fosse messo entro”;
e dei cinesi che lo definivano ‘pietra del diavolo’, perché evocavano scenari infernali riconducibili
alla sua resistenza alle fiamme.
Nel corso del VI secolo il medico naturalista Boezio (480-524 d.C.) ce ne descrive l’uso in
unguenti e farmaci miracolosi:
“Dall’asbesto si fa spesso un unguento miracoloso per il lattime (crosta lattea - ndr) e per le
ulcerazioni delle gambe. Si prendono quattro once di asbesto, due once di piombo, due once di
ruta e vengono bruciate, quindi ridotte in polvere vengono macerate in un recipiente di vetro con
l’aceto ed ogni giorno, per una volta al giorno per un mese l’impasto viene agitato; dopo un
mese si deve far bollire per un’ora e lo si lascia riposare finchè non diventi chiaro: poi si
mescola una dose di codesto aceto bianco con una ugual dose di olio di rosa finchè l’unguento
sia ben amalgamato: allora si unge tutto il capo del fanciullo per farlo rapidamente guarire: per
la scabbia e le vene varicose le parti vengono unte al tramonto finchè non sopravvenga la
guarigione. Se questo minerale viene sciolto con acqua e zucchero e se ne somministra una
piccola dose al mattino tutti i giorni alla donna quando ha perdite bianche, guarisce subito”.
3.5 Il Rinascimento e la Prima Rivoluzione Industriale.
Nel Rinascimento, le innovazioni della tecnica e dell’industria metallurgica e mineraria hanno
permesso la realizzazione di manufatti anche in amianto, e il fiorire degli scambi e dei commerci ha
creato nuova ricchezza, e con essa la classe dei mercanti, che arrivava anche a finanziare alcuni
regni172. Nel corso del XVII secolo, l’amianto cominciò ad essere utilizzato anche per alcuni
preparati medicinali173, utilizzati per la cura delle ulcere trofiche, della scabbia, della tinea, per la
pasta dentaria174, per la produzione di polvere contro la sudorazione dei piedi etc., fino agli anni ’60
del XX secolo, e il dibattito scientifico era animato dalla disquisizione sulla sua natura, perché
alcuni ritenevano che fosse un vegetale per il fatto che poteva essere tessuto.
In quel periodo, l’amianto si estraeva nelle miniere della regione del Sinkiang Uighur,
provincia autonoma nel nord-ovest della Repubblica Popolare Cinese, posta a sud di Kazakistan e
Mongolia, che per il fatto che dovessero essere ‘coltivate’ ne confermava la convinzione che
nascesse dalla terra, e ne alimentava quell’alone di leggenda175 e ne incuteva timore176, come tutto
ciò che avesse origine dal sottosuolo.
Nella Russia degli Zar, fin dal 1720, l’amianto veniva estratto e lavorato nella Regione degli
Urali centrali, e vi si realizzavano grembiuli, guanti, cappelli, manufatti ed impianti metallurgici, e
170
Nato nel 1254 e deceduto nel 1324 che nel suo “Il Milione” contiene alcune osservazioni molto accurate circa le
caratteristiche dell’asbesto, ma al tempo stesso compaiono considerazioni assolutamente fantasiose, tale da non farlo
ritenere un testo scientifico.
171
Marco Polo, MILIONE, XLVIII, Einaudi Ed., Torino 1954.
172
F.M.Vanni, IL SEGNO DEI MERCANTI, Nuova Grafica Fiorentina, Firenze 1995.
173
A.Boetii de Boodt, GEMMARUM ET LAPIDUM HISTORIA, Wechelianis Ed., Hanoviae 1609 - F.Micheli (Prof. Medicina
R. Università Torino), voce “Boodt”, Enciclopedia italiana di scienze, lettere ed arti,vol.VII, Ist.Giovanni Treccani,
Roma 1930.
174
M. Masi, A. Corongiu, (2005) - AMIANTO - MANUALE DI BONIFICA- ANALISI DEL RISCHIO METODI DI INTERVENTO.
Tipografia del Genio Civile, Roma, 141 pp.
175
Mircea Eliade, ARTI DEL METALLO E ALCHIMIA, Boringhieri,61-8826-5,Torino 1982.
176
Così come sosteneva già Aristotele (filosofo greco, 384-322 a.C.).
CAPITOLO III | 69
alcuni campioni, due anni dopo, furono consegnati a Pietro il Grande, e sul finire del secolo
Giovanni Aldini dell’Università di Bologna presentò in Francia una tuta protettiva in amianto.
Negli Stati Uniti, Beniamino Franklin nel 1752 vendette a sir Hans Sloane una borsa
realizzata in stone asbestos, con tessuto di puro crisotilo, che oggi è conservata, con tanto di
etichetta ‘tremolite’ nel Museo di Storia Naturale di Londra.
Questo periodo storico sul piano socio-culturale fu caratterizzato dal pensiero illuministico e
dalla affermazione del rigoroso uso della ragione e dell’autosufficienza del metodo empirico sulla
scienza e con l’emersione di concezioni che facevano riferimento alla persona come portatrice di
diritti, e dalla Rivoluzione Francesce e quella Industriale, che con l’invenzione del telaio meccanico
e della macchina a vapore ha determinato nel periodo che va dal 1760-1780 e il 1830 la
trasformazione del sistema produttivo da artigianale a industriale, con una diversa organizzazione
del lavoro, che presuppone anche il reclutamento di donne e bambini, assoggettati ad un orario di
lavoro fino a 15 ore al giorno, in assenza di qualsiasi misura igienica e in ambienti insalubri.
3.6 La nascita della moderna Medicina del Lavoro: l’emersione delle patologie
polmonari causate dalle polveri e della necessità della prevenzione
L’amianto era di largo consumo ed utilizzo nelle attività artigianali per tutto il Medioevo, in
quanto indispensabile per realizzare i prodotti che venivano posti in commercio, senza che le fonti
facciano alcun riferimento all’adozione di misure di prevenzione e protezione dalle fibre.
Nel secolo XVI, Georgius Agricola (1494-1555), studioso di lingue antiche, filosofo e medico
tedesco, tradusse Galeno ed Ippocrate e studiò i minerali; e nel 1530 pubblicò ‘Bermannus sive de
re metallica dialogus’177, con il quale, pur avvalorando le antiche teorie di Aristotele circa una
presunta natura vegetale, descrisse le miniere tedesche e le tragiche conseguenze che le polveri
avevano sulla salute dei lavoratori, con tecnopatie che corrispondevano alla silicosi e tubercolosi178,
che lo avevano portato a segnalare la necessità di ventilare gli ambienti, di adottare sistemi
individuali di protezione con maschere antipolvere, con filtro di cotone ed altre misure di
prevenzione tecnica.
Paracelso (1493-1541), nome italiano del medico-itinerante179 svizzero Aureoli Philippi
Theophrasti Bombastus Von Hohenheim, descrisse le patologie polmonari dei minatori del Tirolo,
causate dalle polveri, e quindi confermò 180 che i lavoratori si ammalavano di pneumoconiosi fin da
epoca antichissima.
La definitiva consacrazione e autonomia scientifica della medicina del lavoro si deve al
medico modenese Bernardo Ramazzini (1633-1714), che fu il primo ad ispezionare personalmente
le officine, e a pubblicare già nel 1700 (e in seconda versione nel 1713), un trattato sistematico sulle
tecnopatie181, il ‘De morbis artificium diatriba’, che fu tradotto in quattordici lingue e per tutto il
secolo fu il testo fondamentale per lo studio della medicina del lavoro, e nel quale descrisse il ruolo
delle polveri per l’insorgenza di numerose patologie e l’importanza dell’anamnesi lavorativa
(‘quam artem exerceat’), e nel 1711 l’orazione ‘De contagiosa epidemica.... in boves’182, nella
quale affermò per la prima volta in termini scientifici, il fondamentale concetto igienico-preventivo
della prevenzione della insorgenza di una malattia che doveva essere perseguito con adeguare
177
G.Agricola, DE L’ARTE DE METALLI, VI,H.Frobenio & N.Episcopio Ed., Basilea 1563, p 189.
G.F.Rubino, L.Pettinati, ELEMENTI DI MEDICINA DEL LAVORO, Minerva Medica Ed., Torino 1985, p.6.
179
A.Miotto, PARACELSO, MEDICO E MAGO, Ferro Ed.,Milano 1971.
180
Paracelsi, OPERUM MEDICO-CHIMICORUM SIVE PARADOXORUM V,1, C.M.P. Ed., Francofurto 1603.
181
B.Ramazzini, DE MORBIS ARTIFICUM DIATRIBA,N.I.S. Ed., Roma 1982.
182
B.Ramazzini, OPERA OMNIA, VII, Cramer & Perachon Ed., Genevae 1717.
178
70 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
misure tecniche ed igieniche, piuttosto che sulla sua cura (‘longe praestantius est praeservare quam
curare’)183.
3.7 La Rivoluzione Industriale.
Con la Rivoluzione Industriale il sistema produttivo ed economico subirono una profonda e
irreversibile trasformazione, che ebbe delle ripercussioni anche sullo stato sociale, e sulla salute dei
lavoratori e sulla salubrità dell’ambiente, senza alcuna distinzione, in quanto c’era un intreccio
irreversibile tra i due ambiti.
L’apparizione della fabbrica e delle macchine ha modificato anche i rapporti fra gli individui
partecipi della produzione: da un lato, la classe operaia che comincia a percepire un salario quale
compenso del proprio lavoro e del tempo dedicato all’attività in fabbrica, indispensabile per trarre i
mezzi di sostentamento e permettere un’esistenza libera e dignitosa; dall’altro, il capitalista
industriale, l’imprenditore titolare della fabbrica e dei mezzi di produzione, il cui fine è quello di
massimizzare il suo profitto.
Il meccanismo propulsore e caratterizzante della Rivoluzione Industriale è caratterizzato dalla
crescita del PIL, in misura maggiore rispetto all’incremento demografico, come accaduto in
Inghilterra, che passa dal +2% al +4% all’anno, rispetto all’aumento demografico annuale, che è del
+1% circa, così che la popolazione industriale cresce rispetto ai lavoratori agricoli, con conseguente
aumento della produttività, tale da determinare lo sviluppo del commercio e l’accumulo di capitali,
anche per effetto delle transazioni, utilizzate per nuovi investimenti industriali.
Numerosi processi di trasformazione della proprietà agraria, dovuti all’utilizzo di nuovi
strumenti meccanici, imposero l’abbandono della campagna, ed una migrazione di massa di intere
famiglie verso la città, con conseguente aumento demografico superiore alla domanda di nuova
manodopera e sempre sotto la soglia del PIL, e aumento di forza-lavoro e dunque una maggiore
offerta di manodopera, rispetto alla domanda, e dunque con un eccesso di manodopera, con
conseguente abbassamento dei salari, aumento dei prezzi, perché il prodotto era inferiore a quanto
necessario per la collettività.
Il vapore diventava una delle principali fonti di energia, e le caldaie, le condotte, etc., con le
loro alte temperature, necessitavano di un isolante termico, non infiammabile, quale appunto
l’amianto e i suoi derivati, con la conseguente insorgenza di patologie asbesto correlate per i
dipendenti, già nel settore delle attività artigianali.
I mercanti erano la nuova classe emergente, che concentrava nelle sue mani la maggior parte
dei capitali, con enorme disponibilità di acquisto di nuove tecnologie, favorendo la modificazione
del sistema produttivo e determinando la scomparsa della produzione artigianale, della figura del
negoziante (il c.d. mastro e padrone delle università di mestiere), che non era più in grado di
competere nel sistema di tipo industriale, con l’archetipo dell’impresa privata, in cui il proprietario
‘capitalista’ si interessa di soddisfare i bisogni di consumo della popolazione, che aveva
preventivamente incrementato anche tramite la pubblicità, e con l’utilizzo esasperato della
manodopera, la cui offerta era sempre maggiore per via del già descritto incremento demografico e
lo spopolamento dalle campagne, che riversava nella città un gran numero di famiglie, le quali
183
In un libro del Carnevale (B.Ramazzini, LA SALUTE DEI PRINCIPI, a cura di F.Carnevale, Tosca Ed., Firenze 1992) è
contenuto un elenco completo delle opere di Ramazzini e la bibliografia dei testi dedicati a questo autore. Per ulteriori
notizie su Agricola, Paracelso e Ramazzini, si rimanda ai profili contenuti in testi specializzati (SCIENZIATI E
TECNOLOGI, DALLE ORIGINI AL 1875, Mondadori Ed., Milano 1975,vol.I ,II - A.Castiglioni, STORIA DELLA MEDICINA,
Mondadori Ed., Milano 1936), agli estratti dalla Storia della Medicina di Arturo Castiglioni (DIZIONARIO BIOGRAFICO
DEGLI ITALIANI, Ist.Enc.Italiana, Roma 1979) e da Scienziati e Tecnologi, della Mondadori.
CAPITOLO III | 71
andavano ad ingrossare le fila del cosiddetto ‘proletariato’, senza una vera e propria forza
contrattuale, in quanto l’offerta di manodopera era sempre maggiore della domanda, per cui in virtù
del meccanismo dell’offerta e della richiesta, i salari erano destinati ad abbassarsi, cui nel periodo
dal XVIII secolo fino ai primi decenni del XIX secolo184 si tentava di reagire con la costituzione di
associazioni di mutuo soccorso.
Nel corso del XIX secolo, grazie al movimento risorgimentale l’Italia divenne uno Stato
unitario, che impoverì il sud, le cui poche attività industriali vennero soppresse, con successivo
spopolamento che accentuò lo squilibrio che distrusse l’economia patriarcale naturale, e sviluppò le
pratiche assistenzialistiche, sulle quali ha attecchito il fenomeno delle associazioni malavitose,
mentre nel centro-nord Italia si sviluppò via via l’attività industriale185 fino a determinare la
capacità di esportazione nei mercati mondiali con riduzione dell’importazione di molti prodotti e
dell’emigrazione all’estero186.
Vennero introdotte nuove sostanze chimiche nelle attività lavorative, senza che ne fosse
preventivamente valutato il pericolo per l’ambiente e per la salute umana, e in seguito all’assenza di
strumenti di prevenzione e protezione, ci fu un esponenziale aumento delle malattie professionali,
anche gravi e con esiti letali: nelle miniere e nelle gallerie, l’utilizzo delle perforatrici pneumatiche
ha fatto aumentare le polveri e con esse l’esposizione per i dipendenti e quindi le pneumopatie.
Come è sempre avvenuto nel passato, come avviene nel presente e come, verosimilmente,
avverrà nel futuro, ogni tappa evolutiva delle vicende umane presenta, come fosse una medaglia,
una testa ed una croce187: accanto alle nuove scoperte ed invenzioni ed al miglioramento del tenore
di vita, già a partire dal XIX secolo, diventavano sempre più frequenti anche i casi di infortunio sul
lavoro e le malattie professionali, il cui esito per il lavoratore era quasi sempre infausto e con gli
eredi e gli infortunati superstiti, invalidi, sono iniziati i giudizi per il risarcimento dei danni.
La difficoltà di accertare la responsabilità dell’infortunio e della malattia professionale,
determinò in dottrina e in giurisprudenza l’emersione della categoria della responsabilità
contrattuale dell’imprenditore, la cui fonte era nell’obbligo legale di tutela della integrità psicofisica del prestatore d’opera, con conseguente diritto al risarcimento in caso di lesione della salute e
degli altri diritti.
Tuttavia, dalla dottrina della colpa contrattuale, già alla fine del XIX secolo, si passò
rapidamente nella concezione dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni, e, nei primi
decenni del secolo successivo 188, contro le malattie professionali.
3.8 La produzione e l’utilizzo dell’amianto nel XIX secolo.
Il mercato dei prodotti in amianto ebbe una rapida espansione nel decennio tra il 1860 ed il
1870 per le capacità di isolamento termico indispensabili per le nuove tecnologie a vapore e così si
venne a formare un consorzio italo-inglese di imprenditori, si riaprirono le cave di amianto nel
nord-Italia, si sviluppò l’estrazione nei vasti giacimenti in Quebec (Canada). Nel periodo che va dal
1870 al 1878, l’Italia era l’unica nazione nella quale si estraeva e lavorava l’amianto, che venne
utilizzato anche per la fabbricazione di tessuti, corde e pannelli, che vennero presentati nel corso
dell’esposizione universale di Parigi del 1878, e a poco a poco ne aumentarono le applicazioni e gli
184
V.Castronovo, LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE, Sansoni Studio Ed.,Firenze 1982.
U.Forti, STORIA DELLE INVENZIONI E DELLE INDUSTRIA, Fabbri Ed., Milano 1963.
186
Cfr. documentazione prodotta dalla Fondazione Agnelli sulle comunità italiane all’estero.
187
In modo più approfondito: E. Bonanni, G. Ugazio, op.cit.
188
Il tentativo di assicurare, oltre agli infortuni anche le malattie professionali, ci fu già tra la fine dell’‘800 e gli inizi
del ‘900, ma i tempi non erano maturi e la legge non fu approvata (E. C. Vigliani, A. D. Bonsignore, MEDICINA DEL
LAVORO, ECIG Ed., Genova 1983.
185
72 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
utilizzi, fino ai tessuti e alla carta, mano a mano che si perfezionò l’industria manifatturiera, e
nell’ultimo decennio del secolo si creò una moderna industria dell’amianto che fosse al passo con i
tempi di sempre nuove e maggiori applicazioni del minerale189.
In Quebec i primi giacimenti di crisotilo (pierre á coton) vennero scoperti nel 1860 nei pressi
di San Joseph e, successivamente, nel 1877, nei pressi di Danville, dove, a partire dall’anno
successivo, iniziò una produzione di 50 tonnellate e già nel 1885 entrarono in attività numerose
miniere ubicate in Thetford Mines, negli Urali, e nel 1886 fu avviata la produzione nella città di
Asbest presso Bazhenovskoye, dove nel 1884 era stato scoperto un grande giacimento di crisotilo,
anche se già all’inizio del XVIII secolo, era stato scoperto presso Ekaterinenburg un giacimento di
amianto e le fibre venivano utilizzate per le attività tessili, fino a che gli impianti divennero di
proprietà della Compagnia Uralasbest (1918).
La scoperta di crocidolite in Sud Africa risale al 1812, nella provincia di Capo Settentrionale,
mentre la produzione iniziò solo nel 1893, presso la città di Koegas e nel 1926 vicino a Pomfret;
l’amosite fu, invece, scoperta nel Transvaal, sempre in Sud Africa, vicino alla città di Penge, già nel
1907 con produzione avviata nel 1916.
3.9 Lo studio delle pneumoconiosi e le prime norme di igiene pubblica nel XIX secolo.
Gli studi sulle patologie causate dalla inalazione di polveri (pneumoconiosi190) sono
proseguiti per tutto il XIX secolo e hanno portato alle prime diagnosi di asbestosi in Inghilterra e
poi in Italia, con l’evidenza scientifica delle minori aspettative di vita degli addetti alle lavorazioni
dell’amianto191.
Poiché la salute era considerata un diritto primario del cittadino, in Francia già nel 1794 fu
istituita la Scuola di Sanità con la disciplina dell’Igiene192 (dal greco γίεια = salute); in Italia nel
1806 fu emanato da Napoleone Bonaparte il ‘Regolamento di polizia medica, di sanità continentale
e di sanità marittima’, con istituiva una normativa organica per la sua protezione, cui si aggiunsero
nel 1830 altre norme emanate dallo Stato Pontificio, dal Granducato di Toscana e dal LombardoVeneto, per far fronte a delle pandemie coleriche; e in Inghilterra, nel 1833, venne promulgato il
‘Factory Act’ (Regolamento per le Industrie), che, con le sue norme di protezione e di igiene,
rappresentò una tappa fondamentale nella storia della prevenzione delle tecnopatie.
Nel dizionario di igiene193 del dott. Cérésole, pubblicato nel 1833, fu inserita la voce
‘ventilazione, odori insalubri (ordinanza Re di Francia 14/1/1815), umidità, igiene’ e due anni dopo,
sugli annali francesi di igiene pubblica e medicina legale, vennero pubblicati due interessanti
189
Summers L., ASBESTOS AND THE ASBESTOS INDUSTRY. THE WORLD’S MOST WONDERFUL MINERAL AND OTHER
FIREPROOF MATERIALS, Sir Isaac Pitman & son LTD, London s. d. (ma prima metà anni ’20 del Novecento): “[in 1866]
one Signor Albonico, in conjunction with a cultured and very shrewd Florentine cleric named Canon Del Corona, and a
noblemen, the Marquis di Baviera, made experiments which resulted in the production of asbestos cloth and paper.
These gentlemen had anticipated making bank notes, etc., for the Italian Government, but most unfortunately were
frustrated in their negotiations by the outbreak of the Franco-German War” …”[in 1871] Canon Corona, the Marquis di
Baviera, and Messrs Furse Brothers, of Rome, combined in activities to secure properties and concessions to work
asbestos from the Communal authorities in Italy, and when, a few years later, another company, called «The ItaloEnglish Pure Asbestos Company», of London, was formed, they secured extensive rights and established a factory in
Turin, and the industry began in earnest, stimulated by healthy and keen competition” (Summers, pp. 4-11, s.d., ma
1921).
190
E. Ziegler, TRATTATO DI ANATOMIA PATOLOGICA SPECIALE, V.Pasquale Ed., Napoli 1891.
191
Significativi, a tale riguardo, risultano i lavori di L.Scarpa, D.Lovisetto, G.Mussa e V.M.Palmieri (di cui in seguito).
192
D.Ottolenghi, (prof.Igiene, R.Univ.Bologna), ENCICLOPEDIA ITALIANA DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI, vol. XVIII, Ist.
Enc. Treccani Ed., Roma 1933 - G.Vanini, R. Bucci, STORIA DEI CONGRESSI DEGLI IGIENISTI ITALIANI, Univ.Cattolica
del Sacro Cuore, Facoltà di Medicina e Chirurgia “A.Gemelli”, Istituto di Igiene, Roma 1991.
193
Cérésole, DICTIONNAIRE D’HYGIENE, Vol.I, Fodratti Ed., Torino 1833.
CAPITOLO III | 73
lavori194, che analizzavano la durata della vita in base alla professione svolta (Lombard) e le
patologie professionali correlate all’attività di tipografo-stampatore (Chevallier) e nel 1837 venne
pubblicato il ‘Dictionnaire de l’industrie manufacturière’195, che conteneva un’ampia e dettagliata
voce sull’igiene, suddivisa in pubblica e privata, mentre in Italia nel 1847, Carlo Alberto ha
promulgato, per il Regno di Sardegna, un ‘Editto Sanitario’.
Già a partire dal 1841, in numerosi testi divulgativi, vennero citate maschere e aspiratori come
indispensabili mezzi di protezione e il ‘Dictionnaire de l’industrie manufacturière’196 riportava la
descrizione dei principali metodi di ventilazione, compresa l’aspirazione.
Nel 1848, il medico napoletano, Salvatore De Renzi, fece rientrare l’igiene pubblica e privata
come materia del suo trattato di ‘Storia della medicina in Italia’197, descrivendo tutti gli apporti dei
medici degli stati preunitari, e nel 1851 venne celebrata a Parigi la Prima Conferenza Sanitaria
Internazionale, alla quale parteciparono tutti gli Stati.
Nel 1856, l’amianto viene definito ‘lino di terra e lana di salamandra’, sull’‘Enciclopedia
popolare italiana’198, in quanto poteva essere filato ed era incombustibile e venivano ricordate le
attività della ditta Perpenti, che produceva manufatti (tele, carta da stampa, merletti) e le attività del
Cav. Aldini per la produzione di tuniche e casacche per gli spegnitori di incendi (II vol.) e alla voce
‘malattia’ risultavano descritte anche le patologie, che erano state suddivise con tabelle di malattia
(XII vol.); l’anno dopo, Francesco Freschi, professore di igiene alla Regia Università di Genova,
iniziò a pubblicare un dizionario d’igiene pubblica (‘Dizionario di igiene pubblica e di polizia
sanitaria’)199, ad uso dei medici e dei magistrati, in cui alla voce ‘arti e mestieri’ veniva descritta
l’influenza delle varie attività lavorative sulla salute, e quindi della necessità di limitare le ore di
lavoro settimanali e l’anno seguente fu pubblicato il II volume, nel quale alla voce ‘igiene
industriale’, si faceva riferimento alla insalubrità delle polveri ed al loro effetto sulla salute ed il III
volume, alla voce ‘polveri’, furono elencate le ricerche del Dott. Lombard di Ginevra e del Dott.
Benoiston di Châteauneuf sulla premorienza dei lavoratori che ne erano esposti e che di rado
raggiungevano i 40-50 anni e alla voce ‘professioni’ venne riportata una tabella di vari autori circa
l’influenza della professione sulla longevità.
Nel 1859, il Regno di Sardegna emanò una legge sanitaria completa, che, ampliata e
modificata, costituì la prima legge sulla sanità pubblica del nuovo Regno d’Italia (Legge n. 2248 del
20/3/1865).
Michel Lévy nel 1862 diede alle stampe la IV edizione del trattato di igiene pubblica e
privata, e nella V edizione del 1869200 riportò gli studi di Lombard sull’esposizione a polveri
minerali e segnalò la frequente associazione di tisi polmonare nei lavoratori di questo settore, già
emersa nel lontano 1834.
194
H.C.Lombard, DE L’INFLUENCE DES PROFESSIONS SUR LA DUREE DE LA VIE, Ann.Hyg.Publ. et Med.Leg., t.XIV-I p. :
88-131, Paris 1835 - A.Chevallier, De la nécessité de faire de nouvelles recherches sur les maladies qui affligent les
ouvriers et observations sur celles qui se font remarquer chez les imprimeurs, Id., t.XIII-II p.: 304- 344, Paris 1835.
195
A. Baudrimont & al., DICTIONNAIRE DE L’INDUSTRIE MANUFACTURIERE, Vol.VI, Baillière Ed., Paris 1837.
196
A.Baudrimont & al., DICTIONNAIRE DE L’INDUSTRIE MANUFACTURIERE, X vol., Baillière Ed., Paris 1841.
197
S. De Renzi, STORIA DELLA MEDICINA IN ITALIA, V, Filiatre-Sebezio Ed., Napoli 1848, e ricordava l’introduzione
della statistica medica già da parte dell’abate Toaldo all’inizio dell’800, e le indagini di mortalità svolte a Torino da
Antonio Molineri, dal 1749 al 1755.
198
NUOVA ENCICLOPEDIA POPOLARE ITALIANA, II, IV ed., UTE Torino 1856 - XII ,quarta edizione, UTE Torino 1861.
199
F.Freschi, DIZIONARIO DI IGIENE PUBBLICA E DI POLIZIA SANITARIA, G.Favale Ed., Torino 1857.
200
M.Lèvy, TRAITE D’HYGIENE PUBLIQUE ET PRIVEE, IV edizione, Baillière Ed., Paris 1862 - V edizione 1869.
74 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
In quegli stessi anni a Torino, con Regio Decreto del 23/11/1862201, venne istituito il Regio
Museo Industriale Italiano - museo statale ed attualmente non più esistente - sul modello di quelli
esistenti in Francia e in Inghilterra, situato in via Ospedale n. 32202 (nell’attuale via Giolitti,
nell’area ora adibita a parcheggio del piazzale Valdo Fusi). Il museo era aperto al pubblico
gratuitamente, e nella sala n.15 vennero esposti i vari tipi di amianto, mentre nella sala n.40 vi era
l’archivio industriale203, al quale si poteva accedere rivolgendosi all’assistente conservatore204.
Nel 1863, venne istituita nel nostro Paese, la Divisione di Sanità Pubblica, coordinata da un
amministrativo e composta da due sezioni, dirette da medici, cui seguirono numerose altre
variazioni e richieste di potenziamento, volte soprattutto al risanamento degli spazi urbani.
La seconda metà del XIX secolo venne dominata dalla figura di Paolo Mantegazza205, nato a
Monza nel 1831, il quale si era già distinto all’età di 17 anni, quando prese parte ai combattimenti
delle “Cinque Giornate” di Milano del 1848, e fu studente a Milano e a Pisa, fino a laurearsi in
Medicina presso l’Università di Pavia, e nel 1856 fu medico a Salta (città agricola e mineraria
dell’Argentina), e nel 1858, nominato professore di patologia generale e sperimentale all’Università
di Pavia ne istituì il primo laboratorio, e fu poi docente di antropologia presso l’Istituto di Studi
Superiori di Firenze e vi fondò il Museo e fu chiamato a far parte del Consiglio superiore di sanità,
e viaggiò a lungo; molti suoi testi non solo scientifici, furono tradotti in tutte le principali lingue, e
ha curato per oltre 20 anni, la pubblicazione dell’Enciclopedia Igienica Popolare con un almanacco
all’anno; nella IX, X, XI e XII Legislatura, fu eletto deputato nel Collegio di Monza, ed ebbe idee
centriste, e si occupò principalmente di problemi sanitari, fino a quando con il Regio Decreto del
16.11.1876 venne nominato Senatore del Regno, e fu decorato di molti ordini cavallereschi italiani
e stranieri, fino a che nel 1910 si spense a San Terenzo (La Spezia).
Nel 1867 pubblicò ‘Elementi d’igiene’206, ed ebbe modo di descrivere dettagliatamente il
meccanismo patogenetico delle polveri, e di evidenziare come tutti coloro che le hanno inalate sono
morti prematuramente per tisi, poiché ‘l’aria impura è più pericolosa di un cattivo cibo’, e di
concludere sulla necessità assoluta di introdurre aspiratori, di lavorare ad umido e di pulire i
pavimenti con segatura bagnata e deprecando il fatto che ‘molti rifiutano queste precauzioni,
dicendo che la vita troppo lunga produrrebbe una pericolosa concorrenza!’. Nel 1881, pubblicò
‘Almanacco igienico popolare- Igiene del lavoro’207, nel quale, al V capitolo, insisteva sui danni che
le polveri erano in grado di determinare all’organismo umano e cercava di porre rimedio alla non
curanza degli industriali, affermando che ‘tutti (sono) sviati dietro al malo esemplo!’208.
Nel descrivere le diverse attività professionali esposte al rischio e dopo aver classificato le
polveri in minerali, animali e vegetali, confermò che tutte sono dannose per la salute, perché
201
Museo Industriale Italiano, SOCIETÀ REALE DI AGRICOLTURA, INDUSTRIA E COMMERCIO, G.Faziola Ed., Firenze
1865.
202
Alcuni giorni in Torino, GUIDA DESCRITTIVA STORICO-ARTISTICA, E.F.Casanova Ed.,Torino 1884 (Archivio Storico
Com.Torino, Coll.Simeom G 33)
203
Regio Museo Industriale Italiano, SUO ORDINAMENTO E DESCRIZIONE DELLE COLLEZIONI, Favale Ed., Torino 1871.
204
E.Borbonese,TORINO ILLUSTRATA E DESCRITTA, Petrini Ed.,Torino 1884 (Archivio Storico Com.Torino, Coll.
Simeom G 34).
205
A.De Gubernatis, PICCOLO DIZIONARIO DEI CONTEMPORANEI ITALIANI, Forzani Ed., Roma 1895 - T.Sarti, IL
PARLAMENTO SUBALPINO E NAZIONALE, Editrice dell’Industria, Terni 1890 - T.Rovito, DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO
DEI LETTERATI E GIORNALISTI ITALIANI CONTEMPORANEI, Melfi & Joelle Ed., Napoli 1907 - A.Ribera, ENCICLOPEDIA
BIOGRAFICA E BIBLIOGRAFICA ITALIANA : A.Malatesta, serie XLIII, vol.II, Ministri, Deputati e Senatori dal 1848 al
1922, EBBI Ed., Roma 1941.
206
P.Mantegazza, ELEMENTI D’IGIENE, Brigola Ed., Milano 1867.
207
P.Mantegazza, ALMANACCO IGIENICO POPOLARE- IGIENE DEL LAVORO, anno XVI, Brigola Ed., Milano 1881.
208
D.Alighieri, LA DIVINA COMMEDIA- PARADISO XVIII ,124.
CAPITOLO III | 75
determinano l’insorgenza di catarro bronchiale, enfisema polmonare, bronchiectasie, polmoniti e
tisi:
“Spesso però la presenza delle polveri e il loro accumularsi nel tessuto polmonare produce
malattie speciali, che si chiamano col nome di pneumoconiosi (polvere del polmone, dal greco)
e che si distingue poi in antracosi, siderosi, calicosi e bissinosi, secondo la natura della polvere
che ingombra il polmone... Nei primi anni di esercizio del loro mestiere, questi operai soffrono
poco o punto e il male non li attacca che poco a poco e insidiosamente. Talvolta gli incomodi
appaiono ad un tratto in seguito ad un incidente fortuito; quale un raffreddore, un catarro, una
leggera bronchite. E’ bene però che gli operai conoscano i primi sintomi, per prevenire mali più
gravi.”
L’autore ha descritto le fasi della patologia, dalla comparsa di una dispnea da sforzo
ingravescente, associata a tosse convulsiva - in questa fase della malattia, secondo i francesi, ‘le
poussier s’est attaché à l’homme’ - cui subentrano poi dimagramento, cardiopatia e, infine, la
morte.
Il Mantegazza fece tesoro dei contributi di Klozier (1763) sulla calicosi, di Hirt sulla
premorienza nelle attività polverose, di Zenker sulla sclerosi polmonare, e di Merkel (1871) sulla
siderosi, e segnalò come l’introduzione di aspiratori e l’utilizzo dei dispositivi individuali di
protezione e quindi il miglioramento delle condizioni igieniche avesse determinato miglioramenti
dello stato di salute e una minore incidenza di pneumopatie:
“Nella maggior parte dei casi un velo, una maschera, una spugna umida basterebbe a togliere il
50% della polvere che entra nei loro polmoni. Ma conviene dirlo, i più preferiscono non
prendersi alcuna briga, preferiscono non seccarsi piuttosto che applicarsi un semplice ordigno
che li difenda dalla polvere. Essi guardano alla rara eccezione di qualche operaio robusto che
non diventa tisico e campa vecchio anche in mezzo alla polvere, e dimenticano con cinico
disprezzo i moltissimi che scendono nella polvere ancor giovani o in tutta la pienezza della loro
virilità... Molti operai starebbero volentieri al mondo alcuni anni di più e adotterebbero di buona
voglia quelle precauzioni elementari, che sono indicate dal più grossolano buon senso e
adoprerebbero veli, maschere e spugne; ma hanno paura di essere canzonati dai loro compagni,
e di sembrare effeminati o paurosi. Ma che effeminatezza, ma che paura! Adoperate il coraggio
contro i prepotenti che vi insultano o contro i nemici della patria, ma non contro la polvere, che
uccide i vili e i coraggiosi in una stessa maniera”.
Egli rivolgendosi ancora ai datori di lavoro, citò il medico francese Guy Patin ‘maudit argent,
que tu fais du mal en ce monde!’, e ancora Dante Alighieri: ‘O cupidigia che i mortali affonde/ Sì
sotto te, che nessuno ha podere/ Di trarre gli occhi fuor dalle tue onde!’209 e esprimendo questi
auspici:
“Guadagnate pure, fatevi ricchi col frutto delle vostre industrie, ma pensate anche un pochino
agli operai, che sono il primo strumento della vostra ricchezza. Migliorate l’igiene del vostro
stabilimento, adottando i più moderni metodi di ventilazione, imponete come un obbligo ai
vostri operai l’uso di quei mezzi che la scienza ha suggerito e che la esperienza ha dimostrato
efficaci. Soprattutto poi non accettate nelle vostre officine che uomini gagliardi e che
un’accurata visita medica vi ha dimostrato come tetragoni contro la tisi, rifiutate i fanciulli ,
rifiutate anche i giovinetti, anche le donne. Che la vostra agiatezza non sia turbata dal rimorso e
i vostri sonni non siano funestati dall’apparizione di tanti spettri, che colle loro mani uncinate e
bianche verranno a battervi sul petto, accusandovi di volontario omicidio”.
209
Id., Paradiso XXVII, 121
76 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
Nell’appendice II, faceva riferimento all’iniziativa assunta nel 1875 dal Comune di Milano
che aveva istituito un bollettino demografico che segnalava i decessi dei lavoratori in base alle
attività professionali che svolgevano.
Il meccanismo patogenetico e le caratteristiche istologiche della fibrosi polmonare indotta da
alcune polveri minerali, sono stati descritti in modo magistrale da Zenker210 nel suo lavoro del 1867
(Ueber Staubinhalationskrankheiten der Lungen), che pose le basi degli studi anatomopatologici
sulle pneumoconiosi, per ulteriori ricerche come quelle di Ziegler nel 1891, oltre ad avere per primo
utilizzato questo termine “pneumoconiosi” come gli venne riconosciuto anche dagli autori francesi.
L’‘Enciclopedia di Chimica’211 già nel 1868 descrisse alcuni tipi di aspiratori, e nel 1870 un
testo divulgativo francese (Les merveilles de la science)212 fornì un’ampia descrizione della
ventilazione, inclusa quella adottata nelle fabbriche213, nel 1870 viene pubblicato il I volume della
‘Enciclopedia Medica Italiana’214, contenente, alla voce ‘arti’, un dettagliato elenco dei vari mestieri
(lavori manuali) e delle varie professioni (attività culturali), con i relativi rischi lavorativi.
L’Enciclopedia recepì interamente l’elenco francese aggiornato al 1866 delle industrie
insalubri, suddivise per classi, e dei relativi inconvenienti (polvere, rumore, fumo etc.); essa
conteneva, altresì, delle considerazioni sociali ed igieniche, ed infine riportava una ricca rassegna
bibliografica. Negli anni successivi ne vennero pubblicati altri volumi, contenenti le altre voci in
ordine alfabetico, tra cui ‘igiene’ (redatta da Abba), e ‘polmone (malattie del)’ (compilata da
Maragliano).
Nel 1873, la XIII edizione di un noto dizionario francese di medicina e chirurgia
(Dictionnaire de médecine)215 riportava un’aggiornata trattazione delle voci ‘antracosi- igiene
(industriale e professionale) - penetrazione (delle polveri) - polvere – siderosi’ e tre anni più tardi
venne pubblicato il II volume dell’Enciclopedia Italiana (‘Nuova Enciclopedia Italiana’)216 dove
nella voce ‘aria’ c’era un’ampia trattazione del ‘polviscolo atmosferico’ prodotto da alcune
industrie e dannoso per la salute dei lavoratori.
Sempre nel 1881 A. Proust pubblicò un trattato di igiene (Traité d’hygiène) 217, in cui,
parlando delle impurità dell’aria, soffermava la sua attenzione sull’importante tema
dell’inquinamento da polveri, studiato da Tissandier, Tyndall, Ehremberg e Sigerson; l’autore
segnalava che, specie in presenza di clima secco, le polveri, anche quelle vulcaniche, potevano
essere trasportate a grande distanza.
Nel 1882 sul Dizionario Universale (‘Dizionario Universale di scienze, lettere ed arti’, voci
‘cancro’ e ‘tumore’)218 di scienze, lettere ed arti pubblicato sotto la direzione di Michele Lessona e
Carlo Valle, vennero trattate, le voci ‘cancro’ (‘ulcera di cattiva indole, fetentissima, che tende
rapidamente ad estendersi...e a recidivare dopo l’estirpazione....Chiamasi cachessia cancerosa
l’alterazione profonda di tutto l’organismo che loro consegue’) e ‘tumore’ (‘produzione morbosa
persistente di generazione nuova e caratterizzata da una tumefazione limitata’). Pur con i limiti
210
F.A. Zenker, UEBER STAUBINHALATIONSKRANKHEITEN DER LUNGEN, Deutsches Archiv. für Klinische Medicin,
zweiter band, Vogel Ed.,Leipzig 1867.
211
F. Selmi, ENCICLOPEDIA DI CHIMICA, vol.II, UTET, Torino 1868.
212
L. Figuier, LES MERVEIILES DEL LA SCIENCE, Furne & Jouvet Ed., Paris 1870.
213
Come pure, M.Lessona, C.A.Valle, DIZIONARIO UNIVERSALE DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI, Treves Ed., Milano 1882
214
ENCICLOPEDIA MEDICA ITALIANA, VOCE “ARTI” serie I, vol.I, parte II, Vallardi Ed., Milano 1870 voce “igiene”, serie
I,vol.V, parte II - voce “polmone (malattie del)” serie II,vol.III, parte III.
215
E. Littré, Ch. Robin, DICTIONNAIRE DE MEDECINE, Baillière Ed., Paris 1873.
216
G. Boccardo, NUOVA ENCICLOPEDIA ITALIANA, vol.II, UTET, Torino 1876.
217
A. Proust, TRAITÉ D’HYGIÈNE, II edizione, Masson Ed., Paris 1881.
218
M.Lessona, C.A.Valle, DIZIONARIO UNIVERSALE DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI, voci “cancro” e “tumore”, III
edizione, Treves Ed., Milano 1882.
CAPITOLO III | 77
derivanti dalle scarse conoscenze scientifiche dell’epoca, tali definizioni contenevano già alcuni
concetti basilari, ripresi e sviluppati poi negli studi successivi e nel 1884 una rivista divulgativa
mensile (‘La scienza per tutti’)219 confermò come la durata della vita fosse influenzata dalle attività
professionali, e per incarico di De Pretis, il medico milanese Agostino Bertani (vicepresidente della
giunta incaricata, nel 1877, dell’inchiesta sulla condizione sanitaria dei lavoratori della terra in
Italia), dettò delle regole per la pubblica igiene, mentre Raffaele Pareto e Giovanni Sacheri nel 1885
hanno redatto il IV volume dell’‘Enciclopedia delle arti e industrie’220, nel quale riportarono un
elenco degli ‘stabilimenti insalubri, pericolosi od incommodi’, comprendenti le industrie polverose
(catalogo di Vernois), e segnalarono il biasimo di Anfosso per la vendita ai fanciulli di sostanze
colorate nocive, e denunciarono la scarsa igiene delle industrie, con il paradosso che ‘l’operaio
trova nel lavoro, principio del suo benessere e della sua dignità, le cause prime della malattia e della
morte’, con descrizione dei vari tipi di ‘polviglio’ e le malattie che determinava, e la necessità di
ventilare le officine, con la descrizione del sistema di aspirazione di Romanin Jacur, sulla base degli
studi del Pagliani.
Tra le regole di prevenzione, gli autori hanno richiamato l’importanza delle visite mediche di
assunzione degli operai, e raccomandavano di evitare che tra di loro vi fossero dei fanciulli, e la
necessità di informarli sui rischi connessi alle polveri, con un elenco delle malattie professionali che
erano in grado di causare.
Nel 1887, venne pubblicato il ‘Dizionario enciclopedico di medicina e chirurgia’221, in vari
volumi e tradotto dal tedesco; che al volume X, alla voce ‘pneumoconiosi’, conteneva una precisa
descrizione eziologica, clinica ed anatomopatologica delle malattie polmonari conseguenti ad
inalazione di polveri minerali, vegetali, animali e miste, corredata da una ricca bibliografia222 dei
principali studi scientifici in materia; e al volume XI riportava un’ampia trattazione statistica delle
‘professioni’, ad ognuna delle quali faceva riferimento una tabella con le diverse attese di vita; il
successivo volume riportava alla voce ‘siderosi’ l’indicazione delle misure di profilassi, tra le quali
l’utilizzo di maschere ed esaustori e la descrizione della metodologia per la misurazione delle
polveri ambientali.
Nello stesso anno, Francesco Crispi richiese la consulenza del Prof. Luigi Pagliani; che portò
al decreto 27.11.1887, con il quale fu istituita presso il Ministero dell’Interno la Direzione Generale
della Sanità Pubblica, e alla presentazione della proposta di legge sulla sanità pubblica che venne
approvata e promulgata il 22/12/1888223, con la quale all’art. 3 veniva istituita l’assistenza medica,
chirurgica ed ostetrica gratuita per i poveri, e all’art. 60 imponeva di disporre di regolamenti locali
di igiene con ‘prescrizioni atte a evitare o rimuovere altre cause di insalubrità non enumerate in
questa legge’224.
Nel 1888, un testo tedesco (‘Manuale di igiene’)225 di A.Geigel, M.v.Pettenkofer, J.Forster,
A.Higler, I.Soyka, venne dedicato alle malattie dei mestieri e tradotto da alcuni medici napoletani:
l’episodio ebbe un’importanza rilevante perché dal testo si evinceva la nocività delle polveri
219
LA SCIENZA PER TUTTI, n.37, vol.IV, Sonzogno Ed., Milano 1884.
R.Pareto, G.Sacheri, ENCICLOPEDIA DELLE ARTI E INDUSTRIE, vol.IV, UTE Ed., Torino 1885.
221
A.Eulenburg, DIZIONARIO ENCICLOPEDICO DI MEDICINA E CHIRURGIA, vol.I, Pasquale-Vallardi Ed., Napoli 1887 - Id.,
vol.X-XI-XII.
222
46 lavori.
223
L. n. 5849 del 22/12/1888, Legge per la tutela della igiene e della sanità pubblica, G.U.R. 24/12/88 n.301.
224
Benedetto Croce si dichiarò entusiasta di queste misure e le ritenne un fatto memorabile per la vita politica italiana,
come ricordò il Prof. Pagliani nel suo intervento al IV Congresso Nazionale degli igienisti, che si svolse a Trento nel
1921.
225
A. Geigel, M.v. Pettenkofer, J. Forster, A. Higler, I.Soyka, MANUALE DI IGIENE, vol. I, parte I, N.Jovene & V.
Pasquale Ed., Napoli 1888.
220
78 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
contenute nell’aria, provenienti sia dalle fabbriche sia dalla combustione del carbon fossile; venne
così evidenziata una matrice comune nell’inquinamento degli ambienti di vita e di lavoro (cfr pag.
54).
Nello stesso anno, un dizionario generale di scienze (‘Nuova Enciclopedia Italiana’)226
riportava la voce ‘ventilatore e ventilazione’, con descrizioni molto precise delle loro caratteristiche
tecniche.
Le conoscenze in materia di igiene industriale e di prevenzione delle tecnopatie vennero
riportate anche sui testi giuridici, tra i quali, nel 1891, ‘Il Digesto Italiano’227, con un’accurata
descrizione dell’igiene del lavoro e delle varie attività lavorative, degli adulti e dei minori.
Nel 1891, nella II edizione italiana del ‘Trattato di Anatomia patologica speciale’228 di
Ziegler, un intero capitolo fu dedicato ai ‘tumori del pulmone’, suddivisi in primari e secondari (o
metastatici), secondo moderni criteri di oncologia.
Finalmente, il 17.03.1898, venne promulgata da Umberto I, Re d’Italia, la ‘Legge sugli
infortuni degli operai sul lavoro’229, con successivo Regolamento Generale applicativo contenuto
nel R.D. n.230 del 18/6/1899, che imponeva all’art. 7 (del Regolamento) l’adozione di mezzi di
protezione individuale, e con R.D. n. 231 del 18/6/1899 quello per la prevenzione degli infortuni
nelle miniere e nelle cave, entrambi pubblicati nella G.U.R. del 26/6/1899 n.148.
Già dal 1890 e per oltre venti anni, il Prof. Luigi Pagliani ha diretto la ‘Rivista di Igiene e
Sanità Pubblica’230, con capo redattore il Dott. Francesco Abba, responsabile dei servizi di igiene e
sanità della città di Torino, le cui pubblicazioni si sono distinte tanto da ottenere il conferimento
della medaglia d’oro all’Esposizione di Igiene di Como del 1899, la medaglia d’argento
all’Esposizione Universale di Parigi del 1900, il diploma d’onore all’Esposizione di Igiene di
Napoli del 1900 e la medaglia d’oro all’Esposizione Internazionale di Milano del 1906.
Il n. 23 della rivista, anno XX, dell’1.12.1909, nella rubrica ‘Questioni del giorno’, riferiva
della polemica esplosa in Parlamento sulla non applicazione delle leggi sociali, anche a causa
dell’assenza di vigilanza adeguata, e sull’esclamazione dell’On.le Brunelli che, nel citare Dante
Alighieri, affermò: ‘le leggi son, ma chi pon mano ad esse?’231.
Nel 1890, nella III parte del ‘Trattato di igiene pubblica e privata’232, l’ordinario di fisiologia
e igiene di Erlangen trattò in modo specifico le malattie causate dalle polveri, descrivendo l’effetto
irritativo meccanico a livello bronco-polmonare di quelle minerali insolubili, con produzione di
catarro a livello delle alte vie respiratorie e deposito delle particelle inalabili più piccole a livello del
parenchima polmonare; che produce, come immediata conseguenza, fenomeni di flogosi e di
enfisema, spesso associati ad infezione tubercolare. Secondo l’autore, la funzione respiratoria è
influenzata negativamente da vari e differenti tipologie in grado di determinare quadri istopatologici differenti, quali ad esempio la siderosi, l’antracosi, la silicosi etc.,e di compromettere
seriamente la qualità e la durata della vita. L’autore descrive, inoltre, i vari mezzi di protezione
226
G.Boccardo, NUOVA ENCICLOPEDIA ITALIANA, vol.XXIII, UTET, Torino 1888.
P.Fiore, IL DIGESTO ITALIANO, vol.XXI p.I c.III, “igiene del lavoro”, UTE, Torino 1891.
228
E.Ziegler, TRATTATO DI ANATOMIA PATOLOGICA SPECIALE, II edizione italiana, V.Pasquale Ed., Napoli 1891.
229
L. n.80 del 17/3/1898, Legge sugli infortuni degli operai sul lavoro, G.U.R. 31/3/1898 n.75.
230
RIVISTA DI IGIENE E SANITÀ PUBBLICA, a. IX n.10, 16/5/1898 - a. XVI n.7, 1/4/1905 - a. XIX n.9, 1/5/1908 - a. XIX
n.24, 16/12/1908 - a. XX n.6, 16/3/1909 - a. XX n.23, 1/12/1909 - a. XXI n.18, 16/9/1910 - a. XXI n.20, 16/10/1910.
231
D.Alighieri, LA DIVINA COMMEDIA- PURGATORIO XVI, 97; lo stesso incipit è stato poi riportato dal Tribunale di
Torino, Sez. Lavoro, Giudice Dott. Ciocchetti, nella Sentenza n. 3308/98, successivamente riformata in appello dal
Tribunale di Torino, che ribaltava la decisione, a sua volta annullata dalla Corte di Cassazione con rinvio innanzi la
Corte di Appello di Torino.
232
J. Rosenthal,TRAITE D’HYGIENE PUBLIQUE ET PRIVEE, III parte,cap.II §393-394-396,A.Manceaux Ed., Bruxelles
1890.
227
CAPITOLO III | 79
individuale più comunemente impiegati all’epoca e descrive i sistemi di abbattimento delle polveri
mediante umidificazione e dell’aspirazione localizzata.
Nel 1892, la scuola napoletana ha continuato la sua attività di traduzione e si è cimentata
anche su un celebre testo tedesco (‘Trattato di igiene sociale e delle malattie professionali’)233 di
igiene sociale, nel quale si affrontavano, nello specifico, i problemi legati al pulviscolo atmosferico
e le conseguenti pneumoconiosi nella I parte, e le diverse malattie da inalazione di polveri (‘catarri,
enfisema, pneumonite, cirrosi polmonare e tisi’) nella III parte, curata da Merkel.
Nel 1893 Giovanni Faralli diede alle stampe un testo (‘Igiene della vita pubblica e privata’)234
di igiene pubblica e privata, che al cap. XIII contemplava l’igiene delle professioni, segnalando che
gli ‘operai soccombono talora a malattie dovute all’irritazione meccanica che le polveri silicee o
metalliche esercitano sul polmone...’.
Nel trattato di medicina francese di Charcot, Bouchard, Brissard, ‘Trattato di medicina’, vol.
IV, UTE Ed., Torino 1894, tradotto dal Dott. B. Silva, ci fu una accurata descrizione delle
pneumoconiosi da un punto di vista storico, eziologico, anatomo-patologico, clinico, terapeutico e
profilattico (maschere, aspiratori e cambio-lavoro)235, e venne descritta l’insorgenza del cancro
polmonare negli operai delle miniere di cobalto arsenicale dello Schneeberg.
Nello stesso anno, il VI libro dell’‘Enciclopedia di Igiene e Medicina Pubblica’ diretta dal
dott. Jules Rochard236 fu interamente dedicato all’igiene industriale. Le malattie da polvere vennero
indicate come nosoconiosi (da noσoς malattia e κονία polvere), e vennero suddivise in
dermatoconiosi (patologie a carico della cute e delle mucose), pneumoconiosi (patologie a carico
del polmone, già indicate con tale termine da Zenker237) ed enteroconiosi (patologie a carico delle
mucose digestive). Nell’Enciclopedia si procede, inoltre, ad una classificazione delle polveri in
minerali (pietrose, metalliche e saline, con relativa casistica clinica ed anatomo-patologica), vegetali
(carbonose, cellulose, legnose e filamentose), organiche (di origine animale- peli, piume etc.).
Le polveri minerali determinano, secondo l’autore, una pneumopatia cronica interstiziale, con
sclerosi parenchimale a noduli e successiva formazione di caverne enfisematose di compenso
attorno ad essi. Nel cap. III, art. 3, § 2, pag. 604, è stata descritta la frequente associazione tra
tubercolosi polmonare e pneumoconiosi, evidenziata da L.Hirt già nel 1878. Nel testo confluiscono
le ricerche di Riegel del 1875, dalle quali si evidenzia il notevole incremento di residui minerali, nei
polmoni inceneriti degli esposti deceduti (pag. 298), e s’individua come sintomo primordiale di
malattia coniotica la dispnea, attribuita all’ostacolo prodotto dalla fibrosi interstiziale alla
circolazione polmonare.
In seguito, l’autore ha illustrato le diverse tipologie di apparecchi di aspirazione per le polveri,
dimostrando che attraverso il loro utilizzo, unito ove possibile ad una lavorazione in ambiente
umido, la durata media della vita degli esposti è sovrapponibile a quella della popolazione di
riferimento; infine vennero descritti minuziosamente i mezzi di protezione individuale (respiratori e
maschere), introdotti già con successo nel 1860 dal Dott. Durwell (Alsazia). Nel VI cap. vennero
riportate le statistiche, ad uso assicurativo, di mortalità, morbilità e infortuni riferiti alle diverse
233
F. Renk, G. Wolffhugel, C. Flugge, J. Forster, Fr. Erismann, A.Schuster, TRATTATO DI IGIENE SOCIALE E DELLE
PROFESSIONALI,vol.I, parte 1 - F. Erismann, A.Baer, L.Hirt,L. Degen, A.Schuster, F.Renk,
A.Kunkel,A.Merkel, Vol.I, parte 3, N.Jovene & V. Pasquale Ed., Napoli 1892.
234
G. Faralli, IGIENE DELLA VITA PUBBLICA E PRIVATA, Hoepli Ed., Milano 1893.
235
Charcot, Bouchard, Brissard, TRATTATO DI MEDICINA, vol.IV, UTE Ed., Torino 1894.
236
J. Rochard, ENCYCLOPEDIE D’HYGIENE ET MEDICINE PUBLIQUE, livre VI Hygiène industrielle, A. Layet,§ II,
L.Battaille Ed., Paris, 1894. p 291-326, p 604-610.
237
E. Gurlt,A. Hirsch, BIOGRAPHISCHES LEXIKON DER HERVORRAGENDEN AERZTE, Urban & Schwarzenberg Ed.,Wien
1888, p.364.
MALATTIE
80 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
professioni; nel libro X sono invece contenute le nozioni di igiene pubblica e industriale (II parte, II
sezione, cap. IV, pag.712 e segg.) dell’Enciclopedia, pubblicata nel 1897 e curata da M.H.Monod:in
esso sono elencati alcuni provvedimenti relativi alla tutela dei lavoratori (orario, riposo settimanale,
età minima di assunzione etc.).
Nel 1895, Ulrico Hoepli di Milano, editore-libraio della Real Casa, pubblicò un manuale di
igiene del lavoro (‘Igiene del lavoro’)238, nel quale Sanarelli (‘Chi è? Dizionario degli italiani
d’oggi’)239 e Trambusti descrissero i danni provocati da materiali pulverulenti (pag. 83 e segg.),
l’associazione tra pneumoconiosi e tubercolosi (pag.86 e segg.) ed i rimedi contro le polveri
(aspiratori e maschere, pag.90 e segg.), utili per aumentare le aspettative di vita degli esposti.
Nel 1897, Revelli, igienista del municipio di Torino, pubblicava ‘Igiene industriale’, avente
ad oggetto l’igiene e la polizia sanitaria delle manifatture, fabbriche e depositi, per gli stabilimenti
insalubri, in seguito al Regolamento sanitario del 9 ottobre 1889240, e raccoglieva tutte le
pubblicazioni italiane e straniere in materia di igiene industriale, riferite alle polveri, con indicazioni
operative e di vigilanza, alla luce della Legge n. 5849 del 22.12.1888 per la tutela dell’igiene e della
sanità pubblica, e dei successivi regolamenti sanitari. L’autore elencava una serie di norme cautelari
per prevenire le patologie professionali legate alle esposizioni alle polveri, sottolineando l’inutilità
di una ventilazione generale e l’efficacia dell’aspirazione localizzata, previo ‘inviluppo ermetico di
ciascun congegno’ (pag. 281) e suggerendo l’adozione di
“una sopraveste, stretta ai polsi ed al collo, da lasciarsi, nelle ore di uscita, in un locale apposito,
distinto da quello in cui l’operaio depone l’abito che porta fuori dall’officina. L’abitudine che
hanno molti operai di indossare la sopraveste direttamente sul vestito abituale, è deplorevole,
perché questo diventa facilmente veicolo di polveri tossiche”;
consigliava, inoltre, di mettere a disposizione degli operai una camera da bagno, con obbligo di
servirsene prima dell’uscita, e maschere di protezione contro le polveri, non senza evidenziare come
le maestranze, in quanto non informate del rischio morbigeno, avessero una certa ritrosia ad
indossarle.
Nel 1898, nella XVIII edizione di un noto dizionario francese di medicina (‘Dictionnaire de
médecine’)241 sono riportate le voci ‘sidérose’ e ‘pneumokoniose’: come già anticipato, gli studi e
le pubblicazioni scientifiche che numerose si sono succedute nel corso del XIX° secolo hanno
portato all’approvazione della legge 17 marzo 1898 n. 80, pubblicata nel n.75 della Gazzetta
Ufficiale del Regno in data 31/3/1898, ed il successivo Regolamento generale applicativo per le
imprese e per le industrie, pubblicato nel n.148 della G.U. del Regno, in data 26/6/1899. All’art.7
del citato regolamento, si segnalava che
“gli operai dovranno essere protetti dalle eventuali proiezioni sia dell’organo lavoratore, sia
della materia che stanno lavorando, con quei mezzi che la pratica avrà dimostrato adatti allo
scopo senza dar luogo ad altri inconvenienti”,
introducendo così per la prima volta l’obbligo di adozione di mezzi di protezione individuale.
Nel 1899, fu appovato e pubblicato al n. 140 della G.U. del Regno, il Regolamento per la
prevenzione degli infortuni nelle miniere e nelle cave242 e nello stesso anno, Vincenzo De Giaxa,
238
G.Sanarelli, A. Trambusti, IGIENE DEL LAVORO, U. Hoepli Ed., Milano,1895.
CHI È? DIZIONARIO DEGLI ITALIANI D’OGGI, II ediz.,Formiggini Ed., Roma, 1931.
240
C.A. Revelli, IGIENE INDUSTRIALE, UTE Torino, 1897.
241
E.Littré, DICTIONNAIRE DE MEDECINE, XVIII edizione, Baillière Ed., Paris 1898.
242
E.Magrini, INFORTUNI SUL LAVORO, MEZZI TECNICI PER PREVENIRLI. Hoepli Ed, Milano 1903.
239
CAPITOLO III | 81
professore di igiene alla Regia Università di Napoli243 pubblicò la III edizione del suo ‘Compendio
di Igiene’244, e nella sezione dedicata all’igiene industriale, ha descritto le patologie causate dalle
polveri e gli strumenti per prevenirle: dalle ‘sputacchiere’ negli ambienti di lavoro, con obbligo agli
operai di servirsene per limitare la diffusione della tubercolosi; fino alla sorveglianza sanitaria,
affidata ad ispettori industriali i quali
“fungono quali organi dello stato, curando l’adozione delle norme legislative, tendenti a
salvaguardare la salute pubblica e quella dell’operaio, attuando un rigoroso controllo, poiché le
trasgressioni, più di frequente che dall’ignoranza, hanno origine da motivi di interesse da parte
dei proprietari delle industrie”.
C. Anfosso, nel ‘Dizionario di igiene popolare’245, del 1899, ha definito l’amianto come
“strana pietra che il tempo sfila in stami argentini, candidi, morbidi come una lanuggine ed in
bioccoli come di bambagia! Sono pietre vecchie, a cui cresce la barba, dicono gli alpigiani per
ischerzo ai bambini, e bene dicono senza saperlo”,
e segnalava che nei cataloghi dei musei, come per esempio in quello antico milanese del Settala,
venne indicato come ‘legno di monte’, ‘cuoio di monte’ e ‘lino di pietra’; alla voce ‘aria’, vennero
descritte le modalità di analisi delle polveri minerali che vi sono contenute (limo atmosferico),
spiegando i meccanismi in forza dei quali rimangono sospese, e precisando la loro origine
cosmotellurica e industriale; con il termine di ‘asbestico’ venne poi definito un prodotto ottenuto
con avanzi macinati di amianto canadese, utilizzati come pasta ignifuga; mentre, sotto la voce
‘polveri industriali dannose’, sono state elencate e descritte le più comuni maschere protettive.
243
DIZIONARIO BIOGRAFICO DEGLI ITALIANI, Ist. Enc. Italiana ,Roma 1988, p. 134.
V.De Giaxa,COMPENDIO DI IGIENE, III edizione,Vallardi Ed., Milano 1899.
245
C.Anfosso, DIZIONARIO DI IGIENE POPOLARE, Sonzogno Ed., Milano 1899.
244
Capitolo IV
Emersione del rischio morbigeno per esposizione ad amianto
SOMMARIO: 4.1 Il rischio morbigeno per esposizione ad amianto nella Inghilterra Vittoriana. 4.2 Le norme di igiene
e sanità pubblica nell’Italia all’inizio del XX secolo. 4.3 Gli studi di igiene industriale e di medicina del lavoro all’inizio
del XX secolo. 4.4 L’istituzione della clinica del lavoro di Milano. 4.5 Le Sentenze del Tribunale e della Corte di
Appello di Torino. 4.6 La conoscenza scientifica dei danni alla salute provocati dalle fibre di amianto. 4.7 L’istituzione
dell’Ispettorato dell’Industria e del Lavoro e le nuove norme igieniche con il divieto di esportazione dell’amianto e la
evoluzione normativa nel primo decennio del XX secolo. 4.8 La Medicina del Lavoro nel II decennio del XX secolo.
4.9 Le acquisizioni scientifiche degli anni ’20. 4.10 Il nuovo ‘Regolamento generale per l’igiene del lavoro e
l’Assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali’.
4.1 Il rischio morbigeno per esposizione ad amianto nella Inghilterra Vittoriana.
Adelaide Anderson e Lucy Deane, dell’Ispettorato inglese e gallese, già nel 1898 avevano
incluso la tessitura dell’amianto tra le lavorazioni più polverose e pericolose ‘per la salute dei
lavoratori che esso pone e per i casi osservati di alterazioni dell’albero bronchiale e dei polmoni
attribuiti, con criteri medici, all’occupazione dell’interessato’ e aggiunge: ‘I terribili effetti della
polvere di amianto erano apparsi tali da indurre anche l’ispettore medico a svolgere un esame
microscopico della polvere minerale. Si è disvelata con chiarezza una forma simil vetrosa e
irregolare delle particelle, tali da frammentarsi e rimanere sospese nell’aria dell’ambiente di lavoro
in qualsiasi quantità con conseguenze dannose, così come si sarebbe potuto sospettare’, con
conseguente insorgenza di insidiose patologie delle vie respiratorie, e conseguenti numerosi decessi.
Il Dott. Murray, medico del Charing Cross Hospital di Londra, già nel 1899 aveva visitato un
cardatore di 33 anni che aveva lavorato per circa 14 anni in esposizione all’amianto e che l’anno
dopo era già deceduto per asbestosi, e nel 1906, aveva chiesto all’assicuratore pubblico il
riconoscimento e la liquidazione dell’indennizzo.
Nel 1907 egli pubblicò ‘Report of the Department of Commitee on Compensation for
Industrial Disease’246.
La domanda non venne accolta, nonostante egli avesse segnalato altri 10 casi di operai della
stessa ditta che erano deceduti per la stessa patologia polmonare e di cui aveva ritenuto sussistere il
nesso di causalità, con la giustificazione del rinvenimento di lesioni tubercolari, in uno alle
alterazioni fibrosclerotiche del polmone, all’esame autoptico.
La Commissione governativa, incaricata del riconoscimento delle malattie professionali
interrogò a lungo il dott. Murray, e gli atti furono pubblicati da Greenberg247 nel 1982 su una rivista
scientifica americana, e successivamente in Italia da Carnevale e Chellini248, con un breve profilo
del medico inglese e con alcune notizie sull’impiego dell’amianto in quell’epoca e sulle
segnalazioni della sua pericolosità da parte del locale Ispettorato del lavoro.
Come si evince dai verbali, il Dott. Murray dichiarò alla commissione d’inchiesta:
246
H.Montague Murray, REPORT OF THE DEPARTMENT OF COMMITEE ON COMPENSATION FOR INDUSTRIAL DISEASE,
London, H.M. Stationery Office 1907, pag. 58.
247
M.Greenberg, THE MONTAGUE MURRAY CASE, Am.J.Ind.Med., 3:351-356, 1982.
248
F.Carnevale, E.Chellini, AMIANTO- MIRACOLI, VIRTÙ, VIZI, Editoriale Tosca, Firenze 1992.
84 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
“ho esperienza di un caso, che ho tenuto sotto osservazione per 14 mesi… si sente dire che oggi
viene assunto in qualche impegno per ridurre l’inalazione della polvere, proprio perché la
malattia non si manifesti così facilmente come prima”.
e gli furono poste delle domande, alle quali rispose in modo molto chiaro:
“pensa che quel tipo di malattia possa manifestarsi ancora? R. se c’è polvere, certamente;
(ancora D. - Presidente della Commissione) nutre qualche dubbio sul fatto che la polvere di
amianto possa causare fibrosi? R.: penso che non vi siano dubbi che l’abbia causata in questo
specifico caso… R.: il paziente era un uomo di 33 anni. Aveva lavorato per circa 14 anni, nei
primi 10 nel reparto cosiddetto di cardatura che descriveva come quello più a rischio per
l’inalazione delle polveri. Sempre quel paziente mi ha confidato che delle 10 persone che
lavoravano in quel reparto quando fu assunto, egli rimaneva l’unico in vita… dopo essere stato
in cardatura per 10 anni, fu messo a lavorare in altro reparto, dove c’era molta meno polvere.
Nel corso dell’ultima parte di quei 10 anni ha presentato due crisi diagnosticate come
bronchite… Nel 1899, dopo aver lavorato per 13-14 anni, è giunto alla mia osservazione e ho
constatato la presenza di una marcata fibrosi polmonare… D. Qual è stata l’evoluzione di tale
episodio? R.: migliorò. Stette male per un mese prima di presentarsi in ospedale, vi rimase due
mesi e poi ritornò a lavoro. Questo succedeva nella primavera del 1899. Lavorò per alcuni mesi,
si ammalò nuovamente ed ebbe un nuovo ricovero nell’aprile del 1900, nel corso del quale è
deceduto… D. Erano presenti dei segni di tubercolosi? R.: no, erano presenti dei linfonodi
ingrossati… D. Vuole descrivere che cosa ha trovato nel corso dell’esame dei polmoni? R.:
erano estremamente duri e fibrosi, specie a livello dei lobi inferiori. D. Di che colore erano?…
si notavano delle aderenze pleuriche? R.: sì. D. Può dire alla Commissione che cos’è
l’amianto?… Queste punte acuminate sono le punte dell’amianto? R.: sì… D. L’amianto può
essere trovato nell’escreato? R.: sì, noi abbiamo esaminato l’escreato trovandovi polveri che
però non possono essere distinte da polveri diverse dall’amianto… D. Il caso da lei descritto può
essere richiamato per rappresentare la generalità dei casi di malattia di amianto? R.: sì. D.
Nell’escreato è stata ricercata la presenza di bacilli di tubercolosi? R: certo, ma non sono stati
ritrovati. D. L’esame post mortem dei polmoni poteva far sospettare la presenza di lesioni
cavitarie tubercolari? R. No… D. Parlando più in generale, corrisponde al vero il fatto che la tisi
fibroide come quella di cui si sta trattando è stata osservata molto di rado negli ospedali
londinesi? R. corrisponde al vero”.
La fibrosi polmonare riscontrata nel paziente, come si evince chiaramente dagli atti, fu
causata esclusivamente dall’inalazione delle fibre di amianto e le stesse aderenze pleuriche
evidenziate all’autopsia ne erano la conseguenza, ma il riconoscimento della tecnopatia venne
negato, sul presupposto che il decesso fosse stato causato da tisi fibroide.
In Francia, l’ispettore del lavoro Auribault 249:
“nel 1890 una fabbrica di filatura e tessitura di amianto si insediò nelle vicinanze di Condé-surNoireau (Calvados). Durante i primi cinque anni di produzione nessun tipo di ventilazione
artificiale assicurava l’allontanamento diretto delle polveri silicee prodotte nelle diverse fasi
lavorative; questa inosservanza totale delle regole dell’igiene produrrà numerosi decessi tra il
personale: una cinquantina di operai e operaie moriranno nell’intervallo precitato; il Direttore,
in precedenza proprietario di una filatura di cotone a Gonneville (Manche), aveva reclutato 17
operai tra i suoi precedenti dipendenti; 16 di loro erano morti a causa della “chalicose” tra il
1890 e il 1895”.
249
Auribault M, NOTE SUR L’HYGIENE ET LA SECURITE
Bulletin de Inspectorat du Travail, 1906; 14: 120-132.
DES OUVRIERS DANS LA FILATURES ET TISSAGES D’ AMIANTE,
CAPITOLO IV | 85
4.2 Le norme di igiene e sanità pubblica nell’Italia all’inizio del XX secolo.
In Italia, già con R.D. n.45 del 3 febbraio 1901, venne approvato il regolamento per
l’esecuzione della legge sulla tutela dell’igiene e della sanità pubblica, e nel R.D. 442 del 1909, le
lavorazioni dell’amianto era considerate insalubri, con divieto di potervi adibire le donne e i minori,
e nel D.M. del 17.07.1912, anche tutte le lavorazioni dei minerali erano considerate di seconda
classe, con obbligo di speciali cautele per l’incolumità del vicinato.
Con Legge 246 del 1902 venne istituito in Italia il Ministero di agricoltura, industria e
commercio l’Ufficio del Lavoro250, e con R.D. n. 48 del 29.11.1903 ne fu approvato il regolamento
esecutivo251: l’Ufficio del Lavoro doveva raccogliere le notizie dei lavoratori del Regno e degli
emigrati, con l’istituzione del Consiglio Superiore del Lavoro, composto da 44 membri, tra i quali 1
ministro, 3 senatori, 3 deputati, 4 rappresentanti di camere di commercio, 4 rappresentanti di comizi
agrari, 3 membri della federazione italiana delle società di mutuo soccorso, e 3 della lega nazionale
delle cooperative, 2 delle banche popolari, oltre ai direttori generali dell’agricoltura, della statistica,
della marina mercantile, dell’industria, della divisione credito e previdenza, dell’ufficio del lavoro e
dell’emigrazione, oltre a 14 membri nominati con regio decreto. Il regolamento esecutivo era
costituito da 28 articoli che definivano gli aspetti amministrativi sul suo funzionamento, e se ne fece
menzione negli stessi testi divulgativi dell’epoca, tra i quali l’‘Enciclopedia Elementare’252 di Mario
Lessona.
Con R.D. n.51 del 31/1/1904, Vittorio Emanuele III emanò il ‘Testo Unico di Legge per gli
infortuni degli operai sul lavoro’253, cui fece seguito il Regolamento d’igiene della città di Torino,
del 1905254, che al cap. XVI, disponeva il decentramento delle industrie insalubri, in applicazione
della norma di cui all’art. 38 della Legge sanitaria 22/12/1888 n.5849, cui seguiva l’innovativo
Regolamento, nel 1907255, nel quale 11 capitoli con 104 articoli più un’appendice, conteneva le
disposizioni legislative per la vigilanza sulle industrie insalubri o pericolose, ed un elenco delle ditte
che potessero considerarsi tali, e si prescriveva già al capitolo I, art. 2, di aspirare localmente le
polveri e i fumi e al cap. IV, artt. 31-42, dedicati alle cautele contro lo sviluppo e lo spandimento
del pulviscolo, furono presi in esame i vari accorgimenti tecnici che gli industriali avrebbero potuto
adottare, salvo ulteriori migliorie richieste dagli ispettori comunali, e altri regolamenti locali dello
stesso tenore.
4.3 Gli studi di igiene industriale e di medicina del lavoro all’inizio del XX secolo.
All’inizio del ‘900 in Italia fiorivano gli studi in materia di igiene industriale e medicina del
lavoro, e iniziò le pubblicazioni la rivista ‘Ingegnere Igienista’, diretta dal prof. Luigi Pagliani,
docente di Igiene della Regia Facoltà di Medicina e dall’ingegnere civile Carlo Losio, con esame
interdisciplinare dei problemi legati alla sicurezza, applicati ai vari rami dell’ingegneria, secondo
quanto disponeva all’art. 6 il R.Decreto 19 maggio 1898 (Ministero della Pubblica Istruzione), cui
seguì un corso di igiene del quale il medesimo era docente, e le cui lezioni vennero fissate la
domenica dalle 10.00 alle 12.00, affinchè vi potessero partecipare, oltre agli studenti, anche gli
stessi architetti ed ingegneri attivi nella professione256.
250
L.n.246 del 29/6/1902, G.U.R. 7/7/1902 n.157.
R.D.n.48 del 29/1/1903, G.U.R. 27/2/1903 n.48.
252
M.Lessona, DIZIONARIO DI COGNIZIONI UTILI, UTET, Torino 1911.
253
R.D. n.51 del 31/1/1904, Testo unico di legge per gli infortuni degli operai sul lavoro, G.U.R. 27/2/1904 n.43.
254
Città di Torino, REGOLAMENTO D’IGIENE, Vassallo Ed., Torino 1905.
255
Comune di Torino, REGOLAMENTO INDUSTRIE INSALUBRI, 1 dicembre 1907.
256
Ingegnere Igienista, anno III 1902,p 12.
251
86 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
Quel periodo fu fecondo, poiché oltre alla pubblicazione della rivista interdisciplinare, si è
potuto veicolare il sapere scientifico, utile per prevenire le principali tecnopatie, attraverso la
prevenzione primaria, e con l’utilizzo degli strumenti tecnici, della riduzione e contenimento,
l’introduzione delle lavorazioni a umido e l’aspirazione localizzata e il confinamento delle attività
polverose, e l’utilizzo degli strumenti individuali di protezione, quali le maschere.
Nel 1902, il Lucchini, ne ‘Il Digesto Italiano’257 faceva ancora riferimento alle industrie
insalubri e pericolose e il Dott. Giglioli, dell’Istituto di Clinica Medica di Firenze, pubblicò ‘Le
malattie del lavoro’ nella sua seconda edizione258, nel quale ha descritto l’azione meccanica e
chimica delle polveri sull’apparato respiratorio, e l’associazione tra pneumoconiosi e tubercolosi, e
prescritto le misure profilattiche, prime tra tutte di evitarne l’inalazione attraverso l’utilizzo di
sistemi individuali di protezione.
Nel 1903 venne pubblicato dalla Hoepli259 il manuale di I.Ghersi, ‘Imitazioni e succedanei nei
grandi e piccoli prodotti industriali’, che conteneva una elencazione dei numerosi impieghi
dell’amianto, dalla realizzazione dei materassi, che apparivano più igienici di quelli di lana, fino
alla descrizione delle lavorazioni nelle fabbriche italiane, inglesi, tedesche e statunitensi; nello
stesso anno il dott. Bertarelli, assistente presso l’Istituto d’Igiene della R.Università di Torino
pubblica nella ‘Rivista di igiene e sanità pubblica’260 l’indagine relativa alle condizioni igieniche
dei fonditori di caratteri nella ditta Nebiolo di Torino, e i rischi di saturnismo, con le relative
ordinanze e norme di buona tecnica, in uso all’epoca sia per le polveri tossiche, quali appunto il
piombo, sia per quelle sclerogene, per prevenire l’insorgenza di malattie professionali.
Nel 1903 Effren Magrini261, ingegnere assistente tecnico del Regio Museo Industriale dal
1903 al 1926, pubblicò in ‘Annuario della Regia Università di Torino’ un testo sulla sicurezza e
l’igiene nell’industria (‘La sicurezza e l’igiene dell’operaio nell’industria’)262, nel quale evidenziò
come le polveri industriali determinassero l’insorgenza di numerose fibrosi tra gli operai esposti sui
quali i sintomi clinici comparivano solo in fase avanzata, tanto da elencare tutta una serie di norme
di buona tecnica volte a diminuirne la concentrazione nell’aria, tra le quali l’aspirazione, il divieto
di immetterle all’esterno (con descrizione i collettori di polvere di Jouanny e Springer), fino alla
descrizione dei mezzi di protezione individuale, rispetto ai quali suggeriva l’esigenza di migliorare
le maschere respiratorie per poter proteggere le maestranze dalle polveri.
Nel 1905 su un testo (‘Il secolo XIX’)263 che analizza le vicende politiche e culturali
dell’epoca, H.Kraemer, riepilogava tutte le norme nazionali e internazionali in materia di protezione
dei lavoratori, e il Dott. Giovanale Salsotto, sul I volume del Dizionario di Cognizioni Utili diretto
da Mario Lessona264, ha definito il ‘cancro’ secondo criteri di tipo istologico, e ha classificato i
tumori di origine epiteliale, che ha distinto in epiteliomi o carcinomi; e di questi ultimi la particolare
aggressività (e successivamente, nel V volume, pubblicato nel 1917, lo stesso autore ha redatto la
voce ‘tumori’, classificandoli sulla base del tessuto da cui derivano).
Nel 1906, il dott. Pieraccini, libero docente di Patologia Speciale Medica del R.Istituto di
Studi superiori di Firenze, medico primario e capo del servizio delle malattie del lavoro del
R.Arcispedale di S.Maria Nuova in Firenze, ha pubblicato ‘Patologia del lavoro e terapia
257
L.Lucchini, IL DIGESTO ITALIANO, vol.XIII, p.I, UTE, Torino 1902.
G.Y.Giglioli, LE MALATTIE DEL LAVORO, seconda edizione,Dante Alighieri Ed.,Roma 1902.
259
I.Ghersi, IMITAZIONI E SUCCEDANEI NEI GRANDI E PICCOLI PRODOTTI INDUSTRIALI, U.Hoepli Ed., Milano 1923.
260
RIVISTA D’IGIENE E SANITÀ PUBBLICA, diretta da L.Pagliani e A.Sclavo, anno XIV n.23, Torino 1903.
261
ANNUARIO DELLA R.UNIVERSITÀ DI TORINO 1903-1904, Stamperia Reale, Torino 1904.
262
E.Magrini, LA SICUREZZA E L’IGIENE DELL’OPERAIO NELL’INDUSTRIA, Nazionale Ed., Torino 1903.
263
H.Kraemer, IL SECOLO XIX, SEL Ed., Milano 1905.
264
M.Lessona, DIZIONARIO DI COGNIZIONI UTILI, vol.I, UTET, 1905 - Id., vol.V, 1917.
258
CAPITOLO IV | 87
sociale’265, nella cui prefazione mise in risalto l’importanza sociale e politica dell’igiene del lavoro
per la salute della collettività e sulla necessità di indennizzare anche le malattie professionali oltre
agli infortuni sul lavoro come già avveniva all’estero e nel capitolo XXX descrisse l’incidenza della
tubercolosi polmonare nell’ambito delle diverse professioni.
Sempre nel 1906, a Milano nel corso del Primo Congresso Internazionale per le malattie del
lavoro, venne nominata la Commissione Internazionale Permanente per la medicina del lavoro, al
quale, via via, hanno aderito numerosi paesi e che propose lo studio delle malattie professionali,
pubblicando successivamente un bollettino ‘Origine et développement de la Commission
Internationale permanente pour la medicine du travail - Atti del I Congresso Internazionale per le
malattie del lavoro’, utile ai Paesi membri per promuovere adeguamenti legislativi finalizzati al
miglioramento degli ambienti e delle condizioni di lavoro266, e durante il quale emerse in modo
incontrovertibile il rischio morbigeno legato all’esposizione a polveri e fibre di amianto.
Il Prof. L. Scarpa267 constatò che tra i 27.000 ammalati di tubercolosi polmonare, curati nel
Policlinico Generale di Torino, tra il 1892 e il 1906, soltanto 30 erano stati esposti a polveri e fibre
di amianto, per un impiego ancora esiguo nelle lavorazioni, e tra questi, 21 donne e 9 uomini,
persero la vita entro un anno dalla diagnosi, tranne uno, e la progressione della malattia portò a far
concludere che ci fosse una relazione con l’esposizione alle fibre di amianto, pur confermando che
qualsiasi esposizione alle polveri dovesse essere evitata.
Il clinico partecipò al XVIII Congresso di Medicina Interna, che si tenne a Roma nel 1908, e
tenne una relazione nella quale giunse alle seguenti conclusioni:
“nella mia sezione del Policlinico generale di Torino, su un totale di oltre 27.000 ammalati,
curati e istoriati dal 1892, oggi non ho trovato registrati – e ciò nel lasso di tempo di 12 anni,
cioè dal 1894 al 1906 – che 30 soli operai addetti a tale industria [dell’amianto] quali lavoratori
sia nelle miniere sia nella fabbricazione dei tessuti di tale minerale, e più precisamente, donne
21 e uomini 9»; e aggiunge che di questi operai, 29 «si mostrarono affetti da processi più o
meno gravi ed estesi di tubercolosi polmonare (...) con andamento rapido anzi galoppante (...)
non si riuscì in essi nemmeno a ottenere il minimo miglioramento (...) e in meno di un anno,
dalla prima visita, si ebbe per tutti esito letale. Evidentemente, non bastano 30 casi per
formulare una qualsiasi proposizione assoluta, ma sembrami tuttavia che sia difficile pensare a
una semplice coincidenza casuale, a proposito di 29 individui, fra il mestiere da essi esercitato e
la malattia che li ha colpiti e che resti quindi giustificato – per lo meno come grido di allarme il sospetto che l’industria dell’amianto costituisca, forse a motivo dello speciale pulviscolo a cui
dà luogo, una delle occupazioni più perniciose quanto a predisposizione verso la tubercolosi
polmonare, sì che si impongano speciali misure d’igiene e speciali misure di lavoro per gli
operai che vi si adibiscono ....La classe lavoratrice ha bisogno e possibilità di essere tutelata
contro le insidie di quello stesso lavoro a cui chiede il sostentamento, che paga non di rado a
prezzo della propria salute e della propria esistenza”.
Questi studi costituivano le basi per istituire la Clinica del Lavoro di Milano e i presupposti
delle due pronunce giurisprudenziali di Torino, in quanto hanno fatto acquisire la consapevolezza e
l’unanimità scientifica sul fatto che le polveri, e quelle di amianto in particolare, fossero lesive per
la salute umana.
265
G.Pieraccini, PATOLOGIA DEL LAVORO E TERAPIA SOCIALE, S.E.L. , Milano 1906.
L. Carozzi, ORIGINE ET DÉVELOPPEMENT DE LA COMMISSION INTERNATIONALE PERMANENTE POUR LA MEDICINE DU
TRAVAIL - ATTI DEL I CONGRESSO INTERNAZIONALE PER LE MALATTIE DEL LAVORO, Milano giugno 1906.
267
L.Scarpa, LAVORI DEI CONGRESSI DI MEDICINA INTERNA- INDUSTRIA DELL’AMIANTO E TUBERCOLOSI (XVIII
Congresso tenuto in Roma nell’ottobre 1908), Roma marzo 1909.
266
88 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
4.4 L’istituzione della clinica del lavoro di Milano.
Nei primi anni del ‘900, i problemi sociali ebbero un gran peso nella vita pubblica italiana,
specialmente in Lombardia, regione che ha visto la nascita del socialismo italiano, e nella quale, in
un clima desideroso di riforme sociali, il giovane professore dell’Università di Pavia, Luigi
Devoto268, incominciò, con scritti e conferenze, a mostrare quanto la Medicina avrebbe potuto fare
per organizzare il lavoro su basi così fisiologiche da abolire, insieme alla fatica ed ai pericoli, la
maggior parte dei contrasti tra capitale e lavoro (Conferenza di Brescia, 1901). Il Consiglio
Comunale di Milano, nella seduta del 20/11/1902, forte anche della donazione ricevuta dall’Ing.
Siro Valerio, in data 02.03.1893, al fine di costituire una sede della Facoltà di Medicina anche a
Milano, approvò a larga maggioranza (57 voti favorevoli e 7 contrari, su 64 votanti) la proposta
della coalizione democratica facente capo al sindaco Giuseppe Mussi, circa il progetto di
fondazione di un Istituto Superiore di perfezionamento per giovani medici, con varie strutture, tra le
quali anche una ‘Clinica del Lavoro’269, avente quale scopo precipuo, già indicato dal Devoto, di
studiare scientificamente le cause delle malattie professionali, diffondendone la conoscenza clinica
tra i medici, oltre la diagnosi e la cura delle sospette malattie professionali e il controllo periodico
della salute degli operai addetti alle industrie in genere e a quelle insalubri in particolare, nonostante
la spaccatura che si venne a creare all’interno dello stesso Partito Socialista, tra coloro che
sostennero Devoto (ambiente socialista femminile o ad esso più vicino, grazie agli studi svolti a
Pavia sul lavoro delle mondine) e quelli che si identificavano nella figura di Paolo Pini (18751945), socialista noto come ‘medico dei poveri’, che riteneva più appropriato creare un Ispettorato
Medico del Lavoro, con invio diretto dei sanitari sui siti, al fine di poter svolgere i controlli
necessari e le attività di prevenzione ed evitare l’insorgenza delle tecnopatie, tra i quali il dott.
Edoardo Bonardi, politico socialista e medico sociale, primo docente di Medicina sociale presso gli
istituti clinici di perfezionamento; il dott. Angelo Filippetti, medico e politico socialista, sindaco di
Milano dal ’20 al ’22270; il dott. Annibale Bertazzoli, ostetrico-ginecologo, che fu politico di
tendenze radicali e assessore dal ’22 al ’26, i quali votarono contro l’istituzione della Clinica, che
venne finalmente costruita a Milano, tra il 1907 e il 1910, e divenne la prima Clinica del Lavoro al
mondo.
4.5 Le Sentenze del Tribunale e della Corte di Appello di Torino.
Nella primavera del 1906, le società ‘Bender e Martiny e The British Asbestos Company
Limited’ (già Perotti e Brauns), site in Nole programmarono una ristrutturazione aziendale che
contemplava di attribuire tre macchine ogni due operai, invece che una per ciascuno e un aumento
dell’orario di lavoro da 9 ore a 10 ore e mezzo, con il licenziamento di molte delle maestranze.
Ci fu dunque una protesta, e degli scioperi, e il giornale ‘Il Progresso del Canavese e delle
Valli Stura’271, diretto dall’avv. Carlo Pich, gerente il Sig. Arturo Mariani, ed edito a Ciriè, prese le
parti dei lavoratori e pubblicò diversi articoli con i quali sosteneva le loro ragioni, facendo
riferimento alla pericolosità delle polveri di amianto per la salute, e alla riduzione delle loro
aspettative di vita, e influì così sulla trattativa, che si risolse positivamente con aumenti salariali,
senza alcun licenziamento.
268
DIZIONARIO BIOGRAFICO DEGLI ITALIANI, Ist.Enc.Italiana , Roma 1991.
B.Zanobio, FONDAZIONE, NASCITA, PRIMI PASSI DELLA CLINICA DEL LAVORO DI MILANO. SUOI CONTESTI STORICO E
SOCIALE, Med.Lav. 1992; 83,1:18-32.
270
E fu rimosso dai fascisti da Palazzo Marino.
271
IL PROGRESSO DEL CANAVESE E DELLE VALLI STURA, N.22 anno VI,/6/1906 - n. 23 anno VI,8/6/1906 - n.24 anno VI
15/6/1906 - n.33 anno VI 17/8/1906 - n.41 anno VI 12/10/1906 - n.44 anno VI 2/11/1906 - n.23 anno VII 7/6/1907 n.24 anno VII 14/6/1907.
269
CAPITOLO IV | 89
La società ‘The British Asbestos Company Limited’, già Perotti & Branny, chiese a ‘Il
progresso del Canavese e delle Valli di Stura’ di rettificare le notizie circa la pericolosità delle fibre
di amianto e la lettera venne pubblicata al n. 23 dell’8 giugno del 1906 con una nota della redazione
con la quale si esprimeva vivo compiacimento per il ‘trionfo delle giustissime domande operaie...’,
e ciò272
“anche a costo di suscitare gli sdegni della Compagnia abbiamo sempre affermato che le
domande operaie erano giuste dato il genere di industria che annualmente fa un numero
incredibile di vittime”.
La ‘British Asbestos Company Limited’ reagì ingiungendo di rettificare, richiamando le
norme di cui all’art. 43 del Reggio Editto sulla stampa, e che venne riportata sul successivo n. 24
del 15 giugno con il titolo ‘A proposito di sciopero a Nole’, e in essa si poteva leggere tra l’altro:
“Soprattutto la prego di smentire l’avventata affermazione che la nostra industria faccia
annualmente un numero incredibile di vittime! Io sfido Lei e chiunque altro a provare che ciò
risponde al vero; e sarei lieto che Ella avesse il coraggio di persistere in quella sua
affermazione, per avere campo di fare risultare giudizialmente la falsità assoluta”273.
Ne fece seguito una nota redazionale: “non comprendiamo neppure ciò che egli [il sig. Brauns]
voglia rettificare. I nostri commenti? Non abbiamo che da confermare parola per parola, ciò che
abbiamo scritto non avendo mancato né alla legge, né all’eduzione: non comprendiamo davvero
lo sdegno del sig. Brauns. Il nostro torto principale sembra quello di aver scritto che l’industria
dell’amianto è più nociva delle altre e fa annualmente un considerevole numero di vittime.
Ebbene chiunque consulta le statistiche mortuarie di Nole troverà spesso queste parole: tifi,
anemia, gastro-enterite. Se poi si va a cercare la professione si troverà con una triste frequenza:
operai ed operaie dell’amianto. Questo ben inteso non avviene solo nello stabilimento della
British, ma non ci sembra di offendere nessuno quando, come liberi pubblicisti, scriviamo che
gli operai dell’amianto sono degli di un qualche riguardo rispetto al salario più degli operai delle
altre industrie”274.
La società londinese citò in giudizio l’Avv. Pich e il Sig. Mariani davanti al Tribunale Penale
e Civile di Torino per chiederne la condanna al risarcimento dei presunti danni, sostenendo che non
corrispondesse al vero275
“che l’industria dell’amianto fa annualmente un numero incredibile di vittime e che dalle tavole
necrologiche di quel Comune appare che con triste frequenza operai ed operaie dell’amianto
muoiono per tisi, anemia, o gastro-enterite”.
I convenuti si sono costituiti in giudizio ed hanno contestato le deduzioni e richieste
dell’attrice, perché dal certificato del sindaco di Nole risultava che ‘fra gli operai dell’amianto
residenti in Note vi furono […] nel quinquennio 1902-1906 dieci morti (7 per tubercolosi
polmonare, 1 di bronchite, 1 per tifo, 1 per infortunio sul lavoro), che fra gli operai (molto più
numerosi) dell’industria del cotone i morti furono pure in numero di dieci e fra quelli dell’industria
dei manici di frusta (più numerosi ancora …) quattordici’; e, dalla dichiarazione del Sindaco di
Villanova Canavese, ‘…come nocivo per gli operai il lavorare nell’amianto’; e dai certificati medici
‘si evince che gli operai lavoranti a Nole nelle fabbriche per la lavorazione dell’amianto vanno
soggetti a bronco-polmoniti dovete alle aspirazioni della polvere di quel minerale’ e che ‘la
272
IL PROGRESSO DEL CANAVESE E DELLE VALLI DI STURA, anno VI, Ciriè, 08.06.1906, n. 23, pag. 2.
IL PROGRESSO DEL CANAVESE E DELLE VALLI DI STURA, anno VI, Ciriè, 15.06.1906, n. 24, pag. 2.
274
IL PROGRESSO DEL CANAVESE E DELLE VALLI DI STURA, anno VI, Ciriè, 15.06.1906, n. 24.
275
Tribunale di Torino, Sentenza n. 1209 del 31.10.1906, pag. 5 della trascrizione dattiloscritta.
273
90 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
bronchite […] offre terreno favorevole allo sviluppo del bacillo della tubercolosi’, poichè ‘è cosa da
tempo risaputa che gli operai dove si lavora l’amianto si ammalano più facilmente, in confronto
degli operai che frequentano altri stabilimenti […] di malattie croniche delle vie respiratorie e in
conseguenza di enfisema, di tubercolosi polmonare’; e dall’attestazione di 4 consiglieri comunali di
Nole Canavese che ‘l’opinione pubblica di quel comune considera l’industria dell’amianto come
nociva e pericolosa a causa della polvere […] pelli operai e operaie che vi lavorano, tanto che essi
sanno che molti operai e operaie di Nole dopo di avere lavorato per alcun tempo nell’amianto
passano a lavorare in altri stabilimenti diversi, anche con eventuale diminuzione di salario’.
Il Tribunale di Torino, seconda Sezione Civile, con Sentenza 22.10.1906 (nel definire il
giudizio iscritto al ruolo n.1197-1906, n. cron. 8688, n. rep. 9914 -Archivio di Stato di Torino, sez.
riunite -)276 ha rigettato la domanda risarcitoria ed ha assolto l’Avv. Carlo Pich e il gerente Arturo
Mariani poiché:
“l’attrice […] muove all’avvocato Pich e al suo
giornale” l’accusa di “aver affermato contro verità
che l’industria dell’amianto è per la salute degli
operai pericolosa più delle altre che hanno opifici
di Nole Canvaese; che la stessa fa annualmente un
numero incredibile di vittime; che nelle tavole
necrologiche di quel Comune appare con triste
frequenza segnato il decesso di operai ed operaie
dell’amianto per tisi, per bronchiti e per gastroenterite […].
Il male è, per l’attrice, che […] nella specie… non
vi è nella pubblicazione del Progresso la
narrazione di fatti non veri o maliziosamente
alterati; e perché si dimentica dall’attrice, che se il
fatto è lecito non può il giornalista essere ricerco
di danni […].
Purtroppo disse il vero il Progresso del Canavese
circa alla mortalità degli operai […]; ed è pur vero
nella sostanza […] quanto scrisse in riguardo alla
pericolosità della lavorazione dell’amianto;
conseguentemente fu giusta ed onesta […]
l’osservazione che quelli operai sono degli di
qualche riguardo più degli operai delle altre industrie; intendendo di quelle di Nole.
E con ciò non esorbitò lo scrittore dal suo diritto e non venne meno all’ufficio suo difendendo la
causa degli operai e denunciando come nocivo quel genere di lavoro […].
Mantenuto nell’ambito di una tale obbiettività lo scritto, non si sa vedere come si possa, senza
incorrere nella taccia di audace, sostenersi dalla The British Company che le venne fatta ingiuria
e che ha ragione ad un indennizzo pecuniario.
Forsechè discutere della nocività o meno per l’operaio della lavorazione dell’amianto, o di altra
materia, esorbita dal diritto di libera critica che la nostra legge statutaria riconosce alla pubblica
stampa? Mai no […].
Non vi fu ingiuria […] perchè quando accennava alla pericolosità della lavorazione dell'amianto
e alla grave mortalità che colpisce e colpiva in Nole gli operai che vi sono addetti in confronto
276
Tribunale di Torino, sez.II, sentenza civile. 1906 ottobre 22, ruolo n.1197=1906, n.cron. 8688, n. rep. 9914 (Archivio
di Stato di Torino, sez. riunite).
CAPITOLO IV | 91
di quella che si verifica, fatte le debite proporzioni, negli operai addetti ad altri generi di
industrie, diceva disgraziatamente il vero [...].
Le produzioni fatte in causa e che vennero nella prima parte della presente sentenza riassunte, lo
provano abbondantemente e d'altra parte è particolare, questo della pericolosità delle lavorazioni
in ambienti torbidi per polveri sospese nell'aria che vi si respira, di cognizione comune a tutte le
persone anche soltanto mediocremente colte.
Il Tribunale non può entrare in un campo scientifico che non è il suo, ma può ben dire ciò che è,
e deve essere scienza di tutti.
Può dire cioè che la cognizione dell’ esistenza di malattie professionali è cognizione antica; e
che a cominciare dal 1700, quando il Ramazzini professore a Modena scriveva il su De Morbis
artificum diatriba, per venire al Sanarelli, al Revelli, all'Albrecht al Giglioli che scrissero in
questi ultimi anni sulle malattie del lavoro, a giungere fino all'anno corrente in cui di esse si
discusse a Milano nel Congresso Internazionale per le malattie del lavoro, tutti coloro che come
medici o come sociologi dell'igiene dei lavoratori si occuparono, riconobbero che ogni lavoro
ogni professione porta con sè morbi speciali, o quanto meno modifica l'organismo
profondamente [...].
Riconobbero i più altresì che fra le industrie pericolose o quanto meno fra quelle che agiscono
direttamente o indirettamente sulla mortalità o sulla mobilità umana vi sono quelle che
indicarono col nome di polverose, e tra queste in prima linea le industrie nel cui lavorio si
sollevano polveri minerali, siano esse ad azione meccanica siano ad azione chimica.
Scrissero ancora che fra le polveri ad azione meccanica sono più pericolose quelle provenienti
da sostanze silicee, in quantoché per la costituzione delle particelle che le compongono vengono
a ledere le vie degli apparati respiratori, quando non giungono fino al polmone, predisponendole
allo sviluppo della tubercolosi, facilitandone la diffusione, aumentandone la gravità.
Tutto questo sapendo, lo scrittore del Progresso del Canavese poteva bene, senza colpa
d'imprudenza o di leggerezza, scrivere che l'industria dell'amianto è pericolosa; dell'amianto che
nessuno vorrà negare sia un minerale composto fra l'altro di silice in proporzione superiore al
50% (secondo Bergman 63,9%) [...].
Anche qui bisogna riconoscere che [...] lo scrittore ha detto il vero, sette morti per tisi e uno per
bronco-polmonite sui soli operai dell'amianto, contro 17 degli operai di tutte le altre industrie,
che formano quasi il quintuplo dei primi, è pur un qualche cosa che il giornalista poteva dire
impressionante [...].
E l'avvocato Pich fu esatto anche quando scrisse che la mortalità in genere è maggiore fra li
operai dell'amianto che fra quelli delle altre industrie; i certificati prodotti lo provano in modo
veramente irrefutabile”.
La ‘The British Asbestos Company Limited’ ha impugnato la sentenza del Tribunale innanzi
la Corte di Appello di Torino, la quale definì il giudizio cron. n. 578, rep. n. 325, confermando la
decisione del Tribunale di Torino, con la Sentenza, della I sezione civile del 4 giugno del 1907, n.
334, registro n. 116/1907 (Archivio di Stato di Torino, sez. riunite277) e le domande risarcitorie
vennero definitivamente rigettate.
La motivazione della Sentenza confermava i danni che le fibre di amianto erano capaci di
arrecare alla salute umana, secondo le acquisizioni scientifiche già risalenti agli studi di Ramazzini,
Sanarelli, Revelli, Albrecht, Giglioli, Bergmann e Graziadei, che erano stati già rivalutati nella loro
attualità nella Sentenza del Tribunale, la quale aveva messo in evidenza come anche il consulente di
parte attrice, Prof. Pagliani, non aveva potuto smentire quanto avevano riferito gli attori:
277
Corte d’Appello di Torino, sez. I civile, 1907 giugno 4, cron. n. 578, rep.n.325, sent. n.334, registro n. 116/1907
(Archivio di Stato di Torino, sez. riunite).
92 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
“La società appellante si indugia lungamente per dimostrare come la colpa civile dell'autore
degli articoli lamentati sorga allorquando esso trascese a dire che innumerevoli sono le vittime
che annualmente soccombono per malattie contratte nella lavorazione dell'amianto, recando con
tale affermazione necessariamente danno all'opificio da cui rimase sviata la maestranza.
Ma a parte la disquisizione scientifica [...], colui che vergò gli scritti denunciati e si avventurò
alle considerazioni di cui si duole la società appellante, vi agì trovato animato dalla massima
buona fede quando disse che la lavorazione era più nociva delle altre eseguite in quella industre
plaga [...].
Il concetto suo, il quale soltanto porge la misura della responsabilità per colpa aquiliana, rimane
sempre quello dianzi accertato, di presentare un argomento fondato in fatto favorevole alla tesi
sostenuta dagli operai, cosa questa lecita ed onesta.
Posciachè la circostanza che la lavorazione di qualsiasi materia che sprigioni delle polveri [...]
aspirate dall'operaio, sia dannosa alla salute, potendo produrre con facilità dei malanni, è
cognizione pratica a tutti comune, come è cognizione facilmente apprezzabile da ogni persona
dotata di elementare cultura, che l'aspirazione del pulviscolo di materie minerali silicee come
quelle dell'amianto [...] può essere maggiormente nociva, in quanto le microscopiche molecole
volatizzate siano aghiformi od almeno filiformi ma di certa durezza e così pungenti e meglio
proclivi a produrre delle lesioni ed alterazioni sulle delicatissime membrane mucose
dell'apparato respiratorio”.
Queste sentenze sono dunque attuali e certificano come fosse noto, non solo al mondo
scientifico, ma affermato dalla giurisprudenza che l’amianto fosse dannoso per l’uomo e per
l’ambiente, in un periodo nel quale ancora qualcuno, nell’interesse delle società produttrici, si
affanna a sostenere che non ci sarebbe unanimità scientifica sul nesso causale tra esposizione e
patologia278, e quando quelle aziende fanno ormai parte della ‘archeologia dell’industria’279.
4.6 La conoscenza scientifica dei danni alla salute provocati dalle fibre di amianto.
Nel contesto di un’esposizione di Igiene280, che si tenne a Berlino nel 1907, contemporanea al
XIV Congresso Internazionale di Igiene e Demografia, è emersa l’importanza delle malattie
professionali, e Müller281 pubblicò ‘Malattie delle vie respiratorie’, con il quale descrisse l’aspetto
anatomopatologico delle pneumoconiosi, il meccanismo di depurazione polmonare per via linfatica
e il ruolo dei macrofagi nelle fibrosi polmonari.
Nel 1908, il Dott. Allevi pubblicò ‘Le malattie dei lavoratori e l’igiene industriale’282, e
sostenne:
“il medico ha il dovere di essere all’avanguardia d’ogni progresso sociale, perché nella diagnosi
delle malattie non può dimenticare i rimedi necessari alla difesa dell’individuo e della specie.
Spesse volte, data la divergenza degli interessi, la sua parola riuscirà a molti molesta”,
alla luce dei fattori professionali di premorienza e le varie tecnopatie, legate principalmente alle
278
Amplius, Ezio Bonanni, IL NESSO DI CAUSALITÀ IN TEMA DI PATOLOGIE ASBESTO CORRELATE, in Diritto dei lavori,
anno V, n. 2, luglio 2011, Cacucci Editore, in internet www.csddl.it con speciale riferimento alla giurisprudenza della
Corte di Cassazione, IV^ Sezione Penale, Sentenza n. 38991 del 04.11.2010 e n. 43786 del 13.12.2010, con ulteriori
sviluppi giurisprudenziali con la Sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, n. 15156 del 11.07.2011 e con la
Sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, n. 2251 del 16.02.2012, con le quali sembra essere stata
riaffermata la consapevolezza giudiziaria della influenza di qualsiasi esposizione ai fini dell’aumento del rischio, della
diminuzione dei tempi di latenza, e del sinergismo di qualsiasi esposizione morbigena, secondo il principio di
equivalenza causale di cui all’art. 41 del codice penale.
279
K.Hudson,THE ARCHEOLOGY OF INDUSTRY, Newton Compton Ed., ediz.italiana, Roma 1979.
280
IL RAMAZZINI - GIORNALE ITALIANO DI MEDICINA SOCIALE, anno I, fasc.1, gennaio 1907.
281
F.Müller, MALATTIE DELLE VIE RESPIRATORIE, S.E.L. Ed., Milano 1907 .
282
G.Allevi, LE MALATTIE DEI LAVORATORI E L’IGIENE INDUSTRIALE, Hoepli Ed., Milano 1908.
CAPITOLO IV | 93
polveri e l’associazione tra pneumoconiosi e tubercolosi polmonare, con l’elenco dei principali
problemi di igiene industriale, tra i quali quelli relativi all’influenza pericolosa dell’industria sul
vicinato. Egli raccomanda l’utilizzo dei sistemi individuali di protezione, e di aspirazione
localizzata, che vengono descritti, e di armadietti separati per gli abiti civili e le tute da lavoro, con
locali specifici per la mensa, per l’infermeria e per idonei servizi igienici, e auspica l’istituzione di
casse di maternità. Parlando della legislazione sociale, l’autore ricorda che sin dal 1363 a Venezia il
doge Lorenzo Celsi elesse i magistrati dei Giustizieri, con il compito di sorvegliare le fabbriche;
Napoleone I il 15/10/1810 emise un decreto riguardante l’esercizio delle industrie, mentre nel
Regno Lombardo-Veneto, con ordinanza del 7/11/1843 si vietava l’impiego nelle industrie dei
fanciulli con età inferiore ai 9 anni (14 anni per i lavori pericolosi); Ferdinando II di Borbone,
soprannominato il “Re Bomba”, nel 1850 promulgò una legge sul lavoro nelle solfare.
Sempre nel 1908, il Dott. Filippo Accorimboni pubblicò un manuale d’igiene pratica283 per le
scuole maschili, nel quale descrisse i danni polmonari da polveri (cfr. pag. 67) e inserì, finanche,
delle nozioni elementari di pronto soccorso; il Prof. A. Di Vestea ha pubblicato, per le scuole medie
e magistrali, ‘Principi di Igiene’284, nel quale illustrò il concetto di coefficiente di utilizzazione del
macchinario ed esaminò gli inconvenienti sanitari degli operai e del vicinato e, nel capitolo dedicato
alle malattie professionali, richiamò le pneumoconiosi e la frequente associazione con la
tubercolosi, descrisse le maschere e il fatto che fossero mal tollerate dai lavoratori ed infine i vari
sistemi di aspirazione.
Nel 1909 venne pubblicato in Italia il famoso trattato di E.Roth sulle ‘Malattie Professionali
ed Igiene del Lavoro’, edito originariamente a Potsdam nel 1904285, nel quale furono raccolti tutti i
testi sulle conferenze aventi ad oggetto l’assicurazione e la legislazione protettiva del lavoratore
tenute tra il 1900 e il 1903 alla Charité di Berlino; nel cap. I, citando anche il primo convegno dei
lavoratori a domicilio, tenutosi a Berlino nel marzo 1904, si richiamavano gli studi statistici sulle
assenze per malattia insieme alla possibilità di errori dovuti al fatto che, per alcuni lavori, vengono
prescelte solo persone sane, mentre per altri si utilizzano anche soggetti già ammalati (ad esempio,
lavori domiciliari di sartoria potevano essere svolti anche da persone già affette da tubercolosi); si
evidenziava che in Inghilterra la denuncia delle malattie professionali è stata introdotta nel 1895,
dapprima per 4 e successivamente per 11 tecnopatie, consentendo talvolta di eliminare difetti del
ciclo produttivo; nei sistemi inglese e tedesco, erano state introdotte visite preventive per tutte le
persone da avviare al lavoro, e, periodicamente, per i lavoratori delle industrie insalubri (Germania
1893), svolte possibilmente da medici non stipendiati dai datori di lavoro (in Italia, solo in alcuni
paesi del Piemonte, si richiede una visita medica all’atto dell’assunzione nell’industria dei
fiammiferi, che dichiari l’operaio immune da carie dentali); mentre, in Belgio e in Inghilterra, si
adottava un registro sanitario di fabbrica; auspicandosi, così, anche in Italia, una sollecita
approvazione di un’assicurazione contro le malattie professionali, secondo i criteri esposti da
‘Devoto al Congresso Internazionale delle Assicurazioni sociali’ di Roma del 1908.
Si sottolineava, infine, l’opportunità di collegare l’attività di sorveglianza igienico-sanitaria
dell’ispettore medico con quella igienistica degli uffici comunali di igiene, come segnalato da
un’apposita commissione riunitasi a Monaco di Baviera nel 1906 che ha stabilito i compiti del
medico di fabbrica, e la necessità della sua formazione in igiene e medicina del lavoro, con corso
283
F.Accorimboni, NOZIONI D’IGIENE PRATICA PER LE SCUOLE MASCHILI, II edizione, Soc.Dante Alighieri Ed., Milano
1908.
284
A.Di Vestea, PRINCIPI DI IGIENE, UTET, Torino 1908.
285
E.Roth, MALATTIE PROFESSIONALI E IGIENE DEL LAVORO, trad. dr. L. Carozzi, prefazione prof. L. Devoto, Treves Ed,
Milano 1909.
94 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
teorico pratico semestrale, e successivo apprendistato di 1-2 anni.
I medici di fabbrica dovevano possibilmente essere selezionati tra coloro che avevano già
maturato esperienza nella cassa malattia, dove vigeva il criterio di libera scelta del medico,
auspicando il mantenimento del doppio ruolo di medico curante e aziendale, al fine di poter meglio
valutare sia le tecnopatie sfumate sia quelle più gravi, che, determinando assenza dal lavoro, non
sarebbero altrimenti giunte a conoscenza del medico di fabbrica. Nel III capitolo venivano trattate le
polveri, i relativi danni e le difese, nonché la diffusione della tubercolosi polmonare e le norme di
buona tecnica; l’autore ricordava che
“l’aspirazione della polvere si deve fare ancora in modo che non passi davanti agli operai che
lavorano nel locale; quindi non si dovrà approvare la posa di aspiratori sul soffitto, poiché in tal
caso la polvere è obbligata a passare vicino alla bocca dell’operaio”(pag.126) “Non si dovrà
infine dimenticare che il pericolo dell’inalazione della polvere non è niente affatto limitato allo
stabilimento in sé, ma che anche tutto il paese può essere più o meno disturbato dall’azione di
una polvere nociva o incomoda” (pag.130).
Italo Pedrazzini, medico condotto di Bormio, nel 1910 pubblicò un manuale divulgativo di
igiene286 del lavoro in cui affermava che ‘tra le principali cause che rendono un lavoro malsano non
possiamo però dimenticare la polverosità dell’ambiente dove il lavoro è compiuto’. Veniva poi
segnalato che i danni variano in rapporto alla natura e alla quantità delle polveri inalate, e si
evidenziava come l’aspirazione e la lavorazione a umido riducano notevolmente i rischi; l’autore
consigliava poi l’adozione di mezzi di protezione individuale e scrive che le maschere ‘purtroppo
entrano poco nella pratica, anche per un certo senso di male intesa fierezza del proprio lavoro che
hanno certi operai e che li porta a disdegnare ogni sorta di precauzione’.
Un commento in chiave giuridica di tutta la normativa relativa all’igiene del lavoro, alle
industrie insalubri e pericolose e agli infortuni dei lavoratori, unitamente ad un confronto con la
legislazione straniera, è contenuto in un testodel 1910287.
Il 20 marzo 1910 avvenne a Milano la solenne inaugurazione della Clinica del Lavoro tanto
voluta da Devoto - come illustrato all’inizio del presente paragrafo - , con partecipazione di
personalità politiche, mediche ed istituzionali, nazionali ed internazionali; in quell’occasione, il
prof. Langlois, in rappresentanza del Ministro del Lavoro francese, affermò:
“Aujourd’hui est une date historique, qu’elle marque un’époque dans l’évolution incessante de
la vie sociale des peuples... L’Italie, et plus particulièrment l’Administration communale de
Milano, donne ici au monde entier un noble exemple... La Clinique des maladies
professionnelles est appelée à devenir un centre d’instruction mondial”.
Devoto, già nel consuntivo del primo triennio, evidenziava, tra gli argomenti studiati dalla
Clinica del Lavoro, la patologia da polveri; pertanto dal 1912, a livello medico-specialistico, si
puntualizzava l’incidenza delle patologie da polveri, nel contesto industriale del nord Italia.
Il 12.07.1910 all’Università di Torino si è laureato in Medicina e Chirurgia, con il voto
88/110 lo studente Giorgio Castagneri, nato a Nole Canavese l’1/6/1884, iscritto al I anno
accademico di Medicina nel 1903-1904, con successivo trasferimento alla Facoltà di Scienze nel
dicembre del 1903 e ritorno a Medicina nel 1904-1905, con una tesi altamente innovativa288 su ‘un
286
I.Pedrazzini, ELEMENTI DI IGIENE, Paravia Ed., Torino 1911.
G.B. Cereseto, LA LEGISLAZIONE SANITARIA IN ITALIA- COMMENTO ALLA LEGGE 22/12/1888 N.5849 E ALLE LEGGI
COMPLEMENTARI ED AFFINI, (T.U.17/7/1907 n.636), vol. III, UTET, Torino 1910.
288
E.C. Vigliani, A GLANCE AT THE EARLY ITALIAN STUDIES ON THE HEALTH EFFECTS OF ASBESTOS, Med. Lav. 82: 489491, 1991.
287
CAPITOLO IV | 95
caso mortale di asbestosi complicato da tubercolosi’, il quale si è iscritto all’Ordine dei Medici il
19/9/1914 n.627; dopo aver svolto attività di ufficiale sanitario289 a Nole Canavese, è deceduto il
3/7/1956.
4.7 L’istituzione dell’Ispettorato dell’Industria e del Lavoro e le nuove norme igieniche
con il divieto di esportazione dell’amianto e la evoluzione normativa nel primo
decennio del XX secolo.
Come già evidenziato290,
“Il Regio Decreto 14 giugno 1909, n. 442… approvava il regolamento per il TU. della Legge
per il lavoro delle donne e dei fanciulli, all'articolo 29, tabella B n. 12, includeva la filatura e
tessitura dell'amianto tra i lavori insalubri o pericolosi nei quali l'applicazione delle donne
minorenni e dei fanciulli era vietata o sottoposta a speciali cautele, con una specifica previsione
dei locali ove non sia assicurato il pronto allontanamento del pulviscolo.
Analoghe disposizioni dettava il regolamento per l'esecuzione della legge su lavoro delle donne
e dei fanciulli, emanato con D.Lgt. 6 agosto 1916 n. 1136, articolo 36, tabella B, n. 13”.
Con legge n. 1361 del 22.12.1912, G.U. 20/5/1913 n.117 e R.D. n.431 del 27/4/1913, G.U.
3/1/1914 n.2, venne istituito l’Ispettorato dell’Industria e del Lavoro291, alle dipendenze del
Ministero dell’agricoltura, industria e commercio che prevedeva l’istituzione di un corpo di ispettori
dell’industria del lavoro con i poteri di recarsi in ogni momento nelle aziende, ispezionare ed
elevare verbali di contravvenzione, e nel cui ruolo l’ispettore capo circolo e il capo di ispezione a
disposizione del Ministero potevano essere occupati soltanto da laureati in medicina con
competenza in igiene industriale.
Con l’art. 1, R.D.L. n° 1278/1914, si vietò l’esportazione dell’amianto e dei suoi prodotti,
anche al fine di evitare il rischio di insorgenza di controversie, in relazione ai danni che avrebbe
potuto determinare, ed in ogni caso per salvaguardare gli interessi dei produttori italiani che lo
utilizzavano.
Il 15/5/1919 venne emanato il Decreto-legge Luogotenenziale 292, che dettava le norme per la
compilazione del regolamento generale e di quelli speciali circa l’igiene del lavoro, che comminava
le penalità per le contravvenzioni ai regolamenti medesimi, convertito in legge n. 473 del
17.04.1925293.
4.8 La Medicina del Lavoro nel II decennio del XX secolo.
Nel III Congresso Nazionale per le Malattie del Lavoro294, che si tenne a Torino nell’ottobre
del 1911, e al quale hanno partecipato specialisti provenienti da tutta Italia, la terza seduta venne
dedicata alle patologie polmonari da inalazione di polveri, e nella relazione di Cesa-Bianchi e di
Devoto, della Clinica del Lavoro di Milano, fu illustrata la crescente incidenza di patologie delle vie
respiratorie negli operai delle industrie nelle quali c’era polvere nell’ambiente lavorativo.
289
Ricettario del dott. Giorgio Castagneri.
Così nella Sentenza della Corte di Cassazione, n. 15159 dell’11.07.2011, e già in precedenza nella Sentenza della
Corte di Cassazione n. 5117/08.
291
L.n.1361 del 22/12/1912, G.U. 20/5/1913 n.117 - R.D. n.431 del 27/4/1913, G.U. 3/1/1914 n. 2, da M. Moffa,
L’ISPETTORATO DEL LAVORO, Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1968.
292
D.L. Luogotenenziale n.818 del 15/5/1819, Norme per la compilazione del regolamento generale e di quelli speciali
circa l’igiene del lavoro, G.U. 2/6/1919 n.130.
293
L. n.473 del 17/4/1925, Conversione in legge di decreti luogotenenziali, G.U. 5/5/1925 n.104.
294
ATTI DEL III CONGRESSO NAZIONALE PER LE MALATTIE DEL LAVORO (MALATTIE PROFESSIONALI), Torino, 13-16
ottobre 1911, L.Checchini Ed., Torino 1911.
290
96 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
Gli atti del congresso confermano come era emerso il ruolo delle fosse nasali come filtro
naturale, e la funzione protettiva dello starnuto, della lacrimazione e della tosse e del meccanismo
con il quale il muco e le ciglia determinino la difesa dalle polveri, che si depositano nel polmone di
destra, per le maggiori dimensioni dei bronchi in quel lato e più consistente afflusso di aria.
Si evidenziò l’opportunità di non costruire case nelle immediate adiacenze dei grandi
stabilimenti industriali (cfr. p.285), per evitare i rischi da inquinamento ambientale. Nel suo
intervento il prof. Pagliani sostenne che le polveri pericolose dovessero essere rimosse dal loro
punto di produzione. Cesa-Bianchi concordò con le osservazioni con il Dott. Loriga e Giglioli sul
fatto che
“possono esistere casi di pneumoconiosi gravi, capaci di decorrere a sé, senza intervento di
fattori infettivi specifici, con sintomi rilevanti ed a carattere progressivo, o con esito talora
letale” (cfr. p. 304).
L’ing. E.Magrini, direttore della Mostra Permanente di Igiene Industriale annessa al Regio
Politecnico, intervenne per illustrare come fin dalla sua fondazione (1909) e inaugurazione (agosto
1911) ha perseguito lo scopo di offrire consulenze gratuite su questioni di igiene industriale, e con
aggiornata esposizione permanente di apparecchiature per la prevenzione delle tecnopatie e
precisando che “
“mentre lo studio dell’igiene industriale, ebbe si può dire le sue origini in Italia, e trovò tra i
nostri scienziati numerosi cultori, purtroppo nella applicazione dei suoi fondamentali principi
nei nostri stabilimenti industriali, ebbe fino ad ora uno sviluppo minimo... Nei numerosi
stabilimenti italiani è molto raro trovare in funzione ottimi e razionali sistemi di ventilazione,
per asportare i pulviscoli, le polveri.....” (cfr.p.534).
Sempre nel 1911 fu tradotto in italiano il trattato in lingua francese ‘Malattie dei polmoni, dei
bronchi e della trachea’295, nel quale una sezione era dedicata alle pneumoconiosi, e della necessità
di ottenere la rimozione delle polveri depositate a livello bronco-polmonare, anche per via linfatica,
e vengono consigliate misure di protezione e di prevenzione, quali le maschere protettrici e i sistemi
di ventilazione.
Nello stesso anno a Torino, venne celebrata l’Esposizione Internazionale dell’Industria e del
Lavoro, e ai congressisti il Municipio ha distribuito quale omaggio sulla guida sulle istituzione
igieniche e sanitarie della città per l’occasione del cinquantenario della proclamazione del Regno
d’Italia, e a pag. 69 furono descritti i nuovi istituti universitari del Valentino, iniziati nel 1884, e
ultimati nel 1890, e che comprendevano anche l’Istituto di Igiene.296
Contemporaneamente, Giovanni Loriga, medico dell’Ufficio del Lavoro di Roma,
nell’intervenire al II Congresso Internazionale per le malattie del lavoro che si tenne a Torino,
sostenne che le pneumoconiosi fossero entità nosologiche autonome dalla tubercolosi: egli infatti
aveva già pubblicato nel 1910 il libro ‘Igiene industriale’297, nel quale aveva approfondito la
tematica delle polveri (minerali, vegetali, animali e miste), e aveva elencato i danni che causavano e
gli strumenti tecnici che potessero impedirne la produzione e la dispersione (norme di buona
tecnica), i mezzi di protezione individuale per la pelle, gli occhi e le vie aeree ed i mezzi di raccolta,
295
P.Claisse, E.Mosny, Landouzy, Griffon, Triboulet, Barbier, Balzer, Menetrier, Mery, abonneix, Le Noir, MALATTIE
DEI POLMONI, DEI BRONCHI E DELLA TRACHEA, UTET Ed., Torino 1911.
296
F. Abba, TORINO- ISTITUZIONI IGIENICHE, SANITARIE, FILANTROPICHE E SOCIALI,
1911 (Archivio Storico Com.
Torino, Coll. Simeom C 2044).
297
G.Loriga, IGIENE INDUSTRIALE, dal Trattato di Medicina sociale-Sanità fisica, diretta da A. Celli, Vallardi Ed.,
Milano 1910.
CAPITOLO IV | 97
al fine di impedirne la dispersione all’esterno dell’opificio, secondo un moderno criterio ecologico.
Sempre nel 1911, Luigi Pagliani298, professore di igiene della Regia Università e del Regio
Politecnico di Torino, già direttore della sanità pubblica del Regno, pubblicò il trattato ‘Igiene e
sanità pubblica,colle applicazioni alla ingegneria e alla vigilanza sanitaria’299, nel quale elencò le
attività insalubri e dei mezzi di difesa contro lo sviluppo delle polveri, e P.Claisse confermò le
osservazioni di Müller del 1907.
Nel 1912 venne pubblicato ‘La salute dell’operaio’300 scritto da G.M. Cassola in cui vennero
illustrati i principali concetti di igiene del lavoro, in relazione alle industrie insalubri, e alla
descrizioni delle patologie da polveri, con prescrizione dei mezzi di difesa.
Nel 1913, sulla rivista ‘Il Ramazzini, giornale italiano di medicina sociale’301, si anticiparono
le date del IV Congresso Italiano di Malattie Professionali in Roma, e del III Congresso
Internazionale di Malattie Professionali in Vienna nel 1914, con un’apposita sezione sulle
pneumoconiosi, avente come relatori Langlois (Paris), Oliver (New Castle), Devoto e Cesa-Bianchi
(Milano), e che non ebbe luogo a causa del primo conflitto mondiale, anche se in letteratura vennero
pubblicati diversi articoli tra i quali quello di Devoto302, che confermò le conclusioni del Convegno
di Torino del 1911, affermando tra l’altro che ‘le polveri che si sviluppano nei mestieri sono sempre
dannose, in quanto che possono determinare a poco a poco alterazioni di diverso carattere
dell’apparato respiratorio’.
Nello stesso anno, Luigi Carozzi, libero docente di malattie professionali nella Regia
Università di Parma e capo servizio nella Regia Clinica del Lavoro di Milano, pubblicò ‘Il lavoro,
nell’igiene, nella patologia, nell’assistenza sociale’303, trattato sull’igiene e le patologie del lavoro,
nel quale (I volume, parte II cap.IV) classificava le polveri industriali, le difese dell’organismo, le
pneumoconiosi e la loro frequente associazione a tisi, la prevenzione igienica ambientale e
individuale; e condivideva le misure adottate dal Comune di Torino con il regolamento per le
industrie insalubri; e (sempre nel I volume al capitolo IV) illustra i tumori di origine professionale,
ritenendo tali quelli vescicali da anilina (fucsina, naftilamina e benzidina), quelli cutanei da raggi X,
ed i sarcomi polmonari dei minatori dello Schneeberg (nichel e cobalto).
Per quanto riguarda i tumori vescicali, evidenziò l’utilità di una diagnosi precoce, basata sul
riscontro di ematuria e pollachiuria, e di un’asportazione chirurgica della neoplasia.
Sempre nel 1914 venne pubblicato ‘Igiene e previdenza del lavoratore’ di G.F. Calabria304,
che poteva essere adottato come manuale per le scuole elementari, per quelle superiori e serali, e
dedicato in particolare ai maestri di campagna nel quale si evidenziava come ‘le industrie che più di
tutte e sovra tutte nuociono all’operaio sono quelle che, come effetto del lavoro, svolgono della
polvere’ (paragrafo 6 del cap.XIII, pag 227) e rammentava i consueti mezzi di prevenzione, oltre a
fornire informazioni sulla Cassa nazionale di previdenza, istituita fin dal 1898, al fine di assicurare
il sostentamento di tutti gli operai, compresi quelli emigrati e residenti all’estero (pag. 202), rispetto
alla vecchiaia e all’invalidità.
298
E. Gurlt, A. Hirsch, BIOGRAPHISCHES LEXIKON DER HERVORRAGENDEN AERZTE, Urban & Schwarzenberg Ed.,
Vienna 1886.
299
L.Pagliani, IGIENE E SANITÀ PUBBLICA,COLLE APPLICAZIONI ALLA INGEGNERIA E ALLA VIGILANZA
SANITARIA,Vallardi Ed., Milano 1912.
300
G.M.Cassola, LA SALUTE DELL’OPERAIO, Vallardi Ed., Milano 1912.
301
IL RAMAZZINI, GIORNALE ITALIANO DI MEDICINA SOCIALE, anno VII, fasc.1-2, gennaio-febbraio 1913.
302
L. Devoto, LA PNEUMOCONIOSI, COMUNICAZIONE AL III CONVEGNO INTERNAZIONALE PER LE MALATTIE
PROFESSIONALI, Vienna 1914.
303
L.Carozzi, IL LAVORO, NELL’IGIENE, NELLA PATOLOGIA, NELL’ASSISTENZA SOCIALE, vol.I, Barbera Ed., Firenze 1914.
304
G.F.Calabria, IGIENE E PREVIDENZA DEL LAVORATORE, La Provinciale Ed.,Mantova 1914.
98 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
Nel 1918, con la pubblicazione ‘A roentgenologic study of the effects of dust inhalation upon
the lungs’, di H.K.Pancoast, T.G.Miller & al. 305, furono descritte per la prima volta le alterazioni
radiologiche determinate dall’asbestosi polmonare, e negli Stati Uniti i lavoratori esposti
all’amianto non vennero più assicurati per il rischio-vita, in quanto queste attività vengono ritenute
molto pericolose306 e Armando Albert pubblicò una sintesi di norme pratiche per l’installazione dei
ventilatori industriali307, che, data la loro grande utilità, risultano sempre più diffusi.
Nel 1919 Francesco Cosentini ha redatto il supplemento al ‘Dizionario di cognizioni utili’308,
già pubblicato nel 1911 sotto la direzione di Mario Lessona; alla voce ‘igiene del lavoro’ si
evidenziava che ‘uno dei pericoli più gravi, che bisogna combattere, è quello dell’inalazione delle
polveri’.
4.9 Le acquisizioni scientifiche degli anni ’20.
Nel 1921, venne pubblicato in Germania il ‘Trattato di Patologia speciale medica e
Terapia’309 nel quale vennero descritte le patologie causate dalla inalazione di polveri, i cui sintomi
erano sovrapponibili alla bronchite; il prof. Giovanni Loriga pubblicò ‘Sommari di igiene
industriale-Legislazione igienica del lavoro-Assistenza sociale’310, nel quale ha riassunto le sue
lezioni del corso di perfezionamento in Medicina del Lavoro, tenuto presso l’Università di Roma,
tra le quali la nona, dedicata alle polveri, che ‘costituiscono una delle cause più comuni e più
diffuse di insalubrità del lavoro’, di cui illustrò le caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche e i
diversi gradi di nocività e le lesioni sugli organi bersaglio; il prof. Foà311 pubblicò ‘Anatomia
patologica dell’apparato respiratorio’, nel quale furono riassunte le principali tappe della ricerca
sulle pneumoconiosi e la traduzione italiana della XXII edizione del testo di Strümpell, e
sottolineata la necessità di informare il lavoratore dei rischi legati alle polveri.
Con la Raccomandazione n. 20 del 22.10.1923, furono dettate nuove norme per la protezione
dei lavoratori, anche se aveva ad oggetto i servizi di ispezione circa i regolamenti e le leggi afferenti
la sicurezza sul lavoro.
Nel 1924 ci furono altre pubblicazioni scientifiche, dalla nuova edizione del dizionario
medico ‘Larousse’312, aggiornata nelle voci ‘industrie insalubri, polveri e patologie da polveri’ e
alla voce ‘cancer’, nella quale venivano illustrati alcuni concetti moderni di oncogenesi (crescita
sregolata di cellule) e descritte le vie di diffusione delle cellule neoplastiche per via linfatica ed
ematica, fino all’origine delle metastasi, e sull’origine del cancro (cause determinanti), nel
premettere che ‘la cause intime du cancer est encore inconnue’, venivano richiamate le ipotesi di
anarchia cellulare e la teoria parassitaria microbica, avendo riferimento al mondo animale e vegetale
e ai relativi studi sperimentali, senza tralasciare tra le cause predisponenti l’età (il cancro era [ed è]
più frequente tra i 40-60 anni), l’alimentazione (maggiore incidenza nei carnivori) e gli stati
flogistici irritativi cronici (ulcere, leucoplasie), con introduzione del concetto di lesione
305
H.K.Pancoast, T.G.Miller & al., A ROENTGENOLOGIC STUDY OF THE EFFECTS OF DUST INHALATION UPON THE LUNGS,
Am.J.Roentgenol., 1918, 5: 129-138.
306
F.L. Hoffman, PRUDENTIAL INSURANCE COMPANY, MORTALITY FROM RESPIRATORY DISEASE IN DUSTY TRADES,
INORGANIC DUSTS, Bull. U.S. Bureau of Labor Stat. n.231, Ind. Accident Hyg. n.17- Washington D.C., U.S. Bureau of
Labor 1918.
307
A.Albert, I VENTILATORI INDUSTRIALI, Hoepli Ed., Milano 1918.
308
F.Cosentini, supplemento al DIZIONARIO DI COGNIZIONI UTILI, UTET, Torino 1919.
309
A.Strumpell, TRATTATO DI PATOLOGIA SPECIALE MEDICA E TERAPIA, vol.I - parte I, Vallardi Ed., Milano 1921.
310
G.Loriga, SOMMARI DI IGIENE INDUSTRIALE-LEGISLAZIONE IGIENICA DEL LAVORO-ASSISTENZA SOCIALE, Sampaolesi
Ed., Roma 1921.
311
P.Foà, ANATOMIA PATOLOGICA DELL’APPARATO RESPIRATORIO, UTET Ed., Torino 1921.
312
Galtier-Boissière, LAROUSSE MEDICAL ILLUSTRE, Larousse Ed., Paris 1924.
CAPITOLO IV | 99
precancerosa, con l’indicazione della natura professionale dei tumori cutanei, già noti da tempo
(ramoneurs, operai a contatto con olio, paraffina, toluidina, esposti a radiazioni solari o raggi X); e
Giovanni Antonio Vigliani, allora direttore generale dell’Istituto Nazionale per la cura degli operai
infortunati sul lavoro e per l’applicazione delle leggi sociali (‘La Vigile’) fu autore della
pubblicazione ‘La Scienza Medica al servizio del Lavoro’313 con la quale auspicava l’istituzione di
un ente nazionale per la protezione dagli infortuni, anche perché sia gli industriali che i sindacalisti
non apparivano sufficientemente documentati sui rischi professionali segnalati dalla letteratura
scientifica, e proprio in quell’anno W.E. Cooke fu autore di una pubblicazione scientifica, ‘Fibrosis
of the lung, due to the inhalation of asbestos dust’314, nella quale descriveva il caso di una donna
deceduta per fibrosi polmonare dopo 20 anni di esposizione in un ditta di tessitura dell’amianto.
Nel 1925, nel contesto di un concorso a premi per studi sulle assicurazioni sociali, il prof.
Aristide Ranelletti, docente di patologia del lavoro presso la Regia Università di Roma, presentava
uno studio315 sulle tecnopatie che includeva un’ampia digressione sulle ‘malattie da materiale di
lavoro sviluppante polveri’: l’autore descriveva tra le principali malattie a carico dell’apparato
respiratorio, la pneumoconiosi, segnalando la loro frequente associazione con la tubercolosi
polmonare, e fornendo per ciascuna patologia definizione, cenni storici, eziologia, patogenesi, cause
predisponenti generali e locali, anatomia patologica, ricerche sperimentali, sintomi, diagnosi,
prognosi, terapia, profilassi individuale e sociale. Nel suo lavoro il Prof. Ranelletti si soffermava
altresì sulla descrizione delle patologie da polveri a carico degli occhi, delle orecchie e della pelle,
specie sulle frequenti congiuntiviti da polveri di amianto nei lavoratori impiegati presso le cave di
Cipro.
Corre l’anno 1926 quando Oddo Casagrandi, direttore dell’Istituto di Igiene della Regia
Università di Padova, pubblicava ‘Il trattato italiano di Igiene’316, in cui A. Castiglioni curava il
capitolo relativo alla storia dell’igiene, dall’antichità ai giorni nostri; e l’Ing. Colombo pubblicava il
‘Manuale dell’ingegnere civile e industriale’317, contenente un prospetto riepilogativo delle norme
di buona tecnica che si sarebbero dovute rispettate nella progettazione di ventilatori e aspiratori nei
luoghi di lavoro; in Francia il M. Auribault318 pubblicò ‘Note sur l’hygiène et la sécurité des
ouvriers dans les filatures et tissages d’amiante’, Bull. de l’Inspection du Travail, circa la morte di
50 persone alla fine dell’1800 nella industria di filatura e tessitura di amianto del Calvados; e
Harvier319 richiamava la proposta del Congresso Internazionale di Londra del 1902 di classificare le
pneumoconiosi non in base all’origine della polvere, ma in rapporto ai caratteri nocivi.
Nel 1927 Cooke, pubblicò ‘Pulmonary asbestosis’ nel quale per la prima volta descrisse i
‘corpuscoli dell’asbesto’320, e fu coniato il termine di asbestosi per la fibrosi polmonare degli
esposti ad amianto.
Nel 1928 venne pubblicato dal prof. Ferrannini321, direttore della Clinica Medica della Regia
Università di Cagliari, il testo ‘Medicina del Lavoro’, nel quale un capitolo fu dedicato alle
pneumoconiosi, e pur non utilizzando il termine asbestosi, ne illustrava l’insidiosità, poiché
313
G.A.Vigliani, LA SCIENZA MEDICA AL SERVIZIO DEL LAVORO, Del Signore Ed., Torino 1924.
W.E. Cooke, FIBROSIS OF THE LUNG, DUE TO THE INHALATION OF ASBESTOS DUST, Br. Med. J., 1924, 2 : 147.
315
A.Ranelletti, LE MALATTIE DA LAVORO, vol.I parte II, Ministero dell’Economia Nazionale, Panetto & Petrelli Ed.,
Spoleto 1925.
316
O.Casagrandi, TRATTATO ITALIANO DI IGIENE, UTET, Torino 1926.
317
G.Colombo, MANUALE DELL’INGEGNERE CIVILE E INDUSTRIALE, Hoepli Ed., Milano 1926.
318
M. Auribault, NOTE SUR L’HYGIENE ET LA SECURITE DES OUVRIERS DANS LES FILATURES ET TISSAGES D’AMIANTE,
Bull. de l’Inspection du Travail, 1926,14 : 126-132.
319
G.H.Roger, F.Widal, P.J.Teissier, NOUVEAU TRAITE DE MEDICINE, f.XI, II ed., Masson Ed., Paris 1926.
320
W.E.Cooke, PULMONARY ASBESTOSIS, Br.Med.J. 1927, 11:1024-1025.
321
L.Ferrannini, MEDICINA DEL LAVORO, Vallardi Ed., Milano 1928.
314
100 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
‘iniziano in modo subdolo e procedono assai lentamente, in maniera che sono rilevate sempre assai
tardivamente... Praticamente, dunque, tutte le polveri industriali si possono ritenere come nocive’;
con rassegna bibliografica al fondo del capitolo, nel quale sono illustrate le acquisizioni del II
Congresso Internazionale delle Malattie Professionali a Bruxelles nel 1912 ed il I Congresso
dell’Associazione tedesca di Igiene Industriale nel 1924: dopo le prime segnalazioni di Giglioli e
Loriga, condivise da Cesa-Bianchi, nel corso del III Congresso Nazionale per le Malattie del Lavoro
del 1911 a Torino, nel 1928 Merewether, capo dell’Ispettorato del Lavoro inglese, incaricato di
svolgere uno studio epidemiologico sui danni da esposizione ad asbesto nell’industria tessile, e
Price descrissero un caso di asbestosi polmonare non complicato da tubercolosi322; gli stessi autori
negli anni 1928-1930 condussero poi un accurato studio sull’effetto della polvere d’amianto a
carico dei polmoni nelle industrie inglesi, dal quale nel 1933 scaturisce un regolamento specifico
sulla lavorazione dell’amianto, denominato ‘Asbestos Industry Regulation’.
Nel 1929 in un dizionario di merceologia323 c’era la voce ‘amianto’ che vedeva l’elenco dei
produttori mondiali (con al primo posto il Canada) e dei numerosi settori di impiego e
l’‘Enciclopedia Treccani’324 descriveva in modo molto moderno i vari sistemi di ventilazioneaspirazione.
La pubblicazione di Kaufmann325 ‘Trattato di anatomia patologica speciale’ del 1929,
sottolineava l’importanza della quantità complessiva di polvere inspirata, e descriveva per i casi di
fibrosi più grave un vero processo di ‘cirrosi polmonare’.
Nel 1930 l’Ispettorato Medico Corporativo del Ministero delle Corporazioni326 pubblica con
l’Ist. Poligrafico dello Stato ‘Studi sulla pneumoconiosi in Italia’, con prefazione, in forma di lettera
del Dott. Anselmo Anselmi, direttore generale delle corporazioni dal 1927 al 1943 (ex magistrato
senza competenze mediche), al Ministro delle Corporazioni Giuseppe Bottai, il quale disegna il
background sul quale si innesta la presa d’atto, prima di tutto politica, sul rischio morbigeno
dell’esposizione all’amianto, risultato di studi eseguiti soprattutto in altri Paesi, conformemente alle
‘disposizioni impartite’ dal ministero:
“Nel «IV Congresso della Commissione Internazionale Permanente per lo studio delle malattie
professionali», tenutosi a Lione dal 3 al 6 aprile 1929, l’argomento della silicosi polmonare
formò oggetto delle più interessanti discussioni.
[…] Forti dissensi si manifestarono anche… sulle proposte relative alla necessità di emanare
disposizioni legislative speciali per la riparazione dei danni che essa produce. Ad accrescere le
dubbiezze di interpretazione dei segni clinici e radiologici della malattia ed a determinare
l’incertezza di molti partecipanti al Congresso concorreva il fatto che i contributi scientifici
sulla silicosi erano presentati soltanto da medici dell’Africa del Sud, dell’Inghilterra e della
Germania. I medici degli altri paesi europei si erano astenuti dalla trattazione di questo
argomento, perché la malattia vi è pochissimo conosciuta e non vi assume mai il carattere di
malattia a focolaio, o di malattia di massa. Venne pertanto riconosciuta la necessità di
affrontare… lo studio della silicosi… e di completarlo con quello delle forme similari di
malattie polmonari prodotte da altre polveri […] In seguito alle disposizioni impartite dalla
Enrico Vigliani, che ritenne opportuno che anche l’Italia portasse il suo contributo a questi
322
E.R.A. Merewether, C.W. Price, REPORT ON EFFECT OF ASBESTOS DUST ON THE LUNGS AND DUST SUPPRESSION IN THE
London H.M.Stationery Office, 1930.
323
V.Villavecchia, DIZIONARIO DI MERCEOLOGIA E DI CHIMICA APPLICATA, quinta edizione, vol.I, Hoepli Ed., Milano
1929.
324
G.Richter, voce Aspiratori, vol.IV, ENCICLOPEDIA ITALIANA DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI, Treccani Ed., Roma
1929.
325
E.Kaufmann, TRATTATO DI ANATOMIA PATOLOGICA SPECIALE, F.Vallardi Ed., Milano 1929.
326
STUDI SULLA PNEUMOCONIOSI IN ITALIA, Roma, 1930.
ASBESTOS INDUSTRY,
CAPITOLO IV | 101
importanti problemi scientifici, l’Ispettorato medico corporativo, valendosi dell’opera dei propri
funzionari e della intelligente collaborazione di valenti medici… organizzò e diresse le indagini
per lo studio della patologia polmonare dei lavoratori del marmo e dell’amianto”.
Nel contributo del Dott. Domenico Lovisetto327 (medico di fabbrica della Capamianto) dal
titolo ‘Asbestosi’, e nell’intervento del Dott. Giovanni Mussa328 (direttore del Dispensario
antitubercolare di Ciriè), dal titolo ‘Note critiche radiologiche sulle pneumoconiosi da amianto’,
emergeva in modo incontrovertibile che le polveri anche quelle di amianto fossero dannose per
l’organismo umano, ancorché nel nostro Paese ce ne fosse un impiego ancora molto limitato, in un
quadro di insufficiente approfondimento nel nostro Paese329.
Il Dott. Domenico Lovisetto esordisce con richiami storici, riferimenti alla composizione
chimica, e traccia un quadro delle prime diagnosi di patologie asbesto correlate, dovute innanzitutto
agli studi compiuti in altri paesi, ai cui contributi fa riferimento330:
“Le fibre di amianto (…) respirate dagli operai addetti a questa lavorazione possono provocare
una sindrome morbosa denominata asbestosi polmonare. […] I minerali di amianto più
pericolosi sono quelli che dannomaggior polvere durante la lavorazione, e cioè l’amosite e
l’amianto bleu o crocidolite. I processi di lavorazione più pericolosi sono «l’apertura delle
fibre», «la cardatura» e «la tessitura»… Lo studio della malattia prodotta dall’amianto sui
lavoratori è affatto recente: gli inglesi sono stati i primi a studiare questa malattia che
chiamarono asbestosi polmonare”.
Egli però ha sottovalutato il rischio in quanto ha affermato che ‘l’inalazione delle particelle di
asbestos determinando una irritazione cronica delle vie aeree del polmone, possa favorire in casi
limitati l’insediarsi del bacillo di Koch’, cioè la tubercolosi331, e che ‘cessata l’azione irritante della
inalazione della polvere di amianto, il processo di fibrosi generalmente si arresta’ e ha concluso
sostenendo che: ‘I casi con esito letale sono pochi e questi oggi, coi mezzi moderni di protezione e
con gli impianti di aspirazione e ventilazione assai perfezionati, non dovrebbero più verificarsi, o
dovrebbero almeno ridursi ad un numero limitatissimo’.
Il Mussa fu già di diverso avviso, poiché evidenziava come
“La polvere di amianto è considerata, nei paesi ove esso è lavorato industrialmente, come molto
nociva, e causa di lesioni polmonari che molto facilmente degenerano in tubercolosi. L’indagine
condotta nei nostri paesi ove vi sono industrie che lavorano l’amianto (per quanto manchino
statistiche ufficiali) fa rilevare un numero notevole di ammalati di tubercolosi polmonare, specie
fra gli operai addetti alle industrie stesse, tanto che nel popolo è diffusa l’idea che basti lavorare
per qualche tempo in tali stabilimenti per contrarre la tubercolosi”.
Quindi già nel 1930 la comunità scientifica italiana era consapevole del rischio morbigeno
indotto dall’amianto, e ne aveva informato gli organi competenti, e così come lo erano gli
industriali del settore, non solo nel nostro Paese332, ma anche nel resto del mondo333, e in quello
327
D. Lovisetto (medico di fabbrica della Capamianto di Torino), ASBESTOSI, in “Studi sulla pneumoconiosi in Italia”,
Ministero delle Corporazioni, Ist.Poligrafico dello Stato, Roma 1930 : 115-132.
328
G. Mussa (direttore del dispensario antitubercolare di Ciriè), NOTE CLINICHE E RADIOLOGICHE SULLA
PNEUMOCONIOSI DA AMIANTO, in “Studi sulla pneumoconiosi in Italia”, Ministero delle Corporazioni, Ist.Poligrafico
dello Stato, Roma 1930: 133-140.
329
Cfr. D. Lovisetto, ASBESTOSI, 117-132, e G. Mussa, NOTE CLINICHE E RADIOLOGICHE SULLA PNEUMOCONIOSI DA
AMIANTO, 133 e ss.
330
D. Lovisetto, ASBESTOSI, cit., 120.
331
D. Lovisetto, ASBESTOSI, cit., 131-132.
332
In Italia prima degli anni ’30 non c’erano stati studi sistematici e specifici sul danno che le polveri di amianto erano
in grado di indurre nei lavoratori del settore e in coloro che vi erano esposti, e ciò non di meno le sentenze del Tribunale
102 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
stesso anno nel Regno Inglese l’asbestosi fu inserita tra le malattie professionali indennizzabili con
il ‘Workman’s Compensation (Silicosis and Asbestosis) Act 1930’.
Dalla metà degli anni trenta e sino alla fine di questo decennio continuarono a seguire ulteriori
conferme, innanzitutto a livello scientifico334, così negli Stati Uniti, nel 1932, lo United States
di Torino e della Corte di Appello di Torino e le stesse norme di cui al R.D. 442 del 1909, che classificano insalubri le
lavorazioni che lo impiegavano, facendone divieto di lavoro alle donne minorenni e ai fanciulli fino a 16 anni, o
quantomeno che fossero adottate misure di prevenzione sottoposte alla valutazione della Direzione Provinciale del
Lavoro in modo da garantire la loro efficacia per la tutela della loro salute e integrità psicofisica, e che costituiscono la
data dalla quale far decorrere la conoscenza o quantomeno la conoscibilità del rischio che inducevano. La Corte di
Cassazione, in molte sentenze, fa riferimento proprio a questa risalente normativa per fissare il momento in cui far
decorrere la conoscenza e/o conoscibilità del rischio; tra le tante Corte di Cassazione, IV Sezione Penale, Sentenza n.
5117/2008; Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza n. 15159/2011; Corte di Cassazione, Sezione Lavoro,
Sentenza n. 2251/2012; Corte di Cassazione, IV Sezione Penale, Sentenza n. 24997/12, e ancora più recentemente con
la Sentenza della Corte di Cassazione, IV Sezione Penale, n. 33311 del 27.08.2012, nella quale testualmente: “Risponde
a conoscenze comuni maturate in epoche anche assai lontane nel tempo che l'ingestione per via aerea di fibre, particelle
e polveri costituisce pericolo per la salute. Da oltre un secolo si ha la diffusa, piena consapevolezza della specifica
pericolosità dell'assunzione attraverso le vie aeree delle microfibre di amianto (R.D. 14 giugno 1909, n. 442, nell'ambito
di norme a tutela dei fanciulli; L. 12 aprile 1943, n. 455, la quale introdusse l'asbestosi fra le malattie professionali). Pur
vero che ai quei tempi era nota solo l'insorgenza dell'asbestosi, ma, di sicuro, la pericolosità della lavorazione del
materiale in parola era ben nota. L'evidenziazione su basi divulgative affidabili della correlazione tra assunzione di
polveri d'amianto e processi cancerogeni risale al 1964 (conferenza sugli "Effetti biologici dell'amianto" dell'Accademia
delle Scienze, tenutasi a New York). Peraltro, nella detta occasione venne presentata da Enrico Vigliani l'esperienza
italiana. Lo stesso studioso nel 1966 e nel 1968, pubblicò in Italia su riviste scientifiche il proprio pensiero. La
questione venne ripresa, con ampio approfondimento, in occasione del 34 congresso della Società Italiana di Medicina
del Lavoro, tenutosi a Saint Vincent. V'è, peraltro, da soggiungere che i primi studi dai quali emergeva la detta
correlazione risalgono agli anni 30/40 e poi 50 del secolo scorso (in Germania). In Italia risalgono ai lontani anni
1955/1956 i primi approfondimenti resi pubblici da…”. Anche a non voler conto delle sentenze della Corte di
Cassazione, evidentemente la conoscenza e/o conoscibilità del rischio e il conseguente obbligo di rimuoverlo o
quantomeno di ridurlo può essere ritenuto operante quantomeno dal 1930.
333
Gli stessi autori hanno pubblicato altri lavori in quello stesso anno: D. Lovisetto, PULMONARY ASBESTOSIS, in
Records of the international conference on silicosis at Johannesburg, August, 1930, Stud. Rep. Ser. F. (Ind. Hyg.), no.
13, Genova: ILO, 1930; G. Mussa, CLINICAL AND RADIOLOGICAL NOTES ON PNEUMOCONIOSIS DUE TO ASBESTOS, in
Records of the international conference on silicosis at Johannesburg, August, 1930, Stud. Rep. Ser. F. (Ind. Hyg.), no.
13, Genova: ILO, 1930.
334
Tra le varie pubblicazioni possono essere qui ricordate: A.J. Lanza & W.J, Mc Connell, EFFECTS OF THE INHALATION
OF ASBESTOS DUST ON THE LUNGS OF ASBESTOS WORKERS, Public Health Report, 1935, Vol. 50: 1; W. Alwens, UBER
ASBESTOSIS DER LUNGEN, Munchen Med. Wochenschr, 82:1797-1800. 1935; D.S. Egbert, PULMONARY ASBESTOSIS,
Am. Rev. Tuberc, 31:25-34, 1935; W.B. Fulton, A. Dooley, J.L. Matthews, R.L. Houtz, ASBESTOSIS, Penn Dept. Labor
and Ind Bull, 42, 1935; L. Mart, ASBESTOSIS AND TUBERKULOSE DER LUNGEN, Zeitschr. f. Tuberk., 72:11-15, 1935;
Memorandum on the industrial diseases of silicosis and asbestosis, London: HMSO, 1935; K.M. Lynch, W.A. Smith,
PULMONARY ASBESTOSIS III: CARCINOMA OF LUNG IN ASBESTO-SILICOSIS, Amer. J. Cancer,1935; 24, 54-64; R.C. Page,
A STUDY OF THE SPUTUM IN PULMONARY ASBESTOSIS, Am. J. Med. Sci., 189:44-55, 1935; T.P. White, PULMONARY
ASBESTOSIS, Trans. Med. Soc. State of North Carolina, 1935:259-262, 1935; W. Alwens, ASBESTOSIS, Zeitschr. f.
Gewerbehyg. u. Unfall., 43: 1-6, 1936; P. Arnold, J.R. Beal, P.A. Cookson, A CASE OF ASBESTOSIS OF THE LUNGS, Brit.
J. Tuberc., 33:45-48, 1936; J. Donnelly, PULMONARY ASBESTOSIS: INCIDENCE AND PROGNOSIS, J. Ind. Hyg., 18:222228, 1936; S.B. Mcpheeters, A SURVEY OF A GROUP OF EMPLOYEES EXPOSED TO ASBESTOS DUST, J. Ind. Hyg., 18:229239, 1936; J.R. Shull, ASBESTOSIS, A ROENTGENOLOGIC REVIEW OF 71 CASES, Radiology, 27:279-292, 1936; K.M.
Lynch, PULMONARY ASBESTOSIS, J. Am. Med. Assoc., 109:1974-1978, 1937; R.T. Page & J.J. Bloomfield, DUST
CONTROL METHODS IN AN ASBESTOS FABRICATING PLANT , U.S. Publ. Health Report, 52:1713-1737, 1937; N. Sundius &
A. Bygden, DER STAUBINHALT EINER ASBESTOSISLUNGE UND DIE BESCHAFFENHEIT DER SOGENANNTEN
ASBESTOSISKORPERCHEN, Arch. f. Gewerbepathol. u. Gewerbehyg., 8:26-70, 1937; D.R. Wilson, ANNUAL REPORT OF
THE CHIEF INSPECTOR OF FACTORIES FOR THE YEAR 1936, London: HMSO, 1937; S.R. Gloyne, PATHOLOGY, in Silicosis
and asbestosis, edited by A.J. LANZA, N.Y., 1938; F. Hornig, KLINISHE BETRACHTUNGEN ZUR FRAGE DES
BERUFSKREBSES DER ASBESTARBEITER, Zeitschr. Krebsforsch., 47:281-287, 1938; W.C. Dreesseen, J.M. Dellavalle,
T.I. Edwards, J.W. Miller, R.R. Sayers, A STUDY OF ASBESTOSIS IN THE ASBESTOS TEXTILE INDUSTRY, Public Health
Bulletin 1938; no. 241:1-126, Washington DC; D.R. Wilson, ANNUAL REPORT OF THE CHIEF INSPECTOR OF FACTORIES
FOR THE YEAR 1937, London: HMSO, 1938; F.W. Baader, ASBESTOS, Deutsche Med. Wochenschr., 65:407-408, 1939;
W.W. George & R.D. Leonard, AN X-RAY STUDY OF THE LUNGS OF WORKMEN IN THE ASBESTOS INDUSTRY, COVERING A
PERIOD OF TEN YEARS, Radiology, 33:196-202, 1939; R.R. Sayers & W.C. Dreesseen, ASBESTOSIS, Am. J. Public
Health, 29:205-214, 1939; A. Sirois, MINES D’AMIANTE, SELICOSE, AMIANTOSE, Laval Med., 4:275-283, 1939; D.R.
CAPITOLO IV | 103
Bureau of Mines scriveva a Eagle-Picher, una società che impiegava l’amianto: ‘It is now known
that asbestos dust is one of the most dangerous dusts to which man is exposed’.
Nel 1930 il prof. Caccuri noto clinico di Napoli, pubblicò ‘Le malattie respiratorie da
polveri’335, e riassunse in occasione del IX Congresso di Medicina del Lavoro tenutosi a Roma, le
conoscenze sulle malattie respiratorie da polveri; con l’elenco degli studi pioneristici di alcuni
medici liguri336, già nella prima metà dell’800, e relativi alle patologie da polveri nei lavoratori
delle cave d’ardesia di Lavagna, già magistralmente riassunti da Devoto nell’VIII Congresso di
Medicina del Lavoro tenutosi a Napoli nell’ottobre 1929, e richiamava le acquisizioni sulle malattie
da polveri attraverso tutti i convegni nazionali e internazionali dal 1906 al 1929.
Egli auspicava l’inserimento delle pneumoconiosi tra le patologie soggette a legge
assicurativa; e le definiva richiamando il concetto estensivo formulato dal Maragliano e ripreso da
Devoto, con classificazione delle polveri e descrizione delle lavorazioni che le provocavano,
evidenziando come un dipendente inspira in un anno dai 15 ai 300 grammi di polvere; descriveva i
moderni esami chimico-fisici sull’inquinamento ambientale utilizzati da Sokolov in Russia, già
espressi in mg/m3 ; citava poi indagini equivalenti svolte da Giardina nelle miniere di zolfo della
Sicilia e da Mazzitelli nelle cave e negli opifici di Carrara; esponeva i dati sulla polverosità delle
strade, ampiamente dibattuti nel IV Congresso Nazionale di Igiene di Torino del 1926, dove è stata
prospettata l’utilità dell’asfaltatura sistematica di tutte le vie di comunicazione, al fine di ridurre
notevolmente lo sviluppo di polvere. A tale proposito, ricordava le ricerche di Palamidesi, del
Laboratorio Batteriologico del Comune di Firenze, di Reitani a Torino e Manfredi a Napoli, sulla
presenza del bacillo di Koch nella polvere stradale; riassumeva poi i principali lavori sulla morbilità
delle attività polverose, e per l’amianto, oltre alla pubblicazione di Scarpa, richiamava il lavoro di
Dhers, basato sugli studi di Merewether e Price, che metteva in evidenza come la frequenza della
fibrosi polmonare fosse in rapporto con la durata degli anni di lavoro e con la concentrazione delle
polveri. Citava poi due indagini fondamentali:
“recentemente Lovisetto337 in Italia ha pubblicato uno studio sugli operai sia della fabbrica di
amianto a Basse di Dora338 (1902-1912), sia nei nuovi locali molto più salubri a Pozzo Strada
vicino a Torino. L’A. ha potuto notare come questi lavoratori fino a 3-4 anni di servizio
soffrono soltanto di faringite e tosse stizzosa senza espettorazione, mentre in media dopo 5 anni
si cominciano a notare lievi alterazioni polmonari, e dopo 10 fatti ancora più gravi: di questi
operai riporta 3 casi di asbestosi probabilmente misti a tubercolosi. Anche il Mussa339 ha seguito
delle ricerche cliniche e radiologiche sugli operai dello stabilimento Bender & Martiny di Nole
Canavese, notando molti casi di lesioni polmonari anche pure, senza cioè partecipazione del
bacillo di Koch”.
Wilson, ANNUAL REPORT OF THE CHIEF INSPECTOR OF FACTORIES FOR THE YEAR 1938, LONDON: HMSO, 1939; A.
Bonne, ASBESTOSIS, Deutsche Med. Wochenschr., 66:1024-1025, 1940; L. Roemheld, H. Kempf, H.W. Wedler,
UNTERSUCHUNGEN UBER DIE LUNGENFUNKTION BEI ASBESTOSE, Deutsche Arch. Klin. Med., 186:53-70, 1940; A.
Schrumpf, ET TILFELLE AV LUNGEASBESTOSE, Nord. Medicin, 9:704-706, 1940; M.J. Stone, CLINICAL STUDIES IN
ASBESTOSIS, Am. Rev. Tuberc., 41:12-21, 1940; A. Wolff, OM LUNGEASBESTOSE, MED DEMONSTRASJON AV 3 TILFELLE,
Nord. Medicin., 5:535-541, 1940.
335
S. Caccuri, LE MALATTIE RESPIRATORIE DA POLVERI, Cordani Ed., Milano 1930.
336
Mongiardini 1808, Imperiale Accademia Genovese di Scienze e Lettere- N. Della Torre 1846, Congresso degli
Scienziati Italiani, Genova.
337
D.Lovisetto (medico di fabbrica della Capamianto di Torino), ASBESTOSI, in “Studi sulla pneumoconiosi in Italia”,
Ministero delle Corporazioni, Ist.Poligrafico dello Stato, Roma 1930 : 115-132.
338
ASCT, GUIDA DI TORINO ANNO 1910, strada vicinale delle Basse di Dora.
339
G.Mussa (direttore del dispensario antitubercolare di Ciriè), NOTE CLINICHE E RADIOLOGICHE SULLA PNEUMOCONIOSI
DA AMIANTO, in “Studi sulla pneumoconiosi in Italia”, Ministero delle Corporazioni, Ist.Poligrafico dello Stato, Roma
1930 : 133-140.
104 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
I lavori di Lovisetto e Mussa, come già anticipato, contenuti nella pubblicazione ‘Studi sulla
pneumoconiosi in Italia’ del Ministero delle Corporazioni, richiesta dal Ministro Giuseppe Bottai ad
uso legislativo, al fine di poter inserire le suddette patologie nell’ambito delle tecnopatie assicurate,
e curata da A. Anselmi, direttore generale delle Corporazioni, non trovarono immediata
trasposizione sul piano legislativo.
Nello stesso decennio, nel nostro paese, fu emanato il regio decreto n. 1720 del 7 agosto 1936,
che, richiamando quanto già contemplato nel regio decreto 14 giugno 1909 n. 442 e decreto
legislativo 6 agosto 1916 n. 1136, recava nelle tabelle dei lavori pericolosi, faticosi ed insalubri, ove
ai punti 5 e 20 si fa riferimento nella tabella A)340 alla macinazione di calce, gesso, cementi,
pozzolana, amianto, talco, grafite, marmo, etc. e nella tabella B)341 alla mescola, filatura e tessitura
dell’amianto e ulteriori contributi sono assicurati dagli studiosi italiani sul fatto che ‘non esistono
polveri assolutamente inerti od indifferenti all’organismo’ e che fossero in grado di danneggiare
l’apparato respiratorio342.
Caccuri sosteneva l’importanza della predisposizione individuale, per fattori ereditari o
ipersensibilità, nella genesi della componente asmatica, correlata con alcune pneumoconiosi e già
evidenziata da Bastai e Frugoni; Giovanni Loriga riassumeva le conoscenze internazionali sulla
pneumoconiosi; Giacomo Bianchi focalizzava le pneumoconiosi dei lavoratori del marmo, con
osservazioni cliniche, radiologiche e ricerche sperimentali; Luigi Turano illustrava uno studio
radiologico (con ricerche cliniche e batteriologiche) sull’apparato respiratorio degli operai addetti
alla lavorazione del marmo a Carrara; Domenico Lovisetto e Giovanni Mussa presentavano due
ampi studi clinico-radiologici sull’asbestosi polmonare, descrivendo poi dettagliatamente i casi
relativi a 6 dipendenti della ‘Capamianto’ di Torino e a 15 della ‘Bender & Martiny’ di Nole
Canavese.
Sempre nel 1930 il libero docente in medicina-legale Vincenzo Palmieri343, pubblicò
‘L’asbestosi polmonare’344 in una rivista specialistica, con descrizione della insorgenza della
patologia a causa delle polveri di amianto, utilizzate anche per imbottire i materassi, e della quale
descrisse i sintomi, tra i quali la dispnea e la tosse e affermò di condividere il metodo proposto da
Roodhouse Gloyne nella pubblicazione ‘The Lancet’ per evidenziare le fibre di amianto
nell’escreato345, indicando l’utilità del radiogramma toracico, che risultava patognomonico (fibrosi
fine), rammentava la prognosi spesso fatale dell’asbestosi, l’assenza di cure efficaci e il quadro
anatomo-patologico all’autopsia (ispessimento pleurico, fibrosi basale del parenchima, evidenza
istologica dei corpuscoli dell’asbesto).
La ricerca di una classificazione dei riscontri radiologici facilmente applicabile nei casi di
asbestosi è iniziata nel 1930 in Sud Africa; sull’Enciclopedia Italiana Treccani del 1930346, alla
voce “cancro”, ci fu un’ampia trattazione, con revisione critica delle principali teorie eziopatogenetiche ed elenco dei fattori predisponenti; tra le professioni a rischio, sono state citate la
340
Lavori pericolosi, faticosi ed insalubri per i quali è vietata l’occupazione delle donne minorenni e dei fanciulli.
Lavori pericolosi, faticosi ed insalubri in cui è consentita l’occupazione delle donne minorenni e dei fanciulli,
subordinatamente all’osservanza di speciali cautele e condizioni.
342
Come precisa G. Loriga, IGIENE DEL LAVORO, Milano, 1937, 123, il quale richiamava anche le posizioni di altri
studiosi i quali affermavano che l’amianto determinava anche“i maggiori danni del polmone” e tra gli altri A.
TARSITANO, L’amiantosi professionale, Morgagni, 74:136-139, 1932; G. QUARELLI, Tracheite da asbesto, Med.
Lavoro, 25:218-223, 1934.
343
CHI È? DIZIONARIO DEGLI ITALIANI D’OGGI, voce “Palmieri”, IV edizione, Cenacolo Ed., Roma 1940.
344
V.M.Palmieri, L’ASBESTOSI POLMONARE, Riforma Medica, 46, 1207, 1930.
345
S.Roodhouse, THE LANCET, n.5557, 1930.
346
ENCICLOPEDIA ITALIANA DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI, voce “cancro” di A. Lutrario, già direttore Sanità Civile
Roma, Medicina Sociale, vol.VIII, Treccani Ed., Roma, 1930.
341
CAPITOLO IV | 105
lavorazione del catrame, la distillazione del carbon fossile, la lavorazione dei prodotti arsenicali e le
industrie chimiche in genere, con un’approfondita analisi statistica ed epidemiologica, con
interessanti dati sulla distribuzione geografica dei casi di cancro in generale.
4.10 Il nuovo ‘Regolamento generale per l’igiene del lavoro e l’Assicurazione
obbligatoria contro le malattie professionali’.
Nel 1925 furono stipulate diverse convenzioni, la n.18 del 19/5/1925, ratificata con R.d.l.
n.1792 del 4/12/1933 (G.U.10/1/1934), avente ad oggetto il risarcimento delle malattie professionali
(intossicazione da piombo e mercurio, infezione carbonchiosa) e la Convenzione n.19 del
19/5/1925, ratificata con L. n.2795 del 29/12/1927 (G.U. n.38 del 15/5/1928), avente ad oggetto
l’uguaglianza del trattamento dei lavoratori stranieri e nazionali in materia di risarcimento degli
infortuni sul lavoro; e venne emanata dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro la
Raccomandazione n.24 del 19/5/1925, avente ad oggetto l’indennizzo delle malattie professionali, e
con l’auspicio che vi fossero ricomprese anche le tecnopatie, fino alla pubblicazione ‘L’assurancemaladie’347, con la quale venivano riepilogate le normative sulle assicurazioni sociali nei diversi
stati.
Nel 1927 venne finalmente approvato il ‘Regolamento generale per l’igiene del lavoro’348,
Regio Decreto n. 530 del 14.04.1927, che conteneva anche tutta una serie di norme sulla
segnalazione e custodia delle sostanze nocive nella cassetta di pronto soccorso, sul medico di
fabbrica per le visite di ammissione al lavoro e periodiche (da stabilirsi con apposito elenco), e
all’art. 17 norme sul microclima, sul ricambio d’aria, sulla difesa dell’aria dagli inquinamenti con
prodotti nocivi (con aspirazione dei medesimi, incluse le polveri, e con provvedimenti atti a ridurne
o a impedirne, per quanto è possibile, la diffusione nell’ambiente dove lavorano gli operai):
“Nei locali chiusi nei quali si sviluppino normalmente vapori, odori, fumi o polveri di
qualunque specie, l’esercente ha il dovere di adottare provvedimenti atti ad impedire od a
ridurre, per quanto possibile, lo sviluppo e la diffusione nell’ambiente dove lavorano gli operai.
L’aspirazione dei gas, vapori, odori, fumo o polveri deve farsi, per quanto è possibile,
immediatamente vicino al luogo dove si producono”.
E all’art. 38 sul rumore e sugli scuotimenti, sui mezzi di protezione individuale e di difesa349:
“I mezzi personali di protezione e tutti gli altri necessari a difesa della salute dell’operaio
devono essere forniti dall’esercente.
Quando gli apparecchi di protezione possono diventare veicolo di contagio devono essere
individuali e contrassegnati col nome, o con un numero. I funzionari incaricati della vigilanza
possono farli cambiare quando si dimostrino insufficienti allo scopo.
I lavoratori che non facciano uso degli apparecchi di protezione, o non ne curino la
conservazione, sono puniti a norma dell’art. 56”.
Questo Regolamento Generale imponeva al datore di lavoro di informare i dipendenti sui
rischi ai quali venivano sottoposti, indicando anche le norme di buona tecnica. Proprio
l’inadempimento nella osservanza delle norme sancite dal Regolamento di Igiene, ha consentito ai
lavoratori di richiedere, in ambito civile, il risarcimento dei danni sofferti; per tale motivo, il
riconoscimento delle malattie professionali, negato alla Camera il 16/4/1902 nell’ambito della
347
BIT, L’ASSURANCE-MALADIE, n.4, Genève 1925.
R.D. n.530 del 14/4/1927, Approvazione del regolamento generale per l’igiene del lavoro, G.U. 25/4/1927 n.95.
349
La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la Sentenza n. 15159 dell’11.07.2011, testualmente: Lo stesso Regio
Decreto 14 aprile 1927, n. 530, tra gli altri agli articoli 10, 16, e 17, conteneva diffuse disposizioni relative alla
aerazione dei luoghi di lavoro, soprattutto in presenza di lavorazioni tossiche.
348
106 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
discussione della legge relativa al Testo Unico sugli infortuni lavorativi, diventava utile anche agli
imprenditori, e pertanto, con Regio Decreto n. 928 del 13.05.1929350 avente ad oggetto
‘Assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali’ furono riconosciute come professionali
6 patologie (intossicazioni da piombo, mercurio, fosforo bianco e solfuro di carbonio;
anchilostomiasi), ed entrò in vigore soltanto in data 01.01.1934, dopo che fu approvato il
regolamento di esecuzione con il Regio Decreto n° 1565/1933 e con il successivo provvedimento
R.D. n.1765 del 17/8/1935, ‘Disposizioni per l’assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro
e delle malattie professionali’351, furono dettate le disposizioni per l’assicurazione obbligatoria degli
infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, con indicazione del periodo massimo di
indennizzabilità dalla cessazione del lavoro, senza che però ne fosse contemplata l’asbestosi,
nonostante fosse già emerso il rischio morbigeno legato all’esposizione all’amianto.
350
R.D. n.928 del 13/5/1929, Assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali, G.U. 14/6/1929 n.138.
R.D. n.1765 del 17/8/1935, Disposizioni per l’assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e delle malattie
professionali, G.U. 14/10/1935 n.240.
351
Capitolo V
L’asbestosi come malattia professionale e il suo riconoscimento giuridico
SOMMARIO: 5.1 Le pubblicazioni scientifiche dei primi anni ’30. 5.2 L’evolversi della scienza, della legislazione e
della giurisprudenza nella seconda metà degli anni ’30. 5.3 La legge 455 del 1943 e il definitivo riconoscimento
dell’asbestosi come malattia professionale.
5.1 Le pubblicazioni scientifiche dei primi anni ’30.
Nel 1931 fu pubblicato il ‘Trattato della tubercolosi’352, curato dal Devoto, nel quale
Ottolenghi, igienista di Bologna, sviluppò il capitolo relativo alla tubercolosi nei suoi rapporti
sociali e professionali: nel libro fu riportata una stima delle quantità di polveri che presumibilmente
raggiungevano i polmoni di ogni singolo lavoratore per ogni anno, in base alle diverse attività
lavorative; e Sisto, direttore della Clinica Medica Generale della Regia Università di Modena, trattò
la parte relativa alla costituzione, predisposizione, e disposizione individuale verso le tecnopatie.
Sempre nel 1931, viene pubblicato ‘Clinica delle malattie professionali’353 del prof. Quarelli,
direttore dell’Istituto di Clinica delle malattie Professionali della Regia Università di Torino e
primario di medicina dell’Osp. Maggiore di S. Giovanni Battista della città di Torino, nel quale c’è
un’analisi clinica delle tecnopatie, e una sezione sulle dermopatiti professionali, trattata in
collaborazione con il Prof. Enzo Bizzozzero, direttore della Clinica Dermosifilopatica della Regia
Università di Torino; oltre ad un capitolo sulle pneumoconiosi, nel quale si segnalano i lavori di
Oliver sull’asbestosi, e l’utilità della ricerca dei corpuscoli dell’asbesto nell’escreato ai fini
diagnostici, con didascalie e con numerosissime illustrazioni.
Il Devoto pubblicò, nel 1932, sulla rivista ‘La medicina del lavoro’, un lavoro dal titolo ‘Una
disciplina italiana e i trenta anni del suo giornale’354, con il quale riassumeva i 30 anni di studi sulle
malattie professionali in Italia, anche in chiave politica, economica e sociale, e faceva riferimento
anche all’istituzione dell’Ufficio Internazionale del Lavoro, sulla base di quanto venne disposto
nella parte XIII del Trattato di Versailles del 1919, e su quanto affermato durante la Conferenza
Internazionale di Washington circa l’esistenza di ‘…condizioni di lavoro che significano per
moltissimi l’ingiustizia, la miseria e le privazioni...’, e richiamando l’impegno del Carozzi a
collaborare con i più grandi specialisti di ogni paese per la stesura dell’Enciclopedia di Igiene e
Patologia del Lavoro.
Sempre nel 1932 Pieraccini concorreva alla cattedra di Medicina del Lavoro della Regia
Università di Napoli355; tra i suoi lavori, risultava particolarmente interessante quello del 1908, che
analizzava le patologie dei lavoratori delle miniere e degli alti forni dell’Elba, considerandoli in
gruppi omogenei (metodologia sviluppata nelle mappe di rischio contemplate nella L.833/78),
rispetto agli studi precedenti, nei quali le tecnopatie venivano studiate in collegamento eziologico
con il lavoro, considerato globalmente per lavorazioni e/o gruppi di industrie similari.
352
L.Devoto, TRATTATO DELLA TUBERCOLOSI, Vallardi Ed., Milano 1931.
G.Quarelli, CLINICA DELLE MALATTIE PROFESSIONALI, UTET, Torino 1931.
354
L.Devoto, UNA DISCIPLINA ITALIANA E I TRENTA ANNI DEL SUO GIORNALE, La Medicina del Lavoro, n.12, dicembre
1931-X, Cordani Ed., Milano 1932-X.
355
G.Pieraccini, ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI, Bernardino Ed., Siena 1932-X.
353
108 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
Nel 1932, il Bureau International du Travail (BIT) pubblicò l’enciclopedia356 ‘Hygiène du
travail’ (igiene del lavoro), e alla voce ‘polveri’ redatta dal prof. Max Sternberg di Vienna furono
descritte le pneumoconiosi; e per l’asbestosi, furono elencati gli studi clinici svolti sino ad allora nei
diversi paesi (non sono citati i lavori di Lovisetto e Mussa). Ulteriori notizie sull’amianto sono poi
riportate sotto altre voci, e nessuna modifica fu aggiunta nella edizione pubblicata nell’anno
successivo.
Il manuale pratico ‘Medicina Interna’ di Ceconi e Micheli357, adottato dagli studenti di
Medicina, nel 1933, ricevette l’encomio dalla Reale Accademia d’Italia per aver contribuito
all’affermazione della scienza medica italiana all’estero; sulle pneumoconiosi, precisava:
“è stata descritta di recente anche una forma di pneumoconiosi che si osserva nei lavoratori
dell’amianto (asbestosi), la quale si esplica in processi di indurimento sclerotico, talvolta anche
broncopneumonitici localizzati in preferenza nei lobi inferiori con tendenza alla fusione
purulenta (Rostoki). L’importanza attuale dell’asbestosi come malattia professionale risulta
evidente per la circostanza che la produzione mondiale di asbesto che nel 1880 era di sole 500
tonnellate, era salita nel 1929 a 430.000 tonnellate (E.Merewether)”.
Questi studi dimostravano come per l’insorgenza dell’asbestosi assumesse rilevante
importanza la predisposizione individuale e segnalavano come la sua sintomatologia si
sovrapponesse a quella della bronchite e la prognosi fosse favorevole soltanto se l’operaio avesse
evitato ulteriori esposizioni, mentre in caso contrario sarebbe subentrata una dispnea ingravescente,
con enfisema e cardiopatia secondaria, e il decorso, non di rado complicato da tubercolosi, si
sarebbe inevitabilmente evoluto verso la morte.
Sull’Enciclopedia Italiana del 1933, ad opera del prof .Nicolò Castellino, direttore dell’Istituto
di Medicina del Lavoro della Regia Università di Napoli, veniva descritta l’asbestosi come
‘pneumoconiosi professionale dovuta ad inalazione di polvere di amianto, che determina una
peribronchite fibrosa, con consecutiva retrazione del tessuto circostante e una polmonite
interstiziale cronica’; le cosiddette ‘malattie da polveri minerali’, che comprendevano in un tutt’uno
silicosi ed asbestosi, vengono quindi ad essere differenziate tra loro anche a livello divulgativo358.
Nel 1933, Luigi Carozzi, capo del servizio di igiene dell’Ufficio internazionale del lavoro di
Ginevra, nel redigere la voce ‘igiene del lavoro’ dell’‘Enciclopedia Treccani’359, ha sostenuto che
“le polveri (di origine animale, vegetale, minerale o mista) che si sollevano nelle più svariate
industrie, rappresentano uno dei più importanti fattori di malattia e di predisposizione
all’infezione tubercolare. Il medico igienista e il tecnico difendono l’organismo contro l’azione
delle polveri, raccogliendole presso l’origine della loro produzione (aspirazione localizzata), o
impedendone il sollevamento nell’ambiente (macchine chiuse, inumidimento del materiale
polverulento ecc.), o precipitandole con sistemi diversi: filtrazione, precipitazione elettrostatica
ecc.”
Nel 1934, Quarelli pubblicava ‘Tracheite da asbesto’360 relativa ad un caso di tracheite da
asbesto, insorta in un’operaia di una manifattura d’amianto, che con l’entrare in fabbrica veniva
356
BIT, HYGIENE DU TRAVAIL, vol.II, G-Z, Genève 1932- Id., 1933.
A.Ceconi, F.Micheli, MEDICINA INTERNA, vol. II, Minerva Medica Ed., Torino 1937.
358
N.Castellino (R.Univ. di Napoli, Med. Lavoro) & L.Carozzi (Uff. Int. del Lavoro, Ginevra), Voce “lavoro”
(patologia del lavoro & igiene del lavoro), ENCICLOPEDIA ITALIANA DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI, vol. XX, Ist.
Giovanni Treccani, Roma 1933.
359
L.Carozzi, voce Igiene del lavoro, vol.XX, ENCICLOPEDIA ITALIANA DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI, Treccani Ed.,
Roma 1933.
360
G.Quarelli, TRACHEITE DA ASBESTO, Med. Lav. 25:218-233, 1934.
357
CAPITOLO V | 109
colpita da accessi di tosse stizzosa; nello stesso anno alla voce ‘neoplasma’361, si riportano i classici
concetti di Virchow per la definizione di una neoplasia o di un tumore (‘accrescimento patologico e
circoscritto’), segnalando comunque il carattere invasivo di tale accrescimento e la possibilità di
metastasi.
5.2 L’evolversi della scienza, della legislazione e della giurisprudenza nella seconda metà
degli anni ’30.
Nel VII Congresso Internazionale delle Malattie da Lavoro362 di Bruxelles, una sessione fu
interamente dedicata alla lotta contro le polveri: Middleton (Londra) e Bordas (Parigi) illustrarono
la raccolta dei campioni e dell’analisi delle polveri (conteggio e diametro delle particelle di polvere
mediante ‘impinger’, coniometro circolare o a getto e precipitatore termico); Deladriere (Bruxelles)
e Boerma (L’Aja) esposero le diverse modalità di intervento contro le polveri sospese nell’aria
(aspirazione, maschere); Teleky (Vienna) e Pieraccini (Firenze) evidenziarono i criteri di selezione
degli operai esposti a polveri dannose; Policard (Lione), Martin (St.Etienne) e Denet (Obourg-lesMons) riassunsero i segni di allarme per la diagnosi precoce di pneumoconiosi e per
l’allontanamento dal lavoro nocivo (radiografia e anamnesi lavorativa).
Nel 1936, il BIT pubblicava un ‘Vademecum de l’hygiéniste du travail’363 sui principiali
metodi di ricerca e analisi nel campo dell’igiene del lavoro, con il quale gli studiosi londinesi Green
e Middleton illustravano i metodi di dosaggio e conteggio delle polveri, che apparivano analoghi a
quelle descritte da Loriga e che questi pubblicò l’anno seguente.
“Il Regio Decreto 7 agosto 1936, n. 1720 che approvava le tabelle indicanti i lavori per i quali
era vietata l'occupazione dei fanciulli e delle donne minorenni, prevedeva alla tabella B s lavori
pericolosi, faticosi ed insalubri in cui è consentita l'occupazione delle donne minorenni e dei
fanciulli, subordinatamente all'osservanza di speciali cautele e condizioni e, tra questi, al n. 5, la
lavorazione dell'amianto, limitatamente alle operazioni di mescola, filatura e tessitura”364.
Nel 1936 venne pubblicato il manuale ‘Codice del medico del lavoro’365 che conteneva tutta
la normativa relativa all’igiene del lavoro ed all’assicurazione delle tecnopatie e degli infortuni, al
fine di consentire ai medici di fabbrica di svolgere correttamente il loro lavoro.
Nella prefazione del quarto libro pubblicato da Loriga nel 1937366, si ricordava l’affluenza
sempre maggiore dei giovani medici alle ‘Scuole di perfezionamento in Medicina del Lavoro’, sorte
in molte università dopo l’impulso dato a questo insegnamento dal Ministero delle Corporazioni e
da quello dell’Educazione Nazionale. Il I capitolo descriveva, invece, l’importanza dell’Igiene del
lavoro (‘ramo dell’Igiene generale che si propone di difendere l’uomo contro le cause di malattia, di
infortunio, di invalidità precoce o di diminuzione della sua capacità produttiva, che vanno unite allo
esercizio di una professione o di un mestiere’) che interessava il 53,75% della popolazione; il II
capitolo riguardava la legislazione del lavoro, e l’autore, elencando le fonti internazionali, ricordava
il documento che ha sancito il riconoscimento dei diritti dei lavoratori, e cioè la parte XIII del
trattato di Saint Germain:
361
ENCICLOPEDIA ITALIANA DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI, voce “neoplasma” di B.Devecchi, prof. Anatomia Patologica
Regia Università di Firenze, vol. XXIV, Roma 1934.
362
ATTI DEL VIIME CONGRES INTERNATIONAL DES ACCIDENTS ET DES MALADIES DU TRAVAIL, tome III,maladies du
travail, Vromans Ed., Bruxelles 1935.
363
VADEMECUM DE L’HYGIENISTE DU TRAVAIL, BIT Genève 1936.
364
Sentenza della Corte di Cassazione, Sez. Lav., n. 15159 dell’11.07.2011.
365
A. Altarelli, CODICE DEL MEDICO DEL LAVORO, Hoepli Ed. Milano 1936.
366
G. Loriga, IGIENE DEL LAVORO, Vallardi Ed., Milano 1937.
110 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
“Considerando che la Società delle Nazioni ha per fine di stabilire la pace universale, e una pace
siffatta può essere fondata soltanto sulla giustizia sociale....considerando che la mancata
adozione, da parte di uno stato qualsiasi, di un regime di lavoro veramente umano ostacola gli
sforzi degli altri che desiderano migliorare la sorte dei lavoratori nei propri paesi....le Alte Parti
Contraenti, mosse da sentimenti di giustizia e di umanità, e dal desiderio di assicurare una pace
mondiale durevole, hanno convenuto di istituire una Organizzazione permanente per
promuovere l’attuazione del programma esposto nel preambolo”.
A questo punto l’autore ricordava che
“questa Organizzazione è l’Ufficio internazionale del lavoro, che ha sede in Ginevra, ed ha già
dato frutti copiosi e succulenti. Di essa fa parte la Sezione di igiene del lavoro, che è
degnamente diretta dal prof. Carozzi, già ispettore medico del lavoro in Italia, assistito da un
Comitato internazionale di consultazione e di corrispondenza per la Igiene industriale, del quale
ha l’onore di far parte l’autore di questo libro”.
L’autore richiamava le attività di due organizzazioni volontarie autonome: la Commissione
internazionale permanente per la medicina del lavoro e quella degli infortuni, discendenti legittime
della benemerita Associazione internazionale per la protezione dei lavoratori, con sede a Basilea, in
un periodo antecedente il primo conflitto mondiale; e gli importanti Congressi internazionali
congiunti, il VI a Ginevra nel 1931 e il VII a Bruxelles nel 1935.
Inoltre il Loriga richiamava l’importanza della Conferenza annuale internazionale del lavoro,
la quale si riunì per la prima volta a Washington nel 1919, poi a Genova nel 1920 e
successivamente sempre a Ginevra: essa sino al 1935 ha approvato 49 Disegni di Convenzione e 45
Raccomandazioni, le quali furono in gran parte ratificate e tradotte in legge dai 61 Stati membri
della Organizzazione. Vennero inoltre elencate le principali norme internazionali relative
all’ispezione del lavoro, precisato il ruolo dei medici di fabbrica (ex art.6 R.G.I.L.), ricordando che
in Inghilterra sono stati previsti con ampio mandato sin dal 1833, contemporaneamente alla
istituzione dell’Ispettorato del Lavoro in Italia, del quale sono stati chiamati a far parte i medici del
lavoro soltanto a partire dal 1938 e che ‘tutta l’opera del medico di fabbrica è considerata in
America tanto fruttifera che un grande industriale americano ha detto che se domani dovesse
riorganizzare le sue officine, il primo servizio da istituire sarebbe il servizio medico’.
Il X capitolo della parte I era dedicato alla difesa contro le polveri, con inserimento
dell’asbesto tra quelle più pericolose (pag.125), ed il XXIV capitolo della parte II alla misura delle
polveri (metodi gravimetrici, metodi densimetrici, metodi della precipitazione elettrica, metodi per
adesione o impingement); furono poi descritti i ‘conimetri’, definiti più maneggevoli e precisi, e
adatti alla conta dei granuli di polvere e al loro esame microscopico, allo scopo di misurare i
diametri e le altre proprietà fisiche e chimiche delle particelle e, da ultimo, l’autore ha elencato le
modalità di misurazione della polvere in ambienti non confinati, per valutazioni di tipo ecologico.
In quel periodo, il fatto che le tecnopatie da polveri non fossero ancora considerate come di
origine professionale ed inserite nelle relative tabelle, al fine di determinare l’indennizzo dei
lavoratori che ne fossero colpiti, aveva aveva alimentato l’insorgenza di numerose cause civili, che
promosse a carico dei datori di lavoro negli anni dal 1938 al 1940 avevano portato la Corte di
Cassazione ad altrettante condanne, sulla base dei presupposti già evidenziati nel 1936 dalla Corte
di Cassazione, secondo la quale367
“E’… certo ed incontestabile che l’integrità personale dell’uomo e la sua salute (sommi beni che
367
RESPONSABILITÀ CIVILE E PREVIDENZA,
GIURISPRUDENZA CORPORATIVA, 1941 Roma.
anno 41, vol.12 - Id., anno 42, vol.13 - G.Balella, MASSIMARIO
DI
CAPITOLO V | 111
trascendono dalla sfera dell’individuo per assurgere ad importanza sociale, come necessaria
premessa della conservazione e del miglioramento della specie) sono protette non soltanto dal
contratto, ma altresì da numerose leggi di pulizia sanitaria e perfino dal Codice Penale”.
(Corte di Cassazione Civile, Sentenza n. 2107 del 28.04.1936, pubblicata il 17.06.1936).
La Corte di Cassazione svilupperà questi fondamentali principi in importanti successive
sentenze, che confermavano le decisioni dei Giudici di merito, in ordine alla responsabilità dei
datori di lavoro per violazione delle norme già esistenti in materia di sicurezza sul lavoro.
La pendenza dei numerosi giudizi a carico del datore di lavoro, intentati dai lavoratori malati
e dalle loro vedove, in un momento nel quale era più intenso lo sforzo bellico, quando tuttavia le
sorti sembravano già segnate, si determinò una sensibile accelerazione nel riconoscimento
assicurativo delle pneumoconiosi (silicosi ed asbestosi), con la legge 455/1943.
Questo contesto venne descritto magistralmente dal Mottura con un articolo ‘L’ammalato per
contratto di lavoro’ (considerazioni indotte dallo studio della malattie polmonari da polveri
industriali), pubblicato nel 1950, sulla rivista ‘Cultura e realtà’368.
Nel 1937, alla voce ‘tumore’369 (‘neoformazione cellulare a sviluppo illimitato, a struttura
profondamente aberrante’) venne avanzata una moderna classificazione delle neoplasie su base
embriologica-istogenetica (t. ectodermici, mesodermici, entodermici, mesenchimali, e da residui
embrionali), cui seguì un’ampia trattazione della fisiologia delle cellule neoplastiche, ed un
aggiornamento dei fattori causali; in ambito professionale venne citato il frequentissimo cancro
polmonare dei lavoratori delle miniere di Schneeberg in Sassonia, attribuibile al cobalto, nonché il
papilloma vescicale da anilina, oltre ai già elencati tumori nei lavoratori della paraffina,
dell’arsenico, e del catrame; a tale proposito, vennero elencate le principali sostanze cancerogene
contenute nel catrame; nella seconda appendice dell’enciclopedia370, alla voce ‘tumore’ vennero
riportati i più moderni studi di oncogenesi sperimentale da agenti chimici, con descrizione delle
principali sostanze cancerogene e del loro probabile meccanismo d’azione; nella terza appendice371,
venne riportato il crescente numero di morti per tumore (seconda causa di mortalità in Italia dopo le
malattie cardio-vascolari), pur segnalando che tali cifre sono in parte attribuibili all’affinamento dei
mezzi diagnostici ed all’aumento della vita media; venne poi dedicato un paragrafo ai rapporti tra
fumo di tabacco e tumori del sistema respiratorio.
Nel 1937, l’Ente Nazionale di propaganda per la Prevenzione Infortuni (ENPI), pubblicò al
n.6 della collana, una monografia di G.A.Vigliani, allora direttore sanitario dell’ENPI e padre del
più volte citato E.C.Vigliani, relativa agli istituti di medicina industriale, nel quale era riportato che,
già nel giugno ’36, era stato inaugurato quello di Milano, e successivamente quelli di Genova,
Firenze, Napoli ed infine quelli di Roma e Torino, con fotografie della sala-visite, delle
apparecchiature oculistiche, del laboratorio di tossicologia, della radiologia, dello spettrografo, del
reparto psicotecnico, del fotometro spettrale, dell’apparecchiatura dei tempi di scelta e reazione, del
reparto di neuropatologia e della biblioteca.
Lo spettrografo Zeiss, installato a Torino, era uno dei più avanzati del mondo (in funzione,
all’epoca, solo in altri quattro laboratori stranieri) e consentiva esami tossicologici sbalorditivi per
quei tempi: era ormai venuta alla luce la moderna Medicina del Lavoro, con le sue varie
specializzazioni; l'ENPI infatti, già allora, non si limitava a svolgere le visite periodiche, ma
368
G. Mottura, CULTURA E REALTÀ, rivista bimestrale n. 1 -1950.
Id., voce “tumore” di G.Verno, prof. di Oncologia Regia Università di Roma, vol.XXXIV, Roma 1937.
370
Id., voce “tumore” di P.Buffa, Centro Studio Fisiopatologia del cancro c/o CNR Roma-Oncologia, II appendice,
1938-1948, Roma 1949.
371
Id., voce “tumore” di P.Valdoni, prof. Chirurgia Università di Roma, terza appendice, 1949-1960, Roma 1961.
369
112 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
effettuava controlli biologici ed ambientali e si occupava attivamente di ricerca scientifica.
Nel 1938, nel ‘Nuovo Digesto Italiano’ ci fu una nuova redazione delle voci ‘lavoro (igiene e
assistenza sociale del)’ e ‘industrie insalubri e pericolose’372 nelle quali c’era un aggiornamento
dell’elenco ed una specifica descrizione delle industrie insalubri e pericolose e delle misure di
igiene e assistenza sociale; e nello stesso anno Dreessen e Dellavalle pubblicarono ‘A study of
asbestosis in the asbestos textile industry’373 relativa ad uno studio su oltre 500 lavoratori di
un’industria tessile esposti ad amianto, nei quali il rischio era stato sottostimato poiché altri 150 già
ammalati erano stati poco prima licenziati; e nello stesso anno venne pubblicato il I supplemento
dell’enciclopedia (dell’‘Encyclopédie d’hygiène du travail, del BIT’374), che conteneva tra l’altro
l’aggiornamento sull’asbestosi redatto da Gloyne e Merewether, di cui E.C.Vigliani dello stesso
anno pubblicava una recensione nel bimestrale dell’ENPI (‘Rassegna di medicina applicata al
lavoro industriale’).
Nel 1939, E.C. Vigliani, in una rivista specialistica pubblicò ‘Asbestosi polmonare’375, in cui
descrisse le caratteristiche cliniche, radiologiche e anatomopatologiche dell’asbestosi, segnalando
che già nel 1908 Scarpa, al XVIII Congresso di Medicina Interna, aveva riferito la morte per lesioni
polmonari di 29 operai addetti alla lavorazione dell’amianto, e che nel 1914 in Germania Fahr e
Feigel aveva descritto strani cristalli rinvenuti nei polmoni di un operaio di una manifattura di
amianto, morto per sclerosi polmonare. Vigliani ricordava altresì che vi erano ormai più di 70
pubblicazioni sul tema e che nel 1938 gli americani avevano introdotto la concentrazione limite di 5
milioni di particelle per piede cubo (173 pp/cm3); segnalava infine l’opportunità di non adibire alla
lavorazione dell’amianto le persone affette da patologie cardiache, polmonari e pleuriche, e di
dotare comunque le maestranze di maschere e le aziende di aspiratori; e il fatto che le visite
preventive e periodiche fossero precedute da una radiografia del torace.
Nel 1940, G. Mottura e F. Fagiano hanno pubblicato ‘Anatomia patologica e patogenesi
dell’asbestosi polmonare’376, con la prima descrizione anatomo-patologica esauriente della morte
per asbestosi, in seguito all’autopsia eseguita sul corpo di due donne che erano decedute per questa
patologia, rispettivamente nel 1937 e nel 1938, anche se la possibilità di morte per asbestosi era già
nota ai primi del 1900, mentre l’associazione asbestosi-cancro polmonare venne evidenziata in due
soggetti ammalati di asbestosi, per la prima volta negli anni ’30 da Gloyne377.
Nel 1940 Vigliani, descriveva dal punto di vista clinico-radiologico i due casi mortali di
asbestosi, pubblicando ‘Due casi mortali di asbestosi’378, che già erano stati trattati dal punto di
vista anatomo-patologico da Mottura e Fagiano in ‘Anatomia patologica e patogenesi dell’asbestosi
polmonare’, correlando il lavoro con un’ampia rassegna bibliografica.
Si trattava di due donne: una, deceduta a 56 anni, ha lavorato 30 in una fabbrica di corde
d’amianto di Torino, l’altra deceduta a 50 anni, ha lavorato per 7 anni in gioventù in una
manifattura di amianto di Nole Canavese.
Ancora Vigliani, nel 1940, pubblicava un altro studio sull’asbestosi in 4 manifatture
372
M.D’Amelio, NUOVO DIGESTO ITALIANO- LAVORO (IGIENE E ASSISTENZA SOCIALE DEL), vol.VII - industrie insalubri e
pericolose, vol.VI, UTET, Torino, 1938.
373
W.C.Dreessen, J.M.Dellavalle & al., A STUDY OF ASBESTOSIS IN THE ASBESTOS TEXTILE INDUSTRY, Public Health
Bull., n.241, 1938.
374
G.A.Vigliani, RASSEGNA DI MEDICINA APPLICATA AL LAVORO INDUSTRIALE, anno IX n.4, Roma agosto 1938.
375
E.C.Vigliani, ASBESTOSI POLMONARE, Rass.Med.Indust., X-6, 1-12, 1939.
376
G. Mottura, E. Fagiano, ANATOMIA PATOLOGICA E PATOGENESI DELL’ASBESTOSI POLMONARE, Rass.Med.
Indust.,11/5/1940.
377
S.R.Gloyne, TWO CASES OF SQUAMOUS CARCINOMA IN THE LUNG OCCURRING IN ASBESTOSIS, Tubercle, 17:5-10,1935.
378
E.C.Vigliani, DUE CASI MORTALI DI ASBESTOSI, Rass. Med. Ind., XI - 1: 26-52, 1940.
CAPITOLO V | 113
d’amianto situate in Torino e Provincia379 (‘Società Italo-Russa per l’Amianto’, ‘Capamianto’,
‘Bender & Martiny’ e una ditta produttrice di materiali d’attrito). L’elaborato era suddiviso in una
prima parte in cui venivano trattate le questioni di igiene del lavoro, ed in una seconda,
comprendente i problemi clinico-radiologici, incluse le complicanze tubercolari e neoplastiche. Su
442 operai esaminati, 76 sono affetti da asbestosi, risultata più grave nei reparti con concentrazione
di polvere più elevata (> 200 pp/cc)380.
Sempre nel 1940, venne pubblicato il ‘Trattato di patologia medica del lavoro’ del prof.
381
Preti , con il quale furono descritte la patogenesi, l’anatomia patologica, la sintomatologia clinica,
il quadro radiologico dell’asbestosi, la sua prognosi infausta e peggiore di quella della silicosi, ed
elencò quali mezzi preventivi generali ed individuali dovessero essere adottati.
Nello stesso anno venne pubblicata una monografia ‘La silicosi’382 a cura di Quarelli, nella
quale si dava conto del fatto che i malati fossero ormai più di 4.000 e che fosse indispensabile la
prevenzione, con visite periodiche, con sistemi di aspirazione, con l’utilizzo delle maschere
antipolvere, che erano ritenuti indispensabili per prevenire l’insorgenza dell’asbestosi.
Il testo di Vanzetti ‘Trattato italiano di Anatomia Patologica’383 del 1940, dedicato al suo
maestro Foà, conteneva un capitolo sulle pneumoconiosi redatto da Mottura, con una moderna
descrizione dell’asbestosi ed una precisa segnalazione sulla sua frequente associazione con il cancro
polmonare, ribadita da V. Cesaris Demel, in ‘Il cancro primitivo del polmone’384, nel quale al
capitolo dell’etiologia e patogenesi, si citava l’importanza del fumo di tabacco, del catrame, delle
emanazioni radioattive e delle pneumoconiosi, e veniva sottolineata l’importanza del fattore
ambientale (già messa in risalto nel ’32 da Lipschitz) abitativo, lavorativo e geografico nella sua
insorgenza, che veniva altresì correlata all’asbesto-silicosi (come fecero Linch e Smith nel 1935), e
all’esposizione all’amianto quale fattore scatenante (come con Flecksender).
Vennero poi considerate la sede e la localizzazione dei tumori polmonari, le forme
anatomiche, l’età e il sesso, le metastasi, l’associazione con la tubercolosi e la classificazione
istologica. Il testo si concludeva con una ricca bibliografia.
Nel 1941, fu lo stesso Vigliani, nel corso di un importante convegno che si svolse a Torino, ad
affrontare il problema della diagnosi clinica e della prevenzione della silicosi, con le metodiche di
campionamento ambientale385 utili anche per le indagini relative all’asbestosi.
5.3 La legge 455 del 1943 e il definitivo riconoscimento dell’asbestosi come malattia
professionale.
Nel 1941, nella relazione della Commissione ENPI (‘Relazioni delle Commissioni degli
esperti medici, tecnici e medico-legali sui problemi diagnostici, preventivi e assicurativi della
379
E.C.Vigliani, STUDIO SULL’ASBESTOSI NELLE MANIFATTURE D’AMIANTO, ENPI Ed., collana n.34 delle pubblicazioni
degli Istituti di Medicina Industriale dell’ENPI, 1940.
380
Il Prof. Vigliani ha ringraziato i direttori delle manifatture ing. Gori, ing. Rossetti, ing. Nodari e ing. Boggio, dott. e
rag. Ferrabino, che avevano permesso la realizzazione dello studio (non fu così in altre circostanze negli Stati Uniti
d’America).
381
L.Preti, TRATTATO DI PATOLOGIA MEDICA DEL LAVORO, Cordani Ed., Milano 1940. Questi era ordinario di Medicina
del Lavoro e direttore della Clinica del Lavoro della Regia Università di Milano.
382
G.Quarelli, G.De Dominicis, LA SILICOSI, Società Reale Mutua Assicurazioni, Torino 1940.
383
F.Vanzetti, TRATTATO ITALIANO DI ANATOMIA PATOLOGICA, vol.II, UTET, Torino 1940.
384
V.Cesaris Demel, IL CANCRO PRIMITIVO DEL POLMONE, Universitas Ed., Roma 1940.
385
E.C.Vigliani, I-DIAGNOSI CLINICA DELLA SILICOSI, II-PREVENZIONE DELLA SILICOSI, DA ATTI DEL CONVEGNO SULLA
SILICOSI, Torino 22-23/2/1941, ENPI Ed. 1941.
114 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
silicosi e dell’asbestosi’)386 presieduta da Cesa-Bianchi (direttore della Clinica Medica della Regia
Università di Milano) e di cui facevano parte Vigliani, in qualità di segretario, Mottura, Castellino
ed altri illustri clinici, oltre al dott. Mario Azario, direttore dei servizi sanitari della FIAT, si
sottolineò l’importanza di accurate visite preventive all’atto dell’assunzione, che dovevano essere
ripetute periodicamente ogni anno, con radiografie del torace e controlli otorinolaringoiatrici, come
misure indispensabili per la prevenzione medica per l’asbestosi, e nel Convegno ENPI di Torino, si
dette corso alla fondazione del ‘Centro per lo Studio e la Prevenzione delle Pneumoconiosi’, per
approfondire il problema preventivo, terapeutico e assicurativo della silicosi e dell’asbestosi, cui
scaturì successivamente la proposta di legge di cui alla Commissione Legislativa 5/2/1943-XXI,
XXX Legislatura, I della camera dei Fasci e delle Corporazioni; Lupo, radiologo dell’ENPI e
dell’osp. Maggiore di Novara, proponeva di unificare le tecniche radiologiche per la diagnosi delle
pneumoconiosi e pubblicò una relazione ENPI-Centro per lo Studio e la Prevenzione delle
Pneumoconiosi del 1941, coordinata da Vigliani e anche una interessante rassegna dei quadri
radiologici dell’asbestosi polmonare (‘I quadri radiologici dell’asbestosi polmonare’387), nella quale
vennero fornite precise prescrizioni di tecnica radiografica e venne adottata una classificazione
radiologica in stadi dell’asbestosi (I stadio: sottile fibrosi con accentuazione basale della trama
polmonare- II stadio: incremento dei segni precedenti - III stadio: maggiore addensamento fibroso,
con sottilissime strie a guisa di raggi - IV stadio: gravi alterazioni fibrotiche non più compatibili con
il lavoro); e si segnalava che negli Stati Uniti vi erano 12.000 persone esposte all’inalazione di
polveri di amianto, in Inghilterra 3.000 e in Italia 1.000, delle quali la massima parte in Piemonte.
I Giudici di merito, già in diverse occasioni, avevano condannato i datori di lavoro a risarcire i
danni subiti dai lavoratori malati di asbestosi e di altre patologie asbesto correlate, e la Corte di
Cassazione aveva rigettato i loro ricorsi, confermando queste decisioni, affermando fondamentali
principi che possono essere così riassunti:
Con Sentenza n. 682 del 20.01.1941, pubblicata il 10.03.1941, la Corte di Cassazione,
Sezione Lavoro aveva enunciato i seguenti principi di diritto:
“le forme assicurative predisposte per garantire gli operai contro talune malattie professionali
tassativamente elencate, non dispensano i datori di lavoro dall’obbligo contrattuale di usare la
dovuta diligenza nella propria azienda, per evitare danni ai lavoratori (anche se compresi nella
previdenza assicurativa), adottando tutti i mezzi protettivi prescritti o suggeriti dalla tecnica e
dalla scienza. Il dovere di prevenzione, che l’art. 17 r.d. 14 aprile 1927, n. 530, sull’igiene del
lavoro, impone per il lavoro che si svolga in ‘locali chiusi’ va osservato in tutti quei casi in cui il
luogo di lavoro, pur non essendo completamente chiuso, non sia tale da permettere
comodamente e senza pericolo la uscita dei vapori e di qualsiasi materia nociva”.
(Cass., Sentenza n. 682 del 20.01.1941)
La colpa del datore di lavoro risiede nell’assenza di ‘aspiratori’ in ‘locali non perfettamente
chiusi’ e nell’inadempimento dell’obbligo di predisporre ‘maschere per i lavoratori’ e nella
negligenza e imprudenza rispetto ‘allarme dato dagli scienziati’ sulla pericolosità delle polveri
(Cass. Sent. n. 682 del 20.01.1941, pubblicata il 10.03.1941, Soc. acciaierie elettr. c. Panceri),
poiché già in precedenza la stessa Corte aveva stabilito che per le
“malattie professionali non garantite da assicurazione obbligatoria il datore di lavoro non può
386
Centro per lo Studio e la Prevenzione delle Pneumoconiosi, RELAZIONI DELLE COMMISSIONI DEGLI ESPERTI MEDICI,
TECNICI E MEDICO-LEGALI SUI PROBLEMI DIAGNOSTICI, PREVENTIVI E ASSICURATIVI DELLA SILICOSI E DELL’ ASBESTOSI,
ENPI, 1941-XX.
387
G.Mastrosimone, I QUADRI RADIOLOGICI DELL’ASBESTOSI POLMONARE, Rass.Med.Ind., 12 (8-9): 429-452, 1941.
CAPITOLO V | 115
esimersi da responsabilità se l’evento dannoso si sia prodotto per sua colpa”
(Corte di Cassazione, Sentenza 17.01.1941, Soc. off. elettroferro Tallero c. Massara)
né la responsabilità del datore di lavoro può essere esclusa dal fatto che
“gli operai non avevano mai denunziato disturbi […] perché la silicosi insidia insensibilmente
l’organismo del lavoratore fino alle manifestazioni gravi che causano l’incapacità al lavoro
sicché il lavoratore non è in grado di accorgersene in precedenza”,
poiché l’art. 2 del r.d. 530 del 1927,
“prescrive al datore di lavoro di avvertire preventivamente il lavoratore del pericolo, di
indicargli i mezzi di prevenzione adatti”
e l’art. 17 del r.d. 530 del 1927
“prescrive l’aspirazione della polvere immediatamente vicino al luogo ove viene prodotta”
(Corte di Cassazione, II^ Sezione Civile, Sentenza n. 686 del 17.01.1941),
Il ‘Repertorio Generale Annuale’388 sulla base di queste pronunce formulava le seguenti
massime:
“in ordine alle malattie professionali non garantite da assicurazione obbligatoria il datore di
lavoro non può esimersi da responsabilità se l’evento dannoso si sia prodotto per sua colpa”
(312bis)
“Il datore di lavoro, che assume la organizzazione ed il rischio dell’impresa, ha il dovere di
tutelare e garantire i prestatori d’opera dai pericoli inerenti al lavoro.” (313)
“Le forme assicurative predisposte per garantire gli operai contro talune malattie professionali
tassativamente elencate non dispensano i datori di lavoro dall’obbligo contrattuale di usare la
dovuta diligenza nella propria azienda, per evitare danni ai lavoratori (anche se compresi nella
previdenza assicurativa), adottando tutti i mezzi protettivi prescritti o suggeriti dalla tecnica e
dalla scienza” (314).
che ispiravano la successiva codificazione nell’art. 2087 del codice civile (r.d. 16.03.1942, n. 262),
che nel chiudere il sistema impose serrati obblighi di prevenzione e tutela dell’incolumità
psicofisica e dignità del prestatore d’opera, imponendo al datore di lavoro di
“…nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la
tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di
lavoro”
che trovò ulteriore riscontro nell’art. 2 e ulteriore specificazione nelle norme di cui agli artt. 35, 36,
38 e 41, comma 2, della Costituzione, per lo specifico riferimento alla tutela della dignità di ogni
essere umano, con la capacità di anticipare i successivi sviluppi della legislazione nazionale ed
internazionale389.
Nello stesso anno Bezançon segnalava che la silicosi cominciava ad incidere
maggiormente390, e nel 1943 venne pubblicato un ulteriore aggiornamento radiologico
dell’asbestosi, ‘Osservazioni sull’asbestosi’391, con un’indagine clinico-radiologica su 276 operai
della cava di amianto di San Vittore a Balangero, che era la più importante in Italia, che abitavano
388
REPERTORIO GENERALE ANNUALE DI GIURISPRUDENZA, BIBLIOGRAFIA E LEGISLAZIONE, vol.LXVI, Foro Italiano
Ed., Roma 1941.
389
E. Bonanni, G. Ugazio, PATOLOGIE AMBIENTALI E LAVORATIVE, Ed. Minerva Medica, Torino, 2011.
390
F.Bezançon, L.Bernard & al., PRECIS DE PATHOLOGIE MEDICALE, Masson Ed., Paris 1942.
391
F.Stoppani, A.Velicogna, OSSERVAZIONI SULL’ASBESTOSI, La Medicina Contemporanea, 9 (10) : 225-230, 1943.
116 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
nelle vicinanze dello stabilimento, a distanze variabili tra i 2 ai 15 Km; tragitto che quasi tutti, forti
fumatori di pipa e bevitori di alcolici, compiono in bicicletta. Solo in una piccola percentuale di casi
si evidenziarono lesioni a carattere pneumoconiotico, sempre di grado molto lieve.
Il 25/1/1943, presso la Camera dei Fasci e delle Corporazioni, fu presentato il disegno di
legge n.2262 relativo all’estensione a silicosi ed asbestosi dell’assicurazione obbligatoria per le
malattie professionali, il quale fu approvato dalla Commissione Legislativa dell’Industria il
5/2/1943 dopo ampio dibattito scientifico e medico-legale, così come testimoniato dagli atti
preparatori della legge; cui fece seguito la trasmissione al Senato, che lo approvò il 05.03.1943 e
con definitiva pubblicazione come L. n.455 il 12/4/1943392.
Nella sua concreta regolamentazione del 1943, il legislatore intervenne in quel particolare
momento storico per risollevare per quanto fosse possibile le condizioni di lavoro delle popolazioni
del nord Italia, già duramente provate dalla guerra e dalle sue restrizioni e in pietose condizioni,
disponendo che, quanto meno i lavoratori ammalati fossero indennizzati (art. 7).
Per questo motivo fu fatto obbligo ai datori di lavoro di denunciare all’ente assicuratore i casi
di malattia professionale e quelle lavorazioni che potessero provocare l’asbestosi e ciò anche al fine
di versare un premio supplementare (art. 13) che permettesse di mantenere un equilibrio di bilancio.
Ogni violazione delle norme così istituite era punita con l’ammenda (art. 16) e furono istituite
delle misure di sorveglianza sanitarie in forza delle quali si disponeva che i lavoratori ‘devono
sottoporsi, a cura e spese del datore di lavoro, a visita medica al momento dell’assunzione e a visite
periodiche’, i cui risultati gli dovevano essere comunicati (art. 5) oltre che essere annotati in ‘schede
personali da intestarsi ad ogni lavoratore al casellario centrale infortuni, nonché trascritti, tutte le
volte che da essi risulti la necessità dell’abbandono delle lavorazioni pericolose, nei libretti di
lavoro’ (art. 6).
Il successivo articolo 9 statuiva:
“gli accertamenti diagnostici sulle condizioni morbose contemplate nella presente legge sono, in
ogni caso denunciato, di competenza dell’istituto assicuratore e così pure le cure”.
Con una beffa della storia393, mentre in tutti i teatri di guerra uomini e donne di tutte le
nazionalità e razze si fronteggiavano e morivano inutilmente tra sofferenze atroci, il legislatore
italiano assumeva contezza che l’amianto, anche quello che si usava nei luoghi di lavoro, era
dannoso all’uomo e che provocava quantomeno l’asbestosi, che per ciò stesso doveva essere
indennizzata con una rendita (art. 14 L. 455/43): quindi da questa data non è ammissibile
l’ignoranza del rischio legato all’amianto.
L’Istituto Assicuratore394, con una lettera del 2/6/43, segnalava alle sedi periferiche di
provvedere all’applicazione dell’assicurazione obbligatoria contro silicosi ed asbestosi,
annunciandone la imminente pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del Regno. La Direzione
Generale dell’INAIL, con lettera prot. n.75 del 28/6/1943, informava le sedi periferiche del fatto
che sulla Gazzetta Ufficiale n.137 del 14/6/43 fosse stata pubblicata la legge relativa
all’assicurazione obbligatoria per silicosi ed asbestosi. L’indennizzo era liquidato nel caso in cui
392
Disegno di Legge n.2262/C del 25/1/1943, Estensione dell’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali
alla silicosi ed asbestosi - Discussione in Commissione Legislativa dell’Industria della Camera 5/2/43 - Disegno di
Legge n.2215/S del 6/2/43 ex 2262/C - Approvazione del provvedimento da parte della Commissione dell’economia
corporativa e dell’autarchia, 57° riunione, 5/3/43 - L. n.455 del 12/4/1943, G.U. 14/6/43 n.137.
393
E. Bonanni, LO STATO DIMENTICA L’AMIANTO KILLER, Ed. Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro
e nel Territorio, Milano-Sesto S. Giovanni, 2009.
394
INAIL: Circolare n.63 del 2/6/1943 - Circolare n.75 del 28/6/43 - Lettera Pos.n.306/Ar del 28/12/43 - Circolare n.74
del 24/7/45 - Circolare n.73 del 3/8/46 - Circolare n.74 del 5/8/46 - Circolare n.41 del 5/4/1950 - Circolare n.179 del
24/11/54 - Circolare n.184 del 27/9/54 - Circolare n.8 del 16/1/56 - Lettera circolare riservata n.1 del 31/10/57.
CAPITOLO V | 117
fosse stata riconosciuta la patologia in misura superiore al grado invalidante del 33%,
contrariamente alle altre malattie professionali per le quali era sufficiente superare il 20%, ed erano
comunque previste prestazioni sanitarie, oltre a rendite ed assegni in caso di morte, oltre alla rendita
di passaggio, a titolo assistenziale, nel caso di abbandono del lavoro perché affetti da tecnopatia in
percentuale variabile dallo 0% all’80%.
Secondo le indicazioni contenute nelle norme transitorie, la legge estendeva retroattivamente
il beneficio assicurativo per i casi manifestatisi in un periodo compreso sino a 10 anni prima, con
esclusione dei lavoratori e loro superstiti che, avendo intentato un procedimento civile, fossero
risultati soccombenti, e dei casi conclusisi con condanna del datore di lavoro o transazione, salvo
che per la differenza in difetto tra quanto già corrisposto e quanto dovuto.
La Direzione Generale dell’INAIL, trasferitasi a Lecco per le note vicende belliche, il
28/12/43 comunicava le modalità di applicazione dei tassi assicurativi. Seguono altre circolari,
nuovamente da Roma, tra le quali possono essere ricordate quella n.74 del 27/7/45, che indica le
modalità di inoltro delle denunce di pneumoconiosi; quella n.73 del 3/8/46, che ricordava la
necessità di centralizzare tutti i casi di silicosi ed asbestosi presso la Direzione Generale, inviando
della documentazione medica e radiologica in originale e utilizzando un unico protocollo in cui il
numero è seguito dall’indicazione ‘Sil’ o ‘Asb’, a seconda del tipo di patologia; quella n.74 del
5/8/46, che segnalava la sospensione dei termini prescrizionali dall’8/9/43 al 15/10/46, nei territori
soggetti all’Amministrazione Italiana ed in quelli ancora soggetti al Governo Militare Alleato.
Nel 1947, la Convenzione n. 81 del 19/6/1947, ratificata con L.n.1305 del 2/8/1952 (s.o. G.U.
n. 242 del 17/10/52) aveva ad oggetto le ispezioni del lavoro nell’industria e nel commercio, e nel
1949 il Canepa, medico dell’istituto di Medicina Legale e delle Assicurazioni dell’Università di
Genova, pubblica ‘L’asbestosi nei lavoratori portuali’395, che riferiva circa i casi di asbestosi nei
lavoratori addetti alla coibentazione delle navi nel Porto di Genova e Annoni, allievo del Prof.
Vigliani, una rassegna, ‘La patogenesi dell’asbestosi’396, nella quale considerava le ipotesi
chimiche, fisiche e miste della fibrogenesi polmonare.
Emilio Sartorelli, nel XV Congresso Internazionale di Medicina del Lavoro, che si tenne a
Vienna nel 1966, espose un riepilogo dei suoi studi sulla compromissione della diffusione alveolocapillare nell’asbestosi, con la sintesi dei suoi studi nel ‘Methode en régime stable pour l’étude de la
diffusion pulmonaire du CO dans l’asbestose’397, e l’anno successivo Enrico Vigliani partecipò al
XIX Convegno dell’Accademia Americana di Medicina del Lavoro a San Francisco, cui tenne la
relazione ‘Practice of occupational medicine in the Clinica del Lavoro “Luigi Devoto”’398 , nella
quale riassumeva la storia e l’attività della Clinica ‘Devoto’, e i risultati al 1966, e cioè la diagnosi
di 49 casi di asbestosi.
La Conferenza Internazionale (Internationale Konferenz über die biologischen Wirkungen des
Asbestos399) sull’asbestosi, che si tenne nel 1968 a Dresda, permise di fare il punto su tutte le
conoscenze dalla mineralogia, ai modelli di patogenesi sperimentale, alle metodiche di radiologia
diagnostica, alle prove spirometriche, e venne confermato che l’amianto era un cancerogeno, come
confermavano tra l’altro tutti gli studi sui mesoteliomi pleurici e peritoneali e sui cancri polmonari.
Il Vigliani vi intervenne con dei collaboratori, e con lo studio ‘Studies on “in vitro”
395
G.Canepa, L’ASBESTOSI NEI LAVORATORI PORTUALI, Zacchia, 12 (3-4):188-205, 1949.
A.Annoni, LA PATOGENESI DELL’ASBESTOSI, Rass. Med. Inf. Patol. Lav. 2 (4) : 507-518, 1949.
397
E.Sartorelli, METHODE EN RÉGIME STABLE POUR L’ÉTUDE DE LA DIFFUSION PULMONAIRE DU CO DANS L’ASBESTOSE,
da Atti del XV Congresso Intern. Di Medicina del Lavoro, Vienna 1966.
398
E.C.Vigliani, PRACTICE OF OCCUPATIONAL MEDICINE IN THE CLINICA DEL LAVORO “LUIGI DEVOTO”, Arch. Environ
Health, 17: 135-142, 1968.
399
INTERNATIONALE KONFERENZ ÜBER DIE BIOLOGISCHEN WIRKUNGEN DES ASBESTOS, Dresden aprile 1968.
396
118 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
cytotoxicity of asbestos dusts’400 dimostrarono la citotossicità dell’asbesto richiamando l’indagine
epidemiologica ‘Epidemiological study of asbestos workers in northern Italy’401 sui lavoratori
dell’amianto nel Nord Italia, che poi resero pubblici anche nel nostro paese.
Ne seguì la pubblicazione di due fondamentali lavori del Vigliani, il primo ‘The fibrogenic
response to asbestos’402, relativo alla risposta fibrogenetica del polmone alle fibre d’amianto, l’altro,
‘Frequenza dell’asbestosi e cause di morte tra gli asbestosici indennizzati nella provincia di
Torino’403, sulla frequenza dell’asbestosi e sulle cause di morte tra i malati di asbestosi indennizzati
nella provincia di Torino. Quest’ultimo venne letto nel corso del Convegno sulle Patologie da
Asbesto, tenutosi a Torino nel giugno ’68, in presenza di numerosi politici, sindacalisti e studiosi,
tra i quali il prof. Cesare Rotta e il prof. Lorenzo Crosetti, succedutisi nella direzione della Sanità
FIAT di quel periodo. Questo studio fece emergere che nella provincia di Torino, tra il ’43 e il ’67,
erano stati indennizzati per asbestosi 607 lavoratori, di cui 195 deceduti (16 per neoplasie
polmonari o pleuriche; uno solo proveniente dalle cave, e ben 15 dalle manifatture); nel marzo ’68
risultavano assicurati 2305 operai.
L’osservanza dei limiti di esposizione all’amianto introdotti a partire dal ‘69-’72, determinò
per i nuovi esposti un radicale cambiamento del quadro clinico, con comparsa di reperti radiologici
sfumati dopo 10-20 anni di esposizione, uniti ad una lieve compromissione funzionale respiratoria e
a positività per la ricerca nell’escreato dei corpuscoli dell’asbesto e dei siderociti. In termini
giudiziari, si è pertanto passati da un contesto di omicidio colposo ad un’eventuale presenza di
lesioni colpose sporadiche. E’ in ogni caso necessario evitare di esporre ad amianto dei fumatori,
dei soggetti affetti da patologie di tipo auto-immune (es. lupus eritematoso, artrite reumatoide etc.)
e delle persone con infezioni croniche delle vie aeree. Nei pazienti affetti da segni iniziali di
malattia asbestosica, è inoltre indispensabile cessare quanto prima l’esposizione morbigena, perché
l’unica soluzione è la prevenzione primaria, anche in coloro che sono stati già esposti, nel senso di
non continuare l’inalazione di fibre, in quanto il rischio è proporzionale all’intensità e alla durata
dell’esposizione.
L’Associazione Internazionale di Medicina del Lavoro404, Sottocomitato per l’asbestosi, nel
1970, celebrò a Cagliari il XXXIII Congresso Nazionale di Medicina del Lavoro, con una tavola
rotonda sulla diagnosi radiologica, sulle prove funzionali e sulle indagini ambientali relative alle
patologie correlate ad esposizione ad amianto e lo stesso anno Giovanni Berlinguer ha pubblicato
‘La salute nelle fabbriche’405, nel quale venivano raccolte le testimonianze degli operai sulle
condizioni di lavoro nelle principali aziende nazionali, e risultava che oltre il 60% delle aziende
aveva problemi legati alle polveri, conseguenti soprattutto ad una mancata o insufficiente
aspirazione.
Nel 1973 si tenne a Lione un importantissimo Convegno Internazionale (‘Biological effects of
asbestos’406), dal quale emerse con chiarezza che tutti i tipi di amianto risultano cancerogeni per
l’uomo; tra i relatori non vi furono studiosi italiani. Venne allegata la parte del testo con le
400
E.Parazzi, B.Pernis, G.C.Secchi, E.C.Vigliani, STUDIES ON “IN VITRO” CYTOTOXICITY OF ASBESTOS DUSTS, Med.Lav.
59 (10):561-574, 1968.
401
E.C.Vigliani, I.Ghezzi, P.Maranzana, B.Pernis, EPIDEMIOLOGICAL STUDY OF ASBESTOS WORKERS IN NORTHERN
ITALY, Med.Lav. 59 (8-9): 481-485, 1968.
402
E.C.Vigliani, THE FIBROGENIC RESPONSE TO ASBESTOS, Med.Lav. 59 (6-7):401-410, 1968.
403
E.C.Vigliani, P. Maranzana, I. Ghezzi, FREQUENZA DELL’ASBESTOSI E CAUSE DI MORTE TRA GLI ASBESTOSICI
INDENNIZZATI NELLA PROVINCIA DI TORINO, da Atti del Convegno di Studi sulla Patologia da Asbesto, Torino 21
giugno 1968.
404
ATTI DEL XXXIII CONGRESSO NAZIONALE DI MEDICINA DEL LAVORO, Cagliari 1970.
405
G.Berlinguer, LA SALUTE NELLE FABBRICHE, Laterza Ed., Bari 1970.
406
W.H.O., BIOLOGICAL EFFECTS OF ASBESTOS, IARC Ed., Lyon 1973.
CAPITOLO V | 119
comunicazioni relative alle caratteristiche chimiche dell’asbesto, ai corpi ferruginosi, al rapporto tra
immunologia ed asbestosi, all’importanza dei fattori chimici nei meccanismi eziologici delle
patologie da amianto.
Sempre nel 1973 fu pubblicata una nuova edizione dell’‘Encyclopédie de médicine, d’hygiène
et de sécurité du travail’ del BIT407, in cui la voce ‘asbestosi’ risultava già esauriente sin dalla
stesura del Carozzi del lontano 1938, e nella quale vengono ulteriormente descritte tutte le
complicazioni tra le quali quelle neoplastiche e le modalità per prevenirle, e lo stesso anno Vigliani
pubblicò ‘Valutazione del rischio pneumoconiogeno, ruolo svolto dai fattori infettivi’408, circa la
valutazione del ruolo svolto dai fattori infettivi nella pneumoconiosi, e nell’‘Enciclopedia del
Diritto’409 c’è la voce ‘igiene del lavoro’, con ulteriori aggiornamenti sul tema, concentrato sui
mezzi di protezione individuali e le principali norme di prevenzione e buona tecnica, ulteriormente
approfonditi nel 1974 da C.Smuraglia nell’articolo ‘La sicurezza del lavoro e la sua tutela
penale’410, pubblicato nella ‘Rivista di diritto del lavoro’, richiamando la necessità della tutela
giuridica della sicurezza del lavoro, nella evoluzione legislativa, fino allo Statuto dei lavoratori, con
la legge 300 del 1970, che all’art. 9 contemplava la possibilità di controllare direttamente i rischi, in
stretta correlazione a quanto già contemplato nella Carta Costituzionale, nell’art. 2087 del Codice
Civile, nei Regolamenti preventivi, Codice Penale e altre leggi, tutte collegate nel generale dovere
di sicurezza.
407
BIT, ENCYCLOPEDIE DE MEDICINE, D’HYGIENE ET DE SECURITE DU TRAVAIL, vol.I A-K, Genève 1973.
E.C.Vigliani, VALUTAZIONE DEL RISCHIO PNEUMOCONIOGENO, RUOLO SVOLTO DAI FATTORI INFETTIVI, Med.Lav. 64
(9-10), 1973.
409
ENCICLOPEDIA DEL DIRITTO, XXIII, Giuffrè Ed., 1973.
410
C.Smuraglia, LA SICUREZZA DEL LAVORO E LA SUA TUTELA PENALE, in “Rivisita di diritto del lavoro”,VIII- Giuffrè
Ed., Milano 1974.
408
Capitolo VI
Emersione del nesso di causalità tra esposizione all’amianto e neoplasie polmonari
SOMMARIO: 6.1 L’occultamento delle risultanze scientifiche circa il nesso causale tra l’esposizione all’amianto e il
tumore del polmone. 6.2 Il tumore al polmone come patologia asbesto correlata. 6.3 La Costituzione e il lavoro. 6.4 Il
faticoso percorrere della scienza; la non attuazione delle norme giuridiche in tema di prevenzione e di protezione; il
definitivo approccio diagnostico e terapeutico dell’asbestosi ed emersione della consapevolezza del rischio morbigeno
dell’amianto per le patologie neoplastiche (1951-1960).
6.1 L’occultamento delle risultanze scientifiche circa il nesso causale tra l’esposizione
all’amianto e il tumore del polmone.
Nel 1935 Lanza e Mc Connell effettuavano un’indagine per conto della Compagnia
Assicurativa americana ‘Metropolitan Life Insurance Company’, incaricando Gardner di eseguire
degli esami radiografici del torace dei lavoratori dipendente delle ditte che lavorano amianto,
impiegati da più di 3 anni, dai quali risultò che quasi tutti erano ammalati di asbestosi411 e molti di
loro avevano già il tumore al polmone e furono tenuti all’oscuro del loro stato di salute, fino al
decesso.
Le risultanze di questi studi non furono pubblicati, se non molti anni dopo e pesantemente
censurati, e soltanto negli ultimi anni del secolo scorso, nel corso di alcuni procedimenti giudiziari,
si venne a sapere che Lanza tutelava gli interessi economici degli imprenditori e degli assicuratori, e
faceva pressione su tutti i colleghi affinché tacessero con i lavoratori dei rischi cui erano esposti412,
e per tenerli a lavoro anche quando erano già ammalati, tanto che nel 1992 Abrams affermò413:
"How many lives would have been saved if Gardner’s observations including those on lung
cancer and asbestos had been reported without censorship?”.
6.2 Il tumore al polmone come patologia asbesto correlata
Negli anni ’30 del secolo scorso, l’associazione ‘asbestosi - cancro polmonare’ venne
evidenziata da Gloyne414 in due soggetti e nel 1938 questa segnalazione venne riportata su
‘Rassegna di Medicina Applicata al Lavoro Industriale’, ENPI, n. 4, e venne specificato che il
411
A.J.Lanza, W.J.Mc Connell & al., EFFECTS OF THE INHALATION OF ASBESTOS DUST ON THE LUNGS OF ASBESTOS
Public Health Rep., 50:1, 1935.
412
D.E. Lilienfeld, M.S. Engin, THE SILENCE: THE ASBESTOS INDUSTRY AND EARLY OCCUPATIONAL CANCER RESEARCH.
A CASE STUDY, Am.J.Public Health, 81: 791-800, 1991.
413
“Quante vite umane potevano essere salvate se gli studi di Gardner non fossero stati censurati!”, nella pubblicazione
“Some Hidden History of Occupational Medicine, Herbert K. Abrams, Department of Family and Community
Medicine, University of Arizona, Tucson, Arizona 85724 Received May 15, 1992”, in Italia pubblicato dal Prof. Ugazio
in http://www.grippa.org/index.htm, consultato in data odierna (27.01.2012) e in “Patologie Ambientali e Lavorative”,
autori Ugazio, Bonanni, Minerva Medica Editrice, Torino, gennaio 2011, e ribadito da quest’ultimo negli Stati Uniti
nella Asbestos Johnson Conference presso l’Università del Vermont, nel luglio 2011, con la relazione
“Asbestos killer for humans and the environment” e successivamente, nell’ottobre 2011, nel 28th Annual International
Symposium On Acupuncture, Electro-Therapeutics, & The Latest Related Medical Topics And Advancements con
relazione dal titolo “Medical and Forensic Implications of Asbestos in Italian Law”.
414
S.R. Gloyne. TWO CASES OF SQUAMOUS CARCINOMA IN THE LUNG OCCURRING IN ASBESTOSIC. Tubercle, 1935. 17: 510.
WORKERS,
122 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
primo caso era quello di una donna esposta ad amianto deceduta a 35 anni e l’altro di una donna
deceduta a 71 anni che quindi anni prima aveva lavorato per non meno di due anni in una fabbrica
di manufatti di amianto, entrambe decedute per neoplasia polmonare con asbestosi.
Nel 1946, nel testo ‘Il cancro’, scritto da Rondoni L., edizione Ambrosiana, Milano 1946,
largamente utilizzato dagli studenti di medicina, venne riportato che Nordmann già nel 1938
riteneva la polvere di amianto un importante agente eziologico per il cancro polmonare e tale
affermazione venne confermata a livello sperimentale da A. Sorge nel 1941 (anche per l’alta
incidenza di casi tra coloro che erano affetti da asbestosi), e si conclude che l’asbestosi è la
pneumoconiosi più cancerogena.
Nel 1949 Merewether evidenziava, tramite riscontro autoptico la presenza di neoplasia
polmonare nel 13% degli asbestosici, contro l’1,3% dei silicotici.
Nonostante fosse chiaro fin dagli anni ’30 il nesso causale tra l’esposizione a polveri di
amianto e l’insorgenza di patologie tumorali polmonari, ci vollero gli studi di Doll415 pubblicati nel
1955 per far ritenere l’amianto rischioso per il tumore al polmone:
“Forse in risposta agli studi tedeschi e cecoslovacchi, Merewether si interessò della possibile
relazione tra l’asbesto e il cancro broncogenico. Egli domandò ai suoi Ispettori medici del
lavoro, tra i quali ero entrato anch’io nel 1947, di esaminare i referti autoptici recenti relativi a
lavoratori dell’asbesto, e stabilire la causa di morte. I risultati furono pubblicati nella sua
Relazione annuale per il 1947 che, per vari motivi, comparì solo nel 1949. Data la mia posizione
privilegiata a Manchester – vi erano tre grosse fabbriche di amianto nella Divisione di mia
competenza – il mio contributo fu il più importante numericamente, anche se io devo per
modestia ammettere che non ne ho nessun merito. L’idea fu di Merewether, e io ho soltanto
svolto una parte del lavoro. Tuttavia ciò mi ha inculcato un interesse e una curiosità per
l’asbesto che sono durate fino a oggi. Ho scoperto che, considerando le cause di morte ricavabili
dalle ultime 100 autopsie condotte su lavoratori di amianto, il tumore polmonare era
responsabile della morte di 25 casi. Fui abbastanza curioso da esaminare le ultime 100 autopsie
di lavoratori dell’industria ceramica, essendo anche quell’industria nella mia giurisdizione: solo
2 di essi erano morti per tumore polmonare”.
Come riferito da Carnevale 416,
“Richard Doll ha sempre voluto difendere due primati nella storia delle conoscenze sugli effetti
dell’amianto che giustamente gli spettano, quello di aver potuto eseguire il primo studio
epidemiologico su lavoratori dell’amianto e quello di aver dovuto scrivere parole rimarchevoli a
Knox, medico della Turner & Newall, che gli chiedeva, per conto dell’azienda, di non
pubblicare i risultati ottenuti: «Per quanto mi riguarda, ritengo che qualunque risultato positivo
riguardante le cause di cancro deve essere messo a disposizione di tutti i ricercatori del settore»
(...) è proprio attraverso una libera pubblicazione che il lavoro può essere sperimentato e
utilizzato (o confutato) da altri”.
Anche in questo caso ci furono pressioni per evitare la pubblicazione dell’articolo, ma
Schilling rispose negativamente, perché ritenne di far valere ‘argomenti di principio e di pubblico
interesse’417.
415
R.Doll, MORTALITY FROM LUNG CANCER IN ASBESTOS WORKERS, Br. J. Ind. Med., 12: 81-86,1955.
F. Carnevale, AMIANTO UNA TRAGEDIA DI LUNGA DURATA. ARGOMENTI UTILI PER UNA RICOSTRUZIONE STORICA DEI
FATTI PIÙ RILEVANTI, in Epidemiologia e Prevenzione”, 31, 2007, pp. 53-74.
417
Schilling RSF, 1994. Nel caso: THE CHASE MANHATTAN BANK, N.A. versus T & N plc. United States District Court,
Southern District of New York. 87 Civ. 4435 (VLB) (KAR). Transcript of Trial Day 7. Discussion of the deposition
R.S.F. Schilling. Pp. 900-954. Citato da Greenberg M, A STUDY OF LUNG CANCER MORTALITY IN ASBESTOS WORKERS:
Doll, 1955, American Journal of Industrial Medicine, 1993; 6: 339.
416
CAPITOLO VI | 123
Lo stesso anno, in Italia, Rombolà pubblicava ‘Asbestosi e carcinoma polmonare in una
filatrice di amianto’418, avente ad oggetto un caso di carcinoma polmonare in filatrice di amianto
affetta da asbestosi lieve, e Portigliatti (‘Considerazioni sull’associazione: Asbestosi e carcinoma
polmonare’419), che sottolineava l’opportunità di riconoscere il nesso di causalità tra asbestosi e
carcinoma polmonare, e dunque di considerare quest’ultimo tra le patologie professionali asbesto
correlate indennizzabili, e ancora il Ricciardi Pollini (‘Rilievi sulla incidenza del cancro primitivo
del polmone e suoi rapporti tra cancro polmonare ed attività professionale’420), concordava circa la
correlazione tra l’asbestosi e il cancro polmonare, e l’anno dopo Francia e Monarca pubblicano
‘Asbestosi e carcinoma polmonare’421, relativo ad altri due casi di carcinoma polmonare in
asbestosici, che avvaloravano le ipotesi della cancerogenicità dell’amianto sostenuta dal Comitato
per il Cancro Professionale dello stato di New York422.
Nel 1964, nel corso della conferenza organizzata dalla New York Academy of Sciences sugli
effetti biologici dell’asbesto, dopo la conferma venuta da numerosi lavori epidemiologici, si
raggiunse un consenso generale anche sulla associazione asbesto-cancro polmonare.
Il Prof. Enrico C. Vigliani intervenne a tale conferenza presentando uno studio423 sulla
mortalità degli asbestosici indennizzati dal 1943 al 1964 nelle province di Torino, Alessandria e
nella Regione Lombardia. Vennero evidenziati 11 carcinomi e 3 mesoteliomi.
Tali neoplasie risultarono 5 volte più frequenti tra i soggetti affetti da asbestosi rispetto a
quelli affetti da silicosi.
Negli anni successivi furono pubblicati molti altri lavori, alcuni dei quali mirati a mettere in
discussione la veridicità del rapporto causale tra asbesto e cancro polmonare, basandosi soprattutto
sulla difficoltà del confronto statistico.
Sono possibili sovra e sottostime dei casi di neoplasia, per il fatto che l’amianto fosse
ubiquitariamente presente anche negli ambienti di vita e per il ruolo di ‘potente fattore
moltiplicativo’ rappresentato dal fumo di sigaretta nell’insorgenza del tumore al polmone, e per il
problema della valutazione retrospettiva, qualitativa/quantitativa, dell’esposizione ad amianto negli
ambienti di vita e di lavoro e per la presenza di tumori polmonari dovuti interamente o in parte ad
altre cause, oltre alle pressioni di tipo economico sia di coloro che sostenevano l’utilizzo delle fibre
di amianto sia di coloro che sostenevano l’utilizzo di fibre alternative.
Il Vigliani nel 1967, al IV Congresso Nazionale della Società Italiana di Cancerologia424
presentò un lavoro riepilogativo sui tumori professionali del polmone, precisando che il problema
coinvolge anche gli ambienti di vita.
Questa raccomandazione è stata ripresa a pag. 130 del libro di Roth “Malattie professionali e
igiene del lavoro’, tradotto dal Dott. Carozzi e con prefazione del Dott. Luigi Devoto (Treves ed.,
Milano, 1981).
Nel 1981 viene pubblicato da M. G. Botton, D.T.D. Hges, T.J. Phillips ‘A guide to
418
G.Rombolà, ASBESTOSI E CARCINOMA POLMONARE IN UNA FILATRICE DI AMIANTO, Med.Lav.46, (4):242-250, 1955.
M.Portigliatti Barbos, CONSIDERAZIONI SULL’ASSOCIAZIONE: ASBESTOSI E CARCINOMA POLMONARE, Giorn. Acc.
Med. di Torino, 118 (1-6): 91-107,1955.
420
R.Ricciardi Pollini, RILIEVI SULLA INCIDENZA DEL CANCRO PRIMITIVO DEL POLMONE E SUOI RAPPORTI TRA CANCRO
POLMONARE ED ATTIVITÀ PROFESSIONALE, Rass.Med.Ind. 24:313-334, 1955.
421
A.Francia, G.Monarca, ASBESTOSI E CARCINOMA POLMONARE, Min. Med. 98:1950-1959, 1956.
422
In altra parte si fa riferimento alla censura degli studi di Gardner, a dimostrazione della pressione che le lobby
finanziarie erano in grado di esercitare sul mondo scientifico.
423
E. C. Vigliani, G. Mottura, P. Maranzana, ASSOCIATION OF POULMONARY TUMORS WITH ASBESTOSIS IN PIEDMONT
AND LOMBARDY, Annals of the New York Academy of Sciences. 1965. 132 (1): 558 - 574.
424
E. C. Vigliani, A. Forni, I TUMORI PROFESSIONALI DEL POLMONE. Atti del 4° Congresso Nazionale Società Italiana di
cancerologia, 1967, 6 (2): 77-83.
419
124 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
compensation for asbestos-related diseases’, Br. Med. J. 1981. 282: 2107 - 2011, con il quale
vengono elencate le manifestazioni cliniche correlate all’amianto, tra le quali figura anche il
carcinoma bronchiale.
6.3 La Costituzione e il lavoro.
L’Assemblea Costituente, nella seduta del 22.12.1947, ha approvato il testo definitivo della
Costituzione della Repubblica Italiana425, il cui esordio declama: ‘l’Italia è una Repubblica
democratica fondata sul lavoro’ (art. 1), tutelato ‘in tutte le sue forme ed applicazioni’ (art. 35
Cost.), e lo ‘riconosce a tutti i cittadini’ (art. 4) come un diritto e come un dovere. La Carta
Costituzionale continua affermando che la Repubblica ‘tutela la salute come fondamentale diritto
dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti’ (art. 32);
subordina la libertà dell’iniziativa economica privata alla ‘utilità sociale’ e ‘alla sicurezza, alla
libertà, alla dignità umana’ (art. 41 II comma), nel pieno riconoscimento dei ‘diritti inviolabili
dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità’; impone
‘l’adempimento di doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale’ (art. 2), tanto da
portare a far emergere il diritto al lavoro salubre, come dovere dello Stato e dei suoi organi oltre che
obbligo contrattuale del datore di lavoro426.
I precetti costituzionali avrebbero dovuto condurre il Legislatore a porre al bando il pericoloso
minerale, del quale il rischio morbigeno, già scientificamente dimostrato fin dagli inizi del secolo,
era conosciuto dal Legislatore per effetto del riconoscimento dell’asbestosi quale malattia
professionale; le stesse norme dell’ordinamento, da quelle specifiche (L. 455 del 1943) a quelle
generali di cui all’art. 2087 c.c., si sarebbero dovute interpretare nel rispetto dei principi
fondamentali del nascente stato repubblicano e così pervase da ulteriore feconda linfa, in tutela
della persona e dei suoi inalienabili diritti (diversamente, soltanto con il D.Lgs. 277/91 vennero
adottati i limiti di soglia, e soltanto con la L. 257/92 venne interdetta l’estrazione, la lavorazione e la
produzione di materiali in amianto).
Al Congresso Nazionale di Medicina del Lavoro, svoltosi a Genova nel ’49, Vigliani
presentava la statistica427 dei casi di asbestosi diagnosticati in Piemonte tra il 1941 e il 1948: la
percentuale più alta di lavoratori affetti da asbestosi risultava essere nelle manifatture tessili di
amianto (18%), seguite dalle industrie di freni e frizioni e dalle cave (circa 13%) ed infine da quelle
del cemento-amianto (2,5%).
Ancora nel 1949 alcuni medici-legali genovesi (Canepa e Franchini) segnalavano un caso di
asbestosi in un coibentatore di navi deceduto per infortunio428, il quale era affetto da un’estesa
fibrosi polmonare, ma senza sintomatologia dispnoica, che non era stata rilevata dai controlli clinici
e dagli esami radiologici periodici, e dunque non individuata ed emersa soltanto in sede autoptica,
con relativa discrepanza, che rendeva evidente come l’asbestosi potesse essere diagnosticata
soltanto in uno stadio relativamente avanzato.
Il ‘Trattato di patologia speciale medica e terapia’429 di Bufano del 1949, includeva tra le
pneumoconiosi anche l’asbestosi, che era tra le più gravi, unitamente alla silicosi, riportando i dati
epidemiologici, che evidenziavano come, oltre ai minatori delle cave di amianto, colpiva anche gli
425
Gazzetta Ufficiale n° 298 del 27/12/1947, entrata in vigore il 1° gennaio 1948.
E. Bonanni, G. Ugazio, op.cit
427
E.C.Vigliani, LO STATO ATTUALE DELLA SILICOSI IN ITALIA, in Atti del XV Congresso Nazionale di Medicina del
Lavoro, Genova 1949.
428
A.Franchini, G. Canepa, CONTRIBUTO ALLO STUDIO ANATOMO-PATOLOGICO DELL’ASBESTOSI POLMONARE, Med.
Lav. 40 (6-7) : 161-172, 1949.
429
M. Bufano, TRATTATO DI PATOLOGIA SPECIALE MEDICA E TERAPIA, Vallardi Ed., Milano 1949.
426
CAPITOLO VI | 125
altri lavoratori delle produzioni nelle quali si utilizzava.
Nel 1950 si tenne a Sidney la III Conferenza Internazionale sulle Pneumoconiosi430, nella
quale vennero descritte le diverse forme cliniche, i diversi meccanismi patogenetici delle polveri, a
seconda della loro composizione chimica, i test funzionali, gli esami di laboratorio e il loro valore
per la determinazione del grado di incapacità lavorativa, la possibilità di diagnosi precoce e
differenziale, le complicazioni, le misure preventive, le visite periodiche.
Con circolare n. 41 del 5/4/50, il Servizio Sanitario della Direzione Generale impartiva agli
ispettori compartimentali sanitari le modalità con le quali istruire le domande delle rendite per
pneumoconiosi, sottolineando l’importanza dell’anamnesi lavorativa, del quadro radiologico,
dell’esame obiettivo e delle prove di esercizio fisico; sempre nella stessa circolare vennero fornite
agli ispettori le seguenti norme di buona tecnica per le inchieste: analisi delle condizioni generali e
professionali (abitudine al fumo, pregresse attività lavorative con esposizione a polveri) cubatura,
aerazione, ventilazione, presenza di aspiratori, mezzi di protezione e controlli ambientali delle
polveri sul luogo di lavoro malattie pregresse ed affezioni attuali, controllando i dati della visita
preventiva di assunzione e delle visite periodiche casi mortali, con particolare controllo della causa
di morte e richiesta di necroscopia nei casi sospetti.
L’allegato 2 della citata circolare riportava altresì modalità e termini delle rilevazioni
radiologiche, mentre l’allegato 3 conteneva il prospetto per l’esame obiettivo e la prova statica e
dinamica sulla grandezza della forza di riserva del cuore.
6.4 Il faticoso percorrere della scienza; la non attuazione delle norme giuridiche in tema
di prevenzione e di protezione; il definitivo approccio diagnostico e terapeutico
dell’asbestosi ed emersione della consapevolezza del rischio morbigeno dell’amianto
per le patologie neoplastiche (1951-1960).
Nel 1951, L. Parmeggiani, un assistente del Prof. Vigliani, evidenziava un’alta incidenza di
asbestosi nel settore del cemento-amianto, dove risultavano ammalati fino al 3% dei lavoratori
esposti431.
Nella Circolare n.16 del 15/2/1951 il Ministero dell’Interno, Direzione Generale dei Servizi
Antincendi432, nonostante fosse evidente il rischio morbigeno legato all’esposizione alle fibre di
amianto, subordinava la concessione dell’agibilità per i locali di pubblico spettacolo alla presenza di
una coperta di amianto di 2,2 m con un lato minimo di 1,4 m.
L’Enciclopedia Medica Italiana, nel 1951433, indicava l’asbesto tra le sostanze cancerogene
inorganiche; nel 1957434, alla voce ‘tumore’ sono stati sviluppati in modo approfondito tutti gli
aspetti dell’oncologia, compreso il metabolismo delle cellule neoplastiche.
Con la Legge n.1967 del 15/11/1952435, veniva ampliata la tabella delle malattie professionali
in vigore dal 1935.
Nel 1953, Vigliani pubblicava una relazione sull’attività svolta dal Centro per lo Studio e la
430
Bureau International du Travail, TROISIEME CONFERENCE INTERNATIONALE D’EXPERTS EN PNEUMOCONIOSES,
Sydney, 1950, ILO, Genève 1953.
431
L.Parmeggiani, RILIEVI STATISTICI SULLE PNEUMOCONIOSI NELLA INDUSTRIA DEL CEMENTO, Rass. Med. Ind., 20:
400-409, 1951.
432
L. Corbo, MANUALE DI PREVENZIONE INCENDI NELL’EDILIZIA E NELL’INDUSTRIA, p.171, Pirola Ed., Milano 1981.
433
ENCICLOPEDIA MEDICA ITALIANA, voce “sostanze cancerogene” di P.Rondoni, direttore Patologia Generale Univ. di
Milano e R. Deotto, prof. Microbiologia Univ. di Sassari, II vol., Sansoni Ed., Firenze 1951.
434
Id., voce “tumore”, di C. Sirtori, direttore Div.Anatomia Patologica Ist.Naz. Studio e Cura Tumori di Milano, IX
vol., Firenze 1957.
435
Legge n.1967 del 15/11/52, Modifica della tabella delle malattie professionali, allegata al R.D.17/8/1935 n.1765,
G.U. n.288 del 12/12/1952.
126 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
Prevenzione della Pneumoconiosi (‘Relazione sulla attività svolta dal Centro per lo Studio e la
Prevenzione delle Pneumoconiosi, creato dall’ENPI presso la Clinica del Lavoro dell’Università di
Milano, negli anni 1951-1952’436), nella quale veniva descritto l’impiego delle unità mobili per lo
svolgimento degli esami schermografici; nel 1951 vennero effettuate con questi mezzi 95.156
schermografie in 1057 stabilimenti, e nel 1952 altre 106.040 in 1333 stabilimenti. La distribuzione,
per regione, degli operai delle industrie polverose schermografati dagli autocarri radiologici
dell’ENPI, vedeva in testa la Lombardia, seguita da Piemonte, Veneto, Liguria, Toscana, Sardegna,
Emilia, Lazio, Campania, Marche e Basilicata, mentre nelle altre regioni non furono effettuati
questi interventi. Gli operai esposti ad amianto visitati nel 1951 furono 951; il 22,4% di essi
presentava segni di asbestosi, lieve nel 17,4%, media nel 4,2% e grave nello 0,8% dei casi, mentre
non risultarono associazioni tra asbestosi e tubercolosi.
Con la Raccomandazione n. 97 del 4/6/1953, relativa alla protezione della salute dei lavoratori
nei luoghi di lavoro, la quale segnalava al punto e) di
“captare al loro punto di emissione od in vicinanza di questo punto mediante aspirazione
meccanica, un sistema di ventilazione o altri mezzi appropriati, le polveri, i fumi e i gas, le fibre,
i vapori o le nebbie nocive, quando non sia possibile evitare l’esposizione a questi agenti,
applicando i metodi contemplati nei paragrafi da a) a d) precedenti”; al punto f) di “munire i
lavoratori di indumenti protettivi, dell’attrezzatura e degli altri mezzi di protezione individuale
necessari per sottrarli all’azione degli agenti nocivi, ... e istruire ai lavoratori sul modo di
servirsene”.
Si consigliava, inoltre, che gli indumenti e le attrezzature di protezione contaminati fossero
puliti e mantenuti dal datore di lavoro in luogo separato dagli indumenti ordinari; vennero poi
descritte le modalità degli esami medici di monitoraggio e delle denunce di malattia professionale.
Il riordino giuridico dell’ENPI, nel periodo post-bellico, avvenne con la L. n. 2390 del
9/12/52 (G.U. n. 302 del 31/12/52), mentre il nuovo statuto era contenuto nel D.P.R. n.1512 del
18/12/54 (G.U. n.77 del 4/4/1955); modificato con il D.P.R. n.1146 del 28/7/60 (G.U. n.260 del
22/10/60)437.
Con circolare n.179 del 24/11/54, il Servizio Centrale Infortuni introdusse l’obbligo di
eseguire gli accertamenti clinici previsti per le pneumoconiosi: l’elettrocardiogramma, la
misurazione della pressione arteriosa e la ricerca del bacillo di Koch nell’espettorato e con la
circolare n.184 del 27/11/54 si decentrava affidando agli organi periferici dell’INAIL la gestione
delle rendite per silicosi ed asbestosi.
Con DPR n.547 del 27/4/1955438, furono introdotte nuove norme per la prevenzione degli
infortuni, con relativi obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti, dei preposti e dei lavoratori, in una
evidente riproposizione delle norme già risalenti.
Nel 1955 vennero stabiliti i criteri di valutazione dell’invalidità permanente439, in base alla
natura e all’entità della pneumoconiosi, e sulla funzionalità polmonare, cui seguì la pubblicazione di
due lavori, il primo (P. Ollino, ‘Le reazioni pleuriche nel quadro radiologico dell’asbestosi
436
E.C.Vigliani, RELAZIONE SULLA ATTIVITÀ SVOLTA DAL CENTRO PER LO STUDIO E LA PREVENZIONE DELLE
PNEUMOCONIOSI, creato dall’ENPI presso la Clinica del Lavoro dell’Università di Milano, negli anni 1951-1952,
Bollettino Schermografico VI (9-10) : 1-5, 1953.
437
Legge n.2390 del 19/12/1952, Riorganizzazione giuridica dell’ENPI, G.U.n.302 del 31/12/52 - D.P.R.n.1512 del
18/12/54, Approvazione dello statuto dell’ENPI, G.U.n.77 del 4/4/1955 - D.P.R.n.1146 del 28/7/1960, Modificazioni
allo statuto dell’ENPI, G.U.n.260 del 22/10/1960.
438
DPR n.547 del 27/4/1955, Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, s.o. G.U. n.158 del 12/7/1955.
439
E.C.Vigliani, C.M.Cattabeni, L’EVALUATION DE L’INCAPACITÉ DE TRAVAIL DUE À LA PNEUMOCONIOSE, Atti del IV
Congresso dell’Accademia Internazionale di Medicina Legale e di Medicina Sociale, Genova 1955.
CAPITOLO VI | 127
polmonare’) metteva in evidenza le frequenti reazioni pleuriche negli individui affetti da
asbestosi440, il secondo (F.Gobbato, A. Meda, G.Monarca, ‘Rilievi elettrocardiografici in 88 casi di
asbestosi polmonare’) le alterazioni emerse con gli esami elettrocardiografici in 88 casi di asbestosi
polmonare441, e con un riepilogo dei casi di asbestosi in Italia tra il 1946 e il 1954442, dal quale
emergeva che su 489 casi denunciati, erano state concesse 205 rendite per asbestosi, di cui 181 in
Piemonte (153 sono operai in manifatture d’amianto, adibiti per lo più alla filatura), 11 in
Lombardia e 13 in Liguria.
Con gli accordi di Roma del 4/11/1950 e con il successivo protocollo addizionale firmato a
Parigi il 20/3/1952, si dava corso al Consiglio d’Europa, e si approvava la Convenzione per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, che la Repubblica Italiana ha
contribuito a concepire e che venne recepita nel nostro Paese con la legge 4 agosto 1955 n. 848,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 221 del 24/9/1955, con la quale si (ri)affermava il principio di
tutela della dignità e dei diritti fondamentali della persona umana.
La Corte di Strasburgo, il cui intervento può essere direttamente invocato dagli aventi diritto
per ottenere la condanna dello Stato membro inadempiente, costituisce il nucleo operativo di un
formidabile complesso di norme che vincola anche e soprattutto gli stati membri al rispetto dei
diritti di ogni persona, come contemplati e tutelati nella Convenzione e nei protocolli allegati, primi
fra tutti la vita umana (art. 2), la vita privata e familiare (art. 8), imponendo anche obblighi specifici
e positivi di intervento a carico degli stati membri, con una giurisprudenza che legge, interpreta ed
applica le norme in modo evolutivo e promozionale, fino a contemplare, ex art. 8, l’obbligo di ogni
singolo Stato ad intervenire positivamente per tutelare la salubrità dell’ambiente e la salute dei
cittadini da qualsiasi ingerenza ed attentato che potesse influire sulla persona umana anche nella sua
dinamica relazionale.
L’art. 6 della Convenzione attribuisce al cittadino dello Stato membro il diritto ad agire in
giudizio per far valere i suoi diritti (che sono anche quelli della Convenzione) innanzi ad un Giudice
terzo ed indipendente che deve pronunciarsi entro termini di ragionevole durata443.
Nel 1956 F. Molfino e D. Zannini pubblicarono ‘Malattie polmonari da polveri nei lavoratori
dei porti’, afferente il problema delle pneumoconiosi nei lavoratori portuali444, con ulteriore
approfondimento e pubblicazione dello studio delle patologie cardio-vascolari conseguenti
all’asbestosi (‘Contributo allo studio dell’apparato cardiovascolare nell’asbestosi’445); venne altresì
presentata da A. Francia, con la pubblicazione ‘Aspetti radiologici dell’asbestosi polmonare’,
un’altra classificazione dell’asbestosi446, che teneva conto dell’aspetto radiologico, dell’anamnesi e
del riscontro nell’escreato dei corpi asbestosici, sottolineando l’utilità della stratigrafia
nell’eventuale diagnosi di una complicanza neoplastica, e dell’elettrocardiogramma nei casi di
associazione di patologie cardio-vascolari.
440
P. Ollino, LE REAZIONI PLEURICHE NEL QUADRO RADIOLOGICO DELL’ASBESTOSI POLMONARE, Arch.Sci.Med.100
(II):403-413, 1955.
441
F. Gobbato, A. Meda, G. Monarca, RILIEVI ELETTROCARDIOGRAFICI IN 88 CASI DI ASBESTOSI POLMONARE,
G.Accad.Med. Torino, 118 : 31-37, 1955.
442
R.Ricciardi Pollini, L’ASBESTOSI IN ITALIA NEL PERIODO 1946-1954, Riv.Ing.Mal.Prof. 42 : 780-784, 1955.
443
Numerosi ricorsi sono stati promossi da cittadini italiani esposti e vittime dell’amianto, e dalle associazioni tra le
quali l’Osservatorio Nazionale Amianto, innanzi alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo di Strasburgo per
denunciare la violazione di queste norme, e chiedere la condanna dello Stato italiano e sono tuttora in corso.
444
F. Molfino, D. Zannini, Malattie polmonari da polveri nei lavoratori dei porti, Folia Medica, 39 (6):525-539, 1956.
445
G. Odaglia, D. Zannini, CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE NELL’ASBESTOSI,
Lav.Um.,VIII:529-550, 1956.
446
A. Francia, ASPETTI RADIOLOGICI DELL’ASBESTOSI POLMONARE. Min.Med.,98:1928-1937, 1956.
128 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
Con circolare n.8 del 16/1/56 venne ribadita la necessità di segnalazione all’INPS dei casi di
silicosi od asbestosi associate a tubercolosi.
Con DPR n.303 del 19/3/1956447, vennero emanate le nuove norme generali per l’igiene del
lavoro, che riproducevano quelle già in vigore448, seppur con considerevole ampliamento dei casi in
cui furono previste le visite preventive e periodiche dei lavoratori esposti a rischio di tecnopatia,
mentre la rendita veniva riconosciuta soltanto a coloro che avessero una invalidità permanente
superiore al 33% e soltanto con il DPR 648 del 1956449, si ridusse al 20% il grado di inabilità e si
elevò a 15 anni il termine dalla cessazione del lavoro, e con il DPR n. 1169 del 21/7/1956 venne
approvato il regolamento sull’assicurazione obbligatoria contro la silicosi ed asbestosi; all’art.1 si
specificava450:
“Ai fini dell’applicazione delle norme di legge e della tabella delle lavorazioni per le quali è
obbligatoria l’assicurazione contro la silicosi e l’asbestosi, le rocce, gli abrasivi e i materiali
indicati nella tabella medesima si considerano contenenti silice libera o amianto quando questi
siano presenti in percentuale tale da poter dare luogo, avuto riguardo alle condizioni delle
lavorazioni, ad inalazione di polvere di silice libera o di amianto tale da determinare il rischio”.
Nel 1957 vennero pubblicati due testi specialistici: uno francese, del professore di Medicina
del Lavoro di Parigi, H. Desoille, dal titolo ‘Médicine du travail et maladies professionnelles’451,
che conteneva una schematica descrizione dell’asbestosi, ed uno italiano, da parte del Prof.
Vanzetti, anatomopatologo, dal titolo ‘Trattato italiano di anatomia patologica’452, nel quale
Mottura ha redatto il capitolo sulle pneumoconiosi, con una moderna descrizione anatomopatologica dell’asbestosi e della sua conseguente insorgenza tra coloro che ne erano affetti anche
del carcinoma ai polmoni.
Nello stesso anno furono pubblicati tre articoli, che focalizzavano rispettivamente, quello di
E.Gaffuri, A.Berra, ‘Insufficienza respiratoria nell’asbestosi’453, la ridotta funzionalità polmonare
degli asbestosici, segnalando l’insufficienza respiratoria (volumi polmonari e capacità di
ventilazione), quello di E.Sartorelli, ‘Asbestosi grave con sindrome del blocco alveolo-capillare’454,
il blocco alveolo- capillare (capacità vitale, volume residuo e saturazione in O2 del sangue
arterioso) e quello di F.Sulotto, G.C.Coscia, G.Meo, G.Cardellino, M.D’Onofrio, ‘La scintigrafia
polmonare nell’asbestosi’455, l’alterazione scintigrafica da fibrosi polmonare (albumina
radioiodata).
Con lettera circolare riservata, la Direzione Generale INAIL il 31/10/57, comunicava ai vari
ispettori compartimentali la possibilità di concessione delle cure climatiche, se utili, per restaurare
447
DPR n.303 del 19/3/1956, Norme generali per l’igiene del lavoro, s.o. G.U. n.105 del 30/4/56.
Infatti, l’art. 21 del DPR 303/56 altro non è, in buona sostanza, che la riproduzione dell’art. 17 del Regio Decreto
530 del 1927 dispone la tutela dell’incolumità psicofisica attraverso la limitazione dell’aspirazione delle polveri con
l’utilizzo di maschere ed altri dispositivi individuali.
449
DPR n.648 del 20/3/1956, Norme modificatrici della L.n.455 del 12/4/143, sull’assicurazione obbligatoria contro la
silicosi e l’asbestosi, G.U. n.173 del 13/7/1956.
450
DPR n.1169 del 21/7/1960, Approvazione delle norme regolamentari per l’attuazione della L.12/4/1943,n.455,
modificata con D.L.20/3/1956
n.648, sull’assicurazione obbligatoria contro la silicosi ed asbestosi. G.U.n.263 del 26/10/1960.
451
H. Desoille, MEDICINE DU TRAVAIL ET MALADIES PROFESSIONNELLES, Flammarion Ed., Paris 1957.
452
F. Vanzetti, TRATTATO ITALIANO DI ANATOMIA PATOLOGICA, UTET 1957.
453
E. Gaffuri, A.Berra, INSUFFICIENZA RESPIRATORIA NELL’ASBESTOSI, Min.Med. 48:1639-1643, 1957.
454
E. Sartorelli, ASBESTOSI GRAVE CON SINDROME DEL BLOCCO ALVEOLO-CAPILLARE, Med.Lav. 48 (5):358-362, 1957.
455
F. Sulotto, G.C. Coscia, G. Meo, G. Cardellino, M. D’Onofrio, LA SCINTIGRAFIA POLMONARE NELL’ASBESTOSI,
Med. Lav. 58,10: 609-617, 1957.
448
CAPITOLO VI | 129
la capacità lavorativa e in quello stesso anno Vanzetti ha aggiornato la sua opera in ordine
all’asbestosi facendone curare la redazione dal Prof. Mottura.
Nel 1959 Vigliani ha pubblicato ‘Criteri di orientamento sulle cosiddette “massime
concentrazioni biologiche tollerabili”’456 sui valori-limite ambientali delle diverse sostanze (TLV),
nel quale sottolineava che essi non tutelavano i casi di allergia o di ipersensibilità, e che dunque la
prevenzione medica era meno efficace di quella antinfortunistica, che prevedeva la tutela di tutte le
maestranze, con margini tecnici decisamente più ampi. La sicurezza tecnica risultava pertanto molto
più efficace di quella medica.
La Raccomandazione n.112 del 3/6/1959, auspicava la costituzione di servizi di medicina del
lavoro nelle aziende, definendone l’organizzazione, la funzione, la pianta organica ed i mezzi
d’azione.
Nel 1960, vennero pubblicati gli atti della Conferenza sulle Pneumoconiosi (‘Proceedins on
the Pneumoconiosis Conference’457), che si tenne nel 1959 a Johannesburg, dove furono esposte
tutte le conoscenze relative all’igiene ambientale, alla prevenzione, all’eziologia, alla patologia
clinica e alla diagnostica delle tecnopatie da polveri, incluse le metodiche analitiche mediante
microscopio elettronico.
J.C.Wagner trattò gli aspetti patologici dell’asbestosi in Sud Africa, C.A.S legge quelli clinici
a Capo Nord e M. Hurwitz quelli radiologici.
Nello stesso anno, l’‘Encyclopédie Médico-Chirurgicale’458 aggiornò la voce ‘exploration
fonctionnelle pulmonaire’, specificando la necessità di eseguire tutte le prove spirometriche che
sono ancor oggi utilizzate, al fine di valutare il danno funzionale respiratorio.
Contemporaneamente, in Germania venne pubblicato da H. Bohling, G.J acob e H. Müller, un
trattato sull’asbestosi, ‘Die asbestose der lungen’459, con l’analisi dei vari tipi d’amianto, la
patogenesi, la clinica, la diagnostica radiologica, le prove funzionali, le complicazioni e la
profilassi.
Nel 1960, in Italia furono pubblicati diversi lavori, tra i quali quelli di C. Vecchione,
‘Indagine igienico-sanitaria in un moderno stabilimento per la lavorazione dei manufatti in
fibrocemento e affini’460, relativo all’indagine igienico-sanitaria svolta dalla Clinica del Lavoro
dell’Università di Napoli su una ditta che produceva manufatti in fibro-cemento, attraverso ripetute
determinazioni della concentrazione ambientale delle polveri, considerando l’umidità relativa, e il
il controllo clinico di 530 dipendenti, tra i quali soltanto uno era affetto da asbestosi senza
tubercolosi polmonare; e due lavori clinici della scuola torinese, uno di E. Concina, O. Orlandi e
G.A. Teso, ‘Il quadro broncologico dell’asbestosi’461, afferente un’indagine broncologica in soggetti
affetti da asbestosi (senza lesioni bronchiali tipiche) e l’altro di G. Scansetti e G.F. Rubino, ‘Analisi
comparata della compromissione cardiovascolare e respiratoria nell’asbestosi polmonare’462,
relativo alla compromissione cardio-vascolare e respiratoria, che risultava direttamente
proporzionale alla gravità della fibrosi per riduzione della superficie respirante.
456
E.C.Vigliani, CRITERI DI ORIENTAMENTO SULLE COSIDDETTE “MASSIME CONCENTRAZIONI BIOLOGICHE TOLLERABILI”,
Med.Lav. 50:323-327, 1959.
457
PROCEEDINS ON THE PNEUMOCONIOSIS CONFERENCE, Johannesburg february 1959, Churchill Ed., London 1960.
458
P.Sadoul, ENCYCLOPEDIE MEDICO-CHIRURGICALE, voce “poumon, exploration fonctionnelle”, Paris 1960.
459
H. Bohling, G. Jacob, H. Müller, DIE ASBESTOSE DER LUNGEN, G.Thieme Verlag, Stuttgart 1960.
460
C.Vecchione, INDAGINE IGIENICO-SANITARIA IN UN MODERNO STABILIMENTO PER LA LAVORAZIONE DEI MANUFATTI
IN FIBROCEMENTO E AFFINI, Min.Med. 43:1182-1198, 1960.
461
E.Concina, O.Orlandi, G.A.Teso, IL QUADRO BRONCOLOGICO DELL’ASBESTOSI, Min.Med. 51(19):797-809, 1960.
462
G.Scansetti, G.F.Rubino, ANALISI COMPARATA DELLA COMPROMISSIONE CARDIOVASCOLARE E RESPIRATORIA
NELL’ ASBESTOSI POLMONARE, Min.Med. 51(19): 8-17, 1960.
Capitolo VII
Amianto e mesoteliomi
SOMMARIO: 7.1 I primi casi di associazione certa tra esposizione ad amianto e mesotelioma. 7.2 La consapevolezza
unanime sul nesso di causalità tra amianto e mesotelioma e carcinoma polmonare, grazie al Dott. Irving J. Selikoff e il
contributo scientifico dei medici del lavoro italiani (1961-1970). 7.3 Le lotte del movimento operaio, la conferma degli
studi, le loro pubblicazioni nel periodo 1971-1980. 7.4 L’emersione della normativa comunitaria, e la prosecuzione del
dibattito scientifico sul rischio morbigeno indotto dalle fibre di amianto, attraverso la Direttiva 477/83/CEE, e le
premesse per la messa al bando dell’amianto (1981-1990). 7.5 La messa al bando dell’amianto, e il progresso della
medicina del lavoro (1991-2000), conferma del rischio anche a basse dosi.
7.1 I primi casi di associazione certa tra esposizione ad amianto e mesotelioma.
Nel 1931 venne coniato il termine mesotelioma e già ‘nel 1934 fu descritto per la prima volta
un particolare carcinoma primitivo della pleura, che fu denominato mesotelioma e in seguito
riscontrato anche nel peritoneo’463 e l’associazione fra asbestosi e mesotelioma della pleura e del
peritoneo viene menzionata ripetutamente in diverse pubblicazioni alla fine degli anni ’40 e inizio
degli anni ’50, sulla base delle quali si sarebbe già potuto stabilire come definitivamente provata la
relazione causale fra esposizione ad Amianto e mesotelioma.
Weiss (1953), Leicher (1954), Doll (1955) e Van der Schoot (1958)464 associarono la
patologia polmonare da mesotelioma con l’esposizione all’asbesto; nel 1960 Keal, in Inghilterra,
evidenziò dei mesoteliomi peritoneali nei dipendenti di aziende tessili di amianto465.
L’ambiente scientifico fu particolarmente colpito dalle conclusioni di Chris Wagner466 che nel
suo lavoro ‘Diffuse pleural mesothelioma and asbestos exposure in the north western Cape
Province’ del 1960 ha descritto 33 casi di tumori primari della pleura in abitanti della parte nord
occidentale della provincia del Capo, di entrambi i sessi, di età compresa tra i 31 e i 68 anni, dei
quali 28 si erano manifestati in minatori esposti e 5 in lavoratori esposti esposti direttamente o
indirettamente all’amianto blu (crocidolite) delle colline amiantifere situate ad ovest di Kimberley,
e nell’industria manifatturiera dell’Amianto, per dimostrare che ci fosse correlazione tra esposizione
ad amianto e neoplasie della pleura non solo nei casi diagnosticati ai lavoratori direttamente esposti
nelle industrie estrattive, ma per quelli insorti in soggetti verosimilmente sottoposti soltanto ad
un’esposizione di tipo ambientale (es. casalinghe, domestici, mandriani, agricoltori, guardapesca
ecc, un assicuratore ed un contabile): da allora i mesoteliomi sono stati ricercati e spesso ritrovati in
diverse realtà espositive.
Nel 1962, egli ha pubblicato i dati sull’induzione sperimentale di mesoteliomi nei ratti467 e nel
463
Laura Conti in A COME AMIANTO - LAVORAZIONI, RISCHI, INQUINAMENTO. COSA SI FA, COSA BISOGNA FARE, pp. 8-9,
Edizioni Ediesse, Roma 1986.
464
H.C.M. van der Schoot, ASBESTOSIS EN PLEURAGEZWELLEN, Nederlands Tijdschrift voor Geneeskunde 7/6/1958:
1125 – 1126.
465
E. Keal, ASBESTOSIS AND ABDOMINAL NEOPLASM, Lancet, 3: 1211 – 1216, 1960.
466
J.C. Wagner, A.C. Sleggs, P. Marchand, DIFFUSE PLEURAL MESOTHELIOMA AND ASBESTOS EXPOSURE IN THE NORTH
WESTERN C APE PROVINCE, Br. J. Ind. Med., 17 : 260 – 271, 1960.
467
Wagner, J.C. EXPERIMENTAL PRODUCTION OF MESOTHELIAL TUMORS OF THE PLEURA BY IMPLANTATION OF DUSTS IN
LABORATORY ANIMALS. Nature, 1962,196:180-183.
132 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
1965 ha descritto 87 casi di mesoteliomi osservati a partire dal 1953468, dei quali solo una parte
aveva colpito lavoratori con documentata esposizione professionale ad amianto, mentre più della
metà dei casi riguardava individui che vivevano nelle vicinanze delle miniere o dell’industria
manufatturiera dove in minerale veniva estratto e lavorato, confermando così quanto già affermato
in precedenza, circa l’estensione del rischio anche tra coloro che non vi fossero esposti
direttamente, bensì soltanto in seguito alla contaminazione ambientale determinata dalle attività
antropiche.
Come ha scritto Murray, il lavoro di Wagner469-470
“colpì il mondo scientifico con la forza di una tempesta, e ovunque si cercasse il mesotelioma,
ben presto lo si trovava, soprattutto nelle zone dove erano localizzati cantieri navali o
manifatture di asbesto che avevano utilizzato l'amianto blu. Furono osservati casi in diversi
Paesi, casi che sono stati poi presentati ad un Simposio presso l’Accademia delle Scienze di
New York nel dicembre 1964, sotto la presidenza del Professor Irving Selikoff, il quale aveva
dimostrato la presenza della patologia da asbesto, compreso il mesotelioma, in un gruppo di
coibentatori di cantieri navali del New Jersey. Ciò catturò l’attenzione dei media mondiali e ha
portato a quello che io ho definito una pandemia di malattia mediagenica. Vi fu un sorprendente
consenso sui rischi dell’asbesto che, da allora, ha sempre fatto notizia. L’impeto fornito dai
mezzi di informazione era evidente in molti Paesi. Nel Regno Unito, per esempio, la battaglia
per l’introduzione di una legislazione ha portato alle Norme per l’Asbesto del 1969.
L’importazione della crocidolite, utilizzata negli ultimi tempi solo per i contenitori delle batterie
per gli autobus londinesi e per i carri armati dell’esercito, era stata volontariamente abbandonata
nel 1966…”
Sempre nel 1960 E. Keal riscontra nei lavoratori di tessiture di Amianto inglesi casi di
mesotelioma peritoneale471 mettendo in luce come altre sierose, ad esempio quella peritoneale,
possono essere interessate da processi neoplastici ascrivibili ad esposizione ad Amianto.
Nel 1963 al Congresso Internazionale di Madrid Buchnan472 riferiva che, da un’analisi
dell’Ispettorato del Lavoro, nel periodo ’47-’54 è stata rilevata un’alta incidenza di tumori
bronchiali e di mesoteliomi della pleura, del peritoneo e dell’ovaio in lavoratori esposti ad amianto.
Nel 1964, nel corso della Conferenza organizzata dalla ‘New York Academy of Sciences’
sugli effetti biologici dell’asbesto, dopo la conferma venuta da numerosi lavori epidemiologici, si
raggiunse un consenso generale anche sulla associazione asbesto-cancro polmonare e amianto –
mesotelioma attraverso l’analisi dei soli studi clinici, trattandosi di un tumore molto raro, la cui
incidenza è anche più di 100 volte maggiore negli esposti, e che colpisce quasi esclusivamente
persone che in passato hanno lavorato l’amianto; si evidenzia inoltre che il mesotelioma costituisce
la causa di decesso in circa il 10% dei lavoratori esposti.
Il Prof. Vigliani vi intervenne con G. Mottura e P. Maranzana, presentando uno studio
(‘Association of poulmonary tumors with asbestosis in Piedmont and Lombardy’473) sulla mortalità
degli asbestosici indennizzati dal ’43 al ’64 nelle province di Torino e Alessandria e nella regione
468
Wagner, J.C. EPIDEMIOLOGY OF DIFFUSE MESOTHELIAL TUMORS: E VIDENCE OF AN ASSOCIATION FROM STUDIES IN
SOUTH AFRICA AND THE UNITED KINGDOM. Ann. N.Y. Acad. Sci,1965,132:575-578.
469
Murray R: ASBESTOS: A CHRONOLOGY OF ITS ORIGINS AND HEALTH EFFECTS. Br J Ind Med 1990; 47: 361-365.
470
Murray R: ASBESTO: UNA CRONOLOGIA DELLE SUE ORIGINI E DEI SUOI EFFETTI SULLA SALUTE. Med Lav 1991a,
82(6): 480-488.
471
Keal E: ASBESTOSIS AND ABDOMINAL NEOPLASM. Lancet, 1960, 3: 1211-1216.
472
W.D. Buchnan, THE ASSOCIATION OF CERTAIN CANCERS WITH ASBESTOSIS. XIV Congreso Internacional de Medicine
del trabajo, Madrid 1963, vol.4.
473
E.C. Vigliani, G. Mottura, P. Maranzana, ASSOCIATION OF POULMONARY TUMORS WITH ASBESTOSIS IN PIEDMONT
AND LOMBARDY, Annals of the New York Academy of Sciences, 132 (1):558-574, 1965.
CAPITOLO VII | 133
Lombardia e presentò i primi casi di mesotelioma in Italia: lo studio riguarda circa 300 operai di
Piemonte, Liguria e Lombardia, indennizzati dall’INAIL per asbestosi nel periodo 1943 – 1957, e
successivamente deceduti. In questo gruppo venivano evidenziate 28 morti per tumore polmonare o
mesotelioma pleurico, corrispondenti ad una percentuale otto volte superiore a quella da tumori
dello stesso tipo, presentata dai silicotici deceduti nello stesso periodo, mentre sui 172 deceduti
relaativi agli 879 casi di asbestosi in Piemonte ed in Lombardia, vengono identificati 15 casi di
carcinoma polmonare e 3 casi mesotelioma, ai quali si devono aggiungere un caso di carcinoma
polmonare e 2 casi di mesotelioma ancora viventi.
Il Donna474 nel 1965 descrisse l’associazione tra mesotelioma pleurico e asbestosi polmonare
e nel XXXIV Congresso della Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale (S.
Vincent 1971), Rubino 475 espose i primi casi di mesotelioma pleurico verificatisi in provincia di
Alessandria, nell’indotto del cemento – amianto.
Nel 1972 Selikoff476 segnalava l’associazione tra inquinamento degli ambienti di vita e
mesotelioma negli abitanti della città di New York, e suddivideva le esposizioni in occupazionali
dirette e indirette, ambientali e familiari; nel 1973 Bianchi477 segnalava quelli insorti a Trieste
nell’ambito della cantieristica navale e nel 1976 veniva pubblicato uno studio sulla mortalità da
mesoteliomi in lavoratori esposti ad amianto in un’industria tessile478.
Nel 1978 Selikoff osservò che il mesotelioma era capace di manifestarsi, nel soggetto
suscettibile, anche in seguito ad inalazione di una quantità straordinariamente piccola di fibre di
amianto, definite trigger dose o dose innescante479: l’autore riportava poi nello stesso testo 24 casi
di mesoteliomi in famigliari di lavoratori esposti.
Nel 1982, nella ‘Rivista degli infortuni e delle malattie professionali’ dell’INAIL, si riferiva
della concessione del premio Buccheri-La Ferla480 per il biennio ‘81-‘82 a Irving Selikoff, per i suoi
studi sull’amianto: lo studioso americano, direttore dell’istituto di Scienze Ambientali di New York,
nel corso della premiazione, affermò che ‘nei prossimi vent’anni vi saranno 200 decessi alla
settimana nei soli Stati Uniti dovuti a tumori provocati dalla lavorazione dell’amianto’481.
Nel 1983 venne pubblicata la IIª ristampa del testo di ‘Medicina del Lavoro’482 di Vigliani e
Bonsignore, nel quale, a pag. 266, si affermava che ‘...sono numerosi i casi di mesoteliomi nei quali
non è stato possibile documentare un’esposizione professionale o accidentale ad amianto’.
Alla Fondazione Carlo Erba venne presentata da J. R. Rüttner una relazione ‘Il problema dei
mesoteliomi in Svizzera’483, pubblicato nello stesso anno il lavoro di Rutstein ‘Sentinel health
events: a basis for physician recognition and publican health surveillance’484, nel quale i
mesoteliomi sono considerati un ‘evento sentinella’ di precedenti esposizioni ad amianto.
474
A. Donna, O. Campobasso & al., ASSOCIAZIONE TRA MESOTELIOMA PLEURICO E ASBESTOSI POLMONARE, Riv. Anat.
Patol. Oncol. 27 : 28 – 35, 1965.
475
G.F. Rubino, G. Scansetti & al., EPIDEMILOGIA DEL MESOTELIOMA PLEURICO IN AREE INDUSTRIALI URBANE, Med.
Lav. 7 – 8 : 219 – 315, 1972.
476
I.J.Selikoff, W.J.Nicholson, A.M.Langer, ASBESTOS AIR POLLUTION, Arch. Environ. Health, 25:1-13, 1972.
477
C. Bianchi, L. Di Bonito & al., ESPOSIZIONE LAVORATIVA ALL’ASBESTO IN 20 CASI DI MESOTELIOMA DIFFUSO DELLA
PLEURA, Min. Med., 64 : 1724 – 1727, 1973.
478
M.L.Newhouse, G.Berry, PREDICTIONS OF MORTALITY FROM MESOTHELIAL TUMOURS IN ASBESTOS FACTORY
WORKERS, Br.J.Ind.Med., 33:147-151, 1976.
479
I.J. Selikoff, ASBESTOS AND DISEASE, Academic Press, New York 1978.
480
INAIL, RIVISTA DEGLI INFORTUNI E DELLE MALATTIE PROFESSIONALI, LXIX, 4-5, 1982.
481
Id., LXIX, 6, 1982.
482
E.C.Vigliani, A.D.Bonsignore, MEDICINA DEL LAVORO, ECIG , Genova 1983.
483
J. R. Rüttner, IL PROBLEMA DEI MESOTELIOMI IN SVIZZERA, Fondazione Carlo Erba, Milano 1983.
484
D.D. Rutstein, R.J. Mulla & al., SENTINEL HEALTH EVENTS: A BASIS FOR PHYSICIAN RECOGNITION AND PUBLICAN
HEALTH SURVEILLANCE, Am. J. Pubblic. Health 73 : 1054 – 1062, 1983.
134 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
Nel 1985 venne pubblicata la IIª edizione della ‘Enciclopedia Medica Italiana’485, in cui la
voce ‘pneumoconiosi’ fu compilata da Candura e Moscaio: il testo conteneva un’accurata
descrizione dell’asbestosi, in cui si ricordava che la sua associazione con il cancro polmonare era
stata osservata fin dal 1930, mentre quella tra amianto e mesotelioma pleurico fin dal 1960.
Nel 1987, su Lancet, venne pubblicato un lavoro di A.M.Langer, R.P.Nolan,
S.H.Constantopoulos, H.M. Moutsopoulos dal titolo ‘Association of metsovo lung and pleural
mesothelioma with exposure to tremolite-containing whitewash’486, relativo a 6 decessi per
mesoteliomi da tremolite, su 600 morti in un villaggio del nordovest della Grecia, in cui le
abitazioni erano state imbiancate con calce contenente questo anfibolo.
Inoltre K. Mc Connochie, L. Limonato, P. Mavrides, P. Christofides, F.D. Pooley, J.C.
Wagner, in ‘Mesothelioma in Cyprus: the role of tremolite’487, vennero descritti dei mesoteliomi da
tremolite, inspirata negli ambienti di vita a Cipro, a causa dell’abitudine degli abitanti di dipingere
le case con una calce bianca che contiene questo anfibolo.
Nel 1988 l’Istituto Superiore di Sanità488 pubblicava un rapporto sulla mortalità per tumore
maligno della pleura in Italia tra il 1980 e il 1983, segnalando che in quel periodo si sono avuti
2.372 decessi per mesotelioma, avvenuti soprattutto nelle città in cui è presente la cantieristica
navale (Genova, La Spezia, Livorno, Savona, Taranto) e in provincia di Alessandria, per la
produzione di manufatti in cemento – amianto (Casale Monferrato).
Nel 1998 Y. Iwatsubo, J.C. Patron & al. pubblicarono ‘Pleural mesothelioma: dose – response
relation at low levels os asbestos exposure in french population based case –control study’489, che è
uno studio caso/controllo sull’esposizione della popolazione francese a basse dosi di amianto, con
segnalazione dei casi di mesotelioma pleurico e relativa relazione dose/risposta. Questo studio,
svolto dagli esperti dei principali centri francesi, ha evidenziato in significativo eccesso di
mesoteliomi anche per esposizioni decisamente più basse di quelle proposte dai valori-limite
adottati nelle aziende durante gli anni ’80.
Nel 1999 venne pubblicato un importante review che sottolineava la possibilità di insorgenza
di mesoteliomi anche per basse esposizioni, sia negli ambienti di lavoro che negli ambienti di vita:
l’autore affermava che non è possibile stabilire un livello di esposizione ad amianto al di sotto del
quale non vi sia il rischio di contrarre il mesotelioma490.
Nel 2000 furono pubblicati tre lavori che sostanzialmente confermavano l’alto rischio di
mesoteliomi pleurici a seguito di esposizioni professionali, anche se si può avere l’insorgenza per
esposizione domestica o ambientale (‘Occupationand risk of malignant pleural mesothelioma: a
case-control study in Spain’ di A. Agudo, C. Gonzales491). Venne inoltre evidenziato come anche
nelle esposizioni ambientali il rischio aumenti sensibilmente vicino alle zone estrattive di amianto o
in luoghi in cui vi sono industrie che producono o manipolano manufatti di amianto (‘Multicentric
485
ENCICLOPEDIA MEDICA ITALIANA, II edizione, USES, Firenze 1985 - Id.,vol.VII, I edizione, Sansoni Ed., Firenze
1955.
486
A.M.Langer, R.P.Nolan, S.H.Constantopoulos, H.M. Moutsopoulos, ASSOCIATION OF METSOVO LUNG AND PLEURAL
MESOTHELIOMA WITH EXPOSURE TO TREMOLITE-CONTAINING WHITEWASH, Lancet, 25 aprile 1987.
487
K. Mc Connochie, L. Limonato, P. Mavrides, P. Christofides, F.D. Pooley, J.C. Wagner, MESOTHELIOMA IN CYPRUS
: THE ROLE OF TREMOLITE, Thorax 42 : 342 – 347, 1987.
488
C. Bruno, P. Comba, M. Desantis, F.Malchiodi, MORTALITÀ PER TUMORE MALIGNO DELLA PLEURA IN ITALIA: 1980 –
1983, Istituto Superiore di Sanità, Roma 1988.
489
Y. Iwatsubo, J.C. Patron & al., PLEURAL MESOTHELIOMA : DOSE – RESPONSE RELATION AT LOW LEVELS OS ASBESTOS
EXPOSURE IN FRENCH POPULATION BASED CASE –CONTROL STUDY, Am. J. Epidemiol. 1998 vol. 148 n.2, 133 – 142.
490
G. Hillerdal, MESOTHELIOMA: CASES ASSOCIATED WITH NON OCCUPATIONAL AND LOW EXPOSURE, Occup. Environ.
Med., 1999 : 56; 505 – 513.
491
A. Agudo, C. Gonzales, OCCUPATIONAND RISK OF MALIGNANT PLEURAL MESOTHELIOMA: A CASE-CONTROL STUDY IN
SPAIN, Am. J. Med. 37 : 159 – 168, 2000.
CAPITOLO VII | 135
study on malignant pleural mesothelioma and non-occupational exposure to asbestos’ di C.
Magnani, A. Agudo & al. 492; ‘Environmental exposure to asbestos and risk of pleural
mesothelioma: review and meta analysis’ di V. Bourdes, P. Boffetta, P. Pisani493).
7.2 La consapevolezza unanime sul nesso di causalità tra amianto e mesotelioma e
carcinoma polmonare, grazie al Dott. Irving J. Selikoff e il contributo scientifico dei
medici del lavoro italiani.
Con la Legge n. 628 del 22.07.1961 (‘Modifica all’ordinamento del Ministero del Lavoro e
della Previdenza sociale’494) vennero modificate le norme organizzative sul funzionamento
dell’Ispettorato del Lavoro, senza che divenisse uno strumento efficace, poiché aveva un organico
insufficiente ad un controllo capillare del territorio.
Il Ministero dell’Interno, Direzione Generale Sevizi Antincendi495, con la Circolare n. 91 del
14/9/1961, alla tabella 5, disponeva che sulla rete Strauss o direttamente sull’acciaio ci fosse
intonaco di amianto, ovvero che si utilizzassero delle lastre di fibra d’amianto, per proteggere
contro il fuoco i fabbricati a struttura in acciaio destinati ad uso civile.
Mentre nello stesso anno in Inghilterra venne pubblicato da D. Hicks, J.W.J. Fay, J.R.
Ashford e S. Rae, un lavoro, ‘The relation between pneumoconiosis and environmental
conditions’496, riepilogativo sull’analisi radiologica delle pneumoconiosi in rapporto all’esposizione
a polveri, e in Francia da C. Gernez-Rieux, M. Marchand, P. Mounier-Kuhn, A. Policard e L. Roche
il trattato sulle broncopneumopatie professionali, ‘Broncho-pneumopathies professionnelles’497, che
descriveva in modo molto accurato e moderno l’asbestosi, segnalandone la sospetta associazione
con neoplasie polmonari, già descritta nel 1935 da Kenneth, Lynch e Cannon, nel 1936 da Gloyne,
nel 1942 da Welz, nel 1943 da Wedder, nel 1947 da Desmeules, Rousseau, Giroux e Sirois, e
vennero aggiornate nell’‘Enciclopedia medica italiana’ da M.Aloisi, direttore Ist. Patologia
Generale di Padova, la voce ‘sostanze cancerogene’498, nella quale l’asbesto venne incluso tra le
sostanze cancerogene sicuramente coinvolte nella genesi di cancri professionali umani, ma di cui
non si è potuta ancora dare una riprova sperimentale, e da G.M. Molinatti, la voce ‘tumori’499,
aggiornata sugli ultimi studi sulla oncologia.
Con Raccomandazione CEE del 23/7/1962500, venivano catalogate le varie malattie
professionali, suddivise in tecnopatie da agenti chimici (n.25 patologie), cutanee (n.2 patologie), da
inalazione (n.7 patologie, comprese silicosi, associata o meno a tubercolosi polmonare, e asbestosi,
associata o meno a tubercolosi o a un cancro del polmone), da agenti infettivi e parassitari (n.4
patologie), da carenza vitaminica (n.1 patologia), da agenti fisici (n.3 patologie) e nel 1963 la
492
C. Magnani, A. Agudo & al., MULTICENTRIC STUDY ON MALIGNANT PLEURAL MESOTHELIOMA AND NONOCCUPATIONAL EXPOSURE TO ASBESTOS, British J. Of Cancer (2000) 83 (1), 104 – 11.
493
V.Bourdes, P. Boffetta, P.Pisani, ENVIRONMENTAL EXPOSURE TO ASBESTOS AND RISK OF PLEURAL MESOTHELIOMA:
REVIEW AND META ANALYSIS, Eur. J. Epidemiol. 2000, May; 16 (5) : 411 – 7.
494
L.n.628 del 22/7/1961, Modifica all’ordinamento del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale,
G.U.27/7/1961 n.184.
495
106 Id, pag. 149.
496
D.Hicks, J.W.J.Fay, J.R.Ashford, S.Rae, THE RELATION BETWEEN PNEUMOCONIOSIS AND ENVIRONMENTAL
CONDITIONS, National Coal Board’s Pneumoconiosis Field Research, Londra 1961.
497
C.Gernez-Rieux, M.Marchand, P.Mounier-Kuhn, A.Policard, L.Roche, BRONCHO-PNEUMOPATHIES
PROFESSIONNELLES, Masson & Cie Ed., Paris 1961.
498
ENCICLOPEDIA MEDICA ITALIANA, voce “sostanze cancerogene” di M.Aloisi, direttore Ist.Patologia Generale di
Padova, aggiornamento, vol.I, I.C.C., Firenze 1961.
499
Id, voce “tumori” di G.M. Molinatti, libero docente Patologia Speciale Medica Univ. Torino, aggiornamento, vol.II,
1961.
500
G.Miraldi, GLI INFORTUNI SUL LAVORO E LE MALATTIE PROFESSIONALI, CEDAM Ed., Padova 1979.
136 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
CECA501 pubblicava gli atti di un convegno sulle pneumoconiosi svoltosi a Bruxelles nel 1961,
mentre in Italia venne pubblicato il primo volume del trattato di ‘Medicina del Lavoro’502, del
Caccuri, nel quale Ferraro cura il capitolo sulla storia dello sviluppo internazionale della medicina
del lavoro, dal quale emerge come la Svezia fu il primo paese a riconoscere, già nel 1887, le
malattie professionali, che equiparò agli infortuni sul lavoro, con una legge di tutela assicurativa dei
lavoratori.
Nel 1965 fu pubblicato il II volume503, con un capitolo sull’asbestosi curato da Fati, il quale,
oltre a descrivere la malattia in modo moderno ed esauriente, elencava tra le complicanze sia il
cancro del polmone sia il mesotelioma della pleura (Wagner) e del peritoneo (Keal).
La Corte Costituzionale dichiarava l’illegittimità dell’art.74, II comma del DPR 30/6/65
n.1124, nella parte in cui non poneva, agli effetti della rendita, chi era colpito da malattia
professionale nella stessa condizione di chi era invece colpito da infortunio sul lavoro.
7.3 Le lotte del movimento operaio, la conferma degli studi, le loro pubblicazioni nel
periodo 1971-1980.
Nel 1974, la II edizione dell’Enciclopedia ha sviluppato il tema delle sostanze cancerogene504,
soffermandosi sul loro meccanismo d’azione e proponendo una dettagliata classificazione delle
varie sostanze; l’asbesto veniva riportato tra gli agenti chimici inorganici che determinavano
sarcomi e mesoteliomi sperimentali nei ratti, e carcinoma broncogeno e mesoteliomi nell’uomo, con
richiamo alle diverse teorie sulla cancerogenesi.
La Legge n.780 del 27/12/1975505 estendeva la valutazione globale del danno, in pazienti
affetti da pneumoconiosi, anche a tutte le forme morbose dell’apparato respiratorio e
cardiocircolatorio ad esse associate. Gli atti preparatori della legge, evidenziavano la volontà
unanime delle forze politiche, allora presenti e votanti, per il superamento del concetto di ‘diagnosi’
ancorata in senso stretto all’evidenza della radiografia toracica tradizionale, in quanto responsabile
di sottostima; più esattamente, dai lavori della XIII Commissione della Camera dei Deputati (VI
Legislatura) e della 530° seduta pubblica del Senato della Repubblica, si evinceva chiaramente che
tutti i gruppi parlamentari, le associazioni di categoria, gli imprenditori, l’istituto assicuratore ed i
tecnici, ritenevano utile superare il precedente restrittivo concetto di rischio e di entità
dell’esposizione, per giungere ad un contesto dove il lavoro non era più causa ma occasione di
malattia, senza necessità di valori-soglia di esposizione e con estensione delle prestazioni
assicurative a tutti i casi di silicosi ed asbestosi anche ‘associate’ ad altre malattie dell’apparato
respiratorio e cardio-circolatorio, e non più soltanto alla TBC polmonare in fase attiva. La L.780/75
all’art.4 riprese il concetto di “associazione” come complemento di unione, ben espresso con questo
termine, che designa non solo la coesistenza, bensì anche l’interazione anatomo-funzionale o
eziopatogenetica.
501
CECA, LE PNEUMOCONIOSI, n.3 collezione di igiene e medicina del lavoro, Lussemburgo 1963.
S.Caccuri, LA MEDICINA DEL LAVORO, I vol., Wassermann & C. Ed., Milano 1963.
503
Id., II vol. Milano 1965.
504
Id., voce “sostanze cancerogene”, II edizione, USES, Firenze 1974.
505
Proposta di Legge n.793/C del 20/9/72, Estensione dei benefici previsti dalla L.27/7/62 n.1115 ai superstiti dei
lavoratori colpiti da silicosi, associata o no ad altre forme morbose, contratta nelle miniere di carbone in Belgio, Proposta di Legge n.245/C del 12/6/72, Modifica alle norme sulla prevenzione e l’assicurazione obbligatoria contro la
silicosi e l’asbestosi- Disegno di Legge n.886/S del 21/2/73, Miglioramento al trattamento economico degli infortunati
del lavoro già liquidati in capitale o rendita vitalizia - Commissione 13/C, seduta 19/11/75 - 530° seduta pubblica/S del
17/12/75 - Legge n.780 del 27/12/75, Norme concernenti la silicosi e l’asbestosi, nonché la rivalutazione degli assegni
continuativi mensili agli invalidi liquidati in capitale, G.U. 22/1/76 n.19.
502
CAPITOLO VII | 137
Nel 1975 Mirabella pubblicava una revisione della letteratura medica sui tumori pleuropolmonari in asbestosici sottoposti ad autopsia, da cui risultava che la neoplasia è presente nel 40%
dei casi506.
Nel 1977 Francesco e Annamaria Candura pubblicarono ‘Il pericolo non è un mestiere’507,
con il quale tracciarono la storia e le prospettive della medicina del lavoro, dai primi scioperi dei
lavoratori egizi, fino alla descrizione dell’organizzazione del lavoro nell’antica Cina e India, dove
anche le assenze per malattia venivano retribuite, e nel quale sono riportati i contratti di lavoro
dell’antica Grecia, di Roma repubblicana (istituzione delle corporazioni) ed imperiale, e le prime
norme igieniche introdotte già nella civiltà minoica a Creta.
Venne poi descritta la realtà medievale (tutela degli infortuni da parte dei Longobardi), con lo
sviluppo degli scambi dei manufatti artigianali attraverso i mercanti e l’istituzione delle prime casse
di mutuo soccorso, gestite dalle varie corporazioni. Gli autori hanno sottolineato l’importanza
dell’opera di Bernardo Ramazzini e infine analizzano il concetto di rischio, dal quale scaturisce la
prevenzione delle tecnopatie.
Giovanni Berlinguer, nel 1979 aggiornava la voce ‘igiene del lavoro’ dell’’Enciclopedia
Treccani’, sottolineando che508
“malgrado il moltiplicarsi di conoscenze sulle cause di malattia collegate all’attività produttiva,
l’espansione capitalistica coincidente con la prima rivoluzione industriale causò tuttavia ciò che
Marx definì genocidio pacifico”.
Nel 1979 si tenne a Caracas la V Conferenza Internazionale delle Pneumoconiosi (‘Vth
International Pneumoconiosis Conference’509), in cui, per quanto riguarda l’amianto, vennero
comparate le varie tecniche di conteggio delle fibre, nei campionamenti ambientali delle diverse
lavorazioni.
Nello stesso anno venne pubblicato il libro di Crepet, ‘Medicina del Lavoro’510, nel quale
venne trattato l’argomento dell’associazione tra amianto e cancro polmonare, già nota intorno al
1930, riportando i lavori di Mc Donald (minatori), Meurman (minatori), Doll (tessili), Newhouse
(tessili), Selikoff (coibentatori). Furono segnalati casi di mesotelioma in minatori (Wagner e
Webster), nell’impiego di crocidolite (Newhouse e Tompson), nella cantieristica navale (Mc Ewen,
Elmes, Hain, Zielhaus e Gobbato), nella produzione di manufatti (Mc Donald); vennero poi
focalizzate le manifestazioni pleuriche benigne “a colata di cera”, spesso non associate a fibrosi
asbestosica e ritenute un segno di pregressa esposizione ad asbesto, anche non professionale ma
prolungata nel tempo. Spesso tali lesioni apparivano in abitanti di zone limitrofe ad un giacimento o
ad una manifattura, e non sono segni premonitori di mesotelioma (Rubino e Scansetti).
Nel 1979 A. Azara ed E. Eula hanno aggiornato la voce ‘igiene e sicurezza del lavoro’ del
‘Novissimo Digesto’511, e nello stesso anno nel ‘Dizionario etimologico della lingua italiana’512, I
volume, viene riportata la definizione di ‘cancro’ (dal greco karkίς=granchio e dal latino
506
F. Mirabella, SU DANNI ONCOGENI PLEURO-POLMONARI AUTOPTICAMENTE PROVATI, DI UNA SILICATOSI IN AUMENTO
(ASBESTOSI), Med. Lav., 66 : 192 – 211, 1975.
507
F. Candura, A.Candura, IL PERICOLO NON È UN MESTIERE, SUGARCo Ed., Milano 1977.
508
G.Berlinguer, voce Igiene del lavoro, IV appendice, 1961-1978, Enciclopedia italiana di Scienze, Lettere ed Arti,
Treccani Ed., Roma 1979.
509
ILO, VTHINTERNATIONAL PNEUMOCONIOSIS CONFERENCE, Caracas 1978.
510
M.Crepet, MEDICINA DEL LAVORO, UTET, Torino 1979.
511
A.Azara, E.Eula, NOVISSIMO DIGESTO ITALIANO, IX, UTET, Torino 1979.
512
M.Cortelazzo, P.Zolli, DIZIONARIO ETIMOLOGICO DELLA LINGUA ITALIANA, 1/A-C, Zanichelli Ed., Bologna 1979 Id., 3/I-N, 1983 - Id., IV/O-R, 1985 - Id., 5/S-Z, 1988.
138 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
cancrum=granchio, per analogia delle ramificazioni del tumore con le zampe del granchio),
utilizzato per la prima volta da D.Cavalca nel 1342.
Nel 1980 Desoille pubblicava ‘Précis de Médicine du Travail’513, che ribadiva i concetti
espressi negli altri trattati, e contemporaneamente venne proposta una nuova classificazione514 delle
radiografie per le pneumoconiosi.
Nello stesso anno Pettinati e Perrelli pubblicano ‘Elementi di medicina preventiva dei
lavoratori’515, con il quale veniva sottolineata l’importanza della prevenzione delle tecnopatie, in
particolare delle pneumoconiosi, e del rischio di neoplasie, elencando i pregi e i difetti dei vari
mezzi di protezione, e le modalità per la corretta esecuzione degli esami funzionali di monitoraggio,
e nello stesso anno venne ristampata la VI edizione della pubblicazione ‘The diseases of
occupation’ sulle tecnopatie di Hunter516, che riassumeva tutte le vicende storiche, cliniche e
preventive relative all’utilizzo dell’amianto.
Contemporaneamente, venne pubblicato il testo americano ‘Sourcebook on Asbestos Disease’
di Peters & Peters517, che analizzava gli aspetti medici, legali ed ingegneristici collegati all’impiego
dell’amianto; gli autori focalizzavano anche le problematiche relative all’ipersensibilità individuale,
e indicano le norme di buona tecnica in uso presso i militari.
Nel 1980 fu pubblicata dalla Clinica Devoto un’interessante analisi del fenomeno
infortunistico in fabbrica (‘Proposta di un metodo di raccolta di elaborazione e controllo dei dati
relativi al fenomeno infortunistico in fabbrica’518), dalla quale si evidenziava la possibilità, da parte
dell’azienda, di ottenere uno sconto o un aumento del 30% del tasso medio nazionale, a seconda di
un decremento o di un incremento delle prestazioni, rispetto alla media nazionale del settore.
Storicamente già dall’Editto di Rotari del 643, gli impresari edili vengono obbligati a risarcire gli
infortuni. Pare che le prime assicurazioni519 siano state stipulate nel XIV sec. per i lavoratori delle
miniere di sale di Wieliecza, in Polonia, dopo il regno di Casimiro il Grande (1333-1370).
Nell’articolo della Clinica Devoto si precisava che la FIAT, nel 1973, su una base salariale di
700 miliardi, ha versato all’INAIL circa 21 miliardi di premi assicurativi; pertanto, considerando la
possibilità di uno sconto o di un aggravio del 30%, potevano essere spesi in più o risparmiati ogni
anno oltre 6 miliardi di lire.
7.4 L’emersione della normativa comunitaria, e la prosecuzione del dibattito scientifico
sul rischio morbigeno indotto dalle fibre di amianto, attraverso la Direttiva
477/83/CEE, e le premesse per la messa al bando dell’amianto (1981-1990).
Nel 1981, in ‘Dizionari del diritto privato’520, G. Marino sviluppò le questioni inerenti
l’ambiente di lavoro, tracciando il rapporto uomo-macchina-ambiente, nella sua complessa globalità
(cfr. artt. 32-35-41 Cost., art.2087 c.c., art.9 st.lav.), e il 02.04.81 la Corte Costituzionale con la
Sentenza n. 64, sancì che anche in caso di silicosi e asbestosi il grado minimo di inabilità
513
H.Desoille, PRECIS DE MEDICINE DU TRAVAIL, Masson Ed., Paris 1980.
OCCUPATIONAL SAFETY AND HEALTH SERIES N.22 (Rev.), Guidelines for the use of ILO International Classification
of radiographs of pneumoconioses, ILO Geneva 1980.
515
L.Pettinati, G.Perrelli, ELEMENTI DI MEDICINA PREVENTIVA DEI LAVORATORI, Cortina Ed., Torino 1980.
516
D.Hunter, THE DISEASES OF OCCUPATION, Hodder & Stoughton Ed., London 1980.
517
G.A.Peters, B.J.Peters, SOURCEBOOK ON ASBESTOS DISEASE, Garland SPTM Ed., N.Y. 1980.
518
N.Di Credico, F.Merluzzi, A.Grieco, PROPOSTA DI UN METODO DI RACCOLTA DI ELABORAZIONE E CONTROLLO DEI
DATI RELATIVI AL FENOMENO INFORTUNISTICO IN FABBRICA, Assessorato Sanità Regione Lombardia, 1980.
519
M.Bariéty, C.Coury, HISTOIRE DE LA MEDECINE, Fayard Ed., 1963.
520
N.Irti, DIZIONARI DEL DIRITTO PRIVATO, 2. Diritto del Lavoro, Dell’Olio, Varese 1981.
514
CAPITOLO VII | 139
permanente indennizzabile doveva essere l’11% come nel caos degli infortuni sul lavoro o di altre
tecnopatie industriali e agricole, con conseguente estensione del numero dei beneficiari.
Nello stesso anno in Italia veniva pubblicato il lavoro di A.C.Braun, ‘La storia del
cancro,sulla sua natura, cause e possibilità di controllo’521, nel quale al capitolo 1 c’era la rassegna
delle origine storiche del concetto di cancro e sui primi reperti clinici nell’antichità (Egitto 1500
a.C.), e sull’uso del termine da parte di Ippocrate nel V secolo a.C., per il tumore del seno, dello
stomaco e dell’utero; e delle prime relazioni tra cancro ed esposizioni ambientali risalenti già al
1775 (spazzacamini inglesi e cancro dello scroto), e la successiva introduzione dei concetti
fondamentali sulla loro natura come introdotti tra la fine del XVIII sec. e l’inizio del XIX sec.,
grazie agli studi del fisiologo e anatomico francese Bichat; e sul fatto che tra i lavoratori che
respiravano polveri di amianto vi era una incidenza di tumori polmonari più elevata che nel resto
della popolazione; nei capitoli successivi vennero approfondite le caratteristiche delle cellule
neoplatische (metabolismo, crescita, replicazione, mutazioni etc.), oltre alla bibliografia finale.
A Padova, in occasione del IV Congresso Nazionale di Medicina del Lavoro, F.D’Orsi,
E.Munafò, A.Serio, S.Battisti, U.Cappelli, presentarono una relazione sulla ‘Esposizione ad asbesto
nelle officine delle Ferrovie dello Stato: criteri di prevenzione’522, nel quale si evidenziava come i
ferrovieri fossero esposti sia ad anfiboli (amosite e crocidolite) sia a crisotilo, con indicazione della
composizione dei principali prodotti contenenti amianto di normale utilizzo nel settore, nel quale
spesso si usava spruzzarlo, o utilizzarlo in fiocchi, oppure come amiantite, corde e nastri, con
indicazione dei valori ambientali riscontrati nelle diverse lavorazioni, e un esame dei materiali
alternativi, con le loro temperature di decomposizione (lana di roccia 800°C).
Sempre nel 1981 Enterline in ‘Proportion of cancer Due to Exposure to Asbestos’523
segnalava che in tutte le patologie da amianto è presente una relazione dose-risposta, anche se a
basse dosi la valutazione del rischio risulta complessa.
Nel 1981 venne pubblicata su una rivista specialistica inglese un’interessante review ‘A guide
to compensation for asbestos- related diseases’524 che elencava le manifestazioni cliniche correlate
all’amianto [corpuscoli dell’asbesto, alterazioni pleuriche (placche ialine o calcifiche, pleuriti,
versamenti), asbestosi, carcinoma bronchiale, mesotelioma pleurico e peritoneale].
Nel 1982 venne pubblicata la traduzione di una Storia della Medicina francese525, che
riportava al III vol. la storia del cancro, con un excursus dei vari reperti e delle nozioni scientifiche
a partire dall’Egitto e dalla Grecia antica sino al Medioevo ed al Rinascimento, per giungere alla
fine del ‘700, con l’esame degli studi del Pott, Bichat, Müller, fondatori della moderna oncologia,
citando l’amianto tra le sostanze chimiche capaci di indurre nell’uomo delle neoplasie.
Nello stesso anno alla Fondazione Carlo Erba, Pernis, con lo studio ‘L’immunocitologia del
polmone nelle fibrosi polmonari croniche’526, espose le varie teorie relative alle fibrosi polmonari
croniche, e nello stesso anno Goldsmith pubblicò ‘Asbestos as a Systemic Carcinogen: The
521
A.C.Braun, LA STORIA DEL CANCRO, SULLA SUA NATURA, CAUSE E POSSIBILITÀ DI CONTROLLO, Liviana E., Padova
1981.
522
F.D’Orsi, E.Munafò, A.Serio, S.Battisti, U.Cappelli, ESPOSIZIONE AD ASBESTO NELLE OFFICINE DELLE FERROVIE
DELLO STATO: CRITERI DI PREVENZIONE, Atti 44° Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina del Lavoro e
di Igiene Industriale, Padova 1981.
523
P.E.Enterline,PROPORTION OF CANCER DUE TO EXPOSURE TO ASBESTOS, Bambury report, 9:19-26, 1981.
524
M.G.Britton, D.T.D.Huges, T.J.G.Phillips, A GUIDE TO COMPENSATION FOR ASBESTOS- RELATED DISEASES, Br.Med.J.
282:2107-2111, 1981.
525
STORIA DELLA MEDICINA, vol.III, Walk Over Italiana, Bergamo 1982.
526
B.Pernis, L’IMMUNOCITOLOGIA DEL POLMONE NELLE FIBROSI POLMONARI CRONICHE, Fondazione Carlo Erba, Milano
1982.
140 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
Evidence from Eleven Cohorts’527, un interessante lavoro sulla cancerogenicità sistemica
dell’amianto, meritevole di un’attenta lettura per l’importanza e l’attualità dell’argomento in ambito
scientifico.
Sempre nel 1982 W.J. Nicholson, J. Perkel, I.J. Selikoff, pubblicarono ‘Occupational
Exposure to Asbestos: population at Risk and Projected Mortality - 1980-2030’528, con una
valutazione della mortalità degli esposti ad asbestos negli anni 1980/2030, con una previsione che la
riduzione dei livelli di esposizione non avrebbe determinato una diminuzione del numero di
neoplasie, la cui incidenza si sarebbe ridotta molto modestamente.
Sul III volume del 1983 si riportava l’etimologia di ‘neoplasia’, termine usato per la prima
volta da Lessona nel 1875 e ripreso dalla definizione di ‘neoplasma’ di Canini del 1865.
Nel 1983 Rubino in ‘Le malattie da asbesto’529 riassunse le conoscenze relative alle patologie
da amianto, per un testo di aggiornamento rivolto a tutta la classe medica italiana.
Nel 1984 Saffiotti alla Fondazione Carlo Erba presentava una relazione dal titolo ‘Nuove
ricerche sulla patogenesi del cancro polmonare’530, con la quale ha illustrato le nuove ricerche sulla
patogenesi del cancro polmonare, e ha sostenuto che l’identificazione di due geni capaci di
trasmettere la suscettibilità all’azione degli agenti promoventi (TPA).
Nello stesso anno, sempre alla Fondazione Carlo Erba, viene tenuto un Convegno sui ‘Nuovi
metodi di indagine nelle pneumopatie professionali’531, ripreso in seguito sulla rivista ‘La Medicina
del Lavoro’ nel 1985. I relatori G.F. Rubino, G. Discalzi, E. Pira, A. Forni, M.C. Guerrieri, G.
Chiappino, M. Marconcini, A.M. Farro, F. Cottino, A. Bo, A. Favero, C. Ponzetti, G. Aceto, hanno
illustrato la tecnica del lavaggio bronco-alveolare nelle pneumopatie, la TAC nelle pleuropatie e la
scintigrafia con Ga67 nelle pneumoconiosi.
R.Murray in ‘Asbestos in the Soviet Union’532 sostenne, per quanto riguarda l’insorgenza di
neoplasie polmonari, la mancata conferma di sinergismo moltiplicativo tra fumo ed amianto e
l’estrema rarità di mesoteliomi nei lavoratori sovietici esposti a crisotilo; ha ricordato infine che il
MAC di 2 mg/m3 di polvere totale di amianto è stato fissato in seguito ad esperimenti su animali.
Sempre nel 1984, in base ad uno studio sull’acqua potabile contaminata ‘Asbestos in drinking
water’533, venne riportata la possibilità che l’ingestione di fibre di asbesto possa determinare
patologie ad essa correlate.
Sul IV vol. del 1985 si riportavano il prefissoide ‘onco’, l’aggettivo ‘oncogeno’, utilizzato nel
1925-26 da E.Centanni a proposito dei virus oncogeni, ed i sostantivi ‘oncologia’ e ‘oncoterapia’.
Nel 1985 L. Grilli sviluppava in ‘Diritto penale del lavoro’, in ‘Teoria e pratica del
diritto’534,il concetto di tutela penale della sicurezza sul lavoro.
Nel 1985 l’USL 12 di Genova pubblicò ‘Un’esperienza di bonifica da amianto in ambiente di
527
J.R.Goldsmith, ASBESTOS AS A SYSTEMIC CARCINOGEN: THE EVIDENCE FROM ELEVEN COHORTS, Am.J.Ind.Med.,
3:341-348, 1982.
528
W.J.Nicholson, J.Perkel, I.J.Selikoff, OCCUPATIONAL E XPOSURE TO ASBESTOS: POPULATION AT RISK AND PROJECTED
MORTALITY- 1980-2030, Am.J.Ind.Med.3:259-311, 1982.
529
G.F.Rubino, LE MALATTIE DA ASBESTO, Fed.Med., XXXVI-2:144-152, 1983.
530
U.Saffiotti, NUOVE RICERCHE SULLA PATOGENESI DEL CANCRO POLMONARE, Fondazione Carlo Erba, Milano 1984.
531
G.F.Rubino,G.Discalzi, E.Pira, A.Forni, M.C.Guerrieri, G.Chiappino, M.Marconcini, A.M.Farro, F.Cottino, A.Bo,
A.Favero, C.Ponzetti, G.Aceto, NUOVI METODI DI INDAGINE NELLE PNEUMOPATIE PROFESSIONALI, Fondazione
CarloErba, Milano 1984.
532
R.Murray, ASBESTOS IN THE SOVIET UNION, Lancet 155-156, 21 luglio 1984.
533
P.Toft, M.E.Meek, D.T.Wigle, J.C.Méranger, ASBESTOS IN DRINKING WATER, Critical Review Environ. Control, 14
(2):151-197, 1984.
534
L.Grilli, DIRITTO PENALE DEL LAVORO, in Teoria e pratica del diritto, Giuffrè Ed., Milano 1985.
CAPITOLO VII | 141
lavoro’, in ‘Il rischio neoplastico da amianto nei luoghi di lavoro e nell’ambiente di vita’535, relativa
alla bonifica dell’amosite presente nei Cantieri Navali Riuniti, e segnalò la necessità di verificare il
rispetto delle norme di buona tecnica nel corso dell’intervento, perché in caso contrario ci sarebbero
stati dei rischi per i lavoratori e per l’ambiente.
Nell’edizione del 1955 della stessa enciclopedia, la voce ‘pneumoconiosi’ era stata invece
curata da Redaelli536, direttore dell’istituto di Anatomia Patologica dell’Università di Milano, che
cita tra le complicanze dell’asbestosi il cancro polmonare, ma non il mesotelioma.
Nel 1986 ancora alla Fondazione Carlo Erba si organizzò una tavola rotonda ‘Problemi
medici dell’esposizione alla polvere di amianto’537, alla quale intervennero G.F. Rubino, D.
Bonsignore, G. Chiappino, A. Donna, M. Governa, G. Piolatto, e durante la quale furono valutati i
nuovi criteri di diagnosi dell’asbestosi, la pericolosità delle fibre di vetro e il loro effetto oncogeno.
La conferenza generale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, convocata a Ginevra
dal Consiglio di Amministrazione dell’ufficio internazionale del lavoro nella 72° sessione del
4/6/1986, sul presupposto delle precedenti Convenzioni e raccomandazioni sul cancro professionale
(1974), sull’inquinamento dell’aria, rumore e vibrazioni (1977), sui servizi per la salute nell’ambito
del lavoro (1985), l’elenco delle malattie professionali nella sua versione riveduta nel 1980, allegata
alla Convenzione sulle prestazioni in caso di infortunio sul lavoro e malattia professionale (1964),
nonché la ‘raccolta di direttive pratiche sulla sicurezza nell’utilizzazione dell’amianto’, pubblicato
dall’Ufficio Internazionale del Lavoro nel 1984, ha deciso di adottare le proposte ‘relative alla
sicurezza nell’utilizzazione dell’amianto’, con la Convenzione n° 162.
Le norme di questa Convenzione sono contemplate in 30 articoli.
L’art. 10 statuisce:
“Qualora ciò sia necessario per tutelare la salute dei lavoratori, e realizzabile dal punto di vista
tecnico, la legislazione nazionale deve prevedere una o più delle seguenti misure:
Capoverso a): “Ogni qualvolta ciò sia possibile, la sostituzione dell’amianto o di alcuni tipi di
amianto o di alcuni prodotti contenenti amianto con altri materiali o prodotti, o l’impiego di
tecnologie alternative che la autorità competente valuti da un punto di vista scientifico come
innocue o meno nocive”.
Nell’elenco non è presente la Repubblica Italiana che tra gli Stati Membri non ha ancora
ratificato la Convenzione n°162 della Organizzazione Internazionale del Lavoro, relativa alla
sicurezza nell’utilizzazione dell’amianto.
Il Ministero della Sanità, con Ordinanza del 26/6/1986 (‘Restrizioni all’immissione sul
mercato ed all’uso della crocidolite e dei prodotti che la contengono’)538, ha emanato delle
restrizioni all’immissione sul mercato ed all’uso della crocidolite e dei prodotti che la contenevano,
non applicabili al settore dei trasporti, ex art.1. Con Circolare n.45 del 10/7/86 (‘Piano di interventi
e misure tecniche per la individuazione ed eliminazione del rischio connesso all’impiego di
materiali contenenti amianto in edifici scolastici e ospedalieri pubblici e privati’)539, il Ministero
535
C.Calabresi, UN’ESPERIENZA DI BONIFICA DA AMIANTO IN AMBIENTE DI LAVORO, IN IL RISCHIO NEOPLASTICO DA
AMIANTO NEI LUOGHI DI LAVORO E NELL’ AMBIENTE DI VITA, Arco Ed., 161-165 ,1985.
536
A.Codignola, L’ITALIA E GLI ITALIANI DI OGGI, Il Nuovo Mondo Ed., Genova 1947.
537
G.F.Rubino, D.Bonsignore, G.Chiappino, A.Donna, M.Governa, G.Piolatto, PROBLEMI MEDICI DELL’ESPOSIZIONE
ALLA POLVERE DI AMIANTO, Fondazione Carlo Erba, Milano 1987.
538
Ordinanza Ministero Sanità del 26/6/86, Restrizioni all’immissione sul mercato ed all’uso della crocidolite e dei
prodotti che la contengono,G.U.n.157 del 9/7/1986 .
539
Circolare Ministero Sanità n.45 del 10/7/1986, Piano di interventi e misure tecniche per la individuazione ed
eliminazione del rischio connesso all’impiego di materiali contenenti amianto in edifici scolastici e ospedalieri pubblici
e privati, G.U. n.169 del 23/7/86.
142 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
della Sanità si occupava dei rischi connessi con l’impiego di amianto negli edifici, segnalando che
‘l’OMS ha recentemente riconosciuto l’impossibilità di individuare per l’amianto una
concentrazione nell’aria che rappresenti un rischio nullo per la popolazione, date le proprietà
cancerogene di questo inquinante’; sul documento vengono poi stabilite delle norme volte a
localizzare le strutture edilizie contenenti amianto, a determinare il livello di contaminazione e a
fornire direttive tecniche per la bonifica.
Con Decreto Ministeriale 16/10/1986, vennero integrate le norme del DPR n.128 del 9/4/59,
in materia di controllo dell’aria nelle attività estrattive dell’amianto.
Nel 1986 l’U.S.-EPA propose negli Stati Uniti (‘Asbestos; Proposed mining and Import
Restrictions and Proposed Manufacturing Importation and processing Prohibitions’540), la
proibizione dell’impiego dell’amianto, sul presupposto che in base ai dati disponibili neanche la
riduzione a 0,2 ff/cc proposta dall’OSHA sarebbe stata efficace per rimuovere il rischio di cancro da
amianto.
Il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, con Decreto del 21/1/1987 (‘Norme
tecniche per l’esecuzione di visite mediche periodiche ai lavoratori esposti al rischio di
asbestosi’)541, ha abolito per i lavoratori esposti al rischio asbestosi l’obbligo della radiografia del
torace, potenzialmente nociva e spesso non attendibile nei casi iniziali, che in precedenza era
previsto nel corso della visita preventiva e di quelle periodiche annuali, e l’ha sostituita con almeno
tre dei seguenti indicatori: 1) la ricerca dei corpuscoli dell’asbesto nell’espettorato, 2) siderociti
nell’espettorato, 3) rantolini crepitanti basali molto fini e persistenti nel tempo, 4) insufficienza
respiratoria restrittiva, 5) compromissione della diffusione alveolo-capillare ai gas durante le prove
spirometriche.
Tutte queste metodiche derivano dallo sviluppo della ricerca scientifica svolta negli anni
precedenti e riportata dettagliatamente nell’elaborato.
Attualmente per la diagnosi di asbestosi occorrono i seguenti requisiti:
- esposizione ad amianto per almeno 2 anni se elevata, e per almeno 5 anni se lieve.
- intervallo di almeno 10 anni tra l’inizio dell’esposizione e insorgenza della malattia.
- presenza di due segni maggiori ( evidenza radiologica = o > s 1/1, riduzione della CV) o di
un segno maggiore e uno minore (riduzione TLCO, crepitii basali).
La diagnosi differenziale dell’asbestosi deve essere fatta con le pneumopatie interstiziali di
altra natura (es. fibrosi polmonare idiopatica, da collagenopatie, da emorragie polmonari, da
proteinosi alveolare, da amiloidosi, da malattie ereditarie, da radiazioni, da farmaci antibiotici e
chemioterapici, da gas, fumi e vapori etc.)
L’esposizione professionale ad amianto può determinare anche pleuriti acute e lesioni benigne
della pleura. Queste ultime non determinano solitamente una compromissione funzionale, a meno
che non siano concomitanti all’asbestosi, e compaiono dopo almeno 20 anni dall’avvenuta
esposizione; esse non sono manifestazioni precancerose, e si presentano in tre forme diverse: atelettasie rotonde (rare), - ispessimenti pleurici diffusi (esiti di pregresse pleuropatie acute con
versamento) - placche pleuriche circoscritte (spesso bilaterali e simmetriche).
Nel 1987, D.Carullo redigeva nel ‘Commentario del Codice Civile’542 un’ampia trattazione
della norma di cui all’art. 2087 c.c., avente ad oggetto la tutela delle condizioni di lavoro.
540
EPA: ASBESTOS; PROPOSED MINING AND IMPORT RESTRICTIONS AND PROPOSED
AND PROCESSING PROHIBITIONS, Federal Register vol.51 n.19:3738-3759, 1986.
541
MANUFACTURING IMPORTATION
Decreto Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale del 21/1/1987, Norme tecniche per l’esecuzione di visite
mediche periodiche ai lavoratori esposti al rischio di asbestosi, G.U. n.35 del 12/2/1987.
542
V.Carullo, COMMENTARIO DEL CODICE CIVILE, V-I, UTET, Torino 1987.
CAPITOLO VII | 143
Recentemente a tali pleuropatie, in passato ritenute solo un segno di pregressa esposizione, è
stato attribuito il significato di affezione morbosa; gli ispessimenti pleurici (o placche pleuriche
circoscritte e/o diffuse) costituiscono, insieme al versamento pleurico benigno, la malattia pleurica
benigna543. La diagnosi di questa patologia, secondo Cotes544, si basa su:
- Pregressa esposizione ad amianto, con reazioni pleuriche maggiormente correlate alla
distanza dall’inizio dell’esposizione che all’entità della stessa, e con latenza di circa 15 anni. Spesso
vi è un lento aumento di volume delle placche; i versamenti durano a lungo e tendono a recidivare
dopo il drenaggio
- Quadro clinico paucisintomatico
- Quadro radiologico con placche localizzate inizialmente in sede parieto-basale o in
corrispondenza del tratto centrale del diaframma. I versamenti sono molto spesso bilaterali.
- Quadro funzionale con deficit di tipo restrittivo545, senza riduzione della diffusione alveolocapillare.
Nel caso di estensione marcata degli ispessimenti, se lo spessore è di almeno 5 mm con
estensione ad almeno il 25% della parete toracica bilaterale o obliterazione di entrambi i seni costofrenici, si parla di ‘fibrosi pleurica diffusa’. In questi casi non si tratta più solo di un segno di
esposizione, ma di un’affezione morbosa da amianto546, che comporta una riduzione della
compliance torace-polmone, con conseguente indebolimento dell’apparato respiratorio.
Nel 1987 E.Raffn,B.Korsgaard pubblicarono, ‘Asbestos exposure and carcinoma of penis’547,
relativo a 6 casi di carcinoma del pene in esposti nel settore del cemento-amianto.
Nello stesso anno la IARC (Monographs supplement 7, Asbestos [group 1])548 ha inserito tutti
i tipi di asbesto tra le sostanze cancerogene del gruppo 1. Sempre nel 1987 l’U.S.-EPA mise in atto
un piano di intervento per eliminare l’amianto da tutte le scuole pubbliche e private (Asbestoscontaining Materials in Schools)549.
Ancora nel 1987, al Convegno di Fiuggi sull’inquinamento, venne segnalato come il cementoamianto, e i materiali di attrito delle automobili, per la presenza di asbesto, avesse determinato la
contaminazione delle aree urbane (G.Chiappino, G.Scansetti, K.H.Friedrichs, M.Patroni, ‘Rilascio,
inalazione, patologia da fibre inorganiche naturali e sintetiche, in Inquinamento in ambienti di vita e
di lavoro: esperienze e linee di intervento’)550.
Contemporaneamente M. Patroni, R. Trimarchi, F. Andreoletti, V. Foà, G. Chiappino
pubblicavano un lavoro (‘Il rischio occupazionale nell’industria italiana del cemento-amianto’)551,
che sottostimava enormemente il rischio morbigeno, fino a giungere alla previsione che a partire da
quel periodo non ci fossero altri rischi, rispetto a quelli pregressi anche se si sottolinea che anche il
vinil-amianto potesse rilasciare molte fibre nel corso dell’impianto, della manutenzione o di elevato
543
P. Boffetta, HEALTH EFFECTS OF ASBESTOS EXPOSURE IN HUMANS: A QUANTITATIVE ASSESSMENT, Med. Lav. 1998;
89: 471-480.
544
J.E. Cotes, J. Steel, WORK RELATED LUNG DISORDERS, Ed. Blackwell Scientific Publications, 1987.
545
M.R. Beckelake, ASBESTOS RELATED DISEASES OF THE LUNG AND OTHER ORGANS, Am. Rev. Resp. Dis.,1976, 114,
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546
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AND THE MEDICOLEGAL ASPECTS, Med. Lav., 1992, 83 (3) p 244 –8.
547
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548
IARC MONOGRAPHS SUPPLEMENT 7, Asbestos (group 1), 106-116, 1987.
549
EPA: ASBESTOS-CONTAINING MATERIALS IN SCHOOLS, Federal register vol.52 n.210 : 41826-41905, 1987.
550
G.Chiappino, G.Scansetti, K.H.Friedrichs, M.Patroni, RILASCIO, INALAZIONE, PATOLOGIA DA FIBRE INORGANICHE
NATURALI E SINTETICHE, IN INQUINAMENTO IN AMBIENTI DI VITA E DI LAVORO: ESPERIENZE E LINEE DI INTERVENTO, Atti
del Convegno Nazionale ECO-Fiuggi’87, Acta Medica Ed. e Congressi: 135-151, 1987.
551
M.Patroni, R.Trimarchi, F.Andreoletti, V.Foà, G.Chiappino, IL RISCHIO OCCUPAZIONALE NELL’INDUSTRIA ITALIANA
DEL CEMENTO-AMIANTO, Med.Lav. 78:351-359, 1987
144 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
degrado.
Nel 1988, con circolare n.23 del 12 maggio, l’INAIL inviò ai vice direttori generali, ai
dirigenti delle unità centrali e periferiche ed ai coordinatori generali delle consulenze professionali
centrali, il testo delle sentenze della Corte Costituzionale n.179 del 10/2/88 (estensione
dell’indennizzo alle patologie non tabellate, purchè provate) e n.206 dell’11/2/88 (esclusione dei
termini), relative alle modiche del sistema di assicurazione obbligatoria contro le malattie
professionali552.
Nello stesso anno si tenne a Bologna un Convegno su ‘Le broncopneumopatie ambientali’553,
nel quale ci fu l’intervento di Ciaccia che sottolineò il rischio dovuto alle fibre alternative
all’amianto (lana di vetro, lana di roccia e lana di scoria).
Nello stesso anno la Rivista INAIL riferiva la concessione del premio Buccheri-La Ferla per
la medicina del lavoro al prof. Rubino 554, per gli studi sull’amianto e i suoi sostituti negli ambienti
di vita555.
Sul V vol. del 1988, si ricorda l’etimologia del termine ‘tumore’ (dal latino tumor = gonfiore,
tumefazione), impiegato prima del 1575 da G.Dalla Croce e usato per indicare forme benigne e
maligne.
Con D.M. del 20/6/1988, pubblicato sulla G.U. n.151 del 29/6/88, vennero aumentati i premi
assicurativi per le pneumoconiosi.
Nel 1988 l’Istituto Superiore di Sanità556 pubblicava un rapporto sulla mortalità per tumore
maligno della pleura in Italia tra il 1980 e il 1983, segnalando che in quel periodo si sono avuti
2.372 decessi per mesotelioma, avvenuti soprattutto nelle città in cui è presente la cantieristica
navale (Genova, La Spezia, Livorno, Savona, Taranto) e in provincia di Alessandria, per la
produzione di manufatti in cemento – amianto (Casale Monferrato).
Ancora nel 1988 veniva pubblicato un lavoro (‘Asbestos-contaiminated drinking water: its
impact on household air’)557 di J.S.Webber, S.Syrotynski, M.V.King, sulla contaminazione
dell’acqua potabile con fibre di amianto, e sulla loro capacità di determinare a sua volta un
auemento dell’inquinamento ambientale di circa 10 volte nell’ambiente nel quale veniva erogata.
Nel 1988 venne poi redatta da N.Castellino, M.Mazzella di Bosco, A.Paoletti, L.Pecora,
N.Sannolo ‘I primi 50 Congressi della Medicina del Lavoro italiana (1907-1987)’558, nella cui
prefazione si faceva riferimento alle difficoltà incontrate da questa disciplina per sostenere la sua
autonomia nel mondo del lavoro e dell’ambiente scientifico, richiamando l’articolo scritto dal
Ferrannini nel 1947 sui problemi connessi all’inizio di tale insegnamento, avvenuto nel 1907 a
Napoli.
Seguirono poi le recensioni dei temi congressuali:
552
INAIL, circolare n.23, 12/5/1988 - Sentenza n.179 del 10/2/1988, Corte Costituzionale - Sentenza n.206
dell’11/2/1988, Corte Costituzionale.
553
F.Zanardi, P.Pitotto, A.D.Bonsignore, P.Pieri, A. Ciaccia, A.Papi, De Vecchi, P.Ricci, LE BRONCOPNEUMOPATIE
AMBIENTALI, A.N.M.A.F.S. Bologna 1988 .
554
INAIL, RIVISTA DEGLI INFORTUNI E DELLE MALATTIE PROFESSIONALI, LXXV,6, 1988.
555
G.F.Rubino, L’AMIANTO ED I SUOI SOSTITUTI NEGLI AMBIENTI DI VITA, Conferenza dell’ottobre ’89 presso la villa
Tornabuoni Lemmi di Careggi.
556
C. Bruno, P. Comba, M. Desantis, F.Malchiodi, MORTALITÀ PER TUMORE MALIGNO DELLA PLEURA IN ITALIA: 1980 –
1983, Istituto Superiore di Sanità, Roma 1988.
557
J.S.Webber, S.Syrotynski, M.V.King, ASBESTOS-CONTAIMINATED DRINKING WATER: ITS IMPACT ON HOUSEHOLD AIR,
Environ. Res. 46, 153-167, 1988.
558
N.Castellino, M.Mazzella di Bosco, A.Paoletti, L.Pecora, N.Sannolo, I PRIMI 50 CONGRESSI DELLA MEDICINA DEL
LAVORO ITALIANA (1907-1987), Ist.Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 1988.
CAPITOLO VII | 145
1. quella sull’asbestosi, nella quale, a pag.124, si segnalava che concentrazioni 0,2 ff/cc si
ritrovano a non meno di 3-4 Km dalla cava di Balangero; l’articolo richiamava poi le pubblicazioni
presentate nei Convegni del 1930 a Roma, del 1970 a Cagliari e del 1971 a St.Vincent.
2. quella sull’igiene industriale, nella quale si ricordava la mostra permanente di Igiene
Industriale di Torino, presentata nel corso del III Congresso Nazionale del 1911 e il dibattito
interdisciplinare, intitolato ‘Ingegneri, igienisti e Medicina del Lavoro’ e svoltosi a Firenze nel
corso del V Congresso Nazionale del 1922; faceva seguito una rassegna dei principali argomenti di
igiene industriale, trattati nel corso degli anni, tra cui le raccomandazioni in merito ai procedimenti
di campionamento e caratterizzazione delle fibre di asbesto (Cagliari 1970) e la valutazione del
rischio pneumoconiogeno (Pisa del 1972).
3. quella sulla tutela previdenziale della patologia da lavoro, nella quale si segnalava che il
17/4/1872 fu inaugurato, nel teatro Argentina in Roma, il I Congresso operaio nazionale, che aveva
all’ordine del giorno il tema ‘come provvedere una pensione all’operaio assolutamente inabile al
lavoro’; che fu interrotto dalla contestazione operaia. L’articolo ricordava poi che l’8/7/1833, con la
Legge n.1473, veniva sancita la costituzione della ‘Cassa nazionale d’assicurazione per gli infortuni
degli operai sul lavoro’, con sede centrale a Milano, e con R.D. 19/12/1901 veniva istituita, ‘presso
il Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio, una Commissione (di cui facevano parte tra
gli altri Devoto, Sanarelli, Mangiagalli e Loriga) per lo studio delle malattie professionali, in vista
di un’apposita legge assicurativa’. Venne poi riportata la prima descrizione di pneumoconiosi
istologica, fatta dal Puccini nel 1958. La pubblicazione proseguiva con una sezione di ‘Notizie e
curiosità’, nella quale, a proposito del III Congresso di Torino del 1911, venne segnalato che la
FIAT, con lettera del suo Presidente comm. Alessandro Marangoni, rimise la somma di £100 quale
contributo per le spese, e questi perciò stesso risultava anche tra i Membri del Comitato d’Onore e
tra i Congressisti.
Vennero poi elencati i più antichi maestri di Medicina del Lavoro, con i relativi profili:
Bernardino Ramazzini, Luigi Devoto, Luigi Ferrannini, Gaetano Pieraccini, Nicolò Castellino,
Luigi Carozzi.
Il testo si concludeva con le tabelle riassuntive degli argomenti trattati nei diversi Congressi,
elencati in ordine cronologico e in ordine alfabetico.
Ancora nel 1988 venne pubblicato uno studio di T.F.Mancuso, ‘Relative Risk of
Mesothelioma Among Railroad Machinists Exposed to Chrysotile’559, sui macchinisti delle ferrovie
statunitensi esposti al crisotilo, divisi in due sottocoorti in rapporto alla data di assunzione: nel
primo gruppo nel quale c’erano stati 156 decessi, dei quali 14 erano dovuti a mesoteliomi e 11 a
tumori del polmone; nel secondo gruppo (assunzioni più recenti) su 40 decessi soltanto 5 erano
dovuti a tumori polmonari e 1 a mesotelioma.
Nel 1989, veniva pubblicata nella ‘Enciclopedia Giuridica Treccani’560 la voce ‘igiene e
sicurezza del lavoro’, redatta da C. Smuraglia, e in quello stesso anno una indagine epidemiologica
di E. Merler e E. Chellini, sulla frequenza dell’asbestosi e altre patologie asbesto correlate in Italia
(‘Epidemiologia dei tumori primitivi della pleura’561), nella quale si evidenzia come tra i 3000
titolari di rendita per asbestosi, la maggior parte sono residenti in Piemonte, Lombardia, Liguria,
559
T.F. Mancuso, RELATIVE RISK OF MESOTHELIOMA AMONG RAILROAD MACHINISTS EXPOSED TO CHRYSOTILE, Am.
J. Ind. Med., 13:639-657, 1988.
560
C.Smuraglia, voce “igiene e sicurezza del lavoro”- Enciclopedia Giuridica, vol.XV, Treccani Ed., Roma 1989.
561
E.Merler, E.Chellini, EPIDEMIOLOGIA DEI TUMORI PRIMITIVI DELLA PLEURA, Annali Ist.Sup.Sanità, 28:133-146,
1992.
146 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
Campania e Puglia, con precedenti lavorativi per lo più nel settore del cemento-amianto, della
cantieristica navale e della produzione di freni e frizioni.
Nel 1989 la IARC pubblicò la rassegna ‘Non-occupational exposure to mineral fibres’ di J.
Bignon, J. Peto e R. Saracci, circa l’esposizione non occupazionale a fibre minerali562, nella quale si
faceva riferimento ad uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità, che valutava la presenza di fibre
minerali e di polvere nei polmoni di persone che abitavano in aree urbane. Nello stesso anno un
piccolo studio di coorte, ‘Mortality Among Employees of an Ontario Factory that Manufactured
Construction Materials Using Chrysotile Asbestos and Coal Tar Pitch’563, M.M.Finkelstein
evidenziava un incremento di tutti tipi di neoplasie in esposti a crisotilo; lo stesso anno, vennero
pubblicati due studi, rispettivamente ‘Amosite mesothelioma in a cohort of asbestos workers’564 di
J.Ribak, H.Seidman, I.J.Selikoff, relativo ad un aggiornamento di uno studio precedente, nel quale è
emerso che su 820 esposti in maniera breve ma intensa, c’erano stati 17 casi di mesotelioma
pleurico e 9 peritoneali; il secondo, ‘Mortality Among Employees of an Ontario Factory
Manufacturing Insulation Materials from Amosite Asbestos’565, di M.M.Finkelstein, relativo alla
coorte di 133 persone, tra i quali vengono diagnosticati 4 tumori del polmone e 2 del peritoneo.
Nel 1990, l’Istituto Superiore di Sanità pubblicò ‘Ricerche ed indagini sull’asbesto in Italia:
bibliografia analitica 1930-1990’566, un’interessante rassegna bibliografica sulle ricerche relative
alle patologie da amianto, svolte in Italia dal 1930 al 1990, includendo spesso i riassunti dei lavori
citati. Questa iniziativa, già intrapresa all’estero sia per l’asbestosi sia per tutte le pneumoconiosi,
riprendeva due pubblicazioni precedenti dello stesso istituto, che nell’82 avevano portato alle
stampe il periodo 1930-1982 (cfr. ISTISAN 1982/18), e nell’89 il periodo 1983-1989 (cfr. ISTISAN
‘89/21).
Nello stesso anno venne pubblicato un lavoro, ‘Asbestos Content of Lung Tissue, Lymh
Nodes and Pleural Plaques from Former Shipyard Workers’567, di R.F.Dodson, M.G.Williams,
C.J.Corn, A.Brollo, C.Bianchi, sul contenuto d’amianto nel tessuto polmonare, nei linfonodi
tracheali e nelle placche pleuriche di coibentatori di navi, rilevato in corso di autopsia, e venne
segnalata la diversa clearance a seconda del tipo di amianto. Nello stesso anno vi furono tre
segnalazioni relative ad asbesto e tumori renali, ‘Re: Asbestos and Kidney Cancer’568 di
P.E.Enterline, V.Enderson. Sempre nel 1990 venne pubblicato un testo sulle applicazioni della
tomografia assiale computerizzata ad alta risoluzione (HRCT)569 nelle pneumoconiosi, con un
capitolo dedicato ai segni patognomonici dell’asbestosi (placche pleuriche, presenti anche nei
fumatori non esposti, e fibrosi interstiziale).
562
J.Bignon, J.Peto, R.Saracci, NON-OCCUPATIONAL EXPOSURE TO MINERAL FIBRES, IARC S.P.n.90, Lyon 1989.
M.M.Finkelstein, MORTALITY AMONG EMPLOYEES OF AN ONTARIO FACTORY THAT MANUFACTURED CONSTRUCTION
MATERIALS USING CHRYSOTILE ASBESTOS AND COAL T AR PITCH, Am.J.Ind.Med., 16:281-287, 1989.
564
J.Ribak, H.Seidman, I.J.Selikoff, AMOSITE MESOTHELIOMA IN A COHORT OF ASBESTOS WORKERS, Scand.J.Work
Environ Health 15:106-110, 1989.
565
M.M.Finkelstein, MORTALITY AMONG EMPLOYEES OF AN ONTARIO FACTORY MANUFACTURING INSULATION
MATERIALS FROM AMOSITE ASBESTOS, Am.J.of Ind.Med., 15:477-481, 1989.
566
L.Paoletti, M.Diociaiuti, A.Torrice, S.Cavallo, M.De Santis, C.P.Vollono, M.Maggini, G.M.Petrelli, G.Donelli,
RICERCHE ED INDAGINI SULL’ASBESTO IN ITALIA: BIBLIOGRAFIA ANALITICA 1930-1990, Istituto Superiore di Sanità ,
Roma 1990.
567
R.F.Dodson, M.G.Williams, C.J.Corn, A.Brollo, C.Bianchi, ASBESTOS CONTENT OF LUNG TISSUE, LYMH NODES AND
PLEURAL PLAQUES FROM FORMER SHIPYARD WORKERS, Am.Rew.Respir.Dis. 142:843-847, 1990.
568
P.E.Enterline, V.Enderson, RE: ASBESTOS AND KIDNEY CANCER, Am.J.Ind.Med. 17:645-646, 1990 - M.Maclure, Id.,
647-648, 1990 - A.H.Smith, Id., 649-650, 1990.
569
G.F.Pistolesi, C.Procacci, VADEMECUM ALLA TOMOGRAFIA ASSIALE COMPUTERIZZATA DEL TORACE - cap.XXI,
Patologia interstiziale, Piccin Ed., Padova 1990.
563
CAPITOLO VII | 147
Un editoriale inglese del 1990 evidenzia la possibilità di inquinamento del talco da parte della
tremolite, ‘On talc, tremolite and tergiversation’570, con conseguenti patologie neoplastiche.
7.5 La messa al bando dell’amianto, e il progresso della medicina del lavoro (1991-2000),
conferma del rischio anche a basse dosi.
Nel 1991 venne pubblicato ‘Mineral fibers and health’571 di D.Liddell, K.Miller, con
interessanti notizie sulle prime indagini eseguite in Inghilterra nel 1898 dall’Ispettorato del Lavoro,
i quali sostengono che il crisotilo appare più pericoloso degli anfiboli negli esperimenti sugli
animali, ma meno pericoloso per l’uomo, come pure sono rischiose le fibre alternative.
Nello stesso anno venne pubblicato lo studio di R. Calisti e A. Sgarzi, ‘Asbestosi in un
autotrasportatore: caso clinico e analisi dell’esposizione’572, relativo ad un caso di asbestosi in un
camionista, che aveva inalato le fibre di amianto presenti nell’aria proveniente, attraverso il
riscaldamento, dal vano motore, nel quale era contenuto del materiale isolante in amianto.
La Direttiva della Commissione CEE del 3/12/1991573, dopo aver richiamato tutti i
provvedimenti precedenti relativi all’amianto, vietava l’immissione sul mercato e l’uso di 5 anfiboli
(crocidolite, amosite, antofillite, actinolite e tremolite), e si regolamentava l’uso del crisotilo,
vietandone l’immissione sul mercato in 14 diverse situazioni (es. giocattoli, filtri, tessuti etc.)
Nel 1991 Enterline in ‘Changing attitudes and opinions regarding asbestos and cancer 1934574
1965’ riassumeva le varie testimonianze scientifiche in ordine al rapporto tra asbesto e cancro,
esposte a livello internazionale tra il 1934 e il 1965, con una tabella molto esplicativa delle
posizioni dei vari autori, sia in ordine al carcinoma polmonare sia in ordine al mesotelioma.
L’insorgenza dei tumori polmonari dovuti ad amianto si verificava di solito dopo 15 anni
dall’inizio dell’attività lavorativa, ed era favorita da esposizioni intense e prolungate ad amianto e
dalla concomitante azione del fumo di sigaretta (effetto sinergico moltiplicativo).
Da un punto di vista istologico, erano più frequenti le neoplasie di tipo squamoso rispetto agli
adenocarcinomi e agli oatcell.
Sul piano clinico, non vi erano elementi differenziali specifici rispetto alle neoplasie
polmonari non dovute ad amianto, per cui, in assenza di fibrosi polmonare e di esposizione
consistente, risultava problematico stabilire un nesso causale tra attività lavorativa e tumore. Infatti
in Germania ed in Inghilterra il cancro polmonare veniva indennizzato come malattia da amianto
soltanto quando si associava ad asbestosi.
Nel 1991 venne pubblicato un articolo, ‘Translocation of Inhaled Asbestos Fibers from the
Lung to Other Tissues’575, redatto da Y.Suzuki e N.Kohyama, sulla migrazione delle fibre di
amianto inalate dal polmone agli altri tessuti, nel quale si constatava una maggiore capacità di
migrazione del crisotilo rispetto all’amosite.
Sempre in quell’anno l’Accademia delle Scienze di New York pubblicava l’annale ‘The third
wave of asbestos disease: exposure to asbestos in place’576 sulla ‘terza ondata’ dei disturbi da
570
R. Reger, W.K.C. Morgan, ON TALC. TREMOLITE AND TERGIVERSATION, Br. J. Of Ind. Med. 47 : 505 – 507, 1990.
D.Liddell, K.Miller, MINERAL FIBERS AND HEALTH, CRC Press, Boca Raton 1991.
572
R.Calisti, A Sgarzi, ASBESTOSI IN UN AUTOTRASPORTATORE: CASO CLINICO E ANALISI DELL’ESPOSIZIONE,
Med.Lav.82:30-37, 1991.
573
Direttiva 91/659/CEE , G.U. CEE 31/12/91.
574
P.H.Enterline, CHANGING ATTITUDES AND OPINIONS REGARDING ASBESTOS AND CANCER 1934-1965, Am.J.Ind.Med.
20:685-700, 1991.
575
Y.Suzuki, N.Kohyama, TRANSLOCATION OF INHALED ASBESTOS FIBERS FROM THE LUNG TO OTHER TISSUES,
Am.J.Ind.Med. 19:701-704, 1991.
576
P.J. Landrigan, H. Kazemi, THE THIRD WAVE OF ASBESTOS DISEASE: EXPOSURE TO ASBESTOS IN PLACE, Annals of
New York Academy of Sciences, vol.643, 1991
571
148 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
amianto, in cui P.J. Landrigan e H. Kazemi posero in evidenza l’insorgenza di mesoteliomi tra gli
insegnanti di alcune scuole americane, inquinate da amianto; inoltre in una rivista oncologica
italiana, venne pubblicato l’articolo ‘Mesotelioma pleurico in barbiere, da esposizione indiretta ad
asbesto’577, di C. Maltoni, C. Pinto, G. Gardini, A Belli e C. Tabanelli, su un caso di mesotelioma
pleurico in un barbiere, per esposizione indiretta ad asbesto, le cui fibre erano presenti sui capelli
polverosi degli operai impiegati in una vicina azienda di cemento – amianto in Emilia.
Ancora nel 1991 autori australiani, A. J. Rogers, J. Leigh & al., in ‘Relationship between lung
asbestos fiber type and concentration and relative risk of mesothelioma – a case control study’578,
evidenziarono una relazione lineare tra concentrazione di fibre di asbesto nei polmoni e rischio di
mesotelioma.
Nel 1992 venne segnalato da Chiappino e Pierucci, con l’articolo ‘Le pleuropatie benigne da
amianto: significato clinico prognostico ed aspetti medico-legali’579, l’incremento delle pleuropatie
benigne in assenza di asbestosi, in esposti ad amianto; tali lesioni non devono essere valutate solo
come indicatori di pregressa esposizione, ma come vere manifestazioni morbose.
Con il D.Lgs.n.77 del 25/1/1992 l’Italia ha attuato la Direttiva CEE 88/364580, nella quale
veniva tutelata la salute dei lavoratori contro i rischi di esposizione relativi a 4 agenti chimici
cancerogeni: 2-naftilamina, 4-aminodifenile, benzidina e 4-nitrodifenile; le visite mediche relative a
queste esposizioni debbono essere svolte anch’esse da medici competenti.
La Legge n.257 del 27/3/1992581 contiene le norme relative alla cessazione dell’impiego
dell’amianto. Con questo provvedimento si impediva l’estrazione, l’importazione, e la lavorazione
dell’amianto in tutti i settori produttivi.
Nel 1992 G. Marando, nella voce ‘La sicurezza del lavoro nel sistema della giurisprudenza, in
Teoria e pratica del Diritto n.59’582, si cimentava in un’esegesi dell’art.2087 del c.c., introdotto nel
1942 al fine di garantire
“una nuova e più efficiente tutela della personalità del lavoratore, nella sua interezza,
obbligando l’imprenditore all’adozione di tutte le misure di salvaguardia suggerite dalla
particolarità del lavoro, esperienza e tecnica”.
Nello stesso anno D. Politanò redigeva la voce ‘igiene e sicurezza del lavoro (tutela penale)’
sul ‘Digesto delle Discipline Penalistiche’583, con un esame attento dell’intera materia.
Nel 1992-93 ci furono diverse segnalazioni584 sulla insufficiente tutela per la salute dei
lavoratori, in ragione dei valori-limite ambientali, per le fibre di amianto, che apparivano troppo
elevati, sino al 1970, nonostante che le conoscenze scientifiche indicassero già allora la necessità di
ridurre ulteriormente l’esposizione.
577
C. Maltoni, C. Pinto, G. Gardini, A Belli, C. Tabanelli, MESOTELIOMA PLEURICO IN BARBIERE, da esposizione
indiretta ad asbesto, Acta Oncologica, 12 (5): 465 – 471, 1991.
578
A. J. Rogers, J. Leigh & al., RELATIONSHIP BETWEEN LUNG ASBESTOS FIBER TYPE AND CONCENTRATION AND
RELATIVE RISK OF MESOTHELIOMA – A CASE CONTROL STUDY , Cancer 67 : 1912 – 1920, april 1991.
579
G.Chiappino, G.Pierucci, LE PLEUROPATIE BENIGNE DA AMIANTO: SIGNIFICATO CLINICO PROGNOSTICO ED ASPETTI
MEDICO- LEGALI, Med.Lav. 83:244-248, 1992.
580
D.Leg. 25/1/92 n.77, Attuazione della Direttiva 88/364/CEE in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi di
esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, s.o. G.U.n.36 del 13/2/92.
581
Legge n.257 del 27/3/1992, Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto, s.o. G.U. n.87 del 13/4/1992.
582
G.Marando, LA SICUREZZA DEL LAVORO NEL SISTEMA DELLA GIURISPRUDENZA, in Teoria e pratica del Diritto n.59,
Giuffrè Ed., Milano 1992.
583
D.Politanò, VOCE “IGIENE E SICUREZZA DEL LAVORO (TUTELA PENALE)”- Digesto VI, UTET, Torino 1992.
584
W.A.Cook, TLVS FOR ASBESTOS, Am.J.of Ind.Med., 21:765-766, 1992 - G.V.Coles, TLVS FOR ASBESTOS, Am.J.of
Ind.Med., 23:955-957, 1993 - M.Corn, TLVS FOR ASBESTOS, id., 959 - T.F.Mancuso, TLVS FOR ASBESTOS, id., 961-965
- G.H.Schepers, TLVS FOR ASBESTOS, id., 967-969.
CAPITOLO VII | 149
Il Decreto Legge n.169 del 5/6/1993, convertito nella Legge n.271 il 4/7/1993, conteneva
disposizioni urgenti per i lavoratori del settore dell’amianto, anche in riferimento alle norme della
Costituzione Italiana585, negli art.1 (‘l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro...’) 32 (‘la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della
collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti...’) - 35 (‘la Repubblica tutela il lavoro in tutte le
sue forme e le sue dimensioni...’) e 41(‘l’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in
contrasto con l’utilità sociale, o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità
umana...’), ribadisce l’obbligo del rispetto delle norme igieniche, volte a tutelare tutti i cittadini,
compresi gli ipersensibili.
Nel 1993 veniva riportato un caso di mesotelioma pleurico osservato in un idraulico,
‘Descrizione di un caso di mesotelioma pleurico osservato in un idraulico; casistiche degli anni
precedenti in Toscana: prospettive di interventi di prevenzione’586, per inalazione di fibre di amianto
dalle guarnizioni dei tubi e dai manufatti in cemento – amianto.
Sempre nel 1993 veniva segnalato un caso di mesotelioma pleurico da asbesto in un marinaio
di leva della Marina Militare587, addetto – macchine, esposto all’amianto contenuto nel materiale
coibentante.
Nel 1993 fu pubblicato uno studio che evidenziava la presenza di amianto nelle navi traghetto
588
F.S. . Il lavoro, oltre a precisare i compiti del Registro Navale Italiano, della Capitaneria di Porto
e dell’Ufficio di Sanità Marittima, illustrava la normativa di legge vigente, in materia di sicurezza,
nel settore della navigazione, definendo anche cosa si intendeva per personale navigante. Venivano
poi elencati gli studi che hanno evidenziato il maggior rischio di contrarre tumori polmonari e
mesoteliomi per questo tipo di lavoratori, e in particolare nel personale di macchina. Due delle navi
traghetto considerate montavano motori marini FIAT. Dalle determinazioni ambientali svolte nelle
varie parti delle navi è stata sempre rilevata la presenza di anfiboli, in concentrazione variabile a
seconda dello stato di manutenzione, della condizione di esercizio e dei locali considerati.
Nel 1994 fu pubblicata la III edizione del testo di Parkes, ‘Occupational lung disorders’589,
sulle tecnopatie polmonari, nella quale risulta puntualizzata l’importanza delle prime fibre inalate
nella genesi dei mesoteliomi, e il fatto che in un soggetto suscettibile l’innesco può avvenire nelle
prima fasi espositive.
Sempre nel 1994 a Carpi590, in occasione dei ‘Ramazzini days’, vennero trattati diversi
problemi collegati con l’esposizione ad amianto nel mondo, ripresi e pubblicati nell’anno
successivo sulla rivista ‘La Medicina del Lavoro’.
In ordine al mesotelioma, vennero presentate le seguenti pubblicazioni: ‘Il mesotelioma come
indicatore di rischio da esposizione ad asbesto: ruolo del patologo’ (Zampi, Comin, Dini);
‘Mesoteliomi da esposizione all’ amianto usato nelle ferrovie: 130 casi italiani’ (Maltoni, Pinto,
Carnuccio, Valenti, Lodi, Amaducci); ‘Mesoteliomi da esposizione ad amianto usato negli
585
V.Falzone, F.Palermo, F.Cosentino, LA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA, ILLUSTRATA CON I LAVORI
Mondadori ed., Milano 1976.
586
P. Catalano, D. Dodoli, F. De Virgilio, M. Guerri, L. Borghini, DESCRIZIONE DI UN CASO DI MESOTELIOMA PLEURICO
OSSERVATO IN UN IDRAULICO; CASISTICHE DEGLI ANNI PRECEDENTI IN TOSCANA: PROSPETTIVE DI INTERVENTI DI
PREVENZIONE, XII Giornate Internazionali di Medicina del Lavoro, Taormina 1993.
587
C. Maltoni, C. Pinto, D. Valenti, P. Lodi, G. Cattini, R. Lodi, MESOTELIOMA PLEURICO DA ASBESTO IN MARINAIO
DELLA MARINA MILITARE, Acta Oncologica, 14 (2) : 199 – 206, 1993.
588
E.Turi, F.Tidei, L.Paoletti, ESPOSIZIONE ALL’AMIANTO A BORDO DELLE NAVI: UNO STUDIO SULLA SITUAZIONE
AMBIENTALE IN DUE CLASSI DI NAVI TRAGHETTO, Med.Lav. 83 (3):201-210, 1993.
589
W.R.Parkes, OCCUPATIONAL LUNG DISORDERS, Butterwoorth & Heinemann Ed., London 1994.
590
Annual Ramazzini days, 1994. I.J. Selikoff Scientific Conference, Updating the epidemiology of asbestos disease.
Med. Lav. 86 (5) : 389 – 489, 1995.
PREPARATORI,
150 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
zuccherifici’ (Maltoni, Pinto, Valenti, Carniccio, Amaducci, Minardi); ‘Rischi professionali
sconosciuti di mesoteliomi da amianto’ (Pinto, Soffritti, Maltoni).
Sempre nel 1994 uscirono ancora tre importanti articoli: uno sulla possibile genesi di
mesoteliomi in seguito ad esposizione a tremolite, molto diffusa nelle rocce, anche se non utilizzata
commercialmente (‘Asbestos – related disease associated with exposure to asbestiform tremolite’ di
S.H. Shrebo, V.L. Roggli591), un altro sull’inquinamento da tremolite e insorgenza di placche
pleuriche in Afghanistan (‘Environmental airborn tremolite asbestos pollution and pleural plaques
in Afghanistan’ di C. Voisin, I. Marin, P. Brochard, J.-C. Pairon 592), il terzo sulla presenza del virus
SV40 nei mesoteliomi (‘Il virus delle scimmie complice dell’asbesto’ di F. Terragni593), con
possibile effetto innescante della neoplasia (questo virus è stato riscontrato in oltre 200 milioni di
dosi di vaccino antipolio salk, proveniente da cellule di scimmie infette, N.d.R.)
Nel 1994 le Ferrovie dello Stato costituirono un gruppo di studio (Direzione Generale F.S.Servizio Sanitario, circ. 24259, ‘Amianto a bordo delle navi traghetto’594), per valutare il problema
conseguente alla presenza di amianto a bordo delle navi traghetto.
Nello stesso anno, l’INAIL di La Spezia 595 ha svolto un interessante studio sulle patologie da
asbesto rilevate nel personale del settore lavorativo della cantieristica navale.
Il 17 marzo1995 venne emanato il D.Lgs. n. 230, relativo all’attuazione delle direttive
Euratom596, che, nella II sezione (protezione dei pazienti), contiene i criteri e le modalità di impiego
delle radiazioni ionizzanti in campo medico (ex art.111). Il decreto impose lo svolgimento di esami
radiologici solo se strettamente necessari, ed istituisce il libretto radiologico personale, ex art.114.
Anche in campo medico-legale è quindi necessario limitare l’impiego degli esami radiologici.
Nel 1996 venne nuovamente evidenziata l’inadeguatezza dei precedenti TLV per l’amianto
(‘The asbestos TLV: early evidence of inadequacy’597), riprendendo la vicenda di Lanza del 1935.
Nello stesso anno un testo giuridico ribadiva il ruolo fondamentale dell’art.2087 c.c. ai fini
della tutela della salute nei luoghi di lavoro (‘La tutela della salute nei luoghi di lavoro’598).
Vennero infine inserite due ricerche sulle norme preventive in tema di esposizione ad
amianto, di cui una svolta su una banca dati CEE e l’altra su Internet (Amianto-CEE, elenco
provvedimenti legislativi - Prevenzione rischio amianto-Internet - elenco provvedimenti599).
Nel 1995 venne pubblicato un interessante lavoro (‘Pleural malignant mesothelioma and nonoccupational exposure to exposure to asbestos in Casale Monferrato, Italy’600) che evidenziava
l’incremento di mesoteliomi pleurici tra gli abitanti di Casale Monferrato, esposti ad amianto
nell’ambiente di vita per la vicinanza di una nota fabbrica di manufatti cementoamianto.
591
S.H. Shrebo, V.L. Roggli, ASBESTOS – RELATED DISEASE ASSOCIATED WITH EXPOSURE TO ASBESTIFORM TREMOLITE,
Am. J. Ind. Med., 26: 809 – 819, 1994.
592
C. Voisin, I. Marin, P. Brochard, J.-C. Pairon, ENVIRONMENTAL AIRBORN TREMOLITE ASBESTOS POLLUTION AND
PLEURAL PLAQUES IN AFGHANISTAN, Chest. 106 (3) : 974 – 976, 1994.
593
F. Terragni, IL VIRUS DELLE SCIMMIE COMPLICE DELL’ASBESTO, Tempo Medico, 36 (21), 1994.
594
Direzione Generale F.S.-Servizio Sanitario, circ.24259, AMIANTO A BORDO DELLE NAVI TRAGHETTO, 4/7/94.
595
M.Martini, PATOLOGIA DA ASBESTO- ESPERIENZA NELLA SEDE INAIL DI LA SPEZIA, Riv. Inf. Mal. Prof., 1-2:55-66,
1994.
596
D.Leg. n.23° del 17/3/1995, Attuazione delle direttive Euratom in materia di radiazioni ionizzanti, S.o. n.74
G.U.n.136 del 13/6/1995.
597
D.Egilman, A.Reinert, THE ASBESTOS TLV: EARLY EVIDENCE OF INADEQUACY, Am.J.of Ind.Med., 30:369-370, 1996.
598
G.Loy & al., LA TUTELA DELLA SALUTE NEI LUOGHI DI LAVORO, CEDAM, 1996.
599
Amianto-CEE, elenco provvedimenti legislativi - Prevenzione rischio amianto-Internet - elenco provvedimenti.
600
C. Magnani, B. Terracini & al., PLEURAL MALIGNANT MESOTHELIOMA AND NON-OCCUPATIONAL EXPOSURE TO
EXPOSURE TO ASBESTOS IN C ASALE MONFERRATO, ITALY, Occup. Eniron. Med. 1995; 52 : 362 – 367.
CAPITOLO VII | 151
La circolare INAIL del 23/11/95601 in materia di benefici contributivi per i lavoratori esposti
ad amianto, riteneva che la disposizione normativa contemplasse solo gli assicurati INAIL alla voce
‘amianto’, e ad una concentrazione ambientale media annuale di 0,1 ff/cc3 di amianto, ex art.24
comma 3 D.Lgs. 277/1991, che recepisce la Direttiva CEE 477/83.
Nel 1996, sul ‘Dizionario di storia della salute’602 edito da Einaudi, veniva riportata
un’aggiornatissima trattazione della voce ‘cancro’ a cura di M.Gianni, con il richiamo alle prime
fonti contenute sul papiro di Ebees (1550 a.C.), ai reperti di tumore del seno, dello stomaco e
dell’utero riportati da Ippocrate (460-377 a.C.), alle prime classificazioni (Galeno,129-201 d.C.),
all’identificazione del tessuto tumorale (Bichat 1771-1802), all’isolamento delle cellule
neoplastiche effettuata da (Müller, 1801-1858), alla scoperta della derivazione del cancro da
mutazioni di cellule sane (Virchow, 1821-1902), alla possibilità di trapiantare le cellule
neoplastiche (Loeb, 1859- 1959 e Jansen, 1864-1934), alla evidenza epidemiologica della fuliggine
come agente eziologico del tumore dello scroto degli spazzacamini (Pott, 1713-1788).
In ordine alla terapia, si rammentava che Ippocrate riteneva utile non asportare i tumori,
mentre Leonida di Alessandria (I sec. d.C.) era un fautore dell’exeresi chirurgica, ed il
contemporaneo Galeno dell’incisione con drenaggio; la radioterapia è stata introdotta dai Curie nel
1894, mentre la chemioterapia è iniziata nel 1942.
Venne poi richiamato il National Cancer Act, firmato da Nixon nel 1971, che si riproponeva
di eradicare il cancro per la fine del secolo.
Nel 1996 fu presentata in un convegno nazionale l’interessante casistica dei mesoteliomi in
Puglia, con evidenza di numerosi casi tra le casalinghe (‘Casistica dei mesoteliomi in Puglia, da
“L’amianto: dall’ambiente di lavoro all’ambiente di vita. Nuovi indicatori per futuri effetti”’603).
Nello stesso anno, l’Istituto Superiore di Sanità pubblicava una casistica di mortalità604 per
tumori maligni della pleura in Italia, negli anni 1988 – 1992; segnalando come il rischio maggiore
fosse quello relativo ai cantieri navali, industria del cemento-amianto, realtà industriali complesse
come quelle presenti a Torino e Milano, con le rispettive cinture industriali.
Nel 1998, su una nota rivista italiana, il responsabile dell’Unità di Environmental Cancer
Epidemiology dello IARC di Lione pubblicava ‘Health effects of asbestos exposure in humans: a
quantitative assessment’605, come riepilogo delle patologie da esposizione ad asbesto nell’uomo,
sottolineando che l’amianto fosse in grado di determinare l’insorgenza di quattro patologie: l’asbestosi per esposizioni a dosi elevate – le placche pleuriche, che dipendono dal tempo trascorso
dalla prima esposizione ed insorgono dopo inalazione di qualsiasi tipo di fibra di amianto - il
tumore polmonare, dipendente in modo lineare dall’esposizione cumulativa ad amianto, con
aumento di rischio dell’1% per ogni fibra/ml/anno di esposizione, e che è provocato da tutti i tipi di
amianto, con interazione sinergica con il fumo di tabacco; il mesotelioma pleurico, tumore maligno
specificamente associato con esposizione ad amianto, è in rapporto al tipo di fibra (gli anfiboli sono
tre volte più pericolosi del crisotilo) ed il rischio dipende dalla terza potenza del tempo trascorso
dall’inizio dell’esposizione, con latenza di dieci anni.
601
Circolare INAIL 23/11/1995, Art.13, comma 8, della L.n.257/92 modificato dalla L.n.271/93. Benefici previdenziali
per i lavoratori esposti all’amianto.
602
DIZIONARIO DI STORIA DELLA SALUTE, VOCE “CANCRO”, Einaudi Ed., Torino 1996.
603
M. Musti, D. Cavone, L. Palamà, CASISTICA DEI MESOTELIOMI IN PUGLIA, DA “L’AMIANTO: DALL’AMBIENTE DI
LAVORO ALL’ AMBIENTE DI VITA. NUOVI INDICATORI PER FUTURI EFFETTI”, Torino 23 – 25/11/1996 (S.I.V.R. – Pavia)
604
M. Di Paola, M. Mastrantonio, M. Carboni, S. Belli, M. Grignoli, P. Comba, M. Nesti, LA MORTALITÀ PER TUMORE
MALIGNO DELLA PLEURA IN ITALIA NEGLI ANNI 1988- 1992, Istituto Superiore di Sanità, Roma 1996.
605
P. Boffetta, HEALTH EFFECTS OF ASBESTOS EXPOSURE IN HUMANS: A QUANTITATIVE ASSESSMENT, Med. Lav. 1998:
89, 6 : 471 – 480.
Capitolo VIII
I diritti della persona
SOMMARIO: 8.1. Il diritto. 8.2 La dimensione etica del diritto. 8.3 Salute e diritto. 8.4 La dignità come valore della
persona umana. 8.5 La dignità nella Costituzione italiana. 8.6 La sintesi dei diritti fondamentali della persona. 8.7 La
nozione giuridica di salute. 8.8 Il ‘diritto al lavoro salubre’ come sintesi tra il ‘diritto-dovere al lavoro, tutela della
salute’ e della ‘personalità morale dei prestatori d’opera’, e come presupposto per la tutela di ogni altro diritto. 8.9 La
salute quale ambito inviolabile della dignità umana. 8.10 Il Trattato di Lisbona come strumento promozionale dei diritti
della persona umana.
8.1. Il diritto.
La vicenda dell’amianto e le conseguenze sull’ambiente e sulla salute impone di chiederci:
‘che cos’è il diritto?’.
Le norme che regolano la civile convivenza di una nazione (cittadini ed istituzione tra di loro
e nel rapporto tra gli uni e gli altri) e ne incarnano (e ne esprimono) i valori fondamentali, in itinere,
non sono tali in virtù della forza precettiva e vincolante, bensì soltanto se sono espressione di un
comune sentire che non li rende dei cristalli immobili e fragili, formule vuote ed astratte, lontane
dall’uomo e dalla società, bensì motori di un progresso rispettoso dei diritti fondamentali della
persona nel divenire della storia, che si nutre dell’esperienza e sintetizza ogni singola vicenda
umana, e che non può essere un’equazione del profitto.
La sicurezza e la tutela della salute sui luoghi di lavoro non può essere perseguita con la sola
assicurazione INAIL, che costituisce una transazione anticipata, in caso di infortunio o malattia
professionale, quanto piuttosto con una diversa cultura che deve radicarsi sul principio di
precauzione, basarsi sulla interdizione anticipata di condotte rischiose e pericolose, con la
rimozione di ogni agente nocivo, poiché diversamente la loro lesione è irreversibile, e il
risarcimento non può restituire il benessere psicofisico ormai compromesso606.
Gli stessi momenti di repressione dei comportamenti individuali, e di interdizione di condotte
illecite e scorrette e di scelte politico-amministrative non coerenti, devono essere letti, interpretati e
sentiti come teleologicamente ispirati a perseguire un progresso individuale e collettivo che sia
coerente con i valori della persona e della società, che non possono prescindere dalla tutela
dell’ambiente e della salute e di ogni altro diritto fondamentale della persona, poiché il diritto non è
sovrastruttura (Marx) nè limite della libertà (Kant)607, quanto piuttosto uno strumento al servizio
dell’uomo, identificato come genere umano (oltre che con le future generazioni), senza poter
prescindere dagli altri esseri viventi e dal rapporto con il pianeta, in un unico momento, anche
logico, perché unico è il motore che alimenta la vita universale, il rapporto dell’uomo con
606
“Ogni cultura e arte, ornamento dell’umanità, e il miglior ordinamento sociale, sono frutti dell’insocievolezza, la
quale ci costringe da sé a disciplinarsi e a svolgere quindi compiutamente con arte forzata i germi della natura”
(Immanuel Kant, IDEA PER UNA STORIA UNIVERSALE DAL PUNTO DI VISTA COSMOPOLITICO, 1784).
607
Nella concezione del filosofo tedesco Kant, il diritto è uno strumento di limitazione della libertà; qui il senso viene
rovesciato, in quanto costituisce lo strumento dialetticamente positivo, ed autenticamente condiviso, filtrato dalle
Istituzioni nazionali e sovranazionali, che operano con metodo democratico, e che serve all’uomo ed è da lui utilizzato,
come sistema di norme per salvaguardare e al tempo stesso edificare, in concorso con le regole sociali, economiche e
con l’acquisizione del patrimonio morale e culturale della nazione e della società in cui vive, la sua esistenza,
individuale e collettiva, interiore e sociale (e naturale) e parametro delle scelte politiche e legislative e giudiziarie.
154 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
l’ambiente e dell’ambiente con l’uomo, proiettato nel futuro, nel perenne corso della storia.
Se per il filosofo Kant, dunque, le norme di diritto limitano la ‘libertà di ciascuno alla
condizione che essa si accordi con la libertà di ogni altro’, in una concezione moderna, si dovrebbe
affermare che la ratio riposa nella ‘limitazione della libertà di ciascuno dal diritto di inquinare,
consumare e mettere in pericolo l’habitat e l’ecosistema, che è necessaria per se stessi, cioè per il
singolo individuo (ma anche per l’intera collettività, e per tutti gli altri esseri viventi), alla
condizione che essa si accordi con la libertà di ogni altro uomo (e con precisi limiti ed obblighi
anche nei confronti delle pubbliche autorità), e che ne rispetti anche tutti gli altri diritti che ne
discendono, tra i quali quello di poter continuare a vivere in un ambiente salubre e goderne degli
elementi e dei componenti, e dei frutti meravigliosi, tra i quali la visione di ruscelli e di valli
incontaminate, di un mare ancora azzurro e di un sole che illumini anche l’animo umano’.
Solo così gli Stati ‘si costringono reciprocamente a cercare l’uno e l’altro sopra di sé, e perciò
crescono belli dritti, mentre gli altri, che, in libertà e isolati tra di loro, mettono rami a piacere,
crescono storpi, storti e tortuosi’ (Kant)608.
Abbiamo richiamato il lento evolversi della legislazione spesso non al passo con le
acquisizioni della scienza e della tecnica, in materia di tutela della salute pubblica e della incolumità
psicofisica negli ambienti di lavoro, ed emerge l’evidenza della codificazione delle regole di
prevenzione tecnica e primaria già dettate in epoca risalente, come principio generale e norma di
chiusura, soltanto con l’art. 2087 c.c., entrato in vigore nel 1942, e in materia di amianto,
nonostante ci fosse piena consapevolezza scientifica fin dai primi anni del secolo scorso circa il
danno che le fibre erano capaci di determinare all’organismo umano, tanto che l’asbestosi fu
ritenuta malattia professionale indennizzabile già con la legge 455 del 1943, paradossalmente è
proprio dagli anni ’50 che in Italia c’è stato un progressivo incremento del consumo di amianto, che
ha raggiunto la punta massima nei decenni che vanno dagli anni ’60 alla fine degli anni ’80, fino al
mancato recepimento della direttiva 477/83/CEE, e la conseguente condanna della Repubblica
Italiana da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 13.12.1990, cui seguì il tardivo
recepimento delle norme poste a tutela dei lavoratori esposti all’amianto con il D.L.vo 277/91, che
imponeva limiti di soglia, e ulteriori obblighi a carico del datore di lavoro, e soltanto con la legge
257 del 1992609 (a circa 40 anni dalla legge 455 del 1943) è stata vietata l’estrazione, la
commercializzazione e la lavorazione e la produzione di materiali in amianto, quando invece l’art.
32 della Costituzione, entrato in vigore il 1° gennaio 1948, tutela la salute come diritto del singolo e
interesse della collettività.
8.2 La dimensione etica del diritto.
Il diritto non può prescindere dalla concreta ed efficace applicazione delle sue norme, rispetto
al fine, conforme ai principi fondamentali, che ritiene di perseguire (e nella specie la tutela della
salute e dell’integrità psicofisica di tutti gli individui, che non può essere scissa dalla integrità
dell’ecosistema e dell’ambiente), e che si deve nutrire prima di tutto della cultura della legalità,
sulla quale fare attecchire e proliferare quei principi, quali quello di sviluppo sostenibile,
precauzione, ispirati a regole di prevenzione primaria, sui quali impiantare il complesso di norme
cogenti e vincolanti, precise e penetranti, che debbono essere sentite come regole di condotta, e solo
608
Si ribalta la tradizionale teoria di categoria, che diviene strumento dell’uomo nel suo divenire anche sociale.
Legge 27 marzo 1992 n. 257. Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto. Pubblicato sul supplemento
ordinario alla "Gazzetta Ufficiale" n. 87 del 13 aprile 1992 - Serie generale, con la quale non si impone la bonifica dei
siti contaminati, quanto piuttosto il divieto di estrazione, produzione e commercializzazione di prodotti in amianto, con
assoluto ritardo rispetto all’emergere delle patologie asbesto correlate risalenti di circa un secolo.
609
CAPITOLO VIII | 155
in via residuale imposte con il momento giurisdizionale e repressivo, e che presuppone di doverlo
considera un mezzo e non il fine, per perseguire il progresso e non raggiungere il profitto,
individuale, attraverso regole e comportamenti poco chiari e per nulla conformi, e collettivo, con
regole di bilancio che spesso trasformano l’individuo in vassallo, in una logica di progresso
condiviso capace anche di tutelare i diritti fondamentali della persona umana.
Nel nostro Paese, lobbies capace di influenzare la politica e di imporsi sul sindacato,
impegnato principalmente a salvaguardare i livelli occupazionali e salariali, hanno determinato la
monetizzazione del rischio, e la transazione anticipata attraverso l’assicurazione sociale con il
pagamento del premio, capace di deresponsabilizzare la classe imprenditoriale non solo rispetto a
danni subiti dai lavoratori in seguito a infortuni e malattie professionali (art. 10 del D.P.R. 1124/65),
ma soprattutto dall’applicazione delle norme giuridiche esistenti, e nel perseguirne l’approvazione
di altre rese necessarie dalla formulazione dei precetti costituzionali (artt. 1, 2, 3, 4, 32, 35, 36, 37,
38 e 41 II comma, della Costituzione), tra i quali la tutela della dignità e integrità psicofisica della
persona, per altro già codificati e imposti con l’art. 2087 del codice civile, norma di chiusura
dell’ordinamento, in grado di perseguirne la tutela, anche attraverso regole non scritte, bensì
imposte dalle acquisizioni tecnico-scientifiche e dall’esperienza.
Non si intende certo sostenere una dimensione solo etica e teleologica dell’ordinamento, e
tuttavia non si può prescindere dalla necessità di tutelare l’integrità psicofisica e la dignità della
persona umana, rispetto alle malattie professionali, come quelle asbesto correlate, come pure nei
confronti di qualsiasi altra patologia, o infortunio sul lavoro, dal senso profondo dell’uomo, che sta
alla base delle norme fondamentali del nostro ordinamento, di quel nucleo inalienabile dei diritti
della persona dal quale si dipanano come da un groviglio tutti gli altri diritti e coinvolge la
generalità dei consociati, sui quali si proietta e si riflette, ogni persona, oltre ogni confine
territoriale, distinzione di razza, differenze di qualità personali e sociali (artt. 2 e 3 della
Costituzione)610.
C’è forse una religiosità naturale in questa concezione, una religiosità che vede nell’uomo,
nella sua integrità psichica e fisica, morale e personale, un momento indefettibile e il punto più alto
del fine del diritto, e dell’agire umano, e che fonda l’eticità del diritto, e dà ragione della sua
precettività, e sul quale si innestano i diritti fondamentali, largamente condivisi e patrimonio
comune di tutte le culture e di tutte le civiltà, nella storia come nell’attualità, che non possono far
condividere e devono portare al superamento di quella concezione assolutizzante dell’economia e
del profitto, quale fine e quale parametro di valutazione dell’umano agire611, anticipata dal
costituente dalla norma italiana con l’art. 41 della Costituzione, e che riteniamo sia comune a tutte
le confessioni, in quanto riconducono al Divino Creatore ad un unico comune denominatore, che
poi è sintetizzato nell’uomo (non a caso il Dio della religione cristiana si è fatto carne ed è sceso
sulla terra attraverso il Figlio, e con Esso si è fatto Uomo e come tale è ritornato a Lui612).
610
In modo più esteso Bonanni - Ugazio, PATOLOGIE AMBIENTALI E LAVORATIVE, MCS AMIANTO E GIUSTIZIA, Minerva
Medica, gennaio 2011, Torino, pag. 121 e seguenti.
611
Si inverte, nella gerarchia dei valori, l’importanza della vita umana rispetto al profitto, le cui leggi debbono
sottostare al principio fondamentale e alla regola sovrana della tutela, della salute e dell’ambiente.
612
Lettera Apostolica Millennio Adveniente Tertio, del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II all’Episcopato, al Clero e ai
Fedeli circa la preparazione del Giubileo dell’anno 2000: “3. Giovanni, nel Prologo del suo Vangelo, riassume in una
sola frase tutta la profondità del mistero dell'Incarnazione. Egli scrive: «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in
mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità» (1, 14). Per
Giovanni, nel concepimento e nella nascita di Gesù si attua l'Incarnazione del Verbo eterno, consustanziale al Padre.
L'Evangelista si riferisce al Verbo che in principio era presso Dio, per mezzo del quale è stato fatto tutto ciò che esiste;
il Verbo nel quale era la vita, vita che era la luce degli uomini (cf. 1, 1-5). Del Figlio unigenito, Dio da Dio, l'apostolo
Paolo scrive che fu «generato prima di ogni creatura» (Col 1, 15). Dio crea il mondo per mezzo del Verbo. Il Verbo è
156 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
Oltre al triste primato che il nostro Paese detiene a causa dell’enorme numero di infortuni e di
malattie professionali, si assiste alla negazione dei diritti fondamentali ai quali gli Stati dichiarano
di volersi ispirare, alla lesione dell’ecosistema e a scelte globali non condivisibili che mettono a
rischio l’intero pianeta, e la stessa sopravvivenza dell’uomo, in quanto tale, tanto da rendere
necessario un impegno comune, personale e culturale, per riappropriarci del senso vero e profondo
dell’uomo e della sua individualità, e dei diritti fondamentali che discendono dalla persona, e che
riguardano tutti gli essere umani, e tutti gli esseri viventi.
Una moderna religiosità della natura come comune sentimento di rispetto dei diritti
fondamentali della persona umana, che deve indurre ed anzi costringere ad una regolamentazione
giuridica non più sulla trincea della tutela della proprietà privata e del rapporto economico, bensì sul
terreno promozionale del catalogo dei diritti della persona umana (conforme Cass. Civ. Sez. III^,
02.02.2010 n. 2352613) e con essi tra i diritti di libertà, anche quello all’integrità psicofisica,
dell’ambiente in tutte le sue componenti, nel quale il cittadino, anche quello sano, ha diritto alla
prevenzione primaria, e, se è malato, ha diritto alla diagnosi precoce, alle cure ed alle riabilitazioni,
e, quando il suo destino è ineludibile, ha diritto ad essere accompagnato ad una morte dignitosa, che
possa rispecchiare la dignità dell’essere umano.
8.3 Salute e diritto.
Il nostro Paese detiene il triste primato del numero degli infortuni e delle malattie
professionali e non solo per quanto riguarda le patologie asbesto correlate ed è secondo soltanto
all’India, alla Cina, e ad altri Paesi che non si fanno scrupolo di calpestare i diritti fondamentali
della persona614.
Per molto, troppo tempo, purtroppo, le norme giuridiche non hanno trovato concreta ed
efficace applicazione615, e come abbiamo visto, il prezzo umano, sociale e morale, oltre che
l'eterna Sapienza, il Pensiero e l'Immagine sostanziale di Dio, «irradiazione della sua gloria e impronta della sua
sostanza» (Eb 1, 3). Egli, generato eternamente ed eternamente amato dal Padre, come Dio da Dio e Luce da Luce, è il
principio e l'archetipo di tutte le cose da Dio create nel tempo. 4.[…] Cristo, Figlio consustanziale al Padre, è dunque
Colui che rivela il disegno di Dio nei riguardi di tutta la creazione e, in particolare, nei riguardi dell'uomo. Come
afferma in modo suggestivo il Concilio Vaticano II, Egli «svela ... pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua
altissima vocazione». Gli mostra questa vocazione rivelando il mistero del Padre e del suo amore. «Immagine del Dio
invisibile», Cristo è l'uomo perfetto che ha restituito ai figli di Adamo la somiglianza con Dio deformata dal peccato.
Nella sua natura umana, immune da ogni peccato ed assunta nella Persona divina del Verbo, la natura comune ad ogni
essere umano viene elevata ad altissima dignità: «Con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni
uomo. Ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con mente d'uomo, ha agito con volontà d'uomo, ha amato con cuore
d'uomo. Nascendo da Maria vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato».
L’utilizzo dell’amianto, dunque, contraddice tutti questi principi, e nega la stessa essenza dell’uomo, come immagine di
Dio, tanto che il Sommo Pontefice, Benedetto XVI, è autorevolmente intervenuto sul tema durante l’udienza generale
del 27.04.2011, esortando l’AVANI (Associazione Vittime Amianto Nazionale Italiana) e l’ONA (Osservatorio
Nazionale Amianto) “a proseguire la loro importante attività a difesa dell’ambiente e della salute pubblica”.
613
La Corte di Cassazione afferma la sua funzione di filonomachia che si estende ed “include anche il processo
interpretativo di conformazione dei diritti nazionali e costituzionali” (Cass. Civ. Sez. III^, 02.02.2010 n. 2352) nel
ruolo promozionale del catalogo completo dei diritti della persona umana come sanciti dalla Carta di Nizza recepita nel
Trattato (Pubblicata nel “Il lavoro nella giurisprudenza” 6/2010, IPSOA, pag. 582).
614
Recentemente il dilemma salute/occupazione, quale interesse protetto, è emerso in tutta la sua drammaticità nella
vicenda dell’ILVA di Taranto che continua ad inquinare con molti agenti patogeni oltre che con l’amianto, e quindi a
deturpare l’ambiente e a pregiudicare la salute umana; una vicenda in cui le scelte della Magistratura, ispirate dal
principio cautelare, non hanno trovato accoglimento unanime, e in cui c’era chi tra le forze politiche e sindacali
sosteneva che comunque non si può chiudere l’attività, dovendo essere salvaguardati i posti di lavoro di migliaia di
persone e l’avvenire di altrettante famiglie, sorvolando sull’evidenza che non si può morire per lavorare e che
l’inquinamento provocato dall’Ilva non danneggia solo i dipendenti dell’Ilva stessa.
615
Purtroppo nel nostro Paese, per lungo, troppo tempo, le norme sono rimaste sulla carta, tanto da far esclamare al
Giudice del lavoro del Tribunale di Torino, Dott. Ciocchetti, Sentenza n. 3308/98 del 30 aprile 1998, “le leggi son, ma
chi pon mano ad esse? Nullo” (D.Alighieri, LA DIVINA COMMEDIA- PURGATORIO XVI, 97).
CAPITOLO VIII | 157
economico, per prestazioni sanitarie, previdenziali etc. (non ultimo quelle di una successiva
bonifica) di malattie professionali e infortuni sul lavoro, è stato enorme: la vicenda dell’amianto ne
costituisce il caso paradigmatico, dove le opzioni ispirate dalla esigenza di salvaguardare le attività
dell’amianto616 (e i loro profitti), oltre al sacrificio delle vite umane, e ai costi umani e sociali, ha
determinato gravissimo aggravio per il bilancio pubblico in termini di spesa sanitaria, per
prestazioni previdenziali ed assistenziali, costi di bonifica, etc., e successivamente anche per gli
stessi imprenditori, con il fallimento delle loro società, e con la pendenza di numerosi procedimenti
giudiziari.
Si impongono dunque scelte radicali secondo schemi di prevenzione nell’organizzazione del
lavoro e della produzione, che presuppongano la rimozione del rischio alla fonte, rispetto alla
limitazione del rischio che si fondi sulla sua valutazione, che presuppone invece la presunzione di
dominare le forze della natura e tutte le sue variabili e che all’atto pratico si traduce nel triste
primato di infortuni e malattie professionali, e quindi lutto e tragedie che sono sotto gli occhi di
tutti, e che al costo morale e sociale, aggiungono quelli per spese sanitarie, assistenziali e
previdenziali, che si traducono anche nella lesione dell’equilibrio di bilancio (art. 81 della
Costituzione) che sta tanto a cuore agli odierni governanti617, oltre che a disporre la effettiva
applicazione delle norme ora vigenti, con un sistema repressivo e sanzionatorio, adeguato e
coerente, che possa quindi essere altrettanto dissuasivo.
Oltre alla coerente interpretazione e applicazione delle norme ora in vigore e con una nuova e
più moderna legislazione ancorata ai valori etici, morali, culturali e sociali patrimonio della nostra
civiltà, che posti al servizio dell’uomo diventano uno strumento per perseguirne i fini imposti
dall’ordinamento e voluti dalla coscienza sociale e frutto di una millenaria elaborazione morale e
culturale (quali la tutela della vita umana), oltre al pareggio di bilancio, che non può essere certo
perseguito senza abbattere gli infortuni sul lavoro, le malattie professionali, e altre patologie
determinate dalla esposizione ambientale agli agenti patogeni, e che determina l’aggravarsi e
l’aumento delle spese sanitarie, assistenziali e previdenziali: non c’è dunque dicotomia logica e
giuridica nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme costituzionali della tutela della salute
e dell’ambiente rispetto a quelle che impongono di perseguire l’equilibrio di bilancio, anzi
confluiscono tutte nell’unico fine di tutela della salubrità dell’ambiente, che preserva da ogni rischio
di danno indotto da cause violente e da esposizioni morbigene.
Occorre definitivamente superare arcaiche concezioni e pedanti impostazioni della scienza
giuridica che sull’esempio della compilazione giustinianea è ancorata a sviluppare i suoi sforzi
esegetici e dedica le sue energie alla complessa regolamentazione della proprietà privata, del
contratto, delle società, dei rapporti economici, della concorrenza e del mercato, in cui lo stesso
rapporto di lavoro è inteso come un rapporto solo economico e contrattuale: tutta la vita della
persona sembra essere regolata dal contratto, a prescindere dal contenuto, anche non patrimoniale di
questi rapporti e della stessa esistenza618.
616
Di seguito riporteremo l’intervento dell’On.le Muzio alla Camera dei Deputati, circa le pressioni delle lobbies
dell’amianto e il cedimento politico fino al ritardo nella approvazione della L. 257/92.
617
Fermo restando che la vita umana, anche di un solo essere umano, non ha prezzo, e che quindi, al di là delle scelte di
bilancio, si impongono regole stringenti in tutela dell’ambiente e della salute, che si possono raggiungere soltanto con la
riduzione del rischio a zero.
618
G. Mottura, articolo L’AMMALATO PER CONTRATTO DI LAVORO (CONSIDERAZIONI INDOTTE DALLO STUDIO DELLE
MALATTIE POLMONARI DA POLVERI INDUSTRIALI), in Cultura e realtà, rivista bimestrale n. 1 - 1950, dove
l’anatomopatologo supera l’aspetto ideologico della lotta di classe ponendo l’attenzione alla tutela della salute:
“L'articolo è molto interessante (...) perché, con realistica crudezza, vengono messe in luce le manchevolezze della
nostra legislazione contro la silicosi, la quale si è preoccupata assai più di salvaguardare i datori di lavoro dagli oneri
delle cause per responsabilità civile, assicurando obbligatoriamente la silicosi, che la salute degli operai delle industrie
158 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
L’uomo deve essere posto al centro dell’ordinamento giuridico per regolarne i rapporti sociali
e tutelarne i diritti fondamentali oltre lo stereotipo del diritto soggettivo e delle sue storiche
determinazioni, in una dimensione necessariamente globale e globalizzante, che coinvolga le
istituzioni e gli Stati, che porti a tutelare in via generale il diritto alla vita, alla salute, che
presuppone l’ambiente salubre ed ogni altro diritto ed interesse collettivo, con obblighi positivi
delle pubbliche istituzioni, secondo principi di prevenzione e precauzione (art. 191 del Trattato sul
Funzionamento dell’Unione Europea619), perché soltanto così possono essere preservati l’ambiente
e l’ecosistema, e con essi ogni altro diritto, e perché oramai non ne è più ammessa una lettura
privatistica, fondata sul concetto di obbligazione, legata alla lesione dei beni materiali, rispetto ad
altri per i quali non è ammessa la restitutio in integrum, con coinvolgimento anche di interi territori
e nazioni, che in alcune circostanze nulla hanno a che vedere con le cause dell’evento, e che le
subiscono soltanto, come dimostrano alcune sciagure dovute ad incidenti in centrali atomiche, e a
calamità, e ad altre circostanze.
La dottrina e la giurisprudenza si sono evolute per porre le norme al passo con i tempi e hanno
costruito l’obbligazione contrattuale delle pubbliche amministrazioni, rispetto a beni e ad interessi,
che non possono essere lesi e che devono essere tutelati, esaltando il ruolo delle norme di cui all’art.
1173 c.c. in rapporto alle norme della Costituzione italiana620 e dei trattati internazionali.
Tuttavia la condanna e il risarcimento economico non costituiscono tutela integrale ed
efficace di questi diritti621, soprattutto perché nulla e nessuno potranno restituire all’infortunato e/o
al malato il benessere psicofisico ormai venuto meno.
Il rapporto di lavoro non può essere identificato con il contratto di lavoro, e la tutela della
salute dell’integrità psicofisica debbono andare oltre la concezione soltanto privatistica
dell’obbligazione del datore di lavoro, e deve lasciare il campo ai doveri dello Stato e degli altri enti
di intervenire positivamente ed efficacemente, anche con l’esercizio delle funzioni, affinché si
Silicotigene”. Con queste parole Enrico Vigliani, il più importante medico del lavoro italiano, segnalava su La Medicina
del Lavoro (1950, 41, p.317) il saggio non scientifico ma di «evidente polemica politico-sociale» dedicato alla silicosi
scritto da Giacomo Mottura.
619
L’art.191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, recepito dal Trattato di Lisbona che ha lasciato
pressoché invariato il testo rispetto alla redazione presente nella Costituzione per l'Europa, recita testualmente: 1. La
politica dell'Unione in materia ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: — salvaguardia, tutela e
miglioramento della qualità dell'ambiente, — protezione della salute umana, — utilizzazione accorta e razionale delle
risorse naturali, — promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello
regionale o mondiale e, in particolare, a combattere i cambiamenti climatici. 2. La politica dell'Unione in materia
ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni
dell'Unione. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, in via
prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio «chi inquina paga». In tale contesto, le misure
di armonizzazione rispondenti ad esigenze di protezione dell'ambiente comportano, nei casi opportuni, una clausola di
salvaguardia che autorizza gli Stati membri a prendere, per motivi ambientali di natura non economica, misure
provvisorie soggette ad una procedura di controllo dell'Unione. C 115/132 IT Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
9.5.2008. 3. Nel predisporre la sua politica in materia ambientale l'Unione tiene conto: — dei dati scientifici e tecnici
disponibili, — delle condizioni dell'ambiente nelle varie regioni dell'Unione, — dei vantaggi e degli oneri che possono
derivare dall'azione o dall'assenza di azione, — dello sviluppo socioeconomico dell'Unione nel suo insieme e dello
sviluppo equilibrato delle sue singole regioni. 4. Nell'ambito delle rispettive competenze, l'Unione e gli Stati membri
collaborano con i paesi terzi e con le competenti organizzazioni internazionali. Le modalità della cooperazione
dell'Unione possono formare oggetto di accordi tra questa ed i terzi interessati. Il comma precedente non pregiudica la
competenza degli Stati membri a negoziare nelle sedi internazionali e a concludere accordi internazionali.
620
Si pensi alla responsabilità medica del sanitario e della casa di cura, costruita con lo schema della responsabilità
contrattuale, rispetto a quella extracontrattuale, che vi concorre in via alternativa.
621
Contenuto che Chiovenda aveva saggiamente riassunto nel motto per il quale il processo deve offrire “tutto quello e
proprio quello” che il fruitore della tutela giurisdizionale ha diritto ad avere sul piano sostanziale in Istituzioni di diritto
processuale civile, I, Napoli, 1935, ristampa del 1965, pp. 39 e ss. Ne sono un residuo le norme di cui all’art. 1453 c.c.
(Risolubilità del contratto per inadempimento), e 2058 c.c. (Risarcimento in forma specifica).
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bandiscano gli agenti patogeni, si impongano regole di prevenzione primaria, e siano interdette le
condotte che possano creare rischio da cui ne può discendere la lesione, e solo in via residuale con
l’indennizzo e la prestazione previdenziale e la riabilitazione e con la pena a carico dei responsabili
e il risarcimento dei danni differenziali622.
Si assiste al definitivo superamento di una concezione soltanto normativistica del diritto,
propugnata dal pensiero positivistico623, e superata dal corso della storia e dall’incedere degli
eventi, perché l’imperatività, specialmente se ferma sulla carta, mostra tutti i suoi segni di intrinseca
debolezza, per una concezione che invece deve essere nuova e moderna, di un diritto che non va
visto solo sotto l’aspetto classico della soggettività e che quando riguarda anche solo il singolo, è
anche collettivo, perché il presupposto per la salute del singolo è valido anche per la salute della
collettività (se si lede l’ambiente, si determinano le condizioni di insicurezza per tutti, non solo per
il singolo; per tutelare la salute, e realizzare una vera e propria prevenzione primaria, è condizione
indispensabile proteggere l’ambiente che da solo il singolo non può proteggere: tutelare l’ambiente
significa tutelare la salute di tutti, anche delle future generazioni, la lesione ambientale è la lesione
alla salute di tutti anche di coloro che non sono ancora nati, e rispetto ai quali il loro diritto alla
salute non esiste se qualcuno prima di loro ha posto in essere le condizioni per le quali nel mondo ci
siano agenti patogeni, cancerogeni, mutageni, etc., che sono in grado di lederne l’integrità fin dal
concepimento) ed apre la strada a una nuova dimensione, quella collettiva, dei diritti fondamentali e
dell’obbligazione dello Stato nei confronti del singolo e di ogni cittadino.
Anche nell’ambito del rapporto di lavoro, l’obbligazione di sicurezza, posta a presidio della
salute e della integrità psicofisica, deve superare l’aspetto soltanto privatistico, e la pur utile
identificazione con gli usi normativi, che ne permettono la diretta cogenza (art. 1339 c.c.), o il
principio ermeneutico (art. 1374 c.c.), di integrazione del contratto, per assumere la necessaria
dimensione collettiva e pubblica, di obbligazione dello Stato a legiferare, a vigilare e a esercitare la
giurisdizione e i pubblici poteri (funzioni), in modo conforme al fine, in una chiara concezione etica
dell’attività economica, pubblica e privata (artt. 1, 2, 3, 4, 32, 35, 36 e 41 I e II comma, della
Costituzione)624, in piena applicazione del precetto di cui all’art. 2087 del Codice Civile.
622
Conf. Wikipedia voce ‘principio di precauzione’ par. ‘Controversie sul principio di precauzione’ (consultato il
giorno 25 agosto 2011): “L'utilità e opportunità dell'utilizzo del principio di precauzione a livello decisionale europeo e
internazionale è un punto ampiamente controverso. Secondo i suoi sostenitori, seguire il principio di precauzione è la
condotta più ragionevole quando vi siano dei dubbi per la salute e l'ambiente. Ad esempio, se si fosse applicato il
principio di precauzione ai primi allarmi (risalenti agli anni sessanta) sulla cancerogenicità dell'amianto, si sarebbe
evitato l'eccessivo diffondersi di materiali edili a base di amianto, cosa che ha generato numerosissimi casi di asbestosi
e mesotelioma polmonare, oltre a ingenti costi per la successiva bonifica delle aree contaminate. Nonostante le prove
sulla sua dannosità, ancora oggi esso viene comunque utilizzato in paesi come la Thailandia, la Cina e la Russia”.
623
Con il termine ‘normativismo’ si fa riferimento a una tendenza a considerare il diritto come norma [vedi Norma
giuridica], comune a molte teorie filosofiche e giuridiche contemporanee. Nel senso più ampio del termine, il
normativismo parte dalla convinzione che il diritto sia un insieme di prescrizioni. Da questo dato di partenza si
diramano poi diversi indirizzi dottrinali. Secondo il formalismo interpretativo i significati normativi si identificano con
gli enunciati linguistici che li esprimono, per cui vi sarebbe una reciproca corrispondenza tra enunciato e norma.
Secondo una versione del normativismo vicina al realismo giuridico, la portata delle norme può essere suscettibile di
diversi significati e di differenti applicazioni, a seconda dei singoli casi in questione. Il pensiero di Hans Kelsen
rappresenta una rigorosa esemplificazione del normativismo. Per il giurista austriaco le norme esistono realmente nel
mondo del «dover essere», e sono conoscibili attraverso la scienza giuridica, che è «pura», vale a dire aliena da
qualsiasi contaminazione di natura morale, sociale, economica. Per Kelsen il fondamento delle norme giuridiche si
ritrova in norme superiori via via sempre più astratte, finché, proseguendo nel processo di astrazione, si giunge ad una
norma ultima, superiore anche alla Costituzione, priva di contenuto materiale e che lo studioso chiama «norma
fondamentale» (Grundnorm). vedi H.Kelsen, TEORIA GENERALE DELLE NORME, Einaudi, 1997.
624
Significativo il decreto di citazione del responsabile civile ex art. 83 c.p.p. del Tribunale di Paola, nel procedimento
n. RG 727/2010, in accoglimento dell’istanza formulata dalla difesa delle vittime costituite parte civile, affinché siano
160 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
I diritti della persona risiedono nella sua dignità, che non è solo del singolo cittadino, ma
dell’uomo in quanto essere umano, non solo negli ambienti di lavoro ma in tutti gli ambienti di vita
in cui egli si trova ad agire, fino ad una riappropriazione del senso etico, dei valori profondi che ne
hanno animato e condotto l’esistenza, reso viva la coscienza e l’intelletto, per proiettare nel futuro il
valore uomo che presuppone quello della salute e quello dell’ambiente, dove la cultura e i valori
giuridici devono costituirne il presidio, e debbono essere veicolati attraverso la scuola e i mezzi di
informazione, che non possono limitarsi a redigere l’annuale bollettino di guerra dei morti sul
lavoro e a causa delle malattie professionali, in numero maggiore rispetto alle stesse guerre dei
tempi moderni, nel rispetto del pluralismo, della dialettica individuale e collettiva, che permetta il
superamento di ogni compartimento stagno, di ogni barriera e distinzione, anche regionale e
nazionale, in tutto il Pianeta.
Il diritto si trasforma così in motore dell’etica e del progresso, alimentato dal carburante della
scienza e della cultura, verso il traguardo della tutela della persona, in prospettiva della civiltà del
Pianeta, superando definitivamente ogni forma di provincialismo e di egoismo, nazionalistico e
campanilistico, con ripudio della sua concezione di strumento regolatore della corsa al profitto e al
cosiddetto progresso economico, e della concezione che vede nel solo prodotto interno lordo, nel
solo utile aziendale o nazionale, il parametro di civiltà625.
I Paesi più poveri non riescono ad assolvere efficacemente al servizio di assistenza sanitaria, e
ci sono anche tra i giovanissimi moltissimi morti, anche per patologie banali e una vita media molto
al di sotto rispetto ai paesi occidentali (anche per questioni di carattere generale, si pensi allo
stoccaggio di rifiuti tossici e nocivi, che li trasforma nelle pattumiere del mondo, e che incidono
sull’ambiente, aggravando il bilancio sanitario - anche se la lesione di quello spicchio del Pianeta
non è senza effetti per tutti -) e solo poche Nazioni altamente industrializzate corrono attraverso il
cosiddetto progresso e l’opulenza di pochi incide sul destino del globo, trasformandosi nell’ipoteca
dell’intera collettività presente e futura: sicché evidentemente la persona deve essere considerata
cittadino del pianeta, per tutelare la quale ci deve essere la salvaguardia dell’ambiente.
Il diritto non avrebbe senso, e con esso qualsiasi altra scienza, e qualsiasi sforzo umano, senza
un dialogo globalizzato e globalizzante, che determini l’assunzione di consapevolezza, di coscienza
e di responsabilità da tradurre in cultura sulla quale possano attecchire e proliferare quei principi
(precauzione, prevenzione, etc.) sui quali far venire alla luce un complesso di norme cogenti e
vincolanti, specifiche e penetranti, che dalla precauzione per l’ambiente, dalla prevenzione primaria
per la salute, con il diritto che ne sia lo strumento e con esso strumento dell’uomo, e non viceversa,
possa essere perseguito il progresso inscindibilmente legato al rispetto dei diritti fondamentali della
persona umana, superando quella logica di vassallaggio verso il profitto o alla solidità del bilancio
per un progresso condiviso, ancorato alla religiosità dell’uomo, che è poi la religiosità di tutte le
confessioni, che riconducono al Divino Creatore,
L’attuale quadro costituzionale che governa la nostra Repubblica, il complesso delle norme
che regola l’Unione e le Convenzioni internazionali disegnano un profilo meraviglioso, che farebbe
presumere l’idillio dei diritti della persona umana, oltre ogni forma di discriminazione e
diseguaglianza, con la tutela di ogni diritto in chiave individuale e collettiva, che invece è
dichiarati responsabili civili in solido con gli imputati anche gli enti territoriali (Comune, Regione e Stato), per la loro
condotta inadempiente rispetto ai diritti fondamentali costituzionalmente garantiti.
625
Un alto livello del PIL non è indice di un alto livello di civiltà ; invero, in tempi attuali, gli Stati che hanno fatto
registrare un altissimo livello di incremento del PIL (vedi la Cina), sono quelli che contemporaneamente si distinguono
per il sacrificio dei diritti umani, tanto da non potersi definire Paesi civili, e mentre declamano la tutela del lavoro,
calpestano i diritti fondamentali, permettendo lo sfruttamento e la sopraffazione in una condizione disumana, fino alla
morte tra atroci sofferenze, dove alla negazione della vita si aggiunge l’esproprio della dignità.
CAPITOLO VIII | 161
contraddetto dalle condizioni drammatiche e assenza di consapevolezza del pesante tributo di
sofferenze, malattie e morte, conseguente all’assenza di concreta ed efficace tutela di questi diritti,
che seppur solennemente reclamati rimangono scritti sulla carta, nella loro vuota fissità
nell’ordinamento, come se fossero delle stelle che ci guardassero da lontano, lontane dalla vita
dell’uomo di tutti i giorni, che diviene così un Ulisse solitario del III millennio.
Ne sono un caso emblematico e drammatico i cittadini affetti da patologia asbesto correlata,
vittime prima della non applicazione delle leggi, e la seconda volta del limite di bilancio, quell’idea
di equilibrio che si fonda sull’art. 81 della Costituzione che può portare a sacrificare o a negare i più
elementari e fondamentali diritti della persona umana (si pensi ai limiti di spesa sanitaria, che
incidono sui controlli preventivi, di prevenzione secondaria, bene inteso, perché ormai tali cittadini
l’amianto lo hanno già nell’organismo, e lì è destinato a rimanere, o su altri profili, quali quello
previdenziale, assistenziale etc.) quando è proprio l’inquinamento ambientale, il massiccio utilizzo
di patogeni di origine antropica, e non solo dell’amianto, presenti negli ambienti di vita e di lavoro,
nei prodotti, negli alimenti, nell’acqua, nell’aria, determina queste patologie, le accelera e ne
aggrava i sintomi (determina enormi spese sanitarie e previdenziali, che potevano essere evitate a
monte con la prevenzione primaria).
Le leggi di bilancio le considerano dei rischi per l’equilibrio contabile, e tendono a ridurne i
costi e dunque a sacrificare ulteriormente chi è già vittima, in una compressione dei diritti, già a suo
tempo violati, mentre invece i costi sociali e le responsabilità dovrebbero gravare nei confronti di
coloro che hanno permesso, con la loro inadempienza, la disapplicazione delle norme, l’utilizzo di
sistemi produttivi e organizzativi con i quali si è posto a rischio l’ambiente e dunque la collettività,
e che grava anche sullo Stato in base ai principi sanciti dall’art. 28 della Costituzione e dai principi
generali anche di diritto privato.
Si pone dunque l’esigenza primaria ed insopprimibile di un’assunzione di coscienza e
responsabilità, che porti a scelte legislative, interdittive, seppur tardivamente, dell’utilizzo dei
patogeni e della loro presenza negli ambienti di lavoro e di vita, perchè in questo modo si tutelerà
anche l’uomo oltre che l’ambiente e si attiverà un circolo virtuoso di minori patologie e di migliori
condizioni di salute, con conseguente, enorme, vero e strutturale risparmio in termini di spesa
sanitaria, previdenziale e assistenziale, compatibile con i diritti della persona.
Invece si assiste a continue lagnanze del sistema politico circa la necessità di ridurre le spese
sanitarie e sociali, che discendono dalla norma di cui all’art. 38 della Costituzione, senza precisare
che la causa risiede in scelte legislative e in opzioni di esercizio delle potestà amministrative e
giurisdizionali che hanno permesso, in spregio dei principi fondamentali, la lesione dell’ambiente e
della salute di centinaia di migliaia di persone626.
Quindi le leggi di bilancio, piuttosto che occuparsi di un continuo aumento delle tasse e del
taglio delle prestazioni nei confronti dei più deboli, dovrebbe proiettarsi strutturalmente in un
risparmio sulla spesa sanitaria e previdenziale attraverso la salvaguardia dell’ambiente e della
salute, nei luoghi di lavoro e nei luoghi di vita, con una vera prevenzione primaria che da legge
scientifica si trasforma anche in diritto vivente nella concezione e nella formulazione di nuove
leggi, oltre che in risveglio dal letargo delle norme costituzionali già a suo tempo dettate dai padri
costituenti.
626
Si pensi all’Eternit che aveva in Italia diversi stabilimenti, e le cui attività hanno determinato migliaia e migliaia di
patologie e decessi, e dunque una enorme spesa sanitaria e previdenziale: evidentemente questa spesa è addebitabile
anche all’inerzia degli organi dello Stato, i quali non hanno vigilato e hanno permesso che imprenditori senza scrupoli,
dei veri e propri criminali, determinassero lutti e tragedie, sui quali è per altro già intervenuta una Sentenza penale di
condanna, ed è in corso un ulteriore processo innanzi il Tribunale di Torino.
162 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
8.4 La dignità come valore della persona umana.
Il termine dignità assume diversi significati e profili, dalla condizione di consapevolezza del
singolo sulle sue qualità e di quelle di ogni altro essere umano (concezione ontologica), fino alla
proiezione e sintesi nell’ambiente sociale (Battaglia e Catautella), come misura dei suoi meriti e del
suo ruolo (concezione fenomenologica); e nell’habitat naturale, e la cui valenza giuridica dopo
essere stata affermata da Cicerone nell’antica Roma, è stata riscoperta recentemente, dopo la
seconda guerra mondiale, per riaffermare quel nucleo essenziale dei diritti della persona umana,
calpestata dal nazismo e da ogni forma di autoritarismo, tanto da essere così richiamata
espressamente nella Carta dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (1945), come presupposto dei
‘diritti fondamentali dell’Uomo’, come sinonimo del ‘valore della persona umana’; e così nella
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948), con il ‘riconoscimento della dignità inerente a
tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili’.
8.5 La dignità nella Costituzione italiana.
La Costituzione Repubblicana aveva anticipato il concetto giuridico di dignità umana, e
all’art. 22627 lo aveva riaffermato nella sua dimensione sociale, anche attraverso l’esercizio del
diritto di difesa e di azione in giudizio (art. 24), anche nei confronti dei pubblici poteri, con la
garanzia del Giudice naturale (art. 25), con la presunzione di innocenza fino alla definitiva
condanna (art. 27), le cui pene ‘non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità’
anche per coloro che si sono resi protagonisti dei gesti più efferati, con il suo imprescindibile
riconoscimento che deriva dall’art. 2: ‘la Repubblica riconosce e garantisce diritti inviolabili
dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede
l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale’ , come esplicito
riferimento nell’art. 3, I comma, che esalta la ‘pari dignità sociale’; e così ‘il diritto ad una
retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro’ deve comunque essere ‘sufficiente
ad assicurare a sé ed alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa’ (art. 36); e la stessa iniziativa
economica vi è subordinata, in uno alla sicurezza e alla libertà (art. 41, II comma, della
Costituzione), con il definitivo superamento della sua dimensione soltanto interiore e ideale, verso
quella sociale, nella dinamica della vita628, e di volta in volta ne sono titolari i cittadini, i lavoratori,
gli imprenditori etc., con il definitivo superamento del privilegio della nascita e della casta, da cui
deriva il necessario corollario dell’affermazione del merito, che si fonda sulla dignità del lavoro,
che è l’unico strumento di perseguimento dell’eguaglianza sostanziale e di edificazione della
persona e della nazione, attraverso cui si fondono in un nucleo indistruttibile il complesso dei diritti
e delle norme della nostra Carta Costituzionale, secondo finalità anche programmatiche, in vista
dello sviluppo futuro per l’intera comunità.
L’uguaglianza non è più soltanto una astratta e formale qualificazione di fronte alla legge,
quanto piuttosto il fine da perseguire affinché ognuno abbia le stesse possibilità con le stesse
condizioni di partenza per edificare se stesso, e l’intera collettività, secondo il principio di tutela
della persona nel vincolo solidaristico in una concezione pluralistica e di esaltazione della persona
umana che permea l’intera Carta Costituzionale.
Tramonta definitivamente quella concezione del diritto di proprietà sul quale si fondava
627
Che recita: “nessuno può essere privato per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome”,
per impedire che fosse negato il valore dell’essere umano e la possibilità per la vittima di poter esercitare i suoi diritti.
628
Il lavoro è lo strumento per superare la diseguaglianza sociale, e per assicurare “una esistenza libera e dignitosa” (art.
36 della Costituzione) a tutto il nucleo familiare, che è quello primordiale sul quale si costruisce ogni società.
CAPITOLO VIII | 163
l’essenza stessa del privilegio, ed è tale solo se se ne assicura la funzione sociale (art. 42 della
Costituzione), cui è subordinata la stessa iniziativa economica privata (art. 41 della Costituzione)
contro ogni forma di egoismo e di individualismo, di sfruttamento e di parassitismo, in una
concezione solidale della società e dell’idea di progresso, e di programma per il futuro, nel quale si
annida l’individuo che tuttavia vi vive e vi è garantito, ed attraverso la tutela dei suoi diritti, si
persegue il bene comune (finalità sociale).
8.6 La sintesi dei diritti fondamentali della persona.
Le norme costituzionali non possono essere considerati precetti giuridici tra di loro slegati, ma
debbono essere interpretati gli uni insieme con gli altri, ed in rapporto alle fonti sovranazionali,
comunitarie ed internazionali: così il diritto alla vita (art. 2 Cedu, ora incorporato nei Trattati di
diritto comunitario, ma già prima riprodotto nella Carta di Nizza, ed in altre fonti), non può
prescindere dal diritto alla salute, che a sua volta si basa sulla salubrità degli ambienti di vita e di
lavoro (art. 32, 41, II comma, della Costituzione ed art. 8 Cedu), e che non può essere tutelata in un
ambiente contaminato, perché non è pensabile che l’uomo si chiuda e viva in una campana di vetro,
e se anche gli fosse possibile, gli sarebbe preclusa la possibilità di uscire all’aria aperta, di poter
contemplare il paesaggio, o semplicemente di ascoltare il cinguettio degli uccelli, e ciò lo
renderebbe frustrato, e comunque lo condizionerebbe, non rendendolo più libero.
Così la malattia di un individuo si ripercuote sulla famiglia, e sulla società, e se vogliamo
anche sul bilancio collettivo (Cfr. spese per cure mediche, prestazioni previdenziali ed assistenziali
etc.), che tanto preoccupa i legislatori contemporanei.
La norma di cui all’art. 81 della Costituzione non può essere letta ed interpretata in termini
soltanto ragionieristici, bensì applicata con scelte virtuose preventive del rischio e quindi del danno,
che porterebbe uno strutturale risparmio, ben oltre misure sempre più restrittive: si pensi all’uso di
cancerogeni, tra i quali l’amianto, e l’enorme spesa sanitaria, assistenziale e previdenziale, e per le
bonifiche, della quale certamente non sono responsabili le vittime, alle quali invece ci si rivolge
sempre in termini di stima dei costi (delle cure, dell’assistenza, degli indennizzi).
Quindi, scelte di privilegio del profitto a danno della salute e dell’ambiente hanno determinato
spese enormi e strutturale disavanzo pubblico, al quale si può porre rimedio soltanto con la messa al
bando dei patogeni e degli inquinanti in generale, e con essi tutelare la vita umana, l’ecosistema, e
la stessa solidità del bilancio, rispettare dunque i precetti dell’art. 32 e quelli di cui all’art. 38 della
Costituzione non confligge con la disposizione di cui all’art. 81 della Costituzione, ed anzi è
coerente con l’intero sistema tracciato dalle norme che dall’art.1 fino all’art. 4 per passare agli artt.
35, 36 e 41 della Costituzione, tutelano il lavoro, i diritti fondamentali della persona umana, in
piena coerenza, anche perché nessun indennizzo e nessun risarcimento, nulla e nessuno, potranno
restituire il benessere psicofisico venuto meno, l’ambiente definitivamente compromesso, e
restituire la gioia di un sorriso o della contemplazione delle acque limpide di un ruscello nel quale
specchiarsi, sullo sfondo di vallate verdi capaci di reintegrare le energie psicofisiche logorate dal
lavoro.
8.7 La nozione giuridica di salute.
Nella costruzione dogmatica dei diritti dell’uomo e nella loro affermazione normativa e
giurisprudenziale, la salute è un bene fondamentale, benché appartenga alla ‘seconda’ ed in parte
alla ‘terza’ generazione, e fu soltanto con l’intervento di Nitti, nella seduta pomeridiana
dell’Assemblea Costituente del 19.04.1947 (in ‘Atti Assemblea Costituente’, n. 3094 ss), che
164 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
emerse la necessità di doverne rafforzare ed elevare la garanzia, per allontanare qualsiasi rischio di
lesione che potesse metterlo in pericolo, fino alla sua definitiva qualificazione di ‘fondamentale’629,
che originariamente non era contemplata:
‘La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della
collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti’ (art. 32 della Costituzione Italiana); dotata dei
caratteri della inviolabilità, inalienabilità, intrasmissibilità, indisponibilità ed irrinunciabilità, la
salute assume la duplice veste di diritto soggettivo assoluto tra i privati e di diritto sociale,
invocando l’intervento dei pubblici poteri, chiamati ad intervenire ai fini della prevenzione, ovvero
per istituire l’assistenza sanitaria e la riabilitazione, con la garanzia di erogare prestazioni sociali e
previdenziali (art. 38), in un quadro solidaristico, già tracciato dall’art. 2 della Costituzione.
Il diritto alla salute, e lo stesso diritto sanitario, consta di un complesso di norme tra le quali
anche quelle che dovrebbero assicurare la conservazione della migliore condizione di benessere
psicofisico, e quelle che dovrebbero tutelare la salute come interesse sociale e collettivo, da attuarsi
attraverso la prevenzione primaria, il cui presupposto essenziale è la sostituzione degli agenti
patogeni (o quantomeno il loro confinamento), per evitare l’esposizione umana, o la loro ingestione,
con l’aria, l’acqua ed il cibo.
Gli agenti patogeni, e dunque non solo l’amianto, debbono essere oggetto di bonifica e di
rimozione dai luoghi di vita e di lavoro, in piena coerenza con la cultura della prevenzione come
modello di società e di sviluppo, anche attraverso l’informazione e la formazione, con la
consapevolezza piena che soltanto l’ambiente salubre può costituire il presupposto per una migliore
e più efficace tutela del benessere psicofisico, rispetto al quale anche la diagnosi precoce e le cure
possono essere tardive, perché le fibre inalate, ovvero qualsiasi altra sostanza nociva, una volta
presenti nell’organismo vi arrecano pregiudizio, abbreviando la vita e rendendola meno degna di
essere vissuta.
8.8 ‘Il diritto al lavoro salubre’ come sintesi tra il ‘diritto-dovere al lavoro, tutela della
salute’ e della ‘personalità morale dei prestatori d’opera’, e come presupposto per la
tutela di ogni altro diritto.
Il diritto-dovere al lavoro, quale strumento di edificazione personale e di progresso per la
collettività, non può prescindere e non può ritenersi tale senza gli strumenti attraverso i quali
preservare l’integrità psicofisica, anche perché se fosse occasione di malattia e di morte sarebbe in
contraddizione con l’idea stessa di Stato e di Costituzione, e ne negherebbe i fini e la legittimità, e
perché la norma di cui all’art. 4, che deve essere letta in rapporto alle norme di cui agli artt. 1 e 2, e
quale strumento di uguaglianza formale e sostanziale, anche in chiave programmatica, non può
prescindere dalla tutela della salute di cui all’art. 32 della Costituzione, che è essa stessa finalità
dell’ordinamento, in una circolarità dei rapporti e dei diritti intorno al nucleo essenziale costituito
dalla dignità che è come il sole all’interno del sistema solare.
Quindi, il diritto al lavoro e il diritto alla salute, e il dovere di lavorare, presuppongono e si
trasformano nel diritto al lavoro salubre, che è dovere, proprio in quanto salubre, nei confronti di se
stesso e della collettività630, perché se il lavoro è un diritto, prima di tutto è un dovere, e allora non
può costituire occasione di autolesione, o di lesione dei diritti fondamentali della persona, la cui
esistenza e il cui esercizio non possono prescindere dal benessere psicofisico e della integrità
dell’ambiente, sicché i diritti vivono tutti insieme (artt. 4, 32 e 35 e 41, II comma, della
629
Nella seduta del 24.04.1947 (in Atti Assemblea Costituente, n. 3295 ss).
Già in E. Bonanni, G. Ugazio, PATOLOGIE AMBIENTALI E LAVORATIVE MCS - AMIANTO & GIUSTIZIA, Edizione
Minerva Medica, Torino, 2011.
630
CAPITOLO VIII | 165
Costituzione), e presuppongono l’assenza di patogeni (artt. 9 e 117 della Costituzione), per
realizzare quei fini che l’ordinamento si prefigge (artt. 2 e 3, anche nella visione programmatica di
cui all’art. 3, II comma, della Costituzione).
Diversamente, il lavoro, che costituisce il momento centrale del nostro ordinamento e della
nostra vita, diverrebbe uno strumento di negazione dei diritti: nell’interpretazione dell’art. 4 della
Costituzione non si può prescindere dalle norme contemplate negli artt. 9, 32, 35, 36 e 41 II comma,
della Costituzione, in uno a quelle di cui agli artt. 2087 e 2099 c.c., che ci porta a concludere che il
diritto al lavoro e il diritto alla salute, e i loro corrispondenti doveri, non possono sussistere di per sé
e non hanno esistenza autonoma, e che c’è un diritto-dovere al lavoro salubre, che vincola anche le
pubbliche amministrazione nell’esercizio delle funzioni e della giurisdizione: le norme di
salvaguardia debbono essere congrue, adeguate, e concretamente applicate.
Questa opzione ermeneutica, in seguito alla quale è emerso il diritto al lavoro salubre, quale
diritto soggettivo e interesse collettivo, è pienamente coerente con il principio supercostituzionale di
cui all’art. 2087 c.c., che sintetizza il complesso delle norme costituzionali, nell’obbligo di ‘tutelare
l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro’, esteso anche allo Stato e agli altri
Enti pubblici (art. 32 della Costituzione e artt. 2 e 8 Cedu), che seppur risalente all’inizio degli anni
’40, mantiene la sua straordinaria modernità, sia pur poco e male attuata per i primi anni, è stato via
via rivalutato, e deve essere considerato un principio fondamentale e la sintesi del nostro diritto
costituzionale (artt. 1, 2, 3, 4, 35, 36, 38 e 41 II comma della Costituzione).
La ‘personalità morale’ che è richiamata nel nostro Codice Civile equivale alla dignità della
persona, al nucleo dei suoi diritti fondamentali, e del suo valore in sé, a prescindere dal censo, dalle
condizioni, dalle mansioni, etc., che si deve tutelare insieme all’integrità psico-fisica, anch’essa
nella sua accezione più ampia di migliori condizioni possibili di benessere per l’individuo, come
componente della collettività, e rappresenta un’estensione della tutela oltre la sola ‘integrità fisica’,
e anticipa di decenni principi successivamente contemplati nelle convenzioni internazionali, nei
trattati e nelle altre fonti del diritto comunitario, ed impegna alla prevenzione, coerente con lo
sviluppo della tecnica e dei progressi della scienza e delle nuove regole suggerite dall’esperienza.
Il lavoro, in quanto strumento di elevazione e di attuazione del fine programmatico
contemplato nell’art. 3, comma 2, della nostra Carta Costituzionale, in una lettura etica
dell’iniziativa economica privata e pubblica (art. 41, II comma), riporta direttamente alla
‘personalità morale’, obbligando non solo il datore di lavoro, ma anche i pubblici poteri, alla sua
salvaguardia e con essa al lavoro salubre, che è tanto più penetrante ove si consideri il ruolo, sociale
e non solo economico, personale e non solo collettivo, assunto dal lavoro, strumento di elevazione
della persona e di progresso della società, in grado di elevare culturalmente, moralmente, e per ogni
altro profilo, la persona, ed assicurare un futuro anche alle rispettive famiglie (artt. 35 e 36 della
Costituzione).
Sullo Stato e sugli altri Enti pubblici grava un preciso dovere di cooperazione e di vigilanza,
affinchè si crei la possibilità di poter lavorare, ma soprattutto si creino le condizioni di salubrità
dell’ambiente lavorativo: solo così anche il diritto al lavoro può ritenersi concretamente assicurato.
Lo stato attuale delle cose, il gran numero degli infortuni sul lavoro e delle malattie
professionali, non depone positivamente per l’efficacia e l’effettiva applicazione delle norme che
presiedono alla salvaguardia della salute e del benessere psicofisico e della ‘personalità morale’ dei
prestatori di lavoro; ciò innanzitutto a causa della mancanza della sicurezza, e per una cultura
giuridica che ha voluto privilegiare l’aspetto risarcitorio su quello della prevenzione; per la scarsa
propensione del nostro sistema imprenditoriale alle innovazioni tecnologiche ed agli investimenti
166 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
per sistemi produttivi più sicuri, ciò anche per la difficoltà di accedere al credito, aggravata dalla
parcellizzazione in medie, piccole e, soprattutto, piccolissime imprese, che comunque anche
volendo non potrebbero sopportarne i costi (rendendo dunque più cogente la cooperazione degli
Enti pubblici preposti, piuttosto che l’erogazione della prestazione previdenziale successiva
all’infortunio o alla malattia professionale, il cui intervento sarebbe non solo tardivo, per la lesione
dei bene fondamentali della persona, che l’indennità non potrebbe reintegrare, ma soprattutto
gravoso per il bilancio pubblico).
La lettura formalistica, disarticolata e slegata delle norme porterebbe dunque ad una lettura
non confacente con le finalità e i principi che governano il nostro ordinamento giuridico, integrato
dalle norme di diritto internazionale e di diritto comunitario, anche se ad oggi le norme di cui agli
artt. 32 e 41, II comma, della Costituzione, quand’anche direttamente precettive, in relazione alle
norme del Codice Civile e delle Leggi Speciali, ovvero come strumento di una loro lettura
costituzionalmente orientata, non pare abbiano trovato specifica ed efficace applicazione, proprio in
relazione al gran numero di malattie professionali e di incidenti sul lavoro, mostrando dunque la
non congruità del sistema di sicurezza sul lavoro, ed autorizzando a pensare che sia necessaria una
loro specificazione ed enucleazione, con norme che le possano tradurre in regolamentazione da
poter applicare nei singoli luoghi di lavoro e nei singoli territori dell’intera nazione.
La dignità umana ed il groviglio di diritti che vi si dipana non può essere letta solo come una
condizione astratta o interiore, quanto piuttosto e diversamente come dovere delle pubbliche
Istituzioni di rispettarla in tutte le sue componenti (diritto al lavoro salubre, diritto alla salute, diritto
all’ambiente, etc.), anche con comportamenti attivi di prevenzione e precauzione, attraverso la
legislazione, e l’esercizio dei poteri amministrativi e giudiziari, conformi e confacenti, in una
dimensione e concezione anche sociale e collettiva, coerentemente con l’esaltazione sociale e
collettiva, e nella dimensione solidale e programmatica, sancita dalle norme di cui agli artt. 2, 3, 35,
36 e 41 della Costituzione.
Anche se il lavoro qualifica e rende la misura della dignità, non per questo qualcuno ne può
essere carente, se non altro per quanto abbiamo già evidenziato in ordine alla norma di cui all’art.
22 della Costituzione.
I diritti della persona umana, tra i quali il diritto alla salute, sono riconosciuti, uti singulus e
nella sua dimensione sociale: ‘come singolo’, ed allo stesso tempo come ‘interesse della
collettività’, e non a caso ‘nessuno può essere obbligato al trattamento sanitario se non per
disposizione di legge’, e soprattutto ‘la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal
rispetto della persona umana’, con proiezione del diritto alla salute nel rapporto con gli altri diritti di
costituzionale rilevanza.
Nella riserva di legge di cui all’art. 32, II comma, della Costituzione, i relativi poteri sono
specificamente circoscritti nel perimetro del ‘rispetto della persona umana’: è nel principio del
diritto alla salute che i due profili, le due eccezioni, della dignità umana trovano la loro sintesi, e più
tardi nella stessa Legislazione e nella giurisprudenza della Corte Costituzionale e dei Giudici di
merito, si legano insieme, poiché ‘il valore della dignità e della salute di ciascun essere umano è
valore supremo che non conosce distinzioni e graduazioni di status personali’ (Corte Costituzionale,
Sentenza 414 del 1991).
Qualsiasi concezione della società non può prescindere dall’etica della dignità umana, ed
anche la colpevolezza rispetto ai più efferati reati non può far dimenticare il suo doveroso rispetto
(ne è conferma il contenuto della norma di cui all’art. 27 della Costituzione), elevandosi così a
valore supremo dell’Ordinamento, al pari del diritto alla salute, del diritto all’ambiente e del diritto
al lavoro e di ogni altro diritto fondamentale.
CAPITOLO VIII | 167
8.9 La salute quale ambito inviolabile della dignità umana.
In più occasioni la Corte Costituzionale ha riaffermato il diritto alla dignità della persona
(Sentenza n. 194 del 12.06.1996, in tema di prelievo ematico), nelle pratiche terapeutiche (Sentenza
n. 282 del 19.06.02), e l’impossibilità di poter mettere in pericolo, ovvero non tutelare
adeguatamente l’integrità psicofisica dei cittadini a causa di limiti di risorse economiche, perché
ciò sarebbe contrario alla dignità della persona e ne svuoterebbe il contenuto, e con esso di ogni
altro diritto (Corte Costituzionale 13.11.2000, n. 509), perché costituisce ‘quel nucleo irriducibile
del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana […] il
quale impone di impedire la costituzione di situazioni prive di tutela che possano appunto
pregiudicare l’attuazione di quel diritto’, che deve essere garantito anche agli stranieri ‘qualunque
sia la loro posizione rispetto alle norme che regolano l’ingresso ed il soggiorno nello Stato’ (Corte
Costituzionale Sentenza n. 252 del 05.07.01, e Corte Costituzionale Sentenza 28.11.05 n. 432),
anche attraverso ‘l’interpretazione idonea ad assicurare la protezione degli anzidetti beni
costituzionali’ (Corte Costituzionale 22.09.1998, n. 347).
La dignità umana è la bussola delle opzioni legislative e il parametro interpretativo,
nell’esercizio della giurisdizione e delle funzioni amministrative631.
8.10 Il Trattato di Lisbona come strumento promozionale dei diritti della persona
umana.
Con l’art. 2 del Trattato di Lisbona la dignità assume definitivamente quel ruolo decisivo,
quel collegamento immediato e testuale, che nella Carta Costituzionale ha la sola dimensione
sociale: poiché ‘l’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della
democrazia, dell’uguaglianza, dello stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti
delle persone appartenenti a minoranze’, e prosegue all’art. 3, n. 3, precisando che ‘si adopera per lo
sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrata… alla piena
occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità
dell’ambiente’, per proseguire con la declinazione del catalogo dei diritti della persona, di cui
assume un ruolo promozionale.
Il concetto di salute ha assunto sempre un ruolo centrale in tutti gli ordinamenti, a tutti i
livelli, passando dalla nozione di ‘bene individuale’, che lo identificava con la sola assistenza
sanitaria, fino alla dimensione di ‘bene’ collettivo (interesse della comunità ad avere individui sani,
in un ambiente salubre, come tutela di ogni aspetto della vita della persona): rispetto ad esso lo stato
e le altre pubbliche istituzioni assumono il ruolo di garanti ed hanno l’obbligo di intervento, anche
in prevenzione e non solo repressivo ed indennitario dopo la lesione, e non sono più soltanto i
gestori della sanità pubblica e convenzionata, in una concezione meramente assistenzialistica
dell’esercizio delle loro funzioni, che appare ormai superata.
La Conferenza Internazionale della Sanità (New York, 1946) e l’Organizzazione Mondiale
della Sanità (OMS) nel riconoscere il diritto di ogni uomo alla salute, la definiscono come
“uno stato di completo benessere fisico, mentale, sociale e non consiste soltanto nell’assenza di
malattie o infermità. Il possesso del migliore stato di sanità che si possa raggiungere costituisce
uno dei diritti fondamentali di ciascun essere umano, qualunque sia la sua razza, la sua
631
Così in tema di filiazione naturale, se ne richiama la “cittadinanza e dignità” al pari di quella civile (Cass. Sent. n.
2315 del 16.03.1999), fino al regolamento dei trattamenti obbligatori che debbono assicurare “il rispetto della dignità
della persona umana” (art. 33, l. 833 del 23.12.1978), coerentemente a quanto è stato stabilito per il trattamento del
malato di mente con la l. 13.05.1978, n. 180, cosiddetta Legge Basaglia.
168 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
religione, le sue opinioni politiche, la sua condizione economica e sociale. I Governi hanno la
responsabilità della sanità dei loro popoli: essi per farvi parte devono prendere le misure
sanitarie e sociali appropriate”.
Questa disposizione non può non essere letta ed interpretata in uno con quelle di cui agli artt.
2 ed 8 Cedu, e con le altre norme di diritto costituzionale e di diritto comunitario che sopra abbiamo
richiamato, e confermano, con l’interpretazione sistematica in uno con l’art. 4 della Costituzione,
l’emersione del ‘diritto al lavoro salubre’.
Ne discende l’obbligo non solo a carico del datore, di natura contrattuale, ma anche degli
organismi statali, di vigilanza e di azioni positive, per perseguire e tutelare la salute e l’integrità
psicofisica in ogni situazione e condizione, sempre e comunque, nel quale un ruolo fondamentale è
costituito dal principio di prevenzione primaria e di precauzione, sancito dalle Convenzioni
internazionali, dall’art. 191 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, e presente nella
nostra legislazione.
Capitolo IX
La tutela dell’ambiente
SOMMARIO: 9.1 Emersione della tutela dell’ambiente nel diritto internazionale, nel diritto comunitario e nel diritto
interno. 9.1.1 Le origini e le successive affermazioni del diritto all’ambiente. 9.1.2 Il principio dello sviluppo
sostenibile. 9.1.3. Emersione nel diritto internazionale dei principi di precauzione e di valutazione di impatto ambientale
e di internalizzazione. 9.2 Il diritto all’ambiente, il principio di sviluppo sostenibile e di ‘chi inquina paga’, di
prevenzione e di precauzione nel diritto comunitario. 9.3 Quadro complessivo della disciplina nazionale in materia di
ambiente. 9.3.1 Il recepimento dei principi di diritto comunitario. 9.3.2 L’ambiente come fondamentale diritto della
persona umana. 9.3.3 Il diritto all’ambiente quale ‘presupposto necessario per la tutela di altri diritti fondamentali’.
9.3.4 Il diritto all’ambiente come ‘protezione integrata e complessiva dei valori naturali insieme con quelli consolidati’
e con quelli sanciti dalle altre norme costituzionali. 9.3.5 Una prima nozione di danno ambientale 9.3.6 L’ambiente
come bene primario ed assoluto.
9.1 Emersione della tutela dell’ambiente nel diritto internazionale, nel diritto
comunitario e nel diritto interno.
9.1.1 Le origini e le successive affermazioni del diritto all’ambiente.
Il divieto di inquinamento transfrontaliero, con l’obbligo del risarcimento dei danni (Trail
Smeller) trova un autorevole precedente nella decisione del Tribunale arbitrale del 1935 a partire
dalla quale l’ambiente è un ‘valore’ da proteggere, e ne è conferma, in materia di amianto la
decisione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio che nel 2001 ha rigettato le richieste del
Canada e ha confermato anche in sede di appello le conclusioni del Panel, affermando la legittimità
del Decreto con il quale la Repubblica Francese aveva proibito l’uso e l’importazione di amianto e
dei prodotti che lo contenevano632, anche contro il principio cardine della libertà del commercio, in
quanto non poteva essere in contrasto con la salute umana, e non poteva obliterare il principio della
tutela della vita, così come stabilito espressamente dall’art. 20, lettera b), del Gat, in piena coerenza
con gli obblighi assunti quando aveva aderito all’Organizzazione Mondiale del Commercio.
Con la Dichiarazione delle Nazioni Unite alla Conferenza di Stoccolma del 1972, l’‘ambiente
umano’ venne considerato un diritto oggetto di conservazione e miglioramento, ‘davanti alle
generazioni future’ nella prospettiva dello sviluppo sostenibile, in base al quale la soddisfazione dei
bisogni del presente non deve compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i
suoi bisogni633.
9.1.2. Il principio dello sviluppo sostenibile.
‘Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza
compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni’, perché soltanto
rispettando l’ambiente si può evitare la morte del Pianeta (rapporto Brundtland del 1978), e
632
EUROPEAN COMMUNITIES-MEASURES AFFECTING THE PROHIBITIONS OF ASBESTOS AND ASBESTOS PRODUCTS, WTO
Doc. WT/DS135/AB/R, 12 marzo 2001.
633
Ne sono una logica evoluzione la successiva Conferenza di Vienna del 22.03.1985, ed il protocollo di Montreal del
16.09.1987, nel tentativo di preservare il pianeta dall’assottigliamento dello strato di ozono, e quella di New York del
09.05.1992, per tentare di salvaguardare il pianeta dai cambiamenti climatici e con la decisione di ridurre l’emissione di
gas ad effetto serra.
170 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
realizzare il ‘miglioramento della qualità della vita, senza eccedere la capacità di carico degli
ecosistemi di supporto, dai quali essa dipende’634, e che ha trovato successiva affermazione e
generale condivisione della gran parte degli Stati nella Conferenza di Rio del 1992, cui sono seguiti
ulteriori incontri635.
Nel 1994, l’International Council for Local Environmental Initiatives lo ha definito: ‘sviluppo
che offre servizi ambientali, sociali ed economici di base a tutti i membri di una comunità, senza
minacciare l’operabilità dei sistemi naturali, edificato e sociale da cui dipende la fornitura di tali
servizi”, e successivamente nel 2001 l’UNESCO, ha precisato: “per l’umanità quanto la biodiversità
per la natura (…) la diversità culturale è una delle radici dello sviluppo inteso non solo come
crescita economica, ma anche come un mezzo per condurre una esistenza più soddisfacente sul
piano intellettuale, emozionale, morale e spirituale’ (artt. 1 e 3, Dichiarazione Universale sulla
Diversità Culturale, UNESCO, 2001), valorizzando dunque la ‘biodiversità’ e la ‘diversità
culturale’.
Il principio dello sviluppo sostenibile, come elaborato nella Conferenza di Rio del giugno
1992, è stato recepito anche nell’ordinamento nazionale con l’art. 3-quater del D.Lgs. n. 152/06,
con la istituzione nel Ministero dell’Ambiente della ‘Direzione Generale per lo Sviluppo
Sostenibile, il Clima e l’Energi’a, prevista con il ‘regolamento recante riorganizzazione del
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare’, secondo il disposto di cui all’art.
6, D.P.R. 03.08.2009, n. 140.
9.1.3. Emersione nel diritto internazionale dei principi di precauzione e di valutazione di
impatto ambientale e di internalizzazione.
Come abbiamo già evidenziato nel paragrafo che precede, con l’Earth Summit delle Nazioni
Unite, tenutosi dal 2 al 14 giugno 1992, a Rio de Janeiro, fu approvata la ‘Dichiarazione di Rio’
sull’ambiente e lo sviluppo, che ha arricchito il quadro delineato dalla Conferenza di Stoccolma, ed
al principio dello sviluppo sostenibile, ha aggiunto quelli di valutazione di impatto ambientale, di
internalizzazione e di precauzione636.
634
La World Conservation Union, UN Environment Programme and World Wide Fund for Nature, del 1991.
Durante la Conferenza, vennero stipulati importanti accordi (Convezione sulla Tutela della Biodiversità) e formulate
ulteriori significative dichiarazioni (Dichiarazione sui rapporti tra ambiente e sviluppo con la formulazione del principio
dello sviluppo economico sostenibile con l’ambiente, la risoluzione della lotta alla siccità ed alla desertificazione). Gli
Stati intervenuti hanno concordato sul contenuto del principio dello sviluppo sostenibile, ed hanno stipulato una
“dichiarazione”, che può essere così riassunta: a. “le parti hanno il diritto ed il dovere di promuovere uno sviluppo
sostenibile”; b. “nel quadro della realizzazione dello sviluppo sostenibile, la tutela ambientale costituirà parte integrante
del processo di sviluppo e non potrà essere considerata separatamente da questo”; c. i Governi si impegnano “a
collaborare per promuovere un sistema economico internazionale che porti ad una crescita e ad uno sviluppo economico
sostenibile in tutte le parti”; d. gli Stati si devono impegnare alla “conservazione ed incremento, se del caso, dei pozzi e
dei serbatoi di tutti i gas ad effetto serra, ivi compresi la biomassa, le foreste e gli oceani, nonché altri ecosistemi
terrestri, costieri e marini”; e. “il diritto allo sviluppo deve essere attuato in modo da soddisfare equamente i bisogni di
sviluppo e ambientali delle generazioni presenti e future”; f. ci si deve porre, “a beneficio della generazione presente e
di quelle future”, l’obiettivo di “stabilizzare … le concentrazioni nell’atmosfera dei gas ad effetto serra a un livello tale
da escludere qualsiasi pericolosa interferenza delle attività umane sul sistema climatico”; g. “la pace, lo sviluppo e la
tutela dell’ambiente sono interdipendenti e indivisibili”.
636
“La precauzione è quindi la prima tra le possibili misure pubbliche destinate a neutralizzare i danni ecologici. Non
solo il danno non viene ancora causato, ma anche l’eventualità della sua sopravvenienza non è dimostrata in modo
irrefutabile. Di fatto, avviene un vero e proprio cambiamento di paradigmi. Quando la nozione di rischio certo è
sufficiente per parlare di prevenzione, il nuovo paradigma è speciale in quanto introduce il fattore incertezza. In effetti,
la precauzione non presuppone più la conoscenza perfetta del rischio: è sufficiente averne sentore, sospettare che possa
accadere, presumerlo. Non si tratta più, quindi, solo di prevenire rischi quasi sicuri, valutabili, calcolabili, ma piuttosto
di anticipare quelli che derivano dalla possibilità, dall’eventualità, dalla plausibilità, dalla probabilità. Si tratta non tanto
di adottare «un insieme di misure destinate ad evitare un avvenimento che è possibile prevedere” quanto di osservare
635
CAPITOLO IX | 171
Successivamente, questi fondamentali principi sono stati recepiti ed hanno trovato forza e
cogenza normativa attraverso l’enucleazione in via interpretativa dalle norme di cui agli artt. 2 ed 8
Cedu, con decisioni della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo di Strasburgo, e nei Trattati di
diritto comunitario (Cfr. art. 174 Trattato CE, art. 3, direttiva 21.04.2004, n. 35/2004/CE e
successivamente 191 del TFUE), e nella stessa Carta Europea dei Diritti Fondamentali adottata a
Nizza nel 2000, della quale giova richiamare l’art. 37, che ha ad oggetto la ‘tutela dell’ambiente ed
il miglioramento della sua qualità’, collocata nel capo IV, dal titolo ‘solidarietà’, ora al vertice nella
gerarchia delle fonti ed immediatamente precettive, con disapplicazione delle norme di diritto
interno che ne fossero in contrasto, in forza dell’entrata in vigore dell’art. 6 del Trattato di Lisbona,
e con i conseguenti strumenti di tutela giurisdizionale, anche in ambito sopranazionale ed
internazionale.
9.2 Il diritto all’ambiente, il principio di sviluppo sostenibile e di ‘chi inquina paga’, di
prevenzione e di precauzione nel diritto comunitario.
L’art. 191 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea sancisce espressamente la
tutela dell’ambiente, il principio ‘chi inquina paga’ e ‘dello sviluppo sostenibile’, in uno ai principi
di ‘precauzione’ e ‘prevenzione’637.
I principi possono essere così enucleati:
- ‘chi inquina paga’, determina l’assunzione della ‘responsabilità dell’inquinamento’ a carico
delle ‘parti coinvolte’, ovvero del ‘produttore’ al quale ‘può essere chiesto di assumersi il carico
delle misure necessarie per un adeguato riequilibrio ambientale e cui si può comminare una
sanzione o un ecotassa per sollecitarlo a ridurre l’inquinamento’.
La precauzione (limitazione di rischi ipotetici o basati su indizi) impone scelte cogenti anche
rispetto a pericoli potenziali, dei quali non si ha ancora conoscenza o certezza, ed amplia lo spettro
di tutela, rispetto alla prevenzione (limitazione di rischi oggettivi e provati).
“una previsione minuziosa… per evitare od attenuare mali, inconvenienti, dispiaceri ulteriori solo prefigurati». A
coronamento dell’evoluzione degli interventi possibili, il principio di precauzione invita le autorità pubbliche ad agire
oppure ad astenersi in caso d’incertezza. Porta a ritardare, o anche ad abbandonare, quelle attività che si suppone
abbiano conseguenze gravi per la protezione dell’ambiente, anche nel caso in cui i sospetti non siano completamente
comprovati sul piano scientifico. Il nesso di causalità tra il rischio e il danno previsto non dev’essere assoluto in tutte le
circostanze. Al contrario, accelera l’adozione di decisioni destinate ad assicurare una migliore protezione dell’ambiente
anche in mancanza di un parere unanime da parte degli esperti del settore. Rimodellando l’essenza stessa della norma,
la sua applicazione va ben al di là di una semplice procedura decisionale, ancorché vengano comunque esaminati i
differenti interessi e punti di vista” (De Sadeleer 2001, 591).
637
“La politica dell’Unione in materia ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: - salvaguardia, tutela e
miglioramento della qualità dell’ambiente; - protezione della salute umana; - utilizzazione accorta e razionale delle
risorse naturali; - promozione sul piano internazionale di misure destinata a risolvere i problemi dell’ambiente a livello
regionale o mondiale e, in particolare, a combattere i cambiamenti climatici. 2. la politica dell’Unione in materia
ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni
dell’Unione. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via
prioritaria alla fonte dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio <chi inquina paga>. In tale contesto, le misure
di armonizzazione rispondenti ad esigenze di protezione dell’ambiente comportano, nei casi opportuni, una clausola di
salvaguardia che autorizza gli Stati membri a prendere, per motivi ambientali di natura non economica, misure
provvisorie soggette ad una procedura di controllo dell’Unione. 3. Nel predisporre la sua politica in materia ambientale
l’Unione tiene conto: - dei dati scientifici e tecnici disponibili; - delle condizioni dell’ambiente nelle varie regioni
dell’Unione; - dei vantaggi e degli oneri che possono derivare dall’azione o dall’assenza di azione; - dello sviluppo
socioeconomico dell’Unione nel suo insieme e dello sviluppo equilibrato delle sue singole regioni. 4. Nell’ambito delle
rispettive competenze, l’Unione e gli Stati membri collaborano con i paesi terzi e con le competenti organizzazioni
internazionali. Le modalità della cooperazione dell’Unione possono formare oggetto di accordi tra questa ed i terzi
interessati. Il comma precedente non pregiudica la competenza degli Stati membri a negoziare nelle sedi internazionali e
a concludere accordi internazionali”.
172 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
Il principio di prevenzione non è facile da tradurre in pratica, poiché le conoscenze
scientifiche non sono mai in grado di conferire certezza assoluta in ordine al fatto che un qualche
pericolo non possa derivare anche da attività che oggi sembrano essere innocue, ed assumono un
ruolo decisivo le pressioni sociali ed economiche provenienti da più parti sugli stessi consessi
scientifici.
Il Legislatore raramente può assumere le sue decisioni e selezionare tra le diverse opzioni,
presupponendo la ‘certezza scientifica’ e deve formulare le sue scelte sul presupposto della gravità e
del grado di probabilità dei rischi per la salute umana e per l’ambiente.
Le sue decisioni sono dunque tutte politiche e sono caratterizzate da un ampio margine di
discrezionalità, se ispirate dal metodo precauzionale, per il quale rilevano esclusivamente pericoli
potenziali, dei quali non si ha conoscenza, mentre sono obbligate, in tema di prevenzione, con
pericoli identificati, provati ed oggettivi.
Lo spartiacque tra prevenzione e precauzione è costituito dalla distinzione tra rischio ipotetico
e rischio certo, e la distinzione si giustifica con il diverso grado di certezza scientifica del rischio, la
cui incertezza si risolve nella precauzione, per la quale è necessaria la mera probabilità, rispetto alla
certezza che caratterizza la prevenzione, in considerazione della impossibilità del suo
raggiungimento attraverso il metodo scientifico, le cui conclusioni sono epistemiologicamente
sempre poste in discussione e oggetto di approfondimenti, dibattiti e rispettivi tesi e posizioni, e
nella particolarità della materia, particolarmente influenzabili dalle lobby di potere.
Le modifiche del Trattato confermano il ruolo di centrale importanza della tutela ambientale
come il presupposto di uno sviluppo sostenibile e di attuazione delle politiche ed azioni comunitarie
per il fine del bene comune della vecchia Europa oltre ogni frontiera localistica e campanilistica,
pur pregna di quegli antichi ed intramontabili valori e principi che ne hanno informato la comune
civiltà: all’art. 2 testualmente, tra le finalità, c’è anche quella di ‘promuovere (…) un elevato livello
di protezione dell’ambiente e miglioramento di quest’ultimo’ e ‘le esigenze connesse con la tutela
dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche ed azioni
comunitarie (…) in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile’ (art. 6),
nell’ambito del principio di ‘operare per uno sviluppo sostenibile dell’Europa’ fondato su un
elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente secondo principi di sviluppo
sostenibili.
Si afferma una visione trasversale dell’ambiente, le cui esigenze devono essere sempre
integrate nella definizione ed attuazione di tutte le politiche e di tutte le azioni dell’Unione, poiché
il consumo dell’ambiente determina spesso la contemporanea incapacità di autorigenerazione per
l’eccessivo livello di immissioni di sostanze inquinanti.
Si sancisce normativamente e si impone con forza cogente il principio di azione preventiva
che impegna l’Unione nella valutazione dell’impatto ambientale prima di ogni altra cosa, per evitare
che l’attività antropica lo leda definitivamente, ed imponendone l’obbligo di ripristino dello stato
quo ante, fin dove è possibile, ovvero di rimuovere la fonte pericolosa e/o inquinante.
La tutela preventiva del bene ambientale, e con esso della salute, dovrebbe rimuovere il
rischio ed impedire l’evento lesivo, con la sintesi del principio di precauzione e la deterrenza del
‘chi inquina paga’.
9.3 Quadro complessivo della disciplina nazionale in materia di ambiente.
9.3.1 Il recepimento dei principi di diritto comunitario.
La normativa nazionale in materia ambientale ruota essenzialmente sul D.Lgs. 152 del 3
aprile 2006, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 14 aprile 2006, modificato dal D.Lgs. 284 dell’8
CAPITOLO IX | 173
novembre 2006, e dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, con il quale si disciplina la valutazione di
impatto ambientale e valorizzazione ambientale, la tutela dell’assetto idrogeologico e del servizio
idrico, i rifiuti, la qualità dell’aria, la bonifica dei siti inquinati, e con abrogazione di tutte le altre
norme precedenti.
I pilastri di questo rinnovato corpus normativo sono costituiti dal principio dell’azione
ambientale, sancito dall’art. 3ter del D.Lgs. 152/06.
Il principio dello sviluppo sostenibile e del ‘chi inquina paga’, già recepito dal diritto
comunitario, ed ora espressamente contemplato nelle norme del Titolo V del Codice dell’ambiente,
e comunque nell’art. 3quater, sono in rapporto inscindibile con i principi di prevenzione e
precauzione e tutela dell’ambiente, che possono essere rinvenuti nell’intero corpus normativo,
meglio descritto in uno specifico capitolo, al quale ci riportiamo, con precise e specifiche procedure
finalizzate alla tutela dell’ambiente.
9.3.2 L’ambiente come fondamentale diritto della persona umana.
La tutela dei diritti della persona umana si arricchisce di nuovi strumenti e di nuovi
meccanismi, anche in via preventiva e non solo indennitario-risarcitoria, perché vi sono alcuni
diritti che una volta compromessi (l’ambiente, la salute etc.) non possono essere ripristinati, e
nessuna somma di denaro potrà mai restituire il benessere psico-fisico ormai perduto, o ridare la
vita a specie viventi estinte, etc.
9.3.3 Il diritto all’ambiente quale ‘presupposto necessario per la tutela di altri diritti
fondamentali’.
Nella nostra Carta Costituzionale, prima delle recenti e già illustrate modifiche, non
sussisteva una tutela immediata e diretta del diritto all’ambiente, anche se si assumeva piena
consapevolezza del suo essere il ‘presupposto necessario per la tutela di altri diritti fondamentali’
(Bordon)638.
Il degrado ambientale aveva dunque imposto una più attenta riflessione sul diritto
all’ambiente, quale bene fondamentale della persona umana, senza essere più circoscritto alla sola
tutela dei beni culturali e del patrimonio storico ed artistico.
9.3.4 Il diritto all’ambiente come ‘protezione integrata e complessiva dei valori naturali
insieme con quelli consolidati’ e con quelli sanciti dalle altre norme costituzionali.
Già nel 1983, la Corte di Cassazione, aveva anticipato le linee guida che hanno portato
all’approvazione dell’art. 18, Legge 08.07.1986, n. 349 e il successivo sviluppo della
legislazione639:
“In tema di tutela dell’ambiente, la Costituzione con l’art. 9 collega aspetti naturalistici
(paesaggio) e culturali (promozione dello sviluppo della cultura e tutela del patrimonio storico artistico) in una visione non statica ma dinamica, non meramente estetica od estrinseca, ma di
protezione integrata e complessiva dei valori naturali insieme con quelli consolidati dalle
testimonianze di civiltà; allo stesso modo con l’art. 32 eleva la salute a diritto fondamentale
dell’individuo ed interesse della collettività; mentre sotto altri profili assicura al diritto
all’ambiente, in quanto espressione della personalità individuale e sociale, un’adeguata
638
Bordon, 2005, CHI NON INFORMA PAGA: DANNO ESISTENZIALE DA INADEMPIMENTO DEL CONTRATTO DI ASSISTENZA
in RCP, 525. 2005a Il diritto all’ambiente, in P. Cendon ( a cura di), I diritti della persona, IV, Giuffrè,
Milano, pagg. 443-464.
639
Cassazione Penale, Sez. III, 20 gennaio 1983, n. 421, Mazzola, CODICE DELL’AMBIENTE, 1999, 67.
SANITARIA,
174 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
protezione: ambiente come sede della partecipazione (artt. 2, 3, 5); oggetto di difesa per tutti
(art. 24); sostrato necessario per l’apprendimento, l’insegnamento, l’arte, la scienza (artt. 33 e
34); limite alla proprietà e all’iniziativa economica (artt. 35, 41, 42, 43, 44); oggetto del
coagularsi di forze politiche (art. 49)”.
9.3.5 Una prima nozione di danno ambientale.
L’art. 18 della legge 08.07.1986 n. 349 ha definito il danno ambientale640 e ha tracciato una
prima regolamentazione delle azioni di salvaguardia e tutela in un ‘momento di cesura rispetto
all’esperienza passata, consacrando il valore ambiente in una sua dimensione e valenza autonome’,
un ‘bene immateriale unitario’ che deve essere protetto in forza dei precetti costituzionali di cui agli
artt. 9 e 32 della Costituzione, e che è valore primario ed assoluto, in quanto determina la qualità
della vita dell’uomo:
“L’ambiente è stato considerato un bene immateriale unitario sebbene a varie componenti,
ciascuna delle quali può anche costituire, isolatamente e separatamente, oggetto di cura e di
tutela; ma tutte, nell’insieme, sono riconducibili ad unità (…).
L’ambiente è protetto come elemento determinativo della qualità della vita. La sua protezione
non persegue astratte finalità naturalistiche o estetizzanti, ma esprime l’esigenza di un habitat
naturale nel quale l’uomo vive ed agisce e che è necessario alla collettività e, per essa, ai
cittadini, secondo valori largamente sentiti; è imposta anzitutto da precetti costituzionali (artt. 9
e 32 Cost.), per cui esso assurge a valore primario ed assoluto641 (…).
L’ambiente è, quindi, un bene giuridico in quanto riconosciuto e tutelato da norme. Non è
certamente possibile oggetto di una situazione soggettiva di tipo appropriativi; ma,
appartenendo alla categoria dei c.d. beni liberi è fruibile dalla collettività e dai singoli642”.
Anche prima della formulazione normativa tipica di cui all’art. 18 della legge 349 del 1986, la
lesione dell’ambiente determinava l’attivazione di una tutela fondata sullo 643 ‘schema di tutela
640
Legge n°349 del 08.07.1986 art. 18: “qualunque fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge o di
provvedimenti adottati in base a legge che comprometta l’ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo,
deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, obbliga l’autore del fatto al risarcimento nei confronti dello Stato.
Per la materia di cui al precedente comma 1 la giurisdizione appartiene al giudice ordinario, ferma quella della Corte dei
Conti, di cui all’art. 22 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3. L’azione di risarcimento del
danno ambientale, anche se esercitata in sede penale, è promossa dallo Stato, nonché dagli enti territoriali sui quali
incidano i beni oggetto del fatto lesivo. Le associazioni di cui al precedente art. 13 ed i cittadini, al fine di sollecitare
l’esercizio dell’azione da parte dei soggetti legittimati, possono denunciare i fatti lesivi di beni ambientali dei quali
siano a conoscenza. Le associazioni individuate in base all’art. 13 della presente legge possono intervenire nei giudizi
per danno ambientale e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l’annullamento di atti illegittimi. Il giudice,
ove non sia possibile una precisa quantificazione del danno, ne determina l’ammontare in via equitativa, tenendo
comunque conto della gravità della colpa individuale, del costo necessario per il ripristino, e del profitto conseguito dal
trasgressore in conseguenza del suo comportamento lesivo dei beni ambientali. Nei casi di concorso nello stesso evento
di danno, ciascuno risponde nei limiti della propria responsabilità individuale. Il giudice, nella sentenza di condanna,
dispone, ove possibile il ripristino dello stato dei luoghi a spese del responsabile. Per la riscossione dei crediti in favore
dello Stato risultanti dalle sentenze di condanna si applicano le norme di cui al testo unico delle disposizioni di legge
relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639”.
641
La Corte Costituzionale prosegue, evidenziando come l’art. 18, Legge n°349/86, come pure altre norme,
costituiscono l‘enucleazioen del precetto costituzionale, necessaria ai fini dell’effettiva precettività e della concreta
attuazione nella dinamica dei rapporti giuridici: “Vi sono, poi, le norme ordinarie che, in attuazione di detti precetti,
disciplinano ed assicurano il godimento collettivo ed individuale del bene ai consociati; ne assicurano la tutela
imponendo a coloro che lo hanno in cura, specifici obblighi di vigilanza e d’interventi. Sanzioni penali, civili ed
amministrative rendono la tutela concreta ed efficiente”. (Corte Cost., Sentenza 30.12.1987, n°641).
642
Corte Costituzionale Sentenza n°641 del 30.12.1987
643
Corte Costituzionale, Sentenza n. 247 del 1974.
CAPITOLO IX | 175
aquiliana’644, ancorato sulle disposizioni normative di cui agli artt. 2043 e 2059 c.c., sul quale la
Corte Costituzionale è tornata ancora con la Sentenza n. 641 del 30.12.87, con la quale ha
ripercorso le fasi di emersione giurisprudenziale della tutela risarcitoria del danno ambientale anche
generale, e la natura giuridica del bene, immateriale, unitario intrinsecamente, oltre che strettamente
connesso agli altri beni e diritti, così da quelli di cui agli artt. 9 e 32, piuttosto che di quelli di cui
agli artt. 35, 36, 38 e 41 II comma della Costituzione, e non per nulla la libertà di iniziativa
economica e pubblica è confinata entro precisi limiti, posti a tutela non solo della libertà e della
dignità della persona ma anche della sua sicurezza, con vincoli anche per il Legislatore645.
L’ambiente è dunque un bene unitario e immateriale, con dimensione individuale e collettiva,
e limite del potere esecutivo e legislativo, e termine di bilanciamento tra i vari diritti costituzionali,
ove l’art. 9 si proietta nell’art. 41 II comma della Costituzione, e l’iniziativa economica pubblica e
privata deve essere messa in rapporto con i diritti fondamentali della persona umana, anche
attraverso l’interpretazione sistematica e teleologica con le norme che garantiscono la tutela dei
diritti fondamentali646.
9.3.6. L’ambiente come bene primario ed assoluto.
L’ambiente è647 ‘un bene primario ed un valore assoluto costituzionalmente garantito alla
collettività’, attraverso il quale si realizza648 ‘la tutela dei beni culturali sul piano del patrimonio
storico ed artistico è contemplata, in Costituzione, insieme a quella del paesaggio - ambiente, come
espressione del principio fondamentale dell’ambito territoriale in cui si svolge la vita dell’uomo e si
sviluppa la persona umana’, fino al formale riconoscimento con la nuova formulazione dell’art. 117
II comma della Costituzione, in forza del quale ‘lo Stato ha legislazione esclusiva sulle seguenti
materie… tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali’, che va letto con l’art. 9 della
Costituzione, e che senza ombra di dubbio ne rafforza la tutela e ne determina la rilevanza del
pregiudizio sofferto individualmente e collettivamente come danno risarcibile649.
La norma costituzionale non è senza rilievo in quanto costituisce il diritto all’ambiente,
all’ecosistema ed ai beni culturali, in via autonoma, come diritto soggettivo di ogni singolo, oltre
che diritto pubblico della collettività, e ne sancisce dunque la risarcibilità, perché ancorata non solo
sulle disposizioni normative di cui all’art. 2059 c.c.,in rapporto prima con la norma di cui all’art.
644
Anche con la sentenza 184 del 1986, depositata in data 14.07.86, quando la legge non era ancora in vigore ancorché
già approvata, la Corte Costituzionale ha riaffermato la natura aquiliana della responsabilità, e quindi ha legittimato
l’impianto normativo, entrato in vigore con la legge 349 del 1986.
645
Corte Costituzionale 30.12.1987, n°641, a proseguire rispetto agli stralci riportati in precedenza, e nel senso voluto
dagli autori “Alle varie forme di godimento è accordata una tutela civilistica la quale, peraltro, trova ulteriore supporto
nel precetto costituzionale che circoscrive l’iniziativa economica privata (art. 41 cost.) ed in quello che riconosce il
diritto di proprietà, ma con i limiti dell’utilità e della funzione sociale (art. 42 cost.). E’, inoltre, specificamente previsto
il danno che il bene può subire (art. 18 n. 1). Esso è individuato come compromissione (dell’ambiente) e, cioè,
alterazione, deterioramento o distruzione, cagionata da fatti commissivi od omissivi, dolosi o colposi, violatori delle
leggi di protezione e di tutela e dei provvedimenti adottati in base ad esse. Le dette violazioni si traducono, in sostanza,
nelle vanificazioni delle finalità protettive e per se stesse costituiscono danno. La responsabilità che si contrae è
correttamente inserita nell’ambito e nello schema della tutela aquiliana (art. 2043 c.c.). Questa Corte (sentt. n. 247/74 e
n. 184/86) ha già ritenuto possibile il ricorso all’art. 2043 c.c. in tema di lesione della salute umana, dell’integrità
dell’ambiente naturale e di danno biologico. Si è così in grado di provvedere non solo alla reintegrazione del patrimonio
del danneggiato ma anche a prevenire ed a sanzionare l’illecito. Il tipo di responsabilità civile ben può assumere, nel
contempo, compiti preventivi e sanzionatori”, Corte Costituzionale conforme Sentenza n. 388 del 30.07.1992.
646
Conforme Sentenza della Corte Costituzionale 30.07.1992, n. 388
647
Corte Costituzionale, Sentenza n. 641 del 30.12.1987.
648
Corte cost. 1° aprile 1998, n. 85, CS, 1998, II, 502
649
Anche alla luce delle SS.UU. Sentenza n. 26972 del 2008, con la quale si afferma che i pregiudizi anche quelli non
patrimoniali, debbono essere risarciti integralmente se sofferti per lesione dei diritti costituzionali ovvero tipicamente
enunciati da una norma di diritto.
176 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
2043 c.c., e poi anche con le norme specifiche in materia ambientale, tra le quali quelle di cui agli
artt. 9 e 117, e quindi con quelle di cui agli artt. 2, 3 e 4, 35, 36 e 41 II° comma, piuttosto che con
l’art. 32 della Costituzione, e anche in assenza di lesione all’integrità psicofisica, con
determinazione equitativa, poiché650
“Va riconosciuto lo sforzo in atto di dare un riconoscimento specifico alla salvaguardia
dell’ambiente come diritto fondamentale della persona ed interesse fondamentale della
collettività e di creare istituti giuridici per la sua protezione. Si tende, cioè, ad una concezione
unitaria del bene ambientale comprensiva di tutte le risorse naturali e culturali. Esso comprende
la conservazione, la razionale gestione ed il miglioramento delle condizioni naturali (aria,
acque, suolo e territorio in tutte le sue componenti), l’esigenza e la preservazione dei patrimoni
genetici terrestri e marini, di tutte le specie animali e vegetali che in esso vivono allo stato
naturale ed in definitiva la persona umana in tutte le sue estrinsecazioni. Trattasi di valori che in
sostanza la Costituzione prevede e garantisce (artt. 9 e 32 Cost.), alla stregua dei quali le norme
di previsione abbisognano di una sempre più moderna interpretazione”.
Il diritto all’ambiente come diritto soggettivo di ogni singolo, di ogni essere vivente, anche
vegetale, assume altresì un rilievo anche nella dimensione collettiva, del danno ambientale in
generale, e nell’ambito di tutela, che si può azionare in via preventiva e in via risarcitoria, di ogni
pregiudizio sofferto individualmente e collettivamente.
Dopo gli interventi del Legislatore comunitario e internazionale, oltre che di quello nazionale,
non può essere messo in dubbio che ogni lesione deve essere risarcita, o con azione innanzi al
Giudice civile, o con la costituzione di parte civile nel procedimento penale eventualmente
pendente, e ciò singolarmente, o con associazioni anche non riconosciute.
650
Corte cost. 22 maggio 1987, n. 210, RgAmbiente, 1987, 334.
Capiloto X
Igiene e sicurezza del lavoro
SOMMARIO: 10.1 L’obbligo di sicurezza dell’ambiente lavorativo nelle fonti comunitarie. 1.2 La direttiva quadro
89/391 ed i suoi rapporti con il diritto nazionale. 10.2.1 I soggetti della sicurezza. 10.2.2 La prevenzione dei rischi alla
fonte. 10.2.3 La procedimentalizzazione dell'obbligo di prevenzione dei rischi. 10.2.4 Garanzia della massima sicurezza
tecnologicamente fattibile. 10.3 L’art. 2087 c.c. quale presupposto della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale
del datore di lavoro. 10.4 Le misure di prevenzione. 10.5 Informazione e formazione dei lavoratori. 10.6
Coinvolgimento dei lavoratori nella tematica della prevenzione. 10.7 La natura giuridica della pretesa del lavoratore alla
massima sicurezza tecnicamente possibile. 10.8 Il recepimento della direttiva quadro n. 89/391/CEE. 10.9 Esigenza di
un ‘testo unico’. 10.10 Le direttive sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti
chimici, fisici e biologici.
10.1 L’obbligo di sicurezza dell’ambiente lavorativo nelle fonti comunitarie.
L’Unione Europea e gli Stati membri
‘hanno come obiettivi la promozione dell'occupazione, il miglioramento delle condizioni di vita
e di lavoro, che consenta la loro parificazione nel progresso, una protezione sociale adeguata, il
dialogo sociale, lo sviluppo delle risorse umane atto a consentire un livello occupazionale
elevato e duraturo e la lotta contro l'emarginazione’
come recita l’art. 151 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, riaffermato in numerose
Direttive e altri atti normativi di fonte comunitaria; questi principi ispirano le proposte del Comitato
Consultivo per la Sicurezza l’igiene e la tutela della sanità sul luogo di lavoro (composto da
rappresentanti dei lavoratori, dei datori di lavoro e dei governi, ai fini del ‘dialogo sociale’), che la
Commissione è chiamata a vagliare.
Gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali preoccupano gli Stati membri e l’Unione in
termini umani ed economici, ed è stata istituita l’‘Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul
lavoro’, con regolamento del Consiglio 18 luglio 1994, n. 2062 - aggiornato dal regolamento 29
giugno 1995, n. 1463/95 - che tra i suoi fini annovera anche quelli di raccogliere e diffondere
informazioni tecniche e scientifiche, contribuire allo sviluppo dei programmi dell'Unione,
raggiungere le finalità stabilite dall’art. 151 TFUE, oltre che di ispirare ulteriori iniziative
legislative e le decisioni della Corte di Giustizia quest’ultima, per l’influsso delle culture nordiche,
più attente alla sicurezza sul lavoro, ha costituito uno strumento formidabile per l’enucleazione
evolutiva di principi di diritto comunitario coerenti con le finalità, e vincolanti per tutti gli Stati
membri, e capace di influenzare in misura portentosa anche la nostra legislazione nazionale.
Nel 1980 è stato emanato un primo complesso organico di norme in materia di igiene e
sicurezza sul lavoro, costituito dalla direttiva quadro 80/1107/CEE sulla protezione dei lavoratori
contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro,
successivamente modificata con la direttiva n. 88/642/CEE del 16 dicembre 1988 - ed alla quale
hanno fatto seguito quattro direttive particolari relative ai singoli agenti di rischio:
- direttiva n. 82/605/CEE del 28 luglio 1982 ‘sulla protezione dei lavoratori contro i rischi
connessi ad un'esposizione al piombo metallico ed ai suoi composti ionici durante il lavoro (prima
direttiva particolare ai sensi dell'articolo 8 della direttiva 80/1107/CEE)’;
178 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
- direttiva n. 83/477/CEE del 19 settembre 1983 ‘sulla protezione dei lavoratori contro i rischi
connessi con l’esposizione all’amianto durante il lavoro (II direttiva particolare ai sensi dell’art. 8
della direttiva 80/1107/CEE)’, successivamente modificata dalla direttiva n. 2003/18/CE del 27
marzo 2003; e sostituita con la direttiva 2009/148/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del
30 novembre 2009, ‘sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un’esposizione
all’amianto durante il lavoro’;
- direttiva n. 86/188/CEE del 12 maggio 1986 ‘in materia di protezione dei lavoratori contro i
rischi derivanti dall'esposizione al rumore durante il lavoro’;
- direttiva n. 88/364/CEE del 9 giugno 1988 ‘sulla protezione dei lavoratori mediante il
divieto di taluni agenti specifici e/o di talune attività (quarta direttiva particolare ai sensi
dell'articolo 8 della direttiva 80/1107/CEE)’.
La direttiva quadro n. 80/1107 del 1980 e le direttive particolari n. 80/605, n. 86/188, e la
direttiva 83/477/CEE del 19.09.1983, sono state recepite dal d.lgs. 15 agosto 1991, n. 277. La
direttiva particolare n. 88/364 è stata recepita dal d.lgs. 25 gennaio 1992, n. 77. La direttiva n.
2003/18/ce è stata recepita dal d.lgs. 25 luglio 2006, n. 257, che inserisce il Titolo VI-bis nel d.lgs.
n. 626 del 1994.
La Comunità ha poi adottato la direttiva quadro n. 89/391, del 12 giugno 1989, avente ad
oggetto misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori
durante il lavoro, per prevenire infortuni sul lavoro e malattie professionali, attraverso la
prevenzione e la limitazione dei rischi professionali; con l'informazione e la consultazione dei
lavoratori e/o dei loro rappresentanti in materia di sicurezza, e prevedeva anche l’adozione di
direttive particolari, per determinati settori o aspetti della sicurezza.
Furono emanate dunque le seguenti direttive:
- direttiva del 30 novembre 1989, n. 89/654 ‘relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di
salute per i luoghi di lavoro (prima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della
direttiva 89/391/CEE)’;
- direttiva del 30 novembre 1989, n. 89/655 ‘relativa ai requisiti minimi di sicurezza e di
salute per l'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori durante il lavoro (seconda
direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)’,
successivamente modificata dalla direttiva del 5 dicembre 1995, n. 95/63 e dalla direttiva del 27
giugno 2001, n. 2001/45/CE;
- direttiva del 30 novembre 1989, n. 89/656 ‘relativa alle prescrizioni minime in materia di
sicurezza e salute per l'uso da parte di lavoratori di attrezzature di protezione individuale durante il
lavoro (terza direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)’;
- direttiva del 29 maggio 1990, n. 90/269 ‘relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di
salute concernenti la movimentazione manuale dei carichi che comporta tra l'altro rischi dorsolombari per il lavoratori (quarta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della
direttiva 89/391/CEE)’;
- direttiva del 29 maggio 1990, n. 90/270 ‘relativa alle prescrizioni minime in materia di
sicurezza e salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali (quinta
direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)’651;
651
Sull'applicabilità soggettiva delle disposizioni della direttiva, cfr. Corte giust. 6 luglio 2000, causa C-11/99, in Guida
al lavoro, 2000, 29, 27. V., inoltre, Corte giust. 24 ottobre 2002, causa C-455/00, ivi, 2002, 50, 97, che ha condannato
l'Italia per mancata attuazione della direttiva nella parte in cui non il d.lgs. di recepimento n. 626 del 1994 non indica
espressamente le condizioni a seguito delle quali si configura il diritto del lavoratore ad ottenere i dispositivi speciali di
protezione. L'art. 7 della legge comunitaria 2002 (l. 3 febbraio 2003, n. 14) dà attuazione al dettato della Corte ponendo
CAPITOLO X | 179
- direttiva del 29 aprile 2004, n. 2004/37/CE ‘sulla protezione dei lavoratori contro i rischi
derivanti da un'esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro (sesta direttiva
particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE del Consiglio)’;
- direttiva del 18 settembre 2000, n. 2000/54 ‘sulla protezione dei lavoratori contro i rischi
derivanti da un'esposizione ad agenti biologici durante il lavoro individuale (settima direttiva ai
sensi dell'articolo 16 (1), della direttiva 89/391/CEE)’;
- direttiva del 24 giugno 1992, n. 92/57 ‘riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e
salute da attuare nei cantieri temporanei e mobili (ottava direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16
(1), della direttiva 89/391/CEE)’;
- direttiva del 24 giugno 1992, n. 92/58 ‘recante le prescrizioni minime per la segnaletica di
sicurezza e/o salute sul luogo di lavoro (nona direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16 (1), della
direttiva 89/391/CEE)’;
- direttiva del 19 ottobre 1992, n. 92/85 ‘concernente l'attuazione di misure volte a
promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti e
puerpere o in periodo di allattamento (decima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16 (1) di
Direttiva 89/391/CEE)’;
- direttiva del 3 novembre 1992, n. 92/91 ‘relativa a prescrizioni minime intese al
miglioramento della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori nelle industrie estrattive per
trivellazione (undicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16 (1), della direttiva
89/391/CEE)’;
- direttiva del 3 dicembre 1992, n. 92/104 ‘concernente le prescrizioni minime per il
miglioramento della sicurezza e della tutela della salute dei lavoratori in superficie e sotterranee
industrie estrattive (dodicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16 (1), della direttiva
89/391 / CEE)’;
- direttiva del 23 novembre 1993, n. 93/103 ‘riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e
di salute per il lavoro a bordo dei pescherecci (tredicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo
16 (1), della direttiva 89/391/CEE)’652;
- direttiva del 7 aprile 1998, n. 98/24 ‘sulla protezione della salute e della sicurezza dei
lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici durante il lavoro (quattordicesima direttiva
particolare ai sensi dell'articolo 16 (1), della direttiva 89/391/CEE)’;
- direttiva del 16 dicembre 1999, n. 1999/92 ‘relativa alle prescrizioni minime per il
miglioramento della sicurezza e della tutela della salute dei lavoratori esposti al rischio di
atmosfere esplosive (quindicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16 (1) di Direttiva
89/391/CEE)’;
- direttiva del 25 giugno 2002, n. 2002/44/CE ‘sulla salute prescrizioni minime di sicurezza
relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (vibrazioni) (sedicesima
direttiva particolare ai sensi del Articolo 16 (1) della direttiva 89/391/CEE)’;
- direttiva del 29 aprile 2004, n. 2004/40/CE ‘relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e
di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici agenti fisici
(campi elettromagnetici) (diciottesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16 (1), della
direttiva 89/391/CEE)’;
a carico del datore di lavoro l'obbligo di fornire ai lavoratori dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività
svolta qualora il risultato degli esami ne evidenzino la necessità e non sia possibile utilizzare i dispositivi normali.
Peraltro, la Corte giust. 10 aprile 2003, causa C-65/01, in Guida al diritto, 2003, 17, 90 ss.
652
Cfr. Corte giust. 21 settembre 1999, causa C-362/98, Commissione v. Repubblica italiana, in Dir. prat. lav., 2000,
27, XIV, secondo cui l'Italia è venuta meno agli obblighi imposti dalla direttiva.
180 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
- direttiva 5 aprile 2006, n. 2006/25/CE ‘sulla salute prescrizioni minime di sicurezza relative
all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (radiazioni ottiche artificiali)
(diciannovesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16 (1), della direttiva 89/391/CEE)’;
La direttiva quadro n. 89/391 del 1989 e le prime sette direttive particolari sono state recepite
dal d.lgs. 19 settembre 1994, n. 626, successivamente modificato dal d.lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
Le modifiche apportate dalle direttive n. 97/42 e n. 99/38 alla sesta direttiva particolare sulla
protezione da agenti cancerogeni sono state recepite nell'ordinamento interno dal d.lgs. 25 febbraio
2000, n. 66.
L'ottava a la nona direttiva particolare sono state rispettivamente recepite dai d.lgs. 14 agosto
1996, n. 493 e n. 494.
La decima direttiva particolare è stata recepita dal d.lgs. 25 novembre 1996, n. 645,
l'undicesima e la dodicesima sono state recepite dal d.lgs. 25 novembre 1996, n. 624, la tredicesima
dal d.lgs. 17 agosto 1999, n. 298; la quattordicesima dal d.lgs. 2 febbraio 2002, n. 25; la
quindicesima dal d.lgs. 12 giugno 2003, n. 233; la sedicesima dal d.lgs. 19 agosto 2005, n. 187; la
diciassettesima dal d.lgs. 10 aprile 2006, n. 195; la diciottesima dal d.lgs. 19 novembre 2007, n.
257, che integra il d.lgs. n. 626 del 1994, aggiungendovi il titolo V-bis.
Per completare il quadro della normativa comunitaria in tema di tutela della salute occorre poi
ricordare:
- la direttiva del 25 giugno 1991, n. 91/383 ‘che completa le misure volte a promuovere il
miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici con una durata del rapporto
di lavoro fisso o un rapporto di lavoro interinale’;
- la direttiva del 23 novembre 1993, n. 93/104 ‘concernente taluni aspetti dell'organizzazione
dell'orario di lavoro’, successivamente modificata dalla direttiva 22 giugno 2000, n. 2000/34;
- la direttiva del 9 dicembre 1996, n. 96/82 ‘sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti
connessi con determinate sostanze pericolose’.
10.2 La direttiva quadro 89/391 ed i suoi rapporti con il diritto nazionale.
La direttiva quadro n. 89/391 contempla prescrizioni minime di tutela delle condizioni e della
sicurezza sul lavoro, per prevenire alla fonte qualsiasi occasione di rischio per la salute e
l’incolumità psicofisica dei prestatori d’opera, attraverso una nuova cultura della organizzazione dei
sistemi di produzione, con la sola eccezione delle forze armate, della polizia, dei servizi di
protezione civile, degli addetti ai servizi domestici (art. 2, III comma, lettera a).
10.2.1 I soggetti della sicurezza.
Il lavoratore; il datore di lavoro; il medico competente; il responsabile del servizio di
prevenzione e protezione; il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, nel servizio di
prevenzione e protezione dai rischi, sono gli attori e i protagonisti della sicurezza e le loro
definizioni sono state riportate pedissequamente prima nel D.Lgs 626/94, e poi nella ulteriore
legislazione, non senza dover correre ai ripari nei casi di evidente discrasia come per la definizione
del datore di lavoro la cui nozione non poteva essere limitata a quella di ‘qualsiasi persona fisica o
giuridica o soggetto pubblico che è titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore e abbia la
responsabilità dell'impresa ovvero dello stabilimento’ quanto piuttosto più correttamente, anche in
seguito alle modifiche disposte con il D.L.vo 242/1986 e con la legge n. 39 dell’01.03.2002, come
effettivo responsabile della garanzia della prevenzione, in qualsiasi struttura nella quale è svolta
attività (anche ricreativa e culturale ovvero nell’ambito militare).
CAPITOLO X | 181
10.2.2 La prevenzione dei rischi alla fonte.
Questo principio si deduce chiaramente dall’obbligo posto a carico dei soggetti esterni
all'impresa - quali i progettisti degli impianti e dei luoghi di lavoro, i concedenti in leasing di
macchine, di attrezzature di lavoro e di impianti - di rispettare le misure di prevenzione fin dal
momento delle scelte progettuali e tecniche degli impianti e dei posti di lavoro; dall’obbligo del
datore di lavoro di valutazione preventiva di tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori e
di predisposizione di un programma di attuazione delle misure preventive (art. 4, 1° comma del
d.lgs. n. 626 del 1994)653, con la collaborazione di un numero di soggetti più ampio rispetto a quello
tradizionalmente previsto nell’ordinamento nazionale.
Si vengono a creare nuove figure protagoniste della prevenzione, dal ‘medico competente’,
designato dal datore di lavoro tra i sanitari in possesso della relativa specializzazione, o tra coloro
che lo fossero in medicina legale; a quella del ‘responsabile del servizio di prevenzione e
protezione’, il quale, nelle aziende che hanno un limitato numero di dipendenti, può coincidere con
il datore di lavoro, e nelle altre con uno di loro, purché in possesso di attitudini e capacità adeguate;
solo qualora manchi questa figura tra i dipendenti, l’incarico può essere affidato ad una persona
esterna, che abbia le conoscenze professionali necessarie per integrare l'azione di prevenzione e
protezione654 del ‘rappresentante per la sicurezza’ eletto o designato dai lavoratori; ed i lavoratori
stessi, chiamati a collaborare con gli altri attori della prevenzione.
10.2.3 La procedimentalizzazione dell'obbligo di prevenzione dei rischi.
La procedimentalizzazione dell’obbligo di valutazione del rischio al fine della elaborazione
del programma per le doverose misure di protezione, ha reso necessario dover elaborare un apposito
documento, custodito presso l’azienda ed esaminato almeno una volta all'anno in una riunione, cui
partecipano il datore di lavoro, il rappresentante del servizio di prevenzione, il rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza, il medico competente. Tale documentazione è comunque sempre a
disposizione degli organi di vigilanza e dei rappresentanti dei lavoratori. Ne consegue una
trasparenza delle decisioni del datore di lavoro, che può avere successivamente effetti rilevanti in
tema di responsabilità penale dello stesso.
Anche se nella concreta realtà alla previsione normativa non si è accompagnata una concreta
ed efficace attuazione tale da determinare un effettivo miglioramento degli standard di sicurezza, e
si è trasformata più che altro in burocratico e formale adempimento dei precetti, come è facilmente
dimostrabile dall’alto numero di infortuni sul lavoro e malattie professionali.
Soprattutto, la prevenzione che si fonda sulla valutazione del rischio, presuppone l’arroganza
dell’essere umano di poter determinare a priori tutte le variabili degli accadimenti e delle
conseguenze sulla persona, che sono le più variabili, dove quest’ultima è la variabile più
imprevedibile (si pensi a chi è predisposto per alcune patologie, per cui è sufficiente la minima
esposizione; oppure al logoramento, magari con turni di lavoro particolarmente lunghi, che aumenta
le probabilità di infortunio, etc.), e che ci porta a ritenere la insufficienza di questo criterio, rispetto
a quello della rimozione e dell’annullamento del rischio, che è l’unico strumento attraverso il quale
653
Il testo dell'art. 4, 1° comma è stato così modificato dall'art. 21 della l. 1° marzo 2002, n. 39, in attuazione della
sentenza della Corte giust. 15 novembre 2001, causa C-49/00, che ha considerato inadempiente lo stato italiano perchè
l'art. 4, 1° comma del d.lgs. n. 626 del 1994 nella sua primitiva formulazione non costituiva una corretta trasposizione
dell'art. 6, n. 3, lett. a della direttiva. Infatti, quest'ultima impone al datore di lavoro di valutare i rischi per la salute e
sicurezza esistenti sul luogo di lavoro, mentre la norma traspositiva interna enumerava solo tre tipi di rischi: attrezzature
di lavoro; sostanze e preparati chimici impiegati; sistemazione dei luoghi di lavoro.
654
V. l'art. 8, 6° comma del decreto nel testo modificato dall'art. 21 della l. 1° marzo 2002, n. 39, in attuazione della
decisione della Corte giust. n. C-49/00 del 15 novembre 2001.
182 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
annullare tutte le variabili, e realizzare i precetti costituzionali già illustrati.
10.2.4. Garanzia della massima sicurezza tecnologicamente fattibile.
Con l’art. 2087 c.c., il Legislatore del 1942 recepisce le massime della giurisprudenza della
Corte di Cassazione e le istanze della dottrina più accorta e impone una espressa previsione di tutela
della personalità morale e dell’incolumità del lavoratore, adeguate alla ‘particolarità del lavoro,
esperienza e tecnica’, come avente natura di obbligo contrattuale, oggetto della obbligazione,
ovvero accessorio, pur sempre vincolante per il datore di lavoro e già dal momento dell’inserimento
nell’organizzazione produttiva e a prescindere dagli obblighi assicurativi specifici.
La norma sancisce l’emersione di un diritto soggettivo del lavoratore alla sicurezza, che trova
la sua fonte anche nelle norme di cui agli artt. 2, 32, I° comma, 35, 36, 38 e 41 II comma della
Costituzione, attraverso i quali questi principi costituzionali in materia di tutela dei cittadini e della
persona umana confluiscono nella disciplina del rapporto di lavoro, che pertanto oltre che dal
contratto è regolato anche dalla legge, ai massimi livelli delle sue fonti, e con principi
supercostituzionali che non possono essere oggetto di revisione.
L’art. 2087 c.c. non può non essere letto in relazione alle norme di cui agli artt. 2, 4, 32 e 41
II° comma, che per effetto delle norme di cui agli artt. 35 e 36 della Costituzione, qualifica la salute
e l’incolumità psicofisica e la tutela della dignità umana nel luogo di lavoro come diritti assoluti,
incoercibili e insopprimibili, non negoziabili, anche nell’ottica della logica economica della
produzione e del profitto, o del limite di bilancio degli enti pubblici e dello Stato.
L’art. 2087 c.c. è una vera e propria norma di prevenzione, avente carattere generale e
sussidiario rispetto alla particolare disciplina dei vari decreti, che costituiscono una specifica
applicazione dell’ampio principio di tutela della condizioni di lavoro senza esaurire il dovere
generale e il suo contenuto, poiché impone l’obbligo di provvedere agli ulteriori e necessari mezzi
protettivi anche se non previsti dalle leggi speciali.
La sussidiarietà va interpretata come integrazione, ispirata alla dinamica dei tempi, e alla
pericolosità dell’ambiente, secondo regole di prudenza e diligenza, e del rispetto di ogni regola
anche non scritta, e come tensione della massima sicurezza per il lavoratore, sia attraverso una
adeguata strutturazione degli impianti, con l’osservanza delle opportune regole di condotta, sia con
l’adozione di tutte le misure utili per rimuovere ogni causa di pericolo, sia come obbligo del datore
di lavoro e dei preposti ad un continuo aggiornamento.
L’obbligo di prevenzione si lega anche al progresso tecnologico, e la norma quando impone al
datore di lavoro di ‘adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del
lavoro, l'esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale
del lavoratore’, deve tradursi come obbligo di utilizzo di ogni misura suggerita dalla tecnica più
progredita, ispirata al sapere scientifico in continua evoluzione ed aggiornamento, per rimuovere i
rischi alla radice655, con costante adeguamento degli ambienti, degli impianti, delle attrezzature,
man mano che si assiste allo sviluppo tecnico scientifico, ancorché in assenza di un obbligo
codificato656, per assicurare il risultato oggetto della garanzia657.
La norma di cui all’art. 2087 c.c., che anticipa di decenni le disposizioni proprie del diritto
comunitario, integrata con i precetti costituzionali, impone al datore di lavoro di adempiere
655
G.Marando, LA SICUREZZA DEL LAVORO NEL SISTEMA DELLA GIURISPRUDENZA, in Teoria e pratica del diritto,
Giuffrè, Milano, 1992, pp. 9-11.
656
G.Marino, AMBIENTE DI LAVORO, in M.Dell’Olio, DIRITTO DEL LAVORO, DIZIONARI DEL DIRITTO PRIVATO a cura di
N.Irti, Giuffrè, pp.2-3.
657
DIGESTO DELLE DISCIPLINE PENALISTICHE, VI, UTET, p.111.
CAPITOLO X | 183
esattamente l’obbligo di sicurezza che non si esaurisce nell’adempimento esatto delle specifiche
disposizioni di legge, in relazione al tipo specifico di attività imprenditoriale, e si estende
all’obbligo di conoscenza delle situazioni di rischio del dipendente e dell’onere di adottare ogni
prudente e diligente strumento di tutela, per la salute, che siano necessarie anche in base alla
particolarità del lavoro, all’esperienza ed alla tecnica (art. 2087 c.c.): Cass. Sez. Lav. 03.07.08, n.
18376, secondo l’utilizzo ‘della migliore tecnologia disponibile’ poiché ‘occorre attribuire sicura
preminenza al bene della sicurezza e della salute della persona/lavoratore rispetto ad altri interessi
costituzionalmente garantiti, ma condizionati (art. 41, II° comma, Cost. rispetto agli artt. 32 e 35
della Costituzione)’ (cfr. Cassazione Penale IV^ Sezione, Sentenza n. 12799 del 29.03.07, conforme
Corte di Giustizia della Comunità Europea, Sentenza 12.11.1996 in causa C-84/1994), senza che i
costi economici e le esigenze della produzione lo possano comprimere o affievolire (cfr. art. 41, II
comma, Cost., che impone limiti all’iniziativa economica privata, per salvaguardare ‘la sicurezza,…
la libertà,… la dignità umana’; in giurisprudenza Cassazione Penale, Sezione IV^, Sentenza n.
12799 del 29.03.07).
La Corte di Cassazione in sede penale prima con Sentenza n. 10164 del 27 settembre 1994; e
poi con Sentenza n. 11424 del 3 novembre 1998 ha stabilito che
“il datore di lavoro deve ispirare la sua condotta alle acquisizioni della migliore scienza ed
esperienza (…) sicché non è sufficiente che una macchina sia munita degli accorgimenti previsti
dalla legge in un certo momento storico se il processo tecnologico cresce in modo tale da
suggerire ulteriori e più sofisticati presidi per rendere la stessa più sicura”
e che658
“La responsabilità dell’imprenditore ex art. 2087 c.c., pur non configurando un’ipotesi di
responsabilità oggettiva, non è circoscritta alla violazione di norme di diritto oggettivo esistenti
o di regole di esperienza o di regole tecniche preesistenti e collaudate, ma deve ritenersi volta a
sanzionare, alla luce delle garanzie costituzionali del lavoratore, l’omessa predisposizione da
parte del datore di lavoro di tutte quelle misure e cautele atte a preservare l’integrità psico-fisica
e la salute del lavoratore sul luogo di lavoro, tenuto conto della concreta realtà aziendale e della
sua maggiore o minore possibilità di venire a conoscenza e di indagare sull’esistenza di fattori
di rischio in un determinato momento storico”.
L’art. 2087 c.c., per la sua portata generale, chiude il sistema di prevenzione con una ‘norma
aperta’ volta a supplire alle lacune di una disciplina che non può prevedere ogni fattore di rischio;
pronta a raccogliere e soddisfare le esigenze del miglioramento e della sicurezza nell’ambiente di
lavoro, pur nella realtà mutevole delle tecniche.
10.3 L’art. 2087 c.c. quale presupposto della responsabilità contrattuale ed
extracontrattuale del datore di lavoro.
Qualora si verifichi un infortunio per l’inosservanza del precetto, sussiste responsabilità
contrattuale, ed in via alternativa extracontrattuale, con il conseguente diritto del dipendente ad
ottenere l’integrale risarcimento di tutti i danni, tale da integrare la norma di cui all’art. 43 c.p., che
in relazione ad eventi lesivi potrà assumere rilievo anche penalistico, poiché si concretizza in
violazione dei precetti contemplati nelle norme di cui agli artt. 437 (Rimozione od omissione dolosa
di cautele contro infortuni sul lavoro) e 451 (Omissione colposa di cautele o difese contro disastri o
infortuni sul lavoro) c.p. e costituisce circostanza aggravante di cui agli artt. 589 (Omicidio
658
Corte di Cassazione Sentenza n. 15078 del 26.06.2009.
184 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
colposo), II comma, e 590 (Lesioni personali colpose), III comma, c.p.
La norma di cui all’art. 2087 c.c. integra i precetti penali posti a presidio della pubblica
incolumità e della tutela della persona rispetto al rischio di una lesione di beni fondamentali che
trovano nella Carta Costituzionale la loro prima garanzia, e dunque costituisce il dovere
dell’imprenditore, anche penalmente rilevante, come garante dell’integrità fisica dei prestatori di
lavoro, e definisce, insieme all’interesse oggetto della garanzia, il contenuto della garanzia stessa
(apprestare ogni misura ‘necessaria’) e il criterio di determinazione della garanzia dovuta (la
particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica). In tal modo l’art. 2087 c.c. delinea un modello di
comportamento dovuto all’imprenditore (o un modello di buon imprenditore659) che è direttamente
rilevante ai fini del giudizio di colpa660.
Le norme di cui all’art. 2087 c.c. sanciscono ulteriori obblighi del datore di lavoro rispetto a
quelli di ‘prudenza, perizia e diligenza’ propri di ogni contratto, in ragione delle norme cautelari
specifiche, e di tutte le altre che possono e debbono essere adottate, il cui adempimento richiede
l’attuazione di ogni misura ‘necessaria’ all’effettiva salvaguardia del bene tutelato661, rispetto alle
quali l’imprenditore ha una posizione di garanzia, con precetto che deve essere riferito a qualsiasi
situazione lavorativa (compresa la pubblica amministrazione), a prescindere dalle dimensioni
dell’impresa; e quindi anche nella realtà di lavoro subordinato non relativo all’esercizio di
un’impresa, ed esteso anche ai dirigenti662 e a tutti gli altri attori della sicurezza663.
10.4 Le misure di prevenzione.
L’obbligo di tutela imposto dall’imprenditore dall’art. 2087 c.c. assume diversa fisionomia e
diversa estensione in relazione al tipo di lavoro, ai pericoli in esso insiti, ai rapporti nei quali il
lavoratore si trova con i vari soggetti dell’impresa.
E’ per questo che il legislatore si limita opportunamente a porre (usando una formula generica
e nel contempo ampia) che le misure da adottare sono quelle necessarie ai fini dell’anzidetta tutela:
necessarie e, quindi, oltre alle misure previste dalle leggi speciali e dai regolamenti, anche tutte
quelle che (anche in base ad altre fonti lato sensu e a disposizioni impartite dalle competenti
autorità pubbliche) sono da considerare indispensabili per la difesa dell’incolumità dei lavoratori664.
Lo stesso legislatore soggiunge, perché non si travalichino i criteri della ragionevolezza, che i
parametri direttivi per l’individuazione delle misure che garantiscano l’effettività della tutela delle
condizioni sono questi tre:
a) la particolarità del lavoro, da intendersi come il complesso degli elementi che
caratterizzano il lavoro stesso e nella quale rientrano, adducendoli in esempio come esattamente si è
già fatto da altri, i processi usati per la produzione; le tecniche lavorative adottate; le sostanze
659
Si ritiene altresì che, ai sensi dell’art. 2087 c.c., rientri fra i doveri del datore accertare l’idoneità del dipendente a
una determinata attività che possa sottoporlo a specifici rischi, v.indicazioni in Riv.giur.lav., 1984, IV, 65.
660
DIGESTO DELLE DISCIPLINE PENALISTICHE, VI, UTET, p.110.
661
DIGESTO DELLE DISCIPLINE PENALISTICHE, VI, UTET, pp.110-111.
662
La tesi è perfettamente in linea con il principio, desumibile dal sistema, della «totalità» della sicurezza, che non va
circoscritta ad una parte soltanto dei soggetti nell’impresa, né ad alcuni mezzi e misure protettive, incontrando l’unico
limite per le persone obbligate derivante dalla definizione delle rispettive sfere di competenza, in G.Marando, op. cit.,
pp. 11-13.
663
Meglio illustrato in Bonanni, Ugazio, PATOLOGIE AMBIENTALI E LAVORATIVE. MCS AMIANTO & GIUSTIZIA, Ed.
Minerva Medica, Torino, 2011.
664
Il che significa - per dirla con il Bianchi D’urso, PROFILI GIURIDICI DELLA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO, cit.
p.183 - che l’obbligo di sicurezza viene soddisfatto quando siano realizzate non solo le misure ‘tipiche’, ma ogni altra
misura ‘atipica’ concretamente rispondente alle molteplici esigenze protettive proprie di qualsiasi organizzazione
protettiva. Si veda anche Assanti, CONSIDERAZIONI SUI PRINCIPI GENERALI IN TEMA DI MISURE DI SICUREZZA, in
Securitas, 1965, pp.112 e ss.
CAPITOLO X | 185
impiegate (tossiche, asfissianti, esplodenti, specificamente nocive alla salute); le condizioni
dell’ambiente lavorativo, cioè tutti gli elementi che direttamente o indirettamente concorrono a
costituire la specifica pericolosità di ogni singola attività lavorativa665;
b) l’esperienza, che si acquisisce per prova fattane direttamente o per averla veduta fare da
altri in altre lavorazioni similari (donde l’opportunità, anzi l’obbligo dell’imprenditore di dar mente
a quanto di nuovo e più efficace eventualmente si adotti di là dalla propria azienda)666;
c) la tecnica, i cui dati sono da aggiornare in relazione al progresso e alle conquiste della
scienza.
Si conviene che le anzidette misure debbano essere adottate in relazione alle normali doti di
capacità intellettuale, morale e fisica dei lavoratori dipendenti, ‘senza escludere anche un obbligo di
tutela ad hoc per il singolo lavoratore quando le esigenze del rapporto e dell’ambiente lo
impongano inderogabilmente’667.
Ed è ovvio che l’imprenditore non possa limitarsi soltanto a predisporre codeste misure, ma
debba controllare che esse siano usate nel modo più acconcio e debba avvertire i lavoratori preliminarmente o, comunque, tempestivamente - dei pericoli a cui si espongono anche con
l’inosservanza delle particolareggiate istruzioni e direttive che, ad ogni buon fine, debbono essere
impartite dall’imprenditore stesso.
Le misure di sicurezza devono essere adottate con riferimento non solo alle caratteristiche
oggettive dell'organizzazione di lavoro, ma anche alle condizioni soggettive di salute di ciascun
lavoratore. A tal fine la direttiva richiede di effettuare nelle lavorazioni a rischio per il tramite del
medico competente una sorveglianza sanitaria di carattere preventivo - intesa a constatare l'assenza
di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati - e di carattere periodico per controllare
lo stato di salute dei lavoratori. Inoltre, il datore di lavoro - nell'affidare i compiti ai lavoratori deve tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute ed alla
loro sicurezza. Il lavoratore deve poi essere allontanato dall'esposizione a rischio per motivi sanitari
inerenti la sua persona.
10.5 Informazione e formazione dei lavoratori.
Si inaugura una nuova stagione in materia di sicurezza sul lavoro, in quanto l’art. 10 estende
l’obbligo del datore di lavoro di informare i lavoratori sui rischi non solo specifici cui sono esposti
in relazione all'attività svolta, così come da tempo è previsto dalla normativa interna, ma anche in
generale sui rischi per la sicurezza e la salute connessi all'attività dell'impresa (art. 10); di formarli
dall’assunzione, fino al cambiamento delle mansioni o in caso di introduzione di nuove tecnologie,
e con i necessari aggiornamenti, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro ed alle
proprie mansioni (art. 12). Si tratta di un'importante novità della direttiva, la quale è ispirata ad una
filosofia di partecipazione attiva dei lavoratori alla politica di prevenzione in materia di sicurezza.
10.6. Coinvolgimento dei lavoratori nella tematica della prevenzione.
Il rappresentante per la sicurezza - eletto o designato dai lavoratori - gode di una serie di
diritti, quali: l'accesso ai luoghi di lavoro; l'informazione e la consultazione in materia di
prevenzione; la partecipazione alle riunioni periodiche in materia di salute; la possibilità di ricorso
665
Smuraglia, LA SICUREZZA DEL LAVORO E LA SUA TUTELA PENALE,
LAVORATIVA E LA SUA TUTELA GIURIDICA, cit. p. 223.
666
cit. p.85. Si veda anche Lega, LA
CAPACITÀ
Resta escluso che l’imprenditore debba ricercare a proprie spese nuove misure di prevenzione e fare sperimentazioni
pratiche in proprio: Barchi, NOTE IN TEMA DI RESPONSABILITÀ DEL DATORE DI LAVORO EX ART. 2087 C.C., cit., p.105.
667
Lega, LA CAPACITÀ LAVORATIVA E LA SUA TUTELA GIURIDICA, cit., p.221.
186 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
alle autorità competenti qualora ritenga che le misure adottate dal datore di lavoro siano inidonee a
tutelare la salute dei lavoratori; peraltro riproducendo sostanzialmente una norma già contemplata
nell’art. 9 della legge n. 300 del 20.05.1970 (Statuto dei lavoratori)668, che stabilisce espressamente:
“I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l’applicazione delle
norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la
ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro
integrità fisica”.
Peraltro mai attuata e passata sotto silenzio: non esiste memoria di rappresentanze di
lavoratori che avessero controllato l’applicazione di norme inesistenti fino ai tempi recenti per
prevenire patologie tumorali tra le più gravi, o che promuovano iniziative finalizzate ‘a tutelare la
loro salute e la loro integrità fisica’, sicché anche la norma di diritto comunitario si è tradotta in
adempimenti meramente formali e comunque non in grado di incidere concretamente ed
efficacemente sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, come dimostra - non ci stancheremo mai di
ripeterlo - il triste bilancio degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali.
10.7 La natura giuridica della pretesa del lavoratore alla massima sicurezza
tecnicamente possibile.
Il lavoratore ha un diritto soggettivo direttamente azionabile nei confronti del datore di lavoro
affinché siano adottate tutte le misure idonee alla prevenzione di ogni rischio, e non già soltanto un
cosiddetto interesse legittimo, pur con qualche voce dottrinaria dissenziente669.
C’è chi sostiene recisamente la natura pubblicistica del dovere di tutela delle condizioni di
lavoro, che lungi dal costituire il contenuto di una specifica obbligazione contrattuale nei confronti
dei singoli datori di lavoro, deve interpretarsi come un dovere di carattere generale, posto
essenzialmente nei confronti dello Stato e solo indirettamente a vantaggio dei singoli lavoratori, la
cui situazione soggettiva, perciò, dovrebbe considerarsi come un interesse legittimo alla
predisposizione, da parte del datore di lavoro, delle misure di sicurezza.
Un elemento a favore di tale impostazione andrebbe individuato nella già ricordata
coincidenza tra il fatto costituente violazione della disposizione dell’art. 2087 e la responsabilità
penale che confermerebbe la stretta connessione tra la sicurezza del lavoro e l’interesse di tutta la
comunità: è, comunque, correttamente escluso che la situazione soggettiva di vantaggio del singolo,
668
Con il titolo “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale
nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”.
669
Nel cosiddetto interesse legittimo la norma è posta per la tutela dell’interesse generale, rispetto alla quale alcuni
individui, per date circostanze e situazioni, in cui vengono a trovarsi rispetto alla materia regolata dalla norma, traggono
un particolare, personale vantaggio dalla osservanza della medesima. L’interesse individuale certamente non arriva a
soggettivarsi fino al punto da non essere considerato compenetrato con quello generale; nondimeno esso è diverso da
quello che può avere un qualsiasi altro soggetto, sicché, logicamente, gli è accordata una difesa. Questa difese è, però,
indiretta: la volontà del soggetto portatore dell’interesse distinto non essendo facultata e potenziata, l’interesse stesso è
tutelato soltanto di riflesso, cioè in occasione della tutela dell’interesse generale. I mezzi giuridici, in altri termini, sono
predisposti per la difesa dell’interesse generale, ma attraverso questa il singolo consegue la piena soddisfazione del
proprio interesse. Nel caso di diritto soggettivo, invece, la volontà del suo titolare è riconosciuta in modo diretto, non
casuale, e la norma che esso di volta in volta può invocare ha per scopo la tutela del suo interesse individuale. Il diritto
soggettivo, pertanto, può essere definito come la potestà giuridica di volere ed agire, riconosciuta dal diritto (inteso
come norma) ad un soggetto per la diretta ed immediata tutela di un interesse che si individua in modo specifico nel
soggetto stesso.
CAPITOLO X | 187
tutelata solo indirettamente, comporti necessariamente l’attribuzione al datore di lavoro di un ampio
potere discrezionale nel determinare le misure idonee ad assicurare la sicurezza del lavoro670.
C’è chi sostiene, invece, che dall’art. 2087 - che si inserisce nella disciplina del rapporto di
lavoro nell’impresa, e che pone non un obbligo generico che si ricolleghi solo ad un interesse
generale, ma un obbligo specifico nell’ambito di detto rapporto sinallagmatico - non può sorgere,
per il lavoratore, che una posizione attiva di diritto soggettivo e non può per contro sorgere, per
l’imprenditore, altro che non una posizione passiva di dovere o di obbligo in senso stretto671.
Ma non mancano le posizioni intermedie o compromissorie, come dir si voglia. Così alcuni
sostengono che il diritto soggettivo del lavoratore ad ottenere prima dell’inizio del lavoro le misure
protettive indispensabili affinché l’esecuzione della prestazione avvenga in modo a lui non nocivo
potrà sorgere solo quando è configurabile un diritto del lavoratore a esplicare di fatto la prestazione
pattuita (lavoro in prova, limitatamente al periodo di prova e finché non sia intervenuta in esso la
disdetta; tirocinio; molti casi di lavoro artistico, teatrale, sportivo, giornalistico e simili)672.
Ed altri - restii a riporre fiducia pressoché illimitata nella sufficienza del momento
pubblicistico a garantire comunque la soddisfazione dell’interesse del prestatore alla tutela e alla
protezione del bene nominato nell’art. 32 della Costituzione - sostengono la duplice rilevanza del
dovere di sicurezza ex art. 2087, convinti che non vi siano
“motivi plausibili per escludere che alla posizione di vincolo per l’imprenditore corrisponda, ex
art.2087 c.c., il diritto di credito del singolo prestatore, rectius la pretesa alla garanzia di un
ambiente di lavoro sano ed esente da rischi, entro il quale l’obbligazione possa essere adempiuta
senza pregiudizio per l’integrità fisica e morale del debitore di opere”.
‘Non è detto che la stessa norma [art.2087] non debba essere riletta e interpretata alla luce delle
successive vicende storiche, legislative e costituzionali. Dopo tutto (…) la Carta costituzionale
ha riconosciuto la salute come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività
(art.32) legittimando così la rilevanza di tale bene nell’ambito privato e nella sfera pubblica e,
perciò, la possibile concorrenza di diversi strumenti di tutela e di reazione con effetti e
conseguenze tipo logicamente distinte’673.
Fa chiaramente eco chi sostiene ‘che non di interesse legittimo si deve parlare con riguardo
alla situazione giuridica del creditore di sicurezza, ma semmai di diritto ‘superprotetto’, in ragione
della peculiare bivalenza della norma protettiva [art. 2087] che comporta un dovere verso lo Stato e
un obbligo verso i privati, rendendo possibile la concorrenza di strumenti di tutela privatistici e
pubblicistici674; e chi aggiunge che ‘per la nozione stessa di obbligazione è sufficiente che il
comportamento imposto (magari dalla legge: artt. 1173 e 1374 c.c.) al debitore sia idoneo a
670
Così, a titolo esemplificativo, D’Eufemia, NORME INDEROGABILI E INTERESSI LEGITTIMI NEL RAPPORTO DI LAVORO
loc. cit., pp. 9 e ss. e 16 e ss.; Levi Sandri, LA TUTELA DELL’IGIENE E DELLA SICUREZZA DEL LAVORO, loc. cit., pp.
388 e ss.
671
Così, ancora a titolo esemplificativo, De Litala, IL CONTRATTO DI LAVORO, Torino, 1956, p.380; Tamburrino, LA
TUTELA DELLA SICUREZZA DEL LAVORO NEL SINALLAGMA CONTRATTUALE, loc. cit., pp.72 e ss.; Persico, TUTELA DELLA
SALUTE E SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO: UNA NUOVA FASE, loc. cit., p. 490.
672
Lega, LA CAPACITÀ LAVORATIVA E LA SUA TUTELA GIURIDICA, cit., pp. 244 ss.; ID. INTRODUZIONE AL DIRITTO
PREVENZIONISTICO, cit., p.47. V. anche Pera, OSSERVAZIONI SUL C.D. OBBLIGO DI SICUREZZA DEL DATORE DI LAVORO,
loc. cit., pp. 869 e ss.
673
Così testualmente Montuschi, DIRITTO ALLA SALUTE E ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO, cit., pp.56 e ss.
674
Bianchi D’Urso, PROFILI GIURIDICI DELLA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO, cit., p.53, Cfr. anche Lega, LA
CAPACITÀ LAVORATIVA E LA SUA TUTELA GIURIDICA, cit., pp.225 e ss.; Azzalini, ISTITUZIONI DI DIR. LAV. E DELLA PREV.
INF., cit., pp. 546 e ss; Smuraglia, LA SICUREZZA DEL LAVORO E LA SUA TUTELA PENALE, cit., pp. 58,70 e 81 e ss. Di una
responsabilità pubblicisticamente contrattuale parla il Razza, CONTRIBUTO ALLA TEORIA DEGLI OBBLIGHI DEGLI
IMPRENDITORI, loc. cit., p.726.
ECC,
188 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
soddisfare l’interesse anche non patrimoniale del creditore, rimanendo del tutto ininfluente che tale
interesse appartenga a lui in modo diretto ed esclusivo, ovvero gli appartenga in via di proiezione di
interessi generali, tutelati anche mediante altri strumenti (rientranti nel diritto penale,
amministrativo, ecc.)’675.
Dopo questa disamina, le conclusioni non possono essere diverse al di là dei termini utilizzati
dalla dottrina (bivalenza, bifrontalità, polivalenza, duplice rilevanza, etc.) per definire la natura
dell’art. 2087, che è lo strumento fondamentale, il baluardo insormontabile, il momento di sintesi
che lega insieme e costituisce la radice della previsione dell’art. 4 e dell’art. 32 della Costituzione,
in un unicum al diritto al lavoro salubre, al tempo stesso diritto soggettivo, ed obbligo del datore di
lavoro, di natura privatistica, e il pubblico interesse, e l’obbligo dello Stato e degli enti nei quali si
articola ad intervenire positivamente non solo affinché le norme generali e specifiche trovino
adeguata applicazione, e perché si sviluppino al passo con i tempi, ma soprattutto nel positivo
intervento, nell’esercizio di ogni funzione amministrativa e della giurisdizione, con pieno
coinvolgimento dell’intero sistema e dell’intero ordinamento.
Questi diritti ricondotti a strumento di tutela della persona realizzano la equivalenza e la
sovrapposizione del profilo privatistico e pubblicistico che non confliggono anzi costituiscono
un’armonica commistione, e si completano, in un percorso virtuoso per una diretta e diffusa tutela
della sicurezza del lavoro e con esso della salute e della dignità della persona, e conseguentemente
di ogni altro suo diritto.
Per questo, sulle orme della migliore giurisprudenza676 e della dottrina677 ‘è da ritenere che
alla tutela pubblicistica dell’[integrità fisica e della personalità morale] dei prestatori di lavoro, e per
la cui realizzazione (come per la realizzazione dell’interesse della produzione) grava
sull’imprenditore un obbligo legalmente sanzionato verso lo Stato (artt. 2087, 2088 ss.), faccia
riscontro una corrispondente tutela privatistica mediante il conferimento di un diritto soggettivo al
singolo prestatore di lavoro’678, con obbligo di intervento positivo (conformemente a quanto
disposto dalle norme di cui agli artt. 2 e 8 Cedu, ora a pieno titolo norme di diritto comunitario ai
sensi dell’art. 6 del Trattato di Lisbona).
Da respingere, per contro, è l’affermazione che il diritto di tutela dell’integrità fisica e della
personalità morale dei lavoratori rientri nella categoria dei diritti della personalità679 (che come è
noto hanno carattere generale ed assoluto), non fosse altro perché a questi diritti ‘corrisponde
675
Spagnuolo Vigorita L., RESPONSABILITÀ DELL’IMPRENDITORE, loc. cit., p.447
Ad es. Cass., III Sez., 18 novembre 1976, n.4318, in Mass. Giurid. it., 1976, c.1019, secondo la quale, precisamente,
l’art. 2087 c.c., che impone all’imprenditore di adottare tutte le misure idonee a tutelare l’integrità fisica del lavoratore,
non contiene soltanto l’enunciazione di un dovere imposto nell’interesse generale, ma sancisce una vera e propria
obbligazione, imponendo all’imprenditore una serie di misure che si risolvono in una prestazione, che egli è tenuto ad
adempiere e che il lavoratore ha diritto di pretendere.
677
Santoro Passarelli F., NOZIONI DI DIRITTO DEL LAVORO, cit., p.181.
678
C’è da meditare anche sull’insegnamento del Giorgianni M., L’OBBLIGAZIONE (LA PARTE GENERALE DELLE
OBBLIGAZIONI), I, Milano, 1951, p.73 [« Perché un dovere giuridico possa qualificarsi come obbligazione basta che esso
(oltre a possedere gli altri requisiti) soddisfi l’interesse di un soggetto determinato. Che poi esso soddisfi anche un
interesse pubblico, non crediamo sia sufficiente a respingerlo dalla categoria dell’obbligazione. L’appartenenza di un
dovere giuridico alla categoria dell’obbligazione involge una questione che può considerarsi semplicemente di
qualificazione del dovere medesimo e nulla impedisce che il medesimo dovere, che dal punto di vista del diritto privato
viene qualificato come obbligazione, possa, poiché esso tutela anche un interesse pubblico, ricevere un’altra
qualificazione nell’ambito del diritto pubblico »] e del Nicolò, voce Diritto civile, in Enc. dir., XII Milano, 1964, pp.
904 ss.
679
Sui diritti della personalità ampia bibl. in Smuraglia, LA SICUREZZA DEL LAVORO E LA SUA TUTELA PENALE, cit.,
p.64, nota 24.
676
CAPITOLO X | 189
sempre e soltanto un dovere di astensione dei soggetti passivi’680, mentre al precitato diritto della
sicurezza (che è, come si è dimostrato, essenzialmente relativo) corrispondono comportamenti
positivi e negativi, anche a carico degli enti pubblici.
10.8. Il recepimento della direttiva quadro n. 89/391/CEE.
La direttiva-quadro n. 89/391/CEE avente ad oggetto l'attuazione di misure volte a
promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, secondo
una concenzione prevenzionistica, è stata recepita nel nostro ordinamento dal d.lgs. 19 settembre
1994, n. 626, composto di dieci titoli, e di norme aventi ad oggetto disposizioni generali in materia
di lavoro, i luoghi di lavoro, l'uso delle attrezzature di lavoro681, l'uso dei dispositivi di protezione
individuale, la movimentazione manuale dei carichi, l'uso di attrezzature munite di
videoterminali682, la protezione da agenti cancerogeni, la protezione da agenti biologici, le sanzioni,
le disposizioni transitorie e finali.
Peraltro, questo decreto non si è sostituito integralmente alla legislazione prevenzionistica
precedente, ma ha lasciato in vigore tutte le disposizioni vigenti in materia (art. 95 del decreto) in
quanto non specificatamente modificate o abrogate, determinando grande difficoltà esegetiche, per
la verifica delle ipotesi di abrogazione esplicita e quelle di abrogazione implicita, caso quest'ultimo
in cui l'operazione ermeneutica è certamente più delicata ed implica notevoli elementi di incertezza.
10.9 Esigenza di un ‘testo unico’.
Il sovrapporsi di diverse fonti e molteplicità di norme, senza abrogare esplicitamente quelle
già in vigore, e le continue Sentenze di condanna della Corte di Giustizia, hanno fatto emergere la
necessità di un intervento legislativo nazionale con un ‘testo unico’, così come ha previsto l'art. 1
della l. 3 agosto 2007, n. 123, che fissava alcune fondamentali linee direttrici per l'intervento dei
decreti delegati, finalizzato ad armonizzare e ridurre ad unità l’intero sistema, che non fosse soltanto
compilativo, e si facesse perciò carico non solo della complessità del quadro giuridico che si era
venuto a determinare nel tempo, ma anche delle nuove esigenze sociali.
E’ venuto così alla luce il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, rubricato ‘Attuazione dell'art. 1 della l.
8 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro’, di
tredici titoli, 306 articoli e con 50 allegati, che include, abrogandoli, diversi provvedimenti, fra i
quali il d.lgs. n. 626 del 1994, il d.p.r. n. 547 del 1955, il d.p.r. n. 303 del 1956 (ad eccezione
dell'art. 64 in materia di poteri ispettivi), il d.p.r. n. 164 del 1956, il d.lgs. n. 494 del 1996, e che è
stato oggetto di modifiche con il D.Lgs. 106 del 2009.
Fra le più importanti novità introdotte dal testo unico vi è l'estensione del campo applicativo
nei confronti di tutti i lavoratori che prestano la loro attività nell'ambito di un'organizzazione
facente capo ad un datore pubblico o privato, indipendentemente dalla tipologia contrattuale,
autonoma o subordinata, prescelta, con l’introduzione di una nuova disciplina in tema di appalto,
che ne inaspriva le sanzioni per le violazioni delle norme antinfortunistiche, e con la loro
responsabilità solidale.
680
Persiani, CONTRATTO DI LAVORO E ORGANIZZAZIONE, Padova, 1966, p.68, ma si veda anche Giorgianni M.,
L’obbligazione ecc., cit., pp.243 ss.; Di Majo Gianquinto, PROFILI DEI DIRITTI DELLA PERSONALITÀ, in Riv. trim. dir. e
proc. civ., 1962, pp.69 ss.; Santoro Passarelli F., DIRITTI ASSOLUTI E RELATIVI, in Enc. dir., XII, cit. p.754.
681
La direttiva 27 giugno 2001, n. 2001/45/CE modifica la direttiva n. 89/655/CEE del Consiglio relativa ai requisiti
minimi di sicurezza e di salute per l'uso delle attrezzature da parte dei lavoratori durante il lavoro (seconda direttiva
particolare ai sensi dell'art. 16, par. 1 della direttiva n. 89/391/CEE).
682
In attuazione dell'art. 56, 3° comma del d.lgs. n. 626 del 1994, vedi il d.m. 2 ottobre 2000. Cfr. anche l'art. 21 della l.
29 dicembre 2000, n. 422, che ha modificato il d.lgs. n. 626 del 1994 con riferimento al lavoro al videoterminale.
190 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
10.10 Le direttive sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da
un’esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici.
L'esigenza di armonizzare le disposizioni nazionali relative alla protezione dei lavoratori dagli
agenti chimici, fisici e biologici trova un primo riconoscimento normativo nella direttiva quadro n.
80/1107 - come modificata dalla direttiva n. 88/642 del 1988. Ad essa si aggiungono quattro
direttive particolari:
- direttiva del 28 luglio 1982, n. 82/605 sulla ‘protezione dei lavoratori contro i rischi connessi
ad esposizione a piombo metallico ed ai suoi componenti durante il lavoro’ (prima direttiva
particolare ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 80/1107/CEE);
- direttiva del 19 settembre 1983, n. 83/477 sulla ‘protezione dei lavoratori contro i rischi
connessi ad un'esposizione all'amianto durante il lavoro’ (seconda direttiva particolare ai sensi
dell’articolo 8 della direttiva 80/1107/CEE), modificata dalla direttiva 2003/18/CE;
- direttiva del 12 maggio 1986, n. 86/188 in materia di ‘protezione dei lavoratori contro i
rischi derivanti dall'esposizione al rumore durante il lavoro’;
- direttiva del 9 giugno 1988, n. 88/364 sulla ‘protezione dei lavoratori mediante il divieto di
taluni agenti specifici e/o di talune attività’ (quarta direttiva particolare ai sensi dell’articolo 8 della
direttiva 80/1107/CEE).
Questi testi normativi appaiono ispirati dalla volontà di prevenire il rischio di malattie
professionali lungo latenti dei lavoratori esposti all’azione prolungata di sostanze nocive.
La direttiva quadro prevede anzitutto il nuovo sistema dei ‘valori limite’, definibili come
limiti di esposizione a fattori nocivi, quali il piombo, l'amianto e il rumore (art. 4, 4° comma), con
l’assurda presunzione di poter stabilire per tutti una identica reazione nell’organismo, senza tener
conto delle sensibilità (e delle debolezze) individuali e del potenziamento tossicologico indotto dal
sinergismo, e della graduazione del rischio proporzionale ai tempi (oltre che all’intensità)
dell’esposizione.
Solo con la totale rimozione (o confinamento) o con l’evitare l’esposizione si annulla il
rischio, e si realizza pienamente il dettato costituzionale, che impone la sicurezza sui luoghi di
lavoro e negli ambienti di vita; di contro il concetto di soglia si basa sulla presunzione dell’uomo di
poter calcolare e valutare il rischio e di poterlo controllare, con la logica conseguenza che ogni
variabile lo rende concreto e determina delle lesioni dei beni giuridici protetti, e nel caso di specie si
traduce comunque in un pregiudizio, anche nel caso in cui l’esposizione non determini l’insorgenza
di alcuna patologia: infatti qualsiasi cancerogeno, od altro patogeno pregiudica l’uomo, e se anche
questi riesce ad attivare il meccanismo riparatorio, evidentemente la preoccupazione e l’ansia per il
futuro è essa stessa un pregiudizio, un danno morale, se non propriamente ascrivibile alla categoria
delle lesioni (psico) biologiche683.
Le norme sui “valori limite”, emersi dalla fonte comunitaria, rappresentano una formula
compromissoria che non è condivisibile in sé, sia sotto il profilo medico, che sotto l’aspetto
squisitamente giuridico, ed appare ormai superata, sicuramente superabile, alla luce del nuovo
complesso generale che ha assunto il catalogo dei diritti della persona umana, anche se al momento
della loro formulazione hanno rappresentato un momento di sicuro avanzamento, rispetto ad un
sistema precedente che non contemplava alcun limite all’esposizione in ambito lavorativo per
cancerogeni ed altri agenti nocivi.
683
La Cassazione a Sezioni Unite con la Sentenza in data 21.02.02, n. 2515, ha sancito il principio di diritto circa la
risarcibilità del ‘perturbamento psichico’, come danno morale, e successivamente con la Sentenza 11.11.08, n. 26972,
come rientrante nel danno biologico, sicché sempre di pregiudizio si tratta, con fondamento giuridico della illegittimità
delle soglie.
CAPITOLO X | 191
Soltanto il venir meno degli agenti patogeni, o il totale confinamento, può rappresentare
esattamente l’interesse primario alla salubrità dell’ambiente lavorativo dal quale discende la
migliore tutela per la salute dentro e fuori il luogo di lavoro.
Ai cosiddetti limiti soglia fanno seguito obblighi ulteriori che gravano sul datore di lavoro e
che possono essere così riassunti:
- l'informazione dei lavoratori sui rischi potenziali derivanti dalla loro esposizione, sulle
misure tecniche di prevenzione da osservare e sulle precauzioni che dovranno essere prese (art. 4,
9° comma);
- l'allontanamento temporaneo del lavoratore dall'attività comportante esposizione all'agente
nocivo per motivi sanitari inerenti alla sua persona, con l'assegnazione, per quanto possibile, ad
altro posto di lavoro nell'ambito della stessa azienda. Tale disciplina dilata la tutela già prevista
dall'ordinamento interno per alcune categorie di lavoratori, quali, ad esempio, i lavoratori affetti da
silicosi o inidonei ad attività che espongono a radiazioni ionizzanti. Inoltre, essa dà ragione
all'orientamento giurisprudenziale - in tema di interpretazione dell'art. 33, d.p.r. n. 303 del 1956 o
dell'art. 2087 c.c. - secondo il quale il datore di lavoro avesse l’obbligo di adibire i soggetti deboli
ad altre mansioni684;
- l'accesso dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti ai risultati delle misure di esposizione
e dei propri controlli sanitari.
La direttiva si preoccupa altresì di tutelare ‘la salute della popolazione e l'ambiente’, con
rafforzamento del diritto soggettivo all'ambiente, che era emerso nella sua formulazione normativa
già con la direttiva n. 337 del 1985, successivamente modificata con la direttiva 11 del 1997, ed
espressamente tutelato nell’art. 174 del Trattato sull’Unione Europea, ora art. 191 TFUE, e che
aveva determinato la modificazione dell’art. 117 della nostra Carta Costituzionale, in coerenza con
le affermazioni della giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione.
Con l'emanazione della direttiva del 7 aprile 1998, n. 98/24 - recepita dal d.lgs. 2 febbraio
2002, n. 25 - il legislatore comunitario ‘per motivi di coerenza e di chiarezza e per ragioni tecniche’
ha modificato e riunificato in un unico provvedimento le disposizioni contenute nella direttiva
quadro n. 80/1107 e nelle direttive particolari n. 82/605 e n. 88/364, facendo emergere l’intenzione
di perseguire un coerente livello di protezione dai rischi derivanti da agenti chimici, mediante la
definizione di nuovi requisiti minimi per la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori
esposti a tali fattori nocivi.
La direttiva n. 98/24 ha confermato il sistema di prevenzione basato sui valori limite di
esposizione professionale e sui valori limite biologici, definiti a livello comunitario ‘in base ad una
valutazione scientifica indipendente dei più aggiornati dati scientifici disponibili’ (art. 3), in questa
sede non condivisa, per le ragioni già evidenziate.
Questi valori - che possono essere rivisti secondo la procedura di cui all'art. 17 della direttiva
quadro n. 89/391 - rappresentano il massimo grado di esposizione al fattore di rischio
apparentemente e formalmente non derogabile in pejus dalle normative nazionali di recepimento,
peraltro largamente disattese nella concreta realtà della fabbrica e degli altri luoghi di lavoro, di cui
è prova l’alto numero di infortuni e malattie professionali.
La direttiva arricchisce poi ulteriormente gli obblighi datoriali di valutazione dei rischi e di
successiva definizione delle misure da approntare per l'eliminazione o la riduzione al minimo degli
stessi. Ciò costituisce una conferma dei principi anticipati dalla stessa direttiva n. 80/1107 e posti
alla base dell'intero sistema prevenzionistico dalla direttiva quadro n. 89/391.
684
V. Cass. 2 aprile 1990, n. 4447, in Dir. prat. lav., 1990, 1228.
192 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
Disposizioni specifiche sono poi dedicate all'informazione, alla formazione, alla
consultazione e alla partecipazione dei lavoratori, nonché alla sorveglianza sanitaria. Si tratta di
obblighi in generale già previsti in capo al datore di lavoro dalla direttiva n. 89/391. Essi trovano
ulteriore specificazione nella direttiva in esame, in considerazione delle particolari fonti di rischio
cui sono esposti i lavoratori.
In base all'art. 13, la direttiva quadro n. 80/1107 e le direttive particolari n. 82/605 e n. 88/364
sono abrogate a partire dalla data del 5 maggio 2001, termine ultimo per il recepimento della nuova
normativa comunitaria.
Rimane unicamente in vigore la direttiva n. 86/188 in materia di protezione dai rischi
derivanti dall’esposizione al rumore, e perdono la loro natura di direttive particolari, per
l’abrogazione della cosiddetta direttiva quadro.
Inoltre, per entrambe le direttive l'adeguamento degli allegati al progresso tecnico dovrà ora
avvenire secondo la procedura di cui alla direttiva n. 89/391.
Capitolo XI
La normativa dell’amianto tra diritto comunitario e diritto interno
SOMMARIO: 11.1 Premessa. 11.2 La direttiva 477/83/CEE avente ad oggetto la ‘protezione dei lavoratori contro i
rischi connessi con l’esposizione all’amianto durante il lavoro’. 11.3 Il mancato recepimento della direttiva 477/83/CEE
e la condanna della Corte di Giustizia. 11.4 Condanna della Corte di Giustizia delle Comunità Europee (Quinta Sezione)
a carico della Repubblica Italiana con decisione del 15 novembre 2001 nella causa C-49/00 per inadempimento in tema
di servizio di prevenzione e protezione. 11.5 L'elusivo tentativo italiano di adeguarsi a quanto disposto dalla Corte di
Giustizia. 11.6 La direttiva 2009/148/CE del 30.11.2009. 11.7 Sostanziale elusione della normativa comunitaria e
violazione del quadro costituzionale dei diritti della persona, in tema di protezione dei lavoratori dall’amianto (e dagli
altri cancerogeni). 11.7.1 Carenza di un testo unico in materia di amianto (e di altri patogeni). 11.7.2 Le disposizioni
normative entrate in vigore con il D.Lgs. 81 del 2008. 11.8 Osservazioni conclusive. 11.9 Il diritto al risarcimento dei
danni per inadempimento degli obblighi comunitari e per violazione delle disposizioni costituzionali.
11.1 Premessa.
La direttiva 89/391/CEE del 12.06.1989 non è stata fedelmente recepita nel nostro
ordinamento con il già mensionato decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 (GURI n. 265 del
12 novembre 1994, Supplemento ordinario n. 141, pag. 5), poi modificato dal decreto legislativo 19
marzo 1996, n. 242 (GURI n. 104 del 6 maggio 1996, Supplemento ordinario n. 75, pag. 5).
In materia di amianto si sono succedure e stratificate tutta una serie di norme interne e
comunitarie, dei più diversi settori (ambiente, salute, lavoro etc.) e per i più specifici profili, non
ultimi quelli processuali, il cui proliferare ha determinato criticità interpretative ed applicative ed ha
fatto emergere la necessità di un testo unico con il quale superare le difficoltà di interconnessione,
interpretazione ed applicazione coordinata dell’intero complessivo assetto.
11.2 La direttiva 477/83/CEE avente ad oggetto la ‘protezione dei lavoratori contro i
rischi connessi con l’esposizione all’amianto durante il lavoro’.
L’Unione Europea è intervenuta con la direttiva 477/83/CEE (II direttiva particolare ai sensi
dell’art. 8 della direttiva 80/1107/CEE), avente ad oggetto ‘…protezione dei lavoratori contro i
rischi che derivano o possono derivare alla loro salute dall’esposizione all’amianto durante il
lavoro, nonché la prevenzione di tali rischi’ (art. 1, n. 1), e lasciando ‘…impregiudicata la facoltà
degli Stati membri di applicare o introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative
che garantiscono una maggiore protezione dei lavoratori, in particolare per quanto riguarda la
sostituzione dell’amianto con prodotti sostitutivi meno pericolosi’ (art. 1, n. 3).
Il legislatore comunitario, con questa prima direttiva ha ritenuto che dovessero essere adottate
delle opzioni di limitazione del rischio (art. 3), attraverso la sua preventiva valutazione (art. 4), con
la sorveglianza sanitaria degli esposti e con il divieto dell’uso dell’amianto per la sola applicazione
a spruzzo (art. 5), con riduzione dell’esposizione
“al livello più basso ragionevolmente praticabile ed in ogni caso al di sotto dei valori limite
fissati dall’art. 8, in particolare mediante le seguenti misure: 1) Il quantitativo di amianto
utilizzato in ciascun caso deve essere limitato al quantitativo minimo ragionevolmente
praticabile. 2) Il numero dei lavoratori esposti, o che possono essere esposti, alla polvere
194 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
proveniente dall'amianto o da materiali contenenti amianto deve essere limitato al minimo
possibile. 3) I processi lavorativi devono in linea di massima essere concepiti in modo che
non vi sia emissione di polvere di amianto nell'aria. Se ciò non è ragionevolmente possibile,
bisogna eliminare la polvere quanto più vicino al punto di emissione. 4) Tutti gli edifici e/o gli
impianti e le attrezzature che servono alla lavorazione o al trattamento dell'amianto devono
poter essere regolarmente sottoposti ad un'efficace pulitura e manutenzione. 5) L'amianto allo
stato grezzo dovrà essere conservato e trasportato in appositi imballaggi chiusi. 6) I residui delle
lavorazioni devono essere raccolti e rimossi dal luogo di lavoro il più presto possibile in
appropriati imballaggi chiusi su cui sarà apposta un'etichettatura indicante che contengono
amianto. Questa misura non si applica alle attività estrattive”.
L’art. 8 dettava specifici valori limite, e l’art. 18 disponeva che
“1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative
necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 1° gennaio 1987. Essi ne
informano immediatamente la Commissione. Tuttavia la data del 1° gennaio 1987 è rinviata al
1° gennaio 1990 per quanto riguarda le attività estrattive dell'amianto. 2. Gli Stati membri
comunicano alla Commissione le disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore
disciplinato dalla presente direttiva”.
Nelle premesse delle disposizioni normative, al terzo ‘considerando’, si fa esplicito
riferimento alla nocività dell’amianto, e che pertanto ‘un elevato numero di lavoratori risulta
esposto ad un potenziale rischio per la salute…’ e al quarto ‘considerando’ si fa esplicito
riferimento al fatto che non ci sia una soglia al di sotto la quale si possa dichiarare l’assenza di
rischio, e che in definitiva ogni esposizione è dannosa per l’organismo umano:
“considerando che le attuali conoscenze scientifiche non sono tali da consentire di stabilire un
livello al di sotto del quale non vi siano più rischi per la salute; che tuttavia, riducendo il
tempo di esposizione all'amianto, diminuirà il rischio di malattie ad esso connesse; che la
presente direttiva comporta prescrizioni minime che saranno rivedute in base all'esperienza
acquisita e all'evoluzione della tecnica in questo campo”.
11.3 Il mancato recepimento della direttiva 477/83/CEE e la condanna della Corte di
Giustizia.
La direttiva 477/83/CEE non è stata recepita nel nostro paese entro il 1° gennaio 1987, così
come stabilito dall’art. 18, e la Commissione, dopo il perdurante inadempimento della Repubblica
Italiana, avviò la procedura di infrazione n. 240 del 1989 e affidò il giudizio alla Corte di Giustizia,
la quale con decisione del 13.12.1990 ha dichiarato e statuito:
“1) La Repubblica italiana, non adottando nei termini prescritti i provvedimenti, diversi da
quelli relativi alle attività estrattive dell’amianto, necessari per conformarsi alla direttiva del
Consiglio 19 settembre 1983, 83/477/CEE, sulla tutela dei lavoratori contro i rischi connessi ad
un’esposizione all’amianto durante il lavoro, è venuta meno agli obblighi che le incombono in
forza del Trattato CEE”.
sulla base della seguente motivazione:
“1. Con atto depositato nella cancelleria della Corte di giustizia il 31 luglio 1989, la
Commissione delle Comunità europee ha presentato, a norma dell’art.169 del Trattato CEE, un
ricorso mirante a far dichiarare che la Repubblica italiana, non adottando entro i termini
prescritti i provvedimenti, diversi da quelli inerenti alle attività estrattive dell’amianto, necessari
per dare attuazione nell’ordinamento giuridico interno alla direttiva del Consiglio 19 settembre
CAPITOLO XI | 195
1983, 83/477/CEE, sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi ad un’esposizione
all’amianto durante il lavoro (GU L 263, pag.25, è venuta meno agli obblighi che le incombono
in forza del Trattato CEE.
2. L’art.18, n.1, della direttiva 83/477, già citata dispone, che gli Stati membri adottano le
disposizioni legislative regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla
direttiva stessa anteriormente al 1° gennaio 1987 e che informano immediatamente la
Commissione. Esso precisa inoltre che, per quanto riguarda le attività estrattive dell’amianto, la
data del 1° gennaio 1987 è rinviata al 1° gennaio 1990. A norma del n.2, gli Stati membri
comunicano alla Commissione le disposizioni di diritto interno che adottano nell’ambito
disciplinato dalla direttiva.
3. Non avendo ricevuto entro i termini prescritti alcuna comunicazione da parte della
Repubblica italiana per quanto riguarda i provvedimenti di attuazione della direttiva, la
Commissione le ha inviato una lettera di diffida il 16 novembre 1987, sollecitando la
presentazione delle difese in merito al termine di due mesi. La risposta fornita dalla Repubblica
italiana il 5 febbraio 1988 non è stata ritenuta sufficiente dalla Commissione che, dopo avere
adottato il 18 gennaio 1989 un parere motivato, rimasto senza seguito, ha introdotto il presente
ricorso.
4. Per una più ampia illustrazione degli antefatti, dello svolgimento del procedimento e dei
mezzi ed argomenti delle parti si fa rinvio alla relazione d’udienza. Questi aspetti del fascicolo
sono riportati in proseguo solo nei limiti necessari per comprendere il ragionamento della Corte.
5. La Repubblica italiana, pur ammettendo sostanzialmente che non sono stati ancora adottati i
provvedimenti necessari per l’attuazione della direttiva nel proprio ordinamento, osserva che la
normativa italiana contiene attualmente varie disposizioni volte a garantire la tutela della salute
dei lavoratori e che, inoltre, il governo italiano ha promosso un’iniziativa specifica con la quale
è stata chiesta al Parlamento una delega legislativa allo scopo di adottare le norme necessari per
attuare, mediante decreto del presidente della Repubblica, le numerose direttive in materia di
sanità e di tutela dei lavorator, tra i quali rientra la direttiva in questione. Nella fase orale, essa
ha precisato che detta iniziativa è sfociata nella legge n.112, promulgata e pubblicata il 30 luglio
1990, ma osserva che è necessario un certo tempo per dare attuazione alla direttiva in questione
6. Si deve ricordare a questo proposito, che secondo la costante giurisprudenza, uno Stato
membro non può recepire disposizioni, pratiche o situazioni del proprio ordinamento giuridico
interno per giustificare l’inosservanza degli obblighi e dei termini prescritti dalle direttive.
7. Occorre constatare che la Repubblica italiana, non adottando nei termini prescritti i
provvedimenti, diversi da quelli relativi alle attività estrattive dell’amianto, necessari per
conformarsi alla direttiva del Consiglio 19 settembre 1983,83/477, sulla tutela dei lavoratori
contro i rischi connessi ad un’esposizione dell’amianto durante il lavoro, è venuta meno agli
obblighi che le incombono in forza del Trattato CEE”.
La direttiva venne così recepita con il D.Lgs. 277/91, e pur con il nuovo intervento normativo
la criticità nel processo osmotico dal diritto comunitario a quello internazionale, si venivano a
determinare ulteriori interventi, con altre sentenze di condanna della Corte di Giustizia 685.
Inoltre, con la promulgazione della legge 27 marzo 1992 n. 257686, ‘Norme relative alla
cessazione dell’impiego dell’amianto’, senza notifica preventiva alla Commissione allo stato di
progetto, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi a essa incombenti ai sensi dell’articolo
685
Tra i quali quella a definizione della procedura n. 279 del 1994 e poi successivamente con la decisione del
15.11.2001, a definizione della procedura C-40/00.
686
Legge 27.03.1992 n. 257, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 87 del 13/4/92, dal titolo ‘Norme relative alla
cessazione dell’impiego dell’amianto’. Ma se il titolo sembra preannunciare la messa al bando dei pericolosi silicati
fibrosi, già l’articolo 1 contraddice il titolo poiché: ‘sono vietate (soltanto) l’estrazione, l’importazione, l’esportazione,
la commercializzazione e la produzione di amianto, di prodotti di amianto o prodotti contenenti amianto’.
196 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
8, n. 1, comma 1, della direttiva del consiglio 28 marzo 1983, n.189/83/CEE (come modificata dalla
direttiva del Consiglio 22 marzo 1988, n.182/88/CEE), che prevede una procedura di informazione
nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche.
Ne seguiranno ulteriori e travagliate vicende legislative e giudiziarie.
11.4 Condanna della Corte di Giustizia delle Comunità Europee (Quinta Sezione) a
carico della Repubblica Italiana con decisione del 15 novembre 2001 nella causa C49/00 per inadempimento in tema di servizio di prevenzione e protezione.
L'art. 8 del decreto legislativo 626/94, sul ‘Servizio di prevenzione e protezione’, disponeva in
modo difforme rispetto alla direttiva che avrebbe dovuto recepire, con l’assenza di previsione chiara
e dettagliata relativa alle competenze richieste alle persone responsabili ed addette alle attività di
protezione e di prevenzione dai rischi professionali all’interno dell’impresa; con l’inadempimento
delle norme di cui agli artt. 6, n. 3, lett. a), e 7, nn. 3, 5 e 8, della direttiva: la notifica del parere alla
Repubblica Italiana segnava l’avvio della procedura di infrazione, con invito a presentare
osservazioni e ad adottare le necessarie misure per conformare l’ordinamento nazionale agli
obblighi derivanti dalla direttiva; trascorso invano il termine di due mesi, seguiva il ricorso innanzi
la Corte di Giustizia (C-49/2000), che si pronunciava con la sua V Sezione accogliendo le
conclusioni della Commissione, poiché
“[...] non avendo definito le capacità e le attitudini di cui devono essere in possesso le persone
responsabili delle attività di protezione e di prevenzione dei rischi professionali per la salute e la
sicurezza dei lavoratori, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa
incombono in forza degli artt. 6, n. 3, lett. a), e 7, nn. 3, 5 e 8, della direttiva del Consiglio 12
giugno 1989, 89/391/CEE, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il
miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”.
11.5 L'elusivo tentativo italiano di adeguarsi a quanto disposto dalla Corte di Giustizia.
Con la legge n. 39 del 1° marzo 2002, avente ad oggetto ‘Disposizioni per l'adempimento di
obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità Europee. Legge comunitaria 2001’ e
con il successivo D.Lgs. n. 195 del 23.06.2003 allegati A) e B), avente ad oggetto ‘Modifiche ed
integrazioni al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, per l'individuazione delle capacità e
dei requisiti professionali richiesti agli addetti ed ai responsabili dei servizi di prevenzione e
protezione dei lavoratori’ (emanato a norma dell’art. 21 della l. 39 del 2002), si tentava di dar corso
alla decisione della Corte di Giustizia e si disponeva la modifica delle norme censurate a far data
dal 04.01.2006, disponendo e specificando i requisiti professionali di responsabile e addetto ai
servizi aziendali di prevenzione e protezione, finchè il testo, con ulteriori modifiche, è stato
incorporato nel D.Lgs. 81/08.
Come si può rilevare dalla lettura combinata degli articoli 2 e 3 del Decreto Legislativo
n.195/2003 (che ha introdotto il nuovo articolo 8 bis del Decreto Legislativo 19 settembre 1994 n.
626), l'adeguamento ai principi e criteri affermati dalla sentenza della Corte di Giustizia delle
Comunità Europee del 15 novembre 2001, nella causa C-49/00 [come richiesto dalla sentenza
stessa, e successivamente dall'art. 21 della legge 1° marzo 2002, n. 39], era conferito
esclusivamente da quanto previsto dall'articolo 2 del decreto legislativo n. 195/2003, che aveva
introdotto il nuovo articolo 8 bis del D. Lgs. n. 626/94, e questo a far data dall'entrata in vigore del
Decreto medesimo, ovvero dal 13 agosto 2003.
Tuttavia l’articolo 8 bis, pur se astrattamente idoneo a dar corso alle richieste della sentenza
CAPITOLO XI | 197
della Corte di Giustizia, prevedendo la definizione da parte della Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano degli indirizzi ed i
requisiti minimi dei corsi di cui all'articolo 8 bis commi 2-3 e 5 del D. L.gs. n.626/94, così come
modificato ed integrato dal D.Lgs. n.195/2003, restava assolutamente privo di contenuto ed era
giuridicamente inefficace, perché rinviava ad una situazione che non esisteva per i gravi ritardi e
negligenze della Conferenza Stato Regioni, secondo uno schema dilatorio che ne ha impedito per
anni una efficace trasposizione ed una effettiva applicazione nel nostro ordinamento.
Lo Stato italiano si è concesso una ulteriore dilazione dell'adempimento obbligatorio,
decisione questa già estremamente discutibile (in violazione dell'articolo 10 del Trattato CE)
nell'ambito di una corretta attuazione nazionale di una direttiva che risale al 1989 e che è ad oggi
ancora inattuata (per quanto riguarda i requisiti professionali del Responsabile del servizio di
prevenzione e protezione e dell'addetto), a far data dall'entrata in vigore delle nuove disposizioni del
D.Lgs. n.195/2003, ovvero dal 13 agosto 2003, si è inopinatamente poi esteso fino al 4 gennaio
2006, e oltre, ed ancora oggi ci sono gravi profili di inadempimento degli obblighi di diritto
comunitario.
La definitiva adozione con decreto dei requisiti minimi di tali corsi appare essere del tutto
indefinita, in sede politica e deliberante, da parte della Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonostante le riunioni dei tecnici di
tale Conferenza abbiano da tempo messo a punto i contenuti di tali corsi.
Questa dilazione indefinita, nei fatti, elude la sentenza della Corte di Giustizia, vanificandone
i principi e i criteri dei requisiti di formazione professionale del responsabile e addetto al servizio di
prevenzione e protezione.
In forza dell'articolo 3 del D.Lgs. n. 195/2003 relativo ad una non meglio precisata fase
‘transitoria’, questa eccezione, dettata da esigenze particolari non generalizzabili, del tutto
eccentriche rispetto alle regole fondanti stabilite dalla direttiva 89/391/CEE, grazie ad una fase
transitoria indefinita, e di fatto non più transitoria, diviene sistema generalizzato di esenzione di
RSPP e ASPP non datori di lavoro dalla necessità di acquisire le capacità e le attitudini necessarie
per svolgere un ruolo cruciale in materia di prevenzione e protezione dai rischi lavorativi per la
salute e sicurezza dei lavoratori: il tutto viene ridotto ad un banalissimo programma di 16 ore, privo
di significato concreto, equivalente ai requisiti minimali previsti per il datore di lavoro delle piccole
imprese dal D.M. 16 gennaio 1997, svuotando così di ogni significato la sentenza della Corte di
Giustizia delle Comunità Europee (Quinta Sezione) 15 novembre 2001, nella causa C- 49/00 che
rilevò la violazione italiana degli obblighi di adempiere il diritto comunitario, come sopra descritta.
Gli Assessorati alla sanità e alla formazione professionale delle Regioni italiane hanno
elaborato una adeguata proposta in ordine agli indirizzi ed ai requisiti minimi dei corsi di
formazione per Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione in base alle indicazioni del
D.Lgs. 195/03, ma la Conferenza Stato-Regioni in sede politica non ha provveduto a dare
attuazione a tale accordo, adottando i necessari provvedimenti, che sono un vero e proprio atto
dovuto, secondo il diritto italiano e quello comunitario, trattandosi di recepimento di una direttiva
comunitaria disattesa da oltre 20 anni.
Questa perdurante incertezza e ambiguità contrasta con gli obiettivi e le finalità della direttiva
inattuata n. 89/391/Ce e del diritto comunitario (articolo 10 del Trattato CE), in generale.
198 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
11.6 La direttiva 2009/148/CE del 30.11.2009.
Il 5 gennaio 2010 è entrata in vigore la direttiva europea 2009/148/CE del 30 novembre 2009
sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un’esposizione all’amianto durante il
lavoro (Gazzetta Ufficiale dell’UE L330/28 del 16 dicembre 2009), che sostituisce la precedente
direttiva 83/477/CEE del 19 settembre 1983 e le sue successive modifiche.
Come le precedenti, la nuova direttiva lascia impregiudicata la facoltà degli Stati membri di
applicare o introdurre disposizioni che garantiscono una maggiore protezione dei lavoratori, in
particolare per quanto riguarda la sostituzione dell’amianto con prodotti meno pericolosi.
In particolare, l’articolo 8 ribadisce che
‘i datori di lavoro provvedono affinché nessun lavoratore sia esposto a una concentrazione di
amianto in sospensione nell’aria superiore a 0,1 fibre per cm3 , misurata in rapporto a una media
ponderata nel tempo di riferimento di 8 ore’.
L’articolo 6 precisa che l’esposizione dei lavoratori alla polvere prodotta dall’amianto o da
materiali contenenti amianto deve essere per tutte le attività ridotta al minimo e in ogni caso al di
sotto del valore limite di 0,1 fibre per cm3, attraverso le seguenti misure:
- il numero di lavoratori esposti o che possono essere esposti alla polvere prodotta
dall’amianto o da materiali contenenti amianto deve essere limitato al numero più basso possibile;
- i processi lavorativi devono essere concepiti in modo da evitare di produrre polvere di
amianto o, se ciò non è possibile, da evitare emissioni di polvere di amianto nell’aria;
- tutti i locali e le attrezzature per il trattamento dell’amianto devono poter essere
regolarmente sottoposti a un’efficace pulizia e manutenzione;
- l’amianto o i materiali che rilasciano polvere di amianto o che contengono amianto devono
essere stoccati e trasportati in appositi imballaggi chiusi;
- i residui devono essere raccolti e rimossi dal luogo di lavoro il più presto possibile in
appropriati imballaggi chiusi su cui sarà apposta un’etichettatura indicante che contengono amianto.
L’articolo 12 precisa invece che, per talune attività quali lavori di demolizione, di rimozione
dell’amianto, di riparazione e di manutenzione per le quali è prevedibile il superamento del valore
limite di 0,1 fibre per cm3, il datore di lavoro deve stabilire le misure destinate a garantire la
protezione dei lavoratori durante tali attività, in particolare:
- i lavoratori devono ricevere un apposito dispositivo di protezione delle vie respiratorie e altri
dispositivi di protezione individuale che essi devono indossare;
- devono essere affissi cartelli per segnalare che si prevede il superamento del valore limite
fissato all’articolo 8 della direttiva;
- deve essere evitata la dispersione della polvere prodotta dall’amianto o dai materiali
contenenti amianto al di fuori dei locali/luoghi dei lavori.
I lavoratori e/o i loro rappresentanti nell’impresa o nello stabilimento devono essere consultati
su tali misure prima di procedere a tali attività.
Nell’articolo 14 viene altresì precisato che i datori di lavoro devono prevedere un’idonea
formazione per tutti i lavoratori esposti o potenzialmente esposti alla polvere proveniente
dall’amianto o da materiali contenenti amianto e che tale formazione deve avvenire senza alcun
onere a carico deilavoratori e a intervalli regolari.
L’articolo 19 stabilisce che, fatte salve alcune eccezioni, i lavoratori esposti devono essere
iscritti dal datore di lavoro in un registro che indichi il carattere e la durata della loro attività,
nonché il tipo di esposizione, cui avranno accesso il medico o altra autorità responsabile del
CAPITOLO XI | 199
controllo sanitario, nonché ogni lavoratore interessato e, in forma collettiva ed anonima, anche tutti
i lavoratori e i loro rappresentanti.
L’articolo 3 ammette che alcune norme di sicurezza e informazione possano non essere
applicate quando il lavoro prevede:
- brevi attività non continuative di manutenzione durante le quali il lavoro viene effettuato
solo su materiali non friabili;
- la rimozione senza deterioramento di materiali non degradati in cui le fibre di amianto sono
fermamente legate a una matrice;
- l’incapsulamento e il condizionamento di guaine a materiali contenenti amianto che si
trovano in buono stato;
- la sorveglianza e il controllo dell’aria e il prelievo di campioni ai fini dell’individuazione
della presenza di amianto in un determinato materiale.
L’allegato I della presente direttiva contiene infine le ‘Raccomandazioni pratiche per
l’accertamento clinico dei lavoratori’, che tengono conto del fatto che:
“1. In base alle conoscenze di cui si dispone attualmente, l’esposizione alle fibre libere di
amianto può provocare le seguenti affezioni:
— asbestosi,
— mesotelioma,
— cancro del polmone,
— cancro gastrointestinale”.
Quindi dispongono che:
“2. Il medico e/o l’autorità che ha il compito di effettuare il controllo medico dei lavoratori
esposti all’amianto devono essere a conoscenza delle condizioni o delle circostanze nelle quali
ciascun lavoratore ha subito l’esposizione.
3. L’accertamento clinico dei lavoratori dovrebbe essere effettuato conformemente ai principi e
alle prassi della medicina del lavoro; esso dovrebbe comportare almeno le seguenti misure:
— tenuta della cartella clinica e professionale del lavoratore,
— colloquio individuale,
— esame clinico generale e segnatamente del torace,
— esami della funzionalità polmonare (spirometria e curva flusso-volume).
Il medico e/o l’autorità preposta alla sorveglianza medica devono decidere, alla luce delle
conoscenze più recenti in materia di medicina del lavoro, dell’opportunità o meno di realizzare
altri esami, quali la citologia dello sputo, la radiografia toracica o una tomo densitometria”.
11.7 Sostanziale elusione della normativa comunitaria e violazione del quadro
costituzionale dei diritti della persona, in tema di protezione dei lavoratori
dall’amianto (e dagli altri cancerogeni).
11.7.1 Carenza di un testo unico in materia di amianto (e di altri patogeni).
Nel nostro ordinamento non c’è un testo unico in materia di amianto, e si sono succeduti nel
tempo diversi interventi legislativi, che non hanno risolto il quadro confuso, che è confermato anche
dalla tecnica legislativa del decreto legislativo 81/2008, e successivamente con il D.Lgs. 106 del
03.08.2009, e soprattutto rimangono inattuate le disposizioni che impongono la sorveglianza
sanitaria per i lavoratori esposti ed ex esposti.
200 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
11.7.2 Le disposizioni normative entrate in vigore con il D.Lgs. 81 del 2008.
Con il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, già all’art. 29 (come modificato per effetto del
d.lgs. 106 del 2009, la cui interpolazione è riportata in grassetto) il legislatore ha dettato le
‘Modalità di effettuazione della valutazione dei rischi’, e all’amianto è dedicato il capo III, dal titolo
‘Protezione dai rischi connessi all’esposizione all’amianto’, che alla Sezione I delle disposizioni
generali, all’art. 246 ne definisce il ‘campo di applicazione’ senza abrogare le disposizioni della
legge n. 257/92:
“1. Fermo restando quanto previsto dalla legge 27 marzo 1992, n. 257, le norme del presente
decreto si applicano a tutte le rimanenti attività lavorative che possono comportare, per i
lavoratori, un’esposizione ad amianto, quali manutenzione, rimozione dell’amianto o dei
materiali contenenti amianto, smaltimento e trattamento dei relativi rifiuti, nonché bonifica delle
aree interessate”.
Dopo la definizione dei silicati fibrosi che a mente dell’art. 247 possono essere definiti con il
termine amianto, e alla Sezione II, definisce gli obblighi del datore di lavoro, tra i quali, all’art. 248,
la ‘individuazione della presenza di amianto’, e di applicazione delle misure di prevenzione, prime
fra tutte la ‘valutazione del rischio’, ‘al fine di stabilire la natura e il grado dell’esposizione e le
misure preventive e protettive da attuare’ e l’art. 249, stabilisce:
“nei casi di esposizioni sporadiche e di debole intensità e a condizione che risulti chiaramente
dalla valutazione dei rischi di cui al comma 1 che il valore limite di esposizione all’amianto non
è superato nell’aria dell'ambiente di lavoro, non si applicano gli articoli 250, 251, comma 1, 259
e 260, comma 1, nelle seguenti attività:
a) brevi attività non continuative di manutenzione durante le quali il lavoro viene effettuato solo
su materiali non friabili;
b) rimozione senza deterioramento di materiali non degradati in cui le fibre di amianto sono
fermamente legate ad una matrice;
c) incapsulamento e confinamento di materiali contenenti amianto che si trovano in buono stato;
d) sorveglianza e controllo dell’aria e prelievo dei campioni ai fini dell'individuazione della
presenza di amianto in un determinato materiale.
3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione ogni qualvolta si verifichino modifiche
che possono comportare un mutamento significativo dell'esposizione dei lavoratori alla polvere
proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto”.
Quindi ove il datore di lavoro valuti sulla carta che non ci sarà il superamento del limite di
soglia, non si darà applicazione alle disposizioni di cui agli artt. articoli 250, 251, comma 1, 259 e
260, comma 1, e quindi non ci sarà alcuna notifica ‘prima dell’inizio dei lavori di cui all'articolo
246, il datore di lavoro presenta una notifica all'organo di vigilanza competente per territorio’ (art.
250 del D.Lgs 81/08).
Quindi la notificazione, per la quale il datore di lavoro dovrebbe indicare la ‘a) ubicazione del
cantiere; b) tipi e quantitativi di amianto manipolati; c) attività e procedimenti applicati; d) numero
di lavoratori interessati; e) data di inizio dei lavori e relativa durata; f) misure adottate per limitare
l'esposizione dei lavoratori all'amianto’ rappresenta una eccezione: in tal modo si eludono le norme
di diritto comunitario, e soprattutto si aggirano le disposizioni di cui all’art. 32 della Costituzione.
I lavoratori avrebbero diritto a poter accedere a questi atti, così come dispone l’art. 250, n. 3,
del D.Lgs. 81 del 2008:
“3. Il datore di lavoro provvede affinché i lavoratori o i loro rappresentanti abbiano accesso, a
richiesta, alla documentazione oggetto della notifica di cui ai commi l e 2”.
CAPITOLO XI | 201
Ma nella realtà questa norma viene disattesa.
Quindi le misure di prevenzione e protezione di cui all’art. 251, I comma, del D.Lgs. 81/08687,
vengono di fatto applicate solo ove nella valutazione dei rischi si ritenga, sulla carta, che ci possa
essere un superamento della soglia di esposizione, e così nella maggior parte dei casi è di lampante
semplicità la possibilità di eludere l’applicazione delle norme di prevenzione e protezione.
Nella sostanza, il legislatore del 2009 ha ritenuto di derogare all’applicazione di una serie di
norme per cui nei casi sub a), b), c) e d), non c’è alcun obbligo di notificazione ex art. 250, né
sorveglianza sanitaria di cui all’art 259, né la tenuta del registro di esposizione e cartelle sanitarie di
rischio ex art. 260, I comma, ed ora con l’aggiunta, tra le esenzioni, anche della norma di cui all’art.
251, I comma, si annulla qualsiasi misura di prevenzione ed in particolare l’obbligo di riduzione al
minimo e comunque ‘al di sotto del valore limite fissato nell’art. 254…’.
Queste norme, già nella prima stesura del D.Lgs. 81 del 2008 furono sottoposte a vaglio
critico688, per le ambiguità in ordine alla (non soddisfacente) tutela nei casi di esposizione ad
amianto ritenuta debole e sporadica, e per il limite delle 100 ff/l, e la modifica dell’art. 249 D.Lgs.
81/08, per effetto dell’art. 114 del D.Lgs. 106/09, appare in contrasto con la direttiva 2009/148/CE
del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30.11.09, oltre che con quanto già era stato stabilito
nella direttiva 477/83/CEE, perché sostanzialmente depotenziando la insuperabilità della soglia
massima, di fatto elude la prescrizione di tutela, che è circoscritta nelle sole ipotesi per le quali il
datore di lavoro reputi che ci siano delle esposizioni continuative ed intense (!).
Quindi il datore di lavoro può escludere sulla carta, con una valutazione preventiva e non
tecnica, che si possano superare le 100 ff/l, e che l’esposizione sia dunque sporadica e di debole
intensità, e che quindi non ci sia necessità di prevenzione tecnica e protezione individuale, anche
quando nella materialità dei casi l’esposizione sia continuative e ben superiore, ciò contraddice
quanto già disposto dal legislatore comunitario con la direttiva 77/99/CEE, nella quale
specificamente si rileva:
“(1) considerando che l'uso dell'amianto e dei prodotti che lo contengono può, liberando le fibre,
provocare asbestosi, mesotelioma e cancro ai polmoni; che, di conseguenza, l'immissione sul
mercato e l'uso dell'amianto devono essere limitati nel modo più rigoroso possibile;
(2) considerando che la direttiva 83/478/CEE del Consiglio(4), recante quinta modifica della
687
L’art. 251 del D.Lgs. 81/08 stabilisce espressamente: “1. In tutte le attività di cui all’articolo 246, la concentrazione
nell’aria della polvere proveniente dall’amianto o dai materiali contenenti amianto nel luogo di lavoro deve essere
ridotta al minimo e, in ogni caso, al di sotto del valore limite fissato nell'articolo 254, in particolare mediante le seguenti
misure: a) il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti alla polvere proveniente dall'amianto o da
materiali contenenti amianto deve essere limitato al numero più basso possibile; b) i lavoratori esposti devono sempre
utilizzare dispositivi di protezione individuale (DPI) delle vie respiratorie con fattore di protezione operativo adeguato
alla concentrazione di amianto nell’aria. La protezione deve essere tale da garantire all’utilizzatore in ogni caso che la
stima della concentrazione di amianto nell’aria filtrata, ottenuta dividendo la concentrazione misurata nell’aria ambiente
per il fattore di protezione operativo, sia non superiore ad un decimo del valore limite indicato all’articolo 254; c)
l’utilizzo dei DPI deve essere intervallato da periodo di riposo adeguati all’impegno fisico richiesto dal lavoro, l’accesso
alle aree di riposo deve essere preceduto da idonea decontaminazione di cui all’articolo 256, comma 4, lettera d); d) per
la protezione dei lavoratori addetti alle lavorazioni previste dall’art. 249, comma 3, si applica quanto previsto al comma
1, lettera b), del presente articolo; e) i processi lavorativi devono essere concepiti in modo tale da evitare di produrre
polvere di amianto o, se ciò non è possibile, da evitare emissione di polvere di amianto nell'aria; f) tutti i locali e le
attrezzature per il trattamento dell'amianto devono poter essere sottoposti a regolare pulizia e manutenzione; g)
l’amianto o i materiali che rilasciano polvere di amianto o che contengono amianto devono essere stoccati e trasportati
in appositi imballaggi chiusi; h) i rifiuti devono essere raccolti e rimossi dal luogo di lavoro il più presto possibile in
appropriati imballaggi chiusi su cui sarà apposta un'etichettatura indicante che contengono amianto. Detti rifiuti devono
essere successivamente trattati in conformità alla vigente normativa in materia di rifiuti pericolosi”.
688
Bonanni Ezio, LO STATO DIMENTICA L’ AMIANTO KILLER. DIRITTI NEGATI - RICORSO A STRASBURGO, Comitato per la
difesa della salute nei luoghi di lavoro e nel territorio editore, Milano 2009.
202 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
direttiva 76/769/CEE, dispone il divieto di immissione sul mercato e di uso della crocidolite e
dei prodotti che la contengono, salvo tre possibili eccezioni; che la stessa direttiva ha introdotto
disposizioni di etichettatura obbligatoria per tutti i prodotti contenenti fibre di amianto;
(3) considerando che la direttiva 85/610/CEE del Consiglio(5), recante settima modifica della
direttiva 76/769/CEE, stabilisce che l'immissione sul mercato e l'uso delle fibre di amianto sono
vietate nella fabbricazione di giocattoli, materiali o preparati destinati ad essere applicati a
spruzzo, prodotti finiti sotto forma di polvere venduti al dettaglio al pubblico, articoli per
fumatori, vagli catalitici, pitture e vernici;
(4) considerando che la direttiva 91/659/CEE della Commissione(6), che adegua al progresso
tecnico l'allegato I della direttiva 76/769/CEE, stabilisce che tutte le varietà di fibre di amianto
anfibolo e i prodotti che le contengono non siano più immessi sul mercato e usati; che la stessa
direttiva stabilisce che le fibre di amianto crisotilo e i prodotti che le contengono non siano più
immessi sul mercato e usati in quattordici categorie di prodotti;
(5) considerando che il comitato scientifico sulla tossicità, l'ecotossicità e l'ambiente è stato
consultato in merito agli effetti sulla salute dell'amianto crisotilo e dei suoi sostituti;
(6) considerando che per la maggior parte delle restanti applicazioni dell'amianto crisotilo sono
ora disponibili prodotti sostitutivi o alternativi che sono considerati come non cancerogeni e
meno pericolosi;
(7) considerando che non è ancora stato individuato un livello massimo di esposizione sotto il
quale l'amianto crisotilo non presenta rischi cancerogeni”.
Le disposizioni di cui all’art. 250 non sono state modificate, ma ne è stato circoscritto
l’ambito di applicabilità per effetto delle modificazioni all’art. 249 del D.Lgs. 81/08, e quindi
vengono meno apertamente le tutele sub capo b), comma I, dell’art. 251 e quindi l’obbligo dell’uso
dei dispositivi di protezione individuale, che invece era sempre imposto dalle norme risalenti, pur
con l’impegno di ridurre al minimo e comunque sotto il limite fissato nell’art. 254, la loro
esposizione (anzi l’uso dei sistemi di protezione individuale era finalizzato proprio a far rimanere
l’esposizione al di sotto del limite delle 100 fibre litro e comunque a ridurre l’esposizione).
Si potrebbe obiettare che le norme di prevenzione tecnica e di protezione individuale più
rigorose non trovino applicazione solo per i casi di esposizione saltuaria e debole, cui si potrebbe
replicare che è quantomeno non agevole né semplice quantificare la presenza di fibre di amianto,
tenendo conto che ne bastano quantità minime, e il logorio delle attività, ed anche del tempo, per
raggiungere concentrazioni enormi (un grammo del minerale può generare miliardi di fibre, in un
contesto nel quale si possa dichiarare che non c’è una soglia al di sotto della quale il rischio non
esiste), anche volendo presupporre il massimo impegno del datore di lavoro (in un contesto invece
dove si assiste ad una violazione sistematica delle norme), mentre invece sarebbe stato opportuno e
doveroso non esporre i lavoratori alle polveri e fibre di amianto, investimenti per la bonifica
avrebbero accresciuto il valore delle aziende, evitato altre vittime, con un risparmio di costi morali e
sociali, oltre che in termini di spesa sanitaria, assistenziale e previdenziale.
L’art. 252 detta le misure igieniche e l’art. 253 dispone l’obbligo del controllo
dell’esposizione, in quanto non c’è stato l’obbligo di bonificare i siti (e quindi, secondo il
legislatore italiano, i lavoratori possono continuare a rimanere esposti a polveri e fibre di amianto,
nonostante sia un cancerogeno), e l’art. 254 del D.Lgs. 81/08 stabilisce che si può rimanere esposti
ad amianto nel limite delle 100 ff/l nella media delle 8 ore lavorative:
“1. Il valore limite di esposizione per l'amianto è fissato a 0,l fibre per centimetro cubo di aria,
misurato come media ponderata nel tempo di riferimento di otto ore. I datori di lavoro
provvedono affinché nessun lavoratore sia esposto a una concentrazione di amianto nell’aria
superiore al valore limite.
CAPITOLO XI | 203
2. Quando il valore limite fissato al comma l viene superato, il datore di lavoro individua le
cause del superamento e adotta il più presto possibile le misure appropriate per ovviare alla
situazione. Il lavoro può proseguire nella zona interessata solo se vengono prese misure
adeguate per la protezione dei lavoratori interessati.
3. Per verificare l’efficacia delle misure di cui al comma 2, il datore di lavoro procede
immediatamente ad una nuova determinazione della concentrazione di fibre di amianto nell'aria.
4. In ogni caso, se l’esposizione non può essere ridotta con altri mezzi e per rispettare il valore
limite è necessario l’uso di un dispositivo di protezione individuale delle vie respiratorie con
fattore di protezione operativo tale da garantire tutte le condizioni previste dall’articolo 251,
comma 1, lettera b); l’utilizzo dei DPI deve essere intervallato da periodi di riposo adeguati
all’impegno fisico richiesto dal lavoro; l’accesso alle aree di riposo deve essere preceduto da
idonea decontaminazione di cui all’articolo 256, comma 4, lettera d).
5. Nell’ipotesi di cui al comma 4, il datore di lavoro, previa consultazione con i lavoratori o i
loro rappresentanti, assicura i periodi di riposo necessari, in funzione dell'impegno fisico e delle
condizioni climatiche”.
Ove si ritenga invece che, anche con l’adozione delle ‘misure tecniche preventive per limitare
la concentrazione di amianto nell’aria’ si ‘superi il valore limite’, l’art. 255 stabilisce che il datore
di lavoro adotta adeguate misure per la protezione dei lavoratori:
“1. Nel caso di determinate operazioni lavorative in cui, nonostante l’adozione di misure
tecniche preventive per limitare la concentrazione di amianto nell'aria, è prevedibile che questa
superi il valore limite di cui all'articolo 254, il datore di lavoro adotta adeguate misure per la
protezione dei lavoratori addetti, ed in particolare:
a) fornisce ai lavoratori un adeguato dispositivo di protezione delle vie respiratorie e altri
dispositivi di protezione individuali tali da garantire le condizioni previste dall’articolo 251,
comma 1, lettera b);
b) provvede all’affissione di cartelli per segnalare che si prevede il superamento del valore
limite di esposizione;
c) adotta le misure necessarie per impedire la dispersione della polvere al di fuori dei locali o
luoghi di lavoro;
d) consulta i lavoratori o i loro rappresentanti di cui all’articolo 46 sulle misure da adottare
prima di procedere a tali attività”.
Come dobbiamo interpretare queste disposizioni? Vuol dire il legislatore che per le altre
attività le misure non debbono essere ‘adeguate’? Cosa intende il legislatore per ‘adeguate misure
per la protezione dei lavoratori addetti’?
Tanto più che al capo a) si fa riferimento al ‘dispositivo di protezione delle vie respiratorie ed
altri dispositivi di protezione individuali’, e quindi ciò lascerebbe supporre che nelle altre ipotesi
queste misure non siano obbligatorie, che in sostanza non ci sia alcuna prescrizione che le imponga,
ove il datore di lavoro, nella valutazione del rischio, supponga che non si superi la soglia delle 100
ff/l: questa possibile opzione interpretativa, suggerita dal tenore letterale delle norme, palesemente
in contrasto con le disposizioni di diritto comunitario e con la Carta Costituzionale, va invece calata
nel sistema delle altre fonti anche quelle di grado superiore, ed applicata in modo da salvarne la
legittimità:
“la rilevanza dei valori soglia… questa Corte di legittimità ha avuto già in passato modo di
affermare, in materia di amianto, che “l’obbligo del datore di lavoro di prevenzione contro gli
agenti chimici scatta pur quando le concentrazioni atmosferiche non superino predeterminati
parametri quantitativi, ma risultino comunque tecnologicamente possibili di ulteriori
204 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
abbattimenti (Cass. IV, 3567/2000, Hariolf). Si è osservato che nell’attuale contesto legislativo
italiano non c’è spazio per una interpretazione del concetto dei valori limite come soglia a
partire dalla quale sorga per i destinatari dei precetti l’obbligo prevenzionale nella sua
dimensione soggettiva ed oggettiva, giacchè ciò comporterebbe inevitabili problemi di
legittimità costituzionale, che è implicita e connaturata all’idea stessa del valore-limite una
rinuncia a coprire una certa quantità di rischi ed una certa fascia marginale di soggetti quei
soggetti che, per condizioni fisiche costituzionali o patologiche, non rientrano nella media,
essendo ipersensibili o ipersuscettibili all’azione di quel determinato agente nocivo, ancorché
assorbito in quantità inferiore alle dosi normalmente ritenute innocue. Pertanto i valori-limite
vanno intesi come semplici sogli di allarme, il cui superamento, fermo restando il dovere di
attuare sul piano oggettivo le misure tecniche, organizzative e procedurali concretamente
realizzabili per eliminare o ridurre al minimo i rischi, in prelazione alle conoscenze, acquisite in
base al progresso tecnico, comporti l’avvio di un ulteriore e complementare attività di
prevenzione soggettiva, articolata su un complesso e graduale programma di informazioni,
controlli e fornitura di mezzi personali di protezione diretto a limitare la durata dell’esposizione
degli addetti alle fonti di pericolo”.
(Corte di Cassazione, IV Sez. Penale, Sent. n 38991 del 04.11.2010).
Quindi le norme in esame, per come sono state formulate, se interpretate nel loro tenore
letterale, o almeno per quello che sembra esserne il senso logico, sarebbero contrarie al dettato
costituzionale (e a quello comunitario), per cui si deve ritenere che per evitare ‘problemi di
legittimità costituzionale’ che ‘i valori-limite vanno intesi come semplici soglie di allarme, il cui
superamento, fermo restando il dovere di attuare sul piano oggettivo le misure tecniche,
organizzative e procedurali concretamente realizzabili per eliminare o ridurre al minimo i rischi’
impone ulteriori misure, e che pertanto anche nei casi in cui si preveda il non superamento della
soglia, non di meno il datore di lavoro, per quanto dispongono le norme di cui all’art. 2087 c.c. e 4,
32, 35, 36 e 41, II comma, della Costituzione, debba adottare oltre alle misure di prevenzione
tecnica, anche quelle di protezione soggettiva.
L’art. 256 detta le norme relative ai ‘Lavori di demolizione o rimozione dell’amianto’, e l’art.
257 quelle di ‘informazione dei lavoratori’, sui ‘rischi per la salute dovuti all’esposizione alla
polvere proveniente dall’amianto o dai materiali contenenti amianto’ e le ‘norme igieniche da
osservare, ivi compresa la necessità di non fumare’, le ‘modalità di pulitura e di uso degli
indumenti’, ‘le misure di precauzione’, i limiti di soglia e la necessità del ‘monitoraggio
ambientale’, e l’art. 258 dispone la necessità di ‘formazione dei lavoratori’ e l’art. 259 la
‘sorveglianza sanitaria’ dei lavoratori addetti ‘alle opere di manutenzione, rimozione dell’amianto o
dei materiali contenenti amianto, smaltimento e trattamento dei rifiuti’, i quali ‘prima di essere
adibiti allo svolgimento dei suddetti lavori e periodicamente, almeno una volta ogni tre anni, o con
periodicità fissata dal medico competente, sono sottoposti a sorveglianza sanitaria’, e al momento
della risoluzione del rapporto il medico competente deve fornire al lavoratore ‘le indicazioni
relative alle prescrizioni mediche da osservare e all’opportunità di sottoporsi a successivi
accertamenti sanitari’, con le seguenti modalità689:
“3. Gli accertamenti sanitari devono comprendere almeno l'anamnesi individuale, l’esame
clinico generale ed in particolare del torace, nonché esami della funzione respiratoria.
4. Il medico competente, sulla base dell’evoluzione delle conoscenze scientifiche e dello stato di
salute del lavoratore, valuta l’opportunità di effettuare altri esami quali la citologia
689
Art. 259, nn. 3 e 4.
CAPITOLO XI | 205
dell’espettorato, l’esame radiografico del torace o la tomodensitometria. Ai fini della
valutazione di cui al primo periodo il medico competente privilegia gli esami non invasivi e
quelli per i quali è documentata l’efficacia diagnostica”.
L’art. 260 del D.Lgs. 81/08 stabilisce che:
“1. Il datore di lavoro, per i lavoratori di cui all’articolo 246, che nonostante le misure di
contenimento della dispersione di fibre nell’ambiente e l’uso di idonei DPI, nella valutazione
dell’esposizione accerta che l’esposizione è stata superiore a quella prevista dall’articolo 251,
comma 1, lettera b), e qualora si siano trovati nelle condizioni di cui all’articolo 240, li iscrive
nel registro di cui all’articolo 243, comma 1 e ne invia copia agli organi di vigilanza ed
all’ISPESL. L’iscrizione nel registro deve intendersi come temporanea dovendosi perseguire
l’obiettivo della non permanente condizione di esposizione superiore a quanto indicato
all’articolo 251, comma 1, lettera b).
2. Il datore di lavoro, su richiesta, fornisce agli organi di vigilanza e all’ISPESL copia dei
documenti di cui al comma l.
3. Il datore di lavoro, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, trasmette all’ISPESL, per il
tramite del medico competente, la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato,
unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1.
4. L’ISPESL provvede a conservare i documenti di cui al comma 3 per un periodo di quaranta
anni dalla cessazione dell’esposizione”.
L’art. 261 del D.Lgs. 81/08 stabilisce che ‘1. Nei casi accertati di mesotelioma, trovano
applicazione le disposizioni contenute nell'articolo 244, comma 3’ e questa disposizione recita:
“3. Presso l’ISPESL è costituito il registro nazionale dei casi di neoplasia di sospetta origine
professionale, con sezioni
rispettivamente dedicate:
a) ai casi di mesotelioma, sotto la denominazione di Registro nazionale dei mesoteliomi
(ReNaM);
b) ai casi di neoplasie delle cavità nasali e dei seni paranasali, sotto la denominazione di
Registro nazionale dei
tumori nasali e sinusali (ReNaTuNS);
c) ai casi di neoplasie a più bassa frazione eziologia riguardo alle quali, tuttavia, sulla base dei
sistemi di elaborazione ed analisi dei dati di cui al comma 1, siano stati identificati cluster di
casi possibilmente rilevanti ovvero eccessi di incidenza ovvero di mortalità di possibile
significatività epidemiologica in rapporto a rischi occupazionali”.
Le norme di cui all’art. 262 (sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente), con il D.Lgs. 106
del 2009, sono state completamente riformulate, con un sensibile alleggerimento delle sanzioni:
“1. Il datore di lavoro è punito:
a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro per la violazione degli
articoli 223, commi 1, 2 e 3, 236, commi 1, 2, 3, 4 e 5, e 249, commi 1 e 3;
b) con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda da 2.000 a 4.000 euro per la violazione
dell’articolo 223, comma 6.
2. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro per la violazione degli
articoli 225, 226,
228, commi 1, 3, 4 e 5, 229, comma 7, 235, 237, 238, comma 1, 240, commi 1 e 2, 241, 242,
commi 1, 2 e 5, lettera b), 248, comma 1, 250, commi 1 e 4, 251, 252, 253, comma 1, 254, 255,
256, commi 1, 2, 3 e 4, 257, 258, 259, commi 1, 2 e 3, e 260, comma 1;
206 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
b) con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda da 2.000 a 4.000 euro per la violazione degli
articoli 227, commi 1, 2 e 3, 229, commi 1, 2, 3 e 5, 239, commi 1, 2 e 4, e 240, comma 3;
c) con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da 800 a 2.000 euro per la violazione degli
articoli 250, commi 2 e 3, e 256, commi 5 e 7;
d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 1.800 euro per la violazione degli articoli
243, commi 3, 4, 5, 6 e 8, 253, comma 3, e 260, commi 2 e 3”
rispetto alla precedente regolamentazione690.
Così come sono state alleggerite le ‘sanzioni per il preposto’, stabilite dall’art. 263, che recita
testualmente:
“1. Con riferimento alle previsioni di cui al presente titolo, il preposto è punito:
a) con l’arresto sino a due mesi o con l’ammenda da 400 a 1.600 euro per la violazione degli
articoli 225, 226, 228,
commi 1, 3, 4 e 5, 235, 236, comma 3, 240, commi 1 e 2, 241, 242, commi 1 e 2, 248, comma 1,
e 254;
b) con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da 250 a 1.000 euro per la violazione degli
articoli 229, commi 1, 2, 3 e 5, e 239, commi 1, 2 e 4”
rispetto a quanto originariamente previsto691.
Così per quanto riguarda il medico competente, per il quale l’art. 264 stabilisce:
“1. Il medico competente e' punito:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da 1.000 a 4.500 euro per la violazione degli
articoli 229, comma 3, primo periodo, e comma 6, 230, e 242, comma 4;
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 200 a 800 euro per la violazione dell'articolo
243, comma 2.
a) con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da 300 a 1.200 euro per la violazione degli
articoli 229, commi 3, primo periodo, e 6, 230, e 242, comma 4;
b) con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da 200 a 800 euro per la violazione
dell’articolo 243, comma 2.
E’ stato altresì introdotto l’art. 264 bis, che così recita:
“(Sanzioni concernenti il divieto di assunzione in luoghi esposti)
1. Chiunque viola le disposizioni di cui all’articolo 238, comma 2, è punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da 100 a 450 euro”.
Il Legislatore del 2009, con l’art. 124 (del D.Lgs. 106/09) ha introdotto nuove sanzioni, che
però sono di natura soltanto amministrativa, e sviliscono le capacità interdittive, soprattutto
dissuasive, di quelle norme penali finalizzate a presidiare e salvaguardare la salute e l’incolumità
690
L’art. 262 del D.Lgs. 81 del 2008, nella sua originaria formulazione, aveva il seguente tenore letterale: “1. Il datore
di lavoro e il dirigente sono puniti: a) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 4.000 a 12.000 euro per la
violazione degli articoli 223, commi da 1 a 3, 225, 226, 228, commi 1, 3, 4 e 5, 229, comma 7, 235, 236, comma 3, 237,
238, comma 1, 239, comma 2, 240, commi 1 e 2, 241 e 242, commi 1, 2 e 5, lettera b), 250, commi 1, 2 e 4, 251, 253,
comma 1, 254, 255, 256, commi da 1 a 4, 257, 258, 259, commi 1, 2 e 3, e 260, comma 1; b) con l'arresto da quattro a
otto mesi o con l'ammenda da 2.000 a 4.000 euro per la violazione degli articoli 223, comma 1, 227, commi 1, 2 e 3,
229, commi 1, 2, 3 e 5, 239, commi 1 e 4, 240, comma 3, 248, comma 1, e 252; c) con l'arresto fino a tre mesi o con
l'ammenda da 1.000 a 3.000 euro per la violazione degli articoli 250, comma 3, e 256, commi 5 e 7; d) con la sanzione
amministrativa pecuniaria da 3.000 a 18.000 euro per la violazione degli articoli 243, commi 3, 4, 5, 6 e 8, 253, comma
3, e 260, commi 2 e 3”.
691
L’art. 263 del D.Lgs. 81 del 2008, nella sua originaria formulazione, aveva il seguente tenore letterale: “1. Il
preposto e' punito nei limiti dell'attività alla quale e' tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19: a)
con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da 400 a 1.200 euro per la violazione degli articoli 225, 226, 228, commi
1, 3, 4 e 5, 235, 236, comma 3, 237, 238, comma 1, 240, commi 1 e 2, 241, e 242, commi 1 e 2; b) con l'arresto fino a
un mese o con l'ammenda da 200 a 800 euro per la violazione degli articoli 229, commi 1, 2, 3 e 5, e 239, commi 1 e 4”.
CAPITOLO XI | 207
psicofisica dei lavoratori prima che siano lese692.
11.8 Osservazioni conclusive.
L’impianto normativo del D.Lgs. 81/08 può reggere soltanto e nella misura in cui le
disposizioni meno rispettose del dettato costituzionale e dei principi del diritto comunitario siano
interpretate con un processo osmotico, attraverso il quale attribuire loro, anche contro il tenore
letterale, una portata ed una valenza di ulteriori ed aggiuntivi obblighi di prevenzione tecnica e
protezione individuale, che si ricavano in via generale dalle norme di cui agli artt. 2087 c.c. e 2, 32,
piuttosto che 35 e 36 e 41, II comma, della Costituzione, e dagli artt. 2 e 8 Cedu, e dal Catalogo dei
Diritti della Persona Umana, come elaborato dalla Corte di Giustizia e dalla Corte di Strasburgo, e
soprattutto dal Legislatore comunitario, e modificato dall’entrata in vigore dell’art. 6 del Trattato di
Lisbona. I nuovi diritti e i nuovi strumenti di tutela così contemplati, potranno inaugurare un nuovo
corso, in caso della assunzione di consapevolezza della necessità di annullare le soglie
nell’azzeramento del rischio, e in caso di assunzione della responsabilità per i danni, di qualsiasi
specie e natura, che si dovessero venire a determinare a qualsiasi persona e che legittimerebbero,
accanto ai mezzi processuali tipici degli Stati membri, con la possibilità di diretta ed immediata
applicabilità delle norme già richiamate, anche un’azione diretta a carico degli Stati membri e della
stessa Unione, innanzi la Corte di Strasburgo e/o la Corte di Giustizia693, nei modi e nei termini che
abbiamo già illustrato.
11.9 Il diritto al risarcimento dei danni per inadempimento degli obblighi comunitari e
per violazione delle disposizioni costituzionali.
Le società datrici di lavoro e i loro amministratori e dirigenti sono certamente responsabili di
tutti i danni che hanno causato esponendo i lavoratori ad amianto e ad altri cancerogeni, e ne
dovranno rispondere in sede civile e penale, e lo Stato e gli enti pubblici previdenziali dovranno
riconoscere ed accreditare tutte le prestazioni previdenziali ed assistenziali (rendite, prestazioni
aggiuntive del Fondo Vittime Amianto, maggiorazioni contributive per esposizione ad amianto,
etc.), ma non di meno questi ultimi potranno essere esonerati dall’obbligo dell’integrale ristoro di
ogni pregiudizio, che la loro condotta ha determinato, nella misura in cui non sono state applicate
efficacemente le norme costituzionali, prime fra tutte quelle di cui all’art. 32, e quelle civilistiche,
che si rinvengono senza dubbio nell’art. 2087 c.c., e per il ritardo con il quale soltanto nel 1992
l’amianto è stato messo al bando, e per oscuri episodi di collusione con i settori industriali
dell’amianto, che sono stati in grado di interdire l’approvazione di una efficace normativa sui limiti
di soglia, quando già negli anni ’70 questa esigenza era stata rimarcata da insigni scienziati, fino ad
ottenere il non recepimento della direttiva 477/83/CEE, per
“difendere l’idea della sicurezza dell’amianto; una pura operazione lobbystica con la quale gli
industriali del settore hanno combattuto la battaglia in difesa del loro business… un modello di
sviluppo che ha provocato morti, che genera e genererà costi all’infinito… l’Italia è stata… per
molti anni inadempiente quanto all’adeguamento delle disposizioni comunitarie, che già dieci
anni fa prevedevano per i paesi membri misure di prevenzione e protezione per i lavoratori
692
Per maggiori approfondimenti circa le modifiche introdotte con il D.Lgs. 106 del 2009, si rimanda a E. Bonanni, G.
Ugazio, PATOLOGIE AMBIENTALI E LAVORATIVE, Ed. Minerva Medica, Torino 2011.
693
Più ampliamente in Ezio Bonanni, TRATTATO DI LISBONA, NUOVE FONTI NORMATIVE E TUTELE NEL DIRITTO DEL
LAVORO, in Diritto dei lavori, Anno IV n. 2, maggio 2010, Cacucci editore, in internet: www.csddl.it e in E. Bonanni,
G. Ugazio, PATOLOGIE AMBIENTALI E LAVORATIVE, Ed. Minerva Medica, Torino 2011.
208 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
utilizzatori dell’amianto. Le imprese hanno preteso questi ritardi dai governi che si sono
succeduti…”
(come ha evidenziato l’On.le Muzio in un suo intervento alla Camera dei Deputati) 694.
Indagini difensive hanno permesso infatti di acquisire le prove della esistenza e della attività
di queste lobby, tra cui spicca una nota scritta a mano relativa ad un ‘incontro’ presso
la ‘Assocemento’ di Roma nel lontano 17 novembre 1978, e rinvenuta presso l’Archivio di Stato di
Torino, tra le carte del Consiglio di Amministrazione della Società ‘Amiantifera Balangero’
(Torino), nella quale si legge ‘Le Società di produzione di amianto chiedono di rallentare la
questione della normativa sui limiti di esposizione legati alla produzione dei lavoratori, "l'ENPI ha
aderito a questa richiesta... Il ministro della Salute ha confermato questo fatto’ (Torino, Archivio di
Stato).
Qui si è di fronte ad una vera e propria responsabilità civile dello Stato e dei suoi apparati, e a
tacer d’altro, anche a voler negare attendibilità al documento manoscritto, la effettiva sussistenza
della lobby dell’amianto trova specifico richiamo e riferimento nella Sentenza n. 565 del 2012 del
Tribunale di Torino695, all’esito di una serie di acquisizioni dibattimentali inoppugnabili.
694
L’On.le Muzio: “ancora in questi ultimi giorni si è tenuto un processo a Casale Monferrato che è terminato con la
condanna dell’Eternit-S.p.A. per responsabilità consumate in ordine alla lavorazione dell’amianto negli stabilimenti di
quella città […]. Circa 1.500 erano le parti civili in quel procedimento e si trattava di ex lavoratori e di eredi delle
vittime dell’amianto. Sulla tossicità e sugli effetti cancerogeni dell’amianto vi è ormai una vasta letteratura; anzi, direi
che tale letteratura vi è sempre stata: esistevano, infatti, testi e dati fin dal 1935, lavori del congresso americano. Si
tratta di studi che sono stati occultati dagli industriali nel nostro paese e da un sindacato ancora debole per permettersi
uno scontro in ordine ai temi “salute-occupazione” in quegli anni di regime. Ancora pochi anni fa si costituì
l’Associazione utilizzatori di amianto, che raccoglieva coloro cui faceva riferimento circa il 60 per cento del consumo
complessivo di amianto ed aveva una sola parola d’ordine: difendere l’idea della sicurezza dell’amianto; una pura
operazione lobbistica con la quale gli industriali del settore hanno combattuto la battaglia in difesa del proprio business.
Si trattava, certo, di una logica perversa, quella del profitto a tutti i costi: un modello di sviluppo che ha provocato
morti, che genera e genererà costi all’infinito se non si saprà, sulla scorta di quanto avvenuto, porvi rimedio, applicando
fino in fondo […] la legge n. 257 […]. L’Italia è stata… per molti anni inadempiente quanto all’adeguamento delle
disposizioni comunitarie, che già dieci anni fa prevedevano per i paesi membri misure di prevenzione e protezione per i
lavoratori utilizzatori dell’amianto. Le imprese hanno preteso questi ritardi dai governi che si sono succeduti …
(richiamava le) circa 3000 applicazioni dell’amianto (e motivava le sue conclusioni precisando che) le fibre di amianto
sono assunte dall’uomo per inalazione, attraverso l’apparato respiratorio, fino a raggiungere i polmoni, oppure tramite
ingestione. L’asbestosi è la malattia professionale legata alla proprietà di queste fibre e provoca la cicatrizzazione del
tessuto polmonare con conseguente perdita definitiva della capacità funzionale. Gli ultimi studi scientifici, ulteriormente
perfezionati, dicono che non è possibile alcuna guarigione dalle lesioni prodotte dall’asbesto. Ed è ormai acclarato che
esso produce tumori maligni della pleura e del peritoneo, chiamati mesoteliomi, tumori polmonari e gastrointestinali.
Questa sostanza cancerogena non ha alcun livello di soglia o limite che possa garantire la salute di coloro che sono stati
o siano esposti, nel senso che è dannosa una quantità anche minima; l’amianto e le sue fibre sono già stati riconosciuti
scientificamente dannosi per la salute (e ha richiamato la tragedia delle vittime sostenendo che) la cronaca, … serve
anche da supporto ai ragionamenti svolti nelle Commissioni attività produttive e lavoro. E’ dunque necessaria una
formulazione del decreto legge che risponda davvero alla necessità dei lavoratori […]” (Atti parlamentari, Camera dei
Deputati, XI^ Legislatura, disegni di legge e relazioni, disegno di legge n. 2744, pag. 2).
695
Tribunale di Torino, Sentenza n. 565 del 2012, pp. 394 e seguenti: “Tale diffusione di informazioni sempre più
precise sulla pericolosità delle polveri di amianto induce gli industriali del settore ad elaborare una strategia comune. In
occasione della conferenza internazionale delle organizzazioni di informazione sull'amianto (Asbestos Information
Committee) tenutasi a Londra nel. novembre del 1971 (che vede la partecipazione di delegati dei maggiori gruppi
industriali dell'amianto, finanziatori del comitato, tra i quali, per Eternit S.A., il dott. J. Lepoutre, capo dei servizi
medici, e A. Eyben), W. J. Smither dell'Asbestosis Research Council esordisce osservando, con specifico riferimento al
mesotelioma, che i casi riscontrati sono notevolmente aumentati nelle aree in cui viene maggiormente utilizzato
l'amianto, di tal che può dirsi "evidente" l'associazione di tale tipo di tumore con esposizioni di tipo professionale. Egli
rileva tuttavia che, secondo alcuni studi, i lavoratori dell'amianto risultano esposti ad un rischio minore rispetto ai
fumatori di venti o trenta sigarette al giorno, e che occorre in ogni caso considerare, più che gli aspetti nocivi, i "grandi
benefici dell'amianto, e gli effetti negativi per la comunità se venisse privata di questa sostanza". Il presidente
dell'Asbestos Information Committee, M.F. Howe, prevedendo che le critiche contro l'amianto si sarebbero
intensificate, consiglia pertanto di collaborare all'elaborazione di una legislazione più vincolante, istituendo, nel
CAPITOLO XI | 209
contempo, un comitato d'azione (cioè una lobby) che metta a punto una strategia di comunicazione. Egli osserva infatti
che "gli attacchi, anche improvvisi, possono essere opera di giornalisti del settore medico o di esperti medici dei
vostri Paesi, oppure scaturire dagli scritti e dalle dichiarazioni di esterni, quali i dottori Selikoff e RattrayTaylor, o essere ispirati dai sindacati. Possono colpire dapprima determinati prodotti...o dirigersi all'uso
dell'amianto in generale. Secondo me, in misura crescente saranno legati a timori per l'ambiente". Howe invita
pertanto i partecipanti ad esaminare con attenzione, ed a sviluppare, i loro strumenti di difesa (soprattutto in termini di
controinformazione, con la diffusione di scritti e di opuscoli "tranquillizzanti") nei confronti dei futuri attacchi, con
l'obiettivo principale di partecipare, ove possibile, all'elaborazione delle normative da parte dei singoli governi (Atti
della conferenza internazionale 24-25 novembre 1971 prodotti dal c.t. Castleman ud. 22 e 29 novembre 2010, faldone
56 bis): in tale ottica verranno pubblicate, nel 1976, numerose pagine di pubblicità sui principali quotidiani europei che
evidenziano come "i problemi che pone l'amianto sono irrilevanti in confronto agli enormi servizi che vi rende
ogni giorno senza che neppure lo sappiate. Questi problemi sono e saranno risolti" (Le Monde, "Impariamo a
vivere con l'amianto" citato da F. Iselin, "Amianto e potere", prod. ud. 24 maggio 2010, faldone 41). Le difese degli
imputati (in specie dell'imputato De Cartier) hanno contestato, in primo luogo, che vi fosse, già negli anni sessanta,
all'interno della stessa comunità (pagina 395) scientifica, un "sapere definitivo", formato da conoscenze consolidate
sulla correlazione fra mesotelioma pleurico ed esposizione a fibre di amianto; hanno escluso, in secondo luogo,
che - a quell'epoca - le informazioni scientifiche raccolte (non soltanto in tema di mesotelioma ma, più in
generale, sulle patologie asbesto-correlate) si fossero trasferite in ambito industriale. Si è a tal riguardo osservato,
in estrema sintesi, anche sulla base di quanto riferito dai consulenti tecnici delle difese (relazione tecnica c.t.
Cavallo, fald. 59; c.t. Canzio Romano esame 24 gennaio 2011, fald. 57): che solo gli studi epidemiologici
(intrapresi soltanto all'inizio degli anni settanta) hanno permesso di comprendere la presenza e la "magnitudo" del
problema, e ciò è tanto più vero per le patologie neoplastiche che insorgono con lunghi periodi di latenza; che la
mancanza di sistemi di verifica delle esposizioni professionali secondo metodi certi e internazionalmente
riconosciuti rendeva ancor più improbabile il riconoscimento di un eventuale problema e la stima della
dimensione dello stesso; che soltanto a partire dalla seconda metà degli anni sessanta i medici di fabbrica hanno
iniziato a sviluppare programmi di sorveglianza sanitaria utili alla raccolta di evidenze cliniche correttamente
inquadrate in relazione alle conoscenze nosologiche dell'epoca; che - dalla metà degli anni cinquanta alla metà
degli anni sessanta - il tumore polmonare veniva considerato quale complicanza dell'asbestosi, di tal che si riteneva
che la prevenzione della seconda - con il progredire della medicina industriale, in specie in termini di sorveglianza
del livello delle polveri - avrebbe comportato anche la prevenzione del primo; che le ricerche iniziali sul
mesotelioma erano precipuamente riferite all'attività estrattiva, alla tessitura ed al settore delle coibentazioni
industriali e navali, nelle quali si ipotizzavano, trattandosi di matrici friabili perché umidificate, livelli di esposizione
più rilevanti; per converso, il rischio nell' industria del cemento amianto era considerato inferiore, stante la
matrice compatta trattata; che - nella seconda metà degli anni sessanta - sia Selikoff che Vigliani avevano
evidenziato, con riferimento al mesotelioma, la necessità di approfondire aspetti rilevanti, quali l'importanza della
qualità di asbesto nello sviluppo delle patologie tumorali e l'individuazione dei criteri per la diagnosi della
neoplasia, al fine di una sua standardizzazione; che i progressi effettuati dalla ricerca scientifica non venivano
immediatamente veicolati all'esterno, ed in particolare al settore industriale. A tali obiezioni deve rispondersi
convenendo con le difese soltanto sulla premessa, e cioè sul fatto che le ricerche e le conoscenze sulla
elevatissima pericolosità dell'amianto, e segnatamente sulle caratteristiche e sull' incidenza del mesotelioma, non
fossero, negli anni sessanta e nei primissimi anni settanta, assimilabili a quelle attuali, e non potessero dunque
definirsi "consolidate". Occorre tuttavia sottolineare che, con le sintetizzate obiezioni; le difese degli imputati
ammettono implicitamente che ciò che non poteva essere ignorato (ed anzi, era stato perfettamente assimilato) dai
grandi gruppi industriali dell'amianto, tra i quali Eternit certamente rientrava, con quel che ne consegue in termini
di accesso alle informazioni, è che le indagini scientifiche sviluppatesi sin dai primi anni del novecento avevano
evidenziato che le polveri di amianto provocavano, oltre all'asbestosi, anche patologie tumorali, in particolare del
polmone e della pleura, che la crocidolite doveva considerarsi la (pagina 396) sostanza più pericolosa e, addirittura,
che tali gravi neoplasie potevano colpire anche chi non presentava attività lavorativa all’interno delle miniere e delle
fabbriche che trasformavano tale materiale. Prova ne è che l'Inghilterra aveva emanato per due volte (cioè nel 1931
e nel 1969), seguita nel 1970 dagli Stati Uniti, norme regolamentari dirette alla tutela della salute dei lavoratori
dell'amianto, abolendo addirittura l'uso della crocidolite (il che non poteva certamente essere ignorato dalle
aziende del settore), e che le indagini di Wagner e, precipuamente, quelle di Selikoff sul mesotelioma avevano
destato grande preoccupazione negli ambienti industriali, inducendoli, come si è visto, a compattarsi nello sforzo
di orchestrare una vivace campagna di controinformazione che mettesse in luce i vantaggi dell 'uso dell'amianto a
discapito dei rischi che esso comportava. Prova ne è, soprattutto, che nella citata relazione del Convegno
informativo di Amiantus tenutosi a Neuss nel giugno 1976 ("Tutela del lavoro e dell'ambiente Ree. 117) si dà atto
che "a partire dagli anni sessanta vengono seguiti con la massima attenzione i lavori scientifici [in specie di
Selikoff] concernenti l'amianto, la dove l'amianto viene considerato una minaccia per la salute, e viene inoltre
mantenuto uno stretto contatto con gli uffici competenti", per poi osservare che dopo "una campagna ben
programmata e con la collaborazione di scienziati" è stato revocato il divieto, emanato in Svezia nello stesso
1976, di utilizzare l'amianto-cemento per i tubi. Non appare dunque forzato affermare, da un lato, che i grandi
210 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
gruppi industriali dell'amianto, nessuno escluso, avevano un preciso interesse a seguire in tempo reale gli sviluppi
delle ricerche scientifiche e, d'altro lato, che tali progressi spingevano tali gruppi ad adottare adeguate
contromisure ("campagne ben programmate") per impedire l'interdizione dell'uso e della vendita del cemento
amianto. Né può condividersi quanto osservato dalla difesa dell'imputato De Cartier sulla sopravvalutazione, a
riguardo, della conferenza londinese del 1971 dell'Asbestos Information Committee e sulla "ingenuità" dei
tentativi operati dalle aziende per rilanciare l'immagine dell'amianto, nonché sulla scarsa incisività (desumibile
dalla promulgazione delle normative anglosassoni di tutela dei lavoratori) della lobby venutasi a creare all'inizio
degli anni settanta per perseguire tale obiettivo. La conferenza internazionale del 1971 assume, infatti, un
significato di grande rilievo sotto il profilo delle strategie messe a punto dalle aziende del settore per due
fondamentali ragioni. In primo luogo, perché in quella sede si prende atto esplicitamente dell'evidenza
dell'associazione del mesotelioma con esposizioni di tipo professionale, il che smentisce l'assunto che le
informazioni provenienti dalla comunità scientifica venivano recepite dagli ambienti industriali con costante
ritardo rispetto alla loro propalazione interna. In secondo luogo perché, preso atto di tale evoluzione delle
conoscenze mediche, l'obiettivo dichiarato del cartello dell'amianto diviene quello di collaborare con gli organi
istituzionali non già per assecondare tali scoperte ed adottare le necessarie misure di prevenzione e di tutela della
salute dei lavoratori, ma - come si è detto - per controllare e limitare gli effetti nocivi derivanti alle aziende da una
legislazione eccessivamente restrittiva. Il timore che emerge con chiarezza dalle relazioni della conferenza
internazionale dell'Asbestos Information Committee - e in particolare dalle parole di Howe - è, infatti, che la
diffusione all'esterno dei risultati delle indagini scientifiche (di quelle di Selikoff in particolare) induca l'opinione
pubblica ed i sindacati ad esercitare pressioni sui governi - (pagina 397) alcuni dei quali avevano già provveduto
ad emanare regolamenti finalizzati alla prevenzione e alla tutela della salute dei lavoratori - per bandire l'amianto
o, quantomeno, per prevederne un utilizzo ridotto e accompagnato da norme di sicurezza troppo rigide. A tale
conferenza, si noti, partecipa, come si è detto, quel Lepoutre che visiterà, poco dopo, in qualche occasione, lo
stabilimento di Casale Monferrato (in epoca precedente, e non successiva, come sostenuto dalla difesa De Cartier,
alle visite dell'ENPI - Rec. 759 - e al citato articolo comparso sul N.Y.T.), senza - tuttavia - che delle allarmanti
informazioni recepite direttamente dal medico belga rimanga traccia alcuna, tantomeno sotto il profilo operativo.
Non a caso, nel citato documento interno del 14 febbraio 1973 (Ree. 174), menzionato dalla difesa De Cartier per
sostenere che le visite di Lepoutre avevano sortito l'effetto di "confrontare le esperienze" e di `favorire
l'attivazione di un rilevamento sistematico del livello di inquinamento da polveri nello stabilimento", si annota
come la continuazione dei controlli sia necessaria "tanto per disporre di elementi di giudizio sull'efficacia delle
nuove installazioni (...) per ridurre i gravi pericoli di asbestosi, quanto per poter controbattere le immancabili
accuse che periodicamente ci vengono fatte dall'ENPI e dai rappresentanti degli operai". Il che dimostra, ancora
una volta, come l'attivazione per recepire le evoluzioni delle conoscenze scientifiche sia strettamente connessa
all'esigenza, per le aziende, di minimizzare e di controinformare, piuttosto che di adeguarsi ad esse in funzione
della tutela della salute dei lavoratori. Sempre nel 1973, Lepoutre partecipa ad una Riunione di esperti sulla
sicurezza nell'utilizzo dell'amianto (Ginevra 11-18112/1973), nella quale viene esplicitamente rilevato che
l'inalazione delle fibre di amianto può causare il mesotelioma della pleura e il mesotelioma peritoneale,
evidenziandosi peraltro che, stante la lunga latenza, "l'incidenza delle affezioni constatate ora non permette di
valutare gli effetti dei livelli di presenza di polvere attuali" (Rec.5592). Nel giugno del 1976 si svolge il già
ampiamente citato Convegno di Neuss, nel quale Ernst Schmidheiny parla, come si è detto, del mesotelioma e del
rischio di contrarre la malattia alla quale sono soggetti i lavoratori esposti ad alte concentrazioni di polveri. Desta,
dunque, molte perplessità (anche alla luce delle dichiarazioni dei dipendenti dello stabilimento di Casale
Monferrato, di cui si dirà di seguito) quanto riferito al dibattimento da Hans Ullrich Teichert, capo della direzione
tecnica del Centro di Neuss (ud. 14 marzo 2011) con riferimento all'individuazione dell'epoca in cui ebbe a
parlarsi, per la prima volta, nell'ambito dell'Istituto, dei rischi di mesotelioma pleurico connessi all'uso
dell'amianto; dichiarazioni che sono comunque significative della mancata traduzione delle indagini in materia in
aumento delle misure di prevenzione e di sicurezza: (… ... …) Non soltanto, infatti, come si è visto, Schmidheiny
aveva, nel Convegno di Neuss, fatto esplicito riferimento al rischio di mesotelioma, segnalando che "si può
supporre che per i lavoratori che negli scorsi decenni sono stati esposti ad alte concentrazioni di polvere il rischio
di essere soggetti a queste malattie [cancro dei polmoni e mesotelioma] sia notevolmente superiori", ma tali
informazioni si erano già negli anni precedenti diffuse in ambito aziendale, tant'è vero che alcuni dipendenti della
Eternit di Casale Monferrato, prima ancora di diventare dirigenti, avevano appreso dell'esistenza degli studi di
Selikoff e, soprattutto, dell'associazione tra il tumore della pleura e l'esposizione all'amianto. Ciò emerge con
chiarezza dalla deposizione, pur titubante, di Cesare Coppo: (…......) Sempre al fine di perseguire l'obiettivo della
controinformazione (si noti che, nel 1973, si era tenuto, oltre alla riunione di Ginevra, un convegno internazionale
a Lione nel quale era emerso con chiarezza che tutti i tipi di amianto erano cancerogeni per l'uomo e che, nello
stesso anno, l 'international Agency for Research on Cancer (IARC) (pagina 401) dell'organizzazione mondiale
della sanità, nella sua prima monografia sull'amianto, aveva concluso per la "sufficiente evidenza" della sua
cancerogenicità, classificando in seguito - nel 1977 - l'amianto tra gli agenti cancerogeni per l'uomo), i produttori
delle maggiori industrie dell'amianto iniziano, poco dopo, a riunirsi periodicamente in incontri di vertice riservati,
denominati "tour d'horizon" (giro di orizzonte). Essi hanno ad oggetto questioni riguardanti il mercato
CAPITOLO XI | 211
dell'amianto (in particolare produzioni e consumi, andamento dei mercati, competitività dei prodotti, materiali
sostitutivi) e il rapporto tra amianto ed ambiente (salute, attività sindacali, attività della CEE, sviluppi legislativi
in Europa e negli Stati Uniti). A tali incontri, quattro dei quali risultano documentati, tenutisi tra il 1977 e il 1981,
partecipano, tra gli altri, il gruppo Eternit svizzero (con i dirigenti Graf e Dorner), il gruppo Eternit Belga, la Eternit
francese, la Turner & Newell e la Saint-Gobain-Pont a-Mousson. In occasione del tour d'horizon tenutosi il 1°
dicembre 1977, viene osservato che "in merito alla questione dei materiali sostitutivi si ha l'impressione che
sebbene il problema sanitario legato all 'amianto abbia stimolato il loro sviluppo, rimangono i dubbi riguardo la
disponibilità a lungo termine, 25 - 30 anni, ed al prezzo dei principali gradi di fibra di amianto (...) Nel contempo
è essenziale mantenere il mercato del cemento-amianto anche per assicurare la regolare transizione verso
prodotti sostitutivi se e nel momento in cui ciò divenisse necessario". Analoghe considerazioni si ritrovano nel
tour d'horizon del 27 novembre 1978. Nella circostanza Dorner osserva che "l'urgenza di trovare materiali
sostituivi è diminuita nel corso dei due-tre anni passati, in quanto è calato anche il timore della possibile carenza,
sia quella reale, sia quella prevista per il futuro, carenza di fibra di amianto. Tuttavia l'andamento della
domanda a lungo termine, così come il problema sanitario, legato all'amianto, suggeriscono comunque di non
abbandonare la ricerca di materiali sostituivi". In occasione del tour d'horizon tenutosi a Parigi il 29 ottobre
1979, lo stesso Dorner sottolinea che "nei sindacati, nei gruppi politici e finanziari e nell'opinione pubblica vi è
una consapevolezza sempre maggiore dei rischi sanitari che possono derivare dall'utilizzo dell'amianto qualora
non vengano rispettati determinati standard; in Paesi come la Germania occidentale e la Svizzera l'amianto viene
pubblicizzato in maniera negativa...nella Germania occidentale si è proposto di stabilire un limite di livello di
polveri molto più restrittivo (...). L'amianto perderà probabilmente quote di mercato; è poco probabile che questa
tendenza possa invertirsi e che si riesca ad impedire la sua espansione verso i paesi in via di sviluppo". I
rappresentanti delle aziende presenti osservano peraltro che esse non avrebbero dovuto "semplicemente
arrendersi" all'amianto, e che sarebbero stati necessari sforzi e spese considerevoli per sostenere le "lobby per
l'amianto a livello dei sindacati e delle unioni dei datori di lavoro, dei clienti e del mondo politico". Nel tour
d'horizon del 24 febbraio 1981 viene, in particolare, definito l'approccio nei confronti dell'attività della
Commissione Economica Europea, che dopo aver messo a punto "una serie di strategie ambientali" - aveva
raccomandato la diffusione delle informazioni relative alla pericolosità dell' inquinamento da amianto anche
presso le organizzazioni professionali di datori di lavoro e lavoratori, nonché presso le università e i medici del
lavoro. Come indica il rapporto, la maggior parte dei partecipanti ritiene, come già aveva ritenuto all' inizio degli
anni settanta, e nonostante il progredire, nel frattempo, delle (pagina 402) conoscenze scientifiche, che l'industria
debba "lottare per l'amianto in Europa, almeno contro le proposte e le minacce più estreme (...). Le azioni da
intraprendere dovrebbero includere la ricerca del sostegno da parte di membri del Parlamento europeo,
soprattutto tra coloro che hanno impianti di lavorazione dell'amianto nelle loro circoscrizioni elettorali. E'
ugualmente necessario intraprendere azioni per consolidare la fiducia dei committenti e di coloro che utilizzano i
prodotti dell'amianto" (tutti i rapporti relativi ai Tour d'horizon in Rec. n. 606). Il "consolidamento della fiducia
dei committenti" passa tuttavia, ancora una volta, per la minimizzazione, se non per l'occultamento, della
dannosità della sostanza. Come osservato dal c.t. Castleman, nell'ottavo incontro del comitato esecutivo
dell'Associazione internazionale amianto (A.I.A.) del 1978, il già citato Etienne Van der Rest dell'Eternit belga
osserva come sia opportuno che le etichettature sui prodotti contenenti avvisi sulla loro pericolosità "debbano
essere utilizzate soltanto nei paesi in cui sono obbligatori ed è meglio che non vengano utilizzate nei paesi in cui
non sono obbligatorie; per quanto riguarda il resto del continente Europa, tali etichette che vengano utilizzate in
Gran Bretagna non vengano utilizzate quando viene mandato il prodotto nel resto dell 'Europa continentale".
Emerge infatti dal verbale della riunione che Van der Rest chiede, nell'occasione, "ai membri inglesi di fare il
possibile per ottenere che le merci inglesi contenenti amianto esportate nel continente non debbano ancora essere
etichettate, poiché questo metterebbe l'industria continentale in una posizione difficoltosa" ( Ree. 5589). Ancora
nel marzo 1980 interviene, a riguardo, uno scambio di lettere tra Van der Rest e tale Hardy della Turner & Newall,
nelle quali il primo si lamenta del fatto che vengano apposte sui prodotti le suddette etichette ("Potrai
comprendere come io sia rimasto deluso nel vedere che sui sacchi di amianto Turner dice chiaramente "ispirare o
respirare la polvere di amianto può causare tumori ed altre malattie mortali"; R.5590). Un funzionario capo della
Turner & Newall osserva, a riguardo, che "coloro che sono coinvolti con processi statunitensi sull'amianto [come
la Jhons Manvill] probabilmente sono più sensibili su questo problema di quanto non lo siano i produttori di
amianto cemento all'interno di quella che allora era Comunità Europea" (trascrizione esame Castleman ud
29111110, ff. 8 ss.). In conclusione, può dirsi accertato che le conoscenze sulla pericolosità dell'amianto, non solo
con riferimento al rischio di asbestosi e di tumore polmonare, ma anche relativamente al rischio di mesotelioma
(pleurico e peritoneale), avevano raggiunto, già negli anni sessanta e all'inizio degli anni settanta, i grandi gruppi
industriali, ed in particolare il "gruppo belga", come confermato dalla presenza del capo medico Lepoutre nelle
menzionate riunioni in cui tali rischi sono stati, con grande chiarezza, enunciati. E può dirsi parimenti acclarato
che le scoperte di Selikoff e di Wagner della metà degli anni sessanta sul mesotelioma non erano rimaste
circoscritte nell'ambito della comunità scientifica, ma - al contrario - si erano rapidamente diffuse, anche grazie
all'attività di sensibilizzazione portata avanti da Selikoff, tra gli industriali dell 'amianto: i quali, oltre a minacciare
- neppure troppo velatamente - lo stesso Selikoff nel caso non avesse desistito dal pubblicizzare gli esiti delle sue
212 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
Dunque il dibattimento ha dimostrato come non fossero peregrine, anzi, assolutamente
fondate, le deduzioni che erano state formulate dallo scrivente in qualità di difensore di parte civile,
il quale aveva chiesto ed ottenuto di essere autorizzato a citare lo Stato come responsabile civile696,
secondo quanto dispone l’art. 83 c.p.p., e che potranno essere riproposte in sede civile, per ottenere
la declaratoria di accertamento e condanna dello Stato e degli altri enti pubblici per questo come per
altri casi analoghi, poiché esiste una colpa collettiva, o contrattuale, ovvero da contatto o contratto
sociale, per la inefficienza ed inefficacia dello Stato e degli enti preposti nel far rispettare quelle
norme che, approvate fin da epoca risalente, disponevano l’obbligo di tutela della salute, anche
attraverso interventi positivi, e con le quali si sarebbero salvate decine di migliaia di vite umane di
lavoratori e di loro familiari.
Gli industriali dell’amianto sono riusciti ad influenzare, nel corso degli anni, tutti gli organi
della pubblica amministrazione, sia quelli deputati alla verifica dell’applicazione delle norme e alla
repressione di comportamenti illeciti, sia le stesse assemblee legislative, ove solo si ricordi e si
richiami il mancato tempestivo recepimento della direttiva 477/83/CEE sanzionato dalla Corte di
Giustizia, già nel dicembre del 1990.
Neanche la maggiorazione contributiva, o altre provvidenze, possono costituire integrale
risarcimento dei danni, alla salute e all’esistenza stessa di questi lavoratori e cittadini, anche se non
ancora affetti da patologie asbesto correlate, danni che discendono comunque anche dalla tardiva
adozione delle disposizioni di cui al D.Lgs. 277/91 e alla legge n. 257/92, e alla incapacità di far
rispettare le leggi (art. 97 Cost.) nell’ottica di interessi generali (art. 98 Cost.), per cui il
risarcimento di tutti i pregiudizi dovrà essere integrale, e vi concorreranno anche profili di
responsabilità extracontrattuale, secondo quanto disposto dalle norme di cui agli artt. 2043 e/o 2059
c.c. (in combinato disposto con le norme costituzionali che garantiscono – rafforzano la garanzia già
contenuta nel complesso normativo del codice civile e delle leggi speciali – cfr Sentenza Sezioni
Unite Civili 26972/208 – i diritti fondamentali della persona nella sua sfera individuale e nella
proiezione sociale (in cui è ricompreso il luogo di lavoro), dal diritto alla salubrità dell’ambiente
lavorativo, ex art. 2087 cc e 32 e 41 II comma Cost., al pieno sviluppo della persona umana, nella
uguaglianza e dignità, anche nell’esercizio del diritto–dovere al lavoro, secondo le norme di cui agli
artt. 1, 2, 3, 4, che si riflette sui rapporti famigliari, secondo le norme di cui agli artt. 29, 30 e 31, sul
presupposto di piena solidarietà sociale, ex art. 38, nei rapporti economici come regolati negli artt.
35 e ss. della Costituzione).
Se invece si dovesse affermare l’inesistenza degli obblighi di tutela (in contrasto anche con la
Giurisprudenza della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale) comunque l’azione
risarcitoria non può ritenersi infondata, in quanto lo Stato avrebbe dovuto enucleare e comunque
dare attuazione concreta alle norme di cui agli artt. 32 e 41, II comma, della Costituzione, secondo i
principi generali dell’ordinamento, dal contratto sociale al divieto del neminem laedere (nell’ambito
di una lettura costituzionalmente orientata delle norme di cui agli artt. 2043 e 2059 c.c.), ed in
ultima analisi anche in seguito alla Sentenza con la quale la Corte di Giustizia dell’Unione Europea,
con decisione del 13.12.1990, ha sanzionato la Repubblica Italiana per non avere recepito la
direttiva 477/83/CEE avente ad oggetto la tutela dei lavoratori esposti ad amianto, comportamento
indagini sulla dannosità della sostanza, avevano immediatamente adottato contromisure per occultare tali precise
emergenze scientifiche, al fine dichiarato di sferrare una controffensiva in difesa dell'amianto”. La Sentenza risulta
pubblicata integralmente nel sito dell’Osservatorio Nazionale Amianto www.osservatorioamianto.com
696
Cui è seguito il provvedimento di estromissione in seguito all’accoglimento della richiesta dell’Avvocatura dello
Stato, nell’interesse del Presidente del Consiglio dei Ministri.
CAPITOLO XI | 213
quest’ultimo che ha determinato una più elevata esposizione e minore tutela, e dunque una
maggiore incidenza del danno e delle patologie asbesto correlate: nel capo VII si legge infatti
“occorre quindi constatare che la Repubblica Italiana, non adottando nei termini prescritti i
provvedimenti,… necessari per conformarsi alla direttiva del Consiglio 19/9/1983, 83/477, sulla
tutela dei lavoratori contro i rischi connessi ad una esposizione all’amianto durante il lavoro, è
venuta meno agli obblighi che le incombono in forza del Trattato CEE”.
Il dispositivo è chiaro quando afferma l’inadempimento della Repubblica Italiana agli obblighi
comunitari e che derivano dal Trattato, in tema di ‘tutela dei lavoratori contro i rischi connessi ad
esposizione all’amianto durante il lavoro’, che ha avuto quale conseguenza, pratica e concreta, che
milioni di lavoratori sono rimasti esposti ad amianto oltre ogni soglia, per un periodo maggiore, fino
a quando la direttiva non è stata recepita, con l’inalazione di maggiori dosi, che hanno un effetto
sempre nefasto sulla salute, e per la mancata istituzione del ‘registro dei casi accertati di asbestosi e
di mesotelioma’, che era imposto a tutti gli Stati membri dall’art. 17 della direttiva.
In caso di mancata tempestiva ed esatta trasposizione di una direttiva comunitaria, lo Stato
membro ne è responsabile dei danni e delle conseguenza pregiudizievoli che determina per ogni
cittadino dell’Unione, ed è chiamato all’integrale risarcimento, come già affermato dalla Corte di
Giustizia697 e recentemente anche dalla Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 17350 del
18.04.2011698, la quale ha confermato che in questi casi è configurabile una responsabilità civile
dello Stato, secondo i seguenti presupposti: a) che il provvedimento assegni al cittadino europeo
una situazione giuridica soggettiva di vantaggio; b) che tale situazione giuridica soggettiva sia
precisa nel contenuto; c) che vi sia un nesso di causalità tra la violazione dello Stato ed il danno
subito da singolo; d) che la violazione sia grave e manifesta, confermando così la giurisprudenza
interna e della Corte di Giustizia.
L’inadempimento degli obblighi comunitari, e di quelli contrattuali, propri del contratto
sociale, e la violazione delle norme che pongono divieto di arrecare ingiusto pregiudizio,
determinano la contestuale e solidale responsabilità dello Stato e degli altri enti pubblici, che si
aggiungono al datore di lavoro nell’obbligo di risarcire tutti i danni per esposizione ed insorgenza di
patologie asbesto correlate.
697
E. Bonanni, G. Ugazio, PATOLOGIE AMBIENTALI E LAVORATIVE, Ed. Minerva Medica, Torino, 2011.
La Corte di Cassazione ha accolto un ricorso dello scrivente in materia di responsabilità dello Stato e dei Ministeri
competenti in materia di tardivo e/o inesatto recepimento delle direttive comunitarie in materia di retribuzioni dei
medici specializzandi.
698
Capitolo XII
Le prestazioni assicurative erogate dall’Inail
SOMMARIO: 12.1 La funzione di tutela del lavoratore. 12.2 L’indennizzo del danno biologico e la rendita. 12.3 Gli
istituti di previdenza. 12.4 La natura giuridica delle patologie asbesto correlate. 12.5 Le patologie asbesto correlate nelle
tabelle delle malattie professionali. 12.6 Le prestazioni INAIL in caso di asbestosi. 12.7 Le altre patologie asbesto
correlate che figurano nelle tabelle INAIL. 12.8 L’onere della prova a carico dell’INAIL per superare la presunzione
legale di origine professionale della patologia se contemplata nelle tabelle. 12.9 Il superamento del sistema tabellare.
12.10 Le prestazioni. 12.11 Le prestazioni sanitarie. 12.12 Le prestazioni economiche in favore dell’assicurato. 12.12.1
Inabilità temporanea assoluta. 12.12.2 Le prestazioni per inabilità permanente. 12.13 Altre prestazioni. 12.13.1
L’assegno di incollocabilità. 12.13.2 La rendita di passaggio. 12.13.3 Le quote integrative. 12.14 Le prestazioni ai
superstiti. 12.14.1 La rendita in favore del coniuge, dei figli e degli altri familiari. 12.14.2 Assegno continuativo
mensile. 12.14.3 Assegno funerario. 12.14.4 Prestazioni del Fondo Gravi Infortuni. 12.15 La procedura per ottenere
l’indennizzo. 12.16 La prescrizione. 12.17 Decorrenza della prescrizione.
12.1 La funzione di tutela del lavoratore.
Il sistema di sicurezza sociale contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali poggia
sul sistema indennitario costituito dall’assicurazione obbligatoria in favore dei lavoratori prevista
dall’art. 38 comma 2 della Costituzione e disciplinata dal D.P.R. 1124/65 e dal D.L.vo 38/2000, e
ha la funzione di garantire una protezione sanitaria ed economica ai lavoratori infortunati o colpiti
da malattie professionali, nonché di fornire assistenza economica ai superstiti del lavoratore
deceduto, con il costo che grava esclusivamente sul datore di lavoro chiamato al pagamento dei
premi, in funzione transattiva anticipata rispetto alla lesione.
La nostra Costituzione (art. 32, ancorato sulle norme di cui agli artt. 2, 3 e 4) sancisce il diritto
alla salute, anche come interesse collettivo, ben oltre la sola dimensione individuale, che impone
interventi dello Stato e delle sue strutture periferiche anche prima e per evitare che venga meno
quello che è considerato un bene fondamentale per l’esercizio di qualsiasi altro diritto, e di cui
l’indennizzo e anche l’integrale risarcimento non possono ritenersi satisfattivi, perché non lo
reitengrano, per la irreversibilità della lesione.
Gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali hanno determinato e determinano un
numero considerevole di decessi, più di qualsiasi guerra dei tempi moderni, basti pensare come
l’utilizzo dell’amianto, oltre ai lutti e alle tragedie già seminate, causa solo nel nostro Paese circa
5.000 morti ogni anno, e il numero non è destinato a decrescere, e allo stesso modo lo è per gli altri
agenti patogeni.
Ciò si sarebbe potuto evitare ove le norme fossero state lette e applicate nello spirito della
Costituzione, secondo i principi della cultura della sicurezza e in chiave preventiva e
prevenzionistica, e per rimanere sul tema amianto tenendo conto della risalente giurisprudenza e
normativa sul danno alla salute che le sue polveri e fibre sono in grado di determinare, mentre
invece il riconoscimento dell’asbestosi è stata riconosciuta come malattia professionale soltanto con
la legge 455 del 1943, e pur in vigenza delle norme costituzionali fin dal 1948, il divieto di utilizzo
è stato disposto soltanto nel 1992 e senza obbligo di bonifica.
Una effettiva tutela della salute sui luoghi di lavoro non è stata possibile per la scarsa cultura
della sicurezza, per la scarsa propensione del sistema industriale italiano a intervenire per la
215
216 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
modernizzazione e per la prevenzione, anche perché si regge su piccole e medie imprese, che spesso
hanno difficoltà ad accedere al credito, e perché il sistema sociale predilige gli esborsi per le
prestazioni economiche in favore delle vittime, rispetto alla bonifica e al non utilizzo degli agenti
patogeni e alla rimozione di ogni situazione di pericolo, e cioè ai mezzi e agli strumenti della
prevenzione primaria, rispetto rimanendo ancorato alla presunzione di poter valutare il rischio e di
potere evitare gli eventi lesivi della salute umana (che poi puntualmente si verificano).
La prevenzione è dunque l’unico strumento con il quale proteggere effettivamente la salute
nei luoghi di lavoro e la dignità della persona, e la più efficace misura di protezione sociale, e di
realizzazione dell’equilibrio del bilancio dello Stato e degli organi periferici: invece diverse
politiche, decisioni e culture hanno determinato oltre a un costo umano e sociale per le vittime e per
i loro familiari, enormi spese per prestazioni assistenziali, previdenziali e sanitarie, a carico della
collettività, che si sarebbero potute evitare, nell’interesse di tutte le parti (lavoratori, datori di
lavoro, pubbliche istituzioni, etc.).
12.2 L’indennizzo del danno biologico e la rendita.
Il nostro sistema previdenziale, caratterizzato dal rischio professionale ancorato sulle norme
di cui all’art. 38, non può prescindere dalle altre norme della nostra Costituzione, di cui è
proiezione, e si caratterizza per l’indennizzo del danno biologico e del danno patrimoniale per
diminuite capacità di lavoro, in caso di malattia professionale, causata dall’attività lavorativa (anche
nel caso in cui la responsabilità dell’evento sia imputabile a colpa del lavoratore), quindi con
finalità solo transattive, accompagnate da una selezione rigorosa sia sotto il profilo soggettivo che
oggettivo, e con accollo al datore di lavoro dell’onere finanziario dell’assicurazione.
La logica transattiva che caratterizza questo sistema ha precluso la possibilità di perseguire
una efficace prevenzione delle malattie professionali e degli infortuni sul lavoro e di realizzare una
efficace ed effettiva tutela della salute umana, poiché il datore di lavoro ha sempre preferito
socializzare il danno con la transazione preventiva attraverso il pagamento del premio Inail, con
sostanziale impunità patrimoniale, e così per decenni nei luoghi di lavoro si è continuato l’uso di
amianto e di altri agenti patogeni (anche da parte di aziende di Stato, si pensi, a titolo di esempio,
all’utilizzo dell’amianto nel settore ferroviario, nelle centrali elettriche, nella Marina Militare, e si
potrebbe continuare all’infinito) con assenza di misure di prevenzione, e di elusione delle norme
vigenti, in pieno inadempimento dei precetti specifici e di quelli generali di cui all’art. 2087 del
codice civile, e delle norme costituzionali, prime fra tutte quelle dell’etica della libertà di iniziativa
economica, pubblica e privata, consacrata nell’art. 41 II comma della Costituzione, che è stato
certamente facilitato dall’assenza della logica della prevenzione, attraverso la riduzione a zero di
qualsiasi rischio, e la totale abolizione dell’uso di ogni cancerogeno.
12.3 Gli istituti di previdenza.
I lavoratori del settore privato trovano tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali attraverso l’operato dell’INAIL, Istituto Nazionale per l’Assistenza contro gli
Infortuni sul Lavoro, cui è stato accorpato l’IPSEMA, nel quale a sua volta erano confluite le Casse
Marittime, mentre per i dipendenti civili dello Stato provvedono in genere le stesse
amministrazioni, oppure l’INAIL in forza di un contratto di mandato, con addebito dei costi alle
amministrazioni interessate, tanto da assumere quasi un monopolio nel settore.
CAPITOLO XII | 217
12.4 La natura giuridica delle patologie asbesto correlate.
Le patologie asbesto correlate sono ‘malattie infortunio’699, ‘intendendosi per tali la sindrome
morbosa imputabile all’azione lesiva di agenti diversi da quelli meccanico-fisici, purchè insorte in
esecuzione del lavoro’ la cui700 ‘sindrome morbosa (è) imputabile all’azione lesiva di agenti diversi
di quelli meccanicofisici’, che penetrati nell’organismo umano determinano l’alterazione
dell’equilibrio anatomofisiologico (Cass. 28.10.2004, n. 20941) anche attraverso l’indebolimento
delle difese immunitarie (Cass. 26.05.06, n. 12559), e701 ‘insorta in esecuzione di lavoro e prodotta
da agenti esterni di varia natura (elettrica, radioattiva, chimica, etc.), evitabili con determinati
accorgimenti’ ed infatti702:
“i giudici di merito, con sentenze che si integrano tra loro per essere conformi sul punto, hanno
chiarito che il pericolo per la pubblica incolumità derivava da una causa violenta individuata
nella prolungata e massiccia esposizione a concentrazioni di amianto. Pertanto - a parte la
considerazione che la richiamata sentenza n. 232-1983 della Corte Costituzionale nel caso di
specie non ha alcun rilievo, in quanto la suddetta Corte si è limitata solo ad affermare il
principio che esula dai suoi poteri l'estensione dell'ambito di applicazione dell'art. 437 c.p.
anche al rischio di malattie professionali - correttamente i giudici di merito hanno inquadrato il
rischio di infortunio, al quale erano esposti i lavoratori, nella categoria delle "malattie infortunio" secondo il concetto elaborato dal consolidato indirizzo giurisprudenziale (vedi sez. 1
n. 12367 del 14-9-1990, proc. Chili, rv. 185325). Infatti - a differenza delle malattie
professionali in senso stretto, che consistono in manifestazioni morbose contratte nell'esercizio e
a causa di lavoro e che non sono prodotte da agenti esterni - "la malattia - infortunio" va intesa
come sindrome morbosa insorta in esecuzione di lavoro e prodotta da agenti esterni di varia
natura (elettrica, radioattiva, chimica, ecc.), evitabile con determinati accorgimenti. Ne
consegue che correttamente nel caso di specie è stato applicato l'art. 437 c.p., atteso che la
condotta contestata all' consisteva nella omessa predisposizione di impianti e nella omessa
adozione di altre misure idonee a prevenire il pericolo derivante da una causa esterna quale la
elevata concentrazione di amianto nell'ambiente di lavoro”.
così come ha confermato il Tribunale Penale di Torino703, con la Sentenza n. 565 del
13.2/14.5.2012 (da pag. 480):
“la Corte di Cassazione, sulla base di tale insegnamento, per la prima volta nel 1990 (Cass. Sez. 1 - sentenza n. 12367 del 9 luglio 1990 ud. - dep. 14 settembre 1990 - imp. Chili - rv.
185325), ha chiarito che: "L'interesse tutelato dalla norma di cui all'art. 437 cod. pen.
(rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro) è quello della pubblica
incolumità; sempre, qualora, dal comportamento dell'agente, attivo od omissivo che sia, possa
derivare un infortunio o un disastro. Pertanto ai fini della configurabilità del delitto, tra gli
infortuni rientrano le <malattie-infortunio>, intendendosi per tali la sindrome morbosa
imputabile all'azione lesiva di agenti diversi da quelli meccanico fisici, purché insorte in
esecuzione di lavoro. Esse rientrano tra quelle professionali in senso lato ma non le esauriscono,
mentre nelle malattie professionali in senso stretto rientrano tutte quelle manifestazioni morbose
contratte nell'esercizio e a causa di lavoro ma che non siano prodotte da agenti esterni. Rientra
699
Corte di Cassazione, I Sezione, Sentenza n. 12367 del 09.07.1990, depositata il 14.09.1990.
Corte di Cassazione, Sentenza n. 12367 del 1990, e Corte di Cassazione, I^ Sezione, Sentenza n. 10161 del 1°
ottobre 1996, depositata il 26.11.96 e ancora proprio in materia di esposizione lavorativa alle polveri di amianto, Corte
di Cassazione, Sezione I^, Sentenza n. 350 del 20.11.98, depositata il 14.01.99.
701
Corte di Cassazione, Sezione I^, Sentenza n. 11894 del 06.02.02, depositata il 23.03.02.
702
Corte di Cassazione Penale, sentenza 20 novembre 1998, n. 350.
703
Sentenza n. 565 del 13.02/14.05.2012 (da pag. 480), che ha definito il giudizio n. 24265/04 R.G. notizie di reato e n.
5219/09 R.G. Tribunale (processo Eternit).
700
218 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
pertanto nella previsione normativa dell'art. 437 cod. pen. la condotta di chi ometta di collocare
in ambiente lavorativo impianti di aspirazione idonei ad impedire che agenti esterni chimici
<aggrediscano> il fisico di chi sia ad essi esposto.".
Da tale decisione in poi, l'indirizzo giurisprudenziale della Suprema Corte a tal riguardo è
rimasto costante e l'enunciato principio, oltre che per le malattie derivanti da inalazioni da gas
tossici alle quali era riferita la sentenza 12367/1990, è stato poi ripetuto per le ipoacusie (Cass. Sez. 1 - sentenza n. 10161 dell' 1 ottobre 1996 ud. - dep. 26 novembre 1996 - imp. Martini +
altri) e , ancora, proprio in materia di esposizione lavorativa alle polveri di amianto (Cass. - Sez.
1 - sentenza n. 350 del 20 novembre 1998 ud. - dep. 14 gennaio 1999 - imp. Mantovani ed altro
- rv. 212203).
Quest'ultima sentenza, poi interamente richiamata da Cass. - Sez. 1 - sentenza n. 11894 del 6
febbraio 2002 ud. - dep. 23 marzo 2002 - imp. Capogrosso e altri - rv. 221072, pare
particolarmente significativa, sia per quanto riguarda i criteri fissati per distinguere il delitto
previsto dall'art. 437 c.p. dalle contravvenzioni in materia antinfortunistica, sia per quanto
riguarda il concetto di infortunio sul lavoro e l'interpretazione che ad esso deve essere attribuita.
La Corte, ha ribadito che: "a differenza delle malattie professionali in senso stretto, che
consistono in manifestazioni morbose contratte nell'esercizio e a causa di lavoro e che non sono
prodotte da agenti esterni - la <malattiainfortunio> va intesa come sindrome morbosa insorta in
esecuzione di lavoro e prodotta da agenti esterni di varia natura (elettrica, radioattiva, chimica,
ecc.), evitabile con determinati accorgimenti. Ne consegue che correttamente nel caso di specie
è stato applicato l'art. 437 c.p., atteso che la condotta contestata….consisteva nella omessa
predisposizione di impianti e nella omessa adozione di altre misure idonee a prevenire il
pericolo derivante da una causa esterna quale la elevata concentrazione di amianto nell'ambiente
di lavoro."
Come si vede, dal 1990 ai giorni nostri, l'indirizzo giurisprudenziale della Corte di Cassazione si
è consolidato nel distinguere la malattia professionale in senso stretto, individuata in "tutte
quelle manifestazioni morbose contratte nell'esercizio e a causa di lavoro ma che non siano
prodotte da agenti esterni", dalla malattia-infortunio, definita "sindrome morbosa imputabile
all'azione lesiva di agenti diversi da quelli meccanicofisici, purché insorte in esecuzione di
lavoro".
La malattia-infortunio, pertanto, deve essere ricompresa nel concetto di infortunio sul lavoro, in
quanto perfettamente conforme proprio al concetto di infortunio descritto dal legislatore nell'art.
2 r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposizioni per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul
lavoro e delle malattie professionali), in cui si fa riferimento all'infortunio sul lavoro come
alterazione dell'organismo determinata da causa violenta in occasione di lavoro, da cui sia
derivata la morte o un'inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale, ovvero un'inabilità
temporanea assoluta che comporti l'astensione dal lavoro per più di tre giorni.
La Corte di Cassazione (Sentenza n. 12367/90), a tal riguardo, ha subito chiarito che il concetto
di "causa violenta" deve essere comprensivo di tutte quelle forme di lesività tali da produrre un
danno al lavoratore e, quindi, quelle ad esempio bariche, elettriche, radioattive, chimiche,
eccetera.
E, dunque, la malattia- infortunio si distingue dalla malattia professionale, in quanto i due
concetti non sempre coincidono, essendo l'ambito di manifestazione delle malattie professionali
certamente più ampio di quello delle malattie-infortunio, perché si possono presentare sindromi
morbose che, pur correlate all'attività lavorativa, non siano però dipendenti da una causa
violenta determinata dall'aggressione di agenti esterni, risultando prodotte invece da agenti
meccanico-fisici”.
CAPITOLO XII | 219
12.5 Le patologie asbesto correlate nelle tabelle delle malattie professionali.
L’asbestosi è stata la prima malattia asbesto correlata ad essere inserita nelle tabelle delle
malattie professionali704, e soltanto con il D.P.R. 336 del 1994, che ha modificato l’allegato 5, n. 56,
sono state considerate tali anche il mesotelioma (pleurico, pericardico e peritoneale) e il carcinoma
polmonare, e con D.M. 27 Aprile 2004, G.U. n.134 del 10 Giugno 2004, nella lista II (‘Malattie la
cui origine lavorativa è di limitata probabilità’), del Gruppo 6 (tumori professionali) l’asbesto viene
considerato in ordine all’insorgenza del tumore della laringe, e nella Lista III (‘Malattie la cui
origine lavorativa è possibile’) sempre per quanto riguarda il Gruppo 6 (tumori professionali) in
ordine ai tumori gastroenterici, e con D.M. 11.12.2009705, sono state aggiunte nelle tabelle delle
malattie professionali anche le placche pleuriche e gli ispessimenti pleurici e la fibrosi polmonare.
Sono assistite dalla presunzione legale di origine le seguenti patologie:
a) Placche e ispessimenti pleurici con o senza atelettasia rotonda (j92);
b) Mesotelioma pleurico (c45.0);
c) Mesotelioma pericardico (c45.2);
d) Mesotelioma peritoneale (c45.1);
e) Mesotelioma della tunica vaginale del testicolo (c45.7);
f) Tumore polmonare (c34);
g) Asbestosi (j61);
h) Fibrosi polmonare (j68.4);
e il lavoratore per ottenere l’indennizzo deve provare soltanto di esserne affetto e di aver svolto
mansioni rientranti nell’ambito delle lavorazioni tabellate.
Originariamente erano indennizzabili solamente quelle patologie che rientravano nelle tabelle,
elenchi tassativi di malattie tipiche, ritenute etiologicamente rilevanti e determinate da un agente
patogeno, allo stato delle conoscenze scientifiche e dei dati di esperienza statisticamene rilevabili,
nell’ambito di lavorazioni ritenute morbigene, con un ulteriore limite costituito dal periodo
massimo entro il quale la patologia avrebbe dovuto manifestarsi per essere riconosciuta in rapporto
causale con l’attività professionale, che poteva ritenersi presunto iuris et de iure, nel quale l’unico
onere probatorio per l’avente diritto era quello di dimostrare di essere stato adibito a quella
particolare lavorazione che nella tabella era individuata come morbigeno, con inversione dell’onere
della prova a carico dell’Istituto assicuratore che ove voglia negare l’indennizzo deve dimostrare
che la patologia è insorta esclusivamente per cause non attinenti l’attività professionale.
La Commissione della Comunità Europea fin dal 1962, sulla base dei risultati della ricerca
scientifica, aveva messo in dubbio il sistema delle tabelle e ne aveva auspicato il superamento con il
sistema misto, che, per quanto riguarda l’asbestosi, aveva trovato un primo riscontro nella legge 780
del 1975; per le altre patologie di origine professionale, era intervenuta la Corte Costituzionale,
prima con la Sentenza n. 179 del 18.02.88 e poi con la Sentenza n. 206 del 25.02.88, le cui
declaratorie di incostituzionalità avevano sancito il definitivo superamento del sistema tabellare, e
quindi l’indennizzabilità di qualsiasi forma morbosa ‘per le quali sia comunque provata la causa di
lavoro’ (art. 3 e 211 del D.P.R. 1124/65), con una nozione di causa lavorativa che comprendeva la
nocività conseguente all’organizzazione dell’attività lavorativa, anche se ascrivibile a lavorazione
non contemplata nella tabella e anche se insorta oltre il periodo massimo, per effetto della
704
Con la legge n. 455 del 1943.
Aggiornamento dell’elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia ai sensi e per gli effetti dell’art. 139
del Testo Unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 e successive modifiche
e integrazioni.
705
220 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
caducazione delle norme che fissavano un termine massimo entro il quale la malattia dovesse venire
alla luce per essere indennizzata (artt. 134 e 254 del D.P.R. 1124/65), prevedendo che in questo
caso l’onere della prova fosse a carico dell’assicurato.
Per quanto riguarda il tumore alla laringe, contemplato nella lista n. II, tra le malattie di
origine lavorativa di ‘limitata probabilità’ e i tumori gastroenterici, in quanto contemplati nella lista
III, ancorché di ‘possibile’ origine lavorativa, l’istituto assicuratore non ne potrà negare la
indennizzabilità, ove l’avente diritto dimostri di aver svolto lavorazioni in esposizione all’amianto,
e anche ove si ritenesse irrilevante il loro inserimento nella lista INAIL, l’onere della prova potrà
essere assolto richiamando semplicemente le conclusioni IARC706 e di altre agenzie.
12.6 Le prestazioni INAIL in caso di asbestosi.
Con la legge 455 entrata in vigore il 22.04.1943, anche l’asbestosi è stata contemplata
nell’elenco delle malattie professionali che figurano nelle tabelle dell’Inail, e successivamente il
testo normativo è confluito negli artt. 142 e seguenti del D.P.R. 1124/65, che è stato
successivamente modificato con la legge 780 del 27.12.75, che ha abrogato le disposizioni di cui
agli artt. 142 e 143, cosicchè sono rimaste in vigore soltanto quelle degli artt. 144 fino a 177, e così
è stata abrogata con la definizione legale di asbestosi, anche ogni restrizione in ordine ai termini e
facendo assumere momento centrale all’esercizio dei lavori morbigeni: l’art. 144 stabilisce che le
prestazioni assicurative sono dovute sia nei casi in cui la malattia determini diretta inabilità, sia nei
casi in cui ne è concausa, con altre forme morbose dell’apparato respiratorio e cardiocircolatorio e
l’art. 145 prevede provvidenze ulteriori in favore dei superstiti in caso di morte del lavoratore
assicurato.
L’allegato 8 del D.P.R. 1124/65 indica le lavorazioni tabellate, ai fini del riconoscimento della
silicosi e asbestosi:
Malattie
Silicosi anche associata a
tubercolosi
706
Lavorazioni
a) Lavorazioni nelle miniere e cave in sotterraneo e lavori in sotterraneo in
genere, lavori nelle miniere e cave a cielo aperto e lavori di scavo a cielo
aperto in presenza di roccia contenente silice libera o che comunque
espongano all'inalazione di polvere di silice libera
b) Lavori di frantumazione, macinazione, manipolazione di rocce, materiale ed
abrasivi contenenti silice libera o che comunque espongano all'inalazione di
polvere di silice libera
c) Taglio, lavorazione, preparazione, levigatura, smerigliatura, molatura
lucidatura, adattamento in opera, delle rocce e di altri materiali contenti
silice libera o che comunque espongano all'inalazione di polveri di silice
libera
Taglio, levigatura, smerigliatura, molatura, lucidatura, eseguiti con impiego
di materiali contenenti silice libera (esclude e operazioni di molatura di
Per quanto riguarda il tumore alla laringe e quello al colon, lo IARC ha concluso: “There is sufficient evidence in
humans for the carcinogenicity of all forms of asbestos (chrysotile, crocidolite, amosite, tremolite, actinolite, and
anthophyllite). Asbestos causes mesothelioma and cancer of the lung, larynx, and ovary. Also positive associations have
been observed between exposure to all forms of asbestos and cancer of the pharynx, stomach, and colorectum” (Trad.
Vi è una sufficiente evidenza della cancerogenicità per l'uomo di tutte le forme di amianto (crisotilo, crocidolite,
amosite, tremolite, actinolite e antofillite). L'amianto provoca il mesotelioma e il cancro del polmone, della laringe e
dell'ovaio. Associazioni positive sono state osservate inoltre tra l'esposizione a tutte le forme di amianto e cancro dello
stomaco, della faringe e del colon-retto). Sui tumori gastrointestinali e sulla loro natura di patologie asbesto correlate, si
era già pronunciato vd. Irving J. Selikoff, in EPIDEMIOLOGY OF GASTROINTESTINAL CANCER, già citato.
CAPITOLO XII | 221
utensili, aventi carattere occasionale) o che comunque espongano
all'inalazione di polvere di silice libera
d) Produzione di mole e abrasivi in genere, di refrattari, di ceramiche, di
cemento e del vetro, limitatamente alle operazioni su materiali contenti silice
libera o che comunque espongano all'inalazione di polvere di silice libera
e) Lavori nelle industrie siderurgiche, metallurgiche, meccaniche, nei quali si
usino o si trattino materiali contenti ilice libera o che comunque espongano
all'inalazione di polvere di silice libera
f) Produzione di laterizi, comprese le cave di argilla, ed altre lavorazioni nelle
quali di usino o si trattino materiali contenenti silice libera o che comunque
espongano all'inalazione di polvere di silice libera
Asbestosi anche associata a
tubercolosi
Estrazione/e successive lavorazioni dell'amianto nelle miniere; lavori nelle
manifatture e lavori che comportano impiego ed applicazione di amianto e di
materiali che contengono o che comunque espongano ad inalazione di polvere di
amianto
La patologia determina una insufficienza respiratoria ingravescente, nella quale si osserva la
riduzione prevalente dell’indice FVC, per la cui valutazione ai fini della determinazione del grado
di invalidità ci si deve riportare all’all. 2 delle tabelle del D.M. 12.07.2000:
Riduzione percentuale dell'indice
Percentuali d danno biologico
Insufficienza respiratoria LIEVE
- 25%
- 35%
- 40%
6%
11%
15%
Insufficienza respiratoria MEDIA
- 45%
- 50%
25%
40%
Insufficienza respiratoria GRAVE
FVC ridotto a meno del 50%, con contestuale compromissione anche degli altri indici
Complicanze extrapolmonari in parziale compenso
Ipossiemia con PaO2 intorno al 55% del valore normale di riferimento
Insufficienza respiratoria SEVERA
FVC ridotto a meno di 1/3, con contestuali compromissione anche degli altri indici
Dispnea stadio V
Complicanze extrapolmonari, a seconda della gravità
Ipossiemia con PaO2 ridotta per oltre il 55% rispetto al valore normale di riferimento
Ipercapnia (> 50mmHg)
Ossigenoterapia a permanenza
Fino al 60%
> 60%
In riferimento all’indice DLCO, si deve far riferimento alla tabella relativa alle
interstiziopatie:
Riduzione percentuale dell'indice
Percentuali d danno biologico
Insufficienza respiratoria LIEVE
- 25%
- 35%
- 40%
6%
11%
15%
Insufficienza respiratoria MEDIA
- 45%
- 50%
Insufficienza respiratoria GRAVE
DLCO ridotto a meno del 50%, con contestuale compromissione anche degli altri indici
Complicanze extrapolmonari in parziale compenso
25%
40%
Fino al 60%
222 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
Ipossiemia con PaO2 intorno al 55% del valore normale di riferimento
Insufficienza respiratoria SEVERA
DLCO ridotto a meno di 1/3, con contestuali compromissione anche degli altri indici
Dispnea stadio V
Complicanze extrapolmonari, a seconda della gravità
Ipossiemia con PaO2 ridotta per oltre il 55% rispetto al valore normale di riferimento
Ipercapnia (> 50mmHg)
Ossigenoterapia a permanenza
> 60%
12.7 Le altre patologie asbesto correlate che figurano nelle tabelle INAIL.
Nelle tabelle INAIL, come abbiamo visto, figurano anche tutti i mesoteliomi, il tumore
polmonare, le placche e gli ispessimenti pleurici, e la fibrosi polmonare, e anche qui, per quanto
abbiamo già evidenziato, non ci possono essere dubbi sul diritto del paziente ad ottenere
l’indennizzo e l’erogazione di tutte le prestazioni, ove dimostri di aver svolto lavorazioni in
esposizione all’amianto.
12.8 L’onere della prova a carico dell’INAIL per superare la presunzione legale di
origine professionale della patologia se contemplata nelle tabelle.
Ai fini del rischio ambientale e della conseguente indennizzabilità delle malattie professionali
ad esso collegate, assume rilievo l’esecuzione di un attività lavorativa che, per esigenze obiettive,
debba costantemente e normalmente, anche se non quotidianamente, svolgersi in connessione
ambientale con la lavorazione protetta, tale da determinare l’esposizione del lavoratore al rischio cui
è esposto l’addetto di queste lavorazioni (Cass. Sez. Lav., 08.10.92, n. 10949).
L’Inail per poter superare la presunzione legale di origine professionale della patologia dovrà
dimostrare che il lavoratore sia stato addetto in maniera sporadica e occasionale alla lavorazione
tabellare e con esposizione insufficiente e che la patologia sia insorta esclusivamente per altra causa
di origine extralavorativa (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, 21.12.2009, n. 26893; Cassazione,
Sezione Lavoro, 26.07.2004, n. 14023; Circolare Inail, 24.07.2008, n. 47), in caso contrario deve
erogare le prestazioni previdenziali, anche quando siano intervenute altre cause estranee
all’ambiente lavorativo purchè non si raggiunga la certezza che siano state sufficienti esse sole a
determinare l’evento:
“Anche nella materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali trova diretta
applicazione la regola contenuta nell'art. 41 c.p., per cui il rapporto causale tra evento e danno è
governato dal principio dell'equivalenza delle condizioni, secondo il quale va riconosciuta
l'efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e
remota, alla produzione dell'evento, mentre solamente se possa essere con certezza ravvisato
l'intervento di un fattore estraneo all'attività lavorativa, che sia per sé sufficiente a produrre
l'infermità tanto da far degradare altre evenienze a semplici occasioni, deve escludersi
l'esistenza del nesso eziologico richiesto dalla legge”.
(Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, del 04.11.2010, n. 22441).
12.9 Il superamento del sistema tabellare.
L’INAIL, per le patologie che figurano nelle tabelle, deve solo provvedere a erogare le
prestazioni, a meno che neghi la loro origine professionale e lo dimostri, mentre per tutte le altre,
comunque cagionate da agenti patogeni nell’ambiente lavorativo, come per il caso dell’amianto,
l’intervento della Corte Costituzionale, prima con la sentenza n. 179 del 18.02.88 e poi con la
Sentenza n. 206 del 25.02.88, ha determinato il definito superamento del sistema delle tabelle, e ha
CAPITOLO XII | 223
sancito, con il sistema misto, l’indennizzabilità ‘anche per le malattie per le quali sia comunque
provata la causa di lavoro’707.
Il sistema misto introduce un ‘doppio metodo’ di definizione della domanda di prestazione
previdenziale, che incide unicamente sul piano probatorio, poiché per patologie tabellate sussiste la
presunzione legale di origine, mentre per quelle che non lo sono deve essere ‘comunque provata la
causa di lavoro’ (Corte Costituzionale, Sentenze n. 179 del 18.02.88, e n. 206 del 25.02.88), e le
prestazioni sono del tutto identiche, né si poteva né si doveva intravedere nessuna differenza708
(Corte di Cassazione, a Sezione Unite, con Sentenza 1919 del 09.03.1990).
Le tabelle non possono essere applicate in via analogica:
“In tema di assicurazione contro le malattie professionali, nella disciplina risultante a seguito
della declaratoria di parziale illegittimità costituzionale dell'art. 3 primo comma del d.p.r. 30
giugno 1965 n. 1124 (sentenza della Corte Costituzionale n. 179 del 1988), inerente le malattie
diverse da quelle specificatamente elencate nelle apposite tabelle, ovvero ricollegabili
all'esercizio di lavorazioni diverse da quelle descritte nelle tabelle stesse, sono indennizzabili
solo dietro prova della "causa di lavoro" da parte dell'interessato, per le malattie e lavorazioni
entrambe "tabellari", opera, a favore dell'assicurato, una presunzione di eziologia professionale.
A tale ultimo riguardo, le elencazioni contenute nelle indicate tabelle hanno carattere tassativo,
ma ciò, se vieta un'applicazione analogica delle relative previsioni, non è di ostacolo ad una
interpretazione estensiva delle medesime, con la conseguenza che la suddetta presunzione è
invocabile anche per lavorazioni non espressamente previste nelle tabelle, ma da ritenersi in
esse implicitamente incluse, alla stregua della identità dei connotati essenziali, ferma restando
l'inapplicabilità della presunzione stessa per quelle lavorazioni che presentino solo alcuni
caratteri in comune, unitamente ad elementi non marginali di diversità, sì da rendere
configurabile una piena somiglianza con fattispecie inclusa nella lista (nella specie, la C.S. ha
cassato la decisione dei giudici del merito che avevano ritenuto la frantumazione di materiale
calcareo mediante mulini a palle rientrare nella attività di produzione di polveri metalliche con
macchine a pestelli, prevista dalla voce n. 44 lett. e della tabella)”.
(Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza n. 1919 del 09.03.90)
E’ possibile affermare la presunzione legale di origine professionale della malattia soltanto nel
caso in cui sussista una implicita inclusione nelle tabelle, e/o identità di connotati essenziali, e/o
piena somiglianza con la fattispecie inclusa nella lista (Corte di Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza
n. 1919 del 09.03.90) e
“il Giudice può fare una applicazione estensiva di tali previsioni (in caso di)709 infermità del
tutto identica a quella cagionata o derivata da una lavorazione tabellata (vedi Corte
Costituzionale n. 179 del 1988)”
(Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza n. 5254 del 19.11.89).
In caso di insorgenza di patologie diverse da quelle indicate nelle tabelle e comunque causate
e/o concausate dall’esposizione a polveri e fibre di amianto, il lavoratore ha diritto ad ottenere il
riconoscimento delle prestazioni previdenziali erogate dall’Inail purchè renda la prova del nesso di
causalità:
707
Corte Costituzionale, Sentenze n. 179 del 18.02.88, e n. 206 del 25.02.88.
Prof. Angelo Fiori, LA CAUSALITÀ NELLE MALATTIE PROFESSIONALI, Lezione Magistrale, VI Convegno Nazionale di
Medicina Legale e Previdenziale.
709
Il contenuto nella parentesi è nostro.
708
224 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
“In tema di assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali, la sentenza della corte
costituzionale n. 179 del 1988, dichiarativa (fra l'altro) della parziale illegittimità costituzionale
dell'art. 3 e dell'art. 134, primo comma, del d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, ha comportato
l'istituzione di un sistema cosiddetto misto, nell'ambito del quale va distinto il caso del
lavoratore colpito da una delle tecnopatie tabellate, nel quale, nel concorso delle altre condizioni
di legge, vale la presunzione legale dell'origine professionale della malattia, dall'ipotesi del
lavoratore colpito da malattia non riferibile a lavorazioni tabellate, ancorchè insorta fuori del
periodo massimo d'indennizzabilità, nella quale il lavoratore medesimo ha l'onere di provare la
derivazione causale della malattia dall'attività lavorativa”.
(Corte di Cassazione, Sezione lavoro n. 6808 del 3/7/1990)
Poiché
“per conseguire il diritto a una rendita da malattia professionale ai sensi del d.p.r. 30 giugno
1965 n. 1124 - la quale, a seguito della sentenza della corte costituzionale n. 179 del 1988, è
configurabile relativamente ad ogni infermità, di cui sia provata l'origine lavorativa, e cioè la
connessione eziologica con un rischio specifico o anche soltanto generico aggravato dall'attività
lavorativa protetta - il lavoratore addetto ad una lavorazione non tabellata è tenuto a dimostrare,
in base ai principi in tema di onere probatorio fissati dall'art. 2697 cod. civ., l'avvenuta
esposizione a rischio nonché, le particolari caratteristiche dell'affezione che la distinguano dalle
altre patologie di natura comune”
(Corte di Cassazione, Sezione lavoro n. 2500 del 21/3/1997).
L’onere della prova può considerarsi assolto ove sussista710 ‘certezza allo stato’, sulla base del
criterio probabilistico fondato su base epidemiologica, e ciò soprattutto per le patologie di origine
multifattoriale rispetto alle quali è impossibile raggiungere la certezza scientifica assoluta sul nesso
di causalità:
“In tema di assicurazione contro le malattie professionali, nella disciplina risultante a seguito
della declaratoria di parziale illegittimità costituzionale dell'art. 3, primo comma, del d.p.r. 30
giugno 1965 n. 1124 (sentenza della Corte Costituzionale n. 179 del 1988) la neoplasia
polmonare può essere inclusa tra le malattie causate da piombo (di cui alla voce n. 1 della nuova
tabella delle malattie professionali nell'industria, allegata al d.p.r. n. 48211975) se il nesso di
causalità tra la specifica sostanza morbigena tabellata (piombo) e detta malattia venga stabilito
in base a dati (anche epidemiologici) ritenuti affidabili dalla scienza medica; in difetto di
malattia professionale "tabellata" contratta nell'esercizio di lavorazioni, o in dipendenza
dell'esposizione a sostanze, parimenti tabellate, deve essere verificato in concreto l'eventuale
nesso di causalità tra malattia e attività lavorativa dell'assicurato, indipendentemente dalla loro
inclusione nella tabella”.
(C. Cass. Sezione Lavoro n. 8310 del 24/7/1991).
Eventuali concause non escludono il nesso di causalità711, come già precisato dalla Corte di
Cassazione, la quale ha ormai consolidato il suo orientamento712, ispirato dalla Sentenza della Corte
Costituzionale n. 179 del 1988:
“la concorrenza di fattori causali professionali e non professionali, implica l’applicazione del
principio dell’equivalenza delle condizioni recepito dall’art. 41 c.p., per cui va attribuita
710
Con espressione mutuata dalla recente giurisprudenza penale: Cass. IV^ Sez. Pen., Sentenza 22.11.2005, n. 1977.
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza del 04.11.2010, n. 22441.
712
Corte di Cassazione, Sez. Lav., Sentenza del 17.03.2006, n° 5932/06.
711
CAPITOLO XII | 225
efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito – anche in maniera indiretta e
remota – alla produzione dell’evento…”
e713
“se indubbiamente appare discostarsi dalle normali regole assicurative, è invece in linea con le
finalità sociali dell’assicurazione sociale nelle quali ha rilevanza dirimente la regola del ‘in
dubio pro misero’”.
Per il riconoscimento delle prestazioni assistenziali, l’accertamento del nesso di causalità
risiede nella regola della preponderanza ‘dell’evidenza o «del più probabile che non»’, in ragione
della ‘diversità’ rispetto al ‘processo penale’ (cfr. Cass. Sez. Unite, Sent. 581/08 ed ex multis Cass.
16 ottobre 2007, n. 21619; Cass. 18 aprile 2007, n. 9238; Cass. 5 settembre 2006, n. 19047; Cass. 4
marzo 2004, n. 4400; Cass. 21 gennaio 2000, n. 632), ed è sufficiente la ‘probabilità qualificata’
(Cass., Sentenza 6388/98), che può essere verificata attraverso ulteriori elementi, come i dati
epidemiologici, idonei a tradurre la conclusione probabilistica in certezza giudiziale.
“E’ di tutta evidenza che per ritenere un evento probabile si richiede che il grado di probabilità
sia per lo meno superiore al 50%: criterio che può essere in linea di massima accettato in sede
previdenziale, come causalità debole, ancora più debole della causalità civile. Ma di fatto non
esiste alcun metodo, in questo ambiti per formulare una elevata stima percentuale. Chi utilizza
queste formulazioni… esprime una convinzione soggettiva… mediante varie formule ‘serie ed
apprezzabili probabilità’, ‘molto probabile’, ‘notevoli probabilità’, ‘elevata probabilità’” (Cass.,
Sentenza 3602/98)… La differenza appare solo di natura quantitativa e può racchiudersi nei
concetti di causalità forte (in sede penale) e di causalità debole negli altri due ambiti forse con
ulteriore qualificazione di causalità ultradebole in sede previdenziale”714.
“In tema di responsabilità professionale del medico, nella ricerca del nesso di causalità tra la
condotta dell’agente e l’evento, al criterio della certezza degli effetti della condotta lesiva si può
(e si deve, occorrendo) sostituire il criterio della probabilità, anche limitata, di tali effetti e della
idoneità della condotta a produrli; ne consegue che il rapporto di causalità sussiste anche quando
l’opera del sanitario, se correttamente e tempestivamente intervenuta, avrebbe avuto non già la
certezza, bensì soltanto serie ed apprezzabili possibilità di successo, tali che la vita del paziente
sarebbe stata, con una certa probabilità, salvata (nella specie trattasi di omicidio colposo per
tardiva diagnosi di infezione tetanica in donna sottoposta a taglio cesareo; i giudici di merito
avevano ritenuto il nesso causale tra la condotta omissiva del medico e l’evento letale,
sussistendo la probabilità del 30% che un corretto e tempestivo intervento terapeutico avrebbe
avuto esito positivo”
713
Nelle malattie professionali la distinzione tra malattie tabellate e malattie non tabellate, introduce un doppio metodo,
per le prime sussiste una presunzione legale di origine, per le seconde un onere probatorio più rigoroso a carico
dell’avente diritto. Il sistema tabellare inizialmente circoscriveva la riconducibilità a malattia professionale di quelle
sole patologie che fossero contemplate nelle tabelle, ed escludeva che si potessero riconoscere come patologie
indennizzabili quelle che non vi erano contemplate, fino a quando la Corte Costituzionale con le Sentenze
rispettivamente 179 del 18.02.88 e 206 del 25.02.88 sanciva il superamento del sistema, ai fini dell’affermazione di un
sistema complementare che sancisse l’indennizzo “anche per le malattie sia comunque provata la causa di lavoro”
(Corte Costituzionale, Sentenze n. 179 del 18.02.88, e n. 206 del 25.02.88). La Corte di Cassazione, a Sezione Unite,
con Sentenza 1919 del 09.03.1990, ha confermato che l’unica distinzione tra queste patologie risiede unicamente sul
piano probatorio, poiché sul piano indennitario non si poteva né si doveva intravedere nessuna differenza (Prof. Angelo
Fiori, LA CAUSALITÀ NELLE MALATTIE PROFESSIONALI, Lezione Magistrale, VI Convegno Nazionale di Medicina
Legale e Previdenziale).
714
A. Fiori, LA CAUSALITÀ NELLE MALATTIE PROFESSIONALI, Sesto Convegno Nazionale di Medicina Legale
Previdenziale.
226 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
(Cass. Pen. Sez. IV, 17 gennaio 1992, Silvestri e altro, in Dir. Famiglia, 1992, 580; ID in Nuova
Giur. Civ. commentata, 1992, I, 358).
Per la valutazione causale degli agenti patogeni è necessario tener conto in concreto anche
delle condizioni fisiche del singolo e ai fini della prova della sussistenza del nesso causale tra i
fattori di rischio e la patologia denunciata è sufficiente la ragionevole certezza dell’origine
professionale della malattia (Cass. 10.02.2011, n. 3227; Cass. 05.08.2010, n. 18270; Cass.
21.12.2009, n. 26893), che deve ritenersi sussistente in presenza di un grado di probabilità
(cosiddetta qualificata) desumibile anche da dati epidemiologici e dalla letteratura scientifica (nota
Inail 16.02.2006 n. 7876 bis), sulla base della constatazione che ‘non si poteva escludere che’ le
attività nell’ambiente lavorativo hanno comunque determinato una influenza negativa
sull’insorgenza o sul più grave decorso dell’infermità denunciata, secondo i principi del ‘più
probabile che non’, tenendo conto che715
“…la presenza nell’ambiente lavorativo dei fattori di nocività, quando non sia possibile
riscontrare con certezza le condizioni di lavoro esistenti all’epoca della dedotta esposizione al
rischio, può essere desunta con un elevato grado di probabilità, dalla tipologia delle lavorazioni
svolte, dalla natura dei macchinari presenti nell’ambiente di lavoro e dalla durata della
prestazione lavorativa. A tale scopo ci si dovrà avvalere dei dati delle indagini mirate di igiene
industriale, di quelli della letteratura scientifica, dalle informazioni tecniche, ricavabili da
situazioni di lavoro con caratteristiche analoghe, nonché di ogni altra documentazione e
conoscenza utile a formulare un giudizio fondato su criteri di ragionevole verosimiglianza…”.
La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro con la Sentenza n. 2002 del 02.02.2005, nel
riformare la decisione della Corte territoriale, riconosceva la natura professionale del tumore
polmonare diagnosticato a due lavoratori prima che questa patologia fosse contemplata nelle nuove
tabelle, integrate con notevole ritardo, rispetto ai dati della ricerca scientifica, con il D.P.R. n.
336 dell'aprile 1994, alle quali fa esplicito riferimento nella motivazione, e per il loro decesso ha
accolto la domanda delle vedove e condannato l’INAIL, il cui ricorso incidentale veniva rigettato, a
costituire le relative rendite, e ad erogare ogni altra prestazione dovuta:
“Ciò posto, può dirsi, in applicazione di principi consolidati, che il nesso causale tra il decesso
del lavoratore e l'attività lavorativa è da reputare sussistente ogni volta che, secondo le leggi
scientifiche in materia risulti altamente probabile - secondo criteri di prove statistiche - che il
lavoratore deceduto, avendo operato in ambiente inquinato, abbia potuto contrarre la patologia
letale riscontrata.
In altre parole, in base alle leggi scientifiche in materia di esposizione all'azione dell'amianto,
secondo l'accertamento compiuto dal primo giudice (che non è specificamente censurato
dall'INAIL in questa sede) deve ritenersi di natura professionale il decesso dei due assicurati, in
conseguenza della attività a lungo espletata in ambiente fortemente inquinato da fibre della detta
sostanza: è agli atti la prova che il decesso di entrambi i lavoratori sia collegata alla malattia
professionale, a sua volta derivata dalla lunga esposizione a rischio di inalazione delle fibre
menzionate. Il primo giudice ha richiamato i dati risultanti dalla sentenza penale e la consulenza
tecnica effettuata nel giudizio di primo grado, concludendo che vi possono essere dubbi, all'esito
di una rigorosa valutazione dei dati acquisiti con il supporto dei più accreditati studi condotti a
livello internazionale e di dati epidemiologici omogenei rispetti ai casi in esame, sull'esistenza
del nesso eziologico tra esposizione all'azione dell'amianto e le neoplasie riscontrate, che hanno
portato alla morte di entrambi gli assicurati.
715
Circolare INAIL prot. n. 7876/bis del 16.02.2006;
CAPITOLO XII | 227
Questa, del resto, doveva essere opinione condivida dallo stesso Istituto, se è vero che lo stesso almeno per il coniuge della Goliuso - aveva ammesso il caso all'indennizzo, preavvertendo
addirittura della prossima costituzione della rendita a superstiti.
I ricorsi della Goliuso e della Festivo devono, in conclusione, essere accolti, quello incidentale
dell'INAIL rigettato.
La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione alle censure accolte”.
Il principio di diritto, dell’alta probabilità, secondo criteri statistici, della possibilità di
contrarre la patologia, ai fini del riconoscimento del nesso causale è affermato in modo
inoppugnabile716:
“il nesso causale tra il decesso del lavoratore e l'attività lavorativa è da reputare sussistente ogni
volta che, secondo le leggi scientifiche in materia risulti altamente probabile - secondo criteri di
prove statistiche - che il lavoratore deceduto, avendo operato in ambiente inquinato, abbia
potuto contrarre la patologia letale riscontrata”.
12.10 Le prestazioni.
L’art. 66 del D.P.R. 1124/65 specifica le prestazioni assicurative in favore di lavoratori
vittime di infortunio o di malattia professionale:
1) un’indennità giornaliera per l’inabilità temporanea;
2) una rendita per l’inabilità permanente;
3) un assegno per l’assistenza personale continuativa;
4) una rendita ai superstiti e un assegno una volta tanto in caso di morte;
5) le cure mediche e chiurgiche, compresi gli accertamenti clinici;
6) la fornitura degli apparecchi di protesi.
Queste prestazioni sono dovute dall’istituto assicuratore anche nel caso in cui il datore di
lavoro non abbia adempiuto gli obblighi stabiliti dalla legge (art. 67 del D.P.R. 1124/65), secondo il
principio di automaticità.
12.11 Le prestazioni sanitarie.
L’Inail assicura le cure mediche e chirurgiche, i soccorsi di urgenza, gli accertamenti clinici e
la fornitura di apparecchi di protesi, presso le strutture del Servizio Sanitario Nazionale, con oneri a
suo carico, mentre sono di sua competenza gli accertamenti e le prestazioni medico legali (art. 12,
comma I, legge 67/88), per tutto il tempo della inabilità temporanea (art. 86 del D.P.R. 1124/65) e
senza che l’infortunato possa rifiutarsi.
Assicura cure ambulatoriali, protesi e cure termali e soggiorni climatici, durante i quali
l’assicurato ha diritto all’indennità per inabilità temporanea assoluta o integrazione della rendita e al
rimborso delle spese di viaggio di andata e ritorno e del soggiorno in albergo convenzionato.
12.12 Le prestazioni economiche in favore dell’assicurato.
L’infortunio sul lavoro e le malattie professionali, ivi comprese quelle asbesto correlate, sono
indennizzabili nel caso in cui provochino al lavoratore, oltre alla inabilità temporanea assoluta, la
morte o la lesione personale, purchè con postumi non inferiori al 6%, per quanto riguarda il danno
biologico, e al 16% per quanto riguarda la riduzione della capacità generica di lavoro, e in assenza
di questi requisiti e presupposti la patologia non è indennizzabile.
716
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza n. 2002 del 02.02.2005.
228 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
Non sono indennizzabili conseguenze che non assumono particolare rilievo, né quei
pregiudizi, come il danno morale, esistenziale, etc. che non determinano menomazione psicofisica
suscettibile di una valutazione medico legale, né una riduzione della capacità lavorativa.
12.12.1 Inabilità temporanea assoluta.
Le norme di cui agli artt. 68 e 73 del D.P.R. 1124/65 stabiliscono che in caso di inabilità
temporanea assoluta in seguito ad infortunio sul lavoro o malattia professionale il lavoratore ha
diritto alla retribuzione che è posta a carico del datore di lavoro per i primi 4 giorni, e dell’Inail, per
il periodo successivo, salva la possibilità di prevedere nei contratti collettivi l’obbligo di
integrazione del datore di lavoro.
Trattamento
Giornate di assenza
Giorno dell’infortunio (o in cui si è
manifestata la malattia
professionale)
Dal 1° al 3° giorno successivi
(periodo di carenza) (*)
Dal 4° al 90° giorno (anche non
continuativi) (*)
Datore di lavoro
INAIL
100% del guadagno medio
giornaliero
60% del guadagnomdio giornaliero
60% della retribuzione media
giornaliera
75% della retribuzione media
Dal 91° giorno alla guarigione (*)
giornaliera
(*) Si intendono come giorni di calendario compresi sabato, domenica e festività.
12.12.2 Le prestazioni per inabilità permanente.
L’art. 13 del D.L.vo 38/2000 ha integrato l’originario sistema ed ha stabilito che in luogo
della prestazione di cui all'articolo 66, primo comma, numero 2), del D.P.R. 1124/65, fosse erogato
l’indennizzo del danno biologico, ove abbia causato una invalidità di natura permanente, capace di
menomare l’integrità psicofisica del soggetto e di ripercuotersi su tutte le sue attività e capacità ed
ha stabilito:
2. In caso di danno biologico, i danni conseguenti ad infortuni sul lavoro e a malattie
professionali verificatisi o denunciati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto
ministeriale di cui al comma 3, l'INAIL nell'ambito del sistema d'indennizzo e sostegno sociale, in
luogo della prestazione di cui all'articolo 66, primo comma, numero 2), del testo unico, eroga
l'indennizzo previsto e regolato dalle seguenti disposizioni:
a) le menomazioni conseguenti alle lesioni dell'integrità psicofisica di cui al comma 1 sono
valutate in base a specifica ‘tabella delle menomazioni’, comprensiva degli aspetti dinamicorelazionali. L'indennizzo delle menomazioni di grado pari o superiore al 6 per cento ed inferiore al
16 per cento è erogato in capitale, dal 16 per cento è erogato in rendita, nella misura indicata
nell'apposita ‘tabella indennizzo danno biologico’. Per l'applicazione di tale tabella si fa riferimento
all'età dell'assicurato al momento della guarigione clinica. Non si applica il disposto dell'articolo 91
del testo unico;
b) le menomazioni di grado pari o superiore al 16 per cento danno diritto all'erogazione di
un'ulteriore quota di rendita per l'indennizzo delle conseguenze delle stesse, commisurata al grado
della menomazione, alla retribuzione dell'assicurato e al coefficiente di cui all'apposita ‘tabella dei
coefficienti’, che costituiscono indici di determinazione della percentuale di retribuzione da
prendere in riferimento per l'indennizzo delle conseguenze patrimoniali, in relazione alla categoria
CAPITOLO XII | 229
di attività lavorativa di appartenenza dell'assicurato e alla ricollocabilità dello stesso. La
retribuzione, determinata con le modalità e i criteri previsti dal testo unico, viene moltiplicata per il
coefficiente di cui alla ‘tabella dei coefficienti’. La corrispondente quota di rendita, rapportata al
grado di menomazione, è liquidata con le modalità e i criteri di cui all'articolo 74 del testo unico.
L’indennizzo del danno biologico (art. 13, comma 2, n°1, D. Lgs. 38/00) è svincolato dal
reddito e non viene determinato in base alla retribuzione, ed è corrisposto sotto forma di capitale per
gradi di invalidità pari o superiori al 6% e inferiori al 16%, e nel caso di menomazione pari o
superiore viene corrisposta una quota aggiuntiva di rendita per le conseguenze patrimoniali che
derivano dalla menomazione (ex art. 13, comma 2, n. 2, D. Lgs. 38/00), calcolata e liquidata con i
criteri di cui all’art. 74, proporzionata al grado di inabilità sulla base delle aliquote di retribuzione, e
quindi per inabilità dal 16% al 64%, con aliquota crescente con il grado di inabilità, dal 50% al 98%
e per inabilità dal 65% al 100%, aliquota pari al 100%.
La rendita diretta è liquidata sulla base della retribuzione effettiva corrisposta al lavoratore nei
12 mesi antecedenti l’infortunio o la malattia professionale, e ove non avesse prestato la sua opera
durante questo periodo in modo continuativo, ovvero qualora fosse stato dipendente di più datori di
lavoro, e non sia possibile il cumulo, la retribuzione annua si valuta uguale a 300 volte la
retribuzione giornaliera, entro determinati limiti, massimi e minimi.
Per la liquidazione delle rendite relative ai postumi per asbestosi, così come stabilisce l’art.
147 del D.P.R. 1124/65, la retribuzione annua da assumersi come base di calcolo è quella percepita
dal lavoratore, nei 12 mesi precedenti la manifestazione della malattia durante il periodo nel quale il
lavoratore è stato adibito alle lavorazioni morbigene e ove le avesse abbandonate la rendita
differisce a seconda se sia disoccupato o occupato in lavorazione non soggette all’obbligo
dell’assicurazione, e in qual caso si assume come base di riferimento la retribuzione percepita dai
lavoratori nella medesima località e nella medesima lavorazione alla quale era adibito il lavoratore
alla data dell’abbandono; e ove fosse occupato in attività soggetta ad obbligo di assicurazione, per il
qual caso si assume la liquidazione della retribuzione che sarebbe servita per la determinazione
della rendita, ove la liquidazione fosse avvenuta alla data dell’abbandono.
In conclusione, l’art. 13 del D.Lgs. 38/2000 precisa che, in caso di danno biologico, definito
come ‘lesione all’integrità psicofisica, suscettibile di valutazione medico-legale, della persona’, le
menomazioni conseguenti vengono indennizzate in termini di danno biologico e danno
patrimoniale, secondo i seguenti requisiti:
§ causa lavorativa dell’infortunio o della malattia
§ grado di menomazione dell’integrità psicofisica compreso tra il 6% ed il 100%.
Le menomazioni conseguenti alle lesioni psicofisiche sono indennizzate, senza alcun
riferimento alla retribuzione, in base a:
§ tabella delle menomazioni
§ tabella dell’indennizzo danno biologico.
Le prestazioni consistono in:
§ indennizzo in capitale: se il grado di menomazione è pari o superiore al 6% e inferiore al
16%;
§ indennizzo in rendita: se il grado di menomazione è pari o superiore al 16%.
Nel caso di indennizzo in capitale, oggetto dell’indennizzo è il solo danno biologico. Nel caso
di indennizzo in rendita, la rendita stessa viene integrata, per l’indennizzo delle conseguenze
patrimoniali, di una ulteriore quota commisurata al grado di menomazione, alla retribuzione
percepita ed al coefficiente individuato nell’apposita ‘tabella dei coefficienti’.
230 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
Grado di invalidità
Indennizzo del danno biologico (ex
13, co. 2, a, D. Lgs. 38/00)
Quota per il danno patrimoniale
(ex 13, co. 2, b, D. Lgs. 38/00)
Fino al 6%
Franchigia
Dal 6% al 15%
Capitale per il solo indennizzo del
danno biologico
A partire dal 16%
Rendita per indennizzo del danno biologico più quota aggiuntiva per le
conseguenze patrimoniali derivanti dalla menomazione717
12.13 Altre prestazioni.
12.13.1 L’assegno di incollocabilità.
Le norme di cui agli artt. 180 del D.P.R. 1124/65 e 10 della legge 246/76, stabiliscono il
diritto all’assegno mensile pagato con la rendita diretta, che svolge una funzione sostitutiva
dell’avviamento obbligatorio al lavoro nei confronti degli invalidi che hanno perso ogni capacità
lavorativa o che per il grado o per la natura della invalidità, potrebbero essere nocivi per
l’incolumità degli altri lavoratori o per la sicurezza degli impianti (Corte di Cassazione 03.03.1986,
n. 1338).
Con decorrenza dal 1° gennaio 2007, i requisiti per avere diritto all’assegno di incollocabilità
sono costituiti dalla sussistenza di un grado di riduzione dell’integrità psicofisica (danno biologico)
di grado superiore al 20%, secondo le tabelle per il calcolo biologico; l’età non superiore ai limiti
pensionistici stabiliti dalla legge, la incollocabilità riconosciuta dalla DPL.
Questo assegno viene concesso dopo un mese dalla presentazione della richiesta all’Inail e
viene pagato fino al compimento dell’età pensionabile, salvo che nel frattempo non intervengano
variazioni sui requisiti di accesso, ed è di importo pari ad €239,16 (come rivalutato in seguito al
D.M. 20.05.2011; Circolare Inail del 19.09.2011, n. 46).
12.13.2 La rendita di passaggio.
La rendita di passaggio è una prestazione economica particolare che viene riconosciuta in
favore dei lavoratori affetti da silicosi o asbestosi per effetto delle norme di cui agli artt. 150 e 151
del D.P.R. 1124/65 (nota Inail 11.01.2007, n. 264), al fine di incentivarne l’abbandono delle attività
pericolose e che viene concessa dall’Inail a coloro che ne hanno avuto il riconoscimento, purchè
con grado di inabilità non superiore all’80%, e dal 1° gennaio 2007, con danno biologico di
qualunque grado, purchè non superiore al 60%, e che sono occupati nella lavorazione nella quale si
è contratta la malattia professionale che si vuole abbandonare ai fini di profilassi (anche nel caso in
cui la concentrazione delle polveri non sia sufficiente a determinare l’insorgenza della malattia718),
con decorrenza dalla data di effettivo abbandono della lavorazione a rischio e per il periodo di 1
717
La giurisprudenza di legittimità ha, di volta in volta, definito l`attitudine al lavoro di cui all`art. 74 del d.P.R. n. 1124
del 1965 come la possibilità di esercitare un lavoro di qualsiasi genere, suscettibile di utilità economica,
indipendentemente dalla incidenza che la menomazione esplica sulla capacità di lavoro dell`assicurato (cfr. Cass. 14
aprile 1982, n. 2239, ; Cass. 14 febbraio 1983, n. 1158, ; Cass. 9 aprile 1987, n. 3520, ), come la capacità di svolgere un
qualunque lavoro manuale medio (cfr. Cass. 14 luglio 1984, n. 4129; Cass. 24 luglio 1990, n. 7495, ), come la capacità
biologica di erogare energie fisiopsichiche per il compimento di una qualsiasi attività lavorativa (cfr. Cass. 21 agosto
1986, n. 5138, ), come la capacità lavorativa generica tout court, ovvero come la capacità biologica di guadagno (cfr.
Cass. 30 ottobre 1982, n. 5737). In definitiva qui il pregiudizio è a carico della capacità di guadagno dell`assicurato
genericamente intesa.
718
Come precisato dalla Corte di Cassazione, con Sentenza n. 2500 del 21.02.2002.
CAPITOLO XII | 231
anno, indipendentemente dalle prestazioni o dalle indennità che già spettano in seguito all’accertata
riduzione dell’attitudine al lavoro.
La rendita è pari a 2/3 della differenza in meno tra la retribuzione giornaliera percepita nei 30
giorni precedenti l’abbandono della lavorazione a rischio e quella percepita nella nuova
occupazione e nel caso in cui rimanga temporanemanete disoccupato è pari a 2/3 della retribuzione
giornaliera percepita negli ultimi 30 giorni, comunque senza poter superare tenendo conto delle
altre indennità la retribuzione percepita dall’assicurato nella lavorazione nel corso della quale è
stato causato l’insorgere della malattia professionale.
12.13.3 Le quote integrative.
L’articolo 77 del TU 1124/1965 prevede che se l’infortunato ha moglie e figli, solo moglie o
solo figli aventi requisiti di cui ai nn. 1 e 2 dell`art. 85 la rendita è aumentata di un ventesimo per la
moglie e per ciascun figlio, indipendentemente dalla data di matrimonio e di nascita.
Tali quote integrative della rendita sono corrisposte anche nel caso in cui l’infortunio sia
occorso ad una donna; a tale effetto, per quanto riguarda il coniuge, debbono ricorrere le condizioni
di cui al secondo e terzo comma dei n. 1 dell`art. 85.
Le quote integrative della rendita seguono le variazioni della rendita e cessano in ogni caso
con questa, qualora non siano cessate prima per il decesso della persona per la quale furono
costituite.
Le quote predette, che sono parte integrante della rendita liquidata all’infortunato, sono
riferite per tutta la durata della rendita alla composizione della famiglia dell`infortunato stesso. La
rendita è aumentata di 1/20 per il coniuge e per i figli fino a 18 anni; per i figli inabili, senza limiti
di età, finché dura l`inabilità; per i figli viventi a carico fino a 21 anni se studenti di scuola media
superiore e e per tutta la durata normale del corso, ma non oltre il ventiseiesimo anno di età, se
studenti universitari.
In questi ultimi due casi, peraltro, e necessario fornire la prova della vivenza a carico del
lavoratore infortunato, vivenza a carico che e invece presunta/iuris et dejure per la moglie e per i
figli inabili o di eta non superiore ai diciotto anni.
La Corte cost. 12 maggio 1988 n. 529 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 77, II
c, T.U. 1965 per violazione degli artt. 3 e 29 Cost. nella parte in cui, per il periodo di tempo
anteriore all’entrata in vigore della L. 9 dicembre 1977, n. 903, riconosceva il diritto della moglie
infortunata alla quota integrativa della rendita solo nell’ipotesi di riduzione dell’attitudine al lavoro
del marito a meno di un terzo, anziché per il semplice fatto della vivenza a carico della moglie, che
è situazione considerata invece sufficiente per 1’ipotesi in cui l’infortunato sia il marito. Le quote
integrative hanno natura indennitaria e costituiscono parte integrante della rendita, giacché
perseguono la funzione di risarcire i familiari dell’infortunato che, vivendo con quest’ultimo,
risentono anch`essi della conseguenza dell`infortunio; pertanto, tali maggiorazioni non
rappresentano un’erogazione assimilabile agli assegni familiari, e quindi, per essi non opera il
divieto di cumulo sancito in generale dall’art. 16, 1 c, D.L. 2 marzo 1974 n. 30 fra i suddetti assegni
e gli altri trattamenti di famiglia comunque denominati. Il tutto purche`, per quanto concerne la
moglie, non vi sia stata sentenza di separazione personale passata in giudicato e pronunciata per
colpa di lei o di entrambi i coniugi.
232 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
12.14 Le prestazioni ai superstiti.
12.14.1 La rendita in favore del coniuge, dei figli e degli altri familiari.
Le norme di cui agli artt. 85, 105 e 106 del D.P.R. 1124/65 stabiliscono che qualora
l’infortunio o la malattia professionale abbiano cagionato la morte dell’assicurato, ai superstiti
spetta, dal giorno successivo, una rendita proporzionata alla retribuzione annua del lavoratore
deceduto, senza che possa superare l’importo dell’intera retribuzione e con l’obbligo dell’Inail di
avvertire i superstiti della necessità di proporre domanda entro i termini, senza alcun indennizzo del
danno biologico719.
Ammontare della rendita (% della
retribuzione)
50%
Beneficiari
Coniuge (1)
Durata e condizioni
Fino alla morte o nuovo matrimonio
- fino a 18 anni
- fino a 21 se studenti di scuola superiore
Figli (legittimi, naturali, riconosciuti o
20%
o professionale
riconoscibili, adottivi, affiliati, affidati)
- fino a 26 se universitari
- fino alla morte se inabile
- fino a 18 anni
Orfani di entrambi i genitori o dell'unico
- fino a 21 se studenti di scuola superiore
genitore naturale che li ha riconosciuti (2) 40%
o professionale
Orfani di un solo genitore naturale (3)
- fino a 26 se universitari
- fino alla morte se inabile
Ascendenti (in mancanza di coniuge e
Fino alla morte, se provata la vivenza a
20%
figli)
carico (4) del defunto
Fratelli o sorelle (in mancanza di coniuge
Nei limiti previsti per i figli e se provata
20%
e figli)
la convivenza a carico del defunto
(1) Anche se legalmente separato al momento dell'infortunio ed indipendentemente dal fatto che fosse destinatario di un assegno di
mantenimento (Cass. 23 agosto 2000 n. 11025).
(2) C. Cost. 21 dicembre 1985 n. 360
(3) A decorrere dal 2 aprile 2009 (C. Cost. 11 marzo 2009 n. 86). La rendita deve essere, inoltre, concessa per tutte le giudiziarie;
non erano prescritte o coperte da giudicato nei termini suddetti. In queste ipotesi la misura del 40% viene corrisposta dalla data di
decorrenza della rendita.
Nei casi definii antecedentemente al 2 aprile 2009 per i quali i figli naturali riconosciuti o riconoscibili risultino titolari di rendita ai
superstiti nella misura del 20% la misura della rendita va elevata al 40% a far data dal rateo di rendita di aprile 2004 (Circ. INAIL
13 maggio 2009 n. 24).
(4) La vivenza a carico sussiste quando al mantenimento dell'ascendente, in quanto privo di mezzi di sussistenza autonomi,
concorreva in modo consistente il defunto (Cass. 24 novembre 1997 n. 11745. Trib. Cremona 5 gennaio 2007). A tal fine occorre
considerare anche il reddito del coniuge dell'ascendente dal momento che anche in assenza del regime di comunione legale tra i
coniugi, sussiste comunque l'obbligo di assistenza materiale (Cass. 4 marzo 2002 n. 3069).
12.14.2 Assegno continuativo mensile.
In caso di morte del titolare della rendita per inabilità permanente di grado non inferiore al
65% per diversa patologia rispetto a quella riconosciuta come quella professionale, spetta al coniuge
e ai figli superstiti uno speciale assegno continuativo mensile, pari ad una quota parte della predetta
rendita.
Beneficiari
Coniuge (1) (2)
Figli inabili (2)
Figli (legittimi, naturali, riconosciuti o
riconoscibili, adottivi, affiliati, affidati)
(2)
719
Ammontare della rendita (% della
retribuzione)
50%
50%
20%
Durata del beneficio e condizioni
Fino alla morte o nuovo matrimonio
Finché dura l'inabilità
- fino a 18 anni
- fino a 21 se studenti di scuola superiore
viventi a carico e senza lavoro retribuito
- fino a 26 se universitari viventi a carico
L’art. 13, D. Lgs. 38/00, non riconosce l’indennizzo del danno biologico in caso di morte dell’assicurato, e in forza
di quanto stabilito nell’11° comma (Per quanto non previsto dalle presenti disposizioni, si applica la normativa del testo
unico, in quanto compatibile) trovano dunque applicazione le norme originarie del D.P.R. 1124/65.
CAPITOLO XII | 233
e senza lavoro retribuito
- fino a 18 anni
- fino a 21 se studenti di scuola superiore
- fino a 26 se universitari
- fino alla morte se inabile
(1) L'assegno non spetta al coniuge separato con sentenza passata in giudicato o divorziato, tranne il caso in cui la sentenza di
separazione o di divorzio non ponga l'obbligo del mantenimento o degli alimenti a carico dell'altro coniuge.
(2) Il diritto è condizionato dal fatto che tali soggetti non abbiano titolo a rendite, a prestazioni economiche previdenziali o ad altri
redditi (escluso il reddito della casa di abitazione) d importo pari o superiore a quello del suddetto assegno.
Orfani di entrambi i genitori (2)
40%
12.14.3 Assegno funerario.
Ai superstiti dei lavoratori deceduti per infortunio sul lavoro o per malattia professionale
spetta un assegno a rivalutazione monetaria periodica, come la rendita, e qualora non ci fossero
eredi a coloro che dimostrino di avere sostenuto le spese in occasione dell’evento, così come
stabilisce l’art. 86 comma 3 del D.P.R. 1124/65.
12.14.4 Prestazioni del Fondo Gravi Infortuni.
Ai familiari dei lavoratori deceduti per infortunio sul lavoro verificatosi dopo il 1° gennaio
2007, sono erogati benefici economici, tra i quali una prestazione una tantum di importo stabilito
ogni anno con D.M., commisurata al numero dei familiari superstiti ed erogata dall’Inail e una
anticipazione della rendita ai superstiti pari a 3 mensilità, in favore di coloro cui spetta la rendita e
alle medesime condizioni.
Tipologia
A
B
C
D
N. superstiti
1
2
3
Più di 3
Importo (€)
6.500,00
7.500,00
10.000,00
15.000,00
La disposizione in esame rileva poiché, come abbiamo già prima evidenziato, l’insorgenza
delle patologie asbesto-correlate deve essere considerata un infortunio sul lavoro, per la causa
violenta che la determina, e come tale dà luogo al diritto di cui all’art. 1, comma 1187, Legge
296/06 e di cui all’art. 9, comma 4, letta d, D. Lgs. 81/08; e del D.M. 19.11.2008.
12.15 La procedura per ottenere l’indennizzo.
Il lavoratore deve informare tempestivamene il datore di lavoro, il quale a sua volta deve fare
denuncia dell’evento all’Inail, la quale avvia il procedimento di accertamento.
L’avente diritto deve proporre domanda di indennizzo, specificando la prestazione richiesta,
rendita, indennità, etc. e su di lui incombe l’onere della prova (art. 2697 c.c.).
12.16 La prescrizione.
L’azione per conseguire le prestazioni si prescrive nel termine di 3 anni dal giorno
dell’infortunio o dalla data della manifestazione della malattia professionale (art. 112 del D.P.R.
n°1124/65) e rimane sospeso durante la liquidazione amministrativa, per 150 giorni, per il
procedimento previsto dall’art. 104, e per 210 per quello indicato nell’art. 83, del D.P.R. n°1124/65,
decorsi i quali l’interessato ha facoltà di proporre l’azione giudiziaria.
234 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
12.17 Decorrenza della prescrizione.
La prescrizione inizia a decorrere da quando il diritto può essere fatto valere, ovvero da
quando si siano verificate tutte le condizioni di legge, e quindi per quanto riguarda le patologie
asbesto-correlate, da quando si sono manifestate, sussistendo inabilità indennizzabile e
consapevolezza della loro natura professionale.
Nel caso di patologie multifattoriali, come alcune tra le quali il tumore polmonare, etc., la
prescrizione inizia a decorrere dalla diagnosi della malattia e dei suoi profili tecnopatici, della sua
origine professionale e il raggiungimento della misura minima indennizzabile (Corte di Cassazione,
Sezione Lavoro, Sentenza 21.11.2001, n°14665).
La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la Sentenza n. 8257 del 2003 ha precisato:
“La manifestazione della malattia professionale, rilevante quale dies a quo per la decorrenza del
termine prescrizionale di cui all'art. 112 del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, può ritenersi
verificata solo quando la consapevolezza circa l'esistenza della malattia, l'origine professionale
ed il grado invalidante sia desumibile da eventi oggettivi ed esterni alla persona dell'assicurato,
che costituiscano fatto noto ai sensi degli artt. 2727 e 2729 c.c., quali la domanda
amministrativa (con valore di presunzione semplice), certificati medici che attestino l'esistenza
della malattia al momento della certificazione, od altri fatti noti dai quali sia possibile trarre
presunzioni gravi, precise e concordanti circa lo stato soggettivo di consapevolezza
dell'assicurato. Non corrisponde a tali requisiti un giudizio peritale posteriore, che desuma la
consapevolezza anteriore unicamente dalla gravità della malattia, dal medesimo accertata in
sede peritale”.
Ancora più recentemente, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la Sentenza n. 2002
del 2005, proprio riferendosi al tumore polmonare di origine professionale per esposizione ad
amianto, ha chiarito:
“L'INAIL, come già rilevato, ha eccepito la prescrizione sul solo rilievo che le domande di
rendita sono state proposte, con ricorso al giudice del lavoro, dopo il decorso dei tre anni dalla
morte dei rispettivi coniugi.
Una volta stabilito, tuttavia, che la morte, di per sè, non è sufficiente a legittimare l'esercizio del
diritto al conseguimento del diritto alla prestazione INAIL, ne deriva che la morte non può
neppure rappresentare il momento iniziale del termine di prescrizione. Come esattamente ha
rilevato il primo giudice, l'INAIL deve, dunque, dimostrare che tra la conoscibilità del carattere
professionale delle malattie determinative della morte dei rispettivi coniugi e le date di
presentazione delle domande di rendita delle ricorrenti, vi era stato un intervallo di almeno tre
anni, ai fini della maturazione del termine prescrizionale.
Non essendo stato soddisfatto tale onere, (come già detto l'INAIL anzi ha continuato ancora a
negare l'esistenza di un nesso di causalità tra esposizione a rischio e decesso e quindi l'origine
professionale della malattia) l'eccezione di prescrizione deve essere respinta.
Come è già stato posto in luce dalla sentenza del Tribunale, ancora in anni successivi alle
domande amministrative, l'INAIL aveva pervicacemente continuato a negare che i lavoratori
(poi deceduti) fossero stati esposti al rischio amianto, e così al rischio delle malattie
professionali dagli esiti letali.
Contraddittoriamente, dopo avere ammesso (nel caso della Goliuso il caso ad indennizzo)
l'Istituto aveva poi invocato per entrambe le posizioni (Goliuso e Festivo), la prescrizione
triennale, nel giugno 1990, arrivando persino a sostenere, in sede di costituzione nel giudizio di
primo grado "l'infondatezza della domanda in quanto priva del requisito essenziale del nesso di
causalità tra evento lesivo e morte del lavoratore" (3 maggio 1994). Il tutto in aperta
contraddizione con il comportamento precedente e, tra l'altro, quando la nuova tabella delle
CAPITOLO XII | 235
malattie professionali di cui al D.P.R. n. 336 dell'aprile 1994 indicava già tra le malattie
neoplastiche causate dall'asbesto il mesotelioma pleurico, pericardico e peritoneale ed il
carcinoma del polmone.
Tale elemento, di per sè solo, sarebbe sufficiente a determinare l'accoglimento della domanda.
Solo da questo momento, infatti, deve ritenersi che fosse oramai acquisita la conoscenza di tutti
i presupposti di legge. E nonostante ciò l'Istituto continuava a negare l'esistenza del nesso
eziologico tra esposizione a rischio e malattia professionale.
Il Collegio non vuole sostenere la retroattività della inclusione tra le malattie tabellate. Sui
ritardi con il quale il nostro Paese ha acquisito dati scientifici già da tempo noti nella scienza
medica non è qui il caso di soffermarsi.
Solo da questo momento poteva iniziare a decorrere il termine di prescrizione, sulla base dei
dati medici acquisiti.
In ogni caso, nel caso di specie, la documentazione sanitaria agli atti dimostra per entrambi gli
assicurati che il decesso fu dovuto a adenocarcinoma polmonare (Merone) e a mesotelioma
pleurico (Figlioli)”.
L’Inail, ove ritenga che si sia maturata la prescrizione, oltre a doverlo eccepire, deve
dimostrare lo stato di soggettiva consapevolezza dell’assicurato ovvero dei suoi eredi circa la natura
professionale della patologia in un periodo superiore ai 3 anni e 150 giorni, ovvero i 3 anni e 210
giorni, rispetto a quando è stata inoltrata la domanda720.
720
Il fondamento di questi principi è stato confermato dalle SS.UU. con le sentenze n. 577, 581 e 583 del 2008.
Capitolo XIII
I benefici contributivi per esposizione ad amianto.
SOMMARIO: 13.1 Le rivalutazioni contributive. 13.2 L’art. 13, commi 6 e 7 della Legge 257/92. 13.3 La natura
giuridica delle maggiorazioni contributive ex art. 13, comma 8, Legge 257/92. 13.4 Le modifiche alla fattispecie di cui
all’art. 13 comma 8 legge 257/92 introdotte dall’art. 47 della legge 326/03. 13.5 Applicabilità della nuova disciplina
dettata dall’art. 47 I comma della legge 326/03. 13.6 I casi per i quali non si applica la disciplina della decadenza per il
mancato deposito della domanda all’INAIL nel termine del 15.06.2005. 13.7 L’art. 24, comma 6, del D.L. 201/11
convertito in legge 214/11 (cosiddetta Legge ‘Salva Italia’) e l’impatto sui lavoratori esposti all’amianto. 13.8
Accertamento dell’esposizione qualificata ai fini del riconoscimento del diritto di cui all’art. 13, comma 8, l. 257/92.
13.8.1 Il limite di soglia. 13.8.2 La competenza delle CONTARP regionali. 13.8.3 L’utilizzo del Database Amyant
INAIL e dell’algoritmo di calcolo dell’Ente tedesco Berufsgenossenchaften per la valutazione tecnica dell’esposizione.
13.8.4 La tutela giurisdizionale del diritto. 13.9 Gli atti di indirizzo ministeriali. 13.10 Contenuto dell’atto di indirizzo
ministeriale. 13.11 Sulla natura giuridica degli atti di indirizzo ministeriali. 13.12 Sulla legittimità degli atti di indirizzo
ministeriali. 13.13 L’intervento del legislatore per assicurare valore legale agli atti di indirizzo ministeriale. 13.14 Le
norme di cui all’art. 1, commi 20, 21 e 22 della legge n. 247 del 2007. 13.15 Il Decreto 12.03.08 e l’atto Inail del
19.05.08 n. 60002. 13.16 La legittimazione passiva. 13.17 La decadenza ex art. 47 del DPR 639/70.
13.1 Le rivalutazioni contributive.
L’art. 13 della legge 257 del 1992 avente ad oggetto misure di ‘Trattamento straordinario di
integrazione salariale e pensionamento anticipato’, contiene misure poste a favore dei lavoratori del
settore dell’amianto tra le quali una serie di norme finalizzate ad erogare una maggiorazione
contributiva con il coefficiente 1,5 utile per maturare anticipatamente il diritto a pensione oppure
per coloro che già lo sono, per rivalutare la relativa prestazione previdenziale, così al comma 6, si
stabilisce che
“Per i lavoratori delle miniere o delle cave di amianto il numero di settimane coperto da
contribuzione obbligatoria relativa ai periodi di prestazione lavorativa ai fini del conseguimento
delle prestazioni pensionistiche è moltiplicato per il coefficiente di 1,5”.
Così per coloro che in seguito alle attività morbigene avessero contratto una delle patologie
asbesto correlate, documentate dall’Inail, così come dispone il comma 7721, per il quale:
“Ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche per i lavoratori, che abbiano
contratto malattie professionali a causa dell'esposizione all' amianto documentate dall'Istituto
nazionale per l' assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), il numero di settimane
coperto da contribuzione obbligatoria relativa a periodi di prestazione lavorativa per il periodo
di provata esposizione all'amianto e' moltiplicato per il coefficiente di 1,5’.
Stessa rivalutazione cui hanno diritto anche coloro che ancora non hanno contratto patologie
asbesto correlate, né hanno lavorato in cave o miniere di amianto, purchè siano stati esposti ad una
Il Decreto Legge 5 giugno 1993, n. 169 (in G.U. 05/06/1993, n. 130), convertito, con modificazioni, dalla L. 4
agosto 1993, n. 271 (in G.U. 4/8/1993, n. 181) ha disposto (con l'art. 1, comma 1-bis) la modifica dell'art. 13, comma
7.
721
237
238 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
concentrazione pari o superiore a 100 ff/ll nella media delle otto ore lavorative per ogni anno e per
oltre 10 anni, come stabilisce il successivo comma 8722, che assume il seguente tenore letterale:
“Per i lavoratori che siano stati esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni,
l'intero periodo lavorativo soggetto all' assicurazione obbligatoria contro le malattie
professionali derivanti dall' esposizione all'amianto gestita dall' INAIL e' moltiplicato, ai
fini delle prestazioni pensionistiche per il coefficiente di 1,5”.
la cui disciplina è stata successivamente modificata per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 47
della legge 326 del 2003 con la quale l’entità della rivalutazione è stata ridotta al coefficiente di
1,25, utile ai soli fini della determinazione dell’entità della prestazione previdenziale, e non per la
sua anticipata maturazione, la cui applicazione intertemporale della fattispecie è regolata dalle
norme di cui all’art. 47 comma 6 bis legge 326/03 e dall’art. 3 comma 132 della legge 350/03.
13.2 L’art. 13, commi 6 e 7 della Legge 257/92.
Le norme di cui ai commi 6 e 7 dell’art. 13 della Legge 257/92 non hanno dato adito ad alcun
dubbio interpretativo, né sono sorte controversie sulla loro applicazione, poiché ai lavoratori delle
cave e miniere nelle quali si estraevano e ricavavano i minerali di asbesto, pacificamente gli enti
previdenziali hanno provveduto a rivalutare la posizione contributiva con il coefficiente 1,5,
permettendo così, anche per effetto delle altre misure di sostegno ai lavoratori del settore, che
nessuno rimanesse privo di mezzi di sostegno, in seguito alla dismissione delle attività per effetto
dell’entrata in vigore del divieto di estrazione e commercializzazione dei prodotti in amianto;
mentre si sono riscontrate maggiori difficoltà per quanto riguarda l’applicazione della disciplina
relativa ai casi di insorgenza di malattie professionali asbesto correlate, poiché spesso l’Inail non le
ha riconosciute, o le ha riconosciute in ritardo, oppure non le ha riconosciute come tali, oppure dopo
la condanna giudiziale, e ciò ha determinato dei pregiudizi, se non altro perché ha ritardato
l’accesso al pensionamento di molti lavoratori che sono rimasti esposti al rischio nei siti
contaminati, ovvero hanno potuto godere di un minor periodo di riposo, ovvero hanno maturato il
diritto alla prestazione pensionistica con il massimo dell’anzianità anagrafica e della contribuzione
previdenziale nelle more del rilascio del certificato di esposizione, divenuto così del tutto inutile.
L’Inail per i lavoratori affetti da una delle patologie asbesto correlate regolarmente
documentate (ovvero che hanno lavorato in cave e miniere di amianto) deve rilasciare il certificato
di esposizione e lo deve inoltrare direttamente all’ente presso il quale è costituita la posizione
previdenziale dell’avente diritto, che rivaluterà l’intero periodo con il coefficiente 1,5 utile per
maturare il diritto a pensione, e per coloro che lo hanno già acquisito, per rivalutarne le prestazioni.
Queste norme non fanno riferimento ad un periodo minimo di esposizione, né a limiti di
soglia, per cui la fattispecie si perfeziona con la sola documentazione dell’attività di lavoro in cave e
miniere di amianto, o con la certificazione dell’insorgenza della malattia professionale, documentata
dall’Inail, senza alcun limite temporale, e senza la necessità di dedurre e provare che ci sia stata una
esposizione qualificata pari o superiore alle 100 ff/ll nella media delle otto ore lavorative.
13.3 La natura giuridica delle maggiorazioni contributive ex art. 13, comma 8, Legge
257/92.
722
Il Decreto Legge 5 giugno 1993, n. 169 (in G.U. 05/06/1993, n. 130), convertito, con
modificazioni, dalla L. 4 agosto 1993, n. 271 (in G.U. 4/8/1993, n. 181) ha disposto (con l'art. 1, comma 1) la
modifica dell'art. 13, comma 8; successivamente, con D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con
modificazioni dalla L. 24 novembre 2003, n.326 (art. 47, comma 1),
CAPITOLO XIII | 239
La rivalutazione contributiva per coloro che siano rimasti esposti all’amianto con
concentrazioni pari o superiori alle 100 ff/ll nella media delle otto ore lavorative per oltre 10 anni,
ex art. 13 comma 8 legge 257/92, è riconosciuta indipendentemente dalla diagnosi di malattia
asbesto correlata, ‘in funzione compensativa dell’obiettiva pericolosità dell’attività lavorativa
spiegata’723.
Alcuni giudici di merito avevano sospettato l’illegittimità della norma e l’hanno sottoposta al
vaglio della Corte Costituzionale724, la quale si è pronunciata rigettando la censura perché infondata,
ravvisando la determinatezza della fattispecie nel richiamo al presupposto temporale della
esposizione ultradecennale coniugata al sistema di tutela previdenziale e a quello del rischio
morbigeno, e la razionalità e ragionevolezza in relazione alla capacità delle polveri e fibre di
amianto presenti nel luogo di lavoro di determinare conseguenze pregiudizievoli ‘da indurre il
Legislatore, sia pure ai fini di prevenzione’ oltre alla rivalutazione del periodo contributivo utile a
maturare anticipatamente il diritto pensione:
“Nell’ambito di tale correlazione, il concetto di esposizione ultradecennale, coniugando
l’elemento temporale con quello di attività lavorativa soggetta al richiamato sistema di tutela
previdenziale (artt. 1 e 3 del d.P.R. n. 1124 del 1965), viene ad implicare, necessariamente,
quello di rischio e, più precisamente, di rischio morbigeno rispetto alle patologie, quali esse
siano, che l’amianto é capace di generare per la sua presenza nell’ambiente di lavoro; evenienza,
questa, tanto pregiudizievole da indurre il legislatore, sia pure a fini di prevenzione, a fissare il
valore massimo di concentrazione di amianto nell’ambiente lavorativo, che segna la soglia
limite del rischio di esposizione (decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277 e successive
modifiche)”.
La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la Sentenza 4913/2001, ha dunque circoscritto
l’ambito di operatività della fattispecie ai soli casi nei quali nell’ambiente di lavoro
presumibilmente ci fosse una esposizione pari o superiore a 100 ff/ll, e l’avente diritto fosse riuscito
a renderne la prova, pur con elevato grado di probabilità, presupponendo con il richiamo alle norme
di cui agli artt. 24 e 31 del D.L.vo 277/91, con il quale nel nostro Paese è stata recepita la direttiva
477/83/CEE, quanto oggetto di condanna di condanna da parte della Corte di Giustizia dell’Unione
Europea nella decisione del 13.12.90, con la quale era stata definita la procedura di infrazione n.
240 del 1989 promossa di ufficio dalla Commissione Europea a carico della Repubblica Italiana, la
quale non aveva adottato le norme imposte in sede comunitaria per la tutela dei lavoratori esposti
all’amianto, e che dunque ha determinato un ingiusto pregiudizio (portato anche dal concomitante
inadempimento delle norme costituzionali e fermo restando che il mancato, o il non tempestivo e
puntuale recepimento delle direttive comunitarie, come in questo caso, è fonte di responsabilità),
che perciò stesso deve essere integralmente risarcito, e che lo è parzialmente con le disposizioni
dettate con l’art. 13 comma 8 legge 257/92, con la quale è stata adottata725
“una soluzione che, tenendo conto della capacità di produrre danni in relazione al tempo di
esposizione, consente una maggiorazione dell’anzianità contributiva per tutti i dipendenti che
siano stati esposti all’amianto per più di dieci anni … attuazione dei principi di solidarietà di cui
è espressione l’art. 38 Cost. – in funzione compensativa dell’obiettiva pericolosità dell’attività
lavorativa spiegata”.
723
724
725
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza n. 4913 del 2001 ed ex multis.
Corte Costituzionale, Sentenza n. 5 del 2000.
Cass. Sent. 4913/2001.
240 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
La Corte Costituzionale è intervenuta nuovamente726, al fine di rendere l’esatta interpretazione
delle norme di cui all’art. 13 comma 8 legge 257/92, e ha stabilito che nel riconoscimento del diritto
non è ammessa alcuna selezione che si fondi sulla titolarità del rapporto e sulla categoria
merceologica, in quanto ha una funzione compensativa dell’obiettiva pericolosità dell’attività svolta
per via della presenza di amianto nell’ambiente lavorativo:
“plurimi elementi esegetici, i quali portano a ritenere che essa sia volta a tutelare, in linea
generale, tutti i lavoratori esposti all’amianto, in presenza, beninteso, dei presupposti passati
dalla disposizione stessa, secondo quanto evidenziato dalla già ricordata Sentenza di questa
Corte n. 5 del 2000. Presupposti richiesti proprio perché la legge n. 271 del 1993 ha voluto tener
conto della capacità del’amianto di produrre danni sull’organismo in relazione al tempo di
esposizione, sì da attribuire il beneficio della maggiorazione dell’anzianità contributiva in
funzione compensativa dell’obiettiva pericolosità dell’attività lavorativa svolta”.
Selezionare tra gli esposti all’amianto, per un periodo di oltre 10 anni, a concentrazioni oltre
la soglia delle 100 ff/ll nella media delle otto ore lavorative, per escluderne una vasta platea
(ferrovieri, militari, etc.) solo perché non erano dipendenti di imprese che producevano prodotti in
amianto o lo lavorassero direttamente, non risponde allo spirito e allo 727
“scopo della norma (che)… è quello di indennizzare i lavoratori che hanno una aspettativa di
vita inferiore rispetto a quelli non esposti all’amianto”
cosicchè anche la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la Sentenza 19.01.2007 n. 1179,
riferendosi ai marittimi, ha dettato un principio di diritto di portata generale:
“ciò che rileva per il diritto alla rivalutazione contributiva è la sussistenza di un rischio
morbigeno (qualificato) e dell’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali
derivanti dall’esposizione all’amianto, e non pure la soggettività dell’ente - FS, poste casse
marittime, IPSEMA o INAIL - che gestisce l’assicurazione”
e ciò anche perché nel nostro Paese molte aziende di Stato hanno utilizzato l’amianto e perché gli
enti pubblici non hanno dato applicazione al disposto di cui all’art. 32 della Costituzione, e pur
consapevoli del fatto che il minerale determinasse danni alla salute e all’ambiente (come dimostra
l’inserimento dell’asbestosi nelle tabelle delle malattie professionali utilizzate dall’Inail per
l’erogazione delle prestazioni assicurative fin con la legge 455 del 1943) ne hanno permesso un
sempre maggior utilizzo, che paradossalmente ha raggiunto l’apice negli anni ’70 ed ’80, quando se
ne conosceva anche la natura di cancerogeno, e solo dopo la condanna in ambito europeo sono stati
adottati (con il D.L.vo 277/91) limiti di soglia, e se ne è vietato l’impiego e la lavorazione (con la
legge 257/92), e quindi contraddice il disposto dell’art. 38, anche come proiezione delle norme di
cui all’art. 32 (per la funzione preventiva) nonché il principio di eguaglianza e i criteri di razionalità
della interpretazione e applicazione oltre che del venire in essere della disposizione legislativa,
secondo quanto stabilito dalla Corte Costituzionale in relazione all’art. 3, e soprattutto contraria alla
tutela del lavoro e dei principi di solidarietà e dignità che si trovano scolpiti nelle norme di cui agli
artt. 35 e 36 della Costituzione, anche perché tutto ciò poteva essere evitato, e molte vite umane
potevano essere salvate.
13.4 Le modifiche alla fattispecie di cui all’art. 13 comma 8 legge 257/92 introdotte
dall’art. 47 della legge 326/03.
727
726
Con la Sentenza n. 127 del 2002.
Corte di Appello di Perugia, Sezione Lavoro, Sentenza n. 441 del 2008.
CAPITOLO XIII | 241
L’art. 13 comma 8 della legge 257/92 nella sua originaria formulazione riconosceva il diritto
alla rivalutazione della posizione previdenziale con il coefficiente 1,5 utile per maturare
anticipatamente il diritto a pensione e ove percepita a vedersene maggiorato l’importo delle
prestazioni.
Con l’art. 47, comma 1, del D.L. 269/03, convertito con legge 326 del 23.11.2003, il
Legislatore è intervenuto per ridurre il coefficiente moltiplicatore ad 1,25, applicabile ai soli fini
della determinazione dell’importo delle prestazioni pensionistiche e non più utile per maturare
anticipatamente il diritto di accesso alle prestazioni previdenziali:
“A decorrere dal 1° ottobre 2003, il coefficiente stabilito dall'articolo 13, comma 8, della legge
27 marzo 1992, n. 257, e' ridotto da 1,5 a 1,25. Con la stessa decorrenza, il predetto coefficiente
moltiplicatore si applica ai soli fini della determinazione dell'importo delle prestazioni
pensionistiche e non della maturazione del diritto di accesso alle medesime”.
Con il successivo 5° comma, il legislatore ha stabilito che gli aventi diritto avessero l’onere di
inoltrare domanda di certificazione di esposizione all’Inail, chiamata a rendere un parere tecnico
attraverso le CONTARP regionali, e a rilasciare la certificazione, nel termine di 6 mesi dalla data di
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto interministeriale:
“I lavoratori che intendano ottenere il riconoscimento dei benefici di cui al comma 1, compresi
quelli a cui è stata rilasciata certificazione dall'INAIL prima del 1° ottobre 2003, devono
presentare domanda alla sede INAIL di residenza entro 180 giorni dalla data di pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale del decreto interministeriale di cui al comma 6, a pena di decadenza del
diritto agli stessi benefici”,
che veniva alla luce con D.M. del 27.10.04, adottato dal Ministro del lavoro di concerto con il
Ministero delle finanze, e con il quale si stabiliva che
“La domanda di certificazione dell'esposizione all'amianto, predisposta secondo lo schema di
cui all'allegato 1, deve essere presentata alla sede INAIL entro 180 giorni dalla data di entrata in
vigore del presente decreto, a pena di decadenza dal diritto ai benefici pensionistici di cui all'art.
2, comma 1. Per data di presentazione della domanda si intende la data di arrivo alla sede
INAIL o la data del timbro postale di invio nel caso di raccomandata”.
(art. 3, comma 2, del D.M. 27.10.2004)
Si può decadere dal diritto per effetto del mancato o non tempestivo deposito della domanda
all’Inail entro il 15.06.2005, soltanto nei casi in cui trova applicazione la fattispecie così come
modificata per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 47 della legge 326/03, mentre invece nessuna
decadenza può essere comminata (per il mancato deposito della domanda all’Inail) nei casi in cui
trovi applicazione la precedente e più favorevole normativa dettata dalla originaria formulazione
dell’art. 13 comma 8 della legge 257/92, così come stabilito dal successivo comma 6 bis dell’art. 47
della legge 326/03 e dell’art. 3 comma 132 della legge 350/03.
13.5 Applicabilità della nuova disciplina dettata dall’art. 47 I comma della legge 326/03.
Con l’art. 47 della legge 326/03, il Legislatore, per motivi di bilancio, è intervenuto sulla
disciplina dei benefici contributivi di cui all’art. 13 comma 8 della legge 257/92 per ridurre il
coefficiente moltiplicatore a 1,25, senza che potesse essere utilizzato per maturare anticipatamente
il diritto di accedere alle prestazioni pensionistiche, e ha introdotto il termine di decadenza dal
diritto per coloro che non avessero inoltrato domanda di certificazione all’Inail nel termine del
15.06.2005, mentre non ha modificato le altre norme, e quindi anche quelle relative alle fattispecie
242 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
di cui ai commi 6 e 7, il cui coefficiente rimane di 1,5, senza alcun termine per avanzarne domanda
di certificazione all’Inail pena la decadenza.
Per una vasta platea di lavoratori queste nuove norme non trovano applicazione anche per il
caso di esposizione qualificata ultradecennale ad amianto un tempo regolata solo dall’art. 13 comma
8 della legge 257/92, poiché già in sede di conversione all’art. 47 venne aggiunto il comma 6 bis il
quale stabilisce:
“Sono comunque fatte salve le previgenti disposizioni per i lavoratori che abbiano già maturato,
alla data di entrata in vigore del presente decreto, il diritto di trattamento pensionistico anche in
base ai benefici previdenziali di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257,
nonché coloro che alla data di entrata in vigore del presente decreto, fruiscono dei trattamenti di
mobilità, ovvero che abbiano definito la risoluzione del rapporto di lavoro in relazione alla
domanda di pensionamento”.
(art 47, comma 6-bis della legge 326 del 2003).
La precedente e più favorevole normativa, secondo quanto dispone l’art. 13 comma 8 legge
257/92, senza riduzione del coefficiente ad 1,25, utile ai soli fini della rivalutazione della
prestazione e non della anticipata maturazione del diritto e della disciplina della decadenza, trova
applicazione per quei lavoratori che alla data di entrata in vigore del decreto (02.10.03) avessero
avuto accesso a trattamenti di mobilità, o avessero definito la risoluzione del rapporto di lavoro e
avessero già depositato domanda di pensione, o ne avessero maturato il diritto ‘anche in base ai
benefici previdenziali di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257’.
Avevano maturato il diritto a pensione alla data del 02.10.03, ai fini dell’applicazione della
norma di cui all’art. 13 comma 8 legge 257/92, quei lavoratori che con l’aggiunta della
maggiorazione dell’anzianità contributiva pari al 50% del periodo di lavoro in esposizione ad
amianto, avessero raggiunto, a prescindere dall’età, almeno 37 anni di anzianità contributiva ovvero
avessero raggiunto l’età di 57 anni con 35 anni di anzianità contributiva, alle seguenti condizioni:
a)
Anno
Anzianità
contributiva
1998
1999
2000
2001
2002
2003
35
35
35
35
35
35
Età anagrafica
Per la genericità dei
Per categorie particolari
lavoratori (tab. C L.
(tab. B L. 335/95)
449/97)
54
53
55
53
55
54
56
54
57
55
57
55
b)
Anzianità
contributiva (a
prescindere dall’età)
36
37
37
37
37
37
A circa un mese dalla sua entrata in vigore, il legislatore ha ritenuto di dover intervenire
nuovamente per ampliare la platea di coloro ai quali non dovessero essere applicate le norme di cui
all’art. 47, comma 1, l. 326/03, e per attenuarne gli effetti:
“In favore dei lavoratori che abbiano già maturato, alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al
conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo
1992, n. 257, e successive modificazioni, sono fatte salve le disposizioni previgenti alla
medesima data del 2 ottobre 2003. La disposizione di cui al primo periodo si applica anche a
coloro che hanno avanzato domanda di riconoscimento all’INAIL o che ottengono sentenze
favorevoli per cause avviate entro la stessa data. Restano valide le certificazioni già rilasciate
dall’INAIL. All’onere relativo all’applicazione del presente comma e del comma 133, valutato
CAPITOLO XIII | 243
in 25 milioni di euro per l’anno 2004, 97 milioni di euro per l’anno 2005 e 182 milioni di euro
annui a decorrere dall’anno 2006, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per
l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236”.
(art. 3, comma 132, legge 350/03).
Le norme di cui all’art. 47, commi 1 e 5, della Legge n. 326/03 (e quindi anche quelle di cui
all’art. 3, comma 2, DM 27.10.2004, con le quali si stabilisce al 15.06.2005 il termine per il
deposito della domanda all’Inail in mancanza del quale il lavoratore decade dal diritto) non trovano
applicazione anche per coloro che avessero ‘già maturato alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al
conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo
1992’ (senza che si facesse riferimento al diritto a pensione), oltre che a coloro che avessero già
inoltrato domanda all’INAIL e/o all’INPS; e che avessero già pendente il giudizio o ottenuto
sentenze favorevoli di riconoscimento della maggiorazione
La Corte di Cassazione ha dettato il seguente principio di diritto728:
“In tema di benefici previdenziali in favore dei lavoratori esposti all’amianto, l’art. 3, comma
132, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, che - con riferimento alla nuova disciplina introdotta
dall’art. 47, comma 1°, del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269 (convertito con
modificazioni nella legge 24 novembre 2003, n. 326) - ha fatto salva l’applicabilità della
precedente disciplina, di cui all’art. 13 della l. 27 marzo 1992, n. 257, per i lavoratori che alla
data del 2.10.2003 abbiano già maturato il diritto ai benefici previdenziali in base a tale ultima
disposizione, o abbiano avanzato domanda di riconoscimento all’INAIL od ottenuto Sentenze
favorevoli per cause avviate entro la medesima data, va interpretato nel senso che: a) per
maturazione del diritto deve intendersi la maturazione del diritto a pensione; b) tra coloro che
non hanno ancora maturato il diritto a pensione, la salvezza concerne esclusivamente gli
assicurati che, alla data indicata, abbiano avviato un procedimento amministrativo o giudiziario
per l’accertamento del diritto alla rivalutazione contributiva”.
La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, si è pronunciata ancora, già con la Sentenza n.
21229 del 2005729, per confermare l’indirizzo interpretativo secondo il quale la successiva
disposizione normativa introdotta con l’art. 3 comma 132 legge 350/03 non ha ampliato la platea di
coloro ai quali va applicata la precedente disciplina, poiché per ‘…il diritto al conseguimento dei
benefici previdenziali di cui all’art. 13 comma 8 della legge 27 marzo 1992, n. 257’, corrisponde
alla precedente normativa, in quanto deve essere inteso come ‘…maturazione del diritto a
pensione’, e richiamando la precedente massima tratta dalla Sentenza della Sezione Lavoro n.
21862 del 18 novembre 2004.
La precedente e più favorevole disciplina (coefficiente 1,5 utile per maturare il diritto a
pensione, e assenza di decadenza per coloro che non avessero presentato la domanda all’Inail entro
il 15.06.2005) rimane applicabile soltanto a coloro che alla data del 02.10.03 avessero già maturato
il diritto a pensione anche per effetto dell’aggiunta dei periodi contributivi pari al 50% di quelli in
esposizione all’amianto, mentre ne sono esclusi coloro che a quella data pur avendo maturato il
diritto ai benefici contributivi non avevano ancora maturato il diritto al trattamento di quiescenza.
La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con Sentenza del 29.12.2006 n. 27602, è tornata
nuovamente a pronunciarsi sulla interpretazione delle diverse norme che regolano la disciplina dei
728
La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la Sentenza n°21862 del 18.11.2004, ha dettato i principi interpretativi dell’applicazione e
dell’ambito di operatività intertemporale del nuovo complesso sistema normativo.
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e con altre pronunce, tra le quali Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, n. 15008 del 2005.
244 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
benefici contributivi per esposizione ultradecennale ad amianto, e sulla loro applicazione
intertemporale:
“La disciplina non è mutata a seguito delle nuove norme che sono state emanate in tema di
rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto, essendosi già affermato (Cass. n. 21862
del 18 novembre 2004 e n. 15008 del 15 luglio 2005) che "In tema di benefici previdenziali in
favore dei lavoratori esposti all'amianto, la L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3, comma 132, che
- con riferimento alla nuova disciplina introdotta dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 47,
comma 1, (convertito con modificazioni nella L. 24 novembre 2003 n. 326) - ha fatto salva
l'applicabilità della precedente disciplina, di cui alla L. 27 marzo 1992, n. 257, art. 13 per i
lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 abbiano già maturato il diritto ai benefici
previdenziali in base a tale ultima disposizione, o abbiano avanzato domanda di riconoscimento
all'INAIL od ottenuto sentenze favorevoli per cause avviate entro la medesima data, va
interpretato nel senso che, tra coloro che non hanno ancora maturato il diritto a pensione, la
salvezza concerne esclusivamente gli assicurati che, alla data indicata, abbiano avviato un
procedimento amministrativo o giudiziario per l'accertamento del diritto alla rivalutazione
contributiva”.
(Cass. civ. Sez. lavoro, 29-12-2006, n. 27602)
In questa Sentenza la Corte di Cassazione quando fa riferimento all’art. 3 comma 132 della
legge 350/03 afferma che
“ha fatto salva l'applicabilità della precedente disciplina, di cui alla L. 27 marzo 1992, n.
257, art. 13 per i lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 abbiano già maturato il diritto ai
benefici previdenziali in base a tale ultima disposizione”,
senza alcun riferimento alla maturazione del diritto a pensione, che invece è contenuto nell’art. 47,
comma 6 bis, della l. 326/03: per cui possiamo concludere che il Legislatore del dicembre 2003
“ha fatto salva l'applicabilità della precedente disciplina, di cui alla L. 27 marzo 1992, n.
257, art. 13 per i lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 abbiano già maturato il diritto ai
benefici previdenziali in base a tale ultima disposizione”,
senza alcun riferimento al diritto a pensione, diversamente da quanto disposto dall’art. 47 comma 6
bis della legge 326/03, che invece vi fa esplicito riferimento, con una formulazione730
“innovativa rispetto a quella del decreto legge, e che introduca nuove deroghe all’applicabilità
della nuova disciplina dei benefici per l’esposizione ad amianto dettata dallo stesso decreto
legge,… (perché)… mentre l’art. 47 contemplava, ai fini dell’applicabilità del vecchio regime, il
requisito del possesso di una determinata anzianità contributiva, raggiunta con l’ordinario
versamento di contributi o anche con l’ausilio della rivalutazione per l’esposizione all’amianto,
l’art. 3 condiziona l’applicabilità della disciplina previgente al mero fatto della prestazione di
attività lavorativa con esposizione all’amianto per un periodo superiore a dieci anni. Inoltre,
l’art. 3 stabilisce anche un’altra importante eccezione all’applicabilità della nuova disciplina,
non prevista dal D.L. n. 269/03, in quanto fa salva la disciplina previgente in favore di coloro i
quali, alla data del 02.10.2003, avessero ‘avanzato domanda di riconoscimento all’INAIL’
(dell’esposizione all’amianto per un periodo superiore a dieci anni) oppure avessero ‘avviato’,
cioè instaurato, cause per il riconoscimento dei benefici della legge n. 257/92, definite con
Sentenza loro favorevole.
Si deve dunque ritenere che il legislatore, con l’art. 3, comma 132 della legge n. 350, abbia
inteso apportare modifiche alla disciplina dei benefici in materia di amianto dettata dal D.L. n.
730
Corte di Appello di Perugia, Sezione Lavoro, Sentenza n. 441 del 2008.
CAPITOLO XIII | 245
269, estendendo l’applicabilità della normativa precedente a un maggior numero di assicurati
rispetto a quello originariamente individuato dal decreto legge. Si è dunque di fronte ad una
successione di leggi nel tempo, per effetto della quale, in base ai principi generali, la
disposizione successiva abroga quella precedente che sia con essa compatibile, determinandone
l’abrogazione tacita (art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale, premesse al Codice
Civile)”.
(Corte di Appello di Perugia, Sentenza n. 441 del 2008)
C’è una ‘indubbia diversità delle due formulazioni’ del testo legislativo, poiché l’art. 47
comma 6 bis della legge 326/03 fa riferimento alla maturazione del ‘diritto di trattamento
pensionistico’, mentre il successivo art. 3 comma 132 della legge 350/03 fa riferimento anche a quei
‘lavoratori che abbiano maturato, alla data del 02.10.2003, il diritto al conseguimento dei benefici
previdenziali di cui all’art. 13 comma 8 della legge 27.03.1992 n. 257…’, senza alcun riferimento al
diritto a pensione, e quindi anche per costoro deve trovare applicazione la disciplina di cui all’art.
13 comma 8 legge 257/92 (anche in relazione al termine di decadenza per coloro che non hanno
depositato la domanda all’INAIL entro il 15.06.2005).
Quando la seconda norma fa riferimento alla maturazione del diritto alla maggiorazione
contributiva, non può essere considerata identica alla prima, se non altro per la diversa e non
equivoca formulazione letterale, e se così non fosse731:
“non si comprende(rebbe), tuttavia, perché mai il legislatore avrebbe dovuto impiegare una
locuzione così involuta per esprimere un concetto così lineare, che peraltro solo un mese prima
(in sede di conversione del decreto legge) aveva enunciato una terminologia più pertinente e
appropriata. Del resto, non avrebbe avuto senso ritornare sul medesimo argomento, per dettare
una disposizione identica a quella emanata poche settimane prima, oltre tutto usando un lessico
più oscuro e ambiguo. In sostanza, poiché si deve ritenere che le norme di legge perseguano uno
scopo e non si esauriscono in vane esercitazioni linguistiche, l’unica interpretazione secondo cui
questa particolare norma può avere un significato utile è quella qui propugnata, la quale muove
dalla constatazione che le due espressioni sopra citate non sono equivalenti, ma indicano
situazioni oggettivamente diverse.
In definitiva, con l’art. 3, comma 132, il legislatore ha inteso estendere il beneficio per
l’esposizione all’amianto, nella sua originaria formulazione contenuta nella legge n. 257/92, a
tutti coloro i quali, alla data del 02.10.2003, avessero prestato per oltre 10 anni attività
lavorativa, soggetta all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali gestita
dall’INAIL, con esposizione all’amianto in determinate concentrazioni, anche se tale
esposizione non fosse stata ancora formalmente riconosciuta con certificazione dell’INAIL o
con pronuncia dell’autorità giudiziaria. Costoro si trovavano per l’appunto nella condizione di
aver ‘maturato il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali’ di cui all’art. 13, comma 8
della legge n. 257/92”.
(Corte di Appello di Perugia, Sezione Lavoro, Sentenza n. 441 del 2008)
Al contrario, ove si ritenesse che si possa identificare sul piano normativo la maturazione ‘del
diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’art. 13, comma 8, della legge
27.03.1992 n. 257’, così come specificato dall’art. 3, comma 132, l. 350/2003, con maturazione alla
data del 02.10.2003 del ‘diritto di trattamento pensionistico anche in base ai benefici previdenziali’
di cui all’art. 47 comma 6 bis, si dovrebbe ammettere che quella successiva è inutile, e che il
731
Corte di Appello di Perugia, Sezione Lavoro n. 441 del 2008.
246 | LA STORIA DELL’AMIANTO NEL MONDO DEL LAVORO
legislatore è intervenuto invano, a distanza di un mese, con una nuova disposizione del tutto
sovrapponibile a quella precedente.
Le due norme non sono affatto identiche, e la seconda quando fa un esplicito e chiaro
riferimento alla condizione di aver ‘maturato il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali’
di cui all’art. 13, comma 8 della legge n. 257/92 alla data del 02.10.03, vuole ciò che dice, coerente
e rispettosa del dettato costituzionale 732 in base al quale
“non può dirsi consentita una modificazione legislativa che, intervenendo o in una fase avanzata
del rapporto di lavoro oppure quando già sia subentrato lo stato di quiescenza, senza
un’inderogabile esigenza, in misura notevole ed in maniera definitiva, un trattamento
pensionistico in precedenza spettante, con la conseguente irrimediabile vanificazione delle
prospettive legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla propria attività
lavorativa”.
(Sentenza della Corte Costituzionale, n. 822/88).
Non è equo, né razionale, né giusto che lavoratori già pregiudicati per via del tardivo
recepimento della direttiva 477/83/CEE e del sostanziale inadempimento dei precetti costituzionali
in tema di sicurezza e salubrità dell’ambiente lavorativo, possano decadere dal diritto o vederselo
ridotto ad un coefficiente pari alla metà, utile soltanto per maggiorare la prestazione previdenziale
una volta che l’avessero maturata autonomamente in seguito alla prosecuzione dell’attività e al
conferimento dei requisiti di anzianità anagrafica e contributiva, quando avevano già maturato il
diritto alla rivalutazione, in un periodo nel quale non era necessaria alcuna domanda e gli enti
avrebbero dovuto costituire automaticamente la posizione contributiva con anzianità contributiva
calcolata con il coefficiente 1,5: è evidente che il nuovo intervento si giustifica nella necessità e
volontà di ampliare la platea alla quale continuare ad applicare le disposizioni di cui all’art. 13
comma 8 legge 257/92, facendovi rientrare anche coloro che avessero già maturato il diritto per
essere stati già esposti ad una concentrazione di polveri e fibre di amianto oltre la soglia delle 100
ff/ll nella media delle otto ore lavorative per ogni anno e per oltre 10 anni, alla data del 02.10.03
(senza che dovessero avere anche maturato il diritto a pensione).
13.6 I casi per i quali non si applica la disciplina della decadenza per il mancato deposito
della domanda all’INAIL nel termine del 15.06.2005.
Nel vigore del precedente regime erano gli enti previdenziali a dover accreditare le
maggiorazioni contributive ai lavoratori esposti all’amianto, senza necessità che questi ne facessero
richiesta733:
“la rivalutazione contributiva non rappresenta una prestazione previdenziale au
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EZIO BONANNI LA STORIA DELL`AMIANTO NEL MONDO DEL