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mensile Anno 5 n°43-44 gennaio-febbraio 2016 € 0,00
ia
t
a
K
I Ricatti del mercato
Eugenio Bennato
Lakou Mizik - Haiti
Musicisti Basso Lazio
Eire! La festa dei suoni d’Irlanda
Acoustic Night 16
Tavarn Ar Roue Morvan
ti
s
e
P
Nolwenn Korbell
Prizioù 2016
Femmefolk
Katia Pesti
L’epopea dei negozi reali
Festival La Zampogna
Streaming
Sommario
n. 43-44 - Gennaio-Febbraio 2016
Contatti: [email protected] - www.lineatrad.com - www.lineatrad.it - www.lineatrad.eu
—04
04
I Ricatti del mercato
—09
09
Magna Mater
laboratorio di danze
—20
20
L’epopea dei negozi
“reali”
—05
05
Katia Pesti
—12
12
Eugenio Bennato
—21
21
Raimondo Bignardi
ex negoziante di dischi
—07
07
Eire! 2016
—14
14
I passi della tradizione
—24
24
Benedetto Vecchio
“Musicisti Basso Lazio”
08
Acoustic Night 2016
—16
16
Lakou Mizik
—26
26
Musicisti Basso Lazio
—08
Eventi
Cronaca
Interviste
Recensioni
Argomenti
di Loris Böhm
R
educe da uno stop improvviso
dovuto a ricovero per effettuare
esami cardiaci, ho dovuto sospendere a gennaio la pubblicazione
di Lineatrad, lasciando tanto lavoro arretrato per febbraio, ma tutto è bene
quello che finisce bene.
Numero doppio dunque, per iniziare
questo 2016 che non nasce sotto i migliori auspici... ma nel periodo in cui
facevo la cavia in ospedale, senza ottenere una diagnosi per poter iniziare
a curare i miei guai fisici (ho scoperto
che si tratta di angina pectoris, per ora
stabile), mi tuffo a riprendere l’attività,
senza una cura “ufficiale” in grado di
“guarire” le sofferenze sia mie personali che della musica folk.
La valanga di messaggi di incoraggiamento, alcuni davvero commoventi,
che ho ricevuto da ogni luogo, mi
danno la forza di continuare pur essendo convalescente.
Tanta roba da leggere in questo inizio anno, tanto di cui parlare... forse tra
un po’ non ci sarò più, ma la musica
folk vivrà in eterno.
22
43-44/2016
Noi di Lineatrad siamo speciali, cerchiamo sempre di vedere un po’ più
in là rispetto agli altri mezzi di informazione, cerchiamo di affrontare argomenti “scomodi” o “censurati” da
altri media... mettiamo al bando i redazionali imposti dall’esterno per essere
davvero unici nelle proposte (NB. dico
unici, NON unici indispensabili come
si autodefinisce Froots!).
Da questo numero prepareremo alcune importanti retrospettive, tanto per
far capire al lettore tutti i cambiamenti
che si sono verificati nell’ultimo ventennio... così tanti da stravolgere completamente tutte le nostre abitudini
musicali. La frenesia tecnologica cui
siamo sottoposti attualmente, ci stordisce al punto che ormai dall’oggi al
domani non sappiamo più quali novità
ci attendono, e soprattutto come queste novità saranno in grado di deviare
i nostri gusti musicali per favorire una
globalizzazione pilotata dal potere delle
multinazionali.
Dare buona informazione, secondo
me, vuol dire essere un termometro
FIM Fiera della Musica
Editoriale
della situazione, dare indicazioni utili
anche controcorrente come unico fine
di esaltare l’arte pura e la creatività
dell’individuo al di fuori dalle mode imperanti. Ogni mese perdo molto tempo
a “pesare” e “valutare” i comunicati
stampa e le richieste di visibilità, che
mi giungono dai quattro venti... e il filtraggio è severo: non siamo un social
network in cui si dice tutto e il contrario
di tutto, in cui le farneticazioni e i giudizi personali anche offensivi cercano
sterili consensi di gruppo. No grazie!
Non ci interessa essere “seguiti” da
10.000 persone e implorare (o minacciare) per avere un “mi piace” per
potersi vantare in giro quanto siamo
bravi... ormai abbiamo superato queste manie adolescenziali.
Andiamo negli angoli più remoti per
scoprire talenti, e nello stesso tempo
cerchiamo di rintracciare personaggi
del passato che sono spariti nel nulla
ma che tanto hanno dato alla musica.
Vi sembra inutile? Vi sembra che
è meglio scrivere l’ennesimo articoletto sul musicista alla moda, che ha
—27
27
Femmefolk
—31
31
Prizioù 2016
—38
38
La zampogna 2016
Premio a De Gregori
—28
28
Nolwenn Korbell
—35
35
Il prevedibile flop
dello streaming musicale
—39
39
Massimiliano Larocca
canta Dino Campana
29
Tavarn Ar Roue Morvan
—29
ASCOLTATE SU RADIO CITTA’ BOLLATE
www.radiocittabollate.it
la trasmissione An Triskell
ogni GIOVEDÌ alle ore 21:30
SI RINGRAZIA L’AGENZIA FRANCESE
BIGBRAVO SPECTACLES
PER LA SINERGIA CON LINEATRAD
[email protected] - www.bigbravospectacles.com
l’hobby di collezionare le centinaia di
articoli a lui riguardanti (ma non vede
al di là del suo naso)?
In altre parole vi sembra che sarebbe
opportuno uniformarci agli altri media “indispensabili” che scrivono da
sempre, come un disco rotto, le stesse
cose dei stessi personaggi?
Se la risposta è sì, fatecelo sapere...
noi smetteremo immediatamente di
pubblicare Lineatrad, e gli “indispensabili” non avranno più antagonisti...
se viceversa Lineatrad vi sembra “intrigante”, continueremo a pubblicare (e
dopo di me qualcuno prenderà il mio
posto per continuare l’opera, con la
stessa filosofia).
Abbiamo già quasi pronti per marzo
dei servizi speciali davvero unici, delle
notizie importanti, delle interviste
scoop, degli argomenti esclusivi, ma
non anticipiamo nulla anche se potremmo farlo... così la vostra curiosità
resterà inalterata.
Grazie a tutti voi, e ai nostri collaboratori indomiti che ci dedicano tanto
tempo, ce la faremo! ❖
www.lineatrad.com
www.womex.com/virtual/lineatrad
ANNO 5 - N. 43-44
Gennaio-Febbraio 2016
via dei Giustiniani 6/1 - 16123 Genova
Direttore Editoriale:
Loris Böhm - [email protected]
Consulente alla Direzione:
Giovanni Floreani - [email protected]
Responsabile Immagine e Marketing:
Pietro Mendolia - [email protected]
PROSSIMAMENTE
SUI
VOSTRI
SCHERMI
Responsabile Ufficio Stampa:
Agostino Roncallo - [email protected]
Hanno collaborato in questo numero:
Luca Ricatti, Muriel Le Ny, Giustino Soldano,
Aldo Coppola Neri, Maria Scerrato
Pubblicazione in formato esclusivamente
digitale a distribuzione gratuita
completamente priva di pubblicità.
Esente da registrazione in Tribunale
(Decreto legislativo n. 70/2003,
articolo 7, comma 3)
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3
Argomenti
I RICATTI DEL MERCATO
di Luca Ricatti
I
l compositore francese Yann Tiersen, famoso per
essere l’autore della colonna sonora de Il Favoloso
mondo di Amelie, ha di recente pubblicato un album in un formato davvero inusuale: un libro di spartiti. E
basta, niente compact disc, vinili, niente brani in streaming.
Contemporaneamente, ha invitato i suoi fan a pubblicare su
Youtube le loro esecuzioni delle composizioni. In pratica, ha
realizzato un prodotto a uso esclusivo dei pianisti suoi ammiratori.
Non è un’idea totalmente originale. Anni fa l’artista americano Beck aveva creato un progetto simile, un album fatto
di soli spartiti dal titolo Song Reader, che i fan dovevano poi
suonare.
Di recente il celebre chitarrista di world music Pierre Bensusan ha invitato i suoi fan a partecipare a un concorso: dovevano pubblicare un video in cui eseguivano uno dei suoi brani, da scegliere tra quelli inseriti nella sua ultima collezione
di spartiti.
Senza fare paragoni improponibili con tali giganti, nel mio
piccolo di recente ho iniziato a mettere sul mio sito alcune
partiture di miei brani di chitarra. Il motivo è semplice: ho
scoperto che esistono persone che, perse nell’oceano googleiano in cerca di intavolature per chitarra fingerstyle, finiscono chi sa come sul mio sito. Mi sembrava da fessi non rispondere a questa richiesta involontaria.
Verrebbe da dire: altro che ritorno al vinile, sta tornando in
auge un metodo ben più vintage di diffusione della musica; il
pentagramma!
La verità è che fare dischi è divenuto meno costoso, rispetto
a qualche decennio fa, ma assai meno remunerativo. Mentre,
d’altra parte, noi musicisti di nicchia lo sappiamo bene che
molti degli appassionati disposti ad ascoltarci sono anch’essi
musicisti, a volte tutt’altro che dilettanti. E l’idea che altri possano reinterpretare i nostri pezzi è anche più stimolante che
vendere loro compact disc.
Il mercato discografico continua a prendere strade che nessuno aveva previsto, ma è evidente che gli artisti sono costretti a cercare sempre più spesso la partecipazione attiva
del pubblico. Non a caso anche il circuito mainstream ha tro-
44
43-44/2016
vato la gallina dalle uova d’oro nei talent show, dove i fan stessi
sono chiamati prima a proporsi e poi a selezionare i cantanti
che preferiscono tramite televoto.
A noi autori di nicchia invece gli ascoltatori, che sono ben più
preparati, chiedono di partecipare in modi più raffinati.
Certo, a chi resta attaccato all’idea dell’artista che dispensa il
suo genio dall’alto, queste prospettive possono apparire orripilanti. Ma i tempi cambiano e bisogna adattarsi. Io trovo affascinante avere con gli ascoltatori un rapporto più paritario,
con una comunicazione a doppio senso. E poi, se devo andare
incontro alle richieste di qualcuno, preferisco di gran lunga
quelle del pubblico, piuttosto che quelle di un discografico. ❖
Interviste
Un piano per far volare la fantasia,
un pianoforte come strumento
KATIA PESTI
di Loris Böhm
S
iamo finiti nell’eremo più sperduto della Toscana, raggiunto
da tortuosa stradina, ecco infine l’antichissima dimora di Katia,
incastrata in un podere. Ci accoglie
gentilissima e pronta per parlare
della sua originale tecnica strumentale mentre suona.
Katia, ascoltando il tuo disco mi
sono chiesto come fai ad interagire
da sola con tutte quelle componenti
esterne che producono il suono finale. Dal vivo, la sensazione visiva
che percepisco di come hai disposto
le varie percussioni e di come hai
“organizzato” il pianoforte, è di tutta
l’armonia e complicità che esiste tra
di voi.
Certo, alcuni strumenti li ho trovati nel Bali, un viaggio davvero
stimolante per me. E’ tutto un lavoro sulla risonanza, sui battimenti
che si producono, perché questi strumenti non sono intonati a
4/40 o 4/41 come il pianoforte, ma
un’intonazione po’ ad orecchio, e
questa è la caratteristica di questa situazione un po’ sfasata nella
frequenza. L’abitudine di noi occidentali ad ascoltare un’intonazione
perfetta, per cui ho pensato di integrare questi strumenti con il pianoforte proprio pensando di lavorare
sui bastimenti, creando questo tipo
di suono che è quello che ho mantenuto nel tempo.
In ogni brano si interagisce in modo
diverso con gli strumenti a percussione a seconda delle caratteristiche
intrinseche del brano stesso?
Sì, anche a seconda delle caratteristiche dello strumento. Questo
per esempio è un tamburo a cor-
nice marocchino, un bendhir, lo
suono a modo mio senza la pretesa
di volerlo suonare tecnicamente
come deve essere suonato.
Quando mi dicono che sono pianista-percussionista, dal punto di
vista morale nei confronti dei percussionisti non mi sento come loro,
pur avendo studiato lo strumento,
ma piuttosto tendo a sfruttare le caratteristiche sonore.
Per cui da uno studio iniziale del
pianoforte è subentrato l’interesse di
abbinare percussioni attraverso i tuoi
viaggi in oriente?
Sì, ho conosciuto questi strumenti nei miei viaggi in Thailandia,
Indonesia, Bali, Marocco eccetera.
Ho approfondito la loro conoscenza
attraverso il Maestro percussionista
Christian Hamouy di Strasburgo,
che mi ha fatto entrare nel mondo
delle partiture informali delle percussioni contemporanee, che mi
hanno consentito di scrivere in
maniera informale. Per cui le percussioni sono giunte successivamente come una possibilità in più.
In effetti c’è stato un momento
in cui avrei voluto dedicare il mio
studio alle percussioni e abbandonare quasi il pianoforte, ma poi ho
deciso di riconvergere verso il mio
strumento iniziale, il pianoforte.
Credo che il tuo personaggio richieda l’esigenza di nuove esperienze
piuttosto che l’esigenza di affermazione verso il pubblico?
Sì, è vero, per me è la musica che
deve passare…
43-44/2016
5
5
Allora se la tua musica non viene
recepita significa che probabilmente
l’interlocutore non è preparato per
ascoltare la tua musica?
Interviste
Mah, questo non posso dirlo io,
perché non posso giudicare l’interlocutore.
Intendevo questa tua provocazione
verso il pubblico, il tuo messaggio
utilizzando uno strumento nobile (il
pianoforte) in grado di essere apprezzato dal pubblico solo se suonato con
maestria, contrastato da una ritmica
povera più fruibile, può creare curiosità ma anche repulsione da parte del
pubblico.
Sì, certo, ma questo lo trovo interessante, non è per niente un
discorso commerciale, se così non
fosse non sarei seduta qui, in questa casa (antica), con questo pianoforte, avrei altri mezzi. E’ stato
difficile mantenere questa mia posizione senza abbandonarla perché in fondo potrei anche essere
niente e nessuno o tutto per cui è
difficile per un artista portare avanti
il proprio discorso originale, perché non trovi mercato, e questo a
volte ti scoraggia perché per continuare hai bisogno di creare profitto per comprarti altri strumenti e
continuare la ricerca, comunque
mi sento molto bene quando suono
e questo è salutare per me. Se per
qualche periodo sono costretta a
non suonare soffro di crisi di astinenza.
Comunque esistono dei casi in cui
la propria caparbietà, anche controcorrente, ha prodotto dei risultati a
livello commerciale significativi…
(risata) Spero di poter trarre qualche beneficio “materiale”.
Abbiamo parlato di produzioni più
articolate, inedite, in trio…
Sì, insieme ad altri due musicisti
si è lavorato intorno alle tradizioni
popolari siciliane, con zampogne,
sax e friscaletto, suonate da Giancarlo Parisi, con il quale abbiamo
provato a portare avanti questo discorso, un progetto che potrebbe
decollare ma per il momento è
66
43-44/2016
fermo. Il pianoforte è uno strumento fermo, e questa cosa incide
parecchio, è una cosa che sento:
stare fermi con il pianoforte per
cercare di muoverlo e portarlo oltre
al suo stesso luogo, e le percussioni in qualche modo lo muovono,
in modo metaforico.
Le percussioni sono preferibilmente
gestite da te o anche da altri musicisti specializzati nello strumento?
E’ capitato qualche volta di utilizzare altri percussionisti, una esperienza bella e interessante, ma in
genere suono da sola, per questo
cambiamento dovrei comporre altri
pezzi e suonare in modo differente.
Quale è l’ambiente ideale per proporre il tuo spettacolo? Una grande
sala con tanto pubblico rumoroso, un
ambiente più raccolto per pochi spettatori attenti o un bar dove i frequentatori possono essere distratti dal via
vai?
(risata) Beh, tutti i musicisti vorrebbero un pubblico attento, non
mi piace suonare in luoghi dove si
fa dell’altro, mi è capitato di suonare in luoghi dove ci sono tavo-
lini e la gente pensa a mangiare
più che ascoltare, ma quello non
è l’ambiente ideale, ma in quelle
occasioni la gente ha ascoltato in
silenzio, e questo è importante. Il
pubblico lo immagino in maniera
unitaria: un pubblico numeroso è
un pubblico forte ma il suo coinvolgimento deve essere totale. Una
prova significativa è stata quando
ho suonato in un teatro dove c’erano solo bambini. Se un bambino
regge un concerto di un’ora per me
è la prova più bella perché il bambino non sta fermo per educazione,
ma per attenzione e curiosità.
Parliamo un po’ del tuo futuro. Cosa
hai in previsione?
(risata) Il futuro è sempre presente… la previsione è di creare
un nuovo repertorio per produrre
il nuovo CD, legato più alla sperimentazione, se possiamo chiamarla così, alla mia esperienza.
Vorresti dire che nessuno può dire
quello che succederà domani con la
tua evoluzione musicale?
Esatto, nemmeno io posso sapere cosa farò, è fonte di continue
sorprese e stimoli, per questo
è importante avere la possibilità di fare concerti, perché
ti stimola a trovare altre soluzioni, ma anche se non ce ne
fossero io mi “autoalimento”,
questo è un aspetto bello del
mio carattere. Molti trovano
ispirazione solo dalla quantità
di concerti che fanno nell’arco
di un anno, per me l’ispirazione parte da una mia necessità interiore, che mi fa muovere. Nell’arte l’artista non fa
un’opera perché ci deve guadagnare, su commissione.
Interviste
Grazie Katia, abbiamo consentito ai nostri lettori di conoscere un’artista davvero particolare; il tuo primo suggestivo
album rientra sicuramente tra
le migliori produzioni italiane
del 2015... e sono sicuro che il
prossimo album confermerà le
belle impressioni che ho avuto
ascoltandoti. ❖
COMUNICATO STAMPA (Roma, 15 gennaio 2016)
Saranno i Lunàsa le star della nuova edizione di Eire!
La Festa dei Suoni d’Irlanda a Bondeno (Fe)
La band di musica tradizionale irlandese, tra le più amate e ascoltate
al mondo, si esibirà sul palco il 27 agosto.
S
arà il concerto dei Lunàsa il
main event della sesta edizione di Eire! La Festa dei
Suoni d’Irlanda, che si terrà a Bondeno (FE) dal 26 al 28 agosto. La
band irlandese, composta dal violinista Sean Smith, dal flautista Kevin Crawford, dal contrabbassista
Trevor Hutchinson, dal piper Cillian
Vallely e dal chitarrista Ed Boyd (già
membro dei Flook), salirà sul palco
del Teatro Sala 2000 di Bondeno
sabato 27 agosto.
Protagonisti assoluti del panorama mondiale della musica tradizionale irlandese, i Lunàsa sono
il gruppo ad oggi più ascoltato ed
amato non soltanto in Irlanda, ma in
tutto il mondo per quanto riguarda
il genere irish trad, con all’attivo sei
album e numerose collaborazioni
con artisti di livello mondiale, ultima quella con la cantautrice statunitense Natalie Merchant.
Reels, jigs, hornpipes, il repertorio dei Lunàsa è strettamente legato
all’immenso patrimonio musicale
irlandese, a cui però si aggiungono
melodie e arrangiamenti originali,
eseguiti con uno stile elegante e
delicato, mai aggressivo e nel pieno
rispetto della tradizione.
Una tre giorni di festa tra concerti,
session e danza. Anche quest’anno
Eire! ospiterà durante tutta la durata del festival sessions di musica
tradizionale irlandese aperte a tutti
i musicisti e agli appassionati del
genere, feste da ballo e corsi di
strumenti, canto e danza irlandese.
Bondeno tornerà, ancora una volta,
la capitale della musica irlandese
nel mondo.
La sesta edizione di Eire! La Festa
dei Suoni d’Irlanda sarà realizzata
grazie al prezioso contributo del
Comune di Bondeno, che ha fortemente voluto che il Festival proseguisse proprio qui il suo percorso, a
testimoniare l’importanza assoluta
che la manifestazione ha acquisito
a livello internazionale nel corso
degli anni. ❖
Lorenzo Coletta
Ufficio Stampa Eire! La Festa dei Suoni d’Irlanda
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7
Eventi
ACOUSTIC NIGHT 16
Teatro della Corte di Genova
il 5-6-7 maggio
Comunicato Stampa
Duo Power
Beppe Gambetta, chitarra, voce
Tony McManus (Scozia-Canada), chitarra, voce
Winifred Horan (USA, Irlanda), violino
Seamus Egan (USA, Irlanda), chitarra, bouzouki, banjo, flauti irlandesi
I
l tema di Acoustic Night 16 “Duo
Power” trae spunto dal mio ultimo lavoro, il CD Round Trip costruito in duo con il maestro della
chitarra celtica Tony McManus.
Il Duo è una forma spettacolare di
dialogo e sinergia musicale in grado
di esaltare le qualità degli artisti e
generare poesia in una equazione
in cui a volte il risultato dell’addizione “uno più uno” può sorprendentemente diventare “tre”.
La musica di Round Trip è un’immaginario viaggio acustico prodotto
con paziente lavoro di ricerca e
arrangiamento che unisce lungo
un filo di estetica comune melodie
antiche che vanno dai campanari
liguri ai motivi riscoperti della tradizione celtica.
Con Tony spazieremo lungo questo filo e in direzioni diverse e per
Tony, veterano molto amato dal
pubblico dell’Acoustic Night, sarà
un ritorno speciale ricco di novità.
Il secondo duo composto da Winifred Horan e Seamus Egan rappresenta il connubio perfetto tra
modernità e tradizione. I due artisti,
nati a New York e Philadelphia da
famiglie di emigranti irlandesi, si affermano come principali virtuosi e
innovatori della loro tradizione musicale che aprono in maniera spettacolare al futuro e alla creatività.
Seamus e Winifred sono i leader
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e l’elemento portante della celebrata band Solas, il cui “sound” si
è sviluppato in 20 anni di attività attorno all’estetica del loro duo.
Ovviamente, oltre alla spettacolarità del Duo, l’ Acoustic Night avrà il
consueto punto di forza nell’incontro e nell’ensemble di tutti i musicisti. Un’edizione tinta di colori celtici
che si prospetta più di altre a cavallo tra la musica del vecchio e del
nuovo mondo.
- Il CD Round Trip con Tony
McManus (distribuito in Italia
da IRD, https://borealisrecords.
com/2015/09/round-trip/) ci sta
portando dei buoni riconoscimenti:
recensioni, presenza nella classifica Folk DJ Americana e tanti inviti
a Festival Internazionali: dal Celtic
Connections Festival di Glasgow,
Scozia al Festival di Port Fairy in
Australia.
Stiamo lavorando a nuove presentazioni italiane oltre al grosso
spazio che Round Trip avrà nel
programma delle Acoustic Nights
16 al Teatro della Corte di Genova
(5-6-7 Maggio).
- Durante l’anno 2015 abbiamo
pubblicato su YouTube molti filmati
dell’Acoustic Night 15 prodotti da
Bruno Costa e Alessio Siena a cui
va un enorme grazie e tanti complimenti per l’altissima qualità del
lavoro. ❖
Beppe Gambetta alla cena dopo Acoustic Night 2015, insieme a Martino Coppo. Ogni anno è consuetudine festeggiare con gli amici, che arrivano a Genova per l’evento, anche dalla Germania!
Eventi
Laboratorio Stabile Danze
del Sud Italia
diretto da Angela Esposito
MAGNA MATER
LABORATORIO SULLA VISIONE CONTEMPORANEA
DELLA DANZA POPOLARE
Comunicato Stampa
13 Febbraio - 12 marzo - 9 aprile - 7 maggio dalle ore 16 alle ore 19
Presso il LED SPAZIO DANZA, Via Francesco del Giudice n. 9
(Nei pressi della chiesa Pietrasanta, su via tribunali) Napoli
Info e prenotazione: Cell: 3497428098 | 3285428140 - Email: [email protected]
I
l vero canto popolare è innanzitutto la rappresentazione di
un mondo interiore. Si basa su
un’articolazione di “Segni”, leggibili
in una visione rituale e magico-religiosa dei canti stessi. Questi infatti
sono comprensibili nella loro molteplice verità secondo un codice
culturale che rapporta i “segni” ad
angosce collettive da esorcizzare
proprio mediante la loro stessa
espressione.
Le principali tematiche di tali “Segni” sono: la donna o la madre, il
sesso e la morte.
Tutto è rivolto alla “figliola” come
vergine, madre, sorella, sposa,
come terra, albero, orto, giardino,
rosa, fontana, pozzo, come montagna, castello, palazzo, casa,
chiesa, e come sole e luna, come
barca, fiume, mare in cui perdersi,
annegare, ma anche viaggiare e
poi tornare, come grotta, caverna
dalla quale si è nati ed alla quale si
vorrebbe sempre ritornare.
La figliola prima dolce come mela
o albicocca, ora aspra come limone
o foglia di limone, ha la stessa faccia della morte: come morte è la
vergine sposa che accoglie il seme
e ripartorisce la primavera.
Nella antropologia e psicologia Junghiana e di Neumann, la
Grande Madre rappresenta una
forza numinosa come archetipo di
potenza ambivalente, che può nutrire ma anche divorare, salvare ma
anche distruggere. È il luogo della
magica trasformazione, della rinascita, dell’occulto e tenebroso, ciò
che divora e seduce.
Essa è datrice non solo della vita
ma anche della morte. Il grembo
della terra si trasforma nelle fauci
divoranti e mortali del mondo sotterraneo seminando distruzione e
pericolo; l’utero da fecondare e la
cavità protettiva della terra e della
montagna si trasformano nell’abisso, nella caverna, nell’oscura
cavità profonda dell’utero divorante
della tomba e della morte, nell’oscurità priva di luce e nel nulla proprio della Madre oscura.
Ed è sempre a lei che si tende,
lei che sta in alto su una montagna o giù in una valle, o nel mare,
o sotto terra, comunque sempre al
di là di chi vorrebbe raggiungerla
pur avendo paura di raggiungerla.
E per raggiungerla al di là si passano i ponti, si traversano i fiumi,
si varca il mare in un eterno viaggio
di andata e ritorno, come il moto
dell’onda sulla spiaggia, come il
coito di un universo di angoscia e
di amore.
Tutto ciò perché in fondo le cose
sono tre: la madre il sesso e la
morte ed entrano una nell’altra e si
scambiano e sono la stessa cosa in
un modo o in un altro.
E se il sesso è la stessa morte,
esso diventa arma, coltello, spada,
pistola, fuoco e combattimento. E
se la madre è il sesso è anche la
nascita o una nuova nascita dopo
la morte perché è il sesso che genera nuovamente.
Ed anche il “Grande Cerchio”
rappresenta una dimensione del
femminile. Quell’aspetto che tende
a mantenere fermo ciò che da
esso sorge e a circondarlo come
sostanza eterna. Tutto quello che
nasce dal femminile appartiene
ad esso, anche quando l’individuo
diviene autonomo, l’archetipo del
femminile relativizza tale autonomia, rendendola una variante secondaria della sua essenza eterna.
Il laboratorio è aperto a tutti coloro che, pur non avendo precedenti studi di danza, intendendo
compiere una ricerca sul corpo attraverso alcuni principi base della
danza contemporanea e attraverso
i movimenti, l’analisi dei testi e l’ascolto di alcune sonorità tipiche
della tradizione popolare campana,
in particolar modo LA TAMMURRIATA.
Il laboratorio è aperto a uomini
e donne di qualsiasi età, che abbiano voglia di scoprirsi, di ricercare e scoprire una propria visione
della danza popolare, in una ottica
nuova, e quindi, contemporanea.
A tutti quelli che intendono compiere questo viaggio nel femminile,
in queste dimensioni:
MADRE = MORTE = SESSO = MADRE
❖
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Eventi
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Eventi
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Recensioni
EUGENIO BENNATO:
CANZONI DI CONTRABBANDO
Antologia 2016
© 2016 - TarantaPower/iCompany
Comunicato Stampa
C
anzoni di Contrabbando è la
prima grande raccolta del percorso creativo di Eugenio Bennato, artista che si è sempre riferito
ad un linguaggio stilistico e ad un
circuito alternativo rispetto ai modelli della musica leggera.
Un percorso che parte da “Brigante se more” – brano che nasce
nei primi anni Ottanta e diventa col
tempo un inno spontaneamente
scelto al di fuori della logica discografica da centinaia di migliaia di
voci del sud - fino all’ultima composizione del musicista napoletano
che si intitola “Mon père et ma
mère”, unico inedito della raccolta.
I tredici brani proposti sono tratti
da varie pubblicazioni: oltre a Brigante se more (1980, qui realizzato
in una versione assolutamente inedita e con la collaborazione della
voce di Pietra Montecorvino), sono
presenti titoli da Taranta Power
(1998) che segna l’avvio di una
nuova stagione di diffuso interesse
popolare per la musica etnica italiana, a Che il Mediterraneo sia
1212
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(2002), dove per la prima volta
risuonano, accanto ai dialetti e ai
tamburi del sud Italia, gli accenti
provenienti dalla nuova migrazione
mediterranea.
E ancora l’apertura prosegue e
con Sponda sud (2007) si spinge
a latitudini più lontane e misteriose,
in cui è possibile intravedere la
fonte dei ritmi e delle leggende che
risuonano nelle superstiti scintille
della nostra musica popolare.
Da Questione meridionale (2011)
sono infine tratti i brani che ritraggono i briganti maledetti, da Ninco
Nanco a Michelina de Cesare,
protagonisti della storia negata del
1860 che con il nuovo regime imposto portò di fatto il sud alla dolorosa epopea dell’emigrazione nelle
Ameri­che lontane.
Alcuni dei brani sono stati risuonati, ricantati e rimixati, e tutta
l’Anto­logia rinasce attraverso il
nuovo mastering che impreziosisce
e riscalda l’intera produzione. Un lavoro che racconta al meglio l’intero
percorso finora compiuto dall’autore
partenopeo, a distanza di cinque
anni dall’ultimo album pubblicato.
Tracklist:
Mon père et ma mère
2. Il Mondo corre
3. Che il Mediterraneo Sia
4. Brigante se more
5. Juzzella
6. Taranta Power
7. Lucia e la Luna
8. Alfonsina y el mar
9. Ritmo di contrabbando
10. Il Sorriso di Michela
11. Ninco Nanco
12. Sponda Sud
13. Le città di mare
Recensioni
BIOGRAFIA
Eugenio Bennato, studente universitario negli anni Settanta, fonda
la Nuova Compagnia di Canto Popolare, il primo e più importante
gruppo italiano di ricerca e riproposta della musica etnica dell’Italia
del Sud.
Autore, compositore e interprete, fonda successivamente
Musicanova e, nel 1998, il movimento Taranta Power che diffonde a livello internazionale il
ritmo legato alla danza esorcistica
della taranta, antidoto rituale contro il morso velenoso della tarantola, ragno nero nascosto nelle
terre aride del Sud.
Oggi in Italia una nuova generazione in controtendenza alle imposizioni della cultura televisiva
globalizzante riscopre ed afferma
la musica delle proprie radici, ed
il movimento nuovo si sviluppa ed
assume dimensioni vastissime.
Eugenio, da sempre attirato dalle
forme musicali semplici e dirette
della poesia popolare distante
dalla musica del business planetario (dalle tradizioni mediterranee
alla profonda Africa al Sudamerica
lontano nello spazio vicino nel sentimento e nella storia), realizza e
pubblica negli ultimi anni delle raccolte musicali di grande successo,
da Mille e una notte fa
(1996) a Taranta Power
(1999) a Che il Mediterraneo sia (2002), a
Grande sud (che nel
2008 viene presentato
al festival di Sanremo,
aprendo al grande pubblico la musica delle radici popolari.
L’ultimo lavoro è Questi o n e me ri di o n a l e
(2011) che racconta la
storia le rivendicazioni
e la musica delle culture subalterne del passato e del presente, dai
briganti ottocenteschi
dell’Italia meridionale,
ai giovani del mondo
contemporaneo in lotta
nella primavera araba,
alle nuove generazioni
in marcia in tutti i Sud
del mondo. ❖
CONTATTI:
Booking iCompany:
Isabella Gatti
– tel. 347 4415192
– mail. [email protected]
Ufficio Stampa iCompany:
Erica Gasaro
– tel.342 5325397
– mail. [email protected]
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Eventi
CORSO DI DANZA POPOLARE DEL CENTRO SUD ITALIA
“I PASSI DELLA TRADIZIONE”
Associazione Culturale Mantice
Passi, ritmo, stile delle principali forme
coreutiche di tarantelle del meridione italiano
a cura di Francesca Trenta
Comunicato Stampa
P
er gli appassionati di danza e ballo popolare l’associazione Mantice di Latina organizza il corso di
danze popolari “I passi della tradizione” passi,
ritmo, stile delle principali forme coreutiche di tarantelle del meridione italiano.
Il corso prevede 8 incontri di un’ora ciascuno che si
terranno tutti i giovedì dalle ore 18 alle ore 19 nella palestra dell’Istituto Istruzione Superiore San Benedetto
in Via M. Siciliano 4 Borgo Piave - Latina a partire da
Giovedì 11 Febbraio 2016.
Il laboratorio prevede due livelli, principianti e intermedi; una parte teorica: storia, significati-simboli delle
danze tradizionali; ed una pratica: apprendimento
della danza, ritmi, passi e stile.
Le danze proposte saranno le tarantelle del meridione italiano (Pizzica, Tarantella del Gargano, Montemaranese ecc. )
Giovedì 11 Febbraio 2016 dalle ore 18 alle ore 19
è previsto un primo incontro rivolto a tutte le persone
interessate, sia principianti che intermedi.
Il corso sarà tenuto da Francesca Trenta artista poliedrica, con carriera ventennale nel campo della danza,
del canto e del teatro musicale nelle sue varie forme
(dal Musical al teatro popolare) si dedica da oltre 10
anni anche allo studio e all’insegnamento delle danze
tradizionali con passione e grande rispetto per le radici
profonde da cui ha imparato quanto oggi tramanda.
Febbraio - Marzo 2016
8 incontri da un’ora tutti i giovedì
dalle ore 18,00 alle ore 19,00
a partire da giovedì 11 Febbraio
Il laboratorio prevede due livelli,
principianti e intermedi
Giovedì 11 Febbraio ore 18
1a lezione aperta a tutti gli interessati
Contributo per chi partecipa alla sola prima lezione
aperta 5 Euro
Le lezioni si terranno presso la palestra dell’Istituto
Istruzione Superiore San Benedetto
- Via M. Siciliano 4 - Borgo Piave - Latina
Quote corso:
Intero corso (8 lezioni) è di 70 Euro.
Metà corso (4 lezioni) 40 Euro Singola lezione 12 Euro
Per informazioni e iscrizioni
Associazione culturale Mantice
Via Botticelli 12 – 04100 Latina - tel. 0773 484955
[email protected] - www.mantice.net
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Associazione Mantice
Marco Delfino 0773484955 - 339 2327810
www.mantice.net
Eventi
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Argomenti
LAKOU MIZIK:
UN NUOVO ALBUM DOPO IL TERREMOTO DI HAITI
Comunicato Stampa
I
l 1° aprile, Cumbancha Discovery
pubblica l’album di
debutto della banda
Haitiana di roots-revival
Lakou Mizik. La band
ha appena eseguito una
performance trionfale al
GlobalFest di New York.
Il giornale New York
Times descrive così il
gruppo: “Lakou Mizik,
formatosi dopo il devastante terremoto di Haiti
del 2010, è una geniale
coalizione trans-generazionale lungo le linee
del Buena Vista Social
Club. Le sue canzoni,
alcune delle quali sono
d’attualità, disegnate
sui ritmi e incantesimi del voodoo,
il barrito della musica del carnevale e abbondanti armonie vocali di
“chiamata e risposta” nel loro galoppante cammino verso gli anfratti
esultanti della danza”.
Lakou Mizik è un collettivo di musicisti multigenerazionale haitiani
formati in seguito al devastante terremoto del 2010. Il gruppo include
sia leggendari anziani che giovani
talenti, uniti in una missione per
onorare lo spirito di rinascita della
cultura collettiva e per comunicare
un messaggio di orgoglio, forza e
speranza ai propri concittadini e al
mondo.
La musica è al centro del senso di
identità di Haiti, e i musicisti hanno
sempre svolto un ruolo importante
nella società, sia nel documentare
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la storia del paese che nell’aiutare a
definire il suo percorso futuro. Oggi,
una giovane generazione di artisti è
chiamata a mantenere viva questa
tradizione, raccontando il mondo in
cui vivono attraverso la musica che
viene suonata nei quartieri, villaggi
e campi del post-terremoto. Lakou
Mizik riunisce queste generazioni
musicali a celebrazione del continuum culturale attingendo dal profondo pozzo della forza creativa di
Haiti per far brillare una luce positiva su questo paese tragicamente
travagliato.
L’idea di fondare la band è nata
nel 2010 in una notte di novembre a Port-au-Prince. Haiti si stava
ancora riprendendo dal terremoto,
un’epidemia di colera infuriava e
una crisi politica aveva riempito le
strade di manifestanti causando la
chiusura dell’aeroporto
internazionale. Steeve
Valcourt, un chitarrista
e cantante il cui padre è
uno dei musicisti icone
del paese, il cantante
Jonas Attis e il produttore americano Zach
Niles si sono incontrati
nell’afoso studio seminterrato di Valcourt
e hanno convenuto che
la musica e la cultura di
Haiti potevano servire
come antidoto alla marea di negatività.
Niles, che dieci anni
prima faceva parte del
film documentario e
team di gestione, che
ha presentato al mondo
i Sierra Leone Refugee All Stars,
aveva esplorato Haiti per scoprire
che ruolo poteva avere la musica
nell’aiutare il recupero e il cambiamento sociale. Dice Niles: “Ho
sempre voluto usare la musica e la
storia dei musicisti per creare una
connessione più profonda per il paese diversamente dalla stampa negativa creata dalle false speranze e
ispirazioni che le ONG proponevano
al pubblico.” Niles, Valcourt e Attis
riuniti come trio d’eccezione, creano
il proprio team musicale, un potente
collettivo centrale di cantanti, suonatori di corno, batteristi, chitarristi
e persino un fisarmonicista.
Nel corso degli anni seguenti, la
band ha affinato il suo elettrizzante
spettacolo dal vivo, presentando
lunghe ore di concerti che miscelano lo spirito soul di una rinascita
Argomenti
della chiesa, l’impegno sociale di
una manifestazione politica e l’induzione alla trance di un rito vudù.
Infine, dopo la consolidazione
di una base di fan devoti locali, il
gruppo viene diretto dall’Artists Institute di Jacmel, sede di una bella
nuova scuola con studio di registrazione e la musica costruita dalla
We Are The World Foundation per
aiutare a sviluppare l’industria della
musica di Haiti.
Due produttori di musica veterani sono entrati nel gruppo per
aiutare all’uscita dell’album di debutto: Chris Velan, un cantautore di
Montreal e produttore responsabile
della produzione di due album per
la Sierra Leone Refugee All Stars,
e il produttore britannico Iestyn
Polson, famoso per aver lavorato
con David Gray, David Bowie, Patti
Smith e altri.
L’album risultante, Wa Di Yo, riflette le influenze africane, fran-
cesi, Caraibiche e americane che
si trovano ad Haiti. I ritmi agitati
e spirituali del vudù e la voce di
chiamata-e-risposta sono supportati dalla cadenza da caffè francese
della fisarmonica. Intricate linee di
basso incastrate dal riff di chitarra
per una base poliritmica gioiosa
di corni. Questi strati potenti sono
sormontati da melodie cantate con
testi ispirati, socialmente consapevoli. Il risultato finale è un soul con
scanalature profondamente ballabili che si sentono stranamente
familiari, intensamente nuovi e al
100% haitiani.
Nel Kreyol Haitiano la parola Lakou svolge molteplici significati.
Può significare il cortile, un luogo
di ritrovo dove le persone vengono
a cantare e ballare, per discutere
o condividere un pasto. Significa
anche “casa” o “da dove vieni”,
che ad Haiti è un luogo pieno dagli spiriti ancestrali di tutti coloro
che sono nati lì. Ogni ramo della
religione vudù ha il suo luogo sacro, chiamato Lakou, dove i professionisti possono incontrarsi sotto
l’ombra di un albero sacro Mapou.
Con Wa di Yo, Lakou Mizik invita gli
ascoltatori ad unirsi a loro nella loro
Lakou, per condividere con loro la
profondità storica, la complessità
espressiva e la gamma emotiva del
popolo haitiano. Emergendo da uno
dei periodi più bui della storia del
paese, Lakou Mizik presenta una
sensazione di gioia, di speranza, di
solidarietà e orgoglio che si spera
possa servire da faro per un futuro
positivo ad Haiti.
I nove membri della gruppo Lakou Mizik dalla fine degli anni Sessanta provengono da tutto lo strato
musicale di Haiti, sociale, religioso,
e area geografica.
Steeve Valcourt è il figlio della
leggenda musicale Haitiana Boulo
Valcourt, bluesman, jazzman e le
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Argomenti
musicista roots che ha trovato la
fama negli anni ottanta con la band
dei Caribbean Sextet e ha anche
suonato alla Casa Bianca. Steeve è
cresciuto in parte ad Haiti e in parte
a Long Island dove era andato alla
scuola superiore e all’università.
Steeve è cresciuto circondato dalle
migliori stelle della musica haitiana
ed ha imparato tutto. Ha influenze
diverse come Carlos Santana e
George Benson fino al cantante
di protesta haitiana John Steve
Brunache. Il suo amore per Haiti
è profondo mentre tanti altri haitiani sono alla ricerca di modo per
uscire dal paese, Steeve ha assaporato la vita in America e ora vuole
solo vivere nella sua patria. Steeve
ha avuto una certa fama come
artista con la sua banda compa
Vod’k ma ha trovato a lavorare con
il padre per produrre giovani artisti, spesso gratuitamente. L’elenco
degli artisti che Steeve ha prodotto
ad Haiti riflette come una delle più
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grandi stelle di questa generazione
e tutti gli devono un debito di gratitudine. Non si può camminare
per le strade di Port-au-Pince con
Steeve senza che la gente gridando
lo saluti, ed essere sommersi da
persone che vogliono stringere la
mano o farsi fotografare con lui. Ma
è attraverso Lakou Mizik che Steve
sta finalmente ricevendo una vera
e propria svolta della propria stella.
Uscendo fuori dall’ombra di suo
padre per ottenere il rispetto popolare come un artista che merita.
Steeve sta spingendo la riscoperta
della musica tradizionale haitiana
attraverso i Lakou Mizik e dimostra profondo apprezzamento e rispetto di coloro da cui ha imparato.
Steeve attualmente è docente di
produzione musicale e storia della
musica haitiana presso Audio Institute a Jacmel.
Jonas Attis è nato a Jeremie, sulla
costa sud-ovest di Haiti. Conosciuta
come “La Città dei Poeti”, Jeremie
è noto per aver formato artisti politicamente impegnati. Cresciuto in
una famiglia musicale che praticava vodou, Jonas era circondato
da profonde tradizioni del paese.
Ha iniziato a scrivere canzoni in giovane età – da quando ancora adolescente militava in una rara band locale. Nel 1993, Jonas ha intrapreso
un viaggio sfortunato con la nonna.
Salirono un traghetto sovraffollato
chiamato Nettuno che trasporta
passeggeri da Jeremie lungo la
costa alla capitale Port-au-Prince.
Quando il maltempo ha fatto capovolgere la nave, e il viaggio si trasformò in uno dei più grandi disastri
marittimi degli ultimi tempi, con la
perdita di ben 1.500 vite incluso la
nonna di Jonas. Jonas ha trascorso
3 giorni galleggiando in mare attaccato a barili di petrolio, sui secchi
di carbone e sul retro di una carcassa di mucca gonfia prima di
essere salvato da una squadra di
soccorso cubana che lo ha portato
Argomenti
di nuovo a Jeremie. È arrivato sul
molo di Jeremie proprio mentre la
sua famiglia stava dicendo le ultime
preghiere per lui, pensando che
fosse tra i tanti che erano morti.
Jonas ha trascorso gli ultimi anni
di lavoro nel campo della musica,
spesso cantando cori sui successi
di altri grandi stelle. Ma il suo stile
è caratteristico, tradizionale e vodou mescolato con reggae e pop.
Fino ad oggi, Jonas pensa alla sua
nonna ogni volta che scrive o canta
una canzone. Egli è diventato noto
in tutta Port-au-Prince come cantante appassionato di soul con l’energia contagiosa che infonde sul
palco. Jonas è uno dei cantautori
più rappresentativi di Lakou Mizik e
il suo stile unico attraversa la linea
tra roots music, pop e hip-hop. Le
sue canzoni si fondono sottolineando i testi politici dei cori e non
mancano mai di ottenere una folla
in movimento.
Nadine Remy è cresciuta nella comunità evangelica cristiana. La sua
famiglia, anch’essa originaria di Jeremie, era praticante vudù prima di
essere convertita al cristianesimo
quando è arrivata a Port-au-Prince.
La pura voce di Nadine fa di lei una
stella del coro della chiesa dandole
una motivazione per andare a cercare la guida professionale del leggendario Boulo Valcourt, padre di
Steeve. Boulo, impressionato dal talento della giovane Nadine, cominciò a dare le sue lezioni e, infine, la
invitò a cantare di nuovo per lui. Durante il terremoto del 2010 la casa
di Nadine è stata distrutta, ma tutta
la sua famiglia è uscita illesa dalla
tragedia. La famiglia è stata costretta
a vivere in un campo di emergenza
post-terremoto e poi è stata spostata
al nuovo insediamento polveroso
noto come Canaan appena a nord
della città. E’ stato durante questo
periodo che Nadine inizia a collaborare con Steeve, Jonas e Zach sul
progetto Lakou Mizik. In un primo
momento lo sfondo cristiano di Nadine ha reso difficile per lei cantare
canzoni della tradizione vudù; lei
era preoccupata di quello che la
sua famiglia e i compagni potessero
pensare, ma con l’incoraggiamento
degli altri musicisti e il sostegno
della sua famiglia, in Nadine si è sviluppata una delle più potenti radici
del canto haitiano. Considerando
che una volta aveva paura del mistico cantante vodou Sanba Zao,
ora sono come padre e figlia.
Sanba Zao (Louis Lesly Marcelin)
è una leggenda del movimento Racine (radici) la musica di Haiti. Uno
dei fondatori del Sanba e del nuovo
movimento della terra ad Haiti,
Sanba Zao è rimasto sulla scena
musicale per quasi 30 anni. Egli
non è solo un batterista maestro
con una conoscenza enciclopedica
dei canti tradizionali e dei ritmi;
Zao è un grande front man con la
stessa energia di artisti che hanno
metà dei suoi anni. Zao fu coinvolto
con il progetto Lakou Mizik tramite
amici comuni. In origine, ha fornito
indicazioni e suggerito collaboratori, ma col passare del tempo Jonas, Steeve e Nadine hanno cominciato a vederlo come il loro mentore
e come un portale per le tradizioni
perdute che stavano cercando di
far rivivere. La sensibilità soul pop
Jonas mescolato con profonda conoscenza delle tradizioni di Zao
hanno procurato immediatamente
la rinascita di vecchie canzoni che
erano state a lungo relegate agli archivi. Come il collettivo Lakou Mizik
ha cominciato a prendere forma,
Sanba Zao ha invitato il figlio Woulele dentro al gruppo.
Peterson “Ti Piti” Joseph e James
Carrier sono i giovani maestri rara
utilizzati come motore della sezione
ritmica di Lakou Mizik. Rara è una
musica tradizionale da strada che
è rimasta rilevante e vibrante fino
ad oggi. Durante le parate Rara,
gruppi di giovani marciano per le
strade, in competizione per il titolo di miglior band. Ti Piti e James
sono i protagonisti di “Silibo Tet
Syel”, una band del quartiere povero di Jalousie che si trova proprio
accanto alla elegante zona Pétion-
ville di Port-au-Prince. Amici dal
tempo della scuola, i loro genitori
inizialmente proibirono Ti Piti e James di passare il tempo insieme,
ma il loro legame fraterno era inossidabile. La loro stretta relazione
rende possibile per loro tessere
melodie intricate con una sola nota
del corno Rara. Estremamente orgogliosi del loro mestiere, Ti Piti e
James parlano spesso del sogno
di dare al semplice cornetto rara
la stessa importanza che hanno
trombe e tromboni. Essi sperano
di vedere la cornetta nelle chiese e
sale da concerto di tutto il mondo.
Jonas è stato presentato a Ti Piti e
James da un amico comune nel
2009 e ha iniziato l’integrazione nei
suoi arrangiamenti Rara-pop. Jonas li ha portati in Lakou Mizik nel
2011 e sono diventati un elemento
che definisce il sound della band.
Lamarre Junior è il bassista Lakou Mizik. E’ cresciuto suonando
in chiesa e continua a guidare le
bande di Chiesa in tutto Port-auPrince. Ma per lui non vi è conflitto
tra la fede e la chiesa e la musica
vodou. Il suo stile è qualcosa di personale ed è orgoglioso di proporre la
cultura musicale del suo paese.
Il prodigioso talento di Woulele si
basa sul tradizionalismo del padre
mentre inietta energia giovanile e
ritmi moderni al mix. Ha iniziato a
suonare la batteria all’età di 5 anni
ed è diventato uno dei più ricercati session-man tanbou del paese. Mentre si sta inoltrando in un
nuovo territorio musicale, Woulele
è profondamente rispettoso del patrimonio che ha ereditato.
Belony Beniste si è inserito recentemente nei Lakou Mizik dopo la
morte improvvisa del fisarmonicista
originale Allen Juste. Beniste suona
con il più noto cantante twoubadou
del Paese, Ti Coca, e possiede una
profonda e ricca conoscenza del
repertorio classico di Haiti. Beniste
rappresenta un crescente numero
di fisarmonicisti haitiani che stanno
mantenendo viva la tradizione
twoubadou in Haiti. ❖
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Argomenti
L’EPOPEA DEI NEGOZI “REALI”
Music Store a Genova era una istituzione:
sparita nel 2011 senza lasciare traccia,
ne raccontiamo la storia
di Loris Böhm
V
ogliamo raccontarvi una storia controtendenza, la storia
di un negoziante di dischi che
ha “inciso” più di chiunque altro la
vita degli appassionati di musica in
Liguria, con la sua intraprendenza e
incontenibile passione verso quella
“buona” musica che attualmente
è nelle grinfie delle multinazionali
della rete internet come Amazon…
freddi e muti mercanti virtuali che
nulla insegnano e nulla (di buono)
promuovono: lui si chiama Raimondo Bignardi, assolutamente
anti-personaggio di cui nulla trapela dai social-network, nonostante
abbia dedicato la vita alla promozione della buona musica.
Ineffabili e inaffidabili social-network… mezzi da sempre sfruttati
da “personaggi” maneggioni di
musica con manie di “grandezza
virtuale” appunto perché hanno
fallito clamorosamente quella
“grandezza reale” che solo la vita
reale è in grado di elargire.
Noi di Lineatrad abbiamo un’anima, un cuore, e soprattutto un
cervello, che ci consente di selezionare dall’oceano di artisti e operatori musicali, quelli che realmente
meritano di essere considerati. Noi
non ci basiamo su classifiche taroccate, su algoritmi di sistema, su
routines informatiche, e tantomeno
sui “mi piace” di Facebook, per decretare un livello di meritocrazia…
noi siamo Lineatrad!
Scusate lo sfogo, ma oggidì è di
moda fidarsi delle sirene dei “social” dove musicanti in cerca di
gloria si “postano” in tutte le situazioni, persino quando dormono e
mangiano… seguiti dall’infinità di
commenti ruffiani degli stolti so-
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stenitori, che seguendo la scia del
personaggio di turno, hanno l’unico scopo di raccogliere briciole di
commenti per la propria vanteria.
Ultimamente pure certi canali televisivi attingono da notizie apparse
su facebook o video apparsi su
youtube, che il più delle volte si rivelano falsi… davvero vergognoso.
L’epopea del dischivendolo è durato lo spazio di un ventennio, poco
più, e in questo spazio temporale ha
furoreggiato un negozio a Genova
di cui ora non resta traccia di nessun tipo: caduto nell’oblio di una
tecnologia sempre meno a misura
d’uomo, sempre più ostile e invadente, che ha imprigionato suoni,
sentimenti e umanità, per assecondare solo la legge del profitto e il monopolio di magnati senza scrupoli.
La chiusura definitiva di Music
Store è subentrata quando i soci
non sono stati più in grado di pagare l’elevato affitto che richiedeva la proprietà (Società Porto
Antico di Genova spa), controllata
dal Comune di Genova e dalla Camera di Commercio. Chiaramente
non sarebbe bastato abbassare
l’affitto per salvare l’attività, ma sicuramente avrebbe dato un po’ di
ossigeno per affrontare la crisi del
settore. Davvero poco furba e impopolare è stata l’intransigenza
nell’applicare il canone di locazione da parte di questi ineffabili
proprietari... per voler guadagnare
qualcosa di più, alla fine, dal 2012
ad oggi, hanno tenuto vuoto tutto il
piano terra dove alloggiava Music
Store, in quanto ovviamente nessun imprenditore è stato così pazzo
dal voler azzardarsi a subentrare.
Morale: la società mista pubblica-
privata controllata da Comune di
Genova e Camera di Commercio di Genova, ha perso una cifra
enorme, derivante da diversi anni
di affitto... contenti loro!
Quattro soci hanno accettato una
sistemazione molto più piccola e
defilata per continuare l’attività,
Raimondo Bignardi si è ritirato
saggiamente, prevedendo che a
quelle condizioni non poteva durare a lungo... infatti dopo appena
un anno ha chiuso anche quella
nuova sede di Music Store. L’altro
socio ha aperto nel Centro storico
un negozietto di dischi (Doctor Music) tuttora in attività, mentre un ex
dipendente ha gestito il negozio di
dischi Orlandini che ha cambiato
nome in Genova Dischi, sopravvivendo grazie ad una strategia commerciale che nulla ha a che fare
con le idee del passato.
Anche in altre regioni esistono dei
“Raimondo-anti-personaggio”, che
più di chiunque altro hanno inciso
sulle nostre passioni musicali, e
sono stati dimenticati a causa della
loro riservatezza… cercateli fisicamente senza l’ausilio di Google, ne
vale la pena, oppure leggete questa
intervista, è la sua vita che è anche
la nostra vita. ❖
Interviste
RAIMONDO BIGNARDI,
NEGOZIANTE DI DISCHI
DEL PERIODO D’ORO GENOVESE
di Loris Böhm
U
n tempo quando volevi un
consiglio sugli acquisti potevi rivolgerti ad esperti negozianti che ti indirizzavano nella
scelta: era il tempo dei negozi
“reali”. Non sbagliavi un colpo ed
amavi la musica che compravi...
se spariscono loro, sparisce il desiderio di ascoltare la musica per
scoprirla ed amarla, rimane l’usa e
getta di un ascolto distratto.
Raimondo Bignardi è uno di questi, lui ti toglieva ogni dubbio su
cosa acquistare nel mare di offerte.
Raimondo, sono passati tanti anni
da quando hai iniziato a vendere dischi. Erano tempi in cui la “buona
musica” era oggetto di culto anche
presso i genovesi. Adesso tutto questo interesse sembra essere svanito,
causa la crisi economica. Raccontaci
da cosa è nata la voglia di vendere
musica, le soddisfazioni e gli ostacoli incontrati lungo la strada e i motivi che ti hanno indotto a cambiare
completamente genere merceologico,
nonostante la tua grande passione e
competenza musicale.
Cosa mi ha spinto, sicuramente è
la passione per la musica più che
i motivi economici. Ci sono generi
musicali che preferisco, altri no,
ma mi piaceva l’ambiente... avere
scambi di opinione con persone
che amano la musica. Quando
ho iniziato (a metà degli anni ‘80)
era un periodo in cui tutte le attività economiche andavano abbastanza bene... se non eri proprio un
disgraziato, funzionava, poi certo
con il passare del tempo hanno
incominciato ad incepparsi alcuni
ingranaggi. Ad esempio un momento di forte crisi è stato verso la
fine degli anni ‘90 quando hanno
Music Store poco prima della chiusura. Una porta per entrare, una per uscire, all’interno lunghe file di
dischi dove ci trovavi di tutto... i più appassionati ci passavano ore, prima per sfogliare tutte le novità,
poi per ascoltare con la cuffia e infine per chiacchierare con i negozianti... a volte lo facevo anch’io!
iniziato ad aprire negozi di grande
distribuzione a Genova, città che
non era abituata a questo. Hanno
aperto Media World, Music Store,
la Fnac, e il pubblico che non era
abituato a questo tipo di proposta
si è buttato tutto lì. Per un po’ di
anni ha funzionato quello...
Music Store riguarda anche te,
però...
Sì, poi io dopo ho fatto una scelta
obbligata, nel senso che non si lavorava più, ed ho scelto di andare
a lavorare, (diventare socio) di un
grande negozio, infatti lì all’inizio del
2000 si lavorava ancora tanto e la
musica era ancora oggetto di passione anche per coloro che ascoltavano poco la musica.
Allora torniamo indietro. Il tuo
primo negozio è stato Pink Moon?
Certo, dalla metà degli anni ‘80
sono andato avanti fino alle soglie
del 2000. Quel negozio è stato
chiuso nel 2001.
In quei tempi a Genova esistevano
altri negozi di tendenza, come “Miraggi”, “On Stage”, “Folk Music”,
addirittura votato per la musica folk!
Non ricordo il nome di chi lo gestiva...
Ah sì, Alfonso Franco... quello
era un momento buono, diciamo
che tutti si rivolgevano alla musica
come valvola di sfogo... c’era anche “Red House”, c’era “Liguria
libri e dischi”, “Orlandini”, e lavoravano tutti, ma poi quello che
fa funzionare non è tanto la nicchia quanto il grande pubblico…
cioè il venerdì, o il sabato, veniva
gente che non era appassionata
di musica e si comprava prima le
cassette e poi i CD da sentire in
macchina durante il week end, ma
era una cosa normale... comprare
i dischi era nella consuetudine e
ti faceva lavorare... ti permetteva
anche di vendere quei dischi che
io stesso consigliavo. Adesso non
esiste più: chi non è un grande appassionato di musica, la musica la
ascolta in tutt’altra maniera.
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Interviste
L’insegna che suddivideva gli spazi dell’imponente edificio ex “Magazzini del cotone” del
Porto Antico: Music Store era già relegato solo
al piano terra...
In questo ventennio frenetico abbiamo avuto la decadenza del vinile e
l’esplosione del compact disc, poi la
decadenza del CD e l’esplosione dell’mp3, poi la decadenza dell’mp3 per
il ritorno del vinile… alla fine chi ama
la musica vuole la qualità e adora il
collezionismo (e la ristampa a tiratura
limitata).
Con questa logica di mercato che
morale si può dare all’audiofilo?
Innanzitutto vorrei fare un distinguo. La decadenza dell’mp3 in favore del vinile riguarda una esigua
quantità di audiofili, quelli che vogliono anche la qualità ascoltando
la musica, ma i giovani di oggi con
il vinile hanno poca dimestichezza,
ce ne sarà uno ogni cinquanta che
va a comprare i vinili, gli altri ascoltano mp3, e questa condizione è
quella che non fa andare avanti noi
negozianti, perché se non sei un
appassionato che compra il disco
per leggere le note dei libretti acclusi, non ti puoi fare una cultura
musicale personale. C’è un ascolto
a caso, senza sapere cosa stai realmente ascoltando, la provenienza
dell’artista, la collocazione temporale del disco. I ragazzi ascoltano
tanto ma non sanno cosa ascoltano,
non hanno un indirizzo. La vera
differenza è che per un vinile devi
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avere qualcuno che te lo venda perché se lo compri tramite una grossa
catena internet tipo Amazon, vai
a caso o tramite la tua esperienza
pregressa. Se vai nel negozio hai un
rapporto che fa crescere la musica,
la passione e la diffusione. Hai uno
scambio di idee tra negoziante e
cliente che adesso non c’è più. La
morale secondo me è che ci sono
rimasti pochi audiofili che stanno
invecchiando e non c’è un ricambio, e la musica va da qualche altra
parte. Non esiste più una passione
specifica se non quella che offre la
pubblicità della grossa distribuzione
o i canali video televisivi o Youtube.
Manca lo scambio di esperienza
derivante dal dialogo. I negozianti
che sopravvivono, come Giancarlo
Balduzzi di Disco Club, dipende dal
fatto che si basano sempre sugli
stessi clienti da anni. Il motivo che
ha tenuto in piedi Disco Club, è che
vende quello che i suoi clienti gli
ordinano, tiene in negozio una gran
parte di dischi prenotati. Alla fine gli
rimangono pochi clienti ma “rompiballe”, con delle pretese difficili da
soddisfare. Il problema di Giancarlo
è che i suoi clienti sono in via di
estinzione, ma per ora va bene.
Se potessi riavvolgere il tempo
come una cassetta, rifaresti tutte le
scelte? Cosa cambieresti?
Mah, non lo so, non sono mai
stato un grande stratega, prevarrebbe sempre la passione. Non
sono mai stato capace di fare i
conti... ho realizzato quello che mi
è piaciuto fare.
Un buon venditore di musica deve
soprattutto spingere la vendita di
quello che “tira” di più in classifica,
oppure spingere la vendita di quello
che personalmente si considera più
bello, per educare l’ascoltatore?
Ovviamente no, adesso il problema non si pone neanche, ma
quando i dischi si vendevano, sia
brutti che belli, l’importante è dare
al cliente quello che lui vuole e non
sa di averlo... è inutile dargli il più
bel disco del mondo di heavy me-
tal ad uno che ascolta le ballate
country. Importante è capire il tipo
di gusto che ha un cliente e soddisfarlo dandogli un disco con il quale
magari deve fare un piccolo sforzo
per ascoltarlo, senza contraddire le
sue passioni, per emanciparlo e allargargli gli orizzonti.
Entrambi siamo appassionati di
certi cantautori, semi sconosciuti
dalle nostre parti, soprattutto dai giovani, che comunque tanto hanno dato
alla musica. Puoi fare qualche nome
e relativa descrizione, tanto per incuriosire i nostri lettori?
Ovviamente il periodo d’oro di
questo genere musicale sono stati
gli anni ‘70 e gli anni ‘80, ma già
negli anni ‘80 si è notato un certo
declino della musica acustica. Poi
si è avuta una certa ripresa ma la
maggiore diffusione si è avuta negli anni ‘70, rispetto agli anni ‘60
in cui i dischi erano più difficili da
trovare. Sono più legato alla musica degli anni ‘60 e ‘70, per cui le
cose che mi piacciono sono sempre
quelle. Dai grandi del folk revival
inglese come Martin Carthy, Bert
Jansh, Pentangle, Fairport Convention, ecc. Dall’America, gli interpreti
del Greenwich Village come Dave
Van Ronk, Jack Hardy, insomma
tutti i discendenti di Woody Guthrie,
i canadesi come Stan Rogers, Bruce
Cockburn, lo stesso Neil Young, secondo me sono artisti degli anni ‘70
di cui si è perso lo stampo. Chi è
ancora vivo fa delle belle cose ma la
magia di quel tempo non si è più ritrovata. Poi ci sono alcuni musicisti
ogni tanto che ti fanno pensare che
potrebbe esserci una rinascita ma
poi sono episodi sporadici... un paio
di album e basta.
Ritieni che a Genova (e anche in
altre regioni) ci sia ancora qualche
negozio di dischi che vende musica
seria, o pensi che i negozi che sopravvivono e quelli nuovi siano orientati
solo sulle classifiche imposte dalla
TV? Puoi fare il nome di negozi seri?
Sicuramente Disco Club è un negozio che ha mantenuto la sua identità per tanti anni e ora ha festeg-
Interviste
Hai un figlio, Rodolfo, che tutto
sommato segue le orme “musicali”
del padre, visto che è cantautore. Secondo te potrà diventare professionista oppure per vivere dovrà trovarsi un
altro lavoro?
Secondo me dovrà trovarsi un
altro lavoro. Secondo me mio figlio
è un bravissimo musicista, suona
bene, ha buon gusto, canta bene,
e propone quel tipo di musica che
piace a me. Cantautore per il momento non lo è, ha preparato molti
pezzi ma non li ha mai suonati in
pubblico. Suona pezzi di altri autori
attingendo dal periodo che piace
anche a me. Autori tipo Tim Buckley, Nick Drake, Van Morrison,
John Martin... cerca di dare un’impronta personale a questi autori, secondo me assomiglia a Jeff Buckley
come modo di cantare. Il suo problema sono i testi: o trova una collaborazione fortunata oppure deve
mettersi a scrivere e non so quanto
gli piaccia. Per ora fa cover, ma
quelle che esegue sono poco conosciute per cui interessanti.
Raimondo davanti al suo nuovo negozio di abiti
usati “Usato USA”. La voglia di rimettersi in gioco
ha preso il posto al rimpianto di aver abbandonato, forse per sempre, il lavoro che amava.
Adesso i saggi consigli li fornisce sul vestiario, e
i clienti lo sanno: da lui troveranno ancora quello
che cercano
giato i suoi 50 anni e sicuramente
ha una elite di clienti che sono fin
troppo chiusi allo “straniero” che si
avvicina... seguono la loro strada.
Sono molto affiatati come venditori.
Fuori Genova c’è ancora Carrù Dischi. A Piacenza c’è un bellissimo
negozio che si chiama Alphaville,
aperto dagli anni ‘80, che oggi ha
buon successo e vende dischi di
qualità. Ma a Genova ci sono piccoli
negozi tipo Taxi Driver, più orientato
sul metal, oppure Doctor Music,
appena aperto, ma sono realtà così
piccole che non hanno prospettive
di farsi conoscere dal grosso pubblico quindi vanno avanti finché
dura. Non è come una volta in cui
se avevi delle belle cose in vendita,
funzionava sempre. Adesso non
basta neanche questo. Il tuo nuovo negozio di abbigliamento “Usato U.S.A.”, anche se non
ha niente a che fare con la musica,
è frequentato anche da vecchi clienti
musicofili, oppure hai cambiato anche il tipo di clientela? Cosa proponi
ai clienti? Hai un giro di affari migliore di quello precedente?
Alla prima domanda dico che ci
sono molti clienti provenienti dalla
musica, ci sono affinità tra musica
e abbigliamento vintage dell’usato.
La seconda risposta è molto più
semplice perché nella scala delle
preferenze l’abbigliamento viene
prima della musica, oltretutto in
questo momento di crisi sociale abbiamo l’abbigliamento, soprattutto
quello usato, che vende bene.
Nei tempi migliori, quale era il fatturato con Music Store e prima con
Pink Moon, dove in entrambi eri socio
fondatore?
Sia all’epoca di Pink Moon che
poi con Music Store si lavorava
tanto, avevamo numeri di fatturato
che oggi si sogna qualsiasi negozio
anche più grande... per esempio
nei primi anni 2000 un week end
pasquale associato ad una esibizione delle tall ships antiche in
porto, abbiamo avuto un fatturato
stratosferico di ottanta milioni di lire
al giorno. Poi chiaramente questo
fatturato è andato calando sempre di più, e intorno al 2008-2009
quando ancora si lavoricchiava, incassavo meno da Music Store che
un tempo da Pink Moon. Non dimentichiamoci che nel momento
migliore di Music Store, nel 2001,
avevamo tre piani dell’edificio e ci
lavoravano 35 dipendenti; poi abbiamo rinunciato al secondo piano,
poi al primo piano e siamo rimasti
col piano terra, dove alla fine non
avevamo neanche abbastanza
materiale per riempirlo completamente... Insomma è stato un negozio che per dieci anni ha detto
la sua in città. Quando nel 2010 io
me ne sono andato eravamo ridotti
a 5 dipendenti.
Per finire la conversazione: ritieni
che nel futuro ti occuperai ancora, a
qualche titolo, di musica, oppure per
te è un discorso chiuso, che ormai
non ha più uno scopo commerciale?
Commercialmente penso che
non ha più scopo. Nel mio piccolo,
continuo ad occuparmi di musica,
ascolto tanta musica e faccio serate di ascolto con amici, scrivo
qualche recensione per diletto non
per guadagno. Non credo che ci
saranno occasioni in futuro per lavorarci con la musica. Si dice che
chi conosce la musica dovrebbe
raccontarla agli altri però non è così
semplice. E’ bello che qualcuno ti
chieda com’era la vita quando ero
giovane, ma un conto è parlare un
conto e farlo diventare un lavoro.
Ringraziamo Raimondo per queste preziose informazioni, e sui
prossimi numeri continueremo la
saga dei negozi di dischi, magari
parlando di quel negozio chiamato
“Folk Music” dove si vendeva prevalentemente musica folk… ma
questa è un’altra storia. ❖
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Interviste
INTERVISTA A BENEDETTO VECCHIO,
LEADER E FONDATORE DEI MUSICISTI BASSO LAZIO
di Maria Scerrato (Ufficio Stampa MBL)
Benedetto Vecchio, il “Signore della
Ballarella” torna con la sua formazione,
i Musicisti Basso Lazio, di cui è leader
e fondatore, con un nuovo CD dai tratti
molto incisivi, TARANTELLA RIBELLE.
Il “Signore della Ballarella” è
l’appellativo datomi dal mio conterraneo Giuliano Gabriele, uno dei
musicisti popolari emergenti più
interessanti del panorama italiano,
forse a voler riconoscere come la
melodia ed il tempo di questa antica danza della Ciociaria e del
territorio limitrofo del Sannio, del
Matese ed Alto Casertano, mi accompagnino da sempre nel mio
percorso di ricerca e rielaborazione
musicale. Non ho rinunciato alla
ballarella nemmeno in quest’ultimo
album, malgrado il titolo. Semplicemente ne ho riarrangiato il ritmo
affinché accompagnasse i contenuti di protesta sociale in modo più
incalzante e diventasse quasi una
marcia di rivolta.
“Tarantella Ribelle” sembra segnare una nuova fase artistica degli
MBL. Come nasce questo l’album?
L’Italia attuale mi sembra una
nazione imbarbarita, egoista ed
avara, in preda ad una crisi economica, provocata dai grandi capitalisti e dalle multinazionali massoniche, che sta impoverendo sempre
di più le classi sociali più deboli. La
politica è incapace di dare risposte
e tra la gente c’è rassegnazione al
peggio. Io vorrei invece risvegliare
l’anima popolare sopita ed invitare
tutti a prendere coraggio e a non
rassegnarsi.
Quando ho iniziato ad ideare l’album nel 2011, era un momento
di grosso affanno con le vicende
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politiche ed economiche che tutti
ricordiamo: la caduta dell’ultimo
esecutivo legittimamente votato, il
succedersi di governi non eletti, il
vuoto di democrazia, l’impotenza
del popolo di fronte a un tracollo
economico evidente, la perpetuazione di un sistema politico corrotto
e inefficace. La Tarantella del titolo
allude ai giochi di potere, a quelle
manovre ed al continuo rimpallo
delle responsabilità da parte dei
politici, che nel gergo popolare vengono proprio definite “tarantelle”. Il
termine viene così applicato in una
duplice accezione all’album, che
è fatto di “tarantelle” ed è musicalmente molto energico. Ma non
poteva che essere cosi, volevo un
disco ribelle che facesse sentire la
rabbia dei più deboli, di chi è condannato a soccombere, un’opera
che fosse di impegno sociale.
Come questo disco rappresenta la
musica tradizionale, che promuovete
da tanti anni?
Il gruppo che ho fondato ormai
quasi 18 anni fa, rivendica nel
nome, l’identità legata ad un territorio e ad una cultura. Ovviamente
la tradizione evolve e si apre al resto del mondo, assimilando altre
sonorità e colori. Gli strumenti popolari della tradizione agropastorale
della Ciociaria (zampogne, pifferi o
ciaramelle, flauti popolari) interagiscono con strumenti decisamente
moderni. In questo disco, più che
negli altri, le chitarre giocano una
parte estesa, ma le sonorità più
immediatamente riconoscibili
sono quelle inconfondibili ed ancestrali di zampogna e ciaramella,
insieme al battito primordiale del
tamburo basso. Sono sonorità che
fanno presa sul cervello limbico e
suscitano emozioni profonde in
chi ascolta. Ma ci sono anche sug-
Interviste
gestioni più meridionali, come la
taranta e la pizzica, per abbandonarsi alla danza.
dire che il pubblico ha apprezzato
l’operazione perché la canzone ha
un bel riscontro.
Tu sei autore di musica e testi di
tutto il CD, cosa c’è di te in questo?
Come si è evoluto il sound degli
MBL rispetto ai precedenti album?
In questo album c’è tanto di me,
della mia indignazione ma anche
della speranza che ripongo nei giovani, ai quali dobbiamo trasmettere
proprio questo: la consapevolezza
che le cose si possono cambiare.
Ho scritto testi, composto musiche
e ricercato musiche tradizionali
adattandole al tema, grazie all’aiuto
del chitarrista della formazione,
Gennaro Del Prete, bravissimo arrangiatore.
Un esempio è il brano “Tarantella numerata” che rappresenta
la tipica formula della tarantella
ciociara, trovata nei canti popolari
di Castro dei Volsci, alla quale ho
sostituito integralmente il testo, elaborandone uno nuovo e attuale,
senza snaturarne il dettato. E devo
C’è stata una evoluzione senza
dubbio ma credo sia normale in
processo di crescita artistica continua. Il precedente album, Terra
di Fuoco aveva visto alternare
momenti diversi nel nostro viaggio
musicale, con una maggiore attenzione alle ballate da toni decisamente più morbidi. Questo nuovo
album è ribelle e si sente! Vuole
dare voce a chi si leva contro le ingiustizie per questo ha un ritmo più
deciso e per certi versi ostinato.
Il CD esce dopo ben 5 anni. Quali
sono state le difficoltà che avete incontrato nella realizzazione di questo
nuovo album?
Le difficoltà sono quelle consuete che incontrano molti gruppi
che devono autofinanziarsi. La
fase della produzione precedente
alla pubblicazione è stata piuttosto lunga, perché frutto di ricerca,
elaborazione, composizione, il tutto
senza certezze o sostegno economico. Ma malgrado tutto io continuo a fare musica.
Lamento però la poca visibilità in
un mondo come quello editoriale
odierno che continua a privilegiare
i nomi già noti a svantaggio di autori meno famosi. Ma questo è un
difetto tutto italiano, dove in ogni
settore culturale si tende a osannare e promuovere ciò che già è sul
tetto della notorietà.
Dove andrà Tarantella Ribelle?
Spero lontano! Per adesso stiamo
portando il tour omonimo nelle principali venues italiane con qualche
puntata anche nell’Est Europa. Il
pubblico di quei paesi è molto interessato alla cultura italiana ed apprezza la nostra musica che si accompagna molto bene alla danza. ❖
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Recensioni
MUSICISTI BASSO LAZIO:
TARANTELLA RIBELLE
CNI Unite - CNDL 28964
Prezzo: 12,00 euro
Comunicato Stampa
ottimismo, il nostro dovere di artisti ci impone di dare
speranza, allegria, positività e buon umore. Le tematiche principali trattate nel disco sono iniquità e ingiustizie sociali viste sia dal punto di vista storico che
nell’attualità.
1- Tarantella Ribelle
2- Speranza
3- E’ semp’ festa pe la casta
4- Tarantella Numerata
5- Comm a na rosa
6- Nott d’ Luna
7- Michelina
8- La Radeca
9- Canto pe la gioventù
10- Tira vent
11- Pizzicabrigante
U
scito nell’estate del 2015, Tarantella Ribelle è
uno di quei dischi di cui Lineatrad non ha parlato. Naturalmente dipende unicamente dal
fatto che il lavoro non è stato sottoposto alla nostra
attenzione, considerando che in ogni caso sono tantissime le nuove produzioni che dobbiamo valutare
mese per mese. Si tratta effettivamente di uno degli
album più intriganti dell’anno passato, ed è un vero
peccato che non ne abbiamo parlato diffusamente
quando è uscito.
Facciamo ammenda immediatamente, per avvallare le critiche lusinghiere apparse su questo
prodotto da parte di altre testate giornalistiche: il
gruppo di Benedetto Vecchio è effettivamente da
considerarsi tra i migliori della scena musicale italiana. Di seguito le note dell’Ufficio Stampa. (NdR)
“Tarantella Ribelle” è il nome di una canzone che
da il titolo anche all’album e descrive in modo chiaro
il disagio che incontrano i giovani, le loro difficoltà nel
mondo del lavoro. Spesso vedono i loro sogni finire in
un cassetto, ma nonostante tutto bisogna diffondere
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L’album contiene 11 brani originali, tutti composti
da Benedetto Vecchio (ad eccezione dello strumentale Speranza, a firma di Gennaro Del Prete) che interpretano il disagio delle nuove generazioni, le loro
difficoltà per entrare nel mondo del lavoro, l’infrangersi
dei sogni contro il muro alzato dai detentori del potere
economico.
Come sempre nella composizione, il cantautore
ciociaro fa coincidere l’attualità con le sue ricerche
storico-folkloriche, dedicando alcuni brani alla rivolta
brigantesca, con una attenzione particolare ai fenomeni locali, quali ad esempio la sollevazione dei frusinati contro i francesi di Napoleone e del Generale
Championnet nel 1798, episodio che ha poi ispirato il
tradizionale Carnevale della Radeca.
Pur nella sua aperta richiesta di giustizia sociale, l’opera contiene un messaggio di speranza nel cambiamento.
Il CD reca porta una recensione illustre, quella del
giornalista e scrittore Pino Aprile, che sottolinea l’impegno di Benedetto Vecchio, attraverso la sua musica
ed il verso, nel voler “riequilibrare” le disuguaglianze.
Sotto il profilo musicale, coerentemente con il loro
percorso artistico, i Musicisti Basso Lazio coniugano
tradizione e modernità, avvalendosi di sonorità del
passato, sposate a ritmi più contemporanei. Da sottolineare il dialogo virtuosistico delle chitarre con le melodie arcaiche di zampogna e ciaramella. ❖
Recensioni
Il nuovo album esce ufficialmente
venerdì 5 febbraio
FEMMEFOLK
di Simona Cantelmi (Rubinia Comunicazione)
desiderio di divertirsi e reinventarsi
attraverso la musica. Il progetto
ruota intorno ad un un repertorio con un cuore che batte impari
ispirato prevalentemente alla musica popolare francese; le sonorità
dell’organetto si uniscono alla musica classica da camera, al jazz o
al rock attraverso il violino, la viola,
il flauto traverso e il contrabbasso.
La musica etno-folk si veste da camera.
Le FemmeFolk suonano valzer,
bourrée, scottish, mazurke, balli
staccati, liscio, pop, rock, jazz,
classica, dance, ambient, discreta,
sapiente e d’atmosfera. Si esibiscono in Italia e all’estero.
Il disco vede diverse collaborazioni eccellenti: Riccardo Tesi (che
ha arrangiato “Giuditta”), Dimitri
Sillato (“British String”), Luca Rampinini (“Mazurka stanca”), Roberto
Bartoli (Locomotive Jiga /Zelda,
Dona Swing e Circo Circasso) e Stefano Delvecchio “Ciuma” (Favole).
Le prossime date
I
l nuovo album di FemmeFolk
esce ufficialmente venerdì 5 febbraio per Bajun Records, disponibile su iTunes e in tutti gli stores
digitali.
Un album dalle sonorità ricche,
eleganti e Folk non temono di riproporre o comporre armonie dal
gusto antico, ma anzi le rivisitano
con leggerezza e gioia di vivere del
tutto contagiose. All’ascolto, si respira un’aria da pellicole in bianco
e nero, eppure attuali e non prive di
spensierata sensualità.
FemmeFolk:
Donatella Antonellini: organetto,
chitarra, voce, castagnette e composizione
Caterina Sangiorgi: flauto traverso, voce e percussioni
Nicoletta Bassetti: viola e violino
Valeria Cino: contrabbasso
Il progetto FemmeFolk nasce
nel 2012, dall’incontro di quattro
donne con storie, gusti, formazioni
musicali e personali diverse che
hanno scelto di coltivare insieme il
21 febbraio ore 16:30 Castelbolognese (Ra)
27 febbraio ore 21:00 Palazzo
Marini Alfonsine (RA)
28 febbraio 15:30 “reparto” di
RIANIMAzioni letterarie di poesia
intensiva, Ospedale S. Maria delle
Croci Ravenna 15 aprile Monticelli D’Ongina
(PC)
23 aprile ore 21.30 Loft350 Modena
6 maggio Bottega Matteotti Bagnacavallo (Ra) ❖
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Recensioni
NOLWENN KORBELL: SKEUD HO ROUDOÙ
(Coop Breizh Ref 4015951)
di Giustino Soldano
N
olwenn Korbell, cantautrice
o meglio “cantattrice” bretone, nata a Quimper e vissuta a Douarnenez, nel Finistère, è
stata immersa nella cultura e nella
musica bretone fin da piccola; il
padre, Hervé Corbel, è musicista e
la madre, Andrea Ar Gouilh è una
cantante affermata che in passato
si è esibita anche al fianco d’Alan
Stivell. Nolwenn ha studiato musica, canto e recitazione e ha vinto
numerosi premi e riconoscimenti in
campo musicale. Recentemente si
è esibita anche come attrice interpretando alcune opere teatrali di
Bertolt Brecht.
Pur appartenendo alla categoria
dei cantanti bretoni, l’artista non interpreta, salvo eccezioni, brani tradizionali e nemmeno canta, come
alcuni suoi colleghi, il gwerz o il kan
ha diskan; utilizza in ogni modo,
per la maggior parte dei suoi brani,
la lingua bretone. Lo stile musicale
della cantante è particolare, molto
personale, con diverse sfaccettature e in continua evoluzione, passando dal folk al jazz, al blues e,
da qualche anno, al cabaret; è da
notare inoltre la sua notevole estensione vocale.
Skeud ho roudoù (L’ombra delle
tue tracce), uscito nel giugno 2015,
è il quinto album della cantante.
Quelli precedenti sono “N’Eo Ket
Echu” del 2003, “Bemdez C’Houloù” del 2006, “Red” del 2007 e
“Noazh” uscito nel 2010.
In questo ultimo album, la cantante è accompagnata da Antonin
Volson alla batteria e percussioni,
Alexis Bocher al violoncello, Jonathan Dour e Floriane Le Pottier al
violino e Didier Dreo alla chitarra.
I testi delle canzoni sono per la
maggior parte suoi, ma compaiono anche testi dei poeti bretoni
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Anjela Duval (brano 9) e Xavier Gral
(brano 7), del poeta e scultore irlandese Dmitri Broe (brano 8) e
della poetessa statunitense Emily
Dickinson (brano 11). Le musiche,
di sua composizione, sono arrangiate da Antonin Volson. A parte il
brano 7 in francese, i brani 8 e 11
in inglese e alcuni brani misti, i testi
sono prevalentemente in bretone.
La grafica del CD è di Riwal Corbel,
fratello di Nolwenn.
I titoli, brevi, sembrano esprimere immediatamente il concetto
d’ogni canzone: più sotto trovate
tra parentesi la traduzione in italiano. I testi, che nel libretto hanno
la traduzione in francese a lato,
sono molto poetici e parlano principalmente d’amore, a volte con
sensualità come nel brano “Amour
Kerne”.
Ho molto apprezzato questo
nuovo album, nel quale ho notato
un’interpretazione dei brani ancora
più coinvolgente rispetto agli album
precedenti, credo per merito delle
recenti performance della Korbell
come attrice teatrale. All’ascolto, ho
trovato le musiche molto interessanti; a volte malinconiche, sottolineate dalle note struggenti degli archi in sottofondo come in “Avel viz”
o “N’ on ket “o melodiose come in
“Darling ar poull” e “Simple, “ma
anche briose e con ritmi quasi tribali come in “Me no like”in cui prevalgono le percussioni; altre ancora
sembrano invitare ad un ballo di
coppia come in “Sparlet” o ad una
danza caraibica come in “Traou
gwir”; in alcune infine si coglie l’influenza cabarettista alla Brecht.
Per chi non conosce questa cantante, i brani interpretati, al primo
impatto, possono sembrare di non
facile ascolto; alcuni sono orecchiabili altri lo sono meno. Anch’io,
quando anni fa sentii per la prima
volta il suo album d’esordio: “N’Eo
Ket Echu” rimasi molto perplesso;
in effetti, ero abituato ad ascoltare
artisti bretoni “classici” e a me più
conosciuti come Stivell e Servat,
ma riascoltando numerose volte i
brani del CD, li apprezzai sempre
di più e, nel tempo, Nolwenn Korbell è diventata una delle mie cantanti bretoni preferite.
Consiglio senza dubbio l’acquisto
di questo album e vi assicuro che
non ne sarete pentiti. Se poi avrete
l’occasione, un giorno, di assistere
ad un concerto di quest’artista, vi
renderete conto della sua bravura
e della carica emotiva che riesce
a trasmettere. Una curiosità: sulla
copertina del CD, in una parte del
viso della cantante, compare un
oggetto casalingo a noi molto familiare; sta a voi scoprirlo. ❖
I brani dell’album sono
1. Avel viz (Nordest)
2. Awen (Ispirazione)
3. N’ on ket (Io non sono)
4. Darling ar poull (Mia cara)
5. Me no like (A me non piace)
6. Sparlet (Rinchiuso)
7. Amour Kerne (Amore in Cornovaglia)
8. If (Se)
9. Piv (Chi)
10. Laret vez (Si dice che)
11. Simple (Semplice)
12. An den (L’uomo)
13. Traou gwir (Cose vere)
Per una durata totale di 45’40’’
L’album è distribuito dalla Coop Breizh: www.
coop-breizh.fr
Gli spettacoli di Nolwenn Korbell e i contatti e le
informazioni su di lei sono gestiti dall’agenzia:
www.bigbravospectacles.com
Cronaca
A Lorient, Bretagna, un locale tipico
in cui si celebra il nuovo anno
in modo particolare
TAVARN AR ROUE MORVAN
32 DICEMBRE 2015
di Giustino Soldano e Muriel Le Ny (foto © Giustino Soldano)
Col locale strapieno i clienti affollano anche gli spazi esterni nonostante l’inverno
La locandina della Tavarn
A
vete letto bene, il 32 dicembre non è un errore di stampa
ma è la data “ufficiale”, istituita cinque anni fa dallo staff della
Tavarn Ar Roue Morvan, per continuare a festeggiare il passaggio
dall’anno vecchio a quello nuovo.
La Tavarn è un locale che si trova
a Lorient in una zona a qualche
centinaio di metri dal centro e dal
porto turistico, in una piazza attorniata da numerosi bar e ristoranti e
dedicata a Polig Monjarret, uno dei
creatori del Festival Interceltique.
La Tavarn, gestita da Irène, una
donna tanto minuta quanto energica e cortese, che ha aperto que-
sto locale nel 1999 dopo una precedente esperienza a Le Croisty, è
ormai un’istituzione a Lorient.
È un po’un pub dove si possono
bere delle ottime birre, tra cui una
prodotta in esclusiva per la Tavarn
e un po’una trattoria dove si possono gustare piatti tipici della cucina bretone, ma è anche un punto
d’incontro degli appassionati della
cultura, della musica e della lingua
bretone e la proprietaria, i baristi e
diversi avventori parlano tale lingua.
È un locale dove è molto facile
fare conoscenze, frequentato da
molti clienti, tra cui diversi musicisti e artisti e durante tutto l’anno
si possono ascoltare parecchi concerti gratuiti. In effetti uno dei motti
della Tavarn o taverna, per dirlo all’italiana, è “On y boit, on y mange,
on y danse et on y chante”.
L’arredamento è quello caratteristico di un pub, col classico bancone in legno; anche l’arredamento
e i rivestimenti delle pareti sono
rigorosamente in legno; caratteristiche sono le foto di artisti come
Alan Stivell e Glenmor e tanti altri,
appese alle pareti e un orologio a
pendolo con le lancette che girano
in senso antiorario.
La taverna è frequentatissima
tutto l’anno e specialmente durante
il Festival Interceltique quando, per
l’occasione, sono installati speciali
spazi all’esterno per accogliere gli
innumerevoli visitatori, tra cui molti
stranieri.
Anche alla festa del 32 dicembre,
iniziata con l’apertura della taverna
alle 16:00, c’era tantissima gente,
tra cui numerosi irriducibili che,
non paghi del veglione appena trascorso, hanno voluto essere pre-
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Cronaca
I Fleuves. Da sx: Romain Dubois, Emilien Robic e
Samson Dayou
senti anche in tale occasione; il
locale in breve tempo si è riempito
all’inverosimile, tanto che, diverse
persone si sono trasferite all’esterno.
Alle 17:00 è cominciata la festdeiz con l’esibizione dei due gruppi
previsti. Per primi hanno suonato
i Fleuves, formati da Emilien Robic al clarinetto; Samson Dayou al
basso e Romain Dubois al piano
Fender Rhodes e alla programmazione. Avevamo già avuto modo
di apprezzare in passato Emilien
e Samson in quanto elementi del
gruppo dei Kentañ.
Successivamente ha suonato il
gruppo Oliolio composto da Julien
Le Mentec (figlio della suddetta
Irène) al contrabbasso, Gweltaz Rialland al sassofono, Erwan Volant
alla chitarra e Stevan Vincendau
all’organetto diatonico.
Ambedue i gruppi hanno allietato la serata e hanno fatto ballare
i presenti, al ritmo di Plinn, Rond
de St.Vincent e altre danze bretoni fino al momento fatidico delle
20:00; il momento molto amato del
“PPVR”, in pratica Pain-Pâté-VinRouge offerti in abbondanza dalla
Tavarn a tutti i clienti, i quali, dopo
essersi rifocillati a dovere, hanno
ripreso a ballare al suono dei precedenti gruppi nella seconda parte
della serata: la fest-noz conclusasi
a tarda ora. Veramente instancabili
questi Bretoni! ❖
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Il gruppo Oliolio. Da sx: Stevan Vincendau, Gweltaz Rialland, Erwan Volant e Julien Le Mentec
Evviva il PPVR
Cronaca
Cerimonia di premiazione
delle iniziative a favore
della lingua bretone
PRIZIOÙ 2016
29 GENNAIO 2016
PLOUGASTEL-DAOULAS
di Giustino Soldano e Muriel Le Ny (foto © Giustino Soldano)
L
o scorso 29 gennaio ci siamo
recati a Plougastel-Daoulas,
città sita nel dipartimento del
Finistère e vicina a Brest, per assistere alla diciannovesima edizione
dei “Prizioù” (premi), manifestazione durante la quale vengono
premiate le persone o le associazioni che si sono impegnate l’anno
precedente, nel favorire l’utilizzo e
la diffusione della lingua bretone
in vari settori come il lavoro, la
narrativa, l’istruzione, la musica e
altro ancora.
Una giuria formata da esperti
della lingua e della cultura bretone
aveva già selezionato, lo scorso dicembre, una rosa di finalisti suddivisa in sette categorie e nella
serata del 29 gennaio sono stati
quindi proclamati i vincitori di
ogni categoria.
Il palco della cerimonia con il gruppo Youn Kamm e la Bagad du Bout du Monde
Alcuni membri della giuria dei Prizioù 2016. Da sx Malo Bouëssel du Bourg, Gwennan Stervinou, Meriadeg Vallerie, Tiphaine Siret, Nicolas Amaury
La cerimonia, che si è svolta nella
sala spettacoli dell’Espace Avel Vor,
è stata organizzata dall’emittente
televisiva France 3 Bretagne in collaborazione con l’Office Public de la
Langue Bretonne ed è stata presentata da Goulwena an Henaff e YannHerle Gourves, conduttori insieme a
Mael Gwenneg di una trasmissione
domenicale in lingua bretone: “Bali
Breizh”.
Goulwena e Yann-Herle sono
anche attori e doppiatori; Mael è
l’attuale responsabile delle trasmissioni in lingua bretone a France 3
Bretagne.
L’annuncio di coloro che si sono
aggiudicato il primo premio di ogni
categoria è stato fatto dai vincitori
dei Prizioù del 2015.
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I TRIONFATORI DI QUEST’ANNO
SONO STATI:
Nella categoria Associazioni,
“Agriculteurs de Bretagne” (Labourerien-douar Breizh in bretone), per
la promozione della lingua bretone
tra gli agricoltori anche attraverso la
redazione di pubblicazioni in tale
lingua. Il premio è stato ritirato da
Pierre Bihan-Poudec, segretario
dell’associazione, accompagnato
da Nolwenn Lagadec responsabile
delle comunicazioni della stessa.
Nella categoria libri di fiction,
Paskal an Intañv autore del libro di
fantascienza “Udora pe afer an eddu”(Ed. Al Liamm), ambientato nel
quarto millennio e in cui si narra
di un’indagine su alcuni trafficanti
di grano saraceno (ed-du) contraffatto, sul pianeta Eda.
Nella categoria collettività, il
Centro Nazionale della Funzione
Pubblica Territoriale, CNFPT, del Finistère, per la formazione in lingua
bretone di impiegati pubblici e privati che hanno contatti nell’ambito
della loro professione con persone
parlanti il bretone. Il premio è stato
ritirato da Ehouarn Auffret, uno dei
collaboratori del CNFPT.
Cronaca
I presentatori : da sx Yann-Herle Gourves e Goulwena an Henaff
Pierre Bihan-Poudec, segretario dell’associazione Labourerien-douar Breizh e Nolwenn Lagadec
Paskal an Intañv autore del libro “Udora pe afer
an ed-du”
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Ehouarn Auffret collaboratore del CNFPT
Cronaca
A sx Mikael Baudu realizzatore del documentario “Kurdistan, Huñvreal an Nevez-amzer”
Sylvie Bruna fondatrice e direttrice di NumériBulle
Jonathan Dour in rappresentanza di Nolwenn
Korbell
Nella categoria audiovisivi, Mikael Baudu per il documentario
“Kurdistan, Huñvreal an Nevezamzer” (Kurdistan, un sogno di primavera) girato in Kurdistan nell’aprile 2015 in collaborazione con
l’associazione Amitiés Kurdes de
Bretagne.
Nella categoria aziende, la Casa
Editrice “NumériBulle”, fondata da
Sylvie Bruna, che si avvale di un sito
internet che propone racconti per
bambini in francese e in bretone.
Nella categoria dischi cantati in
bretone, l’album di Nolwenn Korbell “ Skeud ho roudoù”, recensito
da noi in un precedente articolo.
Il premio è stato ritirato da Jonathan Dour, violinista del gruppo di
Nolwenn Korbell, poiché la cantante era contemporaneamente impegnata in un concerto a Nantes.
Nella categoria “Brittofono”
dell’anno, Romain Sponnagel, per
il lavoro svolto per l’ampliamento
della conoscenza della lingua bre-
tone nella zona di Saint-Brieuc;
Romain oltre ad essere coordinatore della federazione Ti Ar Vro
Sant Brieg, che raggruppa numerose associazioni culturali di SaintBrieuc e dintorni è anche creatore,
insieme ad un paio di amici, del
sito http://stag.bzh/ dal quale si
può scaricare l’applicazione gratuita per smartphone e tablet “Stag”
che permette di collegare virtualmente tra loro Bretoni e parlanti il
bretone, in tutto il mondo. Romain
Sponnagel è inoltre suonatore di
bombarda.
È stata la prima volta in cui abbiamo assistito a questa manifestazione in prima persona e ne siamo
rimasti entusiasti; gli anni precedenti avevamo visto la replica su
internet, ma far parte del numeroso
pubblico durante la diretta, si sa,
è tutt’altra cosa, anche per l’emozione e la suspense che si percepiscono nei momenti delle dichiarazioni dei vincitori.
Romain Sponnagel “Brittofono” dell’anno
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La serata, inoltre, è stata allietata dall’esibizione del complesso
del trombettista Youn Kamm e della
Bagad du Bout du Monde. Youn
Kamm, che conosciamo da qualche anno, oltre alla tromba suona
altri strumenti come il biniou e fa
parte di diverse formazioni bretoni
tra cui quella dei Ndiaz; in passato
ha suonato anche con i gruppi dei
Pevar Den e degli Alambig Electrik. La Bagad du Bout du Monde
è formata da alcuni musicisti appartenenti a diverse bagad tra cui
quelle di Cap Caval, Locoal-Mendon e Auray. Al fianco di Youn si è
esibita un’altra nostra conoscenza,
Morwenn Le Normand, una cantante che si è esibita in tournée con
Dan Ar Braz nello spettacolo Celebration.
I brani proposti, alternando ritmi
vari: trad, jazz, rock e swing sono
stati molto applauditi e abbiamo
apprezzato l’accostamento degli
strumenti del complesso con la
voce della cantante con le sonorità
Cronaca
I ringraziamenti finali a Lena Louarn, seconda da sx, presidentessa dell’Office Public de la Langue
Bretone e a Mael Gwenneg, secondo da dx, responsabile delle trasmissioni in lingua bretone a France
3 Bretagne
possenti delle bombarde e delle
cornamuse. Nel dicembre 2015 è
uscito il CD con i brani dell’ensemble, che ci auguriamo poter ascoltare prossimamente. ❖
Esibizione del trombettista Youn Kamm col suo gruppo, tra cui la cantante Morwenn Le Normand
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Ringraziamo Yann-Herle Gourves per averci
fatto pervenire l’invito alla serata e Catherine
Ribault-Masson, responsabile di marketing e
comunicazioni di France 3 Bretagne, per aver
concesso l’autorizzazione a scattare le foto durante la cerimonia.
Argomenti
Le multinazionali dello streaming
nella bufera...
IL PREVEDIBILE FLOP
DELLO STREAMING MUSICALE
di Loris Böhm
A
pprofitto della notizia fresca
che il servizio di streaming
musicale “Rdio”, nato appena nel 2010 e tra i più conosciuti
e apprezzati al mondo, è fallito miseramente ed ha venduto il marchio alla società “Pandora” per 75
milioni di dollari, lasciando nel panico tutti i suoi abbonati sparsi nel
mondo per fare il punto della situazione globale su tutte queste piattaforme streaming multinazionali
di cui abbiamo parlato sul numero
Lineatrad 34 del 2014.
Un vero caos mi si è prospettato
davanti… ma andiamo con ordine.
La prima considerazione da fare
è che la frenetica evoluzione dei
supporti che consentono l’ascolto
di musica “mordi-e-fuggi”, sta facendo impazzire le società che dovrebbero garantire all’utente finale
il corretto uso dello smartphone.
In questo business-show in cui
“pesce grosso mangia pesce piccolo”, a farne le spese è come al
solito l’appassionato di musica, che
non sa più a chi rivolgersi per non
avere brutte sorprese… e questo
dopo che ha finalmente scelto l’o-
peratore telefonico (al momento)
più affidabile ed onesto!
Nessuno poteva immaginarsi
questo scenario catastrofico, proprio in un settore merceologico
dove la tecnologia applicata sembrava garantire un futuro sereno.
In effetti già in primavera del
2015 i “santoni” di Rdio hanno abbassato i prezzi degli abbonamenti
su iPhone per contrastare il dominio della concorrente “Apple Music” che a quel punto chiedeva agli
abbonati più del doppio di Rdio. La
mossa non è servita alla società per
consolidarsi sul mercato, anzi ne
ha causato il fallimento. La cosa ridicola è che la subentrata Pandora
non ha le autorizzazioni necessarie per diffondere la musica oltre i
confini americani, per cui tutti gli
utenti Rdio oltreoceano sono rimasti esclusi dal suo utilizzo a tempo
indeterminato. In questo marasma
di tariffe e di proposte commerciali
attualmente in vigore, in questa
continua metamorfosi nelle situazioni societarie di ogni singolo servizio, non ci resta che verificare
l’attuale stato delle cose.
Iniziamo da Spotify, quella che
dovrebbe star meglio… non sembra
subire gli alti e bassi ma insiste in
promozioni sull’ascolto, e i musicisti
che dovrebbero usufruire dei suoi
servizi sono sempre più bistrattati…
è arcinoto che se un musicista non
ha milioni di ascoltatori, i guadagni
per lui sono davvero insignificanti.
Insistere su una strategia dello
sfruttamento dell’artista, potrebbe
alla lunga minare seriamente le fondamenta di questo colosso.
Passiamo a Napster, altro colosso mondiale. In effetti dieci euro
al mese sono tanti anche per un
servizio localizzato nel tuo Paese;
proviene da una situazione legale
non ineccepibile ma forse tra tutti è
quello che offre maggiori garanzie
di tenuta.
Ora è la volta di Myspace Music,
nato come social network, chiuso e
riaperto, attualmente in una situazione di “semi-ibernazione”, affossato com’è dal rivale Facebook, pur
offrendo musica gratuitamente,
abbinata al social-network in crisi
profonda, non offre nessuna prospettiva futura di servizio.
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Blinkbox Music ormai è un servizio disattivato, fallito, rimpiazzato
da un Blinkbox Movies che non lascia presagire nulla di positivo per
la scarsa propaganda e diffusione.
La Sony Music Unlimited ha tranquillamente dismesso la funzionalità
“entertainment” del suo streaming,
rivolgendosi ad altri settori, e questo
la dice lunga sulla volubilità di queste “industrie dello spettacolo”.
La americana Grooveshark non
ha fatto miglior fine, inglobata nella
compagnia ScoreBig, con tutt’altra
strategia, vende biglietti di concerti
a prezzi improponibili.
Per Google Play stesso discorso
di Napster… società solida ma
dopo il mese di prova, soliti dieci
euro da sganciare, sperando di trovare gli autori preferiti!
Deezer offre un grosso catalogo
e una vasta copertura ma individuare il genere musicale preferito
è impossibile: bisogna cercare un
autore specifico…
Il servizio You Tube Disco, che
era ottimo e gratuito, guarda caso
non esiste più.
Di “DuoMi” abbiamo già detto: se
non conosci il cinese è dura!
“Play.Me” è l’unico servizio nato
in Italia rimasto, ed è perennemente in fase “beta”, con un catalogo non eccezionale, e poco
spazio alla musica che amiamo…
Feezy, l’altra “realtà” italiana, infatti
è defunta, sotterrata da Spotify, nel
braccio di ferro creato per il predominio nel nostro mercato.
Di Audiolizer c’è poco da dire:
basato sui servizi di You Tube (che
ha eliminato la sezione audio), ne
eredita pregi, difetti… e dismissioni
di servizio.
Questa è la realtà attuale, che
lascia presagire tinte fosche per il
futuro dello streaming. Come ho
fatto presente nei numeri precedenti di Lineatrad, anche per il
social-network la situazione non è
delle migliori… Facebook & simili,
perennemente in bilico tra legalità
e illegalità, violazioni e conseguenti
regolarizzazioni, scandali e usi im-
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Argomenti
propri ormai generalizzati, rischiano
di venire oscurati improvvisamente
dai governi di mezzo mondo… se
non altro per l’involontario aiuto
che concedono a terroristi e malviventi di ogni genere, a esaltati, a
improbabili sette religiose, o semplici improvvisati opinionisti deliranti, in grado con i loro discorsi
di alterare l’equilibrio psicofisico di
ogni essere umano.
In mezzo a questo marasma caotico di offerte, proposte e sollecitazioni, lanciate da potenti multinazionali che lucrano sulla popolarità,
forse l’unica soluzione è davvero
“fidarsi” di coloro che, come Lineatrad, forniscono una corretta
informazione e guidano il lettore
ad una giusta analisi del mercato,
senza soffocarlo, senza stordirlo.
La via migliore è ancora cercare di
contattare direttamente il musicista
preferito (se è autoprodotto) per
procurarsi la musica preferita, o l’etichetta che stampa e distribuisce
il suo lavoro; in entrambi i casi noi
di Lineatrad siamo gli unici in grado
di dare le giuste indicazioni, i giusti
consigli… magari non saremo “indispensabili” Come Froots, che è
tornato alla carica con ingannevoli
e offensivi slogan, ma sicuramente,
pur nei nostri limiti, siamo più seri
di loro, e crediamo che un lavoro
fatto con passione artigianale vale
di più della presunta professionalità che certe riviste lottizzate sfoggiano a ogni piè sospinto.
Le recensioni servono a consigliare l’ascoltatore all’acquisto, e la
musica per essere capita va anche
letta attraverso i libretti dei CD, un
servizio che Facebook o Spotify
non possono dare. Nessuno, neppure Froots può garantire di recensire tutti i dischi “indispensabili”
pubblicati nel mondo! Noi, come
qualsiasi altra testata giornalistica,
nella incredibile quantità di produzioni di valore, possiamo solo dare
un’idea di quello che si può trovare
in giro.
Quando, a fronte di una moltitudine di media di ogni tipo, ognuno
con il suo slogan e la sua politica, ci
si sente sballottati e privi di orientamento, forse bisognerebbe resettare tutto e affidarsi a un ristretto
numero di fonti, riconosciute attendibili, perché tutti sono capaci
a chiedere denaro per il proprio
servizio, ma in questi tempi in cui il
denaro circola poco, dovrebbe essere prioritaria la serietà (che non
si certifica, si tocca con mano!).
Questo è quello in cui credo fermamente, e in questa direzione
voglio muovere Lineatrad: vorrei
che Lineatrad rientrasse nella ristretta cerchia di media attendibili.
Non ci interessano musicisti o etichette raccomandate dall’esterno:
noi ricerchiamo e garantiamo personalmente il valore della nostra
proposta, sulla base di un’analisi
approfondita dell’argomento di cui
si parla. ❖
Per risvegliare la mente...
Eventi
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Cronaca
FESTIVAL “LA ZAMPOGNA” 2016
PREMIO A FRANCESCO DE GREGORI
XXIII Edizione
16-17 gennaio 2016
Maranola/Formia (LT)
Comunicato Stampa (foto © Paola D’Urso - Margherita Zanardi)
O
ltre 5000 persone hanno partecipato, domenica 17 gennaio a
Maranola (LT), alla giornata conclusiva della XXIII edizione de “La Zampogna - Festival di musica e cultura tradizionale”.
Un risultato importante che, ancora
una volta, conferma la validità dell’iniziativa dedicata ad uno strumento musicale
tradizionale molto particolare e a tutto il
mondo di storie e di attività e di professioni che gli sta intorno.
Ma è la qualità e l’originalità del progetto culturale, coordinato da Ambrogio
Sparagna e Erasmo Treglia, a far sì che
in un periodo di bassa stagione e con
gran parte delle attività in programma realizzate all’aperto, comunque il territorio
del sud pontino diventi meta privilegiata
di un gran numero di appassionati e turisti, in particolare provenienti da fuori
regione, con grandi ricadute per l’economia locale e per la promozione in generale di tutta l’area.
Molti gli artisti protagonisti e i giovani
musicisti premiati ma di grande rilevanza
è stata la partecipazione di Francesco De
Gregori che ha ricevuto il Premio La Zampogna 2016 per la grande attenzione da
sempre dedicata alla musica popolare e al
folk. De Gregori ha piantumato un sorbo
nel giardino Alberi di Canto di Maranola
e ha ricevuto in premio una zampogna
realizzata dalla liuteria di Marco Tomassi.
La sua presenza al Festival, il suo stare
insieme a zampognari e voci popolari, ha
dato certamente un grande valore agli
sforzi di quanti difendono, valorizzano
e praticano l’arte delle zampogne. E nel
ricevere il Premio Francesco De Gregori
ha ribadito: “ho sempre amato il folk ma
questo premio è un invito a me e a tutti a
conoscere più da vicino le storie di questi
straordinari musicisti e a condividere le
passioni che animano un mondo di suoni
affascinante”.
Appuntamento alla prossima edizione. ❖
Per maggiori informazioni
www.lazampogna.it - [email protected]
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...nel giardino Alberi di Canto di Maranola
Premiazione Francesco De Gregori
Recensioni
Data di uscita: 11 Marzo 2016
Etichetta: Brutture Moderne
Distribuzione fisica: Audioglobe
Distribuzione digitale: The Orchard
MASSIMILIANO LAROCCA
CANTA DINO CAMPANA
“UN MISTERO DI SOGNI AVVERATI”
Comunicato Stampa
con la partecipazione di NADA,
RICCARDO TESI, SACRI CUORI,
CESARE BASILE e HUGO RACE
I “Canti Orfici” del poeta visionario toscano diventano canzone. Dino Campana:
ignorato in vita, la sua poesia ha avuto poi
nel tempo una rivalutazione clamorosa. Oggi
i “Canti Orfici”, l’unico suo libro scritto e
pubblicato in vita, sono considerati un’opera
imprescindibile della poesia moderna italiana
e non solo. Mentre la tormentata vicenda biografica di Campana e la sua follia, sono state
oggetto di molti film e di spettacoli teatrali,
Massimiliano Larocca, musicista fiorentino
giunto al quinto album, ha trasformato in canzone le liriche visionarie del poeta di Marradi,
mantenendosi fedele a parole e metrica in
una operazione mai tentata prima in Italia.
UN MISTERO DI SOGNI AVVERATI … il
disco “La poesia musicale europea colorita”:
questa era la definizione con la quale Dino
Campana descriveva i propri versi, la propria opera e la propria estetica. Un manifesto che ha guidato e convinto Massimiliano
Larocca, musicista rock fiorentino con una
carriera quasi ventennale, ad approcciare i
“Canti Orfici” di Campana in un modo totalmente inedito, fuori dagli accademismi
musicali e letterari. In questo lavoro Larocca
vuole mostrare sia la profonda rotondità popolare che la forte spigolosità rock dall’altra dei
versi campaniani.
Canzoni in tutto e per tutto: che mantengono fedelmente e integralmente i versi di
Campana, senza intaccare neanche una pa-
rola, ma che li rinnovano in una musicalità
intensa e inedita che unisce folk, rock, contemporanea e persino tango argentino. Un
linguaggio musicale che ripercorre l’itinerario
che il poeta percorse nel corso della sua intensa vita di viaggiatore vagabondo.
Per produrre, arrangiare, supervisionare
il progetto Larocca ha chiesto la collaborazione di uno dei grandi maestri della tradizione popolare italiana contemporanea, quel
Riccardo Tesi che ha portato la toscanità in
tutto il mondo, senza perdere la sua credibilità di musicista internazionale. Una presenza
che arricchisce ulteriormente di significati
importanti questo progetto, rafforzandone
l’impronta.
A Tesi si aggiungono i romagnoli Antonio Gramentieri (autore anche di alcuni
arrangiamenti) e Diego Sapignoli, membri dei Sacri Cuori, la band strumentale
oramai nota a livello mondiale e conosciuta
anche per i lavori teatrali e cinematografici
(come la colonna sonora di “Zoran, il mio
nipote scemo”, film premio della Critica
a Venezia 2013). Un incontro, quello tra
Tesi/Larocca e Sacri Cuori, che rinnova
il “confine” geografico tra Toscana e Romagna, luogo-chiave nella vita e nella vicenda
di Dino Campana.
Il disco è stato registrato dal quartetto base
in presa diretta in soli tre giorni presso lo
studio di Riccardo Tesi a Pistoia, in una live
session rapida e spontanea attorno ai versi di
Campana.È così che si sono incontrati mondi
solo apparentemente lontani come quelli
dei quattro musicisti coinvolti nelle session:
le raffinatezze world/contemporanea di Tesi
con lo stile melodico e gli inserti noise di Gramentieri, uniti alla voce “nera” e profonda di
Larocca, in pieno stile crooner. Un disco intestato ad un solista, che di fatto però è frutto
del lavoro di una band (formatasi per l’occasione), che ha lasciato la musica fluire spontaneamente, senza limiti di tempo e di generi,
con le poesie dei “Canti Orfici” come unico
riferimento imprescindibile. Il risultato è un
mélange sonoro originale che sottolinea ulteriormente, se ce ne fosse bisogno, l’assoluta
unicità di questo progetto.
GLI OSPITI
Un progetto cosi ambizioso non poteva che raccogliere adesioni importanti. Quella di un’altra toscana d’eccellenza in primis: Nada, che presta la
sua voce per la lettura di una delle più celebri poesie campaniane: “La sera di fiera”. La collaborazione tra Larocca e la cantante livornese, giunge
quindi al secondo atto, visto che Max ha partecipato al più recente disco di Nada “L’amore devi
seguirlo” arrangiando e suonando “La canzone
dell’amore”, singolo di lancio dell’album. Oltre a
Nada, troviamo anche il premio Tenco Cesare Basile, doppia voce e chitarra in “Poesia facile” e l’ex
collaboratore di Nick Cave con i Bad Seeds, e più
recentemente con i Dirtmusic, Hugo Race, nella
insolita veste di narratore ne “Il Russo”.
DINO CAMPANA
Nasce a Marradi, sull’appennino tosco/romagnolo, nel 1885. Sin dall’adolescenza manifesta i
disturbi nervosi che lo accompagneranno per tutta
la vita. Nel 1914 pubblica “Canti Orfici”, il suo
unico libro di poesie che verrà completamente
ignorato dall’ambiente letterario fiorentino e dal
pubblico. Campana viaggia in Italia, Uruguay, Argentina, alternando ai suoi pellegrinaggi lunghi ricoveri negli ospedali psichiatrici. Nel 1915 incontra
la scrittrice Sibilla Aleramo, con la quale vivrà una
tormentata storia d’amore. Nel 1918 viene nuovamente internato a Castel Pulci, presso Scandicci
(Firenze). Muore in manicomio nel 1932. Nel giro
di pochi anni la poesia dei “Canti Orfici” verrà riscoperta e celebrata fino ai giorni nostri
MASSIMILIANO LAROCCA
Max Larocca aveva gia’ pubblicato in proprio
nel 2001 un EP sui testi di Dino Campana. Adesso,
15 anni dopo, il cerchio si chiude con questo progetto completo. “Un mistero di sogni avverati”
é il quinto album del cantautore fiorentino, e fa
seguito a “Qualcuno stanotte” (finalista premio
Tenco 2014) e “Chupadero!” (2010), il disco del
supergruppo Barnetti Bros Band formato da Larocca stesso, Massimo Bubola, Andrea Parodi e il
bluesman newyorchese Jono Manson, pubblicato
su Universal. Il percorso artistico del musicista
e compositore fiorentino, iniziato a metà anni novanta, alla musica lo ha visto impegnato nel campo
del teatro e in molti progetti di promozione e solidarietà sociale, con illustri compagni di viaggio come:
Paolo Benvegnù, Bandabardò, Cristina Donà, Massimo Bubola, Nada, Tom Russell, Cesare Basile,
Hugo Race, Carlo Muratori e molti altri. ❖
Promozione: A BUZZ SUPREME s.r.l.
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Lineatrad 1-2-2016