a p r i l e
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2 Gli Stati Generali, nel prossimo giugno,
in Finlandia - dove e quando -
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7 Milioni di spiiielli
e sempre più ecstasy nell'lJE
di Umberto Serafini
di Pierdavid Pizzochero
3 lmmagine e identità urbana
9 Gli indicatori di qualità
di Paolo Berti
di Anne Storz e Franyois Burhin
4 La città del desiderio
l2
Europa e federalismo globale
di Jordi Boria
di Giorgio Ratti
nalmente europeee
Rivitalizzore i centri storici delle nostre "città
d'arte" e fondamentale per una nuova cultura
amministrativa. Le immagini che corredano questo
numero di "Comuni d'Europa", tratte do un volume
edito dal Comune di Arezzo sulla Variante al Piano
Regolatore riguardante il Centro Storico, ben
rappresentano questa esigenza, ampiamente
illustrata dagli articoli su "Immagine e identità
urbana" e "La città del desiderio'.'
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CHIAROSCURO di Umberto
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2.:
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Serafini
Gli Stati Generali, nel prossimo giugno,
in Finlandia - dove e quando Gli Stati generali del Ccre soiio
stati inventati via via, esperienza
dopo esperienza, e hanno acquis t a t o una importanza decisiva
nella storia politica e culturale
del Ccre (quello la cui sigla iniziale era Cce), e a n c h e , il più
delle volte, nella storia politica
generale dell'Europa e di coloro
che ai vari livelli, istituzionali e
no, se ne interessavano. Ideati
da Bareth, erano coerenti con la
sua strategia. che si potrebbe
definire di "idealismo costruttivo". La prima edizione si svolse,
tra Versailles e Parigi, nell'ottobre 1953 ed ebbe subito un successo superiore alle previsioni:
cadeva nel niomento giusto.
Nel marzo di quell'anno I'Assemblea ad hoc aveva approvato il
progetto di Trattato per una Comunità politica europea e lo aveva trasmesso ai singoli governi.
L'Assemblea ad hoc era stata decisa dai Ministri degli Esteri dei
Sei Paesi iniziatori della Ceca Briielux, Francia, Germania federale, Italia - e, come assemblea
comune della Comunità, presieduta da Paul Henri Spaak e allargata alla partecipazione per cia-
scun Paese dello stesso numero
di delegati indicato per I'Assemblea della Ced - Comunità europea di difesa - il cui trattato era
in discussione: l'Assemblea ad
hoc era destinata ad accelerare i
tempi di un progetto di Costituzione europea, previsto da un articolo del trattato della Ced, ma
destinata altresi all'insuccesso se
la Ced fosse caduta, come purtroppo awenne: i Sei Paesi, a cui
si era rivolta l'Assemblea ad hoc
non ritenevano infatti di poter
indire la conferenza costituente,
se prima il trattato della Ced non
fosse stato ratificato dai Parlamenti nazionali. In ogni modo
tutto il periodo preparatorio degli Stati generali si era svolto in
un momento in cui i federalisti
europei - in primo luogo il Movimento federalista guidato da
Spinelli, ma atiche il Cce - stavano giuocando un ruolo eccezionale (De Gasperi ascoltava frequentemente Spinelli). 11 cce fondato nel gennaio 1951 - stava acquistando faticosamente la
sua fisionomia e facendo emergere i "quadri". che n e h a n n o
permesso il lungo successo.
La sede svizzera e una resistenza
del niutiicipalismo tradizionale
frenavano il suo federalismo sovranazionale. a cui lo chiamava il
felice niomento europeo. A Versailles ebbe un grande, giusto risalto il lancio - era una autentica
novità - della nostra "Carta europea delle libertà locali", frutto di
notevole livello culturale e di
un'impegnata collaborazione trasnazionale s o p r a t t u t t o di una
"commissiotie ad hoc", guidata in
maniera eccellente da un severo
tedesco, Ladebeck. e s p e r t o di
amniinistrazione locale (ricordato
Borgomastro di Bielefeld) e di
scuola, perseguitato durante i l
nazisnio. La "Carta" si maturava,
"al di sopra delle frontiere", mentre al s u o fianco crescevano i
"geniellaggi". col loro giuramento
di fraternità europea ideato da
Bareth. Tutti collaborammo all'approfondimento del concetto
di autonomia locale in una prospettiva federalista: persoiialmente debbo essere grato in particolare a Costantino Mortati, "costituente italiano", che nii acconipagnò un'intera settimana a Ginevra nel seminario per la reda-
zione definitiva del documento.
Ma i progressi comunitari ci costringevano a scegliere o meno di
metterci alla testa del movimento
per l'unità politica sovranazionale: concordai con Bareth una rivoluzione interna. che implicò il
cambio di presidenza, lo spostamento della sede del Cce da Ginevra, col presidente Cottier. che
frenava l'evoluzione, a Lussemburgo, che significò la presidenza
del suo stesso sanguigno sindaco,
Hamilins (frattanto cresceva I'inipegno con noi di un uomo politico del Benelux con fortuna crescente, il belga Merlot, amico di
Spaak, il quale ultimo concluse
infatti i primi Stati generali). Ma
penso che debba ritenersi fondamentale, già nell'inverno 1953. la
grande Assemblea del Cce tenuta
a Palermo su invito della Regione
Siciliana e con lo straordinario
impegno dell'assessore D'Angelo
(poi presidente): all'Asseniblea
tenni una relazione che mi permetto di ritenere documento decisivo del futuro procedere della
nostra organizzazione (lo stesso
titolo - "Costituzione europea e
libertà locali" - la dice lunga).
Tutta questa premessa serve a
chiarire il discorso, in cui decidemnio I'impostazione della relazione politica a Versailles, che era
affidata ad Alexandre Marc - personaggio eminente della organizzazione francese "la Federation",
a cui era inizialmente legato Bareth, e personaggio che ha giocat o un grande ruolo federalista
nell'Europa di questo dopoguerra
[tutti noi "vecchi" ricordiamo le
lezioni per forniare i "quadri". organizzate da Marc nella nostra
Valle d'Aosta): s e n t o il dovere,
ora che ci ha lasciato più che novantenne. di ricordarlo con la
gratitudine che gli spetta, anche
se in questo Risorgimento europeo si sono scontrate origini culturali diverse ed io h o eccepito
alcune suggestioni corporativiste,
che si sono presentate più volte
nell'opera e negli scritti di questo
grande amico, che ho polemicamente definito "proudhoniano di
destra" -. Comunque per Versailles informai Marc della "svolta"
da me preparata con Bareth e mi
valsi anche, naturalmente, della
mia relazione di Palermo.
Arrivati alla 21" edizione degli
cotiriiiuo 11 prig. 14
a p r i l e
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EDITORIALE
Immagine e identità urbana
Il caso Arezzo nel monitoraggio delle "città d'arte"
Dopo l'esperienza della Rassegna
Urbanistica Nazionale (dell'lnu)
t e n u t a s i a Venezia ( n o v e m b r e
1999) e il dibattito urbanistico
scaturito sul recupero delle nostre
"città storiche", abbiamo a v u t o
conferma che la nostra metodologia di rilievo sul territorio e la successiva restituzione informatica
possono contribuire a pieno titolo
all'ulteriore sviluppo della ricerca
in tema di conservazione.
La variante al Piano Regolatore
Generale del Coinune di Arezzo
costituisce adeguamento alla prescrizione regionale per tutta la zona "A" interna al perimetro delle
mura urbane, ed è stata redatta
sulla base di una schedatura generale del patrimonio edilizio esistente, che ha costituito un supporto
conoscitivo notevole ed approfondito. E stata quindi possibile la
complessiva riorganizzazione dei
PAOLO BERTI
assessore all'urbanistica,
edilizia, c a s a , centro storico,
servizi informatici del
Comune di Arezzo
"Il progetto, pur
se limitato alla Arezzo
antica, può tuttavia
costituire un
know-how estensibile
nel prossimo futuro
all'intera città.'"
dati reperiti (in tavole tematiche e
banca dati) indispensabili nella ricerca e definizione degli obiettivi:
tutela dell'identità della città storica, con il superaniento della disciplina degli interventi fino ad oggi
impropriamente cristallizata su una
generica "conservazione", verifica
in concreto delle espressioni artistiche e culturali per un piano di
riqualificazione a t n b i e n t a l e di
"città d'arte" e piano delle funzioni per il recupero dell'identità di
città capoluogo di provincia.
Ciascuna scheda di rilevamento per
Unità Edilizia ha consentito, mediante ricerche di archivio e sopralluoghi, di pervenire all'acquisizione
dei seguenti aspetti conoscitivi:
assetto catastale della zona su cui
insiste l'Unità Edilizia, con riferimento alle datazioni 1826, 1874,
1903, 1937, ed inquadramento nella carta tecnica regionale restituita
a seguito di rilevamento aereo;
interventi edilizi documentati ed
accertati, a s e g u i t o di ricerche
d'archivio presso l'ufficio Edilizia
del Comune;
assetto dell'organismo edilizio in
pianta (fisico, igienico-iinpiantistico, sociale e di destinazione);
rilievo tipologico in scala 1 :200,
con aggiornamento a seguito di
sopralluogo (ove possibile);
ampia documentazione fotografica. Complessivamente, per la città
murata, circa 50.000 fotografie;
valutazione dello stato di degrado.
La schedatura delle Unità Edilizie è
stata fondamentale per acquisire le
conoscenze necessarie alla elaborazione di Piano per il Centro Storico.
La ricerca è stata fondamentale per
la raccolta, l'elaborazione di tutte
le informazioni e i dati tipologici
inerenti al patrimonio collettivo
storico e culturale.
L'impegno professionale è stato rilevante, nella coerenza degli obiettivi prefissati. Produrre la notevole
documentazione necessaria all'iter
procedurale di approvazione
della
. .
va"nte ed organizzare tutta la "linea d'immagine" ha comportato
elaborazioni che stanno già dando
esiti favorevoli. La forza di quest'impegno è stata la convinzione
di fornire un prodotto ed un servizio evolubili, nei quali la gestion e di nuovi progetti non sia più
.
.
.
.
.
legata a plichi di carta ingiallita.
L'esperienza insegna che eventi di
quest'entità non devono rimanere
finalizzati a se stessi e nella memoria storica di pochi. Tale consapevolezza ci ha orientato verso la
stesura di una "banca dati" (codici
e metodi) in cui facilità di comprensione, gestione e manipolazione grafica sono divenute primarie.
11 progetto è imperniato sull'identificazione univoca dell'itnmobile e
della sua consistenza funzionale.
Per l'immobile abbiamo utilizzato
un codice simile al codice fiscale
chiamato "codice ecografico", un
codice c o m u n q u e che faccia da
chiave di accesso a tutti i dati che
possono essere riferiti all'inimobile, compresi quelli della sua rilevazione fisica.
11 "libretto dell'edificio" è il risultato più immediato dell'organizzazione dei dati da fornire al cittadino. Fornisce il rilievo aggiornato,
la documentazione fotografica, lo
storico delle pratiche edilizie, gli
interventi ammissibili, le n o r m e
tecniche di attuazione.
11 progetto si sta evolvendo nella
prosecuzione del suddetto lavoro,
connettendo i dati geografici con
l'archivio di tutte le Unità Edilizie
nel Centro Storico. Un progetto
che, s e pur limitato alla Arezzo
antica, può tuttavia costituire un
notevole k n o w - h o w estensibile
nel prossimo futuro all'intera città
(fino al territorio comunale) ed
integrabile con altre iniziative e
progetti in corso.
Oggi la gestione del territorio non
può prescindere dalla conoscenza
e dalla tempestività nelle risposte.
11 "Progetto Centro Storico" prevede, in sintesi, l'interrogazione in
video per immediate risposte alle
molte informazioni disponibili. Viceversa, da qualsiasi inodello richiesto (vincoli, interventi atnmissibili, destinazioni d'uso ...) è possibile visualizzare (e statnpare) tutti gli edifici con esso correlabili.
Considerare il nostro "Centro" nell'opportuna integrazione fra poli
con differenti vocazioni significa
sviluppare, preservare, recuperare i
valori di cultura e tradizione nella
distribuzione di servizi, coinmercio
e turismo.
Paolo Berti
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La città del desiderio
Spazio pubblico e qualità della vita
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Che cosa è un ponte? Domandava il falso ingenuo Julio
Cortàzar. E si rispondeva: una persona che attraversa un
ponte. Che cosa è una citta? Un luogo con molta gente.
Uno spazio pubblico aperto e protetto. Un luogo, vale a
dire un fatto materiale produttore di senso. Una concentrazione di punti di incontro. Nella città la prima cosa
Junr~isct.,i,~ sono le strade e le piazze, gli spazi collettivi, in seguito
Urban Technology verranno gli edifici e le vie. Lo spazio pubblico definisce
dellaCittà la qualità della città, poiché indica la qualità di vita della
gente e le qualita della cittadinanza dei suoi abitanti.
di Barcellona
L'interessante libro di Allan Jacobs - The streets of the
cities - analizza con precisione le città a partire dalla
qualità, estetica e culturale, funzionale e sociale, simbolica e moderna delle sue strade. Tra le prime cinque
vengono incluse due viali di Barcellona, le Ramblas e il
Paseo de Gracia. Fantastico per un abitante di Barcellona, che tuttavia non può dimenticare che negli anni
'60, per poco, quello che veniva chiamato a torto "urbanizzazione di sviluppo", non ha trasformato queste
isole pedonali urbane in strade ad alto scorrimento. Per
fortuna i cittadini resistettero e le nuove tendenze degli
anni '80 ci restituirono la cultura di Cerdà, l'urbanista
della quadrellatura che dichiarò: "nella città le vie non
sono grandi strade", e la priorità dello spazio pubblico
come strategia di fare città sopra la città".
In un congresso celebrato a Buenos Aires nel 1996, il
direttore della progettazione della CiS di Londra affermava all'incirca: "la merce più importante che si scambia in una città è la conversazione, l'informazione face
to face, il mormorio...". Di conseguenza sono necessari i
bar e i ristoranti. L'urbanizzazione deve garantire, almeno nelle aree densamente abitate, che in ogni isolato il
pianterreno degli edifici venga usato come luogo di incontro, negozi e soprattutto caffè, "l'equipaggiamento
più importante della città".
Tuttavia, la deformazione dell'urbanizzazione funzionalista, combinando zoning e privatizzazione, caricatura perversa del mondo moderno, crea una nuova immagine della "città emergente" in cui i pezzi, l'architettura
degli oggetti-merce, sostituiscono la città dell'interscambio e della diversità. La città frammentata è una
"
città fisicamente segregata, socialmente ingiusta, economicamente sprecona, culturalmente miserabile e politicamente ingovernabile.
L'evoluzione di alcune grandi città latinoamericane come
San Paolo, Città del Messico o Bogotà, sembra condannare come reliquia del passato l'immagine di città come
spazio pubblico, come luogo o sistema di luoghi significativo, come eterogeneità e come incontro. Segregazione
sociale e funzionale, centri specializzati, aree frammentate e due sfide di base da risolvere: circolazione e sicurezza. Però sembra che l'affrontare direttamente queste due
sfide porti piuttosto ad aggravare i problemi invece di risolverli. Le zone a bassa densità e le linee sociali di classe
media preferiscono l'uso dell'automobile per ogni cosa.
Le grandi arterie ad alto scorrimento all'interno delle
città accentuano la segmentazione urbana, promuovono
lo sviluppo urbano ghettizzato, aumentano le distanze e
moltiplicano la congestione del traffico.
L'esempio di limite dell'assurdo è la San Paolo "malufista" che rimarrà come una delle maggiori aberrazioni urbanistiche del XX secolo. Più arterie ad alto scorrimento
significano peggiore circolazione e meno citta. Cosi come
più polizia a protezione delle aree residenziali e commerciali che più la richiedono (medie e alte) crea più insicurezza negli spazi pubblici e nelle aree suburbane meno
protette. Quando non è addirittura la polizia uno dei fattori che provocano insicurezza.
La citta metropolitana non è condannata a negare la
città, ma anzi può moltiplicarla. La sfida reale è stabilire
una dialettica positiva tra centralità e mobilità, facendo
dello spazio pubblico il filo di Arianna che ci conduca per
luoghi produttori di senso. 11 diritto alla centralità accessibile e simbolica, a sentirsi orgogliosi del luogo in cui si
vive e al renderlo riconoscibile agli altri, alla visibilità e
all'identità, inoltre di disporre di mezzi e spazi pubblici
vicini, è condizione di cittadinanza. Come lo è il diritto
alla mobilità, poiche suppone informazione e interscambio, opportunità di formazione e di impiego possibilità di
accedere alle offerte urbane e di appropriarsi della città
come insieme di libertà. Se i diritti di centralità e di mobilità non sono universali, la città non è democratica.
a p r i l e
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1 centri urbani sono i luoghi polisemici per eccellenza:
attrattivi per ciò che ne e fuori, integratori per ciò che
ne e all'interno, multifunzionali e simbolici. Sono la
"differenza" più rilevante di ogni città, la parte della
stessa che può fornire più "senso" alla vita urbana. E
tuttavia ... q u a n d o non si specializzano e diventano
omogenei fino ad assomigliarsi tutti, si deteriorano e si
trasformano in aree marginali. Alcuni durante il giorno
si congestionano e di notte si svuotano, altri ricevono
il doppio marchio della povertà e della insicurezza. Oggi il centro sono i centri e nella città metropolitana il
centro-centri tende ad essere territorio, per lo meno,
della città-municipio.
Fare città oggi e prima di tutto fare città sopra la citta,
fare centri sopra i centri, creare nuove centralità e assi
che articolino e che diano continuità fisica e simbolica,
stabilire buoni compromessi tra il tessuto storico e quello nuovo, favorire l'amalgamarsi del sociale e del funzionale in tutte le aree.
Per ottenere tutto ciò, senza che si possano fornire ricette magiche valide per qualsiasi luogo e qualsiasi tempo, è bene tenere conto di alcuni criteri che quasi sempre risultano efficaci.
o Mai fare un progetto per risolvere un problema, bensì
per risolverne due o tre alla volta tra loro concomitanti.
Ad esempio, una circonvallazione o strada perimetrale
serve alla circolazione individuale e collettiva, riqualifica
gli ambienti urbani circostanti, genera centralità nei luoghi periferici, sopporta attrezzature e spazi pubblici, possiede valore culturale o così dovrebbe essere.
o Disegnare prima lo spazio pubblico e articolare assi di
continuità fisica e simbolica tra i nuovi progetti e la città
esistente. Per esempio La Defense non sarebbe parte di
Parigi se non fosse nell'asse del Louvre e degli Champs
Elysées e non culminasse con la Grand Arche. Non succede lo stesso con la Grand Bibliotheque. 1 grandi progetti
di architettura urbana se non risolvono bene la loro relazione con i dintorni non possono considerarsi riusciti.
o Alloggi, sempre alloggi. Le aree urbane senza alloggi
non sono citta, esprimono l'alienazione urbana. Bisogna
mantenere gli alloggi nelle aree centrali e incorporare per
lo meno tra un 30 e un 50% di alloggi in tutti i grandi
progetti urbani, nonostante si presentino come aree di
nuova centralità, zone imprenditoriali di servizi, etc. Le
pianificazioni degli alloggi devono evitare l'omogeneità
sociale. Progetti abitativi di vocazione sociale unicamente
per gli strati bassi sono antisociali. Bogotà ha esempi significativi di questo genere, da Ciudad Bolivar a El Tintal.
La varietà sociale vuol dire più impiego, più attrezzature,
più integrazione nella città e più visibilità del luogo.
o Agire sui luoghi periferici, gli antichi quartieri popolari
per la loro storia, gli assi circolatori per la loro posizione
strategica, le aree obsolete recuperabili (industriali, niilitari, ferroviarie, portuali etc.) sulla base dei "grandi progetti
urbani" che formino parte di una strategia o di un Progetto Città coerente e desiderabile, supportato da un
consenso sociale e da una cooperazione pubblico-privata.
o Rispettare la storia, la trama esistente, la tradizione
culturale dell'urbanistica di ogni città. Per esempio citta
con una quadrellatura marcata, come Buenos Aires, non
possono sviluppare impunemente progetti basati su
enormi torri isolate contornate da parcheggi. Altre città
devono giocare sui propri elementi fisici, come Rio (e1
aterro, 10s morros), o sui propri elementi socio-culturali,
come San Paolo [la composizione etnica dei suoi quartieri). In altre forse bisogna inventare la storia nel presente per il suo sviluppo passato, accelerato e deforma-
to come Bogotà, nonostante ci siano sempre elementi
positivi a cui appoggiarsi (la catena di monti su cui si
adagia la citta, le "carreras", le zone di bassa densità che
possono generare spazi pubblici, l'eccellente tradizione
architettonica, etc.).
o 11 settore pubblico deve essere promotore, non semplicemente controllore, regolatore e operatore sussidiario.
Non ci sono grandi progetti urbani, di riconversione o
ex novo, senza un programma pubblico potente che
apra una breccia, che dia impulso ad operazioni ancora
e che stabilisca certezze e condizioni per gli agenti privati. 11 mercato da solo non fa la città, prima la distrugge e poi distrugge sé stesso, in seguito genera monopoli
e rendite di posizione, vale a dire elementi rigidi e paralizzanti. 11 settore pubblico al contrario può sviluppare
la città utilizzando il mercato.
o Creare citta è creare commercio e creare cultura, fini
storicamente e etimologicamente vincolati. Vale a dire, la
città è il luogo degli interscambi e delle identità. La qualità dello spazio pubblico è il valore essenziale della città,
poiché in ciò si esprime, nel senso più ampio e ambizioso,
commercio e cultura. II lusso dello spazio pubblico non è
un lusso, e inversione economica ed è giustizia sociale.
La citta ha un futuro o tendiamo ad un mondo periurbanizzato di città deboli? Attualmente la popolazione
"suburbana" è il doppio o il triplo della popolazione "urbana", cioè che vive in città e non in periferia. 11 mondo
suburbano sarà un mondo barbaro, di ghetti e tribù, ingiusto e violento, eccetto in centri protetti che tenderanno però all'autoritarismo. Di fronte a questa prospettiva che sembra essere fatale, anche se non E obbligatoriamente il suo destino, emerge di nuovo la città come
luogo, come miscuglio, come spazio collettivo, come referente culturale. Costruire oggi la citta del XXI secolo
significa avere un progetto di cittadinanza, ampliare i
diritti di terza generazione, il diritto allo spazio e alla
mobilità, alla città come rifugio e all'identità locale, alI'autogoverno e alla differenza, all'uguaglianza giuridica
di tutti i residenti e alla proiezione esterna.
1 progressi sociali non cominciano nelle istituzioni, ma
anzi culminano in esse. 1 progressi si materializzano in
politiche che poi si concretizzeranno in istituzioni. Però
prima bisogna combattere per nuovi diritti (e responsabilità] e legittimare questa esigenza. Si è detto che la nostra epoca è come altre che si sono presentate nella storia
come era di conquista di nuovi diritti. Si è anche detto
che è il secolo delle citta. Di conseguenza è l'era dei diritti urbani. Però l'esigenza del diritto sorge da una ribellione morale, dal desiderio di possedere qualcosa, delle libertà e delle opportunità che ci vengono negate.
La citta del desiderio non è la citta ideale, utopica e speculativa. E la città amata, insieme di conoscenza quotidiana e di mistero, di sicurezze e di incontri, di libertà
probabili e di trasgressioni possibili, di privacy e di immersioni nel collettivo. Bisogna reinventare I'erotismo
della città che non si trova né nella paura latina nei confronti del pubblico, nell'agorafobia (malattia recente della città latinoamericana), né nell'asepsi noiosa delle stazioni climatiche svizzere protette. Essere cittadino coincide con il diritto a sentirsi protetto, ma anche alla libertà di vivere l'avventure urbana.
Se un secolo fa si poti. dire di alcuni Civilizzazione o barbarie, di altri Socialismo o barbarie, oggi il referente dell'azione collettiva del progresso si dovrebbe chiamare
"Cittadinanza o barbarie".
Jordi Borja
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Le Reaioni finalmente eurooee
J
di Mario Prignano
Con il sedici aprile è arrivato il turno delle Regioni. L'ente locale più "pesante" della nostra geografia istituzionale, la domenica delle P a l m e di
q u e s t o a n n o 2000 sarà
g i u d i c a t o sulla propria
capacità di interpretare le
aspettative degli elettori.
L'unità di misura che condizionerà il giudizio finale
n o n p o t r à c h e essere
quella di una aderenza o
meno alla politica dei fatti concreti, ai problemi
della gente, alla semplificazione del rapporto tra
pubblica amministrazione
e cittadini utenti.
Ma ci s o n o alcuni elementi che distinguono
queste elezioni regionali
da t u t t e q u e l l e c h e le
hanno precedute. La legge elettorale, innanzitutto. Che per la prima volta
prevede l'elezione diretta
del presidente (e non la
semplice "designazione",
come aweniva cinque anni f a ) ; affida molti più
poteri all'esecutivo (tanto
che il presidente può nominare assessori che non
sono consiglieri) ed esclude ogni possibilità di "ribaltone" (di quelli che in
a l c u n e Regioni h a n n o
causato non pochi problemi di governo e di gestione amministrativa). E
già questo basterebbe ad
introdurre un fortissimo
elemento di soluzione di
continuità con il passato.
Poi c'è la riforma Bassanini che, con tutti i suoi
limiti e i suoi ritardi (a
tre anni dal trasferimento
di competenze, il passaggio di risorse e personale
dallo Stato agli enti local i è p r a t i c a m e n t e allo
s t a t o di p a r t e n z a ) , ha
comportato e ancor più
comporterà nei prossimi
anni un rovesciamento
c o m p l e t o del r a p p o r t o
tra le istituzioni, tale che
dovrebbe iniziare a rea-
lizzarsi f i n a l m e n t e una
forma concreta di sussidiarietà tra Stato e Regioni. Figlio di questa riforma è, poi, il federalismo
fiscale: formidabile leva di
governo e primo passo
concreto verso la costruzione di un federalismo
anche delle istituzioni.
Infine, ma forse è il passaggio più importante, le
elezioni del 16 aprile segneranno una svolta, perché mai come in questi
ultimi a n n i l e Regioni
h a n n o potuto "contare"
tanto fuori dei loro confini e fuori p e r f i n o dei
confini nazionali. Insomma, per molti versi, 1'Europa delle Regioni è già
una realtà, al punto che
nulla del futuro dell'Ue si
può ormai programmare
senza considerare quella
che si e andata affermand o come la dimensione
ottimale e l'ambito di governo più congeniale per
l ' a t t u a z i o n e di t u t t e le
politiche comunitarie: la
Regione, appunto.
Quest'ultima considerazione impone di guardare
all'appuntamento elettorale con un occhio attent o al c o n t e s t o locale e
uno al contesto sovranazionale in cui si colloca.
Ecco perché vale la pena
chiedersi: quanto contano, come sono strutturate, quali rapporti hanno
col governo centrale, che
cosa rappresentano, insomma, le Regioni (o enti
omologhi) nei principali
Paesi europei?
In Francia, Paese tradizionalmente centralista, le
Regioni sono organi privi
del potere legislativo ma
dotati di un forte collegam e n t o sul p i a n o p r o g r a m m a t o r i ~con il governo, con il quale concorrono ad elaborare i l
Piano nazionale socioeconomico, da attuare attraverso "contratti di Piano"
tra centro e periferia. In
questi "contratti" (simili
alle nostre intese istituzionali, i n t r o d o t t e solo
nel 19981, vengono definiti gli interventi che Stato e Regione si impegnan o c o n g i u n t a m e n t e ad
operare per dare esecutività al P i a n o e ai s u o i
programmi prioritari.
L'assetto federale vigente
in Germania rende indispensabile l'apporto dei
Lander al processo di produzione legislativa e amministrativa del Paese.
Come nella maggior parte
delle democrazie fondate
su un patto (foedus) tra
centro e periferia, anche
in q u e s t o caso gli enti
territoriali hanno potestà
legislativa in tutte le materie che la Costituzione
non riserva espressamente
al Parlamento federale, il
Bundestag. A questo proposito va osservato che se
da un lato i Lander hanno
competenza pressoché
esclusiva nell'attuazione
delle direttive comunitarie, dall'altro rappresentano anche il livello di governo che ha p a g a t o il
prezzo più salato in termini di cessione di ambiti
di sovranità a favore delI'lJnione europea. 11 Parlamento federale, infatti,
ha mantenuto e mantiene
tuttora competenze generali che (per il momento)
non hanno subito, se non
in minima parte, erosioni
da parte di Bruxelles.
La S p a g n a , altro Paese
che, come la Francia, ha
una tradizione amministrativa "forte", anche se
non altrettanto centralista, affida al governo dell e C o m u n i t à locali un
ruolo autorevole, assimilabile a quello di partner
dell'esecutivo nazionale,
con i l q u a l e c o n t r a t t a
tutti gli investimenti pubblici. 11 governo regionale
e, inoltre, ben distinto
nelle sue competenze dall'Assemblea, la quale a
sua volta può vantare poteri a l q u a n t o estesi di
controllo e di produzione
legislativa, tanto che può
deliberare anche in sede
di commissione.
Totalmente differente dai
modelli finora descritti è
quello anglosassone, all'interno del quale l'unica
entità amministrativa riconducibile in qualche
modo alle nostre Regioni
coincide con le Contee,
ognuna delle quali ha un
Consiglio, c h e e l e g g e
ogni a n n o i l s u o presid e n t e . Le C o n t e e n o n
hanno poteri legislativi e
svolgono per lo più compiti legati alla vita della
comunità locale: tra questi rivestono una qualche
importanza le competenze in materia di sviluppo
economico, per cui alcune
Contee sono impegnate
da a n n i , in alcuni casi
con un certo successo,
nella costituzione di società specializzate nell'attrazione di investimenti
dall'estero e in operazioni
di marketing territoriale.
Da questo incompleto e
rapidissimo excursus si
p u ò vedere f i n o a c h e
punto, in Europa, le forme di organizzazione della vita istituzionale a livello locale siano diverse
tra loro. Quello che va
sottolineato, tuttavia, è
che questa disomogeneità
non compromette I'efficacia delle politiche comunitarie che ogni Regione (o istituzione equivalente) decide di mettere
in campo. Segno che modelli univoci non esistono
e che nessuno è autorizzato a tenere lo sguardo
fisso entro i propri confini, perché l'integrazione
europea procede a ritmi
che, oramai, non possono
c o n c e d e r e più a l c u n a
"pausa di riflessione".
a p r i l e
2 0 0 0
Milioni di spinelli e sempre più ecstasy nell'UE
di Pierdavid Pizzochero
Ben 40 dei 375 milioni di cittadini
dell'unione europea hanno fumato cannabis. Lo rivela la relazione
annuale dell'0sservatorio europeo
sulle droghe di Lisbona. La canapa
indiana è la sostanza illegale più
usata in Europa e soprattutto la
più diffusa nella fascia di età che
va dai 15 ai 34 anni. In media, un
adolescente su cinque nella fascia
compresa tra i 15 e i 16 anni e
u n o su quattro tra i 1 5 e i 3 4
hanno "assaggiato" lo spinello. 11
fumo proibito è in sensibile aumento in Finlandia e Svezia (1 6%17010) e, in proporzione maggiore,
in Danimarca, Spagna e Regno
Unito (35%-40010).
Nella relazione, si afferma che in
molti Stati membri si t e n d e a
~onsiderareil consumo di cannabis un comportamento normale o
mondano, piuttosto che deviante.
Non viene inoltre ritenuta comprovata l'assunzione di cannabis
come un pericolo per la guida automobilistica. Anzi: "alcuni studi
suggeriscono che la cannabis non
comporti un alto rischio al volante in quanto sotto la sua influenza i guidatori presterebbero una
maggiore attenzione".
Se la marijuana desta insomma
minori preoccupazioni per quello
che riguarda gli effetti sulla salute, I'eroina inquieta molto di più.
Soprattutto per il numero di morti
e di malattie provocate dalla droga assunta per via endovenosa. 11
numero di tossicodipendenti è stimato a 1,5 milioni di persone su
una popolazione di 375 milioni.
Nel rapporto, l'Osservatorio precisa che la cifra globale è maggiore
rispetto agli altri anni, perché alcuni Stati dell'Ue hanno fornito
dati nuovi e più precisi. Di conseguenza, la situazione può considerarsi stabile. Ma il quadro della
situazione non è incoraggiante.
Dalla relazione emerge che la
droga sta penetrando nelle campagne. Sebbene nelle metropoli ci
si continui a drogare di più, nei
centri minori e nelle aree rurali, il
consumo si sta diffondendo in
proporzione maggiore rispetto al
passato. Sta inoltre cambiando la
figura del tossicodipendente tipo.
Tra i consumatori di droghe pesanti "giovani provenienti da ambienti socialmente integrati, consumatori occasionali di elevate
dosi di ecstasy e anfetamine, individui appartenenti a minoranze
e persone più adulte caratterizzate da un consumo problematico
ed in grandi quantità di alcool''.
1 drogati sono in prevalenza di
sesso maschile e l'età media in
cui entrano in terapia varia dai
24 ai 33 anni a seconda dei Paesi dell'unione. Grave è la situazione nelle prigioni dove i detenuti per reati di droga variano
tra il 15% e il 30%. Molti detenuti - da un minimo del 30% fin o ad un massimo del 90% consumano stupefacenti.
Tra le varie sostanze stupefacenti,
è senz'altro I'eroina a mantenere
il suo ruolo di droga-killer. Nella
media annuale dell'unione europea, sono stati registrati 6000-
!
i
È stata approvata dall'Europarlamento la risoluzione della deputata greca Marietta
Giannakou-Koutsikou (Ppe), relativa alla comunicazione della Commissione
i europea sul piano di azione in materia di lotta contro la droga 2000-2004. Gli
obiettivi fissati sono la definizione della lotta contro la droga come una delle priorità
i delle azioni interne ed esterne dell'unione, la ricerca di un approccio integrato fra
i riduzione della domanda e dell'offerta e la promozione dell'integrazione del
I controllo sulle droghe nei programmi di cooperazione allo sviluppo. Viene ritenuto
inoltre necessario proseguire nella raccolta, nell'analisi e nella diffusione dei dati
i sul pianeta-droga, raccolti da Europol e dall'Osservatorio europeo delle droghe di
Lisbona.
i Nella relazione, si punta a garantire sostegno agli sforzi delle Nazioni Unite per
I ridurre la povertà nei Paesi più poveri, che, non a caso, risultano i più grandi
i
I
produttori di stupefacenti: Pakistan, Colombia, Nigeria e Thailandia. Per la riuscita
! del piano d'azione, viene rivolto l'appello alla "mobilitazione di risorse adeguate".
-~
..
--
7 0 0 0 decessi per overdose da
eroina. Secondo l'agenzia europea
delle droghe, "dai 3 ai 5 milioni
di persone nell'Ue potrebbero aver
provato l'eroina". Al nostro paese
spetta il triste primato nella percentuale di persone che si iniettano eroina. In Italia e in Lussemburgo sono tossicodipendenti 8
persone su mille comprese tra
nella fascia tra 15 e 54 anni. Le
droghe "pesanti" sono invece in
flessione in Germania, in Austria,
Finlandia e Svezia.
Secondo lo studio dell'0sservatorio
di Lisbona, una percentuale variabile tra l'l010 e il 3% della popolazione adulta ha provato la cocaina.
Tuttavia, nell'unione europea, si
consumano più anfetamine che
"polvere bianca". Le anfetamine
sono usate anche dai ragazzi in età
scolare. Solo in Francia e in Spagna si consumano meno anfetamine e più cocaina. Nella maggior
parte dei casi, comunque, il 10%
dei tossicodipendenti usa principalmente cocaina, che viene piuttosto usata dagli eroinomani come
droga di complemento o "droga
secondaria". Per questo, è raro morire da overdose da cocaina.
1 tossicodipendenti che assumono
oppiacei per endovenosa s o n o
molto esposti ad un rischio di
morte per overdose, Aids e incidenti. Anche le epatiti B e C hanno raggiunto livelli ragguardevoli.
I tassi di diffusione dell'infezione
di Hiv sono generalmente in diminuzione per effetto delle nuove
terapie che ritardano l'insorgere
della malattia. Il fatto che in Portogallo e in Spagna i tassi siano
elevati dipende dalla mancanza di
cure in tal senso. In Gran Bretagna
si registra l'l010 di infezione da Hiv
contro il 32010 della Spagna.
In aumento le terapie di sostituzione per le dipendenze da oppiacei con il metadone. 11 20%
dei tossicodipendenti, 300.000
su 1.500.000 ne fanno uso. Diversi degli Stati membri stanno
discutendo la possibilità di somministrare eroina dietro prescrizione medica.
Cresce il consumo di ecstasy e anfetamine. In testa sempre il Regno
Unito dove ogni week-end si consuma un milione di pillole. Tra lo
0,5010 e il 3% degli adulti e tra
l'lo10 e il 5% dei ragazzi. La percentuale di giovani che ingerisce
un cocktail di anfetamine ed ecstasy si attesta tra il 2 e il 5010, ma
lo stesso dato diventa più consistente se si prende in considerazione la fascia d'età compresa tra
i 18 e i 25 anni. 11 governo olandese, noto promotore di misurepilota in materia di liberalizzazione di droghe leggere, ritiene che
l'analisi anonima e gratuita delle
pastiglie vendute come ecstasy,
abbinata alle informazioni ed ai
consigli in loco, costituisca un valido mezzo di prevenzione. Le
droghe sintetiche - fa notare 1'0ssewatorio - vengono prodotte soprattutto nei laboratori clandestini di Polonia, Olanda, Spagna e
Regno Unito. Sotto I'egida della
criminalità organizzata.
Secondo la relazione della Giannakou, l'azione anti-droga dell'unione europea è
trasversale ai tre pilastri del Trattato di Maastricht e, per questa ragione, non è in
grado di "parlare con una sola voce". Di conseguenza, la risoluzione del
Parlamento europeo propone di convocare, sotto I'egida della presidenza
portoghese, un "Consiglio inter-pilastri straordinario" consacrato ai problemi della
droga, al quale parteciperebbero i ministri della Sanità, della Giustizia, dell'lnterno
e degli Affari Esteri. Solo tale strumento - si legge nelle motivazioni del documento
approvato dall'Europarlamento di Strasburgo -"potrebbe adottare un progetto
politico ambizioso".
Il documento Giannakou è stato duramente criticato dagli antiproibizionisti, in
particolare dai radicali italiani Turco e Dell'Alba, dagli olandesi e da diversi deputati
nord-europei. Nella relazione non si prendono in considerazione politiche
antiproibizioniste e i numerosi emendamenti che andavano in tal senso
- più di cento - sono stati rigettati dall'Aula di Strasburgo. [ Pierdavid Pizzochero]
a REGIONE LAZIO
Comuni
a p r i l e
$m19
2 0 0 0
Gli indicatori di qualità alla base
della strategia turistica
di Anne Storz e Franqois Burhin
ANNE
di ammiriistrazioni
pubbliche
FRANCOIS BURHIN
OGM
l a definizione della "qualità" adottata dal vocabolario le Petit Kobert: "aspetto
5ensibile e non misurabile
delle cose" traduce molto
b e n e la frustrazione che
proviamo ogni volta c h e
tocchiamo l'argomento e la
soggettività che ne deriva.
La definizione della qualità
utilizzata nella norma ISO
(norma internazionale relativa ai sistemi di gestione
della qualità) è itiolto diffu5a e ben accettata in vari
settori, sia industriali che
coriimerciali: "l'insieme di
caratteristiche d i e consente al servizio o al prodotto
di possedere l'idoneità a
s o d d i s f a r e d e i bisogiii
espressi o impliciti" (Norm e I i i t e i n a t i o t i a l c ISO
8402, deuxième édition
1994-04-01, ISO, Genève].
Questa d~fitiizioiiesottolinea molto beiie ctie n o n
basta aspettare che un
cliente si lamcriti per adattare il s u o servizio, bensì
bisogna anticipare i bisogni
dei clicnti e quindi in primo luogo interessarsene.
l i coiitrollo della qiialità
necessi.ta orgaiiizzazione,
pianificazione, coordinam e n t o delle varic azioni
d e i niolteplici a t t o r i in
g i o c o , disposizioni p r e vintive e retroazioni corretiive, che possono fare
intervenire più f u n z i o n i
contetnporaneainente.
Tutto ciò necessita un 5is t i m a a scala dell'irripresa
globale. ISO definisce u n
5i5teina qualità: "l'insieme
dcll'oryanizzazione, delle
procedure, dei processi e
d e i m e z z i necessari p e r
metter? iri opera il management della qualità".
Queste definizioni posson o essere trasferite al sett o r e t u r i s t i c o , o g g i in
pic-iia crrscita in Italia. e
nori solo. I l turisino, inte-
s o come fattore di sviluppo, costituisce per numerose regioni europee una
m e t a del n u o v o millennio. Spesso, quest'increm e n t o del valore del turismo si traduce attraverso
vari piani di sviluppo t u ristico. Pero, s e pur I'orig i n a l i t à e la v a r i e t à d i
q u e s t i piani n o n h a n n o
limiti, più difficile è la
messa in pratica e la valutazione dei risultati.
Di conseguenza, I'elabor a z i o n e di i n d i c a t o r i di
pilotaggio costituisce
s e n z a o m b r a di d u b b i o
una condizione sine q u a
'
Comuni
/ l0
&m
COS'È LA QUALITÀ?
Qualità:
"Insieme di caratteristiche
di un'entità, le quali
gli conferiscono l'idoneità
a soddisfare i bisogni
impliciti e espressi"
Sistema Qualità:
"Insieme
dell'organizzazione,
delle procedure,
dei processi e dei mezzi
necessari per mobilitare
il management
della qualità"
Management totale
della Qualità:
"Modo di management di
un organismo, centrato
sulla qualità, fondato sul
coinvolgimento di tutti i
suoi membri e focalizzato
a soddisfare in prima linea
i l cliente ".
n o n per la realizzazione
di questi piani. Si tratta
in particolare di concret i z z a r e delle i n t e n z i o n i
sul terreno. di comunicare delle realizzazioni e dei
risultati e mantenere intatta la motivazione degli
attori. Infine, i l pilotaggio garantisce in permanenza la coerenza dello
sviluppo c o l l e g a n d o fra
di loro i progetti.
In Europa, i l c o n t r i b u t o
delle attività legate al turis m o nell'economia degli
Stati membri rappresenta 9
milioni di posti di lavoro,
cioè il 6010 dell'occupazion e a t t u a l e , un terzo del
commercio internazionale
del turismo e il 5.5 010 del
Pil dell'llnione europea.
Questi numeri dirnostrano
quanto il turismo possieda
e possiederà sempre di più
uii ruolo motore nei prossimi anni e le sfide sulle
quale scommettere a livello europeo.
Non ci stupisce quindi che
a l c u n e regioni e u r o p e e ,
con forti risorse naturali,
storiche e culturali, c o n
una forte tradizione d'accoglienza o che godono di
una collocazione geografica privilegiata, desiderino
fare dell'attività turistica
un fattore chiave del loro
sviluppo. Diverse città italiane hanno già iniziato il
percorso verso la qualità,
adottando sia degli indicatori, sia dei veri e propri
piani di sviluppo qualità.
Firenze, la Costa Etrusca,
Rimini, ecc.
In un contesto di concorrenza frenetica, la professioiialità e la qualità sono
dei fattori di competitività.
La necessità di a d o t t a r e
una politica turistica integrata diventa s e m p r e di
più necessaria in un settore per essenza trasversale
in senso lato, coinvolgend o numerosi attori e riguardando dei clienti con
bisogni sempre più vari.
Di conseguenza, incontriam o una varietà enorme di
piani di sviluppo turistici.
Però, è possibile sottolineare delle linee direttrice comuni, come per esempio:
+il desiderio di accrescere
il reddito proveniente dal
turismo, spesso tramite dei
soggiorni più lunghi e delle spese più elevate di consumo del visitatore;
+il desiderio di sfruttare al
massimo le ricadute indirette e di favorire I'occupazione;
+la preoccupazione della
qualità del servizio;
+la preoccupazione a m bientale e il controllo dell'impatto sul territorio in
termini di urbanistica, di
traffico e di inquinamento;
+la qualità della vita dei
residenti e il rispetto della
cultura locale.
Pochi sono ad oggi i piani
che prevedono una procedura di controHo e di acc o m p a g n a m e n t o . Grazie
all'elaborazione di indicatori di qualità, riusciamo
a rendere la valutazione
dei risultati e il controllo
della messa in pratica del
piano una cosa possibile
e realizzabile.
Nell'ambito dell'azione dei
fondi di coesione, la Commissione europea ha sperim e n t a t o , dal 1988, vari
strumenti e metodi, perm e t t e n d o di seguire e di
valutare i programmi europei elaborati dagli Stati
membri. l l n p r o g r a m m a
specifico, chiamato
"Means", era dedicato interamente a questo.
Nella v a r i e t à di q u e s t i
strumenti, gli indicatori di
qualità c o ~ t i t u i s c o n ou n o
dei mezzi di misura essenziali delle realizzazioni
e dei risultati dei programmi, cosi c o m e degli
impatti ottenuti sulle politiche perseguite dall'llnione europea.
In vista d e i p r o g r a m m i
2000-2006, importanti
mezzi sono stati impiegati
dalla Unione europea al
fine di assicurare c h e le
politiche siano seguite
correttamente.
Tradizionalmente, gli indicatori possono essere gerarchizzati e classificati
nella forma seguente:
* gli indicatori di realizzazione, che rendono conto
dello stato di avanzamento
del programma: F'esecwziane h a n z i a ~ i ae j o i mezzi
utifizzati per controllare le
spese, lo stato di avanzamento o di esecuzione fisica degli i n t e r v e n t i (espressi in u n i t à fisiche:
p e r s o n e f o r m a t e , km d i
strada reabzzati, ecc.);
+gli indicatori di risultato
o di performance che misurano i risultati diretti o
immediati che la realizzazione dell'azione permett e di ottenere (unità fisiche o monetarie);
+gli indicatori d'impatto:
specifici se riguardano detle realizzazioni e dei risultati ottenuti rispetto ad un
obiettivo specifico, globali
se si tratta del contributo
ad u n obiettivo globale
dell'iniziativa.
La volontà stessa dell'Unione europea, di seguire e
valutare i numerosi prog r a m m i di s v i l u p p o c h e
sostiene, ha portato all'elaborazione di norme e di
r a c c o m a n d a z i o n i per la
realizzazione dei piani e
dei documenti di programmazione. In altre parole,
per rendere dei piani "valutabili", gli Stati membri
devono conformarsi a degli schemi prodotti dalla
Commissione europea
(struttura dei piani, valutazione esterna periodica, sistema di indicatori, ecc.).
In m o d o schematizzato, i
piani s e g u o n o una costruzione logica basata su
d e i livelli d ' o b i e t t i v i ai
q u a l i s o n o associati gli
indicatori. Logica del pian o di sviluppo:
Livelli di obiettivo
Assi
Obiettivi globali
Misure
Obiettivi specifici
Azioni
Risultati e realizzazioni
*
*
*
*
*
*
*
Per analogia, i piani di svil u p p o turistico p o s s o n o
basarsi sulla stessa logica.
Ciò che è importante sapere nell'elaborazione degli
i n d i c a t o r i è di p u n t a r e
sempre sulla semplicità e
di accettare di perdere in
precisione ma di crescere
in operatività.
il coim/olgimentc~dei e r vizi nell'elabarazione degli indicatori e nella misurazione deve essere
molto curata.
Gli indicatori stessi devono
rispondere ad alcune coratteristiche, senza le quali
rischiano di fare perdere
efficacità oll'intero sistema
di pilotaggio.
+Devono essere in relazione con gli o b i e t t ~globali
ricercati dagli attori interessati.
+Sono o b b i e t t ~(la misura e l'interpretazione sono
indipendenti dalla persona
che misura o apprezza I'indicatore).
+Devono permettere u n
confronto facile.
+Devono essere collegati
in modo univoco e chiaro
all'azione degli attori interessati.
+Devono essere misurabili
(a basso costo, tempo ed
energia, con una responsabilità chiaramente identificata riguardante chi raccoglie e tratti i dati).
+Devono essere sensibili
perché il tempo è un fattore chiave.
+Devono essere comprensibili da tutti.
Infine, bisogna sempre
avere presente che gli indicatori sono in realtà solo
l ' a d e g u a m e n t o di u n
obiettivo rispetto ad una
norma, la quale deve, per
principio, riflettere al meglio la misura nella quale
q u e s t o o b i e t t i v o è raggiunto o no.
L'indicatore è quindi un
modo, leggermente riduttore, di avvicinare la realtà.
Non p u ò n é mascherare
l'obiettivo n é sostituirlo,
non è altro che un "prodotto derivato':
In questo inizio di nuovo
millennio, gli indicatori
di qualità s o n o ormai diventati vitali per qualunq u e R e g i o n e c h e voglia
crescere. Nell'ottica della
strategia, i "buoni" piani
di s v i l u p p o s o n o quelli
che s o n o applicati e
q u i n d i a p p l i c a b i l i nel
concreto nella realtà.
PROGRAMMA
URBANO
PARCHEGGI
Benvenuta tranquillità.
Posti auto in preparazione per voi
00136 - PIAZZALE MEDAGLIE D'ORO
80
00176 - PIAZZA DEI CONDOTTIERI
72
00139 - VIA ATENE0 SALESIANO
155
00176 - PIAZZA R. MALATESTA
126
00139 - PIAZZA FILATTIERA
128
00177 - VIA DELLA STAZ. PRENESTINA
172
00139 - PIAZZA VIMERCATI
177
00179 - LARGO FALVATERRA
107
00182 - PIAZZA EPIRO
122
00141 - PIAZZA SEMPIONE
74
00141 - VIA VAL D'OSSOLA
194
00182 - VIA OR\'IETOITERNI
73
00182 - VIA TARANTO (CASALMAGGIORE)
71
214
00191 - VIA FABBRONI
89
330
00193 - VIA ORAZIO PULVILLO
112
120
94
00141 - VIA VAL PADANA - VAL DI SANGRO
79
00141 - VIA VAL PADANA - VAL SANTERNO
00141 - LARGO VALSABBIA
00149 - PIAZZA A. LORENZINI
80
00195 - VIA CORRIDONI-BAINSIZZA
00149 - VIA G. RICCI CURBASTRO
99
00195 - VIA CORRIDONI-CASCINO
00153 - LARGO TOJA
64
00195 - VIA TIMAVO/PIAZZA RANDACCIO
148
00199 - VIA MASCAGNI-BOITO
105
00159 - LARGO DE DOMINICIS
102
00162 - VIA MARSICA
97
00165 - VIA SATOLLI
140
00167 - VIA GANDINO - MORICCA
177
00199 - VIA MASCAGNI-MANCINELLI
00199 - VIA PICCINNI-VAL NERINA
SOC. COOP A.R.L. - VIA NOMENTANA, 305 - 00162 ROMA
Tel. 06852191
67
176
a p r i l e
2 0 0 0
Euroria e federalismo alobale
I
J
Alexandre Marc, un padre del federalismo europeo
Pubblichiamo in queste pagine, per
ricordare la figura di Alexandre
Marc recentemente scomparso, il
discorso che Giorgio Ratti tenne
nel novembre del 1996 in occasione della presentazione del volume
"Europa e federalismo globale", di
scritti dello stesso Marc.
GIORGIO RATTI
membro della Direzione
nazionale dell'Aiccre,
Direttore generale onorario
della Banca Europea
per gli Investimenti
La risposta federalista,
articolata) dialettica
e quindi di?zanzica,
con al c e ~ z t ~delle
~ o sue
preocnipazioni lu persona,
è pizi co~~zplessa
della
solu risposta
politico-istitzizio~zaEe.
Perché il federalismo, perché l'Europa,
quale federalismo e quale Europa?
L'originalità della risposta d i
Alexandre Marc a queste domande
non è forse, in questo testo, cosi
evidente: il procedere dal basso, i l
valore delle autonomie locali e
dell'autoresponsabilit3, i principi di
sussidiarietà, di cooperazione e di
partecipazione, nonché la città all'altezza dell'uomo e f i n a l m e n t e
l'unità nella diversità, idee forza
della dottrina e dell'insegnamento
di Marc, sono spesso sottintese o
solo accennate. Eppure si ricongiungono almeno i n parte con le
linee di pensiero d i altre scuole federaliste, maggiormente, se n o n
esclusivamente, interessate agli
aspetti politico-istituzionali. Pur
partendo da approcci diversi i federalisti si trovano in tal guisa accumunati nella stessa lotta politica, nel medesimo spirito rivoluzionario che si ritrova proprio nella
parte centrale del volume, con le
tesi per i l 6" Congresso dell'uef,
che portano tra l'altro le firme di
Spinelli, di Bolis, di Mouskhély, oltre naturalmente a quella di
Alexandre Marc. Lo stesso Marc ricorda nei suoi scritti l'intelligenza,
l'esperienza ed i l coraggio di Spinelli e della sua azione federalista.
Probabilmente, se non ci fosse stat o questo impegno comune, sfociat o spesso in lotta frontale e talora
sapientemente recepito da alcuni
p o l i t i c i i n t e l l i g e n t i , la Comunità
europea si sarebbe, alcuni anni fa,
arenata in una stasi molto pericolosa e forse mortale. i ' ~ u r o p a invece, pur faticosamente e con t u t t i i
limiti che lo stesso Marc evidenzia,
ha ripreso il suo cammino.
Il punto di arrivo di questo cammino non e affatto chiaro, ma occorre fare riferimento all'impegno e
alla fede federalista di Marc, nonostante i l suo pessimismo d i
c o m b a t t e n t e che traspare a t t r a -
verso t u t t a quest'opera, per dare
a t t o che I'Europa di oggi è molto
diversa da quella del 1 9 5 5 o del
1950. I n o l t r e la sua costruzione
non è ingessata ma, sia pure con
un molto confuso disegno politico,
evolve con un certo dinamismo.
L'originalità del pensiero di M a r c
sta nel riconoscere che l'azione federalista si è urtata, si urta e continuerà ad urtarsi ad enormi difficoltà: all'egoismo degli Stati Nazionali, alla politica cosiddetta
reale, ecc.; che quindi quest'azione, quasi disperata ed eroica, è
possibile solo e il suo fine è giustificato da una salda radice teorica;
che questa radice scaturisce dalle
crisi politiche delllEuropa che hanno condotto alle guerre del '14 e
del '39, ma altresì dallo scontro e
dalle crisi delle due grandi dottrine politico-economiche che hanno
dominato la nostra epoca: Marxismo e Capitalismo.
Da qui la lunga ricerca di Marc, cui
sono dedicate i n questo v o l u m e
molte pagine, sulla riscoperta delI'umanesimo, sulla ricollocazione al
centro dei valori filosofici, politici
ed economici, della nostra Europa,
della persona e della libertà, che
della persona è il corollario.
A t t r a v e r s o t e o r e m i forse u n po'
complessi e parole che h a n n o a
volte u n sapore dogmatico, Nlarc
ha e l a b o r a t o la sua d i a l e t t i c a ,
aperta, che si contrappone a quella t o t a l i t a r i a , o t o t a l i z z a n t e del
marxismo, uscito dall'innesto hegeliano. Ognuno può ampiamente
riconoscere oggi, nel 1996, quanto
fossero profetiche le sue parole.
I n questa analisi complessa del
personalismo, Marc appunta la sua
critica anche nei riguardi del capitalismo, o per lo meno, di un certo
capitalismo, che nell'esaltazione
dell'individuo (tutt'altra cosa che
la persona), conduce a fenomeni
disgregativi e di massificazione, in
definitiva n o n m o l t o dissimili da
q u e l l i osservati nelle societa d i
ispirazione marxista.
In questo senso la risposta federalista, articolata, dialettica e quindi
dinamica, con al centro delle sue
preoccupazioni la persona, e più
complessa della sola risposta poli-
tico-istituzionale, pur se conferisce a quest'ultima una forza particolarissima, ed una valenza quasi
spirituale, che giustifica impegni e
s a c r i f i c i e dà, come n e l caso d i
M a r c , il c o r a g g i o s u f f i c i e n t e a
concepire, al di là delle difficoltà
che emergono dalla politica reale
unlEuropa unita e federale.
L'Europa, quindi, non è fine a se
stessa. Non è, come sottolinea ancora una volta Marc, una pura di'mensione geoeconomica. Non interessa I'Europa "gigante", più grande degli Stati Uniti, ma è I'occasione di rinnovamento delle strutture
e della societa intorno a nuovi o
comunque r i n n o v a t i valori. M a r c
parla così di federalismo globale.
Appare chiaramente, i n questo
contesto, quanto sia vicino il messaggio di Ventotene, che vede nel
federalismo la linea d i demarcazione tra conservatori e progressisti, e come il cammino di Spinelli,
di De Rougemont, di Marc, percorra lo stesso sentiero.
Nella parte finale del volume sono
inclusi alcuni saggi dedicati agli
aspetti sociali, economici e finanziari. Si potrebbe anche qui essere
tentati di contestare Marc nei dettagli, e forse anche nel fondo di
alcune sue teorie, se Marc stesso
non avvertisse il carattere "aperto"
di questi studi ed i l valore relativo
delle a f f e r m a z i o n i , che essendo
motivate da una grande spinta etica, prendono talora le sembianze
d i sentenze. M a r c n e è perfettamente conscio. Così, quando propone di sopprimere il fisco, precisa: "Voglio dire ridurre il peso del
fisco, avere u n fisco p i ù giusto,
maggiore autonomia fiscale, maggiore responsabilità fiscale". Quanti oggi degli economisti più valenti, di qualsiasi scuola, si sentirebbero d i negare questa esigenza e
di avversare questa conclusione?
E anche su queste tematiche, sia
pur con u n argomentare forse u n
po' magmatico, le intuizioni di fondo contano ed appaiono centrate,
ed attuali, giacche sono il frutto di
una sensibilità profonda, fondata su
un umanesimo di altissimo profilo.
Tra queste intuizioni si possono ricordare: la necessità di ritrovare
a p r i l e
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una solidarietà aliena dall'assistenzialismo, d i l i b e r a r e le f o r z e d i
mercato in un quadro ordinato e
quindi programmato dell'economia
- facendo, diremmo oggi, politica
economica, come per esempio la
politica di sviluppo regionale e del
lavoro -, di favorire la libera iniziativa ed il lavoro autonomo, di rivedere a fondo il sistema di protezione sociale, i n modo da assicurare
la copertura dei bisogni meno essenziali Marc parla di "desideri"
- alla libera competizione.
-
Si può certo discutere, e lo stesso
Marc lo ammette, delle caratteristiche del Minimo Sociale Garantito, e
della pianificazione economica bizonale. Ma il servizio civile ed i lavori socialmente utili come risposta
ai problemi dell'occupazione - problemi i n e v i t a b i l i diceva e dice
Alexandre Marc, in una società telematica e robotizzata -, sono idee
che si fanno strada ovunque. Ognuno di noi deve quindi apprezzare il
coraggio con il quale questo "vegliardo dell'Europa" continua a lanciare idee rivoluzionarie.
Il fondo della sua preoccupazione
non e dissimile, in fondo diremmo
noi qui in Italia, da quello della sinistra e dal cattolicesimo più illuminato. Come conciliare i vantaggi irrinunciabili del libero mercato con
la necessità altrettanto irrinunciabile di una solidarietà svincolata dai
lacci e dagli oneri della burocrazia e
della politica? L'enorme indebitamento d i alcuni Paesi è, secondo
Marc, il risultato di una pessima e
sviante gestione della solidarietà.
La risposta del federalismo sta nel
ricondurre la soluzione dei problem i ai giusti livelli d i autonomia e
responsabilità. Questa risposta risulta rafforzata dal f a t t o che il fed e r a l i s m o , c o m e M a r c insegna,
non è una modalità politica o u n
fine astratto, ma è un comportamento, u n modo d i fare, che r i chiede grande rigore morale e generosità di spirito; la loro assenza
vanificherebbe le stesse f i n a l i t à
perseguite. Queste non sono circoscritte a s t r u t t u r e istituzionali e
costituzionali, ma ispirano semmai
queste ultime, nonchi. la vita ed il
senso d i responsabilità d i coloro
che le devono gestire.
In occasione di una riunione svoltasi a Nizza, con la violenza profetica
che gli anni non avevano assolutamente scalfito, Marc affermava: "La
costruzione europea e in una fase
estremamente delicata. Dietro il paravento dell'unione economica e
monetaria si rischia di creare una
zona di libero scambio e di rinunciare alla Federazione europea, pregiudicando così ogni disegno di risposta globale in un mondo polarizzato dagli Stati Uniti e dal Giappone. Il potere politico di quest1Europa, anche con la revisione del trattato di Maastricht, e troppo debole
e rimarrà troppo debole".
Marc, di nuovo, invitava ad agire,
a pressare governanti e opinione
pubblica ad andare avanti, se non
altro, almeno per ora, con un nocciolo duro di Paesi disposti a farlo.
Invitava di nuovo a far presto, prima che il popolo, che nel suo ideale federalista e l'unico possibile
protagonista della rivoluzione federale, ne divenga l'avversario più
spietato; privo di un'ideale, disilluso da politiche comunitarie di basso profilo, infastidito da crescenti
sacrifici, i l c i t t a d i n o europeo r i schia una crisi d i rigetto nei conf r o n t i della costruzione europea,
che sempre più si identifica nell'immaginazione popolare [ed i n
parte anche nella realtà) con i
freddi meccanismi della tecnocrazia. Lo stesso dibattito sulla revisione dei t r a t t a t i può essere perc e p i t o p i ù come u n esercizio d i
specialisti e di qualche politico illuminato, che come il risultato di
una presa d i coscienza e d i una
chiara volontà popolare.
Giorgio Ratti
Ci sia o rinnovati
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ROIVIE EUR PARCO DEI MEDICI
e campo da tennis
Moderna struttura
congressuale da 20
a 700 posti a platea
00148 Roma - Viale Castello della Magliana, 65
te1.0665581- fax 066557005
Direttore: Maurizio Ruspantini
Responsabile eventi: Antonella Evangelisti
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CHIAROSCURO
srgur do yrrg. L
Stati generali mi è parso più che opportuno necessario richiamare la loro prima edizione,
che ha stabilito una volta per tutte la caratura federalista del Ccre. Non tutte le edizioni
hanno avuto lo stesso rilievo. ma molti passi decisivi nella "deiiiocrazia europea" sono incubati nelle edizioni di maggior successo: comunque mai ci siamo tirati indietro quando la
stagione europea ci chiamava al dovuto coiaggio e alla tlovuta lungimiranza.
La sede è questa volta la Finlandia, nel momento in cui il tema fondamentale è attuare le
irrinunciabili. reali, riforme istituzionali dell'unione europea, che iion può difendersi chiudendo o rallentando l'apertura all'allargamento, nia deve ribadire che il suo obiettivo "storico" è la Paneuropa federale. Ribadiamo: Paneuropa e federale. Noi "vecchi", che eravamo
giovani democratici. nel iiiomento della follia fascista, e assistemmo con angoscia all'attacco - coniprensibile a posteriori - dell'lJrss alla Finlandia, che si difese eroicamente (libertà
e indipendenza). e che la posizione geopolitica metteva paradossalmente a fianco della
Germania nazista, proprio quando - pur con grandi riserve anche sull'Urss (solo i ciechi
sottovalutavano i processi stalinisti, portando ancor meno a fondo riserve sull'ideologia
stessa leninista, la deformazione. cioè, dell'amato socialismo: ma per diversi giovani dotati
di spirito critico Lenin aveva importato il suo socialismo in un Paese senza profonda espequando, dicevamo, il nemico numero uno da
rienza liberaldeniocratica, irrinunciabile]
abbattere era Hitler con la "serva Italia''. Ricordo. ricordo molto bene. quell'angoscia per la
Finlandia. che si aggiungeva per noi italiani a quella dominante determinata da parte delI'antiitaliano Mussolini, che ci chiaiiiava alle armi contro il Risorgimento italiano (Mazzini,
Cavour, Garihaldi] - non quella guerra che il "giornalista" Missiroli, nel volume "Cosa deve
I'ltalia a Mussolini", pubblicato nel 1941 (sic!), chiamava "guerra liberatrice": poi, per premio, è diventato direttore "deinocratico" del "iLlessaggero" dal 1946 al 1952 e del "Corriere
della Sera" dal 1952 al 1961 -. Non allargo a caso il discorso sulla Finlandia, perché è così
debole la memoria presente nella nostra scuola. nei suoi libri e nelle testimonianze "personali", e chi va in Finlandia a giugno. presumibilnietite assai più giovane del più che ottantenne sottoscritto. difficilmente si rende conto della tragedia di non pochi di noi giovani di
allora nel domandare alla propria coscienza come bisogiiasse agire, tra l'idea - di rosi difficile realizzazione - di ucciclere il "Duce" [il tiranno), quella di imboscarsi. lasciando che pagassero il fio gli italiani miopi (i più?) o quella di tentare una tattica che non era riuscita.
-.
per impazienza o imperizia, a Pisacaiie [i forconi dei conladini clericali di Sapri). esponendo
la nostra vita con terribile tenacia. per essere presenti e riuscire a far capovolgere il "fronte"
nel moiiiento in cui si sarebbe cominciata a delineare la presumibile sconfitta dell'Asse.
senza aspettare una rivolta di Palazzo (Grandi e compagni]
Dunque, la Finlandia. I l paese ha poco piu di cinque milioni di abitanti, cristiani luterani; è
uno dei due Stati europei (l'altro è I'llngheria] ove non si parla una lingua indoeuropea,
ma una lingua ugrofinnica (poi c'è in Europa la Regione basca, con un linguaggio pre-indoeuropeo). Molti ignorano, tuttavia. che in Finlandia ci sono molti "dilettanti" di latino:
qualche rivista, non solo su argomenti "europeisti", ha pubblicato articoli in latino "classico': Peraltro agli Stati generali finiranno per prevalere sul posto associazioni di Enti locali
tradizionali e corporative, con esperienza men che superficiale di federalismo: dovremo affrontare con gli amici finlandesi un discorso "storico", riportarci alla tragedia della fine degli anni Trenta. rendrrci conto della comprensibile ostilità di questi luterani verso i voltagabbana del nostro Paese - che ho qui sopra richiamato ragionatamente -.
Questo Paese del nord sarà la sede dei 21" Stati generali. ma veniamo al "quando". cioè al
momento politico che incombe e parliamone con assoluta semplicità e schiettezza. Molti
problemi si fanno diventare complicati, perché non si vogliono risolvere. In questo senso
mi preoccupano alcuni titoli del progranima di Oulu: tipico "Le amministrazioni nel nuovo
millennio". Scherziamo? Vogliamo uscire dagli Stati generali con un elenco di problemi Idel
resto in buona parte ben noti] da trattare in astratto, quando non sianio capaci di affrontare in sede preliminare in quale realtà istituzionale europea si debbano collocare? Un passaggio del recente discorso del Presidente Ciainpi a Bologna chiarisce molto bene: "Sia le
opportunità sia i possibili effetti negativi della globalizzazione devono fungere da "federatore esterno" per l'Europa, spingendola a integrarsi anche prr evitare la decadenza, o per
non veder dissolvere la propria identità". D'accordo? Senza il chiarimento richiesto da questa premessa è puramente astratto investigare sui coriipiti del cittadino [chi è?) nei rapporti
col "politico" (agente di quale politica, se non si specifica il contesto costituzionale?). Già.
lo stesso tema generale "L'Europa dei cittadini" risulta niisterioso, se non si riconosce. in
sede preliminare, che nori siamo mai stati rosi lontani dall'Europa dei cittadini - liberi e
sovrani - coine oggi, in una realtà che sarebbe stata respinta con sdegno non solo dai Padri dell'Europa unita. ma seinpliceniente da ogni democratico che desse uno sguardo alla
struttura del13Unione europea. particolarmente dopo il Trattato di Amsterdam. Un "Consiglio europeo" - il massimo istituto intergovernativo dell'unione - ha, nella più assoluta
clandestinità di fatto. nominato uno sconosciuto (sconosciuto politicamente) ministro degli Esteri europeo, con una serie di poteri, la cui gestione nessuno seriamente controlla secondo le regole di una normale democrazia -, anche se sono spesso solo proposte, ma
sulle quali si giuoca il destino degli uomini (e delle donne, naturalmente) dell'Europa in
costruzione (difesa inclusa: o, se più vi piace. sicurezza).
Facciaiiio allora la sintesi (necessariamente per sommi capi) della situazione della cosiddet-
t3 "integrazione europea" o, meglio, della lotta per l'unità politica europea (l'unità politica
comprende tutte le altre, sia che la condizionino. sia che logicaiiiente debbano integrarsi
ad essa. una volta che la reale unita politica sia awiata - o di nuovo awiata -, naturalmente in senso democratico e federale).
Il Ccre - ma tutte le organizzazioni federaliste (nonché i singoli federalisti, pensatori. scrittori, animatori) - debbano rifarsi - tutta la lotta condotta durante la Resistenza e nell'intero dopoguerra europeo è da dividersi in fasi, naturaliiiente connesse, ma con una loro autonomia inevitabile - alla fase (che tuttora vivianiol che si può far partire dalla preparazione e dallo svolgimento delle prime elezioni. a suffragio universale e diretto, del Parlamento
Europeo. Non è un eccessivo patriottismo della nostra organizzazione. il Ccre, che un'edizione dei nostri Stati generali - seguita attentamente da tutta l'Europa che si interessava
dell'argomento -, quella di Vienna del 1975, servi a preparare e, direi, a stabilire da allora
un principio, col quale hanno dovuto e debbono fare tuttora i conti - accettandolo o tentando di respingerlo - tutti coloro che operano, bene o male, nel processo. appunto, di integrazione. Ossia: le elezioni europee erano legate alla richiesta che il Parlaiiiento Europeo
eletto ritenesse suo diritto-dovere di autoconfidarsi il compito costituente [questo voleva
dire, senza ambiguità, che si voleva l'Europa dei cittadini e che un compito straordinario.
politico e morale, era affidato agli elettori europei, di cui si affermava tutta la dignità). Primo firmatario della relativa storica rivoluzione era Gaston Defferre, che poi ha giuocato un
ruolo fondamentale nel governo francese e nella sua politica verso l'Europa e il federalisino. Un nuovo soggetto. autonomo, di lotta politica era nato.
Lo stesso Spinelli riconobbe fondamentale l'apporto. cosciente, del Ccre. Fatte le elezioni europee - le prime - verifichiamo la nascita, dall'interno del Parlamento Europeo, del
Gruppo del Coccodrillo e il successivo passaggio. a maggioranza. del progetto di Spinelli nel febbraio 1984: il Parlamento Europeo adotta quindi il progetto di Trattato che
istituisce l'Unione europea. A fine maggio. al termine di un semestre francese nella gestione della Comunità, il Presidente Mitterrand afferma a Strasburgo, parlando anche a
nonie della Francia, d'essere d'accordo col progetto Spinelli: è una clamorosa, prinia risposta positiva dell'Europa intergovernativa. Inoltre Mitterrand - che pertanto fa vedere
come i singoli istituti comunitari (nel suo caso il Consiglio europeo) non sono da valutare in base ad astratte definizioni, ricavate da un dettaio dell'lperuranio, ma in buona
parte dal comportamento dei loro leaders - fa l'elogio della Corte di giustizia coniunitaria ("dove si edifica un ordine giuridico europeo"]. ritiene che occorre rendere la sua
autorità alla Coniiiiissione esecutiva di Bruxelles, insiste sull'esigenza di chiamare continuamente in causa il Parlaiiiento Europeo "eletto direttamente'' e. di fronte a una Europa "a geometria variabile", scatta proclamando che bisogna procedere arditamente verso
l'Unione politica (integrata, non di semplice cooperazione politica) fra "coloro che vorranno" ("ceux d'entre nous qui le voudront"].
Non pretendo, qui di seguito. di fare la storia puntuale dei varii livelli istituzionali e delle
varie forze politiche e sociali che giuocano nel processo, per concludere succintamente a
che punto e la situazione generale dell'integrazione (aspetti positivi e bastoni fra le ruote)
nella stagione degli Stati generali del Ccre in Finlandia.
Dopo la sortita di Mitterrand. col subito successivo Vertice europeo di Fontainebleau. proseguono le lungaggini, le reiiiore. in qualche modo la stasi del13Europa intergovernativa
nelle essenziali questioni istituzionali dell'integrazione coiiiunitaria: essa riceve uno scossone da un fatto nuovo nella situazione generale. Arrivati al Vertice europeo di Milano
(1985). con la presidenza italiana della Comunità. il Vertice stesso, sempre a Milano, vede
un simultaneo Vertice "popolare", promosso dal Movimento federalista [italiano) e la presenza in esso del presidente [Pflimlin) del Parlamento Europeo: governo italiano (Craxi e
Andreotti) e Vertice "popolare" agiscono anche sotto l'impressione del grande successo di
un "Appello per l'Unione europea", rivolto dal Ccre alle grandi Città e alle Regioni europee
(esso coinvolge positivamente 120 milioni di cittadini e molti Enti di grande rilievo culturale, economico e politico]. Si strappa al Vertice intergovernativo (a maggioranza, nella fattispecie ammessa dai Trattati disponibili) una Conferenza per decidere su quanto proposto
sul progetto Spinelli del Parlamento Europeo: la Conferenza perviene (1986) all'Atto Unico,
ma gli aspetti "federalisti" sono disattesi (si vuole rabbonire. anche se invano, la Thatcher)
e si ottengono solo alcune misure utilizzate. in un quadro operativo molto abile, organizzato dal nuovo dinamico presidente della Comniissione esecutiva di Bruxelles, Jacques Delors, che lo portano al rapporto sull'lJnione econoniica e monetaria al Consiglio madrileno
(il primo sotto presidenza spagnola) del giugno 1989 (del Comitato redattore del rapporto,
owiamente presieduto da Delors, faceva parte Carlo Azeglio Ciaiiipi). Col rapporto Delors
siamo alla prefazione degli accordi di Maastricht, all'Euro e, di rimbalzo, a ribadite esigenze politiche istituzionali: tout se tient. Ma, tornando al Vertice popolare di Milano (19851,
di iniziativa del Movimento federalista (italiano), si usciva dai rasseniblements federalisti
tradizionali, che risultavano pur sempre elitari, per disegnare una espressione di un "fronte
democratico europeo", richiesto ripetutamente da alcuni di noi "vecchi" federalisti: rafforzavano I'idea la presenza in piazza del Duomo di centinaia di gonfaloni di Città europee e
l'intervento del presidente del Parlamento Europeo, appunto l'anziano Pflimlin.
Arrivati a questo punto, la brevità di un articolo, che deve pervenire a qualche parere con-
CHIAROSCURO
clusivo sui compiti attuali e "storici" del Ccre agli Stati generali della Finlandia, ci costringe
a trascurare, con inevitabile ingiustizia, alcuni episodi, sia operati dall'Europa intergovernativa che dalle forze democratiche e federaliste (incluso il Ccre), che hanno preparato, bene o
male, la critica e in parte inaccettabile situazione attuale del "processo" di integrazione, limitandoci a ciò che tipizza la situazione che ci sovrasta, i suoi limiti e le sue possibilità. Indubbiamente va tuttavia sottolineato il vuoto lasciato dalla morte di Spinelli ed il fatto delle
elezioni europee poco europee, perché volte piuttosto, nei singoli Paesi, ad approfittarne per
rivedere l'assetto interno - di governo e d'opposizione - delle forze politiche, disponibili finora solo per le elezioni interne [nazionali, regionali, locali): ciò è valso a rendere assai meno valido il nuovo Soggetto politico di cui si è parlato, cioè il Parlamento Europeo "eletto".
Comunque nel frattempo sono cresciute le adesioni o le richieste di adesione all'unione
europea, e in vista di questo allargamento non si vedono le riforme istituzionali, ritenute
da tutti più che necessarie in una Unione che si awia ai 28 o 3 0 membri. Questo oltre il
varo frattanto a w e n u t o dell'Euro (con la limitazione, peraltro, di una parte soltanto degli
attuali membri dell'unione], sta spingendo, salvo ripensamenti, l'Europa intergovernativa
più che a riforme istituzionali democratiche perché federali, ad attribuire all'unione i compiti di politica globale europea Ipolitica estera, difesa, eccetera: cli una macropolitica economica comune, collegata a quella monetaria, non si paria seriamente) conservando I'assetto intergovernativo e assegnando incarichi non controllati in senso realmente democratico: la posizione, assurda e insostenibile del povero Solana, è figlia dell'assurdo e insostenibile, nei punti cruciali della mancata. necessaria sovranazionalità, Trattato di Amsterdam.
Frattanto in questi anni è emerso il Movimento Europeo - o riemerso dopo le speranze di
"fronte democratico europeo" concepite e poi deluse durante gli Stati generali del Ccre a
Roma (1964) -: l'hanno rilanciato alcuni suoi eccellenti presidenti ma, soprattutto, la Segreteria dell'ex scudiero di Spinelli al Parlamento europeo. Virgilio Dastoli. Dastoli. con felice intuizione e grande tenacia, ha lanciato il "Fronte permanente della società civile (europea)", che è cresciuto rapidamente e ha conservato la sua autonomia - senza la quale poteva acquisire, come tante altre esperienze. un restrittivo carattere elitario ( e così perdere la
sua efficacia e la sua forza) -. Dastoli ha poi promosso, col Movimento Europeo e nell'anniversario dei cinquanta anni dalla sua nascita (il 19481, un grande convegno all'Aia, nel
quale si è espresso un "Appello" in cui si dichiarava che e venuto il momento di rafforzare
durevolmente i legami "che ci uniscono" con una affermazione chiara e pubblica della natura federale dell'unione europea, "come condizione indispensabile per costruire uno spazio di solidarietà, di libertà. di pace e di cittadinanza"; l'Appello proponeba a questo scopo.
prima del prossimo allargamento dell'unione, un patto costituzionale, aperto all'adesione
di tutti i cittadini e degli Stati democratici deIl3Europa, che vorranno aderirvi. L'Appello è
stato accolto calorosamente e firmato non solo dalle organizzazioni federaliste [tra le quali
owiamente il Ccre, dovutamente rappresentato), con una stragrande schiera di giovani federalisti, ma dal "pieno" di leaders nazionali di cui larga parte partecipa ai rispettivi governi
o è responsabile, nei rispettivi Parlamenti, delle Conferenze intergovernative europee. Dastoli, infine, ha ripreso (1997) la richiesta, contenuta nel progetto costituzionale di Spinelli,
di una Carta europea dei diritti fondamentali dei cittadini: ha fatto in modo che ia Carta
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fossc ragionevolmente richiesta dal Fronte permanente della società civilc. Incautamente
I'idea è stata ripresa dall'Europa intergovernativa e ne è scaturita una Convenzione, chc sta
lavorando alacremente e conta di poter presentare il documento già in ottobre (in ogni
modo la Carta sarà pronta quando un Vertice europeo. a Nizza. esaminerà parallelamente i
risultati della Conferenza intergovernativa promossa per l'ennesimo tentativo di riforma
istituzionale dell'unione: ma è già paralizzata da una rissa di veti incrociati). I difensori dcl
nulla - cioè quei giuristi-terroristi, che vogliono metterc in guardia contro la minaccia del
Superstato europeo, quasi che Stato federale europeo fosse sinonimo di "statalismo sovranazionale" (che imbroglioni!) - suggeriscono bonariamcnte che la "Carta" può bellamente
sostituire I'idea folle di una Costituzione europea: viceversa e vero che I'idea di una Costituzione. di per sé probabilmente non appassiona grandi iolle pronte a battersi per certi diritti fondamentali ma, altrettanto bonariamcnte occorre spiegare, a chi vuole la salvaguardia di questi diritti. che la Costituzione serve, appunto, a salvaguardarli (non è il fine. ma
lo strumento per raggiungere il fine).
In questa situazione è partita, sempre dal Movimento Europeo, I'idea di convocare a Nizza,
dove agli inizi di dicembre si svolgerà il Vertice europeo, che dovrà affrontare Cig e "Carta".
e in genere la problematica istituzionale, un Vertice popolare, questa volta con la partecipazione, ricca di significato. del Fronte permanente della società civile. che difcnderà i diritti richiamati dalla Carta e la richiesta "imperativa" che non siano vanificati dai limiti della Confercnza intergovernativa: nessun a priori contro i governi ma intransigenza sulla difesa dei diritti che siano la garanzia di una autentica "cittadinanza europea": il complcsso
del popolo federalista chiederà ancora una volta che l'ultima parola "costituente" sia conferita al Parlamento Europeo (non a caso sarà invitata la Presidente del Parlamento Europeo). Al Vertice popolare di dicembre il Ccre porterà la memoria cocrente del suo intervent o al Vertice popolare di Milano del 1985. 11 "fronte democratico europeo" si rispecchierà
nelle attese del Fronte della società civile, che dovrà preoccupare i governi: essi sono stati
iiidiibbiamente scossi, nel loro immobilisino e anche nello scarso rispetto della dcrnocrazia
comunitaria. non dal caso singolo di Haider in Austria, ma nei torbidi risvegli in vari angoli
dell'unione. Stavamo per scrivere: "o la Federazione europea o la lenta dissoluzionc dell'Unione europea e il caos':
Gli Stati generali in Finlandia? Stavo ripensando alla mia rclazione di Palcrmo (del 1953):
ogni accentuazione corporativa o secessioriista dell'autonomismo locale è il tradimento di
tutta la storia del Ccre. che possiamo definire tranquillamenie gloriosa (il programma
stampato, finora distribuito, dcll'assemblea finlaridese non mi tranquillizza afiatto).
Per coloro che non a m a n o la memoria storica, s o n o convinto che a Oulu il presidente
del Ccre si limiterà a richiamare i l nostro statuto: chi si mostrerà anche soltanto incerto
sul federalismo politico Giscard d'Estaing sarà costretto a pregarlo di non turbarc i nostri lavori. Quella al Ccre è una adesione libera e volontaria: chi non ne accoglie lo Statuto. n e è automaticamente fuori. Noi ci prepariamo. prima durante e d o p o Oulu, a una
partecipazione coerente C decisa al Vertice popolare di Nizza per il prossimo dicembre:
n e avvertiamo fratcrnamente i nostri concittadini. al governo o all'opposizione dei nostri govcrni nazionali.
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Anno XLVIII Numero 2