SENTIREA SCOLTARE
online music magazine
LUGLIO/AGOSTO N. 33/34
Mirah
S m a s h i n g P u mpkins
Neurosis
P r i m a v e r a S o u nd
G i a n lu c a B e c u zzi
Ex-Otago
P a s q u a l e P a n e lla
Control
Beastie Boys
bianchi per caso
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vendita per corrispondenza tel. 055-3280121, fax 055 3280122, [email protected]
DISTRIbuzione discografica tel. 055-328011, fax 055 3280122, [email protected]
AMIINA
MICHAEL FAKESCH
“Kurr”
“Dos”
CD Ever
Due EP ormai
introvabili e debutto su Ever per
le Amiina, già dal
vivo con i Sigur
Ros e loro quartetto d’archi di
fiducia. Strumentazione inimmaginabile,
seghe
musicali ad arco,
glockenspiel, xilofononi e metallofoni, insieme a
qualcosa di più
consueto
come
l’harmonium, il piano rhodes, la tromba e naturalmente i loro archi.
Musica delicata e raffinata, pura magia sospesa nel tempo. Immaginate una versione nordica e “fatata” della Penguin Cafè Orchestra in
attesa di essere scoperta da qualche regista cinematografico.
ALLOY MENTAL
“We Have Control” Skint Records
KING BRITT
presents
“The Cosmic Lounge Vol.1”
CD
Rapster/BBE
Pochi al mondo posseggono la capacità
di andare oltre le divisioni
tra i generi musicali come King Britt:
deep house, hip-hop, broken beat,
jazz, funk e afro-tech.
Questo è il primo capitolo di una
serie di compilation in cui Britt darà
fondo alla sua smisurata collezione di dischi jazz ed in cui uscirà,
in pieno, l’essenza spirituale di
questa musica. In scaletta: Herbie
Hancock, Michal Urbaniak Group,
Mtume e tantissimi altri. Un viaggio
unico ed inimitabile.
Michael Fakesch
è stato, insieme
a Chris De Luca,
la metà dei Funkstörung, una delle
formazioni più influenti nella scena
elettronica
degli
ultimi dieci anni e
tra le più complete nel coniugare
una nuova estetica elettronica ed il
beat digitale. Il debutto solista “Dos”,
comunque sempre
denso di elettronica e bleeps, vuole essere in primis un album profondamente funk. Immaginatevi, così, brani che suonano come se Curtis
Mayfield incontrasse Luke Vibert. Soul, elettronica e jazz che vibrano
insieme. Che rinascita, Mr. Fakesch!
PARENTHETICAL GIRLS
“Safe as Houses”
CD Skint
Dopo il folgorante ed
omonimo EP
uscito qualche mese fa,
del quale si
è interessata
tutta la stampa specializzata inglese,
“We Have Control” è il primo disco sulla lunga distanza degli Alloy Mental, trio proveniente da Belfast, Irlanda. Le tracce dell’album sono un incrocio
bastardo e acido tra le commistioni elettroniche
industrial dei Nitzer Ebb e la genuinità garage
rock’n’roll di Iggy & The Stooges. Ne esce un suono ultra-contaminato che sa tanto di concerto rock
quanto di rave party: Rock e Dance Music!
CD !K7
CD+bonus EP
Acuarela
Anche in Italia quel che
è stato uno
dei dischi più
chiacchierati
dello scorso
fine
anno.
Il nuovo dei
Parenthetical
Girls di Zac Pennington, cresciuto sotto l’ala protettiva di Jamie Stewart (Xiu Xiu), è un sorprendente
puzzle pop composto da teatralità, tintinnii e romanticismo. Una creatura fantastica ed intrigante come
se fosse un ibrido fra Morrissey ed Antony, un parto
sperimentale nato dai suoni dei già citati Xiu Xiu.
Rispetto a quella americana, la nostra edizione è
disponibile con bonus EP. Da non perdere!
RETINA.IT
“Semeion”
CD Hefty
Nato nella seconda metà
degli
anni
’90, Retina.it,
è il progetto
di Lino Monaco e Nicola
Buono.
Da
sempre affascinati dalle
sperimentazioni in ambito elettronico, i due, arrivano alla corte della Hefty di Chicago (etichetta dei
Telefon Tel Aviv) agli inizi del 2000 con una manciata di acclamati 12” ed ottimi remix. E’ del 2001 il
lavoro sulla lunga distanza “Volcano. Waves 1-8”.
Il nuovo “Semeion” raccoglie rarità, brani imprescindibili, materiale inedito e tracce esclusive. Eccellente per i neofiti ed imperdibile per i fan.
TINY VIPERS
PENTATONIK
“Hands Across the Void”
“Five Angels”
CD
Hydrogen
Dukebox
A 10 anni di distanza dal disco di esordio
“Anthology”,
R. Simon Bowring aka Pentatonik,
torna con il nuovo “The Five Angels”. Tappetoni Kraut-Rock cosmici
in stile Orbital ed elettronica che poi
è diventata marchio di fabbrica sia
delle produzioni Border Community
(Nathan Fake, James Holden) sia
dei primi vagiti dei Boards of Canada. Se amate gli sconfinati lidi raggiunti da Philipp Glass, Brian Eno,
e Marc Moulin, Pentatonik farà al
caso vostro. Pionieristico!
CD Sub Pop
Da Seattle,
Jesy Fortino
in arte Tiny
Vipers, è una
cantautrice di
quelle di cui
ci si innamora in un batter di ciglia.
Le sue canzoni sono disarmanti,
tanto sono semplici e scarne. La
sua voce, invece, racconta storie
di contraddizioni e quotidianità tra
ballate e momenti oscuri. “Hand
Across The Void” è una di quelle
cose delicate e per anime gentili,
uno di quei dischi che gli estimatori di Joanna Newsom, Will Oldham
e Devendra Banhart non potranno
assolutamente perdere.
artisti vari
Nothing Much + Something More
2CD Minus
L’etichetta di
Hawtin rappresenta, da
sempre,
il
nonplusultra
in fatto di musica elettronica minimale da club. Un
concentrato di sostanza ed estetica
futurista che ottiene consensi unanimi in ogni parte del globo. La nuova
compilation dell’etichetta si presenta come doppio CD a prezzo speciale. Nel primo, 12 brani che sono
una panoramica in casa Minus, nel
secondo, un bonus mix CD curato
da Troy Pierce! Una grande festa
in casa Plastikman a base di postelectro, acid techno e robo-house.
sommario
4 News
8 The Lights On
Bishop Allen, Ex- O t a g o , I s l a j a , Ti e d A n d
Tickled Trio
1 2 Speciali
Zelienople, The N a t i o n a l , To m a h a w k ,
Mirah, Gianluca B e c u z z i , S m a s h i n g P u m -
8
pkins, Beastie Bo y s
34 Recensioni
Amp, Artemoltobu ff a , C a r i b o u , E l e g i ,
In terpol, Jandek, S h e l l a c , Ti n a r i w e n . . .
24
7 9 Rubriche
(Gi)Ant Steps
Sonny Rollins
We Are Demo:
Volticontrolume, U C S , I l G a r a g e
Ermetico, Liuk Pr o d u c t i o n s . . .
Classic
Sonic Youth, Neu r o s i s , P a s q u a l e P a n e l l a
Cinema
Control, L’isola
I cosiddetti conte m p o r a n e i
Arvo Pärt
Direttore
Edoardo Bridda
Coordinamento
Teresa Greco
Consulenti alla redazione
Daniele Follero
Stefano Solventi
Staff
Valentina Cassano
Antonello Comunale
Antonio Puglia
Hanno collaborato
Gianni Avella, Davide Brace, Filippo Bordignon,
Marco Braggion, Gaspare Caliri, Roberto Canella,
Paolo Grava, Alessandro Grassi, Manfredi Lamartina,
Andrea Monaco, Massimo Padalino, Stefano
Pifferi, Andrea Provinciali, Stefano Renzi, Vincenzo
Santarcangelo, Giancarlo Turra, Fabrizio Zampighi,
Giuseppe Zucco
108
Guida spirituale
Adriano Trauber (1966-2004)
Grafica
Edoardo Bridda, Valentina Cassano
in copertina
Beastie Boys
SentireAscoltare online music magazine
Registrazione Trib.BO N° 7590 del 28/10/05
Editore Edoardo Bridda
Direttore responsabile Antonello Comunale
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supporto e con qualsiasi mezzo, è proibita senza autorizzazione
scritta di SentireAscoltare
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sentireascoltare news
a c u r a d i Te r e s a G r e c o
News da Touch & Go: il 21 agosto (data USA) la Quarterstick pubblicherà
il nuovo album dei Mekons, Natural, il primo con nuovo materiale da Oooh!
risalente al 2000. È poi la volta dei For Carnation, di cui il 10 luglio escono
un po’ di rarità: Promised Works è una ristampa che comprende i loro primi
due EP su Matador (Marshmallows del 1996 e Fight Songs del 1995)…
In occasione del venticinquennale dall’uscita, arriva a luglio la ristampa con
bonus di Big Science, album che fece conoscere Laurie Anderson…
Il duo elettronico tedesco Modeselektor uscirà l’11 settembre su Bpich
Control con il secondo album, dal titolo Hello Mom!. Hanno partecipato
Thom Yorke e Maximo Park tra gli altri…
Sarà pubblicato a settembre su Asphodel un nuovo capitolo di Metal Machine Music di Lou Reed. È l’ensemble berlinese Zeikratzer a darle nuova
veste tra avantgarde e musica da camera in una performance eseguita dal
vivo con lo stesso Reed alla chitarra elettrica al Berlin Opera House il 17
marzo 2002…
A settembre vedrà la luce anche Sojourner Box di Magnolia Electric Co.,
un ricco cofanetto in tiratura limitata che comprende il materiale registrato
dal gruppo nel 2005 e che non era stato incluso in Fading Trails (pubblicato da Secretly Canadian nel 2006). Il box include 4 CD (3 album e un EP),
un DVD, un poster, cartoline e un medaglione…
Fiery Furnaces
I Fiery Furnaces hanno firmato per Thrill Jockey, per cui uscirà il prossimo
ottobre il nuovo album, Widow City, a un anno di distanza dal precedente
The Bitter Tea…
Il nuovo disco dei Franz Ferdinand uscirà nei primi giorni del 2008: lo ha
rivelato Alex Kapranos in un’intervista a MTV, mentre intanto continua la
sua lavorazione…
I redivivi Kula Shaker tornano il 27 agosto con Strangefolk, a sette anni
dall’ultimo Peasants, Pigs And Astronauts…
Thurston Moore pubblicherà il secondo disco solista, Trees Outside The
Academy, il 17 settembre sulla sua Ecstatic Peace, a 15 anni di distanza
dal precedente (Psychic Hearts, di recente ristampato); hanno partecipato
Steve Shelley, Samara Lubelski al violino, Christina Carter alla voce, per la
produzione e missaggio di John Agnello. I Sonici saranno in Italia a luglio
per riproporre il loro Deadream Nation (il 5 a Torino per Spaziale Festival,
il 6 a Ferrara e il 7 al Teatro Romano di Ostia Antica)…
Nuova uscita anche per Richard Hawley, che ritorna il 20 agosto (data inglese) con Lady’s Bridge su Mute…
sentireascoltare
R e u n i o n e s t e m p o r a n e a d e g l i Ye l l o w M a g i c O r c h e s t r a i n o c c a s i o n e d e l
Live Earth di Kyoto del prossimo 7 luglio; la band che ebbe vita dal
’ 7 8 a l l ’ 8 3 e r a f o r m a t a d a R y u i c h i S a k a m o t o , H a r u o m i O s o n o e Yu k h i i r o
Ta k a h a s h i …
Dopo settimane di silenzio, dal quartier generale dei Radiohead arrivano finalmente segnali concreti riguardo l’attesissimo album N°7. Sul
b l o g u ff i c i a l e D e a d A i r S p a c e ( h t t p : / / w w w. r a d i o h e a d . c o m / d e a d a i r s p a c e / ) ,
sono apparsi prima un post di Ed O’ Brien che recita inequivocabile “we
are nearly there”, (“ci siamo quasi”), poi un filmato di Nigel Godrich
che presenta un mash up di scarti e scampoli di registrazioni in studio.
Dall’ascolto si riconoscono frammenti di brani già presentati dal vivo nel
2006 come Arpeggi, Down Is The New Up, All I Need, Open Pick, Bangers’n’Mash. Nessuna conferma - o smentita - circa la fantomatica data
d i p u b b l i c a z i o n e d i ff u s a m e s i f a d a A m a z o n . c o m , c h e a n n u n c i a v a l ’ a l b u m
d i Yo r k e e c o . p e r i l p r o s s i m o 7 a g o s t o …
Inizio d’estate catastrofico per i grandi eventi dal vivo in Italia. Se la not i z i a d e l l a t r o m b a d ’ a r i a s u l l ’ H e i n e k e n J a m m i n ’ F e s t i v a l d i Ve n e z i a h a
fatto il giro dei TG, non è andata molto meglio agli spettatori dell’unica
d a t a d e g l i W h o , t e n u t a s i l ’ 11 g i u g n o s c o r s o a l l ’ A r e n a d i Ve r o n a . P r i m a
un violento acquazzone ha interrotto il concerto per più di un’ora, poi è
v e n u t a m e n o l a v o c e d i R o g e r D a l t r e y. I l s e t è s t a t o p o r t a t o c o m u n q u e a
termine. Maggiori dettagli nella nostra recensione (vedere Dal vivo)…
Devendra Banhart
Devendra Banhart sta preparando il nuovo disco di cui non si conosce
ancora il titolo, previsto per settembre prossimo in uscita su XL Recordings, con circa 16 canzoni e guest inaspettate, secondo quanto riportato
s u l s u o M y S p a c e ( h t t p : / / w w w. m y s p a c e . c o m / d e v e n d r a b a n h a r t ) …
Nuovi album anche per Mice Parade (l’omonimo su Fat Cat) e Stereo
To t a l ( c o n P a r i s B e r l i n s u D i s c o B ) e n t r a m b i d i s t r i b u i t i d a A u d i o g l o b e i l
25 giugno…
I Tu n n g p a s s a n o a l l a T h r i l l J o c k e y p e r c u i u s c i r à i l p r o s s i m o d i s c o , G o o d
Arrows, il 24 agosto…
I s I s è u n E P i n a r r i v o i l 2 3 l u g l i o p e r Ye a h Ye a h Ye a h s , 5 p e z z i
che
risalgono al 2004…
Nuovo album per M.I.A.: Kala sarà pubblicato il 20 agosto prossimo su
XL in Europa e Interscope in America, preceduto dal singolo Boyz…
José Gonzàlez pubblicherà il secondo disco, In Our Nature il prossimo
25 settembre su Mute…
sentireascoltare news
a c u r a d i Te r e s a G r e c o
The Piper At The Gates Of Dawn dei Pink Floyd in occasione del trentennale sarà ristampato dalla EMI il prossimo 3 settembre, in un’edizione
a 3 CD, con le versioni mono e stereo rimasterizzate dall’ingegnere dei
Floyd James Guthrie; il terzo disco conterrà rarità e b-sides, tra cui i
singoli del ‘67…
Ritorna il 7 e 8 luglio il BääFest 4, quest’anno a Giussago (PV) al
Circolo
ARCI
Ortofonico;
festival
free-impro-minimal-core
organiz-
zato da Ebria Records, vede la partecipazione di due ospiti internazionali, William Parker, noto contrabbassista del movimento free
che fa capo alla storica FMP e Dean Roberts, interprete di musica elettro-acustica, oltre alla scuderia Ebria e degli I/O, i ricami tra
free e kraut degli Å e le architetture elettroniche di Fausto Balbo ad
a c c o m p a g n a r e l a d a n z a d i Vi t o M o r a n o . A n c o r a i N u n g d a M i l a n o , A n d r e a
B e l f i , N i c o l a R a t t i , G i u s e p p e I e l a s i . P e r i n f o d e t t a g l i a t e : h t t p / / w w w. m y space.com/ebriarecords
E s c e s u A S i l e n t P l a c e L e a v e s U n d e r Tr e e s - P o r t a y e d W i n d o w
di Fabio Orsi, edition limitata a sole 100 copie, formata da un LP
(one sided - ovvero con un solo lato inciso) contenuto in un copert i n a p i e g h e v o l e s t a m p a t a i n s e r i g r a f i a c o n a l l e g a t o u n d i p i n t o s u c a r t a d e l l ’ a r t i s t a Te x a n a N i w i ( h t t p : / / w w w. p e r v e r t e d l o g i c . c o m / n i w i / ) . D i s c o d i s p o n i b i l e u n i c a m e n t e d a l l ’ e t i c h e t t a ( h t t p : / / w w w. a s i l e n t p l a c e . i t ) . . .
Múm
A n d r e w B i r d , i L o w, P h i l E l v e r u m , W h y ? e D o s h
sono alcune delle
g u e s t d e l p r o s s i m o d i s c o d i F o g ( A n d r e w B r o d e r, Ti m G l e n n , M a r k E r i k son), Ditherer, previsto su Lex Records per il 14 agosto prossimo. Su
Yo u Tu b e ( h t t p : / / w w w. y o u t u b e . c o m / w a t c h ? v = h a r C 5 q z Z K K 0 ) l a p r e s s k i t
dell’album, diretto da Chuck Stadler….
Dopo più di tre anni da Summer Make Good, il 24 settembre prossimo
t o r n a n o i M ú m c o n G o G o S m e a r T h e P o i s o n I v y, L e t Yo u r C r o o k e d
Hands Be Holy, preceduto il 21 agosto dal singolo They Made Frogs
Smoke ‘Til They Exploded…
L’ 8 g i u g n o è u s c i t a s u A r c a n a E d i z i o n i l a v e r s i o n e t r a d o t t a d e l l a b i o g r a f i a u ff i c i a l e d e i R a m o n e s d i J i m B e s s m a n ( R a m o n e s – l a b i o g r a f i a
u ff i c i a l e ) , c o n t r a d u z i o n e d i A n d r e a S a l a c o n e , p r e f a z i o n e e a p p e n d i c e a
cura di Federico Guglielmi. Scritto in collaborazione con i membri della
band ed uscito nel 1993, il volume è arricchito da una dettagliatissima
discografia e dalla “gigografia” completa, e da una serie di storiche illustrazioni (volantini, manifesti, recensioni originali degli anni Settanta)
che illustrano la vita e la musica del gruppo americano; in occasione
dell’uscita italiana il libro prevede un aggiornamento esclusivo. È stato
p u b b l i c a t o a n c h e D a r k A n g e l – I t e s t i d i J e ff B u c k l e y , c o l l a n a d i t e s t i
(con inserto fotografico) a cura di Giulio Casale e Luca Moccafighe, cele-
sentireascoltare
brazione dell’artista in occasione del decennale della tragica scomparsa.
A l l i n k ( h t t p : / / w w w. s e n t i r e a s c o l t a r e . c o m / a r c a n a / j e ff b u c k l e y. h t m ) a l c u n i
estratti dalla prefazione di Giulio Casale, e dall’introduzione di Jim bess m a n ( h t t p : / / w w w. s e n t i r e a s c o l t a r e . c o m / a r c a n a / R a m o n e s . h t m l ) . . .
Il primo film da regista di Madonna, Filth And Wisdom, vedrà come protagonista Eugene Hutz leader e cantante dei Gogol Bordello, scelto dopo
aver assistito lo scorso 21 maggio a Londra, al concerto di presentazione
d e l n u o v o d i s c o d e l l a b a n d , S u p e r Ta r a n t a , c h e e s c e l ’ 11 l u g l i o …
Gli Okkervil River il 7 agosto pubblicheranno su Jagjaguwar il nuovo
disco The Stage Names; un pezzo (Our Life Is Not A Movie Or Maybe) si
può ascoltare sul loro My Space…
Tr a t t o d a u n c o n c e r t o d i b e n e f i c e n z a ( s v o l t o s i i l 2 1 s e t t e m b r e 2 0 0 3 a l
L i n c o l n C e n t e r ’s Av e r y F i s h e r H a l l d i N e w Yo r k , d u r a n t e i l v i a g g i o n e g l i
Stati Uniti del Dalai Lama) Healing The Divide: A Concert For Peace
And Reconciliation è un incontro musicale tra Est e Ovest, con performance che spaziano dalla meditazione al teatro, dal gutturalismo alla
bellezza e mirano al sostegno umanitario. Partecipano il Dalai Lama,
Philip Glass, il sitarista Anoushka Shanka, la cantante polifonica Gyoto
Ta n t r i c C h o i r, To m Wa i t s , i l K r o n o s Q u a r t e t e G r e g C o h e n . L’ a l b u m s u
A n t i s a r à d i s p o n i b i l e s i a i n C D c h e o n l i n e s u i Tu n e s S t o r e a p a r t i r e d a l
6 luglio; il ricavato andrà a Healing The Divide per la Salute Tibetana,
progetto che fornisce assicurazione sanitaria e cure mediche ai monaci
Maximo Park
tibetani buddisti e alle suore impoveriti da anni di repressione…
A Milano al Circolo Magnolia la terza edizione del MI AMI 2007 (8-9-10
giugno,
h t t p : / / w w w. r o c k i t . i t / m i a m i ) . O l t r e a i d u e g i o r n i c o n i d u e p a l c h i
che hanno visto alternarsi 43 live, 10 dj set e 2 reading notturni, oltre
a l l a z o n a m e r c a t i n o e a l M I FA I – H a p p e n i n g d e l f u m e t t o i n d i p e n d e n t e , d a
quest’anno era possibile campeggiare in zona. Ex-Otago e Artemoltobuffa hanno presentato in anteprima nazionale i loro nuovi album. Anche
S e t t l e f i s h , M a r t a S u i Tu b i , T h e M a g i c a k e e O f f l a g a D i s c o P a x c o n n u o vi pezzi dai loro dischi di prossima pubblicazione. Ancora Bugo ospite
nella performance di Giorgio Canali…
Aggiornamenti per l’ottava edizione dell’Indipendent Day Festival 2007
( h t t p : / / w w w. m y s p a c e . c o m / i n d e p e n d e n t d a y s f e s t i v a l ) c h e s i s v o l g e r à i l
p r o s s i m o 2 s e t t e m b r e a B o l o g n a a l l ’ A r e n a P a r c o N o r d : c o n f e r m a t i To o l ,
N I N , M a x i m o P a r k , Tr a i l O f D e a d e H o t H o t H e a t …
sentireascoltare The Lights On...
bishop allen
Nonostante gli sforzi di George
Wa s h i n g t o n e T h o m a s J e ff e r s o n ,
gli americani hanno finito per prendere dai cugini inglesi un sacco di
cose. Per esempio i nomi delle città, come Cambridge (Massachussets), non a caso uno dei maggiori centri d’istruzione degli States:
proprio lì, non troppo tempo fa,
due studenti di Harvard passavano il tempo lanciando mobili giù
dal tetto del loro appartamento al
66 di Bishop Allen Drive. Per fortuna dei loro padroni di casa, Justin
Rice e Christian Rudder coltivavano anche altri passatempi extracurricolari, come scrivere canzoni
insieme. Così, tornati nella nativa
Boston, hanno formato prima i Piss e d O ff i c e r s , p o i i B i s h o p A l l e n ,
battezzati proprio in onore dei gloriosi giorni universitari. All’inizio
niente di serio, intendiamoci, solo
qualche scarabocchio registrato in
casa con un multitraccia durante
l ’ a n n o s a b b a t i c o t r a s c o r s o a Ly n chburg, prima di trasferirsi definitivamente a Brooklyn. Piano piano
però la cosa si è evoluta, coinvolgendo anche qualche amico per
mente cambiato rotta e hanno fatto parlare di sé e dei loro azzardi
(il famoso – e folle - progetto di
realizzare un EP per ogni mese del
2006, terminato con successo);
fino a Bishop Allen & The Broken
String (Dead Oceans / Wide, 24
luglio 2007 – vedi spazio recensioni), che se non è uno scacco
matto, poco ci manca. Un percorso talmente azzeccato che se ne
potrebbe trarre un vademecum per
ogni aspirante indie darling; o, magari, un bel film lo-fi come quelli
dell’amico Andrew Bujalski, a cui
i due hanno prestato la faccia in
tempi recenti (gli acclamati Funny
Ha-Ha - con Rudder - e Mutual Appreciation - con Rice). Insomma,
il caso è servito.
Di certo, i Bishop Allen non sarebbero andati molto lontano se Charm
School non fosse quella festa indie
pop che è. Con pochi, basilari ingredienti - un paio di chitarre, basso,
drum machine in loop, più qualche
particolare ad aggiungere colore
(battimani, armonica, banjo, slide,
coretti appiccicosi) – i due fanno
sfoggio di un songwriting divertito
rifinire le canzoni quel tanto che
basta per tirarne fuori un disco, e
magari pubblicarlo in autonomia
c o n u n ’ e t i c h e t t a D . I . Y. C h i l ’ a v r e b be mai detto che Charm School
(Champagne School, 6 maggio
2003) avrebbe portato i nomi dei
due alla ribalta di media nazionali
come il Rolling Stone e la National Public Radio (NPR)? E questa
è stata soltanto la prima mossa; in
questi quattro anni, Justin e Chris
si sono presi il tempo necessario,
si sono costruiti attorno un culto
di fedelissimi, hanno progressiva-
e acuto, che mischia grandi dosi di
ironia ed innocenza twee (pensate a una versione post-college dei
B o y L e a s t L i k e l y To ) , c o n s p i r i t o
corale e goliardico. Lo humour di
marca Housemartins della title
track, la coolness alla Beck di Eve
Of Destruction (riscrittura hip hop
d e l l a c e l e b r e p r o t e s t s o n g d i P. F.
Sloan), le nevrosi Modest Mouse
di Busted Heart, i fremiti Daniel
Johnston di Little Black Ache, le
filastrocche Pavement di Things
A r e W h a t Yo u M a k e O f T h e m ( c o n
citazione da Hello Goodbye) sono
sentireascoltare
solo alcuni picchi di quello che
probabilmente è uno dei dischi più
vivaci e contagiosi dell’America recente, una vera e propria botta di
v i t a p e r l a N e w Yo r k a n c o r a s c o s s a
d a l l o s c h i a n t o d e l l e Tw i n To w e r s .
Soltanto per questo – l’aver fatto
sorridere, cantare e ballare in tempi
sempre più cupi per farlo - i Bishop
Allen meriterebbero una menzione d’onore; ma è comunque poca
cosa, se si pensa ai 12 EP pubblicati in fila l’anno scorso. Sembra
che sia stato un vecchio pianoforte, trovato per caso in strada, a far
scattare la scintilla che ha portato
Rice, Rudder e una girandola di
amici (tra cui Darbie Nowatka, illustratrice delle copertine) a sfornare puntualmente quattro tracce
al mese, da January a December
- con l’eccezione di August, la registrazione di un concerto che comunque contiene un paio di inediti.
Un totale di circa 45 canzoni nuove
di zecca, in cui sono evidenti sia
la crescita di Justin come scrittore, approdato a confessioni folk in
prima persona e allo storytelling,
sia di Chris come arrangiatore,
con trame prevalentemente acustiche, più varie e strutturate, in
un’ideale zona franca fra Belle &
Sebastian e Bright Eyes. Conquiste che saranno ribadite in …& The
Broken String, ma c’è già da restare impressionati dall’eccezionalità
dell’impresa e dalla qualità complessiva del malloppo, uno scrigno
inesauribile ricolmo di gemme folk
pop. Si sarà capito: innamorarsi
dei Bishop Allen è facile. Un’esperienza che vi auguriamo, senza riserve.
Antonio Puglia
The Lights On...
ex-otago
Prendi un bravo dj disco, un (ex)
rapper folgorato dalla prima ondata
college emo, un chitarrista fanatico dei Pixies ed un batterista cresciuto con il mito dell’alternativecountry americano, falli conoscere
e sguazzare in un ambiente fertile
e dalla grande tradizione musicale
come Genova, e stai a vedere cosa
succede. Può darsi che non accada
niente, che i quattro si disgustino
a vicenda e che ognuno prenda la
propria strada. Ma se accade qual cosa, se si trovano, si piacciono
e capiscono di avere molte cose
in comune oltre al buon gusto nel
vestire, se la scintilla scatta come
nelle migliori storie d’amore a pri ma vista, se la lampadina dell’illu minazione creativa si accende e si
illumina come non mai, allora può
succedere l’inaspettato. Racconta
Alberto: “Gli Ex-Otago esistono da
oltre cinque anni, in principio era vamo un trio interamente acustico, poi abbiamo deciso di inserire
in formazione anche un batterista.
Tanti saluti è il nostro secondo al bum, il primo, The Chesnut Time,
è stato pubblicato nel 2003 da un’
stiamo adoperando per ristamparlo
al più presto, con l’aiuto della Riot maker oppure con le nostre forze,
nel frattempo noi lo regaliamo in
cd-r ai nostri fan, durante i concerti
o, più semplicemente, consigliamo
a tutti gli interessati di andare a
scaricarselo su qualche piattaforma
peer to peer”.
Così è stato per gli Ex-Otago, la in die band italiana con il suono più
pop(olare) oggi in circolazione,
l’anello di congiunzione ideale tra
l’underground ed il mainstream, tra i
campeggiatori scalzi di Arezzo (Ita lia) Wave e le ragazzine urlanti del
Festivalbar con ai piedi le loro nuove ballerine anni cinquanta. Alberto:
“Se devo dire la verità ci scherzia mo spesso su questa cosa, soprattutto quando sentiamo quello che
gira in questo momento in radio, la
qualità delle canzoni ci sembra ab bastanza bassa. Il nostro obbiettivo
è quello di centrare la “melodia perfetta”, di riuscire a mettere a punto
quel brano che istintivamente ti ri trovi a canticchiare sotto la doccia
oppure in macchina con l’autoradio
accesa. La cosa che ci fa più pia -
le altre (almeno nel panorama ita liano) per quel desiderio mai na scosto di scrivere melodie facili
ed immediate, per quella voglia di
cimentarsi con il grande pubblico
facendo capire anche agli snob,
da sempre visceralmente legati al l’underground, che una canzone
è “soltanto” una canzone e che si
può scrivere per il solo desiderio di
farsi ascoltare e non di stupire, per
dire che poi non esiste tutta questa
differenza tra il palco di un centro
sociale e quello di Sanremo, e che
gente come Alexia e gli 883 rap presentano, comunque, un pezzo
importante della nostra storia. “La
nostalgia è un elemento fondamen tale se vuoi fare musica altrimenti
non sei ispirato a scrivere canzoni.
Nella nostra musica c’è molta ma linconia, molta nostalgia ed anche
un po’ di revival, ma non di quello
modaiolo che va per la maggiore
adesso. Il nostro revival attinge da
cose che quando eri piccolo ti face vano assolutamente schifo come gli
883 oppure Alexia per non dire Bat tisti, e con lui una certa parte del
cantautorato italiano. Ricordo che
etichetta romana ( la Vurt per la
quale incidevano anche Yuppie Flu
e Laundrette). Durante questi anni
abbiamo cercato di suonare il più
possibile alternandoci tra centri
sociali, piccoli club, locali stranissimi, cosa che ci ha permesso di
farci conoscere da una certa fetta di pubblico che segue la scena
“underground” o “indie”, che dir si
voglia, italiana. The Chesnutt Time
è fuori catalogo oramai da qualche
anno e chiunque ne avesse a casa
una copia può dire di possedere
un pezzo da collezione ( risate). Ci
cere di Tanti Saluti è proprio questa, il fatto cioè che ci siano delle
canzoni che vanno bene per tutte le
platee, dal localino indie con cin que persone al festival con migliaia
di spettatori. Per noi sarebbe una
vera e propria scommessa avere la
possibilità di presentare un nostro
pezzo all’interno di una manifesta zione importante e seguita come il
Festivalbar, anche se, conoscendo
il mercato e le sue logiche, sappiamo bene che una cosa del genere
rimarrà soltanto un sogno”.
Un band che si distingue da tutte
quando li beccavo in radio, anni fa,
cambiavo immediatamente canale,
adesso, invece, mi viene un groppo in gola perché comunque hanno
rappresentato la colonna sonora di
una generazione”.
Ta n t i S a l u t i ( i n s p a z i o r e c e n s i o ni) è, per questo, un album capace
di attuare una piccola rivoluzione,
di riuscire là dove molti altri hanno fallito e cioè di portare in alto,
alla portata di tutti, una manciata
di canzoni realmente venute dal
basso.
Stefano Renzi
sentireascoltare The Lights On...
islaja
Molto parole sono state spese per
il rapporto con il mecenate della
ta di ognuno. Io usavo la chitarra
descrivere l’atmosfera di bucolico
scena, Sami Sämpäkkilä, che oltre
acustica perché non avevo abba-
e incontaminato mistero che irra-
a d i ff o n d e r e m u s i c a a t t r a v e r s o l a
stanza soldi per comprarne una
dia dalla scena avant-folk finlan-
sua etichetta Fonal Records, ne fa
elettrica! Adesso quasi tutti stanno
d e s e . L’ e s o t i s m o t i p i c o d i n o i e u -
di sua, in proprio, dietro l’appella-
nascondendo i loro strumenti acu-
ropei ha colmato gli interstizi tra
tivo Es. Islaja, come molti altri ar-
stici e comprano un sacco di effet-
u n a p a r o l a e l ’ a l t r a c o n u n d i ff u s o
tisti della scena, canta nella lingua
ti e pedali”. Quello che invece lei
senso di stupore, quando ci si è
madre. Questo ovviamente aggiun-
nega con forza è il fatto che ci sia
imbattuti in nomi strani e dalla pro-
ge quel tocco di misterioso eso-
da qualche anno a questa parte un
n u n c i a d i ff i c i l i s s i m a c o m e K e m i a l -
tismo che provoca interesse ogni
trend che ha investito la scena di
liset Ystävät, Fricara Pacchu, Paa-
volta che ci si imbatte in esempi
a t t e n z i o n e e r i c o n o s c i m e n t i : “ Tu t t i
v o h a r j u , K u u p u u , L a u N a u , Av a r u s
simili (Sigur Ros per esempio),
abbiamo dimostrato che continuia-
e Islaja. Un nome quest’ultimo che
ma dall’altro rende praticamente
mo a fare quello facciamo e con-
invece entra subito in testa e non
inintellegibile i testi e quindi tutto
temporaneamente non vedo una
se ne va più. Lei in realtà si chiama
il mondo lirico della scena. Ulual
diminuzione di interesse intorno a
Merja Kokkonen, ma per registrare
Yyy, così come i suoi precedenti
noi. Ogni anno è migliore del pre-
dischi preferisce usare come mo-
album rimane un misterioso enigma
cedente, quindi non può essere
niker Islaja: “Merja è un nome trop-
a meno che non ci si metta con un
soltanto una moda”.
po personale per me… E’ difficile
vocabolario a tradurre parola per
L’ a l t r o t e m a , q u e l l o d e l l a d o n n a
aggiungere
qualcuno
parola: “Ulual Yyy non è un concept
musicista, solitaria e folk, che si
che conosci così bene. Islaja è più
album, così ogni traccia ha la sua
strugge e che spesso richiama da
misteriosa e non ha nemmeno nien-
particolare storia. I miei testi sono
parte della stampa specializzata le
te di artificiale”. Raggiunta per una
poetici, alcuni anche mono-sillabi-
solite comparazioni la vede deci-
conversazione sul suo nuovo disco
ci. Credo che dovresti conoscere
samente contrariata. Provo a dirle
la Nostra mostra di essere assai
l’intera traduzione della canzone,
che spesso viene ingiustamente
lontana dall’icona di fatina buona e
perché da una singola frase non
comparata a Nico e non lo avessi
triste che serpeggia di riflesso dai
si può capire nulla…”. Ulual Yyy è
mai detto: “A volte sembra che ci
suoi dischi. “Inizialmente non ho
un disco di svolta. Sono sempre di
siano solo tre artiste donne: Nico.
mandato le mie prime registrazioni
più quelli che cercano di fuggire da
B j ö r k e P j H a r v e y. E ’ f a c i l e p r e n d e -
a nessuno. Un mio amico mi dis-
un certo cliché ormai consolidato.
re un nome da questo trio per fare
se però della Fonal e dal momento
Il forest folk finnico sembra volersi
un leggerissimo paragone per dire
che io e Sami Sämpäkkilä aveva-
salvare da se stesso e molti nomi
a l l ’ a s c o l t a t o r e c o s a d e v e a s p e t t a r-
mo studiato nella stessa scuola,
illustri della scena si stanno allon-
si di sentire. Ma è soltanto pigrizia
un giorno gli chiesi di prenderci un
tanando a lunghe falcate dal loro
da parte di chi scrive e un sotto-
caffè insieme e ne approfittai per
stesso stile. Quello di Islaja è un
stimare il pubblico che ascolta. Le
fargli sentire il mio nastro. A lui
esempio perfetto di questo proces-
mie più grandi influenze non ven-
piacque ma non mi promise nulla.
so che per lei è legato soprattutto
g o n o d a l l a m u s i c a i n v e c e . Ve n g o -
Quando Meritie fu finito mi promi-
all’accresciuta consapevolezza dei
no da altre cose, da altre direzioni:
se di farne un mastertape e allora
musicisti: “Penso che tutta l’atten-
film e musica da film, e letteratura.
finalmente realizzò che avrebbe
zione che abbiamo ricevuto in que-
I film e le soundtrack nei film di
voluto distribuirlo con la sua eti-
sti anni abbia poco a che fare con
P a s o l i n i , H e r z o g , J a e c k i n , We i r … e
chetta. Credo che fossimo entram-
gli elementi ‘folkish’ ma soprattutto
anche molto da compositori parti-
bi realmente contenti della cosa”.
con quanto buona la musica è. Poi
c o l a r i c o m e G h e d a l i a Ta z a r t e s ” .
Questi i suoi primi passi e questo
dipende molto anche dalla cresci-
glamour
10 sentireascoltare
a
Antonello Comunale
The Lights On...
tied and tickled trio
Nel 2004 intervistammo i Tied And
Tickled Trio in occasione di Observing Systems, l’ambizioso progetto
con la Big Band jazz. Torniamo a
farlo alla luce del nuovo intra-side
project Aelita, dalla cifra sonora diversissima: il jazz “organico” ibridato di electro abbacinata, ma pur
sempre “dentro” quel tipico spirito
brass, è sparito. Al suo posto, uno
spazio puntinato che puzza di bruciacchiato da pellicole giallognole
primo Novecento. Insomma, niente
Sun Ra (adorati da Marcus), Mingus
e Davis nel bagagliaio dello shuttle
per il cosmo. Quasi sorprende che il
trio meno trio della storia non abbia
cambiato ragione sociale.
“Il nuovo lavoro è nato così, per caso.
Una performance live a sonorizzare
una sequenza di immagini del bel futuro d’altri tempi a Monaco e poi la
realizzazione in volata di quell’intingolo elctro minimal presso i consueti
studi”, spiegano Marcus Archer e Andreas Gerth. Ma questa storia la sapete già, la trovate nella recensione
web e pure nel PDF di giugno. Molto
più interessante è rilevare come dai
TTT emerga una peculiare dialettica,
colta e aneddotica assieme. Di gente
estremamente curiosa e consapevole
intenta a produrre musica nel modo
più diretto ed estemporaneo possibile (la lavorazione dell’ultimo album
ha richiesto tre giorni in tutto).
L’approccio di Marcus è emblematico. Quando, nell’intervista del 2004,
accennavamo agli umori Mingus tra
i solchi di Observing, ci rispose:
“Mingus sì, ci ha influenzato molto.
Ma per gli arrangiamenti brass cito:
Gil Evans, Sam Rivers (Dimensions
+ extensions) e John Coltrane (Africa Brass), mentre per la mescolanza
di stili: Freddie Hubbard (Sing Me
A Song Of Songmy), Herbie Hancock (Sextant), Miles Davis (On The
Corner), Ronald Kirk e Sun Ra”. È
veramente il massimo ascoltare una
persona così minuziosa parlare di
un amore sincero per “tutta l’area
selvaggia dei ’60 e ’70, dove quei
musicisti jazz afro-americani non
volevano più suonare come avevano
sempre fatto e cominciarono così a
fondere e improvvisare con gli stili
più disparati”.
I Tied And Tickled Trio non rispondono in toto al freddo luogo comune sui
teutonici, perché se pure in parte vi
aderiscono, cercano modi intelligenti
(e tipicamente deutch) per autosabotarsi. Siamo arrivati a convincerci
che siano un collettivo di agnostici
che credono nell’alchimia (o qualche
stronzata simile). Razionalisti in grado di controllare la materia e i minimi
effetti combinatori senza smettere
di vederci la magia dentro. L’ultimo
album non fa eccezione. Marcus lo
ricollega alla musica che facevano
all’inizio, “quando suonavano solo
electronics, basso e batteria” (e la
musica era la variante dei Tortoise
krauta che andava di moda allora,
vedi anche SA #30 aprile 2007). che
Così è stato, aggiunge un po’ sornione, perché non c’erano brassplayers
a disposizione. “Il prossimo disco
tornerà dalle parti di Observing, probabilmente”.
Però, nell’intervista recente, la polpa
è un’altra e queste sono solo chiacchiere: è quando Andreas Gerth parla delle divergenze tra futurismo e
costruttivismo che ci pare di cogliere il retroscena umorale dell’algido
Aelita. Sentite la storia: “Quando
Marinetti conobbe i futuristi di Pie-
troburgo (circa nel 1912), ne rimase
deluso. Per non parlare dell’astio che
raccolse quando presentò i poemi
sonori e tutte le onomatopee di macchine e aeroplani al pubblico russo.
I poemi russi erano molto diversi: a
Chlebnikov [titolo di un brano di Aelita] non interessava l’esaltazione della tecnologia ma la reinvenzione del
linguaggio. Diversamente dall’alacre
italico, i suoi lavori puntavano dritto
al suono originale delle cose, del colore e degli stati mentali. I poeti russi
in sostanza nello spazio c’avrebbero mandato missili di pensieri. Una
versione antigravitazionale del pensiero logico. E in questo erano infinitamente diversi dai futuristi italiani,
rappresentavano l’ineluttabilità della
condizione umana in rapporto al cosmo”.
Frasi che valgono molto più delle
cazzate di cui sono solitamente piene le interviste. Spiegano il mistero
di Aelita gettando ponti temporali
con altre arti. E fanno supporre dolorose metafore concernenti l’attualità. Marcus e Andres si scherniscono: “nessuno di noi stava pensando
coscientemente al futurismo quando
suonava, né al fatto che Chlebnikov
moriva proprio mentre registravamo”.
Anche qui una teoria fa pendant: “la
musica si fa al presente ed è anche
un punto di vista delle eruzioni del
passato, ma pur sempre nel focus
del presente”, afferma Gerth.
Vabbè, adesso tutti vorranno sapere
quando esce il nuovo Notwist: Marcus dice che ci stanno lavorando e
sarà pronto per gli inizi del 2008.
Inoltre c’è una cosa chiamata Three
Shades che sta per essere missata.
Das Vidania.
Edoardo Bridda
s e n t i r e a s c o l t a r e 11
Zelienople
PROVE GENERALI DI PSYCH SOMMERSO
di Antonello Comunale
Se esiste una gramm a t i c a p e r o g n i c o s a , a l l o r a a n c h e l a p s i c h e d e l i a h a i s u o i s o g g e t t i e i s u o i p r e d i c a t i . L o s a nno
bene gli Zelienople, t r i o d i C h i c a g o c h e s u o n a m u s i c a p s i c h e d e l i c a c o n l a n o n c h a l a n c e d i c h i c o n o s c e a m e na dito l a grammatica d e l s u o l i n g u a g g i o , c o n i Ta l k Ta l k c o m e s o g g e t t o e i P i n k F l o y d c o m e p r e d i c a t o .
“Spesso penso ai Floyd come una
pietra miliare per il nostro genere di
suono e per le nostre strutture musicali. Voglio dire, noi e un numero incalcolabile di band non esisteremmo
neppure senza di loro. C’è stato un
Ora come ora siamo meno timidi e impacciati nel registrare nuovi dischi.
Ink, Stone Academy e His/Hers sono
stati registrati per la maggior parte
dal vivo senza sovraincisioni. Per alcune ragioni questo ha dato origine a
so e notturno di Mark Hollis e dei
Bark Psychosis (Mike: “Amo gli ultimi due dischi dei Talk Talk così come
l’album di Mark Hollis, ma penso che
i Bark Psychosis siano inferiori a
noi!”), poi a partire dal terzo disco in
tempo in cui ascoltavo Wish You Were
Here ogni giorno”. A parlare è Matt
Christensen, voce e chitarra della
band. Anche Mike Weis, il batterista,
non mi nasconde la sua adorazione
per Gilmour e soci: “Sono stato un fan
dei Pink Floyd sin da quando ero piccolo, ascoltavo i dischi nella stanza di
mio fratello e osservavo per ore le copertine dei loro album. Sono più addentro al loro primo periodo, album
come Piper At the Gates Of Dawn e
specialmente Saucerful Of Secrets.
Set The Controls For The Heart Of
The Sun è il mio modello di canzone
perfetta”. Loro due, insieme a Brian
Harding, chitarra e clarinetto, sono
gli Zelienople di Chicago. Un nome
stranissimo preso da una cittadina in
Pennsylvania “vicina a dove George
Romero ha girato La Notte dei Morti
Viventi”. Chi fa attenzione al caotico
sottobosco americano delle etichette
indie, avrà sicuramente letto di qualche loro disco sperso in qualche catalogo. Attivissimi fin da subito, oggi i
tre toccano la quota del quinto disco
sulla lunga distanza, senza contare
gli ep e le collaborazioni. L’iperprolificità è uno dei mali dei nostri tempi,
ma loro riescono inspiegabilmente a
rimanere ancorati ad una traccia di
qualità, indipendentemente da quanta
musica partoriscano. “Le canzoni
sono composte per metà da me e per
metà improvvisate dalla band - mi
dice Matt - registriamo tutto da soli.
più brani”. Anche Mike mi spiega che
dopo tutto è essenzialmente una questione di metodo. Se ne hai uno buono e l’ispirazione non ti manca puoi
facilmente registrare una gran quantità di brani senza necessariamente
produrre dei mostri: “Suoniamo per
tre volte a settimana che ci sia un
concerto da preparare o meno, così
lavoriamo costantemente sulla musica. Da quando abbiamo incominciato
a registrare più come una band dal
vivo piuttosto che con le singole tracce, il processo è diventato molto più
veloce. Abbiamo la maggior parte della strumentazione già montata nel
mio seminterrato così siamo sempre
pronti per incominciare a registrare.
Matt spende un sacco di tempo con i
microfoni e altre attrezzature tecniche ma una volta che ci siamo sistemati, le canzoni cominciano a venire
fuori abbastanza velocemente. Dal
momento che registriamo in questo
modo ci auto imponiamo delle limitazioni nel senso che non abbiamo la
tentazione di ‘aggiustare questo o
quello col missaggio’ o aggiungere
sovraincisioni per pulire le tracce”.
Gli Zelienople sono passati dall’essere una variante appena più strutturata
dei Talk Talk di Spirit Of Eden ad un
coacervo di soluzioni improvvisate
che li ha progressivamente traghettati
verso un suono più libero, aereo, free.
Pajama Avenue, il loro primo disco,
aveva ancora molto del sound brumo-
poi, Ink per la precisione, si sono allontanati sempre più dai propri referenti fino ad arrivare a dischi come
Stone Academy e His/Hers che si
riallacciano alle espressioni più libere
e free form della storia della psichedelia. “Stiamo sicuramente diventando più improvvisati e stiamo progressivamente
perdendo
le
nostre
strutture ma penso che suonavamo
più ambient ai tempi di Pajama Avenue - afferma Mike - non so perché
ma trovo difficile valutare il nostro
stesso lavoro. La nostra line-up corrente ha più in comune con il free jazz
o con i gruppi di musica improvvisata
che con i gruppi rock. Nel senso che
stiamo ancora suonando canzoni ma
sono sempre più sciolte e aperte all’interpretazione dei musicisti”. Per
avere un’immagine chiara del loro
suono basta guardare gli artwork dei
dischi, nella maggioranza dei casi assemblati con foto scattate da Mike. I
soggetti sono sempre gli stessi: case,
strade, viali, cancelli, pareti, lampioni… non appare mai nessun umano o
soggetto animato, soltanto spazi e
cose. Mike ci scherza sopra: “Dovrei
stare lontano dai cortili delle persone”, ma tutte emanano un senso di
solitudine. Una solitudine degli spazi
e un cercare di riempirli con gli sguardi o, come nel caso della musica, con
i suoni. “A noi piace un sound espansivo o sarebbe meglio usare la parola
“ricco”. Per me è difficilissimo sepa-
12 sentireascoltare
rare quelle immagini dalla musica e
dal momento che conosco Mike la
cosa è difficile da risolvere comunque. Non vedo la nostra musica e le
foto di Mike come due cose separate”. L’approccio sempre più libero e
più squisitamente discografici, dal
momento che tolti i primi due lavori,
ogni nuovo disco è stato licenziato
presso una label differente, con una
predilezione per quelle più piccole e
artigianali che a colpi di edizioni limi-
Ghost Ship. L’ironia è che abbiamo
avuto più attenzione con questi lavori
limitati a 100 copie piuttosto che con
la tiratura di 1000 dei primi due album
su Loose Thread. È così che ho fatto
amicizia con Brad di Digitalis, Jefre di
insofferente verso le strutture dà parecchi problemi quando si tratta di categorizzare in una definizione o in un
genere quello che si ascolta: “Ho appena letto la descrizione che TimeLag ha scritto per Enemy Chorus - riflette Mike - loro parlano di ‘qualcosa
di simile all’acid folk suonato alla
metà della velocità in una caverna nel
deserto’. Credo che questa descrizione calzi bene per quel disco ma non
credo che vada bene per lavori come
His/Hers e Stone Academy. Ho sentito comunque ogni genere di descrizione… post-shoegaze, psichedelia
sommersa, post-rock, ambient-rock,
drone-rock, drone-jazz, ambient-drone-folk, space-rock, drone-noisefree-folk!”. Una simile indeterminazione vale anche per le influenze,
perché quando gli chiedo chi siano i
loro riferimenti creativi, al di là di Talk
Talk e Pink Floyd la lista potrebbe allungarsi in modo indeterminato:
“Quella dei Talk Talk è una grande influenza - afferma Matt- così come
Neil Young, i Velvet Underground,
Peter Gabriel, (ultimamente) John
Carpenter, Brian Eno, Pharoah Sanders e la musica gamelan. In questi
giorni sto ascoltando molto anche
The Air In Piecies di Geoff Mullen.
Non avevo ascoltato nulla dei Bark
Psychosis fino a quando non lessi
una recensione di Pajama Avenue
che li menzionava. Posso capire il
paragone”. Caotici anche i contorni
tate hanno fatto crescere l’interesse
intorno alla loro proposta. La cronistoria che mi fa Matt è un piccolo
quadro d’insieme del sottobosco underground di questi anni: “Abbiamo
avuto ottimi rapporti con tutte le label
per cui abbiamo inciso. I nostri primi
due dischi sono stati distribuiti dall’etichetta di un nostro amico, la Loose Thread, che li ha confezionati in
modo molto professionale con tanto
di press e promo. È stato bello avere
qualcuno che ha fatto uscire quei due
dischi ma è costato un po’ di tempo e
di denaro e bisogna dire che dal momento in cui abbiamo finito di registrare a quello in cui il disco è stato
distribuito c’è stato un intervallo di
tempo di un anno. Una cosa frustrante perché nel frattempo avevamo già
finito di concepire un nuovo lavoro.
Così decisi di mandare Ink ad alcune
label specializzate in cd-r che ammiravo come la finnica 267Lattajja e la
neozelandese PseudoArcana. Mi piace molto il loro approccio DIY, mi ricorda l’epoca in cui scambiavamo le
cassette nei giorni del Punk. Mi piace
anche che loro facciano delle edizioni
limitate di qualunque cosa invece di
produrre materiale su materiale che
spesso fa la fine di essere dimenticato sotto il letto a raccogliere polvere
per anni. Altra cosa che mi piace è
l’artwork fatto a mano al posto del
freddo jewel-case. 267Lattajja ha
così distribuito Ink e PseudoArcana
Root Strata e John della Type e così
questi due lavori ci hanno aperto ad
altre label che avrebbero eventualmente distribuito i nostri futuri dischi.
Una piccola etichetta di Parigi chiamata Cook And Egg ha ristampato il
nostro primo cd-r, Bachelor ’s Grove
che vendevamo da soli alla fine dei
concerti e proprio oggi Time-Lag fa
uscire Enemy Chorus, un cd-r ep che
sarà l’ultimo cd-r prodotto in assoluto
dall’etichetta. Le uscite in cd-r sono
state divertenti ed eccitanti ma penso
che i nostri futuri album usciranno
unicamente su Type. John si dedica
molto alle sue uscite e conosce molto
bene come mandare avanti un affare
complesso come un’etichetta discografica, in più è capace di distribuire
gli album sia in formato cd che in formato vinile ed è la libidine definitiva”.
Ora, a parte il quinto disco His/Hers
in uscita su Type, i tre si dedicano anche ad alcuni progetti collaterali come
i Good Stuff House insieme a Scott
Tuma o come i Western Automatic
che sono il viatico solista di Matt.
“Quello dei Good Stuff House è un
progetto veramente divertente ma ci
va meno lavoro che negli Zelienople.
C’è stato un cd-r uscito su Time-Lag
lo scorso anno ma è fuori stampa ora.
Root Strata distribuirà un cd vero e
proprio questo autunno chiamato Endless Bummer. È meno influenzato
dalle radici americane ed è più dark
e… psichedelia sommersa!”.
s e n t i r e a s c o l t a r e 13
The National
STRANIERI PER CASO
di Antonio Puglia
Certe cose richiedon o t e m p o . I N a t i o n a l , m o d e r n i e p a z i e n t i a r t i g i a n i d i e m o z i o n i , l o s a n n o b e n e .
Si tratti di folk, pop, i n d i e o w a v e , i l o r o s o n o d i s c h i c h e s e d i m e n t a n o c o n l e n t e z z a , p e r p o i r i p a g a r e a m p i a m e nte
dell’attenzione ricev u t a .
In tempi sempre più strani come i no-
die rock. Come avete vissuto que-
so in passato. Era nei vostri pensie-
stri, a volte accadono piccoli, inspie-
sta cosa, e come vi spiegate quel
ri durante la realizzazione di Boxer?
gabili miracoli. E così capita che il di-
successo, oggi?
Vi siete sentiti sotto pressione?
schetto di un’oscura band di Brooklyn,
Naturalmente, siamo rimasti lusinga-
No, penso che sia sufficiente la pres-
uscito a inizio 2005 nell’indifferenza
ti da quello che è successo con Alli-
sione interna che proviamo noi cinque
generale, finisca nelle playlist di fine
gator. E’ cominciato tutto in sordina,
nel cercare di comporre canzoni che
anno dei principali magazine inglesi,
ma nel tempo il disco ha continuato
ci ispirano. Non c’è spazio per pres-
nonché di migliaia di entusiasti indie
a crescere grazie al passaparola sot-
sione proveniente dall’esterno. A volte
fans. A ben vedere, i numeri per fare
terraneo. Non riesco a spiegarmi né
scherziamo sul “vivere nell’ombra del
strage di cuori Alligator li aveva tutti:
perché ha avuto questo successo,
nostro successo underground”!
chitarre alla Smiths, un crooner om-
né perché ci sono voluti due anni per
broso, tenere trame acustiche alter-
raggiungerlo. Posso solo dire che noi
In effetti Boxer suona molto più am-
nate a vivide zampate wave, passaggi
per primi tendiamo ad innamorarci di
bizioso – e probabilmente più sicu-
melodici indelebili conditi da testi sa-
quelle canzoni che ci crescono addos-
ro - del predecessore. Mi sbaglio?
laci e memorabili, il tutto radunando
so col tempo, quindi è perfettamente
No, hai ragione. Il disco è molto am-
le migliori istanze dell’indie pop ame-
sensato che i nostri dischi abbiano lo
bizioso e vario musicalmente, spe-
ricano (e non) con una spiccata vena
stesso effetto sugli altri. E’ stato un
cialmente in termini di stratificazioni
autoriale. Uno strike pieno quanto
viaggio estenuante ma esilarante e
ed arrangiamenti. Questo senso di
inatteso
per questi cinque amici di
alla fine, anche oggi, stiamo facendo
avventura, di ricerca è venuto comun-
vecchia data provenienti da Cincin-
le cose esattamente alla nostra ma-
que in modo naturale - se vuoi, acci-
nati - il vocalist Matt Berninger e la
niera: scrivere delle canzoni in cui
dentale - , come risultato di alchimie
doppia coppia di fratelli Aaron e Bryce
crediamo, che ci rendono felici quan-
che si sono create sia all’interno della
Dessner + Bryan e Scott Devendorf –,
do le suoniamo.
band, sia insieme a Padma Newsome
che con giusto un paio di album al-
(membro fondatore dei Clogs, band
l’attivo rilasciati dalla loro etichetta,
In effetti qualcuno ha detto – pen-
“gemella” dei National), che ci ha dato
la Brassland (The National, 2001 e
so fosse Pitchfork - che la vostra
una grossa mano con la produzione.
Sad Songs For Dirty Lovers, 2003)
musica cresce lentamente con gli
Non abbiamo parlato di scelte preci-
si sono ritrovati improvvisamente a re-
ascolti piuttosto che colpire imme-
se, come allontanarci di proposito da
citare da protagonisti sul prestigioso
diatamente. Siete d’accordo? E se
certe convenzioni rock e provare cose
palcoscenico della Beggars Banquet.
sì, ritenete sia una qualità?
nuove: semplicemente, tutti sentiva-
Di questo ed altro ci ha parlato via e-
Credo che sia il nostro caso, sì. Amia-
mo di non doverci ripetere e fare un
mail Aaron, impegnato in questi giorni
mo gli album che resistono al trascor-
Alligator II.
insieme ai compagni nel tour promo-
rere del tempo, che si rivelano gra-
zionale di Boxer (Beggars / Self, 25
dualmente. Abbiamo sempre provato
Quindi, prima di entrare in studio,
maggio 2007 - recensione su SA#32),
a fare questo tipo di dischi, quindi per
non avevate in mente niente di pre-
il nuovo intenso capitolo della saga
noi è senz’altro un complimento.
ciso?
dei National.
Come ti dicevo, non ne abbiamo parDopo Alligator, le aspettative da
lato. E’ tutto nato da nuove abitudini,
Due anni fa, Alligator ha rappre-
parte del pubblico e della stampa
e dalla volontà di scoprire il giusto
sentato una sorpresa inaspettata (e
per la vostra prossima mossa si
tono e umore per ogni canzone. Allo
gradita) per tutti gli amanti dell’in-
sono alzate, come non era succes-
stesso tempo, io e mio fratello Bryce
14 sentireascoltare
abbiamo cominciato a sperimentare
Ascolta la musica che gli forniamo per
migliore. I risultati si sono visti, specie
alcune idee sonore durante il tour di
mesi e mesi, e scrive quaderni pieni di
da voi in Europa.
Alligator. Per esempio, mi sono messo
idee. Poi, gradualmente, mette insie-
a colpire la chitarra dietro il ponte, e
me i testi come un collage; in questo
Andando ancora più indietro, ci fa-
da lì è nato il suono alla base di Mi-
modo le canzoni possono avere più
resti un breve riassunto della vo-
staken For Strangers, una tecnica che
argomenti allo stesso tempo. Riesce
stra storia? So che le vicende dei
abbiamo usato anche in altre canzoni.
a mescolare l’onestà delle emozioni,
National sono strettamente legate
Ci siamo anche resi conto che fiati ed
parlando con humor di situazioni diffi-
a quelle della vostra etichetta, la
ottoni sarebbero stati appropriati per
cili e imbarazzanti e sì, penso che in
Brassland. Quali sono i progetti fu-
ciò che stavamo scrivendo. Dal mo-
questo ha imparato da Cohen, Cave e
turi della label?
mento che Padma è stato coinvolto
Morrissey.
Noi cinque siamo stati sempre ami-
sin dall’inizio, è possibile che abbia
ci. Io, mio fratello e Bryan abbiamo
influenzato la ricchezza degli arran-
Amore e lotta, difficili situazioni in-
suonato in diversi gruppi da quando
giamenti. I dettagli orchestrali sono
terpersonali sembrano essere i temi
avevamo 15 anni. Scott e Matt hanno
parte integrante delle canzoni, non
ricorrenti di Boxer…
frequentato il college insieme a Cin-
soltanto giustapposizioni.
Sì, molti dei protagonisti delle canzo-
cinnati, e per poco hanno fatto par-
ni lottano, in un modo o in un altro.
te di una band, i Nancy. Suonavano
Fra i tanti ospiti di Boxer spicca il
Lottano per trattenere qualcuno che si
come i Pavement. Verso il 1999 ci sia-
nome di Sufjan Stevens. Cosa c’è
ama, per debellare ansietà personali,
mo tutti trasferiti a New York per lavo-
dietro questa collaborazione?
per rimettersi in contatto con amici o
ro. Nei weekend ci incontravamo nel
Beh, ci conosciamo da anni, è un no-
cose che sono importanti, e così via. loft di Matt sul Gowanus canal (una
stro vicino di casa e caro amico, mio
zona che allora era malfamata), giu-
fratello suona la chitarra nella sua
Dopo anni di relativa oscurità, avete
sto per divertirci. Un giorno abbiamo
band. Così quando abbiamo avuto bi-
trovato ospitalità presso la Beggars
cominciato a fare canzoni, giusto per
sogno di qualcuno che suonasse delle
Banquet, un’etichetta che vanta un
divertimento, e un nostro amico ne
parti di piano più espressive (almeno,
passato “importante”, insieme a un
ha registrato alcune. Riascoltandole,
più di quanto io e Bryce siamo capaci!)
profilo immediatamente riconosci-
l’alchimia tra di noi era evidente sin
per due pezzi, Ada and Racing Like A
bile e una precisa direzione artisti-
dall’inizio. Così abbiamo cominciato
Pro, è stato naturale e facile coinvol-
ca. Come siete venuti in contatto
a prendere la cosa più seriamente e
gere Sufjan, Ha ascoltato le canzoni
con questa realtà?
infine, nel 2001, abbiamo registrato il
una volta sola e le ha suonate imme-
Roger Trust, il boss della Beggars, era
nostro primo disco (The National). Il
diatamente. E’ stato così semplice!
un fan dei nostri primi album. Quando
nostro amico Alec Hanley Bemis ci ha
ha saputo che cercavamo un’etichetta
offerto di mettere su un’etichetta per
Il songwriting di Matt è sempre in-
è stato lui a contattarci. E’ stato na-
pubblicare l’album, insieme a un altro
cisivo, mi fa pensare a Leonard
turale per noi accettare, dal momento
disco che mio fratello aveva fatto con
Cohen, Nick Cave e Morrissey. C’è
che abbiamo un enorme rispetto per la
Padma Newsome (Thom’s Night Out
un metodo particolare dietro? In-
storia della label; inoltre, non c’è alcu-
dei Clogs). E così è nata la Brassland.
fluenze musicali (e non)?
na interferenza con il nostro proces-
Quest’anno la label pubblicherà un
Credo che Matt tragga idee virtual-
so creativo. Il successo di Alligator è
nuovo disco dei Clogs insieme ad al-
mente da ogni cosa. Film, televisione,
senz’altro anche un loro merito, grazie
bum dei Doveman e Irena &Vojtech
libri, conversazioni sentite per caso.
a una distribuzione e una promozione
Havel, una band da Praga.
s e n t i r e a s c o l t a r e 15
Tomahawk
DA SCURE AD ASCIA BIFRONTE
di Gaspare Caliri e Daniele Follero
Dopo un paio di alb u m d a s u p e r g r u p p o – a p p r e z z a b i l i m a f o r s e n o n m e m o r a b i l i – l a b a n d d i D a n i s o n d e i J e sus
Lizard e Mike Patton t r o v a u n a s u a p e r s o n a l i t à b if r o n t e : b r e v e s t o r i a d e i To m a h a k w, d a o c c h i e l l o d e l m e t a l - har dcore illuminato a ba n d d i r i c e r c a e t n i c a , c o n d o t t a a p a s s o d i g u e r r a .
Nascita della scure
Mettere a fuoco un gruppo di Mike
Patton è affare poco semplice; come
fare fotografie non mosse a una festa di compleanno di bambini scatenati. Passano ovvie differenze tra i
due termini della similitudine – per
esempio il fatto che nessuno vorrebbe essere il fotografo, a meno che
non sia pagato o padre di uno dei
discoli.
Invece qualcosa ci spinge a occuparci dei Tomahawk (adattamento
alla lingua inglese del termine usato
dai nativi Angolchini della Virginia
per indicare la scure da lanciare in
battaglia), creatura eclettica quanto
la voce di “Michele”, nata un paio di
anni abbondanti dopo la dissoluzione
dei Faith No More, annunciata da un
comunicato stampa il 20 aprile 1998.
Per la verità, tra 1998 e 1999 nascono anche i Fantômas, creatura prettamente pattoniana, ma sicuramente figlia dell’apertura mentale che il
nostro ebbe dalla frequentazione di
quel matto di John Zorn. Non che ci
fosse bisogno di un corso di sincretismo per il cantante di Mr Jungle e
FNM, ma insomma a partire dai Fantômas le cose sono un po’ cambiate,
come è evidente dalla proliferazione
di progetti e collaborazioni dell’ugola
crossover.
Certo basterebbe guardare alla composizione (sfiziosa) da supergruppo
dell’entità Tomahawk – quasi una
summa dei presupposti creati negli
’80 e sviluppati nei ’90 – per rimanerne incuriositi. Oltre alla voce di
Mike, qui ci si fregia di Duane Danison (chitarrista dei Jesus Lizard),
del basso di Kevin Rutmanis (dei
Melvins) e di John Stanier alla bat-
16 s e n t i r e a s c o l t a r e
teria (già negli Helmet, ora nei Battles). I quattro fanno uscire un disco
self titled nel 2001, ovviamente sulla
Ipecac Recordings, etichetta fondata
dal solito Patton insieme al manager
dei suoi Mr. Bungle, Greg Werckman.
Un momento, però. Se andiamo
avanti così ci prestiamo a facili
conclusioni. La storia va un pochino riscritta. Per quanto al gruppo si
associ sempre il nome del cantante
emiliano-statunitense, in realtà l’idea
non è stata sua. Ricordiamo che Patton fu pescato per la sua voce (dal
chitarrista Jim Martin) già nel caso
Faith No More. Per i Tomahawk è
avvenuta una cosa simile, per quanto poi l’ingresso di MP non può che
cambiare le cose. E’ stato infatti Danison ad avere l’idea del progetto,
e a chiamare a sé Mike e gli altri.
Ok, ben fatto. Restituito l’equilibrio
tra le personalità, torniamo a parlare
di Tomahawk. Anzi, facciamo prima
un’altra specificazione.
Il lancio della scure
Dicevamo che l’interesse per questo
gruppo non è solo ancorato al suo
organico stupefacente. C’è un disco
nuovo che fa venir voglia di riprendere in mano i Tomahawk – come band,
non come progetto – e di capirci
qualcosa di più. Si intitola Anonymous ed è costruito attorno al solito
rumore unito alla musica dei nativi
americani (trovate la recensione su
questo numero di SA). Una specie
di etnonoise focalizzata su una tradizione specifica; una sorta di folk
fatto da terzi, di Tristi tropici delle riserve, perfettamente calato nel
punto d’incrocio tra le personalità
(dirompenti) dei musicisti e le peculiarità dell’oggetto antropologico che
il combo si è scelto.
Il disco è sicuramente riuscito, non
sembra neanche grossolano, nonostante la difficoltà etnomusicologica di una tale operazione. E allora
torniamo all’origine del progetto, e
cerchiamo di fare ciò che solo nella
provetta della critica musicale si può
fare: isolare l’attività dei Tomahawk
e cercarne linee rosse e rotture.
La “rottura” a ritroso sembra evidente. Il primo disco – Tomahawk (Ipecac, 30 ottobre 2001 ) – è infatti tutt’altro rispetto all’approdo cui l’ascia
è arrivata. L’iniziale Flashback dà
prova della commistione ereditaria
tra Melvins e gli immensi Jesus Lizard, nei riff, nelle mosse, alcune
già presenti nel King Of A Day dei
FNM. Se la prospettiva passata alla
storia critica è quella di metal-prog
– ancichè noise-prog, per esempio
– ciò è probabilmente dovuto la voce
di Patton, capace in ogni momento di
spostare la prospettiva. Ma forse è
questione, più che di oggettività musicale, di provenienze degli ascoltatori, che a seconda del bacino d’origine propendono verso una lettura
o l’altra. È poi evidente che è Mike
ad aver portato il maggior seguito
rispetto agli altri componenti. Sentito il basso poderoso (post-punk nel
senso in cui lo riprendevano i Jesus
Lizard, appunto) di Point And Click,
poi, associato alla voce e ai respiri di
Mike, si capisce che la somma delle
parti promette un risultato neanche
lontanamente aritmetico, nel bene e
nel male (7.3/10).
L’album fu un successo ancora prima
di uscire, a scatola chiusa; si prestò
anche ad alcune critiche, che ritenevano l’esperienza niente più che un
modo di fare due soldi commercializzando l’offerta. In realtà anche qui è
bene specificare il punto di vista dal
quale si scaglia un giudizio. Di certo, chi si è avvicinato ai Tomahawk
dai Jesus ha trovato un terreno a lui
abbastanza estraneo, e dunque può
aver giudicato con più serenità. Gli
altri, si suppone, possono aver fatto una delle due seguenti scelte: o
preso Tomahawk come una tantum
spara-gruppone, dal gruzzolo facile,
oppure come primo capitolo di una
saga nativa molto più lunga. A dire
oggi che questi ultimi la vedevano
giusta non si fa molta fatica. Avessero aspettato un pochino, gli altri…
La
scure
volteggia,
diventa
bifronte
A quasi due anni di distanza dall’omonimo esordio, infatti, i Tomahawk ricompaiono con Mit Gas (Ipecac, 6
maggio 2003), all’insegna di un rock
duro e monolitico, senza fronzoli. La
presenza di tastiere in primo piano
e di riff di chitarra graffianti e ritornelli in crescendo rende questa seconda uscita uno dei lavori in cui è
coinvolto Patton più direttamente riferibili all’esperienza Faith No More,
eccettuato il lato rap metal, che qui
scompare per lasciare il posto ad un
sound più propriamente rock, che a
volte sfocia (senza rischi) nel mainstream, altre in passaggi progressive, con il vocalist a sfoggiare tutto il
suo repertorio di timbri vocali.
Le esperienze precedenti di Stanier,
Rutmains e Denison qui si fondono
in modo meno ostentato e quindi forse più riuscito, supportando la vena
di Patton, quasi sempre prevalente
nella composizione. Lo si sente in
quei passaggi dark, in quei cambi repentini di umore e di ritmo, in
quell’incedere schizofrenico, ai quali
il cantante americano ci aveva abituati sin dagli esordi. Nonostante
il sigillo del leader, però, è proprio
negli equilibri delle parti, nel suo saper parlare a più voci che quest’album funziona. Ne sono un esempio
Captain Midnight - un miscuglio ben
riuscito di drum’n’bass e power rock
- e You Can’t Win, tra ritmi lounge
e funky che sfociano in un finale di
suoni dalla luce stroboscopica della
psichedelia.
Ma non mancano episodi più meditativi, dove prevale una calma quasi ambient, o un rumorismo ai limiti
del noise, come nel caso di Harlem
Clowns. Ciliegina sulla torta, la nenia strampalata Desastre Natural,
con Patton che, in uno spagnolo
dall’accento marcatamente yankee,
ripete ad ogni verso “esto no es un
examen”. Che questo sia o no un
esame, i Tomahawk lo hanno superato a pieni voti (7.3/10).
Fatto sta che sono seguiti quattro
anni di silenzio, il che, vista l’ipertrofia dei protagonisti, può aver fatto ringalluzzire i teorici del progetto
a breve termine. Ma siamo arrivati
nel 2007, e i Tomahawk sono tornati
– anche se solo in tre (ha abbandonato il bassista Kevin Rutmanis). La
personalità tipica da combo ultradifferenziato che aveva contraddistinto il primo disco – e un po’ anche
il secondo – ora trova un lato libero
su cui ricucire punti di forza e di originalità. È curioso che il nome del
gruppo trovi solo ora una spiegazio-
ne chiara. Ma, quello che più ci interessa, nessuno potrà plausibilmente
– a meno che sia ossessionato – tacciare questo progetto di mancanza
di progettualità. Anzi, quello che fa
meglio sperare di Anonymous è che
lascia l’ascoltatore speranzoso nel
prossimo passo di Danison, Stanier
e Patton.
Prima di rimandare nuovamente alla
recensione, possiamo chiosare tornando ancora a Mike, al suo bene e
al suo male. Se è vero che i Faith No
More sono sopravvalutati rispetto ai
loro meriti, a Patton va infatti il merito di non aver protratto le facilonerie.
Siamo di fronte a un personaggio che
ha grossissime potenzialità nel concentrare su di sé l’altrui attenzione;
così facendo ha tenuto vivi i sospetti
sull’ascia indianoamericana, ma anche aperto alla sperimentazione un
mercato sicuramente non avvezzo.
Patton è un personaggio popolare,
e su questa cifra bisogna soppesare
gli intarsi della sua personalità tra i
vari progetti che solca.
Poi c’è modo e modo di dosare la
propria fama, che è il proprio potere. Come quella volta che fu Patton
a subire un torto; quando cioè, per
scaramucce precedenti, alla fine degli anni ’90 Anthony Kiedis dei Red
Hot Chili Peppers, appena seppe
che i Mr. Bungle dovevano suonare in un enorme festival in Australia
(del quale i RHCP erano ovviamente
tra i nomi di punta), minacciò di non
portare sul palco il proprio gruppo se
prima quello di Patton non fosse stato cancellato dal programma. Nessun
commento è necessario. Gli arriverà
presto un’ascia in fronte.
sentireascoltare 17
Mirah
MIRAH E I PERCORSI DELL’ANIMA
di Alessandro Grassi
Dal folk al tribalismo a l l a ” w o r l d m u s i c ” d e l l ’ u l t i m o S h a r e T h i s P l a c e , l a t a l e n t u o s a M i r a h p r o s e g u e i l s u o p e r c o r so,
fatto di canzoni lievi c h e e s p l o r a n o l a g a m m a d e l l ’ u m a n o s e n t i r e . L a n o s t r a c h i a c c h i e r a t a s u l n u o v o r i u s c i t o d i sco
e su molto altro anco r a .
Mirah Yom Tov Zeitlyn è una scrit-
L a v o c e e la c h i t a r r a d i M i r a h s o n o
1 2 . M i p i a c e l ’ i d e a d i e s s e r e c a pa -
trice di canzoni lievi, dedicate alle
sempre suadenti e dondolanti ma
c e d i t r a s m e t t e r e u n a b u o n a e mo -
stelle. Mirah è gay. Mirah ha avu-
questa volta il calderone sonoro è
z i o n e a l l e p e r s o n e c h e a s c o l t a no,
to molte case e nessuna residenza
decisamente più vitale e complica-
d a r e l o r o q u a l c o s a a c u i p e n s are,
fissa fino a poco tempo fa. Mirah
to: arrivano delle sezioni di archi e
q u a l c o s a c o n c u i m i s u r a r s i , i s p i rar-
era una ragazza come tante alla ri-
percussioni roboanti, come nell’ini-
li, farli piangere o ridere.”
cerca di sé, leggermente introversa
z i a l e C o l d C o l d Wa t e r , c ’ è s p a z i o
S i a r r i v a v e l o c e m e n t e a l 2 0 0 3 l ’ an -
che da Philadelphia si è trasferita a
per sempiterni folk ballad come
n o d i u n p r o g e t t o p a r t i c o l a r e che
Olympia negli anni della sua ado-
Make It Hot e Monument, ma si er-
g e n e r a u n d i s c o c u p o , a t m o s f e r ico,
lescenza. Dopo essersi diplomata,
gono i primi giacigli per incursioni
t r i b a l i s t a , u n d i s c o f o r t e m e n t e in -
Olympia continua ad essere la sua
elettroniche, beat che s’insinuano
f l u e n z a t o d a q u e l l ’ e s p e r i m e n t o so -
città. Comincia un po’ per gioco a
nella
n o r o c h e è M t . E e r i e d e i M i c r o p ho-
suonare, autoinsegnandosi a ma-
pressoché perfetti come Recom-
nes:
neggiare una chitarra e a comporre
mendation.
M o u n t a i n M u s i c P r o j e c t.
i suoi primi brani.
Nonostante la materia trattata si sia
M a è u n a p a r e n t e s i d e t t a t a d alla
Poco dopo giungeranno due eventi
ispessita e che le chiavi di lettura
c o r a l i t à d e l p r o g e t t o . L a s o l a rità
che cambieranno per sempre il corso
siano diventate molteplici insieme
comunicativa della nostra torna a
della sua vita sia umanamente che
agli stili toccati, si avverte una cer-
s p l e n d e r e l ’ a n n o d o p o n e l c o m pat -
musicalmente: la nascita dell’amici-
ta coerenza di fondo che è l’anima
t o q u a r t o a t t o C ’ m o n M i r a c l e . I l di -
zia con il batterista/cantante tutto-
narrante della cantante e che sem-
s c o p i ù r i u s c i t o d e l l o t t o a n n o v era
fare dei Microphones Phil Elvrum e
bra riconciliare ogni episodio sep-
c o m e s o l u z i o n i s o n o r e l e s t e s s e di
l’entrata a far parte del rooster della
p u r n e l l a s u a d i ff e r e n z a c o m e f o s s e
s e m p r e t u t t e p e r ò e s e g u i t e c o n una
celeberrima K Records, forse il faro
una strada singola, come un viaggio
f e d e l t à m a g g i o r e e c o n p i c c o l e sfu -
più brillante nella creatività indipen-
unico che ha come appiglio tappe
m a t u r e e a c c o r g i m e n t i c h e r e n d ono
dente di Olympia.
d i ff e r e n t i : “ C r e d o c h e i m i e i a l b u m
i l d i s c o u n a v e r a p e r l a d i c a n t a uto -
Nel 1999 comincia a lavorare in-
tendano a correre in più direzioni,
rato al femminile.
sieme a Phil Elvrum al suo debutto
con molte e differenti tipologie di
I l d o p o è u n p e r i o d o d i ff i c i l e o q uel -
ossia You Think It’s Like This, But
beat e suoni fra una canzone e l’al-
l o c h e s o s t a n z i a l m e n t e s i p u ò d efi -
Really It’s Like This. Edito nel 2000
t r a . L’ u n i c a c o s a c h e p o s s o i d e n t i -
n i r e “ u n n u o v o i n i z i o ” : “ H o p a s s ato
non è niente di più di un’altra raccol-
ficare come fattore unificante non è
d e l t e m p o a p o r t a r e i n t o u r C ’ mon
ta di pezzi registrati su un 4 tracce,
musicale: è una questione di grandi
M i r a c l e e d o p o h o s e n t i t o i l b i s o gno
composizioni
folk.
sentimenti, che si prendono vera-
d i u n b r e a k . Vo l e v o r i p o s a r m i un
Voce e chitarra e ogni tanto qualche
mente cura delle persone intorno a
p o ’ , c o n o s c e r e l a c i t t à i n c u i m i ero
inserto di batteria grattuggiante per
me, che condividono il mio mondo.
dovuta trasferire (Portland, ndi.) e
un insieme di pezzi che punta alla
Cerco di comunicare un sentimen-
a v e r e u n r u l l i n o d i m a r c i a u n po’
comunicatività immediata.
to di speranza attraverso il mio la-
p i ù r e g o l a r e r i s p e t t o a l s o l i t o . Ho
Nel 2001 prende vita il secondo
voro, e qualche volta si necessita
t r a s c o r s o u n a n n o p r e v a l e n t e m en -
episodio, quell’ Advisory Commit-
l’ascolto dell’intero disco per ave-
t e a c a s a , l a v o r a n d o a d u n m a r ket
tee che è un completo abbaglio, un
re il quadro completo, poiché se la
agricolo,
nuovo mondo, più conciso, più omo-
soluzione non arriva con la terza
p a s s a n d o d e l t e m p o c o n l a m i a ra -
geneo, più inquadrato.
canzone è probabile che arrivi alla
g a z z a . S o n o s t a t a i n v e s t i t a d a una
profondamente
18 sentireascoltare
trama
e
generano
classici
Songs
From
coltivando
The
un
B l ack
g i a r d i no,
macchina, ho i n i z i a t o a f a r e m o l t o
pupazzi-insetto sulle parti pre-re-
La materia musicale d’altro can-
yoga, ho cors o u n a m a r a t o n a . E h o
gistrate. È specializzata nell’usare
to è sicuramente diversa rispetto
anche comple t a t o l a s c r i t t u r a e l a
oggetti trovati, generalmente cose
al passato. Il folk è ora inteso in
registrazione d i S h a r e T h i s P l a c e . ”
che sono state scartate come rifiuti
senso etnico, in una nuova moda-
Arriviamo all’ o g g i o q u a s i . S h a r e
per creare i suoi scenari. La secon-
l i t à “ w o r l d m u s i c ” c h e a ff a s c i n a e
This Place è u n p r o g e t t o c o m p l e s -
da metà delle canzoni dell’album
stupisce: “La musica è stata tutta
so, qualcosa d i p i ù d i u n n u o v o a l -
sono state registrate qualche mese
composta da Lori Goldston e Kyle
bum su cui m e t t e r e l e m a n i : “ È i n i -
dopo e abbiamo ripetuto lo scambio.
Hanson. Mi hanno inviato idee mu-
ziato tutto com e u n a c o l l a b o r a z i o n e
La performance consiste nel nostro
sicate, o qualche volta un’intera
intesa per una s p e c i f i c a p e r f o r m a n -
live musicale accompagnato da 50
canzone e io ho scritto su ciò che
ce in un festiv a l a r t i s t i c o a P o r t l a n d
minuti più o meno di animazione che
mi hanno mandato e poi abbiamo
chiamato TBA f e s t i v a l ( Ti m e B a s e d
è proiettata in un video circolare po-
assemblato il tutto. Loro hanno una
Art) ma erava m o c o s ì s t u p i t i d a c i ò
sto sopra le nostre teste. È piuttosto
grande confidenza con molti stili
a cui eravamo a r r i v a t i c h e a b b i a m o
semplice ma l’animazione è vera-
musicali, come ad esempio il turco
deciso di esp a n d e r e i l p r o g e t t o . I l
mente stellare, pensa che tutti i pu-
o il balcano. Il nostro percussioni-
soggetto è ve n u t o u n p o ’ a c a s o .
pazzi sono fatti di immondizia!”
sta suona anche con una band di
Volevamo
Diventa
questo
musica araba e il nostro suonatore
possibilmente u n i v e r s a l e , q u a l c o s a
punto come la nostra sia riuscita ad
di Oud ha studiato musica africa-
su cui potess i s c r i v e r e d e l l e b u o -
adattare il proprio songwriting o a
na per anni e suona anche la Kora.
ne storie, qu a l c o s a c o n e m o z i o n e
manipolarlo per parlare della vita e
Così il suono della musica in Share
e personalità m a a l l o s t e s s o t e m p o
dei percorsi degli insetti o per par-
This Place è influenzato principal-
qualcosa di m o l t o l o n t a n o d a i s o l i t i
lare di cose più universali proprio
mente dal background loro rispetto
canali, che si s o n o s e m p r e c o n c e n -
attraverso le loro gesta: “Queste
al mio.”
trati su di me e s u l l e m i e e s p e r i e n -
nuove canzoni trattano molti degli
Un album ancora una volta pieno
ze. Imparand o a c o n o s c e r e g l i i n -
stessi temi di sempre però in una
di grazia e di tatto che aumenta in
setti (la vera m a t e r i a d i c u i t r a t t a i l
chiave differente. C’è una mosca
maniera esponenziale la curiosità
disco, ndi.) e s c r i v e n d o s e c o n d o l a
che brama solamente di essere ac-
verso i nuovi territori che la nostra
loro prospetti v a è s t a t o i l l u m i n a n t e
cettata e amata anche se è costan-
potrà toccare a breve nella spe-
per me, come c a n t a s t o r i e e c o m e
temente rifiutata e degradata da
ranza che riesca a portare il suo
novizia entom o l o g a . ”
colui che adora. C’è una seduttiva
spettacolo nuovo qui nei nostri lidi:
Share This Place non è solo un di-
lucciola che “luccica” il suo langui-
“Sto lentamente iniziando a regi-
sco si diceva. E’ anche una perfor-
do erotismo e poi freme per l’urgen-
strare un nuovo disco solista ma ci
mance animata che accompagna la
za dell’attrazione. C’è lo scarabeo
vorrà del tempo prima che venga
resa live del gruppo, dei video rea-
stercolario che è a sua volta così
ultimato… Fortunatamente avremo
lizzati da un artista amica di Mirah:
ingannevolmente semplice con la
la possibilità di inscenare Share
“Britta Johnson è entrata a far parte
sua gioia per il suo pasto (la sua
This Place in Italia ed in Europa
del progetto nell’istante stesso in cui
palla di merda) e allo stesso tempo
anche se ancora non so quando.”
abbiamo presentato l’idea. Avevamo
è così rappresentativo della grande
Nella speranza che la promessa
già delle canzoni scritte e registra-
ruota che è la vita. Sono così teneri
venga mantenuta godiamoci que-
te così le abbiamo manipolate per
e così intenti nella loro vita, proprio
sto ultimo bellissimo lavoro…
lei e ci ha animato i suoi fantastici
come noi.”
Bentornata!
qu a l c o s a
di
specifico,
curioso
capire
a
sentireascoltare 19
Gianluca Becuzzi
kinetix
di Daniele Follero
Un temperamento per niente nostalgico, un passato vissuto da studente di Belle Arti a Firenze, ascoltando Eno e John Cage, Throbbing Gristle e Pierre Schaeffer, per poi virare a 360° il suo percorso musicale,
approdando all’elettronica sperimentale. Gianluca Becuzzi è, allo stato
attuale, uno dei nomi più altisonanti del panorama avant-elettronica
italiano. Ne abbiamo parlato con il diretto interessato...
In principio fu Kin e t i x . N e l 1 9 9 9
rouge che colleghi ciò che mi ha
L a S m a l l Vo i c e s c o n i l s u o co -
ha inizio la tua att i v i t à c o n q u e-
maggiormente influenzato, parle-
r a g g i o è r i u s c i t a a t r a s f o r m arsi
sto moniker, ma la t u a c a r r i e r a
rei di tutte quelle musiche capaci
p r e s t o i n p u n t o d i r i f e r i m e nto
comincia già a part i r e d a l l a m e t à
di esprimere idee forti, compiute,
i m p r e s c i n d i b i l e p e r l ’ e l e t t r o n ica
degli anni Ottanta. C o s ’ è s u c c e s-
autonome, innovative, che si espri-
s p e r i m e n t a l e n o s t r a n a . C o m e sei
so in quegli anni?
mono attraverso forme quanto più
v e n u t o i n c o n t a t t o c o n l ’ e t i c h etta
Negli Ottanta studi a v o p i t t u r a a l -
possibile essenziali. A mio modo
p u g l i e s e ? Q u a l i s o n o i v o s t r i r ap-
l’Accademia di Belle A r t i d i F i r e n z e
di vedere, in questa categoria tra-
porti oggi?
e co ntestualmente f a c e v o l e p r i -
sversale possono convivere uno al
Conosco
me esperienze mus i c a l i s u o n a n d o
fianco dell’altro artisti come Brian
m o l t i a n n i . C o s ì , q u a n d o l u i f o ndò
post-punk, coldwave , i n d u s t r i a l e t
Eno e John Cage, Throbbing Gri-
S m a l l Vo i c e s a s s i e m e a P i e r p a olo
similia . Quello era il s u o n o “ p i ù e c -
s t l e e P i e r r e S c h a e ff e r, R y o j i I k e d a
M a r c h i o , p e r m e è s t a t o d e l t utto
citante” dell’epoca, s o p r a t t u t t o s e ,
e Karlheinz Stockhausen, Iannis
n a t u r a l e p r o p o r r e l o r o i m i e i l a v ori.
come capitava a me , a v e v i 1 8 a n n i
Xenakis e John Duncan, Pauli-
P i e r p a o l o e P a s q u a l e s o n o s t a ti i
e vivevi a Firenze, l a c a p i t a l e i t a -
ne Oliveros e Pansonic, Bernhard
p r i m i a c r e d e r e n e l m i o n u o v o cor -
liana del “popolo ner o v e s t i t o ” . C o s ì
Guenter e Morton Feldman.
s o a r t i s t i c o o ff r e n d o m i l ’ o p p o r t u nità
Pasquale
Lomolino
da
c o n c r e t a d i f a r c i r c o l a r e i l n o m e di
ho iniziato e così ho p r o s e g u i t o p e r
buona parte degli a n n i N o v a n t a ,
L’ e l e t t r o n i c a i t a l i a n a , s o p r a t t u t t o
K i n e t i x c o n l a p u b b l i c a z i o n e i n CD
pubblicando album e s u o n a n d o i n
nel campo della musica d’arte, ha
d i S e l e c t e d E _ M i s s i o n s e W hite
giro per mezza Euro p a s o t t o s v a r i a -
una storia di tutto rispetto, lega-
R o o m s . I n s e g u i t o h a n n o c o n t i n ua -
te sigle. Alla fine d e l l o s c o r s o d e -
ta a persone e luoghi fondamen-
t o a s u p p o r t a r m i p u b b l i c a n d o Me -
cennio i miei interes s i a r t i s t i c i s o n o
tali come Bruno Maderna, Luigi
m o r y M a k e s N o i s e , l ’ a l b u m a mio
mutati radicalmente e h o i n d i r i z z a -
Nono, Luciano Berio e lo Studio
n o m e d e l l o s c o r s o a n n o e q u e l l o del
to la mia ricerca es p r e s s i v a v e r s o
Fonografico della RAI. Che rap-
d u o - p r o j e c t c o n F a b i o O r s i M u ddy
forme maggiorment e s p e r i m e n t a l i
porto hai con le forme primordia-
S p e a k i n g G h o s t s T h r o u g h M y Ma -
rispetto al passato. O g g i t e n d o a d
li di elettronica e in generale con
c h i n e s. I n s o m m a , c o n S m a l l Vo i ces
archiviare la prima f a s e d e l l a m i a
i compositori contemporanei che
e l a s u a s i s t e r l a b e l A S i l e n t P l a ce è
produzione (una qu i n d i c i n a d i a l -
con essa hanno sperimentato?
un continuo work in progress.
bum circa) sotto la v o c e “ o p e r e g i o -
Nutro grandissimo rispetto e am-
vanili”, siccome non h o u n t e m p e r a -
mirazione nei confronti dei pio-
L a t u a r i c e r c a n o n s i f e r m a a l ver -
mento nostalgico e q u i n d i m i c a p i t a
nieri che hai nominato. Senza la
s a n t e m u s i c a l e , m a c o m p r e nde
raramente di ripensa r e a l p a s s a t o .
loro fondamentale opera, il mio
a n c h e l e a r t i v i s i v e e i l r a p por -
Tutte le mie energie s i c o n v o g l i a n o
modo di concepire il suono e la-
t o s p a z i o - s u o n o ( c o m e i n W hite
sul presente, quand o n o n a d d i r i t t u -
vorare con esso non sarebbe lo
R o o m s ) , r e n d e n d o l a d i m e n s i one
ra su l futuro.
stesso. Credo che questo “debito
performativa/installativa
artistico” vada assolutamente rico-
s c i n d i b i l e p e r c o m p r e n d e r e l a tua
Attraverso quali as c o l t i G i a n l u c a
nosciuto ed esteso anche a coloro
a r t e . I n q u e s t o s e n s o i l s u p p orto
Becuzzi è diventat o i l m u s i c i s t a
che, pur ignorando opere e nomi
d i s c o g r a f i c o n o n r i s c h i a d i e s se -
che conosciamo? In p r a t i c a , q u a-
dei compositori citati, beneficiano
re un limite?
li sono le musiche c h e t i h a n n o
inconsapevolmente delle loro idee
P a r a l l e l a m e n t e a l l a p r o d u z i o n e di
formato?
rivoluzionarie quando, ad esem-
l a v o r i c o m p o s i t i v i ( p e r i q u a l i i l s up -
Tantissimi ascolti, t r a l o r o d i v e r -
pio, considerano pratica ordinaria
p o r t o d i g i t a l e è o v v i a m e n t e q u ello
si, che vanno dalla m u s i c a c o s i d -
inserire suoni di sintesi e/o loop
a p p r o p r i a t o ) h o r e a l i z z a t o a n che
detta “colta” a quell a “ e x t r a - c o l t a ” .
campionati all’interno delle proprie
t u t t a u n a s e r i e d i l a v o r i “ a l t r i ” r i s pet -
Dovendo comunque t r o v a r e u n f i l
musiche.
t o a l l a m o d a l i t à d e l p u r o a s c o lto:
20 sentireascoltare
i m pre -
installazioni s o n o r e , a u d i o - v i s i v e ,
sonorizzazion i d i s p a z i , s o u n d d e sign, perform a n c e . P e r s o n a l m e n t e
considero CD c o m e W h i t e R o o m s
o Gestaltsyst e m 0 1 : : P o s s i b l e F o r ms:: i catalog h i d e l l e d u e i n s t a l l a zioni che port a n o l o s t e s s o t i t o l o e
niente più di q u e s t o , c o s c i e n t e c h e
per “godere p i e n a m e n t e d e l l ’ o p e r a ”
è necessario f r u i r l a n e l l a d i m e n s i o ne percettiva p e r l a q u a l e è s t a t a
progettata. Qu e s t e f o r m e d ’ a r t e m i
interessano a t a l p u n t o c h e i o e
il mio amico M a r c o F o r m a i o n i a b biamo ideato u n f e s t i v a l c h i a m a t o
Piombino eXp e r i m e n t a , i n t e r a m e n te dedicato al l a s o u n d a r t .
Che fine ha fa t t o K i n e t i x ? Q u a n d o
e perchè hai d e c i s o d i a b b a n d o nare questo m o n i k e r p e r p r e s e n tarti con il tu o n o m e a n a g r a f i c o ?
E, soprattutt o , è u n a s c e l t a d e f initiva?
Kinetix è la s i g l a c h e h o u t i l i z z a to ogni volta c h e l a m i a r i c e r c a s i
centrava sul s o u n d p r o c e s s i n g d i gitale. Attual m e n t e s t o l a v o r a n d o
principalment e c o n s o n o r i t à e l e t troacustiche-c o n c r e t e e p e r q u e s t o
motivo, a part i r e d a M e m o r y M a k e s
Noise , ho pr e f e r i t o f i r m a r e c o n i l
mio nome i la v o r i c h e a n d a v a n o i n
questa direzio n e , r e l e g a n d o l a s i g l a
a semplice su ff i s s o m n e m o n i c o . K i netix potrebb e s a l t a r e n u o v a m e n t e
fuori se decid e s s i d i d a r e a l l e s t a m pe alcune reg i s t r a z i o n i i n e d i t e c h e
sono rimaste n e l c a s s e t t o . D i v e r s a mente non so . . .
Con Memory M a k e s N o i s e , p u r
senza abband o n a r e i l r a d i c a l i s m o
che ti è semp r e s t a t o p r o p r i o , h a i
inserito elem e n t i e l e t t r o a c u s t i c i e
lo stesso hai fatto nei due lavori
con Fabio Orsi. Del resto, è divenuta una pratica diffusa da parte
d e g l i e x “ p u r i s t i ” d e l l ’ e l e t t r o n ica, quella di arricchire il sound
con elementi acustici. Cos’è, una
sorta di ripensamento o la nuova frontiera dell’elettronica postmoderna?
Non sta a me dire se questa sia l’ultima frontiera, per certo è un terreno di ricerca estremamente stim o l an t e , c h e n e g l i u l t i m i t e m p i h a
a t t r at t o d i v e r s i a l t r i a r t i s t i d e l g i r o
avant internazionale. Quello che
p o s so d i r t i è c h e i f i e l d r e c o r d i n g s ,
la manipolazione di oggetti sonori e
gli strumenti acustici che ho utilizzato per realizzare le composizioni
più recenti, mi hanno dato risultati talmente soddisfacenti da convincermi a proseguire in direzione
elettroacustica. Questo non significa che in futuro non potrei tornare
a pensare in termini di elettronica
pura. Mai dire mai...
Quella con Orsi è stata solo una
collaborazione
estemporanea
o avete in progetto altri lavori?
C o me è n a t a l ’ i d e a d i f a r e m u s i c a
insieme?
Q u e ll o f o r m a t o d a m e e F a b i o è u n
vero e proprio duo-project destinato a rimanere stabile nel tempo
e produrre altro ancora. Il nostro
sodalizio si fonda su un’autentica
amicizia e su una stima reciproca
che investe tanto il piano umano
quanto quello artistico. Ci siamo
conosciuti nell’estate del 2004 in
un luogo virtuale, il forum di IXEM
( I t a l ia n e X p e r i m e n t a l E l e c t r o n i c
M u s ic ) , d o v e è a v v e n u t o u n p r i m o
scambio di opinioni. In seguito,
s p e d e n d o c i l e r i s p e t t i v e produzioni
p e r v i a p o s t a l e , a b b i a m o capito che
a l l ’ u n o p i a c e v a l a m u s i c a dell’altro
e d a b b i a m o i n i z i a t o a c o l l aborare a
d i s t a n z a . Tu t t o i l r e s t o è venuto da
s e : i p r i m i d u e m p 3 w o r k s a doppia
f i r m a , m e s s i i n r e t e d a S i newaves.it
( S n o w P a l a c e H o t e l e S t ella Maris
H o t e l ) , O s c i, i l s o l o - d e b u t di Fabio,
a l q u a l e h o l a v o r a t o i n v e ste di pro d u t t o r e d e l s u o n o , f i n o a d arrivare
ai due recenti CD in duo.
Mi
piace
immaginare
Muddy
S p e a k i n g G h o s t s … c o m e una sor t a d i d i m o s t r a z i o n e d i q uanto, in
e p o c a p o s t m o d e r n a , l e radici del
f o l k p o s s a n o l e g a r s i a l suo estrem o o p p o s t o , l ’ e l e t t r o n i c a. Come è
n a t a l ’ i d e a , t r a l ’ a l t r o m olto inter e s s a n t e e o r i g i n a l e , d i rivisitare
l e r e g i s t r a z i o n i d i A l a n Lomax?
L’ i d e a è n a t a p r o p r i o d a l la volontà
d i c r e a r e u n c o r t o c i r c u i t o estetico
t r a d i m e n s i o n i s t o r i c o / c u lturali tra
l o r o t a n t o d i s t a n t i d a r i s u l tare pres s o c h é i n c o n c i l i a b i l i . D a u na parte i
m o n d i d e l l e t r a d i z i o n i p opolari re g i s t r a t e d a L o m a x , d a l l ’ a ltra la no s t r a c o n t e m p o r a n e i t à t e c nologica e
d i s i n c a n t a t a . U n a s o r t a d i incontro/
s c o n t r o t r a t e r m i n i a n t i t e tici: natu r a e c u l t u r a , p a s s a t o e presente,
t r a d i z i o n e e a v a n g u a r d i a. Un la v o r o b a s a t o s u l l a r e g i a ( sequenze,
m o n t a g g i , t e m p i ) t a n t o c h e per certi
v e r s i , a l l a f i n e , s o m i g l i a più a un
film che a un disco.
L’ i d e a
delle
forme
variabili
e s p r e s s a i n G e s t a l t S ystem01::
P o s s i b i l e F o r m s : :, q u e l la cioè di
f a r s u o n a r e d u e C D c o ntemporan e a m e n t e , f o r n e n d o a l l’ascoltat o r e l a p o s s i b i l i t à d i c r e are nuove
sentireascoltare 21
forme, mi sembra vada nella direzione del superamento dell’ascolto passivo. Un modo di superare
le modalità d’ascolto tradizionali,
unendo ricezione e creazione. Ė
a questo che pensavi quando hai
pubblicato il disco?
Esattamente, la qual cosa vale anche come ricerca sulle possibilità
autogenerative del suono, che può
riconfigurarsi in forme sempre diverse se la composizione si basa
su strutture modulari come avviene
nel caso di questo doppio Cd. Nella sua versione installativa, invece,
Gestaltsystem… è stato presentato nell’estate 2005 durante la prima
edizione del Piombino eXperimenta. In quel caso avevo diffuso la
composizione all’interno di tre celle
del Castello di Piombino. L’ascoltatore era invitato ad entrare nel buio
delle tre anguste prigioni chiudendosi la porta alle spalle per fare esperienza diretta del suono prodotto
dai Cd-player selezionati in modalità random/repeat. Data l’esiguità
dello spazio, il suono prodotto dagli
speaker risultava assai prossimo e
dunque “fisicamente avvertibile”.
Puoi parlarci brevemente della
IXEM, della quale sei membro?
22 sentireascoltare
IXEM è una comunità virtuale attiva
in rete da alcuni anni, che riunisce
una significativa rappresentanza
di artisti italiani dediti alla sperimentazione: compositori, perform e r, v i d e o a r t i s t i e t c . L’ e m a n a z i o n e
pubblica di IXEM attualmente più
visibile è Live-IXEM-Festival, una
rassegna annuale proposta sotto
forma di contest.
Immagino non sia facile per un
musicista sperimentale e, diciamolo pure, di nicchia, vivere con
l a p r o p r i a m u s i c a . Tu c i r i e s c i ?
Quali sono le maggiori difficoltà
che incontri?
No, io non vivo di sola arte, svolgo altre attività lavorative per garantirmi quel minimo di tranquillità
e c o n o m i c a d i ff i c i l m e n t e o t t e n i b i l e
altrimenti. Qualche volta mi capita di pensare quanto sarebbe bello
se potessi occuparmi di musica a
tempo pieno, senza alcuna distrazione, altre volte, invece, mi convinco che far dipendere unicamente dagli introiti artistici i pagamenti
d e l l ’ a ff i t t o , d e l l e b o l l e t t e e l a s p e sa al supermercato potrebbe finire
per rovinare tutto. Quindi, forse, è
preferibile lasciare le cose come
stanno...
D e l r e s t o s o n o t a n t i i g r a n d i a rtis t i p e r i q u a l i l ’ a r t e , a l m e n o f ino
a u n c e r t o p u n t o , n o n h a r ap p r e s e n t a t o l a p r i n c i p a l e f o n t e di
g u a d a g n o . B a s t i p e n s a r e a I t alo
S v e v o e C h a r l e s I v e s , e n t r am b i a s s i c u r a t o r i . S p e r o t i s i a di
a u g u r i o . . . L a p i ù c l a s s i c a d elle
d o m a n d e p e r c h i u d e r e u n ’ i n t e rvista: progetti per il futuro?
H o c o m p o s t o u n a n u o v a p i è c e e let t r o a c u s t i c a i n t i t o l a t a [ i n ] v i s i ble
F i e l d s a f i r m a G i a n l u c a B e c uzzi
e s t o a t t u a l m e n t e t r a t t a n d o l a sua
p u b b l i c a z i o n e a l l ’ e s t e r o . E n t r o l ’ an n o u s c i r à a n c h e i l p r i m o d i u n a se r i e d i q u a t t r o v o l u m i c h e r i s t a m p ano
m a t e r i a l e T R A X , a l l a q u a l e p a r t eci p o c o n c o m p o s i z i o n i i n e d i t e s p eci f i c a m e n t e c r e a t e p e r l ’ o c c a s i o ne.
I l t e r z o l a v o r o c o f i r m a t o c o n F abio
O r s i s a r à p u b b l i c a t o n e l p r o s s imo
a u t u n n o p e r l ’ e t i c h e t t a s t a t u n i t e nse
L a s t Vi s i b l e D o g e s i i n t i t o l e r à Wild
F l o w e r s U n d e r T h e S o f a. C o me
p r o d u t t o r e d e l s u o n o h o l a v o r ato
i n v e c e a l l ’ a l b u m s o l i s t a d e l “ s o l ito”
F a b i o , F i n d E l e c t r o n i c a, e a E n so,
l ’ e s o r d i o d i L u i g i Tu r r a , u n a ltro
g i o v a n e t a l e n t o n a z i o n a l e d a l q u ale
aspettarsi grandi cose.
DISCOGRAFIA ESSENZIALE
Kinetix - Selected E_Missions (SmallVoices, 2004)
Debutto di Kinetix su SmallVoices, questo disco rappresenta anche il punto di partenza degli interessi radicali di Gianluca Becuzzi. Sei tracce nelle quali l’elettronica
prova a farsi suono naturale, o per lo meno, prova ad avvicinarvisi. Drones che si
trasformano in rumori della terra, immersi in atmosfere oniriche e ambienti sonori
spaziosi e nitidi. In questo astrattismo sonoro, la spazialità del suono risulta essere
il parametro dominante. (7.1/10)
Kinetix - White Rooms (Small Voices, 2004)
L’interesse per lo spazio sonoro e per la multidimensionalità della musica prosegue
con questo doppio cd, un lavoro basato sulla relazione tra spazio fisico e sonoro.
Il progetto è quello di mettere in musica la dimensione di una stanza, di tradurre
l’ambiente fisico in disegno sonoro, intervenendo su singoli parametri dimensionali:
volume, tempo, frequenze e spazio. Un’ottima conferma dell’attitudine sperimentale
di Kinetix/Becuzzi. (7.2/10)
Kinetix Gestaltsystem01:: Possible Forms :: (Monochrome Vision, 2006)
Pubblicato dall’etichetta russa Monochrome Vision, Gestaltsystem01…, più che un
disco vero e proprio è come se fosse il catalogo di una installazione presentata nel
settembre 2005 al Festival Piombino eXperimenta. Il lavoro è concepito in modo
che, suonando simultaneamente i 2 cd di cui si compone (ognuno dei quali contiene
otto tracce di lunghezza identica), si ottengoano nuove combinazioni. La musica
eterodirezionale di Becuzzi questa volta prova a proiettarsi nella dinamica ascolto
attivo/passivo, che spinge verso un’interessante creatività della fruizione. (7.2/10)
Gianluca Becuzzi [Kinetix] - Memory Makes Noise
(SmallVoices / Audioglobe, 2006)
Senza abbandonare il radicalismo che lo ha sempre contraddistinto, Becuzzi arricchisce il suo stile di elementi elettroacustici. I cut up, che costituiscono le fondamenta concettuali di Memory Makes Noise, si spingono fino al citazionismo,
rendendo evidente il legame con autori quali Luc Ferrari e Morton Subotnick. Tre
lunghe tracce, in cui il flusso di coscienza non si arresta mai, tra rumori concreti,
tappeti electronoise e strumenti acustici trasfigurati, creando un paesaggio allucinato da cui è difficile scappare. (7.2/10)
Gianluca Becuzzi / Fabio Orsi - Muddy Speaking Ghosts
Through My Machines (A Silent Place, 27 febbraio 2007)
Un drone plumbeo trafitto da un canto lontano. Un blues d’anteguerra, uno spiritual
di chissà quale martire. Un soffrire esangue, quello di North Of Me (At Midday), che
si scioglie e si cede alla pioggia, nella trilogia ad essa intitolata. Una dedica ad Alan
Lomax che è come una dichiarazione di intenti, tentativo rischioso e affascinante di
unire passato e presente attraverso la loro estrema sintesi musicale. Un risultato
straordinario. E post-moderno. (7.5/10) (Gianni Avella)
Gianluca Becuzzi / Fabio Orsi - The Stones Know
Everything (Digitalis, aprile 2007)
Secondo di una trilogia iniziata con il precedente Muddy Speaking..., questo doppio album perde il registro nostalgico evocato dai campionamenti di Alan Lomax. Le
fondamenta ambient brillano così di nuova luce. Dando per scontato ormai che la
coppia Orsi/Becuzzi regge il confronto con gli altri nomi altisonanti del settore, l’unica cosa che preme qui sottolineare è come un lavoro del genere si collochi ormai
indubbiamente su un contesto tutto suo, lontano da quello nazionale dell’ambient
drone e dell’elettroacustica. (7.5/10) (Antonello Comunale)
sentireascoltare 23
big bang da camera
Smashing Pumpkins
di Stefano Solventi
Nel bel mezzo dei N o v a n t a s e m b r a r o n o u n a d e l l e c o s e p i ù e l e t t r i z z a n t i m a i
capitate al rock. Ma l a l o r o v i c e n d a s o n o r a d a m a g n i f i c a s b i a d ì p r e s t o i n
qualcosa di confuso , t r o n f i o , e s a u s t o . U n o s g u a r d o a l l a p a r a b o l a S m a s h i n g
Pumpkins.
Classe ‘67, figlio d’un chitarrista
avvenimento che sublima la real-
lione di volte. Erano i phisique du
blues, Billy Corgan nutrì l’adole-
tà. Non la riscatta: la sostituisce.
role che realizzavano il suo sogno
s c e n z a d i c u p a s b r u ff o n e r i a h a r d -
O ff r e u n r i f l e s s o d o l o r o s o e p u r
fantarock.
rock anni settanta - Black Sabbath,
tuttavia proteso verso una rivalsa
Questo non significa sminuire la
C r e a m , L e d Z e p p e l i n , C h e a p Tr i c k
ideale, fiabesca.
portata
- e di brumose inquietudini wave
la visceralità, sono una trappola.
Pumpkins. Anzi. La ragione profon-
alla Bauhaus, Echo And The Bun-
Quindi Corgan trasloca baracca e
da che li mosse, pescata nel poz-
nymen e Cure. Questi i principali
burattini (rabbia e trepidazioni) su
zo di una personalità complessa,
moventi di una formidabile schizo-
un piano puramente sonico, e per
enigmatica e potente quale quella
frenia poetico/estetica, compressa
farlo deve costruirsi la torre sen-
di Corgan, è tutto ciò che occor-
nei pochi metri quadri di una imma-
za porte né finestre in cui far con-
re e anche di più quale innesco di
ginaria (?) cameretta, tipo quella
vergere tutto l’immaginario rock a
un dispositivo rock coi controcaz-
sotto cui sferragliava il tram che
disposizione. Nella quale il senso
z i . L’ i m p a t t o d i G i s h e S i a m e s e
potete
demo
di estrema libertà è un’illusione
Dreams si spiega da solo. E che
contenuto in Pisces Iscariot. Lì, in
necessaria, che cova in petto un
dire di tutto il contemporaneo som-
quella cameretta, accaddero cose
doloroso anelito di salvezza e au-
merso, rinvenibile solo parzialmen-
fantascientifiche.
torealizzazione.
te in Pisces Iscariot? C’è in Cor-
che. Conseguenza di una gigan-
C e r t o , o k a y, C o r g a n n o n e r a s o l o .
gan - e di conseguenza nel gruppo
tesca
come
Attorno a lui coagulò una band
- una determinazione estetica im-
quella che - a quanto pare - prece-
m i c a m a l e . Tr e b u o n i e l e m e n t i p e r
pressionante, figlia di un profondo
de qualsivoglia Big Bang.
motivi diversi, James Iha, D’Arcy
disagio e della voglia/necessità di
e Jimmy Chamberlin. Quest’ultimo,
s o d d i s f a r l o / c u r a r l o . L’ u n i c a t e r a p i a
Sogno fantarock
batterista jazz dal percussionismo
è la soddisfazione, l’unico antido-
Nei primi album targati Pumpkins
asciutto e scattante, era musical-
to alla frustrazione esistenziale è
il cassetto di Corgan-Pandora si
m e n t e i l p i ù p r e p a r a t o . L’ u n i c o s o -
lo scatto in alto, verso una clamo-
apre
demoni
pra la media. Quanto a Iha, cono-
rosa autorealizzazione. Il che, per
psych-rock. S’avverte chiara la ve-
sciuto in un negozio di dischi usati
B i l l y, s i g n i f i c a v a i n c a r n a r e i s o g n i
nerazione per l’energia esoterica
dove
sognati fino ad allora.
d e i S a b b a t h , q u e i r i ff c o m e r o c -
“soltanto” un buon chitarrista col
Vo g l i o r i b a d i r e c h e i l s u o c o r p u s
ce strappate al ventre del mondo
DNA marchiato a folk-rock e metal,
lirico e sonico risiede in tutto e
e fatte rotolare sulle strade degli
ritmicamente pronto, abile a tenere
per
entusiasti. Così come la venera-
le distorsioni al guinzaglio, dalla
rock. I melodrammi onirici, il vit-
zione per il vitalismo occulto dei
scrittura felicemente problematica.
timismo rabbioso, l’urlo dissonan-
Led Zeppelin, impasto veemente
D’Arcy invece poteva vantare stu-
te, la carezzevole nenia, l’onirico
e furbastro di mistero folk e sfac-
di classici incentrati su violino e
rollio, sembrano rivolgersi ad un
ciataggine blues. Ma anche le ba-
oboe, ma è pur vero che imbracciò
panteon di situazioni e archeti-
dilate più visionarie e scomposte
il basso per la prima volta dopo il
pi più ideali che reali. Il dramma
obbediscono al disegno d’un dera-
reclutamento nei Pumpkins. Insom-
messo in scena da Corgan, sia
gliamento controllato, d’una impla-
ma, la sensazione è che la band si
esso un grido straziante o un’in-
cabile organizzazione wave.
formò perché i tre finirono attratti
vocazione indolenzita o un furioso
Nella testa-cameretta di Billy il
dall’aura di Corgan, invischiati nel-
declama, è rivolto ad uno schermo
rock diventa la propria stessa ra-
l’orbita della sua urgenza espres-
anzi allo schermo, quello sul quale
gion d’essere, sfondo, scenografia,
siva. Se furono “ingaggiati” è per
ogni pasionario rock che si rispetti
soggetto e interprete di un melo-
come completavano il quadro men-
proietta angosce e insoddisfazioni
dramma languido e violento. E’ un
tale che Billy s’era figurato un mi-
e speranze di rivalsa e timori. In
sentire
in
tensione
liberando
Soothe,
Anzi,
astrofisi-
energetica
orde
24 sentireascoltare
di
Billy
La concretezza,
lavorava,
era
invece
del
tutto
fenomeno
dentro
Smashing
all’immaginario
Corgan, con Corgan e per Corgan
tentico marchio di fabbrica delle
re
si concretizza la madre di tutte le
zucche.
700.000 lusinghiere copie - nel
fantasie rock: l’adolescente salva-
Un campionario stilistico ancora li-
volgere di pochi mesi.
to dalla realtà.
mitato ma intensissimo, capace al-
Pensare che, ascoltato col senno
tresì di covare svolte sconcertanti,
di oggi, il programma non parte
Magmatici gorghi radiosi
come la tenerezza assoluta nel bri-
benissimo: Cherub Rock è rigida e
P a s s i a m o a i f a t t i . I n e l u d i b i l i . L’ e f -
dge della scellerata Siva, o i rica-
prevedibile, non riesce a risolve-
ficacia della quadratura basso-chi-
mi di flauto della melmosa Suffer
re fluidamente la complessa sce-
tarre-batteria. La vena autoriale
e soprattutto il folk psych glassato
nografia di accordi che tappezza il
d i B i l l y, t r e m e n d a m e n t e p r o l i f i c a ,
d’archi della conclusiva Daydream,
muro sonoro; Quiet ripropone con
in grado di azzeccare fervidi pun-
c a n t a t a d a u n a a l t r e t t a n t o i n e ff a b i -
stolida veemenza l’hard funk bitu-
ti di equilibrio tra dolcezza e calor
l e ( e s i l e , i n s t a b i l e ) D ’ A r c y. S o t t o l a
m i n o s o ; To d a y è u n a b a l l a d m a l i n -
bianco. La sua statura d’interpre-
scorza brutale s’intravedono modi
conica e radiosa che s’imbroncia
te, forse imbalsamata in quelle due
sofisticati, esotiche/esoteriche di-
s u u n r i ff e m i n e n t e m e n t e c o b a n i a -
modalità - il sussurro fiabesco e
vagazioni. Rispetto al grunge cui
no. Un trittico piuttosto scontato
l’acidità incapricciata - però incon-
vengono automaticamente - e com-
che avrà fatto la felicità delle radio
fondibile, segno vocale lancinante.
prensibilmente - associati, si pro-
alternative e delle fregole adole-
E quei due primi album, anzi tre.
posero fin da subito come irriduci-
scenziali sintonizzate. Ma il pun-
Gish (Hut, 28 maggio 1991) è il
bili alieni (7.0/10).
to era un altro. Il punto iniziava a
suono (quasi) in presa diretta dal-
E’ appunto l’esplosione del grun-
mettersi a fuoco con la successi-
l a c a m e r e t t a . C o m p r e s s o . Tu m i d o .
ge in seguito a Nevermind che
va Hummer, sconcertante ipotesi
Magmatico. A partire dall’iniziale I
consentì agli Smashing Pumkins
s h o e g a z e t r a e ff e t t i s p e c i a l i d a r k -
Am One il furore malinconico s’in-
di raccogliere i consensi meritati
p s y c h . L’ i r r e q u i e t e z z a d a c a m e r a
carna in hard funk rocciosi e aci-
e qualcosa in più. Parteciparono
d i B i l l y, q u e l g o r g o m a l s a n o c h e
di, col gorgo sinistro del basso, il
- con Soundgarden e Pearl Jam
in Gish s’avvitava inesploso, qui
canto da marionetta torva e quel
tra gli altri - alla soundtrack del
trasfigura in una pietas energica,
drumming
febbrile
celebre Singles, il che consolidò
un disperato idealismo che media
(l’intelligenza ritmica di Chamber-
l’equivoca parentela con la scena
redenzione e dannazione.
lin rappresenta per i Pumpkins ciò
di Seattle. Ma c’era un tour da af-
All’amore sempre dissipato, sparso
c h e C h a r l i e Wa t t f u p e r i p r i m i r o z z i
frontare, lungo ed estenuante, da
a vuoto come la vita (“non sono li-
Stones). Per poi acquietarsi in bal-
c u i l a b a n d u s c ì a p e z z i . Tr a l e
bera / pensi che l’amore esista?”),
latone sognanti, immerse in un ac-
“sparizioni” tossiche di Chamberlin
contrappone una via di fuga sono-
quario torbido, l’altra faccia della
e i continui disaccordi e dissapori
ra, estetica e non poetica, come
furia, il languore di chi sta per ar-
(si consideri la fine della relazione
la meravigliosa semplicità dell’ar-
rendersi. E ancora ruggini e saette
tra Iha e D’Arcy), a Billy capitò di
peggio conclusivo. Da lì in avan-
negli strani esotismi zeppeliniani
a ff r o n t a r e q u a l c h e s e d u t a d ’ i n c i -
ti la scaletta inizia a sfaccettarsi
(Bury Me), un incedere oppiaceo
s i o n e d i S i a m e s e D r e a m s ( Vi r g i n ,
come un prisma: il folk rock ag-
riciclato dalla funebre Caravan dei
27 luglio 1993) in totale solitudi-
ghindato d’archi e campane di Di-
Sabbath (Window Pane, Crush), gli
ne. Una situazione spiacevole ma,
sarm, l’asprezza hard funk di Geek
assolo infervorati come se li suo-
per così dire, rivelatrice e in fondo
U.S.A. (col testo-denuncia rivolto
nasse un Alvin Lee non-morto, le
veritiera. Non deve stupire quindi
all’american way of life, “i delusi
scenografie fiabesche imbastite da
se malgrado tutto ne venne fuori
scompaiono come se non fossero
progressioni di accordi prog-glam
il disco della consacrazione. Che
mai esistiti”), quindi l’art punk ro-
forse didascalici ma in fondo l’au-
triplicò le vendite del predecesso-
botico e tribale di SIlverfuck e il
calligrafico
e
- attestatesi nel frattempo su
sentireascoltare 25
dream folk dai prodromi glam di
recupero di scarti e b-side spaccia-
che risponde al nome di Girl Na-
Spaceboy.
ta per il terzo album dei Pumpkins,
med Sandoz. (6.6/10)
Ma è con Mayonaise che il sogno-
non fosse che contiene almeno
fuga-redenzione di Corgan tocca
cinque episodi - su 14 - irrinuncia-
Ve r t i g i n i
l’apice, una ballad perfetta, con-
b i l i . Tr e d i q u e s t i s o n o f o l k : s e l a
malinconie
chiusa tra una intro e un outro
trepida Landslide ed il fragile in-
Col successivo Mellon Collie And
palpitanti, fatta brillare da quei
dolenzimento di Smoothe (quella
T h e I n f i n i t e S a d n e s s ( Vi r g i n , 2 4
decolli melodici e chitarristici che
registrata nella cameretta che in
ottobre 1995), Corgan si sentì fi-
s q u a d e r n a n o i l s o ff i t t o d e l l a c a m e -
sottofondo ci senti il tram) dimo-
nalmente libero di squadernare il
retta, paventando di nuovo l’antica
strano che la scrittura di Corgan
ventaglio
scalinata verso il cielo, sul quale
non teme la nuda immediatezza,
ossessioni. Di più: ne fu travolto.
arrampicarsi
cantare:
stilistico
formidabili
delle
proprie
“qual-
B l e w Aw a y p o r t a i n d o t e u n J a m e s
L’ e s p l o s i o n e d e l l a c a m e r e t t a l o r i -
c u n o r i e s c e a s e n t i r m i ? / Vo g l i o
Iha morbido e dolciastro, caligi-
succhiò nella vertiginosa gravità
solo essere me stesso”. La chiusa
ni sixties come pura preveggen-
d’un percorso da compiere tutto
d i L u n a è d o l c e a m a r a , t a n t o s o ff i -
za Clientele. Poi c’è una Pissant
intero, ciclico come quelle ultime
ce ed oscura quanto emblematica:
che è semplicemente lo spurgo più
note di piano che riecheggiano le
“tutte quelle canzoni che canti alle
violento mai rilasciato fino ad allo-
iniziali, come i bagliori del tramon-
tue fidanzate / saranno un mezzo
ra, dei Led Zeppelin metallizzati o
to riverberano in quelli dell’alba.
per vedere dentro di te”. (7.6/10)
chissà cosa, mentre la conclusiva
Una notte di caleidoscopica schi-
A quel punto la monade che cova-
Spaced si aggira muta e misterio-
zofrenia, dove l’inquietudine può
va un sogno rock esplosivo, era
s e t r a l i q u i d e v o c i c o n e ff e t t o q u a s i
anzi deve assumere tutti i volti co-
già esplosa. Ciò che accadde dopo
floydiano. Non che il resto faccia
nosciuti e quelli inattesi, come una
fu
inevitabile.
schifo, anzi, è materiale media-
medaglia che mostra una faccia di-
Ciò che accadde dopo fu Mellon
mente buono, ma sostanzialmente
v e r s a a d o g n i r o t a z i o n e . Ve n t o t t o
Collie.
ripete schemi già noti rasentan-
i pezzi distribuiti su due CD, uno
Prima però è doveroso rimarcare il
do l’autoplagio. Basterà citare la
sforzo congiunto di composizione
peso specifico di Pisces Iscariot
cremosa radioattività di Plume, la
e arrangiamento (agli ingredienti
( Vi r g i n , 1 9 9 4 ) . S a r e b b e d a c o n s i -
lenta perorazione psych di Starla e
“consueti” si aggiungono gli archi
derarsi una scaltra operazione di
quella sorta di moderna Foxy Lady
della Chicago Symphony Orche-
una
per
infinite,
conseguenza
26 sentireascoltare
stra, tastiere, piano, lap steel...)
M a è i l s e c o n d o d i s c h e t t o - Tw i l i g h t
da ping pong, giusto perché un’im-
che polverizza a monte l’equivoca
To S t a r l i g h t - c h e c i p o r t a i n d o n o
presa del genere non poteva che
appartenenza alla famiglia grun-
le sorprese più gustose. Per l’im-
muovere da un’ambizione abnor-
ge. Non a caso vengono ingaggiati
pudenza con cui allinea in sequen-
me. (8.5/10)
quali co-producer Alan Moulder
za hard-noise furibondo (Bodies),
Nei mesi successivi a cotanta defla-
- g i à a l l a v o r o c o n M y B l o o d y Va -
palpiti dream-folk (Thirty-Three),
grazione arrivò puntuale il fall-out,
lentine, Ride e Nine Inch Nails,
valzer desertico (In The Arms Of
sotto forma di cinque EP – usciti
nonché ingegnere del suono per
Sleep) ed un prototipo di perfetta
anche in curatissime edizioni in vi-
Siamese Dreams - e l’incontenibile
wave-pop (1979). E per il vaude-
nile - poi raccolti nel cofanetto The
Flood, fresco dei lusinghieri risul-
v i l l e g o t i c h e g g i a n t e d i We O n l y
A e r o p l a n e F l i e s H i g h ( Vi r g i n , 2 6
tati ottenuti con U2 e - di nuovo
C o m e O u t A t N i g h t . P e r l ’ i n e ff a -
n o v e m b r e 1 9 9 6 ) . Tr e n t a t r é p e z z i i n
- Nine Inch Nails.
bile pastiche Lennon-Harrison di
tutto tra versioni alternative, cover
Il valore dei s i n g o l i p e z z i e d i l s i -
Beautiful. Per la trepida nudità acu-
(dei Missing Persons, dei Cars, dei
stematico str i d o r e s t i l i s t i c o d e l l a
stica di Stumbleine. Per lo sfrigolio
C u r e , d e i B l o n d i e … ) e i n e d i t i . Tr a
scaletta rendo n o l ’ a s c o l t o u n ’ e s p e -
siderale di stampo Eno che sigilla i
questi ultimi, il delirio fluviale di
rienza elettriz z a n t e . S o l o i l p r i m o
cosmici tormenti di Thru The Eyes
Pastichio Medley, ventisei minuti di
volume - intit o l a t o D a w n To D u s k -
Of Ruby. Per una By Starlight che
mashup composto con frammenti di
annovera epis o d i s t r a o r d i n a r i c o m e
stempera prog, pop, psichedelia e
(pare) 70 canzoni scartate durante
la veemenza s i n f o n i c a d i To n i g h t ,
spacey-folk. Persino la conclusi-
la lavorazione di Mellon Collie(!)
Tonight , il pro g - p o p o n i r i c o d i P o r-
va Farewell And Goodnight, in cui
Nel complesso predominano le bal-
celina Of The Va s t e O c e a n s , i l f o l k -
tutti i componenti la band si alter-
late, il lato intimo della questione,
psych di Gala p a g o s e To F o r g i v e ,
nano al canto forse per sottolinea-
come le trepide Dreaming, Jupi-
l’hard acido d i Z e r o e d i m i r a g g i p o p
re la ritrovata compattezza, non è
t e r ’s L a m e n t , B l a n k e q u e l l a T h e
di Cupid De L o c k e e Ta k e M e D o w n .
un mero siparietto da titoli di coda
L a s t S o n g c h e n o n a v r e b b e a ff a t t o
Senza contar e q u e l l a B u l l e t Wi t h
(che pure a quel punto ci sarebbe
sfigurato nel rollercoaster emotivo
Butterfly Win g s c o n c u i C o r g a n e
stato bene), bensì l’ultimo prezio-
dell’album-madre.
compagni azz e c c a n o l a l o r o S m e l -
so di un rosario impagabile.
rioso come Corgan – da buon so-
ls Like Teen S p i r i t , g u a d a g n a n d o s i
Le critiche di megalomania rimbal-
vrano illuminato – conceda la luce
l’heavy rotatio n d i M T V.
zano su questo disco come palline
dei riflettori ad Iha (sua la voce in
E’
altresì
cu-
sentireascoltare 27
un cambio di schema, il tentativo di
domare “tatticamente” l’inevitabile
diversità del sound. D’altro canto,
il coinvolgimento della band in una
pellicola blockbuster significava il
definitivo ingresso nei quartieri alti
dello shobiz.
Carrozzone (anima non inclusa)
To c c a t o l ’ a p i c e , i n i z i ò l a c a d u t a .
Parallelamente alla fragilità della
band, i crucci esistenziali e poetici di Billy furono pasturati dalla
fine del matrimonio e, nel volgere
di poco, dalla morte della madre.
Due colpi niente male che trovano
puntuale riflesso nel quarto album
A d o r e ( H u t / Vi r g i n - 1 9 9 8 ) , l ’ a l b u m
del sogno schiantato, dello spaesamento, della fragilità. Come se,
appena guadagnata una dimensione reale, quel sogno che carburava il motore Pumpkins avesse
esaurito smalto, vitalità. Lasciando Corgan alle prese con un vuoto
a n g o s c i o s o , a ff r o n t a t o f a c e n d o r i corso ad ogni tipo di travestimento, prima estetico (lugubri mise da
nosferatu) e quindi musicale.
Le composizioni sono infatti molto
elaborate, shoegaze mutante in direzione electro e prog. Una scelta
impegnativa resa disperata – e in
definitiva fallimentare - dalla sconcertante
fiacchezza
compositiva.
Senza contare che il drumming di
Believe – che poi è una Daydream
Jimmy Chamberlin, fatto sta che
in nuce – e nella struggente The
si ritrovò in una camera d’albergo
Bells). Segna infine un altro colpo
d i N e w Yo r k a s s i e m e a l t a s t i e r i s t a
spiazzante la rilettura per piano e
Jonathan Melvoin, col particolare
viola dello standard My Blue Hea-
n o n i n d i ff e r e n t e c h e q u e s t ’ u l t i m o
ven, sorta di quadretto chapliniano
era morto di overdose. Jimmy se
in apnea. (7.0/10)
la cavò, malgrado gli circolasse
Dopo tale formidabile dimostrazio-
nelle vene la stessa eroina. Con
ne di fertilità, e considerato che i
i
Radiohead non avrebbero sfornato
Fu lo stesso Corgan a chiederne
il capolavoro Ok Computer fino al
la defezione, ben sapendo l’entità
giugno del ’97, i Pumpkins poteva-
della perdita, ovvero che la sel-
no candidarsi seriamente al titolo
v a g g i a r a ff i n a t e z z a d i C h a m b e r l i n
Siccome però i frutti non cadono
di rock band più importante del
sarebbe stata insostituibile. Perciò
mai
pianeta.
non fu sostituita. O, almeno, non
e c c o l ’ i n c a n t e v o l e To S h e i l a , s t u -
Se le pressioni conseguenti a Sia-
stabilmente. In occasione del tour
pendo campionario di mestizie (ar-
mese Dreams avevano messo a
m o n d i a l e i t a m b u r i f u r o n o a ff i d a t i a
peggio delicato, piano struggente,
dura prova la stabilità della band,
M a t t Wa l k e r d e i F i l t e r, c h e a p p a r e
mandolini e un vago letto sintetico),
quelle successive a Mellon Collie
anche in The End Is The Beginning
ecco una Apples + Orange come
- che fece incetta di numeri uno
Is The End, pezzo confezionato
un traslucido cinerama wave, ecco
nelle classifiche di mezzo mondo
per la OST di Batman And Robin,
l’errebì roco e fumoso di Annie-
- furono spallate telluriche. Non
dove l’elettronica assume un ruolo
Dog e una For Martha che - apice
voglio con questo giustificare il
predominante. Proprio questa svol-
compositivo del disco - si muove
brutto guaio in mezzo al quale finì
ta stilistica può essere letta come
in equilibrio tra stasi ed esplosio-
28 sentireascoltare
Pumpkins
però
aveva
chiuso.
Wa l k e r e d e i p e r a l t r o s t i m a b i l i J o e y
Wa r o n k e r e M a t t C a m e r o n s u o n a
puntuale
nario”.
ma
Solo
fatalmente
barlumi
“merce-
dell’antico
f u l g o r e n e l l a c r u d a Av a A d o r e e
nella poppeggiante Perfect, encefalogramma piatto nella monotona
lagnosità di Shame e nell’ampollosa Behold: The Nightmare, mentre
Te a r e O n c e U p o n A T i m e s o n o s o relline minori delle toccanti ninne
nanne di Mellon Collie.
troppo
lontano
dall’albero,
ne, il piano a comandare la marcia
volgere di poco, viene reso dispo-
ni assieme agli amati New Order.
attraverso nebulose creaturine so-
nibile Machina II - The Friends
Poi lo sciagurato progetto Zwan.
niche, la bella coralità delle voci
And The Enemies Of Modern Mu-
Quindi l’esordio solista dignitoso
e infine quello spegnersi tra reite-
sic (Constantinople, 5 settembre
ma non certo imprescindibile di
2000), venticinque pezzi distribui-
un
ti su tre EP e un LP (e scaricabili
nel solco electro-pop. Infine, anno
gratuitamente online) provenienti
2007, il ritorno degli sfasciazuc-
d a l l e s e s s i o n i d i M a c h i n a . Ve r s i o n i
che. Neanche troppo atteso a dire
alternative e inediti, musicalmente
il vero, almeno al di fuori della cer-
più dirette, aspre, prive dell’op-
chia dei fan.
pressivo
ben
I l r o c k , s i s a , n o n h a g i u d i z i o . Va
più disposte al vecchio gioco del-
avanti a strappi, ad esplosioni, a
la discontinuità stilistica (si senta
ritorni di fiamma. Certe volte non
la travolgente versione elettrica di
fa altro che rivoltarsi nella tomba,
B l u e S k i e s B r i n g Te a r s , l a g r u m o -
credendosi più vivo che mai. Ma
sa cover di Soul Power - classico
anche il peggiore dei casi sa es-
di James Brown - o la suadente
s e r e u n o s p e t t a c o l o a ff a s c i n a n t e .
i n q u i e t u d i n e d i I n n o s e n s e ) . Ta n t o
Questo per dire che è giusto con-
per lasciarsi alle spalle una corpo-
cedere ai nuovi Pumpkins un’altra
sa scia di rimpianti. (6.7/10)
(un’ultima) chance. Anche se, tra
Ciò che è accaduto dopo, è un’al-
ciò che è lecito attendersi e non
tra storia. Per fortuna, verrebbe
attendersi, scorgiamo un ben an-
da dire. Billy che risciacqua i pan-
gusto spazio di manovra.
razioni ipnotiche e uno sfrigolare
cosmico d’aldilà. Un disco disorientato e disorientante, in cerca
d i u n a b u s s o l a a ff i d a b i l e , d i t e r r a
sotto ai piedi e pareti attorno (su
cui proiettare, ancora, quei famosi
sogni). (6.5/10)
Un tour mondiale e un altro batteris t a ( K e n n y A r o n o ff ) d o p o , e d e c c o
ricostituirsi la formazione originale col reintegro di Chamberlin. Le
premesse per un ritorno in grande
stile non mancavano, tuttavia Mac h i n a / T h e M a c h i n e s O f G o d ( Vi r gin, 29 febbraio 2000) si rivelò un
lavoro tragicamente sgonfio, incapace persino d’imbastire una credibile pompa sonora (non mancavano
certo i mezzi né l’intelligenza, vista la conferma di Flood quale pro-
manto
elettronico,
Corgan
ormai
“normalizzato”
ducer). Musicalmente, può essere
interpretato
come
la
negazione
stessa della schizofrenia formale
di Mellon Collie, perseguendo una
sostanziale (e stancante) uniformità sonora all’insegna di crepitii
elettronici, synth madreperlacei e
r i ff a r a m a d i s t o r t o .
Fallito (o rifiutato) il ritorno alla
condizione di cosmico antagonista
s o g n a t o r e , B i l l y s i t u ff a t r a l e o n d e
caliginose di un pop-metal-gaze
trepido
ma
melodicamente
bol-
so, sulla cui flaccida irrequietezza il buon Chamberlin si prodiga
al massimo - come uno che deve
recuperare e farsi perdonare - ma
a vuoto, anzi il febbrile massaggio
ritmico finisce per sembrare disorganico. Pochi i guizzi degni di
nota, giusto il piglio bieco da Bad
Seeds
cibernetici
in
Glass And
The Ghost Children, le palpitazioni
oniriche di With Every Light o gli
squarci tormentati di Stand Inside
Yo u r L o v e . ( 4 . 5 / 1 0 )
Subito dopo, D’Arcy decide di moll a r e . Vi e n e s o s t i t u i t a d a M e l i s s a A u f
D e r M a u r, g i à b a s s i s t a d e l l e H o l e ,
quel che si dice un gran pezzo di
presenza scenica per l’imminente
tour mondiale. Ma la band è ormai
un carrozzone senza più un’anima
a bordo, così l’annuncio dello sciog l i m e n t o è p i ù m o t i v o d ’ a ff l i z i o n e
per i fan che non una sorpresa. Nel
sentireascoltare 29
WILCO
Beastie boys
Bianchi per caso
di Giancarlo Turra
N o n s o n o s t a ti via per molto Ad-Rock, Mca e Mike D dall’ultima volta e a be n
p i ù l u n g h e s eparazioni ci hanno abituato negli anni. Stavolta, però, scom p i g l i a n o l e a ttese più del solito con un disco strumentale che è carta g i à
c a l a t a s u l t a volo, ma pure no. Del resto, i tre sono e saranno sempre…
30 sentireascoltare
s e n t i r e a s c o l t a r e 31
“Molta gente non capisce un cazzo.
” (MCA)
Ci siamo cascati un po’ tutti all’inizio. Ce l’hanno fatta sotto il naso
vent’anni fa, facendoci credere di
essere gli inetti così tipicamente
“all American” che il nome lascia va intuire. Roba per un B-movie da
strapazzo: birra, sesso e strafottenza adolescenziale crudelmente esi bite. Un accidente: se un paragone
filmico ha da trovarsi, è con i sot tili ma sbracati studenti di Animal
House. Schegge d’anarchia alcolica incuneate nel sistema, pronte a
farlo vacillare se non si prendono le
dovute misure e s’inocula il vacci no. Ci provarono, a suo tempo, ma i
tre tennero botta perché la missione
era di quelle che segnano le epoche: recitare da pionieri del crossover in prima linea, facendosi dare
una mano da colleghi come Run
DMC, per abbattere la cortina che
separava il rock dal rap, passando
per il punk in versione hardcore e il
metal. Perché erano la stessa cosa,
generi spuntati dal basso e perciò
alla democratica portata di molti
se non proprio tutti, bastava aver
qualcosa da dire e un modo per
farlo che fossero qui per rimanere. Afferrammo che si trattava della
medesima frustrazione, schiacciata
a forza dentro un disco e vomitata
fuori dalle casse, come una lattina
di birra agitata e aperta in faccia ai
genitori, al preside, alla polizia. Cavandoci del denaro, poi, non lasciato in mano a un McLaren qualunque
ma gestito con autonomia aromatizzata di sberleffo. Maturando addirittura, in saggi che non predicano,
con una serie di dischi pressoché
immacolata che è insieme causa ed
effetto della crescita. Un percorso
lungo il quale, a un certo punto, tut to fu chiaro come il sole. Che fossero tre ragazzi provenienti dalla
borghesia ebraica newyorchese era
il peggiore degli scandali, e fintanto
che il ghetto non usciva dai propri
confini tutto bene e sotto controllo,
con gran fregar di mani ai piani alti
del palazzo. Far passare Satchmo
o Grandmaster Flash per folkloristiche macchiette non faceva differenza pur di intascarsi i proventi,
ma guai a contaminare la gioventù
32 sentireascoltare
WASP. Però, come per Elvis, quel
che faceva paura non era il baci no roteante (nel caso specifico, una
ballerina ingabbiata sul palco e le
parolacce) ma bianco e nero che si
mischiavano, per un po’ almeno, su
di un bus che li portava in giro per
l’America e sotto al palco da dove si
sciorinavano le rime.
Lì stavano, inscindibili, la provocazione sociale e la grandezza sti listica: nel dare il “la” al decennio
dei trapianti sonori e attraversarlo
da Maestri. Nel far parlare tra loro
mondi che - a torto, e molto - davamo scontatamente incompatibili
ed erano così vicini da sfiorarsi.
Quasi degli Hendrix a rovescio,
fatti i dovuti distinguo, i Beastie
Boys hanno impartito un’educazione sonora multicolore, dove trovavi
George Clinton a fianco degli AC/
DC, Afrika Bambaata sotto braccio
ai Bad Brains e potevi adorarli allo
stesso modo, senza vergognarti e
perché mai dovevi. In moltissimi e
tra loro disparati hanno con loro un
conto aperto, e se l’hip hop è uscito
allo scoperto fino a divenire - nel
bene e nel male - ciò che è, il me rito è pure loro. Il nuovo stile sul
serio, una volta tanto.
GROWIN’ UP IN PUBLIC
“Il rap rivela lo stesso atteggiamento del punk di fine ’70.” (AD Rock)
Dall’ultimo dei nomi appena tirati in
ballo conviene partire, perché è nel
sottobosco della Grande Mela dei
primi Ottanta che tutto inizia, quando Mike Diamond e Adam Yauch
viaggiano a tutta - ehm - birra con
l’hardcore vertiginoso (nonché scarsamente originale) dei The Beastie
Boys, nei quali figura (una prima
singolarità) anche la batterista Kate
Schellenbach. Il primo vagito un
EP nel 1982, quel Pollywog Stew
(Rat Cage; 6.0/10) fedele alla linea
e seguito l’anno dopo dal poco più
fantasioso Cookie Puss (Ratcage;
6.5/10, nel 1994 riediti sull’esplicativo Some Old Bullshit; Grand
Royal; 6.3/10): nel frattempo Kate
ha dato forfait (fonderà le ottime
Luscious Jackson) e con lei il chitarrista John Berry. Importante defezione, che fa posto ad Adam Horowitz, proveniente dagli Young &
Useless e quindi dallo stesso giro.
Ciò che imprime la decisa svolta è,
tuttavia, l’arrivo in scena del barbu to Rick Rubin, amico (ma non per
molto) e consigliere dei tre che da
qui si ribattezzano come sappiamo.
Costui li introduce al mondo parallelo dell’hip hop e li porta alla corte
sua e di Russel Simmons, ovvero
una Def Jam che sta raccogliendo
attorno a sé i fenomeni che animano il Disco Fever o l’Anchor, locali per nulla diversi nello spirito dal
CBGB’s, e le cui platee il trio contribuirà non poco a mescolare.
E’ lo stesso Rubin a far portento so il primo album: sarà grande da
produttore in seguito, ed è infatti
dentro questi solchi variegati e in
apparenza di granito che si gettano
i semi dei ‘90. Non è hip hop Licensed To Ill (Def Jam, 1986; 9.0/10),
dato che ci sono riff di chitarra a
profusione, e neppure hard rock
perché si rappa con mocciosa in dolenza. Poi rammenti che Jimmy
Page ha rubacchiato ai maestri del
blues e, nel ridare ai Cesari ciò ch’è
loro, la chiave apre una prima porta. Anche per i Beastie, che si premurano di ribadirlo con lo sconvolgente magma di Rhymin & Stealin
e The New Style, che pendono una
verso il lato pallido e l’altra d’ebano
della mistura incontrandosi a metà
di una terra di nessuno.
La stessa che nutre i fiati della fenomenale Slow Ride a metà tra Baretta e la Stax, poi unifica Violent
Femmes e Isley Brothers (Girls,
che praticamente plagia Shout).
Sconquasso da lasciar increduli prima e indurre a escandescenze da
headbangin’ subito dopo, quando ti
s’abbattono addosso Fight For Your
Right (Lemmy al posto di Vicious
per un inno sovragenerazionale) e
No Sleep Till Brooklyn (Kerry King
alla fermata dopo Hammersmith…).
La sorniona Paul Revere e la post
disco di Hold It, Hit It riequilibrano la bilancia, i piatti della quale
saltano sotto la scombinata Brass
Monkey, con ottoni che maneggiano
un funk intellettuale e bianco che si
trova solo a New York, fungendo
da ponte per il riassunto finale di
Slow And Low e Time To Get Ill, tra
chitarra chirurgica, rime ipnotiche e
rintronante turntabilism. Ci vollero
due anni di lavoro, ma il risultato
è un disco impossibile da sottovalutare per impatto e portata, sulle
prime monolitico e viceversa articolato. Parve insuperabile e quasi ne
fummo persuasi non appena i media
si accorsero dell’apparenza dei Ra gazzi Bestia, del tour con Madonna e di Eloise nella gabbia col fallo
gonfiabile (agli Stones, dieci anni
prima, andò liscia e i perché saranno chiari…), dell’amicizia con Tyson
e dell’uovo marcio tirato in volto ai
pagliacci Sigue Sigue Sputnik.
Caos premeditato e ovvio contante
a fiumi che ne deriva mentre l’ascesa sembra inarrestabile; gli si ritor ce contro, invece, a Liverpool, dove
AD Rock rispedisce al mittente una
lattina e centra una ragazza incolpevole. Non si aspettava altro: il
relativo processo e i problemi di
royalties con la Def Jam bloccano
la posse per due anni e rotti. Reagiscono facendo quadrato, i tre,
con orgoglio genuinamente “hc”
che partorisce un lavoro complesso
e in anticipo come Paul’s Boutique
(Capitol, 1989; 7.8/10), meditato
e stratificato secondo atto che in
tempi non sospetti tira fuori dall’armadio funk e Parliament. Prodotto
da quei Dust Brothers che stavano
dietro a Tone Loc e saranno il carburante segreto di Beck su Odelay
(si sente, altrochè), emerge alla
distanza con trame percussive e
cantilene, con la blaxploitation minimale di Egg Man, col funk indolente che si respira ovunque e in
Shake Your Rump su tutto, con le
venature electro e le corde prelevate da Abbey Road per The Sound Of
Science. Redimono qualche lieve
stiracchiamento l’immensa Looking
Down The Barrell Of A Gun (oscura possanza che somma i Sabbath
e Sly Stone), il piano liquidamene
jazz che imperversa in What Comes
Around e i fiati che fan lo stesso in
Shadrach. C’è un singolo che diresti uscito ieri, Hey Ladies, ma non
arriva che al numero 36 e delle ven dite stratosferiche del predecessore - 750.000 copie solo nel primo
mese e mezzo - manco l’ombra. E’
solo una transizione, però di livello
elevatissimo, che il triennio incombente collocherà nella giusta pro spettiva.
s e n t i r e a s c o l t a r e 33
THE BEA(S)T INSIDE
“Gli U2 ripropongono lo stesso giro
di chitarra da anni.” (AD Rock)
Diventar grandi non piace a nessuno, costa fatica e regala cose che
capisci più tardi, se hai fortuna. Al
trio tocca prender armi e bagagli
e rifarsi le ossa da zero, perché il
disco non è piaciuto all’etichetta,
convinta di avere assoldato una
gallina dalle uova d’oro che ha
tradito le attese. Si rimboccano le
maniche e coi proventi guadagnati
fin lì allestiscono uno studio e fondano un’etichetta di loro proprietà,
la Grand Royal. Come accennato,
servono trentasei mesi per (buone)
nuove: la copertina di Check Your
Head (Grand Royal, 1992; 7.8/10)
ostenta custodie di chitarra e basso sul selciato di una strada, mutamento ribadito dalla foto interna
con Mike e i due Adam circondati
da strumenti a pestare convinti e
sorridenti. Si introduce l’idea di ensemble aperto con l’arrivo del pila stro Mark Ramos Nishita (sarà il
loro Bernie Worrell), del produttore
Mario Caldato Jr. e d’un plotone di
percussionisti.
Eccellente disco, ben scritto ed
eseguito, porta avanti metamorfosi
e incroci con un cantiere doppio su
vinile, dove la molta carne al fuoco
è quasi mai bruciata o scotta. Arriva pure tra i Top 10 e un po’ sa di
rivincita dei falsi nerd, suonato più
spesso dalle radio dei college che
da quelle black nonostante l’apertura che mette in ginocchio, elastica e
vitale per l’inafferrabilità baciata da
spontaneo groove, da Jimmy James
alla rugosa Gratitude, passando
per Funky Boss e Pass The Mic. Si
affacciano con prepotente gusto le
tastiere ribollenti di “Money” Mark,
fenomenale nell’acid jazz Pow, nell’hop quasi “trip” Groove Holmes e
nell’ipnosi da jungla metropolitana
Lighten Up. Finger Lickin’ Good
apre squarci d’India e campiona
Dylan nel fianco di un rimare sciol to che ha perso impudenza e acquisito autorevolezza. Come del resto
fanno una mesmerica So Watcha
Want e la sensualità “fumosa” di
Something’s Got To Give, che rammoderna la psichedelia come Stand
Together la no wave. Torna pure il
34 sentireascoltare
punk a rotta di collo che con Time
For Livin’ lancia il messaggio oltre
la barricata, definitivamente raccolto e scagliato nei cieli dalla levitan te visione di Namasté.
Tempo per un altro capolavoro, a
questo punto, che sintetizzi non
solo un sviluppo prodigioso ma fini sca per simboleggiare un decennio
intero. Il giugno del 1994 benedi ce Ill Communication (Grand Royal; 10/10), capitolo fondamentale
dove l’attitudine fonde quanto conosce della storia, filtrandolo con
un atteggiamento critico “post” per
come ricontestualizza la materia in
nuove fogge con esemplare linearità (“coolness” degli strumentali
compresa…). Logico quindi che il
funk s’accompagni ai Minor Threat
(il sandwich tra Sure Shot e Root
Down a contenere Tough Guy), la
strada (B-Boys Makin’ With The
Freak Freak, Get It Together, Do It)
acceda al laboratorio (una davisiana Ricky’s Theme, le deviazioni di
The Scoop, l’indicibile trittico finale
tra psichedelia orientaleggiante ed
echi di Can con Clinton in regia).
L’hard è più nero della pece (Sabotage prepensiona Morello e Futterman’s Rule schiaffeggia gl’inebetiti Primal Scream) mentre questa
gode di ottundenti, eccezionali additivi (tutta The Update, il violino
impossibilmente folk che percorre
Eugene’s Lament). Un mix padroneggiato alla perfezione, che siccome i tempi sono maturi significa
doppio platino e vetta insuperata,
dalla quale le Bestie scenderan no senza perdere la faccia e anzi
rafforzando l’integrità, pur tra mille
ostacoli.
Intanto si esulta per essere tra gli
“headliner” al Lollapalooza ’94,
pubblicare le amiche Luscious su
una Grand Royal diventata anche
rivista e, infine, sensibilizzare le
platee alla causa del Tibet (impen sabile solo un lustro prima, o in vece sì: “hardcore” si resta - o si
dovrebbe restare - per la vita, in
un certo senso). Prima che il ben
di Dio di cui sopra trovi un seguito, i ragazzi prendono tempo guar dandosi indietro e mostrando facce
complementari tuttavia opposte:
il punk “adulto” del mini Aglio E
Olio (Grand Royal, 1995; 6.5/10)
e la raccolta di strumentali The In
Sound From Way Out! (Grand Royal, 1995; 6.5/10), poi regalando ai
fan la breve chicca di remix e live
tracks Root Down (Grand Royal,
1995; 7.0/10).
NEW YORK , WE LOVE YOU
“La musica si basa sulle emozioni,
ci devi metter dentro il cuore e non
solo la testa.” (Mike D)
All’alba del 1998 gli appassiona ti concentrano le attese su Hello
Nasty (Grand Royal, 1998; 7.3/10)
e ne restano in parte delusi. Dura
solo per i primi ascolti, dopo i quali
subentra - in chi capisce - la consapevolezza della strada percorsa, del
fatto che gli orizzonti di Transitions o
Shambala avessero senso in quella
temperie storica, la loro ripetizione
insensata da farsi e pretendere alla
stregua di uno Spiderland reiterato
all’infinito, sino alla perdita del significato che lo generò. Ora, dove
regnavano unitarietà e armonia, c’è
dispersione, appannamento e qualche eccessiva lungaggine. Quasi
che la magia cristallizzata in Storia
fosse svanita nell’aria mentre i suoi
scopritori si erano dati allo studio
d’altre alchimie. Talvolta guardando nello specchietto retrovisore e
sfacchinando con campionamenti
mai così numerosi (The Move, Remote Control, The Negotiation Limerick File), oppure ben scegliendo
i singoli (Three Mc’s And One DJ,
Intergalactic e Body Movin’: appiccicosi e multiformi, faranno un ottimo lavoro). Convince più quanto
diversifica la ricetta: l’exotica Song
For The Man e i latinismi cocktail di
Song For Junior, lo space hop Put
Shame In Your Game e la narcolessia electro di Flowin’ Prose, il dub
“scratchato” The Grasshopper Unit
e quello da urlo che ospita il mito
Perry Dr. Lee, PhD, il krauto crepi tare dentro Instant Death. Il difetto
maggiore di Hello Nasty, la scorrevolezza d’insieme avara di coinvol gimento, non gli impedirà tuttavia
d’essere campione al botteghino.
La fine (del secolo) è intanto vicina,
come quella di un mondo che sta
per cambiare pelle.
Arrivati ai fatidici “anta”, se nel
contempo le sicurezze che da sem-
pre ti scortano invece vacillano,
diventa sempre più complicato por tarsi in spalla parole come “youth”
o “boys”. Il rock è la musica dei
giovani, come no, e il pubblico si
aspetta continuamente il “flavour”
del mese. L’artista si dibatte tra fare
ciò che vuole o dare alla gente quel
che s’aspetta, nel frattempo il calendario perde un foglio dopo l’altro
e gli spazi si dilatano. A riempirli ci
prova un’antologia doppia, ottimamente assemblata e generosa di
rarità come The Sound Of Science
(Grand Royal, 1999; 7.5/10), ma ci
sono due Torri che vanno giù e un
paio di guerre fresche di giornata,
soprattutto, che fanno sparire dalle
cronache il fallimento dell’etichetta
del trio che ricomincia dalla Capitol. Cosa meglio, allora, che tornare
sui propri passi con la saggezza acquisita per riversare cotanto vissuto in To The 5 Boroughs (Capitol,
2004; 7.6/10). Un’autentica Open
Letter To NYC, come dice l’episodio
migliore, canto di fratellanza rabbrividente cui funge da scheletro il riff
di Sonic Reducer (al pari fenomenali la browniana Ch-Check It Out,
l’old school barocca Right Right
Now Now e quella classica di 3 The
Hard Way, la fosca Rhyme The Rhyme Well). Una riflessione su cosa è
rimasto della propria città dopo una
ferita che appartiene all’umanità
intera e mai si rimarginerà, l’album
mostra ai tre i significati di un’epoca nuova e fin troppo simile a quella
che li vide partire vent’anni prima.
Ed è per questo che il nuovo The
Mix Up (Capitol, 22 giugno 2007,
vedere spazio recensioni) compie,
nella tradizione di quanto ragionato
sopra, un passo in ogni direzione e
persuade. Perché è il primo disco
veramente strumentale e interamente suonato delle Bestie, graziato da una progettualità che conferisce senso al ritorno di Nishita,
al funk maritato col jazz, all’incursione di Brian Auger sulla pista da
ballo, alle policromie blues, all’acidità, alla Giamaicae alla wave che
sguscia dal soul… Quasi non ci si
crede, e viene voglia di riprendere
il viaggio da capo. Lo stile: se non
l’hai, mica lo puoi inventare. O forse sì…
s e n t i r e a s c o l t a r e 35
turn it on
A A . V V. – K i n g B r i t t P r e s e n t s T h e C o s m i c L o u n g e Vo l u m e O n e
(Rapster / Goodfellas, 14 luglio 2007)
Genere: cosmic-jazz
I n g a n n e v o l e q u e l l a p a r o l i n a c h e a c c o m p a g n a i l s u ff i s s o C o s m i c d e l t i t olo,
d a t o c h e d i L o u n g e – a l m e n o n e l l ’ a c c e t t a z i o n e c o m u n e m e n t e n o t a – non
s e n e o d e t r a c c i a , m e n t r e d i C o s m i c – n e l l ’ a c c e t t a z i o n e j a z z i s t i c a c o mu nemente nota – ce n’è da deliziarsene.
I l c o m p i l a t o r e è K i n g B r i t t , D j p r o d u t t o r e e r e m i x a t o r e p e r c o n t o d i m olti,
d a M a c y G ra y a Yo k o O n o p a s s a n d o p e r C u r t i s M a y f i e l d , c o l j a z z n e l c u ore
p e r l o p i ù n e l l e f o r m e f r e e e n e w t h i n g n a t e n e i ‘ 6 0 / ’ 7 0 , e a r t e f i c e d i una
p l a y l i s t n o t e v o l m e n t e a l l e t t a n t e . U n a s e q u e l a d i n o m i c h e i l b u o n B r i t t se l e z i o n a s e t a c c i a n d o i l p r o p r i o p a s s a t o . U n i n i z i o r e g a l e a ff i d a t o a l l ’ H e r bie
H a n c o c k d i K a w a i d a , e p i s o d i o d a t a t o 1 9 7 6 p r o s s i m o p i ù a l l e s p e r i m en t a z i o n i s t i l e M w a n d i s h i/C r o s s i n g s /S e x t a n t ( a v e t e q u e s t i d i s c h i , v e r o?!)
che non alla svolta d i s c o - d a n c e d i l ì a v e n i r e , e i n c e n d i a t o d a d u e j a z z - r o c k q u a l i l a s u p e r l a t i v a S c o r p i o - L i b r a di
Eddie Handerson (tr o m b e t t i s t a d e v o t o a M i l e s D a v i s c h e a ff i a n c ò H a n c o c k p r o p r i o n e i d i s c h i d i c u i s o p r a ) e E kim
del Michal Urbaniak G r o u p , c o m b o c a p i t a n a t o d a l m u l t i s t r u m e n t i s t a p o l a c c o M i c h a l U r b a n i a k c h e a l l a f r e d d e zza
del jazz europeo pre f e r i v a l e s c a l e f u s i o n e g g i a n t i d e i p o s t - b e b o p e r s .
Il jazz sedotto dal tr o p i c a l i s m o d i F l o r a P u r i m i n E n c o u n t e r , q u e l l o s a l m o d i a n t e d i D a n e B e l a n y e D o n C h e rry,
rispettivamente con C o n v i c t i o n e M o v i n g P i c t u r e s F o r T h e E a r , e s l e g a t o d e l P h i l R a n e l i n d i Ti m e I s N o w For
Chan ge ci accompag n a n o i n u n a d e l l e c o m p i l a z i o n i p i ù i n d o v i n a t e d e l g e n e r e . U n a l i s t a d i n o m i , c o n o s c i u t i e n on,
che faranno la gioia d e i q u a n t i a m a n o i l j a z z n e l l a s u a f o r m a m e n o o r t o d o s s a . E s i a m o a p p e n a a l p r i m o v o l u m e…
( 8.0/10 )
Gianni Avella
36 s e n t i r e a s c o l t a r e
Aa - GAame ( G i g a n t i c , 7 m a g g i o
2007)
Genere: avan t n o i s e t r i b a l e
Brooklyn, New Yo r k , 2 0 0 7 . G i u n g l a
d’asfalto. La s c h i a t t a n e o t r i b a l e e
avant percuss i v a n e w y o r k e s e s i a r ricchisce di un n u o v o f u r e n t e n o m e .
Gli Aa (pronu n c i a t i “ B I G A l i t t l e a ” )
sono in quattr o e l a s t r u m e n t a z i o n e
in base a qua n t o d i c o n o è c o s t i t u i ta da “ VoXx, S u N t H s , E l e c t r o n I c s
& TONs O’ D r u m s ” . To n s o f D r u m s
non rende pe r ò a p i e n o l ’ i d e a . L a
musica in qu e s t i o n e i n f a t t i è u n
continuo terre m o t o p e r c u s s i v o , o r a
deflagrante e i s t e r i c o , i n s p e c i a l
modo nella p r i m a m e t à d e l d i s c o ,
ora più sceno g r a f i c o e r i f l e s s i v o . I l
frullato di ge n e r i , n o m i e c i t a z i o n i
è di quelli buo n i , a t r a t t i a d d i r i t t u r a
esaltante. L’o r i z z o n t e d i r i f e r i m e n t o
muove ovviam e n t e d a i n e o t r i b a lismi sempre p i ù i n s i s t i t i d i t a n t a
scena avant ro c k a m e r i c a n a , i n p a r ticolare newy o r k e s e . A n i m a l C o llective , Gang G a n g D a n c e, B l a c k
Dice , Liars , e t u t t i i n o m i p r o m o s s i
dalla Deathbo m b A r c . c o n l a r e c e n te compilation P i s s p o u n d e r, ( a c u i
partecipano a n c h e l o r o c o n d u e b r a ni). Quello ch e g l i A a c i m e t t o n o i n
più è una com p o n e n t e r o z z a m e n t e
da strada, url a t a , d a m e r c a t o ( g l o bale), che si t i n g e d i e v i d e n t i v e n a ture hip hop ( M a n s h a k e , T h i r t e e n ,
Time In ) e te r z o m o n d i s t e / e s o t i c h e
( Fingers To Fi s t, U r a c l e , T h u m p e r ) .
Il disco mant i e n e l a t e n s i o n e a l t a
per tutta la s u a d u r a t a , r o v e s c i a
sapientement e l e s u e e n e r g i e n e l l e
orecchie dell ’ a s c o l t a t o r e e v a p o i
a finire in glo r i a c o n l a d e m e n z i a le danza etno - w o r l d d i H o r s e S t e a k
nello stile di u n P e t e r G a b r i e l t otalmente imp a z z i t o . A c o r r o b o r a r e
il concetto il DVD accluso sviscera
in immagini quello che su disco è
espresso solo dalla musica, ergo
un mondo di visioni sotto acido con
cartoon a base di elefanti, antIlopi, mani mozzate, carcasse usate
come elmetti e ancora, riprese da
strada, performance all’aperto con
due, tre batterie, megafoni, pareti
d i s t r a d a i n s o z z a t e d a g r a ff i t i , u r l a
e biascichi animaleschi. Qualcuno
parlò del declino della civiltà occidentale, qualcun altro parlerà della
nuova era tribale. (7.0/10)
Antonello Comunale
A A . V V.
Pisspounder
(Deathbomb Arc, maggio 2007)
Genere: noise percussivo
N o n p r o p r i o l a N o N e w Yo r k d e l X X
s e c ol o c o m e q u a l c u n o h a i p o t i z z a to, ma poco ci manca. Gli ingredienti, come vedremo, ci sono tutti.
A dare ragione o torto solo il tempo,
grande scultore. Per adesso accontentiamoci di un disco, anzi 3 visto
che di triplo lp in box si tratta, in
c u i sf i l a n o a l c u n i d e i p i ù p e r v e r s i e
b r u t ti c e ff i d e l l a s c e n a s o t t e r r a n e a
americana.
P r o v e n i e n z a o v v i a m e n t e N Y, e p i centro degli sconquassi musicali
degli ultimi 30 anni; ambito musicale, quel mood primitivistico e da
malsano back-to-nature che sembra attrarre da qualche anno svariati acts di un underground sempre meno tale: Black Dice, Animal
Collective, Excepter, Liars.
Qui però il baricentro si sposta
m a l ef i c a m e n t e u n g r a d i n o p i ù i n l à
rispetto alle prove tutto sommato
a c c es s i b i l i e h y p e c o m e q u e l l e d e i
suddetti. Qui ci si trova di fronte
all’imputridimento di quelle coordinate, al fratello deforme nascosto
nei sotterranei di casa, alla violenta lacerazione di un tessuto strutturale che sembra avere ben poco di
umano. E che invece di umano ha
molto, a partire dal filo conduttore:
u n us o ( e s o p r a t t u t t o a b u s o ) d e l l a
percussione - acustica, elettronica, trovata, inventata - sicuramente
non innovativo, ma ferocemente e
realisticamente nauseabondo proprio come quelle periferie dell’impero che la compilation (forse) vuole descrivere.
Il risultato è un distorto e maleo-
d o r a n t e m o n o l i t e n o i s e - p ercussivo
c h e a n n i e n t a l ’ a s c o l t a t o r e piegan d o l o a i s u o i v o l e r i , s f r uttando di
v o l t a i n v o l t a c o n n o t a t i persona l i : d a a p o c a l i s s e s w a n siana per
S w o r d H e a v e n , d i u n a r ipugnante
d e r i v a b l a c k m e t a l i n d u s triale per
G r e y s k u l l e g i ù g i ù p e r t u tte le sfum a t u r e i n t e r m e d i e f i n o a d arrivare
a q u e l l i d a w o r l d m u s i c i n disfaci m e n t o u r b a n o d i A a ( i p i ù messi a
fuoco del lotto).
D u e p e r l e : l o s c h i z o i d e a utismo tri b a l e d e l l a P s y c h i c C o n n ection del
p a d r o n e d i c a s a B r i a n M i ller ( Foot
Vi l l a g e) e l ’ e s t a t i c o f a l l -out posta t o m i c o d i R a i n b o w B l a n ket.
C o s a r e s t a a l t e r m i n e delle due
o r e ? D u b b i ( p o c h i ) e m a l d’orecchie
( t a n t o ) , m o l t o l i v o r e m a s oprattutto
c u r i o s i t à a n o n f i n i r e p e r gli svilup p i f u t u r i d i q u e l l o c h e s e mbrerebbe
n i e n t e p i ù d i u n r e a d y - m a de. Solo il
t e m p o c i s a p r à d i r e s e P i sspounder
è l a v e r s i o n e 2 . 0 d i N o New York.
P e r a d e s s o ( 7 . 2 /1 0 )
Stefano Pifferi
The Aggrolites - Reggae Hit
L.A. (Hellcat / Self, 8 giugno
2007)
Genere: reggae/rocksteady
N a t i n e l 2 0 0 2 c o m e b a c king band
d e l l e g g e n d a r i o D e r r i c k Morgan e
d e l l ’ e x R a n c i d Ti m A r mstrong, i
c a l i f o r n i a n i T h e A g g r o l i t es rappre s e n t a n o o g g i u n a d e l l e punte di
d i a m a n t e d e l l a s c e n a r e vival reg g a e s t a t u n i t e n s e . F i e r i e rispettosi
d e l l e p r o p r i e r a d i c i , i c i nque cali f o r n i a n i r i c a m a n o i l l o r o terzo al b u m i n s t u d i o c o n l a s o l i ta mistura
d i r o c k s t e a d y, ( n o r t h e r n ) soul, funk
e p o p , m a c i n a t a i n p a s s a to da leg g e n d e c o m e S k a t a l i t e s , Alton Ellis
e d E t h i o p i a n s e d o g g i t o rnata pre -
sentireascoltare 37
potentemente di mo d a a l l a f a c c i a
di elettronicismi e s p e r i m e n t a z i o n i
varie.
La parole che coman d a n o d a q u e s t e
parti sono sangue e s u d o r e , i n t e s i
come passione e vo g l i a d i l o t t a r e
senza però dimentica r s i c h e i l r i t m o
è in levare è, sopr a t t u t t o , b a l l o e
divertimento e quind i v i a c o n u n a t itle track sospesa tra J a m e s B r o w n
e Jackie Mittoo, u n a F r e e Ti m e
estre mamente soul, u n a We C a m e
To Score che tutti i k i d p o s s o n o
cantare all’unisono e t a n t o , m a t a n to, original reggae ( L e t s P a c k O u r
Bags, Fire Girl, Wo r k I t ) R e g g a e
Hit L.A. è un disco c h e p o t r e b b e
fare sfaceli tra i re g g a e m a n i a c i ,
tra gli (red)skin e tr a p a r t e d e l p o polo mod, difficile p e r ò c h e r i e s c a
a spi ngersi oltre e p e r q u e s t o n o n
possiamo far altro ch e s c o n s i g l i a r l o
ha chi non ha molta d i m e s t i c h e z z a
con i generi o i musi c i s t i c i t a t i n e l l a
recensione. ( 6.4/10 )
Stefano Renzi
un inarrestabile disastro sismico
nella
zona
delle
percussioni,
costantemente
brutalizzate
da
Neilson. Il disco va preso come un
tutt’uno, come un unico flusso di
violenza fine a se stessa, ma nel
programma si segnalano soprattutto
la doomeggiante Kickin’ Thru Glass
e la lunghissima title track. Il disco
pur essendo interessante corre il
rischio di stancare anche le orecchie
più allenate e ben disposte, forse
è p e r q u es t o c h e i n a c c o p p i a t a
al vinile, viene distribuito Lotus
E d i t i o n, u n c d c o n l a r i p r e s a d a l
vivo di cinque brani incentrati
principalmente sullo shakuhachi, il
flauto traverso di origine giapponese
d i c u i s i è i n f a t u a t o Yo u n g s e c h e è
già stato oggetto di alcune delle sue
n u m e r o s i s si m e u s c i t e . I l p a n o r a m a
percussivo di questi cinque brani
è sempre governato dalla ritmica
free di Neilson, ma senza mai
deflagrare come nel primo disco.
L o s h a k u h a c h i d i Yo u n g s f a i l
resto, restituendo inevitabilmente
un’atmosfera orientale da giardino
zen, che non può che pacificare gli
animi dopo la violenza del vinile.
(7.0/10)
Antonello Comunale
A l e x N e i l s o n & R i c h a r d Yo u n g s
– Electric Lotus / Lotus Edition
( V H F, 7 m a g g i o 2 0 0 7 )
Genere: avant
Un nuovo doppio album per la
coppia
d’oro
dell’avant
rock
britannico contemporaneo, ovvero
Alex Neilson e Richard Youngs.
Electric Lotus, disponibile solo
in vinile, ce li riporta alle orecchie
con quello che è probabilmente il
set più aspro e feroce per entrambi.
Un infernale disco di free jazz
noise da antologia che almeno nel
caso di Youngs supera anche le
prove più rumorose come Metallic
Sonatas. Chitarre ultra sature, cupi
e opprimenti giri doom di basso e
Alog
–
Amateur
(Rune
Grammofon / Wide, 23 aprile
2007)
Genere: elettronica
N a ï v e e gi o c o s a , l a m u s i c a p e r
found objects e strumenti inventati
degli Alog, trova con il quarto capitolo inedite vie di fuga dalla propria
maniera. Il duo norvegese costituito da Espen Sommer Eide e DagAre Haugan mette da parte l’algida
perfezione del digitale per aprirsi
a soluzioni inedite, continuando in
modo più radicale il percorso già
i n a u g u r a t o d a l p r e c e d e n t e M i n i a t ures Per concepire la musica di quest’album i due se ne sono andati in
giro con Nicholas H. Møllerhaug,
Nils Økland e Sigbjørn Apelanda
registrando nelle location più impensabili e costruendosi degli strumenti ad hoc, salvo poi assemblare
il tutto in studio, con un procedimento di vero e proprio montaggio
sonoro. Son Of King apre con una
melodia diafana e un po’ demente
c h e f a t a n t o R o b e r t Wy a t t i n v e r -
s i o n e r o b o t i c a . S i p r o s e g u e c o n un
gamelan acustico e dinoccolato (A
T h r o n e F o r T h e C o m m o n ) . L e co s t r u z i o n i p i ù i n f o r m a l i e f r e e a b b on d a n o , c o s ì c o m e l ’ u s o s m o d a t o di
s t r u m e n t i a c u s t i c i d a l l ’ a t m o s f e r a un
p o ’ e s o t i c a . I n u n p a i o d i b r a n i s em b r a d i s t a r a s c o l t a n d o i S u n City
G i r l s (T h e L e a r n i n g C u r v e , E x i t Virt u o s o ) . I n s o m m a , e c c o n e a l t r i due
c h e n o n s i t r o v a n o p i ù a l o r o a gio
n e l l a f r e d d a g e o m e t r i a d e l b e at e
c e r c a n o v i e d i f u g a n e i s u o n i a cu s t i c i . S i d i c e v a d e l l ’ e l e t t r o s h i f t i ng.
U n n o m e d a a g g i u n g e r e a l t e o r e ma.
(6.8/10)
Antonello Comunale
Alton Miller – Souls Like Mine
(R2 Records / Audioglobe, 21
maggio 2007)
Genere: nu-soul classic house
U n o d i q u e i d i s c h i c h e s p u n t ano
s i l e n z i o s a m e n t e , c h e s i i n s i n u ano
s e n z a f a r s i n o t a r e t r o p p o , s e nza
g o n f i a r s i p e r p o i s c o p p i a r e s u bito
c o m e e ff i m e r e b o l l e d i s a p o n e . Il
d i s c o d e l l o s t o r i c o p r o d u t t o r e h ou s e d i D e t r o i t a r r i v a - n e a n c h e a far l o a p p o s t a - p r o p r i o q u a n d o i l s oul
è sulla bocca di tutti. Il puparo e
m a r i o n e t t i s t a d e l l a M o t o r C i t y e sce
c o n u n a c o l l e z i o n e d i t r a c c e d i am b i e n t s o u l p e r f e t t o , c o n c e n t r a t o di
q u e l l ’ a n i m a c h e u l t i m a m e n t e c i sta
f a c e n d o r i p e n s a r e a l l a v e r a e s ola
t r a d i z i o n e , b a s e d i t u t t o i l r i t mo
house.
L a t i t l e t r a c k è u n s y n t h s e n s u a liss i m o c h e m e s c o l a l e u l t i m e p r o du z i o n i d i To s c a c o n u n a v o c e s exy
d a c l u b s u p e r m a r a n z a , i l s i n g o l one
P o s s i b i l i t i e s i n s i n u a q u a l c h e a c c en n o b r e a k j a z z y a s s i e m e a u n a L ady
L i n n i n s t a t o d i g r a z i a , i l r i c o r d o di
a l t r i l i d i e d i a l t r e s p i r i t u a l i t à i s ola -
turn it on
A m p – A l l O f Ye s t e r d a y To m o r r o w ( R r o o p p , g i u g n o 2 0 0 7 )
Genere: trip cosmic rock
“ Il nostro spaz i o è l ’ i n c o n t r o t r a i l c o s m o e s t e r n o d e l l e s t e l l e e l e r i c e r c h e
interne di cuo r e e m e n t e ”
R i c h a r d A m p Wa l k e r
È definitivame n t e l ’ e p o c a d e l l e r i s t a m p e e d e i b o x . S e q u a l c u n o a n c o r a s i
sta chiedendo c o m e s i p u ò c o m b a t t e r e i l p 2 p e l a p i a g a d e l d o w n l o a d e
come risposta s i d à q u e l l a d i m e t t e r e f i l t r i , c h i a v i d i a r r e s t o , p a s s w o r d e
guardie di fin a n z e i n s t a t o d ’ a s s e d i o p e r m a n e n t e , b e h … h o p r o p r i o i d e a
che sia la risp o s t a s b a g l i a t a . C h i s s à p e r c h é è s e m p r e u n a p i c c o l a e b a t tagliera mino r a n z a a s c e g l i e r e d i p u n t a r e s u l l a q u a l i t à d e i p r o d o t t i . C i
vogliono tropp a f a t i c a e t r o p p a p a s s i o n e p r o b a b i l m e n t e , m a s o n o r e q u i s i t i
che la piccola e t i c h e t t a i n g l e s e R r o o p p h a f a t t o p r o p r i e s i v e d e , s i s e n t e , m a s o p r a t t u t t o s i t o c c a con mano.
Maneggiando q u e s t o s b a l o r d i t i v o b o x i n 3 c d c o n v o l u m i n o s o e p r e g e v o l m e n t e i m p a g i n a t o l i b r e t t o , c h e va a fare
il paio con qu e l l o c h e l o r o r i l a s c i a r o n o u n a n n e t t o f a s u Ye l l o w 6, u n o s i d o m a n d a c h i m a i p o s s a p r eferire un
grappolo di m e g a b y t e a l f a m o s o “ o g g e t t o d i s c o ” . E i l d i s c o r s o s i a l l a r g a a t u t t i i b o x e a l l e r i s t a m p e c he stanno
progressivam e n t e i n v a d e n d o i l m e r c a t o d i q u e s t i t e m p i e c h e s e f a t t i c o n p a s s i o n e e r a z i o c i n i o , v a l g o no sempre
l’acquisto. Il d o w n l o a d n o n p u ò m i n i m a m e n t e b a s t a r e i n q u e s t i c a s i . To l t a d i m e z z o q u e s t a p a r e n t e s i p e dagogica,
bacchettona e o r r e n d a m e n t e r e t o r i c a m i v e d o c o s t r e t t o p e r ò a d e n t r a r e i n t o p i c p e r p r o d u r m i i n l o d i massicce e
incondizionate a f a v o r e d i u n o d e i p i c c o l i g r a n d i c u l t i d e l l a s c u o l a a n n i ’ 9 0 d e l l a B r i s t o l c o s m i c a , g l i i n dimenticati
Amp di Richa r d Wa l k e r e K a r i n e C h a r ff .
C’erano anche l o r o t r a F l y i n g S a u c e r A t t a c k , M o v i e t o n e, C r e s c e n t , p r i m i T h i r d E y e F o u n d a t i o n. A n z i sono stati
una componen t e f o n d a m e n t a l e d i q u e l l a s c e n a , f i n e n d o c o n l ’ e s s e r e m e s s i i n o m b r a d a i p r i n c i p a l i p o r t abandiera.
Ma come in o g n i s c e n a c h e s i r i s p e t t i , a l l ’ e p o c a s i c o n o s c e v a n o t u t t i e s i i n t r e c c i a v a n o t r a d i l o r o . I l nucleo pri mordiale degl i A m p a d d i r i t t u r a r i s a l e a i m i s te r i o s i T h e S e c r e t G a r d e n c h e c o v a v a n o a l l o r o i n t e r n o t u t t o quello che
sarebbe venu t o e a v r e b b e f a t t o p a r l a r e p o i d e l l a B r i s t o l c o s m i c a , q u e l l a c h e n e l l e c r o n a c h e m u s i c a l i v i e ne sempre
ricordata com e l a s c e n a d i B r i s t o l m e s s a i n o m b r a d a q u e l l a t r i p h o p . M a d i t u t t o i l l o t t o , g l i A m p r i m a n g o no ancora
oggi quelli più f i e r a m e n t e s g a n c i a t i d a l p i a n e t a t e r r a . C o n l o r o n o n s i t r a t t a n e m m e n o d i p o g g i a r e i piedi sulla
crosta lunare e p i a n t a r e i n u t i l i b a n d i e r e b e n s ì d i l a s c i a r s i a n d a r e a l l a d e r i v a n e l c o s m o p i ù n e r o , m a n trico, eso terico e alluci n o g e n o . U n a m u s i c a c h e è c o m e l a c r o n a c a d i u n q u a s a r c h e e s p l o d e r i l a s c i a n d o i s u o i frammenti
all’infinito. E c o s a d i r e d e l l a v o c e d i K a r i n e C h a r ff ? A u t e n t i c a s i r e n a d e l l o s p a z i o p r o f o n d o , c h e f a r e b b e deragliare
anche il più a v v e n i r i s t i c o d e g l i U l i s s e . A r a g i o n v e d u t a i v e c c h i l a v o r i , d i c u i m i p r e m e r i c o r d a r e a l m e no il primo
disco su Kran k y, A s t r a l m o o n b e a m p r o j e c ti o n s , n o n r e n d o n o c o m p l e t a m e n t e l ’ i d e a c o s ì c o m e f a q u esta tripla
raccolta, che m e t t e i n s e r i e 3 8 c a n z o n i t r a d e m o , v e r s i o n i a l t e r n a t i v e , b r a n i m a i p u b b l i c a t i , b r a n i i r r i n t racciabili,
brani fuori sta m p a , b r a n i p e r d u t i i n v a r i e c o m p i l a t i o n , t u t t o o v v i a m e n t e e r i g o r o s a m e n t e r i m a s t e r i z z a t o per l’occa sione. Il replic a n t e R o y B e a t t y d i r e b b e d i l o r o c h e h a n n o v i s t o c o s e c h e n o i u m a n i n o n p o t r e m m o m a i i m maginare.
Ora però ques t o b o x s i i n c a r i c a d i n o n d i s p e r d e r e q u e s t i r i c o r d i c o m e l a c r i m e n e l l a p i o g g i a . ( 8 . 0 / 1 0 )
Antonello Comunale
sentireascoltare 39
ne lo sentiamo nei c o r i p o s t - a f r o d i
Knowledge Of The P y g m i e s e n e l l e
percussioni tribali p o s t - N i n a S i m one di Long Time C o m i n ’ , i l d o w n tempo che ci fa ven i r v o g l i a d e g l i
anni ‘80 di Sade lo t r o v i a m o n e g l i
stilosissimi backing d i F i n d A Wa y ,
per finire con delle p r e l i b a t e z z e d a
cocktail come la c a v a l c a t a p o s t hammond di Beautif u l B r o w n P e o ple e la battuta soul d e e p - m a k o s s a
dell’irresistibile Insid e O u t .
La riconferma che M i l l e r o l t r e a d
essere un produttor e , è a n c h e u n o
scultore del ritmo e u n c r e a t o r e d i
atmosfere degne de l l a d e e p h o u s e
di alta classe. Que s t o è u n d i s c o
che
cresce,
perché
non
preten-
de nulla. È “solo” b u o n a m u s i c a .
(7.0/10 )
Marco Braggion
che fa alla musica d’archivio, la
library music, quella concepita e
indirizzata direttamente alle produz i o n i v i d e o d i c i n e m a e t v. Q u e s t a
trovata amarcord, si materializza
nelle frasi che accompagnano ogni
brano e che cercano di descrivere
una vaga idea di contenuto: “ambigous western atmpsphere resolving
i n t o c h i l d r e n ’s t u n e , s w i r l i n g c y m bals added”; “nostalgic mid-tempo
pathos for widescreen drama, side
g u i t a r + e le c t r o n i c e f f e c t s ” ; “r i p e t i t i v e b e d f o r s c i e n c e / m y s t e r y, m i niaturized percussion”, ecc. ecc.
P e c c a t o c he s i a n o p i ù i n t r i g a n t i l e
descrizioni delle composizioni stess e . L’ a m e r i c a n o t r a p i a n t a t o i n G e r mania non riesce così a trovare vie
di fuga dal labirinto onanistico di
suoni elettro rétro in cui si è chiuso. Presuntuoso e inutile. (5.0/10)
Antonello Comunale
t i r a n o n è p e r n i e n t e i n t r i g a n t e e in c o r a g g i a n t e : H o l d M u s i c è u n p os s i b i l e s i n g o l o t u t t o c o r e t t i s t u f a n ti e
s y n t h g r o s s o l a n i , F e a t h e r I n A Ba s e b a l l C a p è u n r i e m p i t i v o s t a nco
e d e c l a m a n t e e l a f i n a l e T h e S a me
O l d I n n o c e n c e p a l e s a u n o s v e ne v o l e e s p e r i m e n t o p u n k - f u n k s e nza
verve e fuori tempo massimo.
L’ e r e d i t à d i u n d i s c o p a s s a t o r i u sci t o d e v e a v e r f a t t o t r e m a r e l e g a mbe
a i n o s t r i e i l p a s s a g g i o a l l a P o l y v inyl
m a g a r i l i h a p o r t a t i a f o r z a r e u n po’
t r o p p o l a m a n o n e l l ’ a t t o d i d i mo s t r a r e n e c e s s a r i a m e n t e q u a l c o s a…
S i s p e r a c h e l a p r o s s i m a v o l t a de cidano di prendersi tutto il tempo a
d i s p o s i z i o n e p e r p a r t o r i r e q u a l co s a d i p i ù o r g a n i z z a t o e f r i z z a nte,
c o s a c h e h a n n o d a t o p r o v a d i s a per
f a r e b e n i s s i m o . P e r a d e s s o , P l a ces
L i k e T h i s è u n p a s s o f a l s o e b a sta.
(5.3/10)
Alessandro Grassi
Andrew Pekler – Cue (Kranky /
Wide, giugno 2007)
Genere: elettronica
Questo è il classico d i s c o c h e f a i
fatica ad ascoltare p e r i n t e r o . O g n i
brano comincia, pro s e g u e e a d u n
certo punto ti viene i r r e f r e n a b i l e l a
voglia di skippare c o n i l c d p l a y e r
al pezzo successiv o . N o n s e n e
può. Ascoltare inter a m e n t e q u e s t o
album è come la tr e d i c e s i m a f a t i ca di Ercole. Pekle r a v e v a c o m i n ciato bene con un p a i o d i d i s c h i s u
Scape che pur senz a f a r g r i d a r e a l
miracolo, miscelava n o c o n a s t u z i a ,
glitch, kraut e jazz e l e t t r i c o . U n a
certa propensione v e r s o l e a r c h i tetture più informali g l i h a p o i p r e so sempre di più la m a n o e o r a c o n
il nuovo Cue , gira t u t t o i n t o r n o a d
una marmellata di k r a u t g l i c h a t o
con un fastidioso re t r o g u s t o v i n t a ge, da cui deriva a n c h e l ’ o m a g g i o
40 sentireascoltare
Architecture
In
Helsinki
–
Places Like This (Polyvinyl /
Goodfellas, 21 agosto 2007)
Genere: indie-pop
E dopo il disco di remix, di un’inut i l i t à v e r a m e n t e s o p r a ff i n a , e c c o
finalmente giungere alle nostre
orecchie il seguito dello strepitos o I n C a s e We D i e d e l 2 0 0 5 . G l i
otto folletti australiani questa volta
h a n n o p u n ta t o t u t t o s u l p i g l i o d a n ce di alcuni dei pezzi del precedente disco, focalizzandosi sui beats
e sugli svariati synth, proponendo
un polpettone ritmico essenziale
e senza sbavature, che però tira
i l f i a t o p r op r i o s u l l a f r e s c h e z z a e
sulla solidità lo-fi che pervadeva
il precedente episodio. Qui abbiamo a che fare prevalentemente con
p s e u d o b - s i d e s . Tu t t a l a v i t a l i t à è
racchiusa in un pugno di canzoni: il
singolone Heart It Races, una cosa
fra il dubstep/grime alla M.I.A. e lo
scazzo pop più evocativo, una marcetta conturbante fra tribalismi e
s i n g a l o n g r u ff i a n i s s i m i , p o i a b b i a mo Like It Or Not un altro carosello per gruppi di girotondi ubriachi
e L a z y ( L az y ) u n n u m e r o s i m p a t i c i s s i m o a l la Ta l k i n g H e a d s p o s t
S p e a k i n g I n To n g u e s.
M a p a r l i a m o c i c h i a r o : I t ’s 5 , Wi s h b o ne e Cemetery erano veramente su
un altro pianeta. E questo quando
va bene, perché altrove l’aria che
Av i s h a i C o h e n : A s I s . . . L i v e A t
The Blue Note (Razdaz / Half
Note, 24 aprile 2007)
Genere: jazz
D i e c i a n n i d o p o l ’ e s o r d i o s o l i s t ico,
Av i s h a i C o h e n - c l a s s e ’ 7 0 , i s r ae l i a n o , e x p i a n i s t a f o l g o r a t o s u l l a via
d i P a s t o r i u s , d a m o l t i i n d i c a t o tra
i m i g l i o r i b a s s i s t i i n c i r c o l a z i o ne,
c h i e d e r e p e r r e f e r e n z e a C h i c k Co r e a , R o y H a r g r o v e e B r a n f o r d M ar s a l i s t r a g l i a l t r i - l i c e n z i a q u esto
l i v e c h e h a t u t t a l ’ a r i a d i v o l e r f are
i l p u n t o s u u n a c a r r i e r a i n p r o c i nto
d i d i v e n t a r e i m p o r t a n t e . R e g i s t r ato
n e l s e t t e m b r e 2 0 0 6 a l l e g g e n da r i o B l u e N o t e d i N e w Yo r k , A s I s...
m e t t e i n f i l a s e i t r a c c e p e s c a t e dal
r e p e r t o r i o o r i g i n a l e p i ù u n a c l a mo r o s a r i l e t t u r a d e l l ’ e l l i n g t o n i a n a Ca r a v a n , i m p r e z i o s e n d o i l t u t t o con
un
fragrante
q u e s t a , e a p p a r t i e n e a i più grandi:
testimonianza v i s i v a d e l c o n c e r t o ,
dvd
alleg a t o
quale
in cui - oltre a d u n l i r i c o d i e t r o l e
c a t e g o r i a a l l a q u a l e i n o stri appar t e n g o n o c o n p i e n o d i r i t t o . ( 7.0/10 )
quinte e ad u n a i n t e r v i s t a c o n l o
Giancarlo Turra
stesso Cohen – t r o v a t e r i p r o p o s t i
sette pezzi, t r e d e i q u a l i n o n p r e senti sul cd.
Detto che al t r i o c o n s u e t o - o v v e r o
Samuel Barsh a l l e t a s t i e r e e M a r k
Guilliana ai ta m b u r i - s i a g g i u n g o n o
Jimmy Green e a l s a x e i n u n p a i o
di tracce Dieg o U r c o l a a l l a t r o m b a ,
occorre riferi r e d e i d e l i c a t i i n d o lenzimenti pa s t e l l o t r a a s t r a z i o n i
tro un percorso artistico con pochi
rumba di Elli, d i u n a R e m e m b e r i n g
eguali nella storia recente, ecco
dal romanticis m o c i n e m a t i c o c o m e
che presentano un ennesimo trave-
degli ipotetic i E S T c o l b a r i c e n t r o
stimento, si dirigono verso un’altra
(ovviamente) s u l c o n t r a b b a s s o e d i
d i r e z i o n e . C o m e a c c a d e v a i n To
una Feediop s i n c o p a t a e f e r v e n t e
T h e F i v e B o r o u g h s, n o n o s t a n t e i n
(da qualche p a r t e t r a i l C o l t r a n e d i
p a s sa t o l a c a r t a s i a g i à s t a t a c a -
Afro Blue e l’a l g e b r i c o l i r i s m o H e r -
lata, il risultato resta persuasivo.
bie Hancock ) . E p p o i , i l m a l u m o r e
I tempi sono cambiati, altroché, e
ondivago tra p i g l i o f u n k c e r e b r a l e e
tutti (band compresa) si sforzano di
nuance di sax & s y n t h i n S m a s h , e
adeguarsi; ne consegue che questa
ancora il sapo r e J a z z M e s s e n g e r d i
mano, se non porta un’improbabile
quella Etude c h e r e n d e c o n c l a m a t o
s c a l a r e a l e , d i c e r t o n o n b l u ff a e i n -
il latin tinge, e i n f i n e l a t r a m a v i -
cassa ben più che semplice dignità
brante di Bass S u i t e # 1 , a s s o l o p a -
e rispetto dovuto.
stoso di contr a b b a s s o s u c u i s a x e
Primo disco veramente strumen-
tromba ricama n o p e n n e l l a t e r a p i d e
tale, interamente suonato dal trio
come voli d’uc c e l l i n e l l a f o s c h i a .
col ritrovato Money Mark alle ta-
Sarebbe già m o l t o , m a o c c o r r e t o r -
stiere, The Mix Up ostenta infatti
nare a quella C a r a v a n c h e t r a s c a -
u n ’ e s e c u z i o n e n i e n t ’ a ff a t t o b o l s a o
riche funky, r i g u r g i t i s w i n g , c i o n -
stiracchiata e una seria progettuali-
dolamenti blu e s e f u g h e r o c k p o n e
tà, che conferiscono senso robusto
l’accento sul t a l e n t o s b r i g l i a t o , s u l -
a l f un k m a r i t a t o c o l j a z z , a l l ’ i n c u r -
la fantasia flu v i a l e ( u n B a r s h f e b -
sione di Brian Auger sulla pista da
brile ed esilar a n t e a l l a m e l o d i c a ) e
ballo (14th St. Break) e alle poli-
l’intenso inter p l a y. L e t r a c c e “ e s c l u -
cromie blues (Off The Grid). Senza
sive” del dvd - o v v e r o l e a s s o l u t a -
indugiare, il trio non tralascia aci-
mente raccom a n d a b i l i S a m u e l , O n e
dità (The Gala Event) né Giamaica
For Mark e Nu N u , t u t t e e s e g u i t e i n
( S u c o D e Ta n g e r i n a ) , r i s o l v e n d o s i -
trio - sono un ’ u l t e r i o r e c o n f e r m a d i
con perfetta e mai placata attitudi-
quanto testé d e t t o , f o s s e s o l o p e r
n e s in c r e t i c a - a i n d i c a r e i l c r o c e v i a
quei vicendev o l i s c a m b i e n e r g e t i c i
dove tutto si mescola nei gioiellini
che danno la s t u r a a d a s s o l o s t r e -
E l e c t r i c W o r m e F r e a k y H i j i k i . S t u-
pitosi. ( 7.4 /10 )
pisce addirittura, dopo venticinque
Stefano Solventi
anni, con una wave che striscia
fuori
Beastie Boys – The Mix Up (Capitol, 22 giugno 2007)
Genere: instrumental funk
Come si ann o t a n e l l o s p a z i o m o nografico a l o r o d e d i c a t o , g l i ( e x )
Ragazzi Best i a s o n o d i n u o v o t r a
noi e, fedeli a q u a n t o l i m u o v e d a g l i
inizi, impress i o n a n o c o n l a s a g g i a
classe tipica d e l l a m e z z ’ e t à . D e n -
B l a c k S t r o b e - B u r n Yo u r O w n
Church (Playlouder / Self, 5
giugno 2007)
C ’ è v o l u t o u n b e l p o ’ , tanto che
l ’ e l e c t r o d u o f r a n c e s e n e l frattempo
è d i v e n t a t o u n q u a r t e t t o , e la vocaz i o n e s y n t h è m u t a t a v e r so un ap p e a l r o c k i s h d ’ a s s a l t o , m a alla fine
i l d e b u t t o è c o s a f a t t a . I B lack Stro b e e s o r d i s c o n o v i a P l a y l ouder con
u n t e a m d ’ a n g e l i a l l e s p alle e pro m e t t o n o d i s e g n a r e n u o v e frontiere
s i a a l l ’ i n d u s t r i a l p i ù m e t allaro che
a l l ’ e l e c t r o / r a v e t o r n a t o faccenda
E B M ( e d u n q u e g o t h i c ) . Con Paul
E p w o r t h ( B l o c P a r t y, F u t ureheads,
M a x ï m o P a r k ) e A l a n M o ulder (U2,
N i n e I n c h N a i l s , M a r i l y n Manson),
r i s p e t t i v a m e n t e a l l a p r o duzione e
a l m i x i n g , i q u a t t r o m e t t o no in pista
u n m u t a n t e a d u e t e s t e t r a progres s i o n i r a v e e c a r r i a r m a t i industrial.
P e n s a t e a g l i u l t i m i Yo u n g God e un
p o c o a i N I N . I S i s t e r s O f Mercy per
l a g e n e r a z i o n e d i We s l e y ‘ Blade ’
S n i p e s . I D o o r s c o m e f a c cenda per
d j v a m p i r i . D u n q u e s y n t h graffianti
c o m e e p i ù d e l l e c h i t a r r e , crooning
c a v e r n o s o e s o u l - b l u s e g giante, e
i n m e z z o t u t t a l a f a t t a n z a rave brit a n n i c a , a n c h e q u e l l a t a marra forte
(B u z z B u z z B u z z ) , i n f i n e la porta
p e r l ’ i n f e r n o m o l t o c h i c r eznoriana
s e m p r e b e n s p a l a n c a t a ( Crave For
S p e e d ) . C ’ è q u e l c h e s e r ve per ir r e t i r e - c r e d e r a n n o - l ’ i m maginario
d e i k i d p o s t d i s c o c r e s c i u ti a suoni
v i a v i a s e m p r e p i ù s c u r i t ra Liars e
A d u l t , d i v e r s a m e n t e p e r ò , al posto
d e l l ’ i n d o l e u n d e r g r o u n d s’affaccia
u n a p r o d u z i o n e g r a n d g u ignolesca
insistentemente,
premedita-
ta cerniera tra piglio funzionale e
ammiccamento stilistico. Increduli,
viene voglia di riprendere il viaggio
da capo, ammirando gente che non
ha mai pubblicato un disco inutile
che fosse uno. Onesti verso se medesimi e il pubblico, i Beastie parlano solo se hanno qualcosa da dire.
N o n è p r e r o g a t i v a g r a n c h é d i ff u s a ,
sentireascoltare 41
per il massimo effe t t o b a l l o / s b a l l o
radiocomandato. In a l t r e p a r o l e , s e
si vuole vedere, il t r u c c o c ’ è e s i
sente. C’è chi te la v u o l e v e n d e r e
prima che fartela (s ) b a l l a r e e l ’ a l larme pensiero indip e n d e n t e - b i p !
bip! - obbliga d’ind o s s a r e g l i o c chiali speciali di Ess i Vi v o n o. I d i fetti sono stagionatu r e u l t i m i Yo u n g
God o certi espedie n t i d a N I N b a l lerini con il ritornello u l t r a c o m m e r ciale ( Shining Bright S t a r ) , l o s f o ggio ostentato - che a q u a l c u n o f a
sempre effetto perch é e ff e t t o f a - d i
tirar fuori i Doors tec h n o ( I ’ m A M a n
che poi è la cover di B o D i d d l e y, m a
è Morrison road hou s e d a m o r i r e ) ,
il giocare a mettere i n h i - f i l a r i s c o perta EBM di quest i a n n i . Q u e s t o
è. Poi, se involontar i a m e n t e C r a v e
For Speed suona com e i Ti n d e r s t i c k
getta ti in bocca alla f i a m m e , i B l a c k
Strobe riusciranno a s t r a p p a r e u n
sorriso, ma la track l i s t è b e l l ’ e f i nita. E, a dir il vero, l ’ a b u s a r e c e r t i
vocalizzi David Syl v i a n r o m p e u n
po’ le scatole.
Solo per ultra aman t i d e l l a t e c n o logia applicata al m a l e . S o c h e t i
piace baby… ( 6.0/10 )
sguaiata, è l’elemento di continuità
sia concettuale che fisico dell’album. La sua declinazione è sempre
sinistra, anche quando Migration
sembra uscire da Hosianna Mant r a d e i P o p o l Vu h. N o n r i n u n c i a a
far parte dei giochi nemmeno negli esperimenti più astratti, come
B o i l e r P e a n u t s , o c o m e F r a n k i e ’s
Problem, questa ultima una composizione quasi cameristica per chitarra, tocchi di batteria e campane.
In fin dei conti questo Blues Control è una creatura assai più stran a d i q u e l lo c h e p a r e , a o r e c c h i o
distratto. È l’espediente metafisico,
ultraterreno o sotterraneo, penetrato nella metropoli e oscurato – già
esso stesso cupo – quando messo
a confronto coi colori del mondo
esterno. È psichedelia sbiadita che
fa finta di essere distratta per non
s e m b r a r e t ro p p o s e r i a . I n a l t r e p a r o le, un disco riuscitissimo. E la final e N o S w e a t ( r i ff a c c i o s a b b a t h i a n o
e batteria pachidermia in secondo
p i a n o , p i an o , t a s t i e r e d a R i c h a r d
Wr i g h t , q u a s i u n b a d - t r i p a v v o l t o d i
carillon) terrebbe in piedi già di suo
un disco mediocre. (7.4/10)
Edoardo Bridda
Gaspare Caliri
Blues Control – Self Titled (Holy
Mountain / Goodfellas, 2007)
Genere: psichedelia/
avant-noise-blues
A prima svista ques t o d i s c o s e m bra una raccolta di v i n t a g i s m i c o l t i
e disfattisti del rock d ’ a v a n g u a r d i a
che fu. Ma non è sol o q u e s t o . A n z i ,
quasi per nulla. È s e m m a i u n t r a ttamento estremo – l ’ e s t r e m i z z a z i o ne – sistematicame n t e r i s e r v a t o a
quei riferimenti colt i . D i c o s a p a r liamo? Del secondo d i s c o ( o m o n i mo) dei Blues Contr o l, c h e e s c o n o
per Holy Mountain d o p o l ’ a p p r e z zatissimo esordio s u Wo o d s i s t ( e
dopo un disco su c a s s e t t a p e r l a
Fuckittapes!). I Blue s C o n t r o l s o n o
poi Lea Cho e Rus s Wa t e r h o u s e ,
di New York, non g e n t e t e d e s c a ,
né proveniente dal d e s e r t o , m a g a r i
giusto un po’ fricche t t o n i .
La title track è u n a d i s t o r s i o n e
blues direttamente f i g l i a d e i R o y a l
Trux, che mette le c a r t e i n t a v o l a
ma immediatamente l e b r u c i a , p u r
concedendoci un tas s e l l o i m p o r t a n te; la chitarra, nella s u a d i s t o r s i o n e
Bonaveri - Magnifico (Parole &
Musica / Egea, 8 giugno 2007)
Genere: cantautorato
In occasione dell’esordio solista,
Germano Bonaveri ci mette onestà,
i m p e g n o , p a s s i o n e . L’ e x v o c a l i s t
dei Resto Mancha è autore dei testi e di gran parte delle musiche,
prodotte “artisticamente” dal saggio
Beppe Quirici. Con una certa cocciutaggine (non priva di una certa
ostentazione), persegue la strada
del cantautorato, accettando i vantaggi e i rischi di una mappa ben
tracciata. Non a caso, la scaletta
somiglia ad una passerella di modi
arcinoti: c’è la trafelata arguzia di
Finardi in C’è chi (e chi), c’è un bel
p o ’ d i Ve c c h i o n i n e l l a t i t l e - t r a c k ,
c ’ è p a r e c c h i o G u c c i n i i n To r q u e m a da e c’è la tensione meditabonda di
Fossati in Delle diversità. Altrove
il gioco è più complesso, le carte
vengono mischiate con una certa
perspicacia, allora t’imbatti in un
Guccini spiritato Capossela (Non
dimenticare), in un Fossati altezza
L a p i a n t a d e l t è i n a l b e r a t o Av i o n
42 sentireascoltare
Tr a v e l (Te r r a f e r m a ) , p e r n o n d i r e di
q u e l l a S t a t o s o c i a l e c h e m a m b eg g i a c o m e u n S e r g i o C a p u t o e n g agé
(praticamente un ossimoro).
A n d r e b b e t u t t o b e n e , n o n f o s s e per
i l f a t t o c h e B o n a v e r i s e m b r a pri g i o n i e r o d i q u e l p i g l i o d a e s p o n en t e d ’ u n a s c h i a t t a s e m p r e p i ù r ara,
u n a p r e s u n z i o n e r o m a n t i c a e u n po’
s u p p o n e n t e c h e s m o r z a l ’ e m p a tia.
A l l o r a a n c h e i t e s t i m i g l i o r i f i n i s co n o c o l s e m b r a r e u n a p r o s o p o pea
c u i l a m u s i c a s i p r e s t a q u a l e c ha p e r o n g a r b a t o , a c c o r t o , p r e z i oso
( f l a u t i , o b o e , c l a r i n o , v i o l o n c e llo,
pianoforte...)
ma
tutto
s o m m ato
i n n o c u o . C o m e è p r o p r i o d e i c an t a u t o r i . D i c e r t i c a n t a u t o r i ( n o n ho
citato, difatti, De André).
C e r t o , n o n m a n c a n o i b e i m o m e nti,
c o m e q u e l l a O l t r e l ’ a r c o b a l e n o ani m a t a d a q u e l f i l o d i r a b b i a i n più
e d a u n a b e l l a l i b e r t à f o l k - p r o g, o
q u e l l a s p e c i e d i a c q u a r e l l o d u b nel l e s t r o f e d i I n d e l e b i l e , o l a f a n f ara
m e d i e v a l e n e I l m a g o . P e r ò m a nca
s e m p r e q u a l c o s a . A n z i , c ’ è s e m pre
q u a l c o s a d i t r o p p o : i f a n t a s m i d i cui
B o n a v e r i d o v r à l i b e r a r s i , p r i m a di
c o n t i n u a r e . ( 5 . 5 /1 0 )
Stefano Solventi
Caribou - Andorra (City Slang /
V2, 21 agosto 2007)
Genere: caramello psych
Av e v a m o l a s c i a t o C a r i b o u c o n The
M i l k O f H u m a n K i n d n e s s u n p aio
d ’ a n n i f a , u n a l b u m n e l q u a l e c on v i v e v a n o i c a l e i d o s c o p i p s i c h e de l i c i d e l p r e c e d e n t e e a m a t o U p In
F l a m e s c o n a l c u n i t i m i d i t e n t a t i v i al
c a n t o e u n a s c e n s o r e p e r i l p a r adi s o . L o a v e v a m o d e f i n i t o i l c l a s sico
l a v o r o d i t r a n s i z i o n e , m e n o e l e t tro n i c o e p i ù s u o n a t o , d a l l a m a g g i ore
turn it on
A r t e m o l t o b u f f a - L’ a r i a m i s t e r i o s a ( A i u o l a / S e l f , 3 0 m a g g i o
2007)
Genere: cantautorato obliquo
Di certo quel p i g l i o s b i l e n c o c h e i n n e r v a v a S t a n o t t e / S t a m a t t i n a e c h e
tanti sorrisi, i n g e n u i e d i g u s t o , a v e v a s u s c i t a t o n o n h a n n o a b b a n d o n a t o
la verve del v e n e z i a n o M u ff a t o , c h e i m p e r t e r r i t o c o n t i n u a a r i m e s t a r e i l
brodo di intui z i o n i e r i f e r i m e n t i s o n o r i a m p i a m e n t e d i s p i e g a t i n e l D u e m i laquattro, sen z a p e r ò e c c e d e r e i n q u e l l ’ a t t i t u d i n e d a l o s e r c h e n e a v e v a
decretato il su c c e s s o . L’ a r i a m i s t e r i o s a ( A i u o l a / S e l f , 3 0 m a g g i o 2 0 0 7 )
ha infatti qua l c o s a d i d i v e r s o e n u o v o i n s é : l ’ u o m o a n a g r a m m a t o p r o v a
a rivestire i s u o i r a c c o n t i c o n a b i t i m e n o a r d i t i e c o n v u l s i n e l l e c o s t r u zioni e sovrap p o s i z i o n i d i t e s s u t i e c o l o r i , f a t t i d i r i p r e s e q u a e l à , d i f i l i
che pendono, d i o r l i i m p e r f e t t i , c h e a d o g n i p a s s o s o b b a l z a n o c o n g r a z i a
maldestra (a p a r t i r e d a l l a v o c e ) m o s t r a n d o l e c u r v e m o r b i d e d i u n p o e t a r e
intento ancora a r a c c o g l i e r e i s t a n t a n e e d i u n ’ i n f a n z i a s p e n s i e r a t a , i n f a r c e n d o i p e n s i e r i a d u l t i d i m i s t e r i osi dilem mi che non ha n n o e n o n a v r a n n o m a i r i s p o s t e . S t o r i e p e r s o n a l i c h e a b b r a c c i a n o i l v i v e r e q u o t i d i a n o , dell’autore
come di tutti, d a l r i c o r d o d e l l ’ e s t a t e a i t e m p i d e l l a s c u o l a ( u n p i a n o m a l i n c o n i c a m e n t e u b r i a c o s u c u i inanellare
personaggi e s t a t i d ’ a n i m o a n c o r a v i v i d i i n E s t a t e) a d u n a m a t u r a e s o ff e r t a r i f l e s s i o n e s u l l a p r e c a r i e t à del con temporaneo (l a c o n s o l a n t e a m a r e z z a v o c e e p i a n o d i Te m p o a l t e m p o , i n c u i i l t e m a p o l i t i c o - s o c i a l e a ffrontato si
affaccia con l a g e n t i l e z z a e t i m i d e z z a p r o p r i a d e l N o s t r o ) . M e n o c o r r e n t i d ’ o l t r e o c e a n o a f o r m a r e i n c respature
(con l’eccezio n e p i ù c h e e v i d e n t e d e l l a b e a t l e s i a n a D o v e l e i p a s s a ) , p i u t t o s t o t u t t i i p r o f u m i d i c a s a nostra ad
infestare, pre n d e r e l e t t e r a l m e n t e d ’ a s s a l t o i d i e c i b r a n i : l a f r e s c h e z z a d e l b a s i l i c o a d i n s a p o r i r e l e i d i osincrasie
di Se un giorn o ( “ P r e f e r i s c i i d i s c o r s i c h e n o n t o r n a n o m a i / p e r f o r t u n a i d i s c o r s i t r a n o i n o n t o r n a n o mai / Metti
cura, rispetto p e r t u t t i g l i s b a g l i c h e f a i / g r a z i e a l c i e l o c o n m e t u n e f a r a i ” ) , l ’ a s p r a i n t e n s i t à d e l l ’ o l i o d’oliva a
cospargere il r a p p o r t o a d u e d i L e r u g h e s u l l a f r o n t e , i l t u t t o i n n a ff i a t o d a u n c o r p o s o v i n o r o s s o d i v i o lini e fiati,
lasciato deca n t a r e d a l p r o d u t t o r e F a b i o ‘ N o n v o g l i o c h e C l a r a ’ D e M i n . “ P e n s o c h e q u e s t e c a n z o n i n on abbian
nulla di oscur o o c r i p t i c o , e s i a n o i n v e c e p i e n e d i s p e r a n z a . P a r l a n d o d ’ e n i g m i n o n f a n l e m i s t e r i o s e . E se sono
‘ariose’, non s i ‘ d a n n o a r i e ’ . P e n s o s i a n o c a n z o n i p e r t u t t i ” . L’ e n n e s i m o g i o c o d i p a r o l e d i A l b e r t o M uffato che,
per una volta, c o n d i v i d i a m o a p p i e n o . ( 7 . 2 / 1 0 )
Va l e n t i n a C a s s a n o
sentireascoltare 43
apertura alla canzo n e S i x t i e s F o l k
e una restrizione d e l v i r t u o s i s m o
laptop che lo aveva r e s o f a m o s o .
Da geniale pasticcio n e i n s o v r a d o saggio di layer (loop , s u o n i r o t o n d i
e a volte ricolmi fin o a l l ’ o r l o ) , D a n
stava mutando in u n l i s e r g i c o m e nestrello wilsoniano e p e r c i ò n o n
sorprende ascoltarl o o g g i c a n t a u tore fiabesco.
Con i dovuti disting u o , l ’ a t t i t u d i n e
rimane sempre e com u n q u e e l e t t r o nica, farcita di CAN e S i l v e r A p p l e s :
come dire, l’attenz i o n e è a n c o r a
eminentemente rivo l t a a l m o o d ( e
all’escrescenza del p o p ) e m e n o
alle strofe. Del resto , a r i p r o v a d e l le buone intenzioni, i n A n d o r r a l e
tracce cantate sono p r a t i c a m e n t e
tutte e se Caribou n o n è d i v e n t a to propriamente un s o n g w r i t e r, è
in grado d’esprimer e i l s o g n a t o r e
che è in lui in modo d i s c r e t a m e n t e
ammaliante. She’s T h e O n e , c a n t a ta e suonata con l’a i u t o d e l l ’ a m i c o
Jeremy Greenspan ( J u n i o r B o y s )
ne è un esempio cur i o s o , a n c h e s e
forse è Eli il miglio r e d e i t r a g u a r di ottenuti. Qui conv i v o n o i l o o p i n
reverse della miglio r p s i c h e d e l i a ,
le voci bianche dei B e a c h B o y s e
soprattutto un bel e s e m p i o d i n u g get ’67 sulla strada d i O f M o n t r e a l
e Brian Jonestown M a s s a c r e ( l e
migliori penne pop- p s y c h d i q u e sti ul timi anni). Altro v e a c a t t u r a r e
maggiormente è la c o m p o n e n t e a r rangiativa, sempre a c c a t t i v a n t e n e l
sovrapporre pattern r i t m i c i p i u t t o s t o
serrati (e minimal) a u n l u n a p a r k
di caramelle psych ( f l a u t i , g l o c k spiel, chitarrine by r d s i a n e , e c c . ) .
Lo stesso singolo Me l o d y D a y p i a c e
per questo, idem pe r l e s q u a d r e t t e
kraute di Sundialing ( d o v e i l c a n t o
è soltanto come com a n d a l o s h o e gaze).
L’acc resciuto afflato l i v e è u n a l tro buon punto pe r C a r i b o u , e p pure l’unica novità v e r a è N i o b e
nella quale l’interes s e p s y c h v i r a
electro-techno (legg i A p p a r a t ) c o n
risultati interessanti ( p e r i l f u t u r o ) .
Ok, è un’ulteriore t r a n s i z i o n e , o p pure la conferma ch e C a r i b o u n o n
è il genio Manitoba , s e m p l i c e m e n te un bravo arrangia t o r e e i n f u t u r o
- chissà - un bravo s o n g w r i t e r. C i
crediamo. Intanto… ( 6 . 7 / 1 0 )
Edoardo Bridda
44 sentireascoltare
Chantsong Orchestra da Cremona,
l a s p i n t a f u n e r e a / f u n e b r e d e g l i ot t o n i d e c l a m a n d o l u c i d o / a l l u c i n ato
tipo il Ferretti dei bei tempi.
Q u a l c h e d i f e t t u c c i o è r i s c o n t r a bile
n e l l ’ e c c e s s i v a m e n t e n e v r a s t e nica
F o r m a e s o s t a n z a , i n u n a D i s c on n e t t i i l p o t e r e c u i q u a l c h e b p m in
m e n o a v r e b b e f a t t o b e n e , e i n q uel l a S t e l l e b u o n e c h e e r a e r e s t a un
g r a n p e z z o m a c ’ è t r o p p o t e sto,
n o n c o n c e d e r e s p i r o e l ’ a r r a n gia m e n t o n e e s c e g i o c o f o r z a b l o c ca t o . Ve d e t e b e n e c h e n o n è n ulla
d ’ i m p e r d o n a b i l e . Ta n t ’ è , s e g n a l ata
una Festa mesta con Roy Paci a
fare il belzebù tra bailamme free e
s g r o p p a t e r o c k , n o n r e s t a c h e c on c l u d e r e d i c h i a r a n d o l ’ e s p e r i m e nto
r i u s c i t o e p i u t t o s t o g o d u r i o s o . Un
b i s s a r e b b e d ’ u o p o . ( 7 . 0 /1 0 )
per la direzione e gli arrangiamen-
Stefano Solventi
Chantsong Orchestra - Indie
M o o d ( N e w t o n e / F e l m a y, 7
maggio 2007)
Genere: jazz/rock
Dodici jazzisti giovani, entusiasti e
abbastanza spregiudicati: ecco la
ti di Igor Sciavolino, principale responsabile del progetto nonché dell ’ i d e a I n d i e M o o d. O v v e r o , p r e n d i
undici pezzi indie rock più o meno
gloriosi e piegali alle possibilità e
alla calligrafia di una big band. Magari invitando quelli dell’altra sponda ad interpretare o reinterpretare.
E infine, massì, aggiungi un paio di
situazioni originali. La cosa funzion a . E f u n z io n a p e r c h é n o n a c c a d e
quel che uno in questi casi teme, la
famigerata trasfigurazione à la Bad
Plus dove le istanze jazzy trattano
l’ordine armonico e melodico come
un puro pretesto, e allora tanto valeva farsi i pretesti propri. No, la
Chantsong Orchestra si aggrappa
alla giugulare della canzone, la
metabolizza, se ne fa carico. Somigliando parecchio in questo a quell a M i l l e n n i u m B u g O r c h e s t r a p r ot a g o n i s t a di s c e l l e r a t e s c o r r i b a n d e
con Marco Parente.
I pezzi ne escono in qualche modo
corroborati, vedi le febbrili dilatazioni di Lieve - col Godano che
canta
uno
sdegno
sospeso
tra
grappoli di basso, assolo di chitarra younghiana, vampe d’ottoni
e palpiti di pianola - e una arguta
Discolabirinto cantata da una Cristina Donà vamp svampita algida
aliena(ta). Molto bene anche Balon
Combo, che spedisce i Mau Mau tra
liquori modulari Shorter e cascami
b l u e s M i n g u s, e d u n a s o r p r e n d e n t e
Gusci a perdere, uno dei due pezzi
originali, dove Aldo Nove cavalca
Charalambides
–
Electricity
G h o s t s ( W h o l l y O t h e r, m a g g i o
2007)
To m C a r t e r – W h i s p e r s To w a r d
I n f i n i t y ( W h o l l y O t h e r, m a g g i o
2007)
To m C a r t e r – G l y p h ( D i g i t a l i s
Industries, febbraio 2007)
Genere: psychedelic
folk drones
Ve c c h i e e n u o v e r e g i s t r a z i o n i e mer g o n o d a l b a u l e m a g i c o d i To m &
C h r i s t i n a C a r t e r. E l e c t r i c i t y G hos t s , n u o v a u s c i t a p e r i l g r u p p o ma d r e , a p p a r t i e n e i n r e a l t à a s e s s i ons
o r m a i v e c c h i e d i q u a l c h e a n n o , le
s t e s s e c h e p o r t a r o n o a q u e l l a g em m a d i n o m e J o y S h a p e s . F o r m a zio n e a t r e , d u n q u e , c o n H e a t h e r Lei gh Murray a dar man forte ai due e
l i b e r o s p a z i o a d u n a d o s e m a g gio r e , s e p o s s i b i l e d i s p e r i m e n t a l i smo
d r o n e - p s i c h e d e l i c o r i s p e t t o agli
a l b i u ff i c i a l i . C o m e s e p e r i s i g nori
C a r t e r i c d - r f o s s e r o u n p o ’ c o me
a p r i r e l a p o r t a d i c a s a a p o c h i , se l e z i o n a t i a m i c i e m e t t e r e a n u d o il
proprio lato più intimo.
I n q u e s t a o d e a l l ’ e l e t t r i c i t à s t a t ica
i n 5 m o v i m e n t i e 6 5 m i n u t i i t r e di s e g n a n o p a e s a g g i l i q u i d i m e d i a nte
p a s s a g g i r a r e f a t t i : s o s p i r i d r o nati
e a r p e g g i , s c a m p a n e l l i i e s i n i stri
t i n t i n n i i p e r u n a f o r m a d i t r a n c e de l i a m i n i m a l e e p p u r e i n t e n s i s s ima
n e l s u o e s s e r e s e m p r e p i ù r i d otta
a d u n a p p a r e n t e m e n t e i n e r t e e cto p l a s m a s o n o r o . N e l l o s t e s s o t em -
po Tom se ne e s c e c o n W h i s p e r s
Toward Infin i t y, u n a n u o v a r e l e a se sull’etiche t t a d i c a s a . Q u a t t r o
magmatici pe z z i d i f o l k d r o n a t o e
spettrale inca s t o n a t i i n u n a b e l l i s sima confezio n e h o m e m a d e , c h e
rimarcano il t a g l i o i n t i m o e p e r s o nale dell’albu m . I l i d i s o n o q u e l l i
già toccati in p a s s a t o d a l n o s t r o
e frequentati p i ù o m e n o a b i t u a l mente da mae s t r i c o m e M a z z a c a n e
Connors o d a i n s o s p e t t a b i l i c o m e
Alan Sparhaw k : e s t a t i c h e c o m p o sizioni che sa n n o d i s a b b i e d e s e r tiche ed in cu i a v o l t e c o m p a i o n o
fantasmi di u n b l u e s a n c e s t r a l e o
frammenti d i l a t a t i d i c r e s c e n d o
mantrici (il fin a l e d i C o l o r s F o r N ) .
Infine un dov u t o r e c u p e r o : G l y p h,
riedizione di u n a u s c i t a s u W h o l l y
Other vede a n c o r a To m i n s p l e n d i da solitudine a l l e p r e s e c o n i f a n tasmi della s u a v i t a . R e g i s t r a t o a l
momento dell ’ a b b a n d o n o d e l l a c i t t à
natale, i tre m o v i m e n t i ( c i a s c u n o
sintomaticame n t e d e d i c a t o a d u n a
persona impo r t a n t e n e l l a v i t a d i
Mr. Charalam b i d e s ) d i v e n g o n o u n a
sorta di catac o m b a l e o d e a l l a s u a
Austin. Lungh i e d e s t e n u a n t i d r o nes di chitarr a c h e t r o v a n o i l m o d o
di crescere in f l u t t u a n t i e v o c a z i o n i ,
soprattutto ne i 3 0 s p e t t r a l i m i n u t i
della abissale t r a c c i a 2 , c h e r i v e r berano echi d e l l ’ u l t i m o J o h n F a h e y
e di Six Orga n s O f A d m i t t a n c e d e l
sodale Ben C h a s n y, c o n i l q u a l e i l
nostro è coin v o l t o n e l n u o v o p r o getto Badgerl o r e . Tr e d i s c h i m i n o r i
ma indispensa b i l i p e r c o m p r e n d e r e
a fondo l’esta t i c o ( e a v o l t e s t a t i c o )
universo Cha r a l a m b i d e s . I n d i s t i n tamente ( 6.8/ 1 0 ) .
Stefano Pifferi
m e n t e L a n e g a n, b u o n a s ì ma solo
p e r a t t i z z a r e c u r i o s i t à . Avanti così.
F a c c i a m o c i ( u n p o ’ ) m a l e . ( 5.2 /10 )
Stefano Solventi
a c c on c i a t u r e c o t o n a t e d e l b a r a c c o n e ha r d e i g h t i e s . F u o r i d a c o t a n t a
s c e ne g g i a t u r a / s c e n o g r a f i a ,
quella
voce è un improbabile intruso. Ancor più se, come era chiaro già negli ultimi lavori col giardino sonoro,
a z z ar d a d a r e c o r p o a d u m o r i e t e n tazioni soul blues.
Difatti in questo Carry On l’impeto dello shouter viene sistematicamente sedato dai palpiti del croon e r. C i ò c h e a ff i o r a e v i d e n t e f i n
dall’iniziale No Such Thing, con
quell’alternanza tra rockaccio ipertrofico del chorus e ballatina tesa
delle strofe, per non dire del middle eight in falsetto beatlesiano che
completa l’ideale mash-up. Impresa
tutt’altro che semplice, infatti ne è
uscito un lavoro discontinuo, flaccido, confuso.
P r o do t t o d a l s a p i e n t e S t e v e L i l lywhite, spiana ballate Oasis spolverate
Red
Hot
chili
Peppers
( A r m s A r o u n d Yo u r L o v e ) e p o p r o c kerie sofisticate Aerosmith (Poison
Eye, Scar On The Sky), ciondola
tra corrucciamenti Nirvana (quella
s p e ci e d i A l l A p o l o g i e s r i f r i t t a c h e
risponde al nome di She’ll Never Be
Yo u r M a n ) e f o l k e s o t i c i L e d Z e p
Chris
Cornell
Carry
(Suretone
/
Interscope,
maggio 2007)
Genere: rock/folk/blues
On
28
( G h o s t s) , t e n t a p u r e c o n u n c e r t o
successo di far coesistere Muse e
J o h n M e l l e n c a m p ( Yo u K n o w M y
Name, già nella OST dell’ultimo Ja-
Pensate a co s a è s t a t a l a v o c e d i
mes Bond) quindi fa outing defini-
Cornell per q u e i p o c h i a n n i i n c u i
tivo con gli ottoni tirati a lucido di
il
una Safe And Around che sembra
grunge
tir a v a
mazzate
bene-
dette e senza r i g u a r d o : a n n e g a t a
C l a pt o n v i a R o d S t e w a r t.
nel crogiolo a c i d o e s f e r z a n t e d e i
Un bel pasticcio, nel quale non puoi
Soundgarden, s e m b r a v a l ’ u l u l a t o
fare a meno di scorgere la strategia
irriducibile di m i l l e f r o n t m a n c o n l e
un po’ disperata di chi non riesce
adenoidi bram o s e d i m e l o d r a m m a
più a trattenere la propria ombra.
metallaro, l’ic a s t i c o p u n t o d ’ a p p r o -
Inoltre, e infine, ecco la genialata:
do del nostro i m m a g i n a r i o n a u f r a -
c o v er i z z a r e B i l l i e J e a n a l l a s t r e g u a
go, sedotto e a b b a n d o n a t o t r a l e
di sierosa processione blues vaga-
C o l l e t t i v o A 6 - To d U n d F e u e r
(Ame / Audioglobe)
Genere: impro-rock
Dadamatto - Ti tolgo la vita
(BloodySound-Sweet
Te d d y Marinaio
Gaio-Eaten
By
Squirrels / Audioglobe, febbraio
2007)
Genere: post-punk noise
Te r z a u s c i t a e t e r z o c e n tro per la
B r o w n S e r i e s d e l l a A M E. In azio n e q u e s t a v o l t a u n s u pergruppo
c h e v e d e i n f o r m a z i o n e 3 Bron Y
A u r , u n A i d o r u, J a c o p o “prezze m o l o ” A n d r e i n i e i l p a d r o ne di casa
M a t t i a C o l e t t i. C o l l e t t i v o A6 si pres e n t a , c o m e p r e v e d e l a collana,
c o n 1 0 b r a n i d i r o c k i n t e ramente e
r i g o r o s a m e n t e i m p r o v v i s ato, carat t e r i z z a t i p e r ò d a l l e d i g r e ssioni psi c h e d e l i c h e c a r e a l b a c k ground di
b u o n a p a r t e d e i p r e s e n t i , mai come
o r a i n t e n t i a d i l a t a r e g l i s pigoli e ad
o ff r i r e u n a v i s u a l e g r a n dangolare
d e l l ’ i m p r o v v i s a t a d i m a t rice rock.
L’ i n c r e d i b i l e p o t e n z a d i f uoco mes s a i n c a m p o d a l l ’ e n s e m ble (3 chi t a r r e , b a s s o , b a t t e r i a , s a x, tromba
e d e l e c t r o n i c s ) o ff r e i n c essanti in t r e c c i d i c h i t a r r e e b a t t eria in cui
s o v e n t e è i l s a x d i A n d r e ini a rita g l i a r s i u n r u o l o c e n t r a l e , ora come
e l e m e n t o c o l l a n t e , o r a di rottura
( P r e s e n t a z i o n e e P a u s a , rispettiv a m e n t e ) , d o n a n d o a l l e t rame stru m e n t a l i - g i à d i p e r s é o ttime - un
v e n t a g l i o d i p o s s i b i l i t à e normi.
D i e c i p e z z i s o s p e s i s u l sottile filo
c h e d i v i d e l ’ a s p e t t o c e r ebrale da
q u e l l o m u s c o l a r e , i n c u i l e destrut t u r a z i o n i f r e e , l e i m p l o s i oni sonore
e i l f r a s t a g l i a t o c o n c a t e n arsi degli
s t r u m e n t i t r o v a n o l a l o r o perfetta
c o e s i o n e c o n l a p a s s i o ne per la
p s i c h e d e l i a , i n t e s a c o m e dilatazio n e d e l s u o n o e d e l l a c o scienza di
c u i A c c o r d o è p e r f e t t a e s emplifica z i o n e . S u t u t t o r e g n a u n perenne
s e n s o d i i n q u i e t a n t e e incipiente
a p o c a l i s s e , c o m e n e l c apolavoro
k l e e n i a n o c h e d o n a , n e l la perso n a l e r i v i s i t a z i o n e d i F i è , copertina
e t i t o l o a l l ’ a l b u m . L a m orte della
c u l t u r a e d e l l a c i v i l t à v i e ne propo s t a d a i s e i i n u n a f u s i o n e tenden -
sentireascoltare 45
te alla rinascita. La l o n g a m a n u s
di Mattia Coletti si s r o t o l a a n c h e
sull’esordio lungo d i q u e s t o p o w e r
trio marchigiano. C’ è m r. A M E , i n fatti, dietro la conso l l e d i Ti t o l g o
la vita , disco compo s i t o e p o t e n t e ,
frutto della collabora z i o n e d i b e n 4
etichette. Ma c’è an c h e i l c o r a g g i o
(o l’incoscienza?) d i u n g r u p p o d i
esordienti che non te m o n o d i i n i z i a re il loro disco con u n a l u n g a s u i te (Videodrome ) di 1 2 m i n u t i i n c u i
sfoderano tutto il ca m p i o n a r i o d e l l e
proprie possibilità: p u n k c e r e b r a l e
alla Fugazi, note lib e r e d i p i a n o s u
duetti basso-batteri a , c i t a z i o n i d a
Nirvana e Marlene d e g l i e s o r d i e
conclusiva catarsi in b u c o l i c a f r e e form. Un buon inizi o , n o n c ’ è c h e
dire, anche se il bel l o d e v e a n c o r a
venire. I tre infatti co n i u g a n o b e n i s simo ruvidezze nois e e p o s t - p u n k ,
eredità dalla tradizio n e p u n k - h c i t a lica e rock accessib i l e e m e l o d i c o ,
senza mai perdere p o t e n z a o p e r sonalità. Alternano c o n n o n c h a l a n ce canzonette orecc h i a b i l i ( B a m b o la gonfiabile , Il mi o p a p p a g a l l i n o
mediterraneo , come d i r e i M a r l e n e
a Sanremo) ad aggr e s s i o n i i n p i e no stile Negazione ( U r l o c o n f u s o ) ;
divagazioni eteree o v a g a m e n t e
psichedeliche coste l l a t e d a f a n t a smi barrettiani a ind o m a b i l i s f u r i a t e
noise-core o post-p u n k c o n d i t e d a
una forte autoironia. U n d i s c o u m o rale e profondamen t e e t e r o g e n e o ,
che si fa ascoltare t u t t o d i u n f i a t o
senza perdere in c o e s i o n e . I l t r i o
dopotutto mantiene f e d e a l n o m e
scelto, nel suo rau s c h e m b e r g i a n o
sforzo di riutilizzo di s c o r i e m u s i c a li di scarto nel tentat i v o ( r i u s c i t o ) d i
rivita lizzarle. Ad ent r a m b i ( 7 . 0 / 1 0 ) .
Stefano Pifferi
C o m a n e c i - Vo l c a n o ( D i s a s t e r s
by Choice / Wide, 5 giugno
2007)
Genere: gentle chamber pop
Un sospiro lungo d o d i c i b r a n i . U n
afflato melodico che s i s n o d a t r a l e
corde di un violonce l l o e q u e l l e d i
una chitarra acusti c a . M a l t r a t t a t e
con accuratezza. Am a t e c o n c a n d i do stupore. Aggrovig l i a t e o d i s c i o l te in un tepore agre e n e i t o n i c a l d i
della melanconia, q u e s t o s o l o l a
voce può deciderlo. U n a v o c e c h e
parla inglese, ma se n t e e v i v e t u t t o
46 sentireascoltare
nella lingua d’origine, l’italiano. Mai
avrei pensato che Ravenna covasse in seno una simile mestizia, così
vicina alle terre vulcaniche d’Island a d e l l a To r r i n i i n f a s e a d u l t a d i
F i s h e r m a n ’s Wo m a n ( n e l l a f o s c h i a
dissonante del violoncello di Housemate), e che al tempo guarda con
certo distacco quell’America mid
Nineties della Chan Marshall più
desertica e desolata degli esordi
(la languidezza blues di One Night
( D e m o Ve r s i o n ) ) , s e n z a c h e s c o s se elettriche o drumming convulsi
scompaginino la quiete di cui è intriso il debutto dei tre Comaneci.
Semplici intuizioni tra il folk d’antan
e la chamber music che girano attorno ad arrangiamenti tanto minim a l i q u a n t o e ff i c a c i , e u n c a n t o c h e
pare trattenere il fiato ad ogni nota,
quasi non volesse disturbare, ma in
realtà subdolamente carezzevole e
f i c c a n t e c om e q u e l l o e t e r e o e s o f i s t i c a t o d el l a S t i n a N o r d e n s t a m d i
G e t O n Wi t h Yo u r L i f e ( l a t e n s i o n e
v e r s o l ’ a l t o d i N o t h i n g I I ) . A c h i r ifugge da certo post modernismo le
s o l u z i o n i u l t r a s c a r n i f i c a t e d i Vo lcano potrebbero provocare qualc h e s b a d i g l i o , s e n o n a ff i n i d i a n i mo, ma per quanti invece seguono
ancor oggi il celebre detto di Mies
van der Rohe, less is more, questo
disco apparirà come una fulgida e
meravigliosa epifania. (6.9/10)
Va l e n t i n a C a s s a n o
Dark Energy – Collided Energy
(Underground
Resistance
/
Discograph / Self, 25 giugno
2007)
Genere: techno grime
trance breakhouse
Dietro al moniker Dark Energy
si nasconde James Pennington
a k a S u b u r b a n N i g h t, p a d r e del l a U n d e r g r o u n d R e s i s t a n c e , g uru
d e l l ’ e l e c t r o h o u s e . D a D e t r o i t si
e s p a n d e i l v e r b o m a c c h i n a . L’ M C è
u n o d e i c o m p a g n i d i b a n c o d i n omi
t u t e l a r i q u a l i J u a n A t k i n s , K e vin
S a u n d e r s o n o D e r r i c k M a y . I n s om m a , n o n l ’ u l t i m o d e i p i v e l l i . E q u an do si dice scuola, si fa sul serio.
Q u i i l p r o d u t t o r e , i n s i e m e a l f i d ato
m e n t o r e M i k e B a n k s , c i p r o p o n e un
v i a g g i o d e n t r o i l p o s t - g r i m e m i n i mal
p i ù o s c u r o e i n t r i s o d i b r e a k b eat,
c h e s i d i s t o g l i e p e r u n a t t i m o dal
t u n n e l i n c u i l a Te m p a c i s t a f a c en d o s u d a r e d a t e m p o . R i t m i v e l o cis s i m i e s e r r a t i c h e h a n n o r a d i c i nel
g r i n d p o s t - r a v e d e l l a f i n e d e i ‘ 90,
e s c u r s i o n i a l l i m i t e d e l l a t r a n c e , un
v i a g g i o s e n z a a l c u n a p a u s a , q uasi
n i c h i l i s t i c o n e l s u o p r o c e d e r e ser ratissimo. Un colpo dark al cuore e
a l l a m e n t e , c o m e q u a n d o s i a s col t a v a n o l e d i s q u i s i z i o n i t e o r i c h e di
P h o t e k e s i r e s t a v a a b b a g l i a t i dal
s u b l i m e i n c a n t o d e l l a n o t t e , n a s co s t a t r a s p a s m i e u r l a d a l p r o f o ndo
d e l d a n c e f l o o r.
N o n c i s o n o t r a c c e d a s e g n a l are,
p e r c h é t u t t o è u n c o n t i n u o p r o se g u i r e v e r s o l ’ e t e r n a v e l o c i t à , c a val c a t e p e r a r m i g e r i b a t t a g l i e r i e im p a v i d i d i f r o n t e a u n m u r o d i h i - hat
a c i d c h e s p a v e n t a . U n d o p p i o d i sco
c h e n o n h a p a u r a d e l l e c r i t i c h e , che
“ c a d e s e m p r e i n p i e d i ” , s e n z a p os s i b i l i t à d i m e d i a z i o n e . P u r o b l ack
p r i d e . N o n p e r t u t t i i c u o r i . A s t e ner si snob perditempo. (6.5/10)
Marco Braggion
Dawn Landes – Fireproof (Fargo
/ Self, 15 giugno 2007)
Genere: folk, pop, songwriting
A volte le assonanze creano meravigliose e strane illusioni. Ecco
allora che Bodyguard, primo brano del secondo album di questa
songwriter newyorkese, sembra riprendere da dove Chan Marshall
ci aveva lasciati prima di partire
per Memphis per non fare più ritorno. Poi però segue I Don’t Need
No Man, folk nervoso in cui la
voce risuona ancestrale alla Joni
Mitchell, e allora diventa sempre
più chiaro che il discorso si sposta dal “solito” indie-folk pop. Non
c’è molto da stupirsi: Dawn Landes
turn it on
Bishop Allen – Bishop Allen & The Broken String (Dead Oceans /
Wide, 24 luglio 2007)
Genere: indie pop, folk
Scrivere e pub b l i c a r e 1 2 E P i n u n a n n o n o n è i m p r e s a d a t u t t i , a n z i ; a d e s sere onesti, è p u r a f o l l i a . A n d a t e l o a d i r e a J u s t i n R i c e e C h r i s t i a n R u d d e r,
che per ogni m e s e d e l 2 0 0 6 h a n n o s f o r n a t o p u n t u a l i u n d i s c h e t t o n u o v o d i
zecca, in un t o u r d e f o r c e s e n z a p r e c e d e n t i n e l l a s t o r i a d e l l a d i s c o g r a f i a
recente (alla f a c c i a d i S u f j a n e d e i 5 2 S t a t i , a g g i u n g i a m o ) . S e q u e s t o v i
sembra strano , v i b a s t i s a p e r e c h e s o n o g l i s t e s s i d u e r a g a z z i c h e a v e v a no inaspettata m e n t e c o n q u i s t a t o l e p a g i n e d e l R o l l i n g S t o n e c o n u n d e b u t to autoprodot t o ( C h a r m S c h o o l ) , c r e a n d o u n p i c c o l o c a s o g i à n e l 2 0 0 3 ; i
più addentro, p o i , l i c o n o s c e r a n n o g i à c o m e a t t o r i p r o t a g o n i s t i d e i f i l m d e l
cineasta indip e n d e n t e A n d r e w B u j a l s k i , a u t o r e d i F u n n y H a - H a e M u t u a l
Appreciation, b o z z e t t i i p e r - r e a l i s t i s u l l a v i t a p o s t - c o l l e g e .
Insomma, fino r a è s t a t o f i n t r o p p o f a c i l e g u a r d a r e a l d u o d i B r o o k l y n c o m e a l l ’ e n n e s i m a - m e r a v i g l i o s a - anomalia
indie o, in eg u a l m i s u r a , c o m e a l n o m e p i ù c o o l m e s s o i n b o c c a a g l i u n d e r g r o u n d c h i c a l d i l à d e l l ’ A t l antico, da
Pitchfork in su . A d e s s o c h e q u e s t o B i s h o p A l l e n & T h e B r o k e n S t r i n g l i g e t t a f i n a l m e n t e n e l l a m i s c h i a (è il primo
album realizz a t o i n u n o s t u d i o p r o f e s s i o n a l e e r i l a s c i a t o d a u n a v e r a e t i c h e t t a – l a n e o n a t a D e a d O c e a ns, sorella
di Secretly Ca n a d i a n e J a g j a g u w a r ) , J u s t i n e C h r i s n o n s i f a n n o c e r t o c o g l i e r e i m p r e p a r a t i .
Chiaro, con u n s e r b a t o i o d i c a n z o n i c a p i e n t e e g e n e r o s o c o m e g l i E P ( c i r c a 4 5 t r a c c e c o m p l e t e , m i c a briciole) a
disposizione, h a n n o a v u t o s o l t a n t o l ’ i m b a r a z z o d e l l a s c e l t a : C l i c k C l i c k C l i c k C l i c k , C h i n a t o w n B u s e Shrinking
Violet erano g i à u n b e l b a l z o i n a v a n t i r i s p e t t o a g l i e s o r d i , c o n R i c e c o l t o d a u n i n t i m i s m o f e b b r i l e a metà fra lo
Stuart Murdo c h c o l l e g i a l e e i l C o n o r O b e r s t p i ù d i m e s s o . S e p o i a l l a q u a l i t à a l t a d i q u e l l e c a n z o n i s i aggiunge
un accurato la v o r o d i r i e l a b o r a z i o n e e p r o d u z i o n e ( c o n i m e m b r i a g g i u n t i D a r b i e N o w a t k a e C u l l y S y mington a
dare man fort e ) , n o n s o l o s i s v e n t a l ’ e ff e t t o r i c i c l a g g i o , m a s u c c e d e c h e u n g i o i e l l i n o c o m e C o r a z o n p r e nde lette ralmente il vo l o , T h e M o n i t o r s i s p i e g a c o m e u n c a l e i d o s c o p i o m u l t i d i m e n s i o n a l e d ’ e m o z i o n i , F l i g h t 1 8 0 assume
i contorni di u n a p i c c o l a e p o p e a s e n t i m e nt a l e . D i f r o n t e a l l e a r g u z i e f o l k d i C h o o s e A g a i n , p o i , s i può anche
soprassedere s u u n a s c i o c c h e z z u o l a l a t i n a à l a D e v e n d r a c o m e L i k e C a s t a n e t s ; e s e n o n b a s t a s s e , R ain e The
News From Yo u r B e d r i e s c o n o a m i s u r a r e a g r a n d i p a s s i t u t t a l a d i s t a n z a d e i n o s t r i d a l l e f r e a k e r i e e s t e mporanee
degli - per dir e - I ’ m F r o m B a r c e l o n a , r i e v o c a n d o n e l a s u b l i m e l e g g e r e z z a s e n z a i n z u p p a m e n t i n e l c a r amello.
Detto altrimen t i , q u e l l ’ e s t e t i c a r o m a n t i c a , i n n o c e n t e e n a ï f c h e d i s o l i t o a s s o c i a m o a l l e p a r o l e “ i n d i e ” e “pop” ha
(ri)trovato la s u a f o r m a i d e a l e , i n v i s t a d i u n a n u o v a s t r a g e d i c o r d e r o t t e e c u o r i i n f r a n t i p e r i l p r o s s i mo autun no. Occhio, p e r c h é i B i s h o p A l l e n p o t r e b b e r o e s s e r e l a v o s t r a b a n d p r e f e r i t a , a n c h e s e a n c o r a n o n lo sapete.
( 7.5/10 )
Antonio Puglia
sentireascoltare 47
non è esattamente una sprovveduta, il suo nome circola nel giro “che
conta” già da un po’, grazie a tour
con Andrew Bird, Feist, M83, Josh
R i t t e r, S h a n n o n Wr i g h t t r a g l i a l t r i .
Con Fireproof vuole puntare più
alla tradizione, fra alt.country e
folk, in maniera simile a una Laura
Ve i r s p e r c e r t i v e r s i m a p i ù a p e r ta e meno crepuscolare, con belle intuizioni di arrangiamento. La
Nostra d’altra parte è anche un
ingegnere del suono che si sta affermando nell’ambiente (ha lavorato con Philip Glass, Hem, Joseph
Arthur). Ecco allora che le ballad
country
incedono
morbidamente
( Tw i l i g h t , s c r e z i a t a d i e l e t t r o n i c a )
di pari passo con il piglio dark jazzy della filastrocca Picture Show
che diventa rock blues nello svolg i m e n t o , t r a Wa i t s e M . Wa r d ; K i d s
In a Play rimanda alle morbidezze
B & S e To y P i a n o è u n d e l i z i o so gioco strumentale per glockenspiel. E I’m In Love With The Night
si fa dylaniana nel finale con armonica, mentre sorprende l’essenziale e riuscita ghost cover di Won’t
Back Down.
La Nostra fa pensare a una Suzann e Ve g a p i ù s b a r a z z i n a p e r c e r t i
versi, con agganci rétro a certa
musica ’60 d’autore francese, oltre all’immancabile folk classico
a l l a G r e e n w i c h Vi l l a g e . E u n a v o c e
suadente tra la prima Mitchell e le
armonie vocali di una Perhacs. Album di una levità melodica spiccata, e di un minimalismo spartano,
Fireproof conferma la sobrietà della giovanissima Landes, nome di
cui ci auguriamo di sentire ancora
parlare a lungo. (7.0/10)
Te r e s a G r e c o
48 sentireascoltare
D r a w i n g Vo i c e s - S e l f T i t l e d
(Hydra
Head
/
Goodfellas,
maggio 2007)
Genere: pennarello free, avant
C r a i g D o ng o s k y è u n p r o f d e l l a
Georgia che dell’arte del disegnare
voci ha scritto un saggio, prima che
un album. La sua teoria si basa su
un semplice assunto “disegnare è
di per sé un linguaggio e se i suoni
dei pennarelli sulla carta (le evoluzioni e le pause della mano) identif i c a n o u n au t o r e t a n t o q u a n t o i l d i segno che verrà, allora il processo
del disegnare parla di sé emettendo
suoni che sono un’espressione sonora di un’arte specifica. Una pizza
concettuale nel solco della vecchia
scuola avant novecentesca (musica concreta, la scuola minimalista,
il solito Cage, ecc.)? Non proprio.
Le varianti hanno un certo peso e
soprattutto il risultato non è per
nulla barboso. Con l’aiuto di Aaron
Tu r n e r ( c h it a r r i s t a d e g l i I s i s m a a n che cover maker quindi disegnatore
pure lui), il prof alterna esempi di
s c r i t t u r a r e g i s t r a t a i n l o - f i ( S c a t t ered Shavings, A Choir Speaks), a
episodi dove il tratto viene trasfig u r a t o i n d i ff e r e n t i t e x t u r e g r a z i e
alla manipolazione digitale (Mask,
Being Born Broken). Non solo,
Dongosky non fa il purista, utilizza anche voci vere in sovrapposizione (ancora Mask) creando così
raddoppi e aumentando la complessità. A reggere l’impianto troviamo
sporadici pattern ritmici, infine, il
t o c c o d i Tu r n e r a l l a c h i t a r r a ( s p e cialmente in Shrine Of Wreckless
Illumination) a conferire quel giusto
scarto psych a un album, come dicevamo, dall’appeal classico contemporaneo ma che dei cosiddetti
contemporanei, in fin dei conti, non
c o n d i v i d e u n a q u a l s i v o g l i a s t r u ttu r a . P r o b a b i l m e n t e r i e n t r e r à n ella
d e m o c r a z i a d e l l i n g u a g g i o d o n go s k y i a n o , u n a r i s o r s a i n p i ù s o t t o for m a d i m o l t e p l i c i t à d ’ a p p r o c c i o a un
d i s c o n o n f a c i l e , m a a ff a s c i n a n t e e
per nulla vetusto. (6.8/10)
Edoardo Bridda
Dÿse – Self Titled (Exile On
Mainstream / Southern Records,
23 marzo 2007)
C o m e i l d e l t a d i u n f i u m e , i l duo
D ÿ s e s i f o r m a , n e l 2 0 0 3 , d a “aff l u e n t i ” d a l l e o r i g i n i m o l t o d i s t a nti,
m a c h e s f o c i a n o n e l l o s t e s s o m are,
q u e l l o d e l l o s t o n e r r o c k . J a r i R e be l e i n , n a t o i n Tu r i n g i a , h a u n p a s s ato
d i a s c o l t i l e g a t i a l l a s c e n a h a r d co r e - p u n k ( D e a d K e n n e d y s , G o r illa
B i s c u i t s ) , m e n t r e i l s u o c o l l ega
p r o v i e n e d a s t u d i c l a s s i c i ( h a stu d i a t o l a f i s a r m o n i c a i n c o n s e r va t o r i o ) , s v o l t i n e l l a n a t ì a C h e m n itz,
c i t t a d i n a d e l l a G e r m a n i a d e l l ’ est,
c h i a m a t a K a r l - M a r x - S t a d t p r ima
d e l l a c a d u t a d e l m u r o d i B e r l i no.
P r o v e n i e n t i e n t r a m b i d a e s p e r i en z e c o n a l c u n e b a n d m e t a l ( R o deo
Q u e e n, D e m e n t e d , R o e r h e d d s) i
d u e s i s o n o i n c o n t r a t i p e r l a p r ima
volta ad Amsterdam e l’incontro è
s t a t o c o s ì i m p o r t a n t e p e r l o r o che
h a n n o d e c i s o , q u a n d o c ’ è s t a t o bi s o g n o d i d a r e u n n o m e a l l a n u ova
c r e a t u r a c h e s t a v a n a s c e n d o , di
c h i a m a r l a D ÿ s e ( s i p r o n u n c i a d ooz e r ) i n o n o r e d e l l u o g o d e l l ’ i n c on t r o , i l D ÿ s e c a t m o t e l d e l l a c a p i tale
olandese.
A l d i l à d i q u e s t a r o m a n t i c a g e ne s i d e l d u o , c ’ è p o c o d i v e r a m en t e i n t e r e s s a n t e i n q u e s t o e s o rdio
o m o n i m o , p u b b l i c a t o d a l l ’ e t i c h etta
t e d e s c a E x i l e O n M a i n s t r e a m . Si
r e s p i r a a n c o r a t r o p p a a r i a 9 0 s nei
p o w e r c h o r d s e n e g l i s t o p - a n d -go
c h e r i c o r d a n o m o l t o d a v i c i n o b and
c o m e K y u s s e K o r n (D e r M a n Aus
G o l d ) c o s ì c o m e i n c e r t a a g g r e ssi v i t à m e t a l a l l a H e l m e t , p i o n i e r i q ua s i i n v o l o n t a r i d i q u e l l o c h e s a r e bbe
d i v e n t a t o l o s t o n e r ( l ’ i n i z i a l e Un d e r l a y d i s k ) . A c h i a m a s o ff e r m arsi
s u i m m a g i n i s f o c a t e d i u n a s t a g i one
m u s i c a l e n o n l o n t a n i s s i m a , m a del
t u t t o t r a s c o r s a , p i u t t o s t o c h e c e r car e n e l l a m u s i c a n u o v i p u n t i d i v i sta,
q u e s t ’ a l b u m n o n d i s p i a c e r à . Non
d i s p i a c e r a n n o l e s o l u z i o n i r i p e t i tive
e ipnotiche di Z w a r t e P i e t e n , n é l a
struttura di p i e n i e v u o t i ( s u o n i e
silenzi) che c a r a t t e r i z z a W o l k e o i l
Motorhead-st y l e d i M o n s t e r m a n n .
Per gli altri, p o s s i b i l m e n t e a v v e z z i
al genere in q u e s t i o n e , n o n s e m brerà altro ch e u n e s e r c i z i o d i s t i l e .
( 6.1/10 )
Daniele Follero
Elegi – Sistereis (Miasmah /
Wide, 8 giugno 2007)
Genere: acoustic doom
Eine Sympho n i e d e s G r a u e n s o v vero A Simph o n y O f H o r r o r e r a i l
sottotitolo de l p r i m o l e g g e n d a r i o
Nosferatu di M u r n a u . A S i m p h o n y
Of Horror è a n c h e u n a s o r t a d i s o t totitolo che To m m y J a n s e n , i n a r t e
Elegi, ha dat o a l s u o p r i m o d i s c o .
Sistereis è il p a r t o a r t i s t i c o d e l l ’ u l timo guerriero g o t i c o a r r u o l a t o d a
Erik D. Svod k i n . C o n c e p i t o d o p o
numerosi viag g i i n b a r c a , n e l p i e no delle temp e s t e m a r i n e , a l l a r g o
dei fiordi del l a p e n i s o l a s c a n d i n a va, Sistereis è u n l a v o r o c h e s i f a
suggestionare d a l m a r e e c h e c o n divide con l’u l t i m o d i s c o d i X e l a u n
neppur tanto v a g o s e n t o r e d i a n goscia e fine i m m i n e n t e t r a i f l u t t i .
Questione di v e n t i e o n d e i n t e m p e sta, legni scri c c h i o l a n t i , b a l u g i n i d i
fantasmi e te t r e a r c h i t e t t u r e a t m osferiche. Eleg i è q u i p e r r i n f r e s c a r ci dalla calura e s t i v a c o n u n f r e d d o
e raggelato al i t o d i m o r t e . C o m e d i cevamo non m o l t o t e m p o f a , l a s c e na del doom a c u s t i c o e o r c h e s t r a l e
del Nord Euro p a è i n g r a n f e r m e n t o
e trova propri o n e i D e a f C e n t e r e i n
Svarte Greine r l e p i e t r e m i l i a r i i n torno a cui co s t r u i r e u n a s e q u e l a d i
variazioni di re g i s t r o i n t r i g a n t i e p e r
il momento m a i b a n a l i . D i s t r i b u i t e
dall’etichetta stessa di Svodkin che
è sempre più il mecenate e l’oscuro scrutatore di questo stil novo del
gotico, le nuove pagine scure di
Elegi vanno a ricongiungersi direttamente a quelle di Knive. E’ musica che fa della suggestione la sua
principale ragion d’essere. Preme
per allestire un mood piuttosto che
una struttura. Un disco dove i vuoti hanno più importanza dei pieni e
che vive del rapporto contiguo tra
rumori spartani presi dall’ambiente
(fruscii, scricchiolii, crepitii, ecc.) e
le sparute note di piano e organo
che cercano di salvare una vaga
idea di armonia. Svarte Greiner in
questo è ancora più radicale, ma
anche più grezzo. Elegi riesce a
far convivere meglio gli elementi
ma non raggiunge il maestro nella costruzione di insieme. Stiamo
comunque li e di tutti i seguaci di
Svodkin, Elegi è di sicuro il principale indiziato per una resa a lungo
termine, infatti ha già fatto sapere
che Sistereis è soltanto il primo disco di una trilogia del doom di cui
si aspettano a questo punto, con
trepidante e rabbrividente attesa, i
successivi capitoli. (7.0/10)
Antonello Comunale
Elvis Perkins – Ash Wednesday
(XL / Self, 13 luglio 2007)
Genere: folk, songwriting
Nella recente ondata di songwriters, il trentenne Elvis Perkins è
quello che può vantare la storia più
incredibile. E triste. Figlio di Anthony – proprio lui, il Norman Bates
di Psycho – e della fotografa Berry
B e r en s o n , h a s o ff e r t o u n a v v i o d i
carriera profondamente minato da
pesanti tragedie familiari. Prima
la scomparsa del padre nel 1992
per AIDS, poi quella della madre,
i m b ar c a t a s i l a m a t t i n a d e l l ’ 11 s e t t e m b r e 2 0 0 1 s u l v o l o 11 d e l l ’ A m e r i can Airlines, quello che si schiantò
s u l l a To r r e N o r d d e l Wo r l d Tr a d e
C e n te r ; u n t r a u m a p r o f o n d o , c h e
a s s um e i c o n n o t a t i d i u n d r a m m a
privato e collettivo insieme. Ora,
a s c ol t a n d o A s h We d n e s d a y – c o m posto in buona parte dopo l’evento
e ovviamente dedicato alla memoria di Berry -, viene proprio da credere a quel vetusto luogo comune
s e c on d o i l q u a l e i m i g l i o r i a u t o r i d i
c a n z o n i , q u e l l i c h e r i e s c ono a par l a r e d r i t t o a l c u o r e d i c h i ascolta,
s o n o a n c h e q u e l l i c h e h anno una
s t o r i a v e r a a l l e s p a l l e , d e lle cicatri c i a d d o s s o , d e i d e m o n i d a domare.
M a q u e s t o n o n b a s t a : p e r tramuta r e l ’ e l a b o r a z i o n e d i u n d olore – in
q u e s t o c a s o u n l u t t o p e rsonale e
nazionale -
in
s e n t i m e n to univer -
s a l e , s e n z a i n c a p p a r e n e lle maglie
d e l l a f a c i l e r e t o r i c a ( o , i n alterna tiva,
d e l l ’ a u t o c o m m i s erazione),
o c c o r r o n o a n i m a e t a l e n t o. Qualità
c h e f a n n o g r a n d e u n s o ngwriter e
d i c u i , p e r n o s t r a f o r t u n a, Perkins
m o s t r a e s s e r e p r o v v i s t o : Ash Wed n e s d a y è , s e n z a t r o p p i giri di pa r o l e , u n o d e i d i s c h i f o l k più belli e
s e n t i t i d i q u e s t i a n n i , d i quelli che
n o n c a p i t a v a d i a s c o l t a r e da tempo.
P e r l a v e s t e s o n o r a d e l i z i osamente
r é t r o , a c c u r a t a e d e l e g a n te dei sin g o l i b r a n i , e l e v a t i a n c h e sopra gli
s t a n d a r d d e l c a n t a u t o r a t o moderno
( a p a r t i r e d a D e v e n d r a , M Ward e
B e n j y F e r r e e , c o n i q u ali comun q u e c o n d i v i d e l ’ a t t i t u d i n e ); merito,
v a d e t t o , d i u n o s t u o l o d i collabora t o r i c h e c o m p r e n d e a n c h e il fratello
O z – s e g u a c e d e l l e o r m e paterne
a H o l l y w o o d - a l l a b a t t e ria. Per le
m e l o d i e c u r a t e e p r o f o n de, e per
l a l e g g e r e z z a c o n c u i s i insinuano
s o t t o p e l l e , s e n z a v e n i r soffocate
d a l d r a m m a d a c u i s c aturiscono
(M a y D a y , E m i l e ’s Vi e t n am In The
S k y, A l l T h e N i g h t Wi t h out Love ).
P e r l i r i c h e c h e , t r a n a r r azioni ed
accostamenti
di
i m m a g ini
sacre
e p r o f a n e , s i r i s o l v o n o spesso in
p o e s i a ( d a l l e s e q u e n z e r omantiche
d i W h i l e Yo u We r e S l e eping alla
c o n c l u s i o n e l i t u r g i c a “ a l l this life is
a s h w e d n e s d a y ” , c o n l a ricorrenza
d e l m e r c o l e d ì d e l l e c e n e ri che di v e n t a m e t a f o r a u n i v e r s a l e di espia -
sentireascoltare 49
zione e redenzione). Soprattutto,
sua comparsa nell’album più rap-
per come Elvis riesce a riempire
presentativo della scena indipen-
di contenuto – pesante, palpabile,
d e n t e c a n a d e s e : Yo u F o r g o t I t I n
vero -
forme di per sé classiche
People dei Broken Social Scene.
e riconducibili alla memoria. Pren-
Ciò di per sé rappresenterebbe già
dete Moon Woman II: un esercizio
una validissima prova di fiducia
Dylan/Cohen, che potrebbe risol-
aprioristica per avvicinarsi a Kni-
versi in semplice mestiere; e inve-
v e s D o n ’ t H a v e Yo u r B a c k . S e p o i
ce rapisce, colpisce, disarma, con
si aggiunge anche che Haines è la
un semplice arrangiamento di archi
fondatrice dei Metric, band lancia-
in crescendo e alcune fantasmago-
tissima nel panorama indie attuale,
r i e T h o m Yo r k e
ogni dubbio potrebbe esser fugato
opportunamente
allestite nella voce. E così funzio-
totalmente.
n a n o a n c h e E m i l e Vi e t n a m I n T h e
Ma non lasciatevi ingannare: qui
Sky, la title track, Sleep Sandwich,
l’atmosfera
Good Friday, da subito familia-
Quelle sonorità rock tanto care ai
ri nelle loro reminescenze (Neil
gruppi succitati sono lontane anni
Figurines - Skeleton (Strange
Feeling / Audioglobe, 4 giugno
2007)
Genere: pop/rock
Yo u n g , Va n M o r r i s o n , M a r c B o l a n ,
luce. Le tredici canzoni (due delle
C h i s s à q u a n t o e p e r q u a n t o i F i gu -
il folk 70 ripreso da Destroyer, i
quali presenti come bonus soltan-
r i n e s r i n g r a z i e r a n n o i n c u o r l o ro i
Low…) eppure personali ed empa-
to per la versione europea) sono
fenomenucoli
tiche, perché fondate su una gram-
tutte figlie di un’attitudine cantau-
a v e r l i d e f i n i t i “ l a m i g l i o r b a n d in -
matica sentimentale autentica. E’
toriale pianistica tanto malinconi-
t e r n a z i o n a l e ” . F a t t o s t a c h e q ue -
un
imperscrutabile,
ca quanto intimistica. I volumi non
s t o S k e l e t o n, s e c o n d o l a v o r o p er il
un trucco impossibile da rivelare,
vengono mai alzati. La struttura di
q u a r t e t t o d a n e s e , è d a v v e r o c a r i no,
una magia fatta di piccoli, essen-
ogni traccia è quella propria del-
q u a t t o r d i c i t r a c c e c a p a c i d i s c o r az -
ziali particolari (certe increspature
la ballad: il piano segna il passo
z a r e b r u s c h e e l u c c i c o s e t r a u mori
delle corde vocali, certi tocchi di
sul quale l’inserimento di chitarre
post-garage,
arrangiamento, tutti da scoprire di
slide, archi e tamburi spazzolati
g l e g g i a n t i e b a l l a t i n e l u n a r i , o v v ero
ascolto in ascolto). Semplicemen-
non serve ad altro se non ad argi-
n e l b e l m e z z o d i q u e l c o a c e r v o di
te, un disco prezioso. (7.7/10)
nare un poco quel flusso doloroso
s e g n i e m o d i c h e n o n e s i t i a m o un
e nostalgico creato perfettamente
i s t a n t e a d e f i n i r e i n d i e - p o p . Ben
dalla voce della Haines. Addirit-
Wa t t, e x c h i t a r r i s t a d e g l i E v e r y t h ing
tura, in molti episodi si registra-
B u t T h e G i r l , l i h a f o r t e m e n t e v o luti
no passaggi quasi cinematografici
n e l r o o s t e r d e l l a p r o p r i a e t i c h etta
tanto è suggestiva e mai invadente
S t r a n g e F e e l i n g , c o n i l c h e s i c hiu -
la struttura musicale (Reading In
d e i l c e r c h i o - s t r i n g a t o m a s i g nifi -
Bed). Non a caso, infatti, i musi-
cativo - delle referenze “nobili”.
cisti accompagnatori, per l’occa-
N o n r e s t a q u i n d i c h e c a l a r c i nel
sione The Soft Skeleton, sono tut-
d e t t a g l i o d i q u e s t e t r a c c e , p e r r ife -
ti membri di band di tutto rispetto
r i r e l a v e r v e a c i d u l a S t a n R i d g way
(Sparklehorse e Stars su tutte).
vitaminizzata
Ma è la qualità vocale a far tocca-
W o n d e r , l ’ i p o t e t i c a v i a d i m e z z o tra
re al disco picchi emotivi altissimi,
i P a v e m e n t p i ù t r e p i d i e l a q u asi-
come avviene soprattutto in Doctor
w a v e Vi o l e n t F e m m e s d i R i v a lry ,
Blind e Nothing & Nowhere.
l ’ a s c i u t t e z z a f e b b r i l e d e i p r i m i Po-
Emily Haines può rappresentare un
l i c e i n W r o n g Wa y A l l T h e Way ,
ideale punto di contatto tra Feist,
l ’ i n d o l e n z i m e n t o l u n a r e p i a n o - v oce
Shannon
Apple,
- i M e r c u r y R e v v i a N e i l Yo u n g - di
A Camp e Aimee Mann. Ma per
R a c e Yo u , l ’ o n d e g g i a m e n t o a p r on -
quanto riguarda le atmosfere cupe
t a p r e s a B l u r/F r a n z F e r d i n a n d di
e
emergono
A m b u s h , i l p r i m o D y l a n t r a s f i g u r ato
dalle tredici tracce dell’album sia-
F l a m i n g L i p s d i B a c k I n T h e Day ,
mo molto vicini ai Devics di Push
e c c e t e r a e c c e t e r a . Ti r a n d o l e s om -
T h e H e a r t . K n i v e s D o n ’ t H a v e Yo u r
m e , t r a t t a s i d i u n a s i n t e s i d i s i n vol -
Back è un disco di non facile e im-
t a , a r g u t a , a t t u a l i z z a n t e e b e n p oco
mediato ascolto, che necessità di
n o s t a l g i c a , p e r q u a n t o i n z a c c h era -
attenzione per esser apprezzato
t a d i p a s s a t o . B e n e , q u i n d i . P erò,
completamente. Notturno e inver-
d a q u i a c o n s i d e r a r l i “ b e s t i n t e r na -
nale oltremodo. (7.0/10)
t i o n a l b a n d ” . . . ( 6 . 6 /1 0 )
incantesimo
Antonio Puglia
Emily Haines & The Soft Skeleton
– K n i v e s D o n ’ t H a v e Yo u r B a c k
(Grönland / Audioglobe, luglio
2007)
Genere: indie-pop
Già uscito negli Stati Uniti nel
2006, ecco che questo intenso e
r a ff i n a t o e s o r d i o d e l l a c a n a d e s e
Emily Haines trova la sua degna distribuzione anche nel vecchio continente. Per chi non conoscesse
l’artista in questione ci basti dire
che la sua splendida voce fece la
50 sentireascoltare
lunari
è
del
Wr i g h t ,
che
tutto
diversa.
Fiona
sovente
Andrea Provinciali
Kaiser
Chiefs
folk-rock
Elf
Power
per
j i n g l e j an -
di
The
Stefano Solventi
turn it on
Death Ambient – Drunken Forest (Tzadik, giugno 2007)
Genere: avant ambient
Finalmente, d o p o s e i a n n i d i l a v o r a z i o n e e b e n o t t o d a l l a p u b b l i c a z i o ne del preced e n t e S y n a e s t h e s i a , i l t r i o I k u e M o r i / F r e d F i r t h / K a t o H i d e k i ,
partorisce l’a t t e s o t e r z o c a p i t o l o d e l l a s a g a D e a t h A m b i e n t . N e è v a l s a
la pena di as p e t t a r e c o s ì t a n t o , p e r c h é D r u n k e n F o r e s t è i n a s s o l u t o i l
miglior disco c h e c i s i p o t e s s e a t t e n d e r e d a l o r o , i n q u e s t o m o m e n t o . C h i
non conosce l a m u s i c a d e i t r e e h a s o l o u n a v a g a i d e a d e l l o r o p e d i g r e e
da solisti (in v e r o e c c e l l e n t e p e r t u t t i e t r e ) n o n d e v e l a s c i a r s i i n g a n n a r e
dalla sigla. De a t h a m b i e n t v a i n t e s o , i n q u e s t ’ o c c a s i o n e , c o m e u n a c a t e goria molto va g a , l o n t a n i s s i m a d a l l e m a n i er e e d a g l i e ff e t t a c c i d i g e n e r e .
Un equilibrio c o s t a n t e e m i s t e r i o s o s t a d i e t r o a l l e c o m p o s i z i o n i d i q u e s t o
trio d’alta cla s s e , c h e p e r l ’ o c c a s i o n e d i v e n t a u n q u a r t e t t o c o n l ’ a g g i u n t a
del batterista J i m P u g l i e s e . D r u n k e n F o r e s t è u n l a v o r o p e n s a t o f i n n e i
minimi dettag l i e d i m i n i m i d e t t a g l i s i c o s t ru i s c e . L’ a r c h i t e t t u r a i n f o r m a l e d e l l e c o m p o s i z i o n i n o n s u o n a mai ec cessivamente i m p r o v v i s a t a e a l t e m p o s t e s s o l ’ e s t r e m a r i c e r c a t e z z a d e i s u o n i i r r e t i s c e l ’ a s c o l t a t o r e i n maniera
subdola. Com e s e m p r e l a m u s i c a v i v e d i c o n t i n u e v a r i a z i o n i d i r e g i s t r o , s t r u m e n t i a c u s t i c i d i o g n i t i p o (ukulele,
banjo, piatti e p e r c u s s i o n i , e c c . ) s i a m a l g a m a n o a l l a p e r f e z i o n e c o n i s u o n i d i g i t a l i e l e p a r t i t u r e s o n o f antasiose
e mai due volt e i d e n t i c h e a s e s t e s s e . C o s t r u z i o n i e t e r e e e p p u r c o n c r e t e c h e o r a d i s e g n a n o p a r a d i s i a c i paesaggi
new age, ora s i c h i u d o n o i n d i s t u r b a n t i h a b i t a t i s o l a z i o n i s t i , o r a i m m a g i n a n o m i s t e r i o s i s c e n a r i e s o t i c i . Un soun dscape creati v o , n e r v o s o , c o n c r e t o , i n c r e d i b i l m e n t e r i c e r c a t o e q u i n d i l o n t a n i s s i m o d a l l a n o i a a b i s s ale che di
solito affligge i c i a r l a t a n i d e l s e t t o r e . D r u nk e n F o r e s t f o t o g r a f a l o s t a t o d e l l ’ a r t e d e i t r e e s i c a n d i d a ad essere
considerato c o m e i l l o r o m i g l i o r l a v o r o d i s e m p r e . ( 7 . 5 / 1 0 )
Antonello Comunale
s e n t i r e a s c o l t a r e 51
ds un alter ego ideale, impegnato in
questa sede a restituire la cortesia
spedendo dietro al tavolo del mixer
e alle chitarre “aggiunte” Christian
Alati dei Don Quibòl. (7.2/10)
Fabrizio Zampighi
Gabriel Sternberg – Endless
Night (Canebagnato Records, 4
giugno 2007)
Genere: folk
Non c’è nulla di i n n o v a t i v o n e l l’esordio “adulto” di G a b r i e l S t e r n berg, a meno che n o n s i a t e g e n t e
che pensa che la ch i t a r r a a c u s t i c a
sia un’invenzione de g l i u l t i m i d i e c i
anni. Nulla di rivoluz i o n a r i o , a m e n o
che l a vostra perso n a l e i d e a d i r i voluzione in musica n o n c o n t e m p l i
l’uso del pianoforte c l a s s i c o . N u l la di destabilizzante , a p a t t o c h e i l
parlar d’amore non c o s t i t u i s c a p e r
il vostro ego di masc h i o l a t i n o t u t t o
d’un pezzo, una min a c c i a . E p p u r e .
Eppu re questo Endl e s s N i g h t n o n
lo schiodi dal lettore c d , t r a u n s i n ghiozzo malinconico e u n s o s p i r o
pop ( Marzena ), uno s b u ff o i n s t i l e
Chopin (Silent Day ) e u n o s c h i z z o
carezzevole à la K i n g s O f C o n venience (Soon), a d i m o s t r a z i o n e
che i l cuore, a volte , p u ò , l à d o v e
l’ingegno e la tecni c a n o n r i e s c o no. Che poi vuol di r e c h e l ’ e s s e r e
onesti, a volte, pag a , a n c h e q u a n do per farlo, si sac r i f i c a u n p o ’ d i
originalità sull’altare d e l l a c a t a r s i ,
un po’ di ritmo a va n t a g g i o d e l l ’ i n tensità.
E allora ben venga n o l e l e n t e z z e
narcotiche d’organo d i P l e a s e D o n ’ t
Leave Me , l’aroma M o j a v e 3 d i C l o se To Me, le oscillaz i o n i m i s u r a t e d i
Willow Tree , se l’ob i e t t i v o è m e t t ere in musica e senza f i l t r i l e i n q u i e tudini di una vita. So p r a t t u t t o s e l a
vita in questione è q u e l l a d i G a b r i e l
Sternberg, vivace p o l i s t r u m e n t i s t a
italo- tedesco dalla v o c e s o ff u s a e
i modi cortesi, innam o r a t o d e i p a e saggi della Baviera m a d i c a s a a
Milano. Un’esistenza c h e h a t r o v a t o
nella cricca di Cane b a g n a t o R e c o r -
52 sentireascoltare
Goem – Robbed (Smallvoices /
Audioglobe, maggio 2007)
Genere: microsuoni,
minimal techno
Gli olandesi Rael Meelkop, Peter
D u i m e l i n k s e F r a n z d e Wa a r d ( q u e st’ultimo anche in Beequeen), oltre
ad essere le menti del più noto progetto Kapotte Muzik, sono coinvolti da circa un decennio in un’interessante quanto curiosa avventura
nel regno dei microsuoni e degli
strumenti analogici. La nascita di
Goem risale al 1996 ed è occasionata da un regalo fatto da Meelkop
a d e Wa a r d : u n v e c c h i o d i s p o s i t i vo sanitario di seconda mano, lo
S t u d e n t S t i m u l a t o r, u t i l i z z a t o o r i ginariamente per stimolare nervi
ed articolazioni, e svelato nella
inesplorata capacità di generare
suono. Il disco che ne nasce, Stud
Stim (Rastermusic, 1996) colpisce
più per l’audacia della trovata teorica che per la musica che contiene
– un coacervo di glitches e microfrequenze come in quegli anni se ne
ascoltano a iosa. Le energie di Duim e l i n k s c on f l u i s c o n o n e l p r o g e t t o
solo in un secondo momento, e da
allora Goem, più che vero e proprio
organico, diviene opera aperta: le
esibizioni dal vivo si moltiplicano
rapidamente, così come le collaborazioni con i nomi di punta della
scena elettronica ed improvvisativa
internazionale; i dischi, sempre più
numerosi, e disseminati sulle più
importanti etichette di genere, veic o l a n o s p es s o l e i n t u i z i o n i d i u n o
solo dei tre titolari della sigla.
C o s ì q u e s t o R o b b e d, p r i m o a l b u m
a vedere la luce sull’italiana Smallvoices, è in realtà il disco solista di
Rael Meelkop – come Atak (Atak,
2004) era invece realizzato dal solo
d e Wa a r d , e d i n a t t e s a , i m m a g i n i a mo, del terzo capitolo della trilogia,
ad opera dell’ultimo arrivato Duimelinks. Incentrato in prevalenza
su un suono di natura digitale, Robbed è un tradizionale – e per certi
versi scolastico – lavoro di minimal
t e c h n o p e r a d d e t t i a i l a v o r i , o s t i co e
a t r a t t i c e r v e l l o t i c o . S t i l i s t i c a m e nte
i m p e c c a b i l e , c o n s t a d i o t t o c o m po s i z i o n i s e n z a t i t o l o p e r e n n e m e nte
i n b i l i c o s u f r e q u e n z e i n s t a b i l i : che
f r i z z a n o , s c o p p i e t t a n o e g r a t t a no;
p e r i s c o n o c o n l a s t e s s a f a c i l i t à con
c u i s o n o n a t e , v i v o n o d e l l a s t e ssa
f r a g i l i t à c h e l e f a m o r i r e u n a t t i mo
d o p o ; a ff a s c i n a n o , s t o r d i s c o n o ed
i p n o t i z z a n o l ’ a s c o l t a t o r e d i s p osto
a d a r m a r s i d e l l a p a z i e n z a d i c a lar s i p e r q u a s i c i n q u a n t a m i n u t i nel l e p r i m e p r o f o n d i t à d e l s o t t o s uo n o . (7 . 0 / 1 0 )
Vincenzo Santarcangelo
G o o n M o o n - L i c k e r ’s L a s t L e g
(Ipecac, 8 maggio 2007)
Genere: psych/rock
Q u e l l i d e l l a I p e c a c s a n n o i l f atto
l o r o . C a s o m a i f o s s e r o p r o v v i s t i di
u n m o t t o a z i e n d a l e , r e c i t e r e bbe
p i ù o m e n o c o s ì : “ n o n s i p u b b l ica
n u l l a c h e n o n a b b i a q u e l c e r t o gra d o d i f r e a k e r i a a r g u t a e c a z z oni s m o i m p l a c a b i l e ” . Q u e s t o L i c k er ’s
L a s t L a g , s e c o n d o o p u s p e r i G oon
M o o n , r i s p o n d e i n t o t o a c o t a l i re q u i s i t i ( a p a r t i r e d a l t i t o l o ) . I l trio
c o m p o s t o d a J e o r d i e W h i t e ( già
bassista per Marilyn Manson e
N i n e I n c h N a i l s) , d a l c h i t a r r i s t a e
c a n t a n t e C h r i s G o s s ( d e i M a s t ers
O f R e a l i t y) e d a Z a c h H i l l ( b a tter i s t a d e g l i H e l l a ) , m e t t e a s e gno
u n a p s i c h e d e l i a c o m p o s i t a e ra d i o s a , b i z z a r r a e s f e r z a n t e . Con
q u e l l ’ a r i a u n p o ’ c o s ì , d a c a z z oni
d e s e r t i c i , d a c o s t o l a i m p a z z i t a dei
Queens Of The Stone Age (non a
c a s o t r a i g u e s t c ’ è J o s h H o m m e, e
n o n a c a s o G o s s h a p r o d o t t o l ’ul t i m o Q O T S A ) . E q u e l l a s m a n i a da
r i c i c l a t o r i i n t e l l e t t u a l o i d i d i i s t a nze
p s y c h d i s p a r a t e , t i p o l e m a l i e B eta
B a n d t r a f a u c i p u n k d i Ti p To e , o
il trip acid-bo o g i e à l a Z Z To p i n
overdose ben z e d r i n i c a d i B a l l o o n ? ,
o ancora la ro b o b a l l a d d e s e r t i c a d i
An Autumn Th a t C a m e To o S o o n .
C’è il sospett o c h e s i t r a t t i d i u n a
sequela di po s e , u n g i o c h i n o s f i z i o so e un po’ ( u n b e l p o ’ ) b e ff a r d o ,
il fiorellino c a r n i v o r o d a m e t t e r e
all’occhiello. P e r ò , i n d u b b i a m e n te, questi tre s c i a g u r a t i c i s a n n o
fare, sanno c o m e f a r c i d i v e r t i r e .
Sforbiciando b r u m e e r r e b ì c o m e
dEUS foschi e s v a m p i t e l l i ( H a r c o re Q3 ), ipot i z z a n d o g i o i e l l i p o p wave tra la 1 9 7 9 d e i P u m p k i n s e d
il Jimi O’Rou r k e d i I n s i g n i f i c a n c e
( Lay Down ), s p e d e n d o i c r o m a t i smi psych de i p r i m i B e e G e e s t r a
foschie enian e ( l a c o v e r d i E v e r y
Christian Lio n H e a r t e d M a n Wi l l
Show You ), o p p u r e s t r a p a z z a n d o
una macchiet t a c o u n t r y t r a r o m b i
industrial, sq u a r c i s t o n e r, v a p o ri noise e go l i a r d i a M o n t y P y t h o n
(l’allucinata T h e G o l d e n B a l l ) . D i
tutto ciò la lu n a r e B u i l t I n A B o t t l e
è il necessari o s u g g e l l o , c o l p i a n o
strascicato e d i l v o c o d e r b a v o s o ,
l’immancabile f a n t a s m a c h e c o v a i n
ogni burla che s i r i s p e t t i . ( 6 . 7 /1 0 )
Stefano Solventi
G o s s i p – S t a n d i n g I n T h e Wa y
Of Control (Backyard / Self, 22
giugno 2007)
Genere: dance-punk
Uscito l’anno s c o r s o n e g l i S t a t e s
via Kill Rock S t a r s , S t a n d i n g I n
The Way Of C o n t r o l è f i n a l m e n t e
edito anche n e i n o s t r i t e r r i t o r i . E a l lora eccoci al t e r z o c a p i t o l o d i u n a
saga che è d i v e n t a t a s e m p r e p i ù
ballabile di a l b o i n a l b o g r a z i e a d
una decisa s p i n t a d i s c o - f u n k c o n
piglio punk e s f e r r a g l i a n t e r a b b i a
da “gioventù c o n t r o ” .
“ La nostra mi s s i o n e è d i f a r v i b a l lare: se non a v e t e i n t e n z i o n e d i
scatenarvi, a l l o r a r e s t a t e a c a s a
ad ascoltare q u a l c h e v e c c h i o b r a n o
alla radio ”, qu e s t o d i c o n o e q u e s t o
fanno.
Il trittico inizi a l e p r o p o s t o d a l t r i o
americano, ca p i t a n a t o d a l l ’ i n d i a v o lata e trascina n t e B e t h D i t t o , è p u r a
energia disco - p u n k : F i r e Wi t h F i r e
gioca con un f u n k - p o s t p u n k c h e
ti prende al c o l l o e a l l e g a m b e , l a
title track è u n v e r o t o c c a s a n a d a
dancefloor, a p i c e a z z e c c a t i s s i m o
r i e p i s o d i Ye a h Ye a h Ye a h s e d i l
f e m m i n i s m o p u n k d e l l e B i k i n i K i l l,
ponendo il loro personale marchio
nella speranza che non vada rovinandosi da solo nell’arco di poco
tempo. Ma per adesso, tutto funziona e più che bene. (7.0/10)
Alessandro Grassi
Groove Armada – Soundboy
R o c k ( B M G / S o n y, g i u g n o
2007)
Genere: electro
balearic glitch soul
A p ar t e q u a l c h e s i n g o l o b u c a o r e c chi, l’armata del groove non mi
a v e va m a i t o c c a t o . L e u l t i m e c o s e
poi non le avevo nemmeno prese in
c o n si d e r a z i o n e , o s c u r a t o d a l l o s n o bismo del downloading selvaggio e
dall’ascolto inevitabilmente fugace.
Invece qui scoppia il botto, il colpo pre-summer che l’anno scorso
a v e va n o s c a g l i a t o i m a t t a t o r i p o s t Ibiza X-Press 2: la stessa sensazione magica che sale ascolto dopo
a s c ol t o , t r a c c i a d o p o t r a c c i a . L’ u l t i ma fatica che ascolto ininterrottamente da giorni è il riscatto, il gesto
che sorpassa la stasi compositiva.
Un disco che va giù diretto come
un mojito perlinato e rinfrescante,
un sorso rinfrescante prima delle
serate danzanti in riva al mare, un
tonico post-Furtado (Get Down),
qualche puntatina electropunk che
guarda a quegli anni ‘90 così felici
e m e l o d i c i ( i c o r i d i T h e T h i n g s We
Could Share), le svisate breakdance di Save Our Soul, lo scoglio della maturità che combina alla perfezione ritmo e melodia, come nei
migliori Chemical Brothers.
Ma la forza dell’album non sta solo
n e l l ’ e c c e l l e n z a d e l l a p r oduzione:
è l ’ e t e r o g e n e i t à g r o o v y c he brucia
i c o n c o r r e n t i . A s c o l t a t e il nu-soul
p o s t - D a r k e l d i W h a t ’s Yo ur Version
o il singolo
t e c h n o - b a learic-hop
T h e G i r l s S a y, l o s p l e n dido glitch
v o c o d e r p o s t - d u b d i L i g h tsonic e il
r e g g a e s u p e r c l a s s i c o d e l la traccia
c h e n o n a c a s o d à i l t i t o l o all’album
( i n n o d u b - r o c k s t e a d y d a lacrime),
i r i ff i n c a s s a d r i t t a d i Drop That
T h i n g , i l s o g n o s p a c e y d i From The
R o o f t o p s e ( a d d i r i t t u r a ! ) l’electro f u n k y d i S e e W h a t Yo u G et.
U n m i s c u g l i o c h e r i a p r e i l dibattito/
c o n f r o n t o c o n l e r a d i c i g iamaicane
e b l a c k d i t u t t a l a m u s i ca dance.
L a s u m m a e l e c t r o c h e mancava,
i n q u e s t o 2 0 0 7 d o m i n a t o dal soul.
L’ o p e r a z i o n e i n c u i a v e v a eccelso
l a T h i e v e r y C o r p o r a t i o n qui parte
d a c o o r d i n a t e d i v e r s e , d a suoni po s i t i v i c h e r i v a l u t a n o a n c o r a una vol t a l a s c e n a b a l e a r i c a , o per meglio
d i r e i s o l a n a . U n a c o n n e ssione tra
c o o r d i n a t e m u s i c a l i a g l i antipodi,
u n i t e d a l r i t m o e d a u n a passione
s c o n f i n a t a p e r i l m e t i c c i a t o. Oltre la
d i v i s o n e m a n i c h e a d i b l ack e whi t e . L o y i n e l o y a n g d e l l ’ estate che
( p e r f o r t u n a ) n o n s t a a n c ora finen d o . (7 . 4 / 1 0 )
Marco Braggion
Guillamino – Atzavara (Third
Ear / Wide, 29 giugno 2007)
Genere: electropop / downbeat
G u i l l a m i n o è P a u G u i l l a met, mul t i s t r u m e n t i s t a d i B a r c e l l ona. Dopo
a v e r p u b b l i c a t o d u e d i s c hi per una
p i c c o l a l a b e l s p a g n o l a è stato no t a t o d a l l a c e l e b e r r i m a Third Ear
c h e n e s t a m p a o r a u n a s umma per
i l m e r c a t o i n t e r n a z i o n a l e . Il nostro
f r a m m e n t a i n 1 8 t r a c c e u n pot-pour r i d i s o n o r i t à c a l i e n t i , f u mosità jaz z y, d o w n b e a t f i g l i d e i ’ 9 0 e di Bri s t o l , d u b b e t t o n i n e r i e molto soul.
L a p r i m a p a r t e d e l d i s c o vira verso
p i c c o l e s i n c o p i j a z z , p e zzi come
3 a o I S e e L o v e f a n n o i l verso ad
u n p i a n o b a r d i N e w O r l e ans, Ane s t e s i a , P o o r G i a n t e D u btes sono
t r e d u b c o r p o s i e d o l e n t i, Echoes
è p u r o s o u l b e a t v i b r a n t e e Kalim b e a t s è u n g i o c h i n o p e r samples
e c o m p u t e r. A l t r o v e c i a vviciniamo
a l l e s o n o r i t à d i u n M a t t h e w Herbert
n e i s a m p l e s c i r c o l a r i d i C astanyada
s e n t i r e a s c o l t a r e 53
e il fumo, quello bu o n o , d i B r i s t o l
metà ’90 non è mai s t a t o c o s ì v i c i n o
come nel raffermo c o n t r a b b a s s o e
nei loop di Ull De Ll e b r e . C h i u d e i l
tutto una deliziosa S e x y D a z e f r agrante nel suo ince d e r e l e g g i a d r o
grazie ad una chitar r a s p a g n o l a e a
una voce molto Groo v e A r m a d a .
Se proprio voglia m o e v i d e n z i a re una pecca di que s t a r a c c o l t a è
il fatto che nonosta n t e l a m a t e r i a
trattata non sia ma i c o s ì d i s t a n te nel suo dipana r s i , s i a v v e r t e
spesso il rischio d i r i d o n d a n z a e
di ripetitività nelle tr a m e e s p o s t e e
questo porta gli asc o l t i a n o n f l u i r e
completamente e il p e r i c o l o d e l l o
“skippaggio” è più c h e o c c a s i o n a le… Ad ogni modo, p u r n o n e s s e n do la cosa più origin a l e p r o p o s t a i n
materia ultimamente ( m o l t o m e g l i o
l’ultimo Herbert, ta n t o p e r d i r n e
una…) Atzavara si l a s c i a a s c o l t a r e
abbastanza piacevo l e m e n t e d i v e n tando una perfetta c o l o n n a s o n o r a
per imbastire una gl o r i o s a i n s a l a t a
di ris o o un qualsivo g l i a c i b o e s t i v o
in infradito e pareo… ( 6 . 0 / 1 0 )
Alessandro Grassi
Daniel A.I.U. Higgs – Atomic
Y g g d r a s i l Ta r o t ( T h r i l l J o c k e y /
W i d e , 11 g i u g n o 2 0 0 7 )
Genere: noise cosmicoorientale/guitar solo
La “cosa” di Daniel A . I . U . H i g g s i n titola ta Atomic Ygg d r a s i l Ta r o t è
un oggetto strano (in e d i z i o n e l i m i tata di 4000 copie, p e r i l c d , d i 9 0 0
per il vinile): un pa c k a g i n g r i g i d o
con fuori simboli p s e u d o - p a t a f i s i ci, dentro (oltre al c d ) r i p r o d u z i o n i
di quadri in stile su r r e a l i s t a - a n c e strale, dipinti dall’a u t o r e , a c c o m pagnati da “poesie e n i g m i s t i c h e ”
fatte sviluppando u n a p a r o l a a l l a
volta come acronimo ( d a A . B . Y. S . S .
a L.I.G.H.T.). Più d i ff i c i l e s c r i v e rne che leggerne. Qu a l c h e c u r i o s i t à
monta, per capire i n c h e m o d o s i
potre bbe orchestrar e u n c o r r e l a t i vo musicale a tanto a v a n g u a r d i s m o
novecentesco. Que l c o r r e l a t i v o è
un po’ millenarista, u n p o ’ p a t e t i c o ,
un po’ mistico, un p o ’ s t r u g g e n t e .
La m usica è sporch i s s i m a , p s i c h e delica, quasi unicam e n t e p e r s o l a
chitarra distorta e u l t r a l o - f i . L e a r monie si situano a m e t à t r a l a c o mposizione indiana – g i à a p a r t i r e
54 sentireascoltare
da Luminous Carcass Ornament
– , l a “ v a n gu a r d i a ” ( S p e c t r a l H u e s )
e la ricerca intimista delle scale blu. Che bella scoperta, direte,
dopo generazioni di freak indiofili
blues e inneggianti alla purezza del
suono orientale. Converrete certo
che è mica facile improvvisarsi in
questi frangenti dopo John Fahey
– citandolo sia nei suoi inizi che
negli sviluppi mistici (Cocoon On
The Cross). Bene. Ma la novità è la
s p o r c i z i a de l s u o n o ; e c o m u n q u e
q u e s t a è r ob a c h e d i ff i c i l m e n t e p u ò
essere giudicata con la categoria
vecchio/nuovo.
Si potrebbe perdonare questa persona per una sua presunta ingenuità. Ma Daniel Higgs è il cantante
d e i L u n g f i s h, p i ù c h e v e n t e n n a le formazione post-hardcore (dischordiana), e nasce come poeta.
I L u n g f i s h a ff r o n t a n o i l d i s c o r s o
orientale da dieci anni ormai. Nessuna ingenuità. Ma io premierei comunque Daniel, per due cose. La
p r i m a è c he n a s c e c o m e p o e t a , e
qui non ha la pretesa di usare parole, almeno nella parte musicale.
La seconda è che sembra rendersi
conto del nostro giudizio frettoloso,
e c i o n o n o st a n t e n o n u s a n e s s u n a
t e c n i c a r e to r i c a p e r d i f e n d e r s i . E
a l l o r a (7 . 0 / 1 0 ) .
Gaspare Caliri
e s s e n z i a l e e a r c h i t e t t o n i c o d ella
p a r o l a ) e u n a m b i e n t l e g g e r m e nte
h o r r o r i f i c o , u n a v a r i a n t e - d i c i a mo
- a t t u a l e ( D o o m F o l k , Ty p e R e cor d s ) d e l l e r i c e r c h e d i M i c k H a rris
( L u l l) e c o m p a g n i a a s s o r t i t a . P en s a t e a i B l a c k Ta p e F o r A B l u e Girl
- p e r c h i l i r i c o r d a - m o l t o r a r e f atti
e s o l t a n t o s t r u m e n t a l i , o s s i a p i ane
n o n t r o p p o d i s s i m i l i d a q u e l l e fre q u e n t a t e d a l l a G u d n a d o t t i r n e l pro g e t t o A n g e l, d o v e è c o i n v o l t o p ure
I l p o V ä i s ä n e n ( Tr a n s m e d i a l e , Oral
2 0 0 6 ) , o p p u r e n e l l ’ u l t i m o P a n So n i c d o v e l a v i o l o n c e l l i s t a c o m p are
in un paio di tracce.
È g e n t e p r e p a r a t a q u e s t a , m a i di f e t t i n o n m a n c a n o : a f r o n t e d i una
b e l l a H o w To C a t c h T h e R i g h t T h ou g h t - d o v e l ’ a m b i e n c e e c c l e s iale
si fa più compatta, e l’immagine è
q u e l l a d i u n a c h i e s a d a l l e v o l t e pro -
H i l d u r G u d n a d o t t i r, B J N i l s e n
And Stilluppsteypa - Second
Childhood (Quecksilber / Wide,
15 giugno 2007)
Genere: ambient, gothic
I t ’s A b o u t Th e S i z e O f A H o u s e ( c h e
conta 18 minuti) è un inquieto - e
greve - sfrigolino di corde di violoncello tenuto per circa sei minuti.
Lo stacco è brusco, come lo “Stop”
premuto sul registratore. Segue
una litania abbandonata da scuola
i s o l a z i o n i s ta ( p r e e ) p o s t r o c k . C ’ è
della micro elettronica a sprazzi
(sottoforma di consueti fruscii) e
qualche nota appesa alla elettrica,
una pianola appena accarezzata
e nulla più. Facile. Seppur nell’alveo cameristico dell’operazione, il
territorio bazzicato dai tre è quello
delle derive elettro-acustiche d’iniz i o N o v a n t a , d i ff e r e n t e m e n t e p e r ò
S e c o n d C hi l d h o o d i n d a g a i c o n f i n i
tra certa gotica (nel significato più
t e s e a l c i e l o , g l i s p a z i s p o g l i e un
s e n s o d i c o n f o r t o - , n e g l i i n i z i a l i 28
m i n u t i i l t r i o s i p e r d e n e l l a r i c e rca
d i u n c l i m a x e a l t r o v e n o n c ’ è m olto
o l t r e i l c i t a z i o n i s m o c o s m i c - k r a utot a n g e r i n e ( T h e D i r e c t i o n Wa s F o ggy
O r C l o u d y ) , l o o p d i s c o r i e t r a n s i stor
( I H a v e S e e n S i m i l a r S t o n e s ) o un
c l a s s i c o a m b i e n t à l a P a n A m e r i can
v e r s o i l f i n a l e ( A r r i v a l ) . S e i p o l i t i co.
(6.0/10)
Edoardo Bridda
Inserire Floppino – Inserire
floppino suona inserire floppino
( Ta f u z z y, 2 0 0 7 )
Genere: ambient-elettronica
Con un nome come “Inserire Floppino”
ci
una
si
poteva
aspettare
produzione
soltanto
sperimentale
a
bassissima fedeltà. In questo senso,
non si rimane delusi ascoltando il
turn it on
E x - O t a g o – Ta n t i S a l u t i ( R i o t m a k e r / W a r n e r, 1 g i u g n o 2 0 0 7 )
Genere: perfect pop
Come un ragg i o d i s o l e a r r i v a t o a s q u a r c i a r e i l t e t r o c i e l o r i c o l m o d i n u v o l e
di questa tard a p r i m a v e r a , e c c o a r r i v a r e l ’ a n n u n c i a t o , m a n o n a n c o r a a t teso, nuovo a l b u m d e i g e n o v e s i E x - O t a g o c h e s i m a t e r i a l i z z a v e n t i g i o r n i
prima dell’iniz i o d e l l ’ e s t a t e . P o t r e b b e s e m b r a r e u n a c a s u a l i t à , m a i n r e a l t à
non lo è.
L’arcobaleno p o p m e s s o i n p i e d i d a q u e s t i q u a t t r o ( e x ) r a g a z z i è , i n f a t t i ,
quanto di più s t u p e n d a m e n t e l u d i c o s i a a r r i v a t o s u i n o s t r i l e t t o r i d a t e m p o
immemore, rin f r e s c a n t e c o m e u n a g r a t t a c h e c c a a l l ’ a r a n c i o i n u n t o r r i d o
pomeriggio ro m a n o o , s e p r e f e r i t e , c o m e u n g e l a t o a l p i s t a c c h i o l e c c a t o
sulla panchina d e l p a r c o d i e t r o c a s a . U n t r i p u d i o d i p o p c o n l a P m a i u s c o la, come poch e v o l t e è s t a t o d a q u e s t e p a r t i e d i l f a t t o c h e p e r l a m a g g i o r
parte del temp o c a n t i n o i n i n g l e s e è s o l t a n t o u n a b a n a l e c o i n c i d e n z a .
Una chitarra a c u s t i c a , u n a b a t t e r i a e q u a l c h e t e s t i e r a i l l o r o a r m a m e n t a r i o , n o n n a L u i s a , i l c a n e S a s h a, Sandro
Pertini, Amato i l f r u t t i v e n d o l o , i l f a n t o m a t i c o M i r i n z i n i g l i e r o i e d i p r o t a g o n i s t i d e l l o r o p i c c o l o m o n d o ( quasi) per fetto, dove pu ò c a p i t a r e d i i n c o n t r a r e g l i A u s t i n L a c e c o n u n s o r r i s o a n c o r a p i ù g r a n d e d i q u e l l o c h e s olitamente
sfoggiano ( Lu i s a , C o o k i n g O v a t i o n , P e r t i n i I s A G e n i u s , M i r i n i z i n i I s N o t F a m o u s ) , s t r u m e n t a l i s u l l o s t i l e del primo
Ben Watt soli s t a (B a r C e n t r a l e ) , i m p r o b a b i li s k i t r a p ( S e n t i c o m e p o m p a ) , d e l i r a n t i g i o c h i s u l l e s s i c o i t a lo/inglese
poggiati su pi m p a n t i b a s i d i t a s t i e r e g i o c a t t o l o ( A m a t o T h e G r e e n g r o c e r ) , n u o v i “ g i o r n i v a c a n z i e r i ” ( Robilante ),
geniali pop so n g i n t r e c c i a t e a v a l z e r e c a n t i d i m o n t a g n a ( Wa i t i n g F o r T h e S t a r s) e d a n c h e i l b r a n o che avete
sempre sogna t o p e r a b b a n d o n a r s i t r a l e b r a c c i a d i q u a l c u n a l t r o ( G o i n g To P a n a m a ) . P o i c ’ è C h e t e m po faceva ,
semplicement e l a m i g l i o r e c a n z o n e i t a l i a n a d e l l ’ a n n o .
Un disco, Tan t i S a l u t i, c o n i l q u a l e s i p o t r e b b e ( s i d o v r e b b e ? ) v i n c e r e q u a l s i a s i F e s t i v a l b a r o p p u r e i n tasare de finitivamente l e f r e q u e n z e d i r a d i o D J , m a s a p e t e c o m e m e c h e q u e s t o n o n s a r à m a i p o s s i b i l e e d a l l ora rimane
una sola cosa d a f a r e : m e t t e r e l a v o s t r a c o p i a i n m a c c h i n a e p o m p a r l a a l m a s s i m o c o n i f i n e s t r i n i e l a cappotta
tirati giù. Se q u a l c u n o s i a v v i c i n e r à d a n d ov i d e l “ t e r r o n e ” o p p u r e i n t i m a n d o v i d i a b b a s s a r e i l v o l u m e giratevi e
mostrategli il v o s t r o s o r r i s o p i ù e b e t e , c h i s s à , p o t r e b b e a n c h e c a p i r e . ( 8 . 0 / 1 0 )
Stefano Renzi
s e n t i r e a s c o l t a r e 55
disco in questione, dal momento
che il titolare del progetto – Psico,
un quinto dei Mr Brace – mostra con
orgoglio la sua voglia di fare musica
affidandosi ad elettronica minimale,
variazioni ambient, stratagemmi
sonori da laptop (o forse sarebbe
meglio dire da scrivania).
Un’attitudine
decisamente
handmade che non perde tempo
in convenevoli, deliziandoci invece
con campionamenti fantasiosi –
l’Albert Ayler saturo di distorsioni in
Fantasma e richiamato in sottofondo
a Airbert -, genuine riflessioni in
forma di testo recitato – Conoscenti
appena e Il più grande del mondo
-, suoni rubati a qualche Amiga 500
dimenticato in soffitta – Ultrabit , registrazioni on the road – gli
uccelli che abitano i sei minuti di
Buvola – e tastierine sparse. Il
tutto foraggiato da una “cosciente
casualità”
nell’associazione
dei
suoni e una filosofia di scrittura
ostaggio del momento, capaci
entrambe di garantire a chi ascolta
trentacinque minuti ben sopra la
soglia della noia.(6.5/10)
dotto e non dimentico di tensione e
nerbo e energie e soprattutto una
o c r e s c e n d i i n p a t h o s c h e n o n co m u n i c a n o t e n s i o n e e s t r u g g i m e nto
c o m e d o v r e b b e r o . Ti l a s c i a u n s en s o d i v u o t o O u r L o v e To A d mire
e n o n p e r c h é v i s i a n o p e c c h e di
p r o d u z i o n e , a n z i , l a t r a c k l i s t s u ona
q u e l “ b e n e ” t a n t o d a n o n s c u o t ere
i n e r v i s e n z a c h e l e c o l p e r i c a da n o s u l c o - p r o d u t t o r e R i c h C o s tey
( M u s e e F r a n z F e r d i n a n d ) . I l pro b l e m a è d i c o n t e n u t o . I l c l a s s ico
principio della fine. (5.5/10)
buona dose d’autorialità. Su que-
Edoardo Bridda
belle maniere. Anzi, bella scrittura
perché se c’era una caratteristica
unificante (di pubblico e critica) era
proprio la capacità dei ragazzi di
scrivere strofe e ritornelli, d’unire
alterità e rabbia dolce in faccende
di pochi accordi. Il sequel scontava la mancanza di crudezza e l’addio a certe pose propriamente filo
divisioniane, tuttavia era fatto di
sto tasto i ragazzi precipitano con
O u r L o v e To A d m i r e , c a d o n o n o n
senza aver cercato (i sentiti versi
Fabrizio Zampighi
I n t e r p o l - O u r L o v e To A d m i r e
(Capitol / EMI, 10 luglio 2007)
Genere: wave, rock
Segn i di un’opposiz i o n e n o t t u r n a :
braccialetto in pelle , c a m i c i a c r a vatta bianco/nera, ri g a d i l a t o , w a v e
pop anni Ottanta in g r a n s p o l v e r o .
Abitu dini: andare a c o m p r a r s i i l l a t te al Seven Eleven. F u m a r e u n a s i garetta sul balcone a t a r d a n o t t e .
Estetica e stile di v i t a e Tu r n O n
The Bright Lights d i c u i t u t t i s a n no, l’album che poc o d o p o I s T h i s
It accese i riflettori s u l l e t e n d e n z e
tese e angolari de i D u e m i l a . U n
mix d’anticaglie dar k c r e d i b i l e . U n
disco che aveva ste s o t u t t i ( e m o l to pi ù dell’esordio d e g l i S t o k e s ) .
Il prodromo di un a g e n e r a z i o n e
che voleva dimentic a r s i i N o v a n t a
scazzo e edonismo i n t e s t a . Q u e l l a
che uno spazio per l ’ o s c u r i t à l ’ h a
trovato naturalment e c o n u n m i n i mo di ribellione rom a n t i c a . E s o n o
passati sette anni, a n z i f a c c i a m o
che i Duemila sono p e r t r e q u a r t i
trascorsi e la storia è p r a t i c a m e n t e
scritta. Antics (semp r e s u M a t a d o r )
ne er a il seguito mag g i o r m e n t e p r o -
56 s e n t i r e a s c o l t a r e
i n i z i a l i d i P i o n e e r To T h e F a l l s , l e
impressioni di un triangolo amoroso in No I In Threesome, il ritratt o P a c e I s T h e Tr i c k ) , m a c a d o n o ,
canzone dopo canzone, tarpati da
una ricerca coraggiosa risoltasi in
un freno a mano tirato, rifugiati in
laboratorio come scienziati del proprio ardore.
Così The Heinrich Maneuver (aut o m a t i c a e s e n z a h o o k e ff i c a c e )
morde la metà di una Slow Hands,
Mammoth e All Fired Up rivedono
l’alternanza (veloce/tranchant - piano/relapse) dell’esordio in un nulla di fatto emotivo stilistico e The
Scale, senza girarci troppo attorno, è un episodio brutto come non
mai visto nelle trascorse tracklist.
Non buttiamo tutto, ci piace Rest
M y C h e m i st r y l a t r a c c i a m i g l i o r e e
l a p i ù N Y s t y l e , u n b r a n o e ff i c a c e
che sa di qualcosa perché pregno
di quella leggerezza che ci sarebbe dovuta stare. Invece la strada
prediletta è spesso opposta, con i
quattro impegnati a inficiare gli att a c c h i (N o I I n T h r e e s o m e, P a c e I s
T h e Tr i c k) c o n p r a t i c h e c o m p l i c a t e
I v a n V i c a r i A f r o J a z z Tr i o –
Colpo di coda (Club Records,
2007)
Genere: jazz
N o n è l ’ A f r i c a o m a g g i a t a d a We Ins i s t ! F r e e d o m N o w S u i t e d i Max
R o a c h q u e l l a c h e e s c e d a i s e t t an t a m i n u t i d i q u e s t o C o l p o d i C o da.
N o n l o è p e r l e t e m a t i c h e d i f o n do,
l à i s p i r a t e d a u n f o r t e s e n t i m e nto
p o l i t i c o o l t r e c h e e s t e t i c o e q u i ca r a t t e r i z z a t e d a u n a c o m p e n e t r a zio n e e s c l u s i v a m e n t e f o r m a l e ; n o n lo
è p e r l e s c e l t e s t r u m e n t a l i , d a l mo m e n t o c h e a f a r l a d a p a d r o n e n elle
o t t o t r a c c e d e l l ’ o p e r a i n q u e s t i one
è l ’ H a m m o n d d i I v a n Vi c a r i e n o n la
v o c e m e l o d i o s a d i A b b e y L i n c o l n.
P o c o m a l e , d a l m o m e n t o c h e si
t r a t t a c o m u n q u e d i u n b e l s e n t ire.
S o p r a t t u t t o s e c h i a s c o l t a è u n e sti m a t o r e d e l l a t r a d i z i o n a l e v e r s ati l i t à d e l l ’ o r g a n o “ p e r e c c e l l e n za”,
g a r a n t i t a i n q u e s t a s e d e d a g l i ac c e n t i f u n k e l e p a r e n t e s i b l u e s , le
s c i c c h e r i e e a s y l i s t e n i n g e l e c olo r i t u r e e t n i c o - j a z z c o n c u i d i v o l t a in
v o l t a Vi c a r i v e s t e i l s u o s t r u m e nto.
M o v i m e n t i d a l m o o d d i ff e r e n t e ma
u g u a l m e n t e f a s c i n o s i , c h e n o n di m e n t i c a n o d i c o n c e d e r e a m p i s pazi
a l l ’ i n v e n t i v a d e l l e a l t r i p a r t i i n c au s a . N e l l o s p e c i f i c o , i l s a x e l e g a nte
d i G e n z o O k a b e , d i v i s o t r a a mori
g i o v a n i l i h a r d - b o p e p r o g r e s s i oni
i m p o s t a t e , m a s o p r a t t u t t o l e per c u s s i o n i d i K a r l P o t t e r, u n o che
l ’ O l a t u n j i r e s p o n s a b i l e d e l l ’ i m p i an t o r i t m i c o d e l d i s c o d i c u i s i d i ce v a i n a p e r t u r a , d o v e v a a v e r l o b ene
i n m e n t e q u a n d o h a i n c i s o l e otto
tracce di Colpo di coda.
Tr a v e n t i l a t i n i e b o s s a n o v a , s uo n i i p n o t i c i e t a p p e t i d i c o n g a s , ci
s i i m b a t t e i n r i l e t t u r e d i C h a rlie
P a r k e r – B i l l i e ’s B o u n c e - , o m aggi
a Pat Methen y – S o n g F o r B i l b a o
-, strumentali d i G e o r g e B e n s o n e
Wes Montgom e r y – M i m o s a e R o a d
Song – oltre c h e i n b r a n i a u t o g r a f i .
Arrivando a fin e p r o g r a m m a c o n u n
solo pensiero n e l l a t e s t a : s c h i a c ciare play e r i c o m i n c i a r e t u t t o d a
capo. ( 7.3 /10 )
Fabrizio Zampighi
J a n d e k – M a n h a t t a n Tu e s d a y
(Corwood Industries, giugno
2007)
Genere: avant
Oggettivamen t e , n o n s i p u ò p r e tendere da u n a p e r s o n a n o r m a le che passa p e r c a s o d i q u i , c h e
sia informata s u i f a t t i e c h e s a p pia tutta la st o r i a c h e c ’ è d i e t r o a
Jandek, la Co r w o o d I n d u s t r i e s , l e
copertine, i d i s c h i , l e v a r i e f a s i e
ora anche i l i v e . Tr a l ’ a l t r o è a n che estate, fa c a l d o e d i c a s i c l i n i c i
non si avverte c e r t o i l b i s o g n o . M a
se uno non si i n f o r m a , s i a p u r e p e r
sommi capi, s u c o s a h a c o m b i n a to Jandek da v e n t i a n n i a q u e s t a
parte, probab i l m e n t e n o n r i e s c e a
capire perché o g n i v o l t a c h e f a u n
concerto si m o b i l i t a l a c r e m e d e l a
creme dell’av a n t i n t e l l i g h e n z i a . D i
Richard Youn g s e A l e x N e i l s o n,
praticamente l a b a c k i n g b a n d d i
Jandek per i c o n c e r t i a n g l o s a s s o n i ,
si è già detto . G r a n d e f o r m a z i o n e ,
grandissima p r i m a a p p a r i z i o n e l i v e
in quel di Gla s g o w. Tu t t o a s o r p r e sa. Fan a boc c a a p e r t a . D a a l l o r a i l
rappresentant e d e l l a C o r w o o d n o n
si è fermato p i ù , è d i v e n t a t o u n o
showman, ovv i a m e n t e a l l a s u a m a niera, e i suo i c o n c e r t i o r m a i s o n o
una cosa (qu a s i ) n o r m a l e . Q u e l l o
che proprio n o n è n o r m a l e è u n o
show dove la l i n e - u p è c o s t i t u i t a d a
Loren Conno r s a l l a c h i t a r r a , M a t t
Heyner (No N e c k B l u e s B a n d ) a l
basso e Chri s C o r s a n o a l l a b a t t e ria. Perché qu e s t a è s t a t a l a l i n e - u p
che ha accom p a g n a t o J a n d e k p e r i l
suo concerto d e l 6 s e t t e m b r e 2 0 0 5 ,
in quel di Ne w Yo r k . C o n f e s s o d i
essere stato a l u n g o s c e t t i c o s u l la reale oppo r t u n i t à d e l N o s t r o d i
uscire allo sco p e r t o , m a s e i r i s u l t a ti sono questi , l o s c e t t i c i s m o s c o m pare come ne v e a l s o l e . M a n h a t t a n
Tuesday , in d u e d i s c h i , r i p r o d u c e
fedelmente q u a n t o a v v e n u t o q u e l la sera. Il co n t e n u t o è c o s t i t u i t o
da un’unica composizione in sette
movimenti, chiamata Afternoon Of
Insensitivity. Musicalmente è il disco di Jandek più gotico di sempre,
fatta eccezione forse per Six And
S i x. I l c a n o v a c c i o è l o s t e s s o p e r
tutto il concerto. Un sintetizzatore
Korg che sotto le sue mani diventa
un organo da cattedrale mitteleuropea; la chitarra di Connors che
gli va dietro disegnando arabeschi
riverberati e rasoiate wah wah; il
b a s so d i H e y n e r c h e i n c u p i s c e u l teriormente il tutto come fosse un
pesante tendaggio di velluto nero
a p og g i a r s i s u t u t t i g l i s t r u m e n t i e
d u l c is i n f u n d o l a r i t m i c a d e n s a e
magmatica di Corsano che trama
s o t t e r r a n e a e f i c c a n t e . Te s t u a l m e n te è il Jandek cupo delle attese,
dei pomeriggi abulici che inghiottono l’esistenza come buchi neri
(All the phone rings are alarming/
It doesn’t matter/I can’t escape the
weight of these days). E’ il Jandek
che non riesce o non vuole trovare
vie di fuga da se stesso pur essendo cinicamente consapevole delle sue ferite aperte (Self-inflicted
stimulation is the deathbed/ Life is
on the other side/The side I don’t
know). Oggettivamente, il cliché
del pazzo depresso che si lamenta
strimpellando spasticamente la sua
chitarra non ha mai avuto motivo di
esistere, men che meno ora che il
Nostro si produce in simili performance. Jandek è tante cose messe
i n s i em e : u n d e p r e s s o c o m p i a c i u t o ,
un caso clinico da tabloid di terz’ordine, un nerd ipersensibile, un
astuto figlio di puttana che ha saputo investire sulle sue ossessioni,
un predicatore pazzo, un oscuro
scrutatore della propria anima. Insomma, aveva proprio ragione Keiji
H a i n o . J a n d e k è d a v v e ro l’ultimo
v e r o b l u e s m a n d e l l a s t o r i a, ma an c o r p r i m a e s o p r a t t u t t o è uno di noi.
(7.7/10)
Antonello Comunale
Jets
Overhead
–
Bridges
(Microgroove / Goodfellas, 18
giugno 2007)
Genere: indie-rock
N o n t u t t o c i ò c h e v i e n e d al Canada
h a l a p r o t e z i o n e d e g l i a ngeli della
g e n i a l i t à . I J e t s O v e r h e a d, quintet t o d i Vi c t o r i a , s o n o p u r o indie-rock
d i m a n i e r a , f a c i l o n e , a s c oltabilissi m o , d i l a t a t o e a s s o l u t a mente inu t i l e . N o n h a f u o c o n e l l e vene, non
h a i s p i r a z i o n e p r o f o n d a nella sua
a n i m a , n o n h a u n v e r b o trascinan t e . P r e n d e t e u n b a s s o q u adrato alla
I n t e r p o l e l a d e s o l a z i o n e degli ul t i m i F o l k I m p l o s i o n e a v rete come
r i s u l t a n t e q u e s t o B r i d ges . This
Wa y e S h a d o w K n o w s s o no pseudo
b a l l a t o n e p e r r a g a z z i e mo-filiaci,
L i f e ’s A S o n g è l o s t e r e o tipo della
c a n z o n e i n d i e , q u a d r a t i s s ima, com p l e t a m e n t e a f u o c o , c o n tutto ciò
c h e n o n r i u s c i r à m a i a b ruciare al
p o s t o g i u s t o . P o i q u a n d o la trama
p r e n d e u n p o c h i n o s o s t a n za ( Killing
Ti m e e l a c o n c l u s i v a l a nda di di s p e r a z i o n e c h e è N o M o r e Nothing )
s i a m o c o m p l e t a m e n t e n e lla testa e
n e l l a s e i c o r d e d i L o u B arlow, ir r i m e d i a b i l m e n t e p e r ò s e n za ispira z i o n e a l c u n a , s e n z a a l c u n strascico
c h e p o r t i a l l a v o g l i a d i u n repeat.
N o n u n a h i t , n e s s u n a n t h e m, nessu n a c a v a l c a t a f e r o c e , n e s sun assolo
l i b e r a t o r i o , s o l o u n a l a n da grigiob l u a s t r a i n c o n t a m i n a t a e rafferma,
p r o p r i o c o m e b e n r a p p r esenta la
c o p e r t i n a . F r e c c i a a s i n i s tra e pas siamo oltre… (4.5/10)
Alessandro Grassi
J u s t i c e – + ( E d B a n g e r / W a r n e r,
11 g i u g n o 2 0 0 7 )
Genere: disco-funk
/ nu Daft Punk
P o t e v a e d o v e v a e s s e r e una bom b a . I n v e c e è s o l o u n f u o co d’artifi c i o u n i c o e d e s o l a t o . A b biamo an c o r a t u t t i n e l l e o r e c c h i e l ’ hit spacca
d a n c e f l o o r d e l l a s c o r s a estate Ne v e r B e A l o n e e l ’ a t t e s a per questo
p r i m o e p i s o d i o l u n g o e r a veramen t e f e b b r i l e . L’ i m p a t t o t u tto pomp-
sentireascoltare 57
svuotati di eccletismo, Stress cita
gli ultimi fritti Chemical Brothers,
The Party è un deludente troiadance electro facilone e la finale
O n e M i n u t e To M i d n i g h t è a n c o r a
Daft Punk senza palle e senza trama. Come si comprende, non tutto
è da mettere al rogo, anzi, però ci
si aspettava francamente molto di
più di un surrogato di playlist “da
appassionati” e non “da musicisti”.
Peccato. (6.5/10)
Alessandro Grassi
electro di prima fattura è di quelli
che lascia il segno, però grattando
sotto la superficie lungo gli ascolti
la materia grigia di questo + si palesa in tutte le sue mancanze, in
t u t t i i s u o i b u c h i n e r i . Vu o i p e r c h é
i nostri due francesini tentano la
strada della pomposità tout court
(che troppo spesso è sinonimo di
ridondanza fine a se stessa), vuoi
perché
il
giochino
di
miscelare
“house simpatica al pubblico indie rock”, electro e sonorità Daft
Punk è un trucco un po’ antiquato,
la bontà della fruizione di queste
dodici tracce ne risente non poco.
C’è del buono, ovvio, e c’è anche
dell’ottimo: Il singolo D.A.N.C.E.
è un fresco e molto simpatico anthem estivo con il suo funk, i suoi
archi campionati e i cori bambineschi che fanno veramente anni
’70 a furia di Abba disco-nebulose, New Jack è un altro funk tosto
questa volta sminuzzato e triturato
dentro una coltre stellare di drill
ipnotici, Let There Be Light è un
altro anthem che scorre con piacevolezza, electro proto-cibernetica
per potenziali fruitori appassionati
di bizzarie analogiche miscelate.
Con le due Phantom però veniamo un po’ spiazzati perché sono
schifosamente Daft Punk, batterie
rock filtrate e fraseggi longilinei di
vocoder ossia b-sides esattamente incastonate fra Homework e
Human After All con tanto di eti-
Kissogram
Nothing,
(Louisville, maggio 2007)
Genere: Eclectic Pop
Sir!
Berlinesi di residenza, attivi dal
1 9 9 9 , p r o t e t t i d i J i m Av i g n o n , r e sponsabili come Kissogram di un
album ed una buona dozzina di
singoli, Jonas Poppe e Sebastian
Dassè sono due menti piuttosto
e ff i c a c i d e l l a m o d e r n a g e o g r a f i a
musicale. Non dei “rivoluzionari”
del rock and roll, come strombazzato recentemente dalle pagine di
“NME”, ma due musicisti che sanno
il fatto loro e che, soprattutto, dimostrano di aver assorbito ed essere entrati in contatto con svariati
generi musicali, senza, apparentemente, alcun tipo di pregiudizio.
Una scelta che depone a loro favore e che si ripercuote in maniera decisamente evidente sui solchi
di
questo
nuovo
Nothing,
Sir!,
album multicolore e multiculturale che scherza con l’etno pop dei
Dissident
(Come
Spring
Come
R e a s o n , S n o w W h i t e I n T h e Tr a i n
) così come con quello Sixties dei
M o n k e e s ( S h e ’s A n A p p l e P i e ) ,
giogioneggia i Madness (Manager
In Love) ed immerge Elvis in un bagno electro (Shuffle Along), guarda
con devozione al valium il jazz pop
degli Steely Dan (Blue August) e
si inebetisce con un perfetto giro
di organo in stile Fuzztones (Car
Kula
Shaker
Strangefolk
(Strangefolk, 20 agosto 2007)
Genere: rock psych
L’ i m p e r a t i v o c i c l i c o d e l r i s c o p r ire/
r i s c o p r i r s i i m p o n e i l r e c u p e r o dei
K u l a S h a k e r, e r o i i n c a n d e s c e n t i ma
e ff i m e r i d e i n o v a n t a d i m e z z o . In c a p a c i d i s o p r a v v i v e r s i , s i s p e n se r o t e m p o d u e a l b u m . S t r a n a m e nte,
f i n o a l l ’ a l t r o i e r i v e n i v a n o r i c o r dati
p i ù l e s u p p o s t e s i m p a t i e f a s c i s t oidi
d e l l e a d e r C r i s p i a n M i l l s c h e non
p e r i l p u r a p p r e z z a t o a l b u m d ’ e sor d i o , q u e l K c h e t e n t a v a d i s o g n are
u n ’ I n d i a s t r a l i s e r g i c a c a r b u r a n do s i d i n o s t a l g i a i m p e t u o s a e p r ete s t u o s i ( m ) i s t e r i s m i . F i n o a l l ’ a ltro
i e r i , a p p u n t o . O g g i c h e i l m i l l e n nio
è sverginato da un pezzo, Mills e
s o c i - q u e l l i o r i g i n a l i - p o s s o n o fi n a l m e n t e f r e g i a r s i d i u n a p r o pria
e t i c h e t t a , c o n t u t t o c i ò c h e q u e sto
s i g n i f i c a i n t e r m i n i d i l i b e r t à c r ea t i v a . N e s o n o f i e r i e f e l i c i a l p u nto
d a i n t i t o l a r e q u e s t o l o r o c o m e b ack
c o l n o m e d e l l a l a b e l : S t r a n g e f olk.
P e c c a t o c h e m a n c h i l o r o l a l i b ertà
p i ù i m p o r t a n t e : q u e l l a d a s e s t e ssi.
O v v e r o , d a l p r o p r i o s t a t u s l e g g en d a r i o d i i r r e d e n t i s t i p s y c h a v vin g h i a t i a l s a c r o f u s t o d e l l ’ a l b e r o ma g i c o . B u d d h a d a u n a p a r t e , Vi snu
d a l l ’ a l t r a , p i ù u n n u g o l o d i s a n t oni
f l o w e r p o w e r i n f r e g o l a h a r d r i c r eati
c o n v e e m e n t e r i s o l u z i o n e d a c om p u t e r g r a p h i c . S ì , l ’ a r i a è d e c i sa m e n t e d i g i t a l e , m a l g r a d o i l r e a l i s mo
ca “robot rock” nella parte prima,
Crash Bop). Se cercate qualcosa
e stessa materia ripetuta con ag-
di carino e disimpegnato da ascol-
d ’ h a m m o n d , n e g l i a s s o l o s d e r e na -
giunta di qualche redivivo arco se-
tare durante l’ennesimo pomerig-
t i , n e i t u r g i d i g i r i d i b a s s o ( u n s uo -
venties nella parte seconda.
g i o t r a s c o r s o i n u ff i c i o , N o t h i n g ,
n o c h e s u o n a a l l a g r a n d e , g r azie
Il resto non ha il mordente pre-
Sir! è l’album che può fare al caso
a n c h e a d u n t r i t t i c o d i p r o d u t tori
cedente e perde consistenza lun-
vostro. (6.5/10)
c o m e S a m W i l l i a m s , Tc h a d B l ake
go l’ascolto: DVNO ricorda dei !!!
58 sentireascoltare
Stefano Renzi
v i n t a g e d i g r i g n a t o i n o g n i g r a c idio
e C h r i s S h e l d o n ) . N e s s u n o s ber -
turn it on
Machinefabriek - Weleer (Lampse, maggio 2007)
Genere: ambient, folktronica, noise
Se mi chiede s s e r o q u a l i s o n o i m u s i c i s t i e l e t t r o a c u s t i c i p i ù i n t e r e s s a n ti di questi ul t i m i a n n i d i r e i K e i t h F u l l e r t o n W h i t m a n e W i l l i a m B a s i n s k i ,
ma aggiunger e i s i c u r a m e n t e F a b i o O r s i e l ’ o l a n d e s e M a c h i n e f a b r i e k . D i
quest’ultimo p a r l i a m o e We l e e r n o n è a l t r o c h e u n p e r s o n a l e S e l e c t e d
Ambient Wor k s, u n a m a n c i a t a d i b r a n i g i à e d i t i n e i m i t i c i t r e n t a C d r d a
tre pollici qui s e l e z i o n a t i p e r o l t r e d u e o r e d i r e g i s t r a t o . I n a t t e s a d i u n
seguito dell’e p p ì L e n t e l i e d j e s p u b b l i c a t o s u Ty p e ( e d e l l ’ a l b u m M a r i j n
licenziato dal l a L a m p s e ) , e c c o s e r v i t e a l c u n e m e d i t a z i o n i i n r i v a a l R e n o
per armonica a b o c c a t r a t t a t a ( O i P o l l o i ) , u n a s o u n d t r a c k d o o m d a i l a n guori electro- j a z z y ( U i t e r w a a r d e ) , i g l i t c h e i s u o n i d e l l e n a v i ( C h i n e s e
Unpopular So n g ) , s t r a t i f i c a z i o n i f e n n e s z i a n e ( H i e p e r d e p i e p ) , b a l l e t t i m o rse per giochi s t e r e o f o n i c i ( S t o t t e r p i a n o ) , d r o n i i n c a t t e d r a l e ( Wi n t e r v a c h t ) ,
quotidiani fiel d r e c o r d i n g s ( S c h r i j v e n , c h e v u o l d i r e “ s c r i v e r e ” i n o l a n d e s e ) , o v e r t u r e m i n i m a l i s t e i n “ b r eak” ( Don derwolk ) e pia n i s m i d e b u s s i a n i ( K a l e B o m e n L a n g s D e We g ) . È l ’ u n i v e r s o d i R u t g e r Z u y d e r v e l t p r e - d e b utto cd, un
cosmo fatto d i c i r c u i t i , s p a z i o e s u o n i s u o n a t i o c o n c r e t i . È l a m a c c h i n a u m a n i s s i m a M a c h i n e f a b r i e k , c he indaga
subconscio e s a p o r e d i u n a t e r r a , l ’ O l a n d a , q u e l l a d e l l e c a m p a g n e e d e l P o r t o . L’ O l a n d a l o n t a n a d a i c entri citta dini. Probabil m e n t e q u e l l a d e l N o r d , d o v e s i v e d e m e g l i o i l c i e l o . I n q u e s t o s t a l a m a g i a d e i v e n t i m i n uti di Lief
(tradotto “dolc e ” ) , u n d r o n e l u n g o l u n g o g r a t t a t o d a s f r i g o l i i e c l a n g o r i r u v i d i . M a g i a c h e i l r a g a z z o t r asforma in
loop noiseggi a n t i s u l f i n a l e r a c c h i u d e n d o l a i n u n a t r a c c i a f o l k t r o n i c a , c o s m i c a e a m b i e n t , o v v e r o l e t r e specialità
dell’olandese. A c q u i s t o f o n d a m e n t a l e p e r c h i h a s a g g i a t o l e p o t e n z i a l i t à d e l m u s i c i s t a , n o n c h é u n b u on motivo
per iniziare a f r e q u e n t a r l o , a p p a s s i o n a t i d i e l e t t r o n i c a e n o n . ( 7 . 2 / 1 0 )
Edoardo Bridda
sentireascoltare 59
l e ff o s f e r z a n t e J o n S p e n c e r , m a
un rimettere a nuovo quei vecchi
vestiti, come i Beatles imbricconiti Radio Birdman/Supergrass di
Great Dictator, o i CSN&Y invalvolati di benzedrina in Second Sight,
o quella specie di Nights In White
Satin (dei Moody Blues) messa in
ammollo nel coccolino che risponde al nome di Shadowlands. Il giochino potrebbe continuare, ma lo
lasciamo volentieri a chi pagherà
il biglietto.
Quanto a noi, non potevamo attenderci altro che questa parata
di canzoni-pretesto, senza abbastanza fiato né cuore per reggere
l’usura degli ascolti. E tuttavia divertenti, almeno finché non sgami
l’inappuntabile sfoggio di mestiere
che trasuda ogni piega del sound.
(6.0/10)
Stefano Solventi
Lindstrom And Prins Thomas
– Reinterpretations (Eskimo /
Audioglobe, maggio 2007)
Genere: space-disco
Un’appendice al debutto datato
2005, una nuova uscita che si somma alle tante (tra 12”, ep e versioni
in vinile) del duo spaced Lindstrom
And Prins Thomas.
Reinterpretations, come suggerisce il titolo, riedita in formato più
dancey alcune delle tracce incluse
n e l l ’ a n z i d e t t o d e b u t t o c o m e Tu rkish Delight (notevolmente accelerata e decisamente meno “space”
dell’oppiacea originale), Boney M
Down (che elude quel portamento
à la Alan Parsons Project), Claudio
(in pratica una versione sciamanica della fenomenale Sykkelsesong)
60 sentireascoltare
addizionandole - per la prima volta
e baleariche vedute – e lo space
m o d o e c c e l l e n t e . S p l e n d i d e l e pic c o l e p a u s e d e l c l a s s i c o r ’ n ’ r, u n po’
L i t t l e R o c k , d i 1 0 0 L i t t l e W o m en ;
p e r n o n p a r l a r e d e l f i n a l e p s i c he d e l i c o – d a T h e P i p e r – d i C u r sed
W o r l d , g i u s t o p e r f a r e d u e e s e mpi.
E b a s t a . G l i a p p a s s i o n a t i s i d i ver t i r a n n o ; i d i v e r t i t i n o n c r e d o s i ap passioneranno. (6.5/10)
funk (questo sì space!) della con-
Gaspare Caliri
in cd – al krauto 12” Mighty Girl
(un omaggio ai Can nella traccia
o m o n i m a e a l k r a u t t u t t o i n Vr a n g
O g Va n s k e l i g ) e d a n u o v e e s p e r i e n ze quali
Te m p o Te m p o , M u m m e r
Fire En -
un pastiche di ventuno
ipnotici minuti tra Orb, Metro Area
c l u s i v a N u m m e r F i r e To .
Nella valigetta del perfetto dj non
dovrebbe mai mancare! (7.0/10)
Gianni Avella
Mark Sultan – The Sultanic
Ve r s e s ( I n T h e R e d / G o o d f e l l a s ,
15 maggio 2007)
Genere: garage/lo-fi
Questo disco è la solita creatura
In The Red: sporco, cattivello ma
in fin dei conti buontempone, facilmente catalogabile sotto il garage/
lo-fi – con un suono davvero sporco. Un ritorno (speriamo parziale, per alcuni versi) all’origine per
l’etichetta garagissima, dopo i fasti
i n c o n s u e t i d e i Vo l t. M a q u i s i p a r l a
d i u n s u l t a n o , o v v e r o d i T h e S u l t an i c Ve r s e s d i M a r k S u l t a n , a k a l a
seconda metà di the King Khan &
B B Q S h o w, m a a n c h e c a n t a n t e e
c h i t a r r i s t a d e i M i n d C o n t r o l s, c a ntante/batterista dei Les Sexareen o s, c a n t a n t e d e i T h e S p a c e s h i t s
e molto altro (è evidente che ho citato questi ultimi per il nome che si
sono scelti).
L’ i r o n i a c ’ è . N e l l i b r e t t o c i i n f o r m a no che gran parte del disco è suonato da un musicista solo (Mark)
che se la suona e se la canta come
se fosse una band intera. Poi Mark
puntualizza che non sopporta i
musicisti che fanno tutto da sé, e
soprattutto non sopporta il pubblico a cui piacciono queste cose; la
chiosa esatta è “if you did like that
shit, there is still solme of that on
h e r e , t o o ” . L’ e ff e t t o è u n p o ’ s t r a no. È come ascoltare con una certa
s o d d i s f a z i on e l a r a d i o a m a n e t t a
dell’auto che abbiamo a fianco della nostra, in coda a un semaforo.
Guardando negli occhiali da sole il
guidatore, che è rockabilly ma ha la
coppola in testa, come Mark. Il quale sembra aver ascoltato le compilation dei Nuggets, conoscerle
a menadito, dare continuamente
p r o v a d i a ve r a p p r e s o l a l e z i o n e i n
Marmoset
Florist
Fired
(Secretly Canadian / Wide, 24
luglio 2007)
Genere: psych/wave
Vo l e t e s a p e r e s e m i s o n o d i v e r t i to?
O k , m i s o n o d i v e r t i t o . P a r e c c h i o , vi s t o l e v o l t e c h e l ’ h o a s c o l t a t o . Mol t o p i ù d i q u a n t o i n g e n e r e m i c o n ce d o p e r u n a r e c e n s i o n e . I M a r m oset
s o n o s t a t i u n a s o r p r e s a , p e r q u a nto
possano vantare altri due album e
u n p a i o d i e p a l l e s p a l l e . N e a n che
q u e l g r a n r e p e r t o r i o i n f i n d e i c o nti,
v i s t o c h e c i s o n o v o l u t i o t t o a n n i per
m e t t e r l o a s s i e m e e c h e d a c i n q u e il
t r i o d a I n d i a n a p o l i s n o n d a v a n oti z i e d i s é . I n s o m m a , l e s e d i c i t r a cce
d i F l o r i s t F r i e d s o n o u n a c o l l ana
d i z u c c h e r i n i a c i d i c a p a c i d i s p edi r e i n o r b i t a g l i s c i r o c c a t i c o m e me,
s e m p r e d i s p o n i b i l i s s i m i a l g i o c h ino
dell’indovina-che-gusto-è.
O c c o r r o n o c h i a r a m e n t e f r a g r a n z e di
u n c e r t o t i p o . I n q u e s t o c a s o , c i on d o l a m e n t i L o u R e e d, f o s c h e a c i de r i e J u l i a n C o p e, s c h i v e e b b r e zze
B e c k , d e l i z i o s e c a l i g i n i F e l t, o z i osi
d e l i r i B a r r e t t . . . U n a s t o r d e n t e l ecc o r n i a v i a l ’ a l t r a , c o n f e z i o n a t e con
l a f l e m m a s o r n i o n a d i c h i c e l’ha
d e n t r o ( i l c o s o , i l q u i d p s i c h e d e l i co)
e n o n h a b i s o g n o d i c o s t r u i r s e l o ad d o s s o . U n t r i p p e r f e t t o p e r n o s tal g i c i i n a m b a s c e s p i r i t u a l i , t r a d i t i da
u n t e m p o d a u n m o n d o c h e s ’ a c c on t e n t a d i m e t t e r e i n s c e n a l a m e s sin scena e via andare.
I n s o m m a , b r a v i M a r m o s e t , f a t elo
p i ù s p e s s o . Tu t t a v i a , h o d a c om p i e r e u n d o v e r e c h e m ’ i m p o n e una
c e r t a o b i e t t i v i t à . I n r a g i o n e d ella
q u a l e q u e s t o F l o r i s t F i r e d f i n i sce
a p p u n t o c o l s e m b r a r m i u n o s f o ggio
d i f o r z o s a a l t e r i t à , o a l p i ù u n l eni t i v o p e r b a c u c c h i r o c k i n d o l e n ziti,
b i s o g n o s i d i c o n s o l a z i o n e e r a ssi c u r a z i o n i e i l l u s i o n i s p a r s e . C o me,
a p p u n t o , i l s o t t o s c r i t t o . ( 6 . 1 /1 0 )
Stefano Solventi
tutto, però, gira come dovrebbe e
l’oramai abusato utilizzo di questo
particolare tipo di soluzioni finisce
con il pesare sull’economia generale dell’album che, per quanto
buono, non riesce a distinguersi
dalla valanga di produzioni speculari, con sommo rammarico di tutti
coloro che si aspettavano un capolavoro. (6.7/10)
Stefano Renzi
Matthew
(Ghostly
Dear
–
Asa
Breed
International
/
Audioglobe, 5 giugno 2007)
Genere: minimal electro pop
Tra i tanti ap o s t o l i d e l l a s c e n a o ff
dance,
Matth e w
Dear
è
sempre
stato uno dei n o s t r i p r e f e r i t i , v u o i
per le ottime p r o v e o ff e r t e n a s c o sto dietro il m o n i k e r A u d i o n, v u o i
per quella fa c c i a d a a d o l e s c e n t e
sveglio che è s e m p r e u n v a l o r e a g giunto quando t i t r o v i a g a l l e g g i a r e
in un universo r i c o l m o d i b r u t t i c e ff i
com’è quello d e l l a m i n i m a l t e c h n o .
Un giovincell o c a p a c e l ’ a m e r i c a no, a suo agio s i a q u a n d o d e v e f a r
muovere pied i e b a c i n o s i a q u a n d o
deve reimpost a r e l e p r o p r i e c o o r d i nate stilistich e e d i m b o c c a r e , c o m e
in questo cas o , a u t o s t r a d e d i o b l i que traiettorie ( i n d i e ) p o p .
Si, perché As a B r e e d è , a t u t t i g l i
effetti, un disc o d i c a n z o n i , u n c a m pionario di de v i a t e e d e v i a n t i s t r u t ture electro p o p c h e g u a r d a n o a l l a
pista da ballo s o l t a n t o i n m a n i e r a
distratta o, ad d i r i t t u r a , p r e n d e n d o ne del tutto l e d i s t a n z e c o m e c apita, ad esem p i o , n e l l ’ u l t i m a p a r t e
dell’album qu a n d o s p u n t a u n ’ i n a spettata e dim e s s a c h i t a r r a a c u s t i ca a cesellare i c o n t o r n i d i G i v e M e
More e Midnig h t L o v e r s .
Due episodi c h e c o n t r a s t a n o n e t tamente con i l r e s t o d e l l a v o r o ,
vero e propr i o g i o c o a d i n c a s t r i
tra sonorità m i n i m a l i e d a ff a b i l i t à
pop, come de i N e w O r d e r p r e - Technique ridot t i a l l ’ o s s o ( P o m P o m ,
Deserter ) opp u r e u n P r i n c e s c a r a ventato a forz a i n u n c l u b b e r l i n e se ( Shy ), os t e n t a n d o i m p r o b a b i l i
suggestioni a f r o ( F l e e c e O n B r a i n )
prima di sca r a v e n t a r e v i a l a m a schera e dich i a r a r e i l p r o p r i o a m o re incontrasta t o p e r i l d i v i n o A r t h u r
Russell (Ele m e n t a r y L o v e r ) . N o n
Meg Baird – Dear Companion
(Drag City / Wichita, 4 giugno
2007)
Genere: folk, traditional
Una foto di spalle a mezzobusto
con i capelli al vento, mentre è investita da un fascio di luce in un
paesaggio bucolico: la cover del
primo solista di Meg Baird degli
Espers non lascia adito a dubbi.
Questo è un album folk, nel solco
della tradizione inglese soprattutto, come è uso nel gruppo madre.
I due pezzi originali sono mescolati
a traditional britannici (The Cruelty
of Barbary Allen e Willie O’ Winsbury) e americani (come la title
track anche in versione a capella)
insieme a cover version recuperate (River Song di Chris Thompson,
l ’ a c c o r a t a T h e Wa l z e o f t h e Te n n i s
Players dei misconosciuti canadesi
seventies Frazer & Debolt) per soffici ballad acustiche con l’accomp a g n a m e n t o d i v o c e e d u l c i m e r.
Reduce da un altro disco di recuperi filologici uscito l’anno scorso
( L e a v e s F r o m O ff T h e Tr e e ) i n t r i o
con l’inglese Sharron Kraus ed Helena Espvall, la Baird riprende da
lì il discorso lasciato, volgendosi
verso una classicità Nick Drake
in uno dei due pezzi originali, lo
psych-folk
di
Riverhouse
In
Ti-
nicum, mentre l’altro, Maiden In
The Moor Lay è una ballad ariosa
ed essenziale che non sfigura nel
confronto. Le melodie senza tempo
dei pezzi sono fatte rivivere rispettosamente, a dimostrazione della
loro classicità che attraversa gli
anni senza nulla perdere in forza
espressiva. E la Nostra è perfettamente a suo agio, calata in questo
contesto in cui non è per nulla difficile immaginarla. (7.0/10)
Te r e s a G r e c o
MGR Vs Sir DSS - Impromptu
(Neurot / Goodfellas, giugno
2007)
Genere: ambient, drone
M g r Ve r s u s S i r D s s , o v vero Mike
G a l l a g h e r c h i t a r r a m a s s i ccia degli
I s i s e D a v i d S c o t t S t o ne chitar r a a n c o r a p i ù t o s t a e e l ettroniche:
c o m e d i r e , p r e n d i u n o c o n la fissa
p e r i l d r o n e e c e r t o m e t al passato
s u l c o l i n o d e g l i S l i n t ( v e d i anche in
N o v a L u x, l ’ e s o r d i o s o l i s ta) e met t i l o i n c o m b u t t a c o n u n s e ssion man
d i l u s s o c o n q u i n d i c i a n ni d’espe r i e n z a a l l e s p a l l e . U n o , per dire,
c h e n o n s ’ è f a t t o m a n c a r e nulla: dal
g o t h a a v a n t - n o i s e ( M e r z b ow e Keiji
H a i n o ) a M i k e P a t t o n e s oprattutto
K i n g B u z z o ( m a a n c h e i Tool). Chia r o , i l c o l l a n t e t r a i d u e è l’astrazio n e d i c e r t o g r a n i t o r o c k (il terreno
d’incontro/scontro
tra
Melvins
e
F a n t o m a s ) , t u t t a v i a i l t e am prefe r i s c e p r o c e d e r e v e r s o u n incrocio
t r a c e r t a p s i c h e d e l i a s c u ra e alcu n i s a p o r i d o o m f o l k d i c u i abbiamo
a m p i a m e n t e t r a t t a t o n e l magazine
( S A N ° 2 9 ) . G r a z i e a l l ’ a pporto di
S t o n e , i l s o u n d s ’ a r r i c c h i sce di syn t h m o d u l a r i e a l t r e a p p a r ecchiature
d a b u o n v e c c h i o a r t i g i a n o della co s m i c a a m p l i a n d o c o s ì i l f ulgido ef f e t t i s m o d r o n a t o d i q u e l bell’uomo
d i G a l l a g h e r. C o s ì , t u t t o assume
u n t e n o r e m o l t o s e r i o e rigoroso a n t i m a r i j u a n a , a n t i - L S D - giocando
c o n i l f u o c o d e l l a s t e r i l i t à artistica
e l a d e l u s i o n e ( p r o b a b i l e ) di coloro
c h e n e l l ’ a m b i e n t p s y c h p rediligono
p r o p r i o l ’ a s p e t t o f r e a k e l a fattanza
“intelligente”.
Sono
a c c ostamenti
c h e v e n g o n o s p o n t a n e i n el momen t o i n c u i i l s o u n d v i r a v erso certa
s c u o l a K r a n k y v i a N u o v a Zelanda
( F o l l o w i n g E l e c t r o A c o u s tic Theory
c h e p a r e d e d i c a t a a u n Roy Mont g o m e r y ) , o p p u r e p e r l e c a lle di cer -
s e n t i r e a s c o l t a r e 61
to misticismo cosmic o a l l a A m p . I n
definitiva, il classic o s i d e - p r o j e c t
dignitoso. ( 6.5/10 )
sulla torta (salata), le ospiti fem-
Edoardo Bridda
Ta l e s O f L a s N e g r a s ) e l a c o n s u e t a
minili: un’asciutta Laetitia Sadier
degli Stereolab (al controcanto in
K r i s t i n Va l t y s d o t t i r d e i M ú m ( m o l -
Mice Parade - Self Titled (Fat
Cat / Audioglobe, luglio 2007)
Genere: saudade, indie-folk
Con Mice Parade scopriamo che
quella
iniziata
con
l’insuperato
Obrigado Saudade era una trilogia. Un percorso conclusosi in queste canzoni per chitarre, tastiere
timide e la consueta saudade contornata da un paesaggio dalle sfumature e dai profumi impeccabili,
tra i quali spiccano un rinnovato
drumming (post-hardcore spezzato in alcuni brani), della shoegaze
marittima e soprattutto un avvicinamento all’indie americano (quello di Lou Barlow ma anche pizzichi
d i To u c h & G o ) .
Del sound abbiamo già detto in
p a s s a t o , t u t t a v i a è l ’ a ff i a t a m e n t o
degli amici/ospiti più o meno stazionari (Scharin, Dylan Cristy del
Dylan Group, Jay Israelson dei
Lansing-Dreiden e Dan Lippel) e
quel
caratteristico
sound
to bambola prosciugata che continua a non piacermi) nella lenta e
spettrale Double Dolphins On The
Nickel.
Altro bell’aspetto è questa timidezz a f a t t a d i r a ff i n a t i s s i m i a r r a n g i a menti, tutta studiata eppure umile
e naturale, dolce ma con un vento
a s o ff i a r e s o t t o e s o p r a . È c o m e s e
Pierce ti invitasse nella sua vacanza esistenziale poco per volta, così
facendo allontana i turisti e i curiosi dell’ultima tendenza (e fa bene),
eppure un appunto in calce non va
omesso: Mice Parade avrebbe potuto esserlo, ma non è un disco da
playlist annuale. Forse è mancato
un po’ di coraggio nel songwriting
post-rock - la maggiore conquista
nel percorso di Adam Pierce. La
sua creatura Mice Parade suona
vieppiù originale e piccole grandi variazioni, album dopo album,
ne hanno arricchito e trasformato
l a f o r m u l a . Tr o v i a m o u n a s c r i t t u ra à la Sebadoh clorofillati in un
b r a n o c o m e T h e L a s t Te n H o m e s ,
e l e c t r o s h i f t i n g à l a S q u a r e p u s her
d i S o d a , u n a p u n t a t i n a a l g l i t chsoul
in
Blackbird,
l’omaggio
al
P r i n c i p e i n C o m p l i c a t e d , u n r i cor d o o l d - s c h o o l g r a n d m a s t e r f l a s hia n o n e l l ’ h i p - h o p p u r o e c r u d a m e nte
f u n k d i G i v e I t To M e : q u e s t i a l c uni
d e i r i f e r i m e n t i p r i n c i p a l i d e l d i sco,
t u t t o i n t r i s o d i u n a p a t i n a b l a c k che
mento. Pazienza, è una questione
o s a c o n f r o n t a r s i c o n C u r t i s M ay -
di scelte artistiche che non spetterebbe a noi liquidare con un voto.
Se dobbiamo però (6.7/10)
Edoardo Bridda
f i e l d p e r l a c o o l n e s s c a l c o l a t i s s ima
e per niente casuale.
Un’operazione
che
mima
il
t en -
t a t i v o d i s p o r c a r e i g e n e r i e d i ri p e n s a r e l a t r a d i z i o n e d a l o n t ano
Michael Fakesch – Dos (!K7 /
Audioglobe, 30 luglio 2007)
Genere: electrosoul nu-funk
Ritorna con un nuovo progetto solista il componente dei tedeschiss i m i a l f i e r i e l e c t r o F u n k s t ö r u n g. I l
distacco dalle atmosfere acid del
gruppo si rivela da subito: il seguito di Marion (la raccolta di singoli
su Musik Aus Strom, 1999) suona
le chitarre sgraziate elettrificate
come un reperto break-hop in pie-
a contrappeso delle acustiche in
na atmosfera nu-70. Grazie alla
Sneaky Red, oppure ancora le per-
collaborazione del vocalist e copro-
cussioni spagnoleggianti di Double
d u t t o r e Ta p r i k k S w e e z e , i l s o u n d
Dolphins On The Nickel. Ciliegina
si rimpolpa di un cross-over degno
del miglior Jamiroquai mescolato
con accenni (neanche tanto velati)
al nume tutelare Prince. La teoria
di un 2007 essenzialmente nu-soul,
viene qui rimodellata seguendo il
trend che etichette come la Compost
o la stessa !K7 stanno orgogliosamente battendo: una rivoluzione del
breakbeat tramite una componente
melodico-urban che cresce sempre
di più di statura (vedi i lavori del
genietto moltiplicatore Jamie Lid e l l) m e s c o l a n d o s a p i e n t e m e n t e i l
ritmo techno al beat in levare del
62 sentireascoltare
d i E s c a l a t e , l a c a v a l c a t a d i b a sso
e un po’ di decisione nell’arrangia-
trans-
etnico - innestato nel cuore del
f u n k . I l b r e a k m i c h a e l j a c k s o n i ano
g i à t e n t a t o – m u t a t i s m u t a n d i s - da
B e c k . D e e p f u n k d a p r o f e s s i o n i sti.
S e f o s s e u s c i t o i n a n t i c i p o s a r e bbe
p o t u t o d i v e n t a r e u n s i m b o l o . I l ri t a r d o ( d o p o Q u e n t i n H a r r i s , t a nto
p e r d i r n e u n o ) l i m i t a i l c o l p o , m a ci
f a c a p i r e c h e l ’ e l e c t r o n o n p u ò più
p r e s c i n d e r e d a l c o l o r e n e r o . Co munque: elegantissimo.(6.4/10)
Marco Braggion
Michio Kurihara - Sunset Notes
(Pedal Records 2005, 20/20/20/
Goodfellas, 2007)
Genere: lo-fi, dream, rock
M i c h i o K u r i h a r a è u n e s e g e t a psi c h d e l e i c o p a r t i c o l a r m e n t e g e n e r oso
e g e n t i l e . U n o c h e a m a f u o r i m i s ura
l a p r o p r i a p r i v a c y. P e r e n n e m e nte
a l i e n o a q u a l s i a s i l o g i c a d e l m usic
b i z . M e m b r o f o n d a t o r e d e i M a rble
S h e e p a l l a f i n e d e g l i O t t a n t a , i l chi t a r r i s t a è a t t u a l m e n t e p a r t e d e l col l e t t i v o G h o s t , m a i n t u t t i q u e s t i a nni
( c i r c a u n a v e n t i n a ) h a c o l l a b o r ato
a l m e n o a u n a d o z z i n a d i p r o g etti
a l t r u i t r a i q u a l i T h e S t a r s , C o s mic
I n v e n t i n o , W h i t e H e a v e n , Yu r a Yura
Te i k o k u e s o p r a t t u t t o D a m o n &
turn it on
Mirah And Spectratone International – Share This Place: Stories
And Observations (K Records / Goodfellas, 7 agosto 2007)
Genere: indie-folk, world folk
Mirah è torna t a e q u e s t a v o l t a i l p r o g e t t o è m o l t o a m b i z i o s o . S h a r e T h i s
Place non è u n s e c o n d o C ’ m o n M i r a c l e , p o i c h é l a d d o v e i m p e r a v a n o b a l late suadenti d i u n f o l k l e g g e r o i n f a r c i t o d i p e r c u s s i o n i e s t r a s c i c h i d i
archi e sdolci n a t e z z e r a ff i n a t e , o r a v i g e u n r i g o r e a s s o l u t o , u n n u o v o f o l k
“totale” che s a g u a r d a r e a c u l t u r e l o n t a n e c o m e q u e l l a a r a b a , q u e l l a b a l canica e que l l a t u r c a . S t a v o l t a P h i l E l v r u m d e i M i c r o p h o n e s s i l i m i t a a
registrare ins i e m e a S t e v e F i s k , e t u t t a l a m a t e r i a m u s i c a l e a d e s c l u s i o n e
delle sole me l o d i e è s t a t a c u r a t a e c r e a t a a q u a t t r o m a n i d a L o r i G o l d s t o n
e Kyle Hanso n d e l l a B l a c k C a t O r c h e s t r a , i q u a l i a v e v a n o p r e c e d e n t e mente collabo r a t o c o n l a n o s t r a p e r i l l i v e To A l l We S t r e t c h T h e O p e n
Arm . Il risult a t o è u n d i s c o t i t a n i c o , s c i n t i l l a n t e c h e a t t r a v e r s o l e g e s t a
degli insetti, q u i o s s e r v a t i s p e c i a l i e v e r i p r o t a g o n i s t i , r a c c o n t a l a p a r a b o l a v i t a l e , g l i i n c o n t r i , g l i a t t e ggiamenti,
i sentimenti c h e s o n o u m a n i m a r i e s c o n o a d e s s e r e t o t a l i z z a n t i e c o m p l e t a m e n t e u n i v e r s a l i . L o v e S o ng Of The
Fly è un aggr a z i a t o s o l o d i O u d c h e a p r e l a s t r a d a a d u n m i n i v a l z e r / s i r t a k i d ’ a l t r i t e m p i , t u t t o o n d e g g iamenti di
contrabbasso , p i c c o l i s o l i d e l i c a t i d i K o r a e u n b i a s c i c a r e v o c a l e d o l c e , s u a d e n t e , s f a v i l l a n t e . G e s t a t i on Of The
Sacred Beetle è s u l l a f a l s a r i g a d e l l a p r e c e d e n t e , e m o z i o n e p e r u n d i p a n a r s i d i n o t e s f i o r a t e e g e t t a t e alla luna
e alle stelle. S o n g O f P s y c h e è u n a c a v a l ca t a d i p i ù d i 7 m i n u t i p e r c h i t a r r a a c u s t i c a e v i o l o n c e l l o , b r illante nel
suo spirito rid o n d a n t e d i l u c e n t e z z a , L u m in e s c e n c e h a t o n i s e r a l i , c h i a r o s c u r i d i o m b r e e f i g u r e i n movimento
lieve, una dan z a p e r a m a n t i l e n t a a l l a m e r c é d i q u a l c h e f l e b i l e l u c e e c a n d o r e m e t r o p o l i t a n o . A l t r o v e s i incrocia no fluorescen z e c a b a r e t t i s t i c h e ( C r e d o C i g a l i a ) , u n t a n g o d o n d o l a n t e r i c o n d u c e a l l e d a n z e a m o r o s e ( Supper ),
escrescenze a r a b e s c h e a d o r n a n o l e p a r e t i d i f l u i d i t à d i p e n s i e r o , d i s t a s i e m o t i v e p r e g n e d i g i o i a e g i ocosità (la
splendida leg g i a d r i a d i F o l l o w i n g T h e S u n ).
Questo è Sha r e T h i s P l a c e, u n v i a g g i o “ c u l t u r a l e ” p i e n o d i m a g i a e c u r i o s i t à , u n a m u s i c a l i t à v i v a e c o nquistante
passo dopo p a s s o , a s c o l t o d o p o a s c o l t o . E p a c e c h e i n f o n d o s i t r a t t i d i u n d i s c o d i “ w o r l d m u s i c ” c h e e sula com pletamente d a l p e r c o r s o s e g u i t o d a M i r a h f i n o r a , p o i c h é s e q u e s t o è i l r i s u l t a t o , c ’ è s o l o d a e s s e r e entusiasti.
Estaticamente t r a v o l t i . ( 7 . 4 / 1 0 )
Alessandro Grassi
s e n t i r e a s c o l t a r e 63
Naomi (i boss della 2 0 / 2 0 / 2 0 ) .
scatti lo-fi, antivirtuo s i , f o r s e u n p o ’
e in Boat Of Courage (in arpeggio
cristallino). La gioia delle piccole
cose appartiene alla prima traccia,
c o n K u r i h ar a a p r e m e r e i l p e d a l e
s u l l ’ e ff e t t o s l i d i n g c r i m s o n i a n o , a n cora più raggiante. Qui casa vuol
d i r e u n r i ff c h e s a d i s a g a d i v i t e
lasciate al loro destino. Perché c’è
gente avulsa dal proprio destino e
Michio è uno di questi. Non badate
a l v o t o (6 . 5 / 1 0 ) , s e s i e t e s i n t o n i zz a t i v i c i a ff e z i o n e r e t e e s e v o l e t e
sentirlo in versione - a contrasto
- dark-side-metal allora portatevi
a c a s a R a i n b o w, l a s u a c o l l a b o r a z i o n e c o n i l t r i o B o r i s ( D r a g C i t y,
2007).
tropp o umili e ovvi a m e n t e l o n t a n i
Edoardo Bridda
Trovarlo nelle liner n o t e è u n a g a r a
dura, eppure chi lo c o n o s c e b e n e
lo distingue dalla p r i m a n o t a p e r ché Kirihara è un R o b e r t F r i p p r o mantico (?) dagli in t r e c c i r i g o r o s i
ma addolciti da u n a p e r s o n a l i t à
mite, di quei caratte r i c h e a m a n o l a
scanzonatezza della n a t u r a e q u a l che goccia di Glenn B r a n c a p e n s i e ro a contrasto (??). U n o s p i r i t o p o p
ondivago, e meno c o n t r a d d i t t o r i o
dei p unti di domand a a p p e n a m e s si tra parentesi, che l a r i s t a m p a d i
Sunset Notes (uscit o i n o r i g i n e n e l
2005) restituisce in u n a s e r i e d i
dai riflettori di qual s i a s i t r i b ù ( c h e
Mikhail – Orphica (Quatermass
/ Audioglobe, 28 maggio 2007)
Genere: chamber electro-pop
M i k h a i l K a ri k i s è g r e c o . S i è t r a s f e -
siano freak, prog, ne w a g e o p o p ) .
Nei due momenti ca n t a t i d e l d i s c o
la musa si chiama A i A s o ( i l v a lzer Wind Waltzes e l a f o l k i s h T h e
WInd’s Twelve Qua r t e r s e n t r a m b e
pressoché per chita r r a e v o c e ) , e
la pop star è l’unic a v a n i t à c h e i l
chitarrista s’è conce s s o , i l r e s t o è
per lui: una mente, d u e c h i t a r r e s o vraincise e una man c i a t a d ’ a p p u n t i ,
tipo il rebus di una D o D e e p - S e a
Fist Dream Of Elec t r i c M o l e s , t r a
un hard rock à la J a c k W h i t e / R o bert Fripp e un riff d a s o u n d t r a c k
ottimista in netto co n t r a s t o ( m o l t o
bella); la tecnica f r i p p e r t r o n i c d i
Pend ulum On A G-S t r i n g ( d i m a n i e ra), la noise-delia di C a n o n I n C ( C
Is Fo r Cicada) (d’ob b l i g o ) , e p e r s i no un country piutt o s t o g a r a g i s t a morriconiano in Twil i g h t M y s t e r y O f
A Russian Cowboy ( e s e r c i z i o d i s t i le). Un volto intimo s i s c o p r e i n v e c e
nei sette minuti di Th e O l d M a n A n d
The Evening Star (i n f i g e r p i c k i n g )
64 sentireascoltare
r i t o a L o n dr a n e l 1 9 9 3 d o v e t u t t o ra vive. Le sue passioni oltre alla
musica sono l’architettura e l’arte
visiva (come dimostra ampiamente
la copertina di questo suo debutto).
Mikhail ama alla follia Bjork, e ci
è c o s ì v i s ci d a m e n t e l e g a t o c h e h a
cercato di creare un suo Medulla
personalizzato, ovviamente non
riuscendoci. Sì perché Orphica non
è n i e n t ’ a l t ro c h e q u e s t o : v o c a l i z z i
più o meno alla cazzo in ogni dove
(che raggiungono l’apice della loro
espressività in Love Song dove per
enfatizzare “rumorosità amorose” il
nostro arriva a mixare il gracidare
delle rane con dei rutti veri e propri!!!), qualche field recording, qualche arco, un violoncello che appare
ogni tanto e tanti sostrati infarciti di
eletro beats e human beatbox.
Si parte con la tragicità (tutta greca
c’è da supporre…) di Untitled In CoF
Minor, un volteggiare parossistico
di violini sincopati e qualche parola biascicata e rigurgitata nell’aria,
si arriva alla fisicità di Dance dove
il nostro continua ad usare la voce
alla peggio maniera come fosse uno
strumento da contorcere, sfibrare,
violentare, il tutto in un candeggiare di archi a librarsi tutt’intorno e si
giunge infine all’electro-beat rurale
di Drumming, un po’ Matmos un po’
Wa r p m a s e n z a a v e r e l a c l a s s e d e i
primi per il rumorismo e la fantas i a l u c e n t e d e l l a s e c o n d a . Tu t t a v i a
A s t e r i s s e p p u r v e r a m e n t e t r o ppo
b j o r k i a n a è v e r a m e n t e u n a b ella
t r a c c i a , d o v e i l p r o g r a m m i n g e let t r o n i c o b e n s i u n i s c e a v o c a l i smi
s t a v o l t a a z z e c c a t i . Tr o p p o p o c o co m u n q u e . L e o m b r e n o n s i d i s p e r do n o , i f a n t a s m i s o n o p i ù c h e e v i d enti
e l a c l a s s e , q u e l l a c h e p o t e v a f are
l a d i ff e r e n z a , n o n c ’ è . ( 4 . 6 / 1 0 )
Alessandro Grassi
Miracle Fortress – Five Roses
( R o u g h Tr a d e / S e l f , 6 l u g l i o
2007)
Genere: indie-pop
F i v e R o s e s è i l d e b u t t o a s s o l uto
d e i c a n a d e s i M i r a c l e F o r t r e s s , ma
s a r e b b e p i ù c o r r e t t o u s a r e i l s i n go l a r e . I n f a t t i , G r a h a m Va n P e l t – già
membro degli Think About Life – è
l ’ u n i c o c o m p o n e n t e d e l l a b a n d : au t o r e , c a n t a n t e e p o l i s t r u m e n t i sta.
E b b e n e s ì , è i l l a v o r o d i u n s i n g olo
i n d i v i d u o a c r e a r e u n s i ff a t t o s offi c e m u r o d i s u o n o i n t r i s o d i a l l e gre
m e l o d i e p o p . S t r a t i s u s t r a t i d i s trum e n t i e m e l o d i e . Ta s t i e r e , c h i t a rre,
b a s s o b a t t e r i a , c o n t r o c a n t i , i n s erti
e l e t t r o n i c i : i l t u t t o c r e a t o e c o m po s t o d a q u e s t o c a n a d e s e t u t t o f are,
s e n z a l ’ a i u t o d i n e s s u n a l t r o . Se
s i p e n s a c h e m o l t i a l t r e b a n d per
c r e a r e q u a l c o s a d i s i m i l e s i a v val g o n o d i n u m e r o s i m u s i c i s t i , q u esta
i n d i v i d u a l i t à l a d i c e l u n g a s u l l ’ e stro
creativo e produttivo del Nostro.
C o m e u n B r i a n E n o i n c o s t u m e da
b a g n o G r a h a m Va n P e l t è r i u sci t o , g r a z i e a l l e s u e a b i l i t à p r o dut t i v e e s t i l i s t i c h e , a c r e a r e u n mor bido condensato pop immediato e
sgranatamene
sfumato
pastello
del
tipici
di
c o lori
panorama
in -
d i e o d i e r n o . Q u e s t e d o d i c i t r a cce
s o n o f i g l i e t a n t o d e l l e i m m e d i ate
m e l o d i e d e i B e a c h B o y s , q u a nto
di quelle satu r e e s p o r c h e d e i M y
Bloody Vale n t i n e. E c c o , q u e s t e
sono le più ev i d e n t i c o o r d i n a t e s u l le quali si mu o v e F i v e R o s e s . S e
a ciò aggiung e t e a n c h e u n a c e r t a
spensieratezz a t i p i c a d i b a n d m o l to in voga re c e n t e m e n t e , c o m e g l i
Of Montreal , s a r à f a c i l e i n q u a d r a re la proposta m u s i c a l e d e i M i r a c l e
Fortress. Mol t o d e b i t o r e a g l i a r t i s t i
succitati, que s t o a l b u m h a p e r ò i l
merito di risul t a r e f r e s c o e b r i l l a n t e
non solo a bre v e t e r m i n e , m a a n c h e
ai ripetuti asc o l t i s u c c e s s i v i . M e r i to che va attr i b u i t o a c a n z o n i c o m e
Have You Se e n I n Yo u r D r e a m s ,
Next Train , P o e t a s t e r e T h i s T h i n g
About You ch e , n o n o s t a n t e p o s s i e dano un’alleg r a i m m e d i a t e z z a p o p
contagiante f i n d a l p r i m o a s c o l t o ,
conservano u n a v e n a m a l i n c o n i c a
di fondo tant o n o s t a l g i c a d a n o n
annoiare facil m e n t e . P r o p r i o q u e s t o
connubio alle g r i a - n o s t a l g i a s e m b r a
essere il val o r e a g g i u n t o d e i M i racle Fortress , t a n t o d a f a r l i i n n a l zare di una s p a n n a s o p r a t u t t e l e
altre band che d i q u e s t i t e m p i m u o vono sugli ste s s i t e r r i t o r i . U n d i s c o
estivo, solare e p i e n o d i a l l e g r i a .
Spensieratam e n t e e g i o i o s a m e n t e
malinconico. O t t i m o d i q u e s t i t e m pi. ( 7.2/10 )
Andrea Provinciali
Montag – Going Places (Carpark
/ Audioglobe, 5 giugno 2007)
Genere: indietronica,
electro pop
Per questo te r z o a l b u m i l v a n c o u veriano Mon t a g c h i a m a a r a c c o l ta una nutri t a c o m p a g n i a i n u n
progetto cora l e , p i ù v i r a t o v e r s o i l
pop rispetto a i p r e c e d e n t i . R i m a n e
in Going Pla c e s l a m a t r i c e i n d i e tronica, che q u i s i c o l o r a d i s p e z i e
a s s or t i t e , d a l l e a r m o n i e v o c a l i e o r c h e st r a z i o n i s i n f o n i c h e a l l a S u f j a n
Stevens (nell’incipit I Have Sound,
a cui presta voce Anthony Gonzales di M83) all’indie e synth-pop
di ascendenza kraftwerkiana (Best
Boy Electric, che richiama anche il
Ta m b o r e l l o d e l p r o g e t t o D n t e l ) .
Non mancano i cantati-dialogati alla
Stars (non a caso Amy Millan è ospite in due pezzi alla voce, Mechanical Kids e la Broadcast-iana Safe In
Sound), le armonie beachboysiane
i n S o f t n e s s c o n O w e n P a l l e t t d i F inal Fantasy ai backing vocals, gli
estratti in 8 bit, e le altre guests
v o c al i , d a l l e A u R e v o i r S i m o n e a
Vi c t o r i a L e g r a n g e d i B e a c h H o u s e
(nell’electro di Plus Grande Que,
uno dei pezzi alla AIR cantati in
f r a n c e s e ) . L’ a t m o s f e r i c a t i t l e t r a c k
n a s ce i n v e c e d a l l ’ i d e a d i a s s e m b l a re clip musicali provenienti da 15
nazioni con più di 70 partecipanti
( We H a v e S o u n d P r o j e c t ) . A d A ntoine Bédard non manca di certo il
buon gusto nel confezionare le sue
ricette musicali e nel saper dosare
gli ingredienti con equilibrio, mai
strafacendo. Una conferma molto
gradita per un album arioso e con
uno spiccato senso melodico che
non mancherà di allietare le nostre
estati assolate. (7.1/10)
g i n a r i o : i l s u o f i n e u l t i m o è – pre -
Te r e s a G r e c o
c o s e p o s s i b i l e , e c o s ì v i a. Piaccio -
s u m i a m o - q u e l l o c h e l a maggior
p a r t e d e l l e n o s t r e b a n d i ndie prova
a f a r e d a u n a d e c i n a b u o n a d’anni a
q u e s t a p a r t e , o v v e r o s p o sare sono r i t à c o s i d d e t t e a l t e r n a t i v e con il no s t r o c a n t o e , s o p r a t t u t t o , la nostra
l i n g u a ( i m a i t r o p p o l o d a ti Scisma
e g l i o v v i A f t e r h o u r s / D o nà , per chi
h a f a m e d i n o m i c h e p o ssano cal zare).
Tr a l a s c i a n d o t u t t i i s e , i come , i
q u a n d o e i p e r c h é d e l c a so, queste
u n d i c i c a n z o n i s i a v v i c i n ano all’ob b i e t t i v o i l g i u s t o c h e c o m pete a una
b a n d e s o r d i e n t e , c o n t u t t e le clas s i c h e m a c c h i e d a “ p r i m a ” come la
t r o p p a v i c i n a n z a a i m o d e l li di riferi -
m e n t o , i l m e t t e r d e n t r o a l disco più
n o p e r ò i l g u s t o n e g l i i n t r ecci a due
Moque – Luna appesa con lo
scotch (Videoradio, 7 luglio
2007)
G e n e r e : 9 0 ’s i n d i e
rock, Italian pop
Dio benedica i ’90 e i loro favolosi gold soundz. Il primo passo dis c o gr a f i c o d e i p a l e r m i t a n i M o q u e
sembra fatto apposta per suscitare
tutte le nostalgie possibili legate
i tempi in cui Billy Corgan non si
era ancora rapato la zucca (con le
ben note conseguenze), la chioma
di Lee Ranaldo non si era del tutto ingrigita, le chitarre dovevano
e s s er e s c o r d a t e , l e b a n d s u l p a l c o
guardavano le loro scarpe, “post
rock” voleva ancora dire qualcosa,
“noise” era sinonimo di “cool” e se
dicevi “pop” volevi dire Pixies e
Pavement, mica Coldplay…
Luna appesa con lo scotch non
si limita però ad evocare - bene e
puntualmente - tutto questo imma-
c h i t a r r e ( s i a n e l c o s t r u i r e trame tra
l e p i ù v a r i e , s i a n e l l ’ i n g a rbugliarsi:
i S o n i c Yo u t h d i N i d o d ’ a pe , i Blon d e R e d h e a d p r i m a m a n i e ra di Fari
fendinebbia…),
l ’ a v v e n t urarsi
in
c e r t e a n o m a l i e r i t m i c h e p ost ( June
O f ’ 4 4 i n S e n z a m e t a , D o n Caballe r o i n Vo l u m e d e n t r o ) , i l d ispiegarsi
d i a n i m e d i v e r s e a l l ’ i n t erno dello
s t e s s o b r a n o ( L a n c e H e nricksen );
p i a c e s o p r a t t u t t o q u a n d o l e soluzio n i m e l o d i c h e d e l l a c a n t a nte Elena
F a z i o – a p r i m o o c c h i o , quanto di
p i ù l o n t a n o d a l l ’ A m e r i c a ’90 - dan n o a i b r a n i u n a p p e a l r adiofonico
( L a f r a z i o n e d i u n s e c o n do, Quello
c h e n o n h o ) . I l c h e n o n è certo una
c r i t i c a , s e m m a i u n a u g u r io, specie
n e l m o m e n t o i n c u i l e e s treme pe r i f e r i e d e l l ’ i t a l i c o r e g n o i n die hanno
b i s o g n o d i l u c e e d e s p o s i zione. Ov v e r o , s e m p r e . I n a l t r e p a r ole, non si
v i v e d i s o l a C a t a n i a … ( 6 . 8/10 )
Antonio Puglia
s e n t i r e a s c o l t a r e 65
rente di melodie sfumate e sognanti. Si possono giusto segnalare gli
stupendi cori dell’iniziale Per Tierres Baxes, le chitarrine prezione di
Dulce Amor, la deliziosa e ritmata
serenata di Perdieron Y La Tierra.
Gli amanti delle musiche più dreamy
rischieranno di consumare questo
disco nel corso della lunga estate
2007. Bravi dunque i Mus, ma spontanea sorge una domanda: che fine
hanno fatto i Mazzy Star? (6.5/10)
Mus – La Vida (Green
Wide, giugno 2007)
Genere: indie folk
Ufo
/
Ci sono musicisti che inventano una
formula così personale da causare
assuefazione. I Mazzy Star erano,
sono (?), una band del genere e il
canto così peculiare di Hope Sandoval è una firma che quando la conosci non ti basta mai e cerchi di
rintracciarla un po’ dovunque pur di
appagarti. E’ stato così, cercando
emuli che suonassero anche solo
vagamente come le musiche cantate da Hope, che qualche anno fa mi
sono imbattuto in El Naval, album
di questa misteriosissima band spagnola, chiamata Mus. Sono in due,
Mónica Vacas e Fran Gayo, hanno
una conoscenza precisa del canone
più etereo del folk, un’ottima padronanza strumentale, delle melodie
deliziosamente lineari eppure studiate nei minimi particolari, una parte lirica di assoluto rispetto e la peculiarità di cantare in asturiano, una
versione antica dello spagnolo, che
è un po’ come se da noi qualcuno
cantasse con la lingua del Manzoni.
Insomma, hanno tutte le cose al posto giusto, ma gli manca quel minimo di carisma che li può traghettare
fuori dal genere che si sono scelti.
Disco dopo disco però, i due dimostrano anche di non volersi dedicare
ad altro che alla propria musica e il
nuovo La Vida, complice un piglio
più solare, rischia di dargli, volente
o nolente, quel briciolo di attenzione in più che gli è mancato fino ad
ora. Il lavoro è di quelli impeccabili e che non fanno una grinza che
sia una. Folk etereo e trasognato
che ultimamente non si ascolta più
nemmeno dai Mojave 3. Non ci sono
pezzi di prima scelta, perché tutto il
disco va preso come un unico tor-
66 s e n t i r e a s c o l t a r e
Antonello Comunale
M y C a t I s A n A l i e n / Te x t O f
Light – Cosmic Debris vol. I
(A Silent Place / Audioglobe,
maggio 2007)
Genere: psych, improv
A Silent Place è etichetta da ammirare già solo per costanza e fedeltà
con cui sta dietro all’esuberanza
creativa dei My Cat Is An Alien.
Adesso si è messa in testa di documentare su CD l’ennesima serie
di split che i fratelli Opalio condivideranno, su sontuosi vinyl art in
e d i z i o n i c ar b o n a r e , c o n n o m i a l t i sonanti del panorama sperimentale internazionale. Cosmic Debris li
vedrà collaborare, come ci avevano
anticipato qualche mese fa Pierpaolo Marchio e Pasquale Lomolino
i n s e d e d i i n t e r v i s t a , c o n Te x t O f
L i g h t, S t e v e R o d e n , K e i j i H a i n o,
M a t s G u s t a f s s o n, L o r e n C o n n o r s.
Inutile sottolineare come l’operazione acquista senso soprattutto
se concepita come un esperimento
– l’ennesimo – di arte totale; che la
musica sia dunque da considerare
s o l o u n o d e g l i a s p e t t i d i q u e l l a G esamtkunstwerk alla cui concretizzazione i My Cat Is An Alien lavorano
con fervore ormai da anni. E che
i l c o n s i g l i o, d u n q u e , è d i a s s i c u rarsi una delle cento copie, se non
di questo, sicuramente esaurito,
almeno degli altri volumi della serie originariamente licenziati dalla
Opax Records dei fratelli Opalio.
Ma qui, nella fedele riedizione della A Silent Place, resta la musica,
e si tratta una volta ancora di un
g r a n s e n t i r e . Te x t O f L i g h t è i l s u pergruppo composto da Lee Ranald o , A l a n L i c h t , U l r i c h K r i e g e r, D J
O l i v e e Ti m B a r n e s c h e n e l l a l u n g a
traccia registrata dal vivo presso il
Centro George Pompidou il 31 mar-
zo del 2003, si lasciano andare a
u n a l u n g a d i v a g a z i o n e i m p r o v v i s ata
d a g l i e c h i o r a n o i s e , o r a v a g a m e nte
f o l k , s e b b e n e s t r u t t u r a l m e n t e a ff ine
a i m e t o d i c o m p o s i t i v i d e l f r e e - j a zz.
E v e r y t h i n g F a l l s L i k e C o s m i c De b r i s d e i f r a t e l l i O p a l i o è i n v e c e il
b r a n o m a n i f e s t o d e l l a s e r i e C o s mic
D e b r i s . I l r i s c h i o è q u e l l o d i r i p e ter s i , m a i l f o l k l o r e a l i e n o d e i M C I AA,
a l s o l i t o d r o g a t o e d a l l u c i n o g e n o, è
e ff i c a c e e d e s s e n z i a l e c o m e f o sse
u n ’ o p e r a d i a r t e p o v e r a , e n i g m a tico
e d o p a c o c o m e i l r i t r o v a t o d i una
civiltà indomabile. (7.0/10)
Vincenzo Santarcangelo
Num 9 - The Glow-Worm´s
Resistance (Acuarela, 2006 Audioglobe, maggio 2007)
Genere: pop, dream, indie
C h e n o i a l a r e t o r i c a . Q u a n t i d i s chi
a b b i a m o r e c e n s i t o d i i n d i e p o p per
c h i t a r r e d i l a t a t e e e l e t t r o n i c a ( l eg g i Ta r w a t e r ) , c o n f u s i o n i s h o e g aze
e f o u n d v o i c e s f o l k ( l e g g i Tu n n g)?
Q u a n t i d i l o r o p o s s e d e v a n o u n c an t a u t o r a t o u m i l e e a g r o d o l c e , s o g na t e e m e l a n c o n i c o ? D i d i s c h i c o s ì ne
u s c i r a n n o a l m e n o u n a d e c i n a al
m e s e e l a M o r r, c h e n e h a f a t t o un
f o r m a t , c ’ h a m e s s o p u r e u n a b ella
l a s t r a s o p r a . E p p u r e N u m 9 è s pec i a l e , a p r t i c o l a r e d i c u i c i s i a c cor g e s u b i t o . L u i è E m a k B a k i a , l ’ exc h i t a r r i s t a d e i d i s c i o l t i M i g a l a ( c he,
r i c o r d i a m o l o , h a n n o f a t t o l a s t oria
d e l f o l k i n d i p e n d e n t e s p a g n o l o n i en t e m e n o ) m e s s o s i i n p r o p r i o . The
G l o w Wo r m ’s R e s i s t a n c e l ’ a l bum
u s c i t o d o p o u n a n n o a b b o n d a nte
tra scrittura e arrangiamento.
P u b b l i c a t o p e r A c u a r e l a l o s c o rso
d i c e m b r e ( d e l 2 0 0 6 ) e o r a d i s po n i b i l e i n I t a l i a v i a A u d i o g l o b e (da
p o c o d i s t r i b u t r i c e d e i d i s c h i d ella
turn it on
Skeletons And The Kings Of All Cities - Lucas (Ghostly International
/ Audioglobe, 8 maggio 2007)
Genere: tropical/psych
Fermi tutti. L’ a r m a t a M a t t M e h l a n h a f a t t o u n a c o s a g r o s s a , a n c o r p i ù
del già notevo l e e n o t e v o l m e n t e s c o n c e r t an t e G i t ( G h o s t l y I n t e r n a t i o n a l ,
2005). Ci son o c a m b i i n f o r m a z i o n e , m a d e l r e s t o i n u n c o m b o d i o l t r e
quindici elem e n t i c r e d o s i a l a r e g o l a , c o m e m i n i m o . A n c h e l a r a g i o n e s o ciale è sensib i l m e n t e m o d i f i c a t a , a c c a n t o n a t i i “ r a g a z z i c o n l a f a c c i a d a
ragazza” in fa v o r e d e i “ r e d i t u t t e l e c i t t à ” , e s c u s a t e s e è p o c o . M a q u e l
che succede i n q u e s t e n o v e t r a c c e è p r o v o c a t o , c r e d o , d a u n n e t t o s a l t o
di qualità pro g e t t u a l e , c h e p e r u n t i p o c o m e M e h l a n s i g n i f i c a o r g a n i z z a r e
deliri & vision i i n u n c r o g i o l o a c i d o e o n d i v a g o , a l l u c i n a t o e a l l u s i v o , s t o r dente e grotte s c o .
Un incrocio d i c o o r d i n a t e i n s t a b i l i d o v e s ’ i n c o n t r a n o / s c o n t r a n o l e e l u c u brazioni post- f o l k d e i G a s t r D e l S o l , l a f r e a k e r i a t r i b a l i s t a d e g l i A n i m a l C o l l e c t i v e , i l g u a z z a b u g l i o e t n ofuturista
di Byrne /Eno, l a f u s i o n a l g e b r i c a d e i To r t o i s e e l ’ e u f o r i a e l e c t r o p e r c u s s i v a d i M a n i t o b a. Tr a m e r a d i oattive su
cui si adagia i l c a n t o d i M a t t , c o n t a g i a t o ta n t o d a i l a n g u o r i e s o t i c i M a t t Wa r d q u a n t o d a l b u c o l i c o a bbandono
Tim Delaught e r . Q u e l c h e n e r i s u l t a è u n ’ i p o t e s i p s y c h p e r l ’ o g g i d ì , m a n o n l e s o l i t e c o s e c h e c i t a n d o si disin nescano, cari n e r i e s f r i g o l a n t i s e n z a t r o p p i s b o c c h i n e l r e a l e e c h i s ’ è v i s t o s ’ è v i s t o . N o , q u i l ’ a ff a r e è davvero
straniante, an n i d a t o n e l c u o r e s t e s s o d e l l ’ in c u b o m o d e r n o , c h e o s s e r v a a p a r t i r e d a l l a p i c c o l a c i t t à d el Kansas
- microcosmo m e t o n i m i c o d i u n a q u o t i d i a n i t à s p l e n d i d a m e n t e d i s u m a n i z z a n t e - c u i s ’ i s p i r a . E p e r c i ò alletta e
atterrisce, com e u n d e l i r i o a b r u c i a p e l o . C o s ì v i c i n o c h e q u a s i n o n l o v e d i . ( 7 . 5 /1 0 )
Stefano Solventi
sentireascoltare 67
preziosa etichetta m a d r i l e n a ) , i l d i sco nasce e si cons u m a n e l s e g n o
del cuore e dei tum u l t i d e l l ’ a n i m a .
È indiepop a tratti d a n c e , u l t r a t e c h
e ricco di sfumature a l l a p t o p , m a
a marchiarlo a fuoc o è u n a v o c e .
Prendete Perfect in a p e r t u r a , l a c a ratteristica dream s o n g d e l n o s t r o :
un battito biologico- s i n t e t i c o s c a n disce il tempo, una c h i t a r r a n e w o r deriana inizia ad ac c a r e z z a r l o , p o i
Bakia intona le strof e i n u n m i s t o d i
coolness e slaking, R o n a l d L i p p o k
e Lou Reed. Il feel i n g è i m m e d i a to e proprio grazie a l t a g l i o d e l l a
voce, e ai testi che p u r e m e r i t a n o
una scorsa, c’è se m p r e u n a t e n sione papabile nell e c a n z o n i , t r a
amarezza e invettiv a p o l i t i c a n e l
singolo A Giant Ste p ( o c c h i o a l v i deo su YouTube, id e a s e m p l i c i s s i ma ma efficace), op p u r e a t t r a v e r s o
la critica sociale di P o e m a D e L a
Resistencia .
Num 9 pare un Ca s i o t o n e p i ù r o mantico nei toni m a p i ù t a g l i e n t e
nei testi ( Foreign Ci t y ) , u n a s p e t t o
che contrasta e as s i e m e b i l a n c i a
l’incastro elettro ac u s t i c o , s ’ i n s e risce amabilmente n e i t e r r i t o r i p i ù
houseggianti ( The D r e a m ) e n o n
dimentica il sapore i s p a n i c o ( s o t t o forma di field record i n g s e c h i t a r r a
spagnola). Prendete p o i u n p i c c o l o
classico à la New O r d e r i b i z e n c h i
come The Wait (ha m m o n d , c a s s a
dritta e effetti), opp u r e u n a c h i c c a
epoca Technique fir m a t a A F o r e i g n
City e lo spessore c r e s c e a n c o r a .
Saranno 37 minuti, m a n e v a l g o n o
tutti la pena. ( 7.0/10 )
s c o n o s c i u t o ) o i t a l i a n i ( M o r r i c on e, Tr o v a i o l i o U m i l i a n i) h a c o n tribuito al rinnovamento dell’easy
listening che sconfina sempre di
più nell’electro (vedi l’imponente
lavoro della Irma e dei suoi alfieri
M o n t e f i o r i C o c k t a i l) .
Ok quindi all’ennesima operazione
di ripescaggio; per iniziare, il disco va più che bene (notevoli gli
inserimenti di Rota, Barbieri, il
s u p e r b l u e s d i C o l o m b i e r, l a b a l l a d
d i S a r d e e l ’ e p o s d i Va n g e l i s) : i nsomma, uno starter per i neofiti o
una riconferma per pigri aficionados. Una compilation iperromantica a tratti un po’ leziosa. Un lato
dell’easy listening un po’ troppo ortodosso, che andrebbe rimescolato
anche con qualche traccia più movimentata. Il prossimo disco della
N o u v e l l e Va g u e s a r à s i c u r a m e n t e
una raccolta di ballad. Nu-romantic: ecco la vostra compilation per
l’estate sul Pont-Neuf. Per tutti gli
a l t r i : u n p o ’ t r o p p o “ Te m p o d e l l e
mele”. (6.0/10)
S S T d i c u i m i i n f a t u a i l e g g e n d o una
Marco Braggion
o r, E v e r y t h i n g Yo u E v e r Wa n t e d to
s e n s a z i o n a l e r e c e n s i o n e d e l b uon
v e c c h i o C l a u d i o S o r g e e c h e p a ssai
a n n i a c e r c a r e , s c o p r e n d o p o i che
i n E u r o p a e r a u s c i t o p e r l a C r i p p led
D i c k , e t i c h e t t a t e d e s c a s p e c i a liz z a t a i n s o u n d t r a c k d i J e s s F r a nco
e v e c c h i g r o o v e s o f t p o r n o . C ulto
r a d d o p p i a t o a l l ’ i s t a n t e . S e s i c on t a n o a n c h e i l e g g e n d a r i l i v e , con
R o b i n s o n a s b a v a r e n u d o s u l mi c r o f o n o i n u n a s i m i l v e r s i o n e ne g r a d i H e n r y R o l l i n s, l e c o l l a b ora z i o n i s p a r s e c o n f e m m i n e f o l l i del
r o c k c o m e Ly d i a L u n c h, M a r i a nne
F a i t h f u l l e J a r b o e e l ’ a p p e l l a t i vo,
d i m o s t r a t o c o i f a t t i , d i v e r i e r edi
d e i P e r e U b u p e n s o c h e s i c api s c a c h e g l i O x b o w s o n o m a t e r iale
p r e g i a t o , a n c o r c h é p e r i c o l o s o da
m a n e g g i a r e . T h e N a r c o t i c S t ory
c e l i r i c o n s e g n a d o p o u n a b ella
p a u s a d i q u a t t r o a n n i d a l l ’ u l t i mo
v e r o a l b u m i n s t u d i o e a l l a v igi l i a , t r a l ’ a l t r o , d e l l a p u b b l i c a z i one
d e l p r i m o l i b r o s c r i t t o d a R o b i n son
c h e r e c a l o s p l e n d i d o t i t o l o : F i ght:
K n o w A b o u t A s s - K i c k i n g b u t Were
A f r a i d Yo u ’ d G e t Yo u r A s s K i c ked
for Asking.
The Narcotic Story è
u n d i s c o m o l t o m e n o a s s - k i c k i n g di
q u e l l o c h e c i s i p o t r e b b e a s p e tta re da loro. C’è persino un intro e
v e n g o n o u t i l i z z a t i a n c h e u n ’ a b b on d a n z a d i a r c h i p e r r i c a m a r e a r i e da
m e l o d r a m m a . L’ i n t e n t o c h e c ’ è die t r o è q u e l l o d i a l l e s t i r e u n a c o l on n a s o n o r a e d i d i s e g n a r e u n a l b um
s i n i s t r o e q u i e t o , m a n o n m e n o tor m e n t a t o d e i p r e c e d e n t i . C ’ è m olto
Edoardo Bridda
m e n o h a r d c o r e , m e n o f u r i a e t u t to è
i n s c a t o l a t o c o n m a g g i o r c u r a . Non
N o u v e l l e Va g u e – C o m i n g H o m e
(Stereo Deluxe / Audioglobe, 10
maggio 2007)
Genere: soundtrack
compilation
Si capisce sempre d i p i ù d a d o v e
arrivi il bagaglio de i f r a n c e s i N o u velle Vague: la selec t a c o m p i l a t a d a
Marc Collin ha infat t i a l s u o i n t e r n o
i suo ni tipici delle c o l o n n e s o n o r e
anni ‘60/’70 tanto c a r e a l l a s c u o l a
post- Air che ha de f i n i t o u n a n u o va onda (appunto) n e l l e a b i t u d i n i
indie degli ultimi tem p i . I l c o n t i n u o
riferimento alla mig l i o r t r a d i z i o n e
melodica di arrang i a t o r i f r a n c e s i
(Gainsbourg tanto p e r c i t a r e u n o
68 sentireascoltare
p u ò c e r t o d i r s i t r a i l o r o l a v o r i mi g l i o r i , n o n p e r c h é m e n o r a b b i o so,
Oxbow – The Narcotic Story
(HydraHead / Goodfellas, 5
giugno 2007)
Genere: blues hardcore
L’ u o m o n e ro d e l v o o d o o è t o r n a t o .
Si chiama Eugene Robinson, è il
frontman dei qui presenti Oxbow ed
è il tipico mandingo alto due met r i e r i c o p er t o d i t a t u a g g i , c h e n o n
vorresti mai vedere alle tue spalle
in qualche vicolo. Gli Oxbow sono
anni che ci deliziano con dischi
storti e micidiali. Io personalmente ho un rapporto di autentico culto per Serenade In Red, disco su
m a p e r c h é s o s t a n z i a l m e n t e i r r i sol t o . U n d i s c o c h e n o n s a a b b a n do n a r e l a s t r a d a v e c c h i a p e r l a n uo v a . M a i l b l u e s , q u e l l o s i . Q u ello
c h e c ’ è s e m p r e . Q u e l l o c e l o m ette
R o b i n s o n c o n l a s u a v o c e . S i a che
s b r a i t i a n i m a l e s c o s u l l e d i s t o r s i oni
a l b i n i a n e o c h e i n v o c h i “ O h ! J e s us”
s u u n q u a r t e t t o d ’ a r c h i c o m e nel l ’ i n t r o d i D o w n A S t a i r B a c k w ard .
E u g e n e R o b i n s o n n o n s i s m e n t i sce
m a i . E u g e n e R o b i n s o n c a m m i n erà
t r a n o i a n c h e d o p o e s s e r e m o rto.
(6.8/10)
Antonello Comunale
Paoli, Rava, Rea, Gatto, Boltro,
Bonaccorso - Milestones / Un
incontro in jazz (Blue Note, 28
maggio 2007)
Genere: jazz
Questo Miles t o n e s a r r i v a c o m e n a turale conseg u e n z a d i u n a s t a g i o n e
favorevole pe r i l j a z z i t a l i a n o . D i
cui potrebbe d i v e n t a r e d a v v e r o u n a
“pietra miliar e ” , a l m e n o d a l p u n t o
di vista dello s f o n d a m e n t o c o m m e r ciale. La ban d è d i g r i d o , u n v e r o
supergruppo o r g a n i z z a t o d a E n r ico Rava , de c a n o d e i t r o m b e t t i s t i
nostrani, che h a v o l u t o a c c a n t o a
sé l’ottimo D a n i l o R e a ( p i a n o f o r te), una sezi o n e r i t m i c a r o d a t a e
affiatata com e R o s a r i o B o n a c c o r so (contrabba s s o ) e R o b e r t o G a t t o
(batteria), più i l v i r t u o s o t r o m b e t tista Flavio B o l t r o i n t r e p e z z i . U n
contorno luss u r e g g i a n t e p e r i l p i a t to forte rappre s e n t a t o d a G i n o P a o li, autorevole a n e l l o d i c o n g i u n z i o ne col bel mo n d o d e l p o p d ’ a u t o r e .
Il disco è sta t o i n c i s o i n o c c a s i o ne dei due co n c e r t i t e n u t i a S o r e sina lo scorso m a r z o , q u i n d i g o d e
di una fragran z a e l a r g i t a c o n b e l l a
disinvoltura d a i c o n s u m a t i i n t e r preti. Anche t r o p p o , v e r r e b b e d a
dire. Nel sens o c h e i l r e p e r t o r i o d e l
cantautore ge n o v e s e è a ff r o n t a t o
con una cert a d e f e r e n z a , s p e s s o
l’arrangiamen t o j a z z d i v e n t a u n ’ a p parecchiatura g a r b a t a e p o c o p i ù ,
soprattutto ne i c a s i m e l o d i c a m e n t e
più “ingombra n t i ” . Ve d i i c a s i d i U n a
lunga storia d ’ a m o r e e d i Vi v e r e a n cora , oppure – s o p r a t t u t t o – l a c a u ta rilettura de I l c i e l o i n u n a s t a n z a ,
rumba placida s c r e z i a t a a p p e n a d a
un’inquietudin e p i a n o / t r o m b a .
Va meglio co n u n a u m o r i s t i c a L a
gatta , dove G a t t o ( ! ) s t e m p e r a
swing e free v o l e z z e b o s s a n e l l a
schermaglia r i t m i c a c o l B o n a c c o r -
so. Benissimo anche Sassi, con
la trepidazione sospesa pianocontrabbasso-batteria e gli sprazzi drammatici della tromba. Meno
bene la resa di due standard come
Ti m e A f t e r Ti m e e I F a l l I n L o v e To o
Easily, ingolfate sull’inglese improbabile di Paoli - che canta già
stopposo di suo - e parzialmente
salvate da un Rea in gran spolvero.
D i s c r e t a i n v e c e l a v e r s i o n e d i S t a rdust, con l’ospitata del senatore
dei pianisti Renato Sellani, latore
della consueta, flemmatica eleganza. Chiude in bellezza Senza fine,
abbandono fervido che lungo la
strada si frastaglia hard-bop in sella all’interplay teso, scattante.
Un disco buono ma non buonissimo, che dovrebbe piacere sopratt u t t o a c h i d i j a z z è p i u t t o s t o a d igiuno. Passi se il motivo principale
per cui sarà venduto e apprezzato
è proprio quello - la presenza di
Paoli - per cui non riesce ad essere
q u a l c o s a d i p i ù e m e g l i o . ( 6 . 2 /1 0 )
Stefano Solventi
Part Chimp – Cup (Monitor /
Wide, 24 aprile 2007)
Genere: noise-rock
Comincia con quello che sembra
e s s er e a t u t t i g l i e ff e t t i u n a o u t t a k e
d a i m i g l i o r i S o n i c Yo u t h d ’ a n n a t a ,
questo nuovo parto degli inglesi
Part Chimp. Inglesi di passaporto a dir la verità, poiché tutto, ma
proprio tutto sembra rimandare al
di là dell’oceano: strutture, volumi,
atteggiamento. Mathcore granitico, grumi di chitarre in distorsione,
a m p li f i c a t o r i c h e f r i g g o n o c o m e f a rebbero quelli dei Melvins se suon a s se r o h a r d c o r e … E i l b e l l o è c h e
i tre non si fermano mai. Non rifiatano, non riflettono, non ci pensano
a ff a t t o . Ti r a n o d r i t t o s e m p r e e c o munque. Suonano straight in your
face senza remore, come dei folli
l a n c ia t i a v e l o c i t à m a s s i m a d e n t r o
una galleria del vento.
A dirla tutta Cup non è il loro nuovo
album, ma è come se lo fosse, dato
che è una compilation per il mercato americano che mette un po’
d’ordine in una discografia spesso
in formati minori. Oltre all’intero
nuovo singolo New Cross, si ritrovano b-sides, rarità e versioni alternative uscite nei vari singoli e
s p l i t s u R o c k A c t i o n , M o nitor, Noi sestar ecc..
U n c o n c e n t r a t o d i n o i s e -rock pa c h i d e r m i c o e t o r r e n z i ale, fatto
p r i n c i p a l m e n t e d i c h i t a r r e sature e
r i t m i c h e f o r s e n n a t e i n c ui accen n i d i M o t o r p s y c h o d e g li esordi,
L i g h t n i n g B o l t e S o n i c Youth si
m e s c o l a n o a d u n a b u o n a dose di
p a r a n o i a u r b a n a . D i s c o r so a parte
m e r i t a u n p e z z o c o m e A nd Hell Is
B e h i n d M e c h e s i n d a l t i t o lo fa capi r e c h e u n d e m o n i o c e l ’ h a nno e non
l o n a s c o n d o n o a ff a t t o . D i eci minuti
d i o s s e s s i v i t à r e i t e r a t a c he sembra
g l i O r b i t a l s o t t o a c i d i p esanti alle
p r e s e c o n c h i t a r r e e a m p l i invece di
s e q u e n c e r s e e l e t t r o n i c h e varie. Un
d e l i q u i o u m o r a l e t r a d e t r i ti di noise
r o c k a m b i e n t a l e , f r i p p e r tronie va r i e e ( m o l t o ) e v e n t u a l i , b r usii e una
c a t a r s i c h e s t e n t a a r a ggiungersi
l a s c i a n d o l ’ a s c o l t a t o r e i n balia del l e o n d e s i n u s o i d a l i . I l v ero eco di
b o m b e a t o m i c h e i n c a d u t a libera.
U n a o t t i m a c o m p i l a t i o n per aficio n a d o s e c o m p l e t a s t i ; p er gli al t r i i l c o n s i g l i o è q u e l l o di cercare
g l i a l b u m u ff i c i a l i C h a r t Pimp e I
A m C o m e , e n t r a m b i s u Monitor.
(6 . 7 /1 0 )
Stefano Pifferi
Pieta
Brown
–
Remember
The Sun (One Little Indian /
Goodfellas, giugno 2007)
Genere: americana,
c o u n t r y, r o c k f o l k
S i a m o d a l l e p a r t i d e l l ’ Americana
m i s c h i a t a a l f o l k - r o c k p i ù easy, per
u n ’ a l t r a a u t r i c e c h i t a r r i s t a di belle
s p e r a n z e a r r i v a t a o r m a i al quarto
d i s c o , i l s e c o n d o s u l l ’ i n glese One
L i t t l e I n d i a n . F i g l i a d ’ a r t e (il Bob
Brown
s o n g w r i t e r c o untry-rock
a m e r i c a n o i l p a d r e ) , a c c o mpagnata
d a l f i d o B o R a m s e y a l l a p roduzione
( a l l a c h i t a r r a p e r L u c i n d a Williams
t r a g l i a l t r i ) s f o r n a u n a l tro album
d i b a l l a d c o n u m o r i c h e variano
d a l c o u n t r y p i ù t r a d i z i o n ale ( In My
M i n d I Wa s Ta l k i n g To L oretta ), al
s i m i l - C a s h v i r a t o W i l i a ms ( Sonic
B o o m ) a l l a l a n g u i d a b a llata ( Are
Yo u F r e e ? ) c a n t a t a c o n l a voce in d o l e n t e e t r a s c i n a t a c h e si ritrova.
R i c h i a m a n d o s e n z a e s s e rne all’al t e z z a u n b e l p o ’ d i n o m i i llustri del
p a s s a t o e d e l p r e s e n t e più recen t e . L a s c r i t t u r a n o n m e morabile e
sentireascoltare 69
l’uniformità del mate r i a l e p r e s e n t a to non giocano quin d i a f a v o r e d e l
disco. La Brown d’a l t r a p a r t e n o n
ha una personalità d e c i s a , a n c h e
vocale, che supplisc a a l l e c i t a t e c a renze. Un album di c u i n o n c i s p i e ghiamo proprio la r a g i o n d ’ e s s e r e
in un contesto indie. ( 5 . 0 / 1 0 )
Te r e s a G r e c o
bile Horizon).
Ma le cose migliori vengono quando
Riparbelli ha il coraggio di ascoltare fino in fondo il richiamo, sempre
pulsante sottopelle, del rumore:
allora le onde urticanti di glitches
in movimento divengono la materia prima di un noise digitale che si
direbbe provenire da quell’Oriente
che ci ha abituati a simili arditezze
( To S e e k , I Wi l l A r r i v e , l ’ e s p l i c i t a
Noise). Grazie anche alle collaborazioni di Gianluca Becuzzi (qui
c o i n v o l t o n e l r e m i x d i To S e e k e n e l
recitativo di alcuni brani), Echran
( s u o i l r e m i x A n o d i n e ) e K e n j i S i r at o r i, To S e e k a i u t a a s t a b i l i r e c o n
precisione quali siano le coordinate
entro cui collocare l’ennesimo astro
nascente - ma la produzione dell’artista è già sterminata, tra compilation e CD-R - all’interno della
sempre più intricata scena elettron i c a n o s t r a n a . Vi e t a t o n o n p r e n d e r ne nota. (7.3/10)
t i m o r i r e v e r e n z i a l i e d i m o s t r a ndo
u n a b u o n a o r i g i n a l i t à d i s c r i t t ura.
Q u e l l a c h e e m e r g e d a l t e m p o r eg giare
v e n a t o d i a r o m i d ’ o r i e n t e di
Wa l k i e - Ta l k i e , d a i v i b r a n t i s l a nci
v o c a l i d i G a s h D i s c i p l i n e o m a ga r i d a Q u e s t i o n : , c o s ì v i c i n a a c erte
c o s e d e l T h o m Yo r k p e n s i e r o d i f ine
m i l l e n n i o ( p e n s i a m o a K i d A e in
p a r t i c o l a r e a E v e r y t h i n g I n I t s R i ght
P l a c e ) . U n i m p e t o m e l o d r a m m a tico
c h e n o n o s t a n t e l e f e b b r i l i p r o g r es s i o n i a l l a b a s e d e l s u o n o , t r o v a il
t e m p o d i s t e m p e r a r e l a t e n s i o n e in
p e r c o r s i m u s i c a l i p i ù d e f i l a t i ( P rin c e A s t r o n a u t ) s e n z a p e r q u e s t o ri nunciare al trasporto. (7.1/10)
Fabrizio Zampighi
Vincenzo Santarcangelo
P i e t r o R i p a r b e l l i – To S e e k
(Radical
Matters
Editions,
aprile 2007)
Genere:
elettronica,
digital
noise
Pur contenendo trac c e p r o v e n i e n t i
da diverse sessioni d i r e g i s t r a z i o ne, remix, ed esibi z i o n i d a l v i v o ,
il CD-R di Pietro Ri p a r b e l l i c h e l a
Radical Matters Ed i t i o n s d i L i v o r no presenta in un ’ e l e g a n t e c o n fezione
rigorosame n t e
handmade
- la tiratura è disgr a z i a t a m e n t e l i mitata a sole 50 co p i e - , h a t u t t e
le sembianze di un l a v o r o c o e s o ,
organico e corposo, i n g r a d o d i i n trodu rre compiutame n t e a l l ’ i n t e r n o
di un universo sono r o c h e r i s c h i a ,
in maniera del tutto i m m e r i t a t a , d i
rimanere inesplorato .
E’ un universo che p a r e t a l v o l t a d o mandare esplicitame n t e d i r i m a n e r e
inesplorato, quello d i P i e t r o R i p a r belli, paesaggio aust e r o e d e s o l a t o
di suoni elettronici ra r e f a t t i , u n b a s so profondo a trive l l a r e s u p e r f i c i
increspate di micros u o n i , i l s i s m o grafo a fatica traccia l ’ a n d i r i v i e n i d i
scosse imprevedibili ( U n e x p e c t e d ) ;
conversazioni che s i s c o p r o n o p r e sto ostinati monolog h i ( D i g i t a l C u rse , con il recitato di K e n j i S i r a t o r i ) ;
stralci di frequenze c a p t a t e c h i s s à
come da radio inasc o l t a t e ( A P o s s i -
70 sentireascoltare
Planet Brain – Compromises &
Carnivals (Function Records /
Goodfellas, 2007)
Genere: rock
Con solo due autoproduzioni alle
spalle i Planet Brain mollano l’Ital i a p e r a p p ro d a r e i n t e r r a d i A l b i o n e
alla corte della Function Records.
Una possibilità, quella di uscire per
una label d’oltremanica concessa a
pochi e che da sola dovrebbe bastare a far per lo meno sospettare
che in questo caso, i numeri, ci siano davvero tutti.
Supposizione confermata dai dieci
movimenti di Compromises & Carnivals, che a volerli sintetizzare a
grandi linee senza temere scomuniche per aver bestemmiato, li si
potrebbe avvicinare al pop lirico
e sferzante di artisti del calibro di
Radiohead – quelli di The Bends e Muse: musica dagli arrangiamenti corposi e dalle grandi aspirazioni
insomma, combattuta tra crescendo
e batterie arrembanti, impennate
vocali e falsetti, intense cavalcate
soniche e malinconie. Marcello Batelli, Nicola Zangrando e Claudio
Larese Casanova non fanno nulla per nascondere le origini nobili
del suono, appropriandosi anzi dei
canoni estetici di riferimento senza
Polvere
–
Self
Titled
10”
( Wa l l a c e / A u d i o g l o b e , m a g g i o
2007)
Genere: elettroacustica
È l ’ i d e a l e a p p e n d i c e a l l ’ o m o n imo
a l b u m d i q u a l c h e t e m p o f a ( P o l ver e , Wa l l a c e 2 0 0 6 ) q u e s t o v i n i l e 10”
c h e v e d e l a l u c e d a u n a c o l l a b ora z i o n e t r a l a n o s t r a Wa l l a c e , l a c eca
M i n o r i t y e l a g i a p p o n e s e To w n To ne.
C o l l a b o r a z i o n e c h e t e s t i m o n i a , se
c e n e f o s s e a n c o r a b i s o g n o , i l v alo r e d e l d u o C o l e t t i / I r i o n d o e l a c l as s i c i t à d i u n s u o n o c h e d i s c o d opo
d i s c o c o n f e r m a d i n o n c o n o s c ere
c o n f i n i n é m u s i c a l i , n é g e o g r a f i ci.
L e c o o r d i n a t e s o n o r e s o n o q u elle
g i à n o t e : u n a e l e t t r o a c u s t i c a e mo z i o n a l e , o n d i v a g a e f l u t t u a n t e c he i
d u e p e r l ’ o c c a s i o n e i m p r e z i o s i s co n o d i a c c e n t i j a p a n g r a z i e a l l ’ i n clu s i o n e d i f r a m m e n t i s o n o r i d a v e cchi
d i s c h i g i a p p o n e s i . U n s a l u t o a l Sol
L e v a n t e c h e c o s ì b e n e h a a c c o l to i
d u e d u r a n t e l ’ u l t i m o t o u r ? O l ’ e n ne s i m a d i m o s t r a z i o n e d i u n a a p e r t ura
turn it on
To m a h a w k – A n o n y m o u s ( I p e c a c / G o o d f e l l a s , a p r i l e 2 0 0 7 )
Chi, dopo i p r i m i d u e a l b u m d e l l ’ e n n e s i m o s i d e - p r o j e c t d i M i k e P a t t o n ,
si era sentito i n d o v e r e d i e s p r i m e r e p a r e r i p i ù o m e n o d e f i n i t i v i c i r c a l o
stile della ban d , c o n s i d e r a t a d a m o l t i l a p i ù “ a c c e s s i b i l e ” d e l l a m i r i a d e d i
gruppi messi i n p i e d i d a l c a n t a n t e a m e r i c a no t r a g l i a n n i ‘ 9 0 e i l n u o v o m i l lennio, dovrà r i c r e d e r s i . S e f i n o a M i t G a s i r i f e r i m e n t i a i F a i t h N o M o r e
sembravano s e g n a r e i n m a n i e r a i n d e l e b i l e a n c h e i l f u t u r o p r o s s i m o d e i
Tomahawk, re n d e n d o l a u n a c r e a t u r a i n t u t t o e p e r t u t t o p a t t o n i a n a , q u e s t o
Anonymous c o n f e r m a e s a t t a m e n t e i l c o n tr a r i o , c o g l i e n d o p e r f e t t a m e n t e
nel segno in q u a n t o a e ff e t t i s p i a z z a n t i .
La band, a qu a t t r o a n n i d a l l ’ u l t i m a f a t i c a i n s t u d i o , r i p a r t e d a l l ’ o r i g i n e d e l
proprio nome ( i l t o m a h a w k e r a l ’ a s c i a d a g u e r r a d e i N a t i v i a m e r i c a n i ) ,
allontanandos i d a l r o c k p e r i n d a g a r e e r e i n t e r p r e t a r e l a c u l t u r a m u s i c a l e
delle popolazi o n i c h e a n c o r a v i v o n o n e l l e r is e r v e . U n ’ o p e r a z i o n e n o n n u o va negli Stati U n i t i , d a p i ù d i u n s e c o l o s c h i a c c i a t i d a u n o b e r a n t e p e s o s u l l a c o s c i e n z a , s p o r c a t a d a u no stermi nio troppo sp e s s o t a c i u t o , m a p a r a g o n a b i l e a l l ’ o l o c a u s t o i n q u a n t o a f e r o c i a e c r u d e l t à . U n ’ e s p i a z i o n e che si è
spesso manife s t a t a c o n s t e r i l i r e v i v a l f o l k l o r i c i , p e s s i m a i m i t a z i o n e d i u n a c u l t u r a m u s i c a l e t a n t o i m p enetrabile
quanto affasc i n a n t e . U n ’ o p e r a z i o n e , q u e s t a , d a l l a q u a l e P a t t o n e c o m p a g n i h a n n o c e r c a t o d i s v i n c o l arsi senza
lasciare ombr a d i d u b b i o . A n z i , i n r e a l t à s a r e b b e m e g l i o d i r e D e n i s o n e c o m p a g n i , v i s t o c h e s i t r a t t a s o p rattutto di
un album dell’ e x c h i t a r r i s t a d e i J e s u s L i z a r d c h e , d o p o e s s e r s i s t u d i a t o p e r b e n e u n l i b r o d i t r a s c r i z i o n i di canzoni
indiane risale n t e a l l ’ e p o c a r o o s v e l t i a n a , h a p r o v a t o a t r a s f o r m a r e q u e s t e m u s i c h e a m o d o s u o .
Al di là di dis q u i s i z i o n i s u l v a l o r e e t n o m u s i c o l o g i c o d i q u e s t ’ a l b u m , l ’ o b i e t t i v o d i p a r t e n z a r i m a n e o t t ima: dare
vita ad una so r t a d i n a t i v e a m e r i c a n - r o c k , p r e n d e n d o c o m e s p u n t o i t e s t i o r i g i n a l i e r i c o s t r u e n d o l e m usiche dei
Nativi con chi t a r r e e l e t t r i c h e e b a t t e r i a e v i ta n d o d i r i c a d e r e n e l l a b a n a l i t à d e g l i s t e r e o t i p i . M i s s i o n e c ompiuta! Il
sound rimane p e r f e t t a m e n t e i n l i n e a c o n l o s t i l e d e l g r u p p o e l e c o m p o s i z i o n i r i s u l t a n o o r i g i n a l i e m o l t o interes santi, anche s e p o c o “ a c c e s s i b i l i ” a d u n p r i m o a s c o l t o . R i t m i t r i b a l i , c h i t a r r e s a l t e l l a n t i , u n P a t t o n p e r f ettamente
a proprio agio n e i v o c a l i z z i d e l l e c a r a t t e r i s t i c h e s i l l a b e n o n s e n s e d e i c a n t i “ i n d i a n i ” , s e m p r e a l l a r i c e rca di una
voce plastica e t r a s f o r m i s t a , f a n n o p e n s a r e p o c o a i To m a h a w k , p u r m a n t e n e n d o b e n i n v i s t a l a f i r m a degli au tori. In alcuni e p i s o d i , l o s t i l e m i n i m a l i s t a e s e m i - s e r i o d e i B a t t l e s p r e v a l e ( G h o s t D a n c e ; R e d F o x ) , in altri è
l’inconfondibi l e v e n a r o c k e t t a r a d i p a t t o n a i m p o r s i ( O m a h a D a n c e ; S u n D a n c e ) , m a p i ù s p e s s o i d u e e lementi si
fondono dand o v i t a a i m o m e n t i p i ù c o m p l e t i e o r i g i n a l i d e l l ’ a l b u m , d a l l ’ i n c a n t e v o l e e s c h i z o f r e n i c a n i n n ananna di
Cradle Song , a l b e l l i c o s o i n c e d e r e d i Wa r So n g , d a l l ’ e t n o - p r o g r e s s i v e d i S o n g O f Vi c t o r y a l r o c k t r i b a l e di Mescal
Rite 1 . Al prim o a s c o l t o v e r r e b b e d a s t o r c e r e i l n a s o , m a s i f a p r e s t o a c a m b i a r e i d e a r i s p e t t o a u n a l b um che, a
paragone con i s u o i p r e d e c e s s o r i , s i e s p r i m e i n m a n i e r a o t t i m a l e n e l l e r i f i n i t u r e , n e l l a r i c e r c a d i u n s o und nuovo
e antico allo s t e s s o t e m p o e n e l f a s c i n o d e l l ’ i n t e r p r e t a z i o n e , c h e p e r m e t t e d i f a r r i n a s c e r e m u s i c h e p erdute nel
tempo, ogniqu a l v o l t a s i v o g l i a . O p e r l o m e n o , q u a n d o s i a b b i a n o l e i d e e p e r f a r l o . A l o r o d i c e r t o n o n mancano
affatto, anzi. (7 . 3 / 1 0 )
Daniele Follero
sentireascoltare 71
mentale a nuovi suon i e d i n f l u e n z e ?
Quale che sia la ragi o n e r e s t a n o s e i
brevi pezzi perfettam e n t e b i l a n c i a ti tra aperture acus t i c h e ( u k u l e l e ,
strumenti tradiziona l i g i a p p o n e s i )
e elettriche, tessitu r e a m b i e n t a l i e
inserti elettronici, sla n c i e v o c a t i v i e
reiterate distensioni d a d r o n e - m u sic. L’unica pecca, e c r e d o s i s i a
già capito, è la tropp o b r e v e d u r a t a .
Venti minuti non po s s o n o s a z i a r c i .
(7.0/10 )
Stefano Pifferi
cori infiorettati...), ma stavolta la
festa evita i prati abbacinati di sole
per rifugiarsi nel granaio dove qualcuno ha organizzato un party un po’
p i ù t r a s g r es s i v o e t u r g i d o , i n t u t a
n e r a i p e r t ec h e s g u a r d o i n s i d i o s o .
Dove puoi permetterti struggimenti para-glam e fervori elettronici
( O v e r b l o w Yo u r N e s t ) , t r a s f o r m i s m i
vaudeville e trasfigurazioni dreampop (la title track), oppure, perché
no?, impudenze pixiesiane blandite
da cori carezzevoli, archi svolazzanti e ottoni brumosi (Get Up And
G o) . U n a s c o s s a n e c e s s a r i a c h e
permette a questo sogno d’essere
s o g n a t o a n c o r a u n a v o l t a . ( 6 . 9 /1 0 )
Stefano Solventi
P o r n S w o r d To b a c c o – N e w
Exclusive
Olympic
Heights
(City Centre Offices / Wide, 12
luglio 2007)
The Polyphonic Spree - The
Fragile Army (TVT Records, 19
giugno 2007)
Genere: pop/rock
Se amate la calligra f i a s o n i c a d e l l’armata Delaughter - i n v e r o a m a b i le - ma non siete dis p o s t i a l l a t e r z a
full imersion bucolic a / f r e a k , e c c o v i
accontentati: il terzo c a p i t o l o d e l l a
saga polifonica - che s i a v v a l e d e l la co-produzione ecc e l l e n t e d i J o h n
Congleton dei Pape r C h a s e - è u n
lavoro che sposa lo s p i r i t u a l t r a s o gnato con le istanze d e l p o w e r p o p
più frizzante, evoca l ’ a n t i c o s o g n o
beatlesiano corrobo r a n d o l o d i a d ditivo New Pornog r a p h e r s ( R u n ning Away ), si conc e d e c a v a l c a t e
Springsteen ma com e s u c c e d a n e o
E Street Band ingag g i a i B e l l e A n d
Sebastian ( Younge r Ye s t e r d a y ) ,
spalanca il camicio n e p e r e s i b i r e
una dolcezza squil l a n t e d a L a ’s
nel paese dei balocc h i ( We C r a w l ) ,
gongola e cazzeggia c o m e u n a c o n grega del dopolavor o c h e s o g n a d i
diventare la hippie- b a n d d e i s o g n i
(Guaranteed Nightlit e ) .
Insomma, c’è tutto i l c a m p i o n a r i o
Spree (arpe, flauti, s b u ff i l u c c i c o s i ,
72 sentireascoltare
Genere: ambient
L o s v e d e se H e n r i k J o n s s o n è
l ’ u n i c o t i t o l a r e d e i P o r n S w o r d To bacco. Progetto elettronico strumentale nato nel 2004 che con
New Exclusive Olympic Heights
giunge alla sua terza fatica. In verità, però, dato che su quattordici
canzoni soltanto cinque possono
definirsi tali, in quanto le restanti
nove non raggiungono neanche i
due minuti di durata, il termine “fatica” risulta qui essere troppo abusato. Se a ciò si aggiunge anche
che di quelle cinque tracce soltanto
due possiedono una forma canzone
– pur sempre intesa nell’accezione
di elettronica strumentale – vera e
p r o p r i a ( G i f t w r a p Yo u r s e l f , S l o w l y
e Pappa! Min Kärlek Är Gravid), lo
sforzo compositivo risulta veramente impalpabile. I due episodi succitati si muovono su un’elettronica
sulla scia dei Boards Of Canada.
I l r e s t o d e ll ’ a l b u m r i m a n e s o s p e s o
in un’atmosfera eterea fatta di rumori, inserti sinfonici, note di piano e rumori di fondo senza andare
mai in profondità. Certo l’intento di
unire sonorità digitali a quelle più
classiche e naturali è evidente, ma
rispetto ai lavori precedenti quella malinconia di fondo, che fece di
P o r n S w o r d To b a c c o u n o d e i p r o g e t ti più riusciti nel territorio ambient,
è qui molto più trattenuta, quasi segregata. Forse ciò è dovuto proprio
dalla
frammentarietà
d e l l ’ a l b um:
tanti piccoli episodi che faticano a
r a g g i u n g e r e i l p r o p r i o s c o p o . Tutto
f i n t r o p p o s t a t i c o e i m m o b i l e an c h e p e r a v e r e p r e t e s e c i n e m a t i che
e c h i l l o u t . Ve r a m e n t e t r o p p o p oco
p e r e s s e r d e f i n i t o a l b u m , p e r e s ser
definito ambient. (4.8/10)
Andrea Provinciali
Portastatic – Be Still Please
(Acuarela / Audioglobe, maggio
2007)
Genere: indie pop
D i e t r o l a s i g l a P o r t a s t a t i c s i na sconde
una
vecchia
c o n o s c e nza
d e l l a s c e n a i n d i e - r o c k a m e r i c a na,
quel Marc McCaughan
c h e c on i
s u o i S u p e r c h u n k s c r i s s e p a g ine
d i b u o n a m u s i c a n e i p r i m i a n n i No v a n t a c a t a l i z z a n d o l ’ a t t e n z i o n e su
q u e l l a m i c r o s c e n a l o f i n o i s e pop
d i C h a p e l H i l l, o m a g g i a t a a n che
d a i S o n i c Yo u t h a l l ’ i n t e r n o d e l l oro
album Dirty.
U n ’ o n e s t a c a r r i era
c h e h a o r a m a i a b b o n d a n t e m e nte
s u p e r a t o i l q u i n d i c e s i m o c o m p l e an n o m a c h e c o n t i n u a a v e l e g g i a r e su
d i s c r e t i l i v e l l i c o m e t e s t i m o n i a elo q u e n t e m e n t e q u e s t o B e S t i l l P l eas e , d e c i m o a l b u m i n s t u d i o p o r t ato
a
compimento
come
P o r t a s t a tic.
I n u t i l e a t t e n d e r s i n o v i t à o c a m bia m e n t i d i r o t t a e p o c a l i , M c C a u g han
e s o c i ( t r a g l i o s p i t i a n c h e L a ura
C a n t r e l l e d A n n i e H a y d e n ) f a nno
q u e l l o c h e s a n n o f a r e m e g l i o ( m usi c a l m e n t e p a r l a n d o ) v a l e a d i r e s cri v e r e c a n z o n i p o p s e m p l i c i e me l o d i c h e , c h e g u a r d a n o a l l a S c o zia
d i A b e r f e l d y e B e l l e & S e b a s t ian
( S w e e t n e s s A n d L i g h t ) c o s ì c ome
a l l ’ A m e r i c a c a n t a u t o r a l e p i ù c l a ssi c a ( G e t t i n g S a v e d ) , s i i m m e r g ono
i n e ff i c a c i a r r a n g i a m e n t i o r c h e s t rali
( S o u r S h o r e s ) , s a l u t a n o i c o m pa -
gni di tour Ca m e r a O s c u r a (S o n g
For A Clock ) p e r p o i c a l a r e i l j o l l y e
sbattere sul p i a t t o u n a d e l l e c o v e r
dell’anno, que l l a A n d I Wa s A B o y
From School d i r e t t a m e n t e d a l l ’ u l t i mo album de g l i H o t C h i p. L’ e n n e simo, onesto, l a v o r o d i u n o u t s i d e r
della migliore s t a g i o n e d e l l ’ i n d i e
pop a stelle e s t r i s c e , p r e n d e r e o
lasciare. P.S. B e S t i l l P l e a s e è g i à
stato pubblic a t o n e l l ’ o t t o b r e d e l
2006 dalla Me r g e p e r i l s o l o m e r c a to americano. N e l l a v e r s i o n e e u r o pea data alle s t a m p e d a l l a A c u a r e l a
compaiono tre b o n u s t r a c k t r a c u i l a
cover degli Ho t C h i p . ( 6 . 5 / 1 0 )
Stefano Renzi
Sir Richard Bishop – While My
Guitar Violently Bleeds (Locust
/ Wide, 19 giugno 2007)
Genere: folk psych
Bisogna cominciare dalla fine di
questo disco per capire quanto vale
come chitarrista Richard Bishop.
Perché senz’altro Mahavidya è una
delle “canzoni” più belle ascoltate
quest’anno, una bellezza profonda
costruita intorno a un ritmo raga
che cresce, si allarga e si flette
all’infinito senza spezzarsi mai. Il
fingerpicking nervoso e visionario
diventa immediatamente la base su
cui si sviluppa tutto il resto - variazioni e modulazioni, accelerazioni
e sospensioni - lungo venticinque
minuti che sembrano non finire mai,
come certe cavalcate chitarristiche
di Roy Montgomery. Un discorso
che vale anche per Zurvan, fra le
cui movenze si fa largo una meditazione che, nonostante tutto, ha
ben poco di misticheggiante e sa
invece risalire continuamente sulla superficie terrestre in un’atmosfera da western metafisico dove
i proiettili escono dalle pistole al
detto, ma fa di questo disco il per-
p o r s i e l o s p i r i t o g e n u i n o che fecero
g r a n d e i l s u o n o “ i n d i e ” d e lla provin c i a a m e r i c a n a , c h e c o s t i t uiscono la
c i f r a a r t i s t i c a d i P o l l a r d , “amatore”
e a r t i g i a n o p o p c o m e p o chi ne re s t a n o i n c i r c o l a z i o n e . ( 6 . 6/10 )
fetto pendant della colonna sono-
Giancarlo Turra
rallentatore. Non ci si meravigli
q u i n d i s e W h i l e M y G u i t a r Vi o l e n tly Bleeds è un titolo che non solo
esplicita al meglio quanto appena
ra di Dead Man suonata da Neil
Yo u n g . S t e s s e p u l s i o n i i n t r o s p e t tive ma di segno diverso, immerse
come sono in una tradizione altra,
in cui l’occidente è miniaturizzato,
Lilliput dall’altra parte del cannocchiale.
Chitarrista
ispirato,
che
si spinge coraggiosamente verso
tradizioni musicali così distanti da
noi, Richard Bishop sembra sempre avere sulla punta delle dita la
risposta giusta e, dopo tanti dischi
coi Sun City Girls, dopo un album
come Salvador Kali, non sembra
dover dimostrare più niente a ness u n o . W h i l e M y G u i t a r Vi o l e n t l y
Bleeds diventa, infine, un requiem
i n a s p e t t a t o p e r C h a r l e s G o c h e r,
batterista dei Sun City Girls morto
proprio pochi mesi fa. (7.5/10)
Roberto Canella
Robert Pollard – Silverfish
Tr i v i a
(Prom
Is
Coming
/
Goodfellas, 24 aprile 2007)
Genere: indie-low fi
faccia della “musica giovane”. Non
propone particolari rivoluzioni in
questa ventina di minuti, immaginando il solito (micro)universo in
cui la “British Invasion” non è mai
terminata e, al massimo, si è fusa
con un po’ di new wave. La voce di
Pollard resta il medesimo, intrigante frullato di Stipe e McCartney,
semmai è la penna a non sfoggiare
lo smalto dell’epoca d’oro. Nondimeno regala tuttora tenere perle come la fluida Circe Saw Boys
Club dai malinconici echi Big Star,
u n ’ a c u s t i c a Wi c k e r m a n S m i l e e l e
b i z z a r r e s v o l t e “ p o w e r ” d i To u c h e d
To B e S u r e .
Su tutto, anche sui siparietti d’archi
posti in apertura e a fine programma, s’impone però il gioiellino Cats
Love A Parade, ambiziosa e azzeccata mini suite che dai R.E.M. trasparenti degli inizi approda a cupe
“nuove onde” attraversando i cieli
a r a n c i o d e i L o v e. S i a p p r e z z a , n e l l’insieme, l’immutata gentilezza nel
Sally Shapiro - Disco Romance
(Diskokaine-Klein / Audioglobe,
maggio 2007)
Genere: Italo Disco
E f u c o s ì c h e a n c h e l a n uova sce n a i t a l o - d i s c o t r o v ò l a s u a musa: si
c h i a m a S a l l y S h a p i r o , a r riva dalla
S v e z i a e d i n q u e s t o p r i mo album
l i c e n z i a t o a s u o n o m e si “limita”
a c a n t a r e e a p r e s t a r e i l suo vol t o d i s t e s o p e r c o p e r t i n e e foto prom o z i o n a l i . N i e n t e d i p i ù e niente di
m e n o d i q u e l l o c h e f a c e v ano le ar t i s t e c o i n v o l t e n e l l a s c e n a italo di s c o o r i g i n a l e , a d i n i z i a r e dalla divi n a Va l e r i e D o r e . A t i r a r e le fila del
p r o g e t t o è , i n f a t t i , a l t r o produttore
i n d i g e n o , J o h a n A g e b j orn, scalt r i s s i m o a p p a s s i o n a t o d i sonorità
e l e c t r o p o p c h e i n D i s c o Roman c e è r i u s c i t o d o v e m o l t i altri han n o m i s e r a m e n t e f a l l i t o , ovvero nel
r i c r e a r e c o n s t u p e f a c e n te perizia
q u e l l e a t m o s f e r e , q u e l s o und allora
c o s ì m o d e r n o e d i n u s u a l e ma trop p o f r e t t o l o s a m e n t e a b bandonato
n e l l a s c a t o l a d e i r i c o r d i , f iglio degli
i n d e c e n t i p l a y b a c k d i Discoring
c o m e d e l l a M a d o n n a “ a pparsa” ai
f r e q u e n t a t o r i d e l P a r a d i s e Garage,
d i G a z e b o c o m e d e i Va nzina, de g l i S c o t c h e d i D j Te l e v i s ion, delle
s p a l l i n e d e l l e g i a c c h e d a uomo e
degli spolverini.
U n t u ff o i n d i e t r o n e l t e mpo e nel
c u o r e d i c i r c a v e n t i c i n q u e anni, un
t r a s h d i a l l o r a c h e s i è t r asformato
sentireascoltare 73
nella cosa più cool d e l m o m e n t o ,
canzoni d’amore ch e s i p o s s o n o
e si devono ballare , c h e g r i d a n o
I’ll Be By Your Side e S l e e p I n M y
Arms, che non chied o n o n i e n t e m a
riescono a dare mo l t o , a n c h e p i ù
di un sorriso, se g i r a t e p e r c i n que minuti cinque s u l v o s t r o l e t t o re, che possono far c i i n n a m o r a r e .
Tutto questo lo pot e t e t r o v a r e n e i
cinquanta minuti circ a d i D i s c o R o mance , il definitivo a l b u m d e l l a r i scossa italo-disco, d o p o i l q u a l e c i
saranno soltanto de l u s i o n i . A ff r e t tatevi. (7.0/10 )
Stefano Renzi
Shapes And
Sizes
–
Split
Lips, Winning Hips, A Shiner
(Asthmatic Kitty / Audioglobe,
22 maggio 2007)
Genere: sperimentale, indie
Come descrivere il suono degli
Shapes And Sizes senza cadere
nel burrone delle frasi dalle pindariche banalità (“Un esempio
psichedelico di rock sperimentale
con schizofrenie sonore ad imbastardire l’anima smaccatamente pop del combo”… eh?)? Come
parlare di un album senza dover
tentare agghiaccianti incroci genetici (“Immaginate gli Xiu Xiu
meno elettronici che invitano a
colazione i Deerhoof ed insieme
ascoltano tra un pasticcino e l’alt r o l ’ u l t i m o d i s c o d e i Vo l c a n o ” ) ?
Come convincere chi legge della
bontà del progetto e contemporaneamente evitare che diventi
l’ennesimo manifesto dell’autismo
indie-massonico tipico dell’ascoltatore medio italiano (“Un album
vero, duro e intransigente, assolutamente sconsigliato a chi ancora
si esalta con quei lagnosi fighetti
dei Giardini Di Mirò”)?
Perché Split Lips, Winning Hips,
A Shiner ha purtroppo tutte le
carte in regola per scalfire i cuori
di tutti i partecipanti al concorso
“Indie Nerd 2007”. La nazionalit à , i n n a n z i t u t t o . L’ e s s e r e c a n a desi garantisce sempre recensioni entusiastiche e giganteschi
passaparola tra i blogghettari di
tutto il mondo. E poi le canzoni.
Sperimentali ma non masturbatorie. Dissonanti ma non cacofoniche, anzi con una robusta dose di
74 sentireascoltare
melodia sulle spalle. Complesse
ed articolate negli arrangiamenti
eppure fluide e compatte durante l’ascolto. È il caso dell’iniziale
Alone/Alive, una saltellante ballata rock che si divincola tra intensi vocalizzi e chitarre un po’
percosse con una vanga e un po’
accarezzate con un fioretto. Si
prosegue con Head Moving, un ottimo post punk rimodellato secondo i dettami dell’indie moderno, e
con il fluido jazz (?) organistico di
Geese. Praticamente, una raccolta che fa dell’azzardo la propria
arma vincente.
E allora diciamolo, anche a costo di sembrare banali, modaioli e intransigenti per stile e non
per personalità, che questo disco
è bello. Uno dei migliori, peraltro,
fra quelli usciti finora. Non a caso
è di una band canadese, direbbe
qualcuno. Stavolta non possiamo
dargli torto. (7.5/10)
s e t t e a n n i c h e n o n s i f a c e v a s e n tire
Manfredi Lamartina
g i à a m p i a m e n t e r o d a t i d a l v i v o e si
c o n u n n u o v o a l b u m . M a o r a e c co l i q u i , c o n i l q u a r t o c a p i t o l o d ella
s a g a , c h e s e g u e i l m i c i d i a l e 1 000
H u r t s d e l 2 0 0 0 . U n a b a n d c o m e gli
S h e l l a c v a p r e s a c o m e u n a s s i o ma
i m m u t a b i l e e t u t t o s o m m a t o i m mar c e s c i b i l e . I l s o u n d d e i t r e è i l s o lito
c o m p a t t o e s q u a d r a t o a s s a l t o m aci l e n t o . C o n l o r o s e m b r a s e m p r e che
c i s i a n o d e g l i i n g r a n a g g i d a o l i are,
delle
congiunture
sostituire,
delle
arrugginite
chitarre
da
u s u r ate
d a r i p a r a r e . I l s u o n o d e g l i S h e llac
è u n h a r d c o r e c a r i a t o c h e g r a ffia
c o n l e n t e z z a e m e t o d i c a i n s i s t en z a . C h e q u e s t o v a l g a u n p o ’ c ome
p r e m e s s a a l n u o v o d i s c o è i n evi tabile,
perché
Excellent
I t a l ian
G r e y h o u n d n o n p o r t a c o n s é n es s u n c a m b i o d i r o t t a , n e s s u n a n o vità
s a l i e n t e , n i e n t e c h e l a s c i p e n s are
a l f a t t o c h e i n s e t t e a n n i , d i s oli t o , m o l t e c o s e c a m b i a n o . L a m ag g i o r p a r t e d e i n u o v i b r a n i s o n o s tati
s e n t e . S o n o i n t r e , m a l ’ a ff i a t a m en t o è t a l m e n t e a l t o c h e s e m b r ano
u n o . Q u e l l o c h e p e r ò m a n c a s t a vol t a è i l p i g l i o p i ù i s t e r i c o , i l t a g l i o più
e ff e r a t o . S i p r o p e n d e p e r u n s o und
m a g g i o r m e n t e r i l a s s a t o e n o n è un
c a s o c h e s e d a v v e r o q u a l c o s a dif f e r e n z i a q u e s t o d i s c o , a l l o r a quel
q u a l c o s a è i l p i g l i o r e c i t a t i v o d i al c u n i b r a n i , s i s e n t a i l t a l k i n k sin g i n g q u a s i d o o w o o p d i G e n u i n e Lu l a b e l l e . S i p a r t e b e n e , a t t a c c a ndo
c o n l a d e c l a m a n t e T h e E n d O f The
R a d i o , m a s i a ff o g a g i à d a l s e c on d o b r a n o n e l l a v a r i a n t e p i ù m o r bida
d e l l a t i p i c a p u n k s o n g a l b i n i a n a . In
Shellac
–
Excellent
Italian
G r e y h o u n d ( To u c h & G o / S e l f ,
8 giugno 2007)
Genere: post hardcore
L’ e c c e l l e n t e l e v r i e r o i t a l i a n o d e l t i tolo e della copertina pare appart e n g a r e a l m e n t e a l b a t t e r i s t a , To d d
Tr a i n e r. L’ a r t w o r k è o p e r a d i J a y
Ryan dei Dianogah e come per i
precedenti album, nella versione in
vinile è stato incluso anche il cd,
per incentivare il consumo dello
storico formato. Il trio costituito da
S t e v e A l b i n i , B o b We s t o n e To d d
Tr a i n e r, i n a r t e S h e l l a c O f N o r t h
America, è insomma tornato per
snocciolare il solito baccanale di
misantropico post hardcore, dopo
c e r t i f r a n g e n t i s e m b r a d i s e n t i r e gli
H e l m e t c h e a m e t à c a r r i e r a s i m i se r o a s e d e r e e i d i s c h i s e m b r a v ano
n o n a v e r e d i s t o r s i o n e , a n c h e s e ne
e r a n o p i e n i . I n s o m m a , c o n o s c e n do l i , u n o d a g l i S h e l l a c n o n s i a s p etta
c e r t o u n a r i v o l u z i o n e , m a c h e al meno il disco non suoni moscio e
p r i v o d i m o r d e n t e , q u e s t o s ì . Pro b a b i l m e n t e , p e r u n o c o m e A l b ini,
c h e è p a s s a t o p e r l e S o n g s A b out
F u c k i n g e l e s f u r i a t e d e i R a p e m en ,
n o n c i p u ò e s s e r e p e g g i o r i n s u lto,
m a q u e s t o s e m b r a n o g l i S h e l l a c nel
2 0 0 7 : m o s c i . S p e r i a m o n o n s i a ne c e s s a r i o u n a d o s e d i v i a g r a p e r far li rinvigorire ancora. (5.8/10)
Antonello Comunale
maggiormente scenografiche e sinistre. Quello dei Silvester Anfang è
u n do o m f o l k r u p e s t r e , c a m p a g n o lo, paesano. La musica di questo
c o l l et t i v o è c o m e i l c i n e m a d i s e r i e
B, pur avendo dei meriti, può piacere veramente solo agli appassionati
del genere. (6.8/10)
Antonello Comunale
Silvester Anfang – Kosmies
Slachtafval (Aurora Borealis, 4
giugno 2007)
Silvester
Anfang
–
Echte
Vlaamse
Geiten
(Eclipse,
giugno 2007)
Genere: avant folk
Arrivano dal B e l g i o , s o n o u n c o l l e t tivo aperto ch e s t a d i e t r o a d u n ’ e t i chetta chiam a t a “ F u n e r a l F o l k ” e
si
autodefin i s c o n o “ P o s t - s a t a n i c
krautfolk ” e “ P a g a n B e l g o p s y c h ” .
Di ironia ne h a n n o t a n t a , c o m e s i
capisce già d a l l a c o p e r t i n a d e l l o r o
primo disco, d o v e i n u n p a e s a g gio rupestre i n o s t r i a p e t t o n u d o
stanno intorn o a d u n a g n e l l o , c i a scuno con in t e s t a u n c a p p u c c i o d a
Ku Klux Klan. I S i l v e s t e r A n f a n g s i
ripresentano o r a c o n u n u n o d u e
di sicuro impa t t o p e r g l i e s t i m a t o r i
del free folk d r o n i c o e k r a u t , i n u n
momento di f i s i o l o g i c a s t a n c h e z z a
del genere s e s i p e n s a a d e s e m pio all’ultimo i n a s c o l t a b i l e l a v o r o
dei Sunburne d. I l p r i m o d i s c o p e r
Aurora Boreal i s , i n t i t o l a t o K o s m i e s
Slachtafval ( c h e s t a p e r k o s m i c
slaughterhous e s w e e p i n g s / d e b r i s )
consta di due l u n g h i s s i m i b r a n i c h e
impastano tut t i i t r e n d n e r d a t t u a l mente più re d d i t i z i : f r e e , d o o m ,
drone, kraut, r i t u a l , d a r k , w e i r d , i m pro ecc.ecc.. I p a r a g o n i v a n n o f a t t i
direttamente c o n l a t r a d i z i o n e k r a u t
e con certe de r i v e f i n n i c h e , Av a r u s
su tutti, in altr e p a r o l e , l u n g h i s s i m e
jam session d a s t r a f a t t i c o n o r g i a stiche e iper d r o g a t e c o d e d a s a b b a
pagano. Allo s t e s s o l i v e l l o i l d i s c o
su Eclipse. Qu i c i s o n o q u a t t r o b r a ni, registrati i n p r e s a o v v i a m e n t e
diretta, che c o p r o n o t u t t o l ’ a r c o
delle proposte d i g e n e r e , d a l l a j a m
improvvisata, d i n o c c o l a t a , d i s s o nante e dest a b i l i z z a n t e a l l e c o d e
S i x Tw i l i g h t s – S i x Tw i l i g h t s
(Own Records / Wide, 29 giugno
2007)
Genere: ambient dream-pop
S i x Tw i l i g h t s , o v v e r o u n i n t i m o p r o getto di Aaron Gerber, già alla guid a d i A We a t h e r , b a n d d i P o r t l a n d .
S i x Tw i l i g h t s , o v v e r o u n a m a l i n c o nica fusione video-musicale privata. Ad accompagnare le dieci tracce
dell’album, infatti, anche un DVD
atto a unire alla musica nostalgiche
immagini suggestive.
Questa creatura prende così forma tra bisbigli, parole sussurrate,
profili accennati, strade piovose,
cartelli stradali, malinconici riverberi elettronici, chitarre accarezzate, ronzii e pupille sgranate. Dieci
frammenti fatti di sonno, di sogni,
carezze e lacrime, ma soprattutto
fatti di neve. Niente più di questo
s o ff i c e s i l e n z i o s o e l e m e n t o p u ò
rappresentare meglio queste dieci
rilassanti serenate. È la neve che
sussurra silenzio, che evoca sicura tranquillità quando tutto invece
sembra perso irreversibilmente.
Immaginate i Sigur Rós ancor più
eterei ed evanescenti che gelati
dall’altitudine si trasformano in soffici fiocchi di neve e cadono leggeri accompagnati dalle dolci private
s p e r i m e n t a z i o n i s o n o r e d i F e n n esz. Aggiungeteci anche i Múm, gli
Hood e un pizzico di folk bucolico
a l l a Wi l l O l d h a m ( To n i g h t I ’ m L e t t i n g Yo u D r i v e ) e a v r e t e u n q u a d r o
approssimativo di ciò che le vostre
orecchie e i vostri occhi si appresteranno ad assaggiare.
La forma canzone è lontana anni
luce da questi dieci episodi. Non
c’è logica alcuna se non quella
nostalgica e impalpabile dei sentimenti. Sentimenti che ispirano voci
femminili e maschili a sussurrare
dolcemente sopra tappeti elettronicamente nostalgici, sui quali si
adagia quella bianca quiete compo-
s t a d a l l e m a l i n c o n i c h e n ote scatu r i t e d a c h i t a r r e a c u s t i c h e e piano f o r t i . C a n z o n i c h e p r e n d ono forma
d a l n u l l a e c i c a r e z z a n o inavver t i t a m e n t e , p r o p r i o c o m e la neve,
p e r l ’ a p p u n t o . P e r u n a rilassante
e c o m m o v e n t e s e t t i m a n a bianca in
piena estate. (6.7/10)
Andrea Provinciali
Smashing Pumpkins – Zeitgeist
( R e p r i s e / W a r n e r, 1 0 l u g l i o
2007)
Genere: pomp (hard) rock
Z e i t g e i s t è u n a p a r o l a c he in tede s c o v u o l d i r e “ l o s p i r i t o d el tempo”.
E d u n o c o m e C o r g a n n on poteva
s c e g l i e r e u n t i t o l o m i g l i ore per il
s u o g r a n d e r i t o r n o . S i s s i gnori. Gli
S m a s h i n g P u m p k i n s d i nuovo sul
l u o g o d e l d e l i t t o d o p o s e tte lunghi
a n n i d i s i l e n z i o , i n t e r v a l l ati da liste
d i p r o s c r i z i o n e ( l ’ o t t i m o Machina 2/
T h e F r i e n d s A n d E n e m i es Of Mod e r n M u s i c ) , c o n v e r s i o n i religiose
(M a r y S t a r O f T h e S e a , i l sottoval u t a t o d i s c o d e g l i Z w a n ) e fallimen t a r i e s o r d i s o l i s t i ( l ’ a n c o r a più sot t o v a l u t a t o T h e F u t u r e E mbrace).
M a q u a l e s a r e b b e l o s pirito del
t e m p o p e r C o r g a n e i suoi pard
( l ’ i m m e n s o C h a m b e r l i n a l l a batteria
e i d u e n u o v i m a n i c h i n i al basso e
a l l a c h i t a r r a ) ? To r n a r e m usicalmen t e i n d i e t r o d i t r e n t ’ a n n i e d evocare
c o n u n ’ o s s e s s i v a m a c u m ba l’orrido
m a c h o - m e t a l d e i T h i n L i zzy? Per c h é q u e s t o è Ta r a n t u l a , n on a caso
i l p r i m o s i n g o l o e s t r a t t o d all’album:
u n a c a n z o n e c h e f a p i a zza pulita
d i c i ò c h e v e r a m e n t e e r a no i Pum p k i n s – m a g i a , s f i d a , e m o zione – in
f a v o r e d i t u t t o c i ò n o n e r ano i Pum p k i n s – m e s t i e r e , b a n a l i t à, urgenza
d i p a g a r e l e b o l l e t t e a f i ne mese.
D ’ a l t r o n d e , l a n o t i z i a c h e dell’orbi -
sentireascoltare 75
ta corganiana non a v r e b b e r o f a t t o
parte né James né D ’ A r c y f a c e v a
pensare ad una riesu m a z i o n e d i u n
marchio – un brand , d i r e m m o o g g i
– che va forzatamen t e a v a n t i a p r e scindere dai nomi, d a l l a s t o r i a , d a
ciò che i Pumpkins s t e s s i e r a n o .
Una pura operazion e d i m a r k e t i n g
che svela la voglia d e l r e d i Z u c c a landia di (ri)conquist a r e u n p o s t o a l
sole tra le più grand i c e l e b r i t à r o c k
di sempre. E allora c h e i m p o r t a s e
per l’ennesima volta i l n o s t r o B i l l y
si fa accompagnare d a u n a b a s s i s t a
bellissima. E allora c h e i m p o r t a s e
per l’ennesima volta i l n o s t r o B i l l y
si fa accompagnare d a u n c h i t a r r i sta ininfluente e sile n z i o s o . C o r g a n
sceglie i nuovi com p a g n i e l i m a schera come i suo i v e c c h i a m i c i ,
sperando che la ge n t e n o n s i a c corga del trucco e p e n s i d i e s s e r e
torna ta a quel magic o ’ 9 5 , q u a n d o i l
mondo era un vampi r o , l ’ a d o l e s c e n za bruciava nei nost r i c u o r i e p e r s i no Mtv si era finalme n t e i n c h i n a t a a i
nostri eroi. Ma qui n o n c ’ è n u l l a d i
tutto questo. C’è sol o u n a b a n d c h e
alza il ritmo delle su e c o m p o s i z i o n i
ma senza la potenza e l ’ i s p i r a z i o n e
che animavano i pe z z i d i S i a m e se Dream (Doomsda y C l o c k è u n a
specie di riedizione i n e c o n o m i c a d i
Quiet ). Una band ch e n o n t r o v a d i
meglio da fare che i m i t a r e i Q u e e n
con Pomp And Circu m s t a n c e s ( a s soli di Brian May inc l u s i ) . U n a b a n d
che ama suonare c a n z o n i d a s t a dio (Starz) dimentic a n d o s i c h e u n
tempo componeva b r a n i p e r p a r l a r e
al singolo, prima a n c o r a c h e a l l a
massa. Nel mezzo, l a c l a s s i c a o r gia psichedelica tar g a t a P u m p k i n s
di United States – u n ’ e s s e n z i a l e
boccata di ossigen o e d i l a t a z i o n i
strumentali – e le rem i n i s c e n z e s i n tetiche della piacevo l e F o r G o d A n d
76 sentireascoltare
Country (“Who needs this anymore,
come on make it sold, when they
build that cross of death, you won’t
b u i l d a t a l l , i t ’s t i m e t o w a k e u p ” ) .
Zeitgeist delude, quindi. Perché
ci mostra un Corgan che sceglie
l a v i a p i ù fa c i l e – a l z a r e i l v o l u m e
degli amplificatori – per tornare a
far sentire la sua creatura prediletta. E perché è un lavoro pensato
per scatenare struggenti amarcord
tra gli ex adolescenti degli anni Novanta, invece di ridisegnare i confini della musica moderna. Dispiace
scrivere queste righe. Sul serio.
Oltre ad essere suoi grandi fan, ci
ricordavamo di Corgan per le sue
mosse azzardate e allo stesso tempo geniali. Come quando mandava
in stampa un memorabile doppio
album in un periodo che lo vedeva ancora all’ombra di Cobain e di
Ve d d e r. C o m e q u a n d o p u b b l i c a v a
un disco electro-acustico che mand a v a i n s o ff i t t a u n a f o r m u l a s o n o r a
d a d i e c i mi l i o n i d i c o p i e v e n d u t e .
Come quando incideva un onesto
e riuscito cd solista di shoegaze e
synth-pop, mentre il mondo continuava a chiedergli un’altra Bullet
Wi t h B u t t e rf l y Wi n g s .
L a s e n s a z io n e è c h e i l N o s t r o s i
sia alla fine arreso, venendo a patti
c o n l a p r o pr i a c o s c i e n z a a r t i s t i c a e
con i propri principi. È tornato ad
essere, insomma, un topo in gabbia. Ma non sembra esserci rabbia
in lui. Solo rassegnazione. (4.5/10)
Manfredi Lamartina
P a o l o S o r g e & t h e J a z z Wa i t e r s
- Slow Food (Improvvisatore
Involontario / Wide, 23 maggio
2007)
Genere: jazz
Un quartetto un po’ così, atipico
a prescindere, con quella chitarra
elettrificata e il trombone a ricamare sul tappeto ritmico di batteria e
contrabbasso. E bizzarro il giusto,
giocoso con propaggini meditabonde quando non insidiose, parente
del Mirko Guerrini che mischia
devozione e dissacrazione, nostalgia e avanscoperta. Paolo Sorge, il
chitarrista e mentore dell’operazione, è un classe ‘68 con il palmares
già nutrito di collaborazioni eminenti (da Paolo Fresu a Maurizio
Giammarco passando per Gianluigi
Tr o v e s i) e u n d i s c o i n t r i o ( Tr i nkl e Tr i o, A u a n d 2 0 0 3 ) d e d i c a t o alla
d e c o s t r u z i o n e e r i c o s t r u z i o n e del
v e r b o m o n k i a n o . M o n k c h e a l eg g i a i n f i l i g r a n a n e l l e s e t t e t r a cce
d i q u e s t o S l o w F o o d ( s e n t i t e v i la
s g h e m b a p e n s o s i t à d i L i n e r a ) per
f a r s i e v i d e n t e n e g l i s b u ff i s g h e mbi
e spasmodici di Paranatole.
A n c h e s e , a d i r e i l v e r o , l a t e n s i one
a r g u t a d i p e z z i c o m e l ’ i n i z i a l e C l es s i d r a , l ’ a s s o r t a s c i o l t e z z a “ l a t i n tin g e ” d i S c a p p a o i l f a s c i n o o m b r oso
d i B l u e r i m a n d a n o a l l e a t m o s f ere
B l u e N o t e d e i s e s s a n t a , a q u e l fa s c i n o s o s p e r i m e n t a r e t r a i l s e r i oso
e l ’ a c c a t t i v a n t e c h e s u o n a a n c ora
o g g i c o m e u n i n v i t o a s i n t o n i z z a re i
p e n s i e r i v e r s o f r e q u e n z e p i ù s o t tili.
L a c h i t a r r a v a g a m e n t e S c o f i e l d di
S o r g e e d i l t r o m b o n e a r g u t o e un
p o ’ s a l t i m b a n c o d i To n y C a t t ano
g i o c a n o a b l a n d i r s i e d i n s e g u i r s i nel
t e a t r i n o d r a m m a t u r g i c o d e l l a q u i eta
i r r e q u i e t e z z a , v a g o l a n o t r a v a mpe
i m p r o c o n l a l i n e a d e l t r a g u a rdo
s e m p r e a l c e n t r o d e l l ’ o b i e t t i v o ed
i l m o o d s a l d a m e n t e a l g u i n z a g lio.
A l l a f i n e i l c e r c h i o s i c h i u d e con
s a p i e n z a : l a p a l p i t a n t e r i l e t t u r a del
P r e l u d e O p . 4 8 n . 2 d i S c r i a b i n può
l i b e r a r e t u t t o i l s u a d e n t e a b b an d o n o d i r o m a n t i c i s m i m a i d a v v ero
p a s s a t i . U n p i a t t o d a a s s a p o r arsi
m o l t e v o l t e . S e n z a f r e t t a . (7 . 1 /1 0 )
Stefano Solventi
Spoon – Ga Ga Ga Ga Ga (MergeAnti / Self, 6 luglio 2007)
Genere: indie rock, pop
S h i n s , M o d e s t M o u s e , O f M on t r e a l … s e m b r a c h e i v e t e r a n i del l ’ i n d i e a s t e l l e e s t r i s c e – q u e l l i che
e s o r d i v a n o u n a d e c i n a d ’ a n n i f a in
c o n t e s t i d i n i c c h i a , p e r c a p i r c i - si
s i a n o t u t t i d a t i a p p u n t a m e n t o q ue -
st’anno per il t a n t o a t t e s o “ b o t t o ” ,
soundtrack di S t r a n g e r T h a n F i c -
i quattro trovino paradossalmente
nel disco “sbagliato” un cavallo di
Tr o i a p e r l ’ E u r o p a . E , c r e d e t e m i ,
n o n s a r e b b e a ff a t t o u n p e c c a t o , c h é
g l i Sp o o n s o n o u n a b o m b a a d o r o logeria pronta a scoppiarti in faccia
quando meno te l’aspetti. (7.0/10)
tion, apparizi o n i n e i m a g g i o r i t a l k
Antonio Puglia
in U.S. e all’e s t e r o . C o m e l a m e t t i a mo allora con g l i S p o o n ? 1 7 0 . 0 0 0
pezzi venduti d e l p r e c e d e n t e G i mme Fiction, c a n z o n i s u T h e O . C . e
Veronica Mar s , r u o l o d a s t a r n e l l a
show naziona l i , f a n v i p c o m e S t e phen King… c e n ’ è a b b a s t a n z a p e r
fare della ba n d d i A u s t i n u n c a s o
para-mainstre a m ( à l a B r i g h t E y e s ,
ecco). Il prob l e m a è c h e l a c o s a
non riesce ad a n d a r e o l t r e L i b e r t y
Island; a parte g l i e n t u s i a s t i s e g u a ci della scena i n t o r n o a l l a M e r g e e
qualche adde t t o a i l a v o r i , a l d i q u à
dell’Atlantico B r i t t D a n i e l e i s u o i
non hanno a n c o r a g u a d a g n a t o l o
status di sem i - i n t o c c a b i l i d i c u i g o dono all’intern o d e i c o n f i n i p a t r i i .
Chissà se Ga G a G a G a G a, s e s t o
album in 12 a n n i ( t u t t i s p e s i i n u n a
corsa in avan t i , u n e x c u r s u s d e g n o
delle migliori f a v o l e i n d i e ) , r i u s c i r à
nell’ardua im p r e s a d i c o n q u i s t a r e
definitivamen t e i l v e c c h i o c o n t i n e n te. Il dubbio è l e g i t t i m o , p e r c h é s e
messo accant o a l l ’ a u r e o p r e d e c e s sore, non ha l a s t e s s a t e n s i o n e ,
profondità e a u t o r i t à , n é v a n t a u n
totale inno ja n g l e - p o p c o m e S i s t e r
Jack . Ha però u n a t r a c c i a i p n o t i c a
come The G h o s t O f Yo u L i n g e r s
(spettrali acco r d i d i p i a n o i n “ s t a c cato” à la Joh n C a l e , p i ù t r e l i n e e
vocali sovrapp o s t e ) ; h a D o n ’ t M a k e
Me A Target , c h e p r o v a a r i p r e n d e re da dove l e t e n s i o n i T h e B e a s t
The Dragon A d o r e e M y M a t h e m a tical Mind ave v a n o l a s c i a t o ; h a d u e
gemme pop-s o u l B e a t l e - s p e c t o r i a ne del calibro d i Yo u G o t Y r C h e r r y
Bomb e Fine r F e e l i n g s , c h e c i r i cordano quan t o a D a n i e l e a l l a s u a
ugola lennoni a n a p i a c c i a n o l e a r i e
sixties; ha un a c h i u s u r a e p i c o - c i nematica com e B l a c k L i k e M e , c o n
il suo dovero s o s f o g g i o d i s t o ff a .
Il resto va b e n e p e r u n d i s c h e t t o
essenziale e r u ff i a n o q u a n t o b a sta (il funk à l a C a k e d i E d d i e ’s
Ragga , l’apot e o s i f i a t i s t i c a d i T h e
Underdog , le c o n s u e t u d i n i P i x i e s
opportunamen t e
ritmate
di
Don’t
You Evah ), g i u s t o a l l ’ a l t e z z a d e g l i
standard indi e p o p r o c k d ’ o g g i d ì ,
ma - parrebb e q u a s i - s e n z a s f o r z i
eccessivi. Po t r e b b e p e r ò a c c a d e r e
che, con i tem p i s t r a n i c h e c o r r o n o ,
S t a r s – D o Yo u Tr u s t Yo u r
Friends?
(Arts
&
Crafts
/
Audioglobe, 22 maggio 2007)
Genere: indie-pop
Lo dico subito. Non mi piacciono i
remix, non ne capisco l’utilità e in
questo caso addirittura si ripercorre
u n d i s c o i n p a r t i c o l a r e ( S e t Yo u rself On Fire del 2005) con tutto un
corollario di versioni alternative…
Esistono comunque le eccezioni.
Sì perché questo disco sembra un
disco a sé per tre quarti. Un buon
disco indie-pop senza fronzoli, con
qualche momento inebriante, altri
p a s se g g e r i e p o c o i n t r i g a n t i e a l t r i
ancora freschi, pieni di idee, frizzanti.C’è pure tutta l’intellighenzia del Canada indie che conta, e
questo è pure un buon segnale. E
allora via con una One More Night
rifatta dai sottovalutati Apostle Of
Hustle (il progetto pseudo solista
del chitarrista principale dei Broken Social Scene Andrew Whiteman) con la salsedine pop fra le
dita che maneggiano il basso e il
synth, un’ariosa e leggermente
shoegaze He Lied About Death proposta da quel gioiellino indie rock
che sono i Metric, una catartica
e soleggiata Soft Revolution che
nelle mani degli Stills diventa una
splendida cavalcata rock desertica e una Ageless Beauty che nelle
corde dei Most Serene Republic si
trasforma in una perla di svagato
a c c en n o b l u e g r a s s m a n t e n e n d o i l
c a n t a t o o r i g i n a l e … L’ a p i c e d e l d i sco è però toccato già nell’incipit
dei Final Fantasy, che fanno div e n t a r e Yo u r E x - L o v e r I s D e a d u n
bijou malinconico e pianistico come
l o p e n s e r e b b e u n Ya n n Ti e r s e n o
un Max Richter. Il resto vive fra
il medio ed il passabile ma non si
conta neanche un capitombolo imbarazzante, il che è ovviamente un
miracolo in operazioni del genere.
Rimane una compilazione gustosa,
che sa di album nuovo poiché non
c ’ e n t r a a s s o l u t a m e n t e nulla con
l ’ a l b u m c h e l ’ h a i s p i r a t o . E allora
b e n v e n g a n o . C ’ è d a f i d arsi degli
a m i c i e v i d e n t e m e n t e … ( 6 .7/10 )
Alessandro Grassi
S t e r e o To t a l - P a r i s B e r l i n
(Disko B / Audioglobe, giugno
2007)
Genere: kitch mittel
age punk pop
Q u e l c h e f a n n o s o n o p i ù bravi di
n o i a d i r l o . P a r i s - B e r l i n è un ritor n o a l l o - f i t r a r o c k ’ n ’ r o l l e chanson
e r i s p e t t o a i d u e d i s c h i c he l’hanno
p r e c e d u t o è d i r e t t o , w a ve e poco
s i n t e t i c o - d i s c o . L o r o s o n o nudi in
c o p e r t i n a e n o i s i t r e m a a metterlo
n e l l e t t o r e , p e r c h é d o p o la sbron z a s t e r e o t o t a l e d e l l a c o m pila Party
A n t i c o n f o r m i s t e u s c i t a q uest’anno
è d i ff i c i l e p e n s a r e a u n nuovo di s c o p i e n o d ’ i r r e s i s t i b i l i mittel-hit,
s o p r a t t u t t o q u a n d o i l d u o minaccia
d i t o r n a r e a l l e o r i g i n i c o n registra z i o n i a q u a t t r o p i s t e a p p ena spor c a t e d a c h e a p s y n t h s b a razzini. E
l e o p e r a z i o n i b r i n g i t b a ck , si sa,
s o n o c o s ì , u n g r u p p o a r riva a un
p u n t o d o v e p r o s e g u i r e p e r la strada
d e l l a s o f i s t i c a z i o n e ( D o The Bam b i) è c o n t r o p r o d u c e n t e e allontana
d a l f o r m a t p r e d i l e t t o . C o s ì il ritorno
a l l e o r i g i n i p o r t a a p e r i c olosi con f r o n t i c o n l e o r i g i n i s t e s s e. Di fatti
è a n d a t a p r o p r i o m a l u c c i o , la nuova
t r a c k l i s t è a u t o - r e v i v a l i s ta e priva
d i c l a s s i c i i s t a n t p o p . I b e gli scambi
l i n g u i s t i c i t r a G ö r i n g e C a ctus sono
p r a t i c a m e n t e s c o m p a r s i per rincor r e r e i l m i t o d e l l e v e l o c i p illole elet t r o - p o p - p u n k e q u a l c h e ballatina
s e m i s e r i a d e l l e l o r o . E c ’ è poco da
f a r e : L o l i t a F a n t o m e , u n a canzon c i n a c h e s o l i t a m e n t e l a C actus non
sentireascoltare 77
sbaglia mai è da sb a d i g l i o a m i t r a glietta, l’altrettanto t i p i c o a n t h e m
femminista Patty He a r s t à l a C l a s h
fa nostalgia e non co m u n i c a l a s c a n zonatezza da rosse t t o s b a v a t o c h e
dovrebbe dare. Il re s t o è u n b o o merang: il punk pop ( + c h e a p e l c t r o
spazialoide) Kusse A u s D e r H o l l e
Der Musik è autom a t i c o m a n o n
come il pop che gen i a l m e n t e c a v a l carono quattro anni f a , M e h r L i c h t
sbaglia il mid-tempo r o c k b a l l e r i n o
e la pista si svuota, l a g a g c a r t o o n Sigue Sigue Sputnik ( c o m e d i r e l a
versione Barbie pun k d e l l ’ o m o n i m a
band degli Ottanta) è c o n c i s a c o m e
dovrebbe sì, ma que l “ p l a s t i c ” d e l l’omonimo brano rip e t u t o d i t r o p p o
fa capire tante cose. I n u t i l e r i g i r a r e
il coltello nella piaga , g l i S t e r e o To tal sono un duo d’e m u l i c h e s u o n a
à la Stereo Total.
C’è il salvabile tra le p i e g h e e p e n siamo al funk regga e d i Ta Vo i x A u
Telephone (un incr o c i o t r a d r e a dlock e discomusi c ) , o p p u r e a l
rockabilly Ich Bin D e r S t r i c h e r j u n ge con Going stralu n a t o e b e v u t o
come lo vorremmo s e n t i r e s e m p r e .
Ma non è proprio il c a s o d i e s s e re indulgenti. Loro d i c o n o “ T h i s i s
Punk, this is Rock ’ n ’ R o l l , t h i s i s
modern Music! ”, m a q u i s i t r a t t a
d’essere feticisti e s e u n p o ’ i l o r o
fan lo sono, noi pre f e r i v a m o i l g e nio al latex. ( 4.5/10 )
Edoardo Bridda
Strategy – Future Rock (Kranky
/ Wide, giugno 2007)
Genere: elettronica
Paul Dickow è un p e z z o d i s t o r i a
Kranky. Già in Font a n e l l e e N u dge, ora si nasconde d i e t r o l a s i g l a
Strategy e manda a v a n t i l a C o m munity Library label . U n o d a l p a l a -
78 sentireascoltare
to fino, che ha sempre fatto della
giustapposizione di elementi eterogenei la matrice primaria delle sue
i d e e . O r a co n q u e s t o t e r z o d i s c o s i
supera, andando a miscelare nel
calderone elettronico anche frammenti sparsi di passate composizioni, ottenendo come risultato un
super crossover elettro dance, che
sporca ora di dub, ora di house,
o r a d i d i s c o a n n i ’ 7 0 . C e r t i e ff e t t i s i
mantengono miracolosamente sul
crinale tra la maniera e il kitch sott o v u o t o s p in t o . S o n o c o s e c o m e l a
voce trattata e certe tastierine che
scimmiottano la black music dei bei
tempi andati, che fanno sorridere
e si ficcano maliziose tra un orecchio e l’altro, scendendo giù a soll e c i t a r e i l b a c i n o . S t r a t e g y, s e n z a
mai sfociare nella dance da balera,
mette in piede una simil febbre del
sabato sera con le malizie dolci di
Can’t Roll Back e Phantom Powered. Si intuisce una voglia di tornare alle origini, anche con le altre
strizzatine d’occhio: cocktail music
( S t o p s S p i n n i n g ) , k r a u t ( Wi n d s w e p t
(Interlude), Sunfall (Interlude)),
dub (Running On Empty). La sintesi
migliore di tutto questo la raggiunge con Red Screen che riadatta una
precedente Blue Screen dei Nudge.
Il rock del futuro di Strategy non è
ironicamente moderno, bensì modernariato ironico, ciò non toglie
che si lasci ascoltare sia pure con
un po’ di indulgenza. (6.3/10)
Antonello Comunale
Tiny Vipers - Hands Across The
Vo i d ( S u b P o p / A u d i o g l o b e , 2 3
luglio 2007)
Genere: folk songwriter
Immaginate una Joanna Newsom
minimale. O, se avete l’immaginazione che galoppa, il frutto di una
n o t t e d i s es s o l i v i d o t r a N i n a N a s t a s i a e J a s o n M o l i n a. O p p u r e ,
se siete di quelli che amano farla
piovere dall’alto, una Nico versante folk con lo charme parecchio
sdrucito. Qualcosa di tutto ciò abita
il repertorio (originale) di Jesy Fort i n o , i n a r t e Ti n y Vi p e r s . L a q u a l e ,
armata di chitarra e un’anima da
sbucciare, usava proporlo fino a
p o c o f a s u m o d e s t i p a l c h i n e i c a ff è
e nei bookshop di Seattle. Finché
la sempre attenta Sub Pop non ha
d e c i s o d i s c r i t t u r a l a , c o s ì d a r i tro v a r c i o g g i a f a r e i c o n t i c o n u n ’ a ltra
c a n t a n t e c r u d a , o m b r o s a , e v o c ati v a . D i t e c h e n o n s e n e s e n t i v a il
b i s o g n o ? P u ò e s s e r e . M a g a r i p erò
c o n c e d e t e u n o r e c c h i o a l l a f e r vida
t e n e r e z z a v a l z e r s p a l m a t a t r a de s e r t o m o j a v e e p r a t e r i e b r e t o n i di
O n T h i s S i d e , a l l ’ a n g o s c i a i n g oia t a d a c a l i g i n i s i n t e t i c h e d i F o r est
O n F i r e , a l c a r i l l o n i n d o l e n z i t o di
A r o n , a l d o n d o l i o s p e r s o e i e r a tico
di Campfire Resemblance.
C h i t a r r e p e r l o p i ù a c u s t i c h e , dal l a f r a n c h e z z a l e g n o s a , a l p i ù una
E - b o w a c a r e z z a r e i m i n i m i p a lpi t i d i S h i p w r e c k . L a p a r c a m a pre g n a n t e d i s c r e z i o n e d e i s y n t h . Una
v o c e c h e c a n t a e c o n t r o c a n t a p ea n a a g r i , t r a v u l n e r a b i l e a b b a n d ono
e c a r n o s o m a l a n i m o . L a s c r i t t ura
s c h e l e t r i c a e t o r m e n t a t a , c a p a c e di
a l l e s t i r e c o n S w a s t i k a u n a s o r t a di
m i n i - s u i t e , p r i m a p r o c e s s i o n e b igia
p o i f o l k a r g u t o , c o s ì c o m e l a c on c l u s i v a T h e D o w n w a r d g i u s t a p p one
f o l k a n g o l o s o , a c i d a m e d i t a z i one
e m a l a n i m o r a p p r e s o i n u n a l e nta,
s u a d e n t e s p i r a l e . O k , f o r s e n o n ce
n ’ e r a b i s o g n o . P e r ò n i e n t e m ale.
( 6 . 7 /1 0 )
Stefano Solventi
The Loungs – We Are The
Champ – (Akoustik Anarkhy /
Goodfellas, giugno 2007)
Genere: (meta)pop
C h i h a g i à a p p r e z z a t o i l p o p r e trom a s s i m a l i s t a d e i r e c e n t i B e e s e The
A l i e n s a n d r à i n b r o d o d i g i u g g iole
p e r q u e s t o d e b u t t o d e i L o u n g s , sei
r a g a z z o n i c h e f a n n o c a p o l i n o da
S t . H e l e n s , n o r d e s t d e l l ’ I n g h i l t e rra,
e s i p r e s e n t a n o c o m e u n o d e i n omi
d i p u n t a d e l l a n e o n a t a l a b e l m an c u n i a n a A k o u s t i k A n a r k h y. C o n at -
titudine amab i l m e n t e f o l k l o r i s t i c a ,
il combo sfog g i a u n ’ e n c i c l o p e d i c a
padronanza d i a r r a n g i a m e n t i e l i n guaggi dai ‘’6 0 ( i n p r e v a l e n z a ) a d
oggi, mettend o i n s i e m e f a n t a s i a e d
eclettismo - c i r c a a l l a G o m e z - i n
un flusso inin t e r r o t t o d i s t i l i e g e neri. Quel che è p i ù b e l l o , l o f a c o n
la sana (leggi : a l c o l i c a ) g o l i a r d i a d i
certi anglosas s o n i .
We Are The C h a m p è u n a s b r o n z a
collettiva a b a s e d i p o p , f o l k , p s i chedelia, wav e e s c i n t i l l e i m p a z z i t e
di elettronica ( v i n t a g e e n o n ) , d o v e
il surf californ i a n o d e i B e a c h B o y s
può essere in t o n a t o i n u n a c c e n taccio nordico ( G o o g l y M o o g l y ) , u n
madrigale ba r r e t t i a n o d i v e n t a u n a
festa di fiati s k a ( A l l Yo u r L o v e ) ,
ruvidi accordi p u n k s f o c i a n o i n u n
folk rock den s o d i a r m o n i e R . E . M .
( Electric Lig h t s ) , s c o s s e e l e t t r i che XTC ( Cl a n c y ’s S t o m p , S e e n
My Baby Da n c i n g ) s i a ff i a n c a n o
a ubriachezz e s i m i l - P o g u e s (D i g
That Do ) e sc a t e n a t i b o o g i e H o u s e martins ( Arma g e d d o n O u t t a H e r e ) ,
anomalie ind i e t r o n i c h e ( i l f i n a l e
di In Winter C o a t s ) c o n v i v o n o c o n
umori celtici ( T h r o u g h o u t I t A l l ) . U n
altro dischetto d i ( m e t a ) p o p , p e r a l tro molto dive r t e n t e ; a t r a t t i g e n i a le, diremmo, n e l l a s u a b a l o r d a g g i ne orchestrata . ( 7 . 0 / 1 0 )
Antonio Puglia
The North Sea - Exquisite Idols
( Ty p e / W i d e , 2 6 m a r z o 2 0 0 7 )
Genere: freak folk
Che tipo, que s t o B r a d R o s e d a Tu l sa. Uno che v i v e l a f r e g o l a s t r a n ge-folk in og n i m o d o : t i r a a v a n t i
un’etichetta l i m i n a r e e m u l t i s f a c cettata come l a D i g i t a l I n d u s t r i e s ,
dirige la webz i n e F o x y D i g i t a l i s , s i
palesa musica l m e n t e s o t t o m e n t i t e
e svariate spoglie. Ultimo moniker
conosciuto, appunto, questo The
North Sea, che debutta all’insegna di freakerie tanto nostalgiche
quanto avant, danze elettroacustiche ad alzare la polvere di strade
appalachiane, a scomodare umori
gotici, blues avariati, ugge esotic h e e t r e m i t i i n d i ff e r i t a d a C t h u l h u .
B r a d, a i u t a t o d a u n m a n i p o l o d i
amici provenienti dalla sua “orbita”,
ci elargisce con Exquisite Idols un
p a c ch e t t o d i a s t r u s e v i b r a z i o n i - t u
chiamale, se vuoi, “eerie” - che non
disdegnano di bazzicare dalle parti
d e l c u o r e , c o m e u n A l e x a n d e r Tu cker tolto un bel po’ di oltranzismo.
Chitarre che ciondolano cosmiche
e brumose, tastiere lunari, tamburelli stentorei, sitar lagnosi, percussioni sfarfallanti, flauti ectoplasmatici, clavicembali misterici, sax
f e l p a t i , v o c e s p a m p a n a t a . L’ i n i z i a l e
Eternal Birds è come introdursi in
un giardinetto eniano dimenticato,
poi attacca l’incantevole sdilinquimento di Guiwenneth of the Green
G r a s s, q u i n d i We C o n q u e r e d t h e
G o l de n A g e g a l l e g g i a s e n z a t e m p o
né meta né appigli sulle tracce di
c i v i l tà c a l p e s t a t e , e i l r e s t o c h e v e
lo dico a fare. Adoro questo genere
d i c os e . C e r t o , s o n o f o g g e t a l m e n t e
out of season da sgualcirti l’anima.
S o p ra t t u t t o , a h i m è , m a n c a i l g u i z z o
che possa far drizzare le antenne al
di fuori della cerchia dei bendispos t i . S i e t e a v v i s a t i . (6 . 3 /1 0 )
Stefano Solventi
f o n d e r e a l l ’ a l b u m u n a m aturità sti l i s t i c a r a r a m e n t e r i n t r a c c iabile agli
e s o r d i : e c c o p e r c h é q u e sto album
s e m b r a t u t t o t r a n n e c h e il loro de butto assoluto.
S i c u r a m e n t e t u t t o c i ò v a a discapi t o d i q u e l l ’ u r g e n z a s o n o ra che in v e c e è p r o p r i a d e l l e p r o ve prime.
E ff e t t i v a m e n t e
nelle
o t to
tracce
c h e c o m p o n g o n o q u e s t o l entissimo
c o n d e n s a t o p o s t - r o c k n o n sono re g i s t r a t e n é a p e r t u r e p r o f o ndamente
m e l o d i c h e n é e s p l o s i o n i di suono in
c r e s c e n d o . M a l o d e v o l e e degna di
n o t a è l a l o r o r i c e r c a s o n o ra, la loro
c u r a p e r o g n i s i n g o l a n o ta. Niente
è f u o r i p o s t o : i n s e r t i p ercussivi,
s i n t e t i z z a t o r i , p a r t i t u r e s infoniche,
o r g a n i , c h i t a r r e a c u s t i c h e, tastiere
r i e s c o n o p e r f e t t a m e n t e a convivere
s e n z a m a i s o v r a c c a r i c a r e troppo il
s u o n o . I l g i u s t o d o s a r e g l i elementi
r i s u l t a d i u n a p e r f e z i o n e quasi ma niacale.
L e i n f l u e n z e p i ù e v i d e n t i sono quel -
The World On Higher Downs
– Land Patterns (Plop / Wide, 6
luglio 2007)
Genere: post-rock
T h e Wo r l d O n H i g h e r D o w n s è u n
a m b iz i o s o q u a r t e t t o s t a t u n i t e n s e
che muove i suoi primi ma sicuri
p a s si s u t e r r i t o r i t r a d i z i o n a l m e n t e
post-rock. Ambizioso perché Land
Patterns, nonostante rappresenti il loro esordio discografico, è il
prodotto finale di una longeva e
s o l i da c o l l a b o r a z i o n e t r a i q u a t t r o
componenti della band. Quest’ultimi, provenienti da città diverse del
Wisconsin, sono tutti eccelsi polistrumentisti in grado di coniugare
perfettamente strumentazioni acustiche a suoni digitali. È proprio
la maestria tecnica dei Nostri a in-
l e d i b a n d d a l c a l i b r o d i Stars Of
T h e L i d e L a b r a d f o r d, con l’ag g i u n t a d i u n s o t t o f o n d o elettronico
a l l a F e n n e s z. M o l t o l o n t ane invece
s o n o q u e l l e s h o e g a z e c h e i Nostri
r i p o r t a n o s u l l a l o r o p a g i na di My s p a c e ; f o r s e s o l t a n t o i n qualche
e p i s o d i o ( S u n C o u r t ) a lcune at m o s f e r e r i e s c o n o a e v o c are quelle
s o m m e s s e e n o s t a l g i c h e t ipiche de g l i S l o w d i v e.
U n i c a n o t a d o l e n t e è r appresen t a t a d a l f a t t o c h e l a l o r o proposta
m u s i c a l e r i m a n e s e m p r e sospesa
staticamente
sulla
s t e s sa
quieta
d i m e n s i o n e ; d i ff i c i l m e n t e vengono
t o c c a t i a l t i e b a s s i , p i e n i e vuoti.
L’ a l b u m r i s u l t a c o s ì f i n t r oppo omo g e n e o e r i p e t i t i v o : g l i e pisodi che
l o c o m p o n g o n o f i n i s c o n o per asso -
sentireascoltare 79
migliarsi tutti tra loro . E c c o c h e f o r se una certa ingen u a s p o n t a n e i t à
propria dei debutti, i n q u e s t o c a s o ,
non avrebbe fatto al t r o c h e g i o v a r e
al risultato finale, a n d a n d o c o s ì a
coronare perfettame n t e q u e l l a a l tissima ed encomia b i l e p r e c i s i o n e
stilistica dei The Wo r l d O n H i g h e r
Downs. ( 6.3/10 )
Andrea Provinciali
gruppo vero e proprio che si forma
in modo non estemporaneo e impiega chitarre acustiche ed elettriche al posto degli strumenti tradizionali. Inaudito, quindi. Per loro
come per noi.
Da qui del Mediterraneo c’è da restar ulteriormente sorpresi, anzi
stupefatti, da cosa si ascolta in
questo
loro
terzo
lavoro,
rispo-
sta a un già sensazionale Amassakoul vecchio ormai due anni e
mezzo. Un John Lee Hooker ancor più scarno che si concede a
ipnosi da psichedelia californiana
(Ikyadarh Dim naviga tra le stelle, impalpabile e notturna), corroborato da reiterazioni minimaliste
che si prendono il lusso di sconfinare nel kraut rock (l’incredibile
Assouf) e flettono i nervi con un
Ti n a r i w e n – A m a n I m a n : Wa t e r I s
Life (Independiente / Ponderosa,
febbraio 2007)
Genere: desert blues
Vi e n e q u a s i d a m e t t e r l a i n s e c o n do piano la musica, parlando dei
Ti n a r i w e n , p o i c h é l a l o r o v i c e n d a
umana possiede una tale profonda
e drammatica pregnanza da sop r a ff a r l a . P o i c i s i r i p e n s a e s i r i conosce quanto le due cose siano
inestricabilmente congiunte, come
una non sarebbe ammissibile senza l’altra e viceversa. Sono rivoluzionari con la chitarra in mano,
c o s t o r o . S u l s e r i o , p e r ò , a d i ff e r e n za di chi va in giro a sostenerlo e
vive - come me e voi che leggete,
c’è poco da fare - in un opulento
mondo occidentale sempre più arroccato su se stesso e i propri privilegi. Sono i famosi “uomini blu”,
tribù nomade del deserto che in
tanti hanno provato vanamente a
domare (Arabi, Francesi, il governo del Mali) o sfruttato per i propri
fini (Algeria e Libia). Spaventano
chiunque perché non hanno casa,
ma una cultura - orale e parecchio robusta - eccome. Ed è al suo
nocciolo che l’ensemble guidato
da Ibrahim Ag Alhabib costituisce meravigliosa eccezione, primo
80 sentireascoltare
To r i A m o s - A m e r i c a n D o l l
Posse (Epic, 1 maggio 2007)
Genere: rock/pop
U n a To r i A m o s t e a t r a l e e t o r r e n zia l e , a l a m b i c c a t a e s c h i z o i d e ( c i n que
i p e r s o n a g g i i n c a r n a t i , o g n u n o ri -
sentore funk. Assente la batteria,
c o n d u c i b i l e a d u n a d i v i n i t à gre -
ci si fa caso solo dopo parecchi
c a ) , r a z z o l a n e i m o d u l i e s p r e s sivi
ascolti, sostituita egregiamente da
d e l p a s s a t o t e n t a n d o d i c o n i u g arli
percussioni e battimani che fanno
a l p r e s e n t e , g i o c a n d o a m e t t ersi
uno con litanie vocali febbrili pros-
i n g i o c o c o n l a s i c u m e r a d i c h i ha
sime a Nusrat Fateh Ali Kan (Cler
a p p e n a v e r i f i c a t o l a s a l d e z z a del
Achel), avviluppate tra loro in stile
s a l d o ( a r t i s t i c o e c o n t a b i l e ) . Ve nti -
r a i ( I m i d i w a n Wi n a k a l i n , M a n o D a -
t r è l e t r a c c e i n p r o g r a m m a , b o nus
yak) o scosse da riverberi di corde
c o m p r e s i , p e r c u i c ’ è m o d o d i s e ntir
( To u m a s t ) .
Musica meditativa anche, scarna
come solo chi dimora tra sassi e
s a b b i a , b r u c i a t o d a l s o l e e g r a ff i a to dal vento e dalla vita, può permettersi di maneggiare (Soixante
Tr o i s o n d e g g i a d o l e n t e s u N i l o e
Mississippi; la chiusura Izarharh
Te n e r e l e v i t a s i n o a l l ’ i n d i c i b i l e ) ; s i
radica in uno ieri così inesauribile da vibrare autorevole, graziato
da una produzione - curata dal loro
fan Justin Adams, chitarrista della band di Robert Plant che molto
ha fatto per propagandarne il nome
- miracolosamente attuale senza
snaturare l’estrema peculiarità del
suono. Che sa farsi gioioso e sorrid e n t e i n M a t a d j e m Yi n m i x a n o p p u r e
s f e r z a r e c o n Ta m a n t Ti l a y , a l p u n t o
r i s u o n a r e n e i p a d i g l i o n i m a s c he r a t e s t o m p e v a m p e b o o g i e , i n vo c a z i o n i s o u l e c i o n d o l a m e n t i f olk,
b i g n a m i r e m m i a n i e d e r r e b ì a s pri g n i , b a r a c c o n i p o s t - g l a m e b a r l umi
pop-wave.
Ta n t i e v a r i q u i n d i i c o l p i i n c an n a , p r o b a b i l e c h e a q u a l c u n o rie s c a l ’ i m p r e s a d ’ i p n o t i z z a r e q u a l che
p l a y l i s t r a d i o f o n i c a . I n f o n d o , v isto
q u e l c h e g i r a i n t o r n o , s a r e b b e au s p i c a b i l e . L’ i n c a l z a n t e B o u n c i n g Off
C l o u d s , a d e s e m p i o , i l p e z z o che
E l i s a h a s e m p r e s o g n a t o d i s c rei v e r e . O l a t e n e r e z z a s t r o p i c c i a t a di
A l m o s t R o s e y , d a l l e e l e t t r i c h e in f i o r e s c e n z e A O R . O p p u r e - p e r ché
n o ? - l ’ i m p u d e n z a a p p i c c i c o s e t t a di
Digital Ghost.
che le tragedie di chi gli infonde
M a s e q u e l c h e c e r c a t e è i l r api-
forza paiono svanire, esorcizzate
m e n t o f e r i t o , s t r u g g e n t e e i p e r bo -
per una manciata di minuti. Dona
l i c o d e i b e i t e m p i , l a s c i a t e p e r de -
dipendenza Aman Iman e, cosa di
r e . A l m a s s i m o p o t r e t e d i s t i l l are
questi tempi assai rara, ha dalla
u n a s t r u g g e n t e G i r l D i s a p p e a ring
sua una magia che non sai se defi-
a ff o g a t a i n e m u l s i o n e d ’ a r c h i , o le
nire antica o moderna. E’ l’unione
vampe angosciose di Code Red, o
fra le due, che entra sottopelle per
l a r o c a i n v o c a z i o n e d i Yo G e o r ge .
non abbandonare più. (8.0/10)
P e r f a r q u e s t o p e r ò d o v r e t e s o r bir -
Giancarlo Turra
v i i m p r o b a b i l i c a r i c a t u r e P J H a r vey
( Body And So u l ) , m a z u r c h e t t e b a l caniche più ci a r l i e r e c h e a l t r o ( Ve l vet Revolutio n ) , s c u l e t t a m e n t i d a
scolaretta al p r o v i n o d i s a r a n n o f a mosi ( Teenag e H u s t l i n g ) e r a m a n z i ne da zia un p o ’ t a r d o n a ( d i J o a n n a
Newsom com e i n D e v i l s A n d G o d s ,
di Frida Hyvo n e n c o m e i n M r B a d
Man ...).
Insomma, qu e s t o A m e r i c a n D o l l
Posse s’impe g n a e s ’ i n g e g n a , m a
non ce la fa a r e n d e r e d e g n a m e n t e
giustizia ai ci r c a v e n t i a n n i d i c a r riera della ca n t a u t r i c e d i N e w t o n .
Ogni bizzarria è b e n p a t i n a t a . P o chi i brividi. D i q u e s t i u l t i m i , n e s s u no che scenda d a v v e r o i n p r o f o n d i tà. (5.3 /10 )
Stefano Solventi
Tr e m b l i n g B l u e S t a r s – T h e
Last Holy Writer (Elefant /
Goodfellas, giugno 2007)
Genere: indie pop
Trembling Bl u e S t a r s
è l’ultimo
progetto di B o b b y Wr a t t e n ( d a g l i
storici Field M i c e s u S a r a h R e cords ai North P i c t u r e L i b r a r y ) c h e
prosegue - or m a i a l s e s t o a l b u m - i l
suo percorso s i n d a m e t à ‘ 9 0 n e l
segno di un in d i e - p o p s o ff i c e e d a l
retrogusto m a l i n c o n i c o . L a r i c e t ta è ormai no t a e n o n s i d i s c o s t a
granché negl i a n n i , c r i s t a l l i z z a n d o
la produzione d e l g r u p p o i n u n s u o no “classico”, c h e v i a g g i a t r a g u i t a r
pop, drum m a c h i n e , p r o g r a m m a zioni elettron i c h e e s u a d e n t i v o c i
riverberate.
Il disco si sno d a t r a b a g l i o r i p s y c h
(l’oscura By F a l s e L i g h t s ) , s o l a r i t à
twee pop (la s t r u g g e n t e m e l o d i a d i
Idlewild canta t a d a l l ’ a n g e l i c a B e t h
Arzy), bagliori di Cure di mezzo più
elettropop New Order (This Once
Wa s A n I s l a n d , T h e C o l d e s t S k y ) ,
gli eighties pop di Sacred Music,
l’attidudine gothic nella opprimente
Schnee Gletscher Glas (salmodiata
da Daniela Neuhauser dei Malory),
il tutto con una grazia che ha fatto
s c u ol a n e l p o p i n g l e s e d e g l i u l t i m i
anni. Un altro tassello che si aggiunge alla storia di un gruppo da
riscoprire. (6.8/10)
Te r e s a G r e c o
Ufomammut
&
Lent0
–
Supernaturals
Record
One
(SupernaturalCat / Audioglobe,
maggio 2007)
Genere: doom-spacey
Supernaturals Record One, ovvero la definitiva fusione tra il panzerkorps attack dei (fu) Kyuss e
l’algida, distante ma insieme ferocissima musica da apocalisse dei
p r i m i G o d f l e s h. N e l p r i m o v o l u m e
di una serie che si preannuncia interessantissima, l’incontro/scontro
intestino al roster della SupernaturalCat produce una jam session
completamente improvvisata per
certi versi simile alla più famosa
I n T h e F i s h t a n k. P r o t a g o n i s t i i g i à
noti Ufomammut (da recuperare
l’ottimo Lucifer Songs sempre su
SupernaturalCat) e i prossimi esordienti Lent0 che se ne escono con
u n di s c o l a c u i c h i a v e d i l e t t u r a è
tutta nei nomi delle formazioni: un
suono compattissimo, pachidermico
e dilatato eppure ricco di sfumature
e dettagli.
Merito è indubbiamente della potenz a d i f u o c o m e s s a i n c a m p o : 4 c h it a r r e, 1 b a s s o , 1 d r u m - s e t e 1 s y n t h
disegnano estenuanti jam di doom
rituale e groovey dall’immenso
peso specifico, che sono sempre lì
lì per esplodere nella catarsi finale.
Ma a segnare lo scarto dalle miriadi
d i p r o d u z i o n i d i g e n e r e è l ’ a ff l a t o
a m b ie n t - s p a c e y c h e p e r v a d e l e s e i
tracce. I passaggi strumentali, anche i più pesanti, vengono sfibrati
in una sorta di musica cosmic-tranc e pe r u m a n o i d i , c h e i n n a l z a v e r so l’infinito musiche visceralmente
t e r r en e c o m e i l d o o m , l o s t o n e r e
lo sludge. Di questo approccio è ottimo esempio Maestoso, il cui monolite kyussiano si stempera in fo-
l a t e s y n t h - a m b i e n t a l i v i c i ne a certe
c o s e d i J e s u . C ’ è v i t a ( f orse) nello
s p a z i o p r o f o n d o . ( 7 . 0 /1 0 )
Stefano Pifferi
U o c h i To k i & T h e E t e r e a p O s t
bOng band - La Chiave del 20
( Wa l l a c e / A u d i o g l o b e , g i u g n o
2007)
Genere: imaginary soundtrack
U n a n o t t e i n d i s c o t e c a - la più ta m a r r a p o s s i b i l e - c r e d o sia quanto
d i p i ù l o n t a n o u n l e t t o r e di SA au s p i c h i p e r u n s a b a t o s e r a qualsiasi.
S e p e r ò a d i n t r o d u r r e l a serata è
u n o d e i g r u p p i p i ù c h i a c c hierati de g l i u l t i m i a n n i ( n o n c h é u no dei più
i n t e l l i g e n t i e c a u s t i c i ) , b e h, un pen s i e r i n o c e l o p o t r e m m o a nche fare.
Almeno da casa.
L a C h i a v e d e l 2 0 è u n a sorta di
c o n c e p t c h e v e d e i d u e c antastorie
m e t r o p o l i t a n i a v v e n t u r a rsi passo
d o p o p a s s o i n u n a s e r a t a dance in
c o l l a b o r a z i o n e c o n g l i E t erea Post B o n g B a n d , a l t r o m i s t e r i oso grup p o d i s b a l l a t i n a t i e c r e s ciuti al di
f u o r i d i o g n i m i n i m o t r e n d musicale.
L’ a l b u m è e q u a m e n t e d i v iso tra gli
a s s a l t i p i ù o m e n o r i m a t i ma sem p r e c o r r o s i v i d e l d u o ( R i c o ci mette
l e b a s i , N a p o l a v o c e e la faccia)
e l a m i s c e l a d i h a r d - t e c hno-cros sover-e-chi-più-ne.ha-più-ne-metta
d e l g r u p p o b e r g a m a s c o . Ne esce
u n r a c c o n t o a u d i o d a l l a parte del
d r o p - o u t e s c l u s o d a l l a f a bbrica del
d i v e r t i m e n t o d i s c o . G l i assalti in
r i m a f o r z a t a d i N a p o n o n si disco s t a n o d a q u e l l i p a s s a t i , f igli di una
( n o n ) m u s i c a d i u n a u r g e nza comu n i c a t i v a t a n t o c r u d a q u a nto inten s a m e n t e s o t t o l i n e a t a d a l le basi di
R i c o . G e n t e c o n i n t a s c a “ poche co p e c h e , s e n z a c a p i g l i a t u r e ingellate
o g i a c c h e f i r m a t e ” , m a c on un sen -
sentireascoltare 81
so di chiaro distacc o d a l l o “ s t y l i n g
popolare dello styli n g d ’ a l t a c l a s se”. Un lucido e lu d i c o a t t a c c o a l
sistema che evidenz i a l ’ i n t e l l i g e n z a
corrosiva dei due. D i s c o r s o a p a r t e
per gli Eterea, che fo r n i s c o n o o t t i m i
intermezzi strument a l i t r a l e e s t e r nazioni del duo a b a s e d i s p u n t i
funky e accentuate a c c e l e r a z i o n i
dancey, ma vanno r i v a l u t a t i i n u n
contesto in solitario. ( 6 . 8 / 1 0 )
Stefano Pifferi
nello stesso modo dall’ispirazione
nel songwriting, per quanto le intenzioni siano lodevolissime. Per
cui la discontinuità non ci permette questa volta di porlo allo stesso
livello del precedente. (6.0/10)
Te r e s a G r e c o
Yo u n g M a r b l e G i a n t s – C o l o s s a l
Yo u t h ( R o u g h Tr a d e f e b b r a i o
1980 / Ristampa Domino / Self,
6 luglio 2007)
Genere: post-punk
geni a iosa per Blow, Parker&Lily
no ristampa ora una riedizione di
C o l o s s a l Yo u t h d a v v e r o p r e z i o s a
– che segue la ristampa Pias del
2003. La versione del 2003 già
conteneva 25 tracce anziché le
15 originali della stampa Rough
Tr a d e – e a n c o r a p r i m a c i r c o l a v a
un’altra versione con 21 tracce. In
questo ultimo caso l’album era fatt o s e g u i r e d a l Te s t c a r d E P ; n e l l a
versione Pias, oltre a questo, comparivano i brani del (meraviglioso)
singolo Final Day e un estratto – a
firma YMG – della compilation Is
T h e Wa r O v e r .
Ma ora, per la Domino, i cd sono
ben tre. Il primo contiene Colossal
Yo u t h , d a s o l o . I l s e c o n d o a c c o r p a
al malloppo Pias l’unica altra uscita a lunga durata di YMG, la compilation Salad Days; come trovarsi
una meteora in giardino. Il terzo
raccoglie qualche Peel Session.
Insomma, si diceva di dischi da
consumare.
Colossal
Yo u t h ,
ascoltato finalmente da solo, torna
a essere quel disco da sentire e
da risentire. Né i suoi fratelli minori deludono le aspettative. Ma
quella gioventù fragilissima riman e u n c o l o s s o d i ff i c i l e d a s u p e r a r e
(8.0/10).
e altri). Se c’è qualcosa che non
Gaspare Caliri
Colossal
Yo u t h
si
materializzò
con un candore delicatissimo nel
1980, all’interno del catalogo Roug h Tr a d e , c o m e p r i m o e u n i c o a l b u m d e g l i Yo u n g M a r b l e G i a n t s ,
trio gallese fatto dei due fratelli
Moxham (Stuart alla chitarra, come
principale compositore, e Phil al
basso) e la ragazza del secondo
dei due; una ragazza capace di
una voce celestiale e distaccata
insieme (Constantly Changing), in
piena tradizione new wave.
Una fanciulla – di nome Alison
Statton – che, a dire di Stuart,
Xavier Rudd – White Moth (Anti
/ Self, 8 giugno 2007)
Genere: world, rock, reggae
Anche il quarto album del polistrumentista australiano lo vede impegnato - a mo’ di one man band - con
parecchi strumenti (tra cui chitarre,
basso, didgeridoo e percussioni),
alla ricerca, come viene puntualizzato in sede di press, dell’essenza dei suoi live. Mescolando folk,
reggae, rock e world, White Moth,
che vede la presenza di cantanti
aborigeni, è un concept che paga
quindi omaggio agli abitanti originari del continente australiano, ed
intende sensibilizzare a un maggiore rispetto per le culture da preservare. Un personale viaggio dell’autore che fa anche il punto della
situazione sulla sua musica. Ecco
a l l o r a i l s o u l e i l r e g g a e ( Tw i s t ,
Come Let Go), le ballad (Better
People, Choices), le consuete
ascendenze benharperiane (Anni
Koozoo), i rock blues (Footprint),
gli echi younghiani in Whirlpool, la
world gabrieliana di Message Stick, tra didgeridoo, percussioni e
voci. Disco curatissimo dal punto
di vista tecnico, non è sostenuto
82 sentireascoltare
cantava come se stesse aspettando l’autobus. Nulla c’era della foga
del punk, ma tanto dell’epoca.
Purezza cristallina, minimi termin i , C o l o s s a l Yo u t h h a q u a l c o s a
d i H a l f M u t e d e i Tu x e d o m o o n ;
due dischi perfettamente calati nel
loro tempo – il basso ne è esempio
– ma da consumare in ogni tempo.
Certo, rispetto a Half Mute questo
album non ha neanche alla lontana un’oscurità così definitiva (al
posto del violino ci sono una drum
machine da quattro soldi, tastierine Farfisa, Wullitzer Jukebox e
risulta chiaro, qui, è come abbiano
fatto a trovare un equilibrio così.
Si intende il perfetto equilibrio tra
post-punk – la tecnica chitarristica di Stuart è figlia del chitarrismo
strozzato, più che ritmico, di provenienza Gang Of Four (Include
Me Out) –, “messthetics” (l’estetica
della confusione, dell’approssimazione, più prossima ai primi Scritti Politti), acquarelli dolcissimi e
sfumati e placida melodia.
Ma veniamo al punto. La Domi-
turn it on
Z e l i e n o p l e – H i s / H e r s ( Ty p e / W i d e , 2 9 g i u g n o 2 0 0 7 )
Genere: psichedelia
Con questo q u i n t o d i s c o i t r e Z e l i e n o p l e a r r i v a n o f i n a l m e n t e i n s u p e r f i c i e
e per loro ste s s a a m m i s s i o n e s i l a s c i a n o a l l e s p a l l e l a p r a t i c a d e l c d r.
Il sound dei t r e è u n c r o s s o v e r d i s t i l i p s i c h e d e l i c i a b b a s t a n z a o r i g i n a l e
nelle intenzio n i , u n p o ’ m e n o n e g l i e s i t i , m a i t r e , c o m e i l v i n o , m i g l i o r a n o
invecchiando e a l q u i n t o d i s c o s u o n a n o d e c i s a m e n t e p i ù p e r s o n a l i d e g l i
esordi. La gra m m a t i c a d i b a s e è s e m p r e q u e l l a d e i Ta l k Ta l k: l a n g u o r e
ed estasi per l e l u n g h e d i s t a n z e . U n ’ i n f i n i t e s a d n e s s s e n z a s c a m p o c h e
abbassa il rit m o d i p o l s i e p a l p e b r e . I n H i s / H e r s s i v i v e i n u n p e r p e t u o
stato di narco l e s s i a i m m a n e n t e , t r a s c h e l e t r i c i b l u e s d e l l ’ a n i m a , r o m a n z e
psych da fron t i e r a a m e r i c a n a e l o s g u a r d o c h e s i a l l u n g a n e l l a c a l i g i n e
oltre l’orizzon t e . L u n g h i b r a n i i m p r o v v i s a t i c o m e F a m i l y B e a s t e M o s s M a n
si incaricano s o p r a t t u t t o d i m e t t e r s u u n a s c e n o g r a f i a e d i l a s c i a r e c h e i
suoni gallegg i n o i n q u e s t o e t e r e a m n i o t i c o s e n z a t e m p o . S e m b r a d i a s c o l t a r e u n a t t o s e c o n d o d e l l a s oundtrack
di Dead Man f i r m a t a d a N e i l Yo u n g, c o n i br a n i c h e s i t r a s c i n a n o i n l u n g h e s c i e d i c o m e t a , v e d i l a c a n t autorale e
folkish Parts A r e L o s t e l a i p e r d i s t o r t a F o r c e d M a r c h c h e d i v e n t a n o i n c u b i f r e e f o l k a l l u n g a n d o s i p e r n o v e minuti e
passa l’una. Vi r a n d o s e m p r e d i p i ù s u l l ’ i m p r o v v i s a z i o n e g l i Z e l i e n o p l e s i s t a n n o p r o g r e s s i v a m e n t e l a s c iando alle
spalle i parag o n i p i ù i n g o m b r a n t i ( Ta l k Ta l k e P i n k F l o y d ) p e r t r o v a r e l a p r o p r i a s t r a d a . I n q u e s t o s e n s o His/Hers
è già un bel p a s s o i n a v a n t i r i s p e t t o a S t o n e A c a d e m y . A q u e s t o p u n t o v e d i a m o c o m e s i e v o l v e r a n no ancora.
Due sono le c o s e : o d i v e n t a n o a n c o r a p i ù i m p r o v v i s a t i e d i c o n s e g u e n z a e l i t a r i , o p p u r e r i u s c i r a n n o a t r ovare una
sintesi invidia b i l e d i p s i c h e d e l i a i n f o r m a l e e c a n t a u t o r a t o a v a n t g a r d e . I n p r a t i c a u n a v i a d i m e z z o t r a A Saucerful
Of Secrets e D a r k S i d e O f T h e M o o n, o v v e r o i l s o g n o s e g r e t o d i q u a l u n q u e b a n d p s i c h e d e l i c a c r e s c iuta con il
culto dei Floy d . ( 7 . 2 / 1 0 )
Antonello Comunale
sentireascoltare 83
Backyard
permettersi di cambiare le sorti del
va alle profondità nascoste della te-
d i g e n e r e c o m e s i u s a v a a i t e mpi,
c o n c h i t a r r e l u r i d e e c a r t a v e t r ate,
una voce che vomitava veleno e
t e c n i c a r i d o t t a a p o c h i , v e l o c i s simi
accordi.
N e l l o s t e s s o a n n o r e g i s t r a r o n o al t r e d u e c a n z o n i , M y L i f e e D on’t
D r a f t M e, f i n i t e p o i n e l s a m p l e r pro m o s s o d a l l a r i v i s t a T h r a s h e r S k ate
R o c k Vo l . 3 , m e n t r e q u a l c h e m ese
d o p o , n e l 1 9 8 6 , s i e c l i s s a r o n o d opo
l a p u b b l i c a z i o n e d e l l ’ E P I s n ’ t Life
A D r e a m . D e l l a p a r t i t a e r a a n che
N o a h L a n d i s , a l l ’ e p o c a c h i t a r r i sta
e c a n t a n t e d e i C . O . P. e d a l 1 996
i n s e n o a i N e u r o s i s n e l l e v e s t i di
t a s t i e r i s t a . Tu t t a l a p r o d u z i o n e del
C r i s t o I n P r o c e s s i o n e i n 1 9 t r a cce.
A m e n . (6 . 0 / 1 0 )
chno di classe. Less is more. Lunga
Gianni Avella
g r o o v e c o n u n r i ff e q u a l c h e s y n th, la deep house ultraclassica di
Osvaldo (un ritorno al jack sound
puro e nerissimo), una comparsata
d i M a r i a n ne F a i t h f u l l c h e s e m b r a
una Björk in vena post-wave (stupendo il ricordo dei tempi colorati a
p a s t e l l o d el l a 4 A D ) , i l r i ff o n e r o c k
di M.I.A. (che fa il verso alla Bertè
italo-punk ‘80!), e poi altre mescol a n z e p r e - D FA c h e c o n s a c r a n o i l
minimal a gesto estetico del danceA A . V V. – B l a c k m u s i c , 1 0 Ye a r s
Of
Tiefschwarz
(Souvenir
/
Audioglobe, 31 maggio 2007)
Genere: electro remix
compilation
Gli anni passano ve l o c e m e n t e , a n che per i musicisti. E s o n g i à d i e c i
da quando i due fra t e l l i n i d i S t u t tgart hanno pubblic a t o i l l o r o p r i mo singolo 24 Seve n . I s u o n i s o n o
mutati profondament e d a q u e l 1 9 9 7
pieno di derive ‘90, p i e n o d i i n c o n gruenze che sfociava n o i n u n a p e r -
floor del decennio.
Una compilation che mescola veramente tutto quello che abbiamo
sentito e che ancora sentiremo. Un
viaggio che parte dal pop e che arri-
v i t a a i f r a t el l i n i k r a u t i . (7 . 3 / 1 0 ) ( P S :
Il secondo disco contiene versioni
originali e remix di anthem ormai
notissimi. La ciliegina che completa
degnamente il decennale).
Marco Braggion
dita di orientamento, n e l l a r i f l e s s i o ne post-acid jazz o n e l l ’ i n t i m i s m o
Il doppio e succoso d i s c o c o m p i l a -
Christ On Parade – Sounds Of
Nature (Pusmort, 1985 - Neurot
Recordings / Goodfellas, 24
aprile 2007)
Genere: punk
to per la ricorrenza s i d i v i d e i n d u e
Una ristampa che interesserà i se-
metà complementar i : u n a c o m p i -
guaci dei Neurosis (non a caso è
lation mixata con g u s t o s o p r a ff i n o
la Neurot ad occuparsene) e gli afi-
e una raccolta di re m i x d i a m i c i e
cionados dell’hard-core old school
conoscenti vari. C o m e g i à n e l l e
di mid eighties. I Christ On Parade
compilation
già declinante del tr i p h o p . P o c h i s i
son salvati dalla sch i u m a d e l t e m po: tra questi Ali e B a s t i S c h w a r z .
questa
erano un gruppo di stanza califor-
(Misch Masch e il c l a s s i c o F a b r i c)
preced e n t i
niana (San Francisco) nato sulla
c’eravamo abituati a l l ’ a l t a c l a s s e
s p i n t a d i co m b i q u a l i C r a s s e D i -
dell’accostamento. Q u i n o n s i a m o
s c h a r g e . Av a l l a t i d a l l a b i b b i a M a -
da meno. La selecta m i x a t a d a i d u e
ximun Rock And Roll nonché da
va a battere nei terri t o r i a l o r o f a m i -
magazine extrasettoriali – ma lega-
liari e a noi - mania c i d e l l a t e c h n o
t i a l l a s c e n a h c – c o m e T h r a s h e r,
- necessari: l’inno se n s u a l i s s i m o d i
esordirono nel 1985 con un disco,
Tuff Little Unit che s e m b r a v e n u t o
Sounds Of Nature, licenziato per
fuori proprio da queg l i a n n i i n c u i g l i
la Pusmort del famoso grafico Pu-
Everything But The G i r l p o t e v a n o
shead (Misfits, Metallica); un lavoro
84 sentireascoltare
a
Current 93 – The Inmost Light
(Durtro Jnana / Goodfellas, 1
giugno 2007)
Genere: folk apocalittico
I l m e r c a t o d e l l e r i s t a m p e s i a r ric c h i s c e d i u n a n u o v a i m p e r d i bile
p e r l a . N e l l a g e n e r a l e r i s c o p erta
d e l l a d i s c o g r a f i a d e i C u r r e n t 93
v i e n e f i n a l m e n t e d i s t r i b u i t a l a t r ilo g i a d i T h e I n m o s t L i g h t i n v e r s i one
f i l o l o g i c a m e n t e c o r r e t t a , r i m a ste r i z z a t a , i n 3 c d o 2 l p , c o n l i b r etto
d i 2 4 p a g i n e . U n r e s t a u r o i n p i ena
certo risultare in qualcosa di più
leggero, qui ci sono alcuni dei mig l i o r i b r a n i f i r m a t i d a Ti b e t . C l a s s i c i
c o m e C a l l i n g F o r Va n i s h e d F a c e I
e I I, T h e B l o o d b e l l s C h i m e e T h e
Frolic. Nel primo EP si ascoltano i
19 minuti dell’ipnotica Where The
Long Shadows Fall (Beforetheinmostlight),
mentre
nel
secondo
c’è la spettrale The Starres Are
Marching Sadly Home (Theinmostlight Thirdandfinal). Un classico da
avere, sentire e ascoltare. Fino alla
regola e un m u s t a s s o l u t o . S e d e i
Current 93 sia s t a t o p i ù i m p o r t a n t e
il primo perio d o , q u e l l o p i ù e s p l i c i tamente dem o n i a c o , o i l s e c o n d o ,
quello folk, è q u e s t i o n e c h e n o n s i
può facilment e l i q u i d a r e e r i c o r d a
le discussioni a n a l o g h e c h e v e n g o no fatte per t u t t e l e b a n d c o n u n
percorso med i o - l u n g o e c h e h a n n o
lodevolmente c a m b i a t o l e p r o p r i e
carte in tavola . S o n o m i g l i o r i i P i n k
Floyd pre Um m a g u m m a o q u e l l i d i
The Wall? Gl i S w a n s p r e C h i l d r e n
Of God o qu e l l i d e l c o n i g l i o ? D i scorsi che m a i c o m e n e l c a s o d e i
Current 93 la s c i a n o i l t e m p o c h e
trovano. Natu r e U n v e i l e d a d i s t a n za di anni ri s p l e n d e a n c o r a d e l l a
sua opaca lu c e s i n i s t r a e r i a s c o l tando ora le c a n z o n i d i q u e s t a t r i l o gia passano r a p i d a m e n t e i n m e n t e
tutti gli epigo n i , c h e d a S i r. D a v i d
Tibet hanno c o p i a t o p r a t i c a m e n t e
tutto. The Inm o s t L i g h t è c o m p o s t o
da due EP e d a u n d i s c o v e r o e p r o prio, il celebre A l l T h e P r e t t y L i t t l e
Horses che in t u t t e l e a n t o l o g i e d e l
folk apocalitti c o f a d i s o l i t o c o p p i a
con Thunder P e r f e c t M i n d . B a s t i
semplicement e d i r e , c h e l a q u a l i t à
della scrittura d i Ti b e t è q u i p r o babilmente al s u o m a s s i m o e c h e
tra gli ospiti c i s o n o J o h n B a l a n c e ,
Steven Saplet o n e N i c k C a v e . Q u e st’ultimo cant a l a t i t l e t r a c k e n e l l a
conclusiva Pa t r i p a s s i a n , s u u n t a p peto riverbera t o d i c a n t i g r e g o r i a n i
del 16° secolo , r e c i t a u n t e s t o t r a t t o
dai Pensieri d i P a s c a l ( T h e r i v e r s
of Babylon flo w, a n d f a l l , a n d c a r r y
away… ), in cu i s i r i e c h e g g i a l a d o t trina eretica d e l P a t r i p a s s i a n i s m o
in base alla q u a l e D i o e G e s ù s o n o
identici aspet t i d i u n u n i c o D i o e d è
quindi Dio ste s s o a d a v e r s o ff e r t o
per noi sulla c r o c e . A p a r t e i l c o n nubio Tibet-C a v e , c h e n o n p o t e v a
F r o m A C o u n t r y P h o n e, I Had A
N e w Yo r k G i r l f r i e n d, Wa rm Nights
d i F o r s t e r e Wa t e r s h e d , Fireboy,
H o r s e b r e a k e r S t a r , I n Your Bright
R a y d i M c L e n n a n - , i d ue hanno
a ff i n a t o e d e s p l o r a t o i n l ungo e in
l a r g o l a l o r o v e n a , c r e s c e ndo espo n e n z i a l m e n t e c o m e a u t o r i aldilà dei
t r a g u a r d i p o p s e g n a t i i n sieme nei
l o r o g l o r i o s i ’ 8 0 t a r g a t i P ostcard.
I n t e r m i s s i o n e v i d e n z i a p r oprio que s t o p e r c o r s o d i c r e s c i t a , unendo i
p u n t i f r a i G o - B e t w e e n s giovani e
f i n e . (9 . 0 / 1 0 )
Antonello Comunale
Robert Forster & Grant McLennan
– Intermission – The Best Of
The Solo Recordings 1990-1997
(Beggars / Self, 22 giugno 2007)
Genere: songwriting, pop rock
Col trascorrere degli eventi, le cose
p o s so n o a s s u m e r e n u o v i e d i v e r s i
s i g n if i c a t i . E a l l o r a l a s c o m p a r s a
di Grant McLennan, avvenuta d’improvviso poco più di un anno fa,
conferisce a un’operazione gustosa ed interessante come questa un
lavori del duo australiano, ormai
q u e l l i a d u l t i e m a r c a n d o al contem p o d i ff e r e n z e – e p a r e n t e l e – fra gli
s t i l i e l e p e r s o n a l i t à d i ciascuno.
Ta n t o i n q u i e t o R o b e r t , diviso fra
r o c k s a n g u i g n i e c o u n t r y medita b o n d i e d e s i s t e n z i a l i , q u anto sola r e G r a n t , i m m e r s o i n u n pop-folk di
c l a s s e p u n t e l l a t o d a l i r i c he argute
e f i c c a n t i ; F a l l i n g S t a r , 1 21 , Cryin’
L o v e d e l p r i m o e H a v e n ’ t I Been A
F o o l , E a s y C o m e E a s y Go e One
P l u s O n e d e l s e c o n d o s o no soltan t o a l c u n e d e l l e g e m m e n a scoste qui
r i p o r t a t e a l l a l u c e , c h e o g gi più che
m a i m e r i t a n o t u t t a l ’ e s posizione
d e l c a s o . P e r c o l l o c a r e f inalmente
i d u e a l p o s t o c h e l o r o c ompete a c c a n t o a i v a r i N i c k C a v e , Neil Finn
e R o b y n H i t c h c o c k t r a i migliori
s o n g w r i t e r s d e l l a l o r o g e nerazione,
p e r c a p i r c i - , e p e r s u p erare ogni
r i m p i a n t o p o s s i b i l e ( 7 . 5 / 10 ). Nota
a m a r g i n e p e r i l p a c k a g i n g allestito
d a l l a B e g g a r s , p r i m a c l a sse asso luta.
padrone, negli anni della maturità,
Antonio Puglia
i n e v it a b i l e , a g r o d o l c e s a p o r e c o m memorativo. Intermission era un
progetto in cantiere già da tempo,
sin da quando i due Go-Betweens
a v e va n o
riallacciato
il
sodalizio
artistico nel 2000 con l’acclamato
F r i e n d s O f R a c h e l Wo r t h, g i u n t o
dopo
un’intera
decade
trascorsa
a perseguire progetti in solitaria;
come spiegano le note di copertina,
uno degli ultimi impegni professionali di McLennan è stata proprio la
scelta della tracklist e del titolo di
questa doppia antologia.
Sapere anche che nei ’90 i fan comp i l a va n o i n s i e m e l e l o r o t r a c c e s o liste fantasticando una reunion tra
Robert & Grant, già la dice lunga
sulla qualità del materiale qui raccolto. Se queste 26 canzoni venissero
opportunamente
miscelate,
probabilmente il risultato non si
discosterebbe
troppo
dai
recenti
di un songwriting maturo ed eccezionalmente centrato (vedi l’ultimo
Oceans Apart, di appena due anni
fa). Questo perché, negli otto album pubblicati fra il 1990 e il 1997
- D a n g e r I n T h e P a s t, C a l l i n g
Nick
Drake
–
Family
Tr e e
( Ts u n a m i L G - F o n t a n a / I s l a n d ,
9 luglio 2007)
È bello credere che il ragazzo che
sentireascoltare 85
Moon, dove c’è ancora la possibilità di ridere tra una take e l’altra,
di eseguire un trio di Mozart per
piano, viola e clarinetto con la sor e l l a G a b r i e l l e e l a m a d r e M o l l y, d i
intonare insieme alla prima il gos p e l s e n t i t o d i A l l M y Tr i a l s , d i l a sciare il registratore alla seconda
per immortalare due sue composizioni (le classiche Poor Mum e Do
Yo u R e m e m b e r ? ) , c o l s e n n o d i p o i
così tragicamente vicine alla sensibilità crepuscolare e tormentata
nel ‘67 registrava questi demo a
Ta n w o r t h I n A r d e n , n e l c o n f o r t o
del focolare domestico, fosse un
ragazzo felice. Che si trattasse
prevalentemente di standard blues
- tristi per definizione -, o di autografi segmenti autunnali – malinconici per loro natura –, non importa molto. Nick Drake allora non
aveva neanche vent’anni, eppure
già masticava quel linguaggio fatto
di sogni e nebbie, di timide speranze e solitudini, che nel giro di
24 mesi avrebbe impresso per la
prima volta su Five Leaves Left.
La carriera - se così può definirsi
la sua - era tutta da venire: erano
gli anni spensierati del college, col
ricordo splendido e ancora vivido
di
un
avventuroso
soggiorno
in
Provenza; i tempi erano comunque
maturi per fermare su nastro alcuni provini e tentativi, fra informali
session in famiglia e alcune sedute a Cambridge con l’amico Robert
K i r b y, i l f u t u r o a r r a n g i a t o r e d i Wa y
To B l u e e t a n t i a l t r i p i c c o l i c a p o l a vori di Bryter Layter.
del figlio.
Con il suo carico di sogni e fantasticherie, questa raccolta è solo un
antipasto in attesa delle grandi celebrazioni previste per la fine dell’anno, con la ripubblicazione dello
s t o r i c o c o f a n e t t o F r u i t Tr e e e D V D
d e l d o c u m e n t a r i o A S k i n To o F e w .
Di sicuro, non è mai l’occasione
sbagliata per tornare a parlare del
più grande dei trovatori britannici
del XX secolo, anche se i filologi
drakeiani conosceranno un buon
90% di questo materiale, pubblicato in passato sotto forma di bootleg
- S e c o n d G r a c e e Ta n w o r t h I n A r den, 67 68 i più noti - e, come per
le altre raccolte postume (eccetto
Time Of No Reply), i possessori
d e i t r e a l b u m u ff i c i a l i p o t r a n n o i n
linea di massima ritenersi già soddisfatti. Nondimeno, le piccole ma
intense scintille di luce (e di vita)
emanate da questi vecchi nastri
magnetici rendono la conoscenza
d i F a m i l y Tr e e s e n o n i n d i s p e n sabile, quantomeno consigliata ad
ogni appassionato. (7.0/10)
Antonio Puglia
Possiamo sentire Nick intento ad
a ff i n a r e l e p r o p r i e a b i l i t à c h i t a r ristiche nel traditional Winter Is
Gone, studiare le blue notes in
B l a c k M o u n t a i n , I f Yo u L e a v e M e ,
Cocaine
Blues
e
Been
Smokin’
M i c h a e l G a r r i c k Tr i o - M o o n s c a p e
( A r g o , 1 9 6 4 / r i s t a m p a Tr u n k /
G o o d f e l l a s , 11 g i u g n o 2 0 0 7 )
Genere: jazz
To L o n g , c i m e n t a r s i n e l c o n f r o n t o
Michael
c o n i m a e s t r i D y l a n ( To m o r r o w I s
‘33, è solo uno dei tantissimi jaz-
A Long Time) e Bert Jansch, spe-
zisti che – ahimè - ancora non co-
rimentare la scrittura in Blossom,
noscevo. Inglese, studiò letteratu-
They’re Leaving Me Behind, Birds
r a a l l a L o nd o n U n i v e r s i t y, c o r d o n e
Flew By e Come Into The Garden,
ombelicale mai del tutto reciso. Si
bozzetti inediti dalla calligrafia già
specializzò infatti nella composizio-
riconoscibilissima, come dimostra
ne di musica (jazz) come sottofondo
l’accostamento con le più celebri
per reading poetici, o - se preferite
D a y I s D o n e e Wa y To B l u e .
- con la poesia come sfondo men-
Il tutto in un contesto ancora lonta-
tale (emotivo, sentimentale). Cosa
d i p i ù p o e t ic o d e l l a f a c c i o n a m i s t e -
no dalla solitudine cosmica di Pink
86 sentireascoltare
Garrick,
pianista
classe
r i o s a d e l l a l u n a , q u i n d i ? M o o n s ca p e , q u a r t o a l b u m i n c a r r i e r a , e r a in
o r i g i n e u n d i e c i p o l l i c i s t a m p a t o in
9 9 m i s e r e c o p i e . O g g i v e d e p e r la
p r i m a v o l t a l a l u c e d e l l a s e r g r azie
a i b u o n i u ff i c i d e l l a Tr u n k .
F i n a l m e n t e , o s e r e i c h i o s a r e , per ché trattasi di ventidue minuti e
m e z z o d i p r e z i o s a c a l i g i n e j a z z . Il
t r i o ( b a s s o - p i a n o - b a t t e r i a ) s f o ggia
u n h a r d b o p o c c a s i o n a l m e n t e di s a r t i c o l a t o f r e e ( v e d i l a s m a n i a ve t r o s a e g l i s q u a r c i a l l i b i t i d i F ace
I n T h e C r o w d , o p p u r e l ’ a r c h i t e t t ura
e s p r e s s i o n i s t a d i Ta k e O f f) m a an c h e i n t u r g i d i t o s w i n g - l a t e s a di s i n v o l t u r a d i M u s i c F o r S h a t t e r ing
S u p e r m a r k e t s - q u a n d o n o n e mi n e n t e m e n t e l u n a r e , c o m e è i l c aso,
o f c o u r s e , d e l l a t i t l e t r a c k e del l ’ e l e g a n z a s t r a s c i c a t a d i S k e t c hes
O f I s r a e l.
L a q u a l i t à d e i b r a n i f a i l p a i o con
l a f e r v i d a i m m e d i a t e z z a d e l l e e se c u z i o n i , d a c u i e s a l a u n ’ e n e r gia
s t r a n a d a B i l l E v a n s l i c a n t r o p o, o
s e v o l e t e u n a v i g o r i a t o r m e n t ata
d a O r n e t t e C o l e m a n b o h é m i e n ne.
L a p a s t a s o n o r a n o n p r o p r i a m e nte
h i - f i a r r i c c h i s c e q u e l l a s e n s a z i one
d i t e s o r o r e c u p e r a t o , d i s t r e g o n eria
c a r b o n a r a . S e n z ’ a l t r o u n a s c olto
r a c c o m a n d a b i l e a t u t t i i r o m a n tici
c e r v e l l o t i c i b r a m o s i d i c i e l i s t e l l ati.
E s i s t o n o a n c o r a , v e r o ? ( 7 . 2 /1 0 )
Stefano Solventi
Sebadoh – The Freed Man
(autoprodotto,
1988
Homestead, 1989 - Domino /
Self, 15 giugno 2007)
Genere: lo-fi
C i s o n o d u e m o d i d i v e d e r e i l de b u t t o d e i S e b a d o h : o c o m e u n o dei
m a n i f e s t i s u p r e m i d e l l ’ i n n o c e n z a in
musica, o come un enorme mucchio
di immondizia. Che oggi diventa
ancora più enorme, nel momento in
cui ai trentadue brani dell’LP originale si sommano le outtakes e inedite dell’accorta ristampa della Domino, fino a raggiungere la titanica
lunghezza di 52 tracce. Prendiamo
per buona la prima opzione, se non
altro per rispetto. Giova specificare, a beneficio dell’incauto ascoltatore, che per la maggior parte si
tratta di bozzetti di melodie, bizz a r r i g i o c h i d i r e c & p l a y, t i m i d i a c cenni di canzoni, campionamenti
primordiali, bisticci punk, scampoli
f o l k . Tu t t o r e g i s t r a t o i n u n a s t a n za da letto su uno scassatissimo
registratore portatile. Intimismo
pre (post) puberale alla Daniel
Johnston? Semmai ludus sfrenato, attitudine più che mai free e
creatività al potere, senza filtri o
compromessi di sorta. Come quando si gioca da bambini. Se-ba-doh.
Tr e s i l l a b e c h e n o n v o g l i o n o d i r e
proprio nulla, alla stregua di certe
parole inventate da piccoli.
Nel 1988 Lou Barlow piccolo non
lo era più da tempo, anzi stava per
diventare Grande - con la maiuscola - in seno ai Dinosaur Jr. La storia insegna che quel cattivone di
J. Mascis volle tenersi il giocattolo
tutto per sé, e così all’occhialuto
bassista non rimase che trovarsi
un nuovo compagno in Eric Gaffney, un tizio tanto strano da accollarsi gli esperimenti da mangianastri che Lou aveva cominciato a
escogitare col moniker Sentridoh
(oltre che in Poledo, il più freak dei
brani del Dinosauro).
Pur lontano dall’essere un vagito
puramente
artistico dei neonati Sebadoh - per quello bisognerà
aspettare III -, The Freed Man
apriva un mondo di possibilità virtualmente illimitate per una generazione intera, ancor più degli
antecedenti illustri di Jandek, il
citato Johnston e Beat Happening:
il centro del mondo è la propria
cameretta, per fare musica non
serve nient’altro che una cassettina e tanta, tanta fantasia. Le congiunture storiche sono favorevoli - fasti dei Dinosaur a parte, la
Homestead proliferava, e la Drag
C i t y d i P a v e m e n t e R o y a l Tr u x s t a va giusto nascendo; e così piace
pensare che Beck stia ancora ringraziando, mentre è risaputo che
uno come Cobain avrebbe venduto
l’anima al diavolo per godere dello
stesso lusso. Si sarà capito, aldilà
del valore storico l’ascolto odierno
- così come quello di allora, supponiamo – non dirà granché; è un
reminder comunque necessario,
specie oggi che Lou, Eric e Jason
Loewenstein sono tornati insieme
per assaporare i dolci frutti della
gloria postuma. (6.5/10)
tavia, lui non arriverà mai a certe
Boy dietro le spalle cui reagisce
con maturità testuale e qualche
ammodernamento d’abiti sonori.
Reporter di cronaca nera armato di
c h i t a r r a e t a s t i , Wa r r e n è i n c o p e r tina mentre si appresta a salire su
un aereo con yuppies che chissà
cosa nascondono, infiltrato tra loro
in cerca di uno scoop. Bilanciato
tra il lato giornalistico del nostro
e quello intimista, il disco si rivela
r a ff i n a t o e b e n s c r i t t o , c o m e c e r t i ficano la potente title track, il “blue
collar” trascinante The Overdraft,
l a r a b b r i v i d e n t e C h a r l i e ’s M e d i c i ne; più meditative una The Hula
Hula Boys però cosparsa d’ironia, la solitaria Jesus Mentioned,
l a p i a n i s t i c a i n n o d i a d i N e v e r To o
Late For Love. Nell’esatto mezzo
L e t N o t h i n g C o m e B e t w e e n Yo u ,
sorta di Hungry Heart più sottile e
cosa più vicina a un possibile hit,
che logicamente non fu.
L’ a l b u m a r r i v e r à s o l o a l a m b i r e
i To p 1 0 0 d i B i l l b o a r d , e d e c c o i l
perché di una tarda riedizione digitale (che tra le altre cose aggiunge una malata resa del classico Wild Thing e la springsteeniana
The Risk), spalancando all’uomo
un lustro di patimenti redenti col
validissimo Sentimental Hygiene.
Che ironia, infine, che sia stato
strappato al mondo da un tumore
causato da esposizione all’asbesto
e non, come ci si aspettava un po’
tutti, dagli stravizi. (7.3/10)
vette di notorietà per la peculiarità
G i a n c a r l o Tu r r a
Antonio Puglia
Wa r r e n Z e v o n – T h e E n v o y
( A s y l u m 1 9 8 2 - R h i n o / W a r n e r,
maggio 2007)
Genere: rock
Ve r a e p r o p r i a m o s c a b i a n c a d e l
“rock d’autore” d’oltreoceano, Zevon: pianista e arrangiatore per gli
Everly Brothers a inizio carriera,
ha fatto fruttare questa sua abilità
con brani che uscivano dal seminato di un genere fin troppo ligio
alla regola. I testi, per non smentirsi, andavano dietro alla musica,
storie di criminali e complotti internazionali, politica estera e lupi
mannari a Londra, lontanissime sia
dal pacifismo populista di Jackson
Browne che dalla mitologia della
fuga del “Boss” giovane. Entrambi
collaborarono col Nostro, in un ennesimo attestato di grandezza: tut-
stilistica e la poca costanza, tipica
di un personaggio propenso a inseguire l’ispirazione del momento
e soccombere alle dipendenze, rischiando e rimettendoci. The Envoy lo coglie all’inizio degli Ottanta, un capolavoro come Excitable
sentireascoltare 87
Echran
Dal vivo
Echran
–
Vicolo
Bolognetti,
Bologna (8 giugno 2 0 0 7 )
Storia di un conce r t o t o t a l m e n t e
fuori luogo. O di un n o n - c o n c e r t o .
Si potrebbe definire c o s ì l a p e r f o r mance degli Echran a l Vi c o l o B o lognetti di Bologna d e l l ’ 8 g i u g n o
scorso. L’atmosfera i r r e a l e c h e h a
accompagnato la pr i m a e s i b i z i o n e
in territorio bologn e s e d i D a v i d e
Dal Col e Fabio Volp i , d o p o l ’ u s c i t a
del bellissimo esord i o d i s c o g r a f i c o ,
è risultata un elem e n t o d e t e r m i nante ai fini della r i c e z i o n e d i u n
genere musicale già d i p e r s é m o l to ostico. Il chiacch i e r i c c i o d a b a r
della maggior parte d e i p r e s e n t i ,
capitati lì per caso ( i l c o n c e r t o e r a
gratu ito) e tutt’altro c h e i n t e r e s s a t i
al concerto (ma fors e q u a l c u n o n o n
si era nemmeno res o c o n t o c h e d i
si trattava di un liv e ) , h a f a t t o d a
sfondo costante alle t r a m e e l e t t r o niche del duo milan e s e ( i n r e a l t à
un trio, con Fabio Vo l p i a r e c i t a r e i
testi in francese), ch e n o n o s t a n t e i l
fastidioso brusìo (diff i c i l e t r o v a r e l a
concentrazione adat t a p e r c h i r i c e r ca, come loro, sottig l i e z z e m u s i c a l i
non da poco), si è e s i b i t o c o m e s e
si tro vasse in un tea t r o v u o t o , s e n za fare una piega.
88 sentireascoltare
“Si facciano pure i fatti loro, ma che
almeno non chiacchierino”. Devono aver pensato questo i musicisti
quando, nel finale di concerto hanno inserito un’improvvisazione tiratissima, al limite del noise estremo.
U n o s c h i a ff o s o n a n t e e f a s t i d i o s o ,
a chi beveva tranquillamente la sua
birra seduto a tavolino, incurante di loro. Una trovata divertente,
un macigno piombato improvvisamente sulla testa dell’astante nonp u b b l i c o , ol t r e a d u n o d e i m i g l i o r i
momenti della serata, proseguita a
suon di revival dark-wave anni ‘80.
Era quello che tutti aspettavano, ma
qualcuno era arrivato troppo presto, incappando in quel fastidioso
rumore di fondo, che ha osteggiato
a più riprese la loro conversazione.
Ora, che ballino pure...
Daniele Follero
Isis + Oxbow – Estragon, Bologna
(7 giugno 2007)
Non è passato molto tempo da
quando Celestial (così come la
sua continuazione, il bellissimo EP
SGNL>05) ha imposto gli Isis come
qualcosa di assolutamente nuovo
n e l p a n o r am a d e l m e t a l e s t r e m o .
Tr a m e i n t r i c a t e , t e m p i d i l a t a t i , c o -
s t r u z i o n i c o m p l e s s e , t e m p i i rre g o l a r i : t u t t o c i ò c h e q u a l c h e a nno
p r i m a a v e v a c a r a t t e r i z z a t o l a n uo v a a t t i t u d i n e d e l p o s t r o c k , v e n iva
q u i t r a s f e r i t o a i s u o n i b r u t a l i d ello
s t o n e r. Q u a l c u n o l o a v e v a d e f i nito
a v a n t - m e t a l e , a l d i l à d e l l a p oca
u t i l i t à d e l l e e t i c h e t t e , c i a v e v a az zeccato.
E p p u r e , o g g i , a d i s t a n z a d i a p p ena
s e t t e a n n i d a q u e l f a t i d i c o a l b um,
g l i I s i s s o n o r i u s c i t i a p e r d e r e per
l a s t r a d a t u t t a l a l o r o c a r i c a pro p u l s i v a e p r o p o s i t i v a , o l t r e a l l a l oro
o r i g i n a l i t à , p e r t r a s f o r m a r s i i n una
s o r t a d i a p p e n d i c e d i g r u p p i c o me
S l i n t e a l t e r e g o d e i P e l i c a n, q u an d o n o n s e m b r a n o l a v e r s i o n e b a na l i z z a t a d e i G o d s p e e d Yo u ! B l ack
E m p e r o r . R e s t a n o i t e m p i d i l ata t i , m a è i l s o u n d m e t a l a d e s s ere
s c o m p a r s o q u a s i d e l t u t t o , r e l e ga t o a p o c h i b r e v i e p i s o d i “ d i m a nie r a ” . L a s o s t a n z a d e l c o n c e r t o d ella
b a n d d i L o s A n g e l e s a l l ’ E s t r a g o n di
B o l o g n a , s t a t u t t a i n q u e s t e s c elte
e s t e t i c h e o r m a i a s s o l u t a m e n t e pre v a l e n t i . L a s c a l e t t a è t u t t a i m per n i a t a s u g l i u l t i m i d u e l a v o r i i n stu d i o d e l q u i n t e t t o , P a n o p t i c o n e il
r e c e n t e I n T h e A b s e n c e O f Tr uth,
a l b u m c h e p r e d i l i g o n o l e a t m o s f ere
tenui e conce d o n o a m p i o s p a z i o a
melodie linea r i d a l l a l e g g e r a v e n a
darkeggiante. I l r i s u l t a t o è d i u n a
prolissità sen z a c o n f i n i , c o n u n o
schema, sem p r e l o s t e s s o , c h e
vede nell’aum e n t o d ’ i n t e n s i t à l ’ u n i co vero elem e n t o v a r i a b i l e d i u n a
composizione . U n p o ’ p o c o . S i c u r a mente meno d i q u a n t o a v e v a n o p r o posto gli Ox b o w u n ’ o r e t t a p r i m a ,
per quanto an c h e l o r o , s o r p r e n d e n t i
in studio per f a n t a s i a e s p e r i m e n t a zione, abbian o o p t a t o p e r s o l u z i o n i
semplici rispe t t o a l l o r o s t i l e o r i g i nale, che a tr a t t i p o t r e b b e r i c o r d a re perfino i P e r e U b u . E p e n s a r e
che in parte d e l t o u r e u r o p e o ( n o n
in Italia), le d u e b a n d e r a n o a ff i a n cate dai Bori s , c h e , s e n o n a l t r o ,
avrebbero agg i u n t o u n p i z z i c o d ’ i n teresse a com p e n s a r e l a n o i a d e l l a
serata.
Daniele Follero
Mike Patton / M o n d o C a n e – Te a t r o
Comunale di M o d e n a ( 2 5 m a g g i o
2007)
Da personagg i v e r s a t i l i e f a n t a s i o s i
come Mike Pa t t o n , l o s i è g i à d e t t o
in altre occas i o n i , c ’ è d a a s p e t t a r si di tutto. Co m p r e s a l a n o r m a l i t à ,
che, a secon d a d e l c o n t e s t o , p u ò
rivelarsi spia z z a n t e c o m e l a p i ù
grande delle t r o v a t e i m p r e v i s t e .
Mondo Cane, i l n u o v o p r o g e t t o d e l
poliedrico can t a n t e a m e r i c a n o , c h e
consolida la s u a c o l l a b o r a z i o n e ,
ormai decenn a l e , c o n A n g e l i c a e i l
feeling artistic o e p r o f e s s i o n a l e c o n
il direttore Al d o S i s i l l o ( e , d i c o n seguenza, co n i l Te a t r o C o m u n a l e
di Modena, di c u i S i s i l l o è d i r e t t o r e
artistico), è b a s a t o s u l l a r i v i s i t a -
zione di canzoni italiane degli anni
s a c h e l a s i t u a z i o n e c r e a va rispet -
‘50 e ‘60. Dopo aver detto la sua
t o a l l e a s p e t t a t i v e . C e r t o, Patton
sul metal estremo con i Fantomas,
h a u n a b e l l a v o c e , p l a s tica, mol -
scomponendone e ricomponendone
l e g g i a n t e , t r a s f o r m i s t a e uno stile
i pezzi in un geniale collage di di-
p e r f e t t a m e n t e r i c o n o s c i b i le, che in
storsioni, il quasi-nostrano Michele
a l c u n i c a s i ( O r e d ’ a m o r e di Buongu -
(molti fan italiani sono soliti chia-
s t o , U r l o n e g r o , d e i P r i m i tives, Che
marlo così per i suoi forti legami
n o t t e d i B u s c a g l i o n e) è riuscito
con il Belpaese) si prende una pau-
c o n g r a n d e e s p r e s s i v i t à a giocare
sa dal rumorismo gettandosi pro-
c o n l e m e l o d i e p l a s m a n dole come
v o c at o r i a m e n t e n e l m o n d o m u s i c a -
s o l o D e m e t r i o S t r a t o s e ra capace
le dei nostri genitori (per qualche
d i f a r e . I l p a r a g o n e t r a i due non
giovanissimo già nonni), attraverso
r e g g e a n c o r a , m a è e v i d ente quan -
quelle canzoni che, da piccoli, non
t o i l f a n t a s m a d e l f u c a n t ante degli
ci saremmo mai sognati di apprez-
A r e a , a l e g g i n e l l e i n v e n z i oni vocali
z a r e : M i n a, F r e d B u o n g u s t o, i P r i-
di Mike Patton.
m i t i v e s , A d r i a n o C e l e n t a n o, F r e d
C ’ è t r o p p o p o c o , p e r ò , d i quello che
B u s c a g l i o n e.
Edoardo
c i s i a m o a b i t u a t i a d a p p r ezzare di
Vi a ne l l o ( q u e l l o d i A b b r o n z a t i s s i -
l u i . M a n c a n o i f o r t i c o n t r a sti, i cam -
ma, per intenderci).
b i r e p e n t i n i , l e v i r a t e i mprobabili
Un’altra
Persino
operazione
chirurgica?
e p e r f i n o l ’ i r o n i a , p u n t i fermi del
Un
s u o i m m a g i n a r i o m u s i c a l e. Mondo
tranello per attirare ultracinquan-
C a n e è u n o m a g g i o a t r atti diver -
tenni per poi sconvolgerli con un
t e n t e , a t r a t t i ( p s e u d o ) sentito, di
s o u n d t e r r i f i c a n t e ? Tu t t o c i s i s a -
c l a s s i c i d e l l a c a n z o n e i t aliana del
rebbe potuti aspettare da Patton,
b o o m . P u n t o . S t a v o l t a i l Maestro
tranne quello che si è visto a Mo-
S i s i l l o , a l l e p r e s e c o n u n materia -
dena, Lugo e Salsomaggiore, nella
l e s e m p l i c e , l a c a n z o n e t t a (a parte
tre giorni durante la quale l’Italia
a l c u n i b r a n i f i n i s s i m i d i Morricone
ha potuto apprezzare (o disprezza-
e R o t a ) e a u t o r e d i a r r a ngiamenti
re) il suo nuovo travestimento. La
c h e n o n s i d i s c o s t a n o , c o me detto,
pacatezza, la sobrietà, la fedeltà
d a g l i o r i g i n a l i , s i c o n f e r ma comun -
con la quale sono stati interpreta-
q u e d i r e t t o r e e a r r a n g i a tore dutti -
ti i brani in scaletta, arrangiati per
l e , a d a t t i s s i m o a g l i a t t e ggiamenti
orchestra e piccolo coro, è stata
c a m a l e o n t i c i d i P a t t o n . Non si ca -
una sorpresa per tutti. Ascoltare
p i s c e i n v e c e c o s a c i f a c cia lì Roy
Arrangiamenti
irriconoscibili?
l’ex Faith No More cantare, vestito
con il suo ormai classico gessato
e la cravatta nera, Il cielo In una
stanza, Senza fine, Storia d’amore
e altre colonne portanti della storia
del pop nostrano, acquisiva senso
p r o p r i o a t t r a v e r s o l ’ e ff e t t o - s o r p r e -
P a c i , a p a r t e p r e n d e r s i g l i applausi
d e l l a s u a c l a q u e . Q u a l c he assolo
d i t r o m b a , u n p o ’ d i t e a trino e un
n o m e c h e a t t i r a p u b b l i c o giovane.
S a r à p e r q u e s t o c h e l ’ h anno con vocato?
D a n i e le Follero
Mike Patton
sentireascoltare 89
Primavera Sound
Primavera
Forum,
vince e se a questo s’aggiunge il
c o n t e m p o r a n e a . Ta n t a r o b a d a f a r
Barcellona (30 maggio / 2 giugno
Sound
mito barcellonese, la location futu-
sembrare un po’ più piccolo - o se
2007)
rista, il mare e un’immagine coor-
non altro più denso - quello spa-
“Ma sei stato al Primavera”? Una
dinata studiata in ogni dettaglio,
zio enorme, nel quale studiare le
frase oramai d’obbligo, che trot-
allora… beh, il Primavera è un
traiettorie musicali diventa più che
tola per la rete come un diktat e
appuntamento fisso per gli addetti
mai doloroso e muoversi e ritrovar-
si trasforma in parole, filmati e
(per noi lo è almeno da tre anni),
si tra i volumi e la massa più com-
foto sparse in migliaia di siti, al-
e un barometro delle sottoculture
plicato. Di pari passo spuntano an-
cuni persino aggiornati live dalla
europee, una fotografia dei suoni
che gli inconvenienti: scelte strane
location. Sono i segnali potenti di
dei Duemila (e di quei Duemila che
come piazzare i Modest Mouse e i
un festival, un happening che può
si poggiano sui ’70/’80, stra-attua-
B a t t l e s n e l l o s t a g e “ i n d i e ” d e l l ’ AT P
contare su un popolo-fiume-in-pie-
li anch’essi). Un meeting point per
(salvo un cambiamento lastminute
na di sessantaduemila persone. Un
gente sparsa nei territori nazionali
per i secondi) e gli Architecture In
botto che si somma a un incremen-
e un osservatorio sui movimenti e
Helsinki
to – circa del 30% - rispetto allo
le estetiche del popolo indie, che
RockDelux, nonché i Fall nel main
scorso anno, una svolta per l’in-
quest’anno per dire conta anche su
s t a g e . Tu t t o c i ò s i s o m m a a – n o v i -
tero evento, che può a ben diritto
una buona fetta di colorati e lat-
tà per loro – vari problemi tecnici,
considerarsi di massa e meritar-
tiginosi scandinavi oltre ai soliti
come quelli incontrati dagli stessi
si la palma di act festivaliero più
britannici, tedeschi, francesi e una
Architecture e The Good, The Bad
hype del continente. Chiaro, non
buona fetta di italiani.
& The Queen (volume basso per
è soltanto una questione di cifre:
A tanto calore il PS risponde con
t u t t o l o s h o w, s o v r a s t a t o d a i b a s s i
quel mix tra vecchie glorie post-
cento gruppi e un palco in più
da discoteca), gli Smashing Pum-
punk, autentici miti rock tout court
(quello che solitamente era adibi-
pkins (salta l’audio in mezza can-
e una marea di gruppi e microact
to a discoteca post-evento), per
z o n e ) , i B u i l t To S p i l l ( s o u n d c h e c k
da tutte le regioni del mondo, stra-
un totale di sei location fisse in
infinito e microfoni che partono, un
90 sentireascoltare
–
in
quello
dell’anfiteatro
Festival 2007
concerto praticamente rovinato) e
tannici wave-pop, Modest Mouse),
saggi importanti per Parenthetical
i Battles (corde che saltano e mac-
e una sempiterna abbondante vena
Girls e Battles: gli act più freschi
chine che non rispondono).
psichedelica (ancora Melvins, Fall,
del momento, vuoi per presenza
se-
W i l c o , C o m e t s O n F i r e , B u i l t To
sul palco, vuoi per proposta mu-
gnali non ha senso congetturare;
Spill, Isis…). Ingredienti di questi
sicale (la prosopopea irresistibile
ma che l’edizione 2007 pare una
anni, che circolano sotto messaggi
dei primi, il matematismo freejazz
gara di sms quello sì. Lo dobbiamo
potenti quali quelli lanciati dai Mel-
per macchine e strumenti dei se-
dire all’inizio perché erano tutti a
vins, che assieme agli immancabi-
condi); buona tenuta anche per
mandar messaggini, un milione di
l i S o n i c Yo u t h ( D a y d r e a m N a t i o n ) ,
g e n t e a ff e r m a t a c o m e B l o n d e R e -
messaggini interpersonali e musi-
Slint (Spiderland), Comets (Blue
dhead (scienza della malinconia) e
c a l i . F r a s i e r i ff c h e s ’ i n c o n t r a n o
Cathedral) e Dirty Three (Ocean
naturalmente Modest Mouse, che
e si troncano, un vagabondare un
Songs) propongono per intero un
fanno faville con una scaletta kil-
po’ frenetico e un po’ annacquato
album “storico”. King Buzzo e soci
ler e un Johnny Marr pienamente
(dalla solita birra Estrella) e tan-
sono i più impressionanti: con loro
partecipe. I Low sono al solito ma-
ta fame in corpo. Fame di chitarre
Houdini è la sintesi di un sound
g i c i , e l o s t a g e d e l l ’ AT P p r e m i a i l
e fame di download, per retine e
passato dalla selva pre-grunge al-
classico live del trio con calore e
timpani in un evento che trasver-
l’arte concettuale, senza peccare
trasporto. Come diciamo da sem-
salmente registra una componen-
dei difetti che solitamente si at-
pre, non c’erano dubbi sulla san-
te tribale sempre più sentita ad
tribuiscono a queste operazioni. Il
guigna carica garage dei Black
ampio spettro (percussioni per i
finale alla Boredoms poi è la cosa
Lips,
potenti Melvins, muniti di doppia
più potente e anti-show che il festi-
punk’n’blues’n’roll a rotta di collo.
batteria, e persino per i Parenthe-
val abbia registrato: oltre quindici
Messaggini e frasi troncate invece
tical Girls), una cavalleria di funk
minuti di tribalismo su una cover
per i Dirty Three, castigati in uno
bianco sempre solida e oro per i
di Country Joe And The Fish e im-
stage dispersivo e poco incentivati
ballerini (Architecture, tutti i bri-
p r e c a z i o n i a n t i - Vi e t n a m . A l t r i m e s -
dal pubblico, come per gli Slint la
Su
dove
porteranno
questi
tra
blasfemie
Beatles
e
sentireascoltare 91
c u i r e - r e u n i o n è u n a ff a r e o r a m a i
moglie-tastierista, il tutto mentre
moltiplicazione della voce e gran
senza molto senso se non quello
sbraita sicuro e strafottente, al
slego di corde collettivo (violoncel-
di godere di un impianto imbattibi-
solito e anche di più. Eppure quel
lo, piano, batteria, tromba) viene
le (e chi ha voglia di noto, ha go-
finale impro psych tiratissimo - se-
replicato per ogni sacrosanto bra-
duto); come non si può dire bene
condo solo a quello dei Melvins -
no della scaletta tanto da trasfor-
di Beirut, anche qui non tanto per
conclude una performance nel com-
mare l’epica tragica di certi Balcani
questioni di performance quanto
plesso da annoverare negli annali
in una pappa per intellettuali deca-
per un discorso di palco (e volumi).
del Primavera. Sicuramente non a
denti. Poco male, la chiudiamo con
Noiosi tout court invece Pelican e
questi livelli ma prevedibilmente
d e i d o v e r s i e l o g i : l ’ o ff e r t a c o m -
Isis, praticamente conscio e sub-
onnipresenti e bravi i Sonici: que-
plessiva del Primavera tampona le
conscio del metal passato al post-
sta è la prima di Daydream Nation
piccole e grandi delusioni di ognu-
rock di Louisville, un po’ scialbo
2007 e, nonostante qualche marcia
no (le proverbiali quando si hanno
lo psych rock dei Black Mountain
debba ancora ingranare, il mito in-
aspettative). E ancora una volta le
(cugini meno dotati dei Brian Jo-
die rock definitivo è bello è servito,
scelte complessive (la partnership
nestown Massacre) e senile il fair-
con tanto di irresistibile Thurston
c o n l ’ AT P, l ’ a t t e n z i o n e p e r g e n t e
play new age con residui fai da te
Moore che inforca occhialini da
che non abbiamo citato ma di cui
dei Durutti Column in trio.
c o l l e g i a l e p r i m a d i i n t o n a r e To t a l
sarebbe stato bello parlare come
M a p a r l i a m o d e i b i g . Tu t t i b r a v i ,
Tr a s h ; i l p u b b l i c o a p p r e z z a , s p i n g e
A l e x a n d e r Tu c k e r, F u j i y a & M i y a g i ,
decisamente: i Wilco primi della
e scalpita per l’esibizione probabil-
G r i z z l y B e a r, M u s , J a y R e a t a r d e
classe, con folla oceanica adu-
mente più frequentata del festival.
Hell) confermano la lungimiranza
nata per il loro folk intimista che
C’è comunque un modo per ripa-
degli organizzatori. A quando la
ogni tanto prende pieghe opposte;
rarsi dall’immane fiumana di gen-
reunion del Pop Group? Questi mi-
i White Stripes, eccezionalmente
te, ed è il rifugiarsi all’Auditori,
racoli solo loro possono oramai...
in tiro, che tengono tutti inchio-
teatro avveniristico dove gli sms
Edoardo Bridda (contributi di
dati fino a tarda notte con il loro
non arrivano; per via del campo,
A n t o n i o P u g l i a e Te r e s a G r e c o )
blues acido e più hard che mai, tra
si sa, ma anche per isolamenti
le mille chitarre di Jack e il sor-
spazio-temporali. Ecco che David
Han Bennink + Fabrizio Pugliesi
riso dell’imperturbabile Meg; Patti
Thomas Broughton appare chiuso
+ Ab
Smith santona che rifà Stones e
in una bolla autistica fra ancestrali
+ David Kweksilber + Michael
Cobain, con finalone Gloria / Rock
cantilene folk e freakerie avant (gi-
M o o r e + E n r i c o S a r t o r i - Te a t r o
And Roll Nigger, e sì, persino quel
nocchiate alla chitarra, oggetti me-
San
prete di Billy Corgan che, suonati
tallici fatti tintinnare, corse forsen-
maggio 2007)
quattro (brutti) pezzi dal prossimo
nate tra il pubblico); Billy Bragg
Caratteristica
Zeitgeist fa rivivere l’adolescenza
intrattiene magistralmente in uno
c o n s o l i d a t a d a t e m p o , è q u e l l a di
a buona parte degli astanti con uno
one-man show di un’ora, in cui im-
m e t t e r e f a c c i a a f a c c i a m u s i cisti
show che è tutto un siamese dream
persona la sua migliore incarna-
“ s t o r i c i ” e n u o v i t a l e n t i . L’ i m p r ov -
e un pochino una mellon collie. I
zione, il combat folkster “Johnny
v i s a z i o n e i n d u o , f o r m u l a p r e d i let -
Buzzcocks? C’erano anche loro
Clash”, laddove Jonathan Rich-
t a d a s e m p r e d a l f e s t i v a l , m ette
sì, e ubriachi fradici hanno fatto un
man viene accolto come una su-
a n u d o g l i a r t i s t i , c o s t r e t t i a d un
casino tale che per una volta il pal-
perstar per il solo riproporre il suo
c o n f r o n t o s e r r a t o g l i u n i c o n g l i al -
co “electro” di fronte al Rockdelux
repertorio ispanico. E’ senz’altro
t r i n e l l a p i ù i n t i m a d e l l e f o r m a z i oni
ha taciuto i suoi bassi. Così non
u n o s h o w o s s e r v a r e S h a n n o n Wr i -
m u s i c a l i , q u e l l a i n c u i n o n s i può
è stato per l’esibizione di Albarn e
ght contorcersi fra piano e chitar-
i n n e s s u n m o d o m e n t i r e , t a n t o si è
Simonon: i suoni vittoriani di The
ra, totalmente posseduta dalla sua
esposti.
Good, The Bad & The Queen sono
musa, in un dialogo serrato con se
Q u e s t ’ a n n o è t o c c a t o a l b a t t e r ista
stati praticamente sommersi dal
stessa mentre ripropone a mo’ di
olandese
r a v e a n t i s t a n t e , n o n o s t a n t e l ’ a ff i a -
talkin’ blues waitsiano buona parte
p a n n i d e l m o s t r o s a c r o d e l l a XVII
tamento del combo e l’ottimo umo-
dell’ultimo album, la musica tesa
e d i z i o n e d i A n g e l i c a , i m p e g n a t o sia
re di Damon. Promosso a star di
tra cabaret ed emotività lacerante;
c o m e c o m p o n e n t e d e l l ’ I C P O r c he-
primo rango l’immarcescibile Mark
così come vedere good old Robyn
s t r a ( i n s i e m e a g e n t e c o m e Tr i s tan
E. Smith chiamato sul main stage,
Hitchcock salire sulla sua Adven-
H o n s i n g e r e M i c h a e l M o o r e) , sia
con lui una line-up nuova di zecca
ture Rocket Ship alla volta del
i n d u o . I n q u e s t a s e c o n d a o c c a sio -
pronta a subire capricci e scappel-
pianeta mai dimenticato dei Soft
n e a d a ff i a n c a r l o e r a
lotti. Smith fa cantare il bassista al
B o y s , a c c o m p a g n a t o d a i f e d e l i Ve -
g l i s i , p i a n i s t a c a t a n e s e d a i p a s sati
posto suo per fumarsi la sigaretta
nus 3 (3/5 di Minus 5 e R.E.M.).
o l a n d e s i , c o n i l q u a l e B e n n i n k a ve -
pre-concerto, aggiusta il volume al
Bocciatura invece per Matt Elliott:
va già collaborato in passato.
chitarrista, ruba il microfono alla
una fissa per i crescendi noise con
Che i due si conoscano già da un
92 sentireascoltare
Baars
+
Olivia
Leonardo,
Han
Bignardi
Bologna
di Angelica,
Bennink
(10
o r mai
vestire
i
F a b r i z i o Pu -
Han Bennik
po’, musicalmente parlando, lo si
h a r e s o d i ff i c i l e i l c o n g e d o d e i d u e
paganti – nella loro unica e attesis-
sente subito. Puglisi dimostra di
musicisti.
sima data italiana potrebbe benis-
conoscere
letteralmente
A completare una serata che avreb-
simo rientrare sotto la voce “colle-
vulcanico del batterista (presenta-
be anche potuto concludersi così,
ra divina” / “fato funesto”. O, meno
tosi sul palco con una batteria for-
in maniera del tutto soddisfacente,
omericamente,
mata da fasci di rami, oltre che da
un quintetto di fiati, anche stavol-
Ma andiamo con ordine, come si
tamburi) e gli lascia molto spazio,
ta italo-olandese: Michael Moore
dice in questi casi. Anzi, no, par-
inizialmente accompagnandolo al
(clarinetto e sax alto), Ab Baars
tiamo da quella frase pronunciata
piano con tocco leggero e incon-
(clarinetto e sax tenore), David
dal buon Pete quando, dopo sole
fondibilmente jazzato. Bennink è
Kweksilber
dell’Asko
Ensemble
cinque cartucce sparate, la furia
molto più che un musicista. Impre-
(clarinetto e sax alto), Enrico Sar-
d e g l i e l e m e n t i s i s c a t e n a s u Ve r o -
vedibile, cerca di piegare alla fun-
tori (clarinetto, clarinetto contralto
na sotto forma di un violento nu-
zione percussiva qualsiasi ogget-
e sax alto), Olivia Bignardi (clari-
bifragio, che costringe presto gli
to si ritrovi tra le mani, che siano
netto e sax alto). I colori caldi dei
sventurati astanti a cercare rifugio
pupazzi o sgabelli, per la sorpresa
clarinetti e dei sax si fondono in
tra le arcate dell’antico circo roma-
di un pubblico che si vede conti-
un timbro che, a seconda delle
no. “This is the first time it rains on
nuamente sbattere davanti cumuli
combinazioni che si succedono, si
me. It is supposed to rain on you!”,
di rami manco fosse in una fore-
trasforma: duetti incrociati, dialo-
u r l a u n To w n s h e n d q u a s i d i v e r t i t o
s t a . L’ i m p r o v v i s a z i o n e c r e s c e d i
ghi imitativi, sfociano in esplosioni
quando le gocce, complice il ven-
intensità a mano a mano che i due
collettive che danno vita a momen-
to galeotto, colpiscono anche lui e
prendono confidenza con la mate-
ti tesissimi creati su una trama di
tutta la strumentazione sul palco.
ria musicale e sperimentano i tim-
fortissime dissonanze. Le caratte-
Come
bri, supportati dal sintetizzatore
ristiche degli strumenti impiegati,
be succedermi, perché – per dir-
suonato da Puglisi, unico elemen-
tutti dai registri molto ampi, per-
la come il Marchese del Grillo- “io
to elettronico tra gli strumenti usa-
mette variazioni espressive e un
ventaglio di possibilità vastissime,
so’ io (la rockstar) e voi nun siete
ti. Spesso la produzione di suoni
aleatoria diventa il principio fon-
che i musicisti, disposti in cerchio
dante dell’esecuzione, tra rumori e
(in modo da potersi guardare e
l’estro
musichette dei giocattoli e tamburi
e piatti fatti rotolare a terra.
L’ i r o n i a l a f a d a p a d r o n a . I d u e g i o cano con alcune bamboline come
fossero dei bimbi e sembrano sinceramente divertirsi, senza in nes-
studiare)
campo
sfruttano,
personalità
mettendo
in
diversissime,
dall’irruenza invadente di Moore
alla sobrietà classicheggiante di
K w e k s i l b e r, c h e n o n s i s c o m p o n e
neanche nei momenti più intensi.
dire:
“sfiga
questo
pazzesca”.
non
dovreb-
un cazzo” (o meglio, siete i poveracci che avete pagato un minimo
di 54€ per vedermi suonare). Che
poi, a quanto pare, lo stesso Pete
spingerà da subito per far fronte
all’inconveniente e riprendere lo
s h o w, m a è b e l l o p e n s a r e c h e i l r a gazzaccio dentro di lui si sia fatto
sentire ancora una volta. In ogni
sun modo perdere la concentrazio-
Daniele Follero
ne, e con loro il pubblico. Non certo
T h e W h o – Ve r o n a , A r e n a ( 11
un’ora, con l’angoscia incomben-
un pubblico delle grandi occasioni,
giugno 2007)
te che tutto sia già finito. Ridere
se si pensa alla sala stracolma du-
Incidenti,
rante il concerto di Braxton dello
quello che è successo ai redivivi
d i ff e r e n z a .
scorso anno, ma comunque nume-
To w n s h e n d & D a l t r e y – e a i c i r c a
E dire che l’avvio era stato al car-
roso e soprattutto entusiasta, che
12000
diopalmo:
li
chiamano.
avventori
Quando
profumatamente
caso, concerto interrotto per più di
o piangere, in questi casi, non fa
I
Can’t
Explain,
The
sentireascoltare 93
Seeker, Substitute, Fragments da
The Real Me. E’ però Pete che su
ne sono conseguite) e lunghe
Endless Wire (concessa, e live
Magic Bus, The Kids Are Alright e
sonnolente ballad, che diventano
ha anche un suo senso), Who Are
Pinball Wizard recupera vistosa-
spirituali jam dark-blues. Compre-
Yo u , c o n i l v e c c h i o R o g e r p e r n u l l a
mente il punteggio; d’altronde gli
se alcune rivisitazioni del gruppo
domo a far roteare il cavo del mi-
Who non sono stati quasi sempre
madre, tra le quali una sulfurea
crofono come solo sa lui, e l’eterno
una cosa sua?
Pur roco e fioco,
cavalcata di Black Soul Choir. Chi
Pete a infliggere i classici colpi “a
sarà comunque Daltrey a chiudere
scrive non fa mistero di preferire
mulinello” alla Stratocaster d’or-
la partita, dando il definitivo colpo
lo slancio 16 Horsepower (e la sua
dinanza.
sec-
di grazia alla sua ugola nell’urlo
roots music selvaggia) alle cupe e
chi solo a vederlo, altrochè, e al
finale di Won’t Get Fooled Again.
rarefatte
Pubblico per la maggior parte ri-
ne, che viste qui alla lunga (dopo
conquistato (con tanto di commo-
un’ora e mezza di concerto) ri-
vente abbraccio finale tra i due), e
schiano un po’ di uniformarsi, per
risultato portato a casa.
arrangiamento ed esecuzione.
Chi ha vinto, allora? Il mito immor-
Ma Edwards fa sempre comunque
tale del rock che sconfigge il de-
l a d i ff e r e n z a c o n i l s u o s h o w n e l l o
stino avverso o le ciniche regole
s h o w, d a o s c u r o p r e d i c a t o r e d e l -
dello showbiz che impongono che
l’apocalisse ai cui sermoni non si
il malloppo sia comunque incassa-
può sfuggire, malgrado tutto. Lo
to? Nel dubbio, se mai voleste ve-
diresti un singolare incrocio tra
dere gli Who dal vivo - è pur sem-
Gordon Gano e Nick Cave, con
pre un signor show -, consigliamo
parti assortite di Gun Club. Musi-
vivamente una venue al chiuso.
ca devozionale dal forte contenuto
Sia mai la natura si ribelli un’altra
spirituale che non accetta alcun
volta.
compromesso. Prendere o lascia-
Roba
da
restarci
diavolo tutti gli scrupoli di questo
mondo su reunion come questa e i
soliti discorsi sui dinosauri “bolliti”
e bla bla bla. Con una band così,
poi, - i rimpiazzi di lusso Pino Palladino e Zak “Starr” più il fratellino
d i To w n s h e n d , S i m o n , a l l a c h i t a r r a
e il veterano John “Bunny” Bundrick alle tastiere -, ci si dimentica
di tutto.
Senonché, arriva la natura a cercare di ristabilire il suo ordine (o
caos, che poi è uguale quando si
parla di elementi, no?). Perché
– non è certo finita qui, che credevate – quando i due tornano sul
Antonio Puglia
palco, accade l’ineluttabile: Behind
Blue Eyes non arriva neanche a
sbocciare che la voce di Daltrey
si incrina impietosamente su “but
my dreeeams they aren’t as empt y … ” . L’ u m i d i t à d e l l a s e r a t a v e n e ta ha fatto il suo sporco, diabolico
lavoro. Stizzito, il frontman si sfila
l’acustica e corre nei camerini.
A questo punto, stati d’animo contrastanti
s’impossessano
di
un
pubblico ormai attonito, generando
una certa schizofrenia – che non è
quadrofenia, ma è pur sempre un
buon inizio. “In pensione, subito,
e per sempre”, pensa il cinico bastardo. “Non posso vedere Roger
wovehandia-
re. E a giudicare dall’accoglienza
riservatagli in quest’occasione, il
Wo v e n
Hand
–
Tr a n s i l v a n i a ,
Milano (15 giugno 2007)
A ff l u e n z a n o n n u m e r o s a m a a t t e n t a
e c u r i o s a a l Tr a n s i l v a n i a p e r D a v i d
E u g e n e E d w a r d s e i s u o i Wo v e n
Hand. Un manipolo di fedelissimi
- come abbiamo constatato - che
pende dalle labbra del carismatico
leader nerovestito, che da subito
comincia ad attirare l’attenzione su
di sé. Scioltisi i 16 Horsepower di
cui il Nostro era il frontman, tocca
ora alle sue “mani giunte” proseguire il suo discorso in chiave dark
folk/country blues, con la febbrile
Daltrey così. Mi fa quasi tenerez-
urgenza espressiva peculiare mar-
za. Potessi salirei sul palco e lo
chio di fabbrica.
abbraccerei”, pensa il fan dal cuo-
E il live non poteva che essere
re spezzato. “E’ la fine”, pensano
così come da copione, con un re-
un po’ tutti. E invece no: dopo un
pertorio che abbraccia l’intera pro-
altro balletto di scuse e indeci-
duzione della band, con Edwards
sioni, quando ormai ogni speran-
che si alterna tra chitarra e mando-
za sembrava del tutto svanita e la
lino, cantato in loop e sussurri, tra
pioggia continuava a battere ine-
autismi solistici al limite dell’inco-
s o r a b i l e , s i d i ff o n d o n o l e n o t e d i
municabilità, siparietti teatral-re-
L e t ’s S e e A c t i o n ( u n a c h i c c a , t r a
ligiosi con tanto di ringraziamenti
l ’ a l t r o ) . R o g e r è l ì , s o ff e r e n t e e
al signore, a mo’ di benedizione
praticamente afono, ma fa il me-
(è nota infatti la sua discendenza
glio che può, cimentandosi perfino
da un nonno predicatore, con tutto
i n B a b a O ’ R i l e y, M y G e n e r a t i o n e
l’immaginario e le ossessioni che
94 sentireascoltare
riflessioni
e
pubblico milanese è stato ampiamente conquistato.
Te r e s a G r e c o
SAOPHONE COLOSSUS
#8
di Fabrizio Zampighi
Sonny Rollins – Saxophone
Colossus (Prestige, 1956)
A sentire il diretto interessato, il
disco migliore di Sonny Rollins
sarebbe The Solo Album, opera incisa nel 1985 in occasione
di un’ esibizione nel giardino del
u n p o ’ s u l l a b o c c a d i t u t t i . Tr a l a
fine degli anni ‘40 e la prima metà
dei ‘50 Sonny ha collaborato con
musicisti del calibro di Max Roach,
C l i ff o r d B r o w n , T h e l o n i o u s M o n k ,
J.J.Johnson, Miles Davis, dimostrandosi ottimo autore e, nono-
Museo d’Arte Contemporanea di
N e w Yo r k . U n ’ e s p e r i e n z a d i a s c o l to che raccoglie quasi un’ora di
sax e nient’altro, meravigliosa ed
estenuante, irripetibile e significativa del rapporto che lega uno dei
più grandi musicisti della storia del
jazz al suo strumento.
Non entriamo nel merito, dal momento che la vastissima discografia del Nostro potrebbe dare adito
a qualsiasi riflessione a riguardo.
Ta n t ’ è c h e i n q u e s t a s e d e , n o i
stessi scegliamo di occuparci di
u n t i t o l o u g u a l m e n t e a ff a s c i n a n t e
ma decisamente più classico: quel
Saxophone Colossus, che assiem e a Te n o r M a d n e s s e a Wa y O u t
We s t r a p p r e s e n t a u n p o ’ l o z e n i t h
qualitativo del primo periodo musicale di Rollins.
Il disco esce nel 1956, in un momento in cui il nome dell’artista è
stante la giovane età, ben più di
un semplice session man. Guadagnandosi invece il rispetto dei colleghi, che oltre a riservargli continui attestati di stima, arrivano a
paragonarlo a Charlie Parker per
lo stile fantasioso, i fraseggi repentini e l’energia che sprigionan o i r i ff d e l s u o s a x . R o l l i n s n o n s i
accontenta e continua ad evolversi, mescolando scambi vibranti ad
elementi ritmici esotici – il calypso,
p r o v e n i e n t e d a l l e i s o l e Ve r g i n i d e l le Piccole Antille, come del resto
la madre del musicista - , stacchi
improvvisi a nette decelerazioni,
accentuate variazioni di colore a
r a ff i n a t e t e s s i t u r e . C a r a t t e r i c h e
in Saxophone Colossus vengono
a patti con la disarmante semplicità formale e la purezza cristallina
delle melodie.
Tu t t o h a i n i z i o c o n S t . T h o m a s , l e
cui derive etniche – alla batteria
c’è Max Roach - prendono il sopravvento sull’insieme costringendo il sax del padrone di casa su un
tema allegro ricco di ripetizioni e
concessioni libertine. Una sorta di
stretching in vista delle atmosfer e h a r d b o i l e d d i Yo u D o n ’ t K n o w
What Love Is, i cui vagabondaggi
notturni ospitano il basso di Doug
Wa t k i n s , s o l l e t i c a n o i l p i a n o e l e g a n t e d i To m m y F l a n a g a n , c o n c e d o n o a i r i ff d i R o l l i n s l o s p a z i o
necessario per disegnare armonie
debitrici più al blues che a quell’hard bop di cui il musicista è peraltro deciso estimatore. Passione
– quella per l’hard bop - che invece
nel successivo Strode Rode emerge prepotente, in un’ alternanza
di scambi scapicollanti di sax e
picchiare invasato di batteria che
danza su un tema a scatti ma tutto sommato pacato. Le energie in
eccesso vengono poi stemperate
nei due brani conclusivi, Moritat
e Blue Seven, il primo standard
- a f i r m a We i l / B r e c h t m a r e s o c e lebre da Louis Armstrong - da cui
emerge un certo equilibrio formale
tra improvvisazione e fondamenta
armoniche, il secondo slow tempo
made in Sonny Rollins dedicato
alle microvariazioni e alle chiose.
sentireascoltare 95
una rubrica jazz a cura di Stefano Solventi e Fabrizio Zampighi
Musicista virtuoso e carattere inquieto capace di mettersi perennemente in discussione, Sonny Rollins ha attraversato la storia del jazz a suo modo, contribuendo a costruirne le fondamenta, intervallando momenti di
stasi a periodi di forte impegno, studiandone gli accenti storici e le vicissitudini. Per poi scoprire che ciò che
sembra soltanto musica è invece qualcosa che paradossalmente, poco ha a che vedere con la tecnica e molto
con il coraggio.
(Gi)Ant Steps
Sonny Rollins
WE ARE DEMO
a cura di Stefano Solventi e Fabrizio Zampighi
WE ARE DEMO
Side A
Seguo l’evoluzione dei riminesi Volticontrolume da qualche tempo. Le
loro produzioni sono sempre state interessanti esperimenti di desert rock
psichedelico e dilatato, che spesso
però si perdevano in lunghi episodi
con voce satura d’effetti, annacquata nelle pur gradevoli atmosfere col
rischio di creare inizialmente molta
aspettativa e finire purtroppo in noia.
Con questo nuovo lavoro compiono
un gran bel passo in avanti ed anche un leggero cambio di rotta. Finalmente canzoni. Ben strutturate.
Voce più o meno intelligibile. Molto
più rock e meno psichedelia ambientale. Si parte come degli Yo La Tengo
in cantina, la voce strascicata (forse
troppo) cala Godano nei sixties più
psichedelici. Le melodie rilasciano
un gusto che sa di certo garage-beat
italiano che è un vero piacere. La
chitarra suona marcia e graffiante
memore del miglior indie-rock stelle
e striscie denotando grande perizia
e gusto nell’uso degli effetti. La registrazione forse non rende completamente giustizia alle intenzioni
ma considerato che è solo un demo
resta comunque un lavoro notevole.
Con qualche accorgimento in più a
voce e testi, direi proprio che ci siamo. Complimenti. (6.8/10)
Diamine! Ma cos’è? Un concentrato
di candida pubertà eterna ed incompresa adolescenza? I riminesi UCS
96 sentireascoltare
sono giovanissimi, suonano canzoni
pulite pulite di una purezza cristallina, pop come ci hanno insegnato
gli Smiths o come continuano ad insegnarci i nostrani Perturbazione o
anche Carmen Consoli. Ma la voce!
E’ la voce che ti prende al cuore. Imbarazza quasi tanto è flebile, intima,
netta e isolata. I testi sono l’amore
come non si riesce più a raccontare
dopo. E’ puro emo a due passi dalla
pornografia! La musica è ben scritta
e suonata, lieve anche se sostenuta
nelle ritmiche e talvolta graffiante.
Ma senza quella voce, non me ne si
voglia, probabilmente non sarei rimasto tanto attratto da questo lavoro
che invece temo finirà spesso nella
mia borsa quest’estate. Viene voglia
di lasciarsi crescere un ciuffo, aprire
la camicia e ballare lascivi, magari
un po’ effeminati, insomma Morrissey. Magari non sono così indie come
vorrebbero e l’intellighenzia snob
continuerà a snobbarli (cattivi!), ma
ce ne fossero di giovani band capaci di scrivere canzoni come queste.
(7.2/10)
Non so molto di questa band, Il Garage Ermetico. Leggo che sono in
due e provengono un po’ da Bergamo
un po’ da Genova, il loro demo Alcuni pensieri di Moby Dick la balena
mi ha invece letteralmente folgorato.
Un concatenarsi fluido di cantautorato sotto tono e piccola elettronica
fatta di dettagli e reminescenze, il
Robert Wyatt più liquido coverizzato dai Boards Of Canada più astratti
prodotti da Fennesz per Snowdonia.
Svarioni sottomarini e colpi di sole,
musica senza gravità e troppi riferimenti. Vascello in mare aperto perso alla ricerca della grande balena
bianca. La voce grave, impastata.
lenta si fa portatrice degli ultimi confusi pensieri di una ciurma ormai da
troppo tempo alla deriva. Lo sguardo balbetta cercando all’orizzonte, il
corpo ciondola assecondando il mare
e le sue sinusoidi elettriche. Notti di
#18
bonaccia tutte uguali, il buio avvolge, culla. Sul ponte qualcuno pizzica
una chitarra, qualcun altro suona un
armonica, malinconica. Dalla cabina
si sentono confusi messaggi radio rivolti a chissachì. Un grido bestiale
squarcia il silenzio, è qualcuno che
non ce la fa più. Ma il mare sa aspettare apparentemente immobile, in
realtà brulicante di esseri scintillanti
e submovimenti. Da qualche parte
laggiù riposa sospesa lei, la grande
balena bianca. (7.2/10)
Davide Brace
Side B
Liuk Productions è uno che ci tiene
all’anonimato. Gli preme d’informarci che ha 34 anni, vive ad Oristano
ed è informatico proprio come la sua
musica, composta con un software
da due soldi - parole sue - comprato in edicola. Fatto è che il reticolo
teatral-electro-prog che ci propone
appare giocoso e inquietante. Come
un mash-up di tentazioni/ossessioni
compresse nella cameretta e ricreate col Commodore 64. La title track
fa venire in mente il Giusto Pio de
L’era del cinghiale bianco convertito alla tastierina, Irregular Beat irradia sconcertante ciber-esotismo in
levare, The Burning Theatre sfalsa
linee melodiche tra timbri pseudovocali per una quasi-umanità prossi-
ma non per questo meno strabiliante. Chiariamo: l’ascolto di Strange
Dreams è meno pregnante dei risvolti qui ipotizzati. Ma è comunque
gradevole. (6.5/10)
Il progetto Noxia, localizzabile in
quel di Salò, è un sestetto “espanso”
ad una decina di elementi (perlomeno), tra synth e chitarre, percussioni
e fisarmoniche, voci (in inglese, in
marocchino, in greco, in italiano) e
cori, elettroniche e ottoni. In questo
Doron Soundtracks fanno etnoworld onirica, futurista e frondosa,
suadente finché non spiana riffarama rocciosi, gabrielliana finché non
s’avvia midtempo Deep Forest. C’è
insomma una nostalgia al lavoro, col
mirino puntato sugli ottanta a cavallo
tra progressive e pop, anni che reagivano all’esplosione del villaggio
globale fantasticando globalizzazioni
artificiose, singulti atavici in provetta, ologrammi sonici contro l’ignoto
che viene a prenderti (la title track,
No Good Byes). Fortuna che tutto si
stempera in una voglia di morbidezza urban-soul, quella certa disinvoltura applicata al patchwork sonico
che rese intriganti i Bran Van 3000
(Dreamers). Peccato che talvolta si
ecceda con le potabili recrudescenze pop-soul: è alto il rischio di sperperare cose buone e giuste come My
Freedom – con quella tromba placida
a squarciare il velo downtempo – in
direzione (argh!) Celine Dion. E che
dire poi di quella orribile voce maschile! Visto che competenza e talento non mancano, vale la pena di
imporsi una disciplina, di selezionare. (6.3/10)
Un trio anzi un quintetto (le note sul
cd e quelle sulla cartellina stampa
non collimano) dedito all’incontro tra
musica orientale e occidentale, con
tutto ciò che questo significa e forse
di più. Ecco i Cetana, che poi sarebbero la manifestazione sonora del
progetto Advaita, un vero e proprio
percorso di ricerca interiore scaturito dall’incontro tra Luigi e Sasidu, il
primo cantante e il secondo percussionista originario dello Sri Lanka.
Nel loro Demo cd si susseguono
melmose ballate psych blues condite da synth siderali, canto rapito e
sussurri mefistofelici, percussioni &
pulsazioni, tutto un tentativo di ricostruire un terreno comune di visioni/
percezioni come accade ogni tanto
da una quarantina d’anni a questa
parte, almeno in ambito pop-rock.
Ma i sixties sono lontani e così – accolta le capacità contemporanee di
decostruire e ricostruire – accadono
misteriose suggestioni esotiche in
teatrini allucinati e stranianti, roba
tipo gli Incredible String Band messi
a macerare assieme al Kantner più
visionario nell’I-Pod dei Bardo Pond.
Non possiamo esimerci dal sottolineare una certa prolissità e monotonia, però se siete ben disposti verso le frequenze lente e le vibrazioni
dense, potreste – chissà – accedere
all’evocativa complessità dei segni.
In bocca al lupo. (6.7/10)
Stefano Solventi
B o n u s Tr a c k
Ok, so già che storcerete il naso
quando vi dirò che i Save Energy si
occupano di metal cantato in italiano. Sembra di sentirvi: i soliti capelloni esaltati il cui unico interesse è
quello di trovare una scusa per “slegare” la chitarra, pestare a più non
posso sulla batteria, inerpicarsi in
acuti alla Bruce Dickinson. E inve-
ce. E invece la band sarda, pur non
lesinando in ruvidezza, dimostra nel
loro Col vento in faccia di saperci
fare anche con la melodia, inanellando una serie di episodi – tra tutti Hungry - che tra maree di power
chords “stoppati” e assoli d’ordinanza richiama i primi Timoria, omaggia
la “Vergine d’acciaio” e trova il modo
di farci sculettare come ai bei tempi
andati senza scadere in pacchianerie di sorta (voto: 6.6/10; web: www.
myspace.com/saveenergy). Discorso
diverso per Swelto, che nonostante
i capelli lunghi fino alle spalle e lo
sguardo truce in copertina, si occupa
di hip hop. Di quello battagliero e disilluso, metropolitano e claustofobico, sputato su beat essenziali e contorni r ‘n’b – Tutto da capo -, aperto a
contaminazioni e contributi esterni.
Buono il risultato finale ed ottime le
potenzialità, per un disco che al di là
di qualche naturale ingenuità dovuta alla giovane età dell’artista marchigiano – classe 1985 -, non lascia
l’amaro in bocca (voto: 6.3/10; web:
www.swelto.it ). La palma di miglior
bonus del mese va invece ai Cremisi, impegnati a riprodurre un’interessantissima fusione tra accenni postrock, musica d’autore, deviazioni
scanzonate. Batang parla di Paolo
Conte su un tessuto strumentale
piuttosto personale, Jazz cita Vinicio
Capossela tra un basso balbettante
e distensioni “dopo rock”, Len-tamen-te ci ricorda con pochi passaggi
chi erano i Mogwai, Semplice scova
in fondo alle tasche un grammo di
blues e lo veste di trame decisamente allentate. Eleganza e gusto estetico fanno il resto (voto: 7.0/10; web:
www.cremisi.com).
Fabrizio Zampighi
sentireascoltare 97
WE ARE DEMO
ma all’Hancock di Rock It, Euphoric
Impression è una filastrocca senza
parole per macchine dismesse solo
nella realtà. Perché - ecco è il punto - questo modernariato sonico lo
portiamo dentro, è la sinopia di ogni
mirabilia auditiva attuale, la sua movenza prima, metà fisica (metafisica)
e metà androide. Del resto, viene
il sospetto che quel Liuk della ragione sociale possa rimandare alla
pronuncia italica dello Skywalker di
Star Wars, archetipo di effettistica
da pochi mega anzi semi-analogica,
Classic
Neurosis
CAVALIERI NELLA TEMPESTA
di Paolo Grava
I Neurosis rimangono un enigma
per i pasdaran dell’etichetta e della classificazione, mentre un suono assolutamente unico li rende
riconoscibili al primo, doloroso,
ascolto. La loro storia, iniziata a
metà anni ‘80, si dipana nel periodo di maggior creatività nel campo
della musica estrema, negli anni in
cui in varie parti del mondo sperimentatori audaci e pazzi scatenati manipolano incoscientemente
generi considerati in antitesi e altamente pericolosi. In Inghilterra
Napalm Death e Carcass avviano
la rivoluzione grindcore, in Scandinavia gruppi come Bathory e
i loro seguaci si abbandonano al
culto blasfemo denominato black
metal, in Oriente grazie a gruppi
come Zeni Geva e Boredoms il
rumore viene coniugato secondo
g l i i n c o m p r e n s i b i l i m a a ff a s c i n a n ti ideogrammi japanoise; da una
sponda all’altra dell’Atlantico nuove band gettano le basi dell’industrial contaminato, dalla Florida
D e a t h e M o r b i d A n g e l d i ff o n d o n o
l’epidemia death metal, al CBGB’S
i concerti noise e NYHC portano la
violenza (non solo sonora) a livelli
di guardia, Chicago è terrorizzata
dagli eccessi maniacali di Steve
98 sentireascoltare
Albini e John Brannon, gruppi
come Earth, Melvins, Eyehategod
traducono in maniera degenere il
verbo sabbathiano. C’è da perderci la testa, sembra che ovunque e
in ogni campo musicale si inneschi
una folle rincorsa alla ricerca del
limite ultimo, senza paura, senza
pregiudizi, senza pietà. I Neurosis
partono dalla California, patria dei
Black Flag e degli Slayer, alla ricerca del Sacro Graal dell’estremismo rock. Dopo un paio di album in
sordina, si fa per dire, esplodono
con Souls At Zero, dove sfondano le barriere residue tra i generi
e rompono tabù inviolabili. La fusione eretica tra hardcore e metal,
materia e antimateria rock, trova una delle rappresentazioni più
credibili e più resistenti al logorio
del tempo. Nel calderone vengono negli anni aggiunti samples di
stampo industrial, viaggi lisergici,
mantra tribali, oscuri ricami folk
e blues, stratificazioni post rock,
incubi dark ambient. Il tutto viene espresso dal vivo con l’ausilio
di un impianto video che amplifica l’impatto sul pubblico. Through
Silver In Blood li consacra a livello
planetario senza scalfirne la credibilità underground, i Neurosis rie-
scono a partecipare all’Ozzfest in
compagnia di Pantera e Machine
Head e scatenare un headbanging
oceanico e poi gettarsi in progetti
sperimentali come in Adaptations
& S u r v i v a l , d i s c o d e i Tr i b e s O f
Neurot, estensione avant del gruppo, basato sui suoni prodotti dagli insetti. Negli anni intraprendono interessanti progetti personali
e fondano una propria label per
mantenere il controllo sulle opere
e a d i ff o n d e r e b a n d a ff i n i , m e n t r e
i dischi del gruppo base rasentano
sempre più la perfezione. La diminuizione progressiva dello scarto
e l ’ e ff e t t o s o r p r e s a t r a u n a l b u m
e l’altro non intaccano la rispetto
guadagnato negli anni, che ne fa
uno dei gruppi più influenti degli
ultimi decenni, forti di un’attitudine sperimentale e di una coerenza
che pochi altri possono vantare in
simili ambiti. Nati a Oakland in piena era reaganiana come power-trio
hardcore, Scott Kelly alla chitarra,
Dave Edwardson al basso e Jason
Roeder alla batteria si stabilizzano presto con l’ingresso di Steve
Vo n Ti l l , c h e a ff i a n c a K e l l y a l l a
chitarra e contribuisce alla brutalità del cantato. Il primo disco, Pain
Of Mind (Alchemy; 6.5/10), esce
ledetto il venditore. Il crescendo
strumentale successivo, solenne
e mesmerico, gli intrecci di tastiere e percussioni e pure il cantato,
r a b b i o s o e s o ff e r e n t e , n o n l a s c i a no spazio a dubbi: siamo di fronte
ai Neurosis vittime di una mutazione cronenberghiana che li ha resi
aberranti e al tempo stesso sofisticati e imprevedibili.
La successiva Souls At Zero è catterizzata da una cadenza doom che
si scioglie in spirali esoteriche, A
Chronology For Survival, di poco
sotto i dieci minuti, è un’odissea di
una drammaticità insostenibile che
si inabissa per esplodere, alterna vocalizzi ultrafiltrati e inumani
a cori marziali (“Rise! Run! Feed!
Ripen! Wound! Wither! Fall! Rise
Again!”), sfocia in surreali giardini
folk e precipita nei baratri senza
f i n e d e l l ’ A d e s a b b a t h i a n o . L’ u t i l i z zo di fiati e archi, l’innesto di samples, la trasformazione dei brani in
suite rompe tabù inviolabili per la
comunità hardcore. Di fatto diventa
inutile parlare ancora di hardcore,
siamo di fronte a un incrocio eretico tra Amon Düül, Chrome, Saint
Vi t u s , K i l l i n g J o k e e D i s c h a r g e .
Il cambiamento in atto ha toccato
ogni aspetto della band, a partire
dalla formazione, con l’ingresso di
Simon McIlroy alle tastiere e campionatore e di Adam Kendall che
si occupa della parte visuale delle
esibizioni. I testi perdono ogni traccia di concretezza e di riferimenti
politico-sociali, dal realismo punk
si passa a un simbolismo drammatico che accentua il senso di angoscia durante l’ascolto. È come se
lo sguardo rivolto verso la società
venisse deviato verso l’alto (o verso il basso) in direzione di divinità
oscure o catastrofi incombenti. In
realtà è rivolto verso l’interno verso la psiche dell’individuo. Angoscia, dolore, disperazione, trovano in Souls At Zero una delle più
convincenti trasposizioni in musica mai realizzate. La mutazione in
atto non si arresta e con Enemy
O f T h e S u n ( A l t e r n a t i v e Te n t a c l e s ,
1993; 8.5/10) la band di Oakland
sforna il suo album più infernale.
I l l a r g o u s o d i c a m p i o n i e d i e ff e t ti sposta ancora più il baricentro
verso l’industrial music, il suono
aumenta di potenza, Lost si apre
con una meravigliosa citazione di
The Sheltering Sky di Paul Bowles (via Bertolucci) che lascia poi
spazio a cori spospesi spazzati via
dall’arrivo di una pioggia di meteoriti ultra-metal-core. In Cold Ascending/Lexicon ampie dosi di noise
pervadono l’aria, quasi dei detriti
cosmici in sospensione, quello che
esce dalle casse è un magma indecifrabile a base di suoni sintetici,
feedbak e drumming schizofrenic o . L’ a l t e r n a n z a q u i e t e - t e m p e s t a
del disco precedente, che seguiva
quasi un ciclo naturale/stagionale
con tanto di avvisaglie e riflussi,
viene alterata in turbini (apparentemente) caotici in cui galleggiano
brandelli acustici, carcasse industrial e iceberg doom. Enemy Of
The Sun è un viaggio a ritroso verso il brodo primordiale della musica estrema, verso il primitivismo
rock, che si conclude con Cleanse,
una cerimonia percussiva in lenta
trance-formazione verso una radiazione di fondo sonica. Segue
un nuovo cambio di label a favore
dell’emergente Relapse e un period o d i p a u s a d e d i c a t o a t o u r, c o l l a borazioni e progetti paralleli, una
pratica che nel tempo porterà alla
f o r m a z i o n e d i Tr i b e s O f N e u r o t ,
più che un side-project un alter
ego sperimentale della band, un
ensemble aperto ad altri artisti che
negli anni interagirà spesso con
il gruppo californiano. Through
Silver In Blood (Relapse, 1996;
8.5/10) si apre in maniera percussiva, quasi a evidenziare un continuum con il Nemico del Sole. Con
i dodici minuti del brano omonimo
i Nostri sfoderano le armi migliori,
dimostrando quanto ormai quello
che suonano sia un genere musicale a parte, non catalogabile se
n o n c o m e N e u r o s i s - s o u n d . L’ a g ghiacciante Locust Star con i cambi
di ritmo e di umore, l’intersezione
v o c a l e t r a K e l l y e Vo n Ti l l , r a p p r e senta uno dei brani di maggior effetto del repertorio neurotico, definendone il paradigma. Strength
Of Fates, un’insolita ballad cupa,
e Aeon, con tanto di tastiere gotiche in apertura, richiamano chiaramente atmosfere decadenti. Al
caos si sostituisce un certo ordi-
sentireascoltare 99
Classic
nel 1988 ma il riferimento potrebbe
essere il 1984 orwelliano, i brani
esplosivi passano in rassegna le
varie forme di controllo e manipolazione dell’individuo e non risparmiano strali contro il conformismo
(United Sheep), la guerra (Stalemate) e la religione cristiana (Life
O n Yo u r K n e e s ) . I l s u o n o è v i o l e n tissimo, l’influenza di Black Flag
e dell’hardcore europeo è evidente e, pur essendoci dei tentativi
di superarne i classici stilemi con
l ’ i n c i p i t d i R e a s o n s To H i d e e c o n
la strumentale Geneticide, niente
lascia presagire gli sviluppi futuri.
Il passo successivo avviene con
T h e Wo r d A s L a w ( L o o k o u t , 1 9 8 9 ;
7.0/10), uscito per la Lookout di
Larry Livermore, specializzata in
gruppi più melodici come Green
Day e Operation Ivy. I Neurosis
non si fanno certo influenzare dai
compagni di stanza e innescano il
primo cambiamento: la lunghezza
dei brani raddoppia, il suono, pur
rifacendosi all’hardcore, presenta
inaspettate anomalie. Emblematic h e i n q u e s t o s e n s o B l i s t e r s e To
What End? che superano i sei minuti, durante i quali alle classiche
invettive ad alta velocità si susseguono rallentamenti melvinsiani, aperture acustiche spettrali e
ripartenze tribali, assoli hard-rock
e code rumoriste.
Un lavoro considerato a posteriori di transizione, un’ecografia
dell’embrione del futuro Neurosissound in cui la mostruosità dello
stesso non è ancora del tutto riconoscibile. Le otto tracce sono
pervase da un mood malsano e
opprimente per riporta alle stagioni post-punk e non è un caso che
nel 7” Empty (Allied, 1990) appaia
la cover di Day Of The Lords dei
Joy Division. Passati all’Alternat i v e Te n t a c l e s d i J e l l o B i a f r a , p o r tabandiera del rock americano non
allineato, i Nostri salutano il nuovo
decennio con uno degli album più
sconvolgenti dell’epoca, Souls At
Z e r o ( A l t e r n a t i v e Te n t a c l e s , 1 9 9 2 ;
8.0/10). Più di un ascoltatore di
fronte all’inizio a base di echi di
campane e campioni vocali in sov r a p p o s i z i o n e d i To C r a w l U n d e r
O n e ’s S k i n , d e v e a v e r p e n s a t o a
un caso di omonimia e aver ma-
Classic
ne, la ferocia rimane immutata ma
i Neurosis hanno cambiato pelle
l’urgenza espressiva sembra esse-
più volte, senza voltarsi indietro,
re incanalata maggiormente che in
dimostrando
passato. Ormai la formazione cre-
generi
sciuta intorno ai membri originari
n e r n e s o p r a ff a t t i m a r i u s c e n d o a d
si è trasformata in un ensemble dal
assimilarli alla perfezione. Il desi-
numero variabile e di conseguen-
derio di mantenere il controllo sui
za i concerti assumono sempre
propri lavori, dimostrato dai nume-
più l’aspetto di performance multi-
rosi cambi di label, e la necessità
mediali in cui l’aspetto visuale si
d i d i ff o n d e r e s e n z a l i m i t a z i o n i l e
interfaccia alla perfezione con la
opere dei vari progetti e dei gruppi
potenza esecutiva.
a ff i n i , p o r t a a l l a f o n d a z i o n e d e l -
D i ff i c i l e r i m a n e r e i n s e n s i b i l i a l l e
la Neurot Recording, che inaugu-
proiezioni, dalla reiterazione os-
ra il catalogo con l’EP Sovereign
sessiva del suicidio in diretta di
(Relapse / Neurot, 2000, 6.5/10),
Budd Dwyer all’uso psichedelico e
che contiene quattro brani esclusi
subliminale di immagini e simboli.
d a Ti m e s O f G r a c e , t r a c u i s p i c c a
Leggendario a questo proposito il
l’imponente An Offering.
tour europeo in compagnia degli
A Sun That Never Sets (Relapse
Unsane, durante il quale le esibi-
/ Neurot, 2001, 7.0/10) che esce
zioni terminano con una session
anche nella versione DVD curata
indemoniata con le due band sul
dalla new entry Josh Graham, è
palco a riprendere Cleanse, un ri-
un’opera maestosa in cui conflui-
tuale sciamanico a base di tamburi,
scono le esperienze soliste, in par-
didgeridoo, tape-loop e feedback.
ticole si sente l’influenza dei dischi
Through Silver In Blood è il di-
d a r k f o l k d i Vo n T i l l i n b r a n i c o m e
sco che sfonda definitivamente tra
The Tide e Stones From The Sky,
le schiere di metalheads in cerca
dove veniamo trasportati in sce-
di nuovi stimoli, la partecipazione
nari agresti e surreali prima della
all’Ozzfest del 1997 e i successivi
consueta catastrofe e la decompo-
articoli
specializza-
sizione sonica finale. Per Falling
te in musica pesante ne decreta
Unknown si potrebbe parlare di
il successo. Intanto i semi gettati
blues del dopo-bomba da suonare
iniziano a germogliare generando
seduti su una distesa di macerie,
band che iniziano a ispirarsi, in
From Where Its Roots Run è un
maniera più o meno originale, ai
mantra per ciclopi a base di drum-
cavalieri
sonora.
ming ipnotico e rumori arcaici, con
A questo punto i Nostri potrebbero
la voce intona una nenia inquietan-
amministrare la posizione raggiun-
te, quasi un’evocazione malefica.
ta, continuando a sfornare dischi
Forse il primo disco in cui prende
fotocopia,
abbandonando
forma il sentore che l’evoluzione
l’attitudine sperimentale e virando
si stia per arrestare. Nonostante
decisamente verso gli accoglien-
l’ottima qualità dei brani, sempre
t i l i d i m e t a l . I n v e c e c o n Ti m e s O f
più articolati, la migliore produzio-
7.5/10),
ne e le ormai consolidate capacità
prodotto da uno dei guru della mu-
tecniche, si ha l’impressione che
sica rumorosa, Steve Albini, inizia
la vena ispirativa stia per esaurir-
una nuova trasformazione, le sfu-
si. Nel frattempo escono due di-
mature progressive virano decisa-
schi live su Neurot (Live In Lyon
mente verso il post-rock (End Of
e Live in Stockholm) e Neurosis
The Harvest) e l’ambient isolazio-
& Jarboe (Neurot, 2003, 6.0/10),
nista (Exist), mentre nei momenti
frutto della collaborazione con la
più muscolari le chitarre, forse per
ex-Swans, un’opera che potrebbe
la complicità del produttore, pren-
scuotere nuovamente le acque e
dono il sopravvento (Times of Gra-
innescare un nuovo tsunami crea-
c e ) . B r a n i c o m e Aw a y , u n o d e i b r a -
tivo, ma si rivela un mezzo passo
ni più psichedelici mai registrato,
falso che non va al di là dell’espe-
rendende irriconoscibile il gruppo
rimento inferiore alla produzione
a chi non ne abbia seguito l’intera
originale dei partecipanti. The Eye
carriera. In poco più di dieci anni
Of Every Storm (Neurot, 2004,
Grace
sulle
riviste
dell’apocalisse
magari
(Relapse,
1999,
100 sentireascoltare
di
saper
ingombranti
fagocitare
senza
rima-
7.0/10), uscito l’anno successivo,
continua la ricerca sull’asse folk
apocalittico/post-rock con le consuete deflagrazioni improvvise.
L e f t To Wa n d e r s e m b r a p o r t a r c i
veramente al centro di un uragano,
in un posto in cui l’aria è immobile e regna una pace bucolica e
surreale, The Eye Of Every Storm
potrebbe essere la degenerazione
di un kraut trip andato a male. No
R i v e r To Ta k e M e H o m e s i p e r d e
in un miraggio di chitarre desertiche, la sommessa Shelter aumenta
il senso di insicurezza e di angoscia.
Per quanto siano stati i maggiori
profeti di uno dei suoni più radicali di sempre, definito per comodità
heavy mental o avant-metal, ormai
i Neurosis non sono i soli depositari del verbo e gruppi come gli Isis
ne insidiano la posizione dominante, mentre altri utilizzano formule totalmente nuove dimostrando
quanto ci sia ancora da dire in
fatto di musica estrema nel nuovo
millennio.
C o n G i v e n To T h e R i s i n g ( N e u r o t ,
2007, 6.5/10) la sensazione è che
la parabola sia giunta al suo culmine, se non che sia già in fase dis c e n d e n t e . R i ff d i p i o m b o , r i n c o r s e
chitarristiche vertiginose, urla strazianti, clangori noise, intermezzi
acustici forgiati con cura e incastonati alla perfezione nella struttura
del disco. Mancano però le novità
che in passato hanno sbalordito
l’ascoltatore ormai sicuro di conoscere la materia trattata e sconvolto il neofita, quelle intuzioni geniali e tremende che hanno fatto loro
perdere l’equilibrio o la ragione.
La band californiana, il cui nucleo
originario suona insieme da più di
un ventennio, continua comunque
a sfornare dischi decisamente più
interessanti rispetto a buona parte
dei cloni che li circondano. Il progressivo diradarsi delle esibizioni
ne ha fortificato la fama leggendaria, ponendola in testa alla lista dei
desideri di molti appassionati, posizione giustificata in pieno da uno
degli act più scioccanti sulla faccia
d e l p i a n e t a . L’ u n i c a c e r i m o n i a p o s sibile prima dell’apocalisse.
Paolo Grava
Classic
sentireascoltare 101
Classic
Pasquale Panella
VERSO L’INDETERMINAZIONE, SENZA VERSO
di Filippo Bordignon
“(…) il silenzio a che serve se un
verso
ottiene più silenzio?”
(Pasquale Panella)
Alcuni fatti: all’indomani dalla pubblicazione di Una giornata uggiosa
fu chiaro ai più che la collaborazione Battisti-Mogol si fosse esaurita.
C’era stato sì il successo del singolo
Con il nastro rosa ma per tutto l’album ti abbracciava una nebbiolina
umidiccia, aizzata da testi che, se
da una parte premevano il pollice
su tematiche comuni alla gente comune, dall’altra porgevano il fianco
a quanti accusavano il paroliere milanese di impantanare Battisti nella
formula buona per tutti e per nessuno della canzone leggera all’italiana.
Da tempo il compositore aveva decretato lo stop di ogni attività promozionale (ultima tournée nel ’76,
ultima apparizione in playback per
la TV svizzera nell’80); a conferma di una decisione tanto drastica
va riportato lo spiazzante annuncio
del ’76: “Non parlerò mai più, perché un artista deve comunicare con
il pubblico solo per mezzo del suo
lavoro”. Un risolutivo giro di vite avvenne con la pubblicazione di E già
(Numero Uno, 1982); infatuatosi dal
synth-pop di Ultravox (periodo Midge
Ure) o più semplicemente della new
wave d’oltremanica Battisti concepì
un prodotto di transizione ma coraggioso, coi testi forzatamente intellettuali della moglie Grazia Letizia
Veronese (sotto pseudonimo di Velezia). Significativi i ringraziamenti a
questo e quello riguardo la scoperta
della poesia americana del Novecento, le religioni indiane, l’architettura
postmoderna ecc..
Poi venne Pasquale Panella. Poeta
e scrittore romano, fresco dall’avventura riuscita a metà nell’album
di Pappalardo Oh! Era ora (suonato quasi interamente da Lucio) al
nostro fu chiesto di scrivere i versi
per la successiva uscita discografica
102 sentireascoltare
del compositore poiano. Il risultato
spiazzò critica e fan: Don Giovanni (Numero Uno, 1986) sottolineava
ai duri d’orecchio un cambiamento
drastico sotto ogni profilo. L’album
uscì in solo vinile e musicassetta (si
dovette aspettare il ’94 per la versione cd) con un elegante acquerello
astratto tracciato dallo stesso Battisti, il quale realizzerà le immagini
per tutti i dischi successivi, via via
più minimali e desolanti. Le cose
che pensano apre a un pop della
malinconia cocente, ‘jazzato’ in un
completo dai toni blu notte, oppure
siderali. Vale in parte per Panella la
considerazione rivolta ai testi di Syd
Barrett dal critico Paolo Bertrando:
“Pare che stia per arrivare da qualche parte (…) ma in qualche modo
non ci arriva mai. Si crea una costante tensione, uno spiazzamento
in cui l’ascoltatore è insieme affascinato e deluso, preda dell’inquietudine”. Va da sé che Panella è scrittore
per davvero, autore tra l’altro del romanzo La corazzata e della raccolta Oggetto d’amore, entrambi per
minimum fax. Una rara padronanza
del linguaggio gli permette di piegare
significati vecchi e nuovi alle bizze
di uno spirito sbarazzino, sensuale e
disinteressato a tracciare con la precisione dei più. Egli insinua, più che
descrivere. Il discorso meriterebbe
uno spazio a parte ma basti ascoltare l’intelligente abbandono alle immagini culinarie di Fatti un pianto per
intendere una fetta della grandezza
sprigionata dalla coppia artistica
(poi si gioca al cataclisma dei sentimenti, esagerando sul finale con
Battisti che insinua l’imperativo “Dai
piangete!”). La titletrack è struggente reinvenzione dell’amore, Madre
pennuta, maliziosa, porge il fianco a
ogni deragliamento del subconscio,
Il diluvio combina perfezione stilistica a parole in bilico tra il dramma e
la beffa. Da questa manciata di brani
gli Audio 2 costruiranno inizio e fine
della propria carriera, sorta di Bigna-
mi per ragazzi del muretto. In ogni
testo di ogni album Battisti-Panella
sono contenuti una miriade di versi illuminati dalla sintesi perfetta di
tecniche letterarie (magari collages,
patchwork, pastiche, manipolazioni,
paradossi, aforismi fittizi…) e timbro inimitabile: mettersi a elencarli o
commentarli sarebbe gioco meraviglioso ma estenuante; ci si atterrà a
pescare nel mucchio. Line up (come
dai tempi di Una donna per amico)
è e sarà fino all’ultimo album esclusivamente straniera. Il successivo
L’apparenza (Numero Uno, 1988)
sancisce un nuovo modus imposto
dal paroliere che, per rendere il processo più interessante, consegnerà i
testi fatti e finiti attorno ai quali Battisti dovrà arrangiarsi a costruire le
musiche, forzando il cantato a metriche spesso squisitamente libere. Per
capire quali funzionino e quali no il
musicista adotta la tecnica: se non si
capiscono vanno bene. L’operazione
verrà iterata per gli album successivi
prima sotto dettatura telefonica, poi
via fax, infine come e-mail. Questa
condizione acuirà lo straniamento
dell’ascoltatore, ora commosso da
emozioni quasi identificabili (“Quindi
facendo finta / che non sai parlare /
ti metti un dito in bocca, l’anulare”)
ora intontito da rime semplicemente
destabilizzanti (“Ah! come sono vivace come uno che tace”). L’apparenza è raccolta di emozioni oscure per
formazione pop; niente assoli, niente
ritornelli a ingombrare la pista. Incapace di descrivere l’opera decido di
sottoporla all’ascolto di amici e conoscenti; alcuni impressioni: “Non
afferro il senso”, “Ascolto istupidita”, “Cantarci sopra mi fa sentire
intelligente”, “Non è Battisti”, “Ogni
giorno ci scopro dell’altro”. La Sposa occidentale (CBS, 1990) tenta
d’investigare un funky bianchissimo
secondo synth-pop e scampoli d’italianità. Tu non ti pungi più ridipinge
il crepuscolo. Di che parla? Droga?
Alienazione? Non lo puoi dire se non
Classic
a te stesso. Potrebbe essere sera,
Campati in aria e la titletrack si distinguono per un’effervescenza che
la voce di Battisti non contribuisce
a evidenziare, ma una cosa è certa:
ci si aspetta qualsiasi parola della
nostra lingua, che l’amore tanto cantato nei successi da classifica pare
messo in disparte. I ritorni invece lo
ripiglia appiattendolo contro muraglie metafisiche d’inspiegabile perfezione, risultando alla fine uno dei
pezzi preferiti dell’intero catalogo,
anche dai fan della prima ora; Panella, rifiutandosi saviamente di darle un nome, scopre una nuova forma
di commozione: “Abbiamo un solo
limite: l’amore che ci divide / come
la ragione, perché con la ragione
si sopravvive a tutto / si distrugge
il distrutto, ricostruendo a intarsi la
copia fedele dell’innamorarsi”. Cosa
succederà alla ragazza (Columbia,
1992) ripiomba in quella sconsolatezza rintracciabile più nell’atmosfera che nelle liriche, aggiungendo sul
piatto tentazioni dance quasi techno
(come nel delirio dadaista della titletrack). La metro eccetera recupera vincenti soluzioni melodiche ma
Ecco i negozi e Però il rinoceronte
ribadiscono un’incalcolabile distanza tra gli autori e il pubblico. Qualcuno parlerà di operazione fine a se
stessa. Altri si spingeranno a teorizzare (come s’era fatto coi Beatles)
significati a mo’ di scatole cinesi: le
iniziali di Cosa succederà alla ragazza (C.S.A.R.) sono anche quelle con
le quali si indicavano gli zar russi,
dunque un Battisti “monarchico” rivelerebbe una volta per tutte la sua
inclinazione per la destra estrema.
Venne scomodato perfino Wittgeinstein parafrasando “Questo album
lo comprenderà solo colui che abbia
già pensato pensieri ivi espressi”.
Un critico musicale ipotizzò la Religione come puro fraintendimento
linguistico contro la logica (e tornia-
mo a Wittgeinstein), forte del gioco
espresso in Così gli dei sarebbero:
“Mancandole la ‘esse’, lei diceva
‘Nettuno nettuno’ / così gli dei sarebbero un intimo difetto di pronuncia”.
Esercizi fino allo slabbramento, per
chi non si accontenta del prodotto
comprato al negozio di dischi. La
replica negata risponderà più di una
rettifica. Panella, stanco dell’operazione (da una delle rare interviste:
“Perfino Luzzatto Fegiz cominciava
a parlarne bene”) chiude con Hegel (Numero Uno, 1994), suonato
dal solo produttore Andy Duncan e
il polistrumentista Lyndon Connah. Il
gelo è palpabile, la voce un guscio
svuotato, persa in recitati senza vita
o in deboli falsetti. Le parole, al solito, restano un miracolo per le orecchie (non tutte); purtroppo è evidente uno scollamento con le strutture
ritmiche, invero banalotte e testardamente sintetiche. Si rispolverino
almeno le morbide La bellezza riunita ed Estetica (“Se lo spirito s’eccita,
per caso esilarando / oppure ardendo, bruciando bruciando”). Finisce lì
(non con la burla dell’album postumo
L’asola o meglio La ‘sola’, né con
le due deboli pre-produzioni inedite
Il bell’addio e Il gabbianone), quell’ardua avventura, col triste epilogo
della morte di Battisti a 55 anni nel
‘98. Nel 2006 Sony/ BMG semplifica la vicenda raccogliendo gli album
sopra detti nel triplo Battisti-Panella
- Il Cofanetto. L’inclinazione verso il
mistero non si fa attendere: dimenticate le copertine originali (sostituite da dripping d’inchiostro) e tutti i
crediti dei musicisti. In sostituzione
commenti in rime criptiche di Panella, l’ultimo guizzo per chiudere una
storia leggendaria dal primo vagito.
Tante le collaborazioni dello scrittore: Anna Oxa (contestatissima con
Processo a me stessa a Sanremo
2006),
Branduardi,
Cammariere,
Zucchero, Cocciante. Nessuna di
queste parentesi è però paragonabile alla sinergia sprigionata da quei
cinque album che, se ancora ve ne
fosse il dubbio, crearono il presupposto per un nuovo inizio della canzone italiana.
Pasquale, partiamo dall’epitaffio
(di un altro, certo).
Qui giacciono le note. Composizione
è un termine condiviso dall’estetica musicale e da quella mortuaria.
“Composizione della salma” mi pare
un’espressione giustamente conservativa, da conservatorio. L’artista
(come “di seguito” è “detto” nei contratti ogni povero illuso) è un’urna
cineraria.
Quando vuoi con forza, cosa
vuoi?
Il meglio è l’abbandono e la spensieratezza. La tristezza è volerli con
forza o con la forza. La tristezza è
l’ultima risorsa.
Conoscersi delimita?
Conoscersi raddoppia. La stucchevole espressione “io è un altro” è
la semplice risposta all’altrettanto
stucchevole esortazione “conosci te
stesso”. Il pensiero alla fine è una
aggrovigliata cornice tra due stucchi.
Una maggioranza presuppone una
maggioranza in errore?
La maggioranza è una figura retorica
dell’essere umano come discorso (da
discorrere: correre qua e là). Il punto
è se il “qua” è più vasto del “là”. Poi:
se sei qua o là. La maggioranza è
romanzesca, la minoranza è poetica
ma raramente. Più spesso è presunzione lirica, quindi maggioranza.
L’Italia è veramente quella dell’Albertone nazionale e del ‘Volemose
bbene’?
Altro che “volemose bbene”… Sordi
sentireascoltare 103
Classic
come Totò e Peppino, il loro cinema,
sono gli originali di cui Apocalypse
Now e Blade Runner sono il plagio
spettacolare. Sono entrati nelle tenebre del cuore e hanno visto cose.
Provare imbarazzo per la proprie
opere giovanili è un buon segno?
Il ragazzino che ero mi intimorisce, è
l’autore che ammiro di più.
Chi si evolve si complica?
No. L’inizio è una splendida complicazione. Chi si evolve, purtroppo
comunica, mette le mani sulle ostie,
ne ha licenza, diventa eucaristico:
l’ecumenica resa.
Che ci fai in arte col buon senso?
Il buon senso è una buona digestione.
E col buon gusto?
Il buon gusto è una buona espulsione. Questo per un’arte che sia un’ottima equilibratrice dell’intestino. C’è
anche spazio per avanguardie purgative.
Fede e ateismo… o si tratta di saltare da un dio all’altro?
Non ci risparmieremmo nulla, né fede
né ateismo. Infatti non ci risparmiamo
né l’una né l’altro. Senza nemmeno
troppi sforzi, soprattutto intellettuali, che non servono a nulla. La cosa
avviene così, naturalmente (perché
fede e ateismo attengono alla natura, ai sensi): succede che io senta
parlare di fede da chi ne è intriso e i
miei sensi reagiscono male, hanno la
nausea (non solo il gusto e l’olfatto,
ma anche il tatto, la vista e l’udito).
Sarei ateo (infatti, quanto è possibile
esserlo, lo sono) ma se sento parlare convintamente di ateismo ho un
disgusto non per l’ateismo ma per
l’ateo. Insomma, fede e ateismo sono
due insopportabili presunzioni, ributtanti se provate (e poi dimostrate
con i ridicoli mezzi dell’uomo). L’ossessione di tutti è la prova, la messa alla prova. Ma l’ateismo gode (sì,
gode) di un vantaggio: si può essere
atei da soli. La fede, anche eremita,
vaneggia d’altro, dell’altro oltre sé.
Pur nell’indigenza stilita, anzi di più.
Per esempio la fame fomenta miracoli, visioni… la fame e l’astinenza
incoraggiano familiarità con ciò che
non c’è… si potrebbe anche dire che
l’ateismo è vaneggiamento di sé oltre l’altro. Alla fine non sarebbero
che due perplessità. La credulità in
fondo (sul fondo) è una: credere di
fondare solide impalcature sull’una o
sull’altra perplessità. Credere cos’è
se non credere di credere? Si balla,
è un doppio passo: credere di credere, un principio di tango. Credere
o non credere è un passo solo, primo e ultimo… aggiunto agli altri due
fa tre, un tentativo, un’opportunità,
un valzer, giri di speranze… prendi
Dio, è un grande sforzo per l’uomo…
secondo me nessuno ci crede… ma
molti credono di crederci…
Proverbi: ci intravedi un retrogusto osceno?
Più che i proverbi i luoghi comuni
hanno a che vedere con l’osceno
quando tu, fuor di luogo, li frequenti.
Retrogusto come tuo (mio) retrogodimento (più che retropensiero) bieco.
Ne so qualcosa con canzoni e affini.
La melodia, la linea del canto è un
luogo comune, o lo crea, lo predispone, lo apparecchia… se si conoscesse l’indicibile, velato da tutto ciò
che pare detto… se si conoscesse…
io entro fuor di luogo in quel tinello (è la parola… la musica leggera
italiana arreda tinelli) e alzo un paravento di parole… dietro il quale eccetera… un gioco per tutti? Leggere
la critica con la patta aperta o col
capezzolo che ancora fa il duro. Ah,
la critica allora com’è piena di scurrili doppi sensi, veramente, il migliore
Scarpetta… leggetela così, datele
soddisfazione. Una commedia degli
equivoci di livello alto, mica soltanto porte sbagliate che sbattono, ma
proprio lavori di tutti i tipi, di bocca,
di mano, d’anima e corpo. Il senso
è doppio, uno è pensiero, in due fa
corpo, la critica completa l’opera… il
loro accoppiamento, tra opera e critica, è una farsa assai divertente…
Da dove ha inizio il tuo mondo?
Da qui, da questo sguardo su questo
farsesco orrore…
104 sentireascoltare
Te ne frega di risultare incredibile?
Si vede che lo sono. Essere credibili
vuol dire, spesso, essere patetici. Se
sono incredibile mi risparmio d’essere querulo, implorante… questi artisti… questi artisti penosi che chiedono pietà ovvero ti illustrano in tre
prudenti parole la loro opera: come
ruttano correttamente.
Ironia della sorte: in pochi si sarebbero aspettati un tormentone
da te, eppure “Trottolino amoroso
e dudu…” da Vattene Amore per
Minghi / Mietta…
Per me fu vera e propria sperimentazione. Altrove andavo a braccio,
qui cercai. Quel verso lo volli e l’ottenni, me lo estorsi godendo, sia
da estorsore che da defraudato, mi
colsi sul fatto, ebbi coraggio… fu un
verso urgente… come quando, abbracciato, abbracci, vuoi dire e non
sai che cosa, vuoi suono, sei senso
e vuoi suono, vuoi sboccare più che
dire… mi commuovo al pensiero… e
la commozione se lo divora, il pensiero… per voce maschile è “trottolina”… mi viene da piangere, piango
col ventre…
Il motto di non so chi tuonava ‘Because we must’. Cos’è che assolutamente devi?
Una cosa che spesso devo o dovrei:
lasciar perdere.
(“La Repubblica” del ’98) Tu a
Boncompagni che rimpiangeva
il Battisti con Mogol: “(…)Con te
ci vediamo fuori, perché io sono
un teppista e vado fiero della tua
imbecillità”. Eppure l’opera Battisti-Panella, a distanza di quasi 10
anni, non è ancora riuscita a convincere i grandi numeri. Sta lì la
sua forza?
C’è qualcosa di grande in quei cinque dischi, ce la misi di mio, quindi
Dylan sostiene l’impossibilità di
far poesia nel formato della canzone popolare poiché la metrica del
verso deve pur sempre adattarsi a
esigenze estranee a quelle della
letteratura vera e propria. C’è del
falso?
Le metriche predisposte dalla partitura di una canzone, dalla linea melodica, sono metriche ingenue. Ma
non è questo il punto. Il punto è che
sono metriche ingenue utilizzate con
furbizia. Non con furbizia malevola,
quell’astuzia nell’ombra, quell’ingegno rischioso se ti pescano. No, non
quello… con furbizia benevola, sì,
sicuramente… la scappatoia da fermi, illuminati bene, rivolti a un pubblico, come merluzzi con in bocca il
limone del canto. La vera letteratura
è quella che stiamo facendo adesso,
perché non abbiamo clienti in pescheria.
Qual è la differenza meno evidente
tra lo scrivere un romanzo e una
poesia?
Mi è scappato detto prima. Non so
se lo è ma dovrebbe. Sì, la maggioranza, la minoranza… io, per esempio… devo confessarmi, ho bisogno
di un prete... ecco a che serve la
religione cattolica, a dire frasi così,
perfino sentitamente. Da ragazzino il
solo pensiero di scrivere un romanzo
mi faceva svenire, era la mia vita e
il suo venir meno, e lo è ancora…
perché non lo faccio? L’ho anche fatto, quasi evitando di farlo… perché
non lo faccio? Perché per scrivere
un romanzo devi sentire d’essere al
mondo, e a me non pare d’essere al
mondo, devi sentire intorno a te una
maggioranza della quale fai parte, e
io non la sento. Poi sono veramente
quello che sembro, uno sprovveduto
sia strategicamente che tatticamente… e se tu (non so a chi mi rivolgo)…
e se tu in buona fede vuoi prenderti
cura di me, allora dillo, fallo anche
contro la mia volontà… allontana da
me questi versi ingannevoli, questa
illusione di minoranza… in musica
per molti. Non sono nello stato d’animo che mi permette di sottilizzare su
quale sia la differenza meno evidente. Che il romanzo sia accettazione
e la poesia rinuncia? Può essere,
dovrebbe, ma do i numeri, parlo in
astratto. Perché concretamente né
accetto né rinuncio, mi chiudo tutt’e
due le vie.
Qualcosa in Hegel non funziona
come ne L’apparenza o La Sposa
Occidentale…
I primi quattro dischi si ponevano, o
disponevano, a favore di loro stessi,
l’ultimo si dispose, o pose, a sfavor
di sé. Fu giusto. E se non funziona
sono contento, vuol dire che riuscii
(non posso che parlare per me) a sabotarlo.
Quelli che, santino di Carmelo
Bene alla mano, riversano inchiostro a fiumi per illuminare il popolo
in merito alla differenza tra “atto”
e “azione”. Quante volte può stupire un esercizio di prestidigitazione prima di sparire del tutto?
I celebri dualismi, come dire i celebri
francesismi (tu che parli e tu stesso
che ti ascolti)… le parole danno alla
testa come il bene e il male (altre
due parole… e, tra due parole messe
in differenza, una è in atto e l’altra in
azione), assillano, si congiungono o
si distanziano a seconda, convengono o non convengono, da una parte
la conversione, dall’altra la bestemmia… disessere o disfare, il cavillo,
la logologia, il logoteismo, la creazione di un principio verbale, il preDio… per dire che in principio poi…
poi eccetera eccetera… l’uomo come
fisima del mondo… Dare speranza
quando dovresti essere: la speranza. La parola più infida del mondo.
Quelli che, spaventati dall’arbitrarietà concessa da Rimbaud al lettore nella rappresentazione delle
Voyelles, si scervellano a capire
perché la A sia nera, la E bianca
ecc.. Una maniera per fermarli?
Più bella e più vasta, estesa come
una carta geografica, concreta, pittorica, fu la poesia dalla quale anche
quella nacque e che, prima di quella, lessi. Faceva così: A, Ancora; B,
Bandiera; C, Casa; D, Dado; E, Elica; F, Farfalla… vocali e consonanti… e via così, per sempre. Perché
le due poesie si somigliano? Perché
manca il come. È il come che arresta
il lettore per furto di similitudine…
come fosse una mela che somiglia a
una guancia, e quello che tu figuri
ha sfigurato un viso. Perché fermarli? Lasciamo che corrano dietro Rim-
baud che intanto urla: “Non mi ruberete nulla”. E ha ragione, con quella
poesia cade (cadrebbe) la citazione,
la sottrazione di verso.
I cinque album con Battisti rappresentano un’esperienza sintetizzabile in una frase soltanto?
La dolcezza è inascoltabile… la dolcezza che io rivolsi a me… e fu per
quella dolcezza che i cinque dischi
sono forse gli unici che nessuno potrà mai ascoltare come merce.
Cosa non è possibile sintetizzare
in una frase?
Le frasi esistono per questo: non
tanto per sintetizzare ma per far
sembrare sintetizzabile il mondo.
Comunque, se proprio devo inventarmi una risposta (è un gran bel gioco stare al gioco), voglio dire la cosa
che più mi pare sia temuta da chi
si esprime per frasi, quindi da tutti,
duttile come il caramello o il miele
che cola in filamenti da medusa, e
chi tocca quei filamenti muore. La
dolcezza. Non è possibile sintetizzarla, uno: perché non è un prodotto
di sintesi, due: perché facilmente diventa un’altra cosa.
Leggendo Panella quasi si finisce
per aspettarsi il ‘tutto’ a discapito
del ‘qualcosa’. Una cosa banalina
mi piacerebbe particolarmente: la
scena di morte più intensa nella
storia del cinema?
Più che nella storia del cinema, nella mia storia: la morte di Giovanna
d’Arco, arsa viva nel film di Fleming.
Ero bambino e m’innamorai. L’attrice
era Ingrid Bergman ma io vidi la ragazza. Sentiva le voci, io sentii che
sentiva la mia. Non capii nulla del
suo vaneggiamento di tutt’altro in sé,
il suo delirio mistico. Fraintesi il rogo
col godimento. O non fraintesi.
Qual è l’aspetto più straordinario
dell’essere un artista?
L’illusione, come sempre, l’ho detto
prima senza dirlo. Oggi si ascolta il
suono della merce, la merce si legge, la merce si guarda. Artistico è il
supporto. Il “di seguito detto artista”,
com’è scritto nei contratti (il postumo), o “per brevità detto artista” (il
caduco), è un complice della merce.
L’illusione è che (io) sia un guastatore, un infiltrato o, stupidamente, un
eroe.
sentireascoltare 105
Classic
so che c’è, e resta intatta… c’è questo, un’insinuazione: la possibilità di
ignorarli quei dischi, di disinteressarsene, di farne a meno. Non ne hanno
approfittato tutti perché l’interprete
era magnifico.
Classic
Cl a ssic album
Sonic Youth - Daydream Nation
Diciannove anni dopo, la potenza iconica della candela di Gerhard Ric h t e r – l ’ a u t o r e d i K e r z e , i l q u a d r o d i c o p e r t i n a - n o n s i è a ff a t t o a ff i e volita. Quando l’immagine compare dietro ai quattro musicisti sul finale
d e g l i a t t u a l i c o n c e r t i - e v e n t o ( S o n i c Yo u t h p e r f o r m i n g D a y d r e a m N a t i o n ,
visto in anteprima al Primavera Sound di Barcellona), è tutto un fiorire di
s i g n i f i c a t i e c c e z i o n a l m e n t e f o r t i , p r o r o m p e n t i . E d i c e r t o l ’ e ff e t t o s i r i p e t e r à s u g l i s c a ff a l i d e i n e g o z i , a d e s s o c h e l a m a g n u m o p u s d e l l a G i o v e n t ù
Sonica giova del trattamento deluxe già riservato a Dirty e Goo, corredata di una versione live del disco (esecuzioni d’annata, tratte dal tour
p r o m o z i o n a l e ) , p i ù u n i n t e r e s s a n t e d e m o d i E r i c ’s Tr i p e q u a t t r o s f i z i o s e
c o v e r t r a t t e d a c o e v i t r i b u t i e c o l l a b o r a z i o n i ( N e i l Yo u n g , B e a t l e s , C p t .
Beefheart, Mudhoney).
E nient’altro, perché è stato già detto tutto nei monumentali 70 minuti delle quattro facciate viniliche. Nel 1988, Moore, Gordon, Ranaldo e
Shelley sono ormai pienamente consci del loro ruolo all’interno della cosiddetta scena “underground”, e dello
status di semi-divinità che ne deriva. C’è voluto qualche anno - e lavori cruciali come Bad Moon Rising, Evol,
Sister - prima di maturare pienamente una coscienza in tal senso e, con i ’90 sempre più vicini e l’aria di camb i a m e n t o c h e s o ff i a f o r t e d a t u t t e l e p r o v i n c e d e l l ’ i m p e r o i n d i e , è i l m o m e n t o d i d i r e q u a l c o s a d i i m p o r t a n t e . D i
fare un disco che sia uno statement, sotto molteplici punti di vista.
Anzitutto quello musicale, nel consolidare una formula di per sé eversiva su basi fortemente rock, in un ideale
continuum con la tradizione (chiaramente quella punk, garage, hard rock, hardcore, con Stooges, VU e perfino
Z Z To p - c u i è d e d i c a t a E l i m i n a t o r J r. - a b e n e d i r e d a l l ’ a l t o ) . I l s u o n o è m o n o l i t i c o , c o n l e c h i t a r r e d i T h u r s t o n
e Lee a rincorrersi ed intrecciarsi in rocciose sinfonie metropolitane, in un profluvio di frasi ricorrenti, call and
r e s p o n s e d i r i ff , d i s t o r s i o n i , w a h , v i o l e n t e c o d e n o i s e a d e ff e t t o ( r e p l i c a t e s p e t t a c o l a r m e n t e d a l v i v o ) . C e n ’ è
per un’intera enciclopedia della sei corde, nonché per un ipotetico manuale della perfetta canzone indie rock.
C o s ’ a l t r o è Te e n a g e R i o t , i n c u i t u t t o – p r o p r i o t u t t o – è a l s u o p o s t o ( r i ff + m e l o d i a + d i s t o r s i o n e ) ? C a n d l e , To t a l
Tr a s h , E r i c ’s Tr i p n o n s o n o c e r t o d a m e n o , e s e l e c o n c e s s i o n i a l “ p o p ” p o t r e b b e r o s e m b r a r e e c c e s s i v e , a c o n trobilanciare c’è sempre l’aggressiva sensualità di Kim, regina incontrastata di Cross The Breeze, The Sprawl,
K i s s a b i l i t y , i m o m e n t i p i ù i n t e n s i a c c a n t o a l l a Tr i l o g y f i n a l e . N e l c o m p l e s s o , u n t r i o n f o d i s i n t e s i e s p r e s s i v a , u n
t r a g u a r d o a r t i s t i c o f o n d a m e n t a l e . E i n o l t r e , u n b e l l o s c h i a ff o a g l i ’ 8 0 , a R o n a l d R e a g a n e a i “ s u o i ” U S A , a c u i i
S o n i c Yo u t h r i s p o n d o n o : r o c k a n d r o l l f o r p r e s i d e n t , i m m a g i n a n d o c h e a l l a C a s a B i a n c a c i s i a J . M a s c i s ( e c c o ,
l a v e r a Te e n a g e R i o t ) . D a y d r e a m N a t i o n è , d e f a c t o , l ’ a t t o d i f o n d a z i o n e d i u n ’ a l t r a A m e r i c a , d i u n a c o s c i e n z a
musicale – politica? certo – realmente diversa.
C o s a s i a r i m a s t o o g g i d i q u e l l a n a z i o n e a l t e r n a t i v a , è d i ff i c i l e d i r l o ; s i a c o m e s i a , n e l s u o s i g n i f i c a t o p r o f o n d o , D a y d r e a m N a t i o n è u n ’ o p e r a c o n t e m p o r a n e a i n m o d o a s s o l u t o . 2 0 0 7 , t h e y e a r p u n k b r o k e ( a g a i n ) . L’ a n n o
della rifondazione indie rock, proprio da parte di coloro che di quella stagione furono gli attori principali. Basti
i n q u e s t o s e n s o l a s e q u e n z a i n i z i a l e d e l c l i p d i B e e n T h e r e A l l T h e T i m e d e i D i n o s a u r J r. , c o n l o s c a m b i o d i
battute fra Thurston e la band di ragazzini (che include sua figlia Coco): “Conoscete la canzone dei Dinosaur
Jr?’; ‘Quale?’, ‘Quella nuova!’. Ok, il messaggio è retorico quanto volete, ma è reale e sentito. E, a pensarci,
è bellissimo. (10/10)
Antonio Puglia
106 sentireascoltare
Skin Yard - An Epitaph For Yesterday...
Furono fra gli ultimi, nel mazzo dei pionieri del grunge-sound storico di
Seattle, ad essere apprezzati. Gli Skin Yard erano essenzialmente il veicolo
espressivo del signor Jack Endino. Prima che produttore di grido per tutta
la prima metà degli anni 90 targati Sub Pop, egli fu chitarrista. La band
prese forma, mantenuta come definitiva fino all’esordio su long playing,
nel lontano 1985. Il bassista Daniel House e il batterista Matt Cameron
erano della partita. Una volta aggiunta la voce di Ben McMillan il quartetto
era pronto al rito delle esibizioni live (il debutto avvenne nel giugno 1985).
Passo successivo fu la partecipazione ad una delle raccolte storiche della scena grunge dei primordi: Deep Six (su C/Z). In buona compagnia di
Melvins, Malfunkshun, Soundgarden e Green River, anche i Nostri non
sfigurarono affatto. Diedero, anzi, un primo saggio di quella pratica d’heavy metal lugubre, trascinato e pesantissimo che da lì in poi diverrà loro
marchio di fabbrica. E se all’inizio qualcosa i nostri dovettero anche alle
sonorità “hard’n’heavy” dei cuginetti Soundgarden, ben presto le cose cambiarono e Jack e il combo trovarono una
cifra stilistica tutta loro. Una massa di suoni indistricabile in un gomitolo psichedelico dal peso specifico davve ro notevole, intricate partiture strumentali (e concettuali) ed uno spleen che sembrava pari pari quello introdotto
nelle “cose indie” di metà decennio dagli Swans di Michael Gira. Ed infatti, non a caso, il debutto ufficiale su 33
giri suona proprio così. Affidato ad un disco omonimo, il tatto metal del gruppo di Endino riesce a dare il meglio
di se stesso in elucubrazioni psycho intorcinate e monolitiche. Il platter in questione fu edito una allora ancora
agli esordi C/Z. Il merito della creazione di una della etichette minori ma più attive nelle vicende indie, a cavallo
fra fine ‘80 e 1993-94 (gli anni d’oro dell’etichetta), va tutto a Daniel House. E non fosse altro per il fatto che sul
suo catalogo trovò posto, nel 1993, l’esordio su disco dei sublimi Built To Spill (Ultimate Alternative Wavers),
qualche preghiera di ringraziamento la dovrebbe sprecare ogni indiehead sopra i 30 anni. Ma torniamo a Skin
Yard, opera prima del combo dibattuto. Lo strumentale Scratch esemplifica forse il metodo usato da Jack ed i suoi:
stirare armonicamente una partitura sino a tenderne allo spasmo i nervi metal. E per non lasciarla troppo libera di
espandersi in moti involontari di psichedelia pesante, costringerla in un reticolato strumentale davvero intricato.
Fra le altre picche sonore puntate sul costato molle dell’ignaro ascoltatore figurano i brani composti dai comprimari
di Jack: The Blind Leading The Blind di House e Reptile di Cameron. Da qualche parte, in un inferno musicale più
che boschiano, proprio grazie a questi due improvvidi incroci-canzone, la sconfitta esistenziale in note propugnata
dagli Swans ed il lento ribollir di lavici riff chitarristici dei Black Sabbath hanno dato vita ad una creatura mostruosa, forse acefala, ma totalmente votata all’annientamento armonico metal. Molto più convenzionale un pezzo quale
Epitaph For Yesterday, dove è la patina hard a prendere il sopravvento, poco spazio lasciando alle tensioni anni chilenti dei restanti brani in scaletta. A svettare su tutto la voce e le chitarre, sempre libere di dar sfogo alle loro
libidini drammatizzanti e traumatizzanti.Tempo due mesi dall’uscita nei negozi di dischi del vinile e Cameron abdica
per raggiungere dei Soundgarden ancora non baciati da successo interplanetario. Furono parte del progetto Skin
Yard, in questa fase del gruppo, anche Steve Weid (alla batteria, poi con Tad) e Greg Gilmore (sarà un Motherlovebone anni dopo). Per breve tempo anche Jason Finn partecipò al progetto Skin Yard, salvo poi lasciare per
unirsi ai Love Battery. Così la novità saliente di Hollowed Ground, atto secondo d’un dramma discografico infinito
durato almeno fino al 1994, è che dietro le pelli siede Scott McCullum. Edito dalla Toxic Shock nel 1988, questo è
un lavoro che tende a ripetere i tratti musicali salienti del primo senza altro aggiungere alla ricetta originale. Anzi,
sciupandola un poco. Da questo punto in poi la storia di Endino, sia da solista che con i suoi Skin Yard, si fa fitta
di uscite discografica ma parca di soddisfazioni audiofile. Fist-Sized Chunks (1990), Angel Of Attack (medesimo
anno), Endino’s Earthworm (1992), 1000 Smiling Knuckles (1991), Inside The Eye (1993) non aggiungono nulla
a quanto detto nell’esordio e parlano di un gruppo, nel complesso, a corto di idee e sempre pronto a ripetere all’infinito la propria filastrocca heavy ad uso ed abuso dei fan più incalliti e masochisti. Nota a parte per Ben McMillan
e i suoi Gruntruck. Non dei geni, questo no, ma forse i veri continuatori del impresa iniziata dai primi Skin Yard.
Almeno in un loro albo, Push del 1992. Altro non c’è da sottolineare sull’avventura degli Skin Yard, pesce di media
stazza nel vasto mare grunge delle origini, se non l’avvertenza di scansarsi molti dei loro lavori cosiddetti “maturi”
e cercare invece di recuperare il 33 giri d’esordio.
Massimo Padalino
sentireascoltare 107
Classic
Lost Gru n ge Heroes
l a s e ra d e l l a p r i m a
Control
TOUCHING FROM A DISTANCE
d i Te r e s a G r e c o
La presentazi o n e a C a n n e s n e l m a g g i o s c o r s o e l ’ a n t e p r i m a n e l l a r a s s e g n a C a n n e s e D i n t o r n i d i
Milano offron o l ’ o c c a s i o n e p e r r i p e r c o r r e r e l a s t o r i a d i e t r o a C o n t r o l , i l f i l m d i A n t o n C o r b i j n s u l l a
drammatica p a r a b o l a m u s i c a l e - e s i s t e n z i a l e d i I a n C u r t i s e d e i J o y D i v i s i o n .
Confusion in her eyes that says it all
She’s lost control…
She’s lost control again.
And said I’ve lost control again,
And a voice that told her when and where to act,
She said I’ve lost control again.
108 sentireascoltare
Control, lo av v o l g o n o n e l b i a n c o e n e r o l i v i d o , e s o n o a t u t t i g l i e ff e t t i i c o - p r o t a g o n i s t i d e l l a p e l l i c o l a s u Ian Cur tis e i Joy Div i s i o n d i c u i t a n t o s i è p a r l a t o n e g l i u l t i m i a n n i . U n a g e o g r a f i a i n t i m a d i c o m p e n e t r a z i o n e t ra uomo e
ambiente, un p a e s a g g i o d e s o l a t o p e r f e t t a m e n t e f u n z i o n a l e a l l o s v o l g e r s i d e l l e v i c e n d e p e r s o n a l i e d i gruppo.
Il film, presen t a t o i n a n t e p r i m a a l l ’ u l t i m o F e s t i v a l d i C a n n e s l o s c o r s o m a g g i o 2 0 0 7 ( e v i s t o a M i l a n o in giugno
nella rassegn a C a n n e s e D i n t o r n i ) , n o n è p r o p r i a m e n t e l ’ e n n e s i m o b i o p i c m i t i z z a t o s u l l a r o c k s t a r d e f unta e as sunta alla can o n i z z a z i o n e d a i m e d i a , a l l a S t o n e c o n T h e D o o r s , p e r i n t e n d e r c i . S c e n e g g i a t o d a l l ’ a u t obiografia
Touching Fro m A D i s t a n c e, c h e l a v e d o v a d e l c a n t a n t e , D e b o r a h , a v e v a s c r i t t o n e l 1 9 9 5 , e c o p r o d otto dalla
stessa insiem e a l g u r u d e l l a F a c t o r y To n y W i l s o n , v e d e i l d e b u t t o a l l a r e g i a d i u n ’ a l t r a i c o n a d i v i s i o n i ana, quel l’ Anton Corb i j n f a n d e i p r i m o r d i c h e a v e v a i m m o r t a l a t o i l g r u p p o s i n d a l l e p r i m e f o t o , i n c l u s a l a f a m osa imma gine di spalle n e l l a Tu b e S t a t i o n m e n t r e C u r t i s g u a r d a d i s f u g g i t a v e r s o l ’ o b i e t t i v o . “ I J o y D i v i s i o n f u r o no una tra
le ragioni prin c i p a l i p e r c u i d e c i s i d i v e n i r v i a d a l m i o p a e s e e t r a s f e r i r m i a L o n d r a . I l N e w M u s i c a l E x press era
una Bibbia e l e i n t e r v i s t e d i P a u l M o r l e y a l l a b a n d h a n n o c o s t i t u i t o u n a g r a n d e f o n t e d i i s p i r a z i o n e p e r chi, come
me, aveva po c o p i ù d i v e n t ’ a n n i » . C o r b i j n s i t r a s f e r i s c e c o s ì d a l l ’ O l a n d a a L o n d r a a l l a f i n e d e g l i a n n i ’70, dove
frequenta la s c e n a p o s t - p u n k , c o m i n c i a n d o u n a c a r r i e r a a l l ’ N M E c o m e f o t o g r a f o m u s i c a l e , p e r p o i i n t r aprendere
qualche anno d o p o a n c h e l a s t r a d a d e l l a r e g i a d i v i d e o c l i p ( s u o i l v i d e o d e l l ’ 8 8 d e l l a r e - r e l e a s e d i A t mosphere
nonché di num e r o s i a l t r i c o n N i r v a n a , U 2 , D e p e c h e M o d e … ) . I l p r o g e t t o p e r i l f i l m r i s a l e a u n a d e c i n a di anni fa,
fortemente vo l u t o a n c h e d a D e b o r a h d o p o l a s c r i t t u r a d e l l i b r o ( p u b b l i c a t o i n I t a l i a d a G i u n t i c o n i l t itolo Così
vicino, così lo n t a n o ) , c h e c o m e è n o t o , s c a n d a g l i a n e l l e v i c e n d e p e r s o n a l i d e l l o r o r a p p o r t o , o ff r e n d one allora
per la prima v o l t a u n i n s i g h t d i p r i m i s s i m o m a n o , s e n z a r i s p a r m i a r s i i n r e t i c e n z e . E c h e i n u n c e r t o s e nso deluse
parecchi fan d e l g r u p p o p r o p r i o p e r q u e s t o . N o n u n l i b r o s u l l a m u s i c a e s u l m i t o , q u i n d i . E d i c o n s e g u e nza non è
un film pretta m e n t e m u s i c a l e C o n t r o l , c h e è s t a t o i n t e g r a t o c o n n u m e r o s e t e s t i m o n i a n z e ; n o n c ’ è u n solo punto
di vista, da in v e c e c h i s i a s p e t t a v a l a v i c e n d a r a c c o n t a t a d a l l a s o l a D e b o r a h . “ N o n è u n f i l m s u i J o y D i vision, ma
su Ian Curtis ” , a n c o r a i l r e g i s t a .
Il paragone so r g e i m m e d i a t a m e n t e s p o n t a n e o c o n l ’ a l t r a p e l l i c o l a c h e s i n o r a a v e v a r a c c o n t a t o , s i a p u r e in modo
laterale, la vic e n d a C u r t i s , v a l e a d i r e 2 4 H o u r P a r t y P e o p l e ( U K , 2 0 0 2 ) d i M i c h a e l W i n t e r b o t t o m ( d i c ui abbiamo
trattato tempo f a a p r o p o s i t o d e l l a s c e n a m a d c h e s t e r i a n a ) s u l l ’ a s c e s a e c a d u t a d e l l a F a c t o r y R e c o r d s di Wilson
e di Madchest e r : q u i t u t t o e r a f r e n e t i c o e r a c c o n t a t o v o r t i c o s a m e n t e , t r a b i o e l e g g e n d e m e t r o p o l i t a n e , con stile
documentarist i c o , h u m o u r e l e g g e r e z z a , p e r q u a n t o l a p a r t e r e l a t i v a a i J o y D i v i s i o n f o s s e g i u s t a m e n t e la meno
gaia e acquist a s s e l a d r a m m a t i c i t à c h e l e c o m p e t e v a . C o n S e a n H a r r i s b e n i n m e n t e ( c h e i n P a r t y P e ople inter pretava effica c e m e n t e u n o I a n c a r a t t e r i z z a t o a l l a p s i c o t i c i t à i l g i u s t o ) n o n e r a f a c i l e r i u s c i r e a d i m m aginare un
altro protagon i s t a . I l f i l m p a r t e c o s ì d a i p r i m i a n n i 7 0 c o n C u r t i s p o c o p i ù c h e a d o l e s c e n t e , m o s t r a t o nelle sue
passioni, l’am o r e v i s c e r a l e p e r l a p o e s i a e l a m u s i c a - B o w i e , R o x y M u s i c , Ve l v e t U n d e r g r o u n d - , p e r introdurlo
rapidamente n e l l ’ a m b i e n t e m u s i c a l e d e l t e m p o , f i n o a l l ’ i n c o n t r o c o n l a f u t u r a m o g l i e ; p r o s e g u e e s i svolge dal
’76 in poi con l a c o n o s c e n z a , d i I a n , B e r n a r d S u m n e r e P e t e r H o o k . S e g u o n o d i c o n t o r n o l e v i c e n d e l egate alla
formazione de l g r u p p o , d a i Wa r s a w a i J D , l ’ i n c o n t r o c o n i l m a n a g e r R o b G r e t t o n , i l c o n t r a t t o c o n W i l s on, Martin
Hannett, i rap p o r t i c o n l ’ i n d u s t r i a d i s c o g r a f i c a e l a s c e n a m u s i c a l e , i t o u r, i l p r i m o d i s c o U n k n o w n Pleasures
(1979), la not o r i e t à s e m p r e p i ù i n c r e s c i t a e l o s t a t u s a c q u i s i t o d i c u l t a c t, f i n o a l t r a g i c o e p i l o g o .
Quel che rend e i m m e d i a t a m e n t e d i v e r s o C o n t r o l è c o m u n q u e l o s g u a r d o d a l d i d e n t r o , p i u t t o s t o c h e i l racconto
romanzato, l’a g i o g r a f i a . N o n c ’ è c o m p i a c i m e n t o , s i n a r r a n o e s i p r e s e n t a n o i f a t t i , p e r q u a n t o p o s s i b ile, senza
giudicare né c e r c a r e s o l u z i o n i o r i s p o s t e . I l f i l m è r a c c o n t a t o d a d i v e r s e a n g o l a z i o n i , q u e l l a d i I a n , d i Deborah,
del gruppo (in m a n i e r a m i n o r e i n q u e s t o c a s o ) . C u r t i s è v i s t o n e l l a q u o t i d i a n i t à d i u n s e m p l i c e v e n t e n n e , sposato si troppo giov a n e c o n f a m i g l i a a c a r i c o , c h e c e r c a d i f a r f r o n t e , m a n m a n o c h e s i s v o l g e i l f i l m , a l l ’ i n a d eguatezza
che sente cre s c e r e q u a n d o l e c o s e s e m b r a n o c o m i n c i a r e a s f u g g i r g l i d i m a n o : l a c r e s c e n t e n o t o r i e t à e il non
riuscire più o r m a i a c o n t r o l l a r l a e g e s t i r l a , l a c r i s i m a t r i m o n i a l e e i l s e n s o d i c o l p a p e r u n a r e l a z i o n e (che non
riusciva a con c l u d e r e ) c o n l a g i o r n a l i s t a b e l g a A n n i k H o n o r é , f a n d e l g r u p p o i n c o n t r a t a d u r a n t e i l t o u r europeo
a inizi ’80; l’e p i l e s s i a i n s o r t a t a r d i v a m e n t e , n e g l i u l t i m i a n n i ( c h e r e n d e v a s e m p r e p i ù p r o b l e m a t i c h e l e esibizio ni live), e il n o n p o t e r / v o l e r r e a g i r e r i f i u t a n d o n e a l l a f i n e l e c u r e , u n a v o l t a p r e s a c o s c i e n z a d e l l a s ua gravità.
Tutta una ser i e d i c i r c o s t a n z e c o n c a t e n a n t i c h e p o r t e r a n n o I a n , p r o g r e s s i v a m e n t e m a p i u t t o s t o r a p idamente,
alla ineluttabi l i t à d e l s u i c i d i o i l 1 8 m a g g i o 1 9 8 0 ( a d u e m e s i d a l s u o v e n t i q u a t t r e s i m o c o m p l e a n n o ) , alla vigilia
significativa - m a n c a v a n o a p p e n a d u e g i o r n i ! - d e l l a p a r t e n z a p e r u n t o u r n e g l i S t a t i U n i t i . L a p e r d i t a p r ogressiva
di controllo su l l a m a l a t t i a e s u g l i e v e n t i q u o t i d i a n i q u i n d i . S h e ’s l o s t c o n t r o l . S h e ’s l o s t c o n t r o l a g a i n . L a dispera zione e l’ango s c i a , l a g e l i d a c o n s a p e v o l e z z a e l e e m o z i o n i t r a t t e n u t e d i m u s i c a e l i r i c h e d e i J o y D i v i s ion che si
fanno man ma n o s e m p r e p i ù o s c u r i . L’ i m p o s s i b i l i t à d i c o n t i n u a r e a v i v e r e a c c e t t a n d o l a s c o n f i t t a , e v i d enza che è
già programm a t i c a m e n t e p r e s e n t e n e i t e s t i d e l s e c o n d o a l b u m , i l p o s t u m o C l o s e r ( 1 9 8 0 ) . G o t t a f i n d my destiny,
before it gets t o o l a t e ( 2 4 H o u r s ) . E s i a r r i v a a l l ’ e p i l o g o : l a s t o r i a s i s a r e b b e d e f i n i t i v a m e n t e c o n c l u s a nel luglio
1980, a più o m e n o q u a t t r o a n n i d a l s u o i n iz i o , c o n S u m n e r, H o o k e M o r r i s e s i b i r s i p e r l a p r i m a v o l t a c ome Nuo vo Ordine , me n t r e u s c i v a i l p o s t u m o C l o s e r t r a o s s e s s i o n i b a l l a r d i a n e e c l a u s t r o f o b i e p a r a n o i c h e . M a questa è
sentireascoltare 109
l a s e ra d e l l a p r i m a
Gli spogli sob b o r g h i d e l l a p e r i f e r i a d e l l a M a n c h e s t e r ( M a c c l e s f i e l d , p e r l a p r e c i s i o n e ) d i m e t à s e v e n t i es abitano
l a s e ra d e l l a p r i m a
u n ’ a l t r a s t or i a c h e g i u s t a m e n t e n o n c i v i e n e m o s t r a t a i n q u e s t a s e d e .
I l b i a n c o e n e r o d e l f i l m ( “ l ’ h o u s a t o p e r r a p p r e s e n t a r e l e a t m o s f e r e dei
J o y D i v i s i o n e l o s p i r i t o d e l l ’ e p o c a ” , a n c o r a i l r e g i s t a ) è s t a t a u n a s c elta
p i u t t o s t o o v v i a i n q u e s t o c a s o , q u e l l o s t e s s o b / n d i s g r e g a t o e s f i b r a t o che
h a s e m p r e c a r a t t e r i z z a t o l e f o t o d i A n t o n C o r b i j n , r e n d e n d o n e l a m e de s i m a a t m o s f e r a : i n c e r t e z z a , i n c o m p i u t e z z a . E l e g a n z a . I m p a l p a b i l i t à che
s i t r a s m e t t e a n c h e i n t e r i o r m e n t e . E s p r e s s i o n e d i s e n s i b i l i t à e s o p r a t t utto
p e r c e z i o n e e m o t i v a : “ M i c o n s i d e r o u n f o t o g r a f o d e c i s a m e n t e t r a d i z i o n ale,
credo che la forza delle mie foto stia principalmente nello stato d’animo e
n e l l e s e n s a z i o n i c h e r i e s c o a c a t t u r a r e n e l l e p e r s o n e c h e i n c o n t r o ” . C on c i s o , s e n z a r i d o n d a n z e è a l l o r a l o s t i l e d e l f i l m , f i g u r a t i v a m e n t e s o b rio,
c o n p r e v a l e n z a d i p r i m i e p r i m i s s i m i p i a n i a p u n t e g g i a r e d r a m m a t i c a m e nte
l a s t o r i a . A p a r t e S a m a n t h a M o r t o n ( D e b o r a h ) g l i a t t o r i / m u s i c i s t i i n g l esi
s o n o s e m i sc o n o s c i u t i , p r o t a g o n i s t a c o m p r e s o . Q u e l S a m R i l e y n e l l a r eal t à c a n t a n t e d e l l a b a n d 1 0 0 0 0 T h i n g s , c h e h a a d e r i t o c o s ì s i g n i f i c a t i va m e n t e e m i m e t i c a m e n t e a l p e r s o n a g g i o ( u n a c u r i o s i t à : i n t e r p r e t a v a M ark
E . S m i t h i n 2 4 H o u r P a r t y P e o p l e ! ) , f i n o a c a n t a r e e s u o n a r e c o n g l i altri
a t t o r i , p e r c u i i b r a n i s o n o e s e g u i t i d a l o r o - c o s a n o n v o l u t a a l l ’ i n i z i o del
f i l m , m a p oi f o r t e m e n t e a p p r o v a t a v i s t a l ’ a l c h i m i a v e n u t a s i a c r e a r e . E si
vedono infatti live o i n s t u d i o p a r e c c h i e v o l t e , m e n t r e n a r r a t i v a m e n t e s o n o l e l i r i c h e g e l i d e , p i ù c h e i d i a l o g h i , in
fuori campo, a segui r e i l f i l o d e l r a c c o n t o . M u s i c a s t r u m e n t a l e o r i g i n a l e c o m p o s t a d a i N e w O r d e r p e r l ’ o c c a s i one
è presente nella pell i c o l a i n s o t t o f o n d o i n u n p a i o d i s e q u e n z e , n e l l ’ i p n o s i a c u i S u m n e r s o t t o p o n e I a n e n e l l a s ce na immediatamente p r i m a d e l s u i c i d i o , q u a n d o v e d e i n t e l e v i s i o n e i l f i l m d i We r n e r H e r z o g , L a b a l l a t a d i S t r os zec; per il resto abb o n d a n o o v v i a m e n t e g l i i n s e r t i d e l l ’ e p o c a , d a l c l a s s i c o B o w i e a i R o x y M u s i c a i S e x P i s t o l s per
citare solo alcuni no m i . Va d e t t o a n c h e c h e n o n c i s i f a m a n c a r e l e a u t o c i t a z i o n i : i l r e g i s t a s e m b r a c o m p i a c ersi
nella classica rappr e s e n t a z i o n e d e l l ’ i c o n o g r a f i a r o c k , s i v e d a a d e s e m p i o a i n i z i o f i l m i l C u r t i s a d o l e s c e n t e a
torso nudo che riech e g g i a n e l l ’ i m m a g i n a r i o u n I g g y P o p g i o v a n e ( c o n i n s o t t o f o n d o l a J e a n G e n i e d i B o w i e ) .
Sobrietà quindi, e la p r o s p e t t i v a d i r e n d e r e i l g r up p o e I a n n e l l o s v o l g e r s i d e l l a l o r o v i t a q u o t i d i a n a , n e l l a v oro
(Curtis prima di com i n c i a r e c o n l a m u s i c a a t e m p o p i e n o e r a i m p i e g a t o i n u n u ff i c i o d i d i s o c c u p a z i o n e e i n q u esto
ambito ci viene spes s o m o s t r a t o ) , n e l l a r o u t i n e , i m m a g i n i c h e p o t r e b b e r o a p p a r t e n e r e a d u n o q u a l s i a s i d e i f ilm
sui sobborghi inglesi d i K e n L o a c h , s e n o n f o s s e c h e i n q u e s t o c a s o l o s t i l e è u n a l t r o ; s c e l t e e s t e t i c h e e p r o g r am matiche che potrebb e r o a v v i c i n a r e A n t o n C o r b i j n a l l a s e n s i b i l i t à d e l F r e e C i n e m a i n g l e s e p i u t t o s t o ; n e i s u o i clip
(ricol mi di riferiment i e s p r e s s i o n i s t i e s u r r e a l i s t i , t r a l ’ a l t r o ) s i n d a l l ’ i n i z i o i l N o s t r o h a r i v e r s a t o l e s u e c o m p e t en ze fo tografiche, dall a l u c e a l l e i n q u a d r a t u r e , p e r u n e q u i l i b r i o f o r m a l e i n e c c e p i b i l e , c h e è d i v e n t a t o u n m a r c hio
di fabbrica, sia pure e v o l v e n d o s i n e g l i a n n i , e d è p r e s e n t e a n c h e i n C o n t r o l , c o n l e s u e i n q u a d r a t u r e s t u d i a t e nei
minimi particolari, s p e s s o f i s s e e p r o l u n g a t e o l t r e i l d o v u t o . A n c h e l a r a b b i a n e l f i l m v i e n e t r a t t e n u t a , s o s p esa,
alla maniera del sou n d e d e l l e l y r i c s c u r t i s i a n e , i m p l o d e n d o d i v o l t a i n v o l t a , p r o p r i o m e n t r e s i p e n s a c h e d e f l agri
liberando la tensione ; l ’ u n i c a c h e s e m b r a e s s e r n e e s e n t e è D e b o r a h , i c u i s c l e r i e l e s c e n a t e a l m a r i t o d i v e n t ano
sempre più frequent i e f a n n o d a s t a c c o e c o n t r a p p u n t o a l l e v i c e n d e m u s i c a l i e a l p u n t o d i v i s t a d i I a n .
Quello che si può ob i e t t a r e a l f i l m è s e m m a i , n o n o s t a n t e l a c o r r e t t e z z a f i l o l o g i c a f i n o a l l a m a n i a c a l i t à e l ’ i m p i a nto
estetico ineccepibile , è u n a c e r t a p r e d o m i n a n z a , i n s e d e d i s c e n e g g i a t u r a , d e l p u n t o d i v i s t a d i D e b o r a h ( e a n che
di Wi lson: “ Abbiamo m e s s o a s s i e m e i l t e a m g i u s t o p e r t r a s p o r r e n e l f i l m l o s p i r i t o d i I a n ” i p s e d i x i t “ d i s i n t e r e s sa tamente” il guru dell a F a c t o r y ) . I q u a l i n e e s c o n o s i n t r o p p o b e n e c o m u n q u e , a d i s c a p i t o d i c e r t i t r a t t a m e n t i r i ser vati al gruppo. In più d i u n ’ o c c a s i o n e i J o y D i v i s i on a l i a s i N e w O r d e r a t t u a l i ( c h e - i r o n i a d e l l a s o r t e - i n q u esto
inizio estate hanno a n n u n c i a t o u n o s c i o g l i m e n t o , c h e p a r e d e f i n i t i v o ) n o n n e e s c o n o b e n i s s i m o , f i n e n d o p e r f are
in più di un’occasion e l a f i g u r a d e g l i i n g e n u i . C o s a d a c u i n o n è e s e n t e l o s t e s s o W i l s o n , q u a n d o è r a c c o n t ata
la scena del contratt o c o n i J D f i r m a t o c o n i l s u o s a n g u e e r e l a t i v o s v e n i m e n t o … m o m e n t i a p p e n a d i l e g g e r e zza
rispetto al pathos d e l f i l m , c o m e a v v i e n e a n c h e n e l l a c a r a t t e r i z z a z i o n e c o m i c a d e l l o r o m a n a g e r R o b G r e t t on,
sorta di gangsta rap c h e s e m b r a a p p e n a u s c i t o d a u n f i l m d i g e n e r e . E r i p r e n d e n d o i l d i s c o r s o s u i N e w O r d e r, la
collaborazione tra re g i s t a e g r u p p o d ’ a l t r a p a r t e n o n è s e m p r e a n d a t a a g o n f i e v e l e d u r a n t e i l c o r s o d e l l a p r e pa razione e lavorazion e d e l l a p e l l i c o l a , s i v e d a n o a d e s e m p i o a l c u n e d i c h i a r a z i o n i s u C o n t r o l r i l a s c i a t e a l l a fine
dell’anno scorso pro p r i o d a P e t e r H o o k a l l a s t a m p a , i n o c c a s i o n e d e l l e p r i m e v o c i d i u n l o r o s c i o g l i m e n t o ( “ I´m
pissed about the mo v i e r i g h t n o w b e c a u s e A n t o n C o r b i j n s e e m s t o b e g e t t i n g t o o m u c h c o n t r o l , p r e c i s e l y. I w ould
have prefer that he s h o w e d m o r e r e s p e c t f o r u s . T h a t ´ s w h a t h e s h o u l d d o . I d o n ´ t k n o w, I t ´ s o k . A n t o n i s t o o p as sionate about the m o v i e b u t I t h i n k h e s h o u l d h a ve a w i d e r v i e w. A t t h e b e g i n n i n g h e w o u l d s a y ‘ c o m e e v e r y one
to help’ but now he c l o s e d t h e d o o r s a n d s e n t e v e r y o n e t o p i s s o ff ” ) . U n o s f o g o e s t e m p o r a n e o p r o b a b i l m e nte.
Il che in altre parole , m o s t r a v a i l l o r o m a l c o n t e n t o ( c o n t u t t a l ’ i r r u e n z a c h e è n o t a d e l b a s s i s t a ) n o n o s t a n t e il
rapporto fosse anda t o a v a n t i e a v e s s e r o i n e ff e t t i r e a l i z z a t o l a c o l o n n a s o n o r a . E s u c c e s s i v a m e n t e i l g r u ppo
11 0 s e n t i r e a s c o l t a r e
l a s e ra d e l l a p r i m a
ha anche part e c i p a t o a l l a p r i m a d e l
film a Cannes q u e s t ’ a n n o .
Un altro appu n t o a l f i l m p o t r e b b e
essere di ord i n e a s s o l u t o , c i o è p e r
intendersi me g l i o : c i s e m b r a c h e
sia incontrov e r t i b i l e c h e b e n p o che cose riesc a n o a d e q u i p a r a r e l a
drammatica te n s i o n e d e l l a m u s i c a
dei Joy
Divis i o n e d e l l e l i r i c h e d i
Curtis. In altr e p a r o l e l e i m m a g i n i ,
con tutta la lo r o f o r z a , n e l b e n e e
nel male, di c u i s ’ è d e t t o f i n o r a ,
non sempre p o s s i e d o n o l a f o r z a
sufficiente pe r s u p p o r t a r e l a m u s i ca e il suo pa t h o s . M u s i c a c h e v i v e
di per sé e s i a u t o a l i m e n t a , n e l l e
liriche consap e v o l i d e l l a t r a g e d i a ,
nella dramma t i c i t à e m a r z i a l i t à d e l
sound che si c o m p e n e t r a p e r f e t t a mente con qu e s t e e m o z i o n i s o s p e se e come bl o c c a t e . C h e e b b e r o e
continuano ad a v e r e u n a e s p r e s s i vità sconcerta n t e . C h e a t t r a v e r s a i l
tempo, rimane n d o c o n f o r z a , c o m e
tutti i master p i e c e . E c o n t i n u a n d o
a costituire un ’ i n f l u e n z a i m p o r t a n t e
nel corso dei d e c e n n i . C i s a r e b b e
voluto forse u n g e n i o v i s i o n a r i o e
malato al par i d i c o t a n t a e s p r e s s i vità. Ma tant’ è , i l r i s e r v a t o e s c h ivo antidivo A n t o n C o r b i j n h a c o munque otten u t o i l m e r i t o d i n o n
aver svenduto a l c u n c h é c i s e m b r a ,
mantenendosi n e l b u o n g u s t o d i
un omaggio c e r t a m e n t e , d a g r a n d e
fan qual era ( è ) , a n c h e s e h a s c o n tentato qualcu n o , c o m e s i è n o t a t o
dai pareri co n t r a s t a n t i . U n o n e s t o
trattamento p e r u n a m a t e r i a s c o t tante, che in a l t r e m a n i a v r e m m o
tremato ad im m a g i n a r n e i l r i s u l t a t o .
Ma sembra n o n e s s e r e f i n i t a q u i ,
si parlerebbe g i à d i u n a l t r o f i l m i n
cantiere, que s t a v o l t a d a l v e r s a n t e
hollywodiano. C h e n o n s i a m o p e r
niente impazie n t i d i v e d e r e , a r r i v a t i
a questo pun t o . L a v i c e n d a s e m brerebbe ess e r s i c o n c l u s a q u i p e r
quanto ci rigu a r d a .
Dopo le antep r i m e p r i m a v e r i l i , C o ntrol uscirà in E u r o p a n e l l e s a l e p e r
inizi autunno . A l m o m e n t o n o n s i
conosce anco r a l a d a t a i t a l i a n a .
s e n t i r e a s c o l t a r e 111
l a s e ra d e l l a p r i m a
CULT MOVIE
L’ i s o l a ( d i K i m K i - d u k - C o r e a d e l S u d , 2 0 0 0 )
Ci sono film che non sono propriamente film. Ci sono film che sono case:
spazi da abitare, per anni, in cui vivere, attaccare alle pareti i propri ricordi, uscire, tornare e ritrovare lì dentro emozioni indimenticabili, allo stato
incandescente – uno per tutti: C’era una volta in America. Ci sono film
che sono scuole: recinti che hanno custodito a lungo l’irruenza della nostra
giovane età, palestre in cui, senza alcuno sforzo, abbiamo appreso la forza
esplosiva dei sentimenti e modi di sentire, di pensare, di guardare – e qui ci
sta bene sia Jules e Jim, sia Amores Perros. Ci sono film che sono labirinti: posti dove le traiettorie s’intrecciano, le direzioni si diramano, i passi
falsi si moltiplicano, le indicazioni si contraddicono, le assi del pavimento
sono sempre più sconnesse – se avete pensato a Strade perdute, allora
ci siete. Ci sono film che sono chiese: territori in cui qualcosa di sacro e
rovente si è depositato senza più evaporare, luoghi dove si entra in punta
di piedi, con gli occhi bassi, e le labbra a salmodiare parole di speranza
e furore – con il cappello in mano, siete dentro a Terra e libertà. Ci sono
film che sono luna-park: veloci come le montagne russe, grotteschi come
la casa degli specchi, inquietanti come il tunnel dell’orrore, cigolanti come
le ruote panoramiche, scatenati come i lanciatori di coltelli e svitati come i
clown – proprio lui, sì: Pulp Fiction.
E poi ci sono altri film, che sono polveriere: spazi in cui entri inavvertitamente, senza che nessuno ti dica del pericolo, di quello che lì potrebbe capitarti – in un modo o nell’altro, sono luoghi in cui tutto esplode, di continuo, posti
in cui l’immaginario comune salta in aria, in mille pezzi, e ne esce trasformato, rivisitato, appuntito. Pensate al
terremoto sprigionatosi dalla lucida potenza di Full Metal Jacket, alla faglia che si è aperta dalla furia senza pari
di Natural Born Killer. Pensate alla shock, alla ferita che film del genere hanno scucito nel nostro modo di vedere
e di pensare. Come se la nostra architettura mentale, sotto lo sforzo della visione, venisse polverizzata. Come se
sulle macerie e le rovine procurate dall’esplosione della visione, qualcosa cominciasse a prendere forma, di nuovo:
idee, forze, modi di indagare il reale, tecniche per agitare la vita.
Uno tra i più celebri film-polveriera che io ricordi è L’isola, di Kim Ki-duk. Passò come una meteora alla Mostra del
Cinema di Venezia nel 2000. E salì gli scalini dell’attenzione dopo che il gossip festivaliero ci consegnò la notizia
di una spettatrice svenuta durante la visione. Ma per anni, sebbene del film si fosse parlato a lungo, e un’aura
maledetta ormai circondasse il suo nome, l’unico modo per vederlo furono le videocassette che la gente si passava
dopo averlo registrato da Fuori Orario, la trasmissione fuori-sincrono di Enrico Ghezzi. La cosa interessante era
che tutti, prima di affidarti la videocassetta, provavano a raccontare il film. E nella descrizione, su bocche diverse,
ricorrevano sempre le stesse sequenze - come se una ferita, non ancora cicatrizzata, richiedesse il potere lenitivo
della parola per tentare la sutura di qualcosa di profondo che si era aperto senza più richiudersi. In quelle parole,
c’erano: tagli, lividi, delicate devastazioni e pesci. I pesci sono gli animali totemici del film. Ne L’isola, i pesci, fatti
a pezzi o riconsegnati all’acqua, sono il genere umano.
L’isola, in realtà, ne contiene molte. C’è un lago, nel film, ed in mezzo tante piccole casette colorate che punteggiano l’acqua. Il lago funziona come un motel. Gli uomini arrivano, affittano una casetta e si ritirano lì per giorni. Se sei
un cliente, ci pensa Hee-jin, la custode, a traghettarti in mezzo all’acqua. Come se il tempo fosse rigorosamente ciclico, la gente arriva, prende una casetta, pesca, si nasconde, gioca a carte, scopa con le ragazze che frequentano
il lago, e poi fila via, sotto lo sguardo muto e scuro di Hee-jin. La cosa potrebbe continuare così per altri millenni.
Solo che lì ci arriva Hyun-shik. La connessione tra Hee-jin e Hyun-shik è immediata. L’equivalente sonoro della
sequenza è il click di un lucchetto che si serra: un ingranaggio che si assesta e si completa. Oppure, visivamente,
come il film sottolinea più volte, quello di un pesce che abbocca all’amo: anche se è impresa disperata capire chi
pesca e chi viene pescato, o in quale profondità l’amo si sia conficcato. Gli uomini sono isole, dice Kim Ki-duk. E
l’amore è quel sentimento estremo, tagliente su tutti i lati, appuntito, che aggancia e lega due solitudini.
La particolarità del film è che i due protagonisti non si rivolgono mai la parola. La loro bocca è cucita, le parole non
11 2 s e n t i r e a s c o l t a r e
Giuseppe Zucco
s e n t i r e a s c o l t a r e 113
l a s e ra d e l l a p r i m a
filtrano alcun sentimento. Se avete
presente un film come Prima dell’alba, di Richard Linklater, L’isola
è il suo esatto opposto. Ad un’alluvione hollywoodiana di parole e racconti in prima persona, Kim Ki-duk
sostituisce gesti ed azioni. Resta,
tuttavia, il fatto che i due protagonisti comunicano. Ma come, con quali
modalità? Con il corpo, sul corpo,
attraverso il corpo. La loro carne
è la parete da incidere e graffiare
per lasciare traccia e testimonianza di un dialogo. La ferita e i lividi
sono le frasi perfette che racchiudono il sentimento ed il suo strazio.
Gli ami, che di volta in volta i due
amanti usano, nel film, sono tutt’altro che metaforici. Le scene madri
del film – che gli spettatori ricordano e raccontano – sono quelle in cui
gli ami taglienti agganciano la carne in mezzo alla gola (ed è la volta
di Hyun-shik) o nelle profondità del
sesso (ed è la volta di Hee-jin).
Il rapporto è talmente estremo, fuori dai confini, tirato al limite delle conseguenze, che le parole non hanno alcuna
possibilità di giocare un ruolo. Non possono essere usate come intermediarie di un sentimento. Perché le parole
agganciano, saldano, allacciano - ma anche schermiscono, mentono, proteggono. Mentre qui, essendo tutto così
assoluto ed estremo, non c’è spazio per menzogne e le protezioni. Il corpo ferito, il corpo lacerato, dice sempre la
verità. È pura evidenza capire che la carne che sanguina non può mentire, ed il dolore della ferita non trova altre
ragioni che nel medesimo dolore. Nella sofferenza di un corpo straziato c’è la certezza, la garanzia, che tutto è
terribilmente sincero, ferocemente autentico, sadicamente reale. La parola tracciata sulla carne, non detta, ma
esposta, conquista un oggettività che trascende tutto il resto. La scrittura del corpo articola un discorso che la
parola può solo vagamente avvicinare o simulare. Nell’estremismo di Kim Ki-duk, nel suo cinema-polveriera che
esplode e traumatizza gli spettatori, allora, intuiamo qualcosa che riguarda la comunicazione tra gli esseri umani.
La comunicazione, forse, parte sempre da un’incrinatura, da una ferita. Se la persona che mi trovo di fronte è perfetta, dorata, tirata a lucido, con un’immagine che non fa una crepa, io, che perfetto non sono, non riuscirò mai a
mettermi in contatto con questa. L’Altro/a mi sembrerà sempre superiore, al di là del mio livello (purtroppo, questo è
il cardine della Società dello Spettacolo in cui viviamo). Ma se io percepisco una mancanza, un’incrinatura nell’immagine dell’Altro/a – magari una mancanza e un’incrinatura vicinissima a quelle che possiedo – la comunicazione
può accendersi. La comunicazione, in fondo, è condividere le ferite, riparare le incrinature, colmare le mancanze,
cucire le rotture, medicare gli squarci, toccarsi lì dove è possibile soccombere.
Diceva, a proposito, Bataille: “Un uomo, una donna, attratti l’uno verso l’altra, si uniscono nella lussuria. La comunicazione che li confonde insieme dipende dalla nudità delle loro ferite. Il loro amore rivela che essi non vedono,
l’uno nell’altro, il loro essere, ma la loro ferita, e il bisogno di perdersi. Non v’è desiderio più grande di quello del
ferito per un’altra ferita.”
Arvo Pärt
PERCORRENDO LA STORIA A RITROSO
di Daniele Follero
i c o s i d d e t t i c o n t e m p o ra n e i
a cura di Daniele Follero
“Potrei paragonare la mia musica
alla luce bianca, che contiene tutti i
colori. Solo un prisma può dividere
tutti i colori e farli apparire; questo
prisma potrebbe essere lo spirito
dell’ascoltatore” (Arvo Pärt)
Arvo Pärt nasce a Paide, cittadina
un po’ isolata all’interno del territorio estone e, nonostante la sua
personalità artistica libera, poco
conciliante alle ottusità dei regimi,
vi rimase per buona parte della sua
vita, scegliendo la via più difficile
per un compositore d’avanguardia,
di affermarsi. Il suo nome, come è
stato per molti compositori estoni suoi contemporanei, è legato in
maniera indelebile a quello di Heino
Eller (1887-1970), suo primo maestro al conservatorio di Tallin. Quello di Eller fu un insegnamento all’insegna della libertà espressiva: “Non
ti spingeva in nessuna direzione. Ti
sosteneva anche quando quello che
scrivevi non era esattamente vicino al suo credo” ebbe a dire Pärt
riguardo all’uomo al quale è stata
maggiormente legata la sua prima
formazione.
Nonostante la difficoltà di reperire
materiale dall’estero e i pochi contatti permessi tra Europa dell’Ovest
e Unione Sovietica, il giovane Arvo,
quasi trentenne, riesce a venire a
contatto con gli esperimenti della
scuola di Darmstadt e quindi con il
serialismo post-weberniano. In particolare, lega una forte amicizia con
Luigi Nono, conosciuto a Tallin al
principio degli anni 60. Con l’audacia di chi non si fa intimidire dalle
minacce politiche di regimi sordi
alle trasformazioni dell’arte, Pärt
sarà il primo compositore estone a
sperimentare e diffondere le tecniche seriali nel suo paese. Non senza destare scandalo negli ambien-
11 4 s e n t i r e a s c o l t a r e
ti istituzionali: il plenipotenziario
capo dell’Unione dei Compositori
Sovietici,Tikhon Khrennikov, lo
tacciò, davanti al Congresso, di “criticismo”, un’accusa che, nei regimi
dell’Est, per un compositore, equivaleva a quella di nemico del popolo. Raggirata la minaccia di censura,
Pärt non riuscirà a sfuggire, però,
alla sua crisi di creativà, che alla
fine degli anni ‘60 lo colpì inesorabilmente interrompendo per quasi un
decennio la sua attività compositiva.
Un decennio, come si è detto, caratterizzato dall’interiorizzazione dei
linguaggi delle avanguardie, dal serialismo al puntillismo e da una serie di lavori sperimentali, tra i quali
Perpetuum Mobile, Diagrams, la
Sinfonia n.1 e Musica Sillabica,
opere tutte dedicate a Nono e contraddistinte da una intensità tale da
dare l’impressione di sfiorare più
volte il collasso sonoro.
In questi anni già si intravvedono,
anche se in maniera ancora molto
flebile, alcuni elementi che contraddistingueranno il suo stile maturo,
quello stile tintinnabuli per il quale
diventerà famoso in tutto il mondo:
l’interesse per le forme classiche e
barocche, la devozione assoluta per
Bach e la ricerca di un linguaggio
estremamente semplice attraverso il
quale poter esprimere un’arte senza
fronzoli, essenziale e primitiva, si
possono già cogliere in alcune delle
più importanti composizioni di questo primo periodo, dal Collage Uber
B-A-C-H, che gioca con le tonalità
partendo dalle lettere che formano
il nome del compositore tedesco,
a Pro & Contra (per violoncello e
orchestra), che accosta stile weberniano a cadenze barocche, fino ad
arrivare al Credo (1968), culmine
del suo primo periodo compositivo e
di una crisi che lui stesso attribuirà
al timore reverenziale verso le grandi figure del passato e in particolare
a quella, per lui irraggiungibile, di
Johann Sebastian Bach.
Alla ricerca di una semplicità
primitiva: lo stile tintinnabuli
Il periodo di stasi nella composizione, coincide con una fase riflessiva
e di studio, quasi dieci anni durante
i quali Pärt si immerge nello studio
del canto gregoriano, continuando a
percorrere la storia della musica occidentale a ritroso, nella ricerca costante di un’espressività sempre più
semplice e allo stesso tempo viva.
È il periodo di incubazione di quello
stile che l’autore stesso definirà di
lì a poco tintinnabuli: “Lavoro con
pochissimi elementi-una voce, due
voci. Costruisco con i materiali più
primitivi-con l’accordo perfetto, con
una specifica tonalità. Tre note di un
accordo sono come campane ed è
perciò che chiamo questo tintinnambuli (nome di derivazione onomatopeica ricavato dal tintinnìo delle
campane)”. Con questo stile, Pärt
dimostra come sia possibile comporre utilizzando materiali primitivi
come le scale e le triadi, combinandole tra loro nella più semplice delle
costruzioni: due voci che si dividono
l’accompagnamento (a volte ridotto
a bordone, altre volte accordale) e
la melodia, spesso costruita, sia per
durate che per altezze, a partire dalla struttura sillabica di un testo.
La ricerca di questa estrema essenzialità dei materiali è stata, troppo
spesso, associata ad un minimalismo del quale, in realtà, si trovano
poche tracce nella musica del compositore estone. La sua idea di ridurre ai minimi termini il materiale
compositivo ha più relazioni con le
prime forme di canto liturgico che
con gli esperimenti minimal-ripetiti-
Verso la musica sacra del XX
secolo
Il culmine dello stile tintinnabuli e,
insieme, la conferma che gli interessi di Pärt si stavano sempre più
orientando verso la musica sacra,
è la Johannes Passion. Composta
tra il ’77 e l’82 (anno in cui il compositore si era già trasferito a Berlino), quest’opera, tratta dal Vangelo
Secondo Giovanni, e con precedenti illustri (ricompare di nuovo, inesorabile, il nome di Bach) apre un
ciclo di composizioni che lo avvicinerà sempre più alla musica liturgica e che coinciderà, per lui che era
luterano, con la sua adesione alla
chiesa Cristiana Ortodossa, cominciando a comporre su testi in lingua
slavonica, utilizzata solo in ambito
liturgico. In musica, questa religiosità si manifesta attraverso atmosfere calme, ipnotiche, sempre in
bilico tra suono e silenzio, ricche di
citazioni, reminiscenze e di un linguaggio tonale che reinterpreta la
modalità della musica antica raggiungendo effetti straordinari. Una
i c o s i d d e t t i c o n t e m p o ra n e i
visti che Reich, Glass, Riley e una
manciata di altri musicisti americani che, dall’altra parte del mondo,
cominciarono a mettere in pratica a
partire dalla fine degli anni ‘60.
Il 1977 è considerato l’anno della
rinascita per Arvo Pärt, che ritorna all’attività di compositore dopo
otto anni di silenzio (se si eccettua
la Sinfonia n. 3, del 1971, preludio
al nuovo stile) con tre composizioni
emblematiche del nuovo corso e rimaste, nel tempo, l’esempio più felice del suo nuovo modo di comporre:
Tabula Rasa, Fratres e Cantus In
Memoriam Benjamin Britten. La
fama di questi brani è senz’altro
legata all’etichetta ECM che, grazie soprattutto all’interessamento
di Manfred Eicher, affascinato da
quella musica ascetica, fatta di pochi elementi eppure affascinante
e coinvolgente, a partire dal 1984
cominciò a pubblicare le opere dell’estone. La prima uscita, Tabula
Rasa (Ecm New Series, 1984), rimasta memorabile, raccoglie proprio
queste prime tre opere della nuova
fase compositiva di Pärt, eseguite
da grandi interpreti come Keith Jarrett, il violinista Gidon Kremer, Alfred Schnittke al piano preparato e
il direttore Dennis Russell Davies.
musica incantatrice, il canto gregoriano del XX secolo, che si esprime
in alcune tra le più belle pagine di
musica sacra (un genere per la verità poco praticato durante il secolo
scorso) del’900: il Te Deum (1985,
ma rivisto nell’86), lo Stabat Mater,
dello stesso anno, il Miserere del
1989, fino ad arrivare al monumentale Kanon Pokajanen, per coro a
cappella, che segue e reinterpreta
la tradizione corale russa.
Al di là del suo significato religioso, la musica di Pärt, probabilmente
grazie al suo carattere sognante e
ipnotico, a volte quasi ambient, ha
affascinato anche il mondo del cinema senza che il compositore si
dedicasse espressamente alla Settima Arte. Cantus In Memoriam
Benjamin Britten è stato utilizzato
sia da Leos Carax in Les Amants
Du Pont-Neuf, sia da Michael Moore, che nel recente Farenheit 9/11
lo ha inserito a commento musicale dell’attentato alle Torri Gemelle,
mentre Spiegel Im Spiegel è stato
impiegato da Mike Nichols (Wit,
2001), Gus Van Sant (che nel suo
Gerry inserì anche Fur Alina) e nel
documentario sul mountain climbing
Touching The Void, a sottolineare
l’adattabilità della musica di Pärt a
fare da sfondo a situazioni tanto diverse.
Per fortuna il compositore estone è
uno dei pochissimi musicisti “cosiddetti” contemporanei a fare ancora
parte di questo mondo, testimonianza viva, musicalmente parlando, del
passaggio di millennio e fortunatamente ancora attivo sia dal punto di
vista compositivo (tra le sue ultime
opere, For Lennart, scritta in memoria del presidente dell’Estonia Lennart Meri ed eseguita in occasione
del suo funerale, il 2 aprile 2006), sia
da quello sociale e politico (ha dedicato tutte le esecuzioni di sue composizioni del biennio 2006-2007 alla
memoria della giornalista Anna Politkovskaja, assassinata, nemmeno
tanto misteriosamente, in Russia e
divenuto nuovo simbolo della libertà
di espressione, sempre più minata
e osteggiata dalle istituzioni politiche). Un musicista così, fin quando
c’è, proviamo a godercelo.
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Tomahawk “Anonymous” - CD Ipecac
Tornano i Tomahawk di Mike Patton e Duane Denison con
il terzo atteso album: 13 tracce che con grande rispetto e
passione esplorano e re-interpretano la musica ancestrale,
aggressiva ed oscura creata dalle popolazioni indigene del
Nord America. Il titolo celebra i numerosi musicisti senza
nome che contribuirono al patrimonio musicale di queste
meravigliose popolazioni, spesso oscurato nelle convenzionali
performance per turisti delle riserve. Dopo un lunghissimo lavoro di ricerca storica e
filologica Duane Denison, insieme a John Stainer dei Battles, ha registrato tutte le parti
musicali, mentre Patton ha successivamente lavorato su voci e samples.
port-royal “Afraid To Dance” - CD Resonant
Secondo lavoro della band genovese intitolato “Afraid
To Dance”.Dopo il successo di “Flares” pubblicato nel
2005 i tre musicisti genovesi ci regalano nuove emozioni
con 10 tracce che spaziano tra post-rock strumentale,
momenti cinematografici, atmosfere epiche in stile
Godspeed You Black Emperor!, inserti di elettronica ed
arrangiamenti classici.
PAN SONIC “Katodivaihe/Cathodephrase”
CD Blast First Petite
Nuovo album per il duo finnico, veri e propri eroi della musica
elettronica contemporanea che con un pugno di album pubblicati
da prestigiose etichette come Mute e Blast First (ma non solo)
sono riusciti a creare uno stile personalissimo fatto di suoni puri
al limite della sopportazione umana, che entrano in contatto
diretto con la fisicità e colpiscono l’organismo là dove nessuno
è mai arrivato. “Katodivaihe/ Cathodephrase” è un disco in qualche modo “tributo” alla
visione di Mika e Ilpo per musiche come il dub, il funk e persino l’hard rock, inciso
insieme ad un ospite, la giovane violoncellista Hildur Gudnadottir. Per fan di 4AD,
Autechre, Karlheinz Stockhausen e Sun Ra.
Asobi Seksu “Citrus” - CD One Little Indian
Celestiale esordio su One Little Indian per questa band
di stanza a NYC, capitanata dalla conturbante cantante
giapponese Yuki Chikudate che canta sia in inglese che nella
sua lingua di origine passando da languidi falsetti a sensuali
lamenti. Un dream-pop di fine sensibilità che conferma tutte
le buone parole spese al tempo del loro debutto del 2004
dalla stampa americana.
Yesterday new quintet“Yesterday’s Universe”
- CD Stones Throw
L’universo sonoro di Madlib in 15 nuove tracce tra originali e
cover che mostrano il lato jazz di quest’imprevedibile artista
in tutte le sue molteplici incarnazioni. Brani interamente
eseguiti dal quintetto “virtuale”, costituito dagli alter-ego
di Madlib, e tutto il futuro dello Yesterday New Quintet nei
vari moniker creati dall mente funambolica di Otis Jackson
Jr.(Madlib). Partecipa al disco Mamao storico batterista/
percussionista degli Azymuth.
PSYCHIC TV/PTV3 “Hell Is Invisible... Heaven Is
Her/e” - CD Sweet Nothing
Nuovo bellissimo album per il grande provocatore Genesis
P-Orridge e i suoi rinati Psychic TV prodotto da by Edward
O’Dowd, Baba Larraji e dallo stesso P-Orridge. Numerosi
gli ospiti tra cui troviamo il chitarrista degli Yeah Yeah
Yeahs Nick Zinner, Gibby Haynes dei Butthole Surfers e
il ritorno in veste di guest di Douglas Rushkoff, primo
tastierista dei PTV3.
Pelican “City Of Echoes” - CD Hydrahead
Finalmente disponibile l’atteso nuovo album di questa
straordinaria metal band americana, che alla terza uscita
appare definitivamente pronta per essere designata la
migliore erede di Isis e Neurosis grazie al suo suono potente
ed epico, un perfetto mix di post-rock strumentale e doommetal. Uno stile unico, una personalità imponente che tra riffs
e reverberi apre le orecchie a scenari trance-apocalittici.
Dopo Isis, Jesu e Neurosis l’uscita che rende indimenticabile
questa annata per i molti fans del genere!
VA “LABRADOR 100” – BOX 4CD Labrador
Meraviglioso cofanetto celebrativo della centesima uscita
di una delle più raffinate e amate etichette europee. Il box
contiene libretto e 4 CD che allineano 100 brani, ciascuno
tratto da una delle 100 uscite fin qui rilasciate della label
di Stoccolma. Impedibile per i fan e straordinaria occasione
di scoprire una realtà che ha fatto del pop perfetto il suo
inconfondibile marchio di fabbrica.
Dopplereffext“Calabi Yau Space”
CD/2LP Rephlex
Nuovo album per Gerald Donald, produttore americano artefice
della definizione dell’electro post-Drexciya attraverso i suoi
successivi, numerosi progetti: Der Zyklus, Arpanet, Japanese
Telecom, Heinrich Mullerm, ma soprattutto Dopplereffekt.
Proprio con questo alias ci regala un disco di incantevole
bellezza che trae dall’esperienza Drexciya il suono electro
del futuro contaminandolo con atmosfere più ambient e sperimentali.
THE CLIENTELE “God Save The Clientele”
CD Track & Field
Dopo aver riscosso ottimi successi di critica e vendita con i
loro precedenti album (“Suburban Light” – 2000 - e “The Violet
Hour” 2003) tornano dopo una lunga attesa gli inglesi The
Clientele con il loro suono che mischia il pop-psych anni ’60
con magiche melodie e arrangiamenti d’archi ed elettronica
shoegaze. Il nuovo album è stato registrato a Nashville,
Tennessee dal produttore Mark Nevers (Candi Statton, Lambchop, Bonnie Prince Billy).
For fans of: The Velvet Underground, Galaxie 500, Birds, Yo La Tengo, Monkees.
THE POLYPHONIC SPREE “the fragile army”
CD+DVD/LP Gut
Esce per la Gut il nuovo album dei Polyphonic Spree: The
“Fragile Army” è il loro terzo full-lenght e sarà disponibile
sia in versione CD+DVD che in vinile con card per permettere
il download digitale dell’intero disco. Un nuovo viaggio
pieno di colori per la sognante comitiva hippie capitanata
da Tom Delaughter, che questa volta arricchisce il materiale
musicale con un documentario sulla realizzazione dell’album e il video di “The
Fragile Army”, contenuti nel DVD.
MAMMATUS “The Coast Explodes” CD - Holy
Mountain
Secondo album per i pionieri della New Wave della heavypsichedelia americana inciso per la benemerita Holy
Mountain, fantastica etichetta che ci ha regalato perle del
calibro di OM, Lesbian, Aufgehoben e Residual Echos. Il rock
dei Mammatus è pesante, psichedelico e progressivo allo
stesso tempo, erede della tradizione sonora di bands come
Hawkwind, Black Sabbath e Pink Floyd, ma moderno al pari di Comets on Fire, Sleep
e Acid Mother Temple.
OF MONTREAL NUOVO EP DI INEDITI E RISTAMPA DI DUE ALBUM CAPOLAVORO, DA LUNGO TEMPO FUORI CATALOGO
of Montreal “Satanic Panic in the Attic” – CD Polyvinyl
“Satanic Panic in The Attic” è stato, almeno fino all’uscita
dell’ultimo “Hissin Fauna” il più acclamato album degli of Montreal,
un capolavoro di armonie vocali, percussioni elettro-acustiche
e giochi in perfetto equilibrio tra organo, chitarra e strumenti
acustici. Un disco essenziale per tutti i fan degli of Montreal,
lungamente fuori catalogo in tutto il mondo.
of Montreal “The Sunlandic Twins” – CD Polyvinyl
“The Sunlandic Twins” è il disco che ha aperto la via
dell’esplorazione elettronica con synth e drum machine per
gli of Montreal, il vero predecessore del recente successo
mondiale “Hissin Fauna”, un pop meravigliosamente
costruito, canzoni “avant-disco” che ora sono tremendamente
attuali. Un altro grande album degli of Montreal ristampato
dopo essere stato introvabile a lungo.
of Montreal “Icons, Abstract Thee”
CD/EP Polyvinyl
Nuovo EP per la band di Athens che rende
disponibili 5 inedite canzoni provenienti dalla
sessione di “Hissing Fauna…” ma non pubblicate
sull’ultimo album.
I NOSTRI NEGOZI: ROMA Radiation Records - Circ.ne Casilina 44 (Pigneto) • MILANO Riot Store - Via G.G. Mora 14 (C.so di Porta Ticinese)
FIRENZE Music Center - Via Martelli 33/R
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