Il presente volume è stato prodotto nell’ambito del progetto PPTIE, promosso dal
Ministero degli Affari Esteri presso la Direzione Generale per gli Italiani all’Estero e
le Politiche Migratorie (DGIEPM), co-finanziato dal Fondo Sociale Europeo e
realizzato dal Centro Internazionale di Formazione dell’ILO, con il coordinamento
scientifico del Dipartimento di Sociologia e Comunicazione dell’Università degli
Studi di Roma La Sapienza (Dicembre 2006).
Indice
Capitolo primo - Gli italiani residenti all’estero e le
migrazioni qualificate
3
1.1 Le tante diaspore italiane
1.2 Gli italiani all’estero oggi e le migrazioni qualificate
1.2.1 Le migrazioni qualificate
1.2.2 Le migrazioni qualificate italiane
3
12
16
20
Capitolo secondo - Reti sociali e sviluppo territoriale: la
rete degli esperti italiani all’estero
33
2.1 Verso una società delle reti
33
2.2 Social Network Analysis e reti di competenze a supporto
dei partenariati internazionali
36
2.3 La prospettiva metodologica della Social Network
Analysis
39
2.4 La rete di competenze degli esperti italiani all’estero 42
2.4.1 Il percorso metodologico seguito
42
2.4.1.1 L’oggetto di ricerca: una tipologia di “esperto italiano
all’estero”
42
2.4.1.2 Articolazione geografico-territoriale e organizzativa
del contesto di ricerca
44
2.4.1.3 La popolazione degli “esperti italiani all’estero” 47
2.4.1.4 Tecnica e strumento di rilevazione
49
2.4.2 I risultati della ricerca
52
2.4.2.1 Il modello di analisi
52
2.4.2.2 I rispondenti: alcune riflessioni generali
58
2.4.2.3 La provenienza geografica e la mobilità territoriale
degli esperti
60
2.4.2.4 Il reticolo geografico
67
2.4.2.5 La condizione professionale degli esperti
70
2.4.2.6 Il reticolo professionale e organizzativo
75
2.4.2.7 Ruolo professionale e relazioni lavorative esterne 77
2.4.2.8 Le aree di competenza degli esperti: network e
connessioni
82
2.4.2.9 La partecipazione ad eventi e/o progetti in materia di
partenariati internazionali
91
1
2.4.2.10 Conoscenza e legami con “altri” esperti italiani
all’estero
2.4.2.11 I nodi centrali della rete degli esperti
2.4.2.12 La mappa delle competenze della rete
2.5 Osservazioni conclusive
92
96
98
106
Capitolo terzo - Il ruolo delle nuove tecnologie nella
creazione delle reti di persone
109
3.1 Premessa
3.2 Lo scenario dei nuovi metodi di lavoro
3.3 Produrre conoscenza, non oggetti
3.4 Le caratteristiche del lavoro cooperativo in rete
3.5 Il sistema di lavoro cooperativo per i progetti con gli
italiani residenti all’estero
3.6 Osservazioni conclusive
Capitolo quarto - Gli italiani famosi all’estero
4.1 Premessa
4.2 Robert Viscusi
4.3 Regina Barreca
4.4 Connie Fierravanti Wells
4.5 Nancy Pelosi
4.6 Gaetano Gagliano
4.7 Gesualdo Ma struzzo
4.8 Charly Chiarelli
4.9 Antonio D’Alfonso
4.10 William Donato Phillips
4.11 Charles Gargano
4.12 Rudolph Giuliani
4.13 Angelo Mozilo
4.14 Dennis Tito
4.15 Antonio Caruso
4.16 Pietro Scalia
Bibliografia
Allegato 1
Allegato 2
109
109
113
117
119
122
125
125
127
129
131
133
135
137
139
140
142
145
147
150
152
154
156
158
168
173
2
Capitolo primo - Gli italiani residenti
all’estero e le migrazioni qualificate
1.1 Le tante diaspore italiane
L’emigrazione e il processo di integrazione delle comunità italiane
all’estero sono da tempo oggetto di studio delle scienze umane, per via
della grande rilevanza che questo fenomeno ha avuto per lo sviluppo
della cultura e della storia del nostro Paese.
Molti altri territori hanno conosciuto e conoscono fenomeni
migratori di grande portata, ma il caso italiano si presenta alla storia
come unico perché caratterizzato da una lunga continuità temporale,
da una variegata provenienza territoriale e sociale, da una diffusione e
diversificazione dei luoghi di destinazione e, soprattutto, da
un’intensità numerica senza precedenti.
L’emigrazione ha infatti portato all’estero quasi 27 milioni di
italiani a partire dal 1876 (anno della prima rilevazione ufficiale degli
espatriati) fino al 1988; tuttavia, il fenomeno ha raggiunto questa
enorme portata perché trae la sua origine sin dall’epoca medievale.
Giovanni Pizzorusso26, uno dei maggiori studiosi dell’argomento,
spiega che nel corso dei secoli alcune macro-aree geografiche hanno
generato migrazioni regolari e ripetute ogni anno: la discesa a valle
dall’arco alpino e la mobilità agricola nell’Italia centro-meridionale,
per esempio.
Ma è solo a partire dalla riunificazione italiana che si può parlare di
vero e proprio “esodo” migratorio. La grande emigrazione
ottocentesca è così il culmine di un processo iniziato da tempo e
soprattutto ne conserva alcune caratteristiche, fra cui quella del
ritorno, magari per poi partire e tornare ancora27.
L’emigrazione novecentesca può essere suddivisa in varie fasi
causate dai due conflitti mondiali. I grandi flussi del primo
quindicennio del secolo scorso, diretti soprattutto verso le Americhe,
26
Pizzorusso G., “Le radici d’ancien régime delle migrazioni contemporanee: un
quadro regionale”, in Giornale di storia contemporanea, IV, 1, 2001.
27
Ivi.
3
sono interrotti dalla Grande Guerra. Appena terminato il conflitto gli
espatri riprendono, ma la chiusura degli sbocchi migratori nelle
Americhe e poi la grande crisi del 1929 rallentano di nuovo il
fenomeno o piuttosto lo incanalano verso nuove direzioni. Il ventennio
fascista, se si prescinde dai falliti tentativi di emigrazione coloniale e
dal fuoriuscitismo politico, è quindi caratterizzato dalla tendenza a
trasferirsi in Francia (per chi parte dal Nord Italia) o nelle Regioni
centro-settentrionali per chi parte dal Sud.
Quanto avviene tra il 1922 e il 1940 è la premessa alla ripresa
dell’emigrazione verso l’estero dopo il 1945 e al grande spostamento
dal Sud al Nord dei decenni successivi. Gli anni Cinquanta e Sessanta
sono infatti caratterizzati dalla grande migrazione interna dal
Meridione verso le fabbriche settentrionali e da esodi massicci verso
le Americhe ma, soprattutto, verso l’Australia.
A partire dagli anni Settanta, una decade critica per tutto
l’Occidente, decrescono infine tutte le migrazioni, interne ed estere:
persino il movimento frontaliero si contrae progressivamente e negli
anni Ottanta è ormai dimezzato.
In questi ultimi trentacinque anni, il mondo dell’emigrazione ha
conosciuto infatti notevoli cambiamenti. Le comunità italiane
all’estero si sono integrate nei paesi di destinazione e nei paesi di più
antica tradizione migratoria siamo già alla quarta generazione, mentre
altri paesi sono tutt’oggi meta di emigrazione. Tuttavia la
globalizzazione, l’avvento delle tecnologie della comunicazione e
dell’informazione e dei trasporti veloci hanno reso le comunità più
mobili e i paesi di origine e di arrivo più coesi.
Le reti di relazioni tra migranti e terre di origine si sono infatti
rafforzate e ampliate attraverso la creazione di relazioni sociali
composite e multiple tra paesi. Prende oggi forma la figura del
trasmigrante che intrattiene contemporaneamente varie relazioni
(familiari, politiche, professionali) tra luoghi differenti e crea dei veri
e propri “campi sociali” che attraversano le frontiere nazionali dando
vita a interessanti legami tra i vari paesi28.
28
Vertovec S., “Conceiving and researching transnationalism”, in Ethnical and
racial studies, a.22, n.2, pp. 447-462, 1999 e Vertovec S., Trends and impacts of
migrant transnationalism, Working Paper COMPAS N.3, University of Oxford,
2004.
4
Allo stesso modo, il passare del tempo e i cambiamenti avvenuti
nella società mondiale hanno influito notevolmente sugli
atteggiamenti degli italiani all’estero nei confronti della madrepatria e
sull’orientamento dell’Italia verso i suoi emigrati.
Per comprendere tali relazioni e analizzare i rapporti tra cittadini
all’estero e l’Italia è pertanto necessario capire chi sono oggi i
protagonisti della diaspora.
Nel mondo, si stima che le persone di origine italiana siano circa
sessanta milioni ma non è possibile avere una stima certa del totale
degli emigrati all’estero e dei loro discendenti. Secondo l’Ufficio
Nazionale Migrantes della Conferenza Episcopale Italiana (oggi
Fondazione Migrantes) e le rilevazioni del Ministero dell’Interno,
pubblicate dall’ISTAT, il numero degli italiani all’estero dopo
l’ultimo censimento del 2001 è di 3 milioni e 870 mila29, mentre
dall’ultima stima AIRE il numero dei residenti all’estero si sarebbe
ridotto di oltre 650 mila unità: gli italiani all’estero registrati presso
l’Anagrafe del Ministero dell’Interno a maggio 2006 sono infatti
3.106.25130.
Una variabile fondamentale per comprendere le differenze tra gli
italiani all’estero è l’analisi per generazioni.
La struttura per età dei nostri emigrati rispecchia, con alcune
differenze, quella dei connazionali che ancora vivono nel Paese. Dal
confronto risulta minore la popolazione con meno di 17 anni ma
superiore sia quella che si trova nella fascia d’età che va dai 18 ai 24
anni sia coloro che si trovano nella fascia successiva. Si evidenzia
pertanto che la popolazione italiana residente all’estero è leggermente
più giovane di quella residente in patria. Gli anziani con più di 75 anni
sono inferiori, all’estero, di poco più di un punto percentuale.
29
I dati qui citati sono stati estratti dal sito dell’Ufficio Nazionale Migrantes, oggi
Fondazione
Migrantes,
elaborati
da
Pugliese,
2002,
in
www.chiesacattolica.it/cci_new/cei/.
30
La ripulitura degli archivi in occasione delle elezioni politiche del 9 aprile 2006 ha
portato alla cancellazione di molti cittadini dalle liste.
5
Tabella 1.1 - Fasce d’età, popolazione residente all’estero e in Italia
al 31 gennaio 2006
Fasce d’età
% all’estero
% in Italia
0-17
15,73
17,07
18-24
8,22
7,35
25-34
14,75
14,32
35-44
16,38
16,19
45-54
13,85
13,31
55-64
12,53
11,99
65-74
10,33
10,49
75 anni e più
8,20
9,28
Totale
100,00
100,00
Fonte: nostra elaborazione su dati AIRE e ISTAT.
Le persone sopra i 65 anni (il 18,53% del totale della popolazione)
sono coloro che sono emigrati nel Dopoguerra oppure sono figli di
persone emigrate prima della Seconda Guerra Mondiale che hanno
mantenuto la cittadinanza italiana. Molti dei figli degli emigrati non
mantengono però la cittadinanza del proprio paese di origine per
riuscire a integrarsi meglio nel luogo dove sono nati. Per molti questo
passaggio è stato fortemente voluto, per altri obbligato, e questo ha
fatto sì che il legame con l’Italia non si sia spezzato definitivamente.
Le persone più anziane hanno contribuito allo sviluppo italiano
tramite l’invio di rimesse e hanno mantenuto i legami culturali e
tradizionali con i loro luoghi d’origine.
Parlando invece delle fasce d’età più giovani è utile la distinzione
proposta da Cristiano Caltabiano e Giovanna Gianturco31 tra
discendenti ed epigoni in una recente ricerca sui giovani italiani
all’estero. I primi sono gli italiani di seconda e terza generazione, che
hanno ereditato l’esperienza migratoria dei genitori o dei nonni. Essi
si trovano all’estero non per loro scelta relazionandosi, pertanto, con
la diaspora attraverso la ricostruzione della storia del loro paese e
delle dinamiche migratorie del proprio nucleo familiare.
Gli epigoni sono invece i nuovi emigranti, che ripercorrono a volte
le orme dei primi emigrati, benché mossi da aspirazioni personali
nuove e progetti di vita differenti. Il processo di globalizzazione ha
31
Caltabiano C., Gianturco G., Giovani oltre confine, Carocci, Roma, 2005.
6
profondamente mutato il senso di appartenenza nazionale e le identità,
“alimentando forme di identificazione sociale frammentarie, dove gli
assi del locale, del nazionale e del globale si intersecano”32.
Il fenomeno della glocalizzazione ha infatti mondializzato gli
orientamenti culturali e gli spazi sociali modificando le identità
personali e la vita quotidiana attraverso una nuova relazione tra
globale e locale33. Nuovi tipi di migrazione e di mobilità si stanno
rapidamente diffondendo modificando il classico concetto di
emigrazione e la figura del migrante visto come un uomo “povero,
sradicato, marginale, disperato”34. Le motivazioni dei migranti di oggi
e i risultati delle loro azioni sono profondamente diversi, così come lo
sono le origini geografiche, le destinazioni, le rotte e i modi di
viaggiare35.
Infine, la fascia di mezzo è rappresentata dal 57,51% del totale dei
cittadini italiani all’estero e comprende tutte le persone tra i 25 e i 64
anni. Fanno parte di questo gruppo tutti i cittadini inseriti nella realtà
lavorativa. Sono loro i veri protagonisti dei rapporti con l’Italia36. Essi
infatti intrattengono relazioni con le autorità locali e con quelle
italiane; si relazionano con la rete diplomatica e consolare; fanno parte
dei Com.IT.ES.37 e del C.G.I.E.38; si occupano del mondo associativo
e delle relazioni culturali con i propri territori di provenienza;
informano il resto del mondo sulla realtà degli italiani all’estero
attraverso numerosi organi di stampa e, infine, sono stati eletti in
Parlamento in occasione delle ultime elezioni.
Questa è una possibile suddivisione dei cittadini italiani all’estero
ma, secondo alcuni, la diffusione della cultura italiana nel mondo
attraverso l’emigrazione e il processo di globalizzazione, ha permesso
32
Ivi, pp. 17-18.
Robertson R., Globalizzazione. Teoria sociale e cultura globale, Asterios, Trieste,
1999.
34
King R. , “Verso una nuova tipologia delle migrazioni europee”, in La Critica
Sociologica, n. 143-144, Autunno 2002, Inverno 2002-2003, pp. 9-34.
35
Ivi.
36
Fondazione Migrantes, Rapporto Italiani nel Mondo 2006, IDOS, 2006.
37
Comitati degli Italiani all’Estero.
38
Consiglio Generale degli Italiani all’Estero.
33
7
la creazione di una comunità transnazionale a carattere globale che
può essere definita come la comunità italica39.
Gli italici, come li definisce Piero Bassetti40, sono una comunità
ancora differente rispetto ai discendenti e agli epigoni della diaspora
italiana. Essi infatti comprendono tutti gli italiani, i ticinesi, i dalmati,
gli istriani, i maltesi, i sammarinesi e i rispettivi oriundi (quali gli
italo-statunitensi, i dalmati d’Australia, i ticinesi d’Argentina), legati
da una lingua e da forti vincoli culturali e valoriali comuni. Essi
comprendono anche tutti coloro che apprezzano i valori, la cultura e i
prodotti di stampo italico, che imparano volentieri la lingua italiana,
che visitano con piacere e spesso le terre a partire dalle quali
l’italianità si è espansa in tutto il mondo.
Gli italici, dunque, non rispondono a realtà nazionali precise ma
formano una comunità di tipo globale, tenuta unita da un insieme di
valori, da una storia comune, un modo condiviso di affrontare
l’esistenza piuttosto che un destino politico-statale uniforme
delimitato da frontiere nazionali. Essi, infatti, non si pongono obiettivi
di tipo prettamente nazionale, come l’affermazione del proprio paese
nel mondo e la propria affermazione all’interno di questo sistemapaese, ma interagiscono efficacemente in un ambito ben più vasto,
quello italico appunto, pur sempre attraverso le specificità locali dei
paesi in cui risiedono. Questa categoria si inserisce in modo singolare
e paradigmatico nella nuova globalizzazione, aggregando forze e
risorse con l’obiettivo di diffondere l’Italian style e i valori del
“mondo in italiano” del quale si sentono e intendono fare parte41.
Secondo altri autori è invece riduttivo parlare di una sola diaspora
italiana e, conseguentemente, di una comunità italiana all’estero. Gli
italiani all’estero sono infatti distribuiti in tutti i continenti e vivono
pertanto contesti socio-economici profondamente diversi; sono
emigrati in periodi differenti per vari motivi e pertanto non hanno
“creato una diaspora italiana nazionale o unita, ma hanno invece
creato molte diaspore temporanee e mutevoli, diaspore di persone con
39
Roic S., (a cura di) ,Globali e locali. Timori e speranze della seconda modernità,
incontro con Piero Bassetti, Giampiero Casagrande Editore, Lugano, 2001.
40
Ivi.
41
Janni P., Mclean G., “The essence of Italian culture and the challenge of a global
age”, in Cultural Heritage and Contemporary Change, series IV - West Europe,
volume 5, 2003.
8
un’identità e un senso della fedeltà difficilmente quantificabili come
“italiane”42.
Secondo Donna Gabaccia43 soltanto negli ultimi decenni è possibile
cominciare a parlare di emigrati italiani all’estero, uniti da un senso di
identità nazionale, alla ricerca di continuità nel legame con l’Italia,
con le sue istituzioni e nella speranza di costruire un’identità condivisa
in tutto il mondo44.
In questa prospettiva, spesso si preferisce parlare di reti migratorie
italiane, piuttosto che di una vera e propria diaspora come quella
ebraica o africana45; l’utilizzo del termine “diaspora” costringe
pertanto ad accettare una definizione più ridotta del termine,
staccandola dalla sua associazione con il senso di appartenenza a una
nazione.
Un altro elemento caratteristico delle migrazioni italiane è il
transnazionalismo un fenomeno soltanto apparentemente recente ma
che, nella pratica, caratterizza da tempo la realtà migratoria italiana.
Possiamo definire il transnazionalismo come un modo di vivere che
lega insieme famiglia, lavoro e consapevolezza di avere più di un
territorio nazionale46. Contemporaneamente all’inserimento e
all’assimilazione nei paesi di destinazione, i migranti italiani infatti
mantengono legami costanti e solidi con la madrepatria.
Ad oggi il transnazionalismo è reso più immediato ed evidente
dalle moderne tecnologie e dalla facilità di spostamento. In questa
ottica le collettività di migranti sono intese come comunità mobili di
individui che soggiornano all’estero senza un preciso termine
temporale circolando tra due o più territori, appartenenti a Stati
42
Gabaccia D., Emigrati, Le diaspore degli Italiani dal Medioevo ad oggi, Torino,
Einaudi, 2003, p. XIX.
43
Ivi.
44
Ivi.
45
Secondo la Gabaccia le diaspore sono spesso formate da esuli e vittime di guerre o
persecuzioni; i protagonisti delle diaspore vivono pertanto una condizione di
oppressione che influisce fortemente sulla formazione di un’identità di diaspora il
cui fulcro è rappresentato dal senso della perdita nei confronti del paese da cui sono
stati cacciati associata al forte desiderio di ritornare in patria. Di queste
caratteristiche dell’identità di diaspora gli italiani possiedono solo il desiderio di
ritornare nella terra di origine. Ivi.
46
Glick Shiller N., Bash L., Blanc-Szanton C., (ed.), Towards a Transnational
Perspective on Migration. Race, Class, Ethnicity, and Nationalism Reconsidered,
Academic Press, New York, 1992.
9
diversi, e alimentando circuiti attraverso cui transitano informazioni,
oggetti, idee, capitali e immagini oltre che persone47.
Ad ogni modo la diaspora, o meglio le diaspore italiane, a distanza
di più di un secolo dall’inizio dei flussi migratori, hanno ormai una
loro identità, nonché una connotazione come comunità a sé. In una
società globale, collegata tramite le reti tecnologiche e sociali,
l’italianità, intesa come sentimento di appartenenza – né rigida né
uniforme – a una comunità, è sempre più il frutto di un’opzione che
di un’ascrizione, un fattore coesivo e identificativo importante, nel
quale la componente “etnica” si richiama a un sistema di valori e
saperi, di storia, cultura, tradizioni, di umanesimo, di capacità creative
e di intraprendenza. È un elemento che assume un forte significato di
aggregazione e di riconoscimento, rafforzato dalle vicende tipiche
della diaspora, in seno alle differenti generazioni degli italiani
emigrati e dei loro discendenti48.
Varie sono ad oggi le iniziative sviluppate da parte delle Istituzioni
nazionali per valorizzare in modo differente rispetto al passato le
comunità italiane all’estero. Tra queste il Ministero degli Affari Esteri
cerca da tempo di fornire assistenza, informazione e di attivare circuiti
di relazioni culturali, linguistiche, economiche e commerciali tentando
di aggregare le diaspore in un’unica comunità di italiani nel mondo49.
L’elemento di aggregazione, il valore “caldo” dell’appartenenza, è
più simile a un moto di empatia, a una comunanza di atteggiamenti e
comportamenti del modo di fare associazione, di essere localmente
integrati e nello stesso tempo legati alle comunità di origine. Quindi,
un modo di essere fruibile da chiunque lo condivida nel suo rapporto
con il mondo, nella vita quotidiana e professionale.
Nelle comunità italiane all’estero sono presenti élite locali con una
forte apertura globale in grado – proprio per la loro specifica storia –
di interpretare i valori del radicamento e, nello stesso tempo, quelli
della globalizzazione.
47
Mezzetti P., Stocchiero A., Transnazionalismo e catene migratorie tra contesti
locali, Working Paper CeSPI, marzo 2005, in http://www.cespi.it/WP/wp16transnazionalismo.pdf.
48
Ministero degli Affari Esteri, “Prima Conferenza degli Italiani nel Mondo”, in
Documento del Laboratorio “La rete delle comunità d’affari italiane nel mondo:
una risorsa strategica per il paese”, Milano, 2000.
49
Siciliano M., “Marketing di stato e comunicazione per gli italiani all’estero”, in
Rivista italiana di Comunicazione Pubblica, Anno VIII n. 28/2006, pp. 79-85.
10
In particolare, a livello economico, in molti sostengono l’esistenza
di una comunità d’affari estesa su base mondiale, centrata sullo
scambio di beni e servizi, come una struttura articolata secondo un
modello “a rete”, privo di un centro egemone, in cui ciascun elemento
nodale, senza dipendere dalla contiguità spaziale, è in relazione con
l’altro in posizione di autonomia.
Nel caso dell’emigrazione italiana, come descritto in precedenza,
questo modello a rete si è contraddistinto poi per l’elevata capacità di
adattamento alle realtà locali e per la capacità di diffusione dei valori e
dei saperi propri della cultura italiana, dell’italian way of life, ovvero
il modo di vivere italiano.
In questo modo, le varie comunità italiane nel mondo si sono
sviluppate lungo dimensioni non solo commerciali, tipiche delle
business communities, ma hanno recepito e sfruttato la ricchezza
immateriale del patrimonio di alleanze formali e informali, di relazioni
fiduciarie stabilite tra “utenti “ e “fornitori” per dare forma a un
universo definito come “mondo in italiano”50.
L’immagine dell’Italia all’estero è stata costruita innanzi tutto
grazie alle comunità emigrate che si sono integrate nei paesi di
destinazione portando con sé le caratteristiche tipiche della nostra
cultura lavorativa. Gli emigrati italiani, infatti, e i loro discendenti si
sono stabilmente inseriti e integrati nei vari paesi, divenendo attori di
un’ascesa sociale, collettiva e personale, che li ha visti assumere
responsabilità e posizioni di prestigio in ambito accademico,
scientifico, politico, amministrativo, imprenditoriale, della cultura e
dell’arte, nelle sue varie forme51. Un inserimento aperto che coinvolge
le comunità italiane nelle dinamiche tipiche delle società moderne e
che le caratterizza in un duplice modo: da un lato mediante processi di
innovazione e cambiamento e dall’altro nella continuità e nella
tradizione.
In un ottica transnazionale, oggi l’italiano all’estero è visto pertanto
dal mondo istituzionale come motore di sviluppo per il territorio di
origine. Da sempre, infatti, i movimenti migratori hanno contribuito
50
CSER, “Sviluppo, internazionalizzazione e la risorsa emigrazione”, Progetto
ITENETs, 2001.
51
Senato dalla Repubblica-Camera dei Deputati, Conferenza dei Parlamentari di
origine Italiana, Atti, Roma, 20-21 novembre 2000.
11
allo sviluppo dei territori di partenza: economicamente attraverso le
rimesse e culturalmente attraverso i legami che hanno creato tra i
paesi. I nostri emigrati non hanno mai formato una “nazione slegata” o
uno “stato nazione deterritorializzato” ma hanno mantenuto salde le
identità nazionali e l’amore per il proprio paese.
Allo stato attuale, dunque, gli emigrati costituiscono una risorsa
preziosa per lo sviluppo di quelle aree italiane, come il Mezzogiorno,
che faticano ad aprirsi verso l’estero e a trovare una loro dimensione
internazionale. Il Meridione italiano vive infatti una condizione di
marginalità geografica, economica e politica; questa condizione può
essere però un’opportunità per lo sviluppo territoriale, sociale ed
economico passando proprio dalle relazioni internazionali.
In sintesi, gli italiani all’estero possono contribuire fortemente al
processo di sviluppo in considerazione del legame profondo che li
lega alla terra di origine; del fatto che emigrati di generazioni
precedenti sono spesso soggetti con una consolidata posizione sociale
ed economica nei paesi che li hanno accolti; del rilevante potenziale
nella gestione di relazioni cross cultural e, non ultimo, per via delle
numerose migrazioni qualificate e del notevole brain drain italiano,
un fenomeno in crescita negli ultimi anni che sta assumendo
dimensioni sempre più consistenti.
1.2 Gli italiani all’estero oggi e le migrazioni
qualificate
Distinguere gli individui italiani all’estero in base alla cittadinanza,
all’italicità o alle generazioni a cui appartengono è solo uno dei tanti
modi in cui si possono studiare le diaspore italiane. Un altro modo,
forse il più utilizzato, è quello di approfondire realtà territoriali nei
paesi di destinazione. Numerose sono infatti le ricerche
sull’immigrazione italiana negli Stati Uniti piuttosto che nei Paesi del
Nord Europa come la Germania, il Belgio e la Svizzera.
12
Secondo i dati AIRE52, all’inizio del 2006, il totale dei cittadini
italiani all’estero era di 3.520.80953. Presso le Anagrafi Consolari54
risultano invece iscritti, al 31 gennaio 2006, 3.498.809 italiani.
Secondo i dati consolari più della metà degli italiani all’estero,
2.026.599, pari al 58% del totale, risiede in Europa (nel 2005
risultavano il 55%). Le percentuali di tutti gli altri continenti risultano
notevolmente diminuite rispetto al 2005. Il 36,6% degli italiani vive in
America (1.280.621 persone), il 3,47% in Oceania, di cui 119.568 in
Australia e soltanto 1.937 in Nuova Zelanda. L’Asia è il continente in
cui risiedono meno connazionali, 23.988 (0,69%), mentre in Africa
risiede l’1,32% degli italiani residenti all’estero (46.096 in valore
assoluto) (Graf. 1.1).
52
Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero, istituita presso il Ministero
dell’Interno.
53
Questa stima si è notevolmente ridotta nel corso dell’anno per la ripulitura degli
archivi in vista delle elezioni: al 9 maggio 2006 le iscrizioni risultavano 3.106.251.
54
L’Anagrafe Consolare ha lo scopo di tenere aggiornato il registro anagrafico di
tutti i cittadini italiani residenti all’estero, agevolando i contatti tra le pubbliche
amministrazioni ed i connazionali con una continua revisione dei dati. L’Anagrafe
Consolare non va confusa con l’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero
(A.I.R.E). La Legge prevede che ogni cittadino che trasferisce la propria residenza
all’estero debba presentarsi personalmente, entro 90 giorni dall’avvenuto espatrio,
con un documento di riconoscimento ed un permesso di soggiorno al Consolato
competente al fine di sottoscrivere la prescritta dichiarazione. Il modulo d’iscrizione
all’A.I.R.E. (CONS/01) verrà tempestivamente inviato in Italia dal Consolato. Detto
formulario deve essere compilato pertanto anche da coloro che sono già iscritti
all'A.I.R.E. ma trasferiscono la propria residenza nella circoscrizione di un altro
Consolato.
13
Grafico 1.1 - Italiani iscritti alle Anagrafi Consolari: distribuzione
per area geografica al 31 gennaio 2006
3,47%
1,32%
36,60%
57,92%
0,69%
A FRICA
EUROPA
ASIA
A MERICA
OCEA NIA
Fonte: nostra elaborazione su dati del Ministero degli Affari Esteri.
Dei 3 milioni e 520 mila italiani iscritti all’AIRE al 31 gennaio
2006, 2.033.027 vivono in Europa (il 57,74% dell’emigrazione totale),
46.293 in Africa (1,31%), 1.291.465 nelle Americhe (36,68%), 26.892
in Asia e 123.132 in Oceania (3,50%) (Graf. 1.2).
14
Grafico 1.2 - Italiani iscritti all’AIRE: distribuzione per area
geografica al 31 gennaio 2006
3,50%
1,31%
36,68%
57,74%
0,76%
A FRICA
EUROPA
A SIA
A MERICA
OCEA NIA
Fonte: nostra elaborazione su dati AIRE.
Fra i paesi che contano il maggior numero di iscrizioni alle
Anagrafi Consolari in testa troviamo la Germania con 574.242 iscritti
(16,41% del totale degli emigrati), seguita dalla Svizzera con 491.752
e dall’Argentina con 451.015. La ripulitura degli elenchi ha fatto
slittare, rispetto allo scorso anno, tutti i Paesi del Sud America di una
posizione. L’Argentina risulta oggi al terzo posto, il Brasile al sesto,
mentre l’Uruguay è passato dal dodicesimo posto del 2005 alla
tredicesima posizione.
Le prime 15 comunità, in ordine di grandezza, risultano comunque
invariate. Sono tutte dislocate in Europa o nelle Americhe con due
uniche eccezioni: la comunità italiana in Australia, la decima in ordine
di grandezza con 119.568 iscritti e la comunità residente nell’unico
Stato africano, il Sud Africa, tra le prime quindici con 27.528 persone.
Sensibilmente diversa è la situazione secondo i dati AIRE anche
perché, rispetto allo scorso anno, il totale degli iscritti non ha subito
notevoli variazioni come per gli schedari delle Anagrafi Consolari che
hanno perso 500 mila iscritti55. In generale in tutti gli Stati si nota un
55
Per il registro AIRE queste cancellazioni sono verificabili nei dati di maggio
2006.
15
aumento degli iscritti rispetto al 2004 eccetto per Stati Uniti, Canada,
Francia e Australia. La comunità italiana all’estero con il maggior
numero di iscritti si trova sempre in Germania (575.505). Anche per
l’AIRE al secondo posto c’è la Svizzera (491.226), seguita
dall’Argentina con 451.755 cittadini italiani iscritti.
Rispetto allo scorso anno l’unico slittamento avvenuto è quello
degli Stati Uniti, dal quinto al sesto posto, superato dal Belgio con
239.374 iscritti, e del Canada (151.114) scavalcato dalla Gran
Bretagna con 164.961 iscritti.
Un altro elemento fondamentale nell’analisi dell’emigrazione è la
provenienza regionale. Questa viene fornita dai registri AIRE.
Dall’analisi dei valori percentuali di ogni regione si evince che il
52,49% del totale degli iscritti proviene dalle sette Regioni del
Meridione (Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna,
Sicilia). Il Mezzogiorno è infatti l’area che ha subito maggiormente il
fenomeno migratorio.
I registri AIRE forniscono, infine, una stima dei settori di
inserimento, delle qualifiche professionali e del titolo di studio dei
cittadini italiani all’estero. Sebbene siano solo dati aggregati su un
universo non rappresentativo del totale della realtà italiana all’estero,
queste informazioni costituiscono la base per lo studio delle
migrazioni qualificate italiane all’estero.
1.2.1 Le migrazioni qualificate
All’interno dei flussi migratori c’è sempre stata una percentuale,
sebbene esigua rispetto alla massa, di persone portatrici di un notevole
patrimonio di conoscenze e di capacità di vario tipo.
Questa minoranza non è stata all’inizio oggetto di particolare
attenzione da parte degli studiosi, ma costituisce oggi uno degli aspetti
più importanti dell’analisi dei fenomeni migratori, in una società come
quella odierna nella quale lo sviluppo economico si basa
16
essenzialmente sulla disponibilità adeguata di conoscenza scientifica e
tecnica56.
Nel corso degli ultimi cinquanta anni, argomenti come le
migrazioni qualificate, la fuga dei cervelli (brain drain) e la
circolazione delle conoscenze sono divenuti sempre più importanti nel
dibattito mondiale sulle migrazioni internazionali per via dei profondi
cambiamenti socio-economici avvenuti nella società globale.
I primi studi sistematici risalgono agli inizi degli anni Sessanta del
XX secolo ad opera, quasi esclusiva, di ricercatori anglosassoni: il
termine, divenuto in seguito di uso comune, di brain drain indicava
originariamente, in un rapporto della Royal Society di Londra57,
l’esodo di scienziati britannici verso gli U.S.A. Questo fatto non
sorprende, dato che le condizioni immediatamente seguenti alla
Seconda Guerra Mondiale rendevano numericamente ed
economicamente significativo solo il flusso di ricercatori dalla
Germania e dall’Inghilterra verso gli Stati Uniti58.
Negli anni ‘60 e ’70 del secolo scorso l’attenzione si volse in
particolare alle migrazioni di studiosi e di professionisti dai paesi in
via di sviluppo. In quegli anni, infatti, il termine brain drain venne
impiegato anche per determinare il crescente fenomeno degli studenti
che dai paesi poveri si recavano nei paesi più sviluppati per compiere i
loro studi e che spesso vi rimanevano. In quel periodo, assunse
notevole importanza il fatto che la partenza dei cittadini più qualificati
sottraesse ai paesi in via di sviluppo i soggetti che avevano le
competenze e la mentalità adatte a far decollare l’economia nazionale.
Il fatto poi che queste competenze venissero utilizzate dai paesi più
ricchi era ritenuto un “ingiusto aiuto tecnologico” dei paesi in via di
sviluppo a quelli sviluppati59.
Lo studio della mobilità delle competenze è passato attraverso varie
fasi. Negli anni Settanta si è sviluppato il concetto di “trasferimento
inverso di tecnologie” dai paesi in via di sviluppo verso i paesi di
56
Avveduto S., Brandi M.C., Todisco E., (a cura di), “Le migrazioni qualificate tra
mobilità e brain drain”, in Studi Emigrazione, n. 156, CSER, Roma, 2004.
57
Royal Society, “Emigration of Scientists from the United Kingdom”, Report of a
Committee appointed by the Council of the Royal Society, London, 1963.
58
CSER, op.cit..
59
Boussaid L., “L’exode des cerveaux et les pays en développement”, in Migration
société, N. 56 Vol. 10 Mars – April 1998, pp. 65-71.
17
destinazione delle migrazioni60. Si è avuto poi un lungo periodo,
intorno agli anni Ottanta-Novanta, in cui la fuga dei cervelli non ha
più destato preoccupazioni. Lo sviluppo delle nuove tecnologie
dell’informazione e della comunicazione hanno indotto gli osservatori
del fenomeno a pensare che si sarebbero formati networks
internazionali di studiosi nel mondo e che i migranti qualificati
avrebbero potuto lavorare a distanza con il proprio paese di origine.
Per alcuni versi la mobilità internazionale delle persone con alte
qualifiche è oggi un dato di fatto; in molti infatti ritengono che il
mondo economico sia ormai costituito da un unico grande mercato,
nel quale materie prime, capitali, informazioni e forza di lavoro
circoleranno più liberamente, pur persistendo vincoli restrizionisti.
Secondo questi teorici, anche la manodopera tenderà sempre di più a
equilibrarsi, con un travaso dalle zone ove vi è abbondanza verso le
zone dove vi è carenza, in funzione delle nuove necessità. Si dovrà
forse parlare più di spostamenti transnazionali che di migrazioni61, in
quanto la localizzazione del lavoro sarà una conseguenza del processo
di globalizzazione62.
In realtà il problema appare più complesso e il fenomeno del brain
drain non è stato risolto grazie a Internet e alla globalizzazione dei
mercati. Vari studi hanno evidenziato l’esistenza di network e contatti
tra emigrati e paesi di origine63 ma vi sono serie ragioni che portano
altri studiosi a ritenere che il fenomeno sia addirittura in via
d’espansione64.
Evidentemente è molto vantaggioso che un ricercatore o un
professionista possa specializzarsi all’estero in settori non
adeguatamente sviluppati nel proprio paese e successivamente
60
Risoluzione 39-III/197 delle Nazioni Unite.
Todisco E., “Mobilità dei cervelli e mobilità delle conoscenze”, Atti del Convegno
Internazionale Migrazioni. Scenari per il XXI secolo, Firenze, 27-30 settembre
2000.
62
È questa l’ottica transnazionalista precedentemente illustrata.
63
Come ad esempio il caso colombiano della Rete CALDAS formata da ricercatori e
studenti nel mondo [Gaillard A.M., Gaillard J., Les enjeux des migrations
scientifiques internationales. De la quete du savoir à la circulation des
competences, L’Harmattan, Paris, 1999]; oppure il caso della nostrana Bancadati
DAVINCI, creata dal Ministero degli Affari Esteri, in http://www.esteri.it/davinci/.
64
Iredale R., “The need to import skilled personnel: factors favouring and hindering
its international mobility”, in International Migration, vol. 37, n.1, 1999, pp. 89123.
61
18
ritornare in patria per mettere a frutto la propria esperienza; così come
è certamente positivo che i sistemi di ricerca e sviluppo tecnologico di
paesi che non dispongono di elevatissime risorse vengano introdotti,
dai connazionali che lavorano all’estero, in circuiti scientifici di alto
livello godendo così di un flusso di informazione e di innovazione che
altrimenti non avrebbero potuto ottenere65.
Tuttavia, ciò che spesso accade è che i ricercatori formati all’estero
trovino anche condizioni migliori di lavoro, decidendo pertanto di non
ritornare più in patria e svolgere la propria professione a beneficio dei
paesi di destinazione.
Ma chi sono effettivamente i migranti qualificati? Nonostante la
notevole importanza economica di questo segmento di emigrazione,
nel quale di fatto i Governi vedono una risorsa, la via più pratica e
immediata per risolvere carenze interne e opportunità di qualificazione
in nuovi settori del lavoro locale, le migrazioni qualificate restano un
oggetto di osservazione e di studio circoscritto e settoriale. I dati sono
pochi, spesso non confrontabili e non differenziati per sesso, per età e
per qualifica. Sono generalmente considerati lavoratori a alta
qualifica, oltre ai ricercatori, coloro che possiedono titoli di studio
universitari o un’alta specializzazione in campi particolari.
Quest’ultima categoria è però mal definita e, per di più, la definizione
varia da un paese all’altro. Vi sono inclusi, in genere, specialisti
altamente qualificati, personale esecutivo indipendente, manager
esperti, tecnici e agenti commerciali specializzati, personale medico,
investitori, uomini d’affari e piccoli industriali. I soggetti appartenenti
a queste categorie hanno maggiori opportunità di spostarsi da una
nazione all’altra, per trovare migliori condizioni dove utilizzare e
incrementare la propria esperienza e capacità, o anche solo per
massimizzare i ritorni economici della propria istruzione e
professione. Altri ancora, fornitori di servizi transnazionali, si
spostano dove tali prestazioni sono richieste, senza cercare di avere né
la residenza né un lavoro stabile nel paese che li ospita: rappresentano
65
Bettahar Y., « Les Migrations Scientifiques Algeriennes vers la France », in La
Dette à l’Envers, n. 1221, Septembre-Octobre, 1999, pp. 32-40 e De Tinguy A., « Le
depart des cervaux de la CEI en Occident: fuite ou mobilité?Innovation », in The
European Journal of Social Sciences, vol/, 1994, n.2.
19
quindi una categoria
specializzati”66.
diversa
dai
tradizionali
“lavoratori
Grafico 1.3 - Mappa delle migrazioni qualificate nel mondo
Paesi di destinazione
Paesi di Origine
Paesi non colpiti dal
fenomeno
Fonte: Robinson Projection.
1.2.2 Le migrazioni qualificate italiane
Lo studio delle migrazioni qualificate si rivela pertanto difficile,
per la difficoltà di definizione dei “cervelli” ma soprattutto perché
risulta molto arduo reperire dati su questo gruppo di migranti.
Gli unici dati sui cui è possibile lavorare, per rilevare la consistenza
della fuga dei cervelli italiana, sono i dati AIRE, relativi al titolo di
studio, alla professione e al settore lavorativo di inserimento dei
concittadini all’estero. Un altro dato importante per comprendere i
flussi verso l’estero sono le cancellazioni anagrafiche rilevate
dall’ISTAT. È infatti estremamente facile reperire informazioni sulla
mobilità a breve termine di studenti, professori e ricercatori, quando
66
Iredale R., op. cit., pp. 89-123.
20
questa avviene nell’ambito di programmi specifici nazionali o
comunitari (come il Programma Socrates/Erasmus67 e il Programma
Leonardo68 promossi dalla Commissione Europea, il Fellowship
Programme 69o il Junior Professional Officer Programme70 curati
dalle Nazioni Unite) ma è davvero difficile ottenere informazioni sulla
mobilità a lungo termine, la migrazione vera e propria, perché non è
quasi mai inquadrata in programmi ufficiali ma deriva spesso da
decisioni individuali e non viene sempre comunicata alle autorità
nazionali preposte oppure viene comunicata quando l’emigrazione
diviene ormai definitiva71.
A maggio 2006, solo l’1,9% del totale dei cittadini italiani
all’estero possiede una laurea; il 69,6% non possiede alcun titolo di
studio, l’8,9% ha soltanto la licenza elementare, l’8,5% la licenza
media e il 4,3% il diploma di scuola media superiore. Rispetto alla
situazione italiana, rilevata nel Censimento del 2001, la distribuzione
è molto diversa.
Tabella 1.2 – Titolo di studio della popolazione residente all’estero al
31 maggio 2006 e in Italia in base al Censimento 2001
Titolo di studio
% all’estero - 2006
% in Italia - 2001
nessun titolo
69,60
15,80
licenza elementare
8,90
25,40
licenza media
8,50
30,00
licenza superiore
4,30
21,30
laurea
1,90
7,50
non disponibile
6,80
0,00
Totale
100,00
100,00
Fonte: nostra elaborazione su dati AIRE e ISTAT.
Le persone senza titolo di studio all’estero appartengono alle prime
generazioni di emigrati, fuoriuscite dall’Italia prima dell’inserimento
nella scuola dell’obbligo. Sebbene sembri esiguo il numero dei
67
http://ec.europa.eu/education/programmes/socrates/erasmus/erasmus_it.html.
http://www.programmaleonardo.net/.
69
http://www.esteri.it/ITA/5_34_166_257.asp.
70
http://www.undesa.it/desc-jpo_ita.html.
71
Fondazione Migrantes, Rapporto Italiani nel Mondo 2006, IDOS, 2006.
68
21
laureati italiani all’estero è però in forte aumento negli ultimi anni.
Rispetto ai dati del 2001 (AIRE), in soli 5 anni si è registrato un
incremento del 53,2%72. Se nel 2001 i laureati all’estero erano soltanto
39.01373 ad oggi si contano 59.756 iscritti all’AIRE in possesso di
diploma universitario.
Dai dati AIRE risulta che gli emigrati italiani laureati risiedano
prevalentemente in America Latina (28.450 persone), in Europa
(21.158) e in America del Nord (5.926)74. Da questi dati sembra che
l’emigrazione italiana qualificata segua gli schemi migratori di quella
totale nazionale ma, guardando i paesi di destinazione, è facile vedere
che i laureati si concentrano non tanto in Europa ma nei pesi
dell’America Latina come l’Argentina, il Brasile, e in America del
Nord, in particolare negli Stati Uniti. Il primo Paese europeo della
classifica è la Svizzera, che si colloca al quarto posto: il 54% dei
laureati italiani all’estero si trova in questi quattro paesi. Tra i paesi di
nuova emigrazione va segnalata come meta significativa la Spagna75.
Osservando i settori lavorativi, la maggior parte dei laureati lavora
nel settore terziario (22,9%) mentre solo l’1,1% si occupa di
agricoltura, il 4,8% lavora nell’industria e il 2,2% nel commercio.
72
Fondazione Migrantes, op. cit.
Avveduto S., Brandi M.C., “Le migrazioni qualificate in Italia”, in Avveduto S.,
Brandi M.C., Todisco E. (a cura di), “Le migrazioni qualificate tra mobilità e brain
drain”, in Studi Emigrazione, n. 156, CSER, Roma, 2004, pp. 797-830.
74
Fondazione Migrantes, op. cit.
75
Ivi.
73
22
23
93.322
38.709
3.205
Media sup.
Laurea
Non disp.
36.030
509
680
4.391
3.281
5.762
21.407
Agr.ra
77.249
1.487
2.887
7.282
28.365
28.922
8.306
Ind.
26.631
433
1.301
6.041
10.370
5.309
3.177
78.794
895
13.654
16.176
20.714
16.272
11.083
Comm. Altre att.tà
Fonte: Fondazione Migrantes, Rapporto sugli italiani nel mondo, 2006.
2.523.361
182.930
Media inf.
Totale
187.915
2.017.280
Nessuno
Elementare
Non prof.le
Titolo di
studio
274.186
206.176
2.345
5.867
19.027
30.813
9.958
Non disp.
3.016.251
212.705
59.576
133.079
264.687
274.993
2.071.211
Totale
Tabella 1.3 - Cittadini italiani residenti all’estero per titolo di studio e settore di attività (maggio 2006)
Il registro AIRE permette anche un’analisi della qualifica
professionale dei laureati all’estero.
Il Ministero dell’Interno utilizza però una classificazione piuttosto
aggregata, che contempla solo sei tipologie di professione: non
professionale/disoccupato, imprenditore/professionista, lavoratore in
proprio, dirigente/impiegato, coadiuvante familiare e lavoratore
dipendente. I migranti ad alta qualificazione possono essere
considerati tutti coloro che si sono classificati nelle prime due
qualifiche professionali. Nel 2006 appartengono al primo gruppo
20.834 iscritti, mentre al secondo 56.876; il numero totale è
considerevolmente più elevato dei laureati iscritti.
Tra gli imprenditori e i professionisti il 48,7% possiede comunque
una laurea e il 21% un diploma di scuola media superiore. Tra i
dirigenti e gli impiegati la situazione è simile: il 22,3% è laureato, il
37,9% diplomato. Molto interessante è il fatto che ci siano vari
laureati che svolgono però professioni con basse qualifiche come i
coadiuvanti familiari (laureati 2,8% e diplomati 9,3%) o i lavoratori
dipendenti generici con il 2,2% di laureati e il 10,4% di diplomati.
24
25
140
11.402
49.705
14.397
3.026
2.939
137.963
Media inf.
media sup.
Laurea
Non disp.
1.065
2.992
3.316
25.718
623
1.662
4.544
7.683
7.669
3.537
56.876
511
12.690
21.537
12.621
2.845
6.672
Lav. in Dirigente/
proprio Impiegato
20.834
177
10.153
4.375
2.683
1.202
2.244
2.577.525
1.581
30.227
82.481
170.911
178.398
2.113.927
59.576
212.705
3.106.251
206.734
275.933
133.079
264.687
274.993
2.161.211
Totale
1.502
4.680
18.092
32.987
11.938
Imprend./ Non prof./ Non disp.
Prof.sta Occupato
Fonte: Fondazione Migrantes, Rapporto sugli italiani nel mondo, 2006.
Totale
316
48.576
Elementare
3.573
19.320
Nessuno
Coad.
famil.
Lav.
dipend.
Titolo di
studio
Tabella 1.4 – Cittadini italiani residenti all’estero per titolo di studio e qualifica professionale
(maggio 2006)
Da quali regioni provengono i “cervelli in fuga” italiani? Abbiamo
visto in precedenza che più della metà degli emigrati proviene dal
Mezzogiorno. Per le migrazioni qualificate la situazione risulta
capovolta. Il 61,9% dei laureati proviene infatti dalle Regioni del
Nord, in particolare dal Nord Ovest (40,9%); soltanto il 16,8% dei
laureati proviene dalle Regioni meridionali.
Le regioni in testa per numero di laureati all’estero sono infatti la
Lombardia (con 10.319 laureati all’estero), il Piemonte (9.699), il
Veneto (6.549) e la Liguria (4.280) seguita, infine, dal Lazio (3.303).
Il 3,8% degli emigrati dal Nord Italia possiede una laurea mentre
soltanto lo 0,8% degli iscritti che provengono dal Sud ha il medesimo
titolo di studio.
26
27
76.397
38.119
38.278
120.100
29.573
48.923
274.993
7,9
8,3
7,5
10,2
9,3
7,7
8,9
648.997
271.660
377.337
811.374
218.415
482.425
2.161.211
66,8
59
73,9
68,9
68,6
75,7
69,6
Nord Ovest
Nord Est
Sud
Centro
Isole
Totale
Nord Est
Sud
Centro
Isole
Totale
Fonte: AIRE 2006.
Nord Ovest
Nord
Elementare
Nessuno
Ripartizione
t
l
Nord
8,5
6,9
6,7
8,8
7,6
12,4
9,9
264.687
43.935
21.421
103.279
38.706
57.346
96.052
Media inf.
4,3
1,6
6,3
2,9
4,5
10
7,1
133.079
9.976
20.118
34.113
22.818
46.054
68.872
Media sup.
1,9
0,5
3,1
0,8
2,5
5,3
3,8
59.576
2.904
9.779
9.988
12.522
24.383
36.905
Laurea
6,8
7,9
6
8,4
4,1
5
4,5
212.705
50.291
19.187
99.376
20.689
23.162
43.851
Non disp.
100
100
100
100
100
100
100
3.106.251
638.454
318.493
1.178.230
510.350
460.724
971.074
Totale
Tabella 1.5 - Cittadini italiani residenti all’estero per area geografica di origine e per titolo di studio
(Maggio 2006)
28
Nessuno
149.636
71.693
175.084
47.986
82.796
66.990
53.589
60.618
238.669
195.947
Regioni
Lombardia
Piemonte
Veneto
Liguria
Lazio
Emilia R.
Marche
Toscana
Campania
Calabria
29.097
30.234
7.253
8.830
8.152
11.840
4.789
15.523
15.061
17.911
Elementare
22.409
29.148
6.767
5.021
9.554
8.403
7.826
15.549
21.447
27.723
Media inf.
7.850
8.772
7.876
5.966
6.589
5.821
7.589
10.096
18.555
19.732
Media sup.
2.536
2.989
3.011
3.168
3.247
3.303
4.280
6.549
9.699
10.319
Laurea
21.303
31.232
5.578
2.757
6.825
10.353
2.838
11.082
6.859
13.237
Non disp.
(segue)
279.142
341.044
91.103
79.331
101.357
122.516
75.308
233.883
143.314
238.558
Totale
Tabella 1.6 – Cittadini italiani residenti all’estero per regioni di origine e per titolo di studio (Maggio
2006)
29
81.431
98.146
37.117
Abruzzo
Friuli V.G.
Trentino A.A.
48.881
21.412
2.345
Molise
Umbria
Valle D'Aosta
Fonte: AIRE 2006.
2.161.211
53.628
Sardegna
Totale
60.077
Basilicata
186.369
428.797
Sicilia
Puglia
Nessuno
Regioni
Tabella 1.6 – (continua)
274.993
358
1.650
6.863
7.886
6.514
25.923
4.109
10.494
21.469
41.037
Elementare
264.687
350
1.230
3.314
8.613
5.909
29.467
4.731
8.872
13.032
35.322
Media inf.
133.079
178
455
1.244
2.597
2.934
8.376
2.361
3.772
4.937
7.379
Media sup.
59.576
85
297
482
788
1.134
1.198
1.260
1.466
1.649
2.116
Laurea
212.705
228
499
5.348
10.451
7.051
25.843
2.049
733
8.599
39.840
Non disp.
3.106.251
3.544
25.543
66.132
83.963
83.619
277.176
51.627
123.483
131.117
554.491
Totale
Per concludere questa breve descrizione dei dati sulle migrazioni
qualificate italiane è interessante osservare i dati di un’analisi delle
cancellazioni dalle Anagrafi italiane per trasferimento all’estero.
L’ISTAT ogni anno svolge una rilevazione sul Movimento
Migratorio della popolazione residente. Dall’analisi dei flussi dal
1996 al 2002, risulta che l’Italia ha avuto una perdita netta totale di
quasi 1.600 laureati. Considerando le sole cancellazioni dalle
Anagrafi, la quota assoluta dei laureati è andata man mano crescendo
raggiungendo il numero massimo di 4.000 unità nel 1999. In media
dunque ogni anno lasciano il Paese 3.300 laureati. Nello specifico, il
numero totale dei laureati che hanno lasciato l’Italia definitivamente
tra il 1996 e il 2002 è di 23.16577.
L’analisi dei dati al momento disponibili, ossia quelli dell’AIRE e
dell’ISTAT, ha pertanto consentito di rilevare la presenza di una
mobilità che coinvolge una quota specifica di migranti italiani, che si
può inserire nella categoria delle migrazioni qualificate. Tuttavia, allo
stato attuale, non è possibile trarre indicazioni certe sull’entità del
fenomeno italiano né sulla sua natura, cioè se esso si configuri come
un aspetto della mobilità internazionale delle alte qualifiche o come
“fuga di cervelli”. Le fonti statistiche ufficiali, integrate da studi
parziali e di settore, permettono però di individuare alcuni caratteri e
tendenze significative.
In primo luogo, è indiscutibile che il numero di cittadini italiani
altamente qualificati che risiedono permanentemente o per periodi
lunghi all’estero (tanto da rendere opportuna la propria iscrizione
all’AIRE) va aumentando regolarmente e assomma ormai a diverse
centinaia di migliaia. In secondo luogo, il numero di laureati che
lasciano l’Italia ogni anno per periodi abbastanza lunghi da richiedere
la cancellazione dall’Anagrafe del Comune di residenza è in costante
aumento e superiore a quello dei laureati che ritornano dall’estero. In
terzo luogo, in mancanza di fonti interne, è possibile recuperare
informazioni statistiche, spesso dettagliate, dalle rilevazioni effettuate
dai paesi di arrivo. Nel caso statunitense, ad esempio, i dati dell’INS
(Istituto Nazionale di Statistica) evidenziano che i professionisti
77
Ivi.
30
italiani sono sostanzialmente esperti delle nuove tecnologie più
importanti dal punto di vista economico78.
Secondo un recente studio, condotto nell’ambito del Progetto
Europeo Brain Drain – Migration Flows of Qualified Scientists79, tra
il 2001 e il 2003 i Paesi europei che avrebbero subito maggiormente il
fenomeno del brain drain sarebbero l’Italia, la Spagna, l’Austria, la
Grecia, l’Irlanda, il Portogallo, la Finlandia, la Danimarca e l’Olanda.
Questi paesi avrebbero pertanto un saldo passivo mentre gli Stati in
attivo sarebbero: Germania, Regno Unito, Svezia, Belgio, Francia e
Lussemburgo che, oltre a inviare i propri studenti e ricercatori
all’estero, registrano notevoli flussi in entrata.
L’Europa risulta comunque la più grande “fabbrica di cervelli” del
mondo80 con 2,14 milioni di laureati, secondo i dati del 2000, rispetto
ai 2,07 degli U.S.A. e agli 1,1 del Giappone. Il problema principale
del Vecchio Continente è la scarsa capacità di trattenere i propri
laureati: l’Europa è infatti la fonte primaria di origine dei flussi
migratori qualificati verso Canada e U.S.A. L’Italia è ai primi posti
per numero di migranti qualificati che si spostano verso questi paesi.
Un altro problema particolarmente grave nel nostro Paese è la
scarsa capacità di attrazione di skilled migrants stranieri da parte delle
strutture formative e del mercato del lavoro nazionale. La percentuale
di laureati italiani emigrati è di dieci volte maggiore di quella dei
laureati stranieri presenti in Italia.
La carenza di un sistema di rilevazione globale e omogeneo di
questo fenomeno, la cui importanza e consistenza è sempre più
evidente, non solo pone dei limiti sotto il profilo della conoscenza, ma
è di ostacolo soprattutto all’urgente necessità di programmazione e di
governo dello sviluppo nazionale in una dimensione globale, oltre che
dell’assistenza e della tutela dei connazionali all’estero.
Risulta quindi evidente, da questa breve e sommaria analisi, che il
brain drain non è affatto sparito con la globalizzazione e la diffusione
di Internet e delle altre ICT; né tanto meno sembra che il fenomeno
appartenga unicamente ai paesi in via di sviluppo. Le migrazioni
78
Brandi M.C., La storia del Brain Drain, in Avveduto S., Brandi, M.C., Todisco
E., 2004, pp. 775-796.
79
Il progetto è stato realizzato in partenariato dal MERIT dell’Università di
Maastrich, dall’IRPS-CNR italiano e dall’IKU dell’Università di Budapest.
80
CCE, DG Research, Eurostat, Third European Report on S&T Indicators,
Brussels, 2003.
31
qualificate italiane sono cresciute notevolmente nel corso degli anni
costituendo una perdita significativa per l’economia della conoscenza
italiana, soprattutto perché a essa non corrisponde un altrettanto
consistente flusso di migranti qualificati in ingresso.
L’Italia ha pertanto la necessità di incrementare la propria capacità
attrattiva verso l’estero, cercando di offrire opportunità di ricerca e di
lavoro qualificato più stabili, rendendo più efficace il rapporto tra
innovazione, ricerca, industria e incentivando lo sviluppo di ambienti
di lavoro e formativi multiculturali. Dall’altro lato è quanto mai
necessario riallacciare i rapporti con i ricercatori e i professionisti
italiani all’estero creando network consolidati e opportunità di contatto
con il nostro Paese per incentivarne lo sviluppo.
32
Capitolo secondo - Reti sociali e sviluppo
territoriale: la rete degli esperti italiani
all’estero
2.1 Verso una società delle reti
“Rete” e “Conoscenza” sono due concetti che da diversi anni hanno
assunto un ruolo chiave nel contesto sociale ed economico
contemporaneo. Il primo evidenzia l’importanza dei legami, delle
relazioni, delle interdipendenze, in altri termini del “capitale sociale”
quale strumento di miglioramento collettivo81; il secondo fa risaltare
la centralità del “capitale intellettuale” al quale sempre più spesso
sono legati processi di innovazione, cambiamento, sviluppo82. Ne
consegue un assetto sociale ed economico in cui le organizzazioni
perdono la loro consistenza fisica e accrescono il loro valore in
termini di relazioni incrociate con altre organizzazioni, imprese,
istituzioni, associazioni e territori. Il capitale sociale diviene il mezzo
per il raggiungimento di un livello di “cultura locale” elevato sul quale
si fondano nuovi modelli flessibili e vincenti di sviluppo sociale ed
economico83.
Allo stesso tempo a garantire la stabilità e l’efficacia dei legami
sociali è proprio la condivisione di conoscenze e di competenze
distintive, dalla quale si generano nuove “reti” di eccellenza non più di
natura fisica e geografica bensì culturali, professionali, organizzative.
E se le reti di conoscenza si trasformano in luoghi privilegiati di
produzione, di consumo, di comunicazione, di innovazione, allo stesso
modo la società contemporanea assume sempre più spesso l’immagine
di un reticolo dinamico e flessibile, soggetto a continue tensioni tra la
dimensione locale e quella globale, in cui i rapporti tra e all’interno
dei nodi del sistema sociale (individui, gruppi, organizzazioni,
81
Coleman J., “Social Capital in the Creation of Human Capital”, American Journal
of Sociology, vol.94, 1988, pp.95-120.
82
Stewart T. A., Il capitale intellettuale, Ponte alle Grazie, Milano, 1999.
83
Saxenian A.L., Il vantaggio competitivo dei sistemi locali nell’era della
globalizzazione, Franco Angeli, Milano, 2002.
33
istituzioni) avvengono in maniera distribuita oltre i tradizionali confini
spazio-temporali della precedente società industriale. La competitività,
l’innovazione e la crescita socio-economica si gioca pertanto lungo
processi di interazione reciproca e di cooperazione tra attori locali e
soggetti distribuiti in contesti geograficamente distanti, in cui la
dimensione locale si inserisce in una prospettiva più ampia,
internazionale, globale, scoprendo opportunità, mai sperimentate in
precedenza, di apprendimento collettivo, di flessibilità reciproca, di
capacità di reazione ai rapidi cambiamenti del contesto sociale e dei
mercati.
In questa cornice di riferimento, negli ultimi anni numerose
politiche e programmi sono stati promossi – sia a livello nazionale sia
continentale – con l’intento di valorizzare e di sostenere processi di
sviluppo
territoriale
attraverso
la
prospettiva
dell’internazionalizzazione.
Anche il Progetto PPTIE – Programma di Partenariato Territoriale
con gli Italiani all’Estero è nato per rispondere a questa esigenza,
dedicando una delle sue componenti centrali proprio alla creazione di
una rete di expertises con gli italiani all’estero che funzioni da
strumento a supporto delle Regioni Ob.1 nel processo di sviluppo
economico tramite partenariati internazionali.
In particolare l’iniziativa “creazione di una rete di partenariato con
gli italiani all’estero”, descritta nelle pagine seguenti, ha avuto lo
scopo di dare vita a una comunità internazionale di esperti italiani
all'estero, in grado di supportare lo sviluppo di partenariati territoriali
internazionali84.
Scopo centrale del progetto è stata la costruzione, attraverso
tecniche di Social Networking, di una comunità a rete di esperti
italiani all’estero in grado di fornire punti di riferimento stabili e
accreditati a supporto dello sviluppo locale delle regioni italiane. In
altre parole, la rete in oggetto, composta da persone altamente
qualificate a livello sovra-regionale e internazionale, è stata progettata
per essere in grado di sostenere, in maniera competente e puntuale, le
84
Essa si è inserita nell’ambito della Linea 2 “Azioni dimostrative e pilota” prevista
dal programma 2004-2006 del Progetto PPTIE II Fase che, insieme alla Linea 1
“Accompagnamento alle Regioni”, fa parte della strategia di attuazione di PPTIE II
Fase, volta ad accrescere la capacity building delle Regioni Ob.1 e degli attori dei
rispettivi contesti socio-economici, in materia di partenariato territoriale e
internazionale con le comunità degli Italiani all’Estero (IRE).
34
iniziative di sviluppo locale dei territori regionali, attraverso la leva
dell’internazionalizzazione rappresentata dalle comunità di italiani
residenti all’estero e dal loro patrimonio professionale, organizzativo e
culturale.
Il valore di un progetto di questo tipo, basato sulla costruzione di
una rete di esperti quale strumento strategico di innovazione e
sviluppo sociale ed economico, risiede nella consapevolezza
dell’importanza delle conoscenze e delle competenze degli individui,
e delle possibilità di sviluppare occasioni e strumenti dedicati per
permettere alle stesse persone di dialogare, collaborare, mettere in
comune il proprio background professionale e cognitivo in una
prospettiva di crescita collettiva.
Da ciò è derivata la necessita di ancorare la scelta delle persone
appartenenti alle rete non sul mero criterio della provenienza
geografica, bensì sul concetto chiave di “esperto”, ovvero sul possesso
di un profilo professionale, culturale ed intellettuale di eccellenza
sviluppato a seguito di esperienze internazionali siano esse di tipo
economico, istituzionale, culturale o associativo.
L’attenzione è stata pertanto focalizzata sul patrimonio di
conoscenze e di competenze in materia di internazionalizzazione,
processi partenariali, sviluppo locale, comunità di italiani residenti
all’estero, cooperazione internazionale, processi migratori, etc.
In questa prospettiva, elemento distintivo della rete di esperti è
divenuta la sua expertise in termini di competenze e di capitale sociale
che, tagliando trasversalmente gli specifici contesti territoriali, si
fonda su legami e connessioni basate su affinità professionali e
cognitive capaci di amplificare il valore internazionale e sovraterritoriale della stessa comunità. Soltanto in questo modo è stato
possibile favorire la logica dell’interazione infra-organizzazionale,
ovvero la negoziazione tra attori inseriti all’interno di diversi contesti
organizzativi ma portatori di conoscenze condivise e affini, capaci di
divenire strumento privilegiato per il perseguimento dei seguenti
obiettivi specifici:
- sostenere lo scambio di esperienze territoriali;
- facilitare la cooperazione tra Istituzioni centrali, Regioni, Enti
internazionali e comunità degli IRE;
- supportare le Regioni nella progettazione e la stipula di accordi di
partenariato tra diverse realtà territoriali;
35
-
sistematizzare modelli e strategie di intervento in tema di
partenariato territoriale e sviluppo locale;
accreditare all’estero le iniziative che muovono dalle Regioni;
diffondere buone prassi e metodologie per lo sviluppo territoriale
facendo leva sulla dimensione internazionale e sulla risorsa degli
italiani all’estero.
2.2 Social Network Analysis e reti di competenze a
supporto dei partenariati internazionali
Il raggiungimento del più ampio obiettivo di progetto è passato
attraverso l’articolazione di un percorso scientifico-metodologico di
analisi e progettazione di una comunità di esperti che ha permesso di
ottenere un’importante finalità specifica:
sperimentare e mettere a punto una metodologia fondata su tecniche
di Social Networking per l’individuazione, la progettazione e la
creazione di reti di competenze a supporto dei partenariati
internazionali.
Lo scopo raggiunto ha permesso di lasciare come eredità del
progetto un patrimonio metodologico replicabile nel tempo,
funzionale non soltanto ad integrare la comunità di esperti italiani
all’estero sviluppata ma anche di procedere alla costruzione di altre
reti di competenze.
L’impianto metodologico sperimentato si è avvalso di una
molteplicità di approcci teorici, tecniche e strumenti della ricerca
sociale, integrandoli fra loro e rendendoli funzionali al conseguimento
dell’obiettivo prefissato: dare vita a reti di competenze in grado di
supportare programmi di partenariato internazionale.
La principale tecnica alla quale si è ricorsi è la Social Network
Analysis, un approccio metodologico definito strutturale generalmente
applicato allo studio del “capitale sociale”, sebbene la letteratura
scientifica affermi anche che “l’approccio di rete rivela una
molteplicità di impostazioni differenti fra loro che si distinguono sotto
36
diversi aspetti: per schemi di riferimento teorico-concettuali,
prospettive e oggetto di analisi, metodi e tecniche impiegate”85.
Nell’ambito del Progetto PPTIE si è deciso di sperimentare la
strada dell’analisi strutturale per indagare e riorganizzare, in una
prospettiva reticolare, tre aspetti essenziali del “sistema sociale” preso
in considerazione, ovvero “gli esperti italiani all’estero”:
- le risorse, ossia le conoscenze e le competenze, in materia e a
supporto del partenariato internazionale per lo sviluppo locale, di
cui sono portatori gli attori che ricadono nella definizione di
esperto italiano all’estero. Il focus sulle risorse ha permesso
un’analisi del livello di quantità e di varietà delle caratteristiche
degli attori appartenenti a una data categoria sociale;
- l’uso, ovvero il modo in cui gli individui utilizzano le risorse
possedute e attraverso “azioni finalizzate” entrano in relazione con
le risorse di altri individui e/o di altre organizzazioni. In questo
caso l’attenzione è spostata sui legami e sulla natura degli stessi
(es. intensità, continuità, strumentalità, linearità, etc.);
- l’accessibilità, ovvero la possibilità di accedere e utilizzare tali
risorse entrando in contatto con gli individui che le posseggono.
Questa dimensione, infine, analizza il livello di apertura/chiusura
delle persone a estendere le dimensioni della propria rete sociale e
a generare occasioni per integrare i legami esistenti con nuove
relazioni.
L’analisi di rete ha permesso, dunque, non soltanto uno studio del
patrimonio di competenze e di relazioni tra gli individui, appartenenti
ad un gruppo sociale omogeneo, ma anche le condizioni affinché
nuove occasioni di confronto e di scambio tra risorse e attori possano
avvenire. Il volume del capitale sociale è infatti una funzione della
grandezza del reticolo e del volume (economico, culturale e
simbolico) posseduto dagli individui del reticolo stesso86.
Per ottenere questo risultato è stato fondamentale avvalersi di
entrambe le prospettive di analisi utilizzate in contesti di Social
85
Piselli F., (a cura di), Reti. L’analisi di network nelle scienze sociali, Donzelli
Editore, Roma, 2001, p. IX (Introduzione).
86
Bourdieu P., “Le capital social. Notes provisoires”, in Actes de la Recherche en
Sciences Sociales, 31, 1980.
37
Network Analysis: la prospettiva egocentrica e la prospettiva sociocentrica.
La prima permette di studiare i profili relazionali delle singole unità
di riferimento e quindi il modo in cui un attore si rapporta ad altri
attori o unità di analisi (es. organizzazioni, eventi, progetti, etc.) sulla
base delle sue stesse dichiarazioni. Partendo dai dati “micro” si indaga
“sulle risorse alle quali un individuo ha accesso e che può mobilitare
grazie alle proprie reti”87.
La seconda prospettiva analizza le relazioni di un gruppo, una
comunità, una rete in una dimensione globale fornendone la struttura
relazionale complessiva. In questo caso “il capitale sociale è allora
legato alle risorse che un individuo può mobilitare per via della
propria appartenenza a una comunità”88.
È proprio su questa seconda dimensione che bisogna fare alcune
precisazioni in merito all’impiego che si è fatto della Social Network
Analysis nel Progetto PPTIE.
In questa sede, infatti, tale approccio di analisi non è stato utilizzato
per verificare la struttura delle relazioni esistenti all’interno di un
gruppo costituito di persone, tra le quali esisteva una conoscenza
diretta, ma, al contrario, si è partiti dall’analisi di rete per verificare la
possibilità di costruire una comunità di individui che ancora non si
conoscevano tra loro sulla base del principio secondo il quale
“l’esistenza di un’affinità può generare una relazione”.
Pertanto le relazioni tra unità sono state analizzate e strutturate
cercando possibili “punti di contatto” quali competenze e conoscenze
simili, appartenenza allo stesso contesto organizzativo, partecipazione
a eventi dello stesso tipo e così via.
Le relazioni emerse hanno permesso di strutturare la
configurazione della rete di esperti italiani all’estero, nella quale i nodi
sono stati posti in relazione con altri nodi in base alla “vicinanza” del
loro profilo professionale e “agire sociale”, oltre al fatto di
rispecchiarsi in una categoria sociale, quella degli italiani esperti
all’estero, per la quale si sono resi disponibili a partecipare al
progetto.
87
Forse M., Tronca L., (a cura di), “Capitale sociale e analisi dei reticoli”,
Sociologia e Politiche Sociali, vol. 8 - 1 , Franco Angeli, Milano, 2001, p. 102.
88
Ivi, p. 103.
38
Infine, l’approccio metodologico seguito ha permesso di soddisfare
sia la dimensione “espressiva” che quella “strumentale” del progetto.
La dimensione espressiva riguarda gli esperti direttamente coinvolti
nell’iniziativa, i quali attraverso di essa hanno avuto la possibilità di
entrare a fare parte di una rete in cui identificarsi e sperimentare nella
pratica il senso della seguente affermazione: “il capitale sociale di cui
un individuo beneficia personalmente può essere goduto anche dai
membri di una comunità di appartenenza, soprattutto quando insieme
cercano di produrre un bene collettivo”89.
La dimensione strumentale compete invece agli utenti finali della
rete, ovvero le Regioni Ob.1. Essa si concretizza nella possibilità di
accesso a risorse e legami con attori capaci di sostenere e facilitare lo
scambio di buone prassi, di esperienze e di know how in materia di
partenariato internazionale.
La comunità degli esperti italiani all’estero rappresenta dunque per
gli attori regionali e socio-economici locali una guida utile a
localizzare competenze di rilievo nel campo del partenariato
internazionale, altrimenti disperse e difficili da reperire.
2.3 La prospettiva metodologica della Social
Network Analysis
La Social Network Analysis o analisi strutturale “è un approccio
paradigmatico, esaustivo per considerare la struttura sociale
seriamente, studiando direttamente come i modelli di legami allocano
risorse in un sistema sociale”90.
Soltanto negli ultimi anni si sta sviluppando intorno alla Social
Network Analysis un lavoro di studio e applicazione organizzato e
strutturato. Fino a poco tempo fa non esisteva infatti uno statuto
programmatico di base e tale approccio si articolava in tre filoni di
studi principali mai intergrati tra loro91: la prospettiva antropologico89
Ibidem.
Piselli F., op. cit., p. 28.
91
Ibidem.
90
39
anglossasone92, l’approccio quantitativo americano93, l’indirizzo
psicologico-sociale di matrice tedesca94.
L’approccio allo studio delle reti ha pertanto prodotto tanti e
interessanti contributi di ricerca su diverse problematiche sociali come
il rapporto tra comunità e società, i processi di mobilità sociale,
l’evoluzione e il mutamento delle strutture familiari e di parentela, la
struttura delle reti di organizzazioni a livello transnazionale e
interorganizzativo, il ruolo delle reti di sostegno, gli effetti delle
relazioni di potere, la formazione delle élite, etc.
Tuttavia, al di là dei differenti obiettivi di analisi e campi di
applicazione è possibile rintracciare cinque caratteristiche
paradigmatiche, comuni ai diversi approcci di studio95:
- il comportamento dell’attore è interpretabile in base ai vincoli
strutturali all’azione, piuttosto che in termini di forze
volontaristiche che guidano verso il raggiungimento degli scopi
desiderati;
- l’analisi si focalizza sulle relazioni tra unità piuttosto che sugli
attributi delle stesse;
- le relazioni tra gli attori di un network influenzano il loro stesso
comportamento;
92
Questo filone di studi si è sviluppato negli Stati Uniti a partire dal 1920. Gli studi
antropologici condotti dal Gruppo di Hawthorne furono i primi a utilizzare i
sociogrammi per descrivere la struttura delle relazioni sociali. Accanto a questi
studiosi, lo sviluppo di una prospettiva relazionale in ambito antropologico si deve
anche ai ricercatori del Dipartimento di Antropologia Sociale dell’Università di
Manchester, che ispirarono un filone di ricerca dei conflitti sociali sui luoghi di
lavoro fondato su un approccio di stampo relazionale [Cfr. Barnes, Mitchell, Bott,
Kapferer].
93
L’applicazione della logica matematica allo studio delle relazioni sociali si deve
sia ai ricercatori della Teoria dei Grafi [Cfr. Cartwright e Harary], sia al Gruppo di
Harvard coordinato da Harrison White [Cfr. Wellman, Berkowitz]. L’enfasi sugli
aspetti matematici ha permesso di superare una prospettiva di analisi descrittiva e di
passare a un approccio maggiormente interpretativo.
94
A questa prospettiva di analisi appartengono gli studi realizzati nell’ambito della
Teoria della “Gestalt” sviluppata da Kohler, Moreno, Lewin e Heider. Tali studi
hanno sottolineato l’influenza delle relazioni di gruppo sull’individuo oltre a
evidenziare l’efficacia dei sociogrammi per la rappresentazione delle configurazioni
sociali.
95
Wellman B., “Analisi strutturale: un paradigma alternativo”, in Piselli F., (a cura
di), Reti. L’analisi di network nelle scienze sociali, Donzelli, Roma, 2001.
40
-
la struttura è considerata come una rete di network che può o meno
essere articolata in gruppi sociali distinti;
l’analisi relazionale può integrare e talvolta sostituire i metodi
statistici che richiedono unità di analisi indipendenti.
Ne consegue, in sintesi, che “le relazioni sociali strutturate sono un
mezzo più potente di spiegazione sociologica di quanto non lo siano
gli attributi personali dei membri del sistema”96.
Infatti, molti studi sociali tendono a considerare la struttura e i
processi sociali esclusivamente come la somma degli attributi
personali delle unità di ricerca, sulla base dei quali categorizzare le
stesse in classi omogenee, tralasciando invece la struttura delle
relazioni alle quali essi di fatto partecipano. Tali analisi portano a
concludere che il comportamento sociale altro non è che il risultato di
specifici attributi degli individui, piuttosto che delle relazioni sociali
in cui essi sono inseriti. Al contrario, partendo dal presupposto che le
persone appartengono ai network così come alle categorie di attributi,
gli analisti strutturali ritengono che l’appartenenza a categorie rifletta
relazioni strutturali profonde97.
Inoltre, l’analisi strutturale rifugge dal considerare esclusivamente i
confini delle reti. Infatti, focalizzando l’attenzione sui network prima
che sui gruppi, tale approccio permette di studiare sia i legami che non
formano gruppi distinti, sia i legami sufficientemente delimitati e
intrecciati capaci di generare forme di relazioni stabili come i gruppi.
In questo modo, se si considera il mondo come una struttura di
network è possibile scoprire complesse gerarchie di potere e non
semplicemente strati distinti. L’analisi strutturale offre uno strumento
capace di comprendere come le relazioni interne ed esterne si
intersecano e si modificano reciprocamente.
Dal punto di vista del metodo, la Social Network Analysis impone
una ridefinizione dell’unità di analisi che diviene pertanto la
“relazione sociale”. In una prospettiva strutturale, la relazione non ha
età, sesso, religione, reddito, attitudini, sebbene essi possano essere
considerati attributi degli individui fra i quali esiste la stessa
96
97
Ivi, p. 29.
Ibidem.
41
relazione98. L’analisi delle relazioni richiede pertanto che siano
sempre tenuti in debito conto i seguenti assunti99:
- i legami tra due persone sono di solito asimmetrici sia nel tipo che
nell’ammontare delle risorse che fluiscono dall’uno all’altro;
- i legami sono di solito reciproci, rappresentando parti stabili di un
sistema sociale;
- i legami possono essere volontari (es. network amicale) o
involontari (es. gruppo di lavoro);
- i legami sono spesso transitivi e pertanto se c’è un legame diretto
da A a B, e da B a C, esiste un’elevata probabilità che il legame
indiretto tra A e C diventi con il tempo un legame diretto;
- i legami sono limitati, nel senso che un individuo non può
mantenere e gestire un numero illimitato di legami;
- i nodi di un network non devono essere necessariamente delle
persone; possono essere gruppi, nazioni, organizzazioni, etc.
2.4 La rete di competenze degli esperti italiani
all’estero
2.4.1 Il percorso metodologico seguito
2.4.1.1 L’oggetto di ricerca: una tipologia di “esperto italiano
all’estero”
Il primo passo compiuto nell’intraprendere la ricerca volta alla
costruzione della rete di esperti italiani all’estero è consistito nella
definizione dell’oggetto di indagine, che in questo caso era
rappresentato dalla rete di relazioni che intercorrono tra una serie di
nodi (esperti italiani all’estero) e dalla mappa delle
conoscenze/competenze condivise dai vari nodi e all’interno degli
stessi micro-reticoli (gruppi di nodi).
98
99
Ibidem.
Ibidem.
42
Nella pratica, tali nodi sono stati identificati nei cosiddetti “esperti
italiani all’estero” ovvero:
attori in possesso di un patrimonio conoscitivo ed esperenziale
concreto e consistente su tematiche, settori, territori legati al
Progetto PPTIE. Tale patrimonio può derivare da esperienze
professionali e lavorative, di studio o di ricerca svolte in
maniera sia “residenziale”, ossia all’interno di organizzazioni o
realtà localizzate direttamente in uno specifico paese estero, sia
“a distanza” cioè nell’ambito di strutture organizzative situate
sul territorio nazionale che tuttavia intrattengono costanti
rapporti con l’estero e/o svolgono prevalentemente attività
legate al tema dello sviluppo locale, della cooperazione
internazionale e dell’internazionalizzazione dei territori italiani.
Partendo da tale definizione, essi sono stati distinti nelle seguenti
tre categorie:
1. Italiani residenti all’estero. Essi sono i rappresentanti di
istituzioni, organizzazioni, imprese, enti e comunità all’estero. In
questo gruppo rientrano sia migranti storici sia persone che si sono
trasferite per un periodo medio-lungo all’estero per motivi
professionali o di studio, come nel caso di un incaricato di affari
dell’Ambasciata o di un ricercatore universitario che partecipa a
un programma di ricerca internazionale.
2. Italiani rientrati in Italia. Questa categoria comprende soggetti
rientrati in Italia – a titolo provvisorio o definitivo – dopo aver
trascorso un periodo considerevole all’estero. In questo caso si
tratta di persone che portano con sé un background consistente sui
territori e i contesti esteri di permanenza.
3. Italiani residenti in Italia. In questo caso si tratta di attori che, pur
non essendo residenti all’estero o non avendovi trascorso un
periodo consistente, svolgono un’attività professionale, lavorativa
e/o di studio focalizzata in prevalenza su temi e problematiche
inerenti la cooperazione internazionale, i partenariati territoriali, lo
sviluppo locale, le comunità degli italiani all’estero, etc., o sui
paesi target del Progetto PPTIE.
43
Tali definizioni sono risultate congeniali a mettere in pratica
l’approccio “dell’equivalenza strutturale”100, tipica di contesti di
ricerca relazionale. Lo scopo di tale tecnica è infatti quello di
individuare un’uniformità di azione che accomuni le persone che
occupano specifiche posizione sociali. Infatti, una volta individuate
tali posizioni è possibile esplorarne le reti di relazioni esistenti. Allo
stesso tempo, l’individuazione di categorie di attori strutturalmente
equivalenti rappresenta la base per identificare ruoli emergenti e
relazioni tra di essi101.
2.4.1.2 Articolazione geografico-territoriale e organizzativa del
contesto di ricerca
L’individuazione delle aree geografiche e dei relativi paesi che
dovessero costituire il contesto territoriale di ricerca della presente
iniziativa, si è fondata essenzialmente su un’attenta lettura dei
materiali prodotti nel corso della prima fase del Progetto PPTIE102.
In questo modo è stato possibile ottenere un risultato, ossia la scelta
di un contesto geografico di riferimento, in linea e coerente con le
esigenze dell’intero progetto e in grado di garantire la continuità da un
lato logico-concettuale, dall’altro operativa delle diverse attività
progettuali.
Pertanto, dallo studio di tale documentazione è stato possibile
estrarre un lista di paesi, ovvero un bacino geografico-territoriale entro
il quale ricercare i possibili attori da coinvolgere nella creazione di
una comunità di esperti italiani all’estero.
Nello specifico, l’articolazione territoriale individuata ha previsto il
coinvolgimento di 7 aree geografiche al cui interno hanno trovato
spazio 27 paesi, come illustrato nel prospetto seguente:
100
Scott J., L’analisi delle reti sociali, NIS, Roma, 1997.
Ibidem.
102
In particolare, sono stati oggetto di analisi sia gli accordi di partenariato
presentati nel corso dei 6 workshop geografici (PPTIE Fase I), sia i contenuti dei
progetti-pilota sviluppati dalle Regioni Ob.1 nel corso di PPTIE Fase II.
101
44
Schema 2.1 – Aree geografiche e Paesi considerati nel contesto di
indagine
America latina:
America del Nord:
Europa:
Argentina
Brasile
Cile
Uruguay
Venezuela
Canada
U.S.A.
Belgio
Francia
Germania
Gran Bretagna
ITALIA
Polonia
Portogallo
Repubblica Ceca
Svizzera
Oceania:
Australia
Nuova Zelanda
Area euromediterranea:
Balcani:
Africa:
Egitto
Israele
Turchia
Albania
Bulgaria
Romania
Etiopia
Senegal
Sud Africa
Una volta individuata la struttura geografica del contesto di
indagine, si è proceduto alla scelta delle strutture organizzative e delle
realtà professionali all’interno delle quali reperire i possibili esperti da
coinvolgere nella ricerca.
Le strutture selezionate presentano finalità, forme organizzative,
contesti di azione anche assai differenziati, tuttavia sono tutte
accomunate da un particolare orientamento verso i temi
dell’internazionalizzazione, della cooperazione internazionale, dello
sviluppo economico, della valorizzazione dei processi migratori, etc.
Nello specifico, esse sono state classificate sulla base della
seguente tipologia:
- Contesto istituzionale. In questa categoria rientrano le strutture
organizzative che presentano una forma e una finalità
prevalentemente istituzionale, come nel caso delle Ambasciate.
Sono stati inseriti in questo gruppo anche gli organismi
internazionali afferenti alla rete delle Nazioni Unite.
- Contesto economico-commerciale. Questa categoria raggruppa
tutte quelle organizzazioni che svolgono in prevalenza funzioni o
45
-
-
-
-
erogano servizi a supporto di attività di natura economicocommerciale, ad esempio l’Istituto per il Commercio Estero (ICE).
Contesto europeo. La presente categoria raccoglie le strutture che,
pur rivestendo un ruolo istituzionale, operano specificatamente nel
contesto della Comunità Europea come ad esempio l’Assemblea
delle Regioni Europee.
Contesto scientifico e della ricerca. In questa categoria rientrano
enti, istituti, laboratori, università, osservatori, comunità
scientifiche che svolgono principalmente attività di studio, di
ricerca e di formazione in diversi contesti di applicazione. Per
esemplificare basti pensare alla rete degli addetti scientifici in
missione presso le Ambasciate.
Contesto associativo. Questa categoria da un lato raccoglie le
organizzazioni finalizzate alla valorizzazione delle risorse
migratorie nonché alla loro assistenza. Rientrano pertanto in
questo gruppo tutte le associazioni – ricreative, religiose,
formative, assistenziali – che ancorano la loro attività intorno alle
problematiche inerenti le comunità di italiani residenti all’estero
come ad esempio la FILEF, l’ANFE o anche le sedi estere dei
patronati sindacali italiani. Dall’altro lato, appartengono a questa
categoria tutte le associazioni volte a diffondere e sostenere la
cultura e le politiche della cooperazione internazionale come le
Organizzazioni Non Governative.
Contesto dei media e dell’informazione. All’interno di questa
categoria sono compresi da un lato i gruppi professionali italiani
che operano nel campo della comunicazione e dell’informazione
in paesi stranieri, ad esempio la rete dei corrispondenti italiani
all’estero; dall’altro le realtà editoriali estere che centrano la loro
attività comunicativa e giornalistica sui temi dell’emigrazione
italiana, ad esempio la rivista pubblicata negli Stati Uniti
“America Oggi”.
Sulla base di questa tipologia sono state selezionate ben 62 realtà
organizzative e professionali all’interno delle quali è stato possibile
reperire i potenziali attori da coinvolgere nel contesto di ricerca
(Allegato 1).
46
2.4.1.3 La popolazione degli “esperti italiani all’estero”
L’analisi di sfondo condotta sul contesto di indagine individuato ha
permesso di rintracciare una porzione consistente della popolazione
che ha composto il “sistema sociale” di analisi della presente ricerca.
Questo tipo di analisi ha seguito i seguenti step operativi:
- individuazione dei contesti organizzativi e professionali
rispondenti alle esigenze di progetto, ove reperire soggetti
interessanti da coinvolgere nel percorso di ricerca;
- analisi della struttura organizzativa e individuazione delle possibili
figure professionali portatrici di conoscenze e competenze utili
alle finalità del Progetto PPTIE;
- conteggio delle figure professionali individuate e ritenute valide;
- campionamento delle unità rilevate.
Attraverso tali operazioni è stato possibile quantificare la
popolazione oggetto103 di studio in 11.375 unità di partenza, le quali
sono poi state scremate, in base a specifici criteri sia quantitativi che
qualitativi, al fine di pervenire all’individuazione del campione
definitivo di ricerca. In particolare, in questa sede si è proceduto
attraverso un campionamento a scelta ragionata, mediante il quale “le
unità campionarie vengono scelte non in maniera probabilistica, ma
sulla base di alcune loro caratteristiche”104. Tale strada era certamente
percorribile di fronte ad una popolazione di persone come quella in
esame, caratterizzata dalla compresenza di gruppi di attori
estremamente popolosi e gruppi assai più ridotti, ognuno
contraddistinto da proprie peculiarità che hanno richiesto di elaborare
criteri di selezione “razionali”105, funzionali ai requisiti di ciascuna
componente della popolazione. In questo modo ogni gruppo,
103
È bene precisare che, considerata l’estensione della definizione di “esperto
italiano all’estero” da cui si è partiti e l’ampiezza del contesto geografico di
riferimento, è possibile affermare che la popolazione individuata con l’analisi di
sfondo non coincida con un universo di indagine “finito”, sebbene ne rappresenti
certamente una porzione estesa e significativa, e che, pertanto, alcune realtà possono
essere sfuggite alla ricognizione sviluppata.
104
Corbetta P., Metodologia e tecniche della ricerca sociale, Il Mulino, Bologna,
1999, pag. 349.
105
Ibidem.
47
presentando requisiti e peculiarità specifiche, è stato considerato come
un micro-reticolo sociale indipendente.
Attraverso tali operazioni è stato possibile pervenire alla
configurazione definitiva del campione di indagine, composto da 1939
unità, corrispondenti al 10,5% circa dell’intera popolazione
individuata.
Nello specifico, come si può osservare dai grafici seguenti, il
maggior numero di unità di rilevazione sono state individuate
all’interno del contesto associativo, poi in quello istituzionale ed
economico-commerciale, mentre l’area geografica maggiormente
rappresentata è costituita dall’Europa.
Grafico 2.1 – Distribuzione delle unità del campione nei diversi
contesti organizzativi e professionali individuati (N)
CONTESTO DEI MEDIA E
DELL'INFORMAZIONE
239
CONTESTO ASSOCIATIVO
CONTESTO EUROPEO
CONTESTO ECONOMICO-COMMERCIALE
CONTESTO ISTITUZIONALE
681
138
CONTESTO SCIENTIFICO E DI RICERCA
55
387
439
48
Grafico 2.2 – Distribuzione delle unità del campione nelle varie aree
geografiche di riferimento (N)
Balcani
30
119
Oceania
98
Africa
Area euromediterranea
34
Europa
430
America del nord
America latina
858
370
2.4.1.4 Tecnica e strumento di rilevazione
Considerati gli obiettivi sperimentali del progetto e la volontà di
mantenere lungo l’intero corso di ricerca e analisi un elevato livello di
scientificità e correttezza metodologica, in questa sede si è deciso di
procedere nella rilevazione in maniera simile all’inchiesta
campionaria, che non a caso presenta diverse caratteristiche strutturali
affini a quelle della presente indagine.
In particolare ciò che in questa sede è stato ripreso dalla tecnica
dell’inchiesta campionaria sono le seguenti finalità106:
- rilevare una quantità consistente di informazioni;
- coinvolgere un numero considerevole di unità di ricerca;
- rivolgersi a unità di ricerca che presentano caratteristiche affini;
- utilizzare una procedura standardizzata di interrogazione;
106
Ibidem.
49
-
studiare le relazioni esistenti tra le variabili indagate e le unità di
ricerca.
In questo modo è stato possibile non soltanto studiare l’esistenza di
un dato fenomeno ma scendere in profondità, individuandone le
origini, i nessi con altri fenomeni, i meccanismi causali.
Operativamente, la rilevazione dei dati è stata realizzata attraverso
il questionario postale autosomministrato107, ovvero compilato
dall’intervistato in autonomia senza la presenza dell’intervistatore.
Tale strumento è stato scelto per i suoi evidenti vantaggi anche se
non è possibile sottovalutare alcuni aspetti critici.
Innanzitutto il questionario postale permette un’elevata flessibilità
d’uso, garantendo la possibilità di raggiungere, contemporaneamente e
a costi contenuti, intervistati dispersi sul territorio nazionale e
internazionale.
Altrettanto evidente è pero il limite principale di questa tecnica,
ovvero la possibilità che l’intervistato compia errori di compilazione
per inesperienza o incomprensioni.
Un secondo limite è rappresentato dall’autoselezione dei
rispondenti. In genere infatti aderiscono più facilmente a tale forma di
indagine le persone più motivate. Se ciò non rappresenta un problema
nell’ambito dei campioni casuali, nel caso di campioni rappresentativi
si possono generare delle distorsioni significative. La selezione non
orientata dal ricercatore dei rispondenti può infatti inficiare il grado di
rappresentatività dei dati rilevati, impedendone la generalizzazione al
resto della popolazione di indagine.
Ne deriva dunque che il problema centrale dei questionari postali
autocompilati è rappresentato dal tasso di mortalità delle risposte: non
è affatto semplice riuscire a superare il 50% di questionari
compilati108. Tuttavia Earl R. Babbie afferma che nell’indagine
campionaria ciò che veramente conta è “la non distorsione del
campione” piuttosto che la presenza di un campione assai
numeroso109.
107
Il questionario è stato spedito in tre lingue (italiano, inglese e spagnolo). Al fine
di rendere più articolata la possibilità di risposta al questionario, è stata sviluppata
una versione elettronica dello stesso, accessibile online direttamente dal sito
ufficiale del Progetto PPTIE: www.pptie.org
108
Corbetta P., op. cit..
109
Babbie E.R., The Practice of Social Research, Wadsworth, Belmont, 1979.
50
In questa sede, pertanto, pur nella consapevolezza delle
problematiche connesse a questo tipo di strumento di rilevazione, si è
scelto di adottarlo perchè in grado di soddisfare le seguenti esigenze di
indagine:
- raggiungere destinatari altamente distribuiti a livello geografico e
organizzativo;
- riuscire a ottenere risposte soltanto da persone realmente motivate
e interessate al progetto (l’obiettivo finale non era il numero di
attori coinvolti bensì la loro qualità e pertinenza rispetto alle
finalità di progetto);
- raggiungere rispondenti appartenenti a un determinato “sistema
sociale” (quello degli esperti italiani all’estero) che possano agire
da un lato come rappresentati di una data categoria sociale,
evidenziandone caratteristiche, relazioni e competenze, dall’altro
come “ponti” per arrivare al resto della popolazione, prevedendo
fasi successive di espansione del gruppo iniziale individuato
attraverso l’impiego di una metodologia di ricerca consolidata.
Il questionario costruito per la presente rilevazione è stato elaborato
al fine di raccogliere la seguente tipologia di dati:
- Dati relazionali (Relational Data). Concernono i contatti, i legami
e le connessioni, che collegano un individuo o un’organizzazione
ad un altro nodo e, pertanto, si riferiscono a più di una persona o a
più di una struttura.
- Dati qualitativi (Attribute Data). Riguardano conoscenze,
competenze e opinioni di ciascun individuo intervistato.
Risulta chiaro in questa sede che l’interesse maggiore era rivolto ai
dati relazionali, che forniscono più dettagliatamente indicazioni in
merito alla struttura di un possibile network.
Lo strumento di rilevazione quindi intendeva raccogliere
informazioni approfondite sui seguenti aspetti:
- esistenza di relazioni tra i nodi del campione di analisi;
- presenza di gruppi (tematici e geografici) e sotto-gruppi;
- forma
delle
relazioni
(simmetriche/asimmetriche,
reciproche/unidirezionali, etc.);
- articolazione delle conoscenze e delle competenze detenute dalle
unità di ricerca.
51
Partendo da tali premesse, è stato costruito un questionario
articolato in 4 sezioni110 tematiche che hanno previsto
complessivamente 26 domande. Esse sono state suddivise in
interrogativi a risposta chiusa, alle quali l’intervistato poteva
rispondere scegliendo tra le diverse opzioni di risposta disponibili e
domande a risposta aperta, alle quali veniva lasciato ai soggetti
interpellati la possibilità di esprimere con parole proprie la loro
opinione sul tema proposto.
2.4.2 I risultati della ricerca
2.4.2.1 Il modello di analisi
Partendo da un campione di attori che non hanno conoscenza
reciproca ma che sono stati scelti sulla base del ruolo professionale
ricoperto e dell’attinenza delle loro aree di attività rispetto agli
obiettivi del Progetto PPTIE, l’elaborazione dei dati ha avuto lo scopo
110
Di seguito sono descritte le 4 sezioni del questionario. SEZIONE 1 – DATI
SOCIO ANAGRAFICI. Questa sezione del questionario era finalizzata a raccogliere
alcuni dati utili a elaborare in maniera più mirata le informazioni raccolte nelle
sezioni successive. In particolare, essa intendeva circoscrivere i territori di residenza
e il livello di mobilità geografica degli intervistati, nonché le caratteristiche socioanagrafiche del campione di ricerca. SEZIONE 2 – ATTUALE CONDIZIONE
PROFESSIONALE DELL’INTERVISTATO. Le domande di questa sezione erano
volte a ricostruire l’attuale condizione professionale degli intervistati, nonché la
trama delle relazioni professionali e lavorative all’interno delle quali egli si inserisce
e opera. SEZIONE 3 – LE FONTI DI CONOSCENZA. Le domande di questa
sezione erano dedicate a rilevare modalità, strumenti e fonti utilizzate dagli
intervistati nella vita professionale a supporto del lavoro svolto. SEZIONE 4 –
VERIFICA DELLA DISPONIBILITA’ DELL’INTERVISTATO A SUCCESSIVI
CONTATTI. Infine, in questa parte si chiedeva all’intervistato/a di chiarire il
proprio livello di disponibilità a seguire e a partecipare alle diverse iniziative
previste dal Progetto PPTIE. Essa pertanto era finalizzata a verificare il livello di
interesse e attenzione da parte dei soggetti nei confronti dell’iniziativa in corso.
52
di descrivere le caratteristiche strutturali del gruppo di rispondenti, i
possibili legami che intercorrono tra gli attori, la rilevanza del loro
know how rispetto alle finalità progettuali, la loro rete di relazioni
professionali interna ed esterna alla propria organizzazione di
appartenenza, al fine di generare una rete di soggetti possessori di
determinate caratteristiche, accomunati da affinità di natura
professionale, lavorativa e, per certi versi, territoriale.
Figura 2.1 – Modello logico-concettuale per la costruzione della rete
di esperti
Affinità
Legami
Gruppi
omogenei
Reticolo
degli
esperti
Operativamente il processo di elaborazione dei dati si è composto
di due momenti principali:
1. costruzione del code-book e delle matrici-dati;
2. elaborazione dei dati mediante tecniche quantitative e di Social
Network Analysis.
Il Codebook e la matrice-dati per l’analisi dei dati
La matrice per l’analisi dei dati consiste in uno schema rettangolare
“casi per variabili” contenente tutte le informazioni raccolte attraverso
il questionario. Essa rappresenta lo strumento di partenza per
procedere all’analisi e quindi all’elaborazione dei dati attraverso
l’utilizzo di specifici software per la ricerca sociale.
In questa sede la matrice è stata costruita riportando in colonna le
variabili di indagine e in riga i singoli casi, ovvero i rispondenti. In
questo modo leggendo la singola colonna è possibile visionare tutte le
risposte date dai vari intervistati a una specifica domanda, mentre ogni
singola riga riporta tutte le risposte di uno stesso intervistato.
53
Nello specifico, l’operazione di inserimento del materiale empirico
grezzo – i questionari – in una matrice di dati, si è articolata nelle
seguenti fasi:
- Definizione del tracciato record. Serve a stabilire la posizione di
ogni variabile nella matrice dati (ad esempio la variabile “genere”
si trova nella quarta colonna della matrice dei dati);
- Processo di codifica. Tale procedura assegna ad ogni modalità di
ogni variabile un valore numerico (ad esempio per la variabile
“genere”, il valore “1” sta per “uomo” e il valore “2” sta per
“donna”). Il risultato del processo di codifica è un documento
denominato codebook;
- Immissione dei dati (data entry). In questa fase, la matrice di dati
numerica viene trasferita su supporto informatico⇒file dei dati;
- Trasformazione della matrice rettangolare in una serie di matrici
quadrate utili all’analisi relazionale. In questa fase la matrice dati
originaria contenente tutte le informazioni raccolte tramite il
questionario per ciascun rispondente, viene trattata e trasformata
in matrici di incidenza e poi di adiacenza sulla quali poter
applicare le tecniche di Social Network Analysis.
Tecniche di elaborazione dei dati
L’elaborazione dei dati raccolti con il questionario ha seguito un
percorso di analisi piuttosto articolato e complesso, volto a portare alla
luce una molteplicità di risultati e di contenuti funzionali a individuare
l’articolazione completa della rete degli esperti italiani all’estero.
Il primo passo compiuto è consistito nell’analisi descrittiva dei dati.
Tale analisi, condotta con il Software SPSS 13111, ha permesso di
sviluppare la matrice-dati (casi per variabili), di archiviare e di
etichettare i dati, nonché di rilevare le tendenze aggregate del
campione di rispondenti, evidenziando la natura delle variabili
strutturali portanti. Questa fase ha gettato le basi per la successiva
analisi relazionale dei dati. Infatti partendo dai risultati quantitativi del
campione è stato possibile individuare in maniera più mirata gli
attributi sui quali concentrare l’analisi relazionale, ovvero le variabili
centrali in base alle quali studiare e pertanto strutturare le “affinità” tra
le unità di ricerca.
111
SPSS - Statistical Package for the Social Sciences: http://www.spss.com/.
54
In particolare, in questa fase è stata sviluppata un’analisi
monovariata delle variabili riguardanti le caratteristiche socioanagrafiche degli intervistati, la condizione professionale e le relazioni
lavorative con il contesto organizzativo esterno, la mobilità geografica
e territoriale, le aree di competenza e la partecipazione a eventi e
progetti affini alle tematiche del Programma PPTIE.
Successivamente all’analisi descrittiva si è entrati nel vivo
dell’analisi relazionale dei dati. Essa è stata finalizzata a comprendere
la presenza o meno di affinità sulla base delle quali costruire una rete
di legami tra gli attori individuati.
In questo caso, mediante l’utilizzo dei software dedicati alla Social
Network Analysis UCINET 6112 e AGNA 2.1113, è stato possibile
costruire una serie di grafi rappresentativi delle reti di affinità presenti
nel campione indagato.
L’invenzione di rappresentazioni grafiche di reticoli rilevati
empiricamente si deve all’opera di Jacob L. Moreno, il quale ha
portato all’attenzione degli studiosi delle reti la capacità descrittiva
delle illustrazioni visive. Come afferma Urie Bronfenbrenner lo scopo
del sociogramma o grafo è proprio quello di offrire all’osservatore la
possibilità di determinare velocemente lo status di un qualunque nodo
del reticolo, di ottenere indicazioni in merito alle combinazioni di
individui, raggruppamenti e fratture in cui può essere suddivisa l’unità
sociale114.
Operativamente, partendo dalla matrice casi per variabili originaria,
si è proceduto alla costruzione delle matrici di incidenza (casi per
affiliazioni o n*m) utili a realizzare l’analisi relazionale dei dati.
Le matrici di incidenza elaborate presentano una forma rettangolare
e riportano in riga i casi (gli intervistati) e in colonna le affiliazioni
prescelte per la Social Network Analysis.
In questa sede, le variabili prese in considerazione come fonti di
affiliazione sono state le seguenti:
- nazioni di residenza attuale e precedenti;
- organizzazione/i di appartenenza;
- aree di competenza;
- conoscenza e rapporti con altri “esperti italiani all’estero”.
112
UCINET: http://www.analytictech.com/ucinet.htm.
AGNA: www.geocities.come/imbenta/agna
114
Chiesi A.M., L’analisi dei reticoli, Franco Angeli, Milano, 1999.
113
55
A tal proposito, lo schema seguente descrive i contenuti delle
singole variabili, ossia gli aspetti peculiari che caratterizzano i fattori
individuati, e il tipo di connessione, ovvero l’ambito di applicazione al
quale si riferiscono le affiliazioni.
Schema 2.2 – Le variabili di affinità tra gli esperti della rete
Variabili
Contenuti
Tipo di
affiliazione
Condizione e profilo Professionale
Aree di competenza
professionale
Organizzazione/i di
appartenenza
Legami con altri esperti
Rapporti e relazioni
Relazionale
italiani all’estero
esterne
Territori
Focalizzazione
Contestuale
geografica
Utilizzando tali variabili, sono state pertanto costruite le seguenti
matrici di incidenza:
1. matrice rispondenti per nazioni di residenza attuale e precedenti;
2. matrice rispondenti per organizzazione/i di appartenenza;
3. matrice rispondenti per competenze possedute.
Tali matrici riportano in cella un valore che indica l’assenza (0) o la
presenza (1) dello specifico elemento considerato per ciascun
intervistato (caso) come descritto nello schema seguente.
Schema 2.3 – Esempio di matrice di incidenza
FRANCIA BRASILE
ARGENTINA
CASO 1
0
0
1
CASO 2
1
1
0
CASO 3
1
1
1
CASO 5
0
1
0
CASO 6
1
0
1
…
…
56
A questo punto si è proceduto alla trasformazione delle matrici di
incidenza nelle corrispondenti matrici di adiacenza (caso-per-caso n*n
o affiliazione-per-affiliazione m*m) sulla cui base è stato possibile
trarre le informazioni essenziali in merito ai legami tra gli intervistati.
Nella prima matrice, sia in riga che in colonna vengono riportati i casi
e le celle mostrano se le singole coppie di casi sono legate o meno da
una affiliazione (es. 0 assenza – 1 presenza); la seconda invece riporta
sia in riga che in colonna l’affiliazione e pertanto nella cella viene
indicato se le coppie di affiliazione sono legate per mezzo di attori
comuni (il numero nella cella può indicare il numero preciso di attori
da 0 a n).
In particolare sono state prodotte le seguenti matrici di adiacenza:
1. Dalla matrice di incidenza “rispondenti per nazioni di residenza” è
stata prodotta una matrice caso per caso che indica il numero di
nazioni che hanno in comune le singole coppie di intervistati. Tale
matrice presenta una forma simmetrica con dati numerici orientati
reciprocamente. I valori diagonali sono stati considerati nulli.
2. Dalla matrice di incidenza “rispondenti per organizzazioni di
appartenenza” è stata sviluppata una matrice caso per caso che
indica il numero di organizzazioni che le singole coppie di
rispondenti hanno in comune. Tale matrice presenta una forma
simmetrica con dati numerici orientati reciprocamente. I valori
diagonali sono stati considerati nulli.
3. Dalla matrice di incidenza “rispondenti per competenze detenute”
sono state prodotte una matrice caso per caso che indica il numero
di competenze in comune tra coppie di intervistati, e una matrice
affiliazione per affiliazione che riporta il numero di intervistati
presenti in ciascuna coppia di competenze. Entrambe le matrici di
adiacenza presentano una forma simmetrica con dati numerici
orientati reciprocamente. I valori diagonali sono stati considerati
nulli.
Per l’ottenimento delle matrici di adiacenza si è ricorso alle
seguenti operazioni di algebra matriciale:
- Le matrici caso per caso sono state ottenute moltiplicando la
matrice di incidenza iniziale per la sua trasposta secondo la
seguente equazione: Y=XX’.
57
-
La matrici affiliazione per affiliazione sono state ottenute
moltiplicando la matrice di incidenza trasposta per la matrice
stessa secondo la seguente equazione: Y=X’X.
Una volta costruite le matrici di adiacenza si è quindi proceduto
alla elaborazione dei dati. È bene precisare che uno dei pregi della
Social Network Analysis consiste proprio nella molteplicità degli
output di analisi che possono essere generati. Infatti, se l’unità di
analisi presa in considerazione riguarda un’affinità, da cui ne discende
un collegamento tra due o più nodi, ciò significa che essa può essere
analizzata da tre punti di vista distinti ma complementari115:
- quello dei singoli nodi (gli esperti);
- quello degli specifici gruppi omogenei;
- quello della rete nel suo complesso.
In questo modo è stato possibile analizzare i profili di interazione
di ogni singolo attore, la struttura relazionale di specifici gruppi di
persone, l’articolazione relazionale del reticolo nel suo complesso.
Le indagini empiriche di tipo reticolare permettono infatti di
studiare una quantità elevata di differenti legami sociali da rendere
difficile la formulazione di una tipologia esaustiva116. La relazione
sociale può essere, dunque, definita come: the collection of ties of a
specific kind among members of a group […] a relation refers to the
collection of ties of a given kind measured on pairs of actors from
specified actor set117.
2.4.2.2 I rispondenti: alcune riflessioni generali
Complessivamente hanno accettato di rispondere al questionario
autosomministrato inviato 89 attori appartenenti al campione di esperti
italiani all’estero individuato. Di questi, 8 si sono dichiarati “non
interessati” ad aderire a ulteriori iniziative del progetto, mentre 81
115
Trobia A., La ricerca sociale quali-quantitativa, Franco Angeli, Milano, 2005.
Forse M, Tronca L., op. cit.
117
Ivi, p. 153.
116
58
hanno espresso la loro disponibilità a prendere parte alle attività
progettuali.
Se ad una prima osservazione tale dato può risultare esiguo e, per
certi versi, considerata la numerosità dell’universo e del campione
iniziali, deludente nella pratica esso è tutt’altro che insignificante.
Infatti, bisogna tenere presente da un lato le criticità connesse alla
strategia
di
rilevazione
prescelta
(questionario
postale
autosomministrato), dall’altro gli obiettivi del progetto che non erano
quelli di fornire una mera descrizione quantitativa della popolazione
target, bensì di utilizzare gli strumenti della ricerca sociale per
selezionare un gruppo di attori motivati e interessati al progetto, sulle
cui caratteristiche relazionali progettare una rete di competenze che
funzionasse come supporto alla capacity building delle Regioni Ob.1.
In questa prospettiva, dunque, il risultato di 81 individui è
assolutamente significativo in quanto rappresenta un gruppo iniziale,
pilota, sul quale è stato possibile sperimentare una metodologia di
progettazione e costruzione di reti di competenze sviluppata intorno a
persone che presentano le seguenti caratteristiche:
- possesso di un profilo professionale, organizzativo e territoriale in
linea con l’orientamento complessivo del progetto;
- elevato livello di interesse verso l’iniziativa proposta;
- motivazione e disponibilità a far parte e interagire all’interno di
una comunità di pratica costituita da persone caratterizzate da
competenze, aree professionali e di interesse, appartenenze
geografiche affini e correlate.
A livello aggregato, infine, il gruppo di intervistati è composto in
prevalenza da uomini (78,7%), le donne al contrario hanno una
rappresentanza piuttosto esigua (21,3%).
L’età media è di 48,5 anni (min. 30 anni, max 73 anni) e il livello
di istruzione è alto. Infatti, il 31,4% del campione è laureato e ben il
47,7% ha conseguito un titolo di studio post lauream.
59
2.4.2.3 La provenienza geografica e la mobilità territoriale degli
esperti
Poiché lo scopo del Progetto PPTIE era quello di individuare un
gruppo selezionato di esperti italiani all’estero, risulta chiaro il perché
la grande maggioranza dei rispondenti sia nata in Italia e abbia
pertanto nazionalità “italiana”.
Tabella 2.1 – Nazione di nascita dei rispondenti
N
Italia
55
Argentina
11
Brasile
3
U.S.A.
3
Canada
2
Svizzera
2
Uruguay
2
Germania
1
Senegal
1
Tunisia
1
Totale
81
%
67,9
13,6
3,7
3,7
2,5
2,5
2,5
1,2
1,2
1,2
100,0
Come si può osservare dal grafico seguente la provenienza
regionale degli esperti nati in Italia è assai articolata. È possibile
affermare quindi che sebbene il focus del progetto sia rappresentato
dalle Regioni Ob.1, ciò non ha costituito un vincolo al coinvolgimento
di attori con origini regionali diverse .
In particolare, le regioni maggiormente rappresentate sono la
Sicilia e la Lombardia.
60
Grafico 2.3 – Regione di nascita degli esperti nati in Italia (N)
8
SICILIA
6
5
5
LAZIO
4
4
4
4
TOSCANA
PUGLIA
2
2
2
VENETO
EMILIA ROMAGNA
PIEMONTE
FRIULI VENEZIA GIULIA
ABRUZZO
1
1
1
1
1
1
Analogamente si registra un elevato livello di eterogeneità anche
nella distribuzione degli esperti nati all’estero per regione italiana di
origine. Essi si spalmano su ben 15 regioni italiane.
Andando avanti con l’analisi, i dati mostrano tuttavia che una quota
consistente di intervistati, ben il 52% circa, attualmente risiede in una
nazione diversa da quella di origine.
Anche relativamente a questo dato, come si può osservare dalle
tabelle successive, gli esperti intervistati presentano una distribuzione
assai articolata a livello geografico.
61
Tabella 2.2 – Nazione di residenza dei rispondenti
N
Italia
19
Argentina
12
Canada
7
Brasile
6
U.S.A.
6
Germania
5
Regno Unito
4
Belgio
3
Svizzera
3
Uruguay
3
Australia
2
Etiopia
2
Francia
2
Egitto
1
Olanda
1
Perù
1
Polonia
1
Repubblica Ceca
1
Senegal
1
Tunisia
1
Totale
81
%
23,5
14,8
8,6
7,4
7,4
6,2
4,9
3,7
3,7
3,7
2,5
2,5
2,5
1,2
1,2
1,2
1,2
1,2
1,2
1,2
100,0
Grafico 2.4 – Area geografica di residenza (%)
NORD
AMERICA; 16,0
AFRICA; 3,7
AMERICA
LATINA; 27,2
AREA
EUROMEDITER
RANEA; 2,5
EUROPA; 48,1
OCEANIA; 2,5
62
Per quanto riguarda la natura dell’attuale residenza degli esperti, è
bene sottolineare che essa rappresenta una sede definitiva per la gran
parte di essi (86,4%), mentre per il 13,6% degli intervistati si tratta di
una permanenza temporanea.
Per approfondire il livello di mobilità territoriale e la propensione
agli spostamenti degli intervistati, è stato chiesto loro di indicare se
avessero risieduto altrove in precedenza per un periodo superiore ai 6
mesi. Una quota significativa di attori (37,5%) ha risposto in maniera
affermativa a tale domanda. Nello specifico le nazioni indicate sono
riportate nella tabella che segue.
63
Tabella 2.3 – Nazioni di residenza precedenti a quelle attuali118
N
%
Italia
8
27,6
Regno Unito
5
17,2
U.S.A.
5
17,2
Francia
4
13,8
Spagna
3
10,3
Argentina
2
6,9
Belgio
2
6,9
Canada
2
6,9
Svizzera
2
6,9
Zimbabwe
2
6,9
Burundi
1
3,4
Danimarca
1
3,4
El Salvador
1
3,4
Iraq
1
3,4
Irlanda
1
3,4
Lussemburgo
1
3,4
Portogallo
1
3,4
Repubblica Popolare
1
3,4
Scozia
1
3,4
Singapore
1
3,4
Totale
45
155,2
Nella maggior parte dei casi, gli spostamenti precedenti sono stati
di natura professionale (82,8%) necessari a far fronte a esigenze
lavorative e organizzative.
Una riflessione particolare va fatta sul gruppo di rispondenti
residenti in Italia la cui presenza tra gli attori selezioni per la rete
potrebbe, di primo acchito, risultare poco attinente rispetto al più
ampio obiettivo del progetto, che era quello di sviluppare una
comunità di esperti italiani “all’estero”.
118
I risultati si riferiscono a una domanda definita “multiple response”, ovvero una
domanda alla quale l’intervistato può dare più di una risposta. Pertanto, poiché il
totale delle risposte supera il totale dei rispondenti, il risultato aggregato produce
una percentuale maggiore al 100%.
64
Come è noto se si riprende la tipologia di esperto italiano all’estero
costruita a monte, all’interno di tale classificazione rientrano anche
coloro che pur operando in Italia hanno comunque una conoscenza
approfondita delle nazioni estere e di tematiche internazionali.
Pertanto se a sostegno della pertinenza di questi attori, a entrare a
fare parte delle rete di partenariato all’estero, da un lato esiste una
categoria teorico-concettuale elaborata ad hoc che giustifica il loro
coinvolgimento, dall’altro gli stessi dati raccolti dimostrano la
rilevanza della loro presenza all’interno del gruppo analizzato.
Osservando la tabella seguente, si evidenzia infatti che tra coloro
che attualmente operano in Italia è presente una percentuale più
elevata (26,7% contro il valore medio del gruppo che è di 23,8%) di
attori che in precedenza hanno risieduto altrove, dimostrando una
spiccata propensione per la dimensione internazionale. Essi sono
pertanto portatori di un patrimonio di conoscenze significativo in
merito a territori e contesti esteri.
I dati sulla provenienza geografica e la mobilità territoriale
permettono, inoltre, di classificare gli intervistati in base alla tipologia
di “esperto italiano all’estero” costruita come oggetto di studio della
presente ricerca e che ha rappresentato il principale filtro di selezione
per individuare la popolazione di indagine.
Osservando il grafico seguente, emerge che il gruppo degli “italiani
residenti all’estero” è il più consistente, mentre circa il 23% restante si
divide tra gli “italiani residenti in Italia” e gli “italiani rientrati in
Italia”.
65
Tabella 2.4 – Relazione tra la nazione di residenza attuale e gli
spostamenti precedenti (%)
Ha risieduto in precedenza altrove?
Nazione di residenza
Sì
No Totale marginale di riga
Argentina
13,3 16,0
15,0
Australia
0,0
4,0
2,5
Belgio
6,7
2,0
3,8
Brasile
10,0
6,0
7,5
Canada
3,3 12,0
8,8
Egitto
0,0
2,0
1,3
Etiopia
3,3
2,0
2,5
Francia
3,3
2,0
2,5
Germania
0,0
8,0
5,0
Italia
26,7 22,0
23,8
Olanda
0,0
2,0
1,3
Perù
0,0
2,0
1,3
Polonia
3,3
0,0
1,3
Regno Unito
10,0
2,0
5,0
Repubblica Ceca
0,0
2,0
1,3
Senegal
3,3
0,0
1,3
Svizzera
3,3
4,0
3,8
Tunisia
3,3
0,0
1,3
Uruguay
3,3
4,0
3,8
U.S.A.
6,7
8,0
7,5
Totale (N)
30
50
80
66
Grafico 2.5 – Distribuzione degli intervistati in base alla tipologia di
“esperto italiano all’estero” (valori %)
76,5
13,6
9,9
Italiani residenti
all'estero
Italiani rientrati in Italiani residenti in
Italia
Italia
2.4.2.4 Il reticolo geografico
Applicando l’analisi relazionale alla variabile geografica è stato
possibile elaborare la configurazione della rete degli esperti a livello
territoriale.
Nello specifico per la costruzione del reticolo si è proceduto
mettendo in relazione gli esperti in base all’affinità territoriale: ovvero
la provenienza dalla stessa nazione di residenza. In questo modo è
stato possibile distinguere gli esperti in gruppi territoriali.
0ltre a ciò si è tenuto conto anche delle residenze precedenti a
quella attuale, le quali sono state utilizzate per verificare l’esistenza di
connessioni tra esperti al momento non residenti nello stesso paese.
L’ipotesi assunta è stata quella di considerare le esperienze precedenti
come parte del patrimonio di competenze sul piano geografico
67
detenuto dagli intervistati, sulla base del quale poter individuare
legami e possibilità di condivisione tra gi stessi esperti.
In questa prospettiva, gli intervistati caratterizzati dalla conoscenza
di diversi paesi stranieri sono stati considerati come dei possibili
“ponti” tra gruppi di esperti territoriali, ovvero punti di congiunzione
tra diverse realtà geografiche.
Se si osserva il grafo seguente119, risultato di una matrice di
adiacenza fondata su dati “orientati reciprocamente”, è possibile
visualizzare i gruppi geografici nonché la presenza di svariate
connessioni tra gli attori dipendenti, come osservato anche in
precedenza, dall’alto grado di mobilità geografica che caratterizza
questo campione di intervistati.
119
Per la costruzione di questo grafo è stata utilizzata la funzione di UCINETNetdraw: Graph-theoretic Layout/Spring embedding. La procedura matematica
utilizzata è basata sulla tecnica del Multi Dimensional Scaling. Le linee del grafo
presentano una forma bidirezionale. Per semplificare la visibilità del grafo si è
preferito non indicare il livello di intensità dei legami, ovvero il numero di territori
che ciascuna coppia di intervistati ha in comune.
68
69
Grafo 2.1 – Reticolo delle relazioni tra esperti su base territoriale
Tabella 2.5 – Statistiche descrittive relative al grafo 2.1120
Numero di nodi
81
Numero di connessioni
1226
Densità
0.18919753
Osservando le statistiche del grafo 2.1, emerge che non si tratta di
un reticolo altamente integrato (la densità è pari a 0.19). Ciò è la
conseguenza dell’elevato livello di distribuzione degli esperti tra una
molteplicità di territori stranieri.
I gruppi di esperti che risultano staccati dalla rete centrale possono
essere definititi “componenti”, ovvero sottografi disconnessi dal grafo
di cui fanno parte121. Essi sono composti da nodi (esperti) che
risiedono e hanno risieduto in paesi diversi rispetto alle nazioni di
residenza prevalenti nel resto del campione, sulla cui base è stato
invece possibile costruire delle situazioni di affinità e condivisione. I
nodi di una componente presentano pertanto relazioni soltanto
internamente al gruppo cui appartengono.
2.4.2.5 La condizione professionale degli esperti
Gli esperti individuati svolgono la loro professione attuale in media
da circa 15 anni (min. 1 anno, max 46 anni).
Scendendo ad un maggior livello di dettaglio è possibile
distinguere gli intervistati in quattro categorie a seconda dell’anzianità
professionale detenuta.
Nello specifico la classificazione costruita è la seguente:
- Bassa anzianità professionale (da 1 a 3 anni).
- Medio-bassa anzianità professionale (da 4 a 10 anni).
- Medio-alta anzianità professionale (da 11 a 20 anni).
- Alta anzianità professionale (da 20 a 45 anni).
120
121
Tali statistiche sono state calcolate mediante il software AGNA 2.1.
Chiesi A.M., op. cit.
70
Osservando il grafico sottostante, è possibile quindi evidenziare
l’elevata esperienza professionale che caratterizza gli attori
individuati, che testimonia la presenza di un gruppo di esperti dotato
di un solido e significativo profilo lavorativo.
Grafico 2.6 – L’anzianità professionale degli esperti (valori %)
25,3
26,6
29,1
19,0
Bassa
Medio-bassa
Medio-alta
Alta
Come già osservato in precedenza, analizzando il campione nel suo
complesso, gli esperti selezionati, nella maggior parte dei casi,
svolgono la loro professione come “lavoratori dipendenti” e pertanto
operano principalmente all’interno di una specifica organizzazione.
71
Grafico 2.7 – Condizione professionale degli esperti (valori %)
Lavoratore dipendente
26,3
Libero professionista/lav. autonomo
Collaboratore contin. progetti
temporanei
Imprenditore
65,0
6,3
2,5
Nel dettaglio gli esperti ricoprono svariati ruoli professionali122.
Come si può osservare si tratta in tutti i casi di posizioni lavorative di
elevato livello ed estremamente interessanti rispetto agli obiettivi del
progetto.
122
I ruoli professionali individuati sono stati definiti sulla base delle informazioni
fornite dagli intervistati e tengono conto principalmente della prima organizzazione
di appartenenza indicata dagli esperti. Infatti i rispondenti potevano segnalare fino
ad un massimo di tre organizzazioni con le quali collaborano regolarmente. Per
esigenze di sistematizzazione in questa sede sono state definite delle categorie
professionali che permettessero un’analisi quantitativa dei dati ma è bene
sottolineare che in diversi casi gli esperti svolgono una professione più articolata e
operano all’interno di molteplici contesti organizzativi (Allegato 2).
72
Tabella 2.6 – Ruoli professionali svolti dagli esperti
Professore/ricercatore universitario
Funzionario pubblico (Ministero/Rete diplomatica)
Dirigente sindacale
Funzionario CCIA
Addetto di Enti per l’internazionalizzazione e lo
sviluppo economico/industriale
Rappresentate Associazioni di italiani
Giornalista/operatore del settore informazione e
comunicazione
Funzionario di Organizzazioni
Dirigente azienda/Consulente aziendale
Docente di Scuole italiane all'estero
Funzionario pubblico (Regioni/Province/Comuni)
Totale
N
%
19 23,5
9 11,1
8 9,9
8 9,9
8
9,9
7
6
8,6
7,4
6
7,4
4
4,9
4
4,9
2
2,5
81 100,
Nella maggior parte dei casi (71,6%) gli esperti operano all’interno
di una specifica organizzazione, anche se non può essere sottovalutato
il 18,5% e il 9,9% di intervistati che lavorano rispettivamente per tre e
due realtà organizzative contemporaneamente.
Tabella 2.7 – Numero di organizzazioni cui afferiscono gli esperti
regolarmente
N
%
1 Organizzazione
58
71,6
2 Organizzazioni
8
9,9
3 Organizzazioni
15
18,5
Totale
81
100,0
Le organizzazioni di appartenenza degli esperti sono molteplici e
riguardano ambiti professionali eterogenei.
73
Tabella 2.8 – Le organizzazioni presso le quali operano gli esperti123
N
%
Organismo internazionale
3
3,8
Organizzazione europea
2
2,5
Istituto di cultura
3
3,8
Organizzazione della. rete
6
7,5
diplomatica/rappresentanze istituzionali
Ministero/organismo statale
7
8,8
Ente regionale pubblico
2
2,5
Ente locale pubblico (Provincia, Comune, etc.)
3
3,8
ONG/organizzazione senza scopo lucro
8
10,0
Associazione di italiani all’estero
5
6,3
Associazione di imprenditori/di categoria
4
5,0
Sindacato/associazione di lavoratori
8
10,0
Camera di commercio
8
10,0
Università/istituto di ricerca
23
28,8
Centro/istituto formazione
3
3,8
Ente/agenzia per internazionalizzazione e sviluppo
6
7,5
economico
Organizzazione dell’informazione e
10
12,5
Impresa
12
15,0
Altro
5
6,3
Totale
118
147,5
Per approfondire la conoscenza in merito al profilo professionale
dei soggetti intervistati, è stato chiesto loro di specificare se fossero
iscritti a uno o più Albi professionali. Dall’analisi è risultato che quasi
più di un terzo degli esperti appartiene a un Albo professionale
(36,5%).
123
I risultati si riferiscono a una domanda definita “multiple response”, ovvero una
domanda alla quale l’intervistato può dare più di una risposta. Pertanto, poiché il
totale delle risposte supera il totale dei rispondenti, il risultato aggregato produce
una percentuale maggiore al 100%.
74
2.4.2.6 Il reticolo professionale e organizzativo
L’organizzazione di appartenenza ha costituito un’altra variabile
chiave sulla quale è stata condotta un’analisi relazionale del campione
degli esperti.
Essi infatti sono stati messi in collegamento sulla base della
provenienza organizzativa, nel tentativo di identificare gruppi
professionali omogenei e relazioni tra gli stessi.
Per svolgere questo tipo di analisi è stata costruita una matrice di
adiacenza, in base alla quale la relazione tra gli esperti è stata definita
dall’appartenenza allo stesso tipo di organizzazione lavorativa.
Poiché molti intervistati operano nell’ambito di diversi contesti
professionali, l’eventuale relazione tra due soggetti è stata impostata
in modo da tenere conto del numero di organizzazioni comuni.
Pertanto il grafo124 del reticolo professionale e organizzativo (Grafo
2.2) è basato su dati “orientati reciprocamente con valori numerici”.
L’intensità del legame è determinato dunque dalla somma dei contesti
organizzativi condivisi dai nodi collegati.
124
Per la costruzione di questo grafo è stata utilizzata la funzione di UCINETNetdraw: Graph-theoretic Layout/Spring embedding. La procedura matematica
utilizzata è basata sulla tecnica del Multi Dimensional Scaling. Le linee del grafo
hanno una forma bidirezionale. Per semplificare la visibilità del grafo si è preferito
non indicare il livello di intensità dei legami, ovvero il numero di organizzazioni di
appartenenza che ciascuna coppia di intervistati ha in comune.
75
76
Grafo 2.2 – Reticolo delle relazioni tra esperti in base all’appartenenza organizzativa
Tabella2.9 – Statistiche descrittive relative al grafo 2.2125
Numero di nodi
81
Numero di connessioni
902
Densità
0.13919753
Come per il reticolo geografico, anche la densità della rete basata
sulla affinità professionale presenta un livello ridotto (0.14). In questo
caso ciò è il risultato dell’elevata distribuzione degli intervistati in una
molteplicità di contesti organizzativi presi in considerazione perché di
interesse per le finalità del progetto.
Tuttavia se si osserva il grafo 2.2 risulta comunque evidente la
presenza di un reticolo con importanti elementi di integrazione. La
capacità di molti esperti intervistati di operare contemporaneamente in
contesti lavorativi e professionali differenziati, rende gli stessi ponti di
comunicazione tra i diversi ambiti organizzativi.
2.4.2.7 Ruolo professionale e relazioni lavorative esterne
Un aspetto centrale dell’intera ricerca è costituito dal reticolo di
relazioni che gli attori coinvolti hanno con organizzazioni e soggetti
terzi, operanti nel più ampio contesto lavorativo, professionale e
territoriale al quale gli intervistati appartengono.
Per analizzare tale contesto ai rispondenti è stato chiesto di
specificare se nello svolgimento quotidiano della loro attività
lavorativa avessero necessità di relazionarsi con strutture e attori
esterni all’organizzazione di appartenenza, nonché di descrivere la
natura e i termini delle relazioni esistenti.
Più della metà degli intervistati (67,9%) dichiara di avere rapporti
con organizzazioni terze. In particolare, i soggetti coinvolti potevano
indicare fino a 3 organizzazioni di riferimento. Pertanto i dati
125
Tali statistiche sono state calcolate mediante il software AGNA 2.1.
77
successivi si riferiscono a 3 gruppi di organizzazioni, relativi alle 3
possibilità di risposta.
A tal proposito è interessante osservare che più della metà di coloro
che collaborano con organizzazioni esterne ne ha indicate ben tre.
Tabella 2.10 – Numero di organizzazioni esterne indicate dagli
intervistati
N
%
1 organizzazione
17
32,1
2 organizzazioni
7
13,2
3 organizzazioni
29
54,7
Totale
53
100,0
Il primo gruppo di organizzazioni con le quali gli esperti hanno
rapporti è composto da una tipologia articolata di strutture
organizzative.
78
Tabella 2.11 – Tipologia di organizzazioni terze - Primo gruppo
N
%
Organizzazione europea
7
13,2
Università/istituto di ricerca
7
13,2
Associazione di italiani all’estero
5
9,4
Organizzazione della rete
4
7,5
Ente/agenzia per internazionalizzazione e lo
4
7,5
sviluppo economico
Altro
Sindacato/associazione di lavoratori
Camera di commercio
Centro/istituto formazione
Organismo internazionale
Istituto di cultura
ONG/organizzazione senza scopo lucro
Associazione di imprenditori/di categoria
Impresa
Ministero/organismo statale
Ente regionale pubblico
Ente locale pubblico (Provincia, Comune, etc.)
Totale
4
3
3
3
2
2
2
2
2
1
1
1
53
7,5
5,7
5,7
5,7
3,8
3,8
3,8
3,8
3,8
1,9
1,9
1,9
100,0
Nella maggior parte dei casi, le relazioni hanno una frequenza
elevata: settimanale o addirittura giornaliera.
Grafico 2.8 – La frequenza delle relazioni con organizzazioni esterne
– Primo gruppo (valori %)
41,2
21,6
15,7
9,8
Giornaliera
Settimanale
Mensile
Trimestrale
11,8
Oltre
79
La finalità di tali relazioni professionali è volta principalmente allo
scambio di dati e di informazioni, e allo sviluppo di processi e/o di
progetti di diversa natura.
Grafico 2.9 – I contenuti e la natura delle relazioni con
organizzazioni esterne – Primo gruppo (valori %)126
Scambio dati e informazioni
74,5
Sviluppo processi/progetti
52,9
Comunicazione e promozione esterna
43,1
Assist. tecnica e accomp. prog.
39,2
Valutazione, verifiche, contr. proc.
25,5
Consulenza
25,5
23,5
Erogazione servizi formazione
Erogazione fondi/finanziamenti
19,6
9,8
Altro
Fornitura materiali/tecnologie
Fornitura personale
7,8
2,0
Hanno segnalato di avere relazioni con un secondo gruppo di
organizzazioni 36 intervistati.
Nella maggior parte dei casi si tratta di rapporti con Ministeri o
Organismi statali, ma anche con Università e Istituti di ricerca.
126
I risultati si riferiscono a una domanda definita “multiple response”, ovvero una
domanda alla quale l’intervistato può dare più di una risposta. Pertanto, poiché il
totale delle risposte supera il totale dei rispondenti, il risultato aggregato produce
una percentuale maggiore al 100%.
80
Tabella 2.12 – Tipologia di organizzazioni terze - Secondo gruppo
N
%
Ministero/organismo statale
6
16,7
Università/istituto di ricerca
5 13,9
Organizzazione della rete
3
8,3
Ente regionale pubblico
3
8,3
Sindacato/associazione di lavoratori
3
8,3
Ente/agenzia per internazionalizzazione e sviluppo
3
8,3
economico
Organismo internazionale
2
5,6
ONG/organizzazione senza scopo lucro
2
5,6
Associazione di italiani all’estero
2
5,6
Camera di commercio
2
5,6
Organizzazione europea
1
2,8
Istituto di cultura
1
2,8
Associazione di imprenditori/di categoria
1
2,8
Impresa
1
2,8
Altro
1
2,8
Totale
36 100,0
La frequenza dei rapporti è meno elevata rispetto al primo gruppo;
in questo caso infatti prevalgono relazioni mensili (34,3%) o
settimanali (25,7%).
In merito alla natura delle interazioni anche in questo secondo caso
prevale lo scambio di informazioni e di dati (71%) e lo sviluppo di
progetti/processi (51,4%), ma risulta significativa anche l’attività di
assistenza tecnica e di accompagnamento progettuale(48,6%), nonché
la comunicazione e la promozione esterna (45.7%).
Ben 29 persone, infine, hanno segnalato di avere rapporti con una
terza tipologia di organizzazione esterna a quella di appartenenza, tra
le quali prevalgono le Camere di Commercio e le Associazioni
imprenditoriali e di categoria.
81
Tabella 2.13 – Tipologia di organizzazioni terze - Terzo gruppo
N
%
Camera di commercio
5
17,2
Associazione di imprenditori/di categoria
4
13,8
Università/istituto di ricerca
4
13,8
Altro
4
13,8
Associazione di italiani all’estero
3
10,3
Sindacato/associazione di lavoratori
2
6,9
Ente/agenzia per internazionalizzazione e
2
6,9
sviluppo economico
Organismo internazionale
1
3,4
Ministero/organismo statale
1
3,4
Ente regionale pubblico
1
3,4
ONG/organizzazione senza scopo lucro
1
3,4
Centro/istituto formazione
1
3,4
Totale
29
100,0
La frequenza delle relazioni è elevata: nella maggior parte dei casi
infatti i rapporti avvengono giornalmente (37,9%).
Lo scambio di dati e informazioni (72,4%) e lo sviluppo di
processi/progetti (62,1%) rimangono anche in questo caso i motivi
principali sui quali sono fondati i rapporti professionali con le
organizzazioni esterne.
2.4.2.8 Le aree di competenza degli esperti: network e connessioni
Per comprendere e sistematizzare in maniera funzionale agli
obiettivi del progetto il patrimonio professionale e di conoscenze degli
attori interpellati, il primo passo intrapreso è stato quello di chiedere
agli stessi interessati di specificare rispetto a quale area di competenza
ritenessero di possedere un solido bagaglio di conoscenze e di
competenze.
La lista di materie sottoposte all’attenzione degli intervistati è stata
scelta in quanto di rilevante interesse per le finalità di progetto.
82
È bene precisare che ai rispondenti è stata data la possibilità di
segnalare più di una opzione di risposta, in quanto si è partiti dal
presupposto che gli esperti intorno ai quali costruire la rete di
partenariato all’estero dovessero essere dotati di competenze articolate
e differenziate.
Il primo risultato di significativo interesse riguarda la distribuzione
degli intervistati nelle varie aree tematiche proposte.
Le aree maggiormente rappresentate sono da un lato quella degli
“italiani residenti all’estero”, che costituisce il nucleo concettuale
portante dell’intero Progetto PPTIE, dall’altro l’area dei “Progetti di
cooperazione internazionale”.
Grafico 2.10 – La aree di competenza degli esperti (valori %)127
50,6
IRE
46,8
Progetti cooperazione intern.
31,2
Strumenti e servizi internazionalizz.
29,9
Altro
29,9
Politiche, legisl, finanz. sviluppo loc.
27,3
Politiche/legisl. emigrazione/immigraz
Politiche, legisl., finanz. sviluppo soc.
Politiche/programmi finanz. UE
26,0
22,1
Nella categoria “altro” sono state raccolte le materie di competenza
non indicate nel questionario ma apertamente esplicitate dagli stessi
intervistati.
127
I risultati si riferiscono a una domanda definita “multiple response”, ovvero una
domanda alla quale l’intervistato può dare più di una risposta. Pertanto, poiché il
totale delle risposte supera il totale dei rispondenti, il risultato aggregato produce
una percentuale maggiore al 100%.
83
In particolare, alcuni intervistati hanno segnalato di possedere un
solido bagaglio di competenze nelle seguenti aree:
- Autoimprenditorialità e autoimpiego
- Democrazia partecipativa
- Diritto civile, contrattualistica, geografia politica ed economica
- Etica, diritto e scienza
- Frontalierato, regioni transfrontaliere
- Geografia politica
- Giornalismo e relazioni umane e sociali
- International finance
- Management e Business Administration
- Marketing internazionale
- Mercato internazionale della nautica
- Metodologia della ricerca sociale
- Politiche di promozione delle esportazioni
- Politiche e progetti in ambito sanitario
- Politiche per la riduzione delle ineguaglianze e per lo sviluppo
sociale e culturale
- Politiche sindacali
- Progetti di ricerca nel campo farmaceutico e delle biotecnologie in
multi-partenariato pubblico/privato a livello nazionale e
internazionale
- Progetti e ricerca in ambito culturale
- Progetti governativi
- Sistemi di Knowledge Management per strutture di sviluppo locale
e internazionalizzazione PMI
- Stampa italiana all'estero
- Strumenti gestiti da Sviluppo Italia
- Supporto ai Governi nazionali nella definizione di strategie di
sviluppo per le PMI
Sulla variabile “aree di competenza” è stata applicata la
metodologia della Social Network Analysis per verificare il livello di
interrelazione tra le aree tematiche e di competenza individuate. Ciò al
fine di comprendere l’esistenza di legami tra materie e conoscenze e
gettare le basi per la costruzione della mappa delle competenze della
rete.
L’analisi relazionale svolta ha tenuto conto soltanto delle
caratteristiche del contesto indagato. Trattandosi di dati “orientati con
84
valori numerici128”, si è potuto calcolare sia la densità del reticolo,
ovvero il suo livello di integrazione complessivo, sia il grado di
connessione (degree) di ogni singola unità (area di competenza)
rispetto alle altre.
Nel grafo129 seguente sono pertanto rappresentate le connessioni
rilevate tra aree di competenza. Ogni legame tra coppia di tematiche è
il risultato del numero di intervistati che hanno risposto di avere
esperienza e conoscenza su di esse.
Di conseguenza lo spessore delle linee indica il numero di attori
(livello di intensità del legame) competente su entrambe le aree
tematiche che compongono una coppia.
128
Indicano la direzione e la forza della relazione. In questo caso si è partiti dal
presupposto che esistesse una relazione di reciprocità tra le coppie di variabili prese
in considerazione: direzione biunivoca.
129
Per la costruzione di questo grafo è stata utilizzata la funzione base di NetdrawUCINET. Si tratta infatti di un grafo semplice che colloca i nodi del reticolo in
maniera random senza ricorrere a specifiche procedure matematiche che influiscono
sul loro posizionamento. In questo grafo sono stati indicati i valori delle linee
(bidirezionali) che congiungono i nodi, che corrispondono al numero di intervistati
che condividono specifiche coppie di competenze. Si tratta pertanto di un grafo
pesato.
85
Grafo 2.3 – Legami tra aree di competenza individuate
86
Tabella 2.14 – Statistiche descrittive relative al grafo 2.3130
Numero di nodi
7
Numero di connessioni
42
Densità
1
Gradi di connessione dei
N Valore relativo pesato
singoli nodi (Degree)
Prog. Cooper. Internaz.
6.0 13.142857142857142
Italiani residenti all’estero
6.0 12.428571428571429
Pol. Leg. Finanz. Sviluppo loc.
6.0
9.571428571428571
ed economico
Strumenti/servizi
6.0
9.428571428571429
internazionalizzazione
Pol. Leg. Finanz. Sviluppo
6.0
8.571428571428571
socio-cult.
Pol. e leg. Emigra/immigr.
6.0
7.857142857142857
Pol. e programmi fondi UE
6.0
5.571428571428571
I risultati mostrano che esiste un’elevata interrelazione tra le
materie segnalate, evidenziando quanto sia difficile trattare tali
tematiche in maniera isolata e, di conseguenza, quanto sia importante
considerarle parte integrante dello stesso know how.
La densità del grafo 2.3 è infatti pari a 1 (valore massimo) poiché
tutti i nodi della rete sono interconnessi tra di loro.
Tuttavia se si “pesano” le relazioni di ogni nodo rispetto al resto del
reticolo sulla base della frequenza della stessa relazione (numero di
esperti che detengono la stessa coppia di competenze), è possibile
individuare la presenza di materie più incidenti rispetto alle altre.
Mentre il valore assoluto del grado di connessione (che indica il
numero di archi che convergono su un nodo, in questo caso in maniera
reciproca; ovvero la dimensione del vicinato di ciascun nodo) è per
tutte le unità pari a 6 in quanto tutti i nodi sono collegati tra loro, il
grado relativo pesato (calcolato sulla base dell’intensità della
connessione) evidenzia i nodi che presentano un vicinato più ampio
rispetto agli altri.
130
Tali statistiche sono state calcolate mediante il software AGNA 2.1.
87
Nello specifico i nodi che mostrano un maggior grado di
connessione rispetto al proprio vicinato sono il tema della
“Cooperazione internazionale” e quello degli “Italiani residenti
all’estero”, sui quali converge un numero più alto di relazioni con le
altre materie.
Non è un caso infatti che il legami più forti siano proprio quelli tra
coppie di tematiche in cui sono presenti tali argomenti.
In particolare, le coppie di competenze più consistenti all’interno
della rete, ovvero che presentano il maggior numero di attori coinvolti,
risultano essere le seguenti:
- Progetti di cooperazione internazionale – Strumenti e servizi a
supporto dell’internazionalizzazione.
- Progetti di cooperazione internazionale – Italiani residenti
all’estero.
- Progetti di cooperazione internazionale – Politiche, legislazione e
finanziamenti per lo sviluppo locale ed economico.
- Italiani residenti all’estero – Politiche e legislazione in materia di
emigrazione/immigrazione.
- Italiani residenti all’estero - Politiche, legislazione e finanziamenti
per lo sviluppo locale ed economico.
Ribaltando il punto di osservazione dalle aree di competenza agli
intervistati, è possibile analizzare le connessioni che esistono tra di
essi considerando l’area tematica come la variabile congiungente.
Il grafo131 2.4 mostra la struttura dei legami esistenti tra gli esperti,
costruiti in base al numero di aree di competenza condivise da
ciascuna coppia di intervistati. Anche in questo caso si tratta di dati
“orientati con valori numerici”, che indicano l’intensità di una
relazione reciproca.
È bene precisare che tale analisi è stata condotta sulla base delle
risposte date alla specifica domanda del questionario che indagava
l’area prevalente di competenza degli intervistati. I risultati pertanto
mostrano una quota di soggetti, pari a 11, per i quali non è stato
131
Per la costruzione di questo grafo è stata utilizzata la funzione base di UCINETNetdraw. Si tratta infatti di un grafo semplice che colloca i nodi del reticolo in
maniera random senza ricorrere a specifiche procedure matematiche che influiscono
sul loro posizionamento. Le linee del grafo hanno una forma bidirezionale. Per
semplificare la visibilità del grafo si è preferito non visualizzare il livello di intensità
delle singole linee.
88
possibile analizzare la loro relazione con gli altri attori relativamente
alla variabile considerata. In questa analisi infatti non si è tenuto conto
delle risposte fornite all’opzione “altro” poiché, risultando assai
differenziate, non è stato possibile procedere alla loro
categorizzazione e, quindi, inserirle nell’elaborazione dei dati.
Pertanto, in questo caso, la loro posizione di “outsiders” deve
essere considerata esclusivamente come il risultato di una mancata
risposta alla specifica domanda del questionario o di una risposta non
integrabile con le altre. Essi pertanto devono essere considerati
ugualmente attori interessanti ai fini della creazione della rete di
partenariato.
89
90
Grafo 2.4 – Legami tra intervistati basati sulla condivisione di aree di competenza
Tabella 2.15 – Statistiche descrittive relative al grafo 2.4132
Numero di nodi
81
Numero di connessioni
3186
Numero di outsiders
11
Densità
0.49166667
Analizzando il grafo 2.4 e le statistiche calcolate è possibile
evidenziare la presenza di un gruppo di intervistati estremamente
coeso e affine dal punto di vista delle conoscenze e delle competenze
detenute. Il grafo presenta un buon livello di integrazione; infatti la
densità risulta media (0.5).
2.4.2.9 La partecipazione ad eventi e/o progetti in materia di
partenariati internazionali
Per approfondire la conoscenza del livello di competenza degli
esperti contattati in materia di partenariati internazionali è stato
chiesto loro di specificare se negli ultimi due anni avessero preso
parte, come relatori, a manifestazioni pubbliche (convegni,
conferenze, workshop, etc.) sul tema in questione.
Degli 81 esperti selezionati, ben 42 intervistati (51,9%) hanno
risposto di avere partecipato a iniziative pubbliche focalizzate su
tematiche di interesse per il Progetto PPTIE.
Gli eventi risultano essere assai differenziati e hanno avuto luogo in
differenti nazioni.
Al contrario, soltanto 26 degli 81 esperti selezionati (32,1%) hanno
invece dichiarato di avere preso parte a progetti sia nazionali che
internazionali inerenti i temi e le problematiche di interesse del
Progetto PPTIE. Si tratta di progetti eterogenei, realizzati nella
maggior parte dei casi in partnership con altre organizzazioni che si
interessano di italiani all’estero, di sviluppo sociale ed economico, di
emigrazione e immigrazione e via dicendo.
132
Tali statistiche sono state calcolate mediante il software AGNA 2.1.
91
Infine, una variabile importante per comprendere il livello di
conoscenza degli esperti interpellati in materia di italiani all’estero ha
riguardato l’esistenza di uno specifico legame diretto con Associazioni
di italiani all’estero.
È bene sottolineare che più della metà dei rispondenti (55,6%) ha
dichiarato di avere rapporti con Associazioni che si occupano
espressamente di comunità di emigrati italiani.
2.4.2.10 Conoscenza e legami con “altri” esperti italiani all’estero
Nel questionario era presente una domanda che chiedeva agli
intervistati di indicare fino a 5 nominativi di persone che a loro
giudizio ricadessero nella definizione di “esperto italiano all’estero”
proposta.
Questa domanda da un lato era funzionale ad individuare possibili
attori da contattare nel corso di successive fasi di ricerca, dall’altro a
definire nell’ambito del campione di riferimento la presenza di microreticoli di esperti individuati dagli stessi attori coinvolti nell’indagine.
Poco meno della metà degli intervistati (35 individui) ha risposto a
tale domanda, la quale è stata elaborata attraverso una prospettiva
analitica, centrando l’attenzione sulle singole unità di analisi.
L’obiettivo infatti è stato quello di rilevare ed evidenziare la
struttura dei legami esistenti tra gli esperti interpellati e altri attori che
a loro parere ricadessero nella stessa definizione di “esperto italiano
all’estero”. In questo modo è stato possibile articolare ed arricchire
ulteriormente la conoscenza in merito alla sfera delle relazioni
professionali intessute dagli esperti, analizzando sia il livello di
omogeneità/eterogeneità che l’ampiezza del contesto nel quale
operano e si relazionano.
Pertanto attraverso l’analisi relazionale sono stati indagati i microreticoli sociali indicati dagli stessi esperti.
Per impostare le relazioni del reticolo si è proceduto in un duplice
modo. Quando l’intervistato ha segnalato un esperto operante in
un’organizzazione diversa dalla sua, è stata impostata una relazione
orientata (dall’intervistato all’esperto); viceversa se l’esperto indicato
operava nel medesimo ambito organizzativo la relazione è stata
92
strutturata come reciproca, presupponendo l’esistenza di un rapporto
professionale consolidato.
Allo stesso modo sono state strutturate le relazioni tra i diversi
esperti segnalati dallo stesso intervistato. Se gli esperti provenivano
dallo stesso contesto lavorativo, è stata indicata la presenza di un
legame reciproco; se al contrario le organizzazioni di riferimento
risultavano diverse non è stata impostata alcun tipo di relazione.
La tabella seguente sintetizza le informazioni di base dei reticoli
costruiti133. In particolare, riporta il numero di nodi di ciascun reticolo,
il numero delle relazioni presenti e il valore della densità della rete. In
questa sede la densità è stata utilizzata come misura del grado di
omogeneità/eterogeneità professionale della rete sociale indicata dagli
esperti. In altre parole, più è alto il valore della densità più elevato è il
grado di omogeneità professionale del reticolo e viceversa. Un livello
alto di densità è pertanto tipico di un reticolo sociale che coinvolge
attori appartenenti allo stesso contesto lavorativo e organizzativo,
mentre un basso grado di densità si riferisce a reti sociali caratterizzate
dalla presenza di persone provenienti da ambiti professionali e di
lavoro eterogenei.
133
Tali statistiche sono state calcolate mediante il software AGNA 2.1.
93
Tabella 2.16 – Statistiche sui micro-reticoli indicati dagli esperti
Network
N. nodi N. connessioni
Densità
Esperto 2
6
8
0.26666668
Esperto 3
4
5
0.41666666
Esperto 4
6
5
0.16666667
Esperto 5
6
7
0.23333333
Esperto 15
4
9
0.75
Esperto 19
3
2
0.33333334
Esperto 20
6
5
0.16666667
Esperto 23
5
5
0.25
Esperto 24
6
7
0.23333333
Esperto 28
2
1
0.5
Esperto 32
3
6
1
Esperto 33
6
9
0.3
Esperto 34
4
12
1
Esperto 38
6
5
0.16666667
Esperto 41
3
4
0.6666667
Esperto 42
6
11
0.36666667
Esperto 43
6
5
0.16666667
Esperto 44
6
14
0.46666667
Esperto 45
6
30
1
Esperto 46
6
6
0.2
Esperto 47
4
4
0.33333334
Esperto 48
6
5
0.16666667
Esperto 49
6
5
0.16666667
Esperto 50
2
1
0.5
Esperto 51
3
6
1
Esperto 55
4
3
0.25
Esperto 56
6
7
0.23333333
Esperto 61
6
7
0.23333333
Esperto 63
4
3
0.25
Esperto 67
5
4
0.2
Esperto 69
4
12
1.0
Esperto 70
4
12
1
Esperto 73
6
7
0.23333333
Esperto 78
5
4
0.2
Esperto 80
2
3
0.33333334
94
Di seguito si riportano a titolo esemplificativo i grafi che
descrivono la composizione del reticolo di relazioni personali cui
appartengono due esperti della rete.
Grafo 2.5 – Micro-reticolo sociale indicato dall’Esperto 41
95
Grafo 2.6 – Micro-reticolo sociale indicato dall’Esperto 48
2.4.2.11 I nodi centrali della rete degli esperti
I risultati dell’analisi relazionale condotta hanno inoltre messo in
evidenza la presenza di alcuni nodi della rete che presentano una
posizione di maggiore centralità rispetto agli altri e che, pertanto,
possono giocare un ruolo di intermediazione tra tutti gli attori del
reticolo.
In particolare, la centralità dei nodi è stata considerata
relativamente a tre dimensioni principali, quali:
- la dimensione geografica;
- la dimensione organizzativa;
- la dimensione delle competenze/conoscenze.
Per ciascuna dimensione è stato dunque possibile identificare
alcuni attori che trovandosi al centro della rete possono svolgere una
96
funzione di connessione tra gruppi di esperti che, pur non essendo
collegati direttamente tra di loro, hanno in comune uno specifico
elemento (sia esso una competenza, un’organizzazione di
appartenenza, una nazione di residenza, etc.), sulla base del quale
strutturare un legame indiretto.
La scelta di considerare la centralità dei nodi rispetto a tre
dimensioni distinte, dipende dalla consapevolezza che all’interno della
presente rete è assai improbabile riuscire a rinvenire uno o più nodi
che risultino centrali in assoluto. Questa situazione dipende, infatti,
dalla presenza di un alto livello di distribuzione sia geografica che
organizzativa degli attori, che rende l’intera rete particolarmente
variegata e articolata.
È bene ricordare, inoltre, che in questa sede si fa riferimento al
concetto di centralità globale. Infatti mentre la centralità locale
esprime quanto un punto è localmente centrale rispetto agli altri punti
circostanti (vicinato), la centralità globale indica se un nodo detiene
una posizione d’importanza strategica nella struttura complessiva
della rete134.
A tal fine, dunque, nella tabella seguente sono riportati i valori
della centralità (Betweenness) dei nodi della rete per ciascuna
dimensione presa in considerazione.
Come si può osservare sono stati considerati i 12 esperti che
presentano il maggior livello di centralità, pari al 15% circa dei nodi
dell’intera rete. E’ interessante segnalare, inoltre, la presenza di alcuni
esperti, ben 5, che ricoprono contemporaneamente una posizione
centrale in due, o addirittura in tre, come nel caso dell’esperto 55,
dimensioni reticolari, venendo ad assumere un ruolo strategico nel
facilitare il processo di integrazione dell’intera rete.
In questi casi la misura della centralità rispecchia il possesso di un
know how complesso e articolato su molteplici aree di competenza,
organizzative e territoriali.
134
Scott J., op. cit.
97
Tabella 2.17 – Misure di centralità degli esperti per le tre dimensioni
indagate
Reticolo
geo.co
Esperto 47
Esperto 1
Esperto 7
Esperto 4
Esperto 59
Esperto 20
Esperto 29
Esperto 48
Esperto 65
Esperto 74
Esperto 52
Esperto 55
Between.
283.744
205.333
205.333
205.333
191.664
175.237
158.823
156.924
155.679
134.000
103.249
80.546
Reticolo
org.vo
Esperto 43
Esperto 7
Esperto 61
Esperto 22
Esperto 15
Esperto 53
Esperto 3
Esperto 72
Esperto 55
Esperto 74
Esperto 28
Esperto 8
Between.
1.616.196
1.546.439
1.054.000
910.000
721.000
655.804
452.483
421.572
280.000
261.993
253.384
210.151
Reticolo
comp.ze
Esperto 28
Esperto 44
Esperto 46
Esperto 19
Esperto 23
Esperto 27
Esperto 22
Esperto 76
Esperto 55
Esperto 37
Esperto 77
Esperto 29
Between.
88.257
86.546
84.780
81.545
74.025
68.664
64.603
59.574
54.036
53.448
52.719
51.229
2.4.2.12 La mappa delle competenze della rete
La rappresentazione della rete degli esperti, attraverso la mappa
delle competenze, rappresenta uno dei principali output della ricerca
realizzata. Essa ha avuto lo scopo di sistematizzare e localizzare anche
da un punto di vista grafico le risorse professionali e conoscitive
presenti all’interno della stessa rete.
Il vantaggio di questo strumento consiste infatti nel mostrare
visivamente come sono articolate le competenze della rete, i legami
che intercorrono tra di esse, i luoghi presso i quali poterle reperire.
Così come le mappe cognitive possono essere definite “una
rappresentazione interna all’individuo di concetti e di relazioni tra
concetti che egli usa per comprendere e creare il proprio ambiente di
riferimento”135, la mappa delle competenze può essere descritta come
uno specifico schema che permette una relazione dinamica tra
135
Moretti A., “Le mappe cognitive”, in Costa G. e Nacamulli R. C.D. (a cura di),
Manuale di organizzazione aziendale, Vol. 2 “La progettazione organizzativa”,
UTET, Torino, 1997, p. 293.
98
competenze e di conseguenza tra individui, organizzazioni e unità di
diverso genere legate dalla condivisione di tali competenze.
Riprendendo la classificazione proposta da Anne Sigismund
Huff136 le relazioni tra competenze possono essere strutturate in base
ai seguenti criteri:
- Prossimità (A è vicino a B).
- Similarità (A è simile a B).
- Causa-effetto (A causa B).
- Categoria (A è una sottocategoria di B).
- Contiguità (A segue B).
Operativamente per sviluppare la mappa delle competenze della
rete si è proceduto attraverso tre fasi:
1. individuazione delle competenze;
2. sistematizzazione delle competenze;
3. rappresentazione delle competenze.
1. La fase di individuazione delle competenze è stata svolta a monte
dell’indagine realizzata nel corso del presente progetto, quando è stata
approntata una lista di competenze che si intendeva rilevare all’interno
del campione di esperti indagato137.
2. La fase di sistematizzazione delle competenze è consistita
nell’organizzazione delle competenze all’interno di gruppi tematici
omogenei e l’individuazione delle relazioni esistenti tra le varie
categorie individuate. Per raggiungere questo scopo, ai dati rilevati è
stata applicata le tecnica dell’analisi dei gruppi o Cluster Analysis.
Tale metodologia ha l’obiettivo “di assegnare i singoli casi a un
numero ristretto di classi o gruppi minimizzando il più possibile
136
Huff A.S. (a cura di), Mapping Strategic Thought, John Wiley & Sons,
Chichester, 1990.
137
Le aree di competenza prescelte sono le seguenti:
- Italiani residenti all’estero.
- Progetti di cooperazione internazionale.
- Politiche, legislazione e finanziamenti a sostegno dello sviluppo locale ed
economico.
- Politiche, legislazione e finanziamenti a sostegno dello sviluppo socio-culturale.
- Strumenti e servizi a favore dell’internazionalizzazione.
- Politiche e legislazione sull’emigrazione/immigrazione.
- Politiche e programmi di finanziamento dell’UE.
99
l’eterogeneità dei casi all’interno dei gruppi e massimizzando
l’eterogeneità tra i diversi gruppi definiti”138. L’analisi dei gruppi è un
metodo tipicamente esplorativo139 che consente di attuare una
riduzione controllata e sintetica delle informazioni disponibili con il
fine di migliorare la rappresentazione dei fenomeni analizzati. Infatti,
attraverso la Cluster Analysis si opera una sorta di riduzione delle
unità osservate inizialmente pervenendo alla creazione di gruppi
omogenei con il vantaggio di ridurre il “rumore del dato” e di
raggiungere una notevole parsimonia nella descrizione e
nell’interpretazione.
Una Cluster Analysis comincia, quindi, con la scelta delle variabili
con le quali discriminare i casi e, successivamente, con la costruzione
di una matrice quadrata simmetrica dove si riportano i coefficienti di
distanza (o di similarità/dissimilarità) tra tutti i casi. La differenza tra
matrice delle distanze e degli indici di similarità/dissimilirità dipende
dalla tipologia di variabili quantitative (matrice delle distanze) o di
fenomeni qualitativi (matrice degli indici di similarità/dissimilirità)140.
Una volta determinata la distanza o l’indice di similarità, esistono
diverse tecniche per arrivare a una classificazione dei casi. L’obiettivo
finale è quello di classificare tali unità in gruppi con le caratteristiche
di coesione interna (le unità assegnate a un unico gruppo devono
essere tra loro simili) e di separazione esterna (i gruppi devono essere
il più possibile distinti)141.
Le tecniche di Cluster Analysis possono essere suddivise in due
categorie:
- tecniche di classificazione non gerarchica;
- tecniche di classificazione gerarchica.
Le tecniche di classificazione non gerarchica (o a partizioni
ripetute) conducono direttamente alla partizione di un numero di casi
in un numero prefissato di gruppi.
Le tecniche di partizione gerarchica, invece, consentono di ottenere
una famiglia di partizioni partendo dalla situazione banale in cui si
138
Di Franco G., Tecniche e modelli di analisi multivariata dei dati, Roma, SEAM,
1997.
139
Zani S., Analisi dei dati statistici II. Osservazioni Multidimensionali, Milano,
Giuffrè, 2000.
140
Ivi.
141
Ivi.
100
hanno tanti gruppi composti da un singolo item fino all’estremo
opposto in cui i singoli items costituiscono un unico gruppo. I metodi
gerarchici sono classificabili in due grandi categorie: scissori e
aggregativi. In particolare, le tecniche di classificazione gerarchica
aggregativa procedono lungo un percorso metodologico formato da 4
fasi:
1. produzione della matrice delle distanze o delle similarità tra
variabili;
2. considerazione delle singole variabili come gruppi distinti;
3. aggregazione successiva in gruppi di variabili che risultano essere
più vicini;
4. iterazione del processo di aggregazione fino a giungere alla
formazione di un unico gruppo.
Per l’aggregazione successiva di gruppi di elementi si possono
utilizzare diversi criteri (algoritmi) per calcolare le distanze. La
Cluster Analysis, infatti, non è uno strumento per determinare con
esattezza quali items devono essere raggruppati, ma è un insieme di
procedure (algoritmi) che si prefiggono di classificare o raggruppare
elementi. Attraverso questa metodologia si estrae il “grado di
vicinanza” tra gli elementi, permettendo di prendere in considerazione
le relative relazioni nella creazione di una categorizzazione. Esistono
diversi criteri utilizzati per calcolare la distanza tra due gruppi di
unità. Di seguito si elencano i tre metodi principali:
- Metodo del legame singolo (single linkage) o del vicino più
prossimo (nearest neighbour). La distanza tra i due gruppi è
definita come la minima distanza tra ciascuna delle unità del
gruppo e ciascuna delle unità degli altri gruppi. Si evidenziano in
maniera netta tutte le similitudini e somiglianze tra gli elementi e
il ricorso a questo algoritmo privilegia la differenza tra i gruppi
piuttosto che l’omogeneità degli elementi di ogni gruppo.
- Metodo del legame completo (complete linkage) o del vicino più
lontano (furthest neighbour). Al contrario del precedente prende in
considerazione le distanze (o le similarità) tra i casi più lontani (o
più dissimili) all’interno dei gruppi che si aggregano. L’adozione
di questo algoritmo per la composizione dei gruppi evidenzia in
maniera netta le differenze tra elementi, privilegiando
l’omogeneità tra gli elementi del gruppo a scapito della
differenziazione netta tra gruppi.
101
-
Metodo del legame medio (average linkage). Per calcolare la
distanza tra i gruppi si calcola la media non ponderata delle
distanze tra tutte le coppie di casi che appartengono ai gruppi.
L’adozione di questo algoritmo semplifica notevolmente la
composizione dei gruppi ottenuta con l’algoritmo completo,
mentre rispetto a quelli costruiti sull'algoritmo singolo rappresenta
una movimentazione e differenziazione. Esso si basa sulla media
delle distanze e i risultati possono essere considerati attendibili e i
gruppi risultano più omogenei e ben differenziati tra di loro.
Lo strumento grafico che consente di sintetizzare il processo di
fusione è il dendogramma. Il diagramma ad albero o albero di
somiglianza o, ancora, “albero n-dimensionale”142, rappresenta
graficamente la famiglia di partizioni ottenuta con un metodo
gerarchico, evidenziando i gruppi che si ottengono a ogni stadio di
classificazione (iterazione). Con la rappresentazione grafica fornita dal
dendogramma si ottiene un quadro completo della struttura
dell’insieme degli elementi organizzati per gruppi in termini di
distanze. In questo modo il ricercatore ha la possibilità di scegliere tra
i molteplici livelli di distanza con gradi diversi di eterogeneità.
In questa sede, l’analisi dei gruppi è stata realizzata utilizzando le
stesse matrici-dati e lo stesso software, UCINET 6, impiegato per la
Social Network Analysis.
In particolare, la base dati di partenza è rappresentata dalla matrice
quadrata “competenze per competenze” che mette in relazione le
coppie di competenze sulla base del numero di esperti che le
detengono contemporaneamente. Risulta chiaro, dunque, che l’oggetto
della Cluster Analysis sono state le competenze e non gli esperti e che
il suo scopo è stato quello di comprendere gli specifici
raggruppamenti tematici esistenti all’interno di un patrimonio di
competenze più ampio.
Osservando il dendogramma143 costruito (Fig. 2.2), si evidenzia
come procedendo da destra verso sinistra si possano individuare
gruppi di competenze via via sempre più specifici e circoscritti,
composti da coppie di variabili tematiche.
142
Ivi.
La Cluster Analysis è stata realizzata impostando un criterio di classificazione
gerarchica e l’algoritmo del legame medio.
143
102
3. La fase di rappresentazione delle competenze, infine, ha permesso
di descrivere graficamente, partendo dai dati della Cluster Analysis,
l’articolazione e la struttura delle competenze della rete sotto forma di
una mappa verticale.
Tale mappa organizza le diverse competenze in base a un ordine
gerarchico, sottolineando la dipendenza di alcune conoscenze rispetto
ad altre e la loro diretta relazione.
Osservando la figura 2.3, emerge con chiarezza la centralità delle
competenze in materia di “Progetti di cooperazione internazionale”
dalle quali discendono le conoscenze centrate sulla tematica degli
“Italiani residenti all’estero”, che a loro volta si collegano a
competenze più specifiche sui temi delle politiche, della legislazione e
dei finanziamenti focalizzati su diversi ambiti di intervento:
dall’internazionalizzazione, allo sviluppo locale ed economico, fino ad
arrivare allo sviluppo socio-culturale.
Accanto all’impalcatura di tipo verticale, costruita intorno alla lista
di competenze preimpostata, sottoposta agli intervistati e calcolata per
mezzo dell’analisi dei gruppi, è stata sviluppata una struttura parallela
che collega le “altre conoscenze” indicate dagli stessi rispondenti alle
competenze chiave.
Nello specifico, le competenze chiave sono riportate nei riquadri
azzurri e collegate mediante legami di colore “blu”, le “altre
conoscenze” invece trovano spazio all’interno dei riquadri verdi e le
loro connessioni hanno una colorazione “rosa”. Il riquadro verde posto
in basso a destra della mappa non presenta alcun legame con il resto
delle aree di competenza in quanto si tratta di conoscenze indicate da
un gruppo di esperti che hanno dichiarato di non possedere altri tipi di
competenze tra quelle presenti all’interno della rete.
Infine, dalla mappa è possibile evincere anche il numero di esperti
che detengono una specifica competenza, al fine di cogliere
immediatamente il livello di diffusione e rilevanza di una data
conoscenza all’interno della rete di esperti complessiva.
103
Figura 2.2 – Dendogramma della Cluster Analysis sulle competenze
104
Figura 2.3 – Mappa delle competenze della rete degli esperti
105
2.5 Osservazioni conclusive
L’analisi illustrata nelle pagine precedenti ha permesso di osservare
attraverso una lente di ingrandimento le caratteristiche di insieme e
analitiche di un gruppo sociale estremamente interessante rispetto agli
scopi del più ampio Progetto PPTIE.
Gli “esperti italiani all’estero”, nella definizione articolata proposta
in questa sede, rappresentano infatti una realtà sociale e professionale
di elevato prestigio intorno alla quale il Progetto PPTIE ha voluto
sperimentare la progettazione e la costruzione di una rete di
competenze, dedicata a supportare lo sviluppo di iniziative di
partenarario
territoriale
attraverso
la
risorsa
dell’internazionalizzazione.
Tale scopo è stato raggiunto attraverso l’impiego di tecniche di
Social Networking finalizzate prima di ogni altra cosa a scoprire e a
portare alla luce il patrimonio relazionale, in altri termini il capitale
sociale, di un sistema di persone caratterizzato da un determinato
profilo lavorativo, professionale, culturale e sociale.
Individuare tale trama di relazioni ha significato trasformare la
stessa in una risorsa, ha permesso in altre parole di rintracciare
importanti punti di contatto a livello internazionale con un mondo
professionale e organizzativo competente in materia di partenariato
territoriale, sviluppo locale, sviluppo socio-economico, comunità di
italiani residenti all’estero e via dicendo.
In particolare dall’analisi realizzata è emerso che nella pratica tale
categoria di attori presenta diverse caratteristiche che li rendono un
gruppo coeso, integrato e quindi potenzialmente in grado di dialogare
e condividere esperienze, buone prassi, procedure, risorse in una
prospettiva di apprendimento collettivo e sviluppo condiviso.
Non stupisce infatti che l’elemento sul quale più di ogni altro si
basa la forza dei loro legami è rappresentato proprio dal patrimonio di
conoscenze e di competenze acquisite nel corso del tempo, sviluppate
e continuamente aggiornate a seguito di numerose esperienze
professionali ma anche umane.
La vicinanza geografica, l’appartenenza a contesti lavorativi e
professionali simili sono variabili certamente rilevanti per individuare
affinità e occasioni di confronto tra gli attori ma, dal momento che il
106
loro livello di mobilità sia territoriale che organizzativa è assai
elevato, i legami basati su questi elementi tendono a decadere nel
tempo se non supportati da una profonda integrazione che soltanto la
condivisione dello stesso profilo di competenze può garantire.
In conclusione, il percorso di ricerca e di analisi intrapreso ha
permesso di ottenere due risultati fondamentali:
- Il primo ha riguardato la possibilità di sperimentare l’applicazione
di una specifica tecnica di ricerca sociale, fondata sull’analisi
relazionale, per l’individuazione e la selezione di attori in possesso
di un determinato profilo professionale e di competenze
rispondenti a specifiche esigenze di progetto, intorno ai quali
progettare una rete in grado di funzionare come strumento di
supporto allo sviluppo di partenariati internazionali. L’efficacia
dell’iter seguito rende lo stesso replicabile nel tempo.
- Il secondo è strettamente collegato alle caratteristiche della
popolazione individuata e indagata. L’analisi ha infatti permesso
di entrare in contatto con soggetti caratterizzati da un profilo di
eccellenza e portatori di un know how rilevante in tema di
partenariati internazionali, cooperazione internazionale, italiani
residenti all’estero, etc. In particolare, lo studio sviluppato ha
individuato la presenza di una rete di persone caratterizzata dai
seguenti requisiti:
a. Un elevato livello di mobilità geografica che rende gli
attori individuati conoscitori privilegiati di diverse aree
territoriali e delle loro caratteristiche politiche, sociali,
culturali, economiche.
b. La presenza di nodi detentori di un’esperienza consolidata
nell’ambito di progetti internazionali.
c. La presenza di nodi dotati di un background culturale e
formativo di eccellenza.
d. La presenza di nodi in possesso di una significativa
esperienza professionale maturata nel corso del tempo,
grazie anche alla capacità di operare in diversi contesti
organizzativi e di lavoro.
e. Un fitta rete di relazioni verso l’esterno grazie alle quali i
nodi riescono a collaborare e a interagire con
organizzazioni,
enti,
associazioni
che
trattano
specificatamente la materia degli italiani residenti
all’estero.
107
f. La presenza di nodi portatori di un patrimonio di contatti e
legami con altri soggetti detentori di competenze e
conoscenze tali da poter essere a loro volta definiti “esperti
italiani all’estero”.
g. La presenza di nodi che per le loro competenze molteplici
e differenziate ricoprono una posizione di intermediazione,
operando come punti di collegamento tra gli altri nodi della
rete e tra diversi gruppi professionali.
In altre parole il percorso sviluppato ha permesso di portare alla
luce una rete di competenze che può funzionare a tutti gli effetti come
una comunità di pratica ovvero un’aggregazione di persone che,
riprendendo la teoria di Etienne Wenger, presenta tre importanti
requisiti, quali144:
- il dominio, fa riferimento al fatto che la comunità di pratica
definisce la propria identità in base ad un campo di interessi
condivisi ed è proprio attorno a questo campo che i membri della
comunità, per un verso, si impegnano, sviluppano e valorizzano le
proprie competenze e, per l’altro, imparano l’uno dall’altro;
- la comunità, implica una costruzione di relazioni e interazioni che
supportano la presenza di uno sforzo e un aiuto reciproco volto al
perseguimento degli interessi condivisi, per cui i membri si
impegnano tutti insieme in attività e discussioni;
- la pratica, attiene al concetto di practice, inteso come “fare
situato” all’interno di un contesto sociale e relazionale. È nel fare,
infatti, che l’individuo si riconosce come membro della comunità e
definisce, perciò, la sua identità.
144
Wenger E., Mcdermott R., Snyder W., Cultivating Communities of Practice,
Harvard Business School Press, Boston, 2002.
108
Capitolo terzo - Il ruolo delle nuove
tecnologie nella creazione delle reti di
persone
3.1 Premessa
La presente parte è dedicata all’analisi delle tecnologie che sono a
disposizione delle reti di persone al fine di cooperare in maniera
sempre più efficace ed efficiente. A tal scopo si metterà l’accento sul
fenomeno della scomparsa della “distanza” come limitazione
storicamente data nello sviluppo di comunità di pratica coese. Pur
essendo la trattazione di ordine generale, essa non potrà prescindere
dalle piattaforme di groupware che sono state via via utilizzate
nell’ambito dei vari progetti destinati agli italiani all’estero. La
tecnologia del Groupware, in sintesi, fornisce agli utenti del sistema
uno strumento di lavoro aggiuntivo in grado di sostenere i processi di
collaborazione e comunicazione tra persone dislocate in luoghi
geografici e lavorativi differenti ma coinvolte in progetti comuni,
facilitando lo scambio di conoscenze, il passaggio di informazioni, la
condivisione di esperienze al di là della distanza fisica.
3.2 Lo scenario dei nuovi metodi di lavoro
Il continuo progresso che caratterizza le ICT (Information and
Communication Technologies) incide profondamente sul mondo delle
organizzazioni e del lavoro, ridisegnando strutture consolidate, profili
professionali, modalità di svolgimento delle mansioni lavorative.
In particolare, le tecnologie informatiche e telematiche influenzano
l’economia contemporanea in due modi principali: da un lato
determinando la nascita di un nuovo settore economico vero e proprio,
109
quello definito della Net Economy145, che porta con sé nuovi
modelli aziendali, prodotti, business e figure professionali; dall’altro
inducendo trasformazioni nei settori economici tradizionali, come la
ridefinizione dei processi organizzativi, delle modalità operative e
produttive, delle strategie di azione, degli stili di conduzione aziendale
e comunicazione interna ed esterna. In entrambi i casi si assiste a
un’evoluzione verso un modello di business diverso rispetto al
passato, che per competere su un mercato sempre più dinamico e
mutevole necessita di una struttura organizzativa più flessibile. La
tendenza prevalente è verso la costruzione di organizzazioni di tipo
matriciale – simili quindi alla rete su cui si opera fisicamente – in cui
l’elemento chiave del modello diviene il raggiungimento degli
obiettivi in maniera dinamica e non più grazie al mantenimento di uno
status quo stabile nel tempo146. La struttura a matrice permette alle
organizzazioni di adeguarsi in modo dinamico a richieste eterogenee e
a continue trasformazioni economiche e tecnologiche favorendo la
capacità di focalizzarsi sul processo di business in corso. E’ evidente
che un siffatto modello tralascia le unità funzionali di stampo
tradizionale che tendono a mantenere modalità organizzative
burocratiche e centralizzate, mentre si tende a concentrarsi su unità
operative orientate al progetto, la cui organizzazione è mirata
all’azione flessibile, adattiva e innovativa. Tali divisioni debbono
prendere decisioni in modo rapido, senza infrastrutture pesanti e livelli
decisionali sovrapposti, e diviene di fondamentale importanza che i
manager godano di ampi spazi di autonomia nella gestione delle
attività e pratichino un controllo orientato all’obiettivo, in cui ogni
componente dell’unità interviene, in base alla sua specifica
competenza, con un ampio raggio di azione sui processi decisionali.
In un tale contesto i processi comunicativi assumono un ruolo
fondamentale, in quanto hanno il compito di agevolare la condivisione
e lo scambio tra le diverse componenti del sistema, diventando il
145
Net Economy: l’insieme delle imprese fornitrici di tecnologie ed infrastrutture di
Informatica e di Telecomunicazioni; delle aziende utenti di tecnologia, per la quota
parte di rilevanza; delle società fornitrici di contenuti e di servizi di Comunicazione;
di tutte quelle imprese che hanno Internet come business predominante (che
effettuano commercio elettronico, che forniscono servizi di connettività, che offrono
servizi di trading on-line, etc.).
146
Malone T. W., Laubacher R. J., Scott Morton M. S., (ed.) Inventing the
Organizations of the 21st Century, MIT Press, Cambridge, MA, 2003.
110
fulcro su cui poggia il funzionamento dell’intero network che
costituisce l’organizzazione.
Il passaggio a forme organizzative di questo tipo è il risultato
dell’evoluzione che negli ultimi anni ha caratterizzato il lavoro
sottoposto all’impatto delle moderne tecnologie. I sistemi telematici
attuali (in particolare Internet, Intranet, Extranet147) permettono di
esaltare le possibilità di collegamento tra gli attori, di aumentare le
potenzialità informative e il confronto diretto. Se fino a qualche anno
fa l’introduzione dell’informatica nelle organizzazioni veniva indicata
con il termine generico di automazione d’ufficio, attualmente ha preso
sempre più corpo una prospettiva diversa, sempre fondata
sull’automazione delle procedure ma a vantaggio dei sistemi che
privilegiano la comunicazione in rete e il lavoro cooperativo,
denominati appunto sistemi di groupware. La tecnologia usata da
questi nuovi paradigmi sistemici si prefigge l’obiettivo di salvare e
riproporre le dinamiche dei gruppi, di solito precostituiti, ma anche
dell’organizzazione nel suo complesso, attraverso l’introduzione di
nuove modalità di comunicazione.
Le reti telematiche, interne ed esterne all’organizzazione, diventano
dunque l’infrastruttura comunicativa per la costruzione di comunità di
soggetti, che non hanno più il vincolo della vicinanza fisica, né quello
dei confini nazionali. In questo modo la rete consente il massimo
grado di potenza territoriale dell’intervento delle organizzazioni,
proprio perché “transcontestualizza” la relazione tra i membri di un
network. Diventa così possibile il massimo della interconnessione
globale combinata alla possibilità di mantenere l’immensa ricchezza
prodotta dalla specificità di ogni partecipante. E se all’interno
dell’organizzazione ciò significa che un’impresa può aumentare il
grado di integrazione tra le diverse funzioni, sedi, nodi del sistema,
all’esterno ciò può rendere possibile una vera rivoluzione nel modo di
condurre qualsiasi tipo di business su base progettuale.
147
Internet: è una rete pubblica che mette in contatto ogni singolo nodo con tutti gli
altri e consente il dialogo e lo scambio delle informazioni tra gli utenti.
Intranet: è una rete privata che utilizza gli standard comunicativi tipici di internet.
Garantisce un maggior livello di sicurezza e riservatezza nella trasmissione delle
informazioni e crea un collegamento diretto all’interno dell’organizzazione.
Extranet: è una rete in grado di mettere in contatto un’organizzazione con enti,
istituzioni, altre organizzazioni, consentendo e agevolando attività di ricerca,
recupero, aggiornamento, archiviazione di dati e informazioni.
111
Grazie alle ICT dunque le persone e le organizzazioni possono
lavorare assieme secondo la nuova filosofia del lavoro collaborativo
che trasforma le relazioni tra i referenti del lavoro (dipendenti,
collaboratori, fornitori, clienti, competitors, etc.) in vere e proprie reti
più o meno stabili. I team di lavoro, che siano interni o esterni,
possono operare assieme, indipendentemente dal luogo dove risiedono
i diversi componenti.
Riassumendo, Internet e la nascita di specifici strumenti a supporto
del lavoro e della comunicazione in rete hanno radicalmente cambiato
il modo di lavorare e di organizzare le aziende, intervenendo in
particolare su:
- i processi decisionali dell’organizzazione, ossia sulle modalità di
produzione e consumo delle informazioni;
- la realizzazione di strategie di mercato, ossia le politiche di
fidelizzazione e gestione di relazioni personalizzate con la
clientela;
- l’innovazione dei processi produttivi, ossia le modalità di
organizzazione delle attività, la polifunzionalità delle competenze,
l’organizzazione in gruppi di lavoro.
Naturalmente a simili cambiamenti sono connessi una serie di
benefici non trascurabili ai fini dell’efficacia e dell’efficienza dei
processi aziendali come la possibilità di sfruttare in modo più ampio e
completo il know how presente internamente, estendendone il raggio
di azione; il coinvolgimento diretto di tutti i settori e i nodi aziendali,
con un’importante condivisione di culture e patrimoni diversi; la
possibilità di coniugare l’autonomia operativa finalizzata
all’ottimizzazione di esigenze periferiche e di settore con
l’integrazione di risorse; e la convergenza di culture e contributi
eterogenei.
112
3.3 Produrre conoscenza, non oggetti
Ikujiro Nonaka, dell’Università di Hitotsubashi, e Hirotaka
Takeuchi, Direttore dell’Istituto di Ricerca di Stanford a Kyoto, hanno
analizzato il successo delle aziende giapponesi – in particolare la
capacità di innovare i prodotti – sostenendo che la loro competitività
nel mercato internazionale è una diretta conseguenza della capacità di
creare conoscenza organizzativa148.
Le dinamiche che portano alla creazione del sapere all’interno di
una organizzazione sono state rappresentate dai due studiosi attraverso
la metafora della spirale, che mostra in maniera chiara ed efficace
come può avvenire la circolazione, lo scambio e l’evoluzione dei
diversi flussi di conoscenza. In particolare, l’analisi di Nonaka e
Takeuchi si sviluppa lungo due dimensioni principali:
- la dimensione epistemologica, in cui sono analizzate le relazioni
fra conoscenza tacita e conoscenza esplicita;
- la dimensione ontologica, in cui l’indagine verte sui soggetti che
creano conoscenza nel contesto organizzativo.
Nella dimensione epistemologica, i due autori indagano sulle forme
di sapere presenti all’interno dell’organizzazione analizzandole a
partire dalla distinzione fra conoscenza tacita e conoscenza esplicita
postulata da Michael Polanyi149. L’autore sostiene che gli individui
acquisiscono conoscenza non solo utilizzando il linguaggio, ma anche
attraverso l’esperienza. La riflessione di Polanyi sottolinea
l’importanza della conoscenza individuale, ovvero la rilevanza del
sapere che ognuno acquista attraverso l’esperienza. Il know how del
singolo non è trasmissibile verbalmente perché è correlato
strettamente alle tecniche di lavoro basate sull’esperienza diretta. Al
contrario, la conoscenza esplicita, ovvero il sapere razionale e
formalizzato condiviso dalla collettività, può essere codificata e
trasmessa facilmente per mezzo del linguaggio.
Attraverso la dimensione ontologica, Nonaka e Takeuchi
affrontano invece un altro aspetto fondamentale per la trasmissione
148
Nonaka I., Takeuchi H., The knowledge-creating company. Creare le dinamiche
dell’innovazione, Guerini e associati, 1997.
149
Polanyi M., La conoscenza inespressa, Armando Editore, Roma, 1979.
113
del sapere all’interno dell’organizzazione, basato sui soggetti coinvolti
nei vari processi di creazione di conoscenza. Le dinamiche di
trasferimento del sapere iniziano dall’individuo, che mette a
disposizione dell’organizzazione il proprio sapere e la propria
esperienza. Le relazioni che si instaurano fra i membri della stessa
azienda portano al livello successivo: il gruppo, in cui inizia la fase di
condivisione del sapere resa possibile dal confronto e dal dialogo fra
gli individui coinvolti. Il terzo livello riguarda l’organizzazione
all’interno della quale convergono i flussi di conoscenza che rendono
possibile il processo di innovazione continua. Le relazioni che si
instaurano fra l’azienda e i propri fornitori, infine, danno vita al livello
interorganizzativo, in cui lo scambio costante di conoscenze fra
l’organizzazione e il gruppo di stakeholders consente la condivisione
delle idee innovative e porta a un processo di sviluppo
contemporaneo.
La metafora della spirale della conoscenza, dunque, esplicita le
modalità di conversione del sapere, sia tacito che esplicito,
correlandole ai soggetti individuati nell’analisi della dimensione
ontologica.
La conoscenza, sostengono i due autori, si crea e rinnova
costantemente attraverso quattro fasi principali (figura 3.1). Nella
prima fase, definita “socializzazione”, avviene il trasferimento di
conoscenze tacite che è reso possibile unicamente dall’osservazione e
dalla condivisione di esperienze tra individui diversi. Pertanto il
modello d’apprendimento utilizzato per favorire questo tipo di
circolazione del sapere è l’on-the-job training, ovvero quella
formazione che avviene sul campo, cioè sul posto di lavoro. Nella
seconda fase, definita “esteriorizzazione”, si attua il processo di
conversione dal tacito all’esplicito, attraverso l’utilizzo di metafore e
analogie, figure retoriche che rendono possibile esprimere una
conoscenza non codificata. Il soggetto di riferimento è il gruppo,
all’interno del quale iniziano a crearsi relazioni basate sulla
condivisione del sapere. Nella terza fase, definita “combinazione”, si
attua un processo di sistematizzazione delle conoscenze condivise e
gli apporti dei singoli individui vanno a incrementare il capitale
intellettuale
dell’azienda.
Nell’ultima
fase,
definita
“interiorizzazione”, l’individuo assorbe il sapere aziendale e lo
ricompone all’interno del proprio sistema mentale attraverso un
processo di codificazione della conoscenza.
114
Figura 3.1 – La spirale della conoscenza
Conoscenza
tacita
Conoscenza
esplicita
Conoscenza tacita
Conoscenza esplicita
SOCIALIZZAZIONE
ESTERIORIZZAZIONE
Condivisione tramite
esperienza
Esplicitazione tramite
metafore, analogie, modelli
Individuo
Gruppo
INTERIORIZZAZIONE
COMBINAZIONE
Apprendimento
tramite azione
Sistematizzazione tramite
categorizzazione
conoscenze
Organizzazione
Individuo
Organizzazione
Fonte: Nonaka I., Takeuchi H., op.cit., pp. 114-117 (nostro adattamento).
La conversione del sapere si delinea, dunque, come un processo
complesso che richiede un intervento attivo da parte
dell’organizzazione, che è chiamata a creare le condizioni che rendono
possibile la circolazione delle conoscenze e la loro trasformazione da
tacite a esplicite e viceversa. Le interazioni continue tra conoscenza
tacita ed esplicita che caratterizzano la spirale della conoscenza e le
modalità di creazione del sapere rendono necessario un mutamento
all’interno della struttura manageriale. Il modello top-down, classico
esempio di gestione gerarchica, non permette il libero scambio di
conoscenza poiché attua una rigida divisione fra il management che
programma e prende le decisioni e il resto dell’organizzazione che si
limita ad attuare le disposizioni. In questo contesto, la conoscenza
trasmessa è unicamente esplicita e non è possibile innescare il
processo di conversione del sapere tacito, detenuto dalla line
operativa. Il modello bottom-up, d’altra parte, si basa sul principio
115
dell’autonomia e quindi non prevede processi di interazione che
coinvolgono l’intera struttura organizzativa. In questo caso, la
mancanza di relazioni costanti con il vertice e la formazione di gruppi
di lavoro indipendenti non permette di esplicitare il know how
detenuto dai singoli individui. Per superare queste problematiche
all’interno della struttura gestionale Nonaka e Takeuchi propongono il
modello middle-up-down, in cui evidenziano l’importanza dei quadri
intermedi. Il vertice gerarchico e la base operativa possono interagire
attraverso il management intermedio che diviene un elemento di
trasmissione della conoscenza sia tacita che esplicita. Al nuovo
modello manageriale deve corrispondere, quindi, un mutamento della
struttura organizzativa in quanto sia la burocrazia che la task force non
permettono uno scambio costante di conoscenza.
La burocrazia, infatti, è una struttura nata per il controllo e la
gestione dei processi aziendali in periodi di stabilità e non permette
reazioni immediate al cambiamento e creazione di nuova conoscenza
in quanto l’obiettivo principale è il mantenimento dello status quo. La
task force, invece, è una struttura creata per rispondere a un evento
improvviso, che risolta la crisi, si scioglie rendendo inattuabile il
trasferimento della conoscenza.
Il modello proposto da Nonaka e Takeuchi è l’organizzazione
ipertestuale che è composta da tre strati fra loro interconnessi :
- il sistema di business a cui corrisponde la gestione burocratica,
una struttura in grado di mantenere lo status quo;
- il gruppo di progetto che porta alla creazione di nuova conoscenza
attraverso l’esperienza diretta di risoluzione;
- il patrimonio di conoscenza che viene codificato e catalogato
dall’organizzazione.
Il modello ipertestuale si muove, dunque, da un lato verso
l’efficienza centrale per mezzo del sistema burocratico e dall’altro
verso la flessibilità locale, ovvero la possibilità di un intervento
mirato.
116
3.4 Le caratteristiche del lavoro cooperativo in
rete
Gli strumenti tecnologici che hanno reso possibile la nascita
dell’organizzazione ipertestuale sono diversi: essi vanno dalle
applicazioni per l’amministrazione di database condivisi, a strumenti
per la gestione delle priorità nei processi collaborativi, dagli strumenti
di comunicazione sincrona e asincrona, fino ad agenti software
intelligenti in grado di supportare dinamiche collaborative. Questo
insieme tecnologico viene generalmente definito groupware. Anche se
in modo in parte improprio questa espressione raggruppa un elevato
numero di strumenti complessi, caratterizzati dalla capacità di favorire
la cooperazione attraverso l’interazione disciplinata e l’uso innovativo
delle tecnologie di rete. Esempi ne sono la posta elettronica, il
newsgroup, la videoconferenza, la chat o la telefonia IP.
Tradizionalmente questi strumenti sono categorizzati in base a due
variabili di riferimento: la variabile temporale (comunicazione
sincrona o asincrona) e la variabile spaziale (la cooperazione avviene
entro uno spazio condiviso o in remoto). Si modifica quindi il raggio
di azione entro cui questi strumenti sviluppano i loro effetti: le forme
di comunicazione che il groupware supporta non sono soltanto interne
ai confini proprietari delle organizzazioni, ma coincidono con la
mappa più allargata dei rapporti che l’organizzazione istituisce con
l’ambiente esterno.
In questo modo, rispetto ai sistemi informativi aziendali, gli
strumenti groupware spostano l’accento dal problema dell’efficienza
dei processi decisionali al tema più generale dell’efficacia delle
dinamiche di cooperazione. Gli strumenti di lavoro cooperativo
supportato da computer infatti puntano a stimolare lo scambio di
conoscenze e il ragionamento condiviso: una decisione presa di
comune accordo, così come la condivisione di schemi interpretativi
comuni, non è necessariamente il frutto di un processo più produttivo
ma può essere il presupposto per decisioni più appropriate o per una
maggiore motivazione del collettivo. Allo stesso modo un processo di
sviluppo di nuovi prodotti riorganizzato attraverso soluzioni per la
gestione del workflow non solo è più rapido, ma acquisisce
caratteristiche di trasparenza organizzativa, robustezza e replicabilità
fino a poco tempo fa inimmaginabili.
117
Quando si parla di lavoro cooperativo in rete risulta chiaro che si fa
riferimento a una serie di attività legate alla gestione della conoscenza,
che proprio per la sua natura immateriale permette di essere gestita,
trasferita, trattata superando i tradizionali vincoli spazio temporali
tipici dei processi produttivi finalizzati alla realizzazione di prodotti
materiali.
Pertanto le principali funzionalità su cui si fonda un sistema di
lavoro cooperativo sono essenzialmente rivolte alla gestione di
conoscenze, dati e informazioni. In particolare si tratta delle seguenti
funzionalità:
Collaborazione e condivisione di conoscenze: le capacità integrate di
collaborazione permettono agli utenti di innovare insieme dall’interno
di strumenti di produttività conosciuti. Sono importanti pertanto
funzioni come il calendario e le attività condivise, le discussioni in
linea, la possibilità di creare facilmente applicazioni e le homepage di
cartella, che aiutano i gruppi a collaborare. Così come un software di
videoconferenza o strumenti tipo white board, video, chat, e
condivisione delle applicazioni, permettono agli utenti non soltanto di
comunicare ma anche di collaborare intervenendo sul patrimonio di
conoscenze del team.
Gestione dei contenuti: grazie alle tecnologie di gestione dei
contenuti gli individui possono catturare, codificare e organizzare
esperienze ed idee in repository centrali che permettono di accedere in
modo trasparente e intuitivo al know how dell’intera organizzazione.
Si tratta in particolare di rendere possibili funzioni di
categorizzazione, pubblicazione e gestione di documenti e contenuti,
adoperando opportunamente i sistemi di Knowledge Management e
Data Mining.
Costruzione di banche-dati: le capacità di identificare e di analizzare
facilmente grandi quantità di dati (come informazioni statistiche, dati
quantitativi, etc.), permettono ai knowledge workers ad ogni livello
dell’organizzazione di comprendere meglio il proprio operato, di
avere un quadro trasparente dell’intera organizzazione.
Organizzazione di team work e comunità: la possibilità di creare
gruppi e comunità che uniscono organizzazioni disperse utilizzando
portali realizzati sulla base di tecnologie di ricerca e consegna
personalizzate e cross-enterprise è anch’esso un servizio strategico
connaturato ai sistemi di groupware.
118
Tracking e Workflow: i servizi di tracking, infine, permettono di
identificare le best practices misurandone i successi, mentre grazie
agli strumenti di workflow è possibile creare applicazioni di processo
che garantiscono l’osservanza e la misurazione delle pratiche stesse.
3.5 Il sistema di lavoro cooperativo per i progetti
con gli italiani residenti all’estero
Da un punto di vista operativo, affinché un sistema di groupware
tipo funzioni in modo efficace ed efficiente, ovvero le sue potenzialità
vengano sfruttate al meglio, gli utenti devono condividere e far propri
tre concetti chiave fondamentali, alla base di un qualunque processo di
lavoro cooperativo in rete. Si tratta in particolare di:
1. una nuova concezione della distanza;
2. nuove modalità di comunicazione e interazione;
3. una nuova visione della scrivania di lavoro.
1) L’impiego di un sistema di lavoro cooperativo in rete è in grado di
reinventare completamente il concetto di distanza sia da una punto di
vista temporale che spaziale. Se fino a qualche anno addietro le
variabili spazio/tempo rappresentavano due dei principali vincoli ad
una comunicazione intragruppo pervasiva ed estesa, perché ad
esempio nel caso di una riunione di lavoro era comunque necessaria la
compresenza di luogo e di tempo di tutti i partecipanti, attualmente
grazie al progresso ottenuto dalle moderne tecnologie informatiche e
telematiche, si ribaltano profondamente i principi cardine dei processi
di interazione tradizionali, e i vincoli di un tempo si trasformano in
vere e proprie opportunità: diviene possibile per persone di uno stesso
gruppo di progetto, ufficio, organizzazione, comunicare e lavorare
assieme in ogni momento e in ogni luogo esse si trovino. Infatti, uno
spazio di lavoro virtuale per le sue caratteristiche strutturali, in primis
quella di risiedere sulla rete, risulta accessibile da una qualunque
workstation dotata di un collegamento internet, riuscendo a ospitare
due o più persone fisicamente ma anche temporalmente distanti.
119
2) Certamente lavorare su un sistema di lavoro cooperativo in rete
in cui vengono meno i vincoli spazio/temporali delle comunicazioni e
delle relazioni interpersonali vis a vis, modifica radicalmente le
modalità di interazione e coordinamento tra i soggetti, in quanto le
dinamiche interattive tendono sempre meno a essere determinate dalla
compresenza delle persone e sempre più dalla condivisione di obiettivi
lavorativi e di strumenti di lavoro comuni (lo spazio virtuale). È
evidente che tali modalità dovranno essere ben conosciute e acquisite
dai soggetti coinvolti, se si intende dare vita a un ambiente di lavoro
virtuale dinamico e funzionale alle esigenze professionali. L’efficacia
e l’efficienza dei processi interpersonali dunque si baseranno sempre
meno sulle sensazioni legate a momenti di vicinanza e di confronto
faccia a faccia e sempre più sulla capacità di utilizzare in modo
appropriato i nuovi canali di comunicazione nonché un lessico
confacente all’uso delle tecnologie stesse.
Un altro aspetto che caratterizza in modo inedito le relazioni tipiche
di un ambiente di lavoro virtuale, riguarda l’impatto che l’uso degli
strumenti disponibili sui sistemi di groupware può determinare a
livello di riduzione dei tempi di lavoro. L’uso di sistemi telematici sul
lavoro infatti è in grado di semplificare, velocizzare e snellire i tempi
delle attività fra colleghi. Basti pensare alla riduzione temporale che si
ottiene gestendo un documento elettronico trasmesso via email
anziché cartaceo trasferito “di mano in mano” fisicamente. Queste
funzionalità, con i software più recenti, diventano standard di lavoro:
Eudora, un noto client di posta elettronica, mette a disposizione ormai
da anni una funzione – detta ESP – per la creazione di gruppi di lavoro
in rete che condividono cartelle sui computer degli altri membri del
team, così che i documenti non richiedono neanche più di venire
trasmessi, ma vengono modificati e letti dal Pc di origine. Microsoft
Office, dal canto suo, è completamente pensato per supportare, oltre
che l’attività del singolo utente, anche quella del gruppo di lavoro di
cui esso fa parte.
Infine, non possono essere tralasciate le implicazioni sui processi di
interazione e collaborazione determinate dagli strumenti di
comunicazione audio e video. L’utilizzo di strumenti come l’audio e
la videoconferenza vengono infatti a modificare radicalmente, in
modo in parte positivo e in parte negativo, le caratteristiche tipiche di
una relazione interpersonale. In particolare, le attività comunicative
120
virtuali, ad esempio le riunioni a distanza, incidono sui seguenti
aspetti:
- Coesione fra persone. La videoconferenza limita la coesione
sociale tra le persone: colleghi che interagiscono faccia a faccia
sviluppano una coesione maggiore di quanto non avvenga fra
quanti interagiscono esclusivamente via videoconferenza.
- Emozioni. I meeting via audio o videoconferenza rendono meno
visibile la componente emotiva e in genere la possibilità di
gestione dei conflitti è inferiore, per cui più facilmente che nelle
riunioni in presenza tendono a rimanere irrisolti.
- Partecipazione. I meeting via video e audio generano una
partecipazione più ordinata, ampia e distribuita e limitano i
comportamenti di deferenza verso la gerarchia. Di contro, rendono
difficile l’emergere di una leadership dominante.
- Cooperazione e conflitti. La comunicazione mediata dal computer
favorisce la cooperazione e limita i comportamenti conflittuali.
- Soddisfazione dei partecipanti. In generale i meeting video e audio
sono meno apprezzati psicologicamente dai partecipanti rispetto
alle riunioni tradizionali.
- Efficienza della riunione. Le riunioni in videoconferenza sono
egualmente o addirittura più efficienti di quelle faccia a faccia.
- Qualità delle decisioni. In questo caso bisogna fare un distinzione
tra ciò che viene percepito a livello personale dai partecipanti e il
risultato oggettivo raggiunto nel meeting virtuale. Le ricerche
condotte in questo ambito mostrano che nella pratica le decisioni
prese durante le riunioni a distanza non presentano una qualità
inferiore rispetto a quelle raggiunte negli incontri tradizionali,
tuttavia la percezione prevalente dei soggetti coinvolti è quella di
una minore qualità del risultato. Tale divergenza tra il risultato
oggettivo e la percezione dei singoli risiede soprattutto nella
difficoltà, durante le riunioni mediate, di “divagare” con
considerazioni personali.
3) Si modifica, infine, anche l’immagine della scrivania di lavoro.
Sempre meno essa è rappresentata da un piano di diversa fattura e
materiale, in cui trovano spazio molti documenti cartacei, un telefono
e magari anche un fax, penne, accessori di cancelleria e qualche
oggetto personale, e sempre più viene a coincidere con il desktop di un
monitor di un qualunque Pc collegato in rete, dal quale è possibile
121
accedere a un ambiente di lavoro virtuale, dove è possibile lavorare
individualmente ma anche in modo condiviso interagendo con
colleghi, collaboratori, referenti vari. La scrivania virtuale ha
un’immagine del tutto simile a un qualunque ambiente web,
navigabile in modo facile e intuitivo. In essa trovano spazio una serie
di funzionalità e servizi dedicati a varie attività: dalla redazione di
documenti alle riunioni in videoconferenza, dall’invio/ricezione di
messaggi di posta elettronica alla navigazione di siti web, magari in
modo condiviso con un collega.
3.6 Osservazioni conclusive
La possibilità di leggere in un’ottica di rete la diaspora italiana
all’estero, in definitiva, dipende in larga misura dalle tecnologie, e in
particolare dal sistema di lavoro cooperativo che supporta le stesse
iniziative progettuali. Qualsiasi attività dovrà basarsi su due categorie
principali di servizi e funzionalità: i servizi di comunicazione e quelli
per la condivisione di risorse.
Mentre i servizi di comunicazione sono funzionali allo scambio di
informazioni, ai dibattiti, ai confronti di opinione ed esperienze tra i
partecipanti; i servizi di condivisione di risorse permettono invece ai
partecipanti di memorizzare, gestire e condividere documenti; avere
informazioni su tutte le attività degli altri utenti all’interno dello
spazio condiviso sia in modalità sincrona sia asincrona150. Va
sottolineato che, poiché tale sistema generalmente funziona sul Web, i
materiali dovranno essere disponibili e gestibili da tutti i partecipanti
al di là dei software applicativi che possiedono presso la propria sede
di lavoro; dovrà essere sufficiente un qualunque browser per
collegarsi al sistema, navigabile come una qualunque pagina web.
150
Sincrona: tutti gli utenti possono accedere contemporaneamente allo stesso
documento apportando modifiche che vengono immediatamente visualizzate sul
computer di ciascuno. Asincrona: più utenti possono lavorare su un documento ma
in tempi diversi. Ciascuno deve perciò scaricare il materiale dal server di rete che
contiene le informazioni da condividere, apportare le modifiche e trasferirlo
nuovamente sul server nell'area di lavoro comune.
122
Mentre sono indubbi, dal punto di vista dell’organizzazione e dei
responsabili di progetto, i vantaggi di utilizzare le tecnologie di rete
per supportare i network di persone, va detto che, come dimostrato in
più di uno studio e in più casi sperimentali151, i network e le
community “virtuali” debbono affrontare, nel corso della loro vita,
due tipi di ostacoli principali:
a) una difficoltà iniziale, ovvero di start up, consistente nel
convincere i membri del network della convenienza di aderire ad
esso, e fare un investimento per apprendere le caratteristiche d’uso
delle opportune piattaforme tecnologiche impiegate;
b) una difficoltà in progress, consistente nel mantenere alto il livello
di interazioni che avvengono nel sistema di lavoro cooperativo.
Alla prima difficoltà bisogna rispondere in maniera articolata, sia
con un processo di promozione del sistema, del quale vanno
evidenziati i vantaggi e le opportunità che offre, sia con un processo di
formazione all’utilizzo dell’infrastruttura, che si configuri come un
equilibrato mix di acquisizione di skills e di training on the job, su
specifici casi e progetti reali. Più complesso, invece, il modo di
superare la “naturale” decadenza delle comunità virtuali, documentata
nella letteratura scientifica152.
Le comunità virtuali, infatti, hanno fasi di “picco” in cui i
partecipanti generano un elevato numero di messaggi e di interazioni
progettuali, cui seguono spesso fasi di “valle” in cui le interazioni si
riducono al minimo. Tale decadimento deriva, essenzialmente, dal
venir meno dell’interesse dei singoli, che pertanto assumono,
all’interno della community, un atteggiamento di “osservatori”,
riducendo la partecipazione alla vita e alle attività del network. Nelle
comunità professionali, basate sulla conduzione di progetti, ciò è
spesso indice di una impasse del progetto stesso, che può risultare
troppo difficile da portare a compimento senza apporti esterni, ovvero
dall’atteggiamento da free raider assunto da un elevato numero di
151
Turkle S., “Virtuality and its Discontents: Searching for Community in
Cyberspace”, in American Prospect, Winter 1996.v.24 Winter: 50 - 57; Herring S.
(ed.), Computer-Mediated Communication: Linguistic, Social, and Cross-Cultural
Perspectives, John Benjamins Publishing Co, Amsterdam, 1996; Rheingold H., The
Virtual Community: Surfing the Internet, Minerva Publishing, London, 1994.
152
Fernback J., Thompson B., Virtual Communities: Abort, Retry, Failure?, in
http://www.well.com/user/hlr/texts/VCcivil.html.
123
partecipanti, i quali, pur aderendo al gruppo, mantengono basso il loro
livello di partecipazione nella convinzione che il loro apporto sia tutto
sommato poco rilevante153.
Valide contromisure al decadimento delle comunità virtuali sono:
a) l’animazione continua della comunità, inizialmente realizzata
tramite soggetti individuati ad hoc, ma che nel tempo lasci il posto
ai “leader naturali” che emergono dalla comunità stessa;
b) la suddivisione, nel tempo, della comunità iniziale in più subcomunità (ad esempio legate a specifici progetti);
c) l’afflusso costante di nuove competenze (comunità aperta);
d) la stimolazione di convention reali, in cui i membri delle comunità
possano incontrarsi periodicamente faccia a faccia e rinforzando
dal vivo i loro legami virtuali.
In sintesi, sebbene i sistemi di lavoro cooperativo siano
fondamentalmente strutture “da pari a pari”, risulta cruciale, nella fase
iniziale, sviluppare una chiara visione della architettura generale del
sistema che si intende costruire. L’architettura, infatti, costruisce una
road map lungo cui misurare i risultati ottenuti, ma anche un valido
sistema per il management della variabilità, che in questo contesto va
intesa come la capacità della rete di riconfigurarsi in maniera dinamica
sulla base delle esigenze del progetto.
153
Olson M., The Logic of Collective Action, Harvard University Press, Cambridge
MA, 1965.
124
Capitolo quarto - Gli italiani famosi
all’estero
4.1 Premessa
Nella presente sezione sono raccolti alcuni profili biografici
approntati nell’ambito delle attività di ricerca del PPTIE - Programma
di Partenariato Territoriale con gli Italiani all’Estero che prendono
spunto dalle schede pubblicate nell’archivio documentale presente nel
sito del Progetto con il titolo di “Italiani all’estero famosi”154.
Tali schede sono state dedicate a italiani all’estero originari delle
Regioni Ob.1 – Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia,
Sardegna, Sicilia – che si sono particolarmente contraddistinti non
solo nel settore culturale, sociale ed imprenditoriale ma anche in
quello della ricerca e dell’università.
Dei 60 profili biografici disegnati nel corso del Progetto, per
evidenti motivi di spazio, soltanto 15 sono stati inclusi nella
pubblicazione, e si differenziano, per altro, dai primi per essere
arricchiti con notizie che meglio delineano la personalità del
personaggio ritratto.
Per comprendere le ragioni che hanno portato a privilegiare la
scelta di alcune figure e a escluderne altre, così come per facilitare la
lettura dei dati contenuti nell’archivio, è necessario porre alcune
precisazioni preliminari di carattere metodologico. Occorre, cioè,
chiarire quali sono stati gli strumenti e quali gli obiettivi della ricerca.
L’indagine è stata condotta principalmente esplorando i dati
disponibili nel Web con un obiettivo dominante, quello di mettere in
risalto quanti, emigrati o figli, nipoti di emigrati, o momentaneamente
residenti all’estero, hanno contribuito a restituire un’immagine
positiva dell’italianità nel mondo.
La maggior parte delle informazioni è stata rintracciata nei siti web
di Amministrazioni regionali italiane, Associazioni regionali di italiani
residenti all’estero, Fondazioni internazionali, Università, Istituti di
154
http://www.pptie.org/site/it-IT/.
125
ricerca, stampa on-line e siti internet personali. In alcuni casi ci si è
avvalsi di documentazione disponibile nelle librerie, in altri di notizie
e materiale fotografico forniti dalle persone prese in esame e
contattate mediante posta elettronica.
La scelta dei soggetti, operazione tutt’altro che semplice data la
mole di nomi a disposizione, è stata, invece, il frutto di una
valutazione che ha dovuto tener conto sia della popolarità e del
prestigio di un personaggio sia della sua provenienza geografica in
quanto ognuno di loro, come già detto, doveva essere originario di una
delle Regioni Ob.1.
A questi criteri di selezione seguono altri, non meno importanti ed
altrettanto vincolanti, che derivano, piuttosto, dalla necessità di
normalizzare i dati contenuti nei profili biografici. Per ciascuna
scheda, infatti, sono state fissate specifiche ben precise cui attenersi
nel limite del possibile. Ad esempio, in ogni biografia si doveva
descrivere con il massimo della precisione il settore in cui i
personaggi si sono contraddistinti e cosa hanno fatto; preferibilmente,
la storia della loro vita doveva includere la data, il luogo di nascita, le
origini e l’eventuale anno di emigrazione; allo stesso tempo, era
chiesto di fornire una evoluzione della carriera citandone l’eventuale
produzione bibliografica. La scheda doveva, infine, essere completata
con il materiale disponibile sull’individuo: fotografie e/o filmati
digitali, brani di discorsi tenuti, articoli scritti da lui o su di lui, etc.
Nel presente lavoro non è stato incluso, per ragioni di spazio, né il
corredo bibliografico riferito ai docenti e ai letterati né la rassegna
stampa e tutti gli altri dati in formato digitale riguardanti gli
imprenditori e i politici che compaiono, invece, nell’archivio
documentale del progetto155.
155
http://www.pptie.org/site/it-IT/.
126
4.2 Robert Viscusi
Italiani ed emigrazione
Tra gli esponenti più significativi della cultura italiana all’estero,
un posto di rilievo spetta a Robert Viscusi, docente di Letteratura
Inglese e Americana al Brooklyn College della City University di New
York, nonché fondatore e presidente della IAWA, l’Italian American
Writers Association.
Nel tentativo di ricostruire la propria identità di italiano attraverso
la conoscenza delle proprie radici, nel recente romanzo Astoria,
Viscusi tratta il tema dell’emigrazione in maniera diversa rispetto ai
clichè letterari delle storie di mafia o di cucina. Egli cerca, infatti, di
dare una lettura del fenomeno in chiave filosofico-intellettuale
arrivando persino a suggerire un parallelo tra le glorie napoleoniche e,
soprattutto, il periodo del Terrore, e l’emigrazione italiana:
«Dopo il periodo del Terrore venne la Rivoluzione francese, e
questa fase della storia segnò un netto cambiamento anche nelle
abitudini quotidiane: cambiarono i nomi dei mesi, dei giorni, e
cambiò, in generale, il modo di guardare la storia e il proprio
passato. Lo stesso ha fatto l’emigrazione: ha segnato un
cambiamento quasi epocale per il Sud Italia, che vedeva tante
sue famiglie andare via per cercare fortuna altrove. E, chi
partiva, una volta arrivato a destinazione, si trovava di fronte
una vita totalmente diversa, una cultura assolutamente diversa –
pensiamo anche alla realtà protestante, lontana dal mondo
cattolico europeo – ma soprattutto una lingua incomprensibile.
Emigrazione e Terrore, ognuno a suo modo, sono stati
cambiamenti epocali rispettivamente per l’Italia e la Francia».156
Il Prof. Robert Viscusi, insegna Letteratura inglese e americana al
Brooklyn College della City University di New York.
156
“Astoria: quando la ricerca delle proprie origini diventa romanzo”, in Notiziario
NIP , News ITALIA PRESS agenzia stampa, n. 168, Anno X, 29 agosto 2003.
127
La madre, originaria dell’Abruzzo, era emigrata negli U.S.A.
quando era ancora molto piccola, dopo la prima guerra mondiale,
insieme ai suoi genitori. Il padre, invece, è nato negli Stati Uniti da
una famiglia di origini campane, della provincia di Benevento.
Viscusi è anche direttore del Wolfe Institute for the Humanities
della City University (Istituto Wolfe per gli studi umanistici). Nel 1991
ha fondato l’Associazione degli Scrittori Italo-Americani (IAWA),
con sede a New York, che annovera circa mille iscritti ed è sempre
attiva in campo culturale con una fitta serie di manifestazioni. Inoltre,
è membro del National Endowment for the Humanities (Fondo
nazionale per gli studi umanistici) e del John D. Calandra Italian
American Institute (Istituto Italo-Americano John D. Calandra).
Oltre alla produzione letteraria legata all’attività accademica, ha
pubblicato opere di narrativa e poesia occupandosi della produzione di
autori italo-americani e dei rapporti di carattere letterario tra il mondo
italiano e quello anglo-americano.
Con il romanzo Astoria ha vinto nel 1996
il prestigioso American Book Award. Il
volume è stato tradotto in Italia e pubblicato
dalla Avagliano nel 2003.
Viscusi è anche autore di The Three Rules
of IAWA, e di un poema teatrale intitolato An
Oration upon the Most Recent Death of
Christopher Columbus. Ha pubblicato inoltre
numerosi saggi ed articoli sulla cultura e la letteratura italiana tra cui
spicca «Breaking the Silence: Strategic Imperatives for Italian
American Culture», apparso nel primo numero della rivista VIA:
Voices in Italian Americana e che è diventato il manifesto
dell’Associazione degli Scrittori Italo-Americani IAWA.
128
4.3 Regina Barreca
Umorismo ed ironia della nuova femminista
Regina Barreca è un’affermata scrittrice italo-americana, autrice
prolifica di romanzi umoristici e, allo stesso tempo, saggista,
giornalista di costume e docente universitaria.
Acclamata dalla critica come narratrice “colta e comica”, ha
conosciuto il primo successo con un romanzo dal titolo Mi
chiamavano Biancaneve: il senso strategico dell’humour nelle donne
che propone in stile comico le nuove teorie femministe157:
«Bisogna smetterla con queste vecchie idee meschine della
femminista come una dalla faccia dura e acida. Le femministe
non sono una tribù solitaria di donne che vivono in un loro
recinto isolate dal resto del mondo. Le femministe leggono i
libri di cucina ed accumulano i buoni sconto dai supplementi dei
giornali. Le femministe amano ballare, flirtare ed indossare
scarpe coi tacchi a spillo, molto spesso facendo tutte e tre le cose
allo stesso tempo».158
Una delle ultime fatiche dell’autrice, Don’t Tell Mama, è un
omaggio alla letteratura italo-americana che testimonia la qualità e
l’estensione del contributo italo-americano al mondo letterario.
Raccolta di scritti che va dal romanzo alla poesia, ma anche ai saggi e
agli articoli di giornali, dal 1800 ad oggi, l’opera si fa espressione
dell’unità e, allo stesso tempo, della ricchezza dell’esperienza italiana
in America raccontata con una sapiente dose di umorismo:
157
Titolo in inglese They Used to Call Me Snow White...But I Drifted - Women's
Strategic Use of Humor.
158
Barreca R., They used to Call Me Snow White, Penguin Books Inc., New York,
1991, p.1. Letteralmente: «These old narrow ideas of the feminist as a dour, sourfaced woman have got to go. Feminists are not a lonely tribe of women fenced off
from the rest of society. Feminists read cookbooks and clip coupons from Sunday
supplements. Feminists like to dance, flirt, and wear high heels, often doing all three
at the same time».
129
«Gli italoamericani durante la cena della domenica sera riescono
a divertirsi più di quanto altri gruppi etnici in due o tre anni
messi insieme».159
La scrittrice è nata a New York nel 1957 da padre siciliano
originario della provincia di Palermo. Si è laureata presso il
Dartmouth College nel 1979, quindi ha conseguito la prima
specializzazione presso l’Università di Cambridge nel 1981, in
Inghilterra, poi alla City University di New York nel 1987.
Attualmente insegna Letteratura Inglese e
Teoria del Femminismo all’Università del
Connecticut presso Storrs.
Come autrice di romanzi umoristici ha
pubblicato diversi best-seller tra cui, They Used to
Call Me Snow White, But I Drifted: Women's
Strategic Sense of Humor, che tradotto sarebbe, Mi
chiamavano Biancaneve ma ho cambiato: il senso
strategico dell’’humour nelle donne (1991); Sweet
Revenge: The Wicked Delight of Getting Even, in italiano, Dolce
vendetta: il perfido piacere di saldare i conti (1995); Perfect
Husbands - and Other Fairy Tales, ovvero, Mariti perfetti e altre
frottole (1993), e il recente Babes in Boyland: A Personal History of
Co-education in the Ivy League, in italiano, Bambini nella
maschiolandia: storia personale della co-istruzione nelle migliori
università americane (2005).
Ha inoltre curato il celeberrimo Don’t Tell Mama, ovvero, Non
dirlo a mamma (2002), che è una sapiente raccolta di saggi ed articoli,
dal 1880 ad oggi, che celebra ed esplora i legami complessi tra etnicità
e cultura.
Le sue opere sono state tradotte in Cinese, Tedesco, Spagnolo,
Italiano, Ceco e Coreano. Ha curato inoltre sette testi accademici.
Considerata un’esperta di femminismo dalla rivista “MS.”, la
scrittrice è sovente citata in prestigiose riviste quali “TIME”,
159
Letteralmente: «Let’s start with a cliché: Italian Americans have more fun during
a Sunday dinner than many other ethnic groups have in two or three years. Protest
all you want that I’m invoking a stereotyope, but please understand that you
argument in no way undermines may claim. I’ve not only attended these dinners,
I’ve cooked them», Barreca R., Don’Tell Mama, Penguin Books Inc., New York,
2002, p.1.
130
“Cosmopolitan” “Glamour”, “Self” e “Good Housekeeping” ed anche
in “USA Today”.
Nelle vesti di mass-mediologa è stata ospite assidua di trasmissioni
televisive di successo quali “20/20” , “Today Show” e “Ofra”.
Regina Barreca collabora inoltre con il “Chicago Tribune”, lo
“Hartford Courant”, ed ha pubblicato articoli per il “New York
Times”, il “Detroit Free Press” ed il “Baltimore Sun”.
4.4 Connie Fierravanti Wells
Una lady di origini irpine al Senato australiano
Il consistente patrimonio culturale italiano in Australia è il risultato
di diverse ondate migratorie che si sono succedute a partire
dall’Ottocento, la principale avvenuta nel dopoguerra.
In questo periodo, dei diversi gruppi di emigrati, gli italiani sono
stati certamente quello più numeroso, e al loro interno un ruolo
importante, seppur sommesso e poco appariscente, è stato svolto dalle
donne verso la modernizzazione della società australiana.160
A partire dagli anni Settanta, ad una diversa interpretazione della
figura tradizionale femminile nell’ambito delle famiglie di origine
italiana, si sono intrecciate anche le politiche che hanno incoraggiato
il multiculturalismo introdotte a vari livelli, grazie alle quali
160
«Le donne italiane sono state la voce silenziosa nella costruzione e la
modernizzazione di questa nazione…sia quelle di prima generazione che, con la loro
manodopera, sostenevano il mercato nero dei "sweat shops" (aziende che sfruttano i
lavoratori) – come sartorie, aziende di pulizie e ristoranti - quanto le donne di oggi
che hanno studiato all’università e hanno fatto carriera. ». Intervento di Teresa Crea
alla Commissione Anglofona del CGIE, Adelaide, 2 Novembre 2004, intitolata
Società, Integrazione, Evoluzione ed Innovazione Realtà e Prospettive delle Donne:
Mediatrici fra Culture e Generazioni. Commissione Anglofona del CGIE, in
www.australiadonna.on.net.
131
«la seconda e anche la terza e quarta generazione stanno
raccogliendo i frutti non solo della rivoluzione economica e
dell’ascesa sociale, ma anche dell’“affermazione culturale”»161.
In seguito a questi profondi cambiamenti, le donne italo-australiane
di seconda generazione sono andate affermandosi nei diversi campi
professionali tra cui il welfare e la politica 162. Tra le figure che si
sono imposte in questo ambito spicca il nome di Concetta (Connie)
Fierravanti-Wells, prima donna originaria dell’Italia ad essere stata
eletta al Senato australiano. Nonostante sia nata e cresciuta in
Australia, la senatrice tiene molto alla comunità italiana e al nostro
Paese dove viene spesso sia in visita ufficiale sia per trascorrervi
periodi di riposo.
Figlia di emigranti del paesino irpino di
Calistri, in provincia di Avellino, Connie,
all’anagrafe Concetta, nasce nel 1960 a
Wollongong (Nuovo Galles del Sud). Nelle scuole
della città riceve la prima formazione scolastica,
quindi si trasferisce a Canberra per iscriversi alla
National University dove si laurea dapprima in
Scienze Politiche e Lingue Europee (1980), poi in
Giurisprudenza (1982).
Dopo un anno di pratica presso uno studio
legale,
nel
1984,
diventa
procuratore
dell’Australian Government Solicitor’s Office di Canberra, quindi si
trasferisce a Sydney per occuparsi del settore legale ed amministrativo
fino al 1990. Nello stesso anno ritorna a Canberra e, dopo aver diretto
l’ufficio legale della Australian Quarantine and Inspection Service per
161
Ibidem.
Ibidem: «Le donne furono protagoniste e mediatrici del passaggio dalla grande
famiglia tradizionale al nucleo familiare moderno. Esse furono il fronte di
abbattimento delle tradizioni.… Si trattava di una lotta combattuta all’interno del
focolare domestico e riguardava i valori, il diritto a far carriera e alla libertà
personale. C’erano inoltre le contraddizioni/scontri tra due culture diverse, la cultura
tradizionale italiana nell’ambito familiare e la cultura anglosassone fuori casa.
Spesso questo portò ad un rifiuto della propria cultura d’origine. Ben presto diventò
una “lotta” tra le due culture e le donne furono forzate a scegliere.»
162
132
qualche mese, diventa consigliere ministeriale. Nel 1993 debutta nella
politica e diventa un’esponente del Partito Liberale. Dopo aver
rivestito numerose cariche a vari livelli viene eletta al Senato il 9
ottobre 2004 ed entra in carica in maggio dell’anno seguente.
La senatrice è sempre stata attiva all’interno della comunità italoaustraliana: nel 1990 viene eletta delegato per l’Australia del C.G.I.E.
mantenendo la carica fino al 1998; è inoltre Presidente del Com.It.Es.
di Sydney dal 1998 al 2000.
Proprio in riconoscimento al suo impegno, nel 1997 le viene
conferito il titolo onorifico di Cavaliere all’Ordine di Merito della
Repubblica Italiana.
Durante i frequenti incontri istituzionali in Italia, non ha mai
trascurato di sottolineare l’importante ruolo che la comunità italiana
svolge nel suo Paese:
«In Australia l’Italia ha un vero e proprio patrimonio di cultura,
interessi commerciali, di umanità di cui forse non è ancora
pienamente consapevole».163
4.5 Nancy Pelosi
La prima donna a presiedere la Camera dei rappresentanti
degli U.S.A.
Nancy D’Alessandro Pelosi è la prima donna a guidare dal 2002
un partito rappresentato al Congresso degli U.S.A. e a presiedere la
Camera dei Rappresentati U.S.A. dal Novembre 2006.
Ciò che la accomuna ad altre due celebrità del panorama politico
americano, Ella Grasso e Geraldine Ferraro, sono le sue origini
italiane, di cui va molto fiera:
«Gli italo-americani hanno dato un contributo alla vita sociale e
culturale degli Stati Uniti – ha spiegato – questo obiettivo è stato
163
http://www.adnkronos.com/Speciali/P_Mi/It/30.html.
133
raggiunto senza mai perdere di vista la ricchezza unica della
cultura italiana e l’importanza di preservare sempre l’amore per
questa ricchezza nelle future generazioni».164
Nancy Patricia è nata a Baltimora, nel
Maryland, il 26 marzo 1940, da Nancy
Lombardi e da Thomas D’Alessandro Jr, figlio
di emigrati campani. Nell’educazione della
ragazza la politica occupa un ruolo molto
importante, trasformandosi in una vera e
propria passione che eredita non solo dal padre,
deputato per cinque legislature alla Camera,
quindi Sindaco della città di Baltimora per due
mandati consecutivi, ma anche dalla madre,
casalinga con un passato di giurista, la quale aveva scelto di dirigere le
campagne elettorali del marito.
La sua formazione scolastica ha inizio nella città di Baltimora e si
completa presso la Notre Dame University ed il Trinity College di
Washington. Qui incontra il futuro marito, il californiano Paul Pelosi,
dal quale avrà 5 figli. Dopo il matrimonio, nel 1963, si trasferiscono
prima a New York quindi a San Francisco.
In realtà, nonostante l’amore per la politica, la carriera pubblica di
Nancy prende l’avvio ufficiale relativamente tardi, dopo che l’ultimo
dei suoi figli è diventato maggiorenne, quando si candida nelle liste
democratiche della California del Nord.
Dal 1987 è la rappresentante al Congresso dell’ottavo distretto
californiano, comprendente la città di San Francisco. Da sempre
conosciuta per le sue battaglie legate a problematiche sul degrado
ambientale e alla salute pubblica, nel 2001 è stata scelta come numero
due del Partito Democratico alle spalle di Dick Gephardt.
Nancy Pelosi è diventata inoltre una bandiera dei liberal: in prima
fila nella difesa delle nozze gay e contro i lobbisti di Washington,
risoluta nel chiedere l’inizio del ritiro delle truppe dall’Iraq, senza
argini nell’accusare l’amministrazione Bush di aver violato i diritti
civili con il “Patriot Act”, e tenace sostenitrice del “Protocollo di
164
La Repubblica, n. 257, 8-11-2006, p. 24.
134
Kyoto”, è capace di rappresentare come pochi ciò che prova la base
elettorale democratica165.
4.6 Gaetano Gagliano
Dalla linotype al colosso tipografico
Gaetano Gagliano è il fondatore e titolare di una delle più grandi
società di stampa e di comunicazione del Canada. La sua è la storia
dell’imprenditore fatto da sé, il sogno dell’emigrato in America che
diviene realtà.
Contadino siciliano di Cattolica Eraclea, in provincia di Agrigento,
a causa delle difficoltà economiche determinate da continue carestie e
prolungate siccità, nel 1954 sceglie di partire alla volta del Canada per
tentare una sorte migliore. In gioventù Gaetano ha trascorso alcuni
anni della sua vita nel Seminario dei Paolini ad Alba, in Piemonte,
dove ha imparato a stampare libri e giornali, perfezionandosi nel
settore tipografico.
Quando arriva in Canada, è impiegato presso una tipografia dove,
comunque, il misero salario che percepisce non basta a mantenere una
famiglia già numerosa come la sua: una moglie e cinque figli che, nel
corso degli anni, diventeranno dieci.
Con molto spirito di intraprendenza ed un pizzico di buona sorte,
Gaetano si licenzia dalla ditta deciso a intraprendere in proprio
l’attività tipografica. Acquista a rate una macchina stampatrice e
comincia a lavorare nel seminterrato della sua abitazione aiutato dalla
moglie e da alcuni famigliari166.
165
La Stampa, n. 295, 31-10-2006, p. 2.
«Gaetano Gagliano accarezza con affetto la piccola macchina da stampa. “Era
sistemata nello scantinato di casa mia”, dice, “e praticamente veniva azionata da
tutta la famiglia. I miei figli sono cresciuti a latte, pastasciutta e tipografia. Su questa
macchina stampavo biglietti da visita e carta intestata: con una mano infilavo nel
rullo il foglio bianco, il rullo stampava, e con l'altra mano tiravo fuori il foglio
stampato. Bisognava avere i movimenti sincronizzati, se no la macchina ti tranciava
le dita. Mi specializzai nella stampa delle partecipazioni di nozze e soprattutto di
quei bigliettini con i nomi degli sposi e la data del matrimonio che si mettono nella
166
135
Il lavoro ferve grazie alla crescente richiesta di connazionali che
accorrono sempre più numerosi alla prima e unica tipografia italiana
della zona. Col tempo la ditta è costretta a trasferirsi in spazi più ampi
e ad assumere operai. Da tipografia a gestione famigliare in pochi anni
arriva ad essere un’azienda vera e propria con uno sviluppo tale da
farla diventare uno dei colossi tipografici del Canada.
Oggi la St. Joseph Printing Corporation è tra le più grandi società
di comunicazione del Paese e gestisce quattro
piattaforme di affari integrate con oltre 2 mila
operai167. Nel primo settore, il St. Joseph Print
Group, rientrano la St. Joseph Printing di
Toronto, quella di Ottawa e di Thornhill. Il
secondo settore riguarda la creatività e lo
sviluppo dei contenuti e della grafica di vari
prodotti quali, ad esempio, i depliant pubblicitari.
Il terzo riguarda la distribuzione dei prodotti
realizzata attraverso una settantina di centri di
stampa collegati tra loro per via telematica, e sparsi in tutto il Canada.
Infine, il settore più recente, acquistato nel 2002, è quello editoriale.
Nei cinquant’anni di attività della sua azienda, Gagliano si è fatto
promotore di iniziative sociali e culturali volte a finanziare università,
ricerche, missioni di carità, che gli hanno procurato numerosi
riconoscimenti, tra cui, nel novembre 2005, l’alta onorificenza
dell’Ordine del Canada dal Governatore generale, e la Laurea in
Legge Honoris Causa dalla Ryerson University di Toronto.168
bomboniera», da “Gaetano Gagliano: come si crea un impero dal nulla”, in Corriere
Canadese,
12
Dicembre
2002,
p.
2,
in
www.corriere.com/viewstory.php?storyid=13267 .
167
La St. Joseph Printing Corporation è così composta: St. Joseph Content, St.
Joseph Print, St. Joseph Documents and Joseph Media.
168
«Quando il fondatore Gaetano Gagliano avviò la sua attività tipografica nel 1956
nella cantina di famiglia, aveva una famiglia numerosa da sostenere. Ma con i primi
fortunati affari Gaetano Gagliano pensò non solo a costruire una vita migliore per la
sua famiglia, ma anche per la comunità, devolvendo, sin dall'inizio, fondi per
iniziative di carità. Gaetano Gagliano stabilì questi come valori e principi guida
della St. Joseph Communications », da Cattolica Eraclea online: Cattolicesi nel
Mondo, a cura di Calogero Giuffrida, in www.cattolicaeracleaonline.it/pg192.html.
136
4.7 Gesualdo Mastruzzo
L’imprenditore che difende i marchi di qualità calabresi
Dal 2002 la Federazione dei Calabresi dell’Ontario (FCO)
organizza la manifestazione “Saperi e sapori” che riunisce in momenti
conviviali le varie comunità calabresi presenti in Canada con lo scopo
di promuovere la cultura calabrese nel mondo e mettere in contatto
l’imprenditoria locale con quella calabrese. Le ultime edizioni
dell’evento, tra gli altri obiettivi, si sono concentrate sul
finanziamento del Centro Calabria, ovvero la realizzazione di uno
spazio di aggregazione a disposizione dei calabro-canadesi non solo
per farli incontrare ma anche per organizzare convegni, spettacoli,
gala, ed incontri conviviali.
«La missione della nostra comunità vuole andare oltre il lasciare
un’impronta nella storia del Canada. Abbiamo il dovere morale
di dare l’esempio ai nostri discendenti di come siamo stati
onestamente protagonisti di quest’economia e, al contempo di
come abbiamo tenuto ben presente l’origine del nostro paese e
della nostra regione».169
A pronunciare queste parole è Gesualdo Mastruzzo, noto
imprenditore calabrese di nascita ma residente in Canada oramai da
molti anni, sovente impegnato nel sostenere e sponsorizzare iniziative
culturali che animano la comunità italo-canadese e, nella fattispecie,
vice-presidente della FCO.
È nato a Rosarno, in provincia di Reggio Calabria, nel 1950. A
vent’anni, come molti coetanei e corregionali, si trasferisce a Milano
per tentare la fortuna. Lì incomincia a lavorare come perito
elettrotecnico e, al contempo, frequenta la Facoltà di Scienze
Politiche.
169
“La grande casa dei calabresi a Toronto”, in Calabria Produttiva, Aprile 2006, p.
51, in http://www.calabriaproduttiva.it,
137
Ma il giovane, dotato di una personalità forte e ambiziosa, non si
accontenta di quel posto. Così, quando il suo direttore gli propone di
trasferirsi in Canada, accoglie la richiesta di buon grado, certo di poter
arricchire e ampliare la propria dimensione professionale.
Il nuovo Paese lo affascina soprattutto per le opportunità che offre
ad uno spirito intraprendente quale è il suo. Di lì a poco, Mastruzzo
imboccherà la strada giusta che lo porterà al successo imprenditoriale.
Dall’importazione su scala famigliare di pochi pacchi di caffè
destinati agli amici, in breve passa all’attività di importatore ufficiale
del caffè Mauro in Canada dove vivono quasi due milioni di nostri
connazionali. Diventa così l’importatore di altri prodotti tipici italiani,
quali, la Barilla, la Colussi, la Pernigotti, la Tre Marie, e la Fiorucci.
Un’altra svolta nella sua carriera
professionale avviene quando decide di
applicare ai piccoli prodotti regionali un suo
marchio, “Paese Mio”. In poco tempo il
marchio conquista una fetta rilevante nel
mercato canadese e si fa conoscere non solo
attraverso gli spot quotidiani sulle televisioni
nazionali ma anche grazie ad un occhio attento
al mercato e ai gusti italiani.
Attualmente Mastruzzo è il presidente di
una delle più importanti società canadesi di import-export, la
“Numage Trading”170.
170
Filippo Callipo, ex-presidente degli industriali calabresi e noto imprenditore nel
settore ittico per la produzione dell’omonimo tonno, di ritorno dall’iniziativa Saperi
e Sapori di Calabria, 19-23 Aprile 2006, organizzata dalla FCO, così commenta: «In
Canada ho visto intelligenze vivide e spiriti calabresi combattivi, ma anche tanta,
tanta voglia di fare impresa e, insieme, di avere rapporti con la Calabria… Un
ringraziamento pertanto a tutti i calabresi che in Canada, ad incominciare dal
presidente di Numage Trading, l’importante società di import/export, Gesualdo
Mastruzzo, si prodigano per difendere i marchi di qualità di cui la Calabria è
produttrice, nonché le nostre ricchezze ambientali e paesaggistiche. Senza la loro
fattiva intrapresa e assistenza oggi la Calabria soffrirebbe nel mercato globale una
solitudine tremenda», da Calabresi nel mondo opportunità sprecata, in
http://www.associazioneilcampo.com/ADMIN/meridione/file/52.pdf
138
4.8 Charly Chiarelli
Un cantastorie siciliano in Canada
Charly Chiarelli, italo-canadese, è un personaggio curioso, che
colpisce per le vite professionali parallele che riesce a condurre con
successo.
Oltre ad essere consulente del Ministero della Sanità per le Malattie
Mentali e le Dipendenze, Chiarelli è infatti un acclamato scrittore,
musicista, attore e narratore che si esibisce per le Tv, le radio e nei
teatri canadesi .
Calogero Chiarelli, ribattezzato Charly, è nato a Racalmuto e con la
famiglia si è trasferito in Canada nel 1949. È cresciuto vicino ad
Hamilton (Ontario), nell’area industriale a Nord-Est della città. Dopo
aver frequentato le scuole superiori di Westdale, si è laureato in
Psicologia e Linguistica alla McMaster University.
Ma è la cultura siciliana a segnare la
formazione del ragazzo che, proprio alla sua
famiglia, si ispira quando racconta
allegramente e con ironia le due storie Cu
Fù? e Mangiacake diventate molto popolari
in Canada.
Cu Fu?, dal dialetto siciliano Chi è stato, e
Mangiacake o Mangiadolci, termine burlesco
che gli italiani in Canada utilizzano
bonariamente per chiamare i non-italiani,
sono esilaranti monologhi scritti e recitati
dallo stesso Chiarelli che narrano la saga di
una famiglia siciliana attraverso la vicende di un ragazzo e di come
questi cresce e diventa canadese in un quartiere operaio della città di
Hamilton.
«Racconta com’è venir su in un quartiere siciliano nei pressi di
Hamilton…qualcosa in contrario? Forse non sapete che in quel
quartiere vivono più oriundi del paese natale di Charlie di quanti
ne rimangono nel paese stesso; così tanti che il sindaco di
139
Racalmuto ogni anno invita il sindaco di Hamilton perché –
rifletteteci su – questi governa molti più racalmutesi lui del
sindaco di Racalmuto. E, guardate, ogni tanto il sindaco di
Hamilton ci va».171
Chiarelli ha composto inoltre un libretto per una pièce sinfonica
intitolato The Birds Beyond, che lui stesso ha eseguito con la Kingston
Symphony. Ha scritto pure diverse storie per bambini tra cui, Ho Ho
Hum e Once Upon A Pizzeria (C’era una volta una pizzeria), narrate
in diversi programmi radiofonici.
Come virtuoso dell’armonica a bocca, Charly ha dato il suo
contributo in centinaia di registrazioni ma, soprattutto, nelle sue
rappresentazioni teatrali.
4.9 Antonio D’Alfonso
Quando la letteratura italiana si esprime in un’altra
lingua
Nel dibattito sempre aperto sul ruolo che hanno avuto e hanno
tuttora gli italiani nello scenario culturale del Canada e sul valore
dell’esperienza intellettuale italo-canadese e della letteratura che essa
ha prodotto, lo scrittore ed editore Antonio D’Alfonso si schiera dalla
parte di chi propugna il multiculturalismo e il plurilinguismo. I
ventotto anni di direzione della Casa Editrice Guernica con all’attivo
la pubblicazione di oltre 350 titoli di autori italiani e italo-canadesi,
gli hanno consentito di farsi un’opinione molto chiara e precisa
171
Letteralmente: «It’s about growing up in a Sicilian neighbourhood in
Hamilton…what, you got a problem with that? Maybe you don’t know there are
more people in that neighbourhood who come from Charlie’s village in Italy than
there are people left in that italian village; so many that the Italian mayor of
Racalmuto invites the mayor of Hamilton for a visit every year because - think about
this, now - the mayor of Hamilton rules over more Racalmutese than the mayor of
Racalmuto; and hey sometimes the mayor of Hamilton goes.», da “Cu’ Fu is What’s
Good for You”, in Toronto National Post, 2-12-1999.
140
sull’argomento. D’Alfonso, infatti, è convinto che si debba prendere
atto dell’esistenza di una cultura italo-canadese che non parla solo
l’italiano ma si esprime nella lingua del paese che ospita gli italiani
che hanno lasciato l’Italia, quindi, in francese, in inglese e in
spagnolo.
«Esiste un’identità italocanadese, ma sta sotto la cenere. La
cenere è rappresentata dai luoghi comuni con i quali veniamo
identificati e ai quali noi stessi facciamo ricorso… Se sapremo
scrollarci di dosso la cenere, ci accorgeremo che esistono una
cultura italocanadese e quindi una produzione letteraria di
grande dignità. Ma dobbiamo essere noi i primi a prendere
consapevolezza di ciò. Per quello che riguarda l’Italia, deve
accettare che la letteratura italiana all’estero possa anche non
esprimersi in italiano perché il commonwealth culturale che
abbiamo creato è grande quanto il mondo, e nel mondo non si
parla solo l’italiano. La cultura italiana proprio per la sua
specificità ha diritto di cittadinanza in ogni parte del mondo, se
non altro perché ha dato ospitalità anche alle eresie.»172
Parole che trovano una conferma nel conferimento allo scrittore di
uno dei più prestigiosi riconoscimenti letterari del Canada, il Trillium
Book Award proprio nella categoria delle opere scritte in francese.173
Il romanzo premiato Un vendredi du mois d'août, è in lingua francese
ed è la continuazione di Fabrizio's Passion edito dal 1997 al 2002 in
francese, inglese e italiano174.
Antonio D’Alfonso è scrittore, editore e critico cinematografico,
canadese di nascita ma di chiare origini italiane. Egli, infatti, è nato a
Montreal nel 1953 da genitori molisani nativi di Guglianesi
(Campobasso).
Dopo aver frequentato scuole inglesi e francesi, si è laureato al
Loyola College con una tesi su Mouchette, un film di Robert Bresson.
172
Antonio Maglio, “Quella risorsa nascosta sotto la cenere”, in Corriere Canadese,
1-10-2001, in http://www.bibliosofia.net/files/Ant.htm.
173
Poliacheni M., «Antonio D’Alfonso vince il Trillium con “Un vendredi du mois
d'août”»,
in
Corriere
Canadese,
29-4-2005,
in
http://www.bibliosofia.net/files/Ant.htm.
174
Lo scrittore ha ricevuto il Trillium Boook Award il 25-5-2005.
141
Nel 1978 ha fondato la Casa Editrice Guernica con la quale ha
curato più di 350 titoli di autori di tutto il mondo.
Ha lavorato, inoltre, come critico per numerose riviste canadesi, in
lingua inglese, francese e italiana.
Ha prodotto tre cortometraggi e ha collaborato sia come soggettista,
sia come cameramen e regista di diversi film.
Tiene costantemente conferenze su cinema e letteratura e sulle
tematiche legate al multiculturalismo in Canada, U.S.A. ed Europa.
Come scrittore, D’Alfonso ha pubblicato
diversi libri in Francese e in Inglese. Nel
1987 ha pubblicato una raccolta di poemi in
versetti intitolata L’autre rivage (L’altra
sponda) che ha riscosso un notevole successo
di critica .
La versione inglese, The Other Shore,
fotografa le mediazioni sulla dislocazione
culturale e i conflitti del vivere in contesti
culturali diversi. Tale conflitto è una realtà
concreta per D’Alfonso come testimoniato
dalla pubblicazione dei suoi libri in edizioni distinte in lingua
Francese e Inglese come: L’Amour panique (1988) e Panick Love
(1992), Avril ou l’anti-passion (1990), Fabrizio’s Passion (1995),
infine, il premiato Un vendredi du mois d’août (2005).
4.10 William Donato Phillips
Un Nobel di origini lucane
Il dr. William Donato Phillips, scienziato, dottore in Fisica,
ricercatore del National Institute of Standard and Technology (NIST)
di Gaithersburg (U.S.A.), nel 1997 è stato insignito del Premio Nobel
1997 per la Fisica congiuntamente a Steven Chu, Claude CohenTannoudji per aver sviluppato metodi di raffreddamento e cattura
dell’atomo con l’utilizzo della luce laser:
142
«Sono molto contento di poter condividere il premio con Steven
Chu e Claude Cohen-Tannoudji. Il premio congiunto sottolinea
che tale lavoro non è stato condotto in isolamento. I colleghi nel
mio settore mi hanno influenzato profondamente regalandomi
abbondanza di stimoli e di aiuto. Lo studio cui viene conferito
questo premio è il risultato di un enorme sforzo condotto da
molte altre persone. La vitalità dell’ambiente di ricerca al NIST
e la qualità scientifica del mio gruppo sono stati indispensabili a
quanto realizzato».175
Il dr. Donato Phillips è nato il 5 novembre
1948 a Wilkes-Barre in Pennsylvania, cittadina
nei pressi di Kingston, da madre italiana, Mary
Catherine Savino (divenuta poi Savine), nativa
di Ripacandida, in provincia di Potenza, che
emigrò con la famiglia ad Altoona in
Pennsylvania, nel 1920.
Come i genitori, frequenta il Juniata
College, quindi si laurea nel 1976 in Fisica al
Massachusetts Institute of Technology (MIT).
La sua tesi è incentrata sulla misurazione del
momento magnetico del protone in H2O.
Nel 1978 entra a far parte dell’Istituto NBS (che diventa poi il
National Institute of Standards and Technology - NIST) e lavora con
Ed Williams and Tom Olsen sulle misurazioni di precisione del valore
del protone giromagnetico e dell’Ampére assoluto.
Nel 1997 riceve il Nobel per il notevole contributo offerto nel
campo degli studi sull’atomo e nella realizzazione di strumenti
elettronici che hanno consentito, con sperimentazioni, di ottenere le
175
Letteralmente: «I am thrilled to share this prize along with Steven Chu and
Claude Cohen-Tannoudji. The joint award emphasizes that this work was not done
in isolation. My colleagues in this field have influenced me profoundly and given
me an enormous amount of help and stimulation. The research honored by this prize
is the result of a huge effort by many other people. The vitality of the research
environment at NIST and the scientific quality of my group have been essential to
what we have accomplished.», dal discorso di ringraziamento del Dr. William D.
Phillips
alla
consegna
del
Nobel,
1997,
in
http://physics.nist.gov/News/Nobel/phillips.html.
143
più basse temperature mai raggiunte e di collaudare un metodo per
misurare la temperatura degli atomi raffreddati: il metodo ha dato la
possibilità di fermare un fascio di atomi con 1’utilizzo della luce laser
e di bloccarli in una trappola magnetica. Le proprietà della materia
permettono a ciascun atomo di mantenere invariata la propria
individualità: tale metodo consente anche di studiare le caratteristiche
fondamentali della materia con la conseguente apertura di nuovi
orizzonti scientifici in diversi campi della metrologia della
navigazione spaziale:
«Gli orologi atomici sono i più accurati cronometri mai fatti. E
sono essenziali sia per il futuro della vita moderna sia per la
sincronizzazione della comunicazione e delle operazioni ad alta
velocità del sistema globale di posizionamento che guida gli
aerei, automobili e navi. I limiti degli orologi atomici
provengono dal movimento termale degli atomi: quelli caldi si
muovono rapidamente e soffrono dei cambiamenti del tempo,
come già predicato dalla teoria della relatività di Einstein.
Noi possiamo raffreddare le cose riflettendo la luce laser su di
esse. In questo modo, possiamo raffreddare i gas meno di un
milionesimo di un grado al di sopra dello zero assoluto. Il lento
movimento degli atomi in un tale gas ci permette di fare orologi
ancora più accurati, talmente buoni che potrebbero guadagnare o
perdere solo un secondo in trenta milioni di anni ».176
176
Lezione del dr. William D. Phillips al Convegno Almost Absolute Zero: the
coldest staff in the Universe, tenutosi all’Università di Pisa il 28-03-2003, riportata
in Gioiosa M., “Le radici lucane di un nobel”, in Mondo Basilicata, n. 9, 2002, p.35,
in http://www.consiglio.basilicata.it/mondo_basilicata/mb02/mb02_09.pdf
144
4.11 Charles Gargano
L’ingegnere italoamericano che ricostruirà Ground Zero
«Ingegnere professionista, Ambasciatore, Funzionario Pubblico,
Leader civico, Presidente ed Amministratore Delegato, Lei,
Charles A. Gargano, è un uomo in grado di prendere delle idee e
realizzarle. Noi La onoriamo per i successi conseguiti nel
mondo dello sviluppo ed anche per il Suo apporto alla città ed
allo Stato di New York, specie a noi ed ai nostri vicini di Lower
Manhattan… Per i Suoi numerosi successi professionali e per la
Sua dedizione al rinnovamento dello Stato e della città di New
York, la Pace University ha l’onore di conferirLe la laurea
honoris causa con tutti i diritti ed i privilegi che ne
conseguono».177
Charles Gargano è un imprenditore che gode di una notevole
fama negli U.S.A. grazie ai diversi incarichi prestigiosi che ricopre, tra
cui quello di Ministro dello Sviluppo Economico dello Stato di New
York (State Department of Economic Development). E, nonostante sia
un americano a tutti gli effetti, si considera molto legato alle proprie
origini italiane di cui va molto fiero178.
177
«Professional engineer, ambassador, public servant, civic leader, chairman and
chief executive officer, you, Charles A. Gargano, are a man who can take ideas and
find a way to make them real. We honor you for your achievements in the world of
development as well as for your contributions to the city and state of New York,
especially to us and our neighbors in lower Manhattan…For your many professional
accomplishments and for your dedication to the renewal of New York State and
City, Pace University is honored to confer upon you the degree of Doctor of
Commercial Science, honoris causa, with all the rights and privileges pertaining
thereunto», da Charles A. Gargano, Doctor of Commercial Science, Laurea honoris
causa
della
Pace
University,
25
Maggio
2005,
in
http://appserv.pace.edu/execute/page.cfm?doc_id=15477
178
«È vero, sono realmente orgoglioso della mia eredità italiana. Io sono nato in
Italia e credo che questa identità italica abbia contribuito in modo significativo alla
mia carriera ed al mio successo professionale. Ho avuto un forte supporto dalla mia
famiglia, mi hanno dato la forza di cui un giovane ha bisogno per crescere ed
affrontare le difficoltà della vita in maniera diretta e senza timori. È nell’indole
italiana non temere le avversità ma farne impulso vitale per costruire la propria
145
Il paese in cui è nato nel 1934, infatti, si trova in Italia, ed è
Sant’Angelo dei Lombardi, in provincia di Avellino.
Dopo aver trascorso i primi quattro anni di vita in terra campana,
Gargano si trasferisce con la famiglia a New
York nel quartiere di Brooklyn. Qui frequenta
l’Università di New York conseguendo
dapprima una laurea a pieni voti in Legge, poi
un MBA (Master in Business Administration)
ed un altro in Ingegneria civile. Inizia la sua
carriera come assistente ingegnere nel 1956
quando entra a far parte della Società
Autostrade. Nel 1961 passa alla John Oeschlin
Inc. dove lavora sempre come ingegnere. Nel
1963 passa alla J.D. Posillico Inc. come Vice Presidente, mentre nel
1984 entra nella Società Engineers, Designers & Developers di cui
diventa Presidente e General Manager per lo sviluppo. Nel 1981
ottiene il prestigioso incarico di Amministratore Federale per il
trasporto urbano del Ministero del Trasporto sotto la presidenza di
Ronald Reagan.
Nel 1988 è nominato Ambasciatore per la
Repubblica di Trinidad e Tobago, carica che mantiene anche con il
Presidente George Bush fino al 1991. Dal 1995 ad oggi siede nella
poltrona di Presidente e Amministratore Delegato dell’Empire State
Development Corporation, dal 2003 incaricata della ricostruzione di
Ground Zero, a Manhattan.
Gargano è sempre attento a promuovere la cooperazione bilaterale
tra Stati Uniti e Italia, con particolare attenzione ai rapporti tra aziende
italiane e statunitensi, ed è presidente della “Fondazione
italoamericana Columbus”. Il suo impegno per migliorare le
condizioni di vita degli italiani in America e all’estero gli ha valso
diverse onorificenze. Oscar Luigi Scalfaro lo ha nominato Cavaliere
dell’Ordine dei “Commendatori” della Repubblica d’Italia e Sandro
Pertini Cavaliere dell’Ordine dei Meriti della Repubblica.
personalità.», da “Charles A. Gargano, l’italico che ricostruirà il World Trade
Center”, in Notiziario NIP, News ITALIA PRESS agenzia stampa , n. 97, Anno X,
21 maggio 2003.
146
4.12 Rudolph Giuliani
Giuliani, The rock
Il firmamento politico statunitense è costellato di tanti nomi di
italo-americani; basta pensare soltanto ad alcuni di questi funzionari
eletti per farsi venire in mente personaggi del calibro di Fiorello La
Guardia, benamato Sindaco di New York dal 1931 al 1944; Ella
Grasso,
primo
Governatore
donna
americano
designata
indipendentemente (cioè senza succedere al marito); Geraldine
Ferraro, membro del Congresso e prima donna a concorrere alla carica
di Vice Presidente nel 1984; Mario Cuomo, Governatore di New York
per tre mandati dal 1982 al 1994; Nancy Pelosi, prima donna nominata
Presidente del Congresso alle elezioni di medio termine del 2006; e,
infine, Rudolph Giuliani Sindaco di New York dal 1993 al 2001, che
occupa un posto speciale nell’elenco dei leader più benvoluti dai
propri concittadini.
La sua è l’avventura di un sindaco che ha sperimentato in prima
persona la tragedia dell’11 Settembre e che si è trasformato da
“Mussolini dell’Hudson” a “nuovo Churchill”179 per aver rimesso in
sesto la città in breve tempo dopo il terribile attacco terroristico.
“L’eroe dei newyorchesi”, come titolava il New York Times
all’indomani della sciagura dell’11 Settembre 2001:
«…è arrivato subito ed è entrato immediatamente nel secondo
grattacielo, rischiando di trasformarsi in cenere insieme agli
altri. S’è salvato per miracolo. Ha dimostrato un’eroica
efficienza. E nel giro di quattro giorni ha rimesso in piedi New
York. Una città che ha nove milioni e mezzo di abitanti, e quasi
due nella sola Manhattan. Come ha fatto, non si sa. Era il
generale che partecipava di persona alla battaglia, il soldato che
si lanciava all’attacco gridando: “Forza, gente, forza, svelti!”. In
179
«…il sindaco che quando ha risanato la città è stato definito il “Mussolini
sull’Hudson”, mentre ora che ha semplicemente fatto il suo dovere dicono sia
diventato “il nuovo Churchill”.», da “Ancora Giuliani”, Il Foglio, 25 Settembre
2001, p. 1.
147
televisione per farci coraggio ha detto la famosa frase: “The first
of the human rights is freedom from fear. Do not have fear”. Il
primo dei diritti umani è la libertà dalla paura. Non abbiate
paura…Dovremmo ringraziarlo anche noi italiani, Rudolph
Giuliani. Ringraziarlo perché, avendo un cognome italiano ed
essendo oriundo italiano, ci fa fare una bella figura all’estero e
davanti al mondo intero. Sì, Rudolph Giuliani è stato un
grandissimo sindaco ed è un grandissimo leader»180.
Probabile candidato dei repubblicani nella corsa alle prossime
elezioni, Rudolph Giuliani è nato a Brooklyn nel 1944 da genitori
siciliani.
Nel 1961 si diploma al Bishop Loughlin
Memorial di Brooklyn. Nel 1965 ottiene una
prima laurea (la bachelor degree) al Manhattan
College, Università comunale del Bronx, e nel
1968 si laurea in Legge alla prestigiosa “Law
School” presso la New York University. Nel
1970 Giuliani entra a far parte dell’Ufficio del
Procuratore Distrettuale di Manhattan. Tre anni
dopo, appena ventinovenne, diventa capo del
settore narcotici. Nel 1975 è nominato assistente
del Vice Ministro della Giustizia e si trasferisce
a Washington.
Nel 1977 torna a New York e lavora come avvocato presso uno
studio legale di fama.
Nel 1981 è nominato Assistente del Ministro della Giustizia, la
terza carica del Dipartimento di Giustizia.. Due anni dopo il
Presidente Ronald Reagan lo nomina Procuratore Federale del South
District di New York. Qui si conquista il soprannome di “Procuratore
di ferro”, per la tenacia con cui conduce la lotta alla droga e al crimine
organizzato. Ma è attento anche agli speculatori di Wall Street e alla
corruzione degli apparati burocratici.
180
Rossi J, “11 Settembre: salva per miracolo”, in Romagnoli nel Mondo, 11-092001, in
http://www.emilianoromagnolinelmondo.it/wcm/emilianoromagnolinelmondo/rubric
a/vostre_storie/11settembre_giusyrossi.htm
148
Lavora con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, nelle indagini
sulla mafia e il narcotraffico. Stabilisce un record di severità: 4.512
condanne e solo 25 assoluzioni. Nel 1989 abbandona la carica di
procuratore e si candida per i repubblicani alla poltrona di sindaco di
New York. Al primo tentativo viene sconfitto per pochi voti (meno di
16 mila) dal democratico David Dinkins. Ma nel 1993 si prende la
rivincita e diviene sindaco della “Grande Mela”. Governa con pugno
di ferro una metropoli in piena emergenza criminalità. Durante il suo
mandato sono dimezzati gli omicidi, ridotti al 30 per cento i principali
reati e New York scende al trentaduesimo posto nella classifica delle
città più violente d’America. Tutto all’insegna della teoria della
“tolleranza zero” e delle “finestre rotte”, vale a dire non accettare la
benché minima infrazione, per evitare reati più gravi:
«Perché – sostiene Giuliani – la criminalità nasce dalla
tolleranza dei peccati veniali, che in breve si trasformano in
mortali».
A volte, la sua fermezza viene criticata e la polizia di New York è
spesso accusata di uso eccessivo della forza. I cittadini di New York
ne apprezzano comunque l’operato tanto da rieleggerlo nel 1997.
Durante il suo mandato i newyorkesi votano il term-limits, una norma
che stabilisce che una carica elettiva non può più essere rinnovata, a
livello statale, per più di due mandati. Nel 2000 è pronto a sfidare
Hillary Clinton per il seggio del Senato lasciato libero dal democratico
Daniel Patrick Moynihan. Ma scopre di avere un tumore e decide di
rinunciare per onestà nei confronti degli elettori. Il gesto gli vale
attestati di stima anche da parte dei democratici. Al suo posto corre il
giovane Rick Lazio, sconfitto dalla first lady uscente.
Personaggio di grande carisma, dopo l’attentato dell’11 Settembre
2001, Giuliani trascorre le sue giornate presso quello che resta del
World Trade Center. Segue gli scavi, cerca di dare conforto ai parenti
delle vittime, si erge a simbolo della New York che stringe i denti.
Lui, lo “sceriffo” della tolleranza zero, predica il rispetto nei confronti
degli arabi, per “fermare l’odio”. Persino il New York Times, suo
eterno bacchettatore, titola: “Giuliani è noi”.
149
4.13 Angelo Mozilo
Il manager premiato per l’impegno umanitario
Il nome di Angelo R. Mozilo, dirigente del settore bancarioimmobiliare tra i più quotati, va ad infoltire il lungo elenco di
personaggi con radici italiane che si sono imposti sulla scena
imprenditoriale per capacità e talento.
Da uomo sensibile alle problematiche sociali proprio per aver
sperimentato in prima persona gli ostacoli che impediscono ai meno
fortunati di seguire un adeguato cammino formativo181, Mozilo
patrocina associazioni come la Horatio Alger che mette a disposizione
fondi per borse di studio in favore di studenti meritevoli, e partecipa ai
consigli direttivi di varie Università e della National Italian American
Foundation da cui ha ricevuto riconoscimenti per il suo “impegno
umanitario”.
E proprio per la NIAF, così come per altre istituzioni impegnate
nella promozione della cultura italiana, il manager italo-americano
sembra nutrire una stima senza confini perché consapevole del ruolo
che queste giocano nel tener vive le origini e le radici italiche:
«Penso che facciano un lavoro stupendo. Per me e per la mia
generazione – figli di emigranti, coi nonni nati in Italia e
sbarcati in America alla fine del 1800 – è un conforto sapere che
vi sono queste istituzioni a mantenere in vita le nostre radici e le
nostre origini182».
181
«La mia istruzione è stata la principale preoccupazione per la mia famiglia; ciò di
cui si parlava a casa era quello che potevo fare se avessi studiato… La mia famiglia
era relativamente povera e sono orgoglioso, grazie al loro sostegno, al loro supporto,
orgoglioso di essere riuscito a costruire un’azienda leader in America». Tradotto da
“Angelo R. Mozilo: A success with Italian roots”, in News Italia Press, 5 Febbraio
2004, in www.newsitaliapress.it.
182
“Angelo R. Mozilo: A success with Italian roots”, in News Italia Press, 5
Febbraio 2004, in www.newsitaliapress.it. Letteralmente: «I think they’re doing a
fantastic job. For me and my generation – born of emigrants, our grandparents were
born in Italy and arrived in America at the end of the 1800s – it’s comforting that
these institutions exist to keep our roots and our origins alive».
150
Di origini siculo-campane, Mozilo è nato a New York nel 1930, si
è laureato in Marketing e Phylosophy presso la Fordham Univerisity
nel 1960 per poi specializzarsi in Real Estate Law presso l’Università
di New York nel 1961.
Nel 1969, con alcuni partner, fonda la
Countrywide a Calabasas in California, di cui
oggi è Amministratore Delegato e Presidente del
Consiglio di Amministrazione. A quel tempo la
Countrywide fu la prima azienda nazionale del
settore. Oggi è una delle più importanti
compagnie in campo finanziario immobiliare e
nei servizi collegati. La Finanziaria è
parte dell’S&P 500, Forbes 500 e Barron 500,
vanta più di 520 uffici in U.S.A. e risorse umane che raggiungono le
30.000 unità.
L’imprenditore è inoltre membro dei consigli della NIAF, National
Italian American Foundation, della National Building Museum
Society, della Los Angeles Philarmonic Association, nonché del
Consiglio d’Amministrazione della Fordham University e della
Gonzaga University.
Tra i recenti riconoscimenti conferitigli, si ricordano il premio
“Albert Schwenzer” per le attività svolte per i giovani d’America; lo
“Special Achievement Award for Humanitarian Service” della
National Italian American Foundation; il premio “Jane Wyman
Humanitarian Service” della Arthritis Foundation; la “Medaglia
d’Onore” della Hellis Island, e nel 1999 il premio “Executive of the
Year” consegnato in occasione della MBA Western Secondary Market
Conference.
151
4.14 Dennis Tito
Il primo turista tra le stelle
Dennis Tito, figlio di immigrati originari di un paesino della
Campania e sbarcati a New York con le valigie di cartone, non è
soltanto il titolare di un impero nel settore delle consulenze finanziarie
(è fondatore e Presidente della terza più importante società del settore
degli Stati Uniti), ma è anche il primo cosmonauta ad aver partecipato
dietro pagamento alla missione spaziale nella stazione orbitante Alpha
nell’Aprile 2001.
«È stata un’esperienza entusiasmante che è andata al di là di
tutte le mie aspettative e ha lasciato un segno profondo nella mia
vita di essere umano. Vorrei che tante altre persone, soprattutto
artisti, potessero andare nello spazio per poter lasciare una
traccia nella nostra cultura, nella musica, nella poesia e nei
romanzi…dormire in condizioni di assenza di gravità è
incredibilmente rilassante e i panorami che si godono da 400
chilometri di altezza danno un’emozione che non è possibile
descrivere a parole».183
Figlio di poveri emigranti campani emigrati negli U.S.A., il padre
stampatore e la madre sarta, Dennis Tito nasce a New York l’8
Agosto1940. Nel 1963, a ventitrè anni, si laurea in ingegneria
aeronautica presso l’Università della California.
Il suo sogno, fin da bambino, è quello di fare l’astronauta.
Desiderio che non potrà realizzare agli inizi degli anni ’60 quando si
vede negare dalla NASA la possibilità di viaggiare nello spazio poiché
privo dei requisiti fisici necessari per affrontare il duro allenamento
previsto.
Tuttavia proprio alla NASA trova il suo primo impiego e viene
assunto nel laboratorio di Pasadena dove collabora alla realizzazione
di tre missioni Mariner, le sonde che fotografarono Marte e Venere
183
Da “Intervista a Dennis Tito al suo ritorno negli Stati Uniti”, in CNN, 10 Maggio
2001, in http://www.spaceadventures.it/news13.htm
152
per la prima volta. Dennis Tito era uno degli ingegneri che calcolava
le rotte delle navicelle americane, dalla Terra al Pianeta rosso.
Nel 1972 lascia la NASA e fonda la sua attività finanziaria, la
Wilshire associates Inc.. La società è una delle prime al mondo ad
elaborare al calcolatore le traiettorie degli investimenti ed è oggi la
terza più importante nel settore degli investimenti finanziari negli Stati
Uniti.
Agli inizi degli anni ’90, gli
strepitosi successi della stazione
spaziale sovietica Mir, a quel tempo
rinomata per le sue qualità ma con
enormi
difficoltà
economiche
sopraggiunte con il crollo del regime
sovietico, stuzzicano i desideri
inappagati di Tito di diventare
un’astronauta. L’imprenditore corre a
Mosca per proporsi come il primo
cosmonauta pagante. Dopo una serie di
trattative con la Russia, Tito entra a far
parte di una missione spaziale che gli
consentirà, dietro versamento di 20
milioni di dollari, di trascorre qualche giorno nella nuova stazione
orbitante Alpha che i russi condividono con i statunitensi.
Dopo un training di settecento ore presso il “Centro Yuri Gagarin”
nella Città delle Stelle, vicino a Mosca, il miliardario italo-americano
conquista lo spazio il 28 aprile 2001 alle 11:37, ora di Mosca, a bordo
della navicella “Soyuz Tm-32”.
Torna sulla Terra il 6 maggio successivo, dove continua la sua vita
da finanziere e i suoi studi di stereofotografia approfonditi grazie agli
esperimenti realizzati durante il suo soggiorno turistico tra le stelle, il
primo della storia.
153
4.15 Antonio Caruso
Un artista calabrese in Canada
Antonio Caruso è uno scultore e pittore nativo della Calabria che
da qualche anno ha scelto di vivere in Canada, paese con cui ebbe un
primo contatto verso gli inizi degli anni Ottanta.
Artista totale, il maestro Caruso ha creato attorno a sé un alone di
simpatia e di stima che è tanto più evidente nelle parole di
apprezzamento della critica nei confronti della sua opera:
«Toccato dalla grazia del saper dipingere come sa pensare,
parlare e camminare, Caruso rinnova la grandezza dei più grandi
maestri, stupendi narratori di storie figurate, riportate su tavola,
su tela, o, con l’affresco, su parete. C’è nelle opere di questo
artista un’infinità di doti, apparentemente contrastanti, che egli
concilia con il pennello, la matita, la penna, il carboncino o la
sanguigna…Lo sviluppo della sua arte è avvenuto come nei
grandi maestri del passato, partendo dall’osservazione e
tenendo, come guida, gli insegnamenti della tradizione, che egli
ha rielaborato con accorta sapienza, in modo tale da offrire, ad
ogni suo nuovo incontro con l’opinione pubblica, opere sempre
nuove per contenuto e per forma».184
Caruso è originario di Serra San Bruno dove nasce nel 1951. Verso
i quindici anni interrompe gli studi per trasferirsi a Bergamo dove
incomincia a lavorare in una fabbrica di cartoni. Diplomatosi grazie ai
corsi serali, completa la propria formazione scolastica iscrivendosi
dapprima presso l’Accademia delle Belle Arti “Carrara” di Bergamo
poi all’Accademia di Brera a Milano.
Grazie alla collaborazione con la rivista “Valigia Diplomatica”,
può far conoscere le sue opere e partecipare ad importanti mostre
collettive e personali. Nel 1979, nel corso di una personale al Palazzo
Lazzarini di Pesaro, propone una sua tecnica innovativa, la
184
De Grada R., Antonio Caruso - Partecipe alla Vicenda dell’Uomo, dal sito web
di Antonio Caruso in http://www.antoniocaruso.com/.
154
frescografia (tempera e olio). Ottiene un grande successo e viene
selezionato per una mostra da tenersi in Canada.
Nel 1982 approda, dunque, a Thunder Bay dove allestisce una
esposizione di affreschi e statue al Museum of Indian Arts. Qui
importa l’affresco, procedimento
pittorico risalente all’antichità che
richiede da parte dell’artista una
grande padronanza della tecnica oltre
che una conoscenza approfondita dei
materiali. L’evento riscuote un grande
consenso di pubblico e di critica tale
da procurargli un’alta onorificenza da
parte delle autorità comunali e
spianargli la strada ad altre esposizioni
nel Nord America.
Da quella data in avanti il maestro
Caruso ha allestito mostre nelle
diverse città del Nord America confermando di essere un artista
completo in grado di esprimersi nelle varie tecniche dell’arte
figurativa realizzando opere nei materiali più disparati, dal legno al
marmo, al bronzo, alla pietra arenaria, affreschi, quadri ad olio e
tempera, mosaici.
Negli ultimi anni, si è dedicato con passione all’arte sacra con
opere di scultura e di pittura. Accanto alla statua di Saint Jean de
Brébeuf che è stata collocata in una grande piazza della cittadina
canadese di Vaughan, l’artista ha scolpito diverse altre statue ed ha
dipinto un grande affresco che è stato inaugurato nel Dicembre del
2002 nella chiesa dell’Immacolata Concezione di Woodbridge
L’opera, che si sviluppa su otto metri di larghezza e quattro di altezza,
è consacrata alla Madonna, e va ad aggiungersi ad altri due grandi
affreschi realizzati in precedenza raffiguranti il battesimo e la
resurrezione di Gesù.
155
4.16 Pietro Scalia
L’italiano con due Oscar
Moltissimi sono i personaggi di origine italiana tra attori, registi, e
tecnici cinematografici che dimorano nel pantheon delle stelle
hollywoodiane ed anche a loro si deve il merito di aver contribuito, in
qualche modo, a restituire un’immagine positiva dell’italicità.
Tra queste personalità una in particolare merita di essere
menzionata non tanto per la notorietà conquistata, quanto per il valore
e le capacità che gli hanno valso per ben due volte il premio
cinematografico più prestigioso.
Si tratta di Pietro Scalia, ai più conosciuto per i due Oscar ottenuti
con “JFK” nel 1991, e “Black Hawk Down”, nel 2002, entrambi
premiati per il miglior montaggio.
«Questo è incredibile, è uno dei rari momenti in cui possiamo
dividere la luce con registi e star. Viva l’Italia!”. Sul
palcoscenico del Kodak Theatre Pietro Scalia conclude così il
suo discorso di ringraziamento dopo aver ricevuto l’Oscar per il
miglior montaggio di “Black Hawk Down”. L’unico italiano
premiato sfoga poco dopo, in sala stampa, tutta la sua gioia.
“Volevo dire che sono onorato di essere italiano e di far parte
della storia del cinema italiano e qui a Hollywood. Volevo
esprimere il mio orgoglio nazionale, sentendomi allo stesso
tempo fortunato di star lavorando qui”»185.
Scalia nasce a Catania il 17 marzo 1960 ma, ancora bambino,
emigra con i genitori in Svizzera dove vivrà per alcuni anni.
Appassionato di cinema, si trasferisce a Los Angeles per studiare regia
e frequentare, così, l’UCLA Film School. Ottenuto il Master of Fine
Arts della prestigiosa Università californiana, inizia a lavorare come
assistente al montaggio nei film “I diffidenti” (1987), di Andrej
185
Bizio S., “Oscar 2002: La gioia di Pietro Scalia unico vincitore italiano”, in La
Repubblica, 13 Dicembre 2002.
156
Konchalovskij, “Wall Street “(1987) e “Talk Radio” (1988), di Oliver
Stone.
Nel 1989, Pietro Scalia è associate editor di un altro film di Oliver
Stone, “Nato il quattro di luglio”, che fa ottenere l’Oscar a David
Brenner e Joe Hutshing.
Dopo un’altra collaborazione, nel film
“The Doors” (1991), Oliver Stone affida
l’editing di “JFK - Un caso ancora aperto”
(1991) a Joe Hutshing e Pietro Scalia, che
vincono l’Oscar per il miglior montaggio.
Poi, Pietro Scalia monta “Piccolo Buddha”
(1993) di Bernardo Bertolucci, “Pronti a
morire “(1995) di Sam Raimi e “Io ballo da
sola” (1996).
Nel 1997, l’editor italiano collabora con
Gus Van Sant nel film sceneggiato da Matt
Damon e Ben Affleck “Will Hunting Genio ribelle” (per il quale ottiene un’altra nomination all’Oscar) e
inizia la sua collaborazione con Ridley Scott nel film “Soldato Jane”,
interpretato da Demi Moore. Dopo il montaggio del film di Che-Kirk
Wong “Il grande colpo” (1998) e di “Scherzi del cuore” (1998), di
Willard Carroll, Scalia cura l’editing di altri due film di Ridley Scott
che sono, “Il gladiatore” (candidato all’Oscar per il montaggio) ed
“Hannibal” (2001).
Infine, la notte del 23 Marzo 2002, a soli 42 anni, Scalia riceve per
la seconda volta il prestigioso riconoscimento cinematografico per il
miglior montaggio con il film “Black Hawk Down”, diretto da Ridley
Scott.
157
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167
Allegato 1
Tabella sintetica delle realtà organizzative e delle figure
professionali considerate nell’universo di indagine
ORGANIZZAZIONE DI
RIFERIMENTO
AGITEC - AGENZIA TECNICA
DI
INTERNAZIONALIZZAZIONE
AMBASCIATE
ARE – ASSEMBLEA DELLE
REGIONI
ASSOCAMERESTERO –
ASSOCIAZIONE DELLE
CAMERE DI COMMERCIO NEL
MONDO
ASSOCIAZIONE CULTURALE
RELAZIONI INTERNAZIONALI
ASSOCIAZIONI DI ITALIANI
RESIDENTI ALL’ESTERO
BUSINESS CLUB ITALIA
CABINA DI REGIA/V
COMMISSIONE CIPE (PER IL
COORDINAMENTO E
L’INDIRIZZO STRATEGICO
DELLA POLITICA
COMMERCIALE CON
L’ESTERO)
CAIMED – CENTRO PER
L’INNOVAZIONE
AMMINISTRATIVA NELLA
REGIONE MEDITERRANEA
CCIE – CAMERE DI
COMMERCIO ITALIANE
ALL’ESTERO
CCIE – CAMERE DI
COMMERCIO ITALO-ESTERE
CCRE - CONSIGLIO DEI
COMUNI E DELLE REGIONI
D’EUROPA
CDR – COMITATO DELLE
FIGURA PROFESSIONALE
INDIVIDUATA
Presidente
Ambasciatori
Rappresentati delle Regioni Ob.1
Direttore
Presidente
Presidenti o Direttori
ƒ Presidente
ƒ Soci
Direttore
ƒ
ƒ
Direttore
Responsabile scientifico del
Programma per l'innovazione
amministrativa nella regione EuroMediterranea
Presidenti o Segretari generali
Presidenti o Segretari generali
Segretario generale
Rappresentati delle Regioni Ob.1
168
REGIONI
CENTRO ESTERO DELLE
CAMERE DI COMMERCIO
ITALIANE
CESPI - CENTRO STUDI PER LA
POLITICA INTERNAZIONALE
C.G.I.E. – CONSIGLIO
GENERALE DEGLI ITALIANI
ALL’ESTERO
CIHEAM – CENTRE
INTERNATIONAL DES HAUTES
ETUDES AGRONOMIQUES
MÉDITERRANÉENNES
CIIM - CONFEDERAZIONE
DEGLI IMPRENDITORI
ITALIANI NEL MONDO
Com.IT.ES. – COMITATO PER
GLI ITALIANI ALL’ESTERO
CONSOLATI
COORDINAMENTO DEGLI
ITALIANI ELETTI NEGLI
ORGANISMI POLITICI
TEDESCHI
CORRISPONDENTI ITALIANI
ALL’ESTERO
CPLRE – CONGRESSO DEI
POTERI LOCALI E REGIONALI
D’EUROPA
CRPM – CONFERENZA DELLE
REGIONI PERIFERICHE
MARITTIME DELLA
COMUNITÀ EUROPEA
DAVINCI: BANCA DATI DEI
RICERCATORI ITALIANI
OPERANTI ALL’ESTERO
DELEGATI ITALIANI DELLA
COMMISSIONE EUROPEA
DOCENTI E FORMATORI
ITALIANI ALL’ESTERO
EIC – EURO INFO CENTRE
ENIT – ENTE NAZIONALE
ITALIANO PER IL TURISMO
FEDERAZIONE
INTERNAZIONALE DELLE
IMPRESE ITALIANE –
Direttori
Presidente o Direttore generale
Consiglieri
Direttore
ƒ
ƒ
Presidente Segretario generale
Vice-presidenti Membri del Consiglio
Direttivo
Presidente
Consoli
Cittadini italiani eletti presso Istituzioni
Pubbliche tedesche.
Corrispondenti italiani
Rappresentati delle Regioni Ob.1
Rappresentanti delle Regioni Ob1
Ricercatori
Delegati della Commissione Europea
ƒ Docenti
ƒ Formatori
Responsabili degli uffici Regioni Ob.1
Responsabili degli uffici locali
ƒ
ƒ
Coordinatori delle sedi estere
Coordinatori delle sedi italiane
169
PIATTAFORMA ITALIA
FONDAZIONE RUI
FORUM PER GLI ITALIANI NEL
MONDO
GEI – GRUPPO ESPONENTI
ITALIANI
GLOBUS – SPORTELLO PER
L’INTERNAZIONALIZZAZIONE
DELLE IMPRESE DELLE
CAMERE DI COMMERCIO
ITALIANE
I.B.C.A. (ITALIAN BUSINESS
COMMUNITY ASSOCIATION)
IAI – ISTITUTO AFFARI
INTERNAZIONALI
ICE – ISTITUTO PER IL
COMMERCIO ESTERO
INFORMEST – CENTRO DI
SERVIZI E DOCUMENTAZIONE
PER LA COOPERAZIONE
INTERNAZIONALE
IPALMO – ISTITUTO PER LE
RELAZIONI TRA ITALIA E
PAESI DELL’AFRICA,
AMERICA LATINA E MEDIO
ORIENTE
IPI – ISTITUTO PER LA
PROMOZIONE INDUSTRIALE
ISPI – ISTITUTO PER GLI STUDI
DI POLITICA
INTERNAZIONALE
ISTITUTI DI CULTURA
ITALBIZ USA
MEDIA ITALICI ALL’ESTERO
MINISTERO DEGLI AFFARI
ESTERI
Presidente
ƒ Coordinatore del Forum
ƒ Rappresentanti dei Forum locali
ƒ Presidente
ƒ Membri Associati
Direttori sportelli Regioni Ob.1
ƒ Presidente
ƒ Imprenditori
Presidente o Direttore
Direttori generali
Presidente
ƒ
ƒ
Presidente
Direttore scientifico
ƒ
ƒ
Direttore generale
Responsabili delle singole sedi
regionali
ƒ Presidente
ƒ Direttore Scientifico
ƒ Responsabile Programma Argentina
ƒ Responsabile Osservatorio Europa
ƒ Responsabili Osservatorio Politiche di
Prossimità: Est Europa e Mediterraneo
Direttori
ƒ Chairman
ƒ Presidente
ƒ Direttore dell’area Sviluppo e
Pianificazione
ƒ Direttore dei Progetti operativi
Direttori
Direttori:
ƒ Unità per le attività di rilievo
internazionale delle regioni e degli
altri enti territoriali italiani;
170
ƒ
MINISTERO DELLE ATTIVITÀ
PRODUTTIVE –
DIPARTIMENTO PER
L’INTERNAZIONALIZZAZIONE
MINISTERO PER GLI ITALIANI
NEL MONDO – DIPARTIMENTO
PER GLI ITALIANI NEL
MONDO
MONDIMPRESA
OCSE – ORGANIZZAZIONE PER
LA COOPERAZIONE E LO
Direzione Generale per i Paesi
dell'Europa;
ƒ Direzione Generale per i Paesi delle
Americhe;
ƒ Direzione Generale per i Paesi del
Mediterraneo e del Medio Oriente;
ƒ Direzione Generale per i Paesi
dell'Africa Sub-Sahariana;
ƒ Direzione Generale per i Paesi
dell'Asia, dell'Oceania, del Pacifico e
l'Antartide;
ƒ Direzione Generale per l'Integrazione
Europea;
ƒ Direzione Generale per la
Cooperazione Economica e
Finanziaria Multilaterale;
ƒ Direzione Generale per gli Italiani
all'estero e le Politiche Migratorie;
ƒ Direzione Generale per la
Cooperazione allo Sviluppo
Direttori:
ƒ Politiche di internazionalizzazione;
ƒ Politica commerciale;
ƒ Promozione degli scambi.
ƒ Capo
ƒ Dirigenti:
ƒ I Ufficio: Per la promozione culturale
e per l’informazione delle comunità
italiane all’estero;
ƒ II Ufficio: Per la promozione e per la
tutela dei diritti politici e civili degli
Italiani residenti all’estero;
ƒ III Ufficio: Per l’intervento coordinato
dello Stato e delle Regioni a favore
delle comunità italiane all’estero;
ƒ IV Ufficio: Politiche generali
concernenti le comunità italiane
all’estero, con particolare riferimento
alla valorizzazione del ruolo degli
imprenditori italiani.
ƒ Presidente o Direttore generale
ƒ Responsabile dell’area Cooperazione
internazionale
ƒ Responsabile dell’Ufficio di Bruxelles
ƒ Presidenti
ƒ Vice-presidenti italiani
171
SVILUPPO ECONOMICO
OICS – OSSERVATORIO
INTERREGIONALE SULLA
COOPERAZIONE ALLO
SVILUPPO
ONG- ORGANIZZAZIONI NON
GOVERNATIVE
OSSERVATORIO SUI BALCANI
PARLAMENTARI DI ORIGINE
ITALIANA ELETTI
ALL’ESTERO
PATRONATI
REGIONI OB.1 / SPRINT –
SPORTELLO REGIONALE PER
L'INTERNAZIONALIZZAZIONE
DEL SISTEMA DELLE IMPRESE
RETE DEGLI ADDETTI
SCIENTIFICI PRESSO LE
AMBASCIATE
SACE – ISTITUTO PER I
SERVIZI ASSICURATIVI DEL
COMMERCIO ESTERO
SCUOLE ITALIANE NEL
MONDO
SIMEST – SOCIETÀ ITALIANA
PER LE IMPRESE ALL’ESTERO
SISTEMA DELLE NAZIONI
UNITE
SVILUPPO ITALIA
TEAM ITALIA –
ASSOCIAZIONE DELLE
AZIENDE E DEI DIRIGENTI
ITALIANI IN CANADA
ƒ
ƒ
Direttore generale
Referenti delle Regioni Ob.1
ƒ Presidenti
ƒ Referenti delle sedi regionali
ƒ Referenti delle sedi estere
Coordinatore
Parlamentari di origine italiana
Responsabili delle sedi estere
Direttori degli sportelli Regioni Ob.1
Addetti scientifici
ƒ
ƒ
Presidente o Direttore generale
Responsabile dell’area Studi
Economici e Relazioni Internazionali
Direttori
Referenti regionali
ƒ
ƒ
Responsabili delle sedi Italiane
Rappresentati italiani presso sedi
estere
Direttori delle Società Regionali
ƒ Presidente
ƒ Associati
172
Allegato 2
ESPERTO
PROFESSIONE
ATTUALE
Esperto 1
Docente e
Ricercatrice
Funzionario
Camera
Commercio
Italiana Responsabile
Servizio
Assistenza
Imprenditoriale
Giornalista ed
Esperto in
Pubbliche
Relazioni
Esperto 2
Esperto 3
Esperto 4
ANZIANITA’
di RUOLO
(anni)
7
10
18
ORGANIZZAZIONE
DI RIFERIMENTO
Università Nazionale di
Rosario
Camera di Commercio
Italiana Repubblica
Argentina
•
•
Free Lance
Circolo Sardo del
Nord Ovest
Argentino
• Estacion de Servicio
Las Bases
Camera di Commercio
Italiana di Mendoza
Organizzazione
internazionale del lavoro
(OIT)
Direttivo
Manageriale
Consulente
tecnico principale
(CTP)
16
Esperto 6
Professore di
scienze
economiche
25
Università nazionale del
Nordeste
Esperto 7
Avvocato e
professore
universitario
12
•
Esperto 8
Redattore/Giornali
sta
Docente e
ricercatore
universitario
Giornalista
Professoressa di
lingua italiana
15
Esperto 5
Esperto 9
Esperto 10
Esperto 11
1
34
10
20
Facoltà di diritto Università nazionale
di Rosario
• Alleanza tricolore
Agencia nacional de
noticias Telam
Università nazionale del
Sur - Dipartimento di
geografia e turismo
Radio 10 e Canal 9
Istituto di cultura italica
di La Plata
173
•
•
Esperto 12
Biochimico
32
Esperto 13
Imprenditore
Agricolo,
Direttore
Patronato Enas,
Consigliere
Comunale
Professore
Universitario
Tecnico
metalmeccanico
Senior Consultant
20
Ospedale di Santa Fe
Ministero della
Sanità di Santa Fe
Patronato ENAS/UGL
34
Deakin University
5
Esperto 18
Ricercatore
Universitario
Insegnante
31
Esperto 19
Direttore
32
Esperto 20
Manager
6
Esperto 21
Segretario
Generale CCIE
10
Esperto 22
Libero
Professionista
21
Esperto 23
Giornalista,
fotografa,
redattore
20
Esperto 24
Vice Presidente
Federazione di
6
Esperto 14
Esperto 15
Esperto 16
Esperto 17
32
3
•
Regione Emilia
Romagna
• Clecat
• Cross
Communication
Università Libera di
Bruxelles
Associazione Annibale
Ferrarini - Centro
Culturale Brasile Italia
ENAIP Sardegna di Rio
de Janeiro
ENIT- Ente Nazionale
per il Turismo
Camera di Commercio
Italo Brasiliana di Minas
Gerais
• Camera di
Commercio Italo
Brasileira do Parana
• Consiglio Generale
degli Italiani
all'Estero – C.G.I.E.
• Comitato degli
Italiani all'Estero Com.IT.ES.
• Com.IT.ES.
• Consere - Concilio
parlamentare di
cultura straniera
Federazione di
Beneficenza Umanitaria
174
Esperto 25
Esperto 26
Esperto 27
Beneficenza
Umanitaria.
Responsabile
Servizio alla
Clientela
Responsabile
Ufficio del
Patronato CGIL
Commercial
Officer European
Union
Studente MBA e
Marketing
La Zagara
12
Patronato CGIL
4
Camera di Commercio
Italiana di Toronto
1
•
•
Esperto 28
Editore e Direttore 4
del Settimanale in
Lingua Italiana
"L'Ora di Ottawa"
Esperto 29
Esperto 30
Imprenditore
Psicologa e
pedagoga
1
27
Esperto 31
Professoressa di
Lettere,
Annunciatrice,
Conduttrice e
Redattrice,
Traduttrice
Dirigente
Scolastico
Agronomo esperto
in Progetti di
Sviluppo sulla
Sicurezza
Alimentare
Commerciale
12
Consulente e
Insegnante
Universitario
1
Esperto 32
Esperto 33
Esperto 34
Esperto 35
25
16
1
Università di Laval
Associazione MBA
del Quebec
• Giornale L'Ora di
Ottawa
• Governo Federale e
Provinciale del
Canada
• Federazione Unitaria
della Stampa Italiana
all'Est
Prima Fila Inc
• Montreal Children’s
Hospital
• McGill University
• Scuola Internazionale
Italiana Leonardo Da
Vinci
• Programma Italiano
d'Oltremare di Radio
Cairo
Ministero degli Affari
Esteri
Commissione Europea
Camera di commercio
italiana a Nizza
• Galderma
• Institut National
Agronomique
• Università di Milano
175
Esperto 36
Esperto 38
Coordinatore
Nazionale
Patronato INAS
Contabile e
9
Segretaria Diocesi
Mainz
Software engineer 12
Esperto 39
Giornalista
Esperto 40
Esperto 41
Perito Ambientale 15
Magistrato Fuori 10
Ruolo presso
Contenzioso
Diplomatico del
MAE
Dirigente
34
Sindacale
Esperto 37
Esperto 42
10
Bicocca
Patronato INAS
Diocesi di Mangoza
European Southern
Observatory
Swr - Televisione
Pubblica della Regione
Renania-Palatinato
Vossloh-Schwabe
Ministero della Giustizia
•
•
UIL
UIM - Unione degli
Italiani nel Mondo
• Consiglio Generale
degli Italiani
all'Estero - C.G.I.E.
• Consorzio Caserta
Export
• Istituto Italiano per
l'Asia e i Paesi del
Mediterraneo
• Forum Russia
Ucraina
Provincia Regionale di
Siracusa
• UGL
• Comitato Tricolore
Italiani nel Mondo
CGIL
Esperto 43
Avvocato
11
Esperto 44
Dirigente Ente
Pubblico
Giornalista
Pubblicista e
Sindacalista
Dirigente
Sindacale
Funzionario
internazionale
2
3
Organizzazione mondiale
della Sanità – WHO
Dirigente
12
Innovazione
Italia/Sviluppo Italia
presso Ministero per
Esperto 45
Esperto 46
Esperto 47
Esperto 48
22
27
176
Esperto 49
Esperto 50
Esperto 51
Esperto 52
Esperto 53
Esperto 54
Esperto 55
Esperto 56
Esperto 57
Esperto 58
Esperto 59
Esperto 60
Esperto in
Creazione e
Sviluppo di PMI
Rappresentante
per l'Albania
presso ONG
Docente
28
Funzionario
Internazionale
Progettista
sviluppo e
consulente
internazionale
Funzionario
Direttivo
Direttore generale
21
Project Manager
Analista
Marketing
Territoriale
Ingegnere e
Responsabile
Ufficio IPI
Sardegna
Consulente in
relazioni
internazionali
10
6
Ricercatore
universitario
2
l'Innovazione e le
Tecnologie
Ministero delle Attività
Produttive
2
Lvia
35
4
Comunità Promozione e
Sviluppo
OCSE
15
•
2
Vis - Volontariato
internazionale per lo
sviluppo
• Università degli studi
di Pavia
• Sinergie SRL
Camera di Commercio di
Caltanisetta
• Musveur - Agenzia
Sviluppo Locale &
Sportello Europa
• Formez
• Comune di Mugnano
del Cardinale
Sviluppo Italia Basilicata
Sviluppo Italia Molise
26
IPI - Istituto per la
Promozione Industriale
3
•
•
Geosail
Georgetown
University
• SLAM
De Montfort University
177
•
Esperto 61
Architetto e
costruttore
46
Esperto 62
Addetto reggente
5
Esperto 63
Paralegale e
Insegnante di
Cultura e Lingua
Italiana
Financial adviser
12
Gianni Origoni Grippo e
Partners
4
•
2
Esperto 68
Ricercatore e
Insegnante
Docente
Universitario
Direttore di una
Società di
consulenza
Sindacalista
Esperto 69
Esperto 70
Esperto 64
Esperto 65
Esperto 66
Esperto 67
Esperto 71
Esperto 72
Esperto 74
Esperto 74
12
Società italiana di
beneficenza e
assistenza
• Associazione
educativa Antonio
Raimondi
• C.G.I.E.
Istituto italiano di cultura
di Cracovia
Business Club ItaliaLondra
• Paris and Partner
Keele University
8
Said Business School
University di Oxford
E.B.S. Consulting SRO
13
Patronato INCA CGIL
Impiegato CCIA
5
Presidente
Associazione per
gli italiani
all’estero
Direttore
Biblioteca di
Ricerca
Professore
Universitario
3
Camera di Commercio
Italiana per la Svizzera
Associazione Campani di
Basilea
11
20
Medico angiologo 38
e ricercatore
Traduttore
45
Pubblico,
Giornalista,
Coordinatore
CERN - European
Organiztion for Nuclear
Research
• Ministero per
l'Insegnamento
Superiore
• Corriere Tunisi
• Casa Editrice Finzi
Istituto antartico
Searrill srl
• MCL - Movimento
Cristiano Lavoratori
• Radio - Programma
Buongiorno
178
Esperto 75
Provinciale
Patronato Sias,
Rappresentante
Mcl
Insegnante in
fonoaudiologia
Presidente giunta
dipartimentale
dell'Italia
•
Esperto 76
Sociologo
41
Esperto 77
Ingegnere
37
Esperto 78
Professore di
italiano
Ricercatrice
universitaria
38
Esperto 79
Esperto 80
Esperto 81
3
Docente
3
universitario,
addetto scientifico
Professore
5
Universitario
Giunta
dipartimentale di San
Jose
• Ospedale di San Jose
- Associazione
medica
• ONG pro Vida Rural
Brooklyn College di New
York
New York Power
Authority
Westchester Community
College
Harvard University Kennedy School of
Government
Istituto italiano di cultura
di San Francisco
Johns Hopkins University
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2.4 La rete di competenze degli esperti italiani all`estero