STRUMENTI FORMEZ
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I
l Formez-Centro di Formazione Studi ha avuto, da sempre,
una particolare attenzione per le iniziative editoriali. Fin
dai primissimi anni di attività si è impegnato nella
produzione e divulgazione di collane e riviste su cui intere
generazioni di funzionari pubblici si sono formate.
In seguito al decreto legislativo 285/99, che ha individuato nel
Formez l’Agenzia istituzionale che sostiene e promuove i
processi di trasformazione del sistema amministrativo italiano,
l’attività editoriale del Centro è stata rilanciata e rinnovata
nella veste grafica e nei contenuti.
Sono state create quattro nuove linee editoriali: Quaderni,
Strumenti, Ricerche e Azioni di Sistema per la Pubblica
Amministrazione. In queste collane vengono pubblicati
soprattutto i risultati delle attività formative e di ricerca
svolte dall’Istituto.
Con “Quaderni” e “Ricerche” si diffondono Rapporti e
riflessioni teoriche su temi innovativi per la P.A. mentre, con
due collane più specialistiche quali “Strumenti” e “Azioni di
Sistema per la P.A.”, si mettono a disposizione soprattutto
strumenti di lavoro o di progettazione per quanti lavorano o si
occupano di pubblica amministrazione e di sviluppo locale.
Tutte le pubblicazioni con un breve abstract vengono
presentate sul web (www.formez.it).
Il presente volume rientra tra gli interventi che il Formez ha
svolto, dapprima, con il progetto SI - Sportello Impresa e,
attualmente, attraverso il progetto Simpliciter - Esigenze,
esperienze, effetti della semplificazione, per offrire assistenza e
consulenza principalmente ai responsabili dello Sportello
unico per le attività produttive.
La pubblicazione fa parte di una serie di manuali regionali
che, nel vasto e difficile processo di attuazione del federalismo
amministrativo, rappresentano dei veri strumenti operativi.
In sintonia con il bisogno di semplificazione amministrativa
delle Regioni, il manuale per i responsabili di SUAP della
Regione Lazio non contiene solo riferimenti alla normativa
nazionale, regionale e di settore, ma presenta apposite schede
relative a singoli procedimenti attuati nelle varie Province.
S
Carlo Flamment
Presidente Formez
REGIONE LAZIO
31
MANUALE PER IL
RESPONSABILE DELLO
SPORTELLO UNICO
REGIONE LAZIO
Con allegato CD-Rom
F o r m e z
•
U f f i c i o
S t a m p a
e d
E d i t o r i a
Il volume è stato curato da
Franco Peta, responsabile di progetto
Carlo Apponi, responsabile scientifico
Gruppo di lavoro Formez
Ilaria Manzione, Giuseppina Russo, Francesco Scalesse, Gianfilippo Valentini
Con il contributo, per la Regione Lazio, di
Maria Rosaria Ascione e Flavia Zaccari, Direzione Affari Giuridici e Legislativi della Giunta
Regionale
Walter Scarpino, Ufficio Comunicazione dell’Assessorato PMI Commercio e Artigianato
Si ringraziano tutti gli Uffici Regionali per la preziosa collaborazione.
Organizzazione editoriale
Roberta Crudele, Vincenza D’Elia, Paola Pezzuto
Premessa
7
La semplificazione degli adempimenti amministrativi delle imprese e il rafforzamento dello sportello unico per le attività produttive sono gli imprescindibili capisaldi
per rendere più agile l’amministrazione e più facile la vita di cittadini e imprese.
La complessità in materia di adempimenti amministrativi delle imprese, infatti,
pesa attualmente sulla capacità competitiva delle imprese stesse. Queste chiedono alla
PA un terreno più favorevole allo sviluppo e alla crescita per competere in mercati sempre più ampi. Anche nel tessuto economico regionale del Lazio, che presenta un territorio di indiscutibile varietà e ricchezza, il sistema burocratico costituisce un fattore innegabilmente condizionante.
In tale contesto, obiettivo prioritario della nuova amministrazione regionale dovrà
essere l’efficienza, da perseguire e raggiungere con l’adozione di strumenti finalizzati
alla semplificazione, allo snellimento delle procedure amministrative e alla trasparenza dell’azione amministrativa. Particolarmente essenziale risulta, a tal riguardo, lo strumento della consultazione, che consente la partecipazione dei destinatari delle norme
stesse – imprese, cittadini, enti locali, rappresentanze delle associazioni di categoria e
delle forze sociali – nella definizione dei progetti di semplificazione dell’amministrazione regionale.
Un’adeguata politica volta alla promozione attiva di un razionale sviluppo locale
dovrà, senza dubbio, essere parte del complesso percorso della PA verso la semplificazione, l’innovazione, la modernizzazione, anche grazie al potenziamento delle tecnologie informatiche e ad una più diffusa cultura del loro utilizzo, al fine di migliorare il rapporto fiduciario tra utente e PA e rendere più trasparente, accessibile e veloce la macchina amministrativa.
Nell’ambito del riassetto normativo delle disposizioni relative agli adempimenti
amministrativi delle imprese – anche sulla base di quanto disposto dall’art. 5 della
nuova Legge di Semplificazione per l’anno 2005 – la Regione Lazio è chiamata a promuovere misure di rafforzamento degli sportelli unici, secondo una logica di cooperazione tra i diversi livelli di governo, a rimuovere quanto tuttora è di ostacolo alla loro
piena operatività e diffusione sul territorio, a contribuire, insomma, al rilancio del sistema produttivo da troppo tempo appesantito da oneri amministrativi eccessivamente
limitanti.
Lo sportello unico si riconferma struttura portante a favore di una azione amministrativa più veloce e trasparente, sostegno per una PA diversamente organizzata al suo
interno e capace di fornire servizi a cittadini e imprese, un’occasione, dunque, per realizzare una strategia di sostegno all'economia attraverso il decentramento e la semplificazione.
Piero Marrazzo
Presidente della Regione Lazio
9
Negli ultimi anni l’evoluzione del quadro normativo riguardante la riforma della
Pubblica Amministrazione ha dato senza dubbio un forte impulso allo sviluppo economico del Paese, facendo leva sempre più su temi inerenti la semplificazione e l’accelerazione delle procedure amministrative. Lo sportello unico per le imprese ha assunto
una rilevanza strategica non solo in quanto strumento di decentramento e di semplificazione amministrativa, ma anche come veicolo di sviluppo dell’economia e dell’occupazione a livello locale. Al riguardo, il disposto normativo conferisce le funzioni amministrative relative alla localizzazione, realizzazione e ampliamento di impianti produttivi, ai Comuni, in forma singola o associata, mediante un’unica struttura amministrativa responsabile dell’intero procedimento amministrativo. Presso ogni struttura deve
essere istituito uno sportello unico che garantisca attività di servizio e assistenza alle
imprese e l’accesso degli interessati a tutte le informazioni concernenti procedure autorizzatorie.
L’Assessorato alla Piccola e Media Impresa, Commercio e Artigianato ha ben presente l’importanza della promozione e del sostegno allo sviluppo economico del territorio e del sistema produttivo regionale, e intende prestare particolare attenzione al potenziamento e alla riqualificazione delle piccole e medie imprese. Il miglioramento e la crescita del territorio sono obiettivi da perseguire, anche attraverso azioni finalizzate alla
diffusione degli SUAP nel territorio e con l’individuazione e l’attivazione di strumenti
di sostegno allo sviluppo qualitativo del servizio.
Lo SUAP si propone, infatti, quale strumento di sviluppo economico del territorio
attraverso un’attività amministrativa fondata sulla certezza dei tempi e delle procedure,
nonché sulla promozione delle potenzialità di sviluppo delle diverse comunità locali.
Ancora oggi i vincoli gravanti sulle imprese e derivanti dall’organizzazione della
PA, nonché da diverse disposizioni normative, ostacolano l’iniziativa imprenditoriale,
rallentano lo sviluppo e riducono la competitività. Le imprese, in particolar modo le piccole e le medie, penalizzate da questo stato dei fatti, esprimono l’esigenza di dialogare
con un sistema amministrativo semplice e trasparente, per poter competere nel mercato europeo.
Questo è il contesto entro il quale si è ravvisata la necessità di fornire ai Comuni
del Lazio uno strumento, quale il Manuale regionale per i Responsabili di sportello
unico, che rappresenta un concreto passo in avanti nel miglioramento dei rapporti tra
PA e sistema economico e un supporto per un migliore funzionamento degli sportelli
unici, in termini di uniformità istruttoria, pur rispettando le specificità di ciascuna realtà comunale. Il Manuale è il risultato di una proficua collaborazione tra Regione Lazio
e Formez che ha portato alla raccolta aggiornata e sistematizzata degli endoprocedi-
10
menti confluenti nel procedimento unico.
La tutela del diritto all’esercizio dell’attività economica, accanto alla tutela del
benessere dei cittadini sono responsabilità che devono essere assunte da una Pubblica
Amministrazione autorevole e trasparente, per cui il perfezionamento del quadro normativo a sostegno del sistema produttivo e la ricerca di adeguati e selettivi interventi
finanziari diventano basilari per realizzare moderne politiche di sviluppo.
Da ciò risulta evidente la necessità per la Regione Lazio, e per questo Assessorato
in particolare, di formulare al più presto, delle Linee Guida per l’applicazione del DPR
447/98, come modificato dal DPR 440/00, che rechino gli elementi interpretativi della
normativa sullo sportello unico e che raccolgano le indispensabili indicazioni operative
per l’istituzione e il funzionamento degli SUAP, garantendo uniformità sul territorio
regionale, di prestazione ed efficacia dei servizi offerti.
E questo obiettivo, insieme al tema dell’innovazione tecnologica, deve essere al
centro dell’azione di questo Assessorato, per favorire lo sviluppo imprenditoriale, attraverso anche la promozione di iniziative e progetti sul territorio.
Francesco De Angelis
Assessore alla Piccola e Media Impresa,
Commercio e Artigianato
INDICE
11
INTRODUZIONE
15
LA REGIONE LAZIO E LO SUAP
21
SCHEDE TECNICHE
Urbanistica ed edilizia
1.
Procedura di Variante allo strumento urbanistico
(art. 5, DPR 477/98 e s.m.i.)
2.
Permesso di costruire (artt. 11e segg., DPR 380/01 e s.m.i.)
3.
Denuncia di inizio attività edilizia
(art. 22, DPR 380/01 e s.m.i.)
4.
Agibilità (artt. 24, 25 e 26, DPR 380/01 e s.m.i.)
Vincoli paesaggistico-ambientali e idrogeologici
5.
Autorizzazione alla costruzione in aree sottoposte a vincolo per scopi idrogeologici
6.
Autorizzazione/approvazione degli interventi edilizi sui
beni culturali
7.
Autorizzazione per modifiche allo stato dei luoghi in
zone soggette a vincolo paesistico-ambientale
49
51
56
59
64
68
70
Ambiente
8.
Autorizzazione in forma ordinaria alle emissioni in atmosfera (artt. 6, 12 e 15, DPR 203/88)
74
9.
Autorizzazione alle emissioni in atmosfera in via generale con procedura specifica (art. 5, DPR 25 luglio 1991) 83
10. Inquinamento acustico (Relazione tecnica e Nullaosta)
90
11. Autorizzazioni allo scarico di reflui civili o assimilati in corpi
93
idrici superficiali, sul suolo o in strati superficiali del suolo
12. Autorizzazioni allo scarico di reflui tecnologici (acque
99
da processo produttivo) in pubblica fognatura
13. Spandimento di liquami su suolo agricolo (Comunica101
zione e/o Autorizzazione)
14. Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) nazionale e
regionale
105
15. Autorizzazione all’esercizio di attività di recupero e
16.
12
17.
18.
19.
smaltimento dei rifiuti (procedura ordinaria ex art. 28,
D.Lgs. 22/97 e s.m.i. e procedura semplificata ex artt.
31, 32 e 33, D.Lgs. 22/97 e s.m.i.)
Concessione mineraria per acque minerali e termali
(ricerca, coltivazione e utilizzazione delle acque minerali e termali)
Esercizio dell’attività estrattiva di cave e torbiere (attività di ricerca, coltivazione e relativo ampliamento)
Autorizzazione all’installazione e/o potenziamento di
impianti stradali (viabilità ordinaria) di distribuzione di
carburanti ad uso pubblico e ad uso privato
Concessione all’installazione e/o rilascio di Autorizzazione al potenziamento di impianti autostradali e su
raccordi autostradali di distribuzione di carburanti per
autotrazione
Sanità
20. Notifica di attività a rischio di incidente rilevante
21. Autorizzazione sanitaria per l’esercizio di laboratori di
produzione e depositi all’ingrosso di sostanze alimentari
22. Classificazione delle industrie insalubri
117
123
130
137
142
149
154
156
Prevenzione incendi
23. Esame di conformità antincendio dei progetti
158
24. Certificato di prevenzione incendi
160
25. Dichiarazione di inizio attività soggetta alle norme di
prevenzione incendi
164
Agricoltura
26. Agriturismo
27. Esercizio dell’attività di apicoltura
28. Autorizzazione alla produzione di prodotti fitosanitari e
relativi coadiuvanti
29. Autorizzazione alla immissione in commercio e alla
vendita di prodotti fitosanitari e relativi coadiuvanti
Commercio
30. Esercizi di commercio al dettaglio di vicinato (Comunicazione di inizio attività)
31. Autorizzazione all’apertura di un esercizio di media
struttura di vendita
32. Autorizzazione all’apertura di una grande struttura di
vendita
33. Forme speciali di vendita al dettaglio
34. Autorizzazione all’apertura di un esercizio di commercio all’ingrosso
166
170
172
175
183
186
190
196
200
35.
36.
37.
Commercio su aree pubbliche (in sede fissa e/o in
forma itinerante)
202
Autorizzazione all’apertura di pubblici esercizi di somministrazione
205
Sistema di vendita della stampa quotidiana e periodica 208
Artigianato
38. Autorizzazione all’esercizio dell’attività di acconciatore 213
39. Autoservizi pubblici non di linea: servizio di noleggio
con conducente e servizio di taxi (Autorizzazione e
Licenza)
216
40. Denuncia di inizio attività di noleggio veicoli senza
221
conducente
Turismo
41. Autorizzazione all’apertura di una struttura ricettiva
alberghiera
224
42. Concessione e successiva Autorizzazione all’esercizio
di un’attività turistico-ricettiva all’aria aperta (campeg227
gi, villaggi turistici)
43. Autorizzazione all’apertura di una struttura ricettiva
extra-alberghiera (affittacamere, ostelli per la gioventù,
case per ferie e appartamenti per vacanze)
232
MODULISTICA
(nel CD-Rom)
13
INTRODUZIONE
15
INTRODUZIONE
17
All’interno del processo di semplificazione e accelerazione delle procedure amministrative, nonché di modernizzazione e riqualificazione del ruolo e delle modalità di
intervento dell’ente locale, l’istituzione dello sportello unico per le attività produttive
(SUAP) rappresenta, senza dubbio, una significativa tappa.
Lo SUAP, attraverso la gestione del procedimento amministrativo unico, rappresenta
una forte innovazione nel percorso di riforma della PA, ulteriormente progredito con il nuovo
Titolo V della Costituzione. Nel rispetto del nuovo ruolo assunto dai Comuni, il quadro costituzionale rafforza ulteriormente funzioni e competenze delle Regioni in materia di sviluppo
locale, promozione del territorio, attività produttive. La Regione è chiamata a svolgere, anche
attraverso le Province e come espressamente prevede l’art. 23, D.Lgs.112/98, un ruolo generale di coordinamento e di indirizzo nell’offerta dei servizi e dell’assistenza alle imprese, che
si integra con compiti più puntuali come la raccolta e la diffusione anche per via telematica
di tutte le informazioni utili agli operatori economici attivi sul territorio.
L’istituzione dello SUAP ha richiesto ai Comuni un’attività di attenta analisi, al
loro interno, di bisogni specifici e di strategie. L’amministrazione locale è investita di un
ruolo significativo nella promozione dell’economia locale e nel miglioramento dei rapporti tra PA e impresa ed è chiamata a rivedere la propria struttura organizzativa e il proprio ruolo attraverso l’istituzione e la promozione di servizi sempre più orientati all’utente, rispetto ai quali sono prioritari la comunicazione, la condivisione delle informazioni tra PA e utente e il clima di collaborazione tra enti e uffici pubblici.
In questo quadro il Formez raccoglie ancora la sfida, in sintonia con il Dipartimento della Funzione Pubblica, che lo vede impegnato a favorire il decentramento e lo
sviluppo equilibrato del territorio, l’innovazione amministrativa e tecnologica, la semplificazione e la cooperazione tra i vari livelli di governo.
Il Formez, già attraverso il Progetto SI – Sportello Impresa, aveva attuato una serie
di interventi a favore delle amministrazioni, mirati all’informazione e sensibilizzazione,
alla formazione, all’assistenza e consulenza e finalizzati all’istituzione e allo sviluppo
degli sportelli unici sul territorio nazionale. Tra questi spicca la pubblicazione dei
manuali regionali per i Responsabili di SUAP, strumenti operativi caratterizzati per un
taglio ispirato alla praticità, che contengono apposite schede tecniche relative a singoli
procedimenti, in cui viene descritto l’iter, con puntuali riferimenti alla normativa nazionale, regionale e di settore.
INTRODUZIONE
Il progetto Simpliciter prosegue tale attività di sostegno ai processi di semplificazione amministrativa, in considerazione della riforma amministrativa in corso, in particolare per quel che ha riguardato il censimento dei procedimenti che confluiscono nel
procedimento unico e che rappresentano il nucleo dei manuali regionali.
18
Il manuale che viene pubblicato rientra tra gli interventi che il Formez svolge al fine
di attuare politiche di sostegno alla semplificazione amministrativa, all’innovazione tecnologica e alla qualificazione delle risorse umane della Pubblica Amministrazione. I manuali
regionali, nel vasto e difficile processo di attuazione del “federalismo amministrativo”, sono
veri strumenti operativi e nascono in sintonia con gli obiettivi di ciascuna Regione, il cui
ruolo strategico, con particolare riferimento alle funzioni di servizio e assistenza alle imprese, è l’ambito entro il quale il Formez continua a concentrare le sue attività.
Per realizzare i manuali finora pubblicati1, il Formez ha attivato e coordinato un
gruppo di lavoro composto, oltre che di un suo staff di collaboratori esperti, anche di
funzionari dell’amministrazione regionale e di responsabili di SUAP, di volta in volta
individuati per l’attività di supervisione e validazione finale del volume.
Anche nel Lazio, in sintonia con gli obiettivi della Regione e in continuità con l’attività di supporto alle amministrazioni locali e di concreto radicamento degli interventi
sul territorio, il Formez ha avviato l’attività di un gruppo di lavoro appositamente individuato, composto da rappresentanti dell’Assessorato alla piccola e media impresa, commercio e artigianato e dell’Ufficio legislativo della Regione, senza la cui preziosa collaborazione il volume non sarebbe stato realizzato.
Nella prima parte del volume si descrive lo sportello unico, con riferimento anche
all’organizzazione della struttura, nel quadro dei mutamenti in atto nella PA e si aggiungono riferimenti alle recenti novità normative intervenute, quali, ad esempio, quelle
riguardanti l’istituto della Conferenza di Servizi. Vengono, poi, presentati alcuni dati
sullo stato di attuazione degli SUAP della Regione, provenienti dalla IV rilevazione, sul
territorio nazionale, eseguita dal Formez a ottobre 2004.
La seconda parte contiene schede tecniche procedimentali, divise per singola attività produttiva (si trattano endoprocedimenti che, ai sensi dell’art. 27-bis, DPR 112/98,
devono rientrare nel procedimento unico, seguendo l’iter specifico, dettato dal DPR
447/98 e s.m.i.), con specifici riferimenti all’ambito di applicazione, all’iter procedimentale, agli oneri, sanzioni, scadenze e agli enti coinvolti, con puntuali riferimenti alla
normativa nazionale, regionale di settore.
Il manuale presenta una versione cartacea e una su cd-rom, arricchita di specifica
modulistica per ogni singola scheda, richiamabile tramite collegamento ipertestuale.
Alcuni moduli (domande di autorizzazione, comunicazioni di inizio dell’attività, ecc.)
provengono dai siti internet comunali e provinciali di Roma, Frosinone e Viterbo, e sono
inseriti all’interno di alcune schede tecniche di procedimento, a titolo di esempio di
esperienze che possono essere diffuse a livello regionale. Per alcune attività d’impresa,
per le quali la normativa ha recentemente modificato l’iter procedimentale (per esempio
quella dell’Acconciatore) la modulistica non è stata ancora messa a punto.
1
Con le Regioni: Lombardia, Emilia-Romagna, Campania, Veneto e Piemonte.
INTRODUZIONE
Il volume è a disposizione di ciascun Responsabile SUAP della Regione e delle
amministrazioni pubbliche coinvolte nel procedimento unico, ed è inoltre pubblicato
on-line sia sul sito del Formez (www.simpliciter.it), che su quello della Regione
(www.regione.lazio.it), in modo tale da risultare uno strumento di lavoro aggiornabile, in
previsione della continua evoluzione del contesto normativo e regolamentare nazionale
e regionale.
19
LA REGIONE LAZIO
E LO SUAP
21
LA REGIONE LAZIO E LO SUAP
23
Lo sportello unico per le attività produttive
La riduzione dei costi amministrativi che gravano sulle imprese, soprattutto piccole e medie, costituisce elemento determinante per consentire al sistema produttivo
nazionale di affrontare con successo la concorrenza del mercato europeo e mondiale. In
questo contesto l’istituzione dello sportello unico per le attività produttive (SUAP) rappresenta uno strumento privilegiato in fatto di riduzione dei costi dell’impresa, inclusi
quelli di ordine amministrativo, risultando di particolare rilievo strategico.
Il D.Lgs. 112/981, che ha introdotto lo sportello unico, con l’articolo 23, conferisce
ai Comuni le funzioni amministrative relative alla realizzazione, ampliamento, cessazione, riattivazione, localizzazione e alla riconversione di impianti produttivi, ma ha anche
disciplinato il relativo procedimento autorizzatorio. Il nuovo procedimento amministrativo unico, da attivare per l’autorizzazione alla realizzazione di impianti produttivi, è
disciplinato dal Regolamento adottato con il DPR 447/982 e, in seguito, in parte modificato dal DPR 440/003.
Lo SUAP, attraverso la gestione del procedimento amministrativo unico, rappresenta una significativa innovazione nel percorso di riforma della PA, ulteriormente progredito con il nuovo Titolo V della Costituzione4.
Il conferimento di funzioni ai Comuni non va interpretato come un mero trasferimento di competenze, bensì come l’attribuzione di una nuova competenza con riconoscimento del ruolo centrale svolto dal Comune, centro di convergenza di tutti i procedimenti connessi ai processi di trasformazione economica del territorio, quindi garante del
1
2
3
4
D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni
ed agli enti locali, in attuazione del Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59 (legge Bassanini).
DPR 20 ottobre 1998, n. 447, Regolamento di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per la
realizzazione di impianti produttivi, per il loro ampliamento, ristrutturazione e riconversione, per l’esecuzione di opere interne ai fabbricati nonché per la determinazione delle aree destinate agli insediamenti produttivi (nn.26, 42, 43 e 50 di cui all’allegato alla legge 15 marzo 1997, n. 59).
DPR 7 dicembre 2000, n. 440, Regolamento recante modificazioni al DPR 20 ottobre 1998, n. 447, norme
di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per la realizzazione, l’ampliamento, la ristrutturazione e la riconversione di impianti produttivi, per l’esecuzione di opere interne ai fabbricati, nonché per
la determinazione delle aree destinate agli insediamenti produttivi, a norma dell’articolo 20, comma 8,
della Legge 15 marzo 1997, n. 59.
Approvato con la L Cost. 18 ottobre 2001, n. 3, Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione.
LA REGIONE LAZIO E LO SUAP
24
rispetto dei principi di responsabilità e unicità sanciti dalla L 59/975. Il Comune è l’ente locale preposto alla gestione dello sportello unico. Nel rispetto del nuovo ruolo assunto dai Comuni, il quadro costituzionale, con la riforma del titolo, rafforza ulteriormente
funzioni e competenze delle Regioni in materia di sviluppo locale, promozione del territorio, attività produttive. La Regione svolge, infatti, la funzione di coordinamento e di
indirizzo nell’offerta dei servizi e dell’assistenza alle imprese, che si integra con compiti più puntuali come la raccolta e la diffusione anche per via telematica di tutte le informazioni utili agli operatori economici attivi sul territorio. La Provincia, in concorso con
la Regione, può promuovere le opportune intese tra i Comuni, con particolare riferimento a quelli di minori dimensioni, al fine di realizzare, in ambiti territoriali ottimali, la
gestione associata dello sportello unico. Analogamente anche le Camere di commercio
possono dare il loro apporto, avendo i Comuni la facoltà di stipulare con esse convenzioni per l’istituzione e la gestione dello sportello unico.
L’interazione tra i diversi livelli istituzionali, improntata ai principi di sussidiarietà e di leale collaborazione, principi elevati a rango costituzionale dalla riforma del Titolo V della Costituzione, risulta indispensabile per assolvere al difficile compito di riconversione culturale e organizzativa della Pubblica Amministrazione e costituisce il presupposto necessario per la realizzazione delle politiche innovative di governance. Queste ultime, infatti, oggi più che mai devono connotarsi come fattore di sviluppo dell’economia e di valorizzazione delle vocazioni produttive del territorio, abbandonando
dunque retaggi culturali che di fatto costituivano, e ancora costituiscono, un freno, se
non un ostacolo, allo sviluppo dell’attività imprenditoriale.
La costituzione dello sportello unico implica infatti:
• il coordinamento e la collaborazione tra amministrazioni pubbliche diverse,
secondo un nuovo approccio che abbia per obiettivo la capacità di fornire servizi adeguati alle esigenze delle imprese;
• una diversa organizzazione delle strutture comunali che consenta una gestione
efficace e trasparente;
• una capacità innovativa della Regione e delle Province di rapportarsi ai Comuni
con ruolo di impulso, coordinamento e sostegno.
Il quadro normativo
Il D.Lgs. 112/98, in attuazione della L 59/97, sul decentramento amministrativo, ha
conferito alle Regioni e agli enti locali gran parte delle funzioni e dei compiti amministrativi fino ad allora spettanti allo Stato.
In particolare l’art. 23 attribuisce ai Comuni le funzioni amministrative concernenti la realizzazione, l’ampliamento, la cessazione, la riattivazione, la localizzazione e
la rilocalizzazione degli impianti produttivi di beni e servizi, e l’art. 24 sancisce che tali
funzioni siano esercitate da un’unica struttura comunale cui è affidata la responsabilità
dei relativi procedimenti.
5
Art. 4 co. 3, L 15 marzo 1997, n. 59, Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa.
LA REGIONE LAZIO E LO SUAP
Presso tale struttura è istituito uno sportello unico al fine di garantire a tutti gli interessati l’accesso, anche per via telematica, all’archivio informatico contenente i dati
riguardanti le domande di autorizzazione e relativo iter procedurale, gli adempimenti
necessari per le procedure autorizzatorie e tutte le informazioni disponibili a livello regionale. Tali funzioni sono svolte da ciascun Comune, singolarmente o in forma associata.
La L 340/006, di semplificazione per l’anno 1999, con l’art. 6 – che ha aggiunto
l’art. 27-bis al D.Lgs. 112/98 – ha stabilito che i soggetti competenti a svolgere attività
istruttoria, nell’ambito dei procedimenti oggetto del DPR 447/98, provvedono all’adozione delle misure organizzative necessarie allo snellimento delle attività stesse, nell’obiettivo di coordinarsi con i tempi dello sportello unico. La L 340/00 ha, inoltre, operato la semplificazione di alcuni istituti che incidono anche sull’applicazione del decreto
stesso, come, ad esempio, quello della Conferenza di Servizi7.
In questo contesto assume particolare rilievo la Sentenza della Corte costituzionale del 23 luglio 2002, n. 376, che nell’ambito dei giudizi di legittimità costituzionale
degli artt. 1, cc. 1, 2, 3 e 4, l. a) e 6 della L 340/00 (promossi con ricorsi delle Regioni
Liguria ed Emilia-Romagna) si è pronunciata, tra l’altro, sullo sportello unico, definendone ulteriormente ruolo, funzioni e competenze. La Corte ha chiarito, in particolare,
che la disciplina dettata dagli artt. 23-27, D.Lgs. 112/98 – fondata sulla concentrazione
in una sola struttura, istituita dal Comune, della responsabilità dell’unico procedimento
attraverso cui i soggetti interessati possono ottenere l’insieme dei provvedimenti abilitativi necessari per la realizzazione di nuovi insediamenti produttivi, nonché sulla concentrazione nello “sportello unico” dell’accesso a tutte le informazioni da parte dei
medesimi soggetti interessati – è finalizzata ad evitare che la pluralità delle competenze
e degli interessi pubblici tutelati si traduca per i cittadini in tempi troppo lunghi e in difficoltà di rapporto con le amministrazioni.
Un tale quadro normativo rappresenta la premessa al perseguimento di tre fondamentali obiettivi:
• semplificazione e accelerazione delle procedure amministrative;
• trasparenza dell’azione amministrativa che si concretizza nell’apertura alla partecipazione dei cittadini;
• promozione attiva di un razionale sviluppo economico-locale.
Il processo di riforma in atto dello Stato, in senso federalista, ha fissato come obiettivo quello di rendere la Pubblica Amministrazione snella e orientata a qualità e risultati, ottenendo una maggiore comprensione da parte della collettività attraverso un’azione
amministrativa razionale e rapida. Tuttavia il quadro normativo di riferimento per la sua
complessità ha, come risultato allo stato attuale, anche un difficoltoso allineamento delle
normative esistenti e crea disorientamento.
In questo contesto anche l’istituzione dello sportello unico per le attività produttive può registrare, nella sua attuazione, incongruenze e criticità. Tuttavia esso costituisce
6
7
L 24 novembre 2000 n. 340, Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi – Legge di semplificazione per il 1999.
Sul nuovo testo della L 241/90 vedi paragrafo La nuova disciplina della Conferenza di Servizi, ex L 241/90 e s.m.i.
25
LA REGIONE LAZIO E LO SUAP
l’occasione per realizzare una strategia di semplificazione, decentramento e sostegno alle
imprese che, per la sua portata fortemente innovativa, può realmente creare rilevanti
opportunità per lo sviluppo dell’economia locale.
IL DPR 447/98 e s.m.i. (artt. 1, 2, 3)
26
L’ambito di operatività definito dall’art. 1, co. 1, DPR 447/98, a seguito di difficoltà interpretative immediatamente provocate, è stato successivamente precisato dall’art. 1,
DPR 440/00, con l’introduzione del co. 1-bis, dove si sottolinea che “tra gli impianti di
cui al c. 1 rientrano quelli relativi a tutte le attività di produzione di beni e servizi, ivi
incluse le attività agricole, commerciali e artigiane, le attività turistiche ed alberghiere, i
servizi resi dalle banche e dagli intermediari finanziari, i servizi di telecomunicazioni”.
Si rileva, in primo luogo, la previsione esplicita della riconduzione allo sportello
unico dei procedimenti che riguardano gli impianti relativi a tutte le attività di produzione di beni e servizi, lasciando quindi aperta la possibilità di assoggettare a tale disciplina qualsiasi attività di questo tipo, ad esempio anche quelle in regime di concessione
per l’esercizio di un servizio pubblico.
Riguardo alle attività commerciali, incluse nell’elenco del co. 1-bis, va detto che
già per il comma 1 restava “salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 98, n.
114”8. La contraddizione che può derivare dal fatto che tale decreto rechi una disciplina
propria dei procedimenti di carattere commerciale, può essere superata dal fatto che per
questi ultimi si applica la vigente normativa sul commercio, mentre il procedimento di
autorizzazione di cui all’art. 4, cc. 1, 2 e 3 del D.Lgs. 114/98, laddove previsto, è gestito
dallo sportello unico territorialmente competente.
L’art. 2, co. 1, DPR 447/98 prevede che siano i Comuni, il cui Piano regolatore risulti carente di aree destinate all’insediamento di attività produttive, o le aree stesse risultino insufficienti, possono individuare tali aree, “salvaguardando le eventuali prescrizioni dei piani territoriali sovracomunali. Qualora tale individuazione sia in contrasto
con le previsioni degli strumenti urbanistici comunali vigenti, la variante è approvata in
base alle procedure individuate con legge regionale, ai sensi dell’art 25, comma 1, lettera a) della legge 28 febbraio 1985, n. 47”9.
La localizzazione è effettuata dal Comune “in conformità alle tipologie generali e
ai criteri determinati dalle Regioni, anche ai sensi dell’articolo 26, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112”.
L’art. 25, L 47/85 aveva previsto, appunto, l’adozione da parte delle Regioni di specifiche norme contenenti procedure semplificate per l’approvazione di strumenti attuativi in variante degli strumenti urbanistici generali. Per la Regione Lazio, la variante
segue le procedure previste dall’art. 34, LR 38/9910, che disciplina l’aggiornamento e le
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D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’art.
4, comma 4, della L 15 marzo 1997, n.59.
L 28 febbraio 1985, n. 47, Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia. Sanzioni amministrative e penali.
LR 22 dicembre 1999, n. 38 e s.m.i., Norme sul governo del territorio. Art. 34 “Aggiornamento e variazione del PUCG ”.
LA REGIONE LAZIO E LO SUAP
variazioni delle disposizioni contenute nel Piano Urbanistico Generale Comunale
(PUGC), sottolineando che, “qualora si verifichino modifiche della normativa vigente o
della pianificazione territoriale provinciale, ovvero sopravvengano ragioni che determinano la totale o parziale inattuabilità del PUCG o la necessità di miglioramenti dello
stesso, ovvero decorra il termine di efficacia delle disposizioni programmatiche del
PUCG”, è il Comune a procedere in tal senso, rinviando, per le relative procedure, a
quanto previsto dall’art. 3311.
L’art. 2, co. 2, DPR 447/98, inoltre, attribuisce, al Consiglio comunale, in sede di
individuazione delle aree da destinare all’insediamento di impianti produttivi, la facoltà di subordinare l’attuazione degli interventi alla redazione di un Piano per gli Insediamenti Produttivi che, ai sensi dell’art. 27, L 865/7112, “…i comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione approvati possono formare, previa autorizzazione della Regione. Le aree da comprendere nel piano sono delimitate, nell’ambito delle zone destinate agli insediamenti produttivi dai piani regolatori generali o dai
programmi di fabbricazione vigenti….”.
L’ art. 3, DPR 447/98, fissa i principi per l’esercizio delle funzioni amministrative
connesse alla localizzazione di impianti produttivi. In particolare vengono definite le funzioni dello sportello unico. Come già precedentemente affermato, si tratta della struttura
comunale responsabile dell’intero procedimento concernente la realizzazione, la ristrutturazione, l’ampliamento, la cessazione, la riattivazione e la riconversione di impianti
produttivi, ivi incluso il rilascio delle concessioni o autorizzazioni edilizie. Il comma 2
dello stesso articolo, dispone che la struttura comunale si debba dotare di un archivio
informatico contenente le informazioni sugli adempimenti necessari per le procedure
previste dal regolamento, l’elenco delle domande di autorizzazione presentate, lo stato
del loro iter procedurale, nonché tutte le informazioni utili, comprese quelle concernenti la attività promozionali, disponibili presso le strutture di coordinamento regionale.
Il procedimento unico
Il co. 2-bis, art. 4, DPR 447/98, introdotto dal DPR 440/00, dispone che “Ove sia
già operante lo sportello unico le domande devono essere presentate esclusivamente
alla struttura…” e statuisce, inoltre, che “….Le altre Amministrazioni pubbliche coinvolte nel procedimento non possono rilasciare al richiedente atti autorizzatori, nulla
osta, pareri o atti di consenso, anche a contenuto negativo, comunque denominati. Tali
atti, qualora eventualmente rilasciati, operano esclusivamente all’interno del procedimento unico. In ogni caso le Amministrazioni hanno l’obbligo di trasmettere, senza
ritardo e comunque entro cinque giorni, eventuali domande ad esse presentate relative
a procedimenti disciplinati dal presente regolamento, alla struttura responsabile del
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12
LR 38/99, art. 33, “Adozione e verifica del PUCG”.
L 22 ottobre 1971, n. 865, Programmi e coordinamento dell’edilizia residenziale pubblica; norme sulla
espropriazione per pubblica utilità; modifiche ed integrazioni alla legge 17 agosto 1942, n. 1150; legge 18
aprile 1962, n. 167; legge 29 settembre 1964, n. 847; ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell’edilizia residenziale, agevolata e convenzionata.
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LA REGIONE LAZIO E LO SUAP
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procedimento, allegando gli atti istruttori già compiuti e dandone comunicazione al
richiedente”.
In sintesi, il co. 2-bis stabilisce che:
• le domande riguardanti le attività produttive devono essere presentate allo sportello;
• qualora le domande siano presentate ad altre amministrazioni coinvolte nel procedimento, quest’ultime non possono rilasciare alcun atto autorizzatorio, anche
se a contenuto negativo;
• le amministrazioni coinvolte nel procedimento devono trasmettere allo sportello unico, entro 5 giorni, le domande ricevute e gli atti istruttori eventualmente
già acquisiti, che assumono la connotazione di “endoprocedimenti” rispetto al
procedimento unico.
Nel sancire l’inefficacia “esterna” degli atti autorizzatori rilasciati dalle amministrazioni diverse da quella comunale, la norma mira dunque a:
• evitare ogni depotenziamento dello sportello unico;
• far salva l’attività comunque svolta dalle amministrazioni coinvolte nel procedimento, sulla base del principio generale dell’economicità dei mezzi giuridici,
recuperandola al procedimento presso lo sportello unico.
Tutto questo viene ulteriormente chiarito dalla già citata Sentenza 376/02 della
Corte Costituzionale, quando precisa che:
“…quello che la legge configura è una sorta di “procedimento di procedimenti” ,
cioè un iter procedimentale unico in cui confluiscono e si coordinano gli atti e gli adempimenti, facenti capo a diverse competenze, richiesti dalle norme in vigore perché l’insediamento produttivo possa legittimamente essere realizzato. In questo senso, quelli
che erano, in precedenza, autonomi provvedimenti, ciascuno dei quali veniva adottato
sulla base di un procedimento a sé stante, diventano “atti istruttori” al fine dell’adozione dell’unico provvedimento conclusivo, titolo per la realizzazione dell’intervento
richiesto (cfr. art. 4, c. 1, del DPR n. 447 del 98, come modificato dall’art. 1 del DPR n.
440 del 2000). Ciò non significa però che vengano meno le distinte competenze e le
distinte responsabilità delle amministrazioni deputate alla cura degli interessi pubblici
coinvolti: tanto è vero che, nel cosiddetto “procedimento semplificato”, ove una delle
amministrazioni chiamate a decidere si pronunci negativamente, “il procedimento si
intende concluso”, salva la possibilità per l’interessato di chiedere la convocazione di
“una Conferenza di Servizi al fine di eventualmente concordare quali siano le condizioni per ottenere il superamento della pronuncia negativa” (art . 4, c. 2, del DPR n. 447 del
98, come modificato dall’art . 1 del DPR n. 440 del 2000)…”.
Il procedimento autorizzatorio unico dei nuovi impianti produttivi si configura,
dunque, come innovativo, in quanto non sostituisce i preesistenti singoli procedimenti
autorizzatori, ma, ponendo un nuovo iter amministrativo unitario, che integra e coordina le attuali competenze autorizzatorie:
• elimina duplicazioni e sovrapposizioni fra uffici e procedimenti diversi;
• riduce gli adempimenti amministrativi per le imprese;
• accelera i tempi di definizione del procedimento;
LA REGIONE LAZIO E LO SUAP
• riduce i relativi oneri finanziari;
• valorizza la responsabilità dell’imprenditore, mediante la possibilità di ricorrere all’autocertificazione;
• dà certezza degli adempimenti connessi alla localizzazione di nuove attività produttive in condizioni di massima parità e concorrenzialità;
• garantisce contemporaneamente, a tutti i cittadini, la massima trasparenza delle
scelte pubbliche concernenti l’utilizzo del territorio e la tutela della sicurezza,
della salute e dell’ambiente.
Il D.Lgs. 112/98, all’art. 24, precisa che la struttura è responsabile dell’intero procedimento e, all’art. 25, coerentemente viene sancita l’unicità del procedimento.
Nel concreto questo significa che:
• il procedimento unico può coinvolgere non solo uffici diversi dello stesso ente,
ma anche uffici di enti diversi;
• all’impresa viene così fornito un unico interlocutore, in grado di gestire l’intero
procedimento;
• il procedimento deve concludersi con un unico provvedimento finale, che costituisce, ad ogni effetto, titolo unico per la realizzazione dell’intervento richiesto;
• il responsabile del procedimento unico è titolare di tutti i poteri-doveri previsti
dalla L 241/90, in virtù dei quali trasmette la domanda unica dell’interessato agli
uffici competenti, in relazione ai diversi endoprocedimenti, al fine di verificare
la conformità del progetto alle norme applicabili, comunica all’interessato l’esito del procedimento, acquisisce documenti, richiede integrazioni, convoca la
Conferenza di Servizi, ecc.
Procedimento semplificato e procedimento mediante autocertificazione
Nella prima fase autorizzativa, sono individuati due procedimenti alternativi:
• quello semplificato, che si svolge attraverso l’impulso e il coordinamento delle
attività istruttorie ad opera della struttura unica, e che prevede la possibilità di
attivare la Conferenza di Servizi;
• quello mediante autocertificazione, che permette all’imprenditore di avvalersi
di autocertificazioni attestanti la conformità dell’impianto alle prescrizioni normative previste e di procedere, comunque, alla realizzazione dello stesso, decorsi i termini che la normativa assegna alla Pubblica Amministrazione per eseguire i necessari controlli e le verifiche preventive di idoneità e di completezza
della domanda e della documentazione allegata.
Il procedimento semplificato si attiva per:
• gli impianti di cui all’art. 27, D.Lgs.112/98:
• impianti in cui sono utilizzati materiali nucleari;
• impianti di produzione di materiale d’armamento;
• i depositi costieri;
• gli impianti di produzione, raffinazione e stoccaggio di oli minerali;
• i depositi temporanei, smaltimento, recupero e riciclaggio dei rifiuti;
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LA REGIONE LAZIO E LO SUAP
• gli impianti di cui all’art. 1, co. 3, DPR 447/98: cioè per quei settori produttivi
disciplinati dal D.Lgs. 334/99 (impianti soggetti a rischi di incidente rilevante
connesso con determinate sostanze pericolose) e dal D.Lgs. 372/99 (impianti
soggetti alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento);
• gli impianti soggetti a valutazione di impatto ambientale (art.4, co. 1-bis, DPR
447/98);
• gli impianti per i quali la normativa comunitaria prevede apposita autorizzazione (art. 6, co. 1, DPR 447/98);
• i progetti relativi ad opere la cui realizzazione comporti variazione degli strumenti urbanistici (ai sensi dell’art. 5 del DPR 447/98).
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Normalmente è lo stesso interessato a poter scegliere quale dei due tipi di procedimento attivare, fatti salvi i casi in cui il ricorso all’autocertificazione è precluso a priori. Nel caso in cui, per esempio, l’intervento da autorizzare comporti un rilevante impatto in termini di sicurezza, salute, ambiente, esigenze di tutela di valori storico–artistici e
paesaggistico–architettonici.
Quale che sia la tipologia di procedimento prescelta, il DPR 447/98 e s.m.i. assicura principi comuni alla base delle diverse tipologie di procedimento:
• il principio di unicità per cui gli utenti dei pubblici servizi, e in particolare le
imprese, devono disporre di un unico interlocutore per pratiche che coinvolgono uffici e amministrazioni diverse13;
• il principio di obbligatorietà, secondo il quale le amministrazioni pubbliche
diverse dallo sportello unico coinvolte in un procedimento di autorizzazione di
impianti produttivi, non possono rilasciare direttamente al richiedente atti autorizzativi, Nullaosta, pareri o atti di assenso, anche a contenuto negativo, comunque denominati. Tali atti, qualora rilasciati, operano esclusivamente all’interno
del procedimento unico;
• il principio di semplificazione e snellimento dell’azione amministrativa (o di
non aggravamento del procedimento), per cui, in tutti i casi in cui l’avvio di
un’attività o la realizzazione di un impianto produttivo sia già assoggettato a procedure maggiormente semplificate rispetto a quelle introdotte dal DPR 447/98,
si applicano procedure, tempi e modalità di maggiore semplificazione.
Il procedimento mediante autocertificazione costituisce la vera e propria novità
introdotta dalla normativa sullo sportello unico. Infatti, mentre quello semplificato assume la veste di procedimento “ordinario” e non si discosta dalle procedure in vigore, quello autocertificato è particolarmente innovativo dal momento che il ricorso all’autocertificazione da parte del privato, garantisce la speditezza e la semplificazione dell’attività
amministrativa che nella fattispecie, consiste nella verifica della sussistenza di presup13
Il DPR 440/00 specifica, rafforzando tale principio di unicità, che il procedimento è unico, come è unico
il provvedimento conclusivo emanato dallo SUAP, a firma del responsabile, che riporta anche una sintesi dell’esercizio delle varie competenze coinvolte e che può contenere i singoli atti di assenso comunque
denominati rilasciati dagli enti terzi. Nel caso, poi, sia stata indetta una Conferenza di Servizi, il provvedimento finale dello SUAP comprenderà anche il verbale della seduta.
LA REGIONE LAZIO E LO SUAP
posti e requisiti di presentazione della domanda e nel controllo delle autocertificazioni ad
essa allegate. La disciplina di questo istituto è contenuta nell’art. 6, DPR 447/98, il quale
prevede che, in conformità alle previsioni dell’art. 25, co. 2, D.Lgs. 112/98, il soggetto interessato ha la possibilità di presentare alla struttura unica una domanda, corredata da una
serie di autocertificazioni nelle quali risulti attestata la conformità del progetto alle prescrizioni previste dalle normative vigenti in materia urbanistica, di sicurezza degli
impianti e di tutela sanitaria e ambientale. Tali attestazioni sono sottoscritte dal legale rappresentante dell’impresa, unitamente ai professionisti abilitati che le hanno redatte. Non
tutte le materie, però, come già detto, possono essere oggetto di autocertificazione.
Indubbiamente il procedimento mediante autocertificazione appare il più indicato
a favorire la semplificazione dei procedimenti amministrativi in materia di insediamenti produttivi, prevedendo il progressivo ampliamento degli atti e dei certificati sostituibili con una dichiarazione dell’interessato. Il sistema consente all’imprenditore di esercitare la propria attività senza che intervenga alcun provvedimento di intermediazione
da parte dell’Amministrazione Pubblica se non in termini di controllo di requisiti e presupposti per l’avvio del procedimento e di completezza della domanda e della documentazione a corredo14.
Progetto comportante la variazione di strumenti urbanistici (art. 5, DPR
447/98 e s.m.i.)
Nel caso in cui allo sportello unico giunga un progetto che risulti in contrasto con
lo strumento urbanistico o che richieda la sua variazione, secondo l’art. 5, co. 1, DPR
447/98 e s.m.i., il Responsabile del procedimento deve rigettare l’istanza. Tuttavia, nel
caso in cui il progetto sia conforme alle norme vigenti in materia ambientale, sanitaria,
di sicurezza del lavoro e alle specifiche discipline di settore eventualmente pertinenti,
ma non siano individuate aree destinate all’insediamento di impianti produttivi, ovvero
queste risultino insufficienti15 in rapporto al progetto presentato, il Responsabile del procedimento può, motivatamente, convocare una Conferenza di Servizi, aperta alla partecipazione di qualunque soggetto portatore di interessi pubblici o privati, individuali o
collettivi nonché dei portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui
possa derivare un pregiudizio dalla realizzazione del progetto dell’impianto.
La procedura di variante, inoltre, è applicabile qualora la realizzazione dell’inter14
15
Tale sistema comporta, tuttavia, alcune difficoltà nell’applicazione. Infatti, la complessità e l’ambiguità
delle vigenti prescrizioni tecniche e i costi dei professionisti che, sotto la propria responsabilità, devono
sottoscrivere le autocertificazioni, fanno sì che le imprese ricorrano a tale procedura sporadicamente, solo
in caso di attivazione di impianti particolarmente semplici. Non è infatti agevole trovare professionisti
disposti ad assumersi il rischio di attestare la conformità dei progetti in materie regolate, allo stato attuale, da normative stratificate e farraginose.
Per aree insufficienti si intendono quelle che non consentono un determinato tipo di insediamento produttivo a causa della scarsa dimensione, dell’inadeguatezza sotto il profilo qualitativo (per esempio, attività che richiedono particolari infrastrutture, la necessità, per il tipo di attività, della vicinanza di strutture ferroviarie, portuali ecc.), o per la presenza di parametri, limitazioni e indici che producono, comunque, un effetto ostativo di carattere equivalente. Per aree disponibili, dal punto di vista urbanistico, ci si
riferisce alla disponibilità effettiva; rientrano quindi in tale ambito anche le aree contenute in piani attuativi approvati e realizzati solo parzialmente.
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LA REGIONE LAZIO E LO SUAP
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vento dovesse comportare la coincidenza dell’interesse pubblico con quello privato.
È opportuno, sebbene normativamente non richiesto, che il Responsabile dello sportello unico o il Responsabile del procedimento unico (se diverso), si determini per l’attivazione di siffatta procedura di variante urbanistica soltanto dopo aver preso in considerazione le volontà dell’amministrazione comunale. Ciò, al fine di evitare un procedimento destinato a ottenere il rifiuto del Consiglio comunale, competente nella ratifica della
variante, comportando in tal modo un aggravio dello stesso procedimento (art. 1, L 241/90).
Il procedimento di variante agli strumenti urbanistici può comportare un’istruttoria preliminare che accerti:
• la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 5, DPR 447/98 e s.m.i. cioè che
il progetto presentato sia conforme alle norme in materia ambientale, sanitaria e
di sicurezza del lavoro e che il contrasto con gli strumenti urbanistici derivi dal
fatto che questi non individuino aree destinate ad impianti produttivi, oppure
che le aree previste non risultino sufficienti ai fini della realizzazione del progetto presentato;
• le considerazioni sulla volontà dell’amministrazione comunale.
Qualora manchino le necessarie condizioni che possano premettere l’attivazione
della variante, la conclusione della fase istruttoria porta al rigetto della domanda, ovvero, in caso positivo, all’attivazione della procedura di variante.
Inoltre, in base alla Sentenza della Corte Costituzionale 206/01, lo sportello unico
dovrà, considerare il parere della Regione o quello della Provincia se delegata, considerato che la Conferenza di Servizi non potrà prescindere dal loro consenso/dissenso16.
La nuova disciplina della Conferenza di Servizi, ex L 241/90 e s.m.i.
La Conferenza di Servizi, come precisa la Sentenza 1002/00 del Consiglio di Stato17
rappresenta “lo strumento per realizzare il giusto contemperamento tra le esigenze di
concentrazione delle funzioni in un’unica istanza ed il rispetto delle competenze delle
amministrazioni preposte alla cura di un determinato settore, consentendo la contestuale valutazione di tutti gli interessi pubblici coinvolti in una determinata operazione
amministrativa”.
In merito alla Conferenza si è espressa, con un provvedimento, la Presidenza del
Consiglio dei Ministri18, che ne ha confermato la definizione quale “modulo procedimentale con cui si ottiene il coordinamento e la contestuale valutazione di tutti gli interessi pubblici coinvolti in un determinato procedimento, attraverso la trattazione contemporanea di uno stesso affare da parte di una pluralità di soggetti pubblici”. Tale istituto, da un lato, si pone come strumento di semplificazione procedimentale, in quanto
costituisce il “luogo del procedimento nel quale tutti gli interessi pubblici rilevanti
hanno l’occasione per essere sincronicamente rappresentati”; dall’altro si pone come
16
17
18
Vd. paragrafo La Conferenza di Servizi nel caso di variante urbanistica.
Consiglio di Stato, Sez. IV, Sentenza del 24 febbraio 2000, n. 1002.
Dipartimento per il coordinamento amministrativo. Provvedimento del 2 gennaio 2003, Norme in materia di conferenza di servizi. Linee guida operative per la remissione al Consiglio dei Ministri.
LA REGIONE LAZIO E LO SUAP
strumento di coordinamento, perché volto alla composizione dei vari interessi pubblici
coinvolti in un dato procedimento e, quindi, finalizzato “all’individuazione e riaffermazione dell’interesse pubblico primario” o prevalente.
La disciplina della Conferenza di Servizi prevista dalla L 241/90 è stata ampiamente modificata, prima, dalla L 340/00, con gli articoli da 9 a 12, e poi dal testo recentemente approvato dal Parlamento, la L 15/0519. Le novità apportate alla L 241/90, in
merito alla disciplina della Conferenza di Servizi, integrano, modificano e aggiungono
alcuni commi, ne abrogano due20 e aggiungono l’art.14-quinquies21.
Le modifiche allo svolgimento della Conferenza di Servizi costituiscono una rilevante novità in materia di semplificazione amministrativa. Già la L 340/00, aveva riformulato gli articoli da 14 a 14-quater della L 241/90, al fine di garantire il coordinamento istruttorio del procedimento amministrativo, e aveva inoltre, modificato il D.Lgs.
112/98, aggiungendogli, con l’art. 6, l’art. 27-bis, che impone a tutte le altre amministrazioni di fissare, per lo svolgimento delle proprie attività istruttorie, termini compatibili
con quelli previsti dal DPR 447/98 e s.m.i.22 Ciò anche per semplificare gli adempimenti delle imprese e accelerare le procedure senza abbassare il livello di garanzia degli interessi pubblici coinvolti.
Le principali innovazioni introdotte, rispetto alla Conferenza, sono:
• il rafforzamento dell’istituto – che diviene lo strumento che le amministrazioni
pubbliche possono utilizzare ogni volta che si renda necessario l’esame contestuale di vari interessi pubblici – e il rafforzamento del ruolo del rappresentante della Pubblica Amministrazione – che, in sede di Conferenza è abilitato a rappresentare pienamente la volontà dell’amministrazione – ;
• la definizione di termini certi per l’adozione della decisione finale;
• l’introduzione dell’art. 6-bis, secondo il quale “l’amministrazione procedente
adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento, valutate le
specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede”;
• la definizione della tempistica riguardante l’indizione della Conferenza. Infatti,
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21
22
L 11 febbraio 2005, n. 15, Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme
generali sull’azione amministrativa.
I commi 2 e 4, art.14-quater, vd. infra.
Art.14-quinquies, L 241/90 e s.m.i., (Conferenza in materia di finanza di progetto). 1. Nelle ipotesi di conferenza di servizi finalizzata all’approvazione del progetto definitivo in relazione alla quale trovino applicazione le procedure di cui agli articoli 37-bis. 22 e seguenti della legge 11 febbraio 1994, n. 109, sono
convocati alla conferenza, senza diritto di voto, anche i soggetti aggiudicatari di concessione individuati
all’esito della procedura di cui all’articolo 37-quater 22 della legge n. 109 del 1994, ovvero le società di
progetto di cui all’articolo 37-quinquies 22 della medesima legge.
Art. 6, L 340/00, Attività istruttorie in materia di sportello unico delle imprese: 1. Dopo l’articolo 27 del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, è inserito il seguente:
“Art. 27-bis. (Misure organizzative per lo sportello unico delle imprese) – 1. Le amministrazioni, gli enti e le
autorità competenti a svolgere, ai sensi degli articoli da 23 a 27, attività istruttorie nell’ambito del procedimento di cui al regolamento previsto dall’articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59, per la realizzazione, l’ampliamento, la ristrutturazione, la riconversione di impianti produttivi e per l’esecuzione di
opere interne ai fabbricati, nonché per la determinazione delle aree destinate agli investimenti produttivi,
provvedono all’adozione delle misure organizzative necessarie allo snellimento delle predette attività istruttorie, al fine di assicurare il coordinamento dei termini di queste con i termini di cui al citato regolamento”.
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secondo le integrazioni al co. 2, art. 14, L 15/05, si stabilisce che: “La conferenza di servizi è sempre indetta quando l’amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro trenta giorni dalla ricezione, da
parte dell’amministrazione competente, della relativa richiesta. La conferenza
può essere altresì indetta quando nello stesso termine è intervenuto il dissenso
di una o più amministrazioni interpellate”;
la possibilità, per progetti di particolare complessità e – come viene aggiunto –
per progetti “di insediamenti produttivi di beni e servizi”, di convocare la Conferenza, “su motivata richiesta dell’interessato, documentata, in assenza di un
progetto preliminare, da uno studio di fattibilità” (art. 14-bis, co. 1);
l’aggiunta, tra i soggetti portatori di particolari interessi sensibili (salute, paesaggio, patrimonio storico-artistico, ambiente), di quelli garanti della pubblica
incolumità (art. 14-bis, co. 2);
l’adozione, all’esito dei lavori della Conferenza, del provvedimento finale da
parte dell’amministrazione procedente, che sostituisce a tutti gli effetti, ogni
autorizzazione, concessione, Nullaosta o atto di assenso comunque denominato
di competenza delle amministrazioni partecipanti alla Conferenza, o comunque
invitate a partecipare, ma risultate assenti (art. 14-ter, co. 9);
la possibilità di convocare e svolgere la Conferenza avvalendosi “degli strumenti informatici disponibili”, secondo i tempi e le modalità stabiliti dalle amministrazioni coinvolte (art. 14, co. 5-bis).
La Conferenza di Servizi nel caso di variante urbanistica.
Il parere della Regione
Durante i primi anni di applicazione del DPR 447/98 sono emersi alcuni aspetti
critici nel coordinamento tra la disciplina statale e la disciplina urbanistica regionale,
anche rispetto al ruolo dell’amministrazione regionale all’interno della Conferenza di
Servizi riformulata con L 340/00.
La Regione ha presentato ricorso alla Corte Costituzionale per far dichiarare illegittima quella parte dell’art.25, co. 2, l.g), D.Lgs.112/98, in cui prevedeva che “ove la
Conferenza di Servizi registri un accordo sulla variazione dello strumento urbanistico, la
determinazione costituisce proposta di variante sulla quale si pronuncia definitivamente il consiglio comunale anche quando vi sia dissenso della Regione”. Con tale affermazione si è realizzata di fatto, un’esclusione della competenza regionale a concorrere alla
definizione dell’assetto urbanistico, in contrasto con gli artt. 117 e 118 della Costituzione. Inoltre, la Regione del Veneto contestava la disposizione contenuta nell’art. 12, co. 2,
L 340/00 – che aggiungeva il co. 2, art. 14-quater alla L 241/90 – dove si affermava che
“Se una o più amministrazioni hanno espresso nell’ambito della conferenza il proprio
dissenso sulla proposta dell’amministrazione procedente, quest’ultima, entro i termini
perentori indicati dall’articolo 14-ter, comma 3, assume comunque la determinazione di
conclusione del procedimento sulla base della maggioranza delle posizioni espresse in
sede di conferenza di servizi. La determinazione è immediatamente esecutiva”.
LA REGIONE LAZIO E LO SUAP
La Corte Costituzionale, con la Sentenza 206/0123, ha dichiarato tale illegittimità,
per cui ora il parere positivo della Regione, in quanto “co-titolare” del potere di gestione del territorio, insieme alla amministrazione comunale, espresso in sede di Conferenza di Servizi, è condizione necessaria perché la variante possa essere legittimamente
approvata dal Consiglio comunale.
In sintesi, secondo la disciplina della Conferenza di Servizi, di cui alla L 241/90,
come modificata dalla L 340/00 e integrata dalla pronuncia della Corte Costituzionale, la
Regione che partecipa alla Conferenza di Servizi:
• può esprimere il proprio assenso;
• può esprimere il proprio motivato dissenso e in questo caso la procedura deve
intendersi conclusa con esito negativo;
• può subordinare se ne esistono i presupposti, il proprio assenso all’accoglimento di
specifiche modifiche progettuali (art. 14-quater, co. 1, L 241/90). In questo caso la
procedura può proseguire solo se sono recepite le indicazioni espresse dalla Regione.
Tra le modifiche recentemente apportate alla L 241/90 con la L 15/05, si ricorda, a
tal proposito, l’abrogazione del co. 2, art. 14-quater, che sancisce definitivamente quanto già stabilito con la citata sentenza della Consulta.
Effetti del dissenso espresso nella Conferenza di Servizi
(art. 14-quater, L 241/90 e s.m.i.)
Un importante intervento integrativo alla L 241/90 ha interessato l’art. 14-quater,
riguardo l’eventuale dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni convocate alla Conferenza di Servizi. In sede di Conferenza, si può verificare che tra le amministrazioni dissenzienti in minoranza vi siano soggetti portatori di particolari interessi
sensibili (salute, paesaggio, patrimonio storico-artistico, ambiente e – con il nuovo testo
appena approvato – pubblica incolumità24). In tal caso, non essendo più valido il principio della maggioranza, l’amministrazione procedente, entro 10 giorni, deve richiedere la
determinazione sostitutiva all’organo collegiale di Governo competente. La competenza
dell’organo collegiale di Governo si individua in base alla natura rivestita dall’amministrazione procedente o di quella dissenziente: se una sola di queste amministrazioni è statale, la decisione è rimessa alla presidenza del Consiglio dei Ministri25; in caso di dissenso tra un’amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali, la
decisione spetta alla Conferenza Stato-Regioni26; in caso di dissenso tra un’amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali, alla Conferenza unificata27.
23
24
25
26
27
Sentenza della Corte Costituzionale del 6 giugno 2001, depositata in Cancelleria il 26 giugno 2001, in materia di variante urbanistica ai fini degli insediamenti produttivi.
Art. 14-quater, co. 3, L 241/90 e s.m.i.
Consiglio dei Ministri – Dipartimento per il Coordinamento Amministrativo, Via della Vite, n.13 – 00186 Roma.
Precisamente, la “Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province autonome di Trento e
di Bolzano”.
D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città
ed autonomie locali. Art. 8 (Conferenza Stato-città ed autonomie locali e Conferenza unificata).
35
LA REGIONE LAZIO E LO SUAP
36
Secondo l’art. 14-quarter, co. 3 la decisione è assunta entro 30 giorni “verificata la
completezza della documentazione inviata ai fini istruttori” , salvo che non siano stabilite proroghe del termine – da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, della Conferenza Stato-Regioni o della Conferenza unificata – per non più di 60 giorni, riscontrata la complessità dell’istruttoria.
Qualora la risposta della Conferenza Stato-Regioni o della Conferenza unificata
non giungesse entro i termini stabiliti dai commi 3 e 3-bis, “la decisione, su iniziativa del
Ministro per gli affari regionali, è rimessa: al Consiglio dei Ministri, che assume la determinazione sostitutiva nei successivi 30 giorni; ovvero, quando verta in materia non attribuita alla competenza statale ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, e dell’articolo
118 della Costituzione, alla competente Giunta regionale ovvero alle competenti Giunte
delle province autonome di Trento e di Bolzano, che assumono la determinazione sostitutiva nei successivi trenta giorni; qualora la Giunta regionale non provveda entro il termine predetto, la decisione è rimessa al Consiglio dei ministri, che delibera con la partecipazione dei Presidenti delle regioni interessate”28.
Importante integrazione è quella del comma 3-quater, nel quale viene stabilito
che, nel caso in cui le Regioni che abbiano espresso dissenso in Conferenza di Servizi,
“abbiano ratificato, con propria legge, intese per la composizione del dissenso ai sensi
dell’articolo 117, ottavo comma, della Costituzione, anche attraverso l’individuazione di
organi comuni competenti in via generale ad assumere la determinazione sostitutiva in
caso di dissenso”, non verrà applicato quanto stabilito dai commi 3 e 3-bis.
La Legge di modifica con l’art. 22 stabilisce che “Fino alla data di entrata in vigore della disciplina regionale – art. 29, co. 2, L 241/9029 – i procedimenti amministrativi
sono regolati dalle leggi regionali vigenti. In mancanza, si applicano le disposizioni della
legge n. 241 del 1990 come modificata dalla presente legge”.
Il Collaudo
Un’importante innovazione del Regolamento sullo sportello unico, prevista all’art.
9, è rappresentata dalla procedura di Collaudo, finalizzata ad anticipare e accelerare l’avvio dell’attività economica, valutando la conformità dell’impianto realizzato al progetto
approvato e alle normative vigenti. La normativa procedimentale in materia di Collaudo
è già stata oggetto di un intervento di semplificazione ed è stata ricompresa nel DPR
380/0130. Tale intervento è stato tenuto in considerazione all’atto della redazione del DPR
447/98, così come risulta espressamente affermato nella stessa relazione di accompagnamento al Regolamento. Le modalità di esecuzione del Collaudo risultano semplificate e
accelerate attraverso la responsabilizzazione dei professionisti che, su incarico dell’impresa, asseverano la conformità delle opere eseguite al progetto approvato e alle normative di settore, garantendo comunque agli enti pubblici la possibilità di effettuare azioni
28
29
30
Art. 14-quater, co. 3-ter.
Art. 29, co. 2, L 241/90 e s.m.i.: “Le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, regolano le materie disciplinate dalla presente legge nel rispetto del sistema costituzionale e delle garanzie del cittadino nei riguardi dell’azione amministrativa, così come definite dai princìpi stabiliti dalla presente legge”.
DPR 6 giugno 2001, n. 380, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia.
LA REGIONE LAZIO E LO SUAP
di vigilanza e controllo. A procedere al Collaudo degli impianti produttivi, dunque, sono
soggetti indipendenti ed esterni rispetto all’impresa interessata, diversi dal direttore dei
lavori, tuttavia la verifica dell’insussistenza di rapporti, professionali o economici, tra
collaudatore e impresa non risulta sicuramente agevole.
L’art. 9, DPR 447/98 attua l’importante disposizione di cui all’art. 25, co. 2, l. h),
D.Lgs. 112/98, prevedendo il Collaudo “da parte di soggetti abilitati non collegati professionalmente né economicamente in modo diretto o indiretto all’impresa, con la presenza dei tecnici dell’unità organizzativa”.
Anche quando non previsto esplicitamente dalle leggi di settore, il Collaudo deve
interessare:
• strutture edilizie;
• impianti produttivi;
• misure e apparati volti a salvaguardare la sanità, la sicurezza e la tutela ambientale, nonché la loro conformità alle norme sulla tutela del lavoratori nei luoghi
di lavoro e alle prescrizioni indicate in sede di autorizzazione.
L’elencazione dei profili che interessano la procedura di Collaudo appare diretta a
garantire la possibilità per l’imprenditore di poter realmente avviare l’impianto in attesa
che sopraggiungano gli atti autorizzatori relativi a ciascuno dei profili indicati, finora
sottoposti ad autorizzazioni preventive all’avvio di attività.
Le principali novità della procedura di Collaudo riguardano:
• l’avvio della procedura su richiesta dell’impresa allo sportello unico, perché sia
fissata la data di Collaudo, che deve avvenire tra il 20° e il 60° giorno successivi alla richiesta;
• la partecipazione dei tecnici dello sportello unico, il quale può avvalersi del personale dipendente da altre amministrazioni, allo scopo di effettuare le verifiche
di rispettiva competenza previste dalle disposizioni vigenti;
• la possibilità per l’impresa di procedere autonomamente al Collaudo comunicandone l’esito allo sportello, nel caso di mancata fissazione della data di Collaudo da parte dello sportello unico.
• il certificato positivo di Collaudo, consente la messa in funzione degli impianti,
fino al rilascio definitivo del certificato di agibilità, del Nullaosta all’esercizio di
nuova produzione e di ogni altro atto amministrativo richiesto (art. 9, co. 5);
• l’effettuazione dei controlli sugli impianti produttivi da parte della Regione e
degli altri enti competenti e la possibilità da parte di questi di comunicarne le
risultanze agli interessati, i quali “possono presentare memorie o chiedere la
ripetizione in contraddittorio dell’eventuale esperimento di prove e adottano i
provvedimenti, anche in via d’urgenza, previsti dalla legge. L’effettuazione e l’esito dei controlli sono registrati anche presso l’archivio informatico della regione e della struttura comunale”.
La procedura di Collaudo “non esonera le amministrazioni competenti dalle proprie funzioni di vigilanza e di controllo in materia e dalle connesse responsabilità previste dalla legge da esercitare successivamente al deposito del certificato di Collaudo
37
LA REGIONE LAZIO E LO SUAP
38
degli impianti.”31. I successivi controlli pubblici, se negativi, incidono direttamente sulla
stessa esistenza e sull’operatività dell’impianto (che dovrà essere eliminato o adeguato e
la cui attività dovrà comunque essere immediatamente sospesa in caso di pericolo) e,
solo indirettamente, sul Certificato di Collaudo, sul titolare (per le eventuali responsabilità dovute alla realizzazione di un impianto difforme dall’autorizzazione e quindi non
autorizzato, o non a norma) e sul professionista (che risponde civilmente, penalmente e
in via disciplinare, nei confronti del Ordine o Albo di appartenenza).
La struttura unica: l’organizzazione dell’ufficio
Lo sportello unico offre servizi di tipo:
• amministrativo, relativi cioè al complesso delle autorizzazioni;
• informativo, promozionale, consulenziale, poiché raccoglie e diffonde le informazioni sulle normative in vigore riguardanti lo svolgimento di attività economiche, le modalità di accesso alle agevolazioni a disposizione, la struttura produttiva del territorio comunale e della Regione di appartenenza.
In base a tale schema, l’assetto organizzativo dell’ufficio può prevedere:
• un front office (o front line), che si occupa della gestione dell’attività informativa relativa alla funzione autorizzatoria e alla funzione promozionale, a contatto,
diretto o mediato, con il cittadino imprenditore;
• un back office, che si occupa di tutte le attività legate alla gestione del procedimento unico autorizzatorio e alla pianificazione e promozione del territorio,
senza diretto contatto con il pubblico.
La suddivisione del modello in front office e back office, è finalizzata alla migliore ripartizione dei compiti, poiché i due elementi del modello operano in modo complementare.
Le funzioni dello sportello unico
Lo sportello unico, dunque, è il luogo dove confluiscono le richieste di rilascio di
autorizzazioni da parte delle imprese per l’insediamento e/o lo svolgimento delle attività produttive, e dove si coordinano gli endoprocedimenti, assicurando così, certezza di
tempi e costi (funzione amministrativa). La struttura unica svolge un servizio di informazione rivolto in particolare alle realtà imprenditoriali, riguardanti eventuali finanziamenti, agevolazioni finanziarie e tributarie, a livello comunitario, nazionale regionale o
locale (funzione informativa). Il D.Lgs. 112/98, all’art. 24, co. 2, prevede l’obbligo per lo
sportello unico di avere un archivio informatico, che assicuri l’accesso dell’interessato
alle informazioni, anche per via telematica. L’archivio informatico deve contenere i dati
concernenti le domande di autorizzazione e le informazioni relative allo stato della pratica nell’iter procedurale, ma anche un completo quadro informativo circa gli adempi31
Art. 9, co. 7, DPR 447/98 e s.m.i.
LA REGIONE LAZIO E LO SUAP
menti necessari per le diverse procedure autorizzatorie e le informazioni disponibili a
livello regionale in materia di attività produttive, ivi comprese quelle concernenti le iniziative e gli strumenti promozionali.
L’art. 3, co. 3, DPR 447/98, prevede che gli interessati, qualora lo ritengano opportuno, possano richiedere allo sportello unico un parere preventivo sulla conformità del
progetto preliminare con i vigenti strumenti urbanistici, prima di richiederne ufficialmente l’autorizzazione. Si tratta, di una funzione consulenziale che prevede, appunto,
un’attività di verifica preliminare, di carattere tecnico-giuridico, che offre l’opportunità
di un primo incontro tra interessato e la PA, per confrontarsi sulle rispettive esigenze,
senza comportare impegno e responsabilità futuri per il Comune. Prima di presentare
una domanda o un progetto definitivi, per verificare quali siano le condizioni per ottenere i necessari atti di consenso – e in caso di progetti di particolare complessità e di
insediamenti produttivi di beni e servizi32 - l’ufficio può convocare una Conferenza di
Servizi preliminare, in seguito a “motivata richiesta dell’interessato” che “in assenza di
un progetto preliminare”, potrà essere documentata da uno studio di fattibilità33, ciò proprio per rendere rapido ed effettivo il servizio di consulenza.
Lo sportello realizza, anche per via telematica, direttamente o in collaborazione con
altri enti e associazioni, tutte le attività volte a diffondere la conoscenza del territorio e delle
potenzialità economico–produttive che esso offre (funzione promozionale o di marketing
territoriale). Tutto ciò per stimolare la crescita e lo sviluppo economico locale e orientare la
pianificazione e la programmazione di medio e lungo periodo dell’amministrazione locale.
Lo sportello può fornire, su richiesta, una vera e propria attività di consulenza in
relazione allo specifico progetto che s’intende presentare. Questa opportunità a disposizione dell’impresa rappresenta una particolare novità di questa disciplina nell’ottica del
reinventare un’amministrazione al servizio dell’utente, non solo da un punto di vista formale, ma anche sostanziale. In definitiva, lo sportello costituisce il punto di incontro tra
cittadini/impresa e PA.
Lo sportello unico per operare in modo efficace ed efficiente deve raccordarsi, nel
rispetto dei principi di trasparenza e di leale collaborazione, con gli altri organismi che
svolgono analoghe funzioni informative o di assistenza-consulenza, quali le Camere di
commercio, le Associazioni di categoria e, in generale, le pubbliche amministrazioni. Le
competenze di questi soggetti possono essere orientate, con apposite convenzioni, verso
un’organica azione di supporto a favore dello sportello unico34.
Le forme di gestione
La normativa demanda all’autonomia dell’ente comunale la scelta riguardante la
32
33
34
Secondo le modifiche e integrazioni apportate alla L 241/90.
Art. 14-bis, co. 1, L 241/90 e s.m.i. Vd. anche Circ. della Presidenza del Consiglio dei Ministri 8 luglio
1999, citata.
Sul punto è intervenuto anche il Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, con la Circolare del 29
maggio 2001, n. 58, dove si sottolinea “… l’opportunità di porre in essere un’attività di supporto a quella
dello sportello unico per le imprese, che abbia ad oggetto tanto la diffusione di tutte le informazioni circa
le norme di tutela del lavoratore eventualmente richieste dagli operatori dei diversi settori imprenditoriali, quanto lo svolgimento di una vera e propria attività di consulenza”.
39
LA REGIONE LAZIO E LO SUAP
40
forma di gestione dello sportello unico, prevedendo che i Comuni debbano assicurare
che “ad un’unica struttura sia affidato l’intero procedimento”35.
Il Regolamento individua le forme di gestione singola, per ciascun Comune, e associata, fra Comuni, ma “anche con altri enti locali”, (Province, Comunità Montane), come
già indicato nell’art. 24, co. 1, D.Lgs. 112/98.
Per l’esercizio associato di funzioni, i Comuni, ai sensi del D.Lgs. 267/0036, possono far ricorso a:
• convenzioni (art. 30), che vengono stipulate al fine di svolgere in modo coordinato
funzioni e servizi determinati e possono prevedere anche la costituzione di uffici
comuni, che operano con personale distaccato dagli enti partecipanti, ai quali affidare l’esercizio delle funzioni, ovvero la delega di funzioni da parte degli enti partecipanti a favore di uno di essi, che operi in luogo e per conto degli enti deleganti.
• consorzi (art. 31), che gli enti locali possono costituire secondo le norme previste per
le aziende speciali (art. 114), in quanto compatibili. Ai consorzi possono partecipare
anche altri enti pubblici, purché siano autorizzati, secondo le leggi cui sono soggetti.
• unioni di Comuni (art. 32), cioè enti locali costituiti da due o più Comuni solitamente
contermini, allo scopo di esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni.
Qualora i Comuni stipulino patti territoriali o contratti d’area, la gestione dello
sportello unico può essere attribuita al soggetto responsabile del patto o del contratto37.
Le Regioni individueranno i livelli ottimali di esercizio delle funzioni conferite ai Comuni di minor dimensione demografica, nel cui ambito essi “… esercitano le funzioni in
forma associata, individuando autonomamente i soggetti, le forme e le metodologie,
entro il termine temporale indicato dalla legislazione regionale”38.
Presupposto essenziale per un’operatività efficace ed efficiente dello sportello unico
è il coordinamento sia con le altre strutture del Comune di appartenenza, sia con quelle
degli altri enti coinvolti nel procedimento (Aziende USL, VV.F, ISPESL, ARPA, ecc.).
L’esperienza fin qui maturata ha evidenziato essenzialmente due ordini di problemi:
• la difficoltà di identificazione delle diverse procedure e competenze;
• la carenza di un efficace raccordo sulla tempistica dei procedimenti.
L’esigenza di coordinamento interno richiede la definizione di adeguate misure
organizzative, relativamente a tutte le strutture comunali, finalizzate a garantire il rispetto dei tempi del procedimento unico, eventualmente tramite il regolamento di organizzazione degli uffici e servizi.
L’esigenza di coordinamento esterno, invece, può essere soddisfatta attraverso convenzioni o accordi con i soggetti pubblici coinvolti nel procedimento39.
35
36
37
38
39
DPR 447/98 e s.m.i., art. 3, co. 1.
D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.
Art. 24, co. 5, D.Lgs. 112/98.
Come previsto dall’art. 3, D.Lgs. 112/98 e dall’art. 33, co. 2, D.Lgs. 267/00.
Come previsto esplicitamente dalla già citata Circ.P.C.M. dell’8 luglio 1999, dove si dice esplicitamente
che il Comune (o i Comuni associati) e le altre amministrazioni coinvolte possono stipulare apposite convenzioni o accordi ai sensi dell’art. 24, D.Lgs. 112/98 e dell’art. 15, L 241/90.
LA REGIONE LAZIO E LO SUAP
È opportuno che il coordinamento venga assicurato tramite un “responsabile dei
rapporti con la struttura unica”, da individuarsi all’interno di ogni ente, che:
• risponda, nei confronti della struttura unica, degli adempimenti di competenza
della rispettiva amministrazione e, garantisca il rispetto dei tempi;
• assicuri il flusso delle informazioni attraverso l’indicazione dei responsabili dei
singoli procedimenti;
• provveda, in caso di inadempienza o ritardo da parte dei responsabili dei singoli procedimenti, all’applicazione delle sanzioni previste dalla legge e dai contratti, anche su segnalazione della struttura unica.
Ogni tipo di coordinamento sarà più agevole se seguito dall’utilizzo di una modulistica concordata tra struttura unica e soggetto competente, dall’impiego di adeguati
supporti informatici, agevolando l’accesso alle informazioni da parte dell’utenza, nonché l’espletamento di ogni attività di controllo.
Lo Sportello unico nel Lazio
Lo stato di attuazione dello SUAP nella Regione. La rilevazione di ottobre
2004
Fin dall’istituzione dello sportello unico, che ufficialmente risale al 27 maggio
1999, è stato necessario analizzare l’andamento della diffusione del servizio sul territorio nazionale, verificarne l’impatto economico e amministrativo, individuare adeguati
interventi di sostegno.
Dal 2000 il Dipartimento della Funzione Pubblica, infatti, ha avviato, assieme al
Ministero degli Interni, attraverso gli Uffici Territoriali di Governo, un’attività di rilevazione periodica sullo stato di attuazione dello sportello unico sul territorio nazionale. Il
Formez ha elaborato e analizzato i dati provenienti dalle rilevazioni effettuate e, allo
stato attuale, sono disponibili i risultati dell’ultima indagine avviata nel 2003 e conclusa a ottobre 2004.
La precedente rilevazione, che risale a settembre 2002, aveva ottenuto un elevato
numero di risposte da parte dei Comuni italiani: 6.678 – ad esclusione delle province
autonome di Trento e Bolzano, e delle Regioni Autonome della Valle d’Aosta e del Friuli Venezia Giulia – su 7.687, cioè l’86,9% del totale, interessando complessivamente oltre
50 milioni di abitanti.
Anche l’ultima rilevazione nazionale di ottobre 2004 risulta ugualmente esaustiva
riguardo al quadro nazionale40. I Comuni rilevati sono 7.150, su 8.101, l’88,3%, corrispondenti a 53.140.415 di abitanti, pari al 93,2% della popolazione italiana.
40
I dati sono stati presentati attraverso una pubblicazione Lo Sportello unico europeo, settembre 2005, realizzata su iniziativa del Formez - Sportelloimpresa e del Dipartimento della Funzione Pubblica, consultabile anche sul sito www.sportelloimpresa.it.
41
LA REGIONE LAZIO E LO SUAP
Lazio
Tabella 1
nazionale
I Comuni rilevati
42
289 (su 378)
7.150 (su 8.101)
76,45%
88,3%
Numero dei Comuni
Lazio
289 (su 378)
76,45%
Nazionale
7.150 (su 8.101)
88,3%
Tabella 2
Gli sportelli unici istituiti
Numero dei Com
Lazio
Nazionale
4.375.877 (su 5.205.139 abitati)
53.140.415 (su 57.888.245 abi
Popolazione
4.375.877 (su 5.205.139 abitanti)
53.140.415 (su 57.888.245 abitanti)
% sul totale dei
Comuni
Popolazione
% sul totale della
popolazione
182
48,1
3.984.885
3.984.885
5.274
65,1
45.184.334
45.184.334
Numero dei
Comuni
Nel Lazio hanno risposto complessivamente 289 Comuni su 378, pari al 76,45%,
coinvolgendo una popolazione pari a 4.375.877 unità.
Dei 289 Comuni laziali che hanno risposto alla rilevazione, 182, pari al 48,1%,
hanno istituito lo SUAP, servendo una popolazione pari a 3.984.885 unità, il 77,9% del
totale. Rispetto alla precedente indagine il numero dei Comuni che hanno istituito lo
SUAP, che era di 85, ha registrato un incremento di 97 unità.
Forte è l’incremento del numero dei Comuni che hanno istituito lo SUAP e della
relativa popolazione servita. Tra il 2001 e il 2004, 2033 Comuni – pari a una popolazione di circa 8 milioni di abitanti – hanno istituito lo sportello unico. In termini percentuali, l’incremento è stato del 63,7%, per quanto riguarda i Comuni, e del 39%, per quanto riguarda la popolazione.
Tabella 3
L’incremento degli sportelli unici. I Comuni
Lazio
Nazionale
SUAP istituiti
SUAP istituiti
SUAP istituiti tra il
95
182
+87
nel 2001
3.241
nel 2004
5.274
2001 il 2004
+2.033
Incremento %
+92%
+63%
Dalla rilevazione si riscontra una discreta riduzione dei tempi medi di rilascio
delle autorizzazioni per nuovi impianti produttivi, che vanno dai circa 40 giorni per il
procedimento autocertificato, ai circa 95 per i procedimenti comportanti la VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale). I tempi risultano pertanto, in media, al di sotto di quelli
previsti dalla normativa.
LA REGIONE LAZIO E LO SUAP
La Regione Lazio per lo sviluppo delle tecnologie informatiche
Lo SUAP rappresenta certamente uno strumento strategico nell’accelerazione dello
sviluppo dell’applicazione delle tecnologie informatiche nella PA.
L’art. 24, co. 2, D.Lgs. 112/98, prevede, infatti, che presso la struttura sia istituito
uno sportello unico che garantisca l’accesso a tutti gli interessati, anche in via telematica, al proprio archivio informatico, il quale presenti dati riguardo alle domande di autorizzazione, con il relativo iter procedimentale, adempimenti necessari per le procedure
autorizzatorie, informazioni disponibili a livello regionale, anche riguardanti attività
promozionali. In questo modo lo SUAP diventa davvero uno strumento utile a offrire
assistenza alle imprese, svolgendo una funzione anche informativa41.
Il DPR 447/98, all’art. 3, co. 2, dando seguito a quanto previsto dal D.Lgs. 112/98,
ribadisce che la struttura dello SUAP debba dotarsi di un apposito archivio informatico
e il bando di finanziamento per l’e-government ha sottolineato l’importanza dell’organizzazione di un front office multi-canale in modo che le amministrazioni locali possano erogare servizi su due canali d’accesso, il canale fisico e quello virtuale, prevedendo,
nel caso dello SUAP, l’integrazione tra i due canali42.
È certamente aumentata, dunque, la sensibilità nei confronti dello strumento informatico quale mezzo di gestione del procedimento unico e prezioso supporto per la valorizzazione economica del territorio. Soprattutto nel caso di associazioni di Comuni, si
evidenzia la necessità di creare una rete informativa che consenta la gestione informatizzata delle pratiche riducendone i tempi di evasione. La L 15/0543, recentemente approvata dal Parlamento, che modifica la L 241/90, aggiunge l’art. 3-bis (Uso della telematica), nel quale si sottolinea e si auspica l’incentivazione dell’uso della telematica da parte
delle amministrazioni pubbliche “nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e
tra queste e i privati”, affinchè la loro attività risulti improntata alla maggiore efficienza.
Come già ricordato in merito alla Conferenza di Servizi44, la suddetta legge aggiunge il
comma 5-bis all’art. 14 che prevede che anche la Conferenza “previo accordo tra le
amministrazioni coinvolte”, possa essere “convocata e svolta avvalendosi degli strumenti informatici disponibili, secondo i tempi e le modalità stabiliti dalle medesime
amministrazioni”.
A tal proposito va ricordato che il legislatore nazionale ha riservato alle Regioni lo
specifico compito di coordinare e migliorare i servizi di assistenza a favore delle imprese, con particolare riguardo alla raccolta e alla diffusione, anche per via telematica, di
tutte le informazioni utili agli operatori economici attivi sul territorio.
La Regione Lazio con LR 3 agosto 2001, n. 2045, ha istituito il Sistema Informativo
41
42
43
44
45
Vd. paragrafo Le funzioni dello sportello unico.
Avviso pubblicato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per l’Innovazione e le Tecnologie, nella G.U. n. 78 del 3 aprile 2002, Selezione di progetti proposti dalle regioni e dagli enti locali
per l’attuazione dell’e-government. Allegato tecnico n. 1, Front office e servizi di e-government per cittadini e imprese.
L 11 febbraio 2005, n. 15, Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme
generali sull’azione amministrativa.
Vd. paragrafo La nuova disciplina della Conferenza di Servizi, ex L 241/90 e s.m.i.
In attuazione dell’art. 32, LR 6 agosto 1999, n. 14 e s.m.i. Organizzazione delle funzioni a livello regionale e locale per la realizzazione del decentramento amministrativo.
43
LA REGIONE LAZIO E LO SUAP
44
Regionale (SIR), “al fine di favorire lo sviluppo dell’informatizzazione degli uffici e dei
servizi dell’Amministrazione regionale …, quale insieme coordinato dei flussi informativi volti al migliore svolgimento delle funzioni della Regione, degli enti dipendenti
regionali e degli enti locali, nonché delle necessarie interconnessioni con altri sistemi
informativi locali e nazionali, pubblici e privati.”46
Con il SIR viene assicurato l’accesso telematico dei cittadini, degli operatori e degli
utenti alle informazioni e ai servizi di competenza regionale. Inoltre tale sistema informativo rappresenta un supporto per la gestione dello SUAP e la gestione di analoghi procedimenti adottati in applicazione delle leggi di semplificazione amministrativa, nonché
uno strumento che offre assistenza alle imprese47.
Le politiche di e-government avviate in ambito nazionale hanno orientato e favorito la consapevolezza, da parte delle amministrazioni locali, del loro ruolo di rilievo nei
processi di innovazione organizzativa, tecnologica e di semplificazione e miglioramento
del loro rapporto con i cittadini, le imprese e le altre amministrazioni. Nel programma
di azione per l’e-government della Regione Lazio si inserisce la rete regionale RUPAR,
con l’obiettivo di garantire lo scambio di informazioni, per via telematica, tra tutti gli enti
e le amministrazioni locali del Lazio e quelli della pubblica amministrazione centrale.
RUPARLazio facilita la valorizzazione e la diffusione dei servizi applicativi già esistenti
e il riuso dei progetti di e-government in corso di realizzazione.
La seconda fase di attuazione dell’e-governement, prevede la cooperazione e l’associazione dei Comuni “piccoli” e “medio-piccoli” in Centri di Servizio Territoriali
(CST). La Regione Lazio propone la costituzione di cinque CST, configurati quali aggregazioni di Comuni tra loro e con le altre Autonomie locali, ciascuno con un’amministrazione provinciale come capofila. I CST hanno la finalità di garantire la massima
copertura e omogeneità territoriale dei servizi innovativi, di contribuire ad eliminare il
digital divide tra le piccole realtà locali e il resto del sistema istituzionale e di rendere
possibile la costruzione di un sistema coeso di e-government su scala regionale.
La Regione Lazio sta predisponendo una serie di strumenti volti ad offrire ai cittadini una maggiore trasparenza delle procedure amministrative, permettendo una comunicazione più efficace tra amministrazione e territorio e garantendo facilità e rapidità di
accesso alle informazioni e ai servizi. Tra gli obiettivi anche quello di attivare uno strumento volto a incentivare la creazione di nuove imprese e la valorizzazione del tessuto
imprenditoriale già esistente, stimolando così lo sviluppo locale.
I benefici dell’istituzione dello SUAP presso i Comuni sono stati recepiti e ampliati da progetti realizzati o in via di realizzazione da parte della Regione Lazio. Tali progetti prevedono un sistema unificato per i servizi alle imprese della Regione, uno sportello
virtuale, interlocutore unico al quale i cittadini e le imprese potranno rivolgersi per presentare le proprie istanze e ottenere autorizzazioni amministrative. Si prevede inoltre, la
costituzione di un database unico, in grado di gestire in maniera organica tutti i procedimenti svolti dalle amministrazioni coinvolte in materia di attività produttive, permettendone una gestione trasparente e omogenea. Ciò renderebbe più agevole il rapporto tra i
46
47
Art. 1, co. 1
Di cui all’art. 83, LR 14/99 e s.m.i.
LA REGIONE LAZIO E LO SUAP
Comuni e le altre amministrazioni consentendo di operare con più facilità su tutto il territorio regionale anche grazie alla standardizzazione dei procedimenti amministrativi che
riduce tempi di lavorazione delle pratiche e relativi costi. Le amministrazioni, insomma,
comunicherebbero in maniera più semplice ed efficace con i cittadini e le imprese, fornendo informazioni aggiornate, tempestive e facilmente consultabili.
Riguardo alla gestione del territorio, è in via di realizzazione il progetto SISTER
Lazio, che vuole costituire un Sistema Informativo Territoriale (SIT) di livello regionale,
al fine di coordinare le iniziative già avviate dai singoli enti locali e favorire lo sviluppo
di amministrazioni di piccola e media dimensione. Il SIT del Lazio permette l’erogazione di servizi uniformi a cittadini e imprese a livello regionale, necessari allo sviluppo
ottimale di tutte le attività di marketing territoriale.
45
SCHEDE TECNICHE
47
SCHEDE TECNICHE
Urbanistica ed edilizia
49
SCHEDA 1 – Procedura di Variante allo strumento urbanistico
(art. 5, DPR 447/98 e s.m.i.)
Ambito di applicazione
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Modulistica
Adempimenti
La procedura di variante allo strumento urbanistico è applicabile nel caso in cui il progetto – pur conforme alle normative vigenti in materia igienico-sanitaria e ambientale, e
alle specifiche discipline di settore eventualmente pertinenti, per nuovo insediamento produttivo – contrasti con lo
strumento urbanistico generale, per mancanza o insufficienza di aree produttive. Inoltre, la procedura è applicabile se la realizzazione dell’intervento debba comportare la
coincidenza dell’interesse pubblico con quello privato.
Sportello unico per le attività produttive territorialmente
competente.
• Comune;
• Regione;
• Provincia (se delegata).
In caso di approvazione contestuale del progetto dell’impianto produttivo, risulteranno coinvolti tutti gli enti terzi
interessati al procedimento.
La procedura di variante prevista dall’art. 5, DPR 447/98 e
s.m.i. è attivata, ordinariamente, ex officio dal responsabile
del procedimento (sentito il parere del proponente), e sussistendo le condizioni sopra citate.
È opportuno, sebbene normativamente non richiesto, che il
responsabile dello sportello unico o il responsabile del procedimento unico (se diverso), si determini per l’attivazione
di siffatta procedura di variante urbanistica soltanto dopo
aver preso in considerazione le volontà dell’amministrazione comunale. Ciò, al fine di evitare un procedimento
destinato a ottenere un eventuale rifiuto del Consiglio
comunale, competente nell’approvazione della variante,
comportando in tal modo un aggravio dello stesso procedimento (art. 1, L 241/90) e s.m.i.
SCHEDE TECNICHE
(segue)
50
Tempi
Oneri
Note
Il procedimento di variante agli strumenti urbanistici deve
comportare un’istruttoria preliminare che accerti la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 5, DPR 447/98 e
s.m.i., e cioè che il progetto presentato sia conforme alle
norme in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza del
lavoro e che il contrasto con gli strumenti urbanistici derivi
dal fatto che questi non individuano aree destinate ad
impianti produttivi, oppure che le aree previste non risultano
sufficienti ai fini della realizzazione del progetto presentato.
Qualora manchino le necessarie condizioni che possano
premettere l’attivazione della variante, la conclusione della
fase istruttoria porta al rigetto della domanda, ovvero, in
caso positivo, all’attivazione della procedura di variante.
Inoltre, in base alla Sentenza della Corte Costituzionale
206/01, lo sportello unico dovrà tener conto del parere
obbligatorio e vincolante della Regione o della Provincia se
delegata.
Complessivamente, i tempi previsti non sono inferiori a
100-120 gg., perché la variante urbanistica sia approvata,
comprendendo i tempi ordinariamente richiesti per la formulazione della proposta di variante, convocazione e svolgimento della Conferenza di Servizi (90 gg.), oltre ad un
massimo di 60 gg., affinché il Consiglio comunale approvi
la proposta di variante.
Gli oneri, eventualmente applicabili sono:
- marca da bollo del valore corrente sulla domanda
unica;
- diritti di emissione per pareri, enti e uffici coinvolti nel
procedimento, come da tariffari specifici;
- diritti di segreteria comunali per attivazione del procedimento di variante.
L’art. 3, LR 24/03, dispone che “In assenza di un adeguamento, attraverso apposita variante generale, del piano
regolatore per le aree ed i nuclei di sviluppo industriale
alle previsioni di cui all’articolo 7, comma 2, della LR n.
13/1997, come modificato dalla presente legge, al fine del
rispetto del limite e delle destinazioni di cui all’articolo 5,
comma 2, lettera b), della citata LR n. 13/1997, ogni singolo intervento di nuova costruzione, ristrutturazione o sostituzione edilizia dei manufatti esistenti, atto a consentire la
localizzazione di impianti per l’esercizio delle attività produttive di beni e servizi di cui all’articolo 1 del DPR n.
447/1998, come modificato dal DPR n. 440/2000, costituisce variante al piano regolatore stesso, da approvarsi da
parte della Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente in materia di urbanistica.”
SCHEDE TECNICHE
Normativa di riferimento
Normativa nazionale
DPR 20 ottobre 1998, n. 447, Regolamento recante norme
di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per
la realizzazione, l’ampliamento, la ristrutturazione e la
riconversione di impianti produttivi, per l’esecuzione di
opere interne ai fabbricati, nonché per la determinazione
delle aree destinate agli insediamenti produttivi, a norma
dell’articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59.
Normativa regionale
LR 31 luglio 2003, n. 24, Modifiche alla legge regionale 29
maggio 1997, n. 13, recante disposizioni sui consorzi per le
aree ed i nuclei di sviluppo industriale.
LR 22 dicembre 1999, n. 38, Norme sul governo del territorio.
LR 6 agosto 1999, n. 14, Organizzazione delle funzioni a
livello regionale e locale per la realizzazione del decentramento amministrativo.
SCHEDA 2 – Permesso di costruire (artt. 11 e segg., DPR 380/01 e s.m.i.)
Ambito di applicazione
Sono subordinati al Permesso di costruire:
a) interventi di nuova costruzione che comportino la trasformazione edilizia e urbanistica del territorio quali:
- la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l’ampliamento di quelli esistenti all’esterno
della sagoma esistente;
- gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria
realizzati da soggetti diversi dal Comune;
- la realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per
pubblici servizi, che comporti la trasformazione, in via
permanente, di suolo inedificato;
- l’installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione;
- l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati,
e di strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzate
come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come
depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a
soddisfare esigenze meramente temporanee;
- gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli
strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e
al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero
51
SCHEDE TECNICHE
(segue)
52
che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale;
- la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la
realizzazione d’impianti per attività produttive all’aperto ove comportino l’esecuzione di lavori cui consegua
la trasformazione permanente del suolo inedificato;
b) interventi di ristrutturazione urbanistica tendenti a
sostituire l’esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro
diverso, mediante un insieme sistematico di interventi edilizi, anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli
isolati e della rete stradale;
c) interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un
organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, sagoma, dei prospetti o delle superfici, o
che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee “A”, comportino mutamenti di destinazione d’uso.
I soggetti legittimati alla richiesta del Permesso di costruire sono, oltre al proprietario dell’immobile oggetto dell’intervento, quanti vantano su di esso un diritto reale. Il titolo è trasferibile, insieme all’immobile, ai successori o aventi causa. Esso non incide sulla titolarità della proprietà o di
altri diritti reali relativi agli immobili realizzati per effetto
del suo rilascio. Il rilascio del Permesso di costruire è irrevocabile, salvo autotutela del Comune, e non comporta
limitazione dei diritti dei terzi. Completata la costruzione,
il Permesso di costruire dovrà essere conservato, poiché
costituisce titolo obbligatorio da citare negli atti tra vivi,
sia in forma pubblica, sia in forma privata aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui
costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985.
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Sportello unico per le attività produttive territorialmente
competente (vd. “Note”).
Comune territorialmente competente - settore tecnico
(Sportello unico per l’edilizia – SUE).
•
ASL, per Parere igienico-sanitario su progetto, nel caso
in cui non possa essere sostituito da autocertificazione,
ai sensi dell’art. 20, co. 1, DPR 380/01 e s.m.i.;
Eventualmente:
• ARPA, per Parere sulla relazione dell’impatto acustico,
ai sensi della L 447/95;
• Comando Provinciale VV.F (se attività soggetta a controllo prevenzione incendi, per Parere di conformità.
• Enti preposti alla tutela dei vincoli (art. 5, co.4, DPR
380/01 e s.m.i.) in particolare:
SCHEDE TECNICHE
-
Modulistica
Adempimenti
Regione – Settore beni ambientali per beni soggetti agli
artt. 136 e 142 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D.Lgs. 42/04) o Comune per funzioni subdelegate ai sensi della LR 59/95;
Ministero dei Beni e Attività culturali, per vincolo, ai
sensi degli artt. 10 e 11, D.Lgs. 42/04.
§Mod. 2A, “Domanda per il rilascio di Permesso di costruire (DPR 380/01 e s.m.i.)”.
L’istanza presentata dall’avente titolo, deve essere corredata della documentazione prevista dal Regolamento edilizio
comunale. In generale si può elencare la seguente documentazione:
- elaborati progettuali (estratto di planimetria catastale,
estratto del PRGC vigente e adottato, nonché l’estratto
di eventuali strumenti urbanistici esecutivi con individuazione dell’area o del fabbricato, in scala adeguata).
Piante, sezioni e prospetti di rilievo e di progetto, in
scala adeguata; sulle tavole vanno riportati, in idonee
coloriture, le demolizioni, le nuove costruzioni e le
destinazioni d’uso in atto e future di ogni singolo locale. Particolare di facciata, in scala adeguata, con indicazione di materiali e colori adottati;
- relazione tecnico-descrittiva;
- relazione di valutazione dell’impatto acustico, ai sensi
della L 447/95;
- relazione e dichiarazione, ai sensi della L 13/89, riguardante l’abbattimento delle barriere architettoniche;
- documentazione fotografica del lotto o dell’edificio
interessati dall’intervento;
- titolo di disponibilità dell’immobile;
- computo metrico estimativo;
- autocertificazione riguardante la conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie, nel caso di interventi di edilizia residenziale;
- richiesta alla ASL, per Esame progetto, ai sensi del
TULLSS nel caso in cui il parere non possa essere
sostituito da autocertificazione;
- richiesta di Parere al Comando provinciale VV.F., nei
casi di attività rientrante nell’elenco del DM Interno 16
febbraio 1982;
- dichiarazione di conformità e progetto impianti, ai
sensi della L 46/90;
- richiesta di Parere dell’ente preposto alla tutela del
vincolo qualora l’intervento riguardi un immobile
sottoposto a vincolo, ai sensi del D.Lgs. 42/04;
- ogni altro documento aggiuntivo e/o relazioni tecniche
atti a descrivere correttamente l’intervento.
53
SCHEDE TECNICHE
Tempi
-
Oneri
-
54
-
Scadenza/Rinnovi
Sanzioni
75 gg., per i Comuni con popolazione fino a 100.000 abitanti, per tutti i tipi d’intervento edilizio.
90 gg., per i Comuni con popolazione superiore a
100.000 abitanti, nei casi d’interventi riguardanti insediamenti produttivi presentati allo SUAP.
Marca da bollo del valore corrente sulla domanda
unica;
contributo di costruzione commisurato all’incidenza
delle spese per gli oneri di urbanizzazione primaria e
secondaria e al costo di costruzione. Questi variano da
Comune a Comune e vengono determinati sulla base di
parametri regionali approvati da Consiglio comunale;
diritti di segreteria stabiliti dal Comune territorialmente competente;
diritti di emissione per pareri di uffici ed enti terzi
coinvolti nel procedimento.
Il rilascio del Permesso di costruire è irrevocabile, salvo
autotutela del Comune, e non comporta limitazione dei
diritti dei terzi. Nel Permesso di costruire sono indicati i
termini di inizio e di ultimazione dei lavori. Il termine per
l’inizio dei lavori non può essere superiore a 1 anno dal
rilascio del titolo; i lavori devono essere completati entro
i 3 anni dalla data di inizio. In entrambi i casi il non
rispetto dei termini comporta la decadenza del titolo. I termini possono essere prorogati, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del Permesso rilasciato.
Decorsi i termini, il Permesso decade per la parte non eseguita, salvo che anteriormente al termine di scadenza, sia
stata fatta richiesta di proroga.
La realizzazione della parte dell’intervento non ultimata è
subordinata al rilascio di un nuovo Permesso di costruire,
salvo che le opere non rientrino tra quelle realizzabili
mediante DIA e quindi ad un nuovo procedimento unico.
In tal caso, se necessario, si procede a ricalcolare i costi
relativi al contributo di costruzione.
La decadenza del Permesso rilasciato può verificarsi anche
per contrasto con nuove previsioni urbanistiche (art. 15, p.
4, DPR 380/01), salvo che i relativi lavori siano già iniziati
e vengano ultimati entro i 3 anni dalla data del loro inizio.
Riguardo ai termini di decadenza e definizione di inizio
lavori, è importante tener conto di quanto ha precisato la
Sentenza n. 5370 del 26/05/2005, “Tar Lazio - Permesso di
costruire; decadenza per decorrenza dei termini; definizione di inizio dei lavori”.
La realizzazione di opere in assenza di Permesso di
costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali,
SCHEDE TECNICHE
Note
Normativa di riferimento
viene sanzionata ai sensi dell’art. 31 e seguenti, DPR
380/01 e s.m.i.
Trattandosi di richiesta di titolo abilitativo edilizio per
un’attività produttiva, la domanda unica va presentata
allo SUAP del Comune competente perché considerato
endoprocedimento all’interno del procedimento unico
(come ribadito dalla Sentenza della Corte Costituzionale
376/02, e dall’art. 1, co.3, DPR 380/01 e s.m.i.).
Normativa nazionale
Circ. Min. Infrastrutture e Trasporti del 7 agosto 2003, n.
4174, Decreto del Presidente della Replubblica 6 giugno
2001, n. 380, come modificato ed integrato dal decreto
legislativo 27 dicembre 2002, n. 301. Chiarimenti interpretativi in ordine alla inclusione dell’intervento di demolizione e ricostruzione nella categoria della ristrutturazione edilizia.
Sent. TAR Lazio 26 maggio 2005, n. 5370, Permesso di
costruire; decadenza per decorrenza dei termini; definizione di inizio dei lavori.
D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali e
del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio
2002, n. 137.
D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 301, Modifiche ed integrazioni al D.P.R. 380/01 recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia.
Sent. Corte costituzionale del 10 luglio 2002, n. 376, Legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1, 2, 3 e 4, lettera
a, e 6 della legge 24 novembre 2000, n. 340 (Disposizioni
per la delegificazione di norme e per la semplificazione di
procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione
1999), promossi con ricorsi della Regione Liguria e della
Regione Emilia-Romagna.
DPR 6 giugno 2001, n. 380, Testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di edilizia.
Normativa regionale
LR 19 Dicembre 1995, n. 59, Subdelega ai Comuni di funzioni amministrative in materia di tutela ambientale e
modifiche delle leggi regionali 16 marzo 1982, n. 13 e 3
gennaio 1986, n. 1.
LR 3 gennaio 1986, n. 1, Regime urbanistico dei terreni di
uso civico e relative norme transitorie.
LR 22 dicembre 1999, n. 38, Norme sul governo del territorio.
Regolamenti
Regolamento edilizio comunale.
Regolamento di igiene e sanità.
Norme urbanistico-edilizie di attuazione del PRG.
55
SCHEDE TECNICHE
SCHEDA 3 – Denuncia di inizio attività edilizia (art. 22, DPR 380/01 e s.m.i.)
Ambito di applicazione
56
Sono realizzabili mediante Denuncia di inizio attività:
a) gli interventi edilizi non riconducibili all’elenco di cui
agli artt. 10 (opere soggette a Permesso di costruire) e 6
(opere libere) del DPR 380/01, conformi alle previsioni
degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e
della disciplina urbanistico-edilizia vigente;
b) le varianti a Permessi di costruire che non incidono sui
parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non
modificano la destinazione d’uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell’edificio e non violano
eventuali prescrizioni contenute nel Permesso di
costruire.
In alternativa al Permesso di costruire sono realizzabili
mediante DIA:
1. interventi di ristrutturazione edilizia (art. 10, co. 1, l.c),
DPR 380/01) che portino ad un organismo edilizio in
tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici o,
limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, che comportino mutamenti della destinazione d’uso;
2. interventi di nuova costruzione o ristrutturazione urbanistica, qualora siano disciplinati da piani attuativi, compresi gli accordi negoziali aventi valore di piano attuativo, che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal competente
organo comunale in sede di approvazione dei piani o di
ricognizione di quelli vigenti. Qualora i piani attuativi
risultino approvati anteriormente all’entrata in vigore
della L 443/01, il relativo atto di ricognizione deve avvenire entro 30 gg. dalla richiesta degli interessati; in mancanza si prescinde dall’atto di ricognizione, purché il
progetto di costruzione venga accompagnato da apposita
relazione tecnica nella quale venga asseverata l’esistenza
di piani attuativi con le caratteristiche sopra menzionate;
3. interventi di nuova costruzione in diretta esecuzione
di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche.
Ufficio competente
Sportello unico per le attività produttive territorialmente
competente (vd. “Note”).
Ente titolare della funzione
Comune territorialmente competente - settore tecnico
(Sportello unico per l’edilizia – SUE).
SCHEDE TECNICHE
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Modulistica
Adempimenti
•
ASL, per Parere igienico-sanitario su progetto nel caso
in cui non possa essere sostituito da autocertificazione,
ai sensi dell’art. 20, co. 1, DPR 380/01 e s.m.i.;
Eventualmente:
• ARPA, per Parere sulla relazione dell’impatto acustico,
ai sensi della L 447/95;
• Comando Provinciale VV.F (se attività soggetta a controllo prevenzione incendi, per Parere di conformità;
• enti preposti alla tutela dei vincoli, in particolare:
- Regione Lazio - Settore beni ambientali, per beni
soggetti agli artt. 136 e 142 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D.Lgs. 42/04) o Comune per
funzioni subdelegate ii sensi della LR 59/95;
- Ministero dei Beni culturali per vincolo, ai sensi
degli artt. 10 e 11, D.Lgs. 42/04.
§Mod. 3A, “Denuncia di inizio attività ai sensi degli artt.
22 e 23 del D.P.R. 380/01 come modificato e integrato dal
D.Lgs. 301/02”.
La DIA è presentata dall’avente titolo corredata di:
- dettagliata relazione asseverata, a firma di un progettista abilitato, di conformità delle opere da realizzare agli
strumenti urbanistici, approvati e non in contrasto con
quelli adottati, ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché di rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie;
- elaborati progettuali, completi di planimetrie, mappe
catastali, in scala adeguata, piante, sezioni, prospetti,
in scala adeguata, debitamente quotati, relativi allo
stato di fatto e di progetto, con indicazione delle destinazioni d’uso;
- indicazione dell’impresa/e, cui si intende affidare i
lavori;
- dichiarazione di conformità e progetto impianti, a firma
del professionista, per gli impianti soggetti all’applicazione della L 46/90;
- relazione e dichiarazione, ai sensi della L 13/89, riguardanti l’abbattimento delle barriere architettoniche;
- documentazione fotografica idonea ad individuare l’intervento;
- Parere-progetto dell’ASL, ai sensi del TULLSS nel caso
in cui lo stesso non possa essere sostituito da autocertificazione;
- richiesta di Parere di conformità al Comando provinciale VV.F, nei casi di attività rientrante nell’elenco del DM
Interno 16/02/82;
- richiesta di Parere dell’ente preposto alla tutela del vincolo qualora l’intervento riguardi un immobile sottopo-
57
SCHEDE TECNICHE
(segue)
Tempi
58
Oneri
sto a vincolo, ai sensi del D.Lgs. 42/04; ogni altro documento aggiuntivo e/o relazione tecnica, previsti dal
Regolamento edilizio comunale, atto a descrivere correttamente l’intervento.
I lavori possono essere avviati trascorsi 30 gg. dalla presentazione della DIA.
- Marca da bollo del valore corrente sulla domanda
unica;
- Diritti di segreteria stabiliti dal Comune territorialmente competente.
La realizzazione degli interventi sottoposti a DIA in alternativa al Permesso di costruire sono soggetti al Contributo
di costruzione.
È comunque salva la facoltà dell’interessato di chiedere il
rilascio di Permesso di costruire per la realizzazione degli
interventi di cui ai punti a) e b), senza obbligo del pagamento del contributo di costruzione, salvo per altri interventi previsti dalla normativa regionale.
Scadenza/Rinnovi
Sanzioni
Note
Normativa di riferimento
Il termine di efficacia per la conclusione dei lavori è pari a 3
anni. La realizzazione della parte dell’intervento non ultimata è subordinata a richiesta di nuova DIA.
La realizzazione di interventi edilizi in assenza o in difformità dalla DIA viene sanzionata ai sensi degli artt. 36, 37 e
44, DPR 380/01 e s.m.i.
Nel caso in cui sia stato chiesto il Permesso di costruire al
posto della DIA, la violazione della disciplina urbanisticoedilizia non comporta l’applicazione delle sanzioni di cui
all’art. 44 ed è soggetta all’applicazione delle sanzioni di
cui all’art. 37 del suddetto decreto.
Nel caso di procedimento autocertificato la DIA in materia
edilizia, a causa della natura semplificata del procedimento
(silenzio-assenso dopo 30 gg.), potrebbe essere di competenza dello SUE. Qualora un procedimento edilizio rientri in un
procedimento più complesso che richieda atti di assenso rilasciati da diverse amministrazioni, la DIA, da procedimento
edilizio, assume la forma di endoprocedimento edilizio.
Qualora si tratti di richiesta di titolo abilitativo edilizio per
un’attività produttiva, la domanda unica và presentata allo
SUAP del Comune competente (endoprocedimento all’interno del procedimento unico).
Normativa nazionale
Circ. Min. Infrastrutture e Trasporti del 7 agosto 2003, n.
4174, Decreto del Presidente della Replubblica 6 giugno
2001, n. 380, come modificato ed integrato dal decreto legis-
SCHEDE TECNICHE
lativo 27 dicembre 2002, n. 301. Chiarimenti interpretativi
in ordine alla inclusione dell’intervento di demolizione e
ricostruzione nella categoria della ristrutturazione edilizia.
D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 301, Modifiche ed integrazioni al D.P.R. 380/01 recante il testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia edilizia.
Sent. Corte costituzionale del 10 luglio 2002, n. 376, Legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1, 2, 3 e 4, lettera
a, e 6 della legge 24 novembre 2000, n. 340 (Disposizioni
per la delegificazione di norme e per la semplificazione di
procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione
1999), promossi con ricorsi della Regione Liguria e della
Regione Emilia-Romagna.
DPR 6 giugno 2001, n. 380, Testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di edilizia.
Normativa regionale
LR 19 Dicembre 1995, n. 59, Subdelega ai Comuni di funzioni amministrative in materia di tutela ambientale e
modifiche delle leggi regionali 16 marzo 1982, n. 13 e 3
gennaio 1986, n. 1.
Regolamenti
Regolamento edilizio comunale.
Regolamento di igiene e sanità.
Norme urbanistico-edilizie di attuazione del PRG.
SCHEDA 4 – Agibilità (artt. 24, 25 e 26, DPR 380/01 e s.m.i.)
Ambito di applicazione
Ufficio competente
Il Certificato di agibilità attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico
degli edifici e degli impianti installati al loro interno, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente.
Il Certificato è necessario per gli edifici, o parti di essi,
destinati alla permanenza delle persone, sia nel caso di
semplice frequentazione (es. ambienti di lavoro), sia nel
caso di soggiorno prolungato (es. abitazione) e viene rilasciato dal dirigente o dal responsabile del competente ufficio comunale per i seguenti interventi:
- nuove costruzioni;
- ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali;
- interventi sugli edifici esistenti che possano influire
sulle condizioni sopra indicate.
Sportello unico per le attività produttive territorialmente
competente (vd.”Note”).
59
SCHEDE TECNICHE
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Modulistica
Adempimenti
60
Comune.
ASL, VV.F, ecc.
§Mod. 4A, “Domanda di Agibilità”.
Entro 15 gg. dall’ultimazione dei lavori di finitura dell’intervento, il soggetto titolare del Permesso di costruire, o
che ha presentato la DIA (o i successori o aventi causa), è
tenuto a presentare la domanda, in bollo, di rilascio del
Certificato di agibilità, la quale deve contenere:
- la documentazione catastale: copia della dichiarazione
per l’iscrizione al catasto dell’edificio;
- la dichiarazione sottoscritta dallo stesso richiedente il
Certificato di agibilità di conformità dell’opera rispetto
al progetto approvato, nonché in ordine alla avvenuta
prosciugatura dei muri e della salubrità degli ambienti;
- la documentazione relativa agli impianti: dichiarazione delle imprese installatrici, che attestano la conformità degli impianti installati negli edifici adibiti ad
uso civile relativi a:
• impianto elettrico;
• impianti elettronici (antifurto, citofono);
• impianto Protezione scariche atmosferiche;
• impianto Riscaldamento e climatizzazione;
• impianto ascensori, montacarichi, scale mobili;
• impianto radiotelevisivo;
• impianto protezione antincendio;
• impianto idrico;
• impianto gas;
• altro.
Nel caso di edifici destinati ad attività produttive di beni e
servizi, la dichiarazione di conformità deve essere presentata solo per gli impianti elettrici.
Qualora non vi sia obbligatorietà al deposito della dichiarazione di conformità deve essere allegata una dichiarazione
sottoscritta da un tecnico abilitato attestante la non obbligatorietà al deposito degli atti di conformità degli impianti.
Lo sportello unico comunica al richiedente, entro 10 gg.
dalla ricezione della domanda il nominativo del responsabile del procedimento ai sensi degli artt. 4 e 5, L 241/90 e
s.m.i. Entro 30 gg. dalla ricezione della domanda il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale,
previa eventuale ispezione dell’edificio, rilascia il Certificato di Agibilità verificata la seguente documentazione:
- La documentazione relativa all’isolamento termico:
dichiarazione dell’impresa esecutrice, attestante l’os-
SCHEDE TECNICHE
-
-
servanza delle disposizioni della L 10/91 e relativi
regolamenti di attuazione, in materia di contenimento
dei consumi energetici.
Qualora non vi sia obbligatorietà al deposito della
dichiarazione di conformità, deve essere allegata una
dichiarazione sottoscritta da tecnico abilitato attestante
la non obbligatorietà all’osservanza delle disposizioni
in materia di contenimento dei consumi energetici.
La documentazione relativa al rispetto delle norme prevenzione incendi: Certificato di prevenzione incendi
rilasciato dal Comando Provinciale dei VV.F e copia
della Dichiarazione di inizio attività.
Qualora non vi sia obbligatorietà al deposito, deve essere allegata dichiarazione sottoscritta da un tecnico abilitato attestante l’esenzione dalla presentazione del certificato di prevenzione incendi.
La documentazione relativa al collaudo statico opere in
cemento armato:
Certificato di collaudo statico asseverato, previsto dall’art. 67, co. 8, DPR 380/01 e s.m.i., per le opere realizzate in conglomerato cementizio armato, normale, precompresso e a struttura metallica, oppure l’indicazione
che il certificato di collaudo statico è già stato depositato allo SUE (Sportello Unico per l’Edilizia).
Qualora non vi sia obbligatorietà al deposito, deve essere
allegata dichiarazione sottoscritta da un tecnico abilitato
attestante la non obbligatorietà al deposito del collaudo
statico.
- La documentazione relativa al rispetto della normativa
sismica: Certificato da rilasciarsi dall’ufficio tecnico
della Regione, che attesti la perfetta rispondenza dell’opera eseguita alle norme sismiche;
- La documentazione concernente il rispetto delle norme
sulle barriere architettoniche: dichiarazione di conformità, sottoscritta da tecnico abilitato, resa sotto forma
di perizia giurata, delle opere realizzate in materia di
accessibilità e superamento delle barriere architettoniche, indicata nell’art. 11, DM Lavori Pubblici 236/89 e
art. 77, DPR 380/01 e s.m.i., per gli edifici privati, e art.
82, DPR 380/01 e s.m.i., per gli edifici pubblici o privati aperti al pubblico.
Qualora non vi sia obbligatorietà al deposito, deve essere allegata dichiarazione sottoscritta da tecnico abilitato attestante la non obbligatorietà di adeguamento delle
opere in materia di accessibilità e superamento delle
barriere architettoniche.
61
SCHEDE TECNICHE
(segue)
-
La documentazione relativa all’anagrafe delle unità
immobiliari: scheda relativa alla consistenza dei vani /
numerazione unità immobiliari / autorimesse e posti
auto.
Ai fini del rilascio del Certificato di Agibilità, l’ufficio
acquisisce direttamente, ove questi non siano stati già allegati alla domanda, dal richiedente:
a) il parere dell’ASL nel caso in cui non possa essere
sostituito da una autocertificazione circa la conformità
del progetto alle norme igienico-sanitarie nel caso in
cui il progetto riguardi interventi di edilizia residenziale ovvero la verifica in ordine a tale conformità non
comporti valutazioni tecnico-discrezionali;
b) il parere dei vigili del fuoco, ove necessario, in ordine
al rispetto della normativa antincendio.
62
Tempi
Oneri
Scadenza/Rinnovi
Sanzioni
Note
30 gg. dalla ricezione della domanda previa eventuale ispezione dell’edificio da parte del tecnico istruttore. Solo in
caso di richiesta di documentazione integrativa, entro 15
gg. dalla presentazione della domanda, tale termine può
essere interrotto una sola volta, dal responsabile del procedimento, ricominciando a decorrere dalla data di ricezione
delle integrazioni.
Trascorso il termine sopraindicato l’Agibilità si intende
attestata nel caso sia stato rilasciato il Parere dell’ASL
(art. 5, co.3, l. a), DPR 380/01 e s.m.i.).
In caso di autocertificazione, il termine per la formazione
del silenzio assenso è di 60 gg., trascorsi i quali l’Agibilità
si intende attestata.
Ai sensi dell’art. 26, DPR 380/01 e s.m.i., il rilascio del Certificato di Agibilità non impedisce l’esercizio del potere di
dichiarazione di inagibilità di un edificio o di parte di esso
ai sensi dell’art. 222, RD 1265/34.
Marca da bollo del valore corrente sulla domanda unica.
Il Certificato di agibilità non è soggetto a termini di scadenza.
La mancata presentazione della domanda comporta l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 77
a 464 € (art. 24, co.3, DPR 380/01 e s.m.i.).
A sensi dell’art. 9, co.5, DPR 447/98 e s.m.i., “Il certificato
positivo di collaudo, in conformità alle prescrizioni del presente articolo, consente la messa in funzione degli impianti
fino al rilascio definitivo del certificato di agibilità, del nulla
osta all’esercizio di nuova produzione e di ogni altro atto
amministrativo richiesto”.
SCHEDE TECNICHE
Normativa di riferimento
Normativa nazionale
D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 301, Modifiche ed integrazioni
al DPR 380/01 recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia.
DPR 6 giugno 2001, n. 380, Testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di edilizia.
L 5 febbraio 1992 n. 104, Legge quadro per l’assistenza,
l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.
L 9 gennaio 1991 n. 10, Norme per l’attuazione del Piano
energetico nazionale in materia di uso nazionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia
L 26 marzo 1990 n. 46, Norme per la sicurezza degli
impianti.
L 9 gennaio 1989 n. 13, Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli
edifici privati.
L 28 febbraio 1985 n. 47, Norme in materia di controllo
dell’attività urbanistico-edilizia. Sanzioni amministrative e
penali
L 5 novembre 1971, n. 1086, Norme per la disciplina delle
opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica.
Regolamenti
Regolamento edilizio comunale.
Regolamento di igiene e sanità.
63
SCHEDE TECNICHE
Vincoli
paesaggistico-ambientali
e idrogeologici
64
SCHEDA 5 – Autorizzazione alla costruzione in aree sottoposte a vincolo
per scopi idrogeologici
Ambito di applicazione
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti
nel procedimento
Gli interventi e le attività che comportano modificazione o
trasformazione d’uso del suolo, su aree soggette a vincolo
per scopi idrogeologici, ai sensi del RDL 3267/23 (Legge
Forestale) e del relativo Regolamento di applicazione ed
esecuzione RD 1126/26 (Regolamento Forestale), sono sottoposti al regime di richiesta di Autorizzazione.
Sportello unico per le attività produttive del Comune competente per territorio.
In materia di Autorizzazioni ad operare in ambiti sottoposti a vincolo idrogeologico, la Delib.GR 3888/98 definisce
gli interventi di competenza, rispettivamente di:
• Regione;
• Provincia;
• Comune.
Inoltre ai sensi dell’ art. 8, co.2, LR 53/98, “…la Regione si
riserva, oltre alle funzioni legislative e regolamentari, le
funzioni amministrative concernenti:
a) le attività di pianificazione e programmazione, svolte ai
sensi dell’articolo 13, comma 2, nonché l’adozione
delle prescrizioni di massima e di polizia forestale di
cui al R.D.L. n. 3267/23...”.
• Corpo Forestale dello Stato;
• Settore regionale (in materia di prevenzione
del rischio geologico, meteorologico e sismico);
• Commissione edilizia comunale, ove istituita.
Inoltre ai sensi dell’art. 28, co.1, LR 29/97 successivamente modificato dall’art. 2, co. 9, LR 10/03,
“1. Il rilascio di concessioni od autorizzazioni, relativo ad
interventi, impianti ed opere all’interno dell’area naturale protetta, è sottoposto a preventivo nulla osta dall’ente di gestione ai sensi dell’articolo 13, commi 1, 2 e
SCHEDE TECNICHE
4 della L.R. n. 394/1991...
2. Il nulla-osta di cui al comma 1 verifica la conformità
con le norme di salvaguardia di cui all’articolo 9,
comma 3, lettera b), con il piano e con il regolamento
dell’area naturale protetta, nonché il rispetto dei criteri indicati nell’articolo 33.
3. Qualora nelle aree naturali protette venga esercitata
un’attività in difformità dal piano, dal regolamento o dal
nulla-osta, il legale rappresentante dell’ente di gestione
dispone la sospensione dell’attività medesima ed ordina
la riduzione in pristino o la ricostruzione di specie vegetali o animali ai sensi dell’articolo 29 della L. n. 394/1991.
4. L’ente di gestione dell’area naturale protetta interviene
nei giudizi riguardanti fatti dolosi o colposi che possano compromettere l’integrità del patrimonio naturale e
ha facoltà di ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l’annullamento di atti illegittimi lesivi delle
finalità istruttive dell’area naturale protetta”.
Modulistica
Adempimenti
Riguardo alle Autorizzazioni di pertinenza provinciale, le
Province della Regione Lazio hanno emanato dei “Regolamenti per la gestione del vincolo idrogeologico”, in merito
agli interventi previsti dagli artt. 20 e 21, RD 1126/26, le
cui procedure sono definite secondo quanto descritto dalle
Delibb. GR 6215/96 e 3888/98.
Le direttive di carattere procedurale sono definite nell’All.
A, Delib. GR 3888/98, che in particolare definisce “...Per
quanto concerne le procedure si farà ricorso alle stesse
definite nella deliberazione regionale n. 6215 del 30 luglio
1996 e cioè:
Tabella A: tipologie degli interventi in zone boscate e non
boscate con procedura art. 21, regio decreto n. 1126 del 1926;
Tabella B: tipologie di interventi in zone boscate con procedura art. 21, regio decreto n. 1126 del 1926 e in zone non
boscate con procedura art. 20, regio decreto n. 1126 del 1926;
Tabella C: tipologie degli interventi in zone non boscate per
i quali si procede mediante dichiarazione con procedura
art. 20 del Regio Decreto n. 1126 del 1926.
Le richieste di nulla osta o le dichiarazioni ad effettuare
movimenti di terreno in zone sottoposte a vincolo idrogeologico (regio decreto legge 30 dicembre 1923, n. 3267)
dovranno essere inoltrate alle province o ai comuni a
seconda del tipo di intervento con la documentazione a
corredo come definita nelle quattro tipologie di schede
notizie approvate con la deliberazione regionale n. 6215
del 30 luglio 1996”.
Il soggetto interessato presenta apposita domanda, rivolta
65
SCHEDE TECNICHE
(segue)
66
Tempi
Oneri
Scadenza/Rinnovi
allo SUAP territorialmente competente (se trattasi di interventi riguardanti impianti in cui vengono svolte attività
produttive), completa della documentazione tecnica prevista nei singoli “Regolamenti provinciali per la gestione del
vincolo idrogeologico”.
In generale la domanda deve essere corredata della seguente documentazione tecnica:
- planimetria su carta tecnica regionale in scala 1:10.000
con indicazione dell’area o delle aree interessate dall’opera;
- planimetrie catastali con l’indicazione dei fogli e delle
particelle interessati,
- scheda notizie (per la parte riservata al richiedente e
vistata dal progettista);
- documentazione fotografica;
- relazione tecnico sintetica delle opere da realizzare;
- copia ricevuta pagamento spese di istruttoria.
Per i procedimenti di cui all’art. 20, RD 1126/26: 30 gg.
Per i procedimenti di cui all’art. 21, RD 1126/26: 180 gg.
In base all’art. 27bis, D.Lgs. 112/98, “Le amministrazioni,
gli enti e le autorità competenti a svolgere, ai sensi degli
articoli da 23 a 27, attività istruttorie nell’àmbito del procedimento di cui al regolamento previsto dall’articolo 20,
comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59, per la realizzazione, l’ampliamento, la ristrutturazione, la riconversione di impianti produttivi e per l’esecuzione di opere interne ai fabbricati, nonché per la determinazione delle aree
destinate agli investimenti produttivi, provvedono all’adozione delle misure organizzative necessarie allo snellimento delle predette attività istruttorie, al fine di assicurare il
coordinamento dei termini di queste con i termini di cui al
citato regolamento”.
Gli oneri relativi al procedimento sono definiti nell’ambito
dei singoli “Regolamenti per la gestione del vincolo idrogeologico”:
- marca da bollo del valore corrente sulla domanda
unica;
- oneri relative alle spese di istruttoria.
L’articolo unico della Delib.GR 1745/02 definisce i termini di
validità delle Autorizzazioni ai fini del vincolo idrogeologico:
1) Le autorizzazioni ai fini del vincolo idrogeologico hanno
validità triennale ai fini dell’inizio dei lavori.
2) Nel periodo di cui al precedente punto 1), il titolare dell’autorizzazione deve iniziare i lavori assentiti. Una volta
iniziati i lavori l’autorizzazione mantiene validità sino al
compimento degli stessi secondo i progetti assentiti.
3) In caso di mancato inizio dei lavori nel periodo di cui
SCHEDE TECNICHE
al precedente punto 1), l’autorizzazione perde di efficacia e il richiedente, qualora intenda eseguire gli stessi successivamente a tale periodo, deve richiedere
nuova autorizzazione.
4) Nell’atto di autorizzazione deve essere riportato l’obbligo del soggetto autorizzato della comunicazione all’autorità autorizzante dell’inizio e della fine dei lavori.
5) Le autorizzazioni relative, al vincolo idrogeologico, già
rilasciate alla data della presente deliberazione, nel
caso in cui i lavori siano iniziati entro il periodo di
vigenza stabilito nelle stesse, sono valide sino alla conclusione dei lavori anche se nello specifico atto autorizzativo è diversamente stabilito.
Sanzioni
Note
Normativa di riferimento
Le sanzioni amministrative pecuniarie sono quelle previste
dalla normativa vigente sia nazionale che regionale.
In merito alle tipologie delle procedure per i tagli culturali
e le utilizzazioni boschive in zone sottoposte a vincolo idrogeologico, valgono le disposizioni previste dal Regolamento forestale, a decorrere dalla data di loro esecutività, come
definito dalla LR 39/02 che ha abrogato la LR 4/99.
Normativa nazionale
DM Lavori Pubblici 11 marzo 1988, Norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione, l’esecuzione e il collaudo delle opere
di sostegno delle terre e delle opere di fondazione.
RD 16 maggio 1926, n. 1126, Approvazione del regolamento per l’applicazione del R.D.L. 30 dicembre 1923, n.
3267, concernente il riordinamento e la riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani.
RDL 30 dicembre 1923, n. 3267, Riordinamento e riforma
della legislazione in materia di boschi e di terreni montani.
Normativa regionale
Delib.GR 6 agosto 2004, n. 765, Legge regionale 6 ottobre
1997, n. 29 «Norme in materia di aree naturali protette
regionali» e successive modifiche ed integrazioni. Approvazione delle linee-guida per la redazione dei Piani delle
aree naturali protette regionali.
LR 2 aprile 2003, n. 10, Modifiche alla legge regionale 6 ottobre 1997, n. 29 (Norme in materia di aree naturali protette
regionali) e successive modifiche. Disposizioni transitorie.
Delib.GR 20 dicembre 2002, n. 1745, Atto di indirizzo sul
periodo di validità delle autorizzazioni ai fini del vincolo
idrogeologico.
LR 10 maggio 2001, n. 10, Disposizioni finanziarie per la
67
SCHEDE TECNICHE
(segue)
68
redazione del bilancio della Regione Lazio per l’esercizio
finanziario 2001.
LR 11 dicembre 1998, n. 53, Organizzazione regionale
della difesa del suolo in applicazione della legge 18 maggio 1989, n. 183.
Delib.GR 29 luglio 1998, n. 3888, Delega delle funzioni agli
enti locali e direttive per l’esercizio delle funzioni in materia di difesa del suolo di cui agli articoli 17, punto h) e 34
della L.R. 5 marzo 1997, n. 4 e della L.R. 5 marzo 1997, n. 5.
LR 6 luglio 1998, n. 24, Pianificazione paesistica e tutela dei
beni e delle aree sottoposti a vincolo paesistico.
LR 6 ottobre 1997, n. 29, Norme in materia di aree naturali protette regionali.
Delib.GR 6 maggio 1997, n. 2596, Regio decreto-legge n.
3267 del 1923. Legge n. 431 del 1985. Atto di indirizzo e
direttiva per le utilizzazioni boschive nel territorio laziale.
Regolamenti
Regolamenti provinciali specifici in materia.
SCHEDA 6 – Autorizzazione/approvazione degli interventi edilizi sui beni culturali
Ambito di applicazione
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Rientrano nel campo di applicazione del procedimento gli
interventi edilizi di cui all’art. 21, D.Lgs. 42/04, riguardanti immobili appartenenti allo Stato, alle Regioni, agli altri
enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente e istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di
lucro, che presentino interesse artistico, storico, archeologico o etno-antropologico e quelli definiti dai cc. 2, 3 e 4
dell’art. 10 e dall’art. 11 del citato decreto.
L’art. 21 del decreto elenca, inoltre, gli interventi soggetti
ad Autorizzazione da parte del Ministero oppure della
Soprintendenza.
Sportello unico per le attività produttive del Comune competente per territorio.
• Ministero per i beni e le attività culturali, per gli interventi di cui all’art. 21, cc. 1, 2, e 3, D.Lgs. 42/04;
• Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio, nei casi di cui all’art.21, c. 4, del medesimo
decreto.
Comune ed Enti vari preposti al rilascio di atti di
assenso, pareri, Nullaosta rientranti nella fattispecie dell’intervento edilizio.
SCHEDE TECNICHE
Adempimenti
Tempi
Oneri
Scadenza/Rinnovi
Sanzioni
Note
L’istanza relativa alla richiesta di Autorizzazione, presentata
allo SUAP territorialmente competente, deve essere corredata di progetto o, qualora sufficiente, di descrizione tecnica
dell’intervento (art. 21, co. 5, D.Lgs. 42/04).
In caso di richiesta di integrazione documentale o di accertamenti, il termine è sospeso per una sola volta, e comunque per non più di 30 gg., fino alla data di ricezione della
documentazione richiesta, ovvero fino alla data di effettuazione degli accertamenti.
Decorso inutilmente il termine, il richiedente può diffidare
l’amministrazione a provvedere. La richiesta di Autorizzazione si intende accolta, qualora l’amministrazione non
provveda nei 30 gg. successivi al ricevimento della diffida.
Per i progetti di opere soggetti alla Valutazione di impatto
ambientale (VIA), l’art. 26, D.Lgs. 42/04 prescrive che a
norma dell’art. 6, L 349/86, la citata Autorizzazione “sia
espressa dal Ministero in sede di concerto per la pronuncia
sulla compatibilità ambientale, sulla base del progetto definitivo da presentarsi ai fini della valutazione medesima”.
La procedura è quella descritta dall’art. 26, D.Lgs. 42/04.
Ai sensi di quanto dispone l’art. 27 del citato decreto, “Nel
caso di assoluta urgenza possono essere effettuati gli interventi provvisori indispensabili per evitare danni al bene
tutelato, purché ne sia data immediata comunicazione alla
soprintendenza, alla quale sono tempestivamente inviati i
progetti degli interventi definitivi per la necessaria autorizzazione”.
I tempi per il rilascio dell’Autorizzazione sono quelli previsti dal procedimento unico ex DPR 447/98 e s.m.i.
Non sono previste oneri a carico del richiedente, salvo la
marca da bollo del valore corrente, sulla domanda unica.
Non sono previste scadenze. Ottenuta l’Autorizzazione, si
può procedere alla realizzazione dell’intervento autorizzato,
a condizione che lo stato dei luoghi rimanga nel tempo
immutato rispetto alle modifiche effettuate. Qualora si intenda apportare ulteriori modifiche o realizzare nuovi interventi, sarà necessario richiedere un’ulteriore Autorizzazione.
Sanzioni amministrative: art. 160 e segg., D.Lgs. 42/04.
Sanzioni penali: artt. 169 e segg., D.Lgs. 42/04.
Ai sensi dell’art. 52, co.2, RD 2537/25, “le opere di edilizia
civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla L. 20 giugno
1909 n. 364, per l’antichità e le belle arti, sono di spettanza
della professione di architetto; ma la parte tecnica ne può
essere compiuta tanto dall’architetto quanto dall’ingegnere”.
69
SCHEDE TECNICHE
Normativa di riferimento
Normativa nazionale
D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali e del
paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n.
137.
DPR 6 giugno 2001, n. 380, Testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di edilizia.
Normativa regionale
Delib.GR. 6 agosto 2004, n. 765, Legge regionale 6 ottobre
1997, n. 29 «Norme in materia di aree naturali protette regionali» e successive modifiche ed integrazioni. Approvazione
delle linee-guida per la redazione dei Piani delle aree naturali protette regionali.
LR 6 ottobre 1997, n. 29, Norme in materia di aree naturali
protette regionali.
70
SCHEDA 7 – Autorizzazione per modifiche allo stato dei luoghi in zone soggette
a vincolo paesistico-ambientale
Ambito di applicazione
Gli interventi di modifica dello stato dei luoghi o dell’aspetto esteriore degli edifici in zone soggette a vincolo di
tutela paesistico-ambientale, ai sensi dell’art. 136, D.Lgs.
42/04 o ricadenti nelle categorie di beni individuate dall’art. 142 del citato decreto, sono soggetti alla richiesta di
Autorizzazione.
Non ricadono nel campo di applicazione del procedimento
gli interventi di cui all’art. 49 del medesimo decreto.
La Regione Lazio con la LR 18/04 ha apportato alcune
modifiche ed integrazioni alla LR 24/98. In particolare al
Capo V, art. 25, LR 24/98 e s.m.i. “Autorizzazioni e pareri
paesistici nelle zone vincolate”, si definisce che ogni modificazione allo stato dei luoghi nell’ambito delle zone sottoposte ai vincoli è subordinata alla richiesta di Autorizzazione. Inoltre l’art. 1-bis della stessa legge regionale definisce che non è richiesta l’Autorizzazione per: “a) per gli
interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici;
b) per gli interventi inerenti all’esercizio dell’attività agrosilvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre
opere civili e sempre che si tratti di attività ed opere che
non alterino l’assetto idrogeologico del territorio;
c) per il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le
opere di bonifica, antincendio e di conservazione da ese-
SCHEDE TECNICHE
guirsi nei boschi e nelle foreste di cui all’articolo 10, purché previsti ed autorizzati ai sensi della normativa vigente.
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Adempimenti
Sportello unico per le attività produttive del Comune competente per territorio.
Regione
•
Soprintendenza ai BB.AA. competente per territorio;
Commissione per il paesaggio;
• Altri enti eventualmente coinvolti nella gestione del
territorio: Corpo forestale dello Stato, Settore regionale
prevenzione rischio geologico, enti di gestione di parchi e aree protette, ecc.
La domanda di Autorizzazione, presentata allo SUAP
dovrà contenere le informazioni relative alla descrizione:
- dello stato attuale del bene;
- degli elementi di valore paesaggistico presenti;
- degli impatti sul paesaggio delle trasformazioni proposte e degli elementi di mitigazione e di compensazione
necessari.
La domanda dovrà essere corredata della documentazione
tecnica e progettuale relativa alle opere che si intendono
eseguire. Ai sensi dell’art. 146, co. 3, D.Lgs 42/04, entro 6
mesi dall’entrata in vigore del citato decreto legislativo, con
DPCM, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, dovrà
essere individuata la documentazione necessaria alla verifica di compatibilità paesaggistica degli interventi proposti.
La richiesta di Autorizzazione, mediante lo sportello
unico, deve essere inoltrata all’Autorità competente
(Regione o ente locale al quale la Regione ha affidato la
relativa competenza), che verifica la conformità dell’intervento alle prescrizioni contenute nei Piani paesaggistici.
Tempi
Fase transitoria (fino all’approvazione dei Piani paesaggistici e cioè entro 4 anni a decorrere dal 1 maggio 2004): il
termine per il rilascio o il diniego dell’Autorizzazione paesaggistica è di 60 gg. In caso di richiesta di integrazione
documentale o di accertamenti, il termine è sospeso per
una sola volta fino alla data di ricezione della documentazione richiesta, ovvero fino alla data di effettuazione degli
accertamenti. Il Ministero per i beni e le attività culturali
può in ogni caso, con provvedimento motivato, annullare
l’Autorizzazione entro i 60 gg. successivi al ricevimento
(art. 159, co.3, D.Lgs. 42/04).
Trascorso inutilmente il termine indicato l’interessato è
legittimato a rivolgersi alla competente Soprintendenza
BB.AA., che si pronuncia entro il termine di 60 gg. L’istanza, corredata della documentazione necessaria, è presenta-
71
SCHEDE TECNICHE
(segue)
72
Oneri
Scadenza/Rinnovi
Sanzioni
Normativa di riferimento
ta alla competente Soprintendenza e ne è data comunicazione alla amministrazione competente.
Fase definitiva: il termine per il rilascio o il diniego dell’Autorizzazione paesaggistica è di 120 gg. Trascorso inutilmente tale termine, l’interessato è legittimato a presentare alla competente Soprintendenza BB.AA. la richiesta di
rilascio Autorizzazione in via sostitutiva. In caso di accertamenti di natura tecnica da parte della Soprintendenza, il
termine è sospeso fino all’acquisizione dei risultati degli
accertamenti e comunque per non più di 30 gg. (art. 146,
co.6, D.Lgs. 42/04).
L’Autorizzazione paesaggistica diventa efficace dopo 20 gg.
dalla sua emanazione (art. 146, co.8, D.Lgs. 42/04).
Ai sensi dell’art. 158, D.Lgs. 42/04, “Fino all’emanazione
di apposite disposizioni regionali di attuazione del presente codice restano in vigore, in quanto applicabili, le
disposizioni del regolamento approvato con regio decreto
3 giugno 1940, n. 1357”.
Marca da bollo del valore corrente sulla domanda unica.
L’Autorizzazione vale 5 anni, trascorsi i quali l’esecuzione
dei lavori progettati deve essere sottoposta a nuova Autorizzazione come previsto dal RD 1357/40. Inoltre, secondo
l’art. 158 del nuovo Codice dei beni culturali (D.Lgs.
42/04), fino all’emanazione di apposite disposizioni regionali di attuazione, restano in vigore le disposizioni del
Regolamento approvato con RD 1357/40.
Ogni qualvolta si intendano eseguire nuove opere, è necessaria una nuova Autorizzazione.
Sanzioni amministrative: artt. 167 e segg., D.Lgs. 42/04.
Sanzioni penali: art. 181, D.Lgs. 42/04
Normativa nazionale
D.Dirett. 5 agosto 2004, Delega di funzioni ai direttori
regionali per i beni culturali e paesaggistici.
D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali e
del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della L. 6 luglio
2002, n. 137.
DPR 24 luglio 1977, n. 616, Attuazione della delega di cui
all’art. 1 della L. 22 luglio 1975, n. 382.
RD 3 giugno 1940, n. 1357, Regolamento per l’applicazione della L. 29 giugno 1939, n. 1497, sulla protezione delle
bellezze naturali.
Normativa regionale
LR 9 dicembre 2004, n. 18, Modifiche alla legge regionale
6 luglio 1998, n. 24 (Pianificazione paesistica e tutela dei
beni e delle aree sottoposti a vincolo paesistico) e succes-
SCHEDE TECNICHE
sive modifiche. Modifica alla legge regionale 8 novembre
2004, n. 12 (Disposizioni in materia di definizione di illeciti edilizi). Disposizioni transitorie.
Delib.GR 6 agosto 2004, n. 765, Legge regionale 6 ottobre
1997, n. 29 «Norme in materia di aree naturali protette
regionali» e successive modifiche ed integrazioni. Approvazione delle linee-guida per la redazione dei Piani delle
aree naturali protette regionali.
LR 6 luglio 1998, n. 24, Pianificazione paesistica e tutela dei
beni e delle aree sottoposti a vincolo paesistico.
LR 6 ottobre 1997, n. 29, Norme in materia di aree naturali protette regionali.
73
SCHEDE TECNICHE
Ambiente
74
SCHEDA 8 – Autorizzazione in forma ordinaria alle emissioni in atmosfera
(artt. 6, 12 e 15, DPR 203/88)
Ambito di applicazione
Le imprese il cui ciclo produttivo o le cui fasi di lavorazione
possono dar luogo ad emissioni in atmosfera, sono sottoposte
al regime autorizzatorio disciplinato dal DPR 203/88 e s.m.i.
Secondo quanto specificato nel DPCM 21 luglio 1989, il
decreto si applica agli impianti industriali di produzione
di beni o servizi, compresi gli impianti di imprese artigiane di cui alla L 443/85, e agli impianti di pubblica utilità,
che diano luogo ad emissioni inquinanti convogliate o tecnicamente convogliabili.
Sono pertanto sottoposte ad Autorizzazione preventiva le
emissioni provenienti:
- da nuovo impianto (art.6, DPR 203/88);
- dalla modifica sostanziale di impianto esistente che
comporta una variazione quantitativa e qualitativa
delle emissioni (art. 15, l.a), DPR 203/88), come precisato al par. IV, p.21, DPCM 21 luglio 1989;
- dal trasferimento dell’impianto in altra località al di
fuori del perimetro dello stabilimento esistente (art. 15,
l.b), DPR 203/88);
- le attività disciplinate dagli artt. 15 e 17, DPR 203/88.
Sono esclusi dal campo d’applicazione del suddetto decreto:
- le attività non ricomprese nel campo di applicazione
del DPR 203/88 (par. I, DPCM 21 luglio 1989);
- le attività ad inquinamento atmosferico poco significativo, di cui all’All.1, DPR 25 luglio 1991 (vd. “Adempimenti”).
Per le attività a ridotto inquinamento atmosferico ricomprese nell’All.2, DPR 25 luglio 1991, come specificato dalla
Direttiva contenuta nella Delib.GR 7104/96:
- al titolare della ditta interessata ad ottenere l’Autorizzazione alla costruzione di un nuovo impianto, è
lasciata la facoltà di scegliere fra la procedura ordinaria prevista dagli artt. 6, 7 e 8, DPR 203/88 e la proce-
SCHEDE TECNICHE
-
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
dura specifica ai sensi dell’art. 5, DPR 25 luglio 1991;
il titolare della ditta interessata ad ottenere l’Autorizzazione alla continuazione alle emissioni di un
impianto esistente, rientrante nell’elenco delle attività
a ridotto inquinamento di cui all’All. 2, DPR 25 luglio
1991, ha facoltà di scegliere fra la procedura ordinaria
prevista dall’art. 12, DPR 203/88 e la procedura specifica ai sensi dell’art. 5, DPR 25 luglio 1991.
SUAP territorialmente competente.
Provincia territorialmente competente per il rilascio del
provvedimento autorizzatorio alle emissioni.
• ARPA, competente per territorio, per il rilascio del
Parere di compatibilità ambientale;
• Comune (ufficio tecnico) sul cui territorio è installato o
si installerà l’impianto soggetto ad Autorizzazione, per
il rilascio del Parere/Certificato attestante la compatibilità urbanistica dell’impianto stesso;
• ASL (Servizio igiene pubblica).
Ciascuna delle amministrazioni coinvolte deve ricevere
(tramite lo sportello unico) una copia dell’istanza di Autorizzazione redatta secondo la modulistica e la documentazione tecnica riportata nella Delib.GR 7104/96 (vd.
“Modulistica”).
Modulistica
Attività ad inquinamento atmosferico poco significativo:
§Mod. 1, Delib.GR 7104/96, “Schema di dichiarazione
attestante la sussistenza di attività ad inquinamento atmosferico poco significativo. (Art. 2, DPR 25 luglio 1991)”.
Costruzione di nuovi impianti (art. 6, DPR 203/88):
§Mod. 8, Delib.GR 7104/96, “Schema domanda Autorizzazione emissioni in atmosfera nuovi impianti. (Art. 6,
DPR 203/88)”;
§Mod. 9, Delib.G.R. 7104/96, “Nuovi impianti art. 6, DPR
203/88, modello di Parere del Sindaco in merito alle emissioni in atmosfera. (Art. 7, c. 2, DPR 203/88)“.
Modifica impianti comportanti variazioni qualitative e/o
quantitative delle emissioni (art. 15, l. a), DPR 203/88):
§Mod. 10, Delib.GR 7104/96, “Schema domanda Autorizzazione emissioni in atmosfera modifica impianti. (Art. 15,
l.a), DPR203788)”;
§Mod. 11, Delib.GR 7104/96, “Modifiche impianti (art. 15,
l.a), DPR 203/88) modello di comunicazione accertamenti
igienico-sanitaria da parte della AUSL in merito alle emissioni in atmosfera”.
75
SCHEDE TECNICHE
(segue)
76
Trasferimento impianto in altra località (art. 15, l. b), DPR
203/88):
§Mod. 12, Delib.GR 7104/96, “Schema domanda Autorizzazione emissioni in atmosfera trasferimento impianti.(Art.
15, l.b), DPR 203/88)”;
§Mod. 13, Delib.GR 7104/96, “Trasferimento impianti art.
15, l.b), DPR 203/88, Modello di Parere del Sindaco in merito alle emissioni in atmosfera (art. 7 c.2, DPR 203/88)”.
Domande di Autorizzazione ai sensi dell’art. 12, DPR
203/88 (impianti esistenti):
§Mod. 14, Delib.GR 7104/96, “Schema domanda Autorizzazione emissioni in atmosfera trasferimento impianti (art.
12, DPR 203/88)“;
§Mod. 15, Delib.GR 7104/96, “Schema di Atto Notorio per
autocertificazione da allegare all’integrazione della domanda di Autorizzazione alla continuazione delle emissioni in
atmosfera derivanti da impianti esistenti ai sensi dell’art. 12
del DPR 203/88”;
§Mod. 16, Delib.GR 7104/96, “Impianti esistenti (art. 12,
DPR 203/88). Modello di comunicazione accertamenti igienico-sanitari da parte della AUSL in merito alle emissioni in
atmosfera”.
Adempimenti
Attività ad inquinamento atmosferico poco significativo:
La Direttiva contenuta nella Delib.GR 7104/96 definisce le
modalità di gestione delle attività considerate ad inquinamento atmosferico poco significativo stabilendo quanto
segue: “I soggetti che rientrano nell’elenco delle attività ad
inquinamento atmosferico poco significativo, di cui all’allegato 1 al D.P.R. 25 luglio 1991, non necessitano di autorizzazione ai sensi degli artt. 6, 12, 15 e 17 del D.P.R. 24
maggio 1988, n. 203. I titolari di dette attività devono
comunicare alla amministrazione provinciale e per conoscenza al comune territorialmente competente, la sussistenza delle condizioni di poca significatività dell’inquinamento provocato utilizzando l’apposito «modello n. 1».”
Costruzione di nuovi impianti comportanti emissioni in
atmosfera (art. 6, DPR 203/88):
Il co.3, Dirett. contenuta nella Delib.GR 7104/96, ai pp. 3.1,
3.2, 3.3, 3.4, 3.5, detta le condizioni da rispettare circa le
domande di Autorizzazione alla costruzione di nuovo
impianto comportante emissioni in atmosfera. In particolare:
al p.3.1, “Le domande di autorizzazione (Mod. 8)…. devono
essere inoltrate all’amministrazione provinciale territorialmente competente, corredate della relativa documentazione
(indicata nel modello di domanda e presentata in duplice
SCHEDE TECNICHE
copia originale). Copia della domanda di autorizzazione
deve essere inviata al Ministero dell’ambiente ed al sindaco
del comune territorialmente competente, in allegato alla
istanza di concessione edilizia”.
- Al p. 3.2, “L’amministrazione provinciale, dopo aver
verificato la completezza della domanda e della documentazione allegata, richiede al sindaco del comune
territorialmente competente il prescritto parere ai sensi
dell’art. 7,commi 2 e 4, del D.P.R. 24 maggio 1988, n.
203. Nel caso in cui il richiedente abbia presentato
documentazione incompleta o insufficiente ai fini
della valutazione tecnica, l’amministrazione provinciale interrompe i termini di cui all’art. 7 del D.P.R. 24
maggio 1988, n. 203, invitando il richiedente a completare la documentazione o, se necessario ad apportare modifiche al progetto”.
- Al p. 3.3, “ Il sindaco comunica (attraverso il Mod.9
contenuto nelle delibera) il proprio parere entro 45
giorni dalla richiesta, ai sensi dell’art. 7 del D.P.R. 24
maggio 1988, n. 203”.
- Al p. 3.4, “ Decorsi i sopradetti 45 giorni, la provincia,
dopo aver sollecitato il sindaco ad esprimere il parere
entro un ulteriore periodo, provvederà all’eventuale
rilascio dell’autorizzazione”.
- Al p. 3.4, “ Per le emissioni prodotte da nuovi impianti …, nelle more dell’emanazione delle linee guida da
parte dello Stato, si precisa che le migliori tecnologie
disponibili da utilizzare per la limitazione delle emissioni, sono quelle indicate negli allegati 5 e 6 del decreto Ministero ambiente 12 luglio 1990. I valori di emissione dichiarati dalla ditta nella relazione allegata alla
domanda sono autonormanti e devono comunque
rispettare i valori minimi di emissione di cui al decreto Ministero ambiente 12 luglio 1990.
Le amministrazioni provinciali per le loro valutazioni, terranno conto dei criteri individuati dal C.R.I.A. Lazio e
dallo studio della Regione Lombardia, richiamati nella circolare regionale assessorato sanità n. 59 del 1989”.
Modifica impianti comportanti variazioni qualitative e/o
quantitative delle emissioni (art. 15, l. a), DPR 203/88):
Il co.4 della Direttiva contenuta nella Delib.GR 7104/96, ai
pp. 4.1, 4.2, 4.3, 4.4, 4.5, detta le condizioni da rispettare
circa le domande di Autorizzazione alla modifica di
impianti che comportino una variazione qualitative e/o
quantitative delle emissioni. In particolare:
- Al p. 4.1, “ Le domande di autorizzazione (redatte
secondo il Mod.10)… devono essere inoltrate all’am-
77
SCHEDE TECNICHE
ministrazione provinciale territorialmente competente,
corredate della relativa documentazione ivi indicata.
Copia della domanda di autorizzazione deve essere
inviata al Ministero dell’ambiente ed al sindaco del
comune territorialmente competente, in allegato alla
istanza di concessione edilizia”.
(segue)
78
-
Al p. 4.2, “L’amministrazione provinciale, dopo aver
verificato la completezza della domanda e della documentazione allegata, richiede all’A.U.S.L. territorialmente competente, gli accertamenti igienico-sanitari.
Nel caso in cui il richiedente abbia presentato documentazione incompleta o insufficiente ai fini della
valutazione tecnica, l’amministrazione provinciale
interrompe i termini di cui all’art. 7 del D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, invitando il richiedente a completare
la documentazione o se necessario, ad apportare
modifiche al progetto”.
-
Al p. 4.3, “La A.U.S.L. comunica alla provincia (attraverso la compilazione del Mod. 11 contenuto nelle
delibera) entro 45 giorni dalla richiesta, gli accertamenti effettuati”.
-
Al p. 4.4, “Decorsi i suddetti 45 giorni, la provincia,
dopo aver sollecitato la A.U.S.L. provvederà all’eventuale rilascio dell’autorizzazione”.
-
Al p. 4.5, “Per le emissioni derivanti da modifiche
apportate al ciclo produttivo comportanti variazioni
quali-quantitative delle stesse ai sensi dell’art. 15 lettera a) del D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, nelle more dell’emanazione delle linee guida da parte dello Stato. Si
precisa che le migliori tecnologie disponibili da utilizzare per la limitazione delle emissioni sono quelle
indicate negli allegati 5 e 6 del decreto ministero
ambiente 12 luglio 1990.
I valori di emissione dichiarati dalla azienda nella relazione allegata alla domanda sono autonormanti e devono
comunque rispettare i valori minimi di emissione di cui al
decreto ministero ambiente 12 luglio 1990.
Le amministrazioni provinciali per le loro valutazioni, terranno conto dei criteri individuati dal C.R.I.A. Lazio e
dallo studio della Regione Lombardia, richiamati nella circolare regionale assessorato sanità n. 59 del 1989”.
Trasferimento impianto in altra località (art. 15, l. b), DPR
203/88):
Il co.5, Dirett. contenuta nella Delib.GR 7104/96, ai pp. 5.1,
5.2, 5.3, 5.4, detta le condizioni da rispettare circa le
SCHEDE TECNICHE
domande di Autorizzazione relative al trasferimento dell’impianto in altra località.
In particolare:
Al p. 5.1, “Le domande di autorizzazione (redatte secondo
il Mod. 12)…devono essere inoltrate all’amministrazione
provinciale territorialmente competente, corredate della
relativa documentazione ivi indicata. Copia della domanda di autorizzazione deve essere inviata al Ministero dell’ambiente ed al sindaco del comune territorialmente competente, in allegato alla istanza di concessione edilizia”.
Al p. 5.2, “L’amministrazione provinciale, dopo aver verificato la completezza della domanda e della documentazione
allegata, richiede al sindaco del comune il prescritto parere
ai sensi dell’art. 7, commi 2 e 4, del D.P.R. 24 maggio 1988,
n. 203. Nel caso il richiedente abbia presentato documentazione incompleta o insufficiente ai fini della valutazione tecnica, l’amministrazione provinciale interrompe i termini di
cui all’art. 7 del D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, invitando il
richiedente a completare la documentazione o se necessario
ad apportare modifiche al progetto.
Al p. 5.3, “Il sindaco comunica (attraverso la compilazione
del Md. 13 contenuto nelle delibera) il proprio parere entro
45 giorni dalla richiesta, ai sensi dell’art. 7 del D.P.R. 24
maggio 1988, n. 203”.
Al p. 5.4, “Decorsi i suddetti 45 giorni, la provincia, dopo
aver sollecitato il sindaco ad esprimere il parere entro un
ulteriore periodo, provvederà all’eventuale rilascio dell’autorizzazione”.
Domande di Autorizzazione ai sensi dell’art. 12, DPR
203/88 (impianti esistenti):
Il co.6, Dirett. contenuta nella Delib.GR 7104/96, ai pp. 6.1, e
6.2, specifica quanto segue: “I titolari degli impianti che
hanno presentato la domanda di autorizzazione alla continuazione delle emissioni oltre i termini di legge (31 luglio
1989) ovvero che hanno presentato la domanda priva degli
elementi richiesti dall’art. 12 del D.P.R. 24 maggio 1988, n.
203 (descrizione del ciclo produttivo, tecnologie adottate per
prevenire l’inquinamento, quantità e qualità delle emissioni)
ovvero che debbono ancora presentarla, (in tal caso devono
compilare il Mod. 14) sono tenuti ad autocertificare mediante atto notorio (redatto secondo il Mod. 15) lo stato dell’impianto al 31 luglio 1989. L’A.U.S.L. comunica gli accertamenti alla provincia (attraverso la compilazione del Mod. 16).
79
SCHEDE TECNICHE
(segue)
La documentazione tecnica e le modalità di presentazione
della stessa, da allegare alle diverse istanze di Autorizzazione, sono specificate nei modelli di domanda contenuti nella
Delib.GR 7104/96.
L’istanza per il rilascio delle suddette Autorizzazioni (corredate delle specifiche domande di sopra descritte) deve
essere inoltrata presso lo SUAP del Comune territorialmente competente.
80
Tempi
Oneri
- 90 gg., a carico dello sportello unico, per la conclusione del procedimento;
- 45 gg. a carico del Sindaco e della AUSL per il rilascio
dei pareri di loro competenza.
Marca da bollo del valore corrente sulla domanda unica. Al
par. C), Dirett. contenuta nella Delib. GR 7104/96 sono
definiti gli oneri relativi al rimborso spese amministrative:
“Le amministrazioni provinciali per lo svolgimento delle
proprie funzioni, previa determinazione dell’organo competente, possono richiedere, quale rimborso spese istruttorie in relazione al tipo di domanda, gli importi massimi di
seguito riportati:
Per autorizzazione alla continuazione delle emissioni, ex
art. 12 D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203:
a) impianti a ridotto inquinamento: fino ad un massimo
di € 154,94;
b) per gli impianti rientranti all’allegato I del D.P.C.M.
21 luglio 1989: fino ad un massimo di € 516,46 con
l’aggiunta fino ad un massimo di € 51,65 per ogni
punto di emissione da autorizzare superiore a uno;
c) per gli impianti non rientranti all’allegato I del D.P.C.M.
21 luglio 1989: fino ad un massimo di € 258,23 con l’aggiunta fino ad un massimo di € 25,82 per ogni punto di
emissione da autorizzare superiore a due.
Per autorizzazione alla costruzione di nuovo impianto o
per la sua variazione, ex artt. 6 e 15 lettera a) D.P.R. 24
maggio 1988, n. 203:
a) impianti a ridotto inquinamento fino ad un massimo
di € 258,23;
b) per gli impianti rientranti all’allegato I del D.P.C.M.
21 luglio 1989: fino ad un massimo di € 1032,91 con
l’aggiunta fino ad un massimo di € 51,65 per ogni
punto di emissione da autorizzare superiore a uno;
c) per gli impianti non rientranti all’allegato I del D.P.C.M.
21 luglio 1989: fino ad un massimo di € 258,23 con l’aggiunta fino ad un massimo di € 25,82 per ogni punto di
emissione da autorizzare superiore a due.
SCHEDE TECNICHE
Per autorizzazione al trasferimento di impianto già autorizzato, ex art. 15 lettera b) D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203:
a) impianti a ridotto inquinamento fino ad un massimo
di € 154,94;
b) per gli impianti rientranti all’allegato I del D.P.C.M.
21 luglio 1989: fino ad un massimo di € 516,46;
c) per gli impianti non rientranti all’allegato I del
D.P.C.M. 21 luglio 1989: fino ad un massimo di €
258,23.
Per autorizzazione al trasferimento di impianto non autorizzato, ex art. 15 lettera b) D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203:
a) impianti a ridotto inquinamento fino ad un massimo
di € 258,23;
b) per gli impianti rientranti all’allegato I del D.P.C.M.
21 luglio 1989: fino ad un massimo di € 1032,91 con
l’aggiunta fino ad un massimo di € 51,65 per ogni
punto di emissione da autorizzare superiore a uno;
c) per gli impianti non rientranti all’allegato I del D.P.C.M.
21 luglio 1989: fino ad un massimo di € 258,23 con l’aggiunta fino ad un massimo di € 25,82 per ogni punto di
emissione da autorizzare superiore a due.
Scadenza/Rinnovi
Sanzioni
Normativa di riferimento
L’Autorizzazione ordinaria alle emissioni in atmosfera ha
validità illimitata, qualora non intervengano modifiche
sostanziali al ciclo produttivo, quali installazione di un
nuovo processo produttivo, variazione delle materie prime
o sostanze utilizzate, aumento della potenzialità dell’impianto, aggiunta di nuovi punti di emissione ecc.
Non è soggetta a nuova Autorizzazione la variazione della
disposizione degli apparati produttivi e/o dei punti di
emissione all’interno del perimetro dello stabilimento, o le
modifiche all’impianto che non comportino variazioni
qualitative delle emmissioni inquinanti, ovvero variazioni
del flusso complessivo di massa o delle singole emissioni.
In tali casi è opportuno un aggiornamento della documentazione agli atti degli enti interessati al procedimento.
Le prescrizioni dell’Autorizzazione rilasciata, possono
essere modificate in seguito all’evoluzione dei sistemi tecnologici di contenimento delle emissioni inquinanti.
Le sanzioni sono quelle previste dagli artt. 24, 25 e 26, DPR
203/88.
Normativa nazionale
D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 351, Attuazione della direttiva
96/62/CE in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente.
DPR 25 luglio 1991, Modifiche dell’atto di indirizzo e coor-
81
SCHEDE TECNICHE
(segue)
82
dinamento in materia di emissioni poco significative e di
attività a ridotto inquinamento atmosferico, emanato con
D.P.C.M. 21 luglio 1989.
DM Ambiente del 12 luglio 1990, Linee guida per il contenimento delle emissioni degli impianti industriali e la fissazione dei valori minimi di emissione.
DPCM 21 luglio 1989, Atto di indirizzo e coordinamento
alle regioni, ai sensi dell’art. 9 della legge 8 luglio 1986, n.
349, per l’attuazione e l’interpretazione del decreto del
Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, recante norme in materia di qualità dell’aria relativamente a specifici agenti inquinanti e di inquinamento prodotto da
impianti industriali.
Circ. 4 ottobre 1988, n. 16/ECO, D.P.R. 24 maggio 1988, n.
203 nuove procedure relative agli adempimenti amministrativi in materia di inquinamento atmosferico.
DPR 24 maggio 1988, n. 203, Attuazione delle direttive
CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti
norme in materia di qualità dell’aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli
impianti industriali, ai sensi dell’art. 15 della L. 16 aprile
1987, n. 183.
Normativa regionale
Delib. GR 5 settembre 1996, n. 7104, Direttiva alle amministrazioni provinciali in materia di prevenzione e controllo dell’inquinamento atmosferico ai sensi della legge regionale n. 48 del 1989.
Delib. GR 14 febbraio 1995, n. 521, Individuazione delle
aree soggette a rischio di inquinamento atmosferico nella
Regione Lazio e della autorità competente all’adozione dei
provvedimenti necessari ai sensi dell’art. 4 del decreto
ministeriale 15 aprile 1994.
Delib. PGR 19 gennaio 1993, n. 96, Atto di indirizzo e
coordinamento in materia di inquinamento atmosferico.
LR 31 dicembre 1992, n. 58, Disposizioni per contribuire
al contenimento dei fenomeni di inquinamento atmosferico ed acustico attraverso la promozione e l’attuazione di
provvedimenti di coordinamento del trasporto pubblico, di
pianificazione del traffico, di organizzazione e di potenziamento dei servizi, di adeguamento dei veicoli.
LR 17 luglio 1989, n. 48, Delega alle province di funzioni
amministrative in materia di qualità dell’aria ai fini della
protezione della salute e dell’ambiente.
LR 29 giugno 1979, n. 50, Istituzione del comitato regionale contro l’inquinamento atmosferico.
SCHEDE TECNICHE
SCHEDA 9 – Autorizzazione alle emissioni in atmosfera in via generale
con procedura specifica (art. 5, DPR 25 luglio 1991)
Ambito di applicazione
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Modulistica
Per le imprese il cui ciclo produttivo o le cui fasi di lavorazione producono emissioni inquinanti nell’ambiente esterno, ricadenti nell’elenco delle attività di cui all’All. 2, DPR
25 luglio 1991 e definite “a ridotto inquinamento atmosferico”, come specificato dalla Direttiva contenuta nella
Delib.GR 7104/96, si ha la possibilità di scegliere fra la procedura ordinaria prevista dagli artt. 6, 7 e 8, DPR 203/88 e la
procedura specifica ai sensi dell’art. 5, DPR 25 luglio 1991.
Sportello unico per le attività produttive territorialmente
competente.
Provincia territorialmente competente.
• Comune sul cui territorio sorge l’impianto;
• ASL (Servizio igiene pubblica)
• ARPA, competente per territorio, per il rilascio del Parere
di compatibilità ambientale.
Ciascuna delle amministrazioni coinvolte deve ricevere (tramite lo sportello unico) una copia dell’istanza di Autorizzazione redatta secondo la modulistica e la documentazione
tecnica riportata nella Delib.GR 7104/96 (vd. “Modulistica”).
Nuovi impianti le cui attività sono definite “a ridotto
inquinamento atmosferico”:
§Mod. 2, Delib.GR 7104/96, “Schema domanda rilascio
Autorizzazione in via generale con procedura specifica su
modulistica semplificata nuovi impianti a ridotto inquinamento (art. 5, DPR 25 luglio 1991)”.
§Mod. 3, Delib.G.R. 7104/96, “Nuovi impianti a ridotto
inquinamento (DPR 25 luglio 1991). Modello di comunicazione eventuali elementi ostativi da parte del Sindaco in
merito alle emissioni in atmosfera”.
§Mod. 4, Delib.GR 7104/96, “Nuovi impianti a ridotto
inquinamento (DPR 25 luglio 1991). Modello di comunicazione eventuali elementi ostativi da parte della AUSL in
merito alle emissioni in atmosfera”.
Impianti esistenti le cui attività sono definite “a ridotto
inquinamento atmosferico”:
§Mod. 5, Delib.GR 7104/96, “Schema domanda rilascio
Autorizzazione in via generale con procedura specifica su
modulistica semplificata impianti a ridotto inquinamento
(art. 5, DPR 25 luglio 1991)”.
§Mod. 6, Delib.GR 7104/96, “Impianti esistenti a ridotto
inquinamento (DPR 25 luglio 1991). Modello di comunicazione eventuali elementi ostativi da parte della AUSL in
83
SCHEDE TECNICHE
(segue)
84
Adempimenti
merito alle emissioni in atmosfera”.
§Mod. 7, Delib. GR 7104/96, “Schema di Atto Notorio per
autocertificazione da allegare all’integrazione della
domanda di Autorizzazione in via generale alla continuazione delle emissioni in atmosfera derivanti da impianti
esistenti a ridotto inquinamento (art. 5, DPR 25 luglio
1991)”.
Nuovi impianti le cui attività sono definite “a ridotto
inquinamento atmosferico”:
Il co.2, Dirett. contenuta nella Delib.GR 7104/96, ai pp.
2.1.1, 2.1.2, 2.1.2 detta le condizioni da rispettare circa le
domande di Autorizzazione per nuovo impianto le cui attività sono definite “a ridotto inquinamento atmosferico”.
In particolare:
- al p. 2.1., “Il titolare della ditta interessata ad ottenere
l’autorizzazione alla costruzione di un nuovo impianto rientrante nell’elenco delle attività a ridotto inquinamento, di cui all’allegato 2 del D.P.R. 25 luglio 1991,
ha facoltà di scegliere fra la procedura ordinaria prevista dagli articoli 6, 7 e 8 del D.P.R. 24 maggio 1988,
n. 203 e la procedura specifica ai sensi dell’art. 5 del
D.P.R. 25 luglio 1991”;
- al p. 2.1.2, “ Le domande per il rilancio dell’autorizzazione in via generale con procedura specifica per attività a ridotto inquinamento (redatte in conformità al
modello n. 2), devono essere presentate all’amministrazione provinciale e per conoscenza al comune territorialmente competente, corredate della relativa documentazione ivi indicata. Da tale documentazione la
composizione quali-quantitativa delle emissioni sarà
deducibile dall’indicazione delle quantità di materie
prime ed ausiliarie utilizzate nel ciclo produttivo”.
- al p. 2.1.3, “Le province, su tali domande, non sono, di
regola, tenute a richiedere il parere del comune territorialmente competente. Il comune ha comunque facoltà, entro 45 giorni dal ricevimento della copia della
domanda, di comunicare (attraverso la compilazione
del Mod. 3) alla provincia e per conoscenza alla
A.U.S.L. e all’interessato, l’eventuale esistenza di elementi ostativi al rilascio dell’autorizzazione.
Le province, su tali domande, possono richiedere gli
accertamenti alla A.U.S.L. che entro 45 giorni dal ricevimento della richiesta comunica (attraverso la compilazione del Mod.4) alla provincia e per conoscenza al
comune territorialmente competente ed all’interessato,
l’eventuale esistenza di elementi ostativi al rilascio
dell’autorizzazione.
La provincia, nell’autorizzazione in via generale con
SCHEDE TECNICHE
procedura specifica, dovrà comunque evidenziare il
potere dell’autorità sanitaria di emanare eventuali ed
ulteriori provvedimenti amministrativi nel caso accertato di situazioni di pericolo e/o di danno per la salute pubblica e/o l’ambiente derivanti dal nuovo impianto a ridotto inquinamento”.
85
Impianti esistenti le cui attività sono definite “a ridotto
inquinamento atmosferico”:
Il co.2, Dirett. contenuta nella Delib.GR 7104/96, ai pp.
2.2.1, 2.2.2, 2.2.3 e 2.2.4, detta le condizioni da rispettare
circa le domande di Autorizzazione per impianti esistenti
le cui attività sono definite “a ridotto inquinamento atmosferico”.
In particolare:
- al p. 2.2.1, “Il titolare della ditta interessata ad ottenere l’autorizzazione alla continuazione alle emissioni di
un impianto esistente comportante emissioni in atmosfera, rientrante nell’elenco delle attività a ridotto
inquinamento di cui all’allegato 2 del D.P.R. 25 luglio
1991, ha facoltà di scegliere fra la procedura ordinaria
prevista dall’art. 12 del D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203 e
la procedura specifica ai sensi dell’art. 5 del D.P.R. 25
luglio 1991”.
- al p. 2.2.2, “Le domande per il rilascio dell’autorizzazione in via generale con procedura specifica per attività a ridotto inquinamento (redatte secondo il Mod. 5),
devono essere presentate all’amministrazione provinciale e per conoscenza al comune territorialmente competente, corredate della relativa documentazione ivi
indicata. Da tale documentazione la composizione
quali-quantitativa delle emissioni sarà deducibile dall’indicazione delle quantità di materie prime ed ausiliarie utilizzate nel ciclo produttivo”.
- al p. 2.2.3, “ La provincia, su tali domande, richiede gli
accertamenti alla A.U.S.L. che entro 45 giorni dal ricevimento della richiesta, comunica (attraverso la compilazione del Mod.6) alla provincia stessa e per conoscenza al comune territorialmente competente ed
all’interessato, l’eventuale esistenza di elementi ostativi al rilascio dell’autorizzazione.
La provincia, nell’autorizzazione in via generale con
procedura specifica, dovrà comunque evidenziare il
potere dell’autorità sanitaria di emanare gli eventuali
ed ulteriori provvedimenti amministrativi nel caso
accertato di situazioni di pericolo e/o di danno per la
salute pubblica e/o l’ambiente derivanti dall’impianto
a ridotto inquinamento”.
SCHEDE TECNICHE
(segue)
-
86
al p. 2.2.4, “I titolari degli impianti che hanno presentato la domanda di autorizzazione alla continuazione
delle emissioni oltre i termini di legge (31 luglio 1989)
ovvero che hanno presentato la domanda priva degli
elementi richiesti dall’art. 12 del D.P.R. 24 maggio 1988,
n. 203 (descrizione del ciclo produttivo; tecnologie
adottate per prevenire l’inquinamento, quantità e qualità delle emissioni), ovvero che debbono ancora presentarla e che intendano avvalersi dell’autorizzazione
in via generale, sono tenuti ad autocertificare mediante
atto notorio (redatto secondo il Mod. 7) lo stato dell’impianto al 31 luglio 1989”.
Rilascio Autorizzazione in via generale (attività a ridotto
inquinamento atmosferico):
Il co. 2, Dirett. contenuta nella Delib. GR 7104/96, ai pp.
2.3.1, 2.3.2 e 2.3.3, detta le condizioni da rispettare circa il
rilascio dell’Autorizzazione in via generale.
In particolare:
- al p. 2.3.1, “L’autorizzazione in via generale per le attività rientranti nell’allegato 2 del D.P.R. 25 luglio 1991,
viene rilasciata dalle amministrazioni provinciali solo
nel caso che:
a) l’azienda abbia installato o previsto idonei sistemi di
abbattimento degli inquinanti nelle emissioni;
b) nelle emissioni non siano, sulla base delle materie
prime utilizzate, presumibilmente presenti sostanze
ritenute cancerogene e/o teratogene e/o mutagene e
sostanze di tossicità e cumulabilità particolarmente elevate, come individuate dai provvedimenti emanati ai
sensi dell’art. 3, comma 2 del D.P.R. 24 maggio 1988, n.
203 (paragrafi 1.1 e 1.2 dell’all. 1 del decreto Ministero
ambiente 12 luglio 1990 «Linee guida per il contenimento delle emissioni inquinanti degli impianti industriali e la fissazione dei valori minimi di emissione»)”.
-
al p. 2.3.2, “Le autorizzazioni in via generale devono
prevedere le seguenti prescrizioni:
a) e emissioni devono essere convogliate verso l’alto e la
bocca del camino deve risultare più alta di almeno un
metro rispetto al colmo dei tetti, ai parapetti ed a qualunque altro ostacolo o struttura distante meno di dieci metri;
b) devono indicare tipologia e frequenza delle operazioni
di manutenzione ordinaria del sistema di abbattimento delle emissioni;
c) i titolari delle attività produttive dovranno tenere un
apposito registro con pagine numerate firmate dagli
stessi e timbrate dall’A.U.S.L. territorialmente compe-
SCHEDE TECNICHE
-
tente, sul quale annotare le operazioni di manutenzione ordinaria e straordinaria del sistema di abbattimento delle emissioni”.
al p. 2.3.3, “Le autorizzazioni in via generale per le attività rientranti nell’allegato 2 del D.P.R. 25 luglio 1991,
non dovranno di norma, prevedere le misure periodiche delle emissioni a cura della azienda”.
La documentazione tecnica e le modalità di presentazione
della stessa, da allegare alle diverse istanze di Autorizzazione, sono specificate nei modelli di domanda contenuti
nella Delib.GR 7104/96.
L’istanza per il rilascio delle suddette Autorizzazioni (corredate delle specifiche domande di sopra descritte) deve
essere inoltrata presso lo sportello unico del Comune territorialmente competente.
Tempi
-
Oneri
90 gg. a carico dello sportello unico, per la conclusione del procedimento;
45 gg. a carico del Sindaco e della ASL per il rilascio
dei pareri di loro competenza.
Marca da bollo del valore corrente sulla domanda unica.
Al par. C), Dirett. contenuta nella Delib.GR 7104/96 sono
definiti gli oneri relativi al rimborso spese amministrative.
“Le amministrazioni provinciali per lo svolgimento delle
proprie funzioni, previa determinazione dell’organo competente, possono richiedere, quale rimborso spese istruttorie in relazione al tipo di domanda, gli importi massimi di
seguito riportati:
Per autorizzazione alla continuazione delle emissioni, ex
art. 12 D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203:
a) impianti a ridotto inquinamento: fino ad un massimo
di € 154,94;
b) per gli impianti rientranti all’allegato I del D.P.C.M. 21
luglio 1989: fino ad un massimo di € 516,46 con l’aggiunta fino ad un massimo di € 51,65 per ogni punto
di emissione da autorizzare superiore a uno;
c) per gli impianti non rientranti all’allegato I del D.P.C.M.
21 luglio 1989: fino ad un massimo di € 258,23 con l’aggiunta fino ad un massimo di € 25,82 per ogni punto di
emissione da autorizzare superiore a due.
Per autorizzazione alla costruzione di nuovo impianto o
per la sua variazione, ex artt. 6 e 15 lettera a) D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203:
a) impianti a ridotto inquinamento fino ad un massimo di
€ 258,23;
87
SCHEDE TECNICHE
(segue)
88
b) per gli impianti rientranti all’allegato I del D.P.C.M. 21
luglio 1989: fino ad un massimo di € 1032,91 con l’aggiunta fino ad un massimo di € 51,65 per ogni punto di
emissione da autorizzare superiore a uno;
c) per gli impianti non rientranti all’allegato I del D.P.C.M.
21 luglio 1989: fino ad un massimo di € 258,23 con l’aggiunta fino ad un massimo di € 25,82 per ogni punto di
emissione da autorizzare superiore a due.
Per autorizzazione al trasferimento di impianto già autorizzato, ex art. 15 lettera b) D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203:
a) impianti a ridotto inquinamento fino ad un massimo
di € 154,94;
b) per gli impianti rientranti all’allegato I del D.P.C.M. 21
luglio 1989: fino ad un massimo di € 516,46;
c) per gli impianti non rientranti all’allegato I del D.P.C.M.
21 luglio 1989: fino ad un massimo di € 258,23.
Per autorizzazione al trasferimento di impianto non autorizzato, ex art. 15 lettera b) D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203:
a) impianti a ridotto inquinamento fino ad un massimo
di € 258,23;
b) per gli impianti rientranti all’allegato I del D.P.C.M. 21
luglio 1989: fino ad un massimo di € 1032,91 con l’aggiunta fino ad un massimo di € 51,65 per ogni punto
di emissione da autorizzare superiore a uno;
c) per gli impianti non rientranti all’allegato I del D.P.C.M.
21 luglio 1989: fino ad un massimo di € 258,23 con
l’aggiunta fino ad un massimo di € 25,82 per ogni
punto di emissione da autorizzare superiore a due.
Scadenza/Rinnovi
Sanzioni
Normativa di riferimento
L’Autorizzazione ha validità illimitata al permanere delle
condizioni dichiarate e delle materie e sostanze utilizzate
nel ciclo di lavorazione.
Le sanzioni sono quelle previste dagli artt. 24 ,25 e 26, DPR
203/88.
Normativa nazionale
D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 351, Attuazione della direttiva
96/62/CE in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente.
DPR. 25 luglio 1991, Modifiche dell’atto di indirizzo e
coordinamento in materia di emissioni poco significative e
di attività a ridotto inquinamento atmosferico, emanato
con D.P.C.M. 21 luglio 1989.
DM Ambiente del 12 luglio 1990, Linee guida per il contenimento delle emissioni degli impianti industriali e la fissazione dei valori minimi di emissione.
SCHEDE TECNICHE
DPCM 21 luglio 1989, Atto di indirizzo e coordinamento
alle regioni, ai sensi dell’art. 9 della legge 8 luglio 1986, n.
349, per l’attuazione e l’interpretazione del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203 , recante
norme in materia di qualità dell’aria relativamente a specifici agenti inquinanti e di inquinamento prodotto da
impianti industriali.
Circ. 4 ottobre 1988, n. 16/ECO, D.P.R. 24 maggio 1988, n.
203 nuove procedure relative agli adempimenti amministrativi in materia di inquinamento atmosferico.
DPR 24 maggio 1988, n. 203, Attuazione delle direttive
CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti
norme in materia di qualità dell’aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli
impianti industriali, ai sensi dell’art. 15 della L. 16 aprile
1987, n. 183.
Normativa regionale
Delib.GR 5 settembre 1996, n. 7104, Direttiva alle amministrazioni provinciali in materia di prevenzione e controllo
dell’inquinamento atmosferico ai sensi della legge regionale n. 48 del 1989.
Delib.GR 14 febbraio 1995, n. 521, Individuazione delle
aree soggette a rischio di inquinamento atmosferico nella
Regione Lazio e della autorità competente all’adozione dei
provvedimenti necessari ai sensi dell’art. 4 del decreto
ministeriale 15 aprile 1994.
Delib. PGR 19 gennaio 1993, n. 96, Atto di indirizzo e coordinamento in materia di inquinamento atmosferico.
LR 31 dicembre 1992, n. 58, Disposizioni per contribuire al
contenimento dei fenomeni di inquinamento atmosferico
ed acustico attraverso la promozione e l’attuazione di provvedimenti di coordinamento del trasporto pubblico, di pianificazione del traffico, di organizzazione e di potenziamento dei servizi, di adeguamento dei veicoli.
LR 17 luglio 1989, n. 48, Delega alle province di funzioni
amministrative in materia di qualità dell’aria ai fini della
protezione della salute e dell’ambiente.
L.R. 29 giugno 1979, n. 50, Istituzione del comitato regionale contro l’inquinamento atmosferico.
89
SCHEDE TECNICHE
SCHEDA 10 – Inquinamento acustico (Relazione tecnica e Nullaosta)
Ambito di applicazione
90
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Modulistica
Adempimenti
Il procedimento si applica alle attività che generano inquinamento acustico nell’ambiente esterno. In particolare sono
interessati gli impianti e le infrastrutture adibite ad attività
produttive, sportive, ricreative o attività commerciali polifunzionali. Rientrano tra le sorgenti di rumore gli impianti
tecnici dei fabbricati adibiti allo svolgimento di attività di
produzione di beni e servizi e le installazioni impiantistiche
degli immobili che producono rumore. Si considerano possibili fonti di rumore le infrastrutture in genere, le aree adibite a parcheggi, depositi dei mezzi di trasporto e di movimentazioni merci, se asservite alle attività citate.
In particolare l’art.8, L 447/95 definisce le disposizioni in
materia di impatto acustico in funzione delle specifiche attività che generano rumore. La Regione ha recepito la normativa statale con la LR 18/01.
Sportello unico per le attività produttive territorialmente
competente.
Comune territorialmente competente (ai sensi dell’art.5,
c.1, ll. g), i), l), m), n), LR 18/01).
ARPA per eventuali valutazioni di verifica e controllo
come indicato nell’art.3, c.4, LR 45/98 e s.m.i.
Attività permanenti:
§Mod. 10A, “Richiesta Nullaosta impatto acustico ambientale per attività permanente di nuova istituzione o modifica/potenziamento di attività esistente L. 447/95 e L.R.
18/01”.
§Mod. 10B “Relazione tecnica di impatto acustico ambientale redatta in conformità a quanto prescritto nell’art. 18
della L.R. 18/01”.
Attività rumorose temporanee:
§Mod. 10C, “Richiesta Nullaosta impatto acustico ambientale o autorizzazione in deroga ai limiti acustici per attività temporanea (ad eccezione dell’attività di cantiere edile
per la quale è prevista modulistica specifica), L. 447/95 e
L.R. 18/01”.
Attività permanenti
In generale per gli impianti e/o le infrastrutture adibite ad
attività produttive che prevedono la documentazione tecnica di impatto acustico, si possono presentare tre possibili condizioni:
- l’attività produttiva è esonerata dalla presentazione
della documentazione previsionale d’impatto acustico;
- l’attività produttiva rientra tra quelle per le quali è
necessario presentare una Relazione tecnica di impatto
SCHEDE TECNICHE
-
acustico, redatta da tecnico abilitato e dimostrante
che le sorgenti rumorose al servizio dell’attività siano
conformi ai limiti acustici previsti dalla vigente classificazione del territorio comunale e dalla normativa
vigente in materia ( ai sensi della L 447/95 e degli artt.
18 e 19, LR 18/01);
l’attività produttiva può rientrare tra quelle le cui sorgenti rumorose possono produrre valori di emissione
superiori a quelli consentititi. In tal caso deve essere
depositata una copia di documentazione tecnica di
previsione di impatto acustico elaborata da un tecnico
competente in acustica ambientale iscritto negli appositi elenchi istituiti dalla Regione (ai sensi dell’art. 20,
LR 18/01), e dovrà contenere le indicazioni riportate
nell’art. 18, LR 18/01.
Il soggetto interessato all’ottenimento del Nullaosta di
impatto acustico per attività produttive a carattere permanente deve presentare allo sportello unico del Comune
competente, la domanda su specifica modulistica a firma
del titolare dell’attività indirizzata al Comune e specificando se la richiesta è prevista per un’attività di nuova istituzione, o per modifica e/o potenziamento dell’attività esistente. La domanda deve essere corredata di Relazione tecnica di impatto acustico ambientale redatta in conformità a
quanto prescritto nell’art. 18, LR 18/01 (vd. Linee guida,
Mod. 10 B). La Relazione tecnica dovrà essere elaborata da
un tecnico competente in acustica ambientale iscritto negli
appositi elenchi istituiti dalla Regione (ai sensi dell’art. 20,
LR 18/01). In sede di esame dei relativi progetti, la documentazione sarà valutata da altro tecnico competente ai
sensi del medesimo art. 20, LR 18/01. Se la documentazione è completa e conforme a quanto previsto dalla normativa vigente, verrà rilasciato il Parere o Nullaosta.
Se la richiesta di Parere o Nullaosta è legata a un’attività
per la quale deve essere richiesto il titolo abilitativo edilizio (Permesso di costruire o DIA), la documentazione di
cui sopra farà parte della documentazione tecnica degli
endoprocedimenti legati alla richiesta del titolo abilitativi
edilizio e seguirà lo specifico iter procedimentale. Lo stesso dicasi in caso di Autorizzazione all’esercizio di nuova
attività (DIA).
Attività rumorose temporanee
L’art. 17, LR 18/01, detta le modalità per il rilascio delle
Autorizzazioni comunali per le attività rumorose temporanee. In particolare il co.1 della stessa legge definisce: “Si
intendono per attività rumorose temporanee quelle attività
91
SCHEDE TECNICHE
(segue)
92
Tempi
Oneri
Scadenza/Rinnovi
Sanzioni
Normativa di riferimento
limitate nel tempo che utilizzano macchinari o impianti
rumorosi. Rientrano in tale definizione, tra l’altro, cantieri
edili, manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, discoteche all’aperto, cinema all’aperto, piano bar
all’aperto, attività all’interno di impianti sportivi”.
Alla domanda di Autorizzazione redatta secondo il Mod.
10C, deve essere allegata una relazione tecnica, elaborata
da un tecnico competente in acustica ambientale, iscritto
negli appositi elenchi istituiti dalla Regione (ai sensi dell’art. 20, LR 18/01), che contenga tutti i dati riportati nell’
art. 17, co.4, ll. a), b), c), d), e), f), LR 18/01. Esaminata la
pratica “Il Comune rilascia l’autorizzazione sulla base dei
dati contenuti nella relazione di cui al comma 4 e, qualora trattasi di autorizzazione in deroga, previo parere dell’A.R.P.A., con indicazione altresì dei valori massimi e
delle eventuali specifiche prescrizioni, tenendo conto dell’esigenza di tutelare il riposo delle persone” (art. 17, co.5,
LR 18/01).
Il tempo per il rilascio dell’Autorizzazione da parte del
Comune, è di 30 gg., salvo necessità di espressione del
parere dell’ARPA (da esprimere entro 15 gg. dal ricevimento della richiesta del Comune). Sia il Comune che
l’ARPA possono interrompere il decorso dei rispettivi termini se, prima della loro scadenza, è necessario acquisire
ulteriori elementi di giudizio.
In ogni caso e secondo quanto espresso dall’art. 19, co. 5,
LR 57/93, il Comune non può comunque procedere indipendentemente dall’acquisizione del parere dell’ARPA.
Se la richiesta di Parere o Nullaosta è legata a un’attività
per la quale deve essere richiesto il titolo abilitativo edilizio (Permesso di costruire o DIA), i tempi sono quelli previsti per il rilascio del titolo abilitativo edilizio.
Il tempo per il rilascio dell’Autorizzazione, per attività
rumorose temporanee, da parte del Comune, è di 30 gg.
Non sono previsti oneri a carico del richiedente.
Non sono previsti termini di scadenza dell’Autorizzazione,
salvo la variazione delle condizioni consentite o l’insorgere di nuove fonti di rumore.
Artt. 9 e 10, L 447/95 e art. 22, LR 18/01.
Normativa nazionale
DM Ambiente del 16 marzo 1998, Tecniche di rilevamento
e di misurazione dell’inquinamento acustico.
DPCM 14 novembre 1997, Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore.
L 26 ottobre 1995, n. 447, Legge quadro sull’inquinamento
acustico.
SCHEDE TECNICHE
DPCM 1° marzo 1991, Limiti massimi di esposizione al
rumore negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno.
Normativa regionale
LR 3 agosto 2001, n. 18, Disposizioni in materia di inquinamento acustico per la pianificazione ed il risanamento del
territorio modifiche alla legge regionale 6 agosto 1999, n. 14.
LR 6 ottobre 1998, n. 45, Istituzione dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale del Lazio (A.R.P.A.).
LR 22 ottobre 1993, n. 57, Norme generali per lo svolgimento del procedimento amministrativo, l’esercizio del
diritto di accesso ai documenti amministrativi e la migliore funzionalità dell’attività amministrativa.
Regolamenti
Normativa e regolamenti specifici a carattere comunale.
SCHEDA 11 – Autorizzazioni allo scarico di reflui civili o assimilati in corpi idrici
superficiali, sul suolo o in strati superficiali del suolo
Ambito di applicazione
Le imprese e le aziende agricole che immettono le acque
reflue domestiche e/o assimilate in corpi recettori diversi
dalla pubblica fognatura, cioè in corpo idrico superficiale,
suolo o strati superficiali del sottosuolo, sono soggette a
richiesta di Autorizzazione. Si precisa che:
- per scarico s’intende qualsiasi immissione diretta tramite condotta di acque reflue liquide, semiliquide e
comunque convogliabili nelle acque superficiali, sul
suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a
preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i
rilasci di acque previsti all’art. 40 (Dighe) del D.Lgs.
152/99.
- le acque reflue domestiche sono quelle provenienti da
insediamenti di tipo residenziale e da servizi, e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da
attività domestiche;
- per acque reflue assimilate alle domestiche, s’intendono le acque reflue:
a) provenienti da imprese dedite esclusivamente alla
coltivazione del fondo o alla silvicoltura;
b) provenienti da imprese dedite all’allevamento di
bestiame, che dispongono almeno di un ettaro di
terreno agricolo funzionalmente connesso con le
93
SCHEDE TECNICHE
(segue)
94
attività di allevamento e di coltivazione del fondo,
per ogni 340 Kg di azoto presente negli effluenti di
allevamento prodotti in un anno, da computare
secondo le modalità di calcolo stabilite nelle tabelle dell’All. 5, D.Lgs. 152/99. Per gli allevamenti esistenti il nuovo criterio di assimilabilità si applica a
partire dal 13 giugno 2002;
c) provenienti da imprese dedite alle attività, di cui
alle ll. a) e b) che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione
agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo
aziendale e con materia prima lavorata proveniente, per almeno due terzi, esclusivamente dall’attività di coltivazione dei fondi di cui si abbia, a qualunque titolo, la disponibilità;
d) provenienti da impianti di acquacoltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e si caratterizzino
per una densità di allevamento pari o inferiore a 1 kg
per mq di specchio di acqua, o in cui venga utilizzata una portata d’acqua pari o inferiore a 50 l/al
minuto secondo;
e) aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale.
Le attività che devono essere autorizzate concernono:
- apertura di nuovi punti di scarico;
- modifica quali-quantitativa degli scarichi esistenti conseguente a diversa destinazione, ampliamento, ristrutturazione degli insediamenti/edifici/ installazioni da
cui deriva lo scarico;
- trasferimento dell’attività in altro luogo.
A livello nazionale, la materia scarichi è disciplinata dal
D.Lgs. 152/99 che ha abrogato la quasi totalità della normativa nazionale in materia di tutela delle acque dall’inquinamento, compresa la L 319/76 e s.m.i. La Regione Lazio, con
la LR 14/99, ha ribadito ed integrato i compiti attribuiti alle
Province ed ai Comuni in materia di tutela delle acque e con
la LR 41/82 e s.m.i., ha disciplinato le modalità autorizzatorie in materia di acque di scarico provenienti da fognature
pubbliche e da insediamenti civili.
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
SUAP territorialmente competente.
Provincia, competente ai fini di quanto espresso nell’art.
106, co.1, l.a), LR 14/99 e s.m.i.: “le autorizzazioni agli scarichi ed il relativo controllo, ivi comprese le autorizzazioni
agli scarichi, in deroga al divieto di scarico diretto nelle
SCHEDE TECNICHE
acque sotterranee e nel sottosuolo previsto dal D.Lgs. n.
152/1999, nella stessa falda delle acque di infiltrazione di
miniere o cave o delle acque pompate nel corso di determinati lavori di ingegneria civile, l’autorizzazione agli scarichi sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo previsti dall’articolo 29, comma 1, lettera a), del D.Lgs. n.
152/1999, provenienti da agglomerati con numero di abitanti equivalenti pari o superiore a cinquanta, nonché l’autorizzazione allo scarico di sostanze pericolose e di acque
reflue industriali di cui al D.Lgs. n. 152/1999, fatto salvo
quanto previsto dagli articoli 105, comma 1, lettera n) e
107, comma 1, lettera a); la redazione, per le sostanze pericolose previste dal D.Lgs. n. 152/1999, di un elenco delle
autorizzazioni rilasciate, degli scarichi e dei controlli effettuati”.
Altri enti coinvolti nel
procedimento
•
•
Modulistica
Comune, competente ai fini di quanto espresso nell’art.
107, co.1, l.a), LR 14/99 e s.m.i.: “le autorizzazioni
all’allaccio ed allo scarico di pubblica fognatura nonché l’autorizzazione agli scarichi sul suolo o negli strati superficiali del suolo previsti dall’articolo 29 del
D.Lgs. n. 152/1999 ed i relativi controlli, fatto salvo
quanto previsto dall’articolo 106, comma 1, lettera a)”.
ARPA, competente in materia di supporto tecnicoscientifico (ai sensi dell’art. 3, co. 4, LR 45/98). L’Arpa
rientra tra gli enti coinvolti per le funzioni di vigilanza
e controllo (definite nell’art. 10, LR 41/82).
Autorizzazione allo scarico delle acque reflue in corpo
idrico superficiale:
§Mod. 11a, “D.Lgs. 152/99 e L.R. 41/82, domanda di Autorizzazione allo scarico delle acque reflue”.
§Mod. 11 A, “D.Lgs. 152/99 e L.R. 41/82, domanda di Autorizzazione allo scarico delle acque reflue in corpo idrico
superficiale. Documentazione da allegare alla domanda”.
§Mod. 11 B, “D.Lgs. 152/99 e L.R. 41/82, scheda consumi
idrici”.
§Mod. 11 C, “Scheda Catasto degli scarichi in acque superficiali. Modulo 1C”.
§Mod. 11 D, “Scheda Catasto degli scarichi in acque superficiali. Dichiarazione sottoscritta. Modulo 7C”.
§Mod. 11 E, “Dichiarazione uso sostanze di cui alla tab. 5,
D.Lgs.152/99 e s.m.i.”.
§Mod. 11 F, “D. Lgs. 152/99 e L.R. 41/82, Dichiarazione di
conformità per scarico in corpo idrico”.
§Mod. 11 G, “D. Lgs. 152/99 e L.R. 41/82, Dichiarazione di
non intervenute modifiche”.
95
SCHEDE TECNICHE
(segue)
96
Autorizzazione allo scarico delle acque reflue sul suolo:
§Mod. 11a, “D.Lgs. 152/99 e L.R. 41/82, domanda di Autorizzazione allo scarico delle acque reflue”.
§Mod. 11 H, “D.Lgs. 152/99 e L.R. 41/82, domanda di
Autorizzazione allo scarico delle acque reflue sul suolo.
Documentazione da allegare alla domanda”.
§Mod. 11 B, “D.Lgs. 152/99 e L.R. 41/82, scheda consumi
idrici”.
§Mod. 11 E, “Dichiarazione uso sostanze di cui alla tab. 5,
D.Lgs.152/99 e s.m.i.”
§Mod. 11 G, “D. Lgs. 152/99 e L.R. 41/82, Dichiarazione di
non intervenute modifiche”.
§Mod. 11 I, “D.Lgs. 152/99 e L.R. 41/82, Dichiarazione di
conformità per impianto di subirrigazione”.
§Mod. 11 L, “D.Lgs.152/99 e L.R. 41/82 Dichiarazione di
conformità per impianto di evapotraspirazione”.
Autorizzazione allo scarico delle pubbliche fognature:
§Mod. 11 N, “Domanda di Autorizzazione allo scarico
delle pubbliche fognature. Informazioni ”.
Le Province con propri regolamenti o Linee guida disciplinano le modalità e i contenuti della documentazione tecnica da allegare all’istanza di Autorizzazione. Ad esempio
la provincia di Roma pur mantenendo il medesimo schema
di domanda per l’Autorizzazione allo scarico di acque
reflue, differenzia, per alcune parti, la documentazione e la
modulistica da allegare alla domanda, a seconda che lo
scarico avvenga in corpo idrico o sul suolo. L’iter autorizzatorio rimane il medesimo.
Adempimenti
La domanda di Autorizzazione allo scarico, deve essere
presentata allo SUAP competente per territorio. La stessa,
deve essere sottoscritta dal titolare dell’attività (per insediamenti abitativi, la domanda può essere sottoscritta dal
proprietario o dall’inquilino), redatta su modello predisposto (vd. Mod. 11a,).
La documentazione tecnica (con relativa modulistica da
compilare) da allegare alla domanda di Autorizzazione,
che rimane la medesima (vd. Mod. 11a,), è la seguente:
- per l’Autorizzazione allo scarico in corpo idrico superficiale, quanto riportato nel Mod. 11 A;
- per l’Autorizzazione allo scarico sul suolo, quanto
riportato nel Mod. 11 H.
La documentazione tecnica, le relazioni e le dichiarazione
devono essere datate e firmate in originale sia dal titolare
dello scarico che da tecnico abilitato all’esercizio della
professione.
SCHEDE TECNICHE
In casi particolari, al fine di una più precisa valutazione
della domanda, l’amministrazione provinciale, può richiedere (attraverso lo SUAP) ulteriori documenti integrativi
(es. Concessione edilizia o Permesso di costruire relativo
all’insediamento, copia certificato di iscrizione alla Camera di commercio, ecc.).
La richiesta di integrazione documentale sospenderà i termini del procedimento che si riavvieranno all’atto della
presentazione della documentazione richiesta. Completata
la procedura di raccolta della documentazione, si provvederà al rilascio del provvedimento finale.
Le Autorizzazioni riguardanti gli scarichi di sostanze indicate nella tab. 5, All.5 al D.Lgs. 152/99 e s.m.i., possono
riportare specifiche indicazioni riguardanti il controllo
degli scarichi, come definito nell’ art. 52, D.Lgs. 152/99:
“Per gli scarichi contenenti le sostanze di cui alla tabella 5
dell’allegato 5 l’autorità competente nel rilasciare l’autorizzazione può prescrivere, a carico del titolare, l’installazione di strumenti di controllo in automatico, nonché le
modalità di gestione degli stessi e di conservazione dei relativi risultati, che devono rimanere a disposizione dell’autorità competente al controllo per un periodo non inferiore a
tre anni dalla data di effettuazione dei singoli controlli”.
Inoltre ai sensi di quanto espresso nell’art. 12, LR 41/82:
“Entro il 31 marzo di ogni anno i comuni singoli o associati
e le comunità montane comunicano alle amministrazioni
provinciali con apposite schede (allegato n. 2) e con riferimento alla situazione esistente al 31 dicembre dell’anno
precedente:
1) dati relativi alle variazioni degli scarichi pubblici e privati nei corpi d’acqua superficiali;
2) i dati relativi alle nuove autorizzazioni allo scarico nei
corpi d’acqua superficiali rilasciate ai titolari degli
insediamenti (18).
Le amministrazioni provinciali utilizzano le notizie di cui
sopra per l’aggiornamento del catasto degli scarichi.
Nella fase di prima attuazione della presente legge i comuni singoli od associati e le comunità montane trasmettono
entro il 31 marzo 1983, mediante le schede di cui al primo
comma, i dati di cui ai punti 1) e 2) del presente articolo,
esistenti alla data del 31 dicembre 1982”.
Autorizzazione allo scarico delle pubbliche fognature:
La domanda di Autorizzazione allo scarico delle pubbliche
fognature (depuratori collegati alle fognature) deve essere
redatta su carta intestata del Comune e firmata dal Sindaco; la stessa deve essere corredata della documentazione
97
SCHEDE TECNICHE
(segue)
Tempi
Oneri
98
Scadenza/Rinnovi
tecnica descritta nel Mod. 11 N.
-
90 gg. per il procedimento semplificato.
60 gg. per il procedimento mediante autocertificazione.
- Marca da bollo del valore corrente sulla domanda unica;
- spese d’istruttoria specifiche per ciascun ente.
L’Autorizzazione allo scarico ha validità di 4 anni. Il rinnovo deve essere richiesto un anno prima della scadenza.
Lo scarico, in tal caso, può essere mantenuto provvisoriamente in esercizio, salvo il rispetto e il mantenimento delle
prescrizioni contenute nella precedente Autorizzazione.
Per gli scarichi che contengono sostanze pericolose, di cui
alle tabelle 3/A e 5 dell’All. 5, D.Lgs. 152/99, il rinnovo
deve essere concesso non oltre i 6 mesi dalla data di scadenza. Trascorso inutilmente tale termine, lo scarico dovrà
cessare immediatamente (Capo II, art. 45, co.7, D.Lgs
152/99).
In caso di domanda di Autorizzazione a seguito di: trasferimento dell’attività, variazione di destinazione d’uso dell’insediamento, ampliamento e/o ristrutturazione del
medesimo e/o dell’impianto di depurazione, che comportino variazione qualitativa o quantitativa dello scarico
preesistente, dovrà essere ripresentata la documentazione
per intera in quanto si tratta di richiesta di nuova Autorizzazione.
Sanzioni
Normativa di riferimento
Artt. 51 e 54, D.Lgs.152/99 e s.m.i.
Normativa nazionale
D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258, Disposizioni correttive e
integrative del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, in materia di
tutela delle acque dall’inquinamento, a norma dell’articolo
1, comma 4, della L. 24 aprile 1998, n. 128.
D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 372, Attuazione della direttiva
96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate
dell’inquinamento.
D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, Disposizioni sulla tutela
delle acque dall’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque
reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole.
Normativa regionale
LR 10 maggio 2001, n. 10, Disposizioni finanziarie per la
redazione del bilancio della Regione Lazio per l’esercizio
finanziario 2001.
LR 6 agosto 1999, n. 14, Organizzazione delle funzioni a
SCHEDE TECNICHE
livello regionale e locale per la realizzazione del decentramento amministrativo.
LR 6 ottobre 1998, n. 45, Istituzione dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale del Lazio (A.R.P.A.).
LR 20 novembre 1996, n. 47, Attribuzioni delle funzioni
amministrative di interesse locale nella materia della tutela delle acque dall’inquinamento.
LR 19 maggio 1983, n. 34, Modifiche alla L.R. 15 settembre
1982, n. 41, concernente: «Disciplina delle acque di scarico
provenienti da fognature pubbliche e da insediamenti civili».
LR 15 settembre 1982, n. 41, Disciplina delle acque di scarico
provenienti da fognature pubbliche e da insediamenti civili.
Regolamenti
Regolamenti provinciali specifici sulla disciplina del procedimento di rilascio delle Autorizzazioni.
SCHEDA 12 – Autorizzazioni allo scarico di reflui tecnologici (acque da processo
produttivo) in pubblica fognatura
Ambito di applicazione
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Sono sottoposti alla richiesta di Autorizzazione, gli interventi che prevedono scarichi nella rete fognaria di acque
reflue industriali da processo, (artt. 33, 34 e 46, D.Lgs.
152/99 e s.m.i) e qualunque tipo di scarichi di acque provenienti da edifici in cui si svolgono attività commerciali o
industriali, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle
acque meteoriche di dilavamento. Gli scarichi industriali
in fognatura sono sottoposti alle norme tecniche, alle prescrizioni regolamentari ed ai limiti di emissione fissati dal
gestore del servizio idrico integrato, ferma restando l’inderogabilità valori-limite di emissione di cui alla tab. 3/A e,
limitatamente ai parametri di cui alla nota 2 della tab. 5,
All. 5, art. 33, co.1, D.Lgs. 152/99 e s.m.i).
Sportello unico per le attività produttive.
•
•
Comune territorialmente competente;
Consorzio per la gestione del servizio idrico integrato
nel caso di delega del Comune.
•
Consorzio per la gestione del servizio idrico integrato,
per le aree del territorio comunale servite da collettore
consortile.
Comune (ufficio ambiente preposto al rilascio dell’Autorizzazione), in caso in cui la fognatura sia gestita
direttamente dal Comune.
•
99
SCHEDE TECNICHE
Modulistica
Adempimenti
100
Tempi
Oneri
§Mod. 12A, “Domanda di Autorizzazione allo scarico di
acque reflue industriali in rete fognaria per le acque reflue
urbane”.
La domanda, in bollo, deve essere presentata allo SUAP e
deve essere corredata della documentazione tecnica prevista dalla normativa statale e regionale, recepita, a sua
volta, dai regolamenti comunali; la stessa, in via generale è
la seguente:
- copia dell’Autorizzazione all’allacciamento in pubblica fognatura rilasciata dal Comune, ovvero dichiarazione, rilasciata dai competenti uffici tecnici comunali, attestante l’allacciamento dell’insediamento alla
pubblica fognatura;
- progetto esecutivo dell’impianto di depurazione, relazione tecnica e scheda tecnica debitamente compilata, con dettagliata descrizione del funzionamento e
delle eventuali sostanze inquinanti che si intendono
ridurre con appositi trattamenti delle acque reflue;
- planimetria con l’indicazione dell’insediamento, completa di corografia, dalla quale si rilevi l’ubicazione
dell’impianto, le reti interne fognarie, i diversi reparti
di lavorazione, i punti di scarico e che riporti, con particolare evidenza, il pozzetto di prelevamento campioni e gli allacciamenti in fognatura;
- copia del Parere igienico sanitario sul progetto;
- descrizione delle eventuali sostanze inquinanti che si
intendono ridurre con appositi trattamenti delle acque
reflue industriali, specificando i limiti ai quali si intendono allineare gli scarichi;
- copia di certificato di analisi acque reflue industriali
che si intendono scaricare (se disponibile);
- eventuali moduli di rilevamento degli scarichi da presentare all’ente gestore del Servizio idrico integrato
(nel caso si tratti di aree del territorio comunale servite da collettore consortile);
- certificato anagrafico della Camera di Commercio.
90 gg. in caso di procedimento unico semplificato.
-
Scadenza/Rinnovi
Marca da bollo del valore corrente sulla domanda
unica;
Diritti di istruttoria richiesti dall’eventuale ente di
gestione del Servizio idrico integrato.
L’ Autorizzazione ha una validità di 4 anni. Il rinnovo deve
essere richiesto un anno prima della scadenza; in tal caso
lo scarico sarà provvisoriamente mantenuto in esercizio,
rispettando le condizioni prescritte nella precedente Autorizzazione.
SCHEDE TECNICHE
In caso di modifiche relative alla quantità o alla tipologia
degli scarichi, è necessario richiedere nuova Autorizzazione.
Sanzioni
Normativa di riferimento
Le sanzioni sono quelle previste dalla normativa vigente
in materia.
Normativa nazionale
D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 258, Disposizioni correttive e
integrative del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, in materia di
tutela delle acque dall’inquinamento, a norma dell’articolo
1, comma 4, della L. 24 aprile 1998, n. 128.
D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 372, Attuazione della direttiva
96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate
dell’inquinamento.
D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, Disposizioni sulla tutela
delle acque dall’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque
reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole.
Normativa regionale
LR 6 agosto 1999, n. 14, Organizzazione delle funzioni a
livello regionale e locale per la realizzazione del decentramento amministrativo.
LR 20 novembre 1996, n. 47, Attribuzioni delle funzioni
amministrative di interesse locale nella materia della tutela delle acque dall’inquinamento.
LR 19 maggio 1983, n. 34, Modifiche alla L.R. 15 settembre
1982, n. 41, concernente: «Disciplina delle acque di scarico
provenienti da fognature pubbliche e da insediamenti civili».
LR 15 settembre 1982, n. 41, Disciplina delle acque di scarico
provenienti da fognature pubbliche e da insediamenti civili.
Regolamenti
Regolamento comunale o Regolamento dell’ente gestore
del servizio idrico integrato.
SCHEDA 13 – Spandimento di liquami su suolo agricolo
(Comunicazione e/o Autorizzazione)
Ambito di applicazione
Sono sottoposte al regime di Comunicazione le attività che
prevedono l’utilizzazione agronomica degli effluenti di
allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari,
sulla base di quanto previsto dalla L 574/96, e dal DM Politiche agricole e forestali del 6 luglio 2005, nonché dalle
101
SCHEDE TECNICHE
(segue)
Ufficio competente
102
Ente titolare della funzione
acque reflue provenienti dalle aziende di cui all’art. 28, co.
7, ll. a) b) e c), D.Lgs. 152/99 e s.m.i., e da altre piccole
aziende agroalimentari ad esse assimilate (art. 38, D.Lgs.
152/99 e s.m.i.).
Sportello unico per le attività produttive territorialmente
competente.
•
•
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Adempimenti
Comune ove ha sede lo stabilimento, oppure il Comune/i sui cui terreni viene operato lo spandimento dei
liquami. Sono oggetto di Comunicazione al Comune
competente, le attività di utilizzazione agronomica
degli effluenti di allevamento zootecnico (fino a 340 kg
di azoto presente negli effluenti, per ogni ettaro di terreno agricolo funzionalmente connesso con le attività
di allevamento e di coltivazione del fondo) e, secondo
quanto disposto dalla L 574/96 delle acque di vegetazione dei frantoi oleari.
Inoltre ai sensi dell’art. 107, co.1, l. d) LR 14/99 e
s.m.i., al Comune compete “l’emanazione di ordinanze
per la sospensione delle attività di utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento zootecnico, in
caso di mancata comunicazione o mancato rispetto
delle norme tecniche e delle prescrizioni impartite ai
sensi del D.Lgs. n. 152/1999”.
Provincia ove ha sede l’allevamento (o lo stoccaggio o
il trattamento dei liquami). Compete alla Provincia il
rilascio ed il controllo delle Autorizzazioni delle attività di utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento quando questi, in relazione ai criteri stabiliti
dalla legge, non risultano assimilabili alle acque reflue
domestiche e sono pertanto da considerarsi acque
reflue industriali.
Inoltre, ai sensi dell’art. 106, co.1, l. h), LR 14/99 e
s.m.i. alla Provincia compete “l’adozione del piano di
spandimento delle acque di vegetazione ai sensi della
legge 11 novembre 1996, n. 574 … e la verifica periodica delle operazioni di spandimento delle acque di
vegetazione ai fini della tutela ambientale”.
Nel caso sia la Provincia l’ente titolare della funzione, una
copia della domanda di Autorizzazione va inviata, per
conoscenza, al Comune sede dell’allevamento, o al Comune/i sui cui terreni viene effettuato lo spandimento.
Ai sensi di quanto disposto dall’art. 38, D.Lgs. 152/99 e
s.m.i., le attività che prevedono l’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, nonché dalle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all’art. 28, co. 7, ll. a) b) e c), D.Lgs.
SCHEDE TECNICHE
152/99 e s.m.i. e da altre piccole aziende agroalimentari,
sono sottoposte al regime di Comunicazione al Comune
competente; in particolare l’art. 3, L 574/96, disciplina le
modalità della Comunicazione preventiva, definendo
quanto segue: “1. L’utilizzazione agronomica delle acque
di vegetazione è subordinata alla comunicazione da parte
dell’interessato al sindaco del comune in cui sono ubicati
i terreni, almeno entro trenta giorni prima della distribuzione, di una relazione redatta da un agronomo, perito
agrario o agrotecnico o geologo iscritto nel rispettivo albo
professionale, sull’assetto pedogeomorfologico, sulle condizioni idrologiche e sulle caratteristiche in genere dell’ambiente ricevitore, con relativa mappatura, sui tempi di
spandimento previsti e sui mezzi meccanici per garantire
un’idonea distribuzione.
2. L’autorità competente può, con specifica motivazione,
chiedere ulteriori accertamenti o disporre direttamente
controlli e verifiche.”
Le Regioni e le Province possono redigere un Piano di
spandimento delle acque di vegetazione con l’indicazione
di ulteriori precisazioni e redatto sulla base della valutazione delle diverse situazioni territoriali (art. 7, L 574/96).
Si precisa inoltre che lo spandimento delle acque di vegetazione e delle sanse non può avvenire sulle categorie di
terreni dichiarati nell’art. 5, L 574/96.
La richiesta di Autorizzazione deve essere rivolta alla Provincia quando in caso di utilizzazione agronomica degli
effluenti di allevamento, questi, non risultano assimilabili
alle acque reflue domestiche e sono pertanto da considerarsi acque reflue industriali. In tal caso l’istanza autorizzatoria segue l’iter previsto dai regolamenti provinciali o
dalle Linee guida che le Province emanano in materia di
scarichi, disciplinando le modalità e i contenuti della
documentazione tecnica da allegare all’istanza di Autorizzazione, nel rispetto di quanto disposto dalla normativa
statale (D.Lgs. 152/99 e s.m.i.) e dalla normativa regionale
(LR 41/82 e s.m.i.).
Tempi
-
Oneri
Scadenza/Rinnovi
Sanzioni
La Comunicazione al Sindaco deve essere fatta almeno
entro 30 gg. prima della distribuzione.
90 gg. in caso di procedimento semplificato.
Marca da bollo del valore corrente sulla domanda unica.
L’Autorizzazione è valida 4 anni, salvo mantenimento
delle condizioni dichiarate al rilascio della stessa.
Entro 3 mesi dalla scadenza dell’Autorizzazione, è necessario provvedere al rinnovo.
Artt. 59, co.11-ter, D.Lgs.152/99 e s.m.i., art. 8, L 574/96.
103
SCHEDE TECNICHE
Note
104
Normativa di riferimento
Il DM Politiche agricole e forestali del 6 luglio 2005 riporta
la normativa nazionale riguardante i criteri uniformi a livello nazionale per l’utilizzazione agronomica delle acque di
vegetazione e delle sanse umide dei frantoi oleari, ai sensi e
per gli effetti dell’art. 38, D.Lgs. 152/99 e s.m.i. Di seguito si
riportano alcuni principi generali contenuti nel decreto:
• “l’obbligo di praticare lo spandimento delle acque di
vegetazione e delle sanse umide nel rispetto dei criteri
generali di utilizzazione delle sostanze nutritive e
ammendanti e dell’acqua in esse contenute in modo
da tener conto delle caratteristiche geomorfologiche,
idrogeologiche e ambientali del sito, nonché nel rispetto delle norme igienico-sanitarie, di tutela ambientale
e urbanistiche” (art. 1, c. 2, DM 6 luglio 2005).
• “L’utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione
e delle sanse umide disciplinata dalla legge n. 574 del
1996 e dal presente decreto è esclusa ai sensi dell’art.
8, comma 1, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.
22, dal campo di applicazione del medesimo decreto
legislativo” (art. 1, co. 3, DM 6 luglio 2005).
Il decreto fissa inoltre:
• le modalità e il contenuto della Comunicazione preventiva che l’interessato doveva già effettuare ai sensi
dell’art. 3, L 574/96, inviandola al Sindaco del Comune nel quale risulta localizzato il terreno, con un contenuto differenziato a seconda che si tratti del primo
spandimento o di quelli successivi (All.I);
• un elenco di casi nei quali risulta vietato, in via generale, lo spandimento (dalla localizzazione dei terreni
in prossimità di corsi d’acqua a pendenze superiori al
15%, fino a particolari tipologie di terreni quali boschi,
giardini o cave) e determina in dettaglio le modalità di
stoccaggio e trasporto delle acque di vegetazione o
delle sanse umide (tipologia dei contenitori, adempimenti documentali ecc.).
• il compito di redigere una serie di relazioni periodiche
a carico delle amministrazioni interessate, volte a tracciare una mappa di questa pratica agricola (art. 7) e una
norma in materia di sanzioni irrogabili da parte delle
amministrazioni locali interessate (limitazione o
sospensione dello spandimento in ipotesi di mancato
rispetto dei criteri e delle norme tecniche), rinviando
alle Regioni l’approvazione di un più approfondito
quadro sanzionatorio (art. 8).
Normativa nazionale
DM Politiche agricole e forestali, 6 luglio 2005, Criteri e
norme tecniche generali per la disciplina regionale dell’u-
SCHEDE TECNICHE
tilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e degli
scarichi dei frantoi oleari, di cui all’articolo 38 del D.Lgs.
11 maggio 1999, n. 152.
D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, Disposizioni sulla tutela
delle acque dall’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque
reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole
L 11 novembre 1996, n. 574, Nuove norme in materia di
utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e di
scarichi dei frantoi oleari.
DPR 10 settembre 1982, n. 915, Attuazione delle direttive
(CEE) numero 75/442 relativa ai rifiuti, n. 76/403 relativa
allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e numero 78/319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi.
Normativa regionale
LR 6 agosto 1999, n. 14, Organizzazione delle funzioni a
livello regionale e locale per la realizzazione del decentramento amministrativo.
LR 6 ottobre 1998, n. 45, Istituzione dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale del Lazio (A.R.P.A.).
LR 19 maggio 1983, n. 34, Modifiche alla L.R. 15 settembre
1982, n. 41, concernente: «Disciplina delle acque di scarico
provenienti da fognature pubbliche e da insediamenti civili».
LR 15 settembre 1982, n. 41, Disciplina delle acque di scarico
provenienti da fognature pubbliche e da insediamenti civili.
SCHEDA 14 – Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) nazionale e regionale
Ambito di applicazione
Competenza statale:
La procedura di Valutazione di impatto ambientale (VIA)
nazionale è di competenza del Ministero dell’Ambiente
sentita la Regione/i interessata/e.
Sono sottoposti a procedura di VIA i progetti di opere rientranti nelle categorie indicate dall’art. 1, DPCM 377/88, e
s.m.i.
La Dirett. del Consiglio 97/11/CE del 3 marzo 1997 ha
introdotto modifiche ed integrazioni alla Dirett.
337/85/CEE, riguardanti le categorie di opere da assoggettare a VIA e le fasi procedurali.
Competenza regionale:
Sono sottoposti a procedura di VIA:
105
SCHEDE TECNICHE
(segue)
106
-
i progetti di opere e impianti compresi nell’All. A, DPR
12 aprile 1996 e s.m.i.;
- i progetti di cui all’All.B, DPR 12 aprile 96 o nell’All.
II, Dirett. 85/337/CEE, come modificata dalla Dirett.
97/11/CE, che ricadono, anche parzialmente, all’interno di aree naturali protette come definite dalla L
394/91;
comprese le modifiche od estensioni di progetti realizzati
od in fase di realizzazione.
Sono sottoposti a procedura di verifica di assoggettabilità a
VIA:
i progetti di opere e impianti compresi nell’All. B, DPR 12
aprile 1996 o nell’All. II, Dirett. 85/337/CEE, come modificata dalla Dirett. 97/11/CE, qualora non ricadano, anche parzialmente all’interno di aree protette, comprese le modifiche
od estensioni di progetti realizzati od in fase di realizzazione.
Procedura di valutazione di incidenza (ricompresa nelle
procedure di VIA):
Il DPR 357/97 “Regolamento recante attuazione della
direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della
fauna selvatiche” come modificato dal DPR. 120/03, all’art.
5, co.4, stabilisce che:
“Per i progetti assoggettati a procedura di valutazione di
impatto ambientale, ai sensi dell’articolo 6 della legge 8
luglio 1986, n. 349, e del decreto del Presidente della
Repubblica 12 aprile 1996, pubblicato nella G.U. n. 210 del
7 settembre 1996, e successive modificazioni ed integrazioni, che interessano proposti siti di importanza comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di
conservazione, come definiti dal presente regolamento, la
valutazione di incidenza è ricompresa nell’ambito della
predetta procedura che, in tal caso, considera anche gli
effetti diretti ed indiretti dei progetti sugli habitat e sulle
specie per i quali detti siti e zone sono stati individuati. A
tale fine lo studio di impatto ambientale predisposto dal
proponente deve contenere gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le finalità conservative previste
dal presente regolamento, facendo riferimento agli indirizzi di cui all’allegato G”.
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Sportello unico per le attività produttive del Comune competente per territorio.
• VIA nazionale: Ministero Ambiente.
• VIA regionale: Regione.
SCHEDE TECNICHE
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Modulistica
Adempimenti
VIA nazionale:
• Consiglio dei Ministri;
• Ministero BB.AA.CC.;
• Regioni interessate
• Comune.
VIA regionale:
• Provincia;
• Comune;
• Enti che tutelano i vincoli (Ente Parco, ecc.).
VIA regionale:
§ Mod. 14A, “Avviso pubblico per la procedura di Verifica
di assoggettabilità a VIA”.
§Mod. 14B, “Avviso pubblico per la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA)”.
§Mod. 14C, “Istanza di Verifica di assoggettabilità a VIA,
Progetti di cui all’Allegato B del D.P.R. 12/04/96 o dell’Allegato II della Direttiva non ricadenti in Aree protette”.
§Mod. 14D, “Istanza di Verifica di assoggettabilità a VIA e
di Valutazione di incidenza - Progetti di cui all’Allegato B
del D.P.R. 12/04/96 o dell’Allegato II della Direttiva non
ricadenti in Aree protette”.
§Mod. 14E, “Istanza di VIA - Progetti di cui all’allegato B
del D.P.R. 12/04/96 o dell’allegato II della direttiva ricadenti in aree protette”.
§Mod. 14F, “Istanza di VIA - Progetti di cui all’allegato A
del D.P.R. 12/04/96”.
§Mod. 14G, “Istanza di VIA e di Valutazione di incidenza
- Progetti di cui all’allegato B del D.P.R. 12/04/96 o dell’allegato II della direttiva ricadenti in aree protette”.
§Mod. 14H, “Istanza di VIA e di Valutazione di incidenza
- Progetti di cui all’Allegato A del D.P.R. 12/04/96”.
VIA nazionale
La procedura di VIA nazionale prevede le seguenti fasi:
- iniziativa e comunicazione del progetto e dello studio
di impatto ambientale;
- pubblicazione e partecipazione dei cittadini;
- istruttoria tecnica;
- giudizio di compatibilità.
Il Proponente presenta la domanda di Autorizzazione o
Concessione e contestualmente una richiesta di pronuncia
di compatibilità ambientale al Ministero dell’Ambiente, al
Ministero B B . A A . C C . ed alla Regione territorialmente
competente.
La domanda è accompagnata dalla documentazione (art. 2,
DPCM 377/88) la cui esattezza deve risultare da una relazione giurata resa dai professionisti iscritti ai rispettivi albi
107
SCHEDE TECNICHE
(segue)
108
professionali, ovvero dagli esperti che firmano lo studio di
impatto ambientale. I documenti richiesti sono:
- lo studio di impatto ambientale articolato secondo tre
quadri, programmatico, progettuale ed ambientale;
- gli elaborati progettuali;
- una sintesi non tecnica destinata all’informazione al
pubblico;
- la documentazione attestante l’avvenuta pubblicazione
ai sensi dell’art. 1, co. 1 DPCM 377/88.
L’istruttoria è condotta dalla Commissione VIA (istituita ai
sensi dell’art. 18, co.5, L 67/88) e si conclude con un parere motivato.
Il Ministro dell’Ambiente sentita la/e Regione/i territorialmente interessata/e, di concerto con il Ministro per i beni
e le attività culturali, si pronuncia sulla compatibilità
ambientale entro i 90 gg. successivi al deposito.
Il giudizio di compatibilità ambientale, espresso con decreto del Ministro dell’Ambiente, è vincolante ai fini della
approvazione dell’opera; qualora il Ministro competente
alla realizzazione del progetto non ritenga di uniformarsi
al giudizio espresso dal Ministero dell’Ambiente, la questione è rimessa al Consiglio dei Ministri.
VIA regionale
La Regione Lazio con LR 6/99, all’art. 46, co.1, ha stabilito
che al fine di dare attuazione alle direttive comunitarie del
Consiglio 85/337/CE del 27 giugno 1985 e 97/11/CE del 3
marzo 1997 concernenti la “Valutazione di impatto
ambientale di determinati progetti pubblici e privati”,
nelle more dell’emanazione della legge regionale di disciplina in materia, tale valutazione è effettuata secondo le
condizioni, i criteri e le norme tecniche di cui al DPR 12
aprile 1996 costituente “Atto di indirizzo e coordinamento
per l’attuazione dell’articolo 40, comma 1, della legge 22
febbraio 1994, n.146, concernente disposizioni in materia
di valutazione di impatto ambientale”, ed agli allegati
delle citate direttive comunitarie.
La Giunta regionale con Delib.GR 1221/04, ha approvato le
indicazioni procedurali, di seguito riportati, e i connessi
modelli per l’attivazione della procedura di verifica di
assoggettabilità a VIA e della procedura di VIA, nonché
della Valutazione di Incidenza quando ricompresa:
- presso la struttura competente all’istruttoria per l’espressione del parere viene tenuto un Registro nel
quale è riportato l’elenco dei progetti per i quali è stata
richiesta l’attivazione della procedura di verifica di
SCHEDE TECNICHE
-
-
-
-
-
-
assoggettabilità a VIA (art. 1, co 9, DPR 12 aprile 1996).
Nello stesso elenco vengono iscritti anche i progetti per
i quali è stata richiesta l’attivazione della procedura di
VIA;
il proponente, pubblico o privato, provvede a proprio
carico alle misure di pubblicità ai fini della consultazione del pubblico, (art. 8, DPR 12 aprile 1996),
mediante diffusione di un annuncio su un quotidiano
(regionale, qualora l’opera abbia rilevanza provinciale
e sovraprovinciale, provinciale qualora l’opera abbia
rilevanza comunale), utilizzando il Mod.14A, per la
procedura di verifica di assoggettabilità a VIA o il
Mod.14B , per la procedura di VIA, e mediante deposito di copia della documentazione;
il proponente attiva la procedura ed il deposito direttamente presso gli uffici della struttura competente
all’espressione del parere, lo stesso giorno in cui appare sul quotidiano l’avviso pubblico, producendo apposita istanza.
Nel caso di procedura di VIA, (art. 5, co.2, DPR 12 aprile 1996), nello stesso giorno una copia della documentazione deve essere presentata al Comune e alla Provincia
competenti per territorio e, nel caso l’intervento ricada,
anche parzialmente, all’interno di aree naturali protette,
anche ai relativi enti di gestione;
la struttura competente all’istruttoria provvede al
momento della presentazione dell’istanza ad iscrivere
nel Registro il progetto ed alla informazione sul sito
internet della Regione Lazio;
l’iscrizione al Registro determina l’avvio delle procedure e la decorrenza dei termini per l’espressione del
parere da parte degli enti eventualmente interessati e
dell’autorità competente, nonché per l’esercizio della
facoltà di partecipazione al procedimento;
la struttura competente all’istruttoria rende comunicazione al proponente dell’avvio del procedimento restituendo copia della domanda con apposti gli estremi
dell’avvenuta presentazione e registrazione, cura il
deposito e la messa a disposizione della documentazione presentata ai fini della consultazione del pubblico, cura la registrazione sul protocollo generale;
il proponente, nel caso di interventi che interessano
proposti siti di importanza comunitaria (pSIC), siti di
importanza comunitaria (SIC) o zone di protezione
speciale (ZPS), con la stessa istanza di attivazione delle
procedure relative alla VIA richiede l’attivazione della
procedura di Valutazione di incidenza di cui all’art.6,
109
SCHEDE TECNICHE
(segue)
-
110
co. 3, Dirett. 92/43/CEE (Habitat), e all’art. 5, DPR
357/97 e s.m.i.;
l’istanza di attivazione della procedura, prodotta in
duplice copia (originale e copia), deve essere redatta:
• per la procedura di Verifica di assoggettabilità a VIA
utilizzando il Mod. 14C e nel caso di contestuale
procedura di valutazione di incidenza il Mod. 14D;
• per la procedura di VIA utilizzando il Mod.14E o il
Mod. 14F, e nel caso di contestuale procedura di
valutazione di incidenza, il Mod. 14G o il Mod. 14H.
Se la domanda è presentata da persona diversa dal proponente, la stessa dovrà essere accompagnata da apposita
delega del proponente e da copia di un documento di identità di quest’ultimo.
All’istanza deve essere allegata la seguente documentazione:
1) Per la procedura di verifica di assoggettabilità alla VIA:
- 3 copie del progetto dell’opera indicando l’elenco degli
elaborati;
- 3 copie dello Studio di verifica ambientale contenente
le informazioni relative agli elementi di cui all’ All. III,
Dirett. 85/337/CEE, come modificata dalla Dirett.
97/11/CE, comprensivo degli elaborati grafici rappresentanti lo studio e le opere di progetto.
2) Per la procedura di VIA:
- 3 copie del progetto dell’opera indicando l’elenco degli
elaborati;
- 3 copie dello Studio di impatto ambientale (SIA) predisposto secondo le indicazioni di cui all’All.C, DPR
12 aprile 1996, comprensivo degli elaborati grafici,
rappresentanti lo studio e le opere di progetto;
- 3 copie della Sintesi non tecnica.
Agli Studi dovranno essere allegate le certificazioni riguardanti la presenza di vincoli territoriali, ambientali e di
tutela dei beni culturali, gravanti sul sito e nell’area circostante, usi civici, parchi e riserve naturali ed eventuali altri
vincoli e/o servitù, e della destinazione programmata del
territorio.
Il progetto e lo Studio devono essere timbrati e firmati in originale, sottoscritti dal proponente e da un professionista abilitato all’esercizio della professione iscritto al relativo Albo.
Lo studio nelle parti sulle componenti geologiche, naturalistiche e ambientali (rumore, qualità dell’aria, processi fisico-chimici, ecc.) deve essere sottoscritto da laureati nelle
relative discipline, iscritti ai relativi Albi, ove previsti.
Nel caso di interventi che interessano proposti siti di
importanza comunitaria (pSIC), Siti di importanza comu-
SCHEDE TECNICHE
nitaria (SIC) o Zone di protezione speciale (ZPS), gli Studi
devono contenere gli elementi relativi alla compatibilità
del progetto con le finalità conservative del sito facendo
riferimento agli indirizzi di cui all’All. G, DPR 357/97.
3) 1 copia su supporto informatico del progetto, degli Studi
e della Sintesi non tecnica. I dati del progetto debbono essere informatizzati e georiferiti nel Sistema UTM 33 INT1909
ED50 e forniti in formato SHAPEFILE, compatibile col
sistema informativo in uso presso l’Autorità competente;
4) una copia in originale del quotidiano, a tiratura provinciale o regionale, contenente l’avviso pubblico di attivazione della procedura.
Chiunque intende fornire elementi conoscitivi e valutativi
concernente i possibili effetti dell’intervento, può presentare osservazioni in forma scritta all’autorità competente entro
i termini stabiliti dall’art. 9, DPR 12 aprile 1996 e dalle
norme che disciplinano la partecipazione al procedimento.
L’Autorità competente trasmette il parere reso al proponente ed agli enti ed altre strutture regionali interessati. Il
proponente, o altri, munito di specifica delega, ritira presso gli uffici dell’autorità competente, una copia della documentazione presentata, oggetto del parere, sulla quale sono
stati apposti gli estremi del parere stesso.
Nel caso di interventi ricadenti in zone sottoposte a vincolo paesistico deve essere attivata, secondo le disposizioni di
settore, la richiesta di autorizzazione specifica che, nel caso
di intervento sottoposto a procedura di VIA, è rilasciata
all’interno del procedimento di VIA (art. 25, LR 24/98).
Tempi
-
-
-
-
DPR 12 aprile 1996: Verifica 60 gg. (decorso tale periodo il progetto si intende escluso dalla procedura di
VIA);
DPR 12 aprile 1996: VIA regionale (visione al pubblico 45 gg.; espressione pareri ente 15 gg.; espressione
parere 150 gg.);
DPCM 377/88: VIA nazionale (visione al pubblico 30
gg.; espressione parere 90 gg.);
L 443/01, D.Lgs. 190/02: VIA nazionale (visione al
pubblico 30 gg.; espressione parere 90 gg.);
L 443/01, D.Lgs. 190/02: VIA regionale (visione al
pubblico 45 gg.; espressione pareri ente 15 gg.; espressione parere 90 gg.);
L 443/01, D.Lgs. 190/02: Verifica (espressione parere
90 gg.).
111
SCHEDE TECNICHE
(segue)
112
Nel caso di richiesta di integrazioni i termini indicati si
interrompono alla data della richiesta e riprendono alla
data di ricezione delle integrazioni.
Per la procedura di VIA le integrazioni devono essere trasmesse anche alle altre amministrazioni interessate (Provincia, Comuni, eventuale Ente gestore Area Naturale Protetta) e l’autorità competente rende il parere entro 90 gg.
dalla ricezione.
Il DPR 447/98 e s.m.i. dispone che nel caso di progetti di
opere da sottoporre a valutazione di impatto ambientale le
amministrazioni sono tenute a far pervenire gli atti istruttori e i pareri entro un termine non superiore a 120 gg.
dalla richiesta da parte dello SUAP, fatta salva la facoltà di
chiederne, ai sensi della normativa vigente, una proroga,
comunque non superiore a 60 gg. Inoltre l’art. 4, co. 7, dispone che per le opere da sottoporre a VIA, il procedimento si conclude nel termine massimo di 9 mesi.
Oneri
Scadenza/Rinnovi
Sanzioni
Note
Gli oneri relativi al procedimento sono:
- marca da bollo del valore corrente sulla domanda
unica;
- spese per la redazione della documentazione;
- pubblicazione su un quotidiano dell’avviso di deposito del progetto;
- oneri relative alle spese di istruttoria.
La procedura di VIA va effettuata ogni qualvolta si fanno
delle modifiche sostanziali agli impianti che influiscono
sull’ambiente.
Le sanzioni amministrative pecuniarie sono quelle previste
dalla normativa vigente sia nazionale che regionale.
Il DPR 12 aprile 1996, all’art. 3 definisce:
• committente: il soggetto privato che predispone le iniziative da sottoporre alla procedura di valutazione di
impatto ambientale;
• autorità proponente: il soggetto pubblico che predispone le iniziative da sottoporre alla procedura di
valutazione di impatto ambientale;
• autorità competente: l’amministrazione o l’organo che
provvede alla valutazione di impatto ambientale.
Indirizzo Autorità competente:
Regione Lazio - Dipartimento del Territorio - Direzione
Regionale Ambiente e Protezione Civile - Area Valutazione
Impatto Ambientale - Viale del Caravaggio, 99 - 00147 Roma.
La presentazione delle istanze, la consultazione dei progetti
in procedura e il relativo ritiro della copia della documenta-
SCHEDE TECNICHE
zione presentata con apposti gli estremi del parere stesso,
devono essere effettuate direttamente presso l’Area VIA.
Indicazioni per la predisposizione degli studi ambientali:
Procedura di VIA:
- All. C, DPR 12 aprile 1996 - Informazioni di cui all’art.
6, co. 2.
Procedura di verifica di assoggettabilità a VIA:
- All. III, Dirett. 85/337/CEE, come modificata dalla
Dirett.97/11/CE (tale All. a seguito del recepimento
regionale degli allegati alla Dirett. comunitaria, effettuato con l’art. 46, LR9/99, sostituisce l’All. D, DPR 12
aprile 1996).
Procedura di Valutazione di incidenza:
- All. G, DPR 357/97 (previsto dall’art. 5, co. 4).
Consultare il sito internet:
http://regione.lazio.it/ambiente/via/via.shtml
Normativa di riferimento
Normativa nazionale
D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali e
del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della L. 6 luglio
2002, n. 137.
DL 14 novembre 2003, n. 315, Disposizioni urgenti in tema
di composizione delle commissioni per la valutazione di
impatto ambientale e di procedimenti autorizzatori per le
infrastrutture di comunicazione elettronica.
L 31 ottobre 2003, n. 306, Disposizioni per l’adempimento
di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle
Comunità europee. Legge comunitaria 2003.
L 27 dicembre 2002, n. 289, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge
finanziaria 2003).
D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, Attuazione della legge 21
dicembre 2001, n. 443, per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di
interesse nazionale.
L 9 aprile 2002, n. 55, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7, recante misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico
nazionale.
DL 7 febbraio 2002, n. 7, Misure urgenti per garantire la
sicurezza del sistema elettrico nazionale.
L 21 dicembre 2001, n. 443, Delega al Governo in materia
di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed
altri interventi per il rilancio delle attività produttive.
L 29 dicembre 2000, n. 422, Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia
113
SCHEDE TECNICHE
(segue)
114
alle Comunità europee - Legge comunitaria 2000.
DPR 29 dicembre 2000, n. 441, Regolamento recante
norme di organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali.
DPCM 1° settembre 2000, Modificazioni ed integrazioni
del DPCM 3 settembre 1999, per l’attuazione dell’art. 40,
primo comma, della legge 22 febbraio 1994, n. 146 in materia di valutazione di impatto ambientale.
DPR 21 dicembre 1999, n. 554, Regolamento di attuazione
della L. 11 febbraio 1994, n. 109 legge quadro in materia di
lavori pubblici, e successive modificazioni.
DPCM 3 settembre 1999, Atto di indirizzo e coordinamento che modifica ed integra il precedente atto di indirizzo e
coordinamento per l’attuazione dell’art. 40, comma 1, della
legge 22 febbraio 1994, n. 146, concernente disposizioni in
materia di valutazione di impatto ambientale.
DPR 2 settembre 1999, n. 348, Regolamento recante norme
tecniche concernenti gli studi di impatto ambientale per
talune categorie di opere.
DPCM 4 agosto 1999, Applicazione della procedura di
valutazione di impatto ambientale alle dighe di ritenuta
D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 372, Attuazione della Direttiva
96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate
dell’inquinamento
DPR 3 luglio 1998, Termini e modalità dello svolgimento
della procedura di valutazione di impatto ambientale per
gli interporti di rilevanza nazionale.
DM Trasporti e della Navigazione 14 aprile 1998, Approvazione dei requisiti per la redazione dei progetti da allegare ad istanza di concessione demaniale marittima per la
realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto.
D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, Conferimento di funzioni e
compiti amministrativi dello stato alle regioni ed agli enti
locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997,
n.59.
DPR 11 febbraio 1998, Disposizioni integrative al DPCM
10 agosto 1988, n.377, in materia di disciplina delle pronunce di compatibilità ambientale, di cui alla legge 8
luglio 1986, n. 349, art. 6.
DPR 2 dicembre 1997, n. 509, Regolamento recante disciplina del procedimento di concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate alla
nautica da diporto, a norma dell’articolo 20, comma 8,
della L. 15 marzo 1997, n. 59.
L 1° maggio 1997, n. 115, Disposizioni urgenti per il recepimento della direttiva 96/2/CE sulle comunicazioni mobili e personali.
D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, Attuazione delle direttive
SCHEDE TECNICHE
91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e
94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio.
DPR 12 aprile 1996, Atto di indirizzo e coordinamento per
l’attuazione dell’art. 40, comma 1, della legge 22 febbraio
1994, n. 146, concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale.
DPR 12 aprile 1996, n. 354, Regolamento recante norme per
il risanamento delle centrali termoelettriche.
L 3 novembre 1994, n. 640, Ratifica ed esecuzione della
convenzione sulla valutazione dell’impatto ambientale in
un contesto transfrontaliero, con annessi, fatto a Espoo il
25 febbraio 1991.
DPR 18 aprile 1994, n. 526, Regolamento recante norme
per disciplinare la valutazione dell’impatto ambientale
relativa alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi.
22 febbraio 1994, n. 146, Disposizioni per l’adempimento
di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle
Comunità europee - legge comunitaria 1993
L 11 febbraio 1994, n. 109, Legge quadro in materia di
lavori pubblici
DPR 27 aprile 1992, Regolamentazione delle pronunce di
compatibilità ambientale e norme tecniche per la redazione degli studi di impatto ambientale e la formulazione del
giudizio di compatibilità di cui all’art. 6 della legge 8 luglio
1986, n. 349, per gli elettrodotti aerei esterni.
L 28 febbraio 1992, n. 220, Interventi per la difesa del
mare.
DPR 5 ottobre 1991, n. 460, Modificazione al decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n.
377, relativamente ai progetti di impianti per la eliminazione dei rifiuti tossici e nocivi.
L 9 gennaio 1991, n. 9, Norme per l’attuazione del nuovo
Piano energetico nazionale: aspetti istituzionali, centrali
idroelettriche ed elettrodotti, idrocarburi e geotermia, autoproduzione e disposizioni fiscali.
L 7 agosto 1990 n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.
L 4 agosto 1990, n. 240, Interventi dello Stato per la realizzazione di interporti finalizzati al trasporto merci e in favore dell’intermodalità.
DPCM 27 dicembre 1988, Norme tecniche per la redazione
degli studi di impatto ambientale e la formulazione del giudizio di compatibilità ambientale di cui all’art. 6 della legge
8 luglio 1986 n. 349, adottate ai sensi dell’art.3 del DPCM
10 agosto 1988, n. 377.
DL 9 settembre 1988, n. 397, Disposizioni urgenti in mate-
115
SCHEDE TECNICHE
(segue)
116
ria di smaltimento dei rifiuti industriali.
DPCM 10 agosto 1988, n. 377, Regolamentazione delle pronunce di compatibilità ambientale di cui all’art.6 della
legge 8 luglio 1986 n. 349, recante istituzione del Ministero dell’ambiente e norme in materia di danno ambientale.
L 11 marzo 1988, n. 67, Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1988).
L 8 luglio 1986, n. 349, Istituzione del Ministero dell’ambiente e norme in materia di danno ambientale.
Normativa regionale
Delib. GR 10 dicembre 2004, n. 1221, Indicazioni per la
presentazione alla Regione dei progetti per l’acquisizione
del parere di cui all’art. 46 della L.R. 7 giugno 1999, n.6,
concernente disposizioni sulla valutazione di impatto
ambientale, nonché del parere di valutazione di incidenza
ai sensi dell’articolo 5, comma 4 e 5, del D.P.R. 8 settembre
1997, n. 357 e successive modificazioni.
LR 6 dicembre 2004, n. 17, Disciplina organica in materia
di cave e torbiere e modifiche alla legge regionale 6 agosto
1999, n. 14 (Organizzazione delle funzioni a livello regionale e locale per la realizzazione del decentramento amministrativo) e successive modifiche.
LR 30 novembre 2001, n. 30, Disciplina dell’attività estrattiva iniziata legittimamente ai sensi della vigente normativa regionale in materia di coltivazione di cave e torbiere, in
conformità alle leggi statali e regionali di tutela paesistica
ed ambientale
Delib. GR 12 dicembre 2000, n. 2546, Criteri e modalità di
esclusione dei procedimenti di verifica ex art. 10, comma
3 del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile
1996 per i parcheggi pubblici e privati. Revoca D.G.R. 30
marzo1999, n. 1838.
LR 7 giugno 1999, n. 6, Disposizioni finanziarie per la
redazione del bilancio di previsione della Regione Lazio
per l’esercizio finanziario 1999 (art. 28 L.R. 11 aprile 1986,
n. 17)
LR 9 luglio 1998, n. 27, Disciplina regionale della gestione
dei rifiuti.
LR 6 luglio 1998, n. 24, Pianificazione paesistica e tutela dei
beni e delle aree sottoposti a vincolo paesistico.
LR 5 maggio 1993, n. 27, Norme per la coltivazione delle
cave e torbiere della Regione Lazio
Delib. PGR 14 gennaio 1993, n. 44, Visura di progetti di
opere interessanti il territorio regionale, da sottoporre alla
procedura di valutazione d’impatto ambientale ai sensi
SCHEDE TECNICHE
della legge 8 luglio 1986, n.349 e successivi decreti applicativi.
LR 18 novembre 1991, n. 74 , Disposizioni in materia di
tutela ambientale.
117
SCHEDA 15 – Autorizzazione all’esercizio di attività di recupero e smaltimento dei
rifiuti (procedura ordinaria ex art. 28, D.Lgs. 22/97 e s.m.i. e procedura semplificata
ex artt. 31, 32 e 33, D.Lgs. 22/97 e s.m.i.)
Ambito di applicazione
Ricade nel campo di applicazione del procedimento, l’impresa (o il soggetto) che intenda esercitare l’attività di smaltimento e recupero dei rifiuti come disciplinata dal D.Lgs.
22/97 e s.m.i. e dalla LR 27/98 e s.m.i.
Il D.Lgs. 22/97 e s.m.i., disciplina due modalità di procedure:
- procedura ordinaria (artt. 27-28, D.Lgs.22/97 e s.m.i.);
- procedura semplificata (artt. 31, 32 e 33, D.Lgs. 22/97
e s.m.i.).
Ricadono nel campo di applicazione degli artt. 31 e 33,
D.Lgs. 22/97 tutti i “rifiuti non pericolosi” così come individuati nel DM Ambiente 05/02/98 integrato dalla Direttiva 09 aprile 2002 del Ministero dell’Ambiente. Inoltre in
base a quanto stabilito dal DM Ambiente 161/02, rientrano
nel campo di applicazione degli artt. 31 e 33, D.Lgs. 22/97e
s.m.i. anche alcune tipologie di “rifiuti pericolosi” purché
le attività, i procedimenti e i metodi di recupero siano
esclusivamente quelli descritti nel suddetto decreto che
non costituiscono un pericolo per la salute dell’uomo e
non recano pregiudizio all’ambiente.
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Sportello unico per le attività produttive del Comune competente per territorio.
• Regione: ai sensi dell’art. 4, co.1. l.g), LR 27/98 e s.m.i.
è competente ai fini del rilascio dell’ Autorizzazione
(procedura ordinaria) all’esercizio delle operazioni di
smaltimento dei rifiuti e di recupero degli stessi, qualora non siano individuati ai sensi dell’art. 31, D.Lgs.
22/97 e s.m.i. (per quest’ ultimi è previsto il ricorso alla
procedura semplificata).
• Provincia: ai sensi dell’art. 5, co.1, l.c), LR 27/98 e s.m.i.
è competente ai fini del rilascio dell’Autorizzazione
all’esercizio delle attività di smaltimento e di recupero
dei rifiuti non:
SCHEDE TECNICHE
(segue)
-
118
soggetti alla procedura ordinaria, di competenza della
Regione, ai sensi dell’art. co.1, ll. g) ed h);
non rientranti tra quelli previsti dall’art.6, co.2, l.c)
della medesima legge regionale (Autorizzazione di
competenza comunale);
non rientranti tra quelli previsti dall’art.20, LR 27/98 e
s.m.i. (procedure semplificate per l’autosmaltimento
ed il recupero dei rifiuti) per i quali è previsto il ricorso alla Comunicazione di inizio di attività.
Inoltre alla Provincia compete il rilascio delle Autorizzazioni relative alle stazioni di trasferimento, l’iscrizione,
in apposito registro, delle imprese e degli enti sottoposti
alle procedure semplificate di cui all’art. 20 della medesima legge regionale (procedura semplificata per autosmaltimento), nonché la verifica ed il controllo dei requisiti previsti per l’applicazione delle procedure stesse.
• Comune: ai sensi dell’art. 6, co.2, l.c), LR 27/98 e s.m.i., è
competente ai fini del rilascio dell’Autorizzazione all’esercizio delle attività di smaltimento e recupero dei rifiuti dei materiali inerti lapidei provenienti da demolizioni
e costruzioni, ad eccezione dei materiali isolanti contenenti amianto e dei rifiuti provenienti dalla demolizione
degli autoveicoli a motore e rimorchi, dalla rottamazione
dei macchinari e delle apparecchiature deteriorati ed
obsoleti.
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Modulistica
Adempimenti
• Enti vari preposti alla tutela dei vincoli;
• ARPA o altri organismi riconosciuti a cui la Regione,
Provincia o Comuni, si possono affidare per eventuali
operazioni di verifica e controllo;
• Uffici comunali e regionali competenti in materie geologiche, urbanistica, e VIA, ecc;
• VV.F;
• ASL.
§Mod. 15A, “Schema di Comunicazione di inizio attività
ai sensi degli artt. 31, 32 e 33, D.Lgs. 22/97”, (rifiuti non
pericolosi).
§Mod.15B, “Schema di comunicazione di inizio attività ai
sensi degli artt. 31, 32 e 33, D.Lgs. 22/97”, (rifiuti pericolosi).
§Mod. 15C, “Schema di autocertificazione dei requisiti
soggettivi”.
§Mod. 15D, “Operazione di recupero di rifiuti non pericolosi e effettivamente destinati al riutilizzo”.
§Mod. 15E, “Operazione di recupero di rifiuti pericolosi e
effettivamente destinati al riutilizzo”.
Autorizzazione
I soggetti che intendono effettuare l’attività di smaltimento
SCHEDE TECNICHE
e recupero dei rifiuti, devono presentare apposita domanda di Autorizzazione, allo SUAP territorialmente competente, indirizzata, rispettivamente alla Regione e alla Provincia o al Comune competenti territorialmente.
Le attività e le operazioni di recupero di rifiuti, per i quali
è chiesta l’Autorizzazione, devono essere esercitati in
impianti i cui progetti sono stati approvati e autorizzati,
rispettivamente, ai sensi dell’art. 28 e/o 31, D.Lgs. 22/97.
Ai sensi dell’art. 2, co. 2, LR 27/98 e s.m.i., “L’autorizzazione è concessa entro novanta giorni dalla presentazione
della domanda da parte dell’interessato. Essa dura cinque
anni ed indica in particolare:
a) i tipi ed i quantitativi di rifiuti da smaltire o da recuperare;
b) i requisiti tecnici delle attrezzature da utilizzare;
c) le precauzioni per garantire la sicurezza e l’igiene
ambientale;
d) il luogo di smaltimento;
e) il metodo di trattamento e di recupero dei rifiuti;
f) gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e del
ripristino del sito;
g) le garanzie finanziarie”.
I progetti per i quali la normativa comunitaria richiede la
VIA, sono soggetti a valutazione da parte della competente
struttura regionale.
Ai sensi dell’art. 29, co. 2, LR 27/98 e s.m.i., il provvedimento autorizzatorio deve contenere “la determinazione
delle tariffe e della quota percentuale della tariffa dovuta
dagli eventuali comuni utenti al soggetto gestore dell’impianto o della discarica a favore del comune sede dell’impianto o della discarica stessi, che deve essere compresa
tra il dieci ed il venti per cento della tariffa”. Inoltre, ai
sensi del co.3 del medesimo articolo “Il rilascio dell’autorizzazione è subordinato alla prestazione, da parte dei soggetti gestori degli impianti e delle discariche, di idonee
garanzie fidejussorie”.
Procedimento semplificato (Comunicazione di inizio attività di autosmaltimento o recupero di rifiuti)
Ai sensi dell’art. 20, LR 27/98, per i rifiuti individuati nei
decreti di cui all’art. 31, co. 2, D.Lgs. 22/97 e s.m.i., l’esercizio delle operazioni di smaltimento presso il luogo di
produzione dei rifiuti o autosmaltimento, è subordinato a
semplice Comunicazione di inizio di attività, (vd. Modd.
15A e 15B) a condizione che siano rispettate le norme tecniche previste dall’art. 31, cc.1, 2 e 3, D.Lgs. 22/97 e s.m.i.
La Comunicazione per l’inizio di un’attività di autosmalti-
119
SCHEDE TECNICHE
(segue)
120
mento o recupero di rifiuti deve essere presentata (attraverso lo SUAP) alla Provincia territorialmente competente.
La stessa deve essere sottoscritta dal titolare dell’impresa o
legale rappresentante con sottoscrizione autenticata nelle
modalità prescritte dalla legge. L’interessato intraprende
l’esercizio delle operazioni di autosmaltimento o di recupero, decorsi 90 gg. dalla suddetta Comunicazione.
I Regolamenti provinciali disciplinano in merito alla documentazione tecnica da allegare alla Comunicazione. In
generale, questa riguarda:
- la descrizione dell’impianto con particolare riferimento alle caratteristiche tecniche delle strutture e dei
macchinari presenti, alle indicazione della potenzialità annua dell’impianto per l’attività di recupero e per
quella di messa in riserva, al diagramma di flusso
(schema a blocchi) della movimentazione dei rifiuti;
- individuazione dell’impianto su carta tecnica regionale;
- planimetria catastale;
- pianta dell’insediamento in scala adeguata indicante le
varie destinazioni d’uso, la localizzazione delle attrezzature e dei macchinari;
- certificato d’iscrizione alla CCIAA;
- titolo di disponibilità del locale o del sito che ospita
l’impianto (atto notarile, ecc.);
- autocertificazione dei requisiti soggettivi prevista dall’art. 10, DM Ambiente 5 febbraio 1998 (Mod. 15C);
- schede tecniche (una per tipologia di rifiuto) da cui
risultino le caratteristiche previste dagli artt. 31 e 33,
D.Lgs. 22/97 e s.m.i. (Modd. 15D e 15E).
Al momento della Comunicazione, la Provincia iscrive in un
apposito registro le imprese che effettuano la Comunicazione
di inizio di attività, assegnandone un numero progressivo e
procede all’espletamento dell’istruttoria attraverso la valutazione della documentazione allegata e agli accertamenti del
caso per valutare il rispetto delle norme tecniche previsti
dalla normativa.
Qualora dall’esame della documentazione questa non
risulti essere conforme a quanto stabilito dalla legge ovvero in seguito a sopralluogo presso l’unità operativa per l’accertamento dei presupposti e dei requisiti richiesti si
riscontrino delle carenze nella documentazione possono
essere richiesti al titolare e/o legale rappresentante (tramite lo SUAP) eventuali documenti integrativi o possono
essere stabilite specifiche prescrizioni tecniche.
In caso sia stato accertato, da parte della Provincia, il mancato rispetto delle norme tecniche e delle loro condizioni,
SCHEDE TECNICHE
la stessa, dispone con un provvedimento motivato il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell’attività, salvo che
l’interessato non provveda a conformarsi alla normativa
vigente entro il termine prefissato dall’amministrazione.
L’esercizio dell’attività può iniziare soltanto a partire dal
novantunesimo giorno e alla ditta interessata, viene rilasciata un’attestazione di iscrizione sulla quale vengono riportati
il numero di iscrizione attribuito alla ditta nel Registro provinciale e le tipologie con i codici CER dei rifiuti utilizzabili per l’attività svolta.
Tempi
Oneri
Per l’Autorizzazione i tempi sono quelli previsti dal procedimento unico disciplinato dal DPR 447/98 e s.m.i., tenuto conto anche, se necessario, dei tempi previsti per la
eventuale richiesta di procedura di VIA.
-
-
Scadenza/Rinnovi
-
-
Sanzioni
Marca da bollo del valore corrente sulla domanda
unica;
ai sensi dell’art. 29, co. 3, LR 27/98 e s.m.i.,“Il rilascio
dell’autorizzazione è subordinato alla prestazione, da
parte dei soggetti gestori degli impianti e delle discariche, di idonee garanzie fidejussorie”;
le imprese sono tenute a versare alla Provincia competente un diritto di iscrizione annuale in relazione alle
attività e alle quantità dei rifiuti trattati ai sensi dell’art. 3, D.Lgs 22/97 e s.m.i.;
diritti di istruttoria per eventuali endoprocedimenti
collegati alla richiesta di Autorizzazione;
oneri connessi ad eventuali sopralluoghi o accertamenti da parte degli enti preposti.
L’Autorizzazione ha una validità pari a 5 anni salvo
modifiche delle prescrizioni o condizioni autorizzate.
L’Autorizzazione è rinnovabile. A tale fine, entro 180
gg. dalla scadenza, deve essere presentata apposita
domanda alla Regione che si pronuncia prima della
scadenza dell’Autorizzazione stessa.
La Comunicazione prevista dall’art. 20, LR 27/98 (procedura semplificata attraverso la Comunicazione di
inizio attività), offre, all’interessato, la possibilità di
intraprendere l’esercizio delle operazioni, decorsi 90
gg. dalla presentazione della stessa. La Comunicazione
è rinnovata ogni 5 anni, o nel caso in cui intervengano
modifiche sostanziali nelle operazioni di autosmaltimento o di recupero (art. 20, co.1, LR 27/98).
L’attività di gestione dei rifiuti effettuata in modo non conforme alla normativa vigente viene sanzionata secondo
quanto previsto dal Titolo V, D.Lgs. 22/97 e s.m.i.
121
SCHEDE TECNICHE
Note
In base al DM Ambiente 9 gennaio 2003, gli pneumatici
ricostruibili non sono più rifiuti mentre gli pneumatici
fuori uso - PFU - (cioè non ricostruibili) sono da considerarsi rifiuti a tutti gli effetti.
La Circ. Min. Ambiente del 30 giugno 2005 oltre ad escludere le “ceneri di pirite” dai rifiuti offre lo spunto su come
si debba affrontare il tema generale della nozione di rifiuto
con particolare riferimento alla delimitazione estensiva dei
casi e delle esclusioni.
122
Il potere regolamentare dei Comuni di assimilare agli urbani i rifiuti speciali, è stato mantenuto fermo dall’art. 21, co.
2, l.g), D.Lgs. 22/97, che ha introdotto la “Tariffa per la
gestione dei rifiuti urbani”, sicché la deliberazione relativa, ove adottata, costituisce titolo per la riscossione della
tassa nei confronti dei soggetti che tali rifiuti producono
nel territorio comunale, a prescindere dal fatto che il contribuente ne affidi a terzi lo smaltimento (Cass. Civile Sez.
V, Sent. n. 17932 del 6 settembre 2004).
Normativa di riferimento
Normativa nazionale
DM Ambiente 3 agosto 2005, Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica.
Circ. Min. Ambiente 30 giugno 2005, Interpretazione in
ordine ai contenuti, al significato e alla portata dei valori
delle concentrazioni delle varie componenti delle ceneri di
pirite.
DM Ambiente e Tutela del territorio 9 gennaio 2003, Esclusione dei pneumatici ricostruibili dall’elenco di rifiuti non
pericolosi.
DM Ambiente 12 giugno 2002, n. 161, Regolamento attuativo
degli articoli 31 e 33 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, relativo
all’individuazione dei rifiuti pericolosi che è possibile ammettere alle procedure semplificate.
Circ. Min. Ambiente 4 agosto 1998, n. GAB/DEC/812/98, Circolare esplicativa sulla compilazione dei registri di carico scarico dei rifiuti e dei formulari di accompagnamento dei rifiuti
trasportati individuati, rispettivamente, dal decreto ministeriale 1° aprile 1998, n. 145, e dal decreto ministeriale 1° aprile
1998, n. 148.
DM Ambiente 5 febbraio 1998, Individuazione dei rifiuti non
pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai
sensi degli articoli 31 e 33 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22.
D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, Attuazione delle direttive
91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e
94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio.
SCHEDE TECNICHE
Normativa regionale
LR 10 settembre 1998, n. 42, Disciplina del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi. Pubblicata
nel B.U. della Regione Lazio 30 settembre 1998, n. 27, S.O.
n. 3.
LR 6 ottobre 1998, n. 45, Istituzione dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale del Lazio (A.R.P.A.).
LR 9 luglio 1998, n. 27, Disciplina regionale della gestione
dei rifiuti. Pubblicata nel B.U. Lazio 30 luglio 1998, n. 21,
S.O. n. 2.
LR 22 maggio 1995, n. 38, Disciplina regionale in materia
di smaltimento dei rifiuti di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915 e successive
modificazioni ed integrazioni. Funzioni regionali, provinciali e comunali. Pubblicata nel B.U. 7 giugno 1995, n. 15,
S.O. n. 5.
Regolamenti
Regolamento regionale, provinciale e comunale in materia
di gestione dei rifiuti.
SCHEDA 16 – Concessione mineraria per acque minerali e termali
(ricerca, coltivazione e utilizzazione delle acque minerali e termali)
Ambito di applicazione
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Ricade nel campo di applicazione del procedimento l’impresa e/o il soggetto che intenda svolgere l’attività di ricerca, coltivazione e utilizzazione delle acque minerali e termali, secondo quanto disposto dalla LR 90/80, successivamente modificata e integrata dalla LR 31/93.
Le acque minerali e termali, secondo quanto disposto dall’art. 11, L 281/70 e s.m.i., appartengono al patrimonio
indisponibile della Regione.
L’esercizio delle suddette attività, oltre al rispetto di quanto impone la normativa specifica, deve tener conto di
quanto disciplinato in materia di igiene e sicurezza sanitaria, secondo quanto previsto dalla normativa comunitaria,
nazionale e regionale.
Sportello unico per le attività produttive territorialmente
competente.
• Regione, per il rilascio del Permesso di ricerca e della
Concessione di coltivazione e per la determinazione del
canone di concessione per acque minerali e termali.
• Comune, su delega regionale, per l’Autorizzazione dei
123
SCHEDE TECNICHE
(segue)
Altri enti coinvolti nel
procedimento
124
Adempimenti
progetti termali e di imbottigliamento.
• Enti vari preposti alla tutela dei vincoli (Comuni,
Soprintendenza, Province);
• ASL;
• Uffici regionali competenti in materie geologiche,
urbanistica, usi civici e VIA, ecc.;
• Organi vari preposti alle funzioni di controllo, vigilanza e indagini, delegati dalla Regione.
Permesso di ricerca
L’attività di ricerca delle acque minerali e termali è consentita solo a chi è munito del Permesso, rilasciato dall’Amministrazione regionale, attraverso esplicita richiesta
da parte dell’interessato, purché abbia le necessarie e comprovate capacità tecniche ed economiche.
L’istanza finalizzata al rilascio del Permesso, deve essere
presentata all’Ispettorato Regionale Polizia Mineraria per
l’espletamento dell’istruttoria tecnica. Ai fini del rilascio
del Permesso, hanno diritto di precedenza, gli enti territoriali e loro consorzi, i proprietari e possessori dei fondi
compresi nel perimetro di ricerca, che abbiano comprovate capacità tecniche ed economiche (art. 2, LR 90/80 e
s.m.i.). Il Permesso di ricerca è rilasciato per un’area non
eccedente di massima trecento ettari e per ciascuna area
non è possibile rilasciare più di un Permesso.
Secondo quanto disposto dall’art. 3, LR 90/80 e s.m.i., l’istanza deve riportare:
“a) nome, cognome, luogo e data di nascita e titoli professionali del richiedente. Qualora la richiesta provenga
da una società alla domanda dovrà essere allegata
copia autentica dell’atto costitutivo e dello statuto
nonché un certificato del tribunale dal quale risultino
nominativamente le cariche sociali. Gli enti locali
dovranno allegare la delibera consiliare;
b) l’area richiesta con l’individuazione catastale;
c) i fini cui si tende con l’indicazione degli elementi tecnico-scientifici e storici sui quali è basata la previsione di rinvenimento;
d) il programma di ricerca e le attrezzature ed i sistemi
che si intendono adottare;
e) le generalità complete ed i titoli professionali dei tecnici da impiegare nella ricerca;
f) le previsioni di spesa ed i relativi mezzi di finanziamento.
All’ istanza devono essere acclusi:
a) una tavoletta topografica in scala 1/25.000 edita dall’Istituto geografico militare - I.G.M., con su riportati i
limiti dell’area richiesta;
b) le mappe catastali e l’elenco dei proprietari e dei pos-
SCHEDE TECNICHE
sessori dei fondi interessati;
c) breve relazione idrogeologica sulle possibilità di reperimento dell’acqua minerale e termale;
d) ogni altro eventuale documento che si rendesse necessario”.
Il Permesso di ricerca è rilasciato dall’Amministrazione
regionale previo parere della Commissione consultiva. Il
rilascio del Permesso costituisce approvazione del programma, di cui alla sopracitata l. d). Ogni variazione al programma dovrà essere autorizzata. Il Permesso di ricerca
deve essere notificato ai proprietari e, ai fini dell’accesso,
ai possessori dei terreni interessati almeno 30 gg. prima
dell’inizio dei lavori. Tutte le spese occorrenti per l’istruttoria dell’istanza di Permesso sono a carico del richiedente (art. 4, LR 90/80 e s.m.i.).
Coltivazione e relativa Concessione
L’esercizio dell’attività di coltivazione delle acque termali
è subordinata al rilascio della Concessione che viene rilasciata soltanto al soggetto che possiede comprovata capacità tecnico-economica. Nel rilascio delle Concessioni,
hanno diritto di priorità: gli enti territoriali, o i loro consorzi, il ricercatore, i proprietari dei fondi o i titolari di
diritti reali di godimento sui fondi. A parità di condizione,
la data di presentazione della domanda costituisce titolo di
preferenza (art. 9, LR 90/80 e s.m.i.).
La domanda di Concessione deve essere indirizzata alla
Regione Lazio e dovrà riportare le informazioni richieste
nell’art.11, LR 90/80 e s.m.i. che riguardano:
- generalità, domicilio e titoli professionali del richiedente (se si tratta di società, alla domanda deve essere
allegata la copia autentica dell’atto costitutivo e dello
statuto, nonché un certificato del tribunale dal quale
risultino nominativamente le cariche sociali e l’assenza di procedimenti fallimentari in corso);
- ubicazione e denominazione delle sorgenti;
- piani topografici;
- mappe catastali con l’elenco dei proprietari o possessori dei fondi interessati;
- relazione geomineraria;
- programma dei lavori di captazione della falda;
- progetto termale e per l’imbottigliamento delle acque
minerali;
- relazione tecnica finanziaria;
- la documentazione tecnica comprovante le capacità
tecniche-economiche del richiedente.
Qualora la Concessione sia richiesta da una società, all’i-
125
SCHEDE TECNICHE
(segue)
126
stanza devono essere allegate una copia autentica dell’atto
costitutivo e dello statuto, nonché un certificato del tribunale dal quale risultino nominativamente le cariche sociali e l’assenza di procedimenti fallimentari in corso.
Gli enti locali dovranno allegare la delibera consiliare.
Il provvedimento di Concessione viene rilasciato dall’Amministrazione regionale, sentita la Commissione consultiva
che si esprime entro 60 gg. dalla presentazione della documentazione, con interruzione dei tempi, per una sola volta,
qualora fosse necessario richiedere documentazione integrativa. Il provvedimento di Concessione rilasciato dovrà contenere le informazioni riportate nell’art. 12, LR 90/80 e s.m.i.
Al provvedimento di Concessione devono essere allegati il
verbale di delimitazione della Concessione, la relativa planimetria, l’elenco dei proprietari dei fondi compresi nell’area della Concessione e nelle zone di protezione con l’individuazione catastale dei fondi stessi. Il provvedimento è
pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio e trascritto, anche nei confronti dei suddetti proprietari dei
fondi, presso la Conservatoria dei registri immobiliari competente per territorio, a cura e spese del concessionario.
Ai sensi dell’art. 13 della suddetta LR 90/80 e s.m.i., “Entro
30 giorni dalla notifica del provvedimento di Concessione,
il concessionario deve presentare alle autorità competenti
ai sensi dell’articolo 6, lettera t), della legge 23 dicembre
1978, n. 833, istanza per il riconoscimento dell’acqua
minerale e termale e per la approvazione dell’etichetta nel
caso di imbottigliamento.
Dell’avvenuto adempimento deve esserne data comunicazione alla Giunta regionale”.
Autorizzazione all’apertura di uno stabilimento termale
e/o di imbottigliamento
Il concessionario che intenda imbottigliare acqua minerale
e/o aprire uno stabilimento termale deve presentare la
domanda di Autorizzazione al Comune competente per
territorio a cui è stata delegata la materia, allegandovi tutta
la documentazione di cui al RD 1924/19 e s.m.i.
Copia della domanda deve essere inoltrata all’Amministrazione regionale.
Inoltre, a complemento, alla domanda dovrà allegare:
- il riconoscimento dell’acqua minerale e termale;
- la dichiarazione dell’uso al quale sono destinati gli stabilimenti termali, le cure termali da praticare e il periodo di apertura al pubblico;
- la descrizione dei recipienti, conforme alle norme
nazionali, che verranno usati per la messa in vendita
dell’acqua e ogni altra indicazione in relazione alla
SCHEDE TECNICHE
-
vigente disciplina igienico-sanitaria ivi comprese le
direttive comunitarie;
ogni altro documento che si rendesse necessario.
L’Autorizzazione è condizionata all’ottenimento del Permesso di costruire del Comune. L’Autorizzazione rilasciata
dall’Amministrazione comunale fissa tutti gli obblighi e le
condizioni descritte nel RD 1924/19 e s.m.i. Il provvedimento autorizzatorio deve riportare, ai sensi dell’art. 18,
LR 90/80 e s.m.i.:
“1) per gli stabilimenti termali:
a) periodi annuali di apertura, funzionamento e chiusura
dello stabilimento;
b) località, comune e provincia dove è ubicato lo stabilimento;
c) l’uso terapeutico al quale l’acqua è destinata;
d) tutti gli obblighi e le condizioni cui si intende subordinare l’autorizzazione in relazione alla sua utilizzazione;
e) l’obbligo di ripetere ogni tre anni tutte le analisi chimiche e quelle batteriologiche almeno una volta l’anno;
f) il riconoscimento di cui all’articolo 13 della presente
legge.
2) per l’imbottigliamento:
a) il nome dell’acqua minerale;
b) i tipi di recipienti con i quali l’acqua verrà messa in
vendita;
c) l’uso al quale l’acqua è destinata;
d) gli esercenti cui eventualmente è riservata la vendita;
e) quanto prescritto dai punti a), b), d), e), f), del presente articolo”.
Commissione consultiva
La Commissione regionale consultiva per le acque minerali e termali è composta:
- dall’Assessore alle Attività Produttive, con funzioni di presidente, che può farsi rappresentare da un suo delegato;
- da tre dirigenti regionali e tre esperti esterni particolarmente qualificati in materia di acque minerali e termali e relativa tutela igienico-sanitaria o di assetto del
territorio e tutela ambientale o di turismo termale,
designati dalla Giunta regionale.
La Commissione, inoltre, deve, di volta in volta, essere
integrata con un rappresentante dell’ente locale e dell’unità sanitaria locale competente per territorio.
Ai sensi dell’art. 42-bis, LR 90/80 e s.m.i, “Il parere della
commissione regionale consultiva deve essere espresso
entro sessanta giorni dal ricevimento della documentazione. Il termine può essere prorogato, per una sola volta, e
127
SCHEDE TECNICHE
(segue)
Tempi
128
Oneri
per un tempo non superiore a quello del termine originario, in caso di richiesta di ulteriore documentazione da
parte della commissione regionale consultiva.
I tempi sono quelli previsti dal procedimento unico semplificato disciplinato dal DPR 447/98 e s.m.i.
-
-
-
Marca da bollo del valore corrente sulla domanda unica.
Spetta alla Regione la determinazione del diritto proporzionale annuo (canone di Concessione) che il ricercatore e/o il titolare della Concessione devono corrispondere alla Regione stessa per le Concessioni di
acque minerali e termali.
Gli oneri dovuti per l’istruttoria tecnica finalizzata al
rilascio del Permesso e/o della Concessione sono a
carico del richiedente.
Se l’attività di ricerca viene svolta su terreni, di cui
non si è proprietari, deve essere versata un’adeguata
cauzione, per la liquidazione di eventuali danni a colture o cose, ai proprietari o i possessori dei terreni sui
quali viene svolta l’attività di ricerca.
Ai fini del rilascio dell’Autorizzazione per apertura di stabilimento termale e/o di imbottigliamento, genericamente
gli oneri a carico del richiedente sono i seguenti:
- marca da bollo del valore corrente sulla domanda
unica;
- diritti di istruttoria per eventuali endoprocedimenti
collegati alla richiesta di Autorizzazione;
- oneri connessi ad eventuali sopralluoghi o accertamenti da parte degli enti preposti.
Scadenza/Rinnovi
Il Permesso di ricerca ha una validità pari a 3 anni e può
essere prorogato per una sola volta e per un periodo non
superiore a un anno, previa domanda di proroga presentata all’Amministrazione regionale almeno 30 gg. prima
della scadenza.
Il trasferimento del titolo deve essere autorizzato dall’Amministrazione regionale e il nuovo ricercatore subentra nei
diritti e negli obblighi stabiliti dal provvedimento con il
quale il Permesso è stato rilasciato (art. 5, LR 90/80 e s.m.i.).
Il Permesso decade, mediante atto della Giunta regionale,
su proposta dell’Assessore alle Attività Produttive quando:
“a) senza giustificato motivo non si è dato inizio ai lavori
entro novanta giorni dal rilascio del permesso o quando
questi sono rimasti sospesi per egual periodo di tempo;
b) si siano utilizzati i reperti a scopo commerciale prima
del decreto di concessione;
c) siano venuti meno i requisiti di capacità tecnico-economica;
SCHEDE TECNICHE
d) il permesso di ricerca sia stato trasferito a terzi senza
l’autorizzazione di cui all’articolo 5 della presente legge.
Il permesso di ricerca può essere revocato con provvedimento della Giunta regionale per sopravvenuti e prevalenti motivi di interesse pubblico nel qual caso il ricercatore
ha diritto al rimborso delle spese sostenute” (art. 8, LR
90/80 e s.m.i.).
La Concessione ha una durata massima di 30 anni (art. 26,
LR 90/80 e s.m.i.) e può essere rinnovata, previa richiesta
almeno un anno prima della scadenza (art. 27 della suddetta legge regionale). Il rinnovo viene concesso con determinazione regionale, sentita la commissione consultiva.
Le condizioni che portano alla decadenza e revoca della
Concessione sono riportati nell’art. 29, LR 90/80 e s.m.i.
La violazione del rispetto delle norme igienico-sanitarie, o
l’esercizio dell’attività secondo modalità difformi alle condizioni rilasciate nell’atto autorizzatorio, può comportare la
sospensione dell’Autorizzazione.
Sanzioni
Normativa di riferimento
Oltre alle sanzioni previste dalla normativa statale in materia,
va considerato quanto prescritto dall’art. 31, LR 90/80 e s.m.i.
Normativa nazionale
D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 339, Disciplina delle acque di sorgente e modificazioni al D.Lgs. 25 gennaio 1992, n. 105,
concernente le acque minerali naturali, in attuazione della
direttiva 96/70/CE.
L 23 dicembre 1978, n. 833, Istituzione del servizio sanitario nazionale.
RD 28 settembre 1919, n. 1924, Regolamento per l’esecuzione del Capo IV della L. 16 luglio 1916, n.947.
Normativa regionale
LR 3 marzo 2003, n. 4, Norme in materia di autorizzazione
alla realizzazione di strutture e all’esercizio di attività sanitarie e socio-sanitarie, di accreditamento istituzionale e di
accordi contrattuali.
LR 6 agosto 1999, n. 14, Organizzazione delle funzioni a
livello regionale e locale per la realizzazione del decentramento amministrativo.
Delib. GR 4 febbraio 1997, n. 333, Parziale riorganizzazione delle strutture regionali.
LR 22 luglio 1993, n. 31, Modificazioni alla L.R. 26 giugno
1980, n. 90, concernente: «Norme per la ricerca, coltivazione e utilizzazione delle acque minerali e termali nella
Regione Lazio».
129
SCHEDE TECNICHE
SCHEDA 17 - Esercizio dell’attività estrattiva di cave e torbiere
(attività di ricerca, coltivazione e relativo ampliamento)
Ambito di applicazione
130
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Modulistica
Adempimenti
Ricade nel campo di applicazione del procedimento l’impresa (o il soggetto) che intenda sfruttare un giacimento
minerario di II categoria (cave e torbiere). La Regione ha
emanato la LR. 17/04, con la quale disciplina le modalità
relative all’attività estrattiva di materiali di cava e torbiera.
L’art. 39 della stessa legge definisce i termini della sua
entrata in vigore, e, in particolare precisa quanto segue:
Art. 39, cc. 1 e 2, LR 17/04, “1. È abrogata la legge regionale 5 maggio 1993, n. 27 (Norme per la coltivazione delle
cave e torbiere della Regione Lazio) e successive modifiche, con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento regionale di cui all’articolo 7, fatto salvo quanto
previsto al comma 1 del presente articolo.
2. Le disposizioni della L.R. n. 27/1993 e successive modifiche continuano ad applicarsi ai procedimenti disciplinati dalla L.R. n. 30/2001 eventualmente in corso alla data di
cui al comma 1”.
In data 14 aprile 2005 è stato emanato il Reg.5 di attuazione della legge regionale “Regolamento di attuazione dell’art. 7 della legge regionale 6 dicembre 2004, n. 17 (Disciplina organica in materia di cave e torbiere e modifiche alla
legge regionale 6 agosto 1999, n. 14 «Organizzazione delle
funzioni a livello regionale e locale per la realizzazione del
decentramento amministrativo» e successive modifiche)”.
Sportello unico per le attività produttive del Comune competente per territorio.
• Comune ai fini del rilascio delle Autorizzazioni rispettivamente per l’attività di ricerca, coltivazione e/o di
ampliamento dell’attività di coltivazione di materiali di
cava e torbiera (a seguito dell’emanazione del Reg. 5/05).
• Regione ai fini del rilascio delle Autorizzazioni apertura di nuove cave e torbiere ed ampliamenti (art. 30, LR
17/04 e art. 16, Reg. 5/05).
• Regione (struttura regionale competente in materia di
attività estrattive).
• Enti vari preposti alla tutela dei vincoli.
• Uffici comunali e regionali competenti in materie geologiche, urbanistica, usi civici e VIA, ecc.
I modelli di domanda relativi alla richiesta di Autorizzazione sono definiti nei Regolamenti comunali.
Il Reg. 5/05, entrato in vigore il giorno successivo alla sua
pubblicazione (pubblicato nel BUR Lazio del 30 aprile
2005, n. 12), disciplina le modalità e la documentazione
SCHEDE TECNICHE
tecnica da allegare alla domanda di Autorizzazione, rispettivamente per l’attività di ricerca, di coltivazione e di
ampliamento dell’attività di coltivazione di materiali di
cava e torbiera.
I Comuni, a loro volta, preposti al rilascio delle suddette
Autorizzazioni, disciplinano con propri regolamenti le
modalità per la presentazione della domanda (art. 7, co.3,
LR 17/04).
Autorizzazione per l’attività di ricerca di materiali di
cava e torbiera
L’istanza finalizzata alla richiesta di Autorizzazione per
l’attività di ricerca deve essere presentata allo sportello
unico territorialmente competente e indirizzata al Comune
sul cui territorio si intende svolgere l’attività di ricerca; la
domanda, redatta in carta legale con bollo del valore corrente, deve essere sottoscritta dal richiedente con firma
autenticata secondo le forme di legge espresse in materia.
Nei casi in cui la domanda sia avanzata da persona giuridica privata, dovranno essere indicate le generalità, la residenza o il domicilio del rappresentante legale. L’art. 2, Reg.
5/05, definisce la documentazione tecnica (studio geologico progetto di coltivazione, progetto di recupero ambientale, documentazione fotografica dello stato di fatto, il Documento di analisi e valutazione dei rischi previsto dal D.Lgs.
626/94 e s.m.i., lo studio di impatto ambientale, ecc.)
redatta e sottoscritta da tecnici abilitati iscritti nei rispettivi albi professionali secondo le diverse competenze professionali. Inoltre, la stessa, deve essere corredata della documentazione amministrativa, che genericamente riguarda:
- il certificato di iscrizione alla CCIAA o autocertificazione attestante l’iscrizione;
- certificato di iscrizione all’albo professionale del direttore tecnico responsabile o autocertificazione;
- certificato generale del Casellario giudiziale e certificati dei carichi pendenti relativi al direttore tecnico
responsabile;
- certificazione prevista dalla vigente normativa antimafia e quella comprovante la regolarità della situazione
contributiva;
- nomina del direttore tecnico responsabile e dichiarazione di accettazione dell’incarico;
- titolo di disponibilità dell’area;
- indicazione della zona di PRG nella quale l’immobile
ricade e dell’assenza di vincoli di qualsiasi natura
(idrogeologici, archeologici, paesaggistici, ecc.).
Gli elaborati tecnico/progettuali devono essere riportati sia
131
SCHEDE TECNICHE
(segue)
132
su supporto cartaceo che informatico (art. 2, co.2, Reg. 5/05).
In caso di presenza di vincoli, la domanda dovrà contenere gli elaborati grafici e le relative relazioni tecniche finalizzate al rilascio di Autorizzazioni, Pareri e Nullaosta da
parte degli enti preposti alla tutela del vincolo.
Il responsabile del procedimento deve:
- verificare la completezza formale della documentazione tecnica allegata e valutare, se necessaria, la richiesta di integrazione della documentazione;
- provvedere, successivamente, alla trasmissione della
domanda con, relativi allegati progettuali, alla Commissione regionale consultiva (CRC) istituita presso
l’assessorato regionale competente in materia di attività produttive (l’art. 8, LR 17/04, definisce i compiti e
le modalità di composizione della CRC);
- verificare il coinvolgimento degli uffici (interni e/o
esterni al Comune) interessati al rilascio degli endoprocedimenti e se necessario, richiedere le copie di
progetto necessarie per l’esame dello stesso da parte
degli uffici che dovranno rilasciare il parere e provvedere all’inoltro delle stesse;
- convocare la Conferenza di servizi (con gli uffici competenti coinvolti nel procedimento) per il rilascio dell’Autorizzazione anche presso la sede della CRC. Inoltre ai sensi di quanto espresso dal co.10, art. 8, LR
17/04, “Qualora i comuni competenti abbiano una
popolazione inferiore a quindicimila abitanti ovvero la
cava o torbiera insista nel territorio di più comuni, la
conferenza di servizi può essere convocata dalle province, previa intesa con i comuni interessati. Alle conferenze di servizi sono invitati a partecipare i soggetti
comunque coinvolti ad esprimere pareri, nulla osta o
atti di assenso comunque denominati previsti dalla
normativa vigente”.
Autorizzazione per l’attività di coltivazione di cava e torbiera e per il relativo ampliamento
L’istanza finalizzata alla richiesta di Autorizzazione per
l’attività di coltivazione deve essere presentata allo sportello unico e indirizzata al Comune sul cui territorio si
intende svolgere l’attività. L’art. 4, Reg. 5/05, definisce la
documentazione tecnica e amministrativa da allegare alla
domanda per il rilascio dell’ Autorizzazione.
Dal ricevimento della domanda, lo sportello unico del
Comune competente dopo aver:
• verificato la compatibilità urbanistica del progetto, la
completezza formale della documentazione tecnica
necessaria ai fini del rilascio dei pareri degli uffici coin-
SCHEDE TECNICHE
volti nel procedimento,
• valutato, se necessaria, la richiesta di integrazione della
documentazione,
inoltra la domanda e la relativa documentazione alla struttura regionale competente in materia di attività estrattive,
che la invia alla CRC per l’espletamento della Conferenza
di Servizi secondo le modalità espresse all’art. 8, c. 10, LR
17/04.
Nel caso di ampliamento dell’attività di coltivazione di
cava e torbiera in esercizio, deve essere richiesta l’Autorizzazione (attraverso lo SUAP) al Comune e la stessa ha una
validità quinquennale, salvo proroga per un massimo di 2
anni, al fine di consentire il completamento del piano di
coltivazione e di recupero ambientale (co.6, art. 12, LR
17/04). Oltre i documenti previsti all’art.4, Reg. 5/05, bisogna allegare, alla domanda, gli elaborati cartografici relativi alla situazione attuale sia del piano di coltivazione che
di recupero ambientale, con indicazione delle volumetrie
residue e dei tempi necessari per il completamento dei
lavori (art. 9, cc. 1 e 2, Reg. 5/05).
In caso di proroga dell’Autorizzazione, la domanda, presentata allo SUAP territorialmente competente e indirizzata al Comune sul cui territorio si svolge l’attività deve essere corredata della documentazione tecnica di cui all’art. 9,
co.3, Reg. 5/05: “ a) la relazione tecnica indicante la situazione attuale del piano di coltivazione e di recupero
ambientale; b) le planimetrie generali a curve di livello
della situazione attuale in scala 1:5000 e sezioni topografiche dello stato di fatto, longitudinali e trasversali nel senso
della massima pendenza a scala non inferiore a 1:1000”.
In caso di variante al Piano di coltivazione (dove per
variante si intende quanto precisato all’art. 10, co.1, Reg.
5/05, “Per variante, ai fini del presente regolamento, si
intende la modifica del piano di coltivazione e di recupero
ambientale che comporti una sistemazione morfologica
finale dei luoghi diversa da quella precedentemente autorizzata”), bisogna presentare la domanda allo suap territorialmente competente e indirizzata al Comune sul cui territorio si svolge l’attività, corredata della documentazione
tecnica di cui al co.2, art.10 del suddetto Regolamento.
All’art. 14, LR 17/04, sono definiti i termini e i contenuti
della Convenzione (obblighi e gli oneri finanziari a carico
del titolare) che si deve stipulare tra il Comune e il titolare
delle suddette Autorizzazioni.
Entrambe le domande, inoltre, devono essere corredate
della documentazione tecnica necessaria ai fini del rilascio
di Nullaosta di impatto acustico da parte dell’ufficio competente.
133
SCHEDE TECNICHE
(segue)
134
Autorizzazione per l’apertura di nuove cave e torbiere ed
ampliamenti
Ai sensi del co.2, art. 30, LR 17/04, “A decorrere dalla data
di entrata in vigore del regolamento regionale di cui all’articolo 7, l’apertura di nuove cave e torbiere, in assenza dei
PTPG, adeguati ai sensi dell’articolo 10, può essere autorizzata dalla Giunta regionale solo in caso di preminente
interesse socio-economico sovracomunale, previo parere
vincolante delle commissioni consiliari competenti in
materia di attività produttive ed ambiente, sulla base delle
risultanze della conferenza di servizi di cui all’articolo 8,
comma 10. Ove sia ritenuto sussistente l’interesse sovracomunale l’attività estrattiva può essere esercitata in zona
compatibile in base agli strumenti urbanistici generali
vigenti o in zona agricola non vincolata”.
La domanda di Autorizzazione deve essere indirizzata e
presentata alla struttura regionale competente in materia di
attività estrattive in sei copie (art. 16, co.1, Reg, 5/05). La
documentazione tecnica e amministrativa da allegare alla
domanda è quella prevista all’ar. 4 del suddetto regolamento.
La struttura regionale, accertato il preminente interesse
socio-economico sovracomunale, inoltra, entro 15 gg. dal
ricevimento, la domanda, con allegata la relativa documentazione tecnica e amministrativa, alle strutture regionali competenti in materia di territorio e urbanistica,
ambiente, nonché alle altre amministrazioni pubbliche
interessate. Le stesse sono tenute a rispondere nel termine
di 60 gg. In caso di necessità di parere da sottoporre a VIA
ai sensi dell’art. 46, LR 6/99, il procedimento viene sospeso in attesa dell’acquisizione del parere stesso.
Nei 30 gg. successivi all’acquisizione di tutti i pareri, la
struttura regionale convoca la Conferenza di Servizi presso
la CRC (art.16, co.5, Reg.5/05).
Gli atti istruttori, comprensivi del provvedimento conclusivo della Conferenza di Servizi, devono essere trasmessi
nel termini dei 15 gg. successivi alla conclusione della
Conferenza stessa, all’esame delle commissioni consiliari
competenti in materia di attività produttive ed ambiente
per il parere di competenza (art. 16, co.6, Reg. 5/05).
Le eventuali modifiche richieste dalle commissioni consiliari competenti, sono riesaminate in sede di Conferenza di
Servizi. La Giunta regionale autorizza l’apertura della
nuova cava nel termine massimo di 60 gg. dalla data di
ricevimento del parere delle commissioni consiliari competenti (art. 16, cc.7 e 8, Reg.5/05).
Ai sensi dell’art. 31, c.1, L.R. 17/04, “L’apertura di nuove
SCHEDE TECNICHE
cave e torbiere, per le quali, alla data di entrata in vigore
del regolamento regionale di cui all’articolo 7, è già stata
presentata la relativa domanda e non si è ancora concluso
il procedimento istruttorio, è autorizzata dalla Giunta
regionale, nel rispetto delle procedure di cui all’articolo
30, comma 2”.
I termini e le modalità per la presentazione della documentazione integrativa per i casi ricadenti nell’art.31 della
suddetta legge regionale, sono regolati da quanto prescritto
nell’art.17, Reg. 5/05.
Tempi
Oneri
I tempi sono quelli previsti dal procedimento unico semplificato disciplinato dal DPR 447/98 e s.m.i., tenuto conto
anche se necessario dei tempi previsti per la eventuale
richiesta di procedura di VIA.
-
Scadenza/Rinnovi
-
-
-
Sanzioni
Note
Marca da bollo del valore corrente sulla domanda
unica;
diritti di istruttoria per eventuali endoprocedimenti
collegati alla richiesta di Autorizzazione;
oneri connessi ad eventuali sopralluoghi o accertamenti da parte degli enti preposti.
L’Autorizzazione per l’attività di ricerca di materiali di
cava e torbiera ha validità di 2 anni (art. 11, co.1, LR
17/04).
L’Autorizzazione per l’attività di coltivazione di cava e
torbiera e per il relativo ampliamento ha validità ventennale (art. 12, co.4, LR 17/04). La stessa può essere
prorogata per un periodo non superiore a 5 anni, solo
al fine di consentire il completamento del piano di coltivazione e di recupero ambientale (art. 12, co.5, LR
17/04). La proroga è richiesta dal titolare dell’Autorizzazione almeno 3 mesi prima della scadenza dell’Autorizzazione stessa (art. 34, co.2, LR 17/04), presentando la documentazione descritta all’art.9, co.3, Reg.5/05
(art.18 del suddetto regolamento regionale).
L’Autorizzazione per l’apertura di nuove cave e torbiere ed ampliamenti ha durata non superiore a 10 anni
(art. 30, co.4, LR 17/04).
Oltre agli interventi sanzionatori previsti agli artt. 24, 25,
26 e 27, LR17/04, si applicano le sanzioni pecuniarie previste all’art. 28 della medesima legge.
La LR 17/04, abroga la LR 17/93 e s.m.i., e in particolare
all’art. 39 , cc. 1 e 2 definisce quanto segue: “1. È abrogata
la legge regionale 5 maggio 1993, n. 27 (Norme per la coltivazione delle cave e torbiere della Regione Lazio) e successive modifiche, con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento regionale di cui all’articolo 7, fatto
135
SCHEDE TECNICHE
salvo quanto previsto al comma 1 del presente articolo.
2. Le disposizioni della L.R. n. 27/1993 e successive modifiche continuano ad applicarsi ai procedimenti disciplinati dalla L.R. n. 30/2001 eventualmente in corso alla data di
cui al comma 1”.
Normativa di riferimento
136
Normativa nazionale
L 30 luglio 1990, n. 221, Nuove norme per l’attuazione
della politica mineraria.
RD 29 luglio 1927, n. 1443, Norme di carattere legislativo
per disciplinare la ricerca e la coltivazione delle miniere
nel Regno.
Normativa regionale
Reg. 14 aprile 2005, n. 5, Regolamento di attuazione dell’art. 7 della legge regionale 6 dicembre 2004, n. 17 (Disciplina organica in materia di cave e torbiere e modifiche alla
legge regionale 6 agosto 1999, n. 14 «Organizzazione delle
funzioni a livello regionale e locale per la realizzazione del
decentramento amministrativo» e successive modifiche).
LR 6 dicembre 2004, n. 17, Disciplina organica in materia
di cave e torbiere e modifiche alla legge regionale 6 agosto
1999, n. 14 (Organizzazione delle funzioni a livello regionale e locale per la realizzazione del decentramento amministrativo) e successive modifiche.
LR 30 novembre 2001, n. 30, Disciplina dell’attività estrattiva iniziata legittimamente ai sensi della vigente normativa regionale in materia di coltivazione di cave e torbiere, in
conformità allo leggi statali e regionali di tutela paesistica
ed ambientale.
LR 6 agosto 1999, n. 14, Organizzazione delle funzioni a
livello regionale e locale per la realizzazione del decentramento amministrativo.
Regolamenti
Regolamento regionale di attuazione della LR 17/04 e
Regolamenti comunali.
SCHEDE TECNICHE
SCHEDA 18 – Autorizzazione all’installazione e/o potenziamento di impianti stradali
(viabilità ordinaria) di distribuzione di carburanti ad uso pubblico e ad uso privato
Ambito di applicazione
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel proc
procedimento
Modulistica
Adempimenti
Ricade nel campo di applicazione del procedimento l’impresa (o il soggetto) che intenda realizzare e/o potenziare
un impianto di distribuzione carburanti, secondo le previsioni dell’art.1, D.Lgs. 32/98 e degli artt. 10 e segg., LR 8/01
(successivamente modificata e integrata dalla LR 35/03).
Per impianto di distribuzione carburanti si intende un
unico complesso commerciale costituito da uno o più
apparecchi di erogazione per uso di autotrazione con le
annesse attrezzature. La differenza tra l’impianto ad uso
pubblico e quello ad uso privato è che nel primo caso l’erogazione di carburante è destinata all’utenza veicolare
generica, nel secondo caso per rifornire esclusivamente gli
autoveicoli dell’impresa produttiva di beni e servizi titolare dell’Autorizzazione stessa.
Sportello unico per le attività produttive del Comune competente per territorio. (art. 3-bis, LR 8/01 e s.m.i.: “Nei
comuni in cui è istituito ed operante lo sportello unico per
le attività produttive di cui all’articolo 83 della L.R. n.
14/1999 il procedimento relativo al rilascio dei titoli abilitativi necessari per l’installazione e l’esercizio degli
impianti di distribuzione dei carburanti previsti dalla presente legge fa capo al suddetto sportello unico).
Comune.
• Ufficio edilizia (SUE, per la pratica edilizia);
• ASL (per opere edilizie che necessitano del Parere sanitario);
• VV.F;
• UTF;
• Soprintendenza ai beni culturali e/o enti interessati al
rilascio di Autorizzazioni sui beni sottoposti ai vincoli
paesaggistici;
• enti titolari di pubblica potestà della strada su cui sorge
l’impianto (qualora non si tratti di strada comunale).
§Mod. 18 A “Domanda di Autorizzazione Comunale ai
sensi dell’art.1, D.Lgs. 32/98 e L.R..8/01”.
§Mod. 18 B “Comunicazione ai sensi dell’art.6, L.R. 8/01”.
L’istanza finalizzata alla richiesta di Autorizzazione per l’installazione di impianto stradale di distribuzione carburanti,
ad uso pubblico o privato, va presentata allo sportello unico
e corredata della seguente documentazione tecnica:
- Perizia giurata a firma di tecnico abilitato, inerente la
conformità alle norme di indirizzo programmative,
137
SCHEDE TECNICHE
(segue)
-
138
-
-
-
-
-
della Regione Lazio, attualmente vigenti.
Per la pratica edilizia bisogna allegare la documentazione tecnica finalizzata al rilascio del necessario titolo abilitativo edilizio (Permesso di costruire oppure DIA), in
funzione del tipo di intervento edilizio che si deve o si
intende realizzare.
Per la pratica ASL, allegare la documentazione tecnica
inerente la pratica sanitaria per attività insalubri ex
DM Sanità del 5 settembre 1994.
Per la pratica al Comando Provinciale dei VV. F, allegare il Mod. PIN 1 in duplice copia con elaborato grafico e relazione tecnica.
Ente proprietario della Strada (Comune - Amministrazione Provinciale - Regione Lazio), ai fini dell’acquisizione del Nullaosta: planimetrie contenenti lo stralcio
di PRG e lo stralcio della mappa catastale, piante, sezioni e schemi di collegamento dell’impianto da realizzare; relazione tecnica delle strutture da realizzare; relazione tecnica relativa alle attrezzature da impiantarsi
con attestazione della loro conformità alla vigente normativa.
Per la pratica Ufficio Tecnico di Finanza: le planimetrie contenenti lo stralcio di PRG e lo stralcio della
mappa catastale, piante, sezioni e schemi di collegamento dell’impianto da realizzare; la relazione tecnica
delle strutture da realizzare; la relazione tecnica relativa alle attrezzature da impiantarsi con attestazione
della loro conformità alla vigente normativa.
Fotocopia del documento di riconoscimento.
Se il richiedente ha già acquisito uno o più pareri necessari al rilascio dell’atto conclusivo del procedimento, deve
allegarli, in copia, all’istanza da presentare allo sportello
unico.
L’istanza presentata allo SUAP, previa verifica della completezza formale, verrà trasmessa ai vari enti coinvolti, ai
fini del rilascio dei rispettivi pareri. In caso di necessità di
integrazione di atti documentali, sarà cura dello SUAP
richiederli direttamente all’imprenditore, e, una volta ricevuti, trasmetterli agli enti interessati. La richiesta di integrazione documentale sospenderà i termini del procedimento, i quali si riavvieranno all’atto della presentazione
della documentazione richiesta. Completata la procedura
di raccolta della documentazione si provvederà al rilascio
del provvedimento finale.
In caso di diniego da parte anche di un solo ente, lo SUAP
lo comunicherà al richiedente che, potrà fare richiesta di
convocare una Conferenza di servizi, a cui parteciperanno
SCHEDE TECNICHE
tutti gli enti interessati, con lo scopo di superare la pronuncia negativa.
Per la richiesta di Autorizzazione di impianti ricadenti su
zone e sottozone del PRG sottoposte a vincoli paesaggistici, ambientali o monumentali ovvero comprese nelle zone
territoriali omogenee A, bisogna procedere attraverso la
procedura di Variante allo strumento urbanistico secondo
quanto prevede la normativa statale e regionale. Inoltre per
gli impianti ricadenti nelle suddette zone, la localizzazione è limitata ai soli impianti di distribuzione di carburanti, con esclusione di eventuali attività commerciali e di
ristoro (art. 10, cc. 1-bis e 1-quater, LR 8/01 e s.m.i.)
Le richieste di Autorizzazione per nuovi impianti devono
rispettare la superficie minima ai sensi dell’art. 11, cc.1 e
2, LR 8/01 e s.m.i.: “1. La superficie minima occorrente per
l’installazione di nuovi impianti di distribuzione di carburanti non deve essere, di norma, inferiore a mille metri
quadrati.
2. I comuni possono prevedere nei rispettivi strumenti di
pianificazione superfici inferiori a mille metri quadrati e
comunque non inferiori a quattrocento metri quadrati
anche in considerazione della consistenza demografica e
della rilevanza della strada su cui viene installato l’impianto”.
Inoltre, ai sensi di quanto espresso nell’art. 14-bis, co. 5, LR
8/01 e s.m.i. “Tra più domande concorrenti, dichiarate
ammissibili, per la realizzazione di nuovi impianti costituiscono criteri di priorità nell’ordine:
a) la data di presentazione della domanda completa della
documentazione tecnico-progettuale prevista;
b) l’erogazione di ulteriori carburanti oltre le benzine e il
gasolio;
c) la previsione di servizi integrativi all’autoveicolo e
all’automobilista.”
Per le modifiche agli impianti (elencate nell’art. 6, co.1, LR
8/01 e s.m.i.) è sufficiente presentare una preventiva
Comunicazione (Mod. 18B al Comune competente, attraverso una perizia giurata rilasciata da un tecnico abilitato,
in cui si asseveri la corretta esecuzione delle modifiche. La
stessa deve essere trasmessa al Comune, ai VV.F e all’UTF
competenti per territorio, nonché all’ente proprietario
della strada ai fini dell’aggiornamento degli atti di propria
competenza. (art. 14-ter, LR 8/01, e s.m.i.).
139
SCHEDE TECNICHE
Tempi
Oneri
140
-
90 gg. (procedimento semplificato).
60 gg. (procedimento mediante autocertificazione).
-
Marca da bollo del valore corrente sulla domanda unica;
oneri di concessione e/o diritti di segreteria attinenti
alla pratica edilizia (relativa al rilascio del titolo abilitativi edilizio);
diritti sanitari per l’eventuale pratica sanitaria;
diritti di istruttoria per l’eventuale assenso dell’ente
titolare della strada;
diritti di istruttoria per la pratica di prevenzione incendi (questi ultimi in misura dimezzata, qualora si tratti
di procedimento unico mediante autocertificazione, ai
sensi dell’art.10, co.3, DPR 447/98 e s.m.i. e della Circ.
VV.F dell’1° marzo 2001, n. P 252/4101.
-
Scadenza/Rinnovi
Le Autorizzazioni per impianti di distribuzione di carburanti pubblici e privati hanno validità illimitata, ma ogni
10 anni, gli impianti sono sottoposti alla procedura di Collaudo da parte della competente Commissione nominata
dal Comune, al rilascio dell’Autorizzazione, senza oneri
finanziari a carico del titolare dell’impianto (ai sensi dell’art.1, co.5, D.Lgs. 32/98 e art.22, LR 8/01 e s.m.i.).
Il collaudo è limitato ai casi di Autorizzazione di nuovi
impianti e di potenziamento degli impianti stessi (art. 22,
co. 1, LR 8/01 e s.m.i.).
Per le modifiche ricadenti nell’art. 6, co.1 della succitata
legge regionale, è previsto il sopralluogo da parte del
Comando provinciale dei vigili del fuoco, che determina la
congruità con il parere precedentemente espresso in sede
di esame del progetto (art.22, co. 6, LR 8/01 e s.m.i.).
Non sussiste obbligo di rinnovo dell’Autorizzazione, salvo
per i casi di modifiche all’impianto; in tal caso, il titolare,
dovrà produrre apposita autocertificazione accompagnata
da Perizia giurata, attestante la conformità dell’impianto al
progetto approvato.
Tra le cause di decadenza dell’Autorizzazione vi sono:
- l’incompatibilità, dell’impianto installato lungo la viabilità ordinaria ai sensi di quanto espresso nell’ art. 12,
LR 8/01 e s.m.i.;
- la mancata attivazione dell’impianto entro il termine
previsto dal provvedimento relativo al rilascio del titolo abilitativo edilizio, e comunque entro ventiquattro
mesi dal rilascio del provvedimento stesso, salvo proroga concessa su richiesta dell’interessato, per giustificati motivi o causa di forza maggiore;
- la sospensione non autorizzata dell’esercizio dell’attività dell’impianto;
SCHEDE TECNICHE
-
-
-
-
la distribuzione di carburanti a terzi a titolo oneroso o
gratuito negli impianti distribuzione di carburanti ad
uso privato;
l’esercizio dell’impianto in assenza del preventivo collaudo di cui all’articolo e 22, co. 1 della succitata legge
regionale;
l’esercizio dell’impianto in violazione delle prescrizioni in materia di sicurezza sanitaria, di tutela ambientale e di prevenzione incendi;
l’esercizio dell’impianto in difformità da quanto stabilito nel provvedimento di Autorizzazione.
I termini e cause della decadenza sono dichiarate dall’ente
competente al rilascio dell’Autorizzazione.
Sanzioni
Note
Art. 23-ter , LR 8/01e s.m.i.
Nel rilasciare le Autorizzazioni, l’ente preposto deve osservare le disposizioni contenute nell’art. 12, LR 8/01 e s.m.i. per
quanto concerne le limitazioni all’intervento previsto in particolari zone dei centri abitati e fuori dai centri abitati. Inoltre
bisogna considerare il rispetto delle distanze minime tra i
diversi impianti come espresso nell’art. 13, LR 8/01 e s.m.i.
Riguardo agli orari di apertura (feriali e festivi), turnazioni,
servizio notturno e ferie, va rispettato quanto prescritto
dagli artt.15, 16, 16-bis, 17 e 18, LR 8/01 e s.m.i.
Ai sensi della Lett.Circ. VV.F, 10 ottobre 2005, n.
P1252/4106/1sott.38: “L’articolo 1, comma2, del D.P.R. 24
ottobre 2003, n. 340, recita: «Gli impianti esistenti, la cui
capacità complessiva resti limitata fino a 30 m3, devono
essere adeguati a quanto previsto al Titolo III dell’allegato
entro cinque anni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento. Qualora detti impianti siano oggetto di
potenziamenti e/o ristrutturazioni, gli adeguamenti di cui al
Titolo III dovranno essere realizzati contestualmente ai suddetti lavori di modifica. Le disposizioni di esercizio, di cui al
punto 15 dell’allegato A, devono essere rispettate dalla data
di entrata in vigore del presente regolamento». Al fine di
una corretta ed uniforme applicazione del secondo periodo
del comma sopraindicato, si chiarisce che per potenziamento deve intendersi un aumento della capacità complessiva di stoccaggio dei serbatoi, comunque limitata a 30 m3,
o l’incremento del numero di punti di erogazione, mentre il
termine ristrutturazione sottende un insieme sistematico di
opere che riguarda l’intero impianto di distribuzione stradale di GPL ovvero lavori anche più limitati che però prevedono la sostituzione dei serbatoi con altri di diversa tipologia o interventi da realizzare sulle parti degli impianti (vano
pompe in pozzetto, sistema di emergenza) interessate dai
141
SCHEDE TECNICHE
(segue)
lavori di adeguamento ai sensi del Titolo dell’Allegato A”
Normativa di riferimento
Normativa nazionale
Lett. Circ. VV.F 10 ottobre 2005, n. P1252/4106/1sott.38,
D.P.R. 24 ottobre 2003, n. 340 - Chiarimenti in merito
all’applicazione dell’art. 1, comma 2, agli impianti di distribuzione stradale di GPL per autotrazione esistenti. Emanata dal, del soccorso pubblico e della difesa civile, Direzione centrale per la prevenzione e la sicurezza tecnica,
Area prevenzione incendi.
Circ. VV.F 1° marzo 2001, n. P 252/4101, D.P.R. 7 dicembre
2000, n. 440, recante modifiche ed integrazioni al D.P.R. 20
ottobre 1998, n. 447, in materia di sportelli unici per gli
impianti produttivi.
D.Lgs. 26 agosto 1999, n. 346, Modifiche ed integrazioni al
decreto legislativo 13 febbraio 1998, n.32, concernente la
razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti, a norma dell’articolo 4, comma 4 della legge 15
marzo 1997, n.59.
DM Ambiente 24 maggio 1999, n. 246, Regolamento recante norme concernenti i requisiti tecnici per la costruzione,
l’installazione e l’esercizio dei serbatoi interrati.
DM Sanità 20 ottobre 1998, Requisiti tecnici per la costruzione, l’installazione e l’esercizio di serbatoi interrati.
D.Lgs. 11 febbraio 1998, n. 32, Razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti, a norma dell’articolo 4,
comma 4, lettera c), della L. 15 marzo 1997, n. 59.
142
Normativa regionale
LR 3 novembre 2003, n. 35, Modifiche alla legge regionale
2 aprile 2001, n. 8 concernente “Nuove norme in materia
di impianti di distribuzione di carburanti”.
LR 2 aprile 2001, n. 8, Nuove norme in materia di impianti di distribuzione di carburanti.
Regolamenti
Regolamenti o Piani comunali dei distributori di carburante.
SCHEDA 19 – Concessione all'installazione e/o rilascio di Autorizzazione al
potenziamento di impianti autostradali e su raccordi autostradali di distribuzione
di carburanti per autotrazione
Ambito di applicazione
L’impresa che intende realizzare un impianto di distribuzione carburanti lungo le autostrade o le strade di raccordo
autostradale, secondo le previsioni dell’art. 1, D.Lgs.32/98
SCHEDE TECNICHE
e degli artt. 4 e seguenti della LR 8/01 (successivamente
modificata e integrata dalla LR 35/03) è soggetta alla richiesta di Concessione all’installazione per i nuovi impianti e
all’Autorizzazione per il potenziamento degli stessi.
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Adempimenti
Sportello unico per le attività produttive del Comune competente per territorio. (Art. 3-bis, LR 8/01 e s.m.i. “Nei
comuni in cui è istituito ed operante lo sportello unico per
le attività produttive di cui all’articolo 83 della L.R. n.
14/1999 il procedimento relativo al rilascio dei titoli abilitativi necessari per l’installazione e l’esercizio degli
impianti di distribuzione dei carburanti previsti dalla presente legge fa capo al suddetto sportello unico”).
Regione (dipartimento competente in materia).
• Ufficio edilizia (SUE per la pratica edilizia);
• AUSL (per opere edilizie che necessitano del Parere
sanitario);
• VV.F;
• UTF;
• Enti titolari della concessione autostradale o ANAS;
• Soprintendenza ai beni culturali e enti interessati al
rilascio di Autorizzazioni sui beni sottoposti ai vincoli
paesaggistici.
Rilascio della Concessione per l’installazione di nuovi
impianti (art. 4, LR 8/01 e s.m.i.).
L’istanza per l’installazione di impianto autostradale di
distribuzione carburanti, deve essere presentata allo SUAP
competente per territorio compilando l’apposito modulo di
domanda indirizzato al dipartimento regionale competente in materia. L’istanza deve essere corredata di:
- documentazione tecnica necessaria ai fini del rilascio
del Permesso di costruire, (comprensiva di relazione
tecnico-descrittiva, degli elaborati di progetto, documentazione fotografica, titolo di proprietà dell’area,
documentazione sul superamento delle barriere architettoniche ex L 13/89 e documentazione sugli impianti tecnologici ex L 46/90);
- documentazione inerente la pratica sanitaria per attività insalubri, ex DM Sanità del 5 settembre 1994, dell’art. 216, RD 1265/34 e secondo quanto prevede la
normativa regionale;
- progetto e relazione tecnico-descrittiva per l’acquisizione dell’assenso della società titolare della concessione autostradale o dell’ANAS o della società titolare
della concessione autostradale;
- documentazione inerente la pratica di prevenzione
incendi, ai sensi del DPR 37/98 (2 copie della relazione
143
SCHEDE TECNICHE
(segue)
-
144
-
tecnica, 2 copie del progetto di prevenzione incendi e la
ricevuta di versamento dei diritti di istruttoria ai VV.F);
documentazione o autocertificazione dalla quale risulti che il richiedente è in possesso dei requisiti soggettivi nonché della capacità tecnico-organizzativa ed
economica di cui agli artt. 5, 6 e 7, DPR 1269/71 e s.m.i.
e alla L 55/90 e s.m.i.;
perizia giurata, redatta da un ingegnere o altro tecnico
competente, iscritto al relativo albo professionale, attestante il rispetto delle disposizioni del Piano Regolatore, delle prescrizioni fiscali, delle prescrizioni concernenti la sicurezza sanitaria, ambientale e antincendio,
e delle disposizioni riguardanti i beni storici e artistici.
Se il richiedente è già in possesso di uno o più pareri
necessari al rilascio dell’atto conclusivo del procedimento,
deve allegarli, in copia, all’istanza da presentare allo
SUAP. Questa, previa verifica della completezza formale,
verrà trasmessa ai vari enti coinvolti, ai fini del rilascio dei
propri pareri. Trascorsi i tempi necessari dalla data di
avvio del procedimento, la domanda si ritiene accolta,
oppure, attraverso esplicita comunicazione, rifiutata.
In caso di integrazione di atti documentali, sarà cura dello
SUAP richiederli all’imprenditore, e, una volta ricevuti,
trasmetterli agli enti interessati. La richiesta di integrazione documentale sospenderà i termini del procedimento
che si riavvieranno all’atto della presentazione della documentazione richiesta. Completata la procedura di raccolta
della documentazione, si provvederà al rilascio del provvedimento finale. In caso di diniego da parte anche di un
solo ente, lo SUAP ne farà comunicazione al richiedente
che potrà fare richiesta di convocazione di una Conferenza
di Servizi, a cui parteciperanno tutti gli enti interessati,
con lo scopo di superare la pronuncia negativa.
Ai sensi di quanto espresso nel c.2-bis, art. 4, LR 8/01 e
s.m.i., in caso di presentazione di più domande concorrenti, “…dichiarate ammissibili, per la realizzazione di nuovi
impianti, fatta eccezione per il grande raccordo anulare di
Roma, costituisce criterio di priorità la previsione di autonome attività integrative commerciali, di ristoro, turistiche
e/o ricettive”.
Rilascio dell’Autorizzazione per il potenziamento degli
impianti (art. 5, LR 8/01 e s.m.i.).
In caso di richiesta di Autorizzazione al potenziamento di un
impianto di carburanti, con prodotti non precedentemente
autorizzati, si dovrà procedere alla presentazione, da parte
del richiedente, della documentazione tecnica di cui all’art.
SCHEDE TECNICHE
4 , c. 1, l.c) e c.2, ll. a), c), della succitata legge regionale e cioè:
- perizia giurata, redatta da un ingegnere o altro tecnico
competente, iscritto al relativo albo professionale, attestante il rispetto delle disposizioni del Piano Regolatore, delle prescrizioni fiscali, delle prescrizioni concernenti la sicurezza sanitaria, ambientale e antincendio,
e delle disposizioni riguardanti i beni storici e artistici,
- elaborati grafici con la disposizione planimetrica dell’impianto;
- relazione tecnica dell’impianto.
Comunicazione per le modifiche agli impianti (art. 6, LR
8/01 e s.m.i.).
Per le seguenti modifiche agli impianti:
a) sostituzione di colonnine a semplice o doppia erogazione con altre a doppia o multipla erogazione e viceversa, per prodotti già autorizzati;
b) aumento o diminuzione del numero di colonnine, per
prodotti già autorizzati;
c) installazione di apparecchi accettatori di carte di credito;
d) cambio di destinazione delle colonnine, per prodotti
già autorizzati;
e) cambio di destinazione dei serbatoi e conseguenti
modifiche dei collegamenti meccanici, per prodotti
già autorizzati;
f) sostituzione ed aumento del numero e/o della capacità di stoccaggio dei serbatoi e dell’olio lubrificante,
per prodotti già autorizzati;
g) installazione di apparecchiature self-service post-pagamento, nonché di apparecchiature self-service pre-pagamento o estensione di quelle esistenti ad altri prodotti
già autorizzati; è necessario presentare una preventiva
Comunicazione (tramite lo SUAP) al dipartimento regionale competente in materia, ai VV.F e all’Ufficio tecnico
di finanza (UTF) competenti per territorio, all’ANAS o
alla società titolare della concessione autostradale. Le
modifiche devono essere realizzate nel rispetto delle
norme fiscali, di sicurezza sanitaria e stradale e di prevenzione dagli incendi. La corretta realizzazione delle
modifiche deve risultare da regolare verbale di Collaudo
redatto dalla commissione di cui all’art. 22, co. 2 della
suddetta legge regionale.
Queste modifiche saranno riportate nel successivo provvedimento di rinnovo che viene richieste dopo i diciotto anni
dalla Concessione.
Trasferimento della Concessione (art. 7, LR 8/01 e s.m.i.).
In caso di trasferimento (a terzi solo unitamente alla pro-
145
SCHEDE TECNICHE
(segue)
146
prietà o disponibilità del relativo impianto) della Concessione degli impianti di carburanti, la domanda (tramite
SUAP) deve essere presentata al dipartimento regionale
competente in materia e sottoscritta, con firma autentica, sia
dal cedente sia dal soggetto subentrante indicando tutti gli
elementi atti ad identificare l’impianto e corredandola di:
“a) dichiarazione di assenso da parte dell’ENAS o della
società titolare della concessione autostradale;
b) documentazione o autocertificazione dalla quale
risulti che il soggetto subentrante è in possesso dei
requisiti soggettivi nonché della capacità tecnicoorganizzativa ed economica di cui agli articoli 5, 6 e 7
del D.P.R. n. 1269/1971 e successive modificazioni;
c) documentazione antimafia, riferita al soggetto subentrante, di cui alla L. n. 55/1990 e successive modificazioni;
d) parere dell’U.T.F” (art. 7, co.2, LR 8/01 e s.m.i.).
Rinnovo della Concessione (art. 8, LR 8/01 e s.m.i.).
In caso di rinnovo della Concessione da effettuarsi 6 mesi
prima della scadenza, la domanda deve essere presentata
(tramite SUAP) al dipartimento regionale competente e deve
essere corredata della seguente documentazione tecnica:
“a) assenso alla permanenza dell’impianto da parte dell’ENAS o della società titolare della concessione autostradale;
b) documentazione o autocertificazione dalla quale
risulti che il richiedente è in possesso dei requisiti soggettivi nonché della capacità tecnico-organizzativa ed
economica di cui agli articoli 5, 6 e 7 del D.P.R. n.
1269/1971 e successive modificazioni ed alla L. n.
55/1990 e successive modificazioni;
c) perizia giurata, redatta da un ingegnere o altro tecnico
competente, iscritto al relativo albo professionale, attestante la conformità dell’impianto alla normativa vigente al momento della domanda ai fini fiscali, ambientali, urbanistici, artistici e storici, della sicurezza sanitaria
e stradale, della prevenzione dagli incendi”.
Il rinnovo è concesso solo previo accertamento dell’idoneità tecnica delle attrezzature ai fini della sicurezza antincendio e fiscale, nonché della corrispondenza della consistenza dell’impianto ai provvedimenti di Concessione e di
Autorizzazione precedentemente rilasciati. L’idoneità tecnica deve risultare da regolare verbale di Collaudo redatto
dalla commissione di cui all’art. 22, co. 2, LR 8/01 e s.m.i.
Tempi
-
90 gg. (procedimento semplificato);
60 gg. (procedimento mediante autocertificazione).
SCHEDE TECNICHE
Oneri
Scadenza/Rinnovi
- Marca da bollo del valore corrente sulla domanda unica;
- oneri di concessione e/o diritti di segreteria attinenti
alla pratica edilizia (relativa al rilascio del titolo abilitativi edilizio);
- diritti sanitari per l’eventuale pratica sanitaria;
- diritti di istruttoria per l’eventuale assenso dell’ente
titolare della strada;
- diritti di istruttoria per la pratica di prevenzione incendi (questi ultimi in misura dimezzata, qualora si tratti di
procedimento unico mediante autocertificazione, ai
sensi dell’art.10, co.3, DPR 447/98 e s.m.i. e della Circolare VV.F dell’1° marzo 2001, n. P 252/4101).
La Concessione ha una validità pari a 18 anni e il rinnovo
deve essere richiesto 6 mesi prima della sua scadenza. Il
rinnovo è subordinato all’esito positivo dell’accertamento
dell’idoneità tecnica delle attrezzature dell’impianto. (art.
8, LR 8/01 e s.m.i.).
Costituiscono causa di decadenza della Concessione (art.
23-bis, LR 8/01 e s.m.i.):
-
-
-
Sanzioni
Note
la mancata attivazione dell’impianto entro il termine
previsto dal provvedimento rilasciato relativo al titolo
abilitativo edilizio (Permesso di costruire), salvo proroga
concessa su richiesta dell’interessato, per giustificati
motivi o causa di forza maggiore;
la sospensione non autorizzata dell’esercizio dell’attività dell’impianto;
l’esercizio dell’impianto in assenza del preventivo collaudo di cui all’art. 22, co. 1 della suddetta legge regionale;
l’esercizio dell’impianto in violazione delle prescrizioni in materia di sicurezza sanitaria, di tutela ambientale e di prevenzione incendi;
l’esercizio dell’impianto in difformità da quanto stabilito nel provvedimento di Concessione. La decadenza è
dichiarata dall’ente competente, rispettivamente, al
rilascio della Concessione.
Art. 23-ter , LR 8/01 e s.m.i.
Ai sensi della Lett. Circ. VV.F 10 ottobre 2005, n.
P1252/4106/1sott.38: “L’articolo 1, comma2, del D.P.R. 24
ottobre 2003, n. 340, recita: «Gli impianti esistenti, la cui
capacità complessiva resti limitata fino a 30 m3, devono
essere adeguati a quanto previsto al Titolo III dell’allegato
entro cinque anni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento. Qualora detti impianti siano oggetto di
potenziamenti e/o ristrutturazioni, gli adeguamenti di cui
al Titolo III dovranno essere realizzati contestualmente ai
suddetti lavori di modifica. Le disposizioni di esercizio, di
147
SCHEDE TECNICHE
(segue)
cui al punto 15 dell’allegato A, devono essere rispettate
dalla data di entrata in vigore del presente regolamento».
Al fine di una corretta ed uniforme applicazione del secondo periodo del comma sopraindicato, si chiarisce che per
potenziamento deve intendersi un aumento della capacità
complessiva di stoccaggio dei serbatoi, comunque limitata
a 30 m3, o l’incremento del numero di punti di erogazione,
mentre il termine ristrutturazione sottende un insieme
sistematico di opere che riguarda l’intero impianto di distribuzione stradale di GPL ovvero lavori anche più limitati
che però prevedono la sostituzione dei serbatoi con altri di
diversa tipologia o interventi da realizzare sulle parti degli
impianti (vano pompe in pozzetto, sistema di emergenza)
interessate dai lavori di adeguamento ai sensi del Titolo
dell’Allegato A”.
Normativa di riferimento
Normativa nazionale
Lett. Circ. VV.F 10 ottobre 2005, n. P1252/4106/1sott.38,
D.P.R. 24 ottobre 2003, n. 340 - Chiarimenti in merito
all’applicazione dell’art. 1, comma 2, agli impianti di distribuzione stradale di GPL per autotrazione esistenti. Emanata dal, del soccorso pubblico e della difesa civile, Direzione centrale per la prevenzione e la sicurezza tecnica,
Area prevenzione incendi.
Circ. VV.F 1° marzo 2001, n. P 252/4101, D.P.R. 7 dicembre
2000, n. 440, recante modifiche ed integrazioni al D.P.R. 20
ottobre 1998, n. 447, in materia di sportelli unici per gli
impianti produttivi.
D.Lgs. 26 agosto 1999, n. 346, Modifiche ed integrazioni al
decreto legislativo 13 febbraio 1998, n.32, concernente la
razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti, a norma dell’articolo 4, comma 4 della legge 15
marzo 1997, n.59.
DM Ambiente 24 maggio 1999, n. 246, Regolamento recante norme concernenti i requisiti tecnici per la costruzione,
l’installazione e l’esercizio dei serbatoi interrati.
DM Sanità 20 ottobre 1998, Requisiti tecnici per la costruzione, l’installazione e l’esercizio di serbatoi interrati.
148
Normativa regionale
LR 3 novembre 2003, n. 35, Modifiche alla legge regionale
2 aprile 2001, n. 8 concernente “Nuove norme in materia
di impianti di distribuzione di carburanti”.
LR 2 aprile 2001, n. 8, Nuove norme in materia di impianti di distribuzione di carburanti.
Regolamenti
Regolamenti o Piani comunali dei distributori di carburante.
SCHEDE TECNICHE
Sanità
149
SCHEDA 20 – Notifica di attività a rischio di incidente rilevante
Ambito di applicazione
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Adempimenti
Il gestore (persona fisica o giuridica che gestisce lo stabilimento o l’impianto produttivo) in cui sono presenti sostanze pericolose, è tenuto a trasmettere la Notifica di attività a
rischio di incidente rilevante, agli enti coinvolti.
Le sostanze pericolose, sono quelle generate in quantità
uguale o superiore a quelle indicate nell’All. I, D.Lgs.
334/99 e s.m.i., (“Elenco delle sostanze, miscele e preparati
pericolosi per l’applicazione dell’articolo 2”), e per conseguenza sono considerate suscettibili di causare un incidente rilevante, cioè un evento dovuto a sviluppi incontrollati
che si verificano durante l’attività di uno stabilimento, mettendo in grave pericolo la salute umana o dell’ambiente,
all’interno o all’esterno dello stabilimento stesso.
Il gestore di impianti produttivi in cui sono presenti le suddette sostanze pericolose, oltre alla Notifica è obbligato a
rispettare quanto disposto negli artt. 7 e 8, D.Lgs. 334/99 e
s.m.i. (“Politica di prevenzione degli incidenti rilevanti” e
“Rapporto di sicurezza”).
Sportello unico per le attività produttive territorialmente
competente.
Regione.
Ministero dell’Ambiente;
Regione;
ARPA;
Provincia e Comune territorialmente competenti (ufficio ambiente);
• Prefetto;
• Comitato tecnico regionale o interregionale del Corpo
nazionale dei VV.F.
•
•
•
•
La Notifica indirizzata agli enti coinvolti – entro 180 gg.
dall’inizio della costruzione per i nuovi stabilimenti – deve
contenere le seguenti informazioni:
SCHEDE TECNICHE
(segue)
150
-
nome, o ragione sociale, del gestore e indirizzo completo dello stabilimento;
- sede, o domicilio, del gestore con indirizzo completo;
- nome, o funzione, del responsabile dello stabilimento,
se diverso dal gestore;
- notizie che consentano di individuare le sostanze pericolose o la categoria di sostanze pericolose, la loro
quantità e il loro stato fisico;
- attività in corso, o prevista, dell’impianto o del deposito;
- ambiente circostante lo stabilimento e, in particolare,
gli elementi che potrebbero causare un incidente rilevante o aggravarne le conseguenze.
Contestualmente alla Notifica si inviano, al Ministero dell’Ambiente, alla Regione, al Comune e alla Prefettura competenti per territorio, le informazioni richieste nell’All.V,
D.Lgs. 334/99, (“Schede di informazione sui rischi di incidenti rilevante per i cittadini e i lavoratori”).
Alla Notifica possono essere allegate le certificazioni o
autorizzazioni previste dalla normativa vigente in materia
ambientale e di sicurezza e quanto eventualmente predisposto in base a Regolamenti comunitari, come ad esempio
il Regolamento (CEE) 1836/93, del Consiglio del 29 giugno
1993, sull’adesione volontaria delle imprese del settore
industriale a un sistema comunitario di ecogestione e
audit, e norme tecniche internazionali (c. 6, art. 6).
Ai sensi dell’art.8, D.Lgs. 334/99, nel caso di stabilimenti
in cui risultino presenti sostanze pericolose in quantità
uguali o superiori a quelle indicate nell’All. I, parti I e II,
colonna 3, il gestore è tenuto a redigere un Rapporto di
sicurezza che evidenzi:
- l’adozione del sistema di gestione della sicurezza;
- l’individuazione dei pericoli d’incidente rilevante e la
conseguente adozione delle misure necessarie a prevenire e limitare eventuali danni per l’uomo e per l’ambiente;
- la progettazione, la costruzione, l’esercizio e la manutenzione di qualsiasi impianto, deposito, attrezzatura e infrastruttura, connessi con il funzionamento dello stabilimento, in condizioni di sufficiente sicurezza e affidabilità;
- le misure specifiche che deve adottare il gestore di stabilimenti esistenti, ubicati vicino a zone frequentate dal
pubblico, zone residenziali e zone di particolare interesse naturale, per limitare i rischi alle persone e
all’ambiente circostante (art. 14, co.6, D.Lgs. 334/99);
- la predisposizione di piani d’emergenza interni e la
relativa trasmissione alle autorità competenti degli elementi utili all’elaborazione del piano d’emergenza
esterno (Prefetto), per adottare le misure necessarie, in
caso di incidente rilevante.
SCHEDE TECNICHE
I nuovi stabilimenti devono ottenere il Nullaosta di fattibilità da parte del Comitato tecnico regionale (CTR). A tal
fine, il gestore deve far pervenire al comitato un rapporto
preliminare di sicurezza. Il Permesso di costruire non può
essere concesso in difetto del citato Nullaosta. A quest’ultimo segue il parere tecnico conclusivo rilasciato entro i 4
mesi successivi alla presentazione del Rapporto di sicurezza (definitivo, integrando eventualmente quello preliminare). L’autorità competente è ancora il CTR. Trascorso inutilmente tale termine, il gestore può presentare al Prefetto una
perizia giurata attestante la veridicità e la completezza delle
informazioni, nonché la conformità delle misure di sicurezza adottate alle prescrizioni generali che sono stabilite
dal decreto interministeriale riguardante il Rapporto di
sicurezza citato all’art. 8, co. 4, D.Lgs. 334/99. In difetto di
pronuncia da parte del Prefetto, entro i 2 mesi successivi
alla presentazione di tale perizia giurata, il gestore può dare
inizio all’attività (artt. 8 e 9, D.Lgs. 334/99).
Nel caso di modifiche ad uno stabilimento il gestore,
secondo le procedure e i termini fissati dal DM Ambiente
del 9 agosto 2000, dovrà:
• riesaminare e, se necessario, modificare la politica di
prevenzione, i sistemi di gestione della sicurezza, nonché la Notifica e il Rapporto di sicurezza trasmettendo
all’autorità competente tutte le informazioni utili, qualora si tratti di stabilimenti esistenti;
• riesaminare e, se necessario, modificare il Rapporto di
sicurezza e trasmettere alle autorità competenti tutte le
informazioni utili, prima di attuare le modifiche, qualora si tratti di nuovi stabilimenti;
• comunicare le modifiche relative alla valutazione di
impatto ambientale, all’autorità competente la quale
dovrà pronunciarsi entro un mese.
Piani di emergenza
Gli stabilimenti per i quali è fatto obbligo al gestore di redigere il Rapporto di sicurezza devono essere dotati di Piani
di emergenza interni ed esterni, da predisporsi il primo a
cura del gestore, il secondo a cura del Prefetto. Per la definizione dei Piani di emergenza esterni (PEE), si fa riferimento al recente DPCM 25 febbraio 2005. Esso deve contenere le informazioni di cui all’All. IV, p. 1, D.Lgs. 334/99
ed essere rivisto e aggiornato dal gestore ad opportuni
intervalli e comunque non superiori a 3 anni. Il gestore,
entro i termini suddetti, dovrà trasmettere al Prefetto e alla
Provincia le informazioni utili per la redazione del Piano
di emergenza esterno che sarà adottato previa consultazione della popolazione. Il piano deve contenere le informa-
151
SCHEDE TECNICHE
(segue)
Tempi
152
zioni di cui all’All. IV, p. 2, D.Lgs. 334/99 ed essere rivisto
e aggiornato dalla Prefettura ad opportuni intervalli e
comunque non superiori a 3 anni.
• La Notifica deve essere presentata entro 180 gg. dall’inizio della costruzione dell’impianto.
• Il Rapporto è inviato al CTR secondo la seguente tempistica:
• stabilimenti nuovi: prima dell’inizio dell’attività;
• stabilimenti esistenti: entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto;
• stabilimenti esistenti e non soggetti al DPR 175/88: entro
2 anni dalla data di entrata in vigore del decreto;
• ogni volta che il gestore procede al riesame:
a) almeno ogni 5 anni;
b) quando vi sono modifiche significative.
L’adozione del Piano di emergenza interno è così prevista:
• prima di iniziare l’attività, per gli stabilimenti nuovi;
• entro 2 anni dalla data di entrata in vigore del decreto, per
gli stabilimenti esistenti che non fossero soggetti alle disposizioni contenute nel DPR 175/88;
• entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto,
per gli stabilimenti esistenti soggetti alla disciplina del
DPR 175/88.
Oneri
Scadenza/Rinnovi
Sanzioni
Note
Con DM Ambiente, di concerto con il Ministro delle Attività Produttive e con il Ministro dell’Economia, sono disciplinate le modalità, anche contabili, e le tariffe da applicare in relazione alle istruttorie ed ai controlli previsti dal
D.Lgs. 334/99 e s.m.i.
Ogni 5 anni deve essere riesaminato il Rapporto di sicurezza, salvo modifica dell’impianto.
Ogni 3 anni devono essere aggiornati i piani di emergenza,
salvo modifica dell’impianto.
Art. 27, D.Lgs. 334/99 e s.m.i.
-
-
Le modifiche tecniche disposte, o il mutamento della
classificazione di sostanze pericolose riguardanti gli
stabilimenti, di cui all’art. 2, co.1, D.Lgs. 334/99, devono essere notificate dal gestore, seguendo la regolare
procedura già descritta, entro un anno dall’entrata in
vigore delle suddette modifiche, ovvero dal recepimento delle relative disposizioni comunitarie.
La chiusura definitiva dell’impianto o del deposito,
l’aumento significativo della quantità e la modifica
significativa della natura o dello stato fisico delle
sostanze pericolose presenti, deve essere comunicato
SCHEDE TECNICHE
immediatamente dal gestore a tutti gli enti coinvolti nel
procedimento.
Normativa di riferimento
Normativa comunitaria
Decisione della Commissione 17 luglio 2002, 2002/605/CE,
concernente il questionario relativo alla direttiva 96/82/CE
del Consiglio sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose.
Dirett. 96/82/CE del 9/12/96, Direttiva del Consiglio sul
controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con
determinate sostanze pericolose.
Normativa nazionale
PCM 25 febbraio 2005, Linee Guida per la predisposizione
del Piano di emergenza esterna di cui all’articolo 20,
comma 4, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334.
Circ. Min. Interno 10 ottobre 2001, n. NS6781/4192 sott.1,
Sportello Unico per le Attività Produttive ex D.P.R. 447/98.
Applicabilità dei procedimenti alle attività a rischio di
incidente rilevante.
DM Ambiente del 9 agosto 2000, Individuazione delle
modificazioni di impianti e di depositi, di processi industriali, della natura o dei quantitativi di sostanze pericolose che potrebbero costituire aggravio del preesistente livello di rischio.
DM Ambiente del 9 agosto 2000, Linee guida per l’attuazione del sistema di gestione della sicurezza.
Circ. 25 febbraio 2000, n. 1307/4184, Composizione del
Comitato tecnico regionale nel settore dei rischi di incidente rilevante - Chiarimenti.
Circ. 7 febbraio 2000, n. NS733/4192 sott.1, Decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334. Corsi di formazione degli
ispettori V.F. (I.A.C., I.A.D., I.A.) in materia di rischi di
incidenti rilevanti.
Circ. 17 dicembre 1999 n. NS7244/4184 sott.17, Decreto
legislativo 17 agosto 1999, n. 334. Composizione e funzionamento del CTR Tecnico Regionale.
Circ. 28 ottobre 1999, n. NS6252/4192 sott.1 Art. 24 del
D.Lgs. 334/99. Accadimento di incidente rilevante
D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 334, Attuazione della direttiva
96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose.
Normativa regionale
LR 6 ottobre 1998, n. 45, Istituzione dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale del Lazio (A.R.P.A.).
153
SCHEDE TECNICHE
SCHEDA 21 – Autorizzazione sanitaria per l’esercizio di laboratori di produzione e
depositi all’ingrosso di sostanze alimentari
Ambito di applicazione
154
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Modulistica
Adempimenti
L’esercizio di stabilimenti, laboratori che svolgono attività
di produzione, preparazione, confezionamento, somministrazione, deposito all’ingrosso di sostanze alimentari, è
subordinato al rilascio di Autorizzazione sanitaria (art.2, L
283/62 e artt. 25, 26 e 27, DPR 327/80).
SUAP territorialmente competente.
Comune territorialmente competente.
ASL territorialmente competente.
§Mod. 21 A, “Domanda di Autorizzazione sanitaria ai
sensi dell’art.2, Legge 283/62”.
§Mod. 21 B, “Comunicazione ai sensi dell’art. 27, l. a),
D.P.R. 327/80 e richiesta di aggiornamento dell’Autorizzazione sanitaria ”.
La domanda di Autorizzazione sanitaria deve essere inoltrata allo SUAP che provvede, dopo aver verificato la completezza formale della documentazione allegata, a trasmetterla all’ASL ai fini dell’acquisizione del relativo Parere a
seguito di sopralluogo.
La domanda deve riportare le informazioni che genericamente riguardano:
- il nome, o la ragione sociale, e la sede dell’impresa;
- l’indicazione dell’ubicazione dello stabilimento, o del
laboratorio di produzione, o del deposito;
- l’indicazione, per generi merceologici, delle sostanze
che si intendono preparare, produrre, confezionare o
tenere in deposito;
- la dichiarazione della rispondenza dei locali e degli
impianti ai requisiti igienico-sanitari prescritti;
- l’indicazione dei marchi depositati.
Alla domanda va allegata la seguente documentazione tecnica (dettagliata e specificata dai singoli regolamenti
comunali) che genericamente riguarda:
- le planimetrie dei locali, in scala non superiore a 1:500
(è consigliata la scala 1:100);
- la relazione tecnica con descrizione dei locali, degli
impianti, delle attrezzature e loro precisa collocazione
(layout) ;
- la dichiarazione di avvenuto allacciamento all’acquedotto o, nel caso di approvvigionamento privato, certificato di potabilità dell’acqua rilasciato dal Dipartimento di prevenzione dell’ASL;
SCHEDE TECNICHE
-
-
l’indicazione sulle modalità di smaltimento dei rifiuti
solidi o liquidi;
l’indicazione dei sistemi scelti per assicurare la salubrità e la conservazione delle sostanze alimentari e relativa documentazione, ove richiesta;
documentazione relativa alle Autorizzazioni per le
immissioni in atmosfera;
idonea documentazione in ordine a quanto previsto ed in
ottemperanza al D.Lgs. 155/97 (autocontrollo - HACCP);
un esemplare degli eventuali marchi depositati;
l’attestazione del versamento relativo alla tassa di
sopralluogo.
Ai sensi dell’art. 27, DPR 327/80, l’impresa titolare dell’Autorizzazione, in caso di variazione del nome o ragione
sociale, della sede dell’impresa e dell’indicazione degli
eventuali marchi depositati e degli estremi relativi al deposito degli stessi (per quest’ultimi elementi, la comunicazione deve essere fatta dopo l’avvenuta registrazione e
prima del loro impiego), deve dare Comunicazione (attraverso la compilazione del Mod. 21 B) all’ASL di competenza. La variazione dei suddetti requisiti comporta l’aggiornamento, da parte della ASL, dell’Autorizzazione precedentemente rilasciata.
In caso di trasferimento del locale, precedentemente autorizzato, o di variazione delle sostanze alimentari di cui è
autorizzata la produzione, preparazione, confezionamento e
detenzione; è necessario il rilascio di nuova Autorizzazione.
In caso di semplice modifica ai locali e agli impianti (nel
rispetto dei requisiti igienico-sanitari prescritti), si può
procedere alle modifiche, previo Nullaosta dell’ASL, da
rilasciarsi nel termine di 60 gg. dal ricevimento della
Comunicazione da parte dell’impresa interessata. In caso
di mancata pronuncia, da parte dell’autorità sanitaria nel
termine predetto, il Nullaosta si intende concesso.
Tempi
Oneri
30 gg. per il rilascio da parte dell’ASL competente.
-
Scadenza/Rinnovi
Marca da bollo del valore corrente sulla domanda
unica;
diritti di segreteria;
diritti per parere e sopralluogo dell’ASL, secondo le
tariffe vigenti.
L’Autorizzazione è rilasciata a tempo indeterminato. Tuttavia, la validità del provvedimento è subordinata al possesso e al mantenimento dei requisiti richiesti e autorizzati.
La variazione ai requisiti richiesti può comportare la
necessità di effettuare, da parte dell’impresa titolare del-
155
SCHEDE TECNICHE
(segue)
Sanzioni
Normativa di riferimento
156
l’Autorizzazione, o una semplice Comunicazione (attraverso la compilazione del Mod. 24 B), oppure la richiesta di
rilascio di nuova Autorizzazione (vd. “Adempimenti”).
Art. 2, L 283/62 e s.m.i.
Normativa nazionale
D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 155, Attuazione delle direttive
93/43/CEE e 96/3/CE concernenti l’igiene dei prodotti alimentari.
DPR 26 marzo 1980, n. 327, Regolamento di esecuzione
della L.30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni,
in materia di disciplina igienica della produzione e della
vendita delle sostanze alimentari e delle bevande.
L 23 dicembre 1978, n. 833, Istituzione del servizio sanitario nazionale.
L 30 aprile 1962, n. 283, Modifica degli artt. 242, 243, 247,
250 e 262 del T.U. delle leggi sanitarie approvato con R.D.
27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande.
RD 27 luglio 1934, n. 1265, Approvazione del testo unico
delle leggi sanitarie.
Regolamenti
Regolamenti comunali.
SCHEDA 22 – Classificazione delle industrie insalubri
Ambito di applicazione
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Secondo quanto previsto dall’art. 216, RD 1265/34
(TULLSS), rientra in questo ambito l’impresa che intende
svolgere un’attività presente nell’elenco delle industrie
insalubri, elenco elaborato e aggiornato a cura del Ministero della Sanità.
Il DM Sanità 5 settembre 1994 costituisce il più recente
aggiornamento del suddetto elenco, dove sono individuate
due classi di industrie insalubri:
- prima classe: attività svolte lontano dai centri abitati,
salvo che il titolare dimostri che, con l’introduzione di
nuovi metodi o speciali cautele, non si rechino danni
alla salute del vicinato;
- seconda classe: attività che esigono speciali cautele per
l’incolumità del vicinato.
Sportello unico per le attività produttive territorialmente
competente.
Comune territorialmente competente.
SCHEDE TECNICHE
Altri enti coinvolti
Modulistica
Adempimenti
Tempi
Oneri
ASL territorialmente competente.
§Mod. 22, “Dichiarazione di inizio attività e classificazione di industria insalubre”.
Il titolare delle attività industriali rientranti nell’elenco del
ministero della Sanità, 15 gg. prima di incominciare l’attività, deve darne Comunicazione al Comune (attraverso lo
SUAP), predisponendo un’opportuna relazione sulle cautele adottate per tutelare la salute pubblica.
Il Comune può vietarne l’attivazione o pretendere misure
cautelative per motivi inerenti la salute pubblica, in funzione dell’ubicazione dell’impianto e delle emissioni insalubri da questo derivanti.
Se non intervengono prescrizioni l’attività potrà essere
intrapresa entro 15 gg. dalla Comunicazione.
-
Scadenza/Rinnovi
Sanzioni
Normativa di riferimento
Marca da bollo del valore corrente sulla domanda
unica.
Diritti di emissione di pareri emessi dagli enti terzi
coinvolti nell’endoprocedimento, secondo tariffari specifici.
La validità è subordinata al mantenimento nel tempo della
produzione, dei processi e delle cautele adottate.
Le sanzioni sono quelle previste dall’art. 216, RD 1265/34.
Normativa nazionale
RD 27 luglio 1934, n. 1265, Approvazione del testo unico
delle leggi sanitarie.
DM Sanità 5 settembre 1994, Elenco delle industrie insalubri di cui all’art. 216 del testo unico delle leggi sanitarie.
Regolamenti
Regolamenti comunali.
157
SCHEDE TECNICHE
Prevenzione incendi
158
SCHEDA 23 – Esame di conformità antincendio dei progetti
Ambito di applicazione
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Modulistica
Adempimenti
Rientrano nel campo di applicazione del procedimento
tutte le attività (o gli impianti in cui le attività si svolgono)
presenti nell’elenco allegato al DM Interno del 16 febbraio
1982 e s.m.i.
L’imprenditore che intende realizzare un nuova attività (o
modificarne una esistente) soggetta ai controlli da parte del
Comando dei VV.F, è tenuto a richiedere al comando provinciale l’esame del progetto per ottenere il rilascio del
parere di conformità alla normativa vigente.
Per ottenere l’assenso, il Parere deve essere richiesto su un
progetto all’uopo elaborato.
SUAP territorialmente competente.
Comando provinciale dei VV.F territorialmente competente.
Ispettorato regionale dei VV.F, in caso di deroga.
§Mod. PIN1, “Richiesta Parere di conformità”.
§Mod. Istruzioni PIN1, “Istruzioni sulla redazione della
documentazione tecnica e grafica per il Parere di conformità antincendio”.
L’istanza, redatta secondo il modello e le istruzioni succitate, deve essere presentata direttamente allo SUAP, ai sensi
della Circ. Min. Interno, n. P252/4101 del 1° marzo 2001.
§Mod. Tariffario.
L’istanza, sia che si tratti di procedimento semplificato o di
procedimento mediante autocertificazione, deve riportare
la seguente documentazione tecnica:
- scheda informativa generale in duplice copia (seconda
facciata del Mod. PIN1);
- relazione tecnica in duplice copia;
- elaborati grafici di progetto in duplice copia a firma di
tecnico abilitato.
SCHEDE TECNICHE
La descrizione della documentazione tecnica è riportata
nel Mod. Istruzioni PIN1.
Qualora gli insediamenti, gli impianti, o le attività svolte al
loro interno, presentino caratteristiche tali da non consentire il totale rispetto della normativa vigente, è possibile
presentare motivata domanda per deroga al rispetto delle
condizioni prescritte.
Tempi
Oneri
Scadenza/Rinnovi
Note
Normativa di riferimento
Entro 45 gg. dalla ricezione dell’istanza, il Comando provinciale VV.F, ai sensi dell’art. 2, DPR 37/98, è tenuto a
rilasciare il Parere di conformità, o comunque una formale
comunicazione sullo stato della pratica di prevenzione,
salvo eventuali richieste di integrazione documentale,
mediante trasmissione diretta allo sportello unico.
La richiesta del Parere di conformità antincendio del progetto, in bollo (a meno che questo non sia già stato apposto
sull’istanza unica), deve essere seguita dal versamento dei
diritti di istruttoria alla Tesoreria del Comando provinciale VV.F territorialmente competente. L’importo da versare,
dipende dal tipo di richiesta presentata, dalla la tipologia
e dalla complessità dell’attività sottoposta a controllo e si
desume dal tariffario di Prevenzione incendi (vd. Mod.
Tariffario).
Il Parere di conformità antincendio previsto dall’art. 2,
D.P.R. 37/98 è legato alla realizzazione del progetto cui si
riferisce e, successivamente, al periodo di validità del Certificato di Prevenzione Incendi (CPI) rilasciato sulla base
del progetto realizzato, validità indicata nello stesso elenco allegato al DM Interno del 16 febbraio 1982.
Nella Lett. Circ 22 marzo 2004, n. P559/4101/sott.72/E.6,
“Aggiornamento della modulistica di prevenzione incendi”,
si sottolinea l’obbligo all’utilizzo della modulistica ufficiale
di prevenzione incendi: “Si invitano pertanto codesti Uffici
ad adottare a decorrere dal 1° maggio 2004 unicamente i
modelli qui allegati, a non apportare variazioni di sorta ai
modelli trasmessi e a verificare che l’utenza si attenga scrupolosamente all’utilizzo dei modelli ufficiali. Eventuali
dubbi interpretativi o richieste di variazioni potranno essere
rappresentate a questa Direzione che provvederà ad esaminarle e, se del caso, a proporre i correttivi necessari”.
Normativa nazionale
Lett. Circ. 22 marzo 2004, n. P559/4101/sott.72/E6, Aggiornamento della modulistica di prevenzione incendi.
Circ. Min. Interno 1° marzo 2002, n. P252/4101, D.P.R. 7
dicembre 2000, n. 440, recante modifiche ed integrazioni
al D.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447, in materia di sportelli
unici per gli impianti produttivi.
159
SCHEDE TECNICHE
(segue)
160
DPR 12 gennaio 1998, n. 37, Regolamento recante disciplina
dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi, a norma
dell’articolo 20, comma 8, della L. 15 marzo 1997, n. 59.
DM Interno 16 febbraio 1982, Modificazioni del decreto
ministeriale 27 settembre 1965, concernente la determinazione delle attività soggette alle visite di prevenzione
incendi.
L 26 luglio 1965, n. 966, Disciplina delle tariffe, delle
modalità di pagamento e dei compensi al personale del
Corpo nazionale dei vigili del fuoco per i servizi a pagamento.
DPR 26 maggio 1959, n. 689, Determinazione delle aziende e lavorazioni soggette, ai fini della prevenzione degli
incendi, al controllo del Comando del Corpo dei vigili del
fuoco.
SCHEDA 24 - Certificato di prevenzione incendi
Ambito di applicazione
Rientrano in questo ambito tutte le imprese, le attività (o
gli impianti in cui le attività si svolgono), soggette al controllo di sicurezza per la prevenzione incendi attribuiti alla
competenza dei comandi provinciali dei VV.F.
Sono interessate dal procedimento:
- le attività soggette alle visite e ai controlli di prevenzione incendi, di cui agli All. A e B, DPR 689/59, e
quelle riportate nell’All., DM Interno del 16 febbraio
1982;
- le imprese che, pur essendo già in possesso del Certificato di prevenzione incendi (CPI), intendono apportare modifiche alle strutture o agli impianti, o alle condizioni di esercizio dell’attività, che comporti un’alterazione delle preesistenti condizioni di sicurezza
antincendio.
La richiesta per il rilascio del CPI è subordinato all’ultimazione dei lavori se realizzati conformemente alle prescrizioni del progetto approvato dai VV.F (Parere di conformità).
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Modulistica
SUAP territorialmente competente.
Comando provinciale dei VV.F territorialmente competente.
Ispettorato regionale dei VV.F, in caso di deroga.
§Mod. PIN3, “Richiesta di rilascio del Certificato di prevenzione incendi”.
SCHEDE TECNICHE
La documentazione tecnica da allegare alla richiesta del
Certificato (vd. “Adempimenti”), comporta la compilazione dei seguenti moduli:
§Mod_CERT_REI, “Certificazione di resistenza al fuoco di
elementi costruttivi portanti e/o separanti (con esclusione
delle porte e degli elementi di chiusura), ai sensi del p.1.1,
l.a), All. II , D.M. Interno 4/05/98”;
§Mod_DICH_CORRISP, “Dichiarazione di corrispondenza
in opera di elementi costruttivi portanti e/o separanti con
quelli certificati (con esclusione delle porte e degli elementi di chiusura), ai sensi del p.1.1, l.b), All. II, D.M.Interno 4/05/98”;
§Mod_DICH_RIV_PROT, “Dichiarazione di corretta posa
dei rivestimenti protettivi (vernici intumescenti, intonaci,
lastre) per elementi costruttivi portanti e/o separanti ai fini
della resistenza al fuoco, ai sensi del p.1.1, l.b), All. II,l
D.M. Interno 4/05/98”;
§Mod_DICH_POSA_OPERA, “Dichiarazione di corretta
posa in opera dei materiali classificati ai fini della reazione al fuoco (compresi i prodotti vernicianti ignifughi di cui
al D.M. 6/03/92), delle porte ed altri elementi di chiusura e
dei prodotti con funzione di compartimentazione classificati ai fini della resistenza al fuoco, ai sensi dei pp. 2.1 e
2.2, All. II, D.M. Interno 4/05/98”;
§Mod_DICH_IMP, “Dichiarazione di corretta installazione
di impianti con progetto o di componenti di impianti con
specifica funzione ai fini della sicurezza antincendio ma
non ricadenti nel campo di applicazione della L. 46/90 e
successivi aggiornamenti”.
§Mod_CERT_IMP, “Certificazione di impianto rilevante ai
fini della sicurezza antincendio in assenza di progetto ma
non ricadente nel campo di applicazione della L.46/90 e
successivi aggiornamenti”.
§Mod_DICH_CONF, “Dichiarazione di conformità nel settore della reazione al fuoco ai sensi dell’art.2, p.7, D.M.
Interno 26/06/84”.
§Mod. Tariffario.
Adempimenti
L’istanza (in duplice copia, di cui l’originale in bollo) deve
essere redatta secondo il Mod. PIN3 e presentata unitamente ai seguenti documenti:
- copia del Parere dei VV.F;
- documentazione tecnica probatoria, con tabella riepilogativa, relativa agli elementi strutturali portanti e/o
separanti, classificati ai fini della resistenza al fuoco, di
cui al p.1, All. II, DM Interno 4 maggio 1998;
- documentazione tecnica probatoria, con tabella riepilogativa, relativa ai materiali, classificati ai fini della rea-
161
SCHEDE TECNICHE
(segue)
-
162
-
-
zione al fuoco, alle porte e ad altri elementi di chiusura, classificati ai fini della resistenza al fuoco, di cui al
p.2 dell’All. II, DM Interno 4 maggio 1998;
documentazione tecnica probatoria, con tabella riepilogativa, relativa agli impianti di cui al p. 3 dell’All. II,
DM Interno 4 maggio 1998, rilevanti ai fini della sicurezza antincendio;
documentazione tecnica probatoria, con tabella riepilogativa, relativa alle attrezzature e ai componenti d’impianti, di cui al p.4 dell’All. II, DM Interno 4 maggio
1998, aventi specifica funzione ai fini della sicurezza
antincendio;
ricevuta di versamento dei diritti di segreteria VV.F.
La documentazione tecnica indicata, come si è già detto,
comporta la compilazione dei seguenti moduli:
- Mod_CERT_REI;
- Mod_DICH_CORRISP;
- Mod_DICH_RIV_PROT;
- Mod_DICH_POSA_OPERA;
- Mod_DICH_IMP.
Per impianti non ricadenti nel campo di applicazione della
L 46/90, la dichiarazione di conformità può essere sostituita dalla dichiarazione di corretta installazione e funzionamento, redatta dall’installatore, corredata di progetto a
firma di un professionista, riferito alle eventuali norme di
prodotto e/o agli eventuali requisiti prestazionali previsti
da disposizioni vigenti, o da prescrizioni del Comando
provinciale VV.F.
- Mod_CERT_IMP.
In assenza di progetto, si possono produrre certificazioni a
firma di un professionista iscritto negli elenchi del Ministero dell’Interno, di cui alla L 818/84, corredata di documentazione tecnica illustrativa, che specifichi il rispetto
dei requisiti tecnici e prestazionali previsti da disposizioni vigenti o da prescrizioni del Comando provinciale VV.F;
- Mod_DICH_CONF.
Tempi
Oneri
Entro 90 gg. dalla presentazione della domanda, i VV.F
dovranno effettuare il sopralluogo di verifica. Il termine
può essere prorogato, per una sola volta, di 45 gg., dandone motivata comunicazione al richiedente. Entro i 15 gg.
successivi al sopralluogo, ad esito positivo, il Certificato
viene rilasciato.
-
Marca da bollo del valore corrente sulla domanda
unica;
diritti di segreteria determinati in base ad apposita
tabella dei VV.F, vd. Mod.Tariffario.
SCHEDE TECNICHE
Scadenza/Rinnovi
Note
Normativa di riferimento
Nell’Elenco allegato al DM Interno del 16 febbraio 1982,
per ogni attività, è prevista la cadenza con cui andranno
effettuati i sopralluoghi. La validità del CPI corrisponde a
tale periodicità (3-6 anni).
Il rinnovo del CPI viene concesso solo quando sia appositamente dichiarato dal soggetto interessato e non risultino
variazioni intervenute nella struttura produttiva (incidenti
sui parametri della conformità antincendio).
Per il rinnovo del CPI occorre presentare al Comando dei
VV.F, in tempo utile, prima della scadenza del certificato,
un’apposita domanda corredata della necessaria documentazione. Sulla base della documentazione prodotta, entro
15 gg. dalla data di presentazione della domanda, il
Comando deve provvedere.
§Mod_PIN5, “Richiesta del rinnovo del Certificato di prevenzione incendi”;
§Mod_PIN6, “Dichiarazione di “situazione non mutata”,
da allegare all’istanza di rinnovo del CPI, ai sensi dell’ art.
4, DPR 37/98”;
§Mod_PIN7, “Perizia giurata attestante la funzionalità e
l’efficienza degli impianti di protezione attiva antincendi
(con esclusione delle attrezzature mobili di estinzione), da
allegare all’istanza di rinnovo del CPI, art. 4, D.P.R.37/98”.
Nella Lett.Circ. del 22 marzo 2004, n. P559/4101/sott.72/E6,
“Aggiornamento della modulistica di prevenzione
incendi”, si sottolinea l’obbligo all’utilizzo della modulistica ufficiale di prevenzione incendi: “Si invitano pertanto codesti Uffici ad adottare a decorrere dal 1° maggio
2004 unicamente i modelli qui allegati, a non apportare
variazioni di sorta ai modelli trasmessi e a verificare che
l’utenza si attenga scrupolosamente all’utilizzo dei modelli ufficiali. Eventuali dubbi interpretativi o richieste di
variazioni potranno essere rappresentate a questa Direzione che provvederà ad esaminarle e, se del caso, a proporre i correttivi necessari”.
Normativa nazionale
Lett.Circ. 22 marzo 2004, n. P559/4101/sott.72/E6, Aggiornamento della modulistica di prevenzione incendi.
DM Interno 4 maggio 1998, Disposizioni relative alle
modalità di presentazione ed al contenuto delle domande
per l’avvio dei procedimenti di prevenzione incendi, nonché all’uniformità dei connessi servizi resi dai Comandi
provinciali dei vigili del fuoco.
DPR 12 gennaio 1998, n. 37, Regolamento recante disciplina
dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi, a norma
dell’articolo 20, comma 8, della L. 15 marzo 1997, n. 59.
DM Interno 26 giugno 1984, Classificazione di reazione al
163
SCHEDE TECNICHE
fuoco ed omologazione dei materiali ai fini della prevenzione incendi.
DM Interno 16 febbraio 1982, Modificazioni del decreto
ministeriale 27 settembre 1965, concernente la determinazione delle attività soggette alle visite di prevenzione
incendi.
L 26 luglio 1965, n. 966, Disciplina delle tariffe, delle
modalità di pagamento e dei compensi al personale del
Corpo nazionale dei vigili del fuoco per i servizi a pagamento.
164
SCHEDA 25 – Dichiarazione di inizio attività soggetta alle norme di prevenzione
incendi
Ambito di applicazione
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Modulistica
Adempimenti
Oneri
Scadenza/Rinnovi
Note
Rientrano nel campo di applicazione del procedimento, le
attività (o gli impianti in cui si svolgono le attività) con le
caratteristiche previste dall’elenco allegato al DM Interno
16 febbraio 1982, sulle quali sia già stato acquisito il Parere di conformità antincendio sul progetto e sia già stato
richiesto il rilascio del Certificato di prevenzione incendi.
Sportello unico per le attività produttive territorialmente
competente.
Comando provinciale dei VV.F territorialmente competente.
Ispettorato regionale dei VV.F, in caso di deroga.
§Mod. PIN4, “Dichiarazione di inizio attività”.
La domanda va presentata in duplice copia, di cui l’originale in bollo.
L’interessato, in attesa del sopralluogo, può presentare al
Comando dei VV.F, la Dichiarazione di inizio attività (Mod.
PIN4), in duplice copia e corredata della documentazione
tecnica e dell’istanza di sopralluogo per il rilascio del CPI.
Il Comando rilascia la ricevuta dell’avvenuta presentazione che, ai soli fini antincendio, costituisce Autorizzazione
provvisoria all’esercizio dell’attività.
Marca da bollo del valore corrente sulla domanda unica.
La dichiarazione ha validità fino al rilascio del regolare CPI.
Nella Lett.Circ 22 marzo 2004, n. P559/4101/sott.72/E.6,
“Aggiornamento della modulistica di prevenzione incendi”, si sottolinea l’obbligo all’utilizzo della modulistica
ufficiale di prevenzione incendi: “Si invitano pertanto
SCHEDE TECNICHE
codesti Uffici ad adottare a decorrere dal 1° maggio 2004
unicamente i modelli qui allegati, a non apportare variazioni di sorta ai modelli trasmessi e a verificare che l’utenza si attenga scrupolosamente all’utilizzo dei modelli ufficiali. Eventuali dubbi interpretativi o richieste di variazioni potranno essere rappresentate a questa Direzione che
provvederà ad esaminarle e, se del caso, a proporre i correttivi necessari”.
Normativa di riferimento
Normativa nazionale
Lett. Circ. 22 marzo 2004, n. P559/4101/sott.72/E.6, Aggiornamento della modulistica di prevenzione incendi.
DPR 12 gennaio 1998, n. 37, Regolamento recante disciplina
dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi, a norma
dell’articolo 20, comma 8, della L. 15 marzo 1997, n. 59.
165
SCHEDE TECNICHE
Agricoltura
166
SCHEDA 26 – Agriturismo
Ambito di applicazione
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Ricade nel campo di applicazione del procedimento l’imprenditore agricolo che intenda esercitare un’attività agrituristica, secondo quanto espresso nell’art. 2, co. 1, LR 36/97.
Le attività agrituristiche sono “esclusivamente quelle di
ricezione e ospitalità esercitate dagli imprenditori agricoli di
cui all’articolo 2135 del codice civile, (come sostituito dall’art. 1, co. 1, D.Lgs. 228/01), singoli od associati e dai loro
familiari di cui all’articolo 230-bis del codice civile, utilizzando la propria azienda, in rapporto di connessione e complementarietà rispetto alle attività di coltivazione del fondo,
silvicoltura, allevamento del bestiame, che devono comunque rimanere principali in termini di tempo di lavoro”.
Sono considerate tra le attività agrituristiche: l’offerta di
ospitalità stagionale, “anche in spazi aperti destinati alla
sosta di campeggiatori; somministrare, per la consumazione sul posto, pasti e bevande costituiti prevalentemente da
prodotti propri e/o tipici della zona in cui l’azienda ricade,
ivi compresi quelli di carattere alcolico e superalcolico;
organizzare attività ricreative, divulgative e culturali nell’ambito dell’azienda.” (art. 2, co. 3).
L’art. 3, cc.1 e 2, della suddetta legge regionale, definisce
gli immobili che possono essere utilizzati per le attività
agrituristiche.
Per esercitare l’attività agrituristica è richiesta l’Autorizzazione, ai sensi dell’art. 8, LR 36/97.
SUAP territorialmente competente.
Comune.
• Comune (SUE) ai fini del rilascio del titolo abilitati vo
edilizio per interventi da realizzare sugli immobili
destinati all’attività agrituristica;
• Provincia:“Presso ciascuna Amministrazione provinciale
è istituito l’elenco provinciale dei soggetti abilitati all’e-
SCHEDE TECNICHE
sercizio delle attività agrituristiche, tenuto da una commissione provinciale…” (art. 7, co. 1, LR 36/97);
• AUSL ai fini della verifica dei requisiti igienico-sanitari degli immobili da destinare all’attività agrituristica
(art. 5 , LR 36/97);
• Enti vari preposti al rilascio di atti autorizzativi, pareri, atti
di assenso comunque denominati rientranti nel procedimento finalizzato all’esercizio dell’attività agrituristica (prevenzione incendi, scarichi, inquinamento acustico ecc.);
• APT.
Modulistica
Adempimenti
§Mod.26, “Domanda di Autorizzazione unica per agriturismo”.
L’attivazione del procedimento per l’esercizio dell’attività
di agriturismo, comporta la presentazione da parte dell’interessato (con i requisiti richiesti dall’art.2 , co. 1, LR
36/97 e iscritto nell’elenco provinciale di cui all’art. 7 della
suddetta legge regionale) della domanda in bollo di Autorizzazione presso lo sportello unico del Comune territorialmente competente.
L’istanza di Autorizzazione deve contenere la domanda in
bollo riportante le informazioni contenute nell’art. 8, co. 1,
LR 36/97 riguardanti:
• iscrizione nel Registro imprese della CCIAA;
• iscrizione all’elenco provinciale dei soggetti abilitati
all’esercizio delle attività agrituristiche;
• descrizione dettagliata delle attività proposte fra
quelle riconosciute idonee in sede di iscrizione all’elenco provinciale;
• indicazione delle caratteristiche dell’azienda, degli
edifici e delle aree da utilizzare;
• indicazione dei periodi di esercizio dell’attività;
• indicazione delle tariffe che si intendono praticare
nell’anno in corso;
• indicazione del numero delle persone addette e del
rispettivo rapporto con l’azienda agricola;
Le suddette informazioni possono essere riportate in
apposita relazione illustrativa allegata alla domanda
(art. 8, co. 2, LR 36/97).
La domanda, inoltre, deve essere corredata della seguente
documentazione:
• idonea certificazione dalla quale risulti il possesso
dei requisiti di cui agli artt. 11 e 92 del TULPS (RD
773/31) e all’art. 5, L 59/63
• copia del libretto sanitario;
• parere ASL competente per territorio (o domanda di
Autorizzazione) relativamente all’idoneità igienico-
167
SCHEDE TECNICHE
(segue)
•
•
168
•
•
•
•
•
sanitaria degli immobili e dei locali da utilizzare per
l’attività agrituristica;
ove necessaria, copia della Concessione edilizia e/o
richiesta del titolo abilitativo edilizio, in caso di fabbricato in costruzione o da costruire, riferito ai locali
da utilizzare per l’attività agrituristica;
certificato di iscrizione nell’elenco provinciale di
cui all’art. 7, co. 1, LR 36/97;
il consenso del proprietario se la richiesta viene
avanzata dall’affittuario del fondo e/o degli edifici,
ovvero dell’imprenditore agricolo se la richiesta è
avanzata da familiare dello stesso;
relazione a firma autenticata del richiedente contenente la descrizione delle caratteristiche specifiche
dell’ordinamento colturale e produttivo e dell’organizzazione gestionale dell’azienda nonché degli edifici presenti e delle aree da adibire ad uso agrituristico;
dichiarazione sostitutiva di certificazione art. 46,
DPR 445/00;
(in caso di struttura oltre 25 posti letto), Certificato di
conformità alle norme vigenti in materia di prevenzione incendi o la richiesta di Parere di conformità o
Dichiarazione inizio attività;
dichiarazione di non installazione di impianti e macchinari.
La documentazione di sopra descritta, se già in possesso da
parte del richiedente, deve essere allegata alla domanda; in
caso contrario l’istanza per l’attivazione del procedimento
comprenderà la documentazione con relative domande, riferita agli endoprocedimenti rientranti nell’istruttoria tecnica.
Consegnata la pratica allo sportello unico, entro 90 gg.,
deve essere trasmessa la pronuncia di accoglimento o
diniego,“…L’Autorizzazione comunale deve specificare le
attività agrituristiche consentite ed i periodi di esercizio
che, comunque, non possono essere superiori a complessivi nove mesi annui. L’autorizzazione, inoltre, deve specificare il numero massimo degli addetti all’attività agrituristica” (art. 8, co. 4, LR 36/97).
“Scaduti i novanta giorni senza che ci sia stata alcuna pronuncia, la domanda si intende accolta” (art. 8, co. 5, LR
36/97).
Il soggetto autorizzato allo svolgimento di attività agrituristiche è tenuto al rispetto degli obblighi amministrativi
riportati nell’ art. 9, LR 36/97.
Tempi
Oneri
90 gg. per la pronuncia sul procedimento.
-
Marca da bollo del valore corrente sulla domanda unica;
SCHEDE TECNICHE
Scadenza/Rinnovi
Sanzioni
Normativa di riferimento
contributo di costruzione e diritti di segreteria per Permesso di costruire/DIA;
diritti di emissione pareri di uffici ed enti terzi coinvolti nella procedura unica come da tariffari specifici.
L’Autorizzazione ha validità temporale illimitata, ma può
essere sospesa, con provvedimento motivato, “…per un
periodo compreso tra dieci e trenta giorni per violazione
degli obblighi di cui all’articolo 9 e comunque per temporanea inosservanza delle norme igienico-sanitarie e di
pubblica sicurezza nell’esercizio degli alloggi agrituristici”
(art. 11, co. 1).
L’Autorizzazione può essere revocata, mediante provvedimento motivato, “…qualora si accerti che l’operatore agrituristico:
a) non abbia intrapreso l’attività entro un anno dalla
data fissata nell’autorizzazione, ovvero abbia sospeso
l’attività da almeno un anno;
b) abbia definitivamente perduto i requisiti richiesti per
il rilascio dell’autorizzazione di cui all’articolo 8;
c) sia incorso durante l’anno solare, in più provvedimenti di sospensione di cui al comma 1, per complessivi sessanta giorni;
d) non abbia rispettato i vincoli di destinazione di uso
degli immobili interessati”.(art. 11, co. 2, LR 36/97).
Inoltre ai sensi dell’art. 12 della suddetta legge regionale,
“Entro il 31 luglio di ciascun anno il soggetto autorizzato
all’esercizio dell’agriturismo deve presentare al Comune
ed all’Azienda di promozione turistica (A.P.T.) competente
per territorio una dichiarazione contenente l’indicazione
delle tariffe che intende praticare per l’anno successivo”.
Le sanzioni amministrative sono quelle riportate nell’art.
10, LR 36/97, riguardante l’attribuzione della denominazione di “Agriturismo”.
Normativa nazionale
D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell’articolo 7 della L.
5 marzo 2001, n. 57.
L 29 marzo 2001, n. 135, Riforma della legislazione nazionale del turismo.
L 5 dicembre 1985, n. 730, Disciplina dell’agriturismo.
RD 6 maggio 1940, n. 635, Approvazione del regolamento
per l’esecuzione del testo unico 18 giugno 1931, n. 773
delle leggi di pubblica sicurezza.
RD 18 giugno 1931, n. 773, Approvazione del testo unico
delle leggi di pubblica sicurezza.
169
SCHEDE TECNICHE
(segue)
170
Normativa regionale
Delib.CR 1° dicembre 1999, n. 597, Legge regionale n.
36/1997, art. 5, norme in materia di agriturismo. Linee di
indirizzo e coordinamento. Norme igienico-sanitarie in
materia di agriturismo.
Delib.CR 1° dicembre 1999, n. 593, Legge regionale n.
36/1997, art. 18. Approvazione piano regionale agrituristico e di rivitalizzazione delle aree rurali
LR 10 novembre 1997, n. 36, Norme in materia di agriturismo.
Regolamenti
Regolamenti comunali.
SCHEDA 27 – Esercizio dell’attività di apicoltura
Ambito di applicazione
Ricade nel campo di applicazione del procedimento il soggetto che intenda esercitare l’attività di apicoltore secondo
quanto espresso nell’art. 3, L 313/04:
“1. È apicoltore chiunque detiene e conduce alveari.
2. È imprenditore apistico chiunque detiene e conduce alveari ai sensi dell’articolo 2135 del codice civile.
3. È apicoltore professionista chiunque esercita l’attività
di cui al comma 2 a titolo principale”.
La LR 75/88 e la Delib.GR 1675/00, rimangono applicabili
esclusivamente per le parti compatibili con la recente normativa nazionale, L 313/04, entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione (GU del 31 dicembre 2004, n. 306).
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Adempimenti
SUAP del Comune competente per territorio.
ASL competente territorialmente (servizi veterinari) ai
fini della presentazione della Denuncia o della Comunicazione.
• Uffici delle ASL preposti ai fini della vigilanza sugli
interventi e accertamenti sanitari.
• Comune-SUE (sportello unico per l’edilizia) preposto al
rilascio del titolo abilitativo edilizio se necessario.
Ai sensi dell’art. 6, L 313/04, chiunque detenga apiari e
alveari è obbligato a farne denuncia anche per il tramite
delle associazioni degli apicoltori operanti nel territorio,
specificando collocazione e numero di alveari. Per gli apiari esistenti la denuncia deve essere fatta entro 180 gg. dalla
data di entrata in vigore della legge. In caso di variazione
SCHEDE TECNICHE
nella collocazione o nella consistenza degli alveari, pari ad
almeno il 10 % in più o in meno, la denuncia deve essere
effettuata entro il 31 dicembre dell’anno.
Chiunque intraprenda per la prima volta l’attività è tenuto
a darne Comunicazione.
Le Denunce e le Comunicazioni sono indirizzate ai servizi
veterinari dell’ASL competente.
In caso di Comunicazione di inizio di attività, il soggetto
interessato deve presentare apposita domanda allo SUAP
territorialmente competente; l’istanza deve essere comprensiva della domanda finalizzata al rilascio del titolo abilitativo edilizio in caso di esecuzione di interventi edilizi
sui locali o su unità immobiliari.
In merito alle distanze minime per gli apiari, secondo
quanto definito nell’art. 7, co. 4, L 313/04, “…le regioni
possono determinare la distanza di rispetto tra apiari,
composti da almeno cinquanta alveari, in un raggio massimo di 200 metri”. Inoltre l’art. 8, LR 313/04, introduce l’art.
896-bis del Codice civile in cui si definisce che, “Gli apiari devono essere collocati a non meno di dieci metri da
strade di pubblico transito e a non meno di cinque metri
dai confini di proprietà pubbliche o private.
Il rispetto delle distanze di cui al primo comma non è
obbligatorio se tra l’apiario e i luoghi ivi indicati esistono
dislivelli di almeno due metri o se sono interposti, senza
soluzioni di continuità, muri, siepi o altri ripari idonei a
non consentire il passaggio delle api. Tali ripari devono
avere una altezza di almeno due metri. Sono comunque
fatti salvi gli accordi tra le parti interessate.
Nel caso di accertata presenza di impianti industriali saccariferi, gli apiari devono rispettare una distanza minima
di un chilometro dai suddetti luoghi di produzione”.
Per quanto attiene la cessione a qualsiasi titolo di alveari e
di api e il loro trasferimento o lo spostamento di alveari per
nomadismo nell’ambito del territorio laziale, rimangono
validi i contenuti degli artt. 10 e 11, LR 75/88, per quanto
compatibili con la recente normativa nazionale (L 313/04).
Tempi
Oneri
I soggetti che esercitano già l’attività devono effettuare la
Denuncia entro 180 gg. dalla data di entrata in vigore della L
313/04 (entrata in vigore il giorno successivo a quello della
sua pubblicazione sulla GU del 31 dicembre 2004, n. 306).
Se alla Comunicazione di inizio attività è collegata la richiesta del titolo abiliativo edilizio, bisogna considerare i tempi
dello SUAP previsti per il rilascio del suddetto titolo.
-
Marca da bollo del valore corrente sulla domanda
unica;
171
SCHEDE TECNICHE
Scadenza/Rinnovi
172
Sanzioni
Normativa di riferimento
contributo di costruzione e diritti di segreteria per Permesso di costruire/DIA.
Trattandosi di Denuncia e/o di Comunicazione, non sono
previsti termini di scadenza; tuttavia ai sensi dell’art.6, co.
3, LR 313/04, “I trasgressori all’obbligo di denuncia o di
comunicazione non possono beneficiare degli incentivi
previsti per il settore”.
Ai sensi dell’art. 10, L 313/04: “Per le violazioni delle disposizioni della presente legge e delle leggi regionali in
materia, le regioni provvedono alla determinazione di sanzioni amministrative, fatta salva l’applicazione delle sanzioni per illeciti di natura tributaria di cui al decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 e al decreto legislativo 18
dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni, per le
quali la competenza resta affidata agli organi statali”.
Normativa nazionale
L 24 dicembre 2004, n. 313, Disciplina dell’apicoltura.
Codice Civile, art. 2135, Imprenditore agricolo e art. 896bis, Distanze minime per gli apiari.
Normativa regionale
Delib.GR 18 luglio 2000, n. 1675, Linee guida regionali per
il controllo e la vigilanza nel settore apistico in materia di
igiene e sanità dell’allevamento.
LR 21 novembre 1988, n. 75, Norme per l’incremento ed il potenziamento dell’apicolturalaziale.
Regolamenti
Regolamenti previsti dalla Regione che, nel rispetto della
normativa comunitaria vigente e sulla base del documento
programmatico, di cui all’art. 5, LR 313/04, individuano le
limitazioni e i divieti cui sottoporre i trattamenti antiparassitari con prodotti fitosanitari ed erbicidi tossici per le
api sulle colture arboree, erbacee, ornamentali e spontanee
durante il periodo di fioritura, stabilendo le relative sanzioni. (art. 4, LR 313/04).
SCHEDA 28 – Autorizzazione alla produzione di prodotti fitosanitari e relativi
coadiuvanti
Ambito di applicazione
Ricade nel campo di applicazione del procedimento, l’impresa e/o il soggetto che intenda produrre prodotti fitosanitari e relativi coadiuvanti.
Per l’esercizio di tale attività è necessario ottenere l’Autoriz-
SCHEDE TECNICHE
zazione ai sensi di quanto detta in materia il DPR 290/01 e
s.m.i.
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Modulistica
Adempimenti
SUAP del Comune competente per territorio.
Ministero della Salute: Dipartimento alimenti, nutrizione e
sanità pubblica veterinaria.
• Comune territorialmente competente;
• ASL territorialmente competenti ai fini delle ispezioni
dei locali;
• Enti vari coinvolti nel procedimento in materia di rilascio del titolo abilitativo edilizio per i locali preposti
all’esercizio dell’attività, prevenzione incendi, rischi di
incidenti rilevanti, emissioni in atmosfera, smaltimento
dei rifiuti, smaltimento delle acque, impianti elettrici,
sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro,
nonché di ogni altra normativa vigente in relazione alle
tipologie produttive dell’impianto.
“Modello di domanda per Autorizzazione”.
Rilascio dell’Autorizzazione
Il titolare dell’esercizio (o dell’impresa) che intenda produrre prodotti fitosanitari e loro coadiuvanti, presenta la
domanda finalizzata al rilascio dell’Autorizzazione, allo
SUAP territorialmente competente, indirizzata al Dipartimento alimenti, nutrizione e sanità pubblica veterinaria del
Ministero della Sanità, preposto al rilascio del suddetto atto.
La domanda deve contenere le indicazioni riportate nell’art. 4, DPR 290/01 e s.m.i.:
“a) autocertificazione dell’iscrizione alla camera di commercio, industria ed artigianato per lo svolgimento
dell’attività per la quale l’autorizzazione è richiesta;
b) numero di codice fiscale o di partita I.V.A.;
c) indicazione dei tipi di formulazione e classificazione
di pericolo dei prodotti che si intendono produrre;
d) planimetria in scala 1:100, con descrizione dei locali ed
indicazione della relativa destinazione d’uso:
e) relazione tecnico-descrittiva concernente l’ubicazione,
la tipologia degli impianti e delle tecnologie produttive,
le apparecchiature di controllo e di analisi della produzione, i sistemi di sicurezza;
f) autocertificazione che attesti il rispetto della normativa vigente relativamente ai sistemi antincendio, ai
rischi di incidenti rilevanti, alle emissioni in atmosfera, allo smaltimento dei rifiuti, allo smaltimento delle
acque, agli impianti elettrici, alla sicurezza e alla salute dei lavoratori sul luogo di lavoro, nonché di ogni
altra normativa vigente in relazione alle tipologie produttive dell’impianto;
173
SCHEDE TECNICHE
(segue)
g) nominativo del direttore tecnico dello stabilimento e
dichiarazione, da questi resa, di accettazione dell’incarico” (i requisiti e i compiti del direttore tecnico
sono elencati nell’art. 5 del succitato decreto);
Al ricevimento della documentazione tecnica e verificata
la completezza formale della stessa, il dipartimento nei 30
gg. successivi, dispone un sopralluogo ispettivo finalizzato
ad accertare l’idoneità dei locali, degli impianti e delle
attrezzature, effettuato da una commissione composta da
un funzionario chimico del Dipartimento e da un funzionario chimico del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale e da personale appartenente ad altre amministrazioni. Ai sopralluoghi ispettivi possono partecipare rappresentanti delle ASL competenti per territorio, alle quali
è data comunicazione della data del sopralluogo ed è contestualmente trasmessa copia della richiesta e della relativa documentazione prodotta dall’interessato.
Entro i 15 gg. successivi al sopralluogo la Commissione trasmette al Dipartimento la relazione ispettiva e l’eventuale
documentazione in essa citata, e, in caso di:
- esito negativo, il Dipartimento notifica allo SUAP (che
provvede a trasmetterlo al richiedente), il rigetto dell’istanza allegando al provvedimento copia della relazione medesima;
- nell’ipotesi di carenze di lieve entità, il rilascio dell’Autorizzazione è subordinato alla previa verifica
della rimozione di tali carenze, che è dimostrata dal
richiedente mediante la produzione della idonea certificazione rilasciata al riguardo dagli organi competenti;
- esito favorevole, al richiedente (mediante lo SUAP)
viene rilasciata l’Autorizzazione.
174
Qualora l’impresa disponga di più stabilimenti deve essere
presentata una domanda per ogni singolo stabilimento e
qualunque variazione di sede dello stabilimento comporta
la richiesta di nuova Autorizzazione.
Tempi
Oneri
I tempi previsti per il rilascio dell’Autorizzazione da parte
del Dipartimento sono di 120 gg. Tuttavia, in base all’art.
27-bis, D.Lgs.112/98, la tempistica deve rispettare quella
dettata dal DPR 447/98 e s.m.i.
-
Scadenza/Rinnovi
Marca da bollo del valore corrente sulla domanda
unica;
oneri vari per gli endoprocedimenti collegati.
Non sono previste scadenze dell’atto autorizzatorio tranne
la necessità di rinnovo dello stesso per modifiche compor-
SCHEDE TECNICHE
tanti variazioni delle condizioni precedentemente autorizzate o per trasferimento di sede dello stabilimento.
L’Autorizzazione viene revocata, da parte del Dipartimento, in caso in cui accertate delle carenze delle condizioni
precedentemente autorizzate, le stesse non vengono regolarizzate nei termini prefissati.
Sanzioni
Note
Normativa di riferimento
Le sanzioni amministrative pecuniarie sono quelle previste
dalla normativa di settore.
Qualora per l’impresa e/o per il soggetto che intenda produrre prodotti fitosanitari e relativi coadiuvanti, si rendesse necessaria anche la richiesta di titolo abilitativo edilizio
connesso ai locali predisposti all’esercizio della suddetta
attività, alla richiesta di Autorizzazione, deve essere allegata la documentazione tecnica prevista per il rilascio del
titolo abilitativo edilizio (vd. schede: “Permesso di costruire” o “DIA”), oltre alla documentazione tecnica prevista
per gli endoprocedimenti convergenti (scarichi, emissioni
in atmosfera, rifiuti, ecc.).
In tal caso l’istruttoria tecnica terrà conto anche dei tempi
previsti per il rilascio degli Atti, Pareri o Nullaosta specifici agli endoprocedimenti.
Normativa nazionale
Circ. Min. Politiche Agricole e Forestali del 30 ottobre
2002, Modalità applicative dell’art. 42 del decreto del Presidente della Repubblica 23 aprile 2001, n. 290, relativo ai
dati di produzione, esportazione, vendita ed utilizzo di
prodotti fitosanitari e coadiuvanti di prodotti fitosanitari.
DPR 23 aprile 2001, n. 290, Regolamento di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione alla produzione,
alla immissione in commercio ed alla vendita di prodotti
fitosanitari e relativi coadiuvanti.
D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 194, Attuazione direttiva
91/414/CEE in materia di immissione in commercio di prodotti fitosanitari.
SCHEDA 29 – Autorizzazione alla immissione in commercio e alla vendita
di prodotti fitosanitari e relativi coadiuvanti
Ambito di applicazione
Ricade nel campo di applicazione del procedimento, l’impresa e/o il soggetto che intenda immettere in commercio
e/o vendere prodotti fitosanitari e relativi coadiuvanti. Ai
fini dell’esercizio delle suddette attività, la Regione Lazio,
con la Delib.GR 607/03, ha dettato le Linee-guida in attuazione del DPR 290/01 e s.m.i., in materia di deposito e/o
175
SCHEDE TECNICHE
(segue)
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
176
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Modulistica
vendita di prodotti fitosanitari e di coaudivanti di prodotti fitosanitari.
Sportello unico per le attività produttive del Comune competente per territorio.
Comune, ai sensi dell’art. 143, LR 14/99 e s.m.i., quale
autorità competente al rilascio dell’Autorizzazione al deposito e/o vendita dei prodotti fitosanitari e loro coadiuvanti.
L’art. 1, p.1.1, Delib.GR 607/03, riguardo all’autorità competente al rilascio dell’Autorizzazione, definisce quanto
segue: “Ai sensi degli artt. 21 e 22 del D.P.R. n. 290/2001,
la Regione individua il Comune quale Autorità Sanitaria
territorialmente competente al rilascio dell’autorizzazione
al deposito e/o vendita di prodotti fitosanitari e loro
coadiuvanti, previo parere favorevole sull’idoneità dei
locali del Servizio Igiene degli Alimenti e della Nutrizione
(S.I.A.N.) dell’A.S.L. e del Servizio Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (S.Pre.S.A.L.) per quanto attiene la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro di cui al
D.Lgs. n. 626/1994”.
La Delib.GR 607/03, definisce le competenze che spettano
alla Regione, e alle AA.SS.LL., quali enti coinvolti nel procedimento.
• Regione: Area 4B “Tutela della Salute in Ambienti di
vita e di lavoro” della Direzione regionale servizio sanitario regionale, incaricata a trasmettere annualmente al
Ministero della Salute e al Ministero delle Politiche e
Forestali - Servizio informativo agricolo nazionale
(SIAN), gli elenchi aggiornati dei soggetti autorizzati al
deposito e/o vendita dei prodotti fitosanitari e loro
coadiuvanti.
• ASL ai fini:
- del rilascio del Patentino di abilitazione alla vendita dei prodotti fitosanitari e loro coadiuvanti;
- di organizzare specifici corsi di aggiornamento per
l’istruzione e l’addestramento di coloro che intendono dedicarsi alla vendita dei succitati prodotti;
- di svolgere le funzioni di vigilanza, di cui all’art. 29,
DPR 290/01;
- quali soggetti competenti a ricevere le schede informative degli esercizi commerciali sui dati di vendita dei prodotti fitosanitari e loro coadiuvanti ed a
trasmettere le schede stesse al Sistema informativo
agricolo nazionale (SIAN) del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.
“Modello di domanda per Autorizzazione”.
“Domanda di partecipazione al corso di formazione fina-
SCHEDE TECNICHE
lizzato al rilascio del patentino”.
§Mod. 29C, “Domanda per il rilascio del Patentino”.
Adempimenti
Rilascio dell’Autorizzazione
Il titolare dell’esercizio commerciale o della società che
intende ottenere l’Autorizzazione al deposito e/o vendita
di prodotti fitosanitari e loro coadiuvanti, presenta la relativa domanda, allo SUAP territorialmente competente e
indirizzata al Comune, quale organo competente (riconosciuto dalla Regione ai sensi della Delib.GR 607/03), preposto al rilascio della suddetta Autorizzazione.
La domanda deve contenere le indicazioni riportate nell’art. 21, co. 3, DPR 290/01 e s.m.i., riguardanti:
“a) nome e cognome del titolare dell’impresa richiedente,
se si tratta di persona fisica, e sede dell’impresa o
ragione o denominazione sociale e sede legale, se si
tratti di società;
b) sede dei locali adibiti al deposito ed alla vendita di
prodotti fitosanitari e dei coadiuvanti di prodotti fitosanitari;
c) classificazione di prodotti fitosanitari e dei coadiuvanti di prodotti fitosanitari che si intende commerciare o vendere;
d) nome e cognome ed eventuale titolo di studio ed estremi del certificato di abilitazione di cui all’articolo 23,
dell’institore o del procuratore o di chi è preposto
all’esercizio di ciascun deposito o locale di vendita”.
Alla domanda devono essere allegati:
- gli elaborati grafici riguardanti la descrizione del locale
(o del gruppo di locali, tra loro comunicanti) adibito al
commercio, alla vendita ed al deposito dei prodotti fitosanitari e di coadiuvanti di prodotti fitosanitari;
- la dichiarazione, con firma autenticata, dell’institore o
procuratore o di chi assume l’incarico, a condizione che
l’interessato sia in possesso del Certificato di abilitazione
o Patentino e abbia compiuto il diciottesimo anno di età.
Il Comune, previo parere favorevole sull’idoneità dei locali del Servizio igiene degli alimenti e della nutrizione
(SIAN) dell’ASL e del Servizio prevenzione e sicurezza
negli ambienti di lavoro (SPreSAL) per quanto attiene la
sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro di cui al D.Lgs.
626/94 e s.m.i. e previo accertamento che il titolare dell’impresa o la persona da esso preposta all’esercizio del
commercio e della vendita, sia in possesso del Certificato
(o Patentino) di abilitazione alla vendita, rilascia l’Autorizzazione richiesta entro 60 gg.
L’Autorizzazione deve riportare tutti i dati contenuti nella
177
SCHEDE TECNICHE
(segue)
178
domanda oltre alla specifica indicazione di ogni singolo
deposito o locale destinato alla vendita e delle rispettive
sedi per cui viene rilasciata l’Autorizzazione e eventuali
condizioni particolari per la detenzione e la vendita alle
quali possa essere vincolata l’Autorizzazione in relazione
alla specifica situazione dei locali e delle relative attrezzature (art. 22, co. 2, DPR 290/01 e s.m.i.).
Le specifiche caratteristiche dei locali e le prescrizioni
relative alle modalità di acquisto dei prodotti sono disciplinate all’art. 24, DPR 290/01 e s.m.i.
Certificato (o Patentino) di abilitazione alla vendita dei
prodotti fitosanitari e loro coadiuvanti
L’art. 23, DPR 290/01 e s.m.i descrive i contenuti e le condizioni previste per il rilascio del Certificato (o Patentino) di
abilitazione; le modalità specifiche per la gestione e i contenuti dei corsi sono rinviati alle singole Regioni. Con
Delib.GR 607/03, la Regione Lazio ha disciplinato, all’art. 2,
le suddette modalità. In particolare il p. 2.1 descrive quanto
segue: “La Regione individua, ai sensi dell’art. 23 del D.P.R.
n. 290/2001, le ASL quali autorità sanitarie territorialmente
competenti al rilascio-rinnovo del patentino di abilitazione
alla vendita dei prodotti fitosanitari e loro coadiuvanti.
Il patentino di abilitazione alla vendita dei prodotti fitosanitari e loro coadiuvanti è rilasciato dal Direttore del Dipartimento di Prevenzione della ASL competente per territorio”.
L’art. 2 al p. 2.2 della suddetta delibera, descrive le specifiche modalità per l’organizzazione dei corsi finalizzati al rilascio del Patentino e precisa quanto segue:
“- La Regione individua, nei Servizi Igiene degli Alimenti
e della Nutrizione (S.I.A.N.) delle ASL competenti per
territorio, le strutture abilitate ad organizzare i corsi di
formazione per il rilascio e per il rinnovo dei patentini
di abilitazione alla vendita dei prodotti fitosanitari e
loro coadiuvanti.
- Altri Enti pubblici e privati possono organizzare analoghi corsi d’intesa con il S.I.A.N. della ASL competente
per territorio, concordando con esso le modalità di
svolgimento di questi, previo rilascio di specifica autorizzazione da parte del Direttore del Dipartimento di
Prevenzione della ASL. La frequenza dei corsi è obbligatoria sia ai fini del rilascio che del rinnovo del patentino di abilitazione alla vendita dei prodotti fitosanitari e loro coadiuvanti.
- I corsi relativi al rilascio del patentino di abilitazione
dovranno avere la durata minima di 24 ore, attestata
dalla firma di presenza.
- L’attivazione dei corsi è subordinata alla richiesta di
SCHEDE TECNICHE
-
-
-
-
almeno 10 persone. Il numero dei partecipanti non può
superare le 30 unità.
Gli interessati possono partecipare ai corsi organizzati
dalle ASL o dai privati, fuori dal territorio della ASL di
appartenenza, ma nell’ambito della Regione Lazio, con
l’obbligo di sostenere l’esame nella ASL dove ha frequentato il corso.
La durata, le modalità ed i contenuti didattici dei corsi
sono individuati ai sensi dell’art. 23 del D.P.R. n.
290/2001, del D.Lgs. n. 194/1995 e del manuale per la
conduzione dei corsi “Rivenditori presidi sanitari”
redatto dalla Regione Lazio.
I corsi finalizzati al rinnovo del patentino di abilitazione dovranno avere la durata minima di 12 ore.
Non sono ammesse assenze ai corsi superiori al 10%
delle ore.
Ogni ASL comunica alla Regione Lazio - Dipartimento
Sociale - Direzione Regionale SSR - Via Rosa Raimondi
Garibaldi n. 7 - 00145 ROMA, entro il mese di ottobre
dell’anno precedente, il calendario dei corsi che intende organizzare nell’arco dell’anno successivo.
La Regione, qualora ci sia sovrapposizione di date dei
corsi, si riserva di modificarle, concordandole con le
singole Aziende, al fine di garantire il diritto dei cittadini interessati ad un’offerta di corsi ed esami durante
tutto l’arco dell’anno.
La Regione comunica, alle ASL, entro il mese di dicembre, le eventuali modifiche o la presa d’atto”.
La Commissione esaminatrice per il rilascio e il rinnovo
del Patentino è istituita con atto deliberativo della ASL territorialmente competente e secondo le modalità descritte al
punto 2.3 della suddetta delibera.
Coloro che intendono partecipare al corso di formazione
organizzato dalla ASL devono presentare opportuna
domanda con allegata la ricevuta di pagamento degli oneri
previsti ai fini del rilascio o del rinnovo del Patentino. A
richiesta dell’interessato, sarà rilasciato il relativo attestato
di partecipazione al corso di formazione (art. 2, pp. 2.4 e
2.5, Delib.GR 607/03).
Le prove d’esame devono essere svolte secondo le modalità disciplinate all’art. 2, p. 2.6, Delib.GR 607/03. Superate
le prove di esame, si può fare richiesta del rilascio del
Patentino, producendo i dovuti versamenti e due foto formato tessera. Coloro che sono in possesso del titolo di studio specificato all’art. 23, co. 5, DPR 290/01 (laureati in
scienze agrarie e scienze forestali, i periti agrari, gli agrotecnici, i laureati in chimica, medicina e chirurgia, medici-
179
SCHEDE TECNICHE
(segue)
180
na veterinaria, scienze biologiche, farmacia, i diplomati in
farmacia e i periti chimici), così come integrato dalla Sentenza del TAR del Lazio 6914/02 (che ha ricompresso nell’ambito delle categorie esentate dalla prova valutativa gli
Agrotecnici) e modificato dall’art. 1, DPR 217/04, dovrà
produrre alla ASL di residenza la domanda in bollo con:
- due foto uguali formato tessera;
- dichiarazione attestante il possesso del titolo di studio
ex art. 46, DPR 445/00;
- ricevuta di versamento relativa agli oneri dovuti;
- marca da bollo.
Il rinnovo del Patentino, da effettuarsi alla scadenza dei 5
anni, deve essere fatto secondo le modalità descritte per il
rilascio. I soggetti interessati al rinnovo del patentino di
abilitazione alla vendita di prodotti fitosanitari sono tenuti a presentare richiesta di partecipazione al primo corso
antecedente la data di scadenza dell’abilitazione stessa.
Contestualmente alla prova d’esame, l’interessato deve
consegnare l’originale dell’atto autorizzativo scaduto.
Al superamento positivo dell’esame, il Patentino s’intende
rinnovato. In caso di esito negativo, il Patentino viene temporaneamente ritirato dall’ASL, in attesa della ripetizione
dell’esame. In caso di smarrimento o furto del Patentino, o
in caso di suo deterioramento, si seguirà quanto prescritto
nei pp. 2.10 e 2.11, art. 2, Delib.GR 607/03.
Ai sensi dell’art. 42, DPR 290/01 e s.m.i., e secondo quanto più specificatamente dettagliato all’art. 3, p. 3.1,
Delib.GR 607/03, il titolare dell’esercizio di deposito e vendita di prodotti fitosanitari e loro coadiuvanti, durante l’esercizio dell’attività stessa è tenuto a trasmettere al SIAN
delle ASL competenti:
- le schede informative sui dati di vendita, entro il mese di
febbraio di ciascun anno, (utilizzando le schede informative appositamente predisposte dal Ministero, e riportate
nella Circ. 30 ottobre 2002) riportanti le informazioni
relative al dichiarante e le informazioni relative ai prodotti fitosanitari e loro coadiuvanti venduti quali denominazione, numero di registrazione, quantità vendute;
- la scheda, da presentare entro il mese di giugno e
dicembre di ciascun anno successivo cui si riferiscono
i dati di vendita, recante:
• i dati identificativi dell’acquirente e relativo indirizzo;
• denominazione e numero di registrazione del prodotto venduto;
• quantità del prodotto venduto;
• indicazione dell’Azienda agricola e del fondo agricolo dove il prodotto sarà impiegato.
SCHEDE TECNICHE
Le suddette informazioni permettono ai Dipartimenti di prevenzione delle ASL di trasmettere annualmente i dati di
vendita al Sistema informativo agricolo nazionale del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.
Tempi
Oneri
Scadenza/Rinnovi
Sanzioni
Note
Normativa di riferimento
I tempi previsti per il rilascio dell’Autorizzazione sono di
60 gg.
Oneri dovuti per la partecipazione al corso finalizzato al
rilascio del Patentino:
- € 200,00 per il rilascio;
- € 100,00 per il rinnovo.
- Oneri dovuti al rilascio del Patentino:
- marca da bollo del valore corrente;
- versamento di € 25,00.
Ai sensi dell’art. 2, p. 2.9, Delib.GR 607/03, il Patentino ha
validità pari a 5 anni. È prevista la revoca temporanea in
caso di mancata partecipazione al corso di aggiornamento.
In via transitoria, l’Autorizzazione (relativa al rilascio del
Patentino) scaduta è prorogata sino alla data di effettivo
svolgimento dell’esame di rinnovo.
Ai sensi del p. 3.2, Delib.GR 607/03,”Il mancato rispetto
degli obblighi, previsti dal D.P.R. 23 aprile 2001, n. 290, nei
confronti dei titolari degli esercizi di deposito e vendita dei
prodotti fitosanitari e loro coadiuvanti, comporta l’applicazione nei confronti degli stessi, da parte degli organismi
di vigilanza e controllo, della sanzione prevista all’art. 17
della legge 30 aprile 1962, n. 283”.
Qualora per l’impresa e/o per il soggetto che intenda
immettere in commercio e/o vendere prodotti fitosanitari e
relativi coadiuvanti, si rendesse necessaria anche la richiesta di titolo abilitativo edilizio connesso ai locali predisposti all’esercizio delle suddette attività, alla richiesta di
Autorizzazione all’esercizio dell’attività, deve essere allegata la documentazione tecnica prevista per il rilascio del
titolo abilitativo edilizio (vd. schede: “Permesso di costruire” o “Denuncia di inizio attività”), oltre alla documentazione tecnica prevista per gli endoprocedimenti convergenti (scarichi, emissioni in atmosfera, rifiuti, ecc.). In tal
caso l’istruttoria tecnica terrà conto anche dei tempi previsti per il rilascio degli atti, pareri o nullaosta specifici per
ciascun endoprocedimento.
Normativa nazionale
DPR 17 giugno 2004, n. 217, Regolamento recante modifica al D.P.R. 23 aprile 2001, n. 290, che esenta anche gli
agrotecnici dalla prova valutativa per il rilascio del certificato di abilitazione alla vendita dei fitofarmaci.
181
SCHEDE TECNICHE
(segue)
182
Circ. Min. Politiche Agricole e Forestali 30 ottobre 2002,
Modalità applicative dell’art. 42 del decreto del Presidente
della Repubblica 23 aprile 2001, n. 290, relativo ai dati di
produzione, esportazione, vendita ed utilizzo di prodotti
fitosanitari e coadiuvanti di prodotti fitosanitari.
DPR 23 aprile 2001, n. 290, Regolamento di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione alla produzione,
alla immissione in commercio ed alla vendita di prodotti
fitosanitari e relativi coadiuvanti.
D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 194, Attuazione direttiva
91/414/CEE in materia di immissione in commercio di prodotti fitosanitari.
Normativa regionale
Delib.GR 25 luglio 2003, n. 718, Piano di controllo ufficiale sul commercio ed impiego dei prodotti fitosanitari 20032006.
Delib.GR 4 luglio 2003, n. 607, Linee-guida per l’attuazzione del D.P.R. 23 aprile 2001, n. 290 in materia di deposito e/o vendita di prodotti fitosanitari e di coaudivanti di
prodotti fitosanitari.
Accordo 8 maggio 2003, Accordo tra i Ministri della Salute, dell’Ambiente e della Tutela del territorio, le regioni e
le province autonome di Trento e di Bolzano, per l’adozione dei Piani nazionali triennali di sorveglianza sanitaria ed
ambientale su eventuali effetti derivanti dall’utilizzazione
dei prodotti fitosanitari.
Delib.GR 31 maggio 2002, n. 676, Linee guida per l’organizzazione e il funzionamento dei Servizi di igiene degli
alimenti e della nutrizione (S.I.A.N.), obbligatori per ogni
Dipartimento di Prevenzione delle Aziende unità sanitarie
locali (A.U.S.L.) della Regione Lazio.
SCHEDE TECNICHE
Commercio
183
SCHEDA 30 – Esercizio di commercio al dettaglio di vicinato
(Comunicazione di inizio attività)
Ambito di applicazione
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Modulistica
L’apertura, il trasferimento di sede, la variazione della
superficie di vendita o di settore merceologico delle strutture di vendita individuate dall’art. 4, co. 1, l.d), D.Lgs.
114/98, sono soggetti a Comunicazione di inizio attività.
Per “esercizi di vicinato” si intendono quegli esercizi aventi superficie netta di vendita non superiore a 150 mq, per i
Comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti, o con
superficie netta di vendita non superiore a 250 mq, per i
Comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti.
Per “superficie di vendita” di un esercizio commerciale si
intende l’area destinata alla vendita, compresa quella occupata da banchi, scaffalature e simili. Non costituisce superficie di vendita quella destinata a magazzini, depositi, locali di lavorazione, uffici e servizi.
Gli esercizi di vicinato si distinguono in due settori merceologici: alimentare e non alimentare. Per esercitare il
commercio nel settore alimentare è necessario possedere
sia i requisiti morali che professionali. Per esercitare il
commercio nel settore non alimentare è necessario il solo
requisito morale.
I requisiti morali e professionali sono indicati all’ art. 5,
D.Lgs. 114/98.
Sportello unico per le attività produttive territorialmente
competente.
Comune - Ufficio Commercio.
• ASL, nel caso di esercizio di vicinato nel settore alimentare;
• VV.F.
§Mod. COM 1, “Esercizi di commercio al dettaglio di vicinato. Comunicazione”.
SCHEDE TECNICHE
Adempimenti
184
Tempi
Nella Comunicazione da presentare al Comune il soggetto
interessato dichiara:
- di essere in possesso dei requisiti morali e professionali, qualora si tratti del settore alimentare;
- di avere rispettato i regolamenti locali di Polizia urbana, annonaria e igienico-sanitaria, i regolamenti edilizi
e le norme urbanistiche, nonché quelle relative alle
destinazioni d’uso;
- il settore o i settori merceologici, l’ubicazione e la
superficie di vendita dell’esercizio;
- l’esito dell’eventuale valutazione in caso di applicazioni di disposizioni particolari da parte della Regione.
Il Comune controlla la veridicità delle dichiarazioni rese
entro il termine di 30 gg., salvo interruzione nei casi in cui
si riscontrino irregolarità o incompletezze.
Una copia della Comunicazione, corredata degli estremi
dell’avvenuta ricezione da parte del Comune, va presentata al Registro Imprese della CCIAA della Provincia dove è
ubicato l’esercizio, entro 30 gg. dall’effettivo verificarsi del
fatto, sempre che non siano giunte da parte del Comune
comunicazioni contrarie.
In caso di società, il possesso dei requisiti professionali è
richiesto con riferimento al legale rappresentate o altra persona preposta specificamente all’attività commerciale.
Per l’apertura di un esercizio di vicinato nel settore alimentare occorre l’Autorizzazione sanitaria, ai sensi della normativa vigente in materia, oltre al rispetto di quanto previsto nel
D.Lgs. 155/97, concernente l’igiene dei prodotti alimentari.
Il responsabile della gestione deve garantire che sono state
applicate, mantenute e aggiornate le procedure di sicurezza, avvalendosi dei principi su cui è basato il sistema di
analisi dei rischi e di controllo dei punti critici HACCP
(Hazard Analysis and Critical Control Points). Il responsabile della gestione deve, inoltre, tenere a disposizione dell’autorità competente preposta al controllo (ASL) un documento contenente l’individuazione, da lui effettuata, delle
fasi critiche e delle procedure di controllo che intende
adottare, nonché le informazioni concernenti l’applicazione delle procedure di controllo e di sorveglianza dei punti
critici e i relativi risultati.
Ai sensi del DM Interno 16 febbraio 1982, i locali adibiti ad
esposizione e/o vendita all’ingrosso e al dettaglio, con
superficie lorda superiore a 400 mq comprensiva di servizi e depositi, sono soggetti alla procedura di prevenzione
incendi (vd. scheda).
L’attività non può essere avviata se non sono decorsi almeno 30 gg. dalla presentazione al Comune della Comunicazione di inizio attività.
SCHEDE TECNICHE
In caso di subingresso, l’attività commerciale può avere inizio contestualmente alla presentazione della Comunicazione.
Oneri
Scadenze/Rinnovi
Sanzioni
Normativa di riferimento
La Comunicazione non è soggetta al pagamento di bollo;
- marca da bollo del valore corrente sulla domanda unica;
- oneri connessi al rilascio di Autorizzazione sanitaria,
per il settore alimentare;
- oneri relativi alla prevenzione incendi.
Non è prevista alcuna scadenza per l’esercizio dell’attività,
salvo variazioni o modifiche, alle condizioni dichiarate
nella Comunicazione.
Chiunque violi le disposizioni di cui agli artt. 5, 7, 8, 9, 16,
17, 18 e 19, D.Lgs. 114/98, è punito con la sanzione amministrativa.
Il Sindaco ordina la chiusura di un esercizio di vicinato
qualora il titolare:
• sospenda l’attività per un periodo superiore ad un anno;
• non risulti più provvisto dei requisiti morali;
• nel caso di ulteriore violazione delle prescrizioni in
materia igienico-sanitaria, avvenuta dopo la sospensione dell’attività disposta nei casi di particolare gravità o
di recidiva.
Normativa nazionale
D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, Riforma della disciplina
relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4,
comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59.
DPR 26 marzo 1980, n. 327, Regolamento di esecuzione
della L. 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni,
in materia di disciplina igienica della produzione e della
vendita delle sostanze alimentari e delle bevande.
L 30 aprile 1962, n. 283, Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle
bevande.
Normativa regionale
Delib.CR 6 novembre 2002, n. 131, Adozione del documento programmatico per l’insediamento delle attività
commerciali su aree private.
LR 25 maggio 2001, n. 12, Modifiche alla legge regionale
18 novembre 1999, n.33 relativa alla disciplina del commercio.
LR 4 aprile 2000, n. 17, Modifiche alla legge regionale 18
novembre 1999 n. 33.
LR 18 novembre 1999, n. 33, Disciplina relativa al settore
del commercio.
185
SCHEDE TECNICHE
SCHEDA 31 - Autorizzazione all’apertura di un esercizio di media struttura
di vendita
Ambito di applicazione
186
Ricadono nell’ambito di applicazione del procedimento,
l’apertura, il trasferimento di sede, la variazione o l’aggiunta di settore merceologico, l’ampliamento della superficie, fino ai limiti di cui all’art. 4, co. 1, ll. e) e g), D.Lgs.
114/98, di una media struttura di vendita. Per i Comuni
con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti, la
superficie netta di vendita è compresa tra 150 e 1.500 mq,
per i Comuni con popolazione residente superiore a
10.000 abitanti, la superficie di vendita è compresa tra 251
e 2.500 mq.
Per “superficie di vendita” di un esercizio commerciale si
intende l’area destinata alla vendita, compresa quella
occupata da banchi, scaffalature e simili. Non costituisce
superficie di vendita quella destinata a magazzini, depositi, locali di lavorazione, uffici e servizi.
Gli esercizi commerciali di “media struttura di vendita” si
dividono in alimentari e non alimentari.
Il soggetto che intende aprire un esercizio di media struttura di vendita deve essere in possesso dei requisiti previsti all’art. 5, D.Lgs. 114/98.
Per il rilascio delle Autorizzazioni, il Comune deve aver
adeguato gli strumenti urbanistici generali e attuativi, nonché i regolamenti di polizia locale nel rispetto di quanto
prescrive il D.Lgs.114/98 e secondo gli indirizzi generali
per l’insediamento delle attività commerciali e i criteri di
programmazione urbanistica per l’esercizio dell’attività.
Tali indirizzi sono stati definiti a livello regionale nella
Delib.CR 131/02, “Adozione del documento programmatico per l’insediamento delle attività commerciali su aree
private” e in particolare all’art. 2, dell’All. alla delibera, si
precisa quanto segue:
“Il presente documento, redatto ai sensi dell’articolo 11
della legge, ha validità triennale ed è adottato in conformità alle indicazioni della programmazione socio-economica e territoriale vigenti.
Esso definisce gli indirizzi generali per l’insediamento
delle attività di vendita al dettaglio, cosi come definite
dalla legge, in modo particolare definisce gli indici di presenza e di sviluppo delle medie e grandi strutture di vendita, avuto riguardo allo sviluppo sostenibile all’interno di
ogni ambito territoriale, tenuto anche conto del disposto
dell’articolo 6, comma 3, del decreto.
Il presente documento continua ad applicarsi, ai sensi dell’articolo 12, comma 3, della legge, fino alla data di pubblicazione della sua revisione”.
SCHEDE TECNICHE
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Modulistica
Adempimenti
Sportello unico per le attività produttive territorialmente
competente.
Comune - Ufficio commercio.
Enti preposti al rilascio di atti e pareri rientranti nel
procedimento (ASL, Comando provinciale VV.F, ecc.).
§Mod.COM 2 “Domanda di Autorizzazione – esercizi di
commercio al dettaglio – medie e grandi strutture di vendita”, per le nuove aperture.
§Mod. COM 3 “Comunicazione – esercizi di commercio al
dettaglio – medie e grandi strutture di vendita”, per subingresso, variazione e cessazione.
La domanda per il rilascio dell’Autorizzazione amministrativa comunale per l’apertura, il trasferimento di sede,
l’ampliamento della superficie, realizzati anche tramite
concentrazione e accorpamento, di una media struttura di
vendita, è presentata allo SUAP territorialmente competente e indirizzata al Comune interessato alla realizzazione dell’attività commerciale. Nella richiesta di Autorizzazione al Sindaco, il soggetto interessato indica:
• il possesso dei requisiti morali e professionali e le eventuali comunicazioni di cui all’art. 10, cc.2 e 3, D.Lgs.
114/98 (criteri di priorità);
• il settore o i settori merceologici, l’ubicazione e la
superficie di vendita dell’esercizio, inoltre, in caso di
centro commerciale, la superficie degli esercizi di vicinato e delle medie strutture presenti e la superficie
delle singole attività integrative;
• le planimetrie, in scala adeguata, della struttura commerciale, in cui siano evidenziate le superfici di vendita, l’area dei parcheggi, le principali direttrici di comunicazione viaria e dei trasporti pubblici, con una relazione concernente l’impatto dell’esercizio sulla viabilità della zona,
nel caso di esercizio con superficie di vendita superiore a
mq 1.000.
In caso di rilascio contestuale del Permesso di costruire e
dell’Autorizzazione alla vendita, l’inizio dell’attività di
una media struttura deve avvenire entro e non oltre 24
mesi dalla data di rilascio dell’Autorizzazione medesima,
trascorsi i quali la stessa decade, in tutti gli altri casi l’obbligo d’inizio d’attività è di 12 mesi (art. 27, co. 2, l. e), LR
33/99).
In caso di trasferimento dell’esercizio, il soggetto restituisce al Comune l’Autorizzazione di cui è in possesso contestualmente al rilascio della nuova Autorizzazione (art. 27,
co. 2, l. f), LR 33/99).
187
SCHEDE TECNICHE
(segue)
Tempi
188
Oneri
Tutti gli esercizi commerciali devono essere attivati in
locali aventi conforme destinazione d’uso e destinazione
urbanistica, fatti salvi gli esercizi commerciali ubicati o da
ubicare in immobili per i quali sia stata rilasciata Concessione edilizia in sanatoria ai sensi delle L 47/85 o L 724/94.
Il Comune adotta le norme sul procedimento concernente
le domande relative alle medie strutture di vendita, e stabilisce il termine, comunque non superiore ai 90 gg. dalla
data di ricevimento, entro il quale le domande devono ritenersi accolte o respinte.
-
Scadenza/Rinnovi
Sanzioni
Marca da bollo del valore corrente sulla domanda unica;
contributo relativo al costo di costruzione e diritti di
segreteria per Permesso di costruire/DIA;
diritti di emissione per pareri di uffici ed enti terzi
coinvolti nel procedimento, come da tariffari specifici;
per il settore alimentare: oneri relativi all’Autorizzazione igienico-sanitaria.
L’Autorizzazione ha validità a tempo indeterminato, salvo
eventuale revoca, oppure variazioni o modifiche sostanziali
tali da comportare la richiesta di una nuova Autorizzazione.
Qualunque violazione è punita con sanzione amministrativa pecuniaria, secondo quanto disposto dall’art. 22, D.Lgs.
114/98 e da quanto ulteriormente disciplinato dalla normativa regionale di settore.
Ai sensi del co. 4 del medesimo articolo, l’Autorizzazione
all’apertura può essere revocata qualora il titolare:
a) non inizi l’attività di una grande struttura di vendita
entro un anno dalla data del rilascio, salvo proroga in
caso di comprovata necessità;
b) sospenda l’attività per più di un anno;
c) non risulti più provvisto dei requisiti morali;
d) si renda artefice di ulteriore violazione delle prescrizioni in materia igienico-sanitaria avvenuta dopo la
sospensione dell’attività.
In riferimento all’art. 24, co. 2-bis, LR 33/99, per la violazione delle disposizioni di cui all’art. 26, co. 2, D.Lgs.
114/98 di divieto di esercizio congiunto nello stesso locale
dell’attività di vendita all’ingrosso e al dettaglio si applicano le sanzioni previste dall’art. 22, cc. 1 e 2, D.Lgs. 114/98.
Nel caso in cui la violazione abbia luogo in locale ubicato
in centro storico, il Sindaco ordina la chiusura immediata
dell’esercizio. Nelle aree dove delibere e regolamenti comunali vietino esplicitamente l’attività all’ingrosso, si applica
la massima sanzione amministrativa e il Sindaco ordina la
chiusura immediata per un periodo non inferiore a 30 gg. e
SCHEDE TECNICHE
non superiore a 60. Tale sanzione di chiusura del locale,
non può essere in nessun caso revocata. L’avvenuta violazione, per tre volte in 2 anni, alle disposizioni sopraccitate
è motivo ostativo all’esercizio di una nuova attività per un
periodo di 5 anni. (art. 32-bis, LR 33/9).
“Per le violazioni delle disposizioni emanate dai Comuni
sugli orari dell’attività si applicano le sanzioni previste
dall’art. 22, D.Lgs. 114/98.
In caso di recidiva il Comune dispone anche la chiusura
dell’esercizio:
a) per un giorno relativamente agli esercizi di vicinato;
b) per tre giorni relativamente alle medie strutture di
vendita;
c) per cinque giorni relativamente alle grandi strutture di
vendita.
La recidiva si verifica qualora sia stata commessa la violazione di cui al punto a) per più di una volta nell’arco di trecentosessantacinque giorni, anche se si è proceduto al pagamento della sanzione in misura ridotta ai sensi dell’art. 16
della /81 (Modifiche al sistema penale) e s.m.i.” (art. 32-ter,
cc.1-2, D.Lgs.114/98)
Note
Normativa di riferimento
Il p.10, All. alla Delib.CR 131/02, definisce gli “Indici per
il rilascio di autorizzazioni concernenti medie strutture di
vendita”, in caso di apertura, trasferimento di sede e
ampliamento della superficie di vendita. Tali indici devono essere rispettati da parte del Comune all’atto del rilascio
dell’Autorizzazione.
Normativa nazionale
Nota Min. Industria, Commercio e Artigianato 26 maggio
2000, prot. 504891, concernente chiarimenti sull’ampliamento merceologico al settore non alimentare per le medie
strutture che vendono il settore alimentare, per effetto del
disposto dell’art. 57 D.M. 375/88.
D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, Riforma della disciplina
relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4,
comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59.
DPR 26 marzo 1980, n. 327, Regolamento di esecuzione
della L. 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni,
in materia di disciplina igienica della produzione e della
vendita delle sostanze alimentari e delle bevande.
L 30 aprile 1962, n. 283, Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle
bevande.
Normativa regionale
Delib.CR 6 novembre 2002, n. 131, Adozione del documento programmatico per l’insediamento delle attività
189
SCHEDE TECNICHE
(segue)
190
commerciali su aree private.
LR 25 maggio 2001, n. 12, Modifiche alla legge regionale
18 novembre 1999, n.33 relativa alla disciplina del commercio.
LR 4 aprile 2000, n. 17, Modifiche alla legge regionale 18
novembre 1999 n. 33.
LR 18 novembre 1999, n. 33, Disciplina relativa al settore
del commercio.
Regolamenti
Regolamenti comunali
SCHEDA 32 – Autorizzazione all’apertura di una grande struttura di vendita
Ambito di applicazione
Ricadono nell’ambito di applicazione del procedimento,
l’apertura, il trasferimento di sede, la variazione o l’aggiunta di settore merceologico, l’ampliamento di superficie, fino ai limiti di cui all’art. 4, co. 1, ll. f) e g), D.Lgs.
114/98, di una grande struttura di vendita.
Sono definite “grandi strutture di vendita”, ai sensi dell’art. 4, co. 1, l.f), D.Lgs. 114/98, gli esercizi dotati di
superficie di vendita superiore a mq 1.500, nei Comuni con
popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti, e superiore a mq 2.500, nei Comuni con popolazione residente
superiore a 10.000 abitanti.
Per “superficie di vendita” di un esercizio commerciale si
intende, ai sensi dell’art.4, co. 1, l. c), D.Lgs.114/98, “l’area
destinata alla vendita, compresa quella occupata da banchi, scaffalature e simili. Non costituisce superficie di vendita quella destinata a magazzini, depositi, locali di lavorazione, uffici e servizi”.
Sono escluse dal campo di applicazione del procedimento
le tipologie di vendita di cui all’art. 4, co. 2 , D.Lgs. 114/98.
Per il rilascio delle Autorizzazioni, il Comune deve aver
adeguato gli strumenti urbanistici generali e attuativi, nonché i regolamenti di polizia locale nel rispetto di quanto
prescrive il D.Lgs. 114/98 e secondo gli indirizzi generali
per l’insediamento delle attività commerciali e i criteri di
programmazione urbanistica per l’esercizio dell’attività.
Tali indirizzi sono stati definiti a livello regionale nella
Delib.CR 131/02, “Adozione del documento programmatico per l’insediamento delle attività commerciali su aree
private” e in particolare all’art.2, dell’Allegato, si precisa
quanto segue:
SCHEDE TECNICHE
“Il presente documento, redatto ai sensi dell’articolo 11
della legge, ha validità triennale ed è adottato in conformità alle indicazioni della programmazione socio-economica e territoriale vigenti.
Esso definisce gli indirizzi generali per l’insediamento
delle attività di vendita al dettaglio, cosi come definite
dalla legge, in modo particolare definisce gli indici di presenza e di sviluppo delle medie e grandi strutture di vendita, avuto riguardo allo sviluppo sostenibile all’interno di
ogni ambito territoriale, tenuto anche conto del disposto
dell’articolo 6, comma 3, del decreto.
Il presente documento continua ad applicarsi, ai sensi dell’articolo 12, comma 3, della legge, fino alla data di pubblicazione della sua revisione”.
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Modulistica
Adempimenti
SUAP territorialmente competente.
Comune - Ufficio commercio.
• Regione;
• Provincia;
• Enti vari, preposti al rilascio di atti e pareri rientranti
nel procedimento (ASL, Comando provinciale VV.F,
ecc.).
§Mod.COM 2 “Domanda di Autorizzazione – esercizi di
commercio al dettaglio – medie e grandi strutture di vendita”, per le nuove aperture.
§Mod. COM 3 “Comunicazione – esercizi di commercio al
dettaglio – medie e grandi strutture di vendita”, per subingresso, variazione e cessazione.
La domanda per il rilascio dell’Autorizzazione amministrativa comunale per l’apertura, il trasferimento di sede,
l’ampliamento della superficie, anche se riferiti ad operazioni di concentrazione e accorpamento, di una grande
struttura di vendita, è presentata allo SUAP territorialmente competente e indirizzata al Comune interessato alla realizzazione dell’attività commerciale. La stessa è contemporaneamente trasmessa, a cura dello SUAP, alla Regione e
alla Provincia competente. Il rilascio dell’Autorizzazione è
subordinato al parere favorevole espresso dal rappresentante della Regione nell’ambito della Conferenza di Servizi di cui all’art. 29, LR 33/99.
Ai sensi dell’art. 28, cc. 2 e 3, LR 33/99, nella domanda il
soggetto interessato dichiara:
“a) di essere in possesso dei requisiti morali e professionali di cui all’articolo 4, comma 3;
b) il settore o i settori merceologici, l’ubicazione e la superficie di vendita dell’esercizio. In caso di centro com-
191
SCHEDE TECNICHE
(segue)
192
merciale deve essere indicata la superficie di ciascuno
degli esercizi previsti ed il relativo settore merceologico,
nonché la superficie delle singole attività integrative, se
previste;
c) la sussistenza delle condizioni di priorità ai fini del rilascio dell’autorizzazione, in conformità alle previsioni
del documento programmatico di cui all’articolo 11,
ovvero delle condizioni di cui al comma 8;
d) l’indirizzo a cui desidera ricevere le comunicazioni.
3. Alla domanda di cui al comma 1 devono essere allegate:
a) una planimetria in scala 1:200 dell’esercizio commerciale, nella quale siano evidenziate le superfici di vendita e non;
b) una planimetria in scala 1:500 dell’area della struttura
nella quale sia individuata l’area dei parcheggi per la
sosta di relazione, per la movimentazione delle merci e
per la viabilità interna ed il verde;
c) una planimetria in scala 1:2.000 dell’area nella quale
siano evidenziate le principali direttrici di comunicazione viaria, i trasporti pubblici e una relazione relativa all’impatto dell’esercizio sulla viabilità della zona;
d) una relazione tecnico - commerciale contenente i dati
che consentano una completa valutazione della struttura commerciale ed in particolare permettano la verifica del rispetto della disciplina di insediamento delle
attività commerciali di cui alla presente legge, nonché
il rispetto delle prescrizioni degli strumenti urbanistici
comunali generali ed attuativi”.
Ai sensi del punto 4, articolo unico, Delib.GR 2618/00, “le
planimetrie, munite di apposita tabella riportante rispettivamente tutti i dati metrici della struttura commerciale e
dell’area di pertinenza, debbono essere redatte da tecnico
iscritto ad albo professionale; le relazioni debbono essere
sottoscritte”.
Qualora il Comune richieda integrazione di documentazione, indispensabile per la valutazione dell’iniziativa commerciale, la stessa, attraverso lo SUAP, deve essere trasmessa contemporaneamente anche al Dipartimento sviluppo economico della Regione ed alla Provincia.
In caso di Autorizzazione relativa a un centro commerciale, la domanda, oltre alle suddette informazioni, deve
riportare, la superficie di ciascuno degli esercizi di vendita al dettaglio previsti all’interno del centro e il relativo settore merceologico, nonché la superficie delle singole attività integrative (p. 2, art. unico, Delib.GR 2618/00).
In caso di Autorizzazione relativa all’ampliamento della
superficie di vendita di un centro commerciale esistente, il
richiedente deve precisare, oltre all’entità complessiva di
SCHEDE TECNICHE
tale ampliamento, anche gli esercizi che ne risultano interessati, indicandone la superficie di vendita attuale (p. 3,
art. unico, Delib.GR 2618/00).
All’istanza deve essere inoltre allegata la documentazione
attestante:
- la dichiarazione contenente gli estremi del titolo abilitativo edilizio, riferito all’iniziativa commerciale in
oggetto, qualora il richiedente ne sia già in possesso;
- ogni Autorizzazione, Nullaosta, o atto di assenso,
comunque denominato, indispensabile e preventivo
rispetto all’istanza di Autorizzazione;
- la documentazione necessaria ai fini della procedura di
prevenzione incendi, in quanto, ai sensi del DM Interno 16 febbraio 1982, i locali adibiti ad esposizione e/o
vendita all’ingrosso e al dettaglio, con superficie lorda
superiore a 400 mq, compresi servizi e depositi, sono
soggetti a tale procedura.
L’aggiunta di un settore merceologico non autorizzato, dei
due previsti dalla normativa (alimentare e non alimentare),
in una media o grande struttura di vendita esistente, è possibile, a condizione che non venga effettuata variazione
della superficie di vendita complessiva. La commercializzazione di sostanze alimentari è naturalmente soggetta ad
Autorizzazione sanitaria e al rispetto della normativa prevista dal D.Lgs. 155/97, concernente l’igiene dei prodotti
alimentari.
Il responsabile della gestione, in particolare, avvalendosi
anche di laboratori autorizzati, deve individuare nella propria attività ogni fase che potrebbe rivelarsi critica per la
sicurezza degli alimenti, e deve garantire che siano individuate, applicate, mantenute ed aggiornate le adeguate procedure di sicurezza, avvalendosi di vari principi su cui è
basato il sistema di analisi dei rischi e di controllo dei
punti critici HACCP (Hazard Analysis and Critical Control
Points). Il documento che riporta i suddetti studi e la programmazione dei controlli deve essere a disposizione dell’autorità competente preposta al controllo (ASL).
Tempi
-
-
L’istruttoria tecnica da parte del Comune deve essere
completata nel termine di 60 gg.;
La Conferenza di Servizi deve essere indetta entro 60
gg. dal completamento dell’attività istruttoria da parte
del Comune, e comunque entro e non oltre 120 gg. dal
ricevimento della domanda;
Le deliberazioni della Conferenza sono adottate a maggioranza dei componenti entro 90 gg. dalla convocazione.
(tempi previsti dalla LR 33/99).
193
SCHEDE TECNICHE
Oneri
-
194
Scadenza/Rinnovi
Sanzioni
Marca da bollo del valore corrente sulla domanda
unica;
contributo relativo al costo di costruzione e diritti di
segreteria per il Permesso di costruire/DIA;
diritti di emissione per pareri di uffici ed enti terzi
coinvolti nel procedimento, come da tariffari specifici.
L’Autorizzazione ha validità a tempo indeterminato, salvo
eventuale revoca, oppure variazioni o modifiche sostanziali
tali da comportare la richiesta di una nuova Autorizzazione.
L’Autorizzazione decade se ricadono le condizioni indicate nell’art. 28, cc. 6 e 7, LR 33/99: “6. L’apertura di una
grande struttura di vendita, in caso di rilascio contestuale
della concessione edilizia e della autorizzazione alla vendita, deve avvenire entro quarantotto mesi dalla data del
rilascio dell’autorizzazione ovvero entro dodici mesi dall’ultimazione di tutti i lavori di costruzione, decorsi i quali
l’autorizzazione decade, salvo il caso di proroga di cui
all’articolo 30 (29).
7. In tutti gli altri casi l’apertura di una grande struttura di
vendita deve avvenire entro 36 mesi dal rilascio dell’autorizzazione, decorsi i quali, l’autorizzazione decade, salvo il
caso di proroga di cui all’articolo 30”.
Ai sensi dell’ art. 30, co. 1, LR 33/99, “… è consentita una
sola proroga del termine per l’attivazione fino ad un massimo di un anno… per ritardi non imputabili al soggetto
autorizzato”. Inoltre ai sensi del co. 3 del suddetto riferimento normativo, “ La richiesta di proroga per le grandi
strutture di vendita deve contenere la motivazione del
ritardo ed essere presentata al comune nel termine perentorio di 90 giorni precedenti la scadenza dell’autorizzazione, salvo il caso in cui il motivo del ritardo intervenga successivamente a tale termine e comunque entro il periodo di
validità dell’autorizzazione stessa. Il comune concede la
proroga dopo aver acquisito il parere favorevole della
struttura regionale competente in materia di commercio”.
Qualunque violazione è punita con sanzione amministrativa pecuniaria, secondo quanto disposto dall’art. 22,
D.Lgs.114/98 e da quanto ulteriormente disciplinato dalla
normativa regionale di settore.
Ai sensi del co. 4 del medesimo articolo, l’Autorizzazione
all’apertura può essere revocata qualora il titolare:
a) non inizi l’attività di una grande struttura di vendita
entro 2 anni dalla data del rilascio, salvo proroga in
caso di comprovata necessità;
b) sospenda l’attività per un periodo superiore ad un
anno;
c) non risulti più provvisto dei requisiti morali;
SCHEDE TECNICHE
d) si renda artefice di ulteriore violazione delle prescrizioni in materia igienico-sanitaria avvenuta dopo la
sospensione dell’attività.
In riferimento all’art. 24, co. 2-bis, LR 33/99, per la violazione delle disposizioni di cui all’art. 26, co. 2, D.Lgs.
114/98 di divieto di esercizio congiunto nello stesso locale
dell’attività di vendita all’ingrosso e al dettaglio si applicano le sanzioni previste dall’art. 22, cc. 1 e 2, D.Lgs. 114/98.
Nel caso in cui la violazione abbia luogo in locale ubicato
in centro storico, il Sindaco ordina la chiusura immediata
dell’esercizio. Nelle aree dove delibere e regolamenti
comunali vietino esplicitamente l’attività all’ingrosso, si
applica la massima sanzione amministrativa e il Sindaco
ordina la chiusura immediata per un periodo non inferiore
a 30 gg. e non superiore a 60. Tale sanzione di chiusura del
locale, non può essere in nessun caso revocata. L’avvenuta
violazione, per tre volte in 2 anni, alle disposizioni sopraccitate è motivo ostativo all’esercizio di una nuova attività
per un periodo di 5 anni. (art. 32-bis, LR 33/9).
“Per le violazioni delle disposizioni emanate dai Comuni
sugli orari dell’attività si applicano le sanzioni previste
dall’art. 22, D.Lgs. 114/98.
In caso di recidiva il Comune dispone anche la chiusura
dell’esercizio:
a) per un giorno relativamente agli esercizi di vicinato;
b) per tre giorni relativamente alle medie strutture di vendita;
c) per cinque giorni relativamente alle grandi strutture di
vendita.
La recidiva si verifica qualora sia stata commessa la violazione di cui al punto a) per più di una volta nell’arco di trecentosessantacinque giorni, anche se si è proceduto al
pagamento della sanzione in misura ridotta ai sensi dell’art. 16 della L. 689/81 (Modifiche al sistema penale) e
s.m.i.” (art. 32-ter, cc. 1-2, D.Lgs.114/98).
Note
Normativa di riferimento
Il p. 11, All. alla Delib.CR 131/02, definisce gli “Indici per
il rilascio di autorizzazioni concernenti grandi strutture di
vendita”, in caso di apertura, trasferimento di sede e
ampliamento della superficie di vendita. Tali indici e le
condizioni disciplinante al suddetto p. 11 devono essere
rispettati da parte del Comune all’atto del rilascio dell’Autorizzazione.
Normativa nazionale
D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, Riforma della disciplina
relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4,
comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59.
195
SCHEDE TECNICHE
DM Interno 16 febbraio 1982, Modificazioni del Decreto
Ministeriale 27 settembre 1965.
DPR 26 marzo 1980, n. 327, Regolamento di esecuzione
della L. 30 aprile 1962, n. 283 , e successive modificazioni,
in materia di disciplina igienica della produzione e della
vendita delle sostanze alimentari e delle bevande.
L 30 aprile 1962, n. 283, Modifica degli artt. 242, 243, 247,
250 e 262 del T.U. delle leggi sanitarie approvato con R.D.
27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande.
196
Normativa regionale
Delib.CR 6 novembre 2002, n. 131, Adozione del documento programmatico per l’insediamento delle attività
commerciali su aree private.
Delib.CR 24 ottobre 2001, n. 82, Legge regionale 18 novembre 1999, n. 33: disciplina relativa al settore commercio.
Art. 52, comma 3: determinazione degli indici per il rilascio di autorizzazioni per le grandi strutture di vendita.
Delib.GR 27 dicembre 2000, n. 2618. Disciplina relativa al
settore commercio. Approvazione direttive procedurali ai
fini dell’applicazione delle disposizioni della legge regionale 18 novembre 1999, n. 33, per quanto concerne le grandi strutture di vendita al dettaglio.
LR 4 aprile 2000, n. 17. Modifiche alla legge regionale 18
novembre 1999 n. 33.
LR 18 novembre 1999, n. 33 Disciplina relativa al settore
del commercio.
Regolamenti
Regolamenti comunali.
SCHEDA 33 – Forme speciali di vendita al dettaglio
Ambito di applicazione
Il D.Lgs. 114/98 definisce le forme speciali di vendita al
dettaglio:
• lo spaccio interno, cioè la vendita a favore di dipendenti da parte di enti o imprese, pubblici o privati, di
soci di cooperative di consumo, di aderenti a circoli
privati, nonché la vendita nelle scuole, negli ospedali e
nelle strutture militari esclusivamente a favore di coloro che hanno titolo ad accedervi (art. 16). L’attività deve
essere effettuata in locali non aperti al pubblico, che
non abbiano accesso dalla pubblica via;
• a vendita per mezzo di apparecchi automatici (art. 17);
SCHEDE TECNICHE
• la vendita per corrispondenza o tramite televisione o
altri sistemi di comunicazione (art. 18);
• la vendita effettuata presso il domicilio dei consumatori (art. 19);
• commercio elettronico (art. 21).
L’esercizio delle forme speciali di vendita è soggetto a
Comunicazione al Comune competente per territorio.
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Modulistica
Adempimenti
Sportello unico per le attività produttive territorialmente
competente.
Comune.
• Comune – SUE (sportello unico edilizia per il rilascio,
se necessario, del titolo abilitativo edilizio);
• ASL: verifica idoneità locali.
§Mod. COM4, “Forme speciali di vendita al dettaglio –
spacci interni. Comunicazione”.
§Mod. COM5, “Forme speciali di vendita al dettaglio –
commercio prodotti per mezzo di apparecchi automatici.
Comunicazione”.
§Mod. COM6, “Forme speciali di vendita al dettaglio –
vendita per corrispondenza, televisione o altri sistemi di
comunicazione. Comunicazione”.
§Mod. COM6-bis, “Forme speciali di vendita al dettaglio–commercio elettronico. Comunicazione”.
§Mod. COM7, “Forme speciali di vendita al dettaglio – vendita presso il domicilio dei consumatori. Comunicazione”.
Attraverso la Comunicazione presentata al Comune, il soggetto richiedente deve dimostrare di essere in possesso dei
requisiti previsti dall’art. 5, D.Lgs. 114/98.
Spacci interni
L’attività può essere iniziata decorsi 30 gg. dalla presentazione della Comunicazione di apertura dell’attività. Nella
Comunicazione deve essere dichiarata la sussistenza dei
requisiti morali della persona preposta alla gestione dello
spaccio, il rispetto delle norme in materia di idoneità dei
locali, il settore merceologico, l’ubicazione e la superficie
di vendita.
Apparecchi automatici
L’attività può essere iniziata decorsi 30 gg. dalla presentazione della Comunicazione. Nella Comunicazione deve
essere dichiarata la sussistenza del possesso dei requisiti
morali, il settore merceologico e l’ubicazione.
Qualora l’apparecchio automatico venga installato su aree
pubbliche, nella Comunicazione deve specificare anche l’osservanza delle norme sull’occupazione del suolo pubblico.
197
SCHEDE TECNICHE
(segue)
198
La vendita mediante apparecchi automatici effettuata in
locale ad essa esclusivamente adibito, è soggetta alle stesse disposizioni riguardanti l’apertura di un esercizio di
vendita.
Vendita per corrispondenza, televisione o altri sistemi di
comunicazione
La Comunicazione in questo caso va fatta al Comune nel
quale l’esercente ha la residenza, se persona fisica, o la sede
legale. L’attività può essere iniziata decorsi 30 gg. dalla presentazione della Comunicazione, nella quale deve essere
dichiarata la sussistenza del possesso dei requisiti morali e
il settore merceologico.
È vietato inviare prodotti al consumatore se non a seguito
di specifica richiesta. È consentito l’invio di campioni di
prodotti o di omaggi, senza spese o vincoli per il consumatore.
Nei casi in cui le operazioni di vendita sono effettuate tramite televisione, l’emittente televisiva deve accertare,
prima di metterle in onda, che il titolare dell’attività sia in
possesso dei requisiti prescritti dal D.Lgs. 114/98 per l’esercizio della vendita al dettaglio. Durante la trasmissione
debbono essere indicati il nome e la denominazione o la
ragione sociale e la sede del venditore, il numero di iscrizione al Registro delle Imprese e il numero della P.IVA.
Agli organi di vigilanza è consentito il libero accesso al
locale indicato come sede del venditore.
Le operazioni di vendita all’asta realizzate per mezzo della
televisione o di altri sistemi di comunicazione sono vietate.
Chi effettua le vendite tramite televisione per conto terzi deve
essere in possesso della licenza prevista dall’art. 115, TULPS,
approvato con RD 773/31.
Vendite effettuate presso il domicilio dei consumatori
Anche in questo caso la Comunicazione va fatta al Comune nel quale l’esercente ha la residenza, se persona fisica,
o la sede legale.
L’attività può essere iniziata decorsi 30 gg. dal ricevimento
della Comunicazione al Comune, nella quale deve essere
dichiarata la sussistenza dei requisiti morali e il settore
merceologico.
Se si intende avvalersi per l’esercizio dell’attività di incaricati, occorre comunicarne l’elenco all’autorità di pubblica sicurezza del luogo nel quale ha la residenza o la sede
legale, e risponde agli effetti civili dell’attività dei medesimi. Anche gli incaricati devono essere in possesso dei
requisiti morali.
Il titolare rilascia un tesserino di riconoscimento alle per-
SCHEDE TECNICHE
sone incaricate, che deve ritirare non appena esse perdano
i requisiti morali.
Il tesserino di riconoscimento deve essere numerato e aggiornato annualmente, deve contenere le generalità e la fotografia dell’incaricato, l’indicazione a stampa della sede e dei
prodotti oggetto dell’attività dell’impresa, nonché del nome
del responsabile dell’impresa stessa e la firma di quest’ultimo, e deve essere esposto in modo visibile durante le operazioni di vendita.
Il tesserino di riconoscimento è obbligatorio anche per
l’imprenditore che effettua personalmente le operazioni
disciplinate dall’art. 19, D.Lgs. 114/98.
Commercio elettronico
Oltre a quanto fin qui descritto, va aggiunto che, in caso di
esercizio congiunto di commercio all’ingrosso e al dettaglio
per via elettronica, è possibile utilizzare un solo sito, ma si
è tenuti a destinare aree del sito distinte per l’attività all’ingrosso e al dettaglio: in tal modo, infatti, il potenziale acquirente è messo in condizione di individuare chiaramente le
zone del sito destinate alle due tipologie di attività.
Il richiedente, inoltre, deve essere in possesso di uno dei
requisiti professionali indicati. Il possesso del requisito
professionale prescritto è necessario anche qualora lo stoccaggio dei prodotti avvenga in un magazzino distante dal
luogo dove è in uso il mezzo elettronico.
Tempi
Oneri
Scadenza/Rinnovi
Normativa di riferimento
L’attività può essere iniziata decorsi 30 gg. dalla presentazione della Comunicazione di avvio dell’attività.
Non è richiesto alcun onere.
Non è prevista data di scadenza per l’esercizio dell’attività.
Normativa nazionale
D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, Riforma della disciplina
relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4,
comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59.
DPR 26 marzo 1980, n. 327, Regolamento di esecuzione
della L. 30 aprile 1962, n. 283 , e successive modificazioni,
in materia di disciplina igienica della produzione e della
vendita delle sostanze alimentari e delle bevande.
L 30 aprile 1962, n. 283, Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle
bevande.
199
SCHEDE TECNICHE
SCHEDA 34 – Autorizzazione all’apertura di un esercizio di commercio all’ingrosso
Ambito di applicazione
200
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Adempimenti
Per “commercio all’ingrosso”, nell’art. 4, D.Lgs. 114/98, si
intende “l’attività svolta da chiunque professionalmente
acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende al
altri commercianti, all’ingrosso o al dettaglio, o ad utilizzatori professionali, o ad altri utilizzatori in grande. Tale
attività può assumere la forma di commercio interno, di
importazione o di esportazione”.
I soggetti che intendono intraprendere tale attività, secondo quanto prescritto dall’art. 5, D.Lgs. 114/98, devono essere in possesso dei requisiti morali e dei requisiti professionali, qualora si tratti di attività nel settore alimentare.
In caso di società il possesso dei suddetti requisiti è richiesto con riferimento al legale rappresentante o ad altra persona specificamente preposta all’attività commerciale.
Sportello unico per le attività produttive territorialmente
competente.
Comune.
•
•
•
•
Camera di Commercio;
Ufficio IVA;
ASL;
VV.F.
Per poter dare inizio all’attività di commercio all’ingrosso
occorre essere iscritti all’Ufficio IVA. L’operatore, inoltre, è
tenuto alla presentazione di apposita domanda, presso la
CCIAA, di iscrizione al Registro imprese, da effettuarsi, ai
sensi del DPR 581/95, entro un mese dall’inizio dell’attività.
Per poter avviare un esercizio di vendita all’ingrosso, in
base al D.Lgs 114/98, occorre presentare la Comunicazione
al Comune riportante:
• l’iscrizione al Registro imprese;
• l’ubicazione dei locali adibiti alla vendita.
L’esercizio dell’attività di commercio all’ingrosso dei prodotti appartenenti al settore non alimentare è subordinata
al possesso dei requisiti morali; qualora l’attività si svolga
nel settore merceologico alimentare, occorre anche il possesso di uno dei requisiti professionali esplicitati nell’art.
5, co. 5, D.Lgs. 114/98, oltre, naturalmente, all’Autorizzazione igienico-sanitaria.
Importante è, inoltre, il rispetto della normativa prevista dal
D.Lgs.155/97, concernente l’igiene dei prodotti alimentari.
Il responsabile della gestione deve garantire che siano applicate, mantenute e aggiornate le procedure di sicurezza, avvalendosi dei principi su cui è basato il sistema di analisi dei
SCHEDE TECNICHE
rischi e di controllo dei punti critici HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points). Il responsabile della gestione
deve, inoltre, tenere a disposizione dell’autorità competente
preposta al controllo (ASL) un documento contenente l’individuazione, da lui effettuata, delle fasi critiche e delle procedure di controllo che intende adottare, nonché le informazioni concernenti l’applicazione delle procedure di controllo e
di sorveglianza dei punti critici e i relativi risultati.
Ai sensi del DM Interno 16 febbraio 1982, i locali adibiti ad
esposizione e/o vendita all’ingrosso e al dettaglio, con
superficie lorda superiore a 400 mq comprensiva di servizi e depositi, sono soggetti alla procedura di prevenzione
incendi (vd. scheda).
Tempi
Oneri
30 gg. dalla presentazione della Comunicazione.
-
Scadenza/Rinnovi
Sanzioni
Normativa di riferimento
Marca da bollo del valore corrente sulla domanda unica
(se si attiva il procedimento attraverso lo SUAP);
oneri iscrizione Camera di Commercio;
oneri relativi alla prevenzione incendi;
oneri relativi all’Autorizzazione sanitaria.
Non sono previste limitazioni temporali all’esercizio dell’attività, salvo quanto sotto previsto in caso di sanzioni.
Chiunque violi gli artt. 5, 7, 8, 9, 16, 17, 18 e 19,
D.Lgs.114/98 è punito con sanzione amministrativa.
Normativa nazionale
D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, Riforma della disciplina
relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4,
comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59.
DPR 26 marzo 1980, n. 327, Regolamento di esecuzione
della L. 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni,
in materia di disciplina igienica della produzione e della
vendita delle sostanze alimentari e delle bevande.
L 30 aprile 1962, n. 283, Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle
bevande.
Normativa regionale
Delib.CR 6 novembre 2002, n. 131, Adozione del documento programmatico per l’insediamento delle attività
commerciali su aree private.
LR 25 maggio 2001, n. 12, Modifiche alla legge regionale
18 novembre 1999, n.33 relativa alla disciplina del commercio.
LR 4 aprile 2000, n. 17, Modifiche alla legge regionale 18
novembre 1999 n. 33.
LR 18 novembre 1999, n. 33, Disciplina relativa al settore
del commercio.
201
SCHEDE TECNICHE
SCHEDA 35 – Commercio su aree pubbliche (in sede fissa e/o in forma itinerante)
Ambito di applicazione
202
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Modulistica
Adempimenti
Per “commercio al dettaglio su aree pubbliche”, secondo
quanto stabilito dall’art. 27, co. 1, D.Lgs. 114/98, si intende
“l’attività di vendita di merci al dettaglio e la somministrazione di alimenti e bevande effettuate sulle aree pubbliche, comprese quelle del demanio marittimo o sulle aree
private delle quali il comune abbia la disponibilità, attrezzate o meno, coperte o scoperte”.
Il commercio sulle aree pubbliche può essere svolto su
posteggi dati in concessione per 10 anni, rinnovabile, nell’ambito delle fiere, o su qualsiasi area, ad eccezione delle
aree vietate dal Comune (art. 28, co. 16, D.Lgs.114/98), purché in forma itinerante ed effettuato con mezzo mobile,
senza occupazione di suolo pubblico e nei limiti temporali di sosta e nei giorni stabiliti dal Comune.
L’esercizio dell’attività è soggetto ad Autorizzazione rilasciata dal Comune, in base alla normativa emanata dalla Regione.
Il soggetto che intenda intraprendere tale attività deve
essere in possesso dei requisiti morali e professionali previsti dall’art. 5, D.Lgs.114/98.
SUAP territorialmente competente.
Comune.
• Regione;
• ASL.
§Mod.COM 8, “Autorizzazione per attività di commercio
su area pubblica (itinerante)”.
§Mod.COM 9, “Autorizzazione per attività di commercio
su area pubblica (su posteggio)”.
L’Autorizzazione all’esercizio dell’attività mediante l’utilizzo di un posteggio e la Concessione decennale del
posteggio stesso, è rilasciata dal Sindaco del Comune sede
del posteggio e abilità anche all’esercizio in forma itinerante nell’ambito del territorio regionale (art. 37, co. 1, l. b),
LR 33/99) e, limitatamente alla partecipazione alle fiere, su
tutto il territorio nazionale. Il rilascio dell’Autorizzazione
e della Concessione del posteggio è contestuale.
L’Autorizzazione per l’attività in forma itinerante è rilasciata dal Comune nel quale il richiedente ha la residenza,
se persona fisica, o la sede legale.
Nella domanda l’interessato dichiara:
• di essere in possesso dei requisiti di cui all’art. 5,
D.Lgs.114/98;
• il settore o i settori merceologici e, qualora non intenda
esercitare in forma itinerante esclusiva, il posteggio del
quale chiede la concessione.
SCHEDE TECNICHE
L’Autorizzazione all’esercizio dell’attività di vendita dei
prodotti alimentari abilita anche alla loro somministrazione, se il titolare risulta in possesso dei requisiti prescritti
per l’una e l’altra attività. L’abilitazione alla somministrazione deve risultare da apposita annotazione sul titolo
autorizzatorio (art. 27, co. 7). Il Comune può concedere,
previa stipulazione di apposita convenzione ai sensi della
vigente normativa, l’autogestione del mercato ai titolari di
Autorizzazione che vi operano, purché sia fatta richiesta
da parte di almeno il 60% di essi. In caso di assenza o
impedimento temporanei del titolare, l’esercizio dell’attività è consentito a dipendenti, collaboratori o coadiutori.
Al fine del rilascio dell’Autorizzazione all’esercizio del
commercio su aree pubbliche e della relativa Concessione,
i Comuni trasmettono alla Regione, ai fini della pubblicazione sul Bollettino Ufficiale, gli Avvisi pubblici comunali
con l’indicazione del numero e delle caratteristiche di tutti
i posteggi disponibili per l’esercizio del commercio su aree
pubbliche da assegnare in concessione, ivi compresi i
posteggi fuori mercato o isolati.
Gli Avvisi richiamati al co. 1, art. 37, LR 33/99, devono
pervenire, entro e non oltre il 30 aprile, il 31 luglio e il 31
ottobre di ogni anno, alla Regione, la quale, entro e non
oltre i successivi 30 gg., provvede alla relativa pubblicazione su un unico numero del Bollettino Ufficiale. Gli
Avvisi pervenuti successivamente alle date di cui sopra
sono pubblicati sul numero del Bollettino Ufficiale, sul
quale sono pubblicati gli avvisi relativi alla data immediatamente successiva. L’Avviso comunale deve contenere:
- l’elenco dei posteggi da assegnare, la loro localizzazione, le dimensioni e le caratteristiche di ciascun posteggio, la tipologia, la cadenza e l’ubicazione del mercato
in cui sono inseriti;
- l’eventuale elenco dei posteggi riservati ai produttori
agricoli;
- il termine entro il quale il Comune redige la graduatoria,
che non può essere superiore a 60 gg. dalla data di scadenza del termine per la presentazione delle domande.
Il commercio e la somministrazione di prodotti alimentari
su aree pubbliche deve avvenire secondo quanto disposto
dall’Ordinanza del Ministero della Salute del 3 aprile 2002,
che ha abrogato la precedente Ordinanza del 2 marzo 2000.
Tempi
Oneri
60 gg. dalla data di scadenza del termine di presentazione
della domanda.
-
Marca da bollo del valore corrente sulla domanda
unica;
203
SCHEDE TECNICHE
Scadenza/Rinnovi
Sanzioni
204
oneri relativi all’idoneità igienico-sanitaria, per il settore alimentare.
Per il commercio su aree pubbliche su posteggi la Concesione è valida per 10 anni ed è rinnovabile.
L’Autorizzazione è revocata nel caso in cui l’operatore:
- perda il possesso di uno dei requisiti di cui all’art. 5,
D.Lgs. 114/98;
- non inizi l’attività entro 6 mesi dalla data di rilascio; in
tal caso il Comune può concedere una proroga non
superiore a 6 mesi per comprovata necessità;
- decada dalla concessione del posteggio per mancato
utilizzo per periodi di tempo superiori complessivamente a 4 mesi in ciascun anno solare, salvo i casi di
assenza per malattia, gravidanza o servizio militare.
Qualora si verifichi uno dei casi, il Comune ne dà comunicazione all’interessato, fissando un termine, non superiore
a 30 gg., per le eventuali contro-deduzioni; decorso inutilmente tale termine provvede all’adozione del provvedimento di revoca.
Ai sensi dell’art. 29, co. 3, D.Lgs.114/98, l’Autorizzazione è
sospesa dal Comune per un periodo non superiore a 20 gg.
Normativa di riferimento
Normativa nazionale
D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, Riforma della disciplina
relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4,
comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59.
Normativa regionale
LR 25 maggio 2001, n. 12. Modifiche alla legge regionale
18 novembre 1999, n. 33 relativa alla disciplina del commercio.
LR 4 aprile 2000, n. 17. Modifiche alla legge regionale 18
novembre 1999 n. 33.
LR 18 novembre 1999, n. 33 Disciplina relativa al settore
del commercio.
Regolamenti
Regolamenti comunali.
SCHEDE TECNICHE
SCHEDA 36 – Autorizzazione all’apertura di pubblici esercizi di somministrazione
Ambito di applicazione
Ricadono nel campo di applicazione del procedimento i
pubblici esercizi di somministrazione distinti, secondo
l’art. 5, L 287/91, in:
“a) esercizi di ristorazione, per la somministrazione di
pasti e di bevande, comprese quelle aventi un contenuto alcoolico superiore al 21% del volume, e di latte
(ristoranti, trattorie, tavole calde, pizzerie, birrerie ed
esercizi similari);
b) esercizi per la somministrazione di bevande, comprese
quelle alcoliche di qualsiasi gradazione, nonché di
latte, di dolciumi, compresi i generi di pasticceria e
gelateria, e di prodotti di gastronomia (bar, caffè, gelaterie, pasticcerie ed esercizi similari);
c) esercizi di cui alle lettere a) e b), in cui la somministrazione di alimenti e di bevande viene effettuata congiuntamente ad attività di trattenimento e svago, in
sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari ed esercizi similari;
d) esercizi di cui alla lettera b), nei quali è esclusa la somministrazione di bevande alcoliche di qualsiasi gradazione”.
L’esercizio delle attività di somministrazione di alimenti e
bevande è subordinato alla iscrizione del titolare dell’impresa individuale o del legale rappresentante della società,
ovvero di un suo delegato, nel REC (Registro degli esercenti il commercio) e al rilascio dell’Autorizzazione da parte
del Comune (art. 2, co. 1, L 287/91 e s.m.i.).
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Modulistica
Adempimenti
Sportello unico per le attività produttive territorialmente
competente.
Enti proposti al rilascio di atti e pareri rientranti nel procedimento (ASL, Comando provinciale VV.F, ecc).
ASL, VV.F, ecc.
§Mod. 36A, “Domanda nuova Autorizzazione per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande ex art. 5,
lett. ..., L. 287/91”.
§Mod. 36B, “Comunicazione di voltura per l’esercizio
autorizzato per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande ex art. 5, lett. …, L.287/91”.
Ai sensi di quanto espresso nell’art. 3, co. 1, L 287/91 e
s.m.i., l’apertura e il trasferimento di sede degli esercizi di
somministrazione al pubblico di alimenti e di bevande,
comprese quelle alcoliche di qualsiasi gradazione, sono
205
SCHEDE TECNICHE
(segue)
206
soggetti alla richiesta di Autorizzazione, presentata allo
SUAP, e, indirizzata al Comune nel cui territorio è ubicato
l’esercizio. L’Autorizzazione viene rilasciata sentito il parere della Commissione competente ai sensi dell’art. 6, L
287/91 e s.m.i. Inoltre il rilascio dell’Autorizzazione è subordinato all’iscrizione, da parte del richiedente, al REC e
all’osservanza dei criteri e parametri che le Regioni, sentite le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, a livello regionale, fissano periodicamente per
determinare il numero delle Autorizzazioni rilasciabili
nelle aree interessate.
L’istanza di Autorizzazione deve comprendere oltre alla
domanda, le richieste (o laddove fosse possibile, le autocertificazioni) finalizzate agli endoprocedimenti collegati in
materia edilizio-urbanistica (titolo abilitativo edilizio, eventuali vincoli, ecc.), ambientale (emissioni in atmosfera,
impatto acustico, ecc.), sanitaria (Autorizzazione sanitaria ai
fini dell’idoneità igienico-sanitaria dei locali, deroga alle
altezza, ecc.) e sicurezza in materia di prevenzione incendi.
È consentito il rilascio, per uno stesso locale, di più Autorizzazioni corrispondenti ai vari tipi di pubblici esercizi,
fatti salvi i divieti di legge. Gli esercizi possono essere trasferiti da tale locale ad altra sede anche separatamente,
previa richiesta di specifica Autorizzazione comunale (art.
5, co. 6, L 287/91 e s.m.i.).
Le variazioni dell’orario di apertura e di chiusura (fino ad
un massimo di un’ora) dell’esercizio, sono consentiti ai
sensi dell’art. 8, L 287/91 e s.m.i., a condizione che l’esercente comunichi (attraverso la compilazione del Mod.
36D) preventivamente al Comune l’orario adottato e lo
renda noto al pubblico con l’esposizione di apposito cartello, ben visibile.
Ai fini del rilascio dell’Autorizzazione il Comune competente accerta, tramite un sopralluogo della Polizia Municipale, la conformità del locale ai criteri stabiliti con DM
Interno 564/92 (requisiti di sorvegliabilità dei locali),
oppure si riserva di verificarne la sussistenza, quando ciò
non sia possibile in via preventiva.
Durante l’esercizio dell’attività oltre al rispetto di tutte le
condizioni prescritte nell’Autorizzazione rilasciata è
importante il rispetto della normativa prevista dal
D.Lgs.155/97, concernente l’igiene dei prodotti alimentari
(HACCP).
Tempi
Tempi previsti per l’ottenimento dell’Autorizzazione: 60
gg. (All.1, p. 49, DPR 407/94).
Entro 180 gg. dal rilascio della Determinazione dirigenziale di Autorizzazione, a seguito della comunicazione del
SCHEDE TECNICHE
possesso dei requisiti oggettivi previsti dall’art. 3, co. 7, L
287/91, si può iniziare l’attività.
Oneri
Scadenza/Rinnovi
Sanzioni
Note
Normativa di riferimento
• Marca da bollo del valore corrente sulla domanda
unica;
• oneri relativi alla Comunicazione di emissione in
atmosfera;
• oneri relativi alla prevenzione incendi;
• oneri relativi all’Autorizzazione sanitaria.
“L’autorizzazione ha validità fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello del rilascio, è automaticamente rinnovata se non vi sono motivi ostativi e si riferisce
esclusivamente ai locali in essa indicati” (art.3, co. 2, L
287/91 e s.m.i.).
Qualunque violazione è punita con sanzione amministrativa pecuniaria, secondo quanto disposto dall’art. 10, L
287/91 e s.m.i.
L’Autorizzazione è revocata, ai sensi dell’art. 4, L 287/91 e
s.m.i.:
• qualora il titolare, salvo proroga in caso di comprovata
necessità, non attivi l’esercizio entro 180 gg. dalla data
del rilascio, oppure ne sospenda l’attività per un periodo superiore a 12 mesi;
• qualora il titolare dell’Autorizzazione non sia più iscritto nel REC;
• qualora venga meno la rispondenza dello stato dei locali ai criteri stabiliti dal DM Interno 564/92.
In alcuni Comuni il rilascio delle nuove Autorizzazioni per
alcune zone può essere temporaneamente limitato.
Normativa nazionale
L 5 gennaio 1996, n. 25, Differimento di termini previsti da
disposizioni legislative nel settore delle attività produttive
ed altre disposizioni urgenti in materia.
DPR 9 maggio 1994, n. 407, Regolamento recante modificazioni al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1992, n. 300.
DM Interno 17 dicembre 1992, n. 564, Regolamento concernente i criteri di sorvegliabilità dei locali adibiti a pubblici
esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande.
L 25 agosto 1991, n. 287, Aggiornamento della normativa sull’insediamento e sull’attività dei pubblici esercizi.
DPR 26 marzo 1980, n. 327, Regolamento di esecuzione
della L. 30 aprile 1962, n. 283 , e successive modificazioni,
in materia di disciplina igienica della produzione e della
vendita delle sostanze alimentari e delle bevande.
L 30 aprile 1962, n. 283, Disciplina igienica della produ-
207
SCHEDE TECNICHE
(segue)
208
zione e della vendita delle sostanze alimentari e delle
bevande.
RD 6 maggio 1940, n. 635, Approvazione del regolamento
per l’esecuzione del testo unico 18 giugno 1931, n. 773
delle leggi di pubblica sicurezza.
RD 18 giugno 1931, n. 773, Approvazione del testo unico
delle leggi di pubblica sicurezza.
Regolamenti
Regolamenti comunali.
SCHEDA 37 – Sistema di vendita della stampa quotidiana e periodica
Ambito di applicazione
Il D.Lgs. 170/01, art. 1, co. 2, distingue i punti di vendita
della stampa quotidiana e periodica in esclusivi, cioè quelli che, previsti nel piano comunale di localizzazione, sono
tenuti alla vendita generale di quotidiani e periodici; e non
esclusivi, cioè gli esercizi, previsti dal D.Lgs. 170/01, che,
in aggiunta ad altre merci, sono autorizzati alla vendita di
quotidiani ovvero periodici, nonché, come aggiunge l’art.
3, co. 4, LR 4/05, “…gli esercizi che, a seguito dell’invio
della comunicazione ai sensi dell’articolo 1, comma 2,
della legge 13 aprile 1999, n. 108, hanno effettivamente e
concretamente venduto il prodotto editoriale durante la
fase di sperimentazione, per un periodo non inferiore ai sei
mesi”, per i quali “…l’autorizzazione è rilasciata di diritto per la stessa tipologia di prodotto editoriale per la quale
è stata effettuata la sperimentazione”.
Secondo l’art.2, co.3, possono essere autorizzate all’esercizio di un punto vendita non esclusivo:
- le rivendite di generi di monopolio;
- le rivendite di carburanti e di oli minerali con il limite
minimo di superficie pari a 1.500 mq;
- i bar, inclusi gli esercizi posti nelle aree di servizio
delle autostrade e nell’interno di stazioni ferroviarie,
aeroportuali e marittime, ed esclusi altri punti di ristoro, ristoranti, rosticcerie e trattorie;
- le medie strutture di vendita, le grandi strutture di vendita, i centri commerciali, come definiti dall’art. 24, co.
1, ll. b) e c), LR 33/99 e s.m.i.;
- le librerie con un limite minimo di superficie di 120 mq;
- gli esercizi a prevalente specializzazione di vendita,
con esclusivo riferimento alla vendita delle riviste di
identica specializzazione.
SCHEDE TECNICHE
L’attività di vendita della stampa quotidiana e periodica è
soggetta al rilascio di Autorizzazione da parte del Comune,
anche a carattere stagionale, con le eccezioni di cui all’art.
3, D.Lgs. 170/01 (ribadite dall’art. 4, LR 4/05). Per i punti
di vendita esclusivi l’Autorizzazione è rilasciata nel rispetto dei piani comunali di localizzazione, con l’obiettivo di
incrementare la diffusione dei mezzi di informazione e
stampa, rendere possibile un’articolazione omogenea nel
territorio comunale, nel rispetto delle diverse realtà sociali e insediative esistenti, della rete di vendita dei giornali,
quotidiani e periodici, e facilitare l’accesso dell’utenza ai
punti vendita della rete distributiva comunale (art. 8, LR
4/05). I Comuni del Lazio adottano i piani definendo la rete
dei punti vendita esclusivi e non esclusivi e i relativi ambiti di localizzazione stabilendo i criteri per l’Autorizzazione
di nuovi punti vendita, il trasferimento di quelli esistenti e
l’ottimizzazione dei punti vendita esclusivi già esistenti ed
operanti, secondo quanto dettato dagli artt. 9 e 10, LR 4/05.
I piani di localizzazione hanno durata quadriennale. In
assenza del piano, qualora nel territorio del Comune o di
una frazione di Comune non esistano punti di vendita,
l’Autorizzazione alla vendita può essere rilasciata anche ad
esercizi diversi da quelli previsti all’art. 3, co. 3, LR 4/05.
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Modulistica
Adempimenti
Sportello unico per le attività produttive territorialmente
competente.
Comune – ufficio Commercio.
• ASL;
• VV.F;
• Regione.
§Mod. COM 1, “Esercizi di commercio al dettaglio di vicinato. Comunicazione”.
L’attività, anche se stagionale, da esercitarsi sia in un punto
esclusivo di vendita che in un punto non esclusivo, è soggetta al rilascio dell’Autorizzazione da parte del Comune
sede dell’attività.
L’interessato presenta al Comune competente la domanda di
Autorizzazione all’apertura di un punto vendita, con allegata, per la sola categoria di punto vendita esclusivo, una planimetria della zona interessata.
La domanda va fatta in carta da bollo e indirizzata al Sindaco, nel caso di nuovo rilascio di Autorizzazione, trasferimenti di sede. Si tratterà di una semplice Comunicazione
in carta semplice (su modulistica ministeriale COM1) nei
casi di subentro.
Ai sensi dell’art. 12, c.3, LR 4/05, il richiedente deve:
• essere in possesso dei requisiti di accesso all’atti-
209
SCHEDE TECNICHE
(segue)
210
vità di cui al D.Lgs. 114/98;
• non prestare la propria opera con rapporto di lavoro continuativo alle dipendenze di altri;
• non essere iscritto ad alcun Albo professionale.
Alle domande deve essere allegata la documentazione che
indichi:
• l’ubicazione dell’esercizio su suolo pubblico o privato;
• la disponibilità dei locali o dello spazio pubblico o
privato, ovvero l’avvio della relativa istruttoria per
l’acquisizione di questi ultimi;
• la titolarità dell’Autorizzazione per l’esercizio di
una delle attività di cui all’art. 3, c.3, per i punti
vendita non esclusivi.
In caso di domande concorrenti, i Comuni individuano criteri di priorità in modo da assicurare comunque la preferenza:
• ai soggetti che intendono trasferire l’esercizio, nel
caso di concorrenza fra domande di trasferimento
di punti vendita esistenti e domande di apertura di
nuovi punti vendita inerenti la stessa area di localizzazione;
• ai soggetti che intendono effettuare l’esercizio
esclusivo dell’attività di vendita, nel caso di concorrenza fra domande per l’esercizio di punti vendita esclusivi e domande per l’esercizio di punti
vendita non esclusivi.
A parità di condizioni si segue l’ordine cronologico di presentazione delle domande.
Secondo l’art. 13, il trasferimento dell’esercizio di rivendita di quotidiani e/o periodici (subingresso) per atto tra vivi
o mortis causa, prevede la voltura dell’Autorizzazione,
sempre che sia provato al Comune l’effettivo passaggio dell’esercizio e il possesso dei requisiti sopra indicati.
Come si è già detto, per gli esercizi che hanno effettuato la
sperimentazione, ai sensi dell’art.1, L 108/99, l’Autorizzazione è rilasciata di diritto. In caso di mancata partecipazione alla sperimentazione, le Autorizzazioni, per i punti
vendita non esclusivi, possono essere rilasciate in seguito
a presentazione al Comune di una domanda contenente le
disposizioni previste dall’art. 12, LR 4/05.
Dopo il rilascio dell’Autorizzazione, il richiedente stipula il
contratto di fornitura con la FIEG (Federazione Italiana Editori Giornali), per dare inizio all’attività.
SCHEDE TECNICHE
Tempi
Oneri
Scadenza/Rinnovi
Sanzioni
30 gg., salvo interruzione nei casi di irregolarità o incompletezza riscontrati.
• Marca da bollo del valore corrente sulla domanda
unica;
• costi di segreteria e istruttoria e spese derivanti dal
contratto con la FIEG.
Sono soggette ad eventuali rinnovi esclusivamente le
Autorizzazioni rilasciate a carattere stagionale, la cui
ampiezza o durata deve essere stabilita dal Comune.
Nel Regolamento di polizia urbana può essere previsto che
la ripresa dell’attività stagionale sia subordinata ad una
Comunicazione di riapertura dell’esercizio, contenente
l’autocertificazione che nulla è variato rispetto alla stagione precedente.
-
-
Normativa di riferimento
Vendita di giornali in assenza dei requisiti morali: sanzione pecuniaria. Sanzione accessoria: chiusura immediata dell’esercizio di vendita.
Vendita di giornali senza autorizzazione: sanzione
pecuniaria. Sanzione accessoria: chiusura immediata
dell’esercizio di vendita.
Normativa nazionale
Circ. Min. Attività Produttive del 28 dicembre 2001, n.
3538/C, D.Lgs. del 24 aprile 2001,n. 170. Riordino del sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica a normadell’art. 3 della L. del 13 aprile 1999, n. 108, Circolare
esplicativa.
D.Lgs. 24 aprile 2001, n. 170, Riordino del sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica, a norma dell’articolo 3 della legge 13 aprile 1999, n. 108.
L 7 marzo 2001, n. 62, Nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416.
Circ. Min. Industria, Commercio e Artigianato dell’8 maggio 2000, n. 3486/C, Legge 13 aprile 1999, n. 108, Nuove
norme in materia di punti di vendita per la stampa quotidiana e periodica - Circolare 21 marzo 2000, n. 3482/C.
Circ. Min. Industria, Commercio e Artigianato del 21
marzo 2000, n. 3482/C, Legge 13 aprile 1999, n. 108,
Nuove norme in materia di punti vendita per la stampa
quotidiana e periodica.
L 13 aprile 1999, n. 108, Nuove norme in materia di punti
vendita per la stampa quotidiana e periodica.
D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, Riforma della disciplina
relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4,
comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59.
L 5 agosto 1981, n. 416, Disciplina delle imprese editrici
di quotidiani e periodici.
211
SCHEDE TECNICHE
(segue)
Normativa regionale
LR 14 gennaio 2005, n. 4, Sistema di vendita della stampa
quotidiana e periodica.
Regolamenti
Regolamenti comunali.
212
SCHEDE TECNICHE
Artigianato
213
SCHEDA 38 – Autorizzazione all’esercizio dell’attività di acconciatore
Ambito di applicazione
La L 174/05, definisce la disciplina dell’acconciatore e in
particolare all’art. 2, co. 1, stabilisce che tale attività “...
comprende tutti i trattamenti e i servizi volti a modificare,
migliorare, mantenere e proteggere l’aspetto estetico dei
capelli, ivi compresi i trattamenti tricologici complementari, che non implicano prestazioni di carattere medico,
curativo o sanitario, nonché il taglio e il trattamento estetico della barba, e ogni altro servizio inerente o complementare”.
La Regione Lazio con LR 26/01 (valida per quanto compatibile con la nuova L 174/05) aveva già introdotto nel suo
ordinamento la figura dell’acconciatore La legge definisce
all’art. 1, co. 2 come acconciatore, “colui che esercita
un’attività, indifferentemente sull’uomo o sulla donna,
comprendente tutti i trattamenti ed i servizi volti a modificare, migliorare, mantenere e proteggere l’aspetto estetico
dei capelli, ivi compresi i trattamenti tricologici complementari, il taglio ed ogni altro servizio complementare o
inerente, nonché le prestazioni di pedicure e manicure di
carattere esclusivamente estetico con esclusione delle prestazioni di carattere medico, curativo o sanitario”.
Inoltre ai sensi dell’art. 2, co. 7, L 174/05, “L’attività professionale di acconciatore può essere svolta unitamente a
quella di estetista anche in forma di imprese esercitate
nella medesima sede ovvero mediante la costituzione di
una società. È in ogni caso necessario il possesso dei requisiti richiesti per lo svolgimento delle distinte attività. Le
imprese di acconciatura, oltre ai trattamenti e ai servizi
indicati al comma 1, possono svolgere esclusivamente prestazioni semplici di manicure e pedicure estetico.
Ai fini del rilascio dell’Autorizzazione, l’interessato deve
seguire l’iter autorizzatorio come previsto da apposito
Regolamento comunale che prevede accertamenti circa
SCHEDE TECNICHE
(segue)
Ufficio competente
214
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Adempimenti
distanze minime da altri esercizi similari, nonché di natura igienico-sanitaria da parte della ASL inerenti locali e
attrezzature. Deve inoltre essere acquisito il parere della
competente commissione consultiva.
Sportello unico per le attività produttive territorialmente
competente.
Comune (art. 2, co. 2, L 174/05, “L’esercizio dell’attività di
acconciatore è soggetto ad autorizzazione concessa con
provvedimento del comune...”).
•
•
•
•
•
ASL;
VV.F;
Polizia municipale;
Camera di commercio;
Regione.
Le imprese, individuali o societarie, che intendono esercitare l’attività di acconciatore devono ottenere dal Comune
l’Autorizzazione che viene rilasciata previo accertamento
del possesso dell’abilitazione professionale (rilasciata ai
sensi di quanto prescritto nell’art. 3, L 174/05) nonché in
osservanza delle vigenti norme sanitarie.
Ai fini dello svolgimento dell’attività vanno infatti accertati:
• il possesso della qualifica professionale del richiedente;
• il rispetto dei criteri e dei parametri previsti dal Regolamento comunale sulle attività in questione;
la conformità dell’attività e dei locali agli strumenti di
pianificazione urbanistica;
• l’idoneità igienico-sanitaria dei locali e delle attrezzature, sulla base di un’istruttoria tecnica dell’ASL.
Ai sensi dell’art. 2, co. 6, L 174/05, “le imprese esercenti
l’attività di acconciatore possono avvalersi anche di soggetti non stabilmente inseriti all’impresa, purché in possesso
dell’abilitazione prevista dall’articolo 3. A tale fine, le
imprese di cui al presente comma sono autorizzate a ricorrere alle diverse tipologie contrattuali previste dalla legge”.
Tempi
Oneri
Scadenza/Rinnovi
I tempi previsti per il rilascio delle Autorizzazioni, compresi gli opportuni accertamenti e per l’inizio dell’attività
sono specificati dai Regolamenti comunali in materia.
• marca da bollo del valore corrente sulla domanda
unica.
• oneri previsti per l’iscrizione al Registro delle Imprese
e all’Albo Imprese Artigiane.
• diritti di emissione per pareri di uffici ed enti terzi
coinvolti nel procedimento, come da tariffari specifici
I termini di sospensione e revoca dell’Autorizzazione ven-
SCHEDE TECNICHE
gono stabiliti all’interno dei singoli Regolamenti comunali per l’esercizio dell’attività di acconciatore.
Sanzioni
Note
Ai sensi dell’art. 5, co. 1, L 174/05,
“Nei confronti di chiunque svolga trattamenti o servizi di
acconciatura in assenza di uno o più requisiti o in violazione delle modalità previsti dalla presente legge, sono inflitte
sanzioni amministrative pecuniarie da parte delle autorità
competenti per importi non inferiori a 250 e non superiori
a 5.000 euro, secondo le procedure previste dalla legge 24
novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni”.
Inoltre si faccia riferimento a quanto prescritto dai Regolamenti comunali in materia.
Ai sensi dell’art. 6, L 174/05,
“1. Le attività di barbiere e parrucchiere per uomo e donna
di cui alla legge 14 febbraio 1963, n. 161, e successive
modificazioni, assumono la denominazione di «attività di
acconciatore».
2. I soggetti che alla data di entrata in vigore della presente legge sono in possesso della qualifica di acconciatore o
di parrucchiere, per uomo o per donna, assumono di diritto la qualifica di acconciatore e sono equiparati ai soggetti abilitati ai sensi dell’articolo 3.
3. I soggetti che alla data di entrata in vigore della presente legge risultano intestatari delle autorizzazioni comunali
di cui all’articolo 2 della legge 14 febbraio 1963, n. 161, e
successive modificazioni, rilasciate per l’esercizio delle
attività di parrucchiere per uomo o per donna, hanno diritto alla rettifica della denominazione sulle autorizzazioni
medesime.
4. Dalla data di entrata in vigore della presente legge le
autorizzazioni comunali sono rilasciate esclusivamente
per l’esercizio dell’attività di acconciatore.
5. I soggetti in possesso della qualifica di barbiere e che
intendano ottenere l’abilitazione di cui all’articolo 3, sono
tenuti, in alternativa:
a) a richiedere, entro diciotto mesi dalla data di entrata in
vigore della presente legge, l’abilitazione di cui all’articolo 3 in considerazione delle maturate esperienze professionali;
b) a frequentare un apposito corso di riqualificazione professionale disciplinato ai sensi del comma 1 dell’articolo 3;
c) a sostenere l’esame previsto dal comma 1 dell’articolo
3.
6. Coloro che hanno maturato un’esperienza lavorativa
qualificata, in qualità di dipendente, familiare coadiuvante o socio partecipante al lavoro presso imprese di barbiere, non inferiore a tre anni, sono ammessi a sostenere l’e-
215
SCHEDE TECNICHE
(segue)
same di cui all’articolo 3, comma 1, previa frequenza del
corso di riqualificazione di cui alla lettera b) del comma 5
del presente articolo. Il citato corso può essere frequentato
anche durante il terzo anno di attività lavorativa specifica.
7. A coloro i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, sono in possesso della qualifica di barbiere ed
esercitano, o hanno in precedenza esercitato, l’attività di
barbiere è comunque garantito il diritto di svolgere tale
attività”.
Normativa di riferimento
Normativa nazionale
L 17 agosto 2005, n. 174, Disciplina dell’attività di acconciatore.
L 5 marzo 2001, n. 57, Disposizioni in materia di apertura
e regolazione dei mercati.
L 8 agosto 1985, n. 443, Legge - quadro per l’artigianato.
L 23 dicembre 1970, n. 1142, Modifiche alla legge 14 febbraio
1963, n.161 concernente la disciplina di attività di barbiere,parrucchiere per donna e mestieri affini.
L 14 febbraio 1963, n. 161, Disciplina dell’attività di barbiere,
parrucchiere per uomo e donna e mestieri affini.
216
Normativa regionale
Delib.GR 31 maggio 2002, n. 670, Linee di indirizzo per l’applicazione della legge regionale 20 novembre 2001, n. 26.
LR 20 novembre 2001, n. 26, Riconoscimento della figura
professionale unica di acconciatore e nuovo percorso formativo.
Regolamenti
Regolamenti comunali.
SCHEDA 39 – Autoservizi pubblici non di linea: servizio di noleggio con
conducente e servizio di taxi (Autorizzazione e Licenza)
Ambito di applicazione
Il servizio di noleggio con conducente (NCC) e il servizio
di taxi (entrambi con autovettura, motocarrozzetta, natante
e veicoli a trazione animale) sono autoservizi pubblici non
di linea, cioè, quelli che “provvedono al trasporto collettivo, o individuale, di persone con funzione complementare
o integrativa rispetto ai trasporti pubblici di linea ferroviari, automobilistici, marittimi, lacuali ed aerei e che vengono effettuati, a richiesta dei trasportati, o del trasportato,
in modo non continuativo o periodico, su itinerari e secondo orari stabiliti di volta in volta.”
SCHEDE TECNICHE
Il servizio di noleggio con conducente “si rivolge ad una
utenza specifica che avanza, presso la sede del vettore,
apposita richiesta per una determinata prestazione a
tempo e/o viaggio”(art. 5, LR 58/93). I veicoli destinati al
noleggio con conducente, a differenza dei taxi, non stazionano in luoghi pubblici, ma all’interno di rimesse e, per
quanto riguarda i natanti, presso i pontili di attracco.
Il servizio di taxi “ha lo scopo di soddisfare le esigenze del
trasporto individuale o di piccoli gruppi di persone; si
rivolge ad una utenza indifferenziata; lo stazionamento
avviene in luogo pubblico; le tariffe sono determinate
amministrativamente dagli organi competenti, che stabiliscono anche le modalità del servizio; il prelevamento dell’utente ovvero l’inizio del servizio avvengono all’interno
dell’area comunale o comprensoriale.”
I Comuni disciplinano l’esercizio degli autoservizi pubblici non di linea con specifici Regolamenti, uniformati comprensorialmente per ottenere una maggiore razionalità ed
efficienza. La Regione stabilisce i criteri cui devono attenersi i Comuni nel redigere detti Regolamenti e delega agli
enti locali l’esercizio delle funzioni amministrative attuative, al fine anche di integrare il trasporto pubblico non di
linea con gli altri tipi di trasporto, nel quadro della programmazione economica e territoriale. (art. 4, L 21/92)
I Comuni, ai sensi dell’art. 5, L 21/92, nel predisporre i
Regolamenti sull’esercizio degli autoservizi pubblici non
di linea, stabiliscono:
• il numero e il tipo dei veicoli e dei natanti da adibire ad
ogni singolo servizio;
• le modalità per lo svolgimento del servizio;
• i criteri per la determinazione delle tariffe per il servizio di taxi;
• i requisiti e le condizioni per il rilascio della Licenza
per l’esercizio del servizio di taxi e dell’Autorizzazione
per l’esercizio del servizio di NCC.
L’esercizio del servizio noleggio con conducente e del servizio di taxi necessitano di apposito titolo abilitativo,
rispettivamente Autorizzazione e Licenza, che viene rilasciato dal Comune alla persona fisica in possesso dei requisiti previsti dall’art. 6, L 21/92.
Nei Comuni in cui il servizio di taxi non viene svolto, i veicoli di noleggio con conducente possono stazionare su aree
pubbliche destinate a tale scopo. È invece vietata la sosta
in posteggio su suolo pubblico nei Comuni in cui viene
esercitato il servizio di taxi.
Negli ambiti portuali, aeroportuali e ferroviari, previo
accordo con le organizzazioni sindacali di categoria, i
Comuni possono autorizzare la sosta dei veicoli con con-
217
SCHEDE TECNICHE
(segue)
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
218
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Modulistica
Adempimenti
ducente in apposite aree, delimitate e individuate come
rimessa, purché diverse da quelle destinate ai taxi.
Sportello unico per le attività produttive territorialmente
competente.
Comune.
Regione.
§Mod. 39A, “Richiesta di iscrizione, a norma degli artt. 16
e 18, L.R.58/93, nel Ruolo Provinciale dei conducenti di
servizi pubblici di trasporto non di linea, di cui all’art. 6,
L. 21/92”.
§Mod. 39B, “Noleggio con conducente: istanza di rilascio
di Autorizzazione”.
§Mod. 39C, “Noleggio con conducente: richiesta del titolare di trasferimento dell’Autorizzazione”.
Per ottenere il rilascio del titolo abilitante all’esercizio del
servizio di taxi e di quello di NCC, è indispensabile:
• essere iscritti nel Ruolo provinciale dei conducenti di
veicoli o natanti adibiti ad autoservizi pubblici non di
linea, istituito, dalla Regione, presso le CCIAA di ciascuna provincia. L’iscrizione nel Ruolo avviene previo
esame da parte di apposita Commissione regionale, che
accerti i requisiti di idoneità all’esercizio del servizio e,
in particolar modo, le conoscenze geografiche e toponomastiche del candidato (art. 6, L 21/92);
• possedere i requisiti di idoneità fisica comprovata da
apposita certificazione rilasciata dall’ASL;
• possedere i requisiti di idoneità morale.
L’Autorizzazione all’esercizio del servizio di noleggio con
conducente, così come la Licenza per l’esercizio del servizio di taxi, sono rilasciate dal Comune, attraverso bando di
pubblico concorso, ai singoli che abbiano la proprietà o la
disponibilità in leasing del veicolo o natante, che possono
gestirle in forma singola o associata (art. 8, co. 1, L 21/92).
La Licenza e l’Autorizzazione sono riferite ad un singolo
veicolo o natante. Non è consentito che lo stesso soggetto
cumuli la Licenza per l’esercizio del servizio di taxi e l’Autorizzazione per il servizio di noleggio con conducente. È
invece ammesso il cumulo, per lo stesso soggetto, di più
Autorizzazioni per l’esercizio del servizio di NCC, o il
cumulo delle Licenze per l’esercizio del servizio di taxi e
dell’Autorizzazione per l’esercizio del servizio di NCC,
qualora il servizio sia esercitato con natanti (art. 8, co. 2).
Per poter conseguire l’Autorizzazione per l’esercizio del ser-
SCHEDE TECNICHE
vizio di NCC è obbligatorio disporre di una rimessa o di un
pontile di attracco, presso i quali i mezzi sostano e sono a disposizione dell’utenza (co. 3).
L’aver svolto, per almeno 6 mesi, servizio di taxi come sostituto alla guida del titolare della Licenza, o essere stato
dipendente di un’impresa di NCC, per il medesimo periodo,
costituisce titolo preferenziale ai fini del rilascio della
Licenza o dell’Autorizzazione (co. 4).
Ai sensi dell’art. 9, L 21/92, sia la Licenza per l’esercizio
del servizio di taxi che l’Autorizzazione per l’esercizio del
servizio di NCC sono trasferibili, su richiesta del titolare, a
persona dallo stesso designata, purché iscritta al Ruolo
professionale, qualora il titolare:
• sia in possesso di Licenza o Autorizzazione da 5 anni;
• abbia raggiunto il sessantesimo anno di età;
• sia divenuto permanentemente inabile o inidoneo al
servizio per malattia, infortunio o per ritiro definitivo
della patente di guida.
In caso di morte del titolare, la Licenza o l’Autorizzazione
possono essere trasferite ad uno degli eredi appartenenti al
nucleo familiare del titolare, qualora in possesso dei requisiti prescritti, ovvero possono essere trasferite, al massimo
entro 2 anni, con Autorizzazione del Sindaco, ad altri,
designati dagli eredi appartenenti al nucleo familiare del
titolare, purché iscritti nel Ruolo professionale e in possesso dei requisiti prescritti.
Al titolare, che abbia trasferito la Licenza o l’Autorizzazione non può esserne attribuita un’altra per concorso pubblico e, comunque non prima che siano trascorsi 5 anni dal
trasferimento della prima.
Secondo quanto disposto dall’art 10, L 21/92, i titolari di
Licenza per l’esercizio del servizio di taxi possono essere
sostituiti temporaneamente alla guida da persone iscritte nel
Ruolo dei conducenti e in possesso dei requisiti prescritti:
• per motivi di salute, inabilità temporanea, gravidanza e
puerperio;
• per chiamata alle armi;
• per un periodo di ferie non superiore a 30 gg./anno;
• per sospensione o ritiro temporaneo della patente di
guida;
• in caso di incarichi a tempo pieno sindacali o pubblici
elettivi.
Gli eredi minori del titolare di Licenza possono farsi sostituire alla guida da persone iscritte nel Ruolo e in possesso dei
requisiti prescritti, fino al raggiungimento della maggiore età.
Il rapporto di lavoro con il sostituto alla guida è regolato
219
SCHEDE TECNICHE
(segue)
220
Tempi
Oneri
Note
Normativa di riferimento
con un contratto di lavoro a tempo determinato secondo la
disciplina della L 230/62 sui contratti di lavoro a tempo
determinato.
I titolari di Licenza per l’esercizio del servizio di taxi e di
Autorizzazione per l’esercizio del servizio di NCC possono
avvalersi, nello svolgimento del servizio, della collaborazione di familiari, sempre che siano iscritti nel Ruolo dei
conducenti.
Il titolare della Licenza per l’esercizio del servizio di taxi o
dell’Autorizzazione per il servizio di NCC, deve comunicare per iscritto la sostituzione alla guida al Comune che ha
rilasciato il titolo. La sostituzione è efficace dalla data della
comunicazione (comprovata dal timbro postale, se spedita a
mezzo raccomandata, o da quella del Comune, se presentata
direttamente).
Accoglimento o rigetto entro il termine di 60 gg., salvo
interruzione nei casi di irregolarità o incompletezza
riscontrati.
• Marca da bollo del valore corrente sulla domanda
unica;
• diritti di segreteria dovuti alla CCIAA, all’atto della
presentazione della domanda di iscrizione al Ruolo dei
conducenti.
Qualora, per l’esercizio dell’attività in questione, si rendesse necessaria anche la richiesta di titolo abilitativo edilizio connesso ai locali predisposti all’esercizio della suddetta attività, alla richiesta di Autorizzazione deve essere
allegata la documentazione tecnica prevista per il rilascio
del titolo abilitativo edilizio (vd. schede: “Permesso di
costruire” o “Denuncia inizio attività”), oltre alla documentazione tecnica prevista per gli endoprocedimenti convergenti (scarichi, emissioni in atmosfera, rifiuti, ecc.). In
tal caso l’istruttoria tecnica terrà conto anche dei tempi
previsti per il rilascio degli atti, pareri o Nullaosta specifici per ciascun endoprocedimento.
Normativa nazionale
DM Trasporti 20 aprile 1993, Criteri per la determinazione
di una tariffa minima e massima per il servizio di noleggio
con autovettura.
DM Trasporti 19 novembre 1992, Individuazione del colore
uniforme per tutte le autovetture adibite al servizio di taxi.
DM Trasporti 15 dicembre 1992, Regolamento recante
norme sui dispositivi dei veicoli adibiti a taxi o ad autonoleggio con conducente.
D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, Nuovo codice della strada.
L 15 gennaio 1992, n. 21, Legge quadro per il trasporto di per-
SCHEDE TECNICHE
sone mediante autoservizi pubblici non di linea
DM Trasporti 20 febbraio 1991, n. 448, Regolamento di
attuazione della direttiva del Consiglio n° 562 del 12/11/74
riguardante l’accesso alla professione di trasportatore di
viaggiatori su strada nel settore dei trasporti nazionali ed
internazionali.
Normativa regionale
LR 14 febbraio 2005, n. 7, Modifiche alla legge regionale
26 ottobre 1993, n. 58, contenente il trasporto pubblico non
di linea, come modificata dalla legge regionale 22 maggio
1995, n. 32 e dalla legge regionale 16 giugno 2003, n. 16.
Modifiche alla legge regionale 6 agosto 1999, n. 14 (Organizzazione delle funzioni a livello regionale e locale per la
realizzazione del decentramento amministrativo) e successive modifiche. Disposizione transitoria.
LR 16 giugno 2003, n. 16, Modifiche alla legge regionale 16
luglio 1998, n. 30, recante disposizioni in materia di trasporto pubblico locale e successive modifiche, alla legge
regionale 3 dicembre 1982, n. 52, recante disposizioni sulle
tariffe dei pubblici servizi di trasporto, alla legge regionale
12 gennaio 1991, n. 1, recante disposizioni sui sistemi tariffari e alla legge regionale 26 ottobre 1993, n. 58, recante disposizioni sull’esercizio di trasporto pubblico non di linea.
LR 6 agosto 1999, n. 14, Organizzazione delle funzioni a
livello regionale e locale per la realizzazione del decentramento amministrativo.
LR 16 luglio 1998, n. 30, Disposizioni in materia di trasporto pubblico locale.
LR 26 ottobre 1993, n. 58, Disposizioni per l’ approvazione dei regolamenti comunali relativi all’ esercizio di trasporto pubblico non di linea e norme concernenti il ruolo
dei conducenti dei servizi pubblici di trasporto non di
linea, di cui all’ art. 6 della legge 15 gennaio 1992, n. 21.
Regolamenti
Regolamenti comunali.
SCHEDA 40 – Denuncia di inizio attività di noleggio veicoli senza conducente
Ambito di applicazione
Secondo l’art. 84, co. 1, D.Lgs. 285/92, un veicolo “si intende adibito a locazione senza conducente quando il locatore,
dietro corrispettivo, si obbliga a mettere a disposizione del
locatario, per le esigenze di quest’ultimo, il veicolo stesso.”
È ammessa, nell’ambito delle disposizioni che regolano i
221
SCHEDE TECNICHE
(segue)
222
trasporti internazionali tra Stati membri dell’Unione europea, l’utilizzazione di autocarri, trattori, rimorchi e semirimorchi, autotreni e autoarticolati locati senza conducente,
dei quali risulti locataria un’impresa stabilita in un altro
Stato membro, a condizione che i veicoli risultino immatricolati o messi in circolazione conformemente alla legislazione dello Stato membro (art. 84, co. 2).
Possono, inoltre, essere destinati alla locazione senza conducente:
• i veicoli ad uso speciale e i veicoli destinati al trasporto di cose, la cui massa complessiva a pieno carico non
sia superiore a 6 t;
• i veicoli, aventi al massimo 9 posti compreso quello
del conducente, destinati al trasporto di persone, nonché i veicoli per il trasporto promiscuo e le autocaravan, le caravan e i rimorchi destinati al trasporto di
attrezzature turistiche e sportive (art. 84, co. 5).
L’esercizio dell’attività di noleggio di veicoli senza conducente è disciplinato dal DPR 481/01.
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Modulistica
Adempimenti
SUAP territorialmente competente.
Comune.
Prefettura.
§Mod. 40, “Noleggio senza conducente (D.P.R. 481/2001).
Denuncia di inizio attività”.
Per svolgere l’attività in questione occorre possedere i
requisiti personali (morali, professionali e tecnici), di cui
al RD 773/31, artt. 11 e 92. Inoltre bisogna disporre di una
rimessa idonea allo svolgimento dell’attività, pubblica o
privata (cioè a ingresso libero, ovvero a ingresso limitato).
Il DPR 481/01 ha stabilito che l’esercizio dell’attività di
noleggio di veicoli senza conducente è soggetta a Denuncia
di inizio attività da presentarsi, ai sensi dell’art. 19, L
241/90, al Comune nel cui territorio si trova la sede legale
dell’impresa e nei Comuni ove si trovano le diverse articolazioni commerciali dell’attività.
Entro 5 gg. dal ricevimento, il Comune trasmette copia
della Denuncia al Prefetto. Entro 60 gg. dal ricevimento
della comunicazione, il Prefetto può sospendere o vietare
l’esercizio dell’attività nei casi previsti dall’art. 11, co. 2,
RD 773/31, per motivate esigenze di pubblica sicurezza, e,
in ogni caso, anche successivamente a tale termine, per
sopravvenute esigenze di pubblica sicurezza.
La carta di circolazione dei veicoli da adibire a noleggio senza
conducente è rilasciata sulla base della suddetta denuncia.
SCHEDE TECNICHE
Tempi
Oneri
Normativa di riferimento
60 gg.
Trattandosi di DIA non comportante il rilascio di un atto
autorizzativo finale, nessun onere è dovuto. La denuncia
non è soggetta a imposta di bollo.
Normativa nazionale
DPR 19 dicembre 2001, n. 481, Regolamento recante semplificazione del procedimento di autorizzazione per l’esercizio dell’attività di noleggio di veicoli senza conducente.
D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, Nuovo codice della strada.
223
SCHEDE TECNICHE
Turismo
224
SCHEDA 41 – Autorizzazione all’apertura di una struttura ricettiva alberghiera
Ambito di applicazione
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Modulistica
Adempimenti
Ricadono nel campo di applicazione del procedimento gli
alberghi intesi come esercizi aperti al pubblico a gestione
unitaria, che forniscono alloggio, ed eventualmente vitto
ed altri servizi accessori, in camere ubicate in uno o più
stabili o in parti di stabile. È richiesta, come requisito minimo, una capacità ricettiva non inferiore a sette stanze.
SUAP territorialmente competente.
Comune.
•
•
•
•
•
Comune (SUE e Commercio);
ASL;
VV.F;
Soprintendenza beni culturali;
APT.
§Mod. 41, “Domanda di Autorizzazione unica. Albergo”.
La domanda di Autorizzazione per attività alberghiera, in
bollo, corredata di tutti gli allegati richiesti, va presentata
allo sportello unico che provvede a verificarne la regolarità.
La domanda deve contenere, se necessario, la documentazione finalizzata all’acquisizione di atti istruttori e pareri
tecnici in materia:
- urbanistico-edilizia;
- di impatto acustico;
- di prevenzione incendi;
- igienico-sanitaria;
- ambientale.
Il richiedente, nella domanda, deve dichiarare:
• che l’attività ricettiva è esercitata nel rispetto di quanto
previsto dalle norme riguardanti:
- l’abitabilità dell’immobile (in alternativa si può
dichiarare l’allaccio in fognatura, allegando una
copia del contratto o la ricevuta di pagamento del-
SCHEDE TECNICHE
l’ultima bolletta ACEA);
la disponibilità dei locali (in caso di fabbricato già
esistente);
- la destinazione d’uso;
di essere iscritto nel Registro Imprese;
di essere iscritto nel REC (del titolare dell’impresa individuale o del legale rappresentante ovvero di un suo
delegato), in caso di somministrazione ad utenti esterni
di alimenti e bevande;
l’assenza di condanne penali o di impedimenti all’esercizio dell’attività ai sensi degli artt. 11 e 92, TULPS;
di essere in possesso dei requisiti richiesti ex L 575/65
e s.m.i.;
di essere in possesso del Permesso di soggiorno, in caso
in cui si tratti di cittadino extracomunitario;
di essere in possesso:
- in caso di struttura con oltre 25 posti letto, del Certificato di prevenzione incendi (CPI) o della richiesta di Parere di conformità o Dichiarazione inizio
attività o proroga;
- del Nullaosta di impatto acustico o Dichiarazione di
non installazione di impianti e macchinari;
- dell’Autorizzazione igienico-sanitaria da parte dell’ASL competente per territorio, con allegata planimetria;
- titolo abilitativo edilizio.
-
•
•
•
•
•
•
In seguito alla verifica della completezza della documentazione, l’addetto allo sportello unico provvede ad avviare il
procedimento per il rilascio delle Autorizzazioni e/o Pareri, Nullaosta, comunque denominati, nelle materie per cui
è esclusa l’autocertificazione, trasmettendo la documentazione a ciascun ente coinvolto. Entro 30 gg. dal ricevimento della domanda può, per una sola volta, richiedere l’integrazione degli atti o dei documenti necessari ai fini istruttori. Il termine del procedimento resta sospeso fino alla
presentazione degli atti integrativi. Completata l’istruttoria
tecnica, l’addetto allo sportello unico trasmette all’APT la
richiesta per il rilascio dell’Attestato di classificazione e
del Parere motivato da esprimersi entro 30 gg. dalla presentazione della domanda.
La realizzazione del progetto si intende autorizzata, decorsi inutilmente 60 gg. dalla presentazione della domanda,
previo rilascio del titolo abilitativo edilizio e degli eventuali altri titoli autorizzatori.
Tempi
I tempi sono quelli previsti dal procedimento unico ex
DPR 447/98 e s.m.i.
225
SCHEDE TECNICHE
Oneri
-
226
Scadenza/Rinnovi
Sanzioni
Normativa di riferimento
Marca da bollo del valore corrente sulla domanda
unica;
oneri di Concessione e/o diritti di segreteria attinenti
alla pratica edilizia (relativa al rilascio del titolo abilitativi edilizio);
diritti sanitari per l’eventuale pratica sanitaria;
diritti di istruttoria per la pratica di prevenzione incendi.
In caso di sospensione dell’attività il titolare dell’Autorizzazione deve darne preventiva comunicazione al Comune
e alla competente APT. La sospensione temporanea non
può essere superiore a 6 mesi, prorogabili, per ulteriori 6,
dal Comune, per comprovati motivi. Decorso tale termine,
l’attività si considera cessata.
In caso di cessazione definitiva dell’attività il titolare dell’Autorizzazione ne dà comunicazione al Comune e alla
competente APT.
Ai sensi dell’art. 9, cc. 4 e 5, L 135/01, l’Autorizzazione allo
svolgimento di un’attività ricettiva è revocata dal Sindaco
qualora il titolare dell’Autorizzazione:
• non attivi, salvo proroga in caso di comprovata necessità, l’esercizio entro 180 gg. dalla data del rilascio della
stessa, ovvero ne sospenda l’attività per un periodo
superiore a 12 mesi;
• non risulti più iscritto nel Registro delle imprese;
• sia sospeso dall’attività, ai sensi dell’art. 17-ter, TULPS,
venuta meno la rispondenza dello stato dei locali ai criteri stabiliti per l’esercizio dell’attività, o alle vigenti
prescrizioni in materia di edilizia, urbanistica, igienicosanitaria, nonché a quelle sulla destinazione d’uso degli
immobili e dei locali, non abbia provveduto alla regolarizzazione nei tempi stabiliti.
Normativa nazionale
DPCM 13 settembre 2002, Recepimento dell’accordo fra lo
Stato, le regioni e le province autonome sui princìpi per
l’armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico.
L 29 marzo 2001, n. 135, Riforma della legislazione nazionale del turismo.
D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, Conferimento di funzioni e
compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti
locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59
L 25 agosto 1991, n. 287, Aggiornamento della normativa
sull’insediamento e sull’attività dei pubblici esercizi.
L 17 maggio 1983, n. 217, Legge quadro per il turismo e
interventi per il potenziamento e la qualificazione dell’offerta turistica.
RD 18 giugno 1931, n. 773, Approvazione del testo unico
SCHEDE TECNICHE
delle leggi di pubblica sicurezza.
Regolamenti
Regolamenti comunali.
227
SCHEDA 42 – Concessione e successiva Autorizzazione all’esercizio di un’attività
turistico-ricettiva all’aria aperta (campeggi, villaggi turistici)
Ambito di applicazione
Ricadono nel campo di applicazione del procedimento le
diverse forme della pratica turistica all’aria aperta, individuate e disciplinate dalla LR 59/85. Le definizioni sono
date all’art. 2.
I campeggi sono dei complessi attrezzati per la sosta e il soggiorno dei turisti provvisti di mezzi autonomi di pernottamento quali tende, caravan, camper e carrelli-tenda, purché
trasportabili dal turista per via ordinaria senza ricorrere al
trasporto eccezionale. Nei campeggi è consentita la presenza di tende, caravan e di altri manufatti non di proprietà dei
turisti, purché in misura non superiore al 15% della ricettività complessiva; è altresì consentita la presenza di tende,
caravan e di altri manufatti di proprietà dei turisti, in misura non superiore al 15% della ricettività complessiva.
I villaggi turistici sono i complessi attrezzati per consentire
ai turisti sprovvisti di mezzi propri il pernottamento, il soggiorno e la sosta in tende, caravan e altri manufatti realizzati in materiale leggero, non vincolati permanentemente al
suolo e che comunque non posseggano caratteristiche del
ricettivo alberghiero. Nei villaggi turistici possono essere
previste aree utilizzabili da turisti provvisti di mezzi propri
di pernottamento consentiti per i campeggi purché in
misura non superiore al 25% della ricettività complessiva.
Le aree di sosta temporanea, sono gli spiazzi per i quali
non sono prescritte attrezzature (come per i campeggi e i
villaggi turistici), individuati dal Comune per consentire al
singolo utente fornito di tenda o di caravan la sosta per un
periodo di tempo non superiore alle 48 ore.
I campeggi sono classificati con le stelle, in quattro categorie; i villaggi turistici sono classificati sempre con le stelle,
in tre categorie Sia i campeggi che i villaggi turistici assumono la denominazione aggiuntiva «A», annuale, quando
sono aperti per la doppia stagione estivo- invernale o sono
autorizzati ad esercitare la propria attività per l’intero arco
dell’anno.
La classifica è obbligatoria e viene attribuita dal Comune
SCHEDE TECNICHE
(segue)
228
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Modulistica
Adempimenti
competente contestualmente all’atto di Autorizzazione
all’esercizio, previi gli opportuni accertamenti, tenuto
conto dei requisiti che saranno stabiliti dal Regolamento di
attuazione in rapporto alla ubicazione, alla qualità dei servizi e alla presenza di attrezzature ricreative, culturali e
sportive (art. 7, LR 59/85).
I provvedimenti di classificazione, di revisione di classifica, di Autorizzazione all’esercizio, previsti dalla LR 59/85,
sono adottati dal Comune, entro i termini previsti, sentito
il parere dell’Azienda di promozione turistica.
I requisiti tecnici minimi che una struttura ricettiva all’aria
aperta deve possedere per ottenere la classificazione di
campeggio o villaggio turistico, sono riportati all’art. 9, LR
59/85, e ribaditi nelle Tabelle A e B, Reg. Regionale 2/93.
Sportello unico per le attività produttive territorialmente
competente.
Comune competente per territorio.
•
•
•
•
•
Comune (SUE e Commercio);
ASL;
VV.F;
Regione;
APT.
§Mod.42, “Domanda di Autorizzazione unica. Campeggio,
villaggio turistico”.
L’esercizio dell’attività ricettiva dei campeggi e villaggi
turistici “è subordinato alla preventiva Autorizzazione da
parte del Comune, in seguito ad accertamento della
rispondenza dei complessi ricettivi alla Concessione e alle
prescrizioni di legge da effettuarsi entro 60 giorni dalla
richiesta dell’interessato. Il comune decide sulla domanda
di autorizzazione dell’esercizio nel termine di trenta giorni
dall’effettuazione del controllo di cui al comma precedente. Scaduto inutilmente tale termine la domanda si intende accolta.”(art. 13, LR 59/85).
La domanda intesa ad ottenere la Concessione, di cui alla
L 10/77, deve essere presentata dal proprietario dell’area, o
da chi abbia titolo per richiederla, al Comune competente
per territorio.
La Concessione è rilasciata entro 60 gg. dalla richiesta, su
parere dell’ASL, dei VV.F, dell’Assessorato regionale all’Agricoltura, dell’APT e della locale azienda autonoma soggiorno e turismo, ove esista, sul progetto esecutivo del
complesso ricettivo.
La domanda, ai sensi dell’art. 12, LR 59/85, deve essere
corredata da:
a) relazione illustrativa che indichi localizzazione, viabili-
SCHEDE TECNICHE
tà esterna sia pubblica che privata per l’accesso alla struttura campeggistica, tipo di complesso, capacità ricettiva,
servizi e impianti accessori e ogni altra notizia utile alla
descrizione del complesso e del suo funzionamento;
b) relazione tecnica comprensiva di:
- indicazione grafica con riferimento allo strumento
urbanistico;
- stralcio catastale con indicazione delle particelle fondiarie interessate;
- planimetria generale del complesso in scala non superiore a 1:2.000, con la localizzazione di tutti i servizi ed
allestimenti di varia natura;
- planimetria di dettaglio in scala non superiore a 1:500,
con l’individuazione degli edifici, delle piazzole con le
relative numerazioni e delle opere di attrezzatura interna dell’area relative alla fognatura, impianto idrico,
impianto elettrico, impianto antincendio e allacciamento alla fognatura comunale o eventuale impianto
di depurazione;
c) elaborati grafici in scala non superiore a 1:100, relativi
alle opere di attrezzatura interna.
L’utente, ottenuta la Concessione per l’attivazione dell’esercizio, è tenuto a presentare la domanda di Autorizzazione, in bollo, al Comune.
Nella domanda, secondo quanto prescrive l’art. 14, LR
59/85, il richiedente deve dichiarare:
• gli estremi dell’Atto di Concessione, rilasciato ai sensi
dell’art. 11, LR 59/85 (allegando copia dell’Atto e degli
eventuali allegati)
• di possedere i requisiti minimi, di cui all’art. 9, LR
59/85, indicando la categoria della classificazione che
si intende conseguire;
• che l’attività ricettiva è esercitata nel rispetto di quanto
previsto dalle norme riguardanti l’agibilità e la disponibilità della struttura;
• la conformità delle tariffe che si intendono applicare
per ciascun servizio o prestazione a quanto previsto
dall’art. 2, e i periodi di apertura del complesso;
• specifica richiesta di Autorizzazione all’esercizio delle
attività di cui all’art. 16, ovvero di spaccio, di ristorazione, di vendita di bevande alcoliche e analcoliche,
limitatamente agli utenti dei complessi ricettivi campeggiatici;
• designazione del gestore dell’esercizio, di cui all’art.
17, allegandone l’atto di assenso e l’atto d’obbligo con
cui si impegna a realizzare, a proprie spese e cura, tutte
le opere interne al complesso turistico a servizio delle
229
SCHEDE TECNICHE
(segue)
•
•
230
•
•
•
unità di soggiorno temporaneo, di cui all’art. 6, LR
35/77 (art. 11 co. 3, LR 59/85);
di essere iscritto nel Registro imprese;
di essere iscritto nel REC (del titolare dell’impresa individuale o del legale rappresentante ovvero di un suo
delegato), in caso di somministrazione ad utenti esterni
di alimenti e bevande;
l’assenza di condanne penali o di impedimenti all’esercizio dell’attività ai sensi degli artt. 11 e 92, TULPS;
di essere in possesso dei requisiti richiesti ex L 575/65
e s.m.i. (dichiarazione sostitutiva antimafia);
di essere in possesso del Permesso di soggiorno, in caso
in cui si tratti di cittadino extracomunitario;
Alla domanda, oltre a tutta la documentazione comprovante quanto dichiarato, dovranno essere allegati:
• la ricevuta del versamento delle singole tasse sulle Concessioni, a norma della legislazione vigente;
• la copia conforme alla polizza di assicurazione per i
rischi di responsabilità civile nei confronti degli utenti,
di cui all’art. 18, co. 2, LR 59/85;
• il Regolamento interno con le istruzioni e raccomandazioni del caso, rivolte agli utenti.
Tempi
• Concessione: 60 gg., con eventuale integrazione in caso
di ricorso a VIA.
• Autorizzazione: 30 gg. dalla presentazione della domanda (scaduto inutilmente tale termine la domanda si
intende accolta).
Oneri
-
Scadenza/Rinnovi
Marca da bollo del valore corrente sulla domanda
unica;
oneri di concessione e/o diritti di segreteria attinenti
alla pratica edilizia (relativa al rilascio del titolo abilitativo edilizio);
diritti sanitari per l’eventuale pratica sanitaria;
diritti di istruttoria per la pratica di prevenzione
incendi.
Per gli anni successivi l’Autorizzazione si considera rinnovata, ferma restando la sussistenza delle condizioni previste per il rilascio (art. 13, LR 59/85).
Qualora intervengano mutamenti nelle condizioni che
hanno dato luogo alla classificazione, il titolare dell’Autorizzazione all’esercizio è tenuto a farne denuncia al Comune per l’adozione del provvedimento di revisione della
classifica (art. 8).
Qualora venga accertato che non sussistono più i requisiti
necessari per il mantenimento della classifica assegnata, il
Comune previa diffida motivata provvede d’ufficio alla
SCHEDE TECNICHE
revisione della classifica stessa, considerati i requisiti
effettivamente posseduti.
Sanzioni
Normativa di riferimento
L’Autorizzazione, può essere temporaneamente sospesa o
revocata in ogni tempo dal Comune quando venga meno
alcuno dei requisiti soggettivi richiesti per il rilascio.
Ai sensi dell’art. 24, al venir meno dei requisiti oggettivi o
alla mancata osservanza delle condizioni previste nell’Autorizzazione, o qualora l’attività del complesso turistico
diventi dannosa o contraria agli scopi per cui è stata riconosciuta, o comunque abbia dato luogo ad irregolarità, è
prevista la sospensione temporanea dell’Autorizzazione,
se, a seguito di diffida, non venga ottemperato entro 90 gg.
alle prescrizioni del Comune.
In casi più gravi o nell’ipotesi di cui all’art. 100, co. 2,
TULPS, è prevista l’immediata sospensione temporanea o,
addirittura, la revoca dell’Autorizzazione.
L’art. 25, LR 59/85 prevede sanzioni amministrative per i
contravventori.
Normativa nazionale
L 29 marzo 2001, n. 135, Riforma della legislazione nazionale del turismo.
L 25 agosto 1991, n. 287, Aggiornamento della normativa
sull’insediamento e sull’attività dei pubblici esercizi.
L 17 maggio 1983, n. 217, Legge quadro per il turismo e
interventi per il potenziamento e la qualificazione dell’offerta turistica.
DPR 24 luglio 1977, n. 616, Trasferimento delle funzioni
amministrative alle regioni.
L 28 gennaio 1977, n. 10, Norme per la edificabilità dei suoli.
RD 18 giugno 1931, n. 773, Approvazione del testo unico
delle leggi di pubblica sicurezza.
Normativa regionale
LR 13 dicembre 1996, n. 54, Regolamentazione del turismo
itinerante con istituzione delle aree attrezzate di sosta per
veicoli autosufficienti.
Reg. Regionale 27 settembre 1993, n. 2, Caratteristiche tecniche dei villaggi turistici e dei campeggi ed i requisiti per
la loro classificazione in attuazione dell’art. 7 della legge
regionale 3 maggio 1985, n. 59 «Disciplina dei complessi
ricettivi campeggistici».
LR 3 maggio 1985, n. 59, Disciplina dei complessi ricettivi
campeggiatici.
Regolamenti
Regolamenti comunali.
231
SCHEDE TECNICHE
SCHEDA 43 – Autorizzazione all’apertura di una struttura ricettiva extra-alberghiera (affittacamere, ostelli per la gioventù, case per ferie e appartamenti per vacanze)
Ambito di applicazione
232
La LR 18/97, all’art. 2, definisce le strutture ricettive extraalberghiere, distinguendole in:
• affittacamere,
“le strutture ricettive gestite da privati, composte da
non più di sei camere, con un massimo di dodici posti
letto, ammobiliate, ubicate in non più di due appartamenti nello stesso stabile, nei quali sono offerti alloggio ed eventualmente servizi complementari”;
• gli ostelli per la gioventù,
“le strutture ricettive attrezzate per il soggiorno e il pernottamento, per periodi limitati, dei giovani e degli eventuali
accompagnatori di gruppi di giovani”;
• le case per ferie,
“le strutture ricettive attrezzate per il soggiorno temporaneo, non superiore a 90 giorni, di persone o gruppi di
persone e gestite, al di fuori dei normali canali commerciali e promozionali, da enti pubblici, associazioni
o enti religiosi operanti senza scopo di lucro per il perseguimento di finalità sociali, culturali, assistenziali,
religiose o sportive, nonché da altri enti o aziende per
l’ospitalità dei propri dipendenti e loro familiari. Tali
strutture ricettive possono essere realizzate in immobili destinati ad abitazione collettiva”.
La LR 33/98, disciplina la gestione delle case e degli appartamenti per vacanze, ovvero quelle strutture ricettive dirette
alla produzione di servizi per l’ospitalità, che definisce come
“gli immobili arredati gestiti in forma imprenditoriale per
l’affitto ai turisti, senza offerta di servizi centralizzati, nel
corso di una o più stagioni, con contratti aventi validità non
inferiore a sette giorni e non superiore ai tre mesi consecutivi. Si considera gestione di case ed appartamenti per vacanze in forma imprenditoriale, la gestione non occasionale ed
organizzata di tre o più case o appartamenti per vacanze”.
La LR 33/98 individua e disciplina anche le case e appartamenti per vacanze, che esercitano l’attività solo per brevi
periodi e per i quali è possibile parlare solo di una gestione in forma non imprenditoriale.
Nella gestione delle case e appartamenti per vacanze devono essere assicurati determinati servizi essenziali per il
soggiorno degli ospiti, individuati dall’ art 3, LR 33/98.
“Le case e appartamenti per vacanze sono considerati, ai
fini igienico-sanitari, edilizi e urbanistici, immobili destinati alla residenza di cui alle categorie catastali A/1, A/2,
A/3, A/4, A/5, A/7, A/8 e A/11” (art. 4).
SCHEDE TECNICHE
Ufficio competente
Ente titolare della funzione
Altri enti coinvolti nel
procedimento
Modulistica
Adempimenti
Sportello unico per le attività produttive territorialmente
competente.
Comune competente per territorio.
• ASL;
• VV.F;
• APT.
§Mod. 43 A, “Domanda di Autorizzazione per l’esercizio
di affittacamere”.
§Mod. 43 B, “Domanda di Autorizzazione unica. Albergo Casa per ferie - Ostello per la gioventù”.
§Mod. 43 C, “Comunicazione per case e appartamenti per
vacanze gestite in forma non imprenditoriale, art.13,
L.R.33/98”.
Ai sensi dell’art. 7, LR 18/97, l’Autorizzazione all’esercizio
delle strutture ricettive di affittacamere, ostelli per la gioventù e case per ferie, è concessa dal Comune, previo conseguimento dell’Attestato di classificazione e parere rilasciati dall’APT.
L’istanza di Autorizzazione, presentata allo sportello
unico, deve contenere la documentazione finalizzata al
rilascio dell’Attestato di classificazione. Dalla domanda in
carta legale, devono risultare:
• generalità del richiedente;
• ubicazione dei locali destinati all’attività;
• numero delle camere, dei posti letto e dei servizi igienici;
• descrizione dettagliata dell’arredamento;
• descrizione dettagliata dei servizi offerti, ivi compresi
quelli complementari e accessori (artt. 3 e 5, LR 18/97);
• periodo di esercizio dell’attività;
• possesso dei requisiti previsti dall’art. 11, TULPS;
• Permesso di soggiorno per i cittadini non comunitari;
• categoria catastale dell’immobile.
Alla domanda debbono essere allegati i seguenti documenti:
• planimetria dell’immobile firmata da un tecnico iscritto all’Albo professionale;
• certificato sanitario dell’ASL competente per territorio;
• atti comprovanti la disponibilità dei locali;
• dichiarazione sottoscritta da un tecnico abilitato attestante la conformità della struttura e della impiantistica
alle norme vigenti;
• certificato di iscrizione alla sezione speciale del Registro delle Imprese turistiche, di cui all’art. 6, L 217/83
del gestore dell’esercizio, limitatamente agli affittacamere e agli ostelli per la gioventù;
• ricevute comprovanti il pagamento delle tasse di con-
233
SCHEDE TECNICHE
(segue)
234
cessione previste dalle norme vigenti;
• regolamento interno della struttura, da esporre all’ingresso dell’immobile e in ogni camera, limitatamente
agli ostelli per la gioventù;
• certificazione inerente la costituzione e le finalità dell’ente pubblico, dell’associazione o l’iscrizione nel registro delle persone giuridiche o dell’ente religioso gestore, limitatamente alle case per ferie;
• tariffe minime e massime che si intendono praticare, riferite a ciascun servizio, comprensive di IVA.
L’APT, sulla base della documentazione presentata e dei
relativi accertamenti effettuati tramite sopralluogo, trasmette al Comune, entro 30 gg. dal ricevimento della
domanda, l’Attestato di classificazione, con indicazione,
per gli esercizi di affittacamere, della categoria attribuita, e
un motivato parere concernente l’Autorizzazione amministrativa all’esercizio della struttura ricettiva.
Entro i 30 gg. successivi al ricevimento del Parere da parte
dell’APT, il Comune provvede in merito all’Autorizzazione,
indicando la categoria di classificazione, nonché il numero
delle camere, dei posti letto e dei servizi autorizzati.
Il provvedimento di Autorizzazione è comunicato all’APT.
Nel caso in cui si verifichino mutamenti nelle condizioni
che hanno dato luogo alla classificazione originaria delle
strutture, deve essere richiesta all’APT la variazione dell’Attestato di classificazione (art. 9).
Ai sensi dell’art. 8, chi voglia offrire, nella casa in cui abita,
un servizio di alloggio e prima colazione, per non più di tre
camere con un massimo di sei posti letto, con carattere saltuario o per periodi ricorrenti stagionali, non è tenuto a
richiedere al Comune alcuna Autorizzazione. Il servizio
deve essere assicurato avvalendosi della normale organizzazione familiare e fornendo, esclusivamente a chi è alloggiato, cibi e bevande confezionati per la prima colazione,
senza alcun tipo di manipolazione. Chi intenda esercitare
questa attività deve comunicare preventivamente all’APT
l’avvio dell’attività, dichiarando gli elementi di cui all’art.
7, co. 2, per comprovare l’esistenza dei requisiti previsti
dall’art. 3, ovvero quelli igienico-sanitari ed edilizi previsti
dai Regolamenti comunali per i locali di civile abitazione,
e degli idonei dispositivi di sicurezza secondo le disposizioni vigenti. L’APT provvede ad effettuare il sopralluogo
per la conferma dell’idoneità all’esercizio dell’attività e ad
inserire quelle strutture in uno specifico elenco.
Anche l’Autorizzazione a gestire case e appartamenti per
vacanze, ex LR 33/98, è concessa dal Comune, previo conseguimento dell’Attestato di classificazione e del Parere
SCHEDE TECNICHE
rilasciati dall’APT.
La documentazione da presentare per ottenere la classificazione è data dall’art. 6, LR 33/98. Entro 60 gg. dalla ricezione della dichiarazione, l’APT competente per territorio,
sulla base di quanto dichiarato e degli accertamenti effettuati tramite sopralluogo, procede alla classificazione e trasmette il relativo attestato, unitamente alla documentazione prodotta, al Comune nel quale si svolge l’attività.
Entro 30 gg. successivi al ricevimento dell’Attestato, il
Comune, provvede al rilascio dell’Autorizzazione, dandone comunicazione alla competente APT. Decorso inutilmente tale termine l’Autorizzazione si intende rilasciata. Il
titolare della Autorizzazione è tenuto a comunicare
all’APT e al Comune competenti ogni variazione del numero e delle caratteristiche delle case e degli appartamenti di
cui dispone per la gestione.
Tempi
Oneri
Scadenza/Rinnovi
Sanzioni
• Attestato di classificazione: 60 gg.;
• Autorizzazione: entro 30 gg. successivi al ricevimento
dell’Attestato, il Comune provvede al rilascio dell’Autorizzazione. Scaduto inutilmente tale termine, la
domanda si intende accolta.
Marca da bollo del valore corrente sulla domanda unica e
oneri vari di segreteria.
Entrambe le Autorizzazioni si intendono rinnovate di anno
in anno, alle condizioni originarie, previo pagamento delle
tasse di concessione previste dalle norme vigenti.
Ai sensi dell’art. 11, LR 18/97, per affittacamere, ostelli per
la gioventù e case per ferie, e l’art. 9, LR 33/98, per le case
e gli appartamenti per vacanze, il titolare dell’Autorizzazione che intende sospendere temporaneamente l’esercizio, deve darne preventiva comunicazione al Comune e
all’APT. La sospensione temporanea non può essere superiore a 6 mesi, prorogabili dal Comune per comprovati
motivi per ulteriori 6 mesi. Decorso tale termine, l’attività
si considera definitivamente cessata.
Nel caso di cessazione definitiva dell’attività il titolare dell’Autorizzazione deve darne comunicazione all’APT e al
Comune.
Ai sensi dell’art. 10, LR 18/97, l’Autorizzazione all’esercizio di affittacamere, di casa per ferie e di ostello per la gioventù può essere revocata dal Comune, anche su segnalazione dell’APT o dell’ASL competente per territorio, qualora il titolare non sia più in possesso dei requisiti di cui
all’art. 11, TULPS, o svolga un’attività difforme dagli scopi
per i quali gli era stata rilasciata l’Autorizzazione.
Qualora il Comune rilevi irregolarità, diverse da quelle
235
SCHEDE TECNICHE
(segue)
sopraindicate, diffida a rimuoverle entro 10 gg. e, in caso
di persistenza, procede alla sospensione dell’Autorizzazione per un periodo non superiore a 6 mesi. Decorso inutilmente tale periodo, il Comune procede alla revoca dell’Autorizzazione.
Il provvedimento di sospensione temporanea e di revoca
dell’Autorizzazione sono comunicati all’APT.
L’Autorizzazione a gestire case o appartamenti per vacanze, può essere revocata dal Comune qualora vengano meno
alcuni dei requisiti per il rilascio o quando l’attività sia
ritenuta contraria agli scopi per cui è stata autorizzata
oppure per motivi di pubblica sicurezza.
Normativa di riferimento
Normativa nazionale
L 29 marzo 2001, n. 135, Riforma della legislazione nazionale del turismo.
L 24 novembre 2000, n. 34, Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti
amministrativi – Legge di semplificazione 1999”.
L 25 agosto 1991, n. 287, Aggiornamento della normativa
sull’insediamento e sull’attività dei pubblici esercizi.
L 17 maggio 1983, n. 217, Legge quadro per il turismo e
interventi per il potenziamento e la qualificazione dell’offerta turistica.
DPR 24 luglio 1977, n. 616, Trasferimento delle funzioni
amministrative alle regioni
L 28 gennaio 1977, n. 10, Regolamento per l’esecuzione
diretta per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione da
parte del concessionario.
RD 18 giugno 1931, n. 773, Approvazione del testo unico
delle leggi di pubblica sicurezza.
236
Normativa regionale
LR 5 agosto 1998, n. 33, Disciplina e gestione delle case ed
appartamenti per vacanze.
LR 29 maggio 1997, n. 18, Norme relative alla disciplina ed
alla classificazione degli esercizi di affittacamere, degli ostelli per la gioventù e delle case per ferie.
Regolamenti
Regolamenti comunali.
Le collane del Formez
239
Quaderni
1.
Quarto rapporto nazionale
sulla formazione nella P.A. –
Lo scenario della formazione
nel sistema delle autonomie locali
(maggio 2001)
2.
La riforma del welfare
e le nuove competenze
delle amministrazioni
regionali e locali
(giugno 2001)
3.
Patti territoriali e agenzie di sviluppo
(giugno 2001)
4.
Il ruolo delle agenzie locali
nello sviluppo territoriale
(luglio 2001)
5.
Comuni e imprese –
56 esperienze di Sportello Unico
(ottobre 2001)
6.
Progetto Officina –
Sviluppo locale
e eccellenza professionale
(febbraio 2002)
7.
Quinto rapporto nazionale
sulla formazione nella P.A. –
Lo scenario della formazione
nel sistema delle autonomie locali
(maggio 2002)
8.
Lezioni sul nuovo ordinamento
amministrativo italiano
(ottobre 2002)
9.
Le Province nell’attuazione
del piano di e-government
(novembre 2002)
10. Integrazione dell’offerta formativa –
La normativa nazionale
(aprile 2003)
11. Sesto rapporto nazionale
sulla formazione nella P.A. –
Lo scenario della formazione
nel sistema delle autonomie locali
(maggio 2003)
12. L’Amministrazione liberale –
Appunti di lavoro
(giugno 2003)
13. La valorizzazione sostenibile
delle montagne
(giugno 2003)
14. Governare lo sviluppo locale –
Le aree protette marine
della Sardegna
(giugno 2003)
15. Le Agenzie di Sviluppo al Centro Nord –
Strategie di rete e comunità professionali
(giugno 2003)
16. Contabilità ambientale negli enti locali
(giugno 2003)
17. Le Agende 21 Locali
(giugno 2003)
18. Integrazione dell’offerta formativa –
Normativa regionale
(luglio 2003)
19. Piani di azione e politiche
di innovazione –
Il caso dello Sportello Unico
(dicembre 2003)
20. Le autonomie locali nelle regioni
a Statuto speciale e nelle
Province Autonome
28. La governance
dell’internazionalizzazione
produttiva – L’Osservatorio
21. La Pubblica Amministrazione
e il sistema delle imprese –
Rapporto di ricerca
29. La comunicazione interna
nella P.A. regionale e locale
(marzo 2004)
240
(marzo 2004)
22. La comunicazione pubblica –
Linee operative
(giugno 2004)
23. La semplificazione amministrativa
nelle regioni
(giugno 2004)
24. Settimo rapporto nazionale
sulla formazione nella P.A. –
Lo scenario della formazione
nel sistema delle autonomie locali
(luglio 2004)
25. La formazione nella P.A. che cambia –
L’esperienza del Ministero dell’Ambiente
(luglio 2004)
26. L’attrattività dei territori nelle
politiche di internazionalizzazione
(ottobre 2004)
27. La governance
dell’internazionalizzazione
produttiva – Il Laboratorio
(ottobre 2004)
(ottobre 2004)
(novembre 2004)
30. La public governance in Europa
(7 Voll.)
(dicembre 2004)
31. Nuovi soggetti
della governance esterna
(dicembre 2004)
32. L’analisi di impatto della regolazione
in dieci Paesi dell’Unione europea
(gennaio 2005)
33. Le risorse culturali – Studi di fattibilità
ed esperienze di gestione
(gennaio 2005)
34. Scenari per il ‘buon governo’
delle Regioni
(aprile 2005)
35. Qualità nei Servizi per l’Impiego –
Sistemi locali e nuovi strumenti
di rilevazione
(aprile 2005)
36. Ottavo rapporto nazionale
sulla formazione nella P.A. –
Lo scenario della formazione
nel sistema delle autonomie locali
(luglio 2005)
Strumenti
1.
Il contenzioso nel lavoro pubblico
5.
(maggio 2001)
2.
Modello e strumenti di valutazione
e monitoraggio dei corsi RIPAM
(marzo 2002)
6.
(luglio 2001)
3.
Appunti di programmazione, bilancio
e contabilità per gli enti locali
7.
Project Cycle Management –
Manuale per la formazione
8.
(marzo 2002)
Il governo delle aree protette
(aprile 2002)
(gennaio 2002)
4.
Il governo elettronico – Rassegna
nazionale e internazionale
Il contenzioso nel lavoro pubblico –
L’arbitrato
(aprile 2002)
Common Assessment Framework –
Uno strumento di autovalutazione
per le pubbliche amministrazioni
(giugno 2002)
9.
Il controllo di gestione negli enti locali
(luglio 2002)
10. Comunità di pratiche,
apprendimento e professionali –
Una metodologia per la progettazione
(dicembre 2002)
11. Modello e strumenti web-based
di valutazione e monitoraggio
dei corsi RIPAM
(marzo 2003)
12. L’impresa artigiana e lo Sportello
Unico per le attività produttive
(marzo 2003)
13. Programmazione e realizzazione
di progetti pubblici locali –
Un sistema di monitoraggio
degli interventi
(giugno 2003)
14. Manuale per il responsabile
dello Sportello Unico –
Regione Lombardia
(giugno 2003)
15. Manuale per il responsabile
dello Sportello Unico –
Regione Emilia-Romagna
(settembre 2003)
16. Il sistema normativo
della protezione civile
(novembre 2003)
17. Il ruolo delle Province
in materia di viabilità
18. Investimenti pubblici
e processo decisionale
(maggio 2004)
19. Manuale per il responsabile
dello Sportello Unico –
Regione Campania
(maggio 2004)
20. Manuale per il responsabile
dello Sportello Unico –
Regione del Veneto
(giugno 2004)
21. Il contratto di servizio – Elementi
per la redazione e la gestione
(luglio 2004)
22. Guida alla progettazione
dell’offerta formativa integrata
(luglio 2004)
23. Programmazione
e gestione della formazione –
Il sistema Informal
(novembre 2004)
24. Manuale per il responsabile
dello Sportello Unico –
Regione Piemonte
(dicembre 2004)
25. La Governance locale –
Linee guida per i Comuni
(agosto 2005)
26. Il lavoro coordinato e continuativo
nella P.A. – Linee guida
(settembre 2005)
(febbraio 2004)
Ricerche
1.
Dalla contrattazione decentrata
alla contrattazione
integrativa
4.
(ottobre 2002)
(novembre 2001)
2.
E-government –
Nuovi paradigmi
organizzativi e formativi
nelle Regioni e negli Enti locali
5.
Pubblica Amministrazione on line –
Esempi di servizi interattivi
(settembre 2002)
Il concorso pubblico elettronico
(marzo 2003)
6.
(maggio 2002)
3.
L’offerta formativa delle università
per la Pubblica Amministrazione
I piccoli comuni e la gestione
associata di funzioni e servizi
(marzo 2003)
7.
Internazionalizzazione dei sistemi
locali di sviluppo –
Dalle analisi alle politiche
(aprile 2003)
241
Azioni di Sistema per la Pubblica Amministrazione
1.
Sportello Unico e servizi
alle imprese – Le azioni delle Regioni
(novembre 2002)
2.
242
L’impatto economico
dello Sportello Unico
(novembre 2002)
3.
17. Flessibilità e lavoro pubblico –
Manuale operativo
L’attuazione della riforma
del welfare locale (2 voll.)
19. Sistemi informativi
per i progetti integrati territoriali
Le politiche di incentivazione
del personale nella P.A.
20. Percorsi evolutivi dei Piani di Zona –
Analisi di sfondo
Lo sviluppo delle risorse umane –
Casi di sistemi premianti
21. Riforma del welfare e gestione
dei servizi sociali –
Quadro normativo e strumenti di lavoro
(agosto 2003)
9.
(maggio 2004)
18. Gestione delle procedure
telematiche di acquisto nelle P.A. –
Linee guida sul marketplace
(agosto 2003)
8.
(aprile 2004)
Progetti integrati e sviluppo
territoriale – Regioni Obiettivo 1
(agosto 2003)
7.
(aprile 2004)
Il Bilancio di Competenze –
Una proposta per la Pubblica
Amministrazione
(luglio 2003)
6.
15. L’esperienza dei PIT – Studi di caso
16. La formazione continua nella P.A. –
L’esperienza del Progetto Gymnasium
(giugno 2003)
5.
(aprile 2004)
Scambio di innovazioni
tra amministrazioni
(aprile 2003)
4.
14. Apprendimento e cambiamento
organizzativo nella P.A. –
Tre casi europei a confronto
Lo Sportello Unico e le politiche
regionali per le imprese
(dicembre 2003)
10. Modelli di gestione
per i Progetti Integrati Territoriali
(dicembre 2003)
11. Governance e sviluppo territoriale
(dicembre 2003)
12. Le competenze delle Agenzie
di sviluppo – Sperimentazione
in Calabria e Sardegna
(dicembre 2003)
13. Il partenariato socioeconomico
nei progetti integrati territoriali
(dicembre 2003)
(maggio 2004)
(luglio 2004)
(novembre 2004)
(dicembre 2004)
22. Lo sviluppo dei sistemi turistici locali –
Regioni Obiettivo 1
(dicembre 2004)
23. Gli osservatori provinciali sociali
(febbraio 2005)
24. Strategie di utilizzo del marketplace
nelle amministrazioni pubbliche
(marzo 2005)
25. Sviluppo territoriale Agenzie
e Pubblica Amministrazione –
Interpretazioni e pratiche innovative
(maggio 2005)
26. La programmazione sanitaria –
Metodologie e strumenti di valutazione
per le Regioni e le aziende sanitarie
(giugno 2005)
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