IL PENSIERO MAGICO
E LA SALUTE PUBBLICA
Abbandonare il pensiero magico e rifarsi solamente a quanto scientificamente dimostrato: un principio che vale non
soltanto per la medicina, ma anche per la prevenzione.
Molte delle misure preventive previste dall’attuale normativa italiana sono ormai superate, perché rispetto a quando
sono state introdotte le conoscenze si sono evolute e alcuni
problemi che volevano combattere non ci sono più. Ma se la
società e la salute cambiano, anche la legge deve adeguarsi.
Da qui la nascita del movimento dell’evidence based prevention, per una prevenzione sempre più utile alla sanità e sempre meno schiava dell’abitudine. Punto di partenza (e non
di arrivo, speriamo) il disegno di legge recentemente approvato dal governo italiano per la semplificazione di una serie
di pratiche ritenute ormai obsolete alla luce delle evidenze
scientifiche.
Dossier
Paolo D’Argenio
T
utti noi desideriamo cure e
interventi preventivi che
funzionino bene contro le
malattie. Tuttavia, per
quanto possa apparire bizzarro,
la nozione di efficacia delle cure e
degli interventi preventivi si è diffusa solo recentemente ed è difficile da concettualizzare e da comunicare. In altre parole, professionisti, decisori e l’intera popolazione fanno fatica ad astrarsi dall’esperienza personale e dal buon
senso, per avvicinarsi all’idea che
è necessario disporre di prove
scientifiche che mostrino se i trattamenti funzionano. Molti hanno
numero 69
osservato che nel nostro Paese c’è
una carenza di cultura scientifica
a tutti i livelli della società, il che
rappresenta un grosso ostacolo
per lo sviluppo di una moderna
sanità pubblica.
Per esempio, il pensiero magico
tende a esagerare il valore del certificato medico che può essere
preso in considerazione come una
misura per affrontare problemi di
salute. Ancora recentemente l’opinione pubblica ha mostrato
preoccupazione perchè le modelle
filiformi potrebbero rappresentare un pessimo esempio per le adolescenti e la salute delle stesse
inceneritori
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l’autore
Paolo D’Argenio
ministero della Salute,
direzione della Prevenzione
modelle potrebbe essere a rischio.
Ebbene, uno dei rimedi individuati è stato: per fare la modella,
ci vuole il certificato medico.
È molto triste osservare la pervasività del pensiero magico. Per
coloro che devono prendere decisioni, sotto la pressione di varie
forze (i media, l’industria, la
finanza, i sindacati), il fascino del
pensiero magico può essere legato al fatto che, per alleggerire la
pressione, bisogna decidere in
fretta con misure comprensibili ai
più. E quello che è facilmente
comprensibile è quanto basato
sul senso comune.
Ma anche il nostro buon senso è
spesso inquinato dal pensiero
magico. Come situazione tipo immaginiamo un gruppo di studenti ecologisti che vi invita a illustrare i danni per la salute provocati dall’inquinamento atmosferico. Voi vi affannate a spiegare che
il più grave inquinante indoor è il
fumo di sigarette e gli studenti,
che intanto hanno affumicato tutta la stanza fumando a più non
posso, vi guardano come un millantatore: state davvero dicendo
che il fumo di sigarette è più grave dello smog? State addirittura
dicendo che non ci sono prove sui
danni del cosiddetto smog elettromagnetico? Siete costretti a dire
qualche parola di congedo, prima
di guadagnare rapidamente la
porta, sotto sguardi di commiserazione degli ecologisti che non
riescono a credere alle loro orecchie. E in effetti non ci credono.
Prendiamola da lontano
A partire dagli anni Novanta, la
comunità scientifica internazionale si è impegnata nel ridefinire
le basi teoriche delle pratiche sanitarie ed è giunta all’elaborazione di linee guida e raccomandazioni per la buona pratica clinica:
la cosiddetta evidence based medicine (Ebm).
Anche la prevenzione non fa eccezione: l’efficacia delle misure di
prevenzione, sia quelle che consistono in modifiche del sistema regolatorio, sia quelle rivolte alla
comunità, sia infine quelle che si
rivolgono ai singoli individui, deve essere valutata sulla base di
prove empiriche.
In Italia, all’interno dei servizi di
prevenzione, nasce quindi un movimento di opinione, quello dell’evidence based prevention (Ebp),
con l’obiettivo di migliorare la
pratica della prevenzione e renderla sempre più utile per la salute pubblica. Propulsori dell’iniziativa sono l’Agenzia regionale sanitaria della Toscana, la Snop e
alcuni dipartimenti, come quelli
di Verona e Cesena.
Oggi la legislazione italiana contiene numerose norme che impongono misure preventive che
non sono più ritenute valide dalla
comunità scientifica rispetto all’epoca in cui la misura è stata introdotta, oppure norme relative a
problemi di salute pubblica che
ormai non esistono più.
Queste pratiche sono spesso percepite dai cittadini come un inutile aggravio burocratico, mentre
per il servizio sanitario rappresentano uno spreco di risorse e
portano a perdita di credibilità.
Su queste misure, nel 2001 Giorgio Ferigo dà alle stampe il suo Il
certificato come sevizia – L’igiene
pubblica tra irrazionalità e irrilevanza, un libro radicale e irriverente che mette in discussione il
buon senso come generatore di
mostri.
L’iniziativa Ebp non intende essere solo un movimento di opinione,
ma agire anche come un gruppo
di pressione per adeguare la normativa alle conoscenze scientifiche disponibili.
L’attività è frizzante fin dall’inizio: si crea una mailing list per
mettere in contatto gli operatori
della prevenzione, si organizzano
tre convegni nazionali, corsi di
formazione, incontri, seminari e
workshop periodici. Tra questi, di
grande importanza i due convegni, organizzati in Veneto dal Dipartimento di Verona e da quello
Lisa? Non fa per noi
14
Nell’ambito di un pacchetto di misure, definibile come
“Programma di sanità pubblica”, sulla salubrità e sicurezza alimentare, viene previsto anche il rilascio o il rinnovo del Libretto di idoneità sanitaria per alimentaristi
(Lisa).
L’obbligo del Lisa è stato recentemente messo in discussione da diverse norme regionali e in particolare dalla
Legge regionale della Toscana 24 del 12 maggio 2003
“Norme in materia di igiene del personale addetto all’industria alimentare”. Questa norma è stata impugnata
da parte del Governo nazionale di fronte alla Corte
costituzionale, ma in suo favore, e quindi per l’abolizione del Lisa, è stato realizzato uno studio da parte della
Asl 10 di Firenze. Il documento, dal titolo “Valutazione
dell’efficacia dell’intervento libretto di idoneità sanitaria
per alimentaristi (Lisa) all’interno dei programmi di
salute pubblica per la salubrità e la sicurezza degli alimenti”, è stato pubblicato da Alberto Baldasseroni,
Sarah Bernhardt e Antonella Ciani Passeri, con il contributo di Emanuela Balocchini e Claudia Dellisanti.
dossier ebp e pratiche inutili • numero 69
Dossier ebp e pratiche inutili
di Conegliano, cui partecipa attivamente anche la Società italiana
di igiene, medicina preventiva e
sanità pubblica (Siti). Si cominciano a fare studi collaborativi, pochi purtroppo, per valutare efficacia e costi degli interventi di prevenzione previsti dalla legge, mettendo a disposizione i risultati.
Incidere sulle decisioni
Con la riforma del Titolo V della
Costituzione del 18 ottobre 2001,
la tutela della salute è prevista come materia di legislazione concorrente tra Stato e Regioni. L’iniziativa Ebp concentra i suoi sforzi
principalmente sull’abolizione dell’obbligo del Libretto di idoneità
sanitaria per gli alimentaristi (Lisa, vedi il box in questa pagina).
Nel giugno del 2002, gli operatori
della Snop inviano una lettera al
ministero della Salute, sottolineando come il libretto sanitario
non sia sostenuto da alcuna prova di efficacia e sia quindi una
“pratica di vergognosa e dispendiosa inutilità”.
Nel 2003 alcune Regioni approvano l’abrogazione del libretto. Il
ministero ricorre allora alla Corte
Costituzionale contro i provvedimenti regionali, aprendo un conflitto sulla competenza a legiferare nel campo.
Con la pubblicazione, nel mese di
novembre, dello studio “Valutazione dell’efficacia dell’intervento
libretto di idoneità sanitaria per
alimentaristi all’interno dei programmi di salute pubblica per la
salubrità e la sicurezza degli alimenti”, coordinato dalla Asl 10 di
Firenze, vengono presentate le
basi scientifiche a sostegno dell’abolizione del libretto di idoneità. All’inizio del 2004 anche altre Regioni si muovono nella direzione dell’abolizione del libretto,
emanando decreti e promuovendo
corsi di aggiornamento del personale addetto al settore alimentare.
Una cassa di risonanza
Nell’ottobre del 2004, quando il
ministro della Salute è Girolamo
Sirchia e il direttore generale
della prevenzione Donato Greco,
viene istituito, con il Decreto del
ministro della Salute del 13 ottobre 2004, un gruppo di lavoro con
i seguenti compiti:
redigere un elenco delle autorizzazioni, idoneità e certificazioni sanitarie previste dalla normativa vigente nazionale e regionale
valutare le prove di efficacia ai
fini della salute della popolazione
esistenti per queste procedure,
classificandole in tre categorie:
certamente utili, certamente inutili, di utilità incerta
proporre modifiche dell’attuale
quadro normativo di riferimento,
in particolare riguardo alle eventuali pratiche inutili.
Molte di queste pratiche hanno
finalità di tutela e interessano
anche altri settori, oltre a quello
sanitario, per cui, al momento
della nomina della commissione il
ministero della Salute valuta l’opportunità di coinvolgere altri
ministeri, come per esempio quelli del Lavoro e della Pubblica
istruzione.
Si opta invece per un gruppo di
lavoro agile, interno al sistema
sanitario, e quindi composto prevalentemente da “chi fa i certificati, le autorizzazioni, ecc” piuttosto che da funzionari dei diversi
ministeri interessati. Una scelta
dettata essenzialmente dai tempi
stretti che il ministro intende dare
al gruppo di lavoro, per cui si preferisce l’omogeneità piuttosto che
la rappresentazione di interessi e
punti di vista differenti.
Fin dall’inizio emerge con chiarezza la profonda differenza di
approccio tra chi opera a livello
centrale e chi lavora nelle realtà
locali: chi applica direttamente le
misure all’interno di una Asl si
interroga su significato e utilità
del proprio lavoro e la quantità di
risorse, umane ed economiche,
impegnate. Chi invece, a livello
nazionale, lavora sui principi, non
ha una piena percezione di come
le norme siano effettivamente
applicate nella realtà.
L’approccio adottato dalla com-
segue a pag. 17
Il documento è il risultato di un lavoro volto a sostenere
su basi scientifiche l’emanazione dell’abolizione sostenuta dalle prove di efficacia, e riguarda esclusivamente la
componente relativa al Lisa, e non l’intero Programma
di sanità pubblica sulla salubrità e sicurezza degli alimenti.
Per affrontare la valutazione di un’azione di sanità pubblica, gli autori hanno affrontato il problema con la
metodologia classica della Ebp: analisi logica dei fattori
determinanti del programma, ricerche sistematiche di
numero 69
letteratura scientifica, con la raccolta di elementi di
documentazione originale da survey svolte anche in
campo europeo, raccolte di dati a livello di Aziende sanitarie italiane, analisi dei soggetti interessati.
La conclusione a cui sono arrivati gli autori è l’inconsistenza fra intervento attuato e outcome di salute: di
conseguenza ritengono sostenibile da un punto di vista
scientifico ed epidemiologico l’abolizione del Lisa. Resta
ovviamente da valutare l’efficacia delle altre fasi in cui è
possibile articolare il Programma di sanità pubblica. In
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Tabella - Elenco completo delle procedure di cui è stata proposta la semplificazione
nella relazione tecnica prodotta dal gruppo di lavoro nominato dal ministro della Salute
1. Certificato di sana e robusta costituzione
2. Certificato di idoneità fisica per l’assunzione nel pubblico impiego
3. Certificato di idoneità fisica per l’assunzione di insegnanti e altro personale di servizio nelle scuole
4. Certificato di idoneità fisica al servizio civile volontario
5. Certificato per vendita dei generi di monopolio
6. Certificato di idoneità fisica per l’assunzione di apprendisti non a rischio
7. Certificato per abilitazione alla conduzione di generatori di vapore (caldaie)
8. Certificato sanitario per l’impiego dei gas tossici
9. Certificato per l’esonero dalle lezioni di educazione fisica
10. Scheda sanitaria per colonie e centri estivi
11. Certificato di vaccinazione per l’ammissione alle scuole pubbliche
12. Certificato di idoneità psicofisica per la frequenza di istituti professionali o corsi di formazione professionale
13. Libretto di idoneità sanitaria per i parrucchieri
14. Certificato di idoneità all’esercizio dell’attività di autoriparazione
15. Certificato di idoneità a svolgere la mansione di fochino
16. Certificato di idoneità alla conduzione di impianti di risalita
17. Certificato per maestro di sci
18. Certificato di idoneità fisica a fare il giudice onorario e il giudice di pace
19. Certificato di idoneità per i lavoratori extra-comunitari dello spettacolo
20. Certificato per ottenere sovvenzioni contro cessione del quinto della retribuzione
21. Medicina scolastica: obbligo della presenza del medico scolastico
22. Medicina scolastica: obbligo della tenuta di registri di medicina scolastica
23. Medicina scolastica: obbligo della presentazione di certificato medico oltre i cinque giorni di assenza
24. Medicina scolastica: obbligo di periodiche disinfezioni e disinfestazioni degli ambienti scolastici
25. Partecipazione delle Asl alla Commissione Comunale “Parrucchieri, barbieri ed estetisti”
26. Abolizione dell’obbligo dell’Rx torace per silicosi e asbestosi
27. Ambito veterinario: isolamento di animali per il controllo dell’infezione rabbica
28. Ambito veterinario: sospensione, in via temporanea e sperimentale, della visita veterinaria prima
del carico, con relativa attestazione sanitaria, dei suini domestici, da allevamento e da macello,
da trasportare fuori comune
29. Accertamenti medici per i lavoratori a rischio di silicosi e asbestosi
30. Polizia mortuaria: trattamenti antiputrefattivi
31. Polizia mortuaria: certificazione dello stato delle condizioni igieniche dei carri funebri
e dell’autorimessa per i carri funebri
32. Polizia mortuaria: certificato di trasporto da Comune a Comune
33. Polizia mortuaria: assistenza alle operazioni di esumazione ed estumulazione
34. Polizia mortuaria: rilascio dei pareri per la costruzione di edicole funerarie e di sepolcri privati
35. Polizia mortuaria: disposizioni in materia di cremazione. Obbligo di verifica della firma del sanitario
certificatore
36. Polizia mortuaria: delega ai medici di medicina generale della visita e certificato necroscopico
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37. Polizia mortuaria: certificato di conformità del feretro
dossier ebp e pratiche inutili • numero 69
Dossier ebp e pratiche inutili
missione è molto semplice. Si individuano tre principi fondamentali, per decidere della possibile
inutilità delle diverse misure:
mancata attualità: l’analisi preliminare dei determinanti storici,
epidemiologici, sociali che hanno
portato all’emanazione della procedura mostra che il problema di
salute non esiste più
presenza di duplicazioni: altre
norme successive mirano a raggiungere più, o altrettanto, efficacemente gli stessi obiettivi
assenza di coerenza logica:
assenza di congruità tra obiettivi
perseguiti dalla procedura e
metodi adottati per raggiungerli.
La commissione preferisce impiegare il concetto di coerenza logica, piuttosto di quello di efficacia,
per la difficoltà a reperire studi
scientifici sull’efficacia di certificazioni, idoneità sanitarie e autorizzazioni, ma anche per la difficoltà di comunicare la nozione di
efficacia.
Una proposta non semplice
In sei mesi la commissione presenta al ministro un documento,
che propone l’eliminazione di
trentasette procedure, per ognuna
delle quali viene presentata una
scheda tecnica (vedi tabella). Oltre
ai criteri citati, questa proposta
mira a coprire l’intero arco di attività dei servizi compresi nei dipartimenti di Prevenzione (igiene
pubblica, igiene degli alimenti, tutela della salute nei luoghi di lavoro, medicina veterinaria) e a permettere all’Italia di adeguarsi alle
direttive europee. Ma anche a
consentire la liberazione di risorse da riutilizzare in interventi preventivi di provata efficacia.
Dal documento sono espunti due
provvedimenti, proposti inizialmente per l’eliminazione, riguardanti la vaccinazione antirabbica
per le vittime di morsi di cane,
con obbligo di osservazione dell’animale, e l’obbligo di presenza
di un veterinario in caso di macellazione dei suini effettuata a domicilio. Il caso della vaccinazione
antirabbica è esemplare. L’infezione non è attualmente presente
in Italia e sembrerebbe razionale
rafforzare il sistema di sorveglianza nei confronti di quegli
animali, come le volpi o i cani inselvatichiti, che potrebbero riportare l’infezione in Italia, piuttosto
che per la prevenzione dell’infezione il cui rischio è attualmente
uguale a zero. D’altro canto, i morsi di cane sono un problema molto serio in Italia, del tutto sottaciuto, e su cui la sanità pubblica
non fa quasi nulla. Così, utilizziamo risorse per scongiurare un rischio che non esiste, ma non facciamo nulla per evitare aggressioni frequenti con conseguenze
spesso non banali.
Queste osservazioni stridono
contro il fatto che la rabbia è una
malattia grave e prevenibile col
vaccino: un solo caso di rabbia
provocherebbe in Italia forte allarme sociale, mentre le migliaia
di vittime di morsi di cani non rabidi sono più difficili da prevenire
e creano meno allarme sociale. In
questo caso, la divergenza è sulle
priorità e sulla destinazione delle
nostre risorse.
Nell’aprile del 2006 il documento
approda alla scrivania del ministro della Salute, Francesco
Storace, ma rimane nel cassetto. I
membri regionali del gruppo di
lavoro, portano la relazione all’attenzione del coordinamento degli
assessori alla Sanità che ne condivide i contenuti. Le Regioni predispongono una bozza di testo di
legge regionale
Problemi di contenuto
e tecnica giuridica
Nel luglio del 2006 il documento
arriva all’attenzione del nuovo
ministro Livia Turco, in un clima
più favorevole, anche grazie alle
iniziative del ministro per lo Sviluppo economico Pierluigi Bersani. Si può così ripartire, e il testo
può essere sottoposto al vaglio
degli altri ministeri interessati:
Lavoro, Trasporti, Pubblica istruzione, dipartimento della Funzione pubblica.
da pag. 15
base a revisioni sistematiche di letteratura sull’argomento, sono a disposizione altri strumenti giudicati efficaci e
appropriati per perseguire lo scopo di tutela della salute
pubblica attraverso la prevenzione delle tossinfezioni alimentari. In particolare, alcune modalità su come effettuare la vigilanza ispettiva di ristorazione e gli interventi di formazione nei confronti di addetti e preposti sembrano avere le maggiori probabilità di raggiungere lo
scopo. Questo conferma la razionalità della scelta fatta
dalla Toscana, che nella sua legge di abrogazione dell’obnumero 69
bligo del Lisa introduce però l’obbligo di specifiche attività formative per questi operatori.
Il documento dell’Asl 10 di Firenze è disponibile all’indirizzo www.epicentro.iss.it/ebp/Dossier%20LISA%2024
%20nov%202003_ZADIG1.pdf.
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DDL E RISORSE IN RETE
Decreto del ministro della Salute che istituisce il gruppo di lavoro
per la semplificazione,
www.epicentro.iss.it/discussioni/obsolete/pdf/GRUPPO%20 LAVORO.pdf
Relazione conclusiva del gruppo di lavoro sulla semplificazione degli
adempimenti amministrativi connessi alla salute,
www.epicentro.iss.it/discussioni/obsolete/pdf/Documento%20EBP%
20finale.pdf
Presentazione sul sito del ministero della Salute,
www.ministerosalute.it/dettaglio/phPrimoPiano.jsp?id=351&area=
ministero&colore=2
Testo del disegno di legge,
www.ministerosalute.it/resources/static/primopiano/351/Schema.pdf
Relazione di accompagnamento,
www.ministerosalute.it/resources/static/primopiano/351/relazione_
illustrativa.pdf
Il 19 ottobre 2006 il Consiglio dei Ministri approva il disegno di legge,
presentato dal ministro della Salute Livia Turco, che riguarda una serie
di “misure di semplificazione degli adempimenti amministrativi connessi alla tutela della salute e altri interventi in materia sanitaria”,
www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/semplificazione_sanita/
index.html
Il 16 novembre 2006 la Conferenza Unificata Stato Regioni Comuni
approva il disegno di legge,
www.governo.it/backoffice/allegati/29821-3304.pdf
Il 1 dicembre 2006 il Consiglio dei Ministri approva nuovamente il disegno di legge, dopo l’approvazione della Conferenza Unificata,
www.governo.it/Governo/ConsiglioMinistri/dettaglio.asp?d=29941
Il Presidente del Consiglio dei Ministri presenta al Parlamento il disegno di legge affinché svolga l’iter parlamentare.
È un confronto non semplice: la
proposta richiede un grosso impegno ai giuristi, a cui tocca la ricerca, la verifica ed eventualmente la
formulazione, della nuova versione di ben trentasette norme, ciascuna delle quali può aver subito
nel tempo modifiche. Un lavoro
certosino: mentre si cerca la formulazione giuridica appropriata,
risorge sempre il dubbio: perché
eliminare questa misura? Si tratta
comunque di una tutela e, alla fine, male non farà! Come comunicare l’efficacia ai giuristi, in poco
tempo? Non si può, bisogna usare
concetti più semplici con argomentazioni forti e accettabili in base al senso comune: un provvedimento “doppione” va abolito, ma
si può abolire un provvedimento
perché privo di basi razionali?
Il risultato di questo lavoro è il disegno di legge (Ddl) “Misure di
semplificazione degli adempimenti amministrativi connessi alla tutela della salute e altri interventi in materia sanitaria”, approvato dal Consiglio dei ministri il
19 ottobre 2006. Un buon compromesso, che rappresenta certamente un passo avanti. L’iniziativa
Ebp, con l’accordo delle società
scientifiche della sanità pubblica,
dovrà seguire l’iter legislativo del
disegno di legge e cogliere questo
passaggio come un’opportunità
per avviare con i decisori una riflessione sul peso, ancora troppo
scarso, delle evidenze scientifiche
nel processo decisionale.
18
dossier ebp e pratiche inutili • numero 69
Dossier ebp e pratiche inutili
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Caro Cesare…
Roma, 19 ottobre 2006
Caro Cesare,
seguo sempre con molta simpatia e adesione il tuo impegnativo e fruttuoso lavoro.
Come (ex) medico del lavoro, cioè nell’abito in cui mi hai incontrato a Milano, vorrei segnalarti una
proposta proveniente dal (nuovo) ministero della Salute, che mi è stata avanzata da un gruppo di
colleghi, igienisti e dirigenti dei servizi di prevenzione.
Ti accludo tale proposta, che è basata sull’idea di semplificare molte pratiche dei dipartimenti
di prevenzione in base alle reale efficacia. Trascrivo a questo fine le considerazioni essenziali svolte dal
gruppo, di cui fa parte Alberto Baldasseroni che è stato un mio allievo e che è direttore della rivista
Snop (Società nazionale operatori della prevenzione).
Scopo del gruppo era quello di stilare un elenco di pratiche obsolete, prive di giustificazione logica o
epidemiologica, ovvero superate dal subentrare di altra legislazione più moderna. Si auspicava così di
svecchiare le attività svolte dagli operatori della prevenzione dei dipartimenti delle Ausl italiane, gravate
finora di pesanti carichi burocratici a danno di nuove iniziative, per esempio nel campo della
promozione della salute e degli stili di vita più salubri. La commissione, della quale facevo parte, ha in
effetti prodotto un tale elenco di circa cinquanta pratiche, prevalentemente certificatorie, da abolire. Il
lavoro della commissione si è concluso nel giro di sei mesi. Il ministro dell’epoca, Francesco Storace,
non ha ritenuto di prendere in considerazione le conclusioni della commissione. Non così la
Conferenza delle Regioni, che ha invece fatto proprio il documento all’inizio del 2006. Con il cambio di
governo l’iniziativa ha ripreso slancio, almeno presso il ministero della Salute, ed è stato preparato un
testo coerente con i suggerimenti della commissione, rivisto dagli esperti di cose legali del ministero.
A questo punto (luglio scorso) è iniziato il confronto con gli altri ministeri interessati, primo tra i quali
quello del lavoro, dato che un buon numero delle certificazioni da abolire avevano come oggetto
i certificati per “il lavoro” (sana e robusta costituzione richiesta al personale degli enti pubblici, certificato
per lo svolgimento dell’attività di fochino, per il rilascio del patentino per l’uso di gas tossici, per
la conduzione di caldaie, per l’esercizio di impianti di risalita a fune, ecc). In particolare era prevista
anche l’abolizione delle visite preventive per i minori e gli apprendisti avviati a lavori privi di rischi
professionali, tuttora svolte dai medici dei servizi di prevenzione delle Ausl (quelle per i minori avviati a
lavori rischiosi vengono svolte dal medico scelto dal padrone). Su questo tema abbiamo a suo tempo
(2001) costruito un “dossier” di prove di efficacia, chiamato in acronimo Salem, nel quale un panel di
esperti (medici del lavoro, igienisti, ecc) ha formulato la raccomandazione di abbandonare
questa pratica, poiché priva di qualsiasi prova di efficacia nella salvaguardia della salute di questi
giovani lavoratori.
Il 18 luglio e poi il 21 settembre, l’Ufficio legislativo del ministero del Lavoro (nella persona di Paolo
Onelli) ha manifestato al ministero della Salute motivate riserve, per il timore che si allentassero le visite
e le certificazioni e potessero crescere i rischi. Mi sembra tuttavia che ci siano molte forme di tutela
superflue o superate da altri interventi più efficaci, basati ovviamente sulle regole della 626, che ben
comprende la sorveglianza e la valutazione dei rischi.
Ti ringrazio per la tua attenzione e ti invio i miei più vivi auguri per il tuo lavoro.
Cordialmente,
Giovanni Berlinguer
19
numero 69
EBP: SULLA FRONTIERA
DELLA NUOVA SANITÀ
Dossier
L
20
avorare insieme per cambiare la pratica della prevenzione e renderla sempre più efficace nel tutelare la salute della
popolazione: è questa l’anima dell’evidence based prevention (Ebp),
movimento di operatori sanitari
che cooperano per costruire un
patrimonio comune per chi lavora nel campo della prevenzione.
Da una parte raccogliendo tutti
gli interventi di cui sia stata
dimostrata l’utilità e l’efficacia da
studi basati su metodologie
scientifiche, dall’altra eliminando
progressivamente tutte quelle
pratiche di prevenzione dimostratesi inutili o inefficaci. Dal
momento che alcune di queste
pratiche sono stabilite per legge,
dallo Stato o dalle Regioni, il
movimento dell’Ebp intende proporre delle modifiche all’attuale
normativa nel campo della prevenzione.
In Italia, la promozione di azioni
utili per adeguare le proprie attività ai principi dell’Ebp da parte
degli operatori della sanità pubblica, e quindi lo sviluppo di una
prevenzione basata su prove di
efficacia, è strettamente legata
all’attività delle Regioni. È in
ambito regionale, infatti, che si
coglie maggiormente l’azione
degli operatori dei servizi, conseguente a un orientamento al cam-
Luigi Salizzato
Le Regioni sono state protagoniste assolute del movimento
Ebp nel percorso di raccolta delle prove scientifiche a favore dell’efficacia di alcune pratiche preventive e a sfavore di
altre, dimostratesi inutili. Il quadro nazionale, però, è
ancora molto disomogeneo: attualmente i cittadini sono
infatti soggetti a tutele e obblighi diversi in materia di prevenzione e sanità pubblica semplicemente a seconda della
Regione in cui vivono. Il disegno di legge recentemente
approvato dal Consiglio dei Ministri è un tentativo concreto di colmare questa disparità.
biamento oppure condizionata
dalla resistenza all’innovazione.
Operatori in fermento
In questi anni, i provvedimenti
adottati dalle Regioni per abolire
le pratiche inutili e sostituirle con
altre più efficaci sono stati definiti sulla base di iniziative sviluppate in ambito professionale. Lo
stesso gruppo promotore nazionale dell’Ebp si è caratterizzato
per una presenza significativa di
operatori di sanità pubblica attivi
in diverse Regioni, prevalentemente del Centro e del Nord. La
spinta al cambiamento è venuta
inizialmente dall’elaborazione
originale di alcuni operatori e
ricercatori, ma i risultati più
significativi sono stati conseguiti
nelle situazioni in cui sono diventati protagonisti settori significativi degli operatori dei servizi.
Perché questo modo di lavorare,
ancora minoritario se si considera l’insieme degli ambiti di intervento della sanità pubblica, si
affermi in modo solido, occorre
necessariamente che la base di
consenso attivo nei servizi si
allarghi a macchia d’olio.
Le linee guida sulle attività di
prevenzione, adottate nel luglio
2002 dalla Conferenza Stato
Regioni, hanno recepito quanto si
stava definendo in settori autorevoli, anche se minoritari, dell’ambito professionale dei servizi di
prevenzione e sanità pubblica.
dossier ebp e pratiche inutili • numero 69
Dossier ebp e pratiche inutili
Nel documento, l’Ebp viene
descritta come uno degli elementi
culturali che caratterizzano la
sanità pubblica, accanto all’epidemiologia, l’integrazione professionale e sociale, la comunicazione e il miglioramento di qualità:
questi elementi culturali sono
necessari per sostenere un riorientamento della prevenzione
dall’adempimento burocratico al
lavoro programmato per conseguire obiettivi di salute.
L’Agenzia sanitaria regionale
(Ars) della Toscana, l’Istituto
superiore di sanità (Iss) e, negli
ultimi anni, anche il ministero
della Salute hanno sostenuto la
crescita del movimento, con
diverse iniziative: il corso di formazione nazionale, i dossier sulle
pratiche inutili, la sezione
sull’Ebp di EpiCentro (sito web
ufficiale del Centro nazionale di
epidemiologia, promozione e sorveglianza della salute), il gruppo
di lavoro ministeriale sulla semplificazione, per arrivare alla
recente costituzione del sottocomitato sull’Ebp del Centro per il
controllo e la prevenzione delle
malattie. Anche la Snop ha fatto
la sua parte, così come diverse
società scientifiche e alcuni centri
universitari, che stanno dimostrando un certo interesse all’argomento. C’è bisogno del lavoro
di tutti, ma i protagonisti del cambiamento sono stati, e devono
sempre più essere, gli operatori
dei servizi. Non servono centri di
eccellenza che lavorino per noi,
ma ci sono utili centri specializzati nella ricerca che lavorano con
noi.
La strada da seguire è quella tracciata dai gruppi di lavoro che, in
Friuli Venezia Giulia, Piemonte,
Veneto, Emilia Romagna e
Toscana, hanno analizzato sistematicamente le attività inutili,
formulando proposte di semplificazione che sono state recepite
dalle amministrazioni regionali
con proprie leggi o delibere. In
tempi di tagli significativi alla
spesa nel Servizio sanitario
nazionale, questi provvedimenti
hanno consentito di riorientare le
risorse professionali verso lo
svolgimento di attività appropriate. I servizi di prevenzione,
anche per effetto del Piano nazionale della prevenzione e dei
rispettivi piani regionali, stanno
infatti realizzando diverse azioni
in nuovi ambiti di intervento, per
rispondere a problemi di salute
emergenti, come per esempio i
progetti per la prevenzione degli
incidenti stradali, per incrementare l’utilizzo dei dispositivi di
protezione individuale o per inserire il criterio della sicurezza stradale nella progettazione urbanistica e dei nuovi insediamenti
produttivi. Accanto a questo,
però, si assiste anche al tentativo
di rinnovare azioni relative a problematiche su cui i servizi intervengono da tempo e in cui si è
reso necessario un riorientamen-
to dall’adempimento burocratico
all’obiettivo di salute. Basti pensare al problema della salubrità e
sicurezza in ambito domestico,
che richiede ai nostri servizi di
non accontentarsi di rilasciare
certificati di antigienicità, ma
piuttosto di attivarsi per migliorare il più possibile lo stato degli
alloggi dove vivono i cittadini più
poveri e gli immigrati. È proprio
questa la nuova frontiera
dell’Ebp: promuovere un’azione
costruttiva ed efficace, cogliendo
le opportunità nate grazie alla
demolizione delle pratiche inutili.
Un quadro disomogeneo
A questo punto può essere utile
fare un bilancio sintetico dei
provvedimenti adottati dalle diverse Regioni e raccolti nella
“banca dati ebp regioni”, pubblicata su EpiCentro (www.epicentro.iss.it/ebpregioni/) e aggiornata
a dicembre 2006. Si tratta di 96
tra leggi, delibere e documenti, alcuni di tipo programmatico-organizzativo, linee guida o simili, altri di tipo normativo, dedicati
cioè specificamente al riordino di
norme, per lo più per abolire o sospendere pratiche di non dimostrata efficacia, ma anche per introdurre pratiche efficaci, come
per esempio l’attività di formazione o di sorveglianza epidemiologica mirata. Nella banca dati sono inoltre documentati gli studi
Visitare gli apprendisti
Ogni anno in Italia vengono effettuate più di 180 mila
visite mediche a giovani apprendisti e minori avviati a
lavorazioni non a rischio. Questo dato rappresenta la
porzione di sorveglianza sanitaria rimasta in carico alle
strutture del Servizio sanitario nazionale in seguito
all’adozione della normativa europea con il Decreto legislativo 345 del 4 agosto 1999. Tuttavia, i costi stimati
legati a visite mediche ed esami integrativi superano i
10 milioni di euro ogni anno.
È in questo scenario che si inserisce lo studio
numero 69
segue a pag. 22
«Sorveglianza apprendisti al lavoro e minori (progetto
Salem): valutazione di efficacia del programma di sanità
pubblica di sorveglianza di apprendisti e minori avviati
al lavoro in settori non a rischio», realizzato da Alberto
Baldasseroni, Sarah Bernhardt, Daniela Cervino, Aligi
Gardini e Luigi Salizzato. Scopo del progetto è stato cercare di capire se ci sono (ed eventualmente quali sono)
le prove di efficacia del programma, e soprattutto se ha
senso continuare a investire risorse da parte del Ssn.
Gli autori hanno analizzato i diversi aspetti del pro-
21
l’autore
Luigi Salizzato
Ausl di Cesena, dipartimento
di Sanità pubblica
locali su cui si sono basati i provvedimenti legislativi e le prime
valutazioni di impatto delle nuove norme sui servizi di prevenzione (Veneto e Lombardia). Dal
punto di vista geografico, non si
sono rilevate notizie di provvedimenti adottati in questo campo
solo per due Regioni, la Valle
d’Aosta e la Sardegna. Per quanto riguarda invece i contenuti, i
provvedimenti sono molto diversi
da una Regione all’altra.
Gli ambiti di intervento possono
essere così sintetizzati: certificazioni di idoneità varie (igiene, medicina legale, medicina del lavoro), medicina scolastica, procedure veterinarie (profilassi di malattie infettive), polizia mortuaria.
Il provvedimento maggiormente
abolito o sospeso è il già citato Libretto di idoneità sanitaria per gli
alimentaristi (Lisa, vedi pag. 14),
con sette leggi regionali (Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia,
Emilia Romagna, Toscana, Basilicata, Sicilia), cinque delibere di
giunta regionale e provinciale (Liguria, Piemonte, Umbria, Marche, Calabria, Trento), e due leggi
regionali (Lazio e Puglia), limitatamente all’obbligo per i farmaci-
sti. Altre Regioni o Province autonome (Campania e Bolzano) hanno adottato provvedimenti di regolamentazione sui Lisa, rispondenti solo in parte ai criteri dell’Ebp.
L’articolazione delle pratiche oggetto di nuova regolamentazione
varia notevolmente. Alcune Regioni, come il Friuli Venezia Giulia, hanno favorito la costituzione
di gruppi di lavoro di professionisti, igienisti e veterinari, e, sulla
base della documentazione da loro prodotta, hanno adottato delibere e leggi articolate nei diversi
ambiti specialistici.
Altre Regioni, invece, si sono limitate ad adottare un unico provvedimento riferito alla semplificazione di una sola pratica. In mezzo ai due estremi ci sono diversi
gradi di impegno istituzionale,
ma le Regioni più ricche di iniziative restano comunque quelle del
Centro Nord, indipendentemente
dallo schieramento politico al governo regionale.
Allo stato attuale, ci sono quindi
cittadini che, a seconda delle Regioni dove vivono, sono soggetti a
obblighi e protetti da tutele diversi in materia di prevenzione e sanità pubblica.
Il percorso normativo
Il tentativo di porre rimedio a
questa disparità è iniziato nell’ottobre del 2004, con la nomina da
parte del ministro della Salute di
un gruppo di lavoro, a cui hanno
partecipato operatori delle Regioni e dello stesso ministero. Sulla
base degli studi svolti e dei provvedimenti adottati in ambito regionale è stato possibile produrre
in pochi mesi, nel maggio del
2005, il testo di un provvedimento di semplificazione contenente
la proposta di abolizione di 53
pratiche inutili, in tutti i settori
specialistici della prevenzione. A
questo punto sono entrati in azione altri uffici ministeriali, contrari alla proposta, e il percorso di
approvazione del documento si è
arrestato. Non è la prima volta e
non sarà l’ultima: è una questione
di cultura, ma anche di interessi
corporativi. Basti ricordare il ricorso avviato dal governo alla
Corte Costituzionale contro le leggi regionali approvate da Lombardia, Veneto, Emilia Romagna,
Toscana e Lazio, risolto da una
sentenza del maggio 2004 a favore delle Regioni. La proposta della commissione ministeriale è stata comunque approvata dalla
Conferenza delle Regio-ni e delle
Province Autonome nel febbraio
del 2006, quindi senza accordo
con lo Stato, iniziativa quest’ultima motivata dal contributo dato
alla stesura del documento dai
rappresentanti delle Regioni. Per
poter rendere esecutivi i contenuti del provvedimento è stato dato
mandato a un apposito gruppo di
lavoro di elaborare un progetto di
da pag. 21
22
gramma che, come ogni intervento di sanità pubblica, si
presenta complesso e articolato, di certo non limitato al
solo problema della visita medica di avviamento al lavoro. Lo studio è il prodotto di due gruppi di ricercatori
che hanno lavorato separatamente, il primo raccogliendo le prove e il secondo valutandole ed esprimendo raccomandazioni sull’efficacia del programma di sanità
pubblica. L’approccio utilizzato è stato multidisciplinare:
sono state prese in considerazione diverse tecniche di
indagine, come la rivisitazione storica, la ricerca e l’ana-
lisi sistematica della letteratura pertinente, l’indagine
sulla pratica attuata in altri Paesi europei, la classica
raccolta di dati e l’analisi con la partecipazione dei soggetti socialmente interessati.
Per valutare i costi, i ricercatori si sono basati sui dati
del rilevamento trimestrale delle forze lavoro Istat 2001
per la classe d’età fra i 15 e i 19 anni, considerando
come settori “non a rischio” quelli classificati dal censimento Istat 2001 come addetti al commercio, altri servizi e delle istituzioni, escludendo quindi gli addetti all’indossier ebp e pratiche inutili • numero 69
Dossier ebp e pratiche inutili
legge, che poi le singole Regioni
adotteranno. Nel frattempo Friuli
Venezia Giulia e Umbria hanno
adottato nuove norme regionali
che recepiscono gran parte della
proposta di abrogazione di pratiche di non dimostrata efficacia
elaborata dal gruppo di lavoro
ministeriale.
Negli ultimi mesi qualcosa si
muove anche a livello del ministero della Salute, grazie all’impegno dei dirigenti che hanno da
sempre sostenuto il progetto Ebp.
Il ministro della Salute in carica,
Livia Turco, ha proposto al Consiglio dei Ministri un Ddl per l’abolizione della maggior parte delle pratiche inutili evidenziate nella proposta del 2005, che lo ha approvato nell’ottobre del 2006.
La maggior parte, ma non tutte,
perché alcune sono state accantonate per non ostacolare l’iter di
approvazione dell’intera proposta. Sulla loro semplificazione o
abolizione si sono infatti espressi
con parere contrario la direzione
generale della Sanità veterinaria,
relativamente a profilassi anti-
rabbica e visita veterinaria per
trasporto di suini fuori dai Comuni, e il ministero del Lavoro, relativamente alla visita di idoneità
per minori avviati al lavoro in settori privi di rischi lavorativi.
Entrambe le proposte erano sostenute da valutazioni di inefficacia, contenute nel caso della sanità veterinaria in documenti elaborati dai colleghi veterinari del
Friuli Venezia Giulia, e nel dossier Salem (vedi pag. 21) per
quanto riguarda i minori.
Se il disegno di legge diventerà
una legge dello Stato verrà comunque conseguito un importante risultato, sia per la rilevanza del
provvedimento, sia perché sarà
possibile liberare risorse professionali per realizzare programmi
di lavoro per la promozione della
salute o, come dalle ultime indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità, sviluppare iniziative per guadagnare salute. Gli
obiettivi potranno essere quelli individuati dal Piano nazionale della
prevenzione e dai diversi piani regionali, ma anche altri rispondenti
dustria. Il costo medio globale attribuito a ogni visita è
stato calcolato in 56,36 euro. I ricercatori che hanno
svolto la fase di valutazione sono concordi nell’affermare
che benché le prove siano insufficienti per dimostrare
una vera e propria inefficacia del programma, tuttavia
la sua efficacia, così come viene condotto nei servizi delle
Asl, è improbabile. In conclusione, poiché non esistono
né elementi in grado di affermare l’utilità del programma in esame, né elementi logici che permettano una
riprogettazione del programma di sanità pubblica così
numero 69
ai bisogni individuati nelle diverse
realtà locali.
La concretezza dei risultati conseguiti dovrebbe convincere un numero sempre maggiore di operatori dei servizi pubblici di prevenzione e sanità pubblica a considerare
l’Ebp come uno strumento indispensabile del proprio lavoro.
BIBLIOGRAFIA
Conferenza Stato Regioni,
“Linee guida per la prevenzione
sanitaria e per lo svolgimento
delle attività del dipartimento di
Prevenzione delle Asl”, 25 luglio
2002. http://palazzochigi.it/backoffice/allegati/16935-961.pdf
Dipartimento di Prevenzione
Ulss 20 Verona, sezione dedicata
all’Ebp: http://prevenzione.ulss20.
verona.it/evidence.html
Dipartimento di Sanità pubblica
Ausl Cesena, www.ausl-cesena.
emr.it/Azienda/SanitàPubblica/Ev
idenceBasedPrevention/tabid/309
/Default.asp
come prescritto dalla legge, i ricercatori raccomandano,
relativamente alle visite mediche, l’abbandono del programma ed eventualmente la sua sostituzione con altre
procedure di provata efficacia. Rimane da valutare, perché non considerata nel dossier, l’efficacia delle attività
di counselling per la sicurezza e l’igiene del lavoro che
vengono effettuate in occasione del primo avviamento al
lavoro. La versione completa del dossier è disponibile
all’indirizzo www.epicentro.iss.it/ebp/SALeM%20
completo.PDF.
23
E IL CERTIFICATO, CACCIATO DALLA
PORTA, RIENTRÒ DALLA FINESTRA
Dossier
I
24
l 18 agosto 2005, il Consiglio
regionale del Friuli Venezia
Giulia ha licenziato la Legge
numero 21 dal titolo: «Norme di
semplificazione in materia di
igiene, medicina del lavoro e
sanità pubblica».
In questa legge, all’articolo 2,
punto 1, si abolivano una ventina
di certificati medici tra i più
scombinati, esilaranti, privi di
fondamento scientifico e di comprovata, sfolgorante, sesquipedale inutilità.
Ma dentro la mela c’era il bau. Il
bau stava in una frasetta (articolo
2, punto 3) che recitava così: «È
fatto salvo il rilascio [...] di certificazioni richieste da uffici periferici, ubicati nel territorio regionale,
di enti o istituzioni aventi sede al
di fuori del predetto territorio». E
poiché tutti i certificati aboliti al
punto 1 sono richiesti da «uffici
periferici di istituzioni aventi
sede» a Roma, là nei falansteri,
tutti i certificati aboliti al punto 1
si devono rilasciare ugualmente in
grazia del punto 3.
Si trattava di una vera e propria
trappola, tesa da qualche funzionario astuto e da qualche leguleio
prono all’assessore. Tesa ai consiglieri regionali, ai medici proponenti, ai cittadini tutti del Friuli
Venezia Giulia (la segnaliamo ai
colleghi del Trentino, che ce
Giorgio Ferigo
Abolire un certificato, per quanto inutile alla luce
dell’Ebp, è un percorso quantomai difficile, perché ci si va
a scontrare con una concezione alquanto arcaica della
sanità pubblica. L’esperienza del Friuli Venezia Giulia in
proposito è esemplare: con una legge dell’estate del 2005, il
Consiglio regionale ha abrogato una ventina di certificati
inutili, rientrati prontamente dalla finestra grazie a un piccolo articolo all’interno della stessa legge. Dando il via così
alla rumorosa “canea dei burocrati”, pronti a difendere
strenuamente la propria coperta di Linus...
l’hanno copiata pari pari).
Caldaisti daltonici
e fochini in difficoltà
Questo comma ha subito scatenato la canea dei burocrati.
Una specie di idolatria certificatoria aveva sorretto finora la loro
esistenza. Ora i fondamenti della
loro fede vacillavano, il dubbio si
insinuava nelle loro «animule
vagule e blandule». Come fantolini a cui sia stato tolto il pollice da
succhiare o la coperta di Linus o
come tabagisti senza più sigarette, avevano crisi di panico e di
tremito. Quel comma sembrava
loro la gomena nel pelago, lo
spuntone sul baratro, l’appiglio
salvifico al quale aggrapparsi.
Così, a metà ottobre, una riunione
ce ne mette davanti una rappresentativa delegazione.
C’è la battagliera Ragioneria provinciale dello Stato, che ha già
deciso che l’abrogazione del certificato di idoneità all’impiego non
avrà corso. Così, ha già emanato
un diktat e lo ha diffuso a pavidi
«provveditori agli studi», o come
si chiamano adesso, che lo hanno
diffuso agli «autonomi» dirigenti
scolastici. È un diktat molto
pesante: minaccia di non dar
corso ai contratti in mancanza
del certificato. Così, gli insegnanti iniziano il loro piccolo calvario:
si recano dal medico, che li informa dell’abolizione. Poi tornano
alla scuola, che li informa della
dossier ebp e pratiche inutili • numero 69
Dossier ebp e pratiche inutili
minaccia; ritornano quindi dal
medico, poi a scuola, e via così.
Alla fine i medici cedono, perché
non si deve far correre la gente
per un pezzo di carta.
C’è l’ingegnere della Commissione per le caldaie a vapore che sostiene l’indispensabilità della visita medica, altrimenti il caldaista
daltonico potrebbe premere il bottone del colore sbagliato e far saltare in aria la città (dice proprio
così!). Non fa nemmeno l’ipotesi
che i colori s’imparino a riconoscere da piccoli, alla scuola materna, con l’aiuto di una maestra
o della mamma, oppure che il loro nome sia una convenzione condivisa.
E che chiedere a un tale il colore
di un maglione, di una matita o di
una cartellina non configuri esercizio abusivo di professione medica: lo può fare perfino un ingegnere, e perfino l’ingegnere che
interroga il caldaista per dargli il
patentino. Se costui poi non riconosce il verde, lo mandi dal medico: chissà, forse è daltonico.
La Questura, invece, non pone
problemi. Il suo rappresentante,
ingrugnato, annuncia di aver già
pronta la sevizia alternativa per i
fochini: una sevizia alternativa si
trova sempre, questa stava in una
legge del 1956 (o del 1931, o del
1913, o del 1883).
Questo complicherà vieppiù la
vita ai fochini, e nel contempo
renderà chiaro a tutti che i semplificatori sono dei complicatori,
e che la trafila non si tocca.
L’incontro con le burocrazie
lamentose finisce con una circolare che, in buona sostanza, sospende non la legge regionale (non
può farlo), bensì la sua efficacia (e
questo può farlo benissimo, e il
risultato è lo stesso). Farina del
diavolo, tutta crusca.
La legge «correttiva»
Nel frattempo, il 17 ottobre 2005,
il presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
con «legale domicilio in Roma,
via dei Portoghesi n. 12», aveva
ricorso contro la Regione Friuli
Venezia Giulia «per la declaratoria di incostituzionalità e conseguente annullamento» della Legge 21.Tra parentesi, presidente
del Consiglio dei ministri era quel
Silvio Berlusconi che aveva promesso di «rivoltare la burocrazia
come un calzino»; così «prouvant
qu’il n’avait guère de la suite
dans les idées».
L’avvocato contestava in particolare l’abolizione del certificato di
idoneità al servizio civile, «censurabile in quanto invade una materia [...] riservata alla legislazione
esclusiva statale essendo riconducibile alla materia “difesa e
sicurezza dello Stato”»; l’abrogazione del certificato di idoneità
all’insegnamento che «incide illegittimamente nelle materie “ordi-
namento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti
pubblici nazionali”»; l’eliminazione del certificato per l’assunzione
dei minori e degli apprendisti
minori, che lede (udite!) «i diritti
civili e sociali in materia di salute
e di tutela e sicurezza del lavoro»;
e infine l’eliminazione dei certificati per fochini, conduttori di caldaie a vapore e manipolatori di
gas tossici perché (udite udite!)
così si viola l’articolo 16 del
Decreto legislativo 626/94, secondo il quale gli accertamenti sanitari dei lavoratori «comprendono
esami clinici e biologici e indagini
diagnostiche mirati al rischio
ritenuti necessari dal medico
competente».
Obiezioni di forma, come si vede,
relative alla competenza nel legiferare, se si eccettua lo svarione
finale, sufficiente a confinare l’avvocato dietro la lavagna con le
orecchie d’asino in capo e il cartello di «somaro» sulla schiena.
Il presidente del Consiglio dei
ministri successivo, Romano
Prodi, ha ritirato il ricorso avverso alla Legge regionale 21. L’atto
di rinuncia era «in corso di notificazione al 29.9.2006» e il ritiro era
subordinato all’approvazione di
alcuni aggiustamenti.
Così, si arriva alla legge «correttiva», approvata dal Consiglio
regionale (Legge regionale 19 del
26 ottobre 2006), che contiene, per
quanto riguarda il nostro discorso, due soli articoli. Il primo abo-
Salsicce fatte in casa
Le norme sulla macellazione a domicilio per uso privato
sono ancora stabilite dal Regio Decreto del 20 dicembre
1928, secondo cui è richiesta la presenza del veterinario
per poter compiere un’ispezione completa delle carni.
L’Area di sanità pubblica veterinaria Ass 2 del Friuli
Venezia Giulia ha condotto uno studio per valutare se
sia possibile consentire a un ausiliario specializzato di
osservare durante la macellazione a domicilio lo stato
igienico-sanitario ante e post mortem, per motivi di efficienza a parità di efficacia, limitando così l’intervento
numero 69
segue a pag. 26
del veterinario a casi particolari. Secondo lo studio, la
regolamentazione del 1928 è superata e va aggiornata
sulla base dei mutamenti di carattere epidemiologico,
organizzativo e gestionale della sanità pubblica. Anche
in base al Regolamento CE del 29 aprile 2004, che
esclude l’applicazione delle norme sanitarie «alla produzione primaria per uso domestico privato e alla preparazione, manipolazione o alla conservazione domestica di
alimenti destinati al consumo privato domestico».
In base ai dati, la situazione epidemiologica in Italia e
25
l’autore
Giorgio Ferigo,
Ass 3 “Alto Friuli”
lisce l’abolizione del certificato di
idoneità a svolgere il servizio civile, mentre il secondo recita: «Gli
enti pubblici possono accertare il
possesso dell’idoneità fisica o psicofisica all’impiego mediante una
visita preassuntiva da parte di
medici specialisti in medicina del
lavoro o medicina legale dipendenti da enti pubblici e istituti
specializzati di diritto pubblico
convenzionati col datore di lavoro, che ne sopporta il costo».
Possono, non devono: ma figuratevi se ne faranno a meno i feticisti del certificato, che nelle direzioni regionali, provinciali, comunali, consortili, frazionali sono
legioni. E queste superstizioni le
paghiamo noi.
L’onere della prova
Be’, è evidente: non si tagliano le
unghie alla burocrazia col consenso, o addirittura con l’avallo, e
men che meno col giubilo della
burocrazia. Tuttavia, passi comunicativi, o anche soltanto lenitivi,
dovrebbero essere compiuti nei
loro confronti, nelle misure omeopatiche che sono in grado di sopportare. I sindacati dovrebbero
convenire che il lavoro dei minori
non si tutela in questo modo, così
come i carabinieri dovrebbero
conoscere la verace utilità del
porto d’armi.
Altro punto: il titolare della salute è il ministro della Salute e, nelle
Regioni, l’assessore alla salute.
Non gli stranamore della difesa, i
geometri dell’edilizia, gli stradaroli dei trasporti, i cartomanti del
pubblico impiego. Ministro della
Salute e assessore alla Salute si
devono riappropriare del loro
potere, troppo spesso condiviso,
spartito, devoluto a logiche non
sanitarie. In particolare, è da ridefinire il rapporto col ministero
dell’Interno, titolare antico della
sanità pubblica della quale detiene ancora pezzi significativi.
Terzo: nell’imporre un qualsiasi
obbligo ai suoi concittadini,
chiunque lo proponga è tenuto a
verificarne la razionalità, la
ragionevolezza, la dimostrabile
efficacia, la buona efficienza, l’effettiva utilità. Nello specifico, è
tenuto a verificare che i certificati
rispondano a fini di salute e non
ad astratti postulati di diritto
amministrativo.
L’onere della prova non spetta
solo a coloro che si battono per
l’abrogazione di queste scemenze,
ma anche (e soprattutto) a coloro
che si adoperano per mantenerle
in vita. Noi di prove contro ne
abbiamo portate a decine: siamo
curiosissimi di conoscere le prove
a favore addotte da quanti hanno
da pag. 25
26
voluto ripristinare il certificato di
preassunzione per il pubblico
impiego. Siamo curiosissimi di
sapere come si svolgerà la cosiddetta visita medica necessaria
per rilasciarlo, quali parametri
esaminerà e quanto appropriati e
congrui, completi, predittivi., ecc.
In Friuli c’è ancora molto da fare.
E mentre affoghiamo nel mare
delle superstizioni ottocentesche,
il resto del mondo corre, e ci supera perfino il Botswana.
segue a pag. 28
nei Paesi dell’Ue non desta particolare allarme, perché i
servizi di sorveglianza sono in grado di prevenire, o
comunque controllare, la trasmissione all’uomo.
Tuttavia, nell’Ue si spendono ogni anno oltre 570 milioni di euro per la ricerca della Trichinella nelle carni di
suini provenienti da allevamenti industriali, caratterizzati da una gestione, anche di tipo igienico-sanitario,
capace di garantire un elevato livello di biosicurezza con
un rischio quasi nullo nei confronti di questo parassita.
Nonostante i costi, l’attuale sistema di sorveglianza non
è sempre efficace, come documentato dalle epidemie di
trichinellosi umana che si verificano ogni anno in alcuni
Paesi dell’Ue per il consumo di carni di suini allevati
allo stato brado o in piccole fattorie, di cinghiali oggetto
di attività venatoria, e di cavalli importati da Paesi
terzi.
Secondo la Commissione internazionale sulla trichinellosi, poiché il rischio di trasmissione di Trichinella ai
suini, o alle altre specie animali di allevamento recettive,
è sostanzialmente limitato alla loro alimentazione, le
dossier ebp e pratiche inutili • numero 69
MEDICINA DEL LAVORO,
UN ALTRO MONDO È POSSIBILE
Dossier
L
a dimostrazione dell’efficacia
delle attività preventive
trova fondamentalmente la
sua ragion d’essere in un presupposto etico. In un sistema a risorse finite non si può fare tutto
quello che la conoscenza, l’esperienza e la tecnologia ci consentirebbero di fare. Bisogna quindi
eliminare le pratiche non efficaci,
o meno efficaci, a favore di quelle
più efficaci in termini di guadagno di salute complessiva, o
quantomeno di riduzione del
rischio.
Fino a poco tempo fa, in medicina
del lavoro il problema della presunta inefficacia di alcune pratiche è stato poco sentito, tutt’al
più limitato ad alcuni aspetti clinici della disciplina, come per
esempio l’utilità di certi esami
diagnostici nelle persone esposte
ad agenti cancerogeni per l’apparato respiratorio. Le pratiche di
tutela della salute nei luoghi di
lavoro, inserite in programmi di
sanità pubblica e svolte dai
Servizi territoriali delle Ausl,
sono considerate da molti efficaci
di per sé, senza la necessità di
dimostrazioni particolari, ma
come risultato di una semplice
analisi logica. Forse perché sono
connotate da una forte valenza di
prevenzione primaria (vedi i piani
mirati di prevenzione).
numero 69
Gianpiero Mancini
In medicina del lavoro il problema della presunta inefficacia di alcune pratiche è stato poco sentito fino a tempi
recenti. Le pratiche di tutela della salute nei luoghi di lavoro sono sempre state considerate efficaci di per sé.
Tuttavia, l’efficacia dei programmi di prevenzione va rivalutata alla luce del nuovo contesto storico e sociale. In
Italia, le singole esperienze di valutazione sono ancora il
frutto di iniziative personali, mentre si dovrebbero trovare
obiettivi comuni e intensificare le relazioni professionali tra
gli operatori interessati ai temi dell’Ebp.
Naturalmente, su questo giudizio
pesano moltissimo anche i risultati positivi ottenuti negli ultimi
trent’anni in termini di riduzione
della morbilità e della mortalità
da lavoro, sia nel campo degli
infortuni sul lavoro, sia in quello
delle malattie professionali.
Spesso queste analisi non consentono di dimostrare con certezza
un rapporto di causalità tra le
azioni intraprese e i risultati conseguiti.
Certamente si possono invocare
altri fattori, come il miglioramento della tecnologia e dei processi
di lavoro. Tuttavia, anche in questo caso, il fenomeno è così rilevante da far ritenere “probabilmente efficaci” le attività preventive messe in campo.
I tempi cambiano per tutto
Pur ammettendo che abbia solide
basi logiche ed empiriche, questa
convinzione va comunque rapportata, e quindi considerata valida, nel contesto storico e sociale
in cui è maturata. Infatti non solo
mutano la tecnologia, l’organizzazione e i rapporti di lavoro, i lavoratori stessi (per esempio, in termini di nazionalità), ma i trend di
riduzione della morbilità e della
mortalità da lavoro subiscono
contestualmente un generale rallentamento, se non addirittura un
arresto o un’inversione di tendenza. Bisogna quindi chiedersi se i
programmi e le attività di prevenzione svolti finora sono ancora
attuali e funzionano, oppure se
27
vanno sostituiti, modificati o almeno integrati con altri.
Analizzando accuratamente il
contesto, in particolare quello
socioeconomico, possiamo individuare azioni che, specialmente se
diverse dalle precedenti, possiamo valutare come efficaci da un
punto di vista logico, e quindi tali
da essere incluse in atti di indirizzo di politica nazionale e regionale. È questo il caso, per esempio,
di programmi di definizione e diffusione di buone pratiche preventive, in collaborazione con associazioni di datori di lavoro e sindacali, come il miglioramento sul
territorio della qualità della formazione dei lavoratori, del processo di valutazione del rischio
chimico e cancerogeno, ecc. Pur
essendo assolutamente condivisibili, queste indicazioni, enunciate
in questo modo, rischiano però di
essere poco più che semplici indirizzi per chi li promuove, o intendimenti per chi li deve attuare.
Quello che veramente conta, invece, è arrivare a capire se una certa
strategia, semplice o complessa
che sia, possieda o meno un effetto preventivo misurabile e, non
meno importante, in quale contesto produttivo.
Se le attività prefissate o raccomandate sono diverse da quelle
tradizionalmente messe in atto, o
anche se queste ultime sono svolte in un contesto profondamente
mutato rispetto al passato, bisogna valutarne l’efficacia preventi-
va sui più importanti outcome di
salute: infortuni e malattie professionali, a maggior ragione se
appaiono meno sotto controllo
rispetto a prima.
Qualcosa si sta muovendo
Negli ultimi anni, molti operatori
della prevenzione si sono incontrati più volte (in congressi, seminari, riunioni più ristrette) per discutere di Ebp riguardo alla tutela della salute nei luoghi di lavoro. Non solo per le ragioni già
esposte, ma anche a seguito di richieste particolari da parte di organismi superiori o per il semplice desiderio, che dovrebbe essere
naturale per un professionista
(quantomeno della salute), di conoscere i risultati del proprio agire senza accontentarsi di una giustificazione istituzionale del proprio ruolo o posizione.
Dopo una prima fase di scambio
di opinioni e di idee, questo gruppo, definibile come tale non sempre per la condivisione di relazioni, ma per sensibilità e valori, ha
iniziato a produrre risultati nell’ambito della ricerca delle prove
di efficacia in sanità pubblica:
presentazione di interventi di
prevenzione svolti a cui era stata
associata un’esperienza di monitoraggio
revisioni di letteratura (anche
grigia, specialmente nel nostro
Paese), su quanto era presente in
termini di valutazioni di efficacia
di interventi nei luoghi di lavoro
progettazione, e in alcuni casi
già compimento, di studi primari
sull’efficacia di uno specifico programma di prevenzione.
Quest’ultimo è il caso del lavoro
di valutazione dell’efficacia di un
intervento di prevenzione degli
infortuni oculari in metalmeccanica nel territorio dell’Ausl di
Imola, che ho condotto insieme ad
alcuni colleghi, i cui risultati sono
stati pubblicati nel dicembre 2005
sulla rivista Occupational and
Environmental Medicine.
Il lavoro dimostrava la piena e
duratura efficacia di un intervento basato prevalentemente su di
una robusta campagna informativa (con fasi, strumenti e destinatari specificati), accompagnata
da sopralluoghi di rinforzo.
Al di là del suo valore scientifico,
questo studio potrebbe costituire
un esempio di come ci si dovrebbe porre di fronte alle attività proprie di noi operatori della prevenzione: quando si può, valutarne
l’efficacia già mentre le si svolge e
diffonderne poi i risultati (anche
quelli negativi, se attendibili).
In questo modo altri colleghi e
organizzazioni ne potranno trarre
vantaggi immediatamente applicabili, o almeno alcuni spunti di
valutazione.
da pag. 26
28
moderne strutture di allevamento e l’applicazione di
una gestione razionale riducono, o eliminano, il rischio
di infestazione. Gli esami trichinoscopici eseguiti sui singoli capi allevati in queste condizioni potrebbero quindi
essere eliminati, oppure potrebbero essere eseguiti su un
campione casuale di suini macellati a domicilio, selezionato secondo un criterio di accuratezza che tenga conto
sia del basso livello di rischio presente, sia del diverso
peso della macellazione nelle aree territoriali interessate.
Secondo gli autori, si potrebbe applicare un sistema di
sorveglianza attiva su base campionaria che rilevi la
prevalenza dell’infestazione in allevamento con una confidenza significativa e ritengono «auspicabile la sospensione dell’esecuzione sistematica dell’esame trichinoscopico sulle carni dei suini macellati a domicilio, qualora
provenienti da strutture di allevamento le cui caratteristiche siano equiparabili a quanto indicato dalla
Commissione internazionale sulla trichinellosi». Il testo
dello studio è disponibile all’indirizzo www.epicentro.
iss.it/temi/veterinaria/MacellazioneSuini_Friuli.pdf.
dossier ebp e pratiche inutili • numero 69
Dossier ebp e pratiche inutili
l’autore
Gianpiero
Mancini
area Tutela della salute
negli ambienti di lavoro
e sicurezza, Ausl Ravenna
Attivare nuove sinergie
Pur essendo sicuramente utili,
queste esperienze di valutazione
rappresentano, insieme a poche
altre, il frutto di iniziative pressoché personali. Si avverte chiaramente la necessità di coagulare
maggiormente attorno a obiettivi
comuni, ma anche a relazioni professionali più strette, gli operatori che nel recente passato hanno
manifestato interesse per questi
temi.
È in questa direzione che si colloca il seminario di lavoro organizzato nel maggio scorso a Bertinoro dall’unità operativa di Medicina del lavoro dell’Università di
Bologna e da quella di Epidemio-
logia dell’Ausl 10 di Firenze. All’incontro, che è stata una preziosa occasione per confrontare le
esperienze condotte, è stato inoltre invitato il collega Jos Verbeek,
membro della Cochrane Collaboration, che ne ha illustrato i piani
e le modalità di lavoro, oltre a
chiarire il suo punto di vista sulla
Evidence Based Prevention in Occupational Health (Ebpoh) e la
propria esperienza sul campo.
A conclusione dell’iniziativa, sono stati assunti alcuni impegni,
in vista della costituzione di un
gruppo italiano che supporti l’iniziativa della Cochrane Collaboration in questo campo.
In particolare saranno curati gli
strumenti di comunicazione (newsletter, sito internet dedicato, interventi su riviste scientifiche diffuse nell’ambiente professionale,
ecc) e si avvierà un corso di formazione specifico dedicato alla
Ebp in medicina del lavoro rivolto
agli operatori. È prevista anche
un’attiva collaborazione al progetto della Cochrane Collaboration.
Alla luce di queste svariate inizia-
tive occorre certamente rivedere
la convinzione, invero piuttosto
diffusa, che sia impossibile condurre studi di valutazione di efficacia in medicina del lavoro validi nel disegno epidemiologico, e
quindi anche nelle conclusioni, a
causa soprattutto di vincoli etici o
rappresentati da certe rigidità dei
protocolli o dei piani di lavoro.
BIBLIOGRAFIA
G. Mancini et al, “Prevention of
work related eye injuries: long
term assessment of the effectiveness of a multicomponent intervention among metal workers”.
Occup Environ Med, 2005; 62:
830-835.
A. Baldasseroni et al,
“Sorveglianza Apprendisti al
Lavoro e Minori (progetto
SALeM): valutazione di efficacia
del programma di sanità pubblica di sorveglianza di apprendisti
e minori avviati al lavoro in settori non a rischio”, www.epicentro.
iss.it/ebp/pro-salem.asp
In corsa per l’Ebp
In Italia sono più di un milione i minorenni che svolgono gare sportive ufficiali almeno una volta all’anno. Per
questa fascia di atleti, gli accertamenti prima della partecipazione sono a carico del Ssn, con un costo annuale
di circa 74 milioni di euro. Da qui la necessità di un
bilancio in termini di efficacia e benefici attesi per la
salute pubblica: è nato così il “Dossier Fidippide: valutazione di efficacia del programma di sanità pubblica per
l’avviamento all’attività sportiva agonistica e il periodico
controllo sanitario di giovani al di sotto dei 35 anni”, a
numero 69
segue a pag. 31
cura dell’Agenzia regionale di sanità pubblica (Ars)
della Toscana. Intitolato al leggendario padre della
maratona, il dossier affronta, oltre alle prove di efficacia
previste dal programma di sanità pubblica (visita medica, screening cardiologico, di funzionalità respiratoria e
muscoloscheletrica), anche aspetti più qualitativi: i
determinanti alla base della sua adozione, le attività
intraprese negli altri Paesi europei, le opinioni dei soggetti interessati. Viene anche tracciato un bilancio dei
costi e dei risultati dell’effettiva applicazione del pro-
29
RACCOGLIERE LE EVIDENZE:
LA SINTESI REALISTA
Dossier
L
a produzione e l’utilizzo delle
prove di efficacia dei programmi di prevenzione in
ambito sociosanitario sono oggetto di un acceso dibattito, che
coinvolge operatori sociosanitari,
policy makers e ricercatori. Le criticità riguardano sia la natura
stessa delle “evidenze” e del processo di cumulazione, sia la diffusione e l’utilizzo delle conoscenze
prodotte dalle revisioni sistematiche (vedi bibliografia).
Nel corso del workshop “Valutare
la prevenzione”, in occasione
dell’VIII Congresso dell’Associazione italiana di valutazione
(Aiv), ho avuto l’opportunità di
illustrare le origini e le caratteristiche salienti di alcuni orientamenti che si muovono sotto il
comune denominatore dell’evidence movement.
L’intento era quello di rispondere
ad alcune problematiche poste
dall’Ebp grazie alla proposta metodologica della sintesi realista.
In particolare, sono stati confrontati due metodi di revisione sistematica, evidenziando alcune pro-
Liliana Leone
All’interno del movimento Ebp, la modalità di produzione
delle revisioni sistematiche è oggetto di un acceso dibattito,
sia per quanto riguarda la raccolta delle conoscenze, sia sul
grado di fruibilità e utilità delle evidenze. Accanto alla tradizionale meta-analisi, non priva di criticità, si sta affermando sempre più un metodo alternativo di revisione sistematica, quello della sintesi realista, che cerca di rispondere alle esigenze metodologiche, ma anche di tradurre i risultati in raccomandazioni utilizzabili dai decisori politici.
blematiche di ordine metodologico connesse ai processi di cumulazione delle conoscenze e alcuni
limiti legati al grado di fruibilità
e utilità delle evidenze: da una
parte la meta-analisi, adottata
per esempio dalla Cochrane Library e dalla Campbell Collaboration, dall’altra la cosiddetta
“sintesi realista”, un metodo di
revisione sistematica recentemente sviluppato in Gran Bretagna da Ray Pawson, dell’Università di Leeds.
La versione integrale di questo articolo è pubblicata, con il titolo
“Evidenze di efficacia nei programmi di prevenzione delle dipendenze: review sistematiche e sintesi theory-driven”, sul sito dell’associazione, www.snop.it
30
Metodi a confronto
Un esempio della debole capacità
informativa delle meta-analisi
condotte in alcuni settori della
prevenzione dei programmi di salute pubblica e la frequenza con
cui si denunciano scarsità di evidenze, carenze inerenti la scarsa
qualità dei disegni sperimentali o
limiti di ordine pratico connessi
alla scarsa capacità delle metaanalisi di informare e quindi influenzare i processi decisionali. Ci
sono poi alcuni limiti metodologici, evidenziati da alcuni esponenti del movimento denominato evidence based policy, sottesi al processo stesso di sviluppo e accumulo delle conoscenze nelle revisioni sistematiche.
dossier ebp e pratiche inutili • numero 69
Dossier ebp e pratiche inutili
Il processo di revisione della sintesi realista rappresenta un metodo alternativo per condurre revisioni sistematiche e cerca di
rispondere ai due ordini di problemi precedentemente menzionati: metodologici e di traduzione
dei risultati in raccomandazioni
utilizzabili dai decisori politici.
Questo procedimento prende in
considerazione gli stessi processi
di accumulo delle conoscenze
scientifiche e trae origine da una
concezione popperiana della
scienza: pone cioè l’accento sulle
ipotesi teoriche sottostanti le
ricerche sperimentali, sul processo di confutazione e di verifica
degli assunti teorici e utilizza prevalentemente il metodo deduttivo. I singoli studi le singole valutazioni non rappresentano quindi
delle monadi, ma sono compresi
all’interno delle ipotesi esplicative che li avevano generati e delle
teorie (o quasi teorie) che intendevano confutare.
Si tratta di un metodo molto
recente applicato in diversi
campi, dal welfare all’educazione,
dall’ambiente e rigenerazione
urbana alla giustizia, e che di
recente inizia a trovare applicazioni anche nel settore sanitario.
Anche questo approccio, come
altri prima, critica il modello della
black box sottostante alla logica
delle revisioni sistematiche basate sulla meta-analisi. I programmi sociosanitari non sono altamente riproducibili e le variazioni
contingenti che sorgono nell’implementazione sul campo non
sono necessariamente casuali.
Esistono infatti fattori che possono essere oscurati dalle comuni
analisi, per esempio il modo con
cui gli operatori interpretano il
programma in determinate situazioni, oppure il modo con cui
diversi sottogruppi dei beneficiari reagiscono alla proposta. La
critica principale si concentra su
due assunti sottostanti al procedimento della meta-analisi: i trattamenti devono essere concreti, circoscritti e riproducibili (e altamente standardizzati come nel
caso di alcune cure mediche) e i
soggetti beneficiari hanno un
ruolo prevalentemente passivo,
poiché i trattamenti funzionerebbero in modo indipendente dal
loro giudizio (possibilità di controllare effetti placebo).
Mettere in pratica
Accogliendo alcune indicazioni
sviluppate dalla sintesi realista e
dal movimento della evidence
based policy, in tre regioni del
Nord Italia è stata realizzata una
ricerca valutativa che proponeva
un parallelismo tra la nozione di
strategia applicata ai diversi
approcci di prevenzione e quella
di “famiglia di meccanismi” propria della sintesi realista. La
sistematizzazione delle evidenze
attraverso la nozione di strategia
di intervento ne favorirebbe l’utilizzo, in quanto maggiormente in
grado di influenzare le teorie
implicite ed esplicite degli operatori e dei decisori.
Il focus del lavoro, Per una prevenzione efficace, è posto su pratiche di estrazione, contestualizzazione, diffusione e utilizzo delle
conoscenze e delle raccomandazioni prodotte dalle revisioni
sistematiche e dalle linee guida
sviluppate a livello internazionale nel settore della prevenzione
delle dipendenze. Si espone un
caso di ricerca-azione caratterizzato da approcci fortemente partecipativi, in cui sono state ricodificate e riaggregate le evidenze
offerte dalle maggiori revisioni
sistematiche e linee guida in
materia di prevenzione delle
dipendenze.
Queste evidenze sono state in
seguito incorporate all’interno di
una valutazione che ha interessato undici Asl del Nord Italia, e utilizzate come parametro di riferimento per giudicare l’adeguatezza delle metodologie di intervento
adottate in un campione di 122
progetti.
A seguito di questo lavoro, il procedimento adottato e le indicazioni scaturite sono state utilizzate
anche al di fuori del settore della
prevenzione delle dipendenze. In
alcune Asl (Bergamo, Milano 1) è
stata avviata una programmazione congiunta dei dipartimenti e
servizi che a diverso titolo si
segue a pag. 32
da pag. 29
gramma in Italia. Sulla base di questi dati, un gruppo
di esperti si è espresso sull’esistenza e l’affidabilità di
prove di efficacia delle diverse componenti del programma, formulando anche delle raccomandazioni per i decisori riguardo allo screening preventivo per l’avviamento
all’attività sportiva nei giovani al di sotto dei 35 anni.
La visita medica può essere mantenuta, ma ne va accentuato il valore di consiglio e orientamento nella scelta
della pratica sportiva più adatta, per aumentare la soddisfazione e quindi la probabilità di proseguire più a lungo
numero 69
possibile nello svolgimento dell’attività fisica (che si è
dimostrata efficace nel prevenire malattie cardiovascolari
e altre patologie).
Riguardo allo screening cardiovascolare, l’attività in
corso da circa trent’anni può essere mantenuta, sostenendo gli sforzi in atto in alcune aree del Paese per una
sua valutazione di efficacia su base osservazionale. Dove
non sono in corso studi di efficacia retrospettiva, può
essere offerta, a patto che sia garantito un adeguato controllo della qualità della prestazione. Ogni offerta di atti-
31
l’autore
Liliana
Leone
Facoltà di Sociologia,
Università di Roma
“La Sapienza”
occupano di programmi di prevenzione rivolti ai giovani (dipartimenti di Prevenzione, dipartimenti per le Dipendenze, Servizio
famiglia, infanzia o età evolutiva).
Quella della sintesi realista è una
proposta particolarmente promettente, sia perché il ruolo dei
contesti (aspetti socioeconomici,
organizzativi, culturali, demografici) è irrinunciabile per spiegare
il funzionamento e il successo dei
programmi di salute pubblica, sia
perché il richiamo alle varie teorie del cambiamento sociale è
abbastanza esplicito nei diversi
approcci di prevenzione. La letteratura sulla prevenzione delle
dipendenze, per esempio, fa riferimento a diversi modelli di intervento (influenza sociale, comprensivi e combinati, cognitivi e
di promozione della salute) in cui
sono chiamate in causa diverse
teorie: quella dell’apprendimento
sociale di Bandura, della normative beliefs di Hansen, dello sviluppo sociale di Hawkins e
Catalano, della dissonanza cognitiva di Festinger. Le revisioni
sistematiche, per contro, vengono
in genere realizzate in funzione di
una classificazione di programmi
che hanno in comune le sostanze
o i comportamenti considerati
dannosi (alcol, tabacco, droghe
illecite, marijuana, utilizzo del
casco), sebbene i decisori tendano
a utilizzare strategie simili anche
in politiche e ambiti di intervento
differenti. Il suggerimento è quindi quello di tenere conto di questo
gap e al contempo dare l’opportunità di sviluppare revisioni sistematiche di programmi di promozione della salute aventi in comune proprio le strategie di intervento, le teorie del cambiamento
sociale e le famiglie di meccanismi alla base dei cambiamenti
auspicati.
BIBLIOGRAFIA
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della valutazione di prove di efficacia in sanità pubblica”. Tesi di
specializzazione, AA 2002-2003
Università di Firenze, www.epicentro.iss.it/ebp/metodologia.asp
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research reviewing I. An assessment of 28 review reports”. Esrc
UK Centre for Evidence Based
Policy and Practice, 2004.
L. Leone, M. Ruffa, “Teoria e
meccanismi nella valutazione
d’efficacia dei programmi prevenzione”. Abstract presentato al
workshop “Valutare la prevenzione” nel corso dell’VIII Congresso
Aiv (Catania, 17-19 marzo 2005),
www.valutazioneitaliana.it/workshop/mostrapaper.php?id_paper=
31
L.
Leone, “Review sistematiche,
sintesi theory-driven e utilizzazione delle evidenze. Il caso dei programmi di prevenzione”. Rivista
Italiana di Valutazione, Franco
Angeli, in via di pubblicazione.
L.
Leone, C. Celata, Per una prevenzione efficace. Il Sole24ore
Sanità, 2006.
R. Pawson, Evidence Based
Policy. Sage, Londra, 2006.
M. Petticrew, “Why certain
systematic reviews reach uncertain conclusions”. Bmj, 2003; 326
(7392): 756-758.
W. Solesbury, “Evidence Based
Policy: Whence it Came and
Where it’s Going”. Esrc UK
Centre for Evidence Based Policy
and Practice, 2001.
L. Rychetnik, M. Frommer, A
Schema for Evaluating Evidence
on Public Health Interventions;
Version 4. National Public Health
Partnership, Melbourne, 2002.
da pag. 31
32
vità al di fuori di queste condizioni non è giustificata.
Lo screening respiratorio è inutile ai fini descritti nel
dossier, per cui se ne raccomanda l’abolizione.
Lo screening muscoloscheletrico andrebbe abolito, perché
inutile ai fini descritti nel dossier, mentre può essere
mantenuto in forma sperimentale per alcuni sport a
impegno estremo per l’apparato muscoloscheletrico,
garantendone la valutazione su base osservazionali (per
valutarne l’utilità nella prevenzione di complicanze invalidanti legate a malformazioni congenite).
Non è stato possibile invece esprimere valutazioni sulla
necessità di una ripetizione periodica e sull’eventuale
frequenza ottimale che gli screening (dei quali si suggerisce il mantenimento) debbono avere. Su questo punto
dovrà intervenire un documento di consenso tra gli
esperti che tenga conto del bilanciamento tra i costi e i
possibili, ma non dimostrati, benefici.
Il testo completo del dossier è disponibile al seguente
indirizzo: www.epicentro.iss.it/ebp/pdf/Dossier_
Fidippide.pdf.
dossier ebp e pratiche inutili • numero 69
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EBP08_Pagine da SNOP 69_dossier