Poste Italiane S.p.A. Sped. Abb. Post. DL353/2003 (conv. In L. 2702/2004 n. 46) art. 1 comm. 1 AUT. GIPA/C/PD/29/2011. In caso di mancato recapito rinviare a CMP Padova per la restituzione al mittente previo pagamento resi
Organo ufficiale dell'Associazione
BIMESTRALE N°2 - MAR/APR 2014
Direttore responsabile:
Filippo Anastasi
Direttore editoriale:
Francesco La Palombara
Caporedattore:
Massimiliano Fiore
10-11
2-3
I tre verbi
di Wojtyla
Formazione
e notizie
sanitarie
F. Baiocco
Editore:
U.N.I.T.A.L.S.I.
(Unione Nazionale Italiana
Trasporti Ammalati a Lourdes
e Santuari Internazionali)
18-19
Papa Francesco
esorta
ad aver cura
della fragilità
A.M. Cosentino
26
È nata Casa
Maria Sophia
M. Fiore
4-5
L’ulivo
della
speranza
12-13
La Vergine
della Neve
ai tropici
20-21
Nella Striscia
senza pace
G. Punzi
28
14-15
L’altro figlio
del padre
misericordioso
Casa Angela
e Casa Lia
F. Anastasi
S. Pagliuca
6-7
27
Ecco
cosa cambia
a Lourdes
ZTL,
posto auto
per tutti i disabili
22-23
Loreto studia
dei miracoli
don D. Priori
SE Mons. G. Tonucci
30-31
Già operativi
i nuovi ragazzi
G. Pepe
16-17
8-9
‘Selfie’,
una foto
che comunica
C. Giaccardi
Dopo
il dramma
la ricostruzione
F. Lorenzini
E. Boero
32
24-25
Il martirio
di Focherini
I. Frizzoni
Storie
da Lourdes
33
Un pellegrino
“En Velo”
Redazione:
Fraternità, organo ufficiale
dell'Associazione
è iscritta al Roc n. 2397
c/o Presidenza Nazionale
UNITALSI in Via della Pigna 13/A
00186 Roma
Tel. 06.6797236-int 222,
fax 06.6781421,
[email protected]
c/c postale n° 10274009
intestato a UNITALSI
via della Pigna 13/A - 00186 RM
Hanno collaborato:
Mons. Luigi Marrucci,
Salvatore Pagliuca,
Federico Baiocco,
Emenuele Boero,
Angela Maria Cosentino,
Claudio Focolari,
Italo Frizzoni,
Chiara Giaccardi,
Maristella Giuliano,
Federico Lorenzini
Marco Mincarelli,
don Danilo Priori,
Gaetano Pepe,
Giovanni Punzi
Con approvazione ecclesiastica,
rivista bimestrale, reg. n. 21 trib.
Roma in data 5 gennaio 1988
Foto:
Sergio Pancaldi,
ufficio stampa Cei,
Marco De Gregori,
archivio Unitalsi
Progetto grafico:
ELLE 71 S.r.l.
Stampa:
Mediagraf Spa
viale della Navigazione Interna 89
35027 Noventa Padovana (PD)
Finito di stampare: dicembre 2013
Questo periodico
è associato all’Uspi
800 062 026
PRONTO UNITALSI
[email protected]
www.unitalsi.it
Mons. Luigi Marrucci Assistente Ecclesiastico Nazionale
Salvatore Pagliuca Presidente Nazionale
In prima fila per la pace tutto l’anno
Il mese di Aprile ci ha visti impegnati su tutto il territorio nazionale ad offrire alberelli di ulivo ed
a presentare la nostra Associazione ai tanti che ancora non la conoscono.
La Giornata Nazionale rappresenta innanzitutto un motivo di orgoglio per quanti scelgono di vivere, attraverso l'UNITALSI, un impegno ecclesiale concreto, convinto, fervido, capace di accendere con la fantasia della carità una luce nuova e testimoniare una esperienza di impegno
e di bellezza che, da oltre 110 anni, riempie la storia quotidiana dell'Associazione.
Allo stesso tempo, la Giornata Nazionale è una occasione per andare incontro a quanti non conoscono la nostra realtà, proponendo loro innanzitutto la possibilità di salire sui nostri treni o
aerei per vivere l'esperienza del pellegrinaggio verso Lourdes o altri santuari, perchè è da lì, dal
pellegrinaggio, che trae linfa il nostro carisma.
L'impegno di attenzione e di premura verso chi è nel bisogno, però, non può essere circoscritto a pochi giorni.
Per questa ragione, l'UNITALSI ha dato vita ad una serie di progetti che, nel tempo, hanno abbracciato le singole realtà territoriali, offrendo l'energia del cuore e l'esperienza dei propri volontari. Grazie anche alla disponibilità dei media, questo invito alla partecipazione - condensato
simbolicamente in una piantina di ulivo - ci permette di irrobustire le radici del nostro impegno.
Ce lo ha chiesto Papa Francesco che, nel corso della storica udienza del 9 novembre 2013 per
i 110 anni di fondazione associativa, ha riconosciuto all'UNITALSI il valore dell'amorevole “ministero della consolazione” verso chi è nella malattia.
In questa missione affidataci dal Santo Padre è custodito l'invito ad una religiosità impegnata,
capace di animare una pastorale delle comunità, aperta al contributo generoso di tutti e soprattutto, capace di farsi prossima al prossimo con discrezione, offrendo un sussidio impregnato di vangelo. Il primo pellegrinaggio giunto a Lourdes è stato quello dei bambini della
Campania, che hanno vissuto delle giornate di preghiera e di gioia, facendosi portatori di un
messaggio di Pace. Il nostro messaggio di Pace è impresso nei volti sorridenti dei bambini,
delle mamme e papà, dei volontari; la Pace che vogliamo costruire è la Pace del Risorto, la Pace
dono di Dio per tutti.I bambini sono i migliori messaggeri; siamo sempre più convinti che siano
davvero gli unici credibili ambasciatori di Pace, testimoni dell’Amore del Padre che tutto supera
e tutto comprende.
Ai bambini l’UNITALSI affida il più prezioso bene: avete mai pensato che le prime parole del Risorto ai Suoi discepoli sono state “Pace a voi”?, quanto sta a cuore il dono della Pace a Dio!
È il Suo augurio più grande ed è anche il Suo dono più grande, che va custodito, alimentato,
e “ri-donato”.
Costruire la Pace oggi significa accettare, accogliere, condividere, dialogare e amare “l’Altro”,
senza distinzioni di razza, di colore, di fede. I bambini sono gli “specialisti” dell’accoglienza e
della condivisione, perché non hanno paura di scoprire la bellezza dell’Altro, e sanno affidarsi
a Colui che fa belle tutte le cose. La pace donata dal Cristo risorto accompagni i nostri pellegrinaggi ed il nostro cammino associativo. Buon pellegrinaggio.
1
Massimiliano Fiore
Canonizzazione
Caporedattore di Fraternità
I tre verbi di Wojtyla
Pregare, Lavorare e sorridere. I ricordi di Navarro Valls
Joaquín Navarro Valls
è stato uno dei più
stretti collaboratori
di Giovanni Paolo II,
per 22 anni direttore
della Sala Stampa
vaticana.
L’ex portavoce
ricorda l’uomo
e il Papa che cambiò
le sorti della storia
politica e cattolica
del pianeta.
1
“P
regare, lavorare, sorridere”. Con questi tre
verbi Joaquin Navarro Valls ha riassunto la
biografia di Karol Wojtyla, intervenendo alla
presentazione del libro “Accanto a Giovanni Paolo II”. “Da
come pregava avvertii quanto profondo fosse il suo legame con Dio”, scrive Benedetto XVI nel volume. “Vedere pregare Giovanni Paolo II - ha testimoniato il suo
portavoce - era come afferrare un’infinitezza in cui lui si
immergeva e permetteva di vedere dove andava il suo
sguardo”. “Non parlava quasi mai della sua interiorità”,
ha detto Navarro Valls, “ma un giorno a proposito della
Santa Messa mi ha detto:‘ È il bisogno più profondo della
mia anima’”. In Giovanni Paolo II, in altre parole, “la preghiera non appariva come un’attività a sé, ma come l’attività che teneva unita la sua vita, dava senso e direzione
a tutta la sua esistenza. Perfino un agnostico come Michail Gorbaciov era arrivato a dire che la sua filosofia po-
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litica era fortemente sostenuta dalla sua spiritualità”. Poi
Navarro-Valls ha raccontato dell’abitudine di Giovanni
Paolo II di sostare alcuni minuti di preghiera, inginocchiandosi nella sua cappella privata, prima e dopo il
pranzo e la cena: “Un giorno lo stavo aspettando dopo
una di queste soste, che però invece di due o tre minuti
è durata dieci minuti. E il Papa a un certo punto mi ha
detto: ‘Mi scusi, mi ero scordato che lei era qua”.
“Lavorare”, il secondo verbo. “Il suo impegno era instancabile”, ha riferito l’ex direttore della Sala stampa della
Santa Sede: “Non solo nei grandi viaggi ma giorno per
giorno, dalla messa mattutina fino a tarda notte. Alla sera
trascinava i piedi, e non solo negli ultimi anni. Non sapeva perdere un minuto e non aveva mai fretta”.
Riguardo all’ultimo verbo essenziale per capire appieno la
sua biografia, “sorridere”, Navarro-Valls ha citato una
frase di Papa Benedetto XVI: “Nelle sue conversazioni
c’era sempre spazio per il buonumore”. “Era un uomo allegro, e fu
allegro sempre”, ha confermato
Navarro Valls, affermando che una
“teologia dell’allegria” dovrebbe
sempre far parte del bagaglio di
“una persona che crede sul serio”.
A riprova del fatto che Giovanni
Paolo II sapeva sorridere, il suo portavoce ha raccontato un episodio
accaduto nell’incontro con una persona “molto importante”. Ricevuta
in udienza, quest’ultima ha detto al
Papa, che a quell’epoca aveva già il
bastone: “Santità, la trovo molto
bene”. E il prossimo Santo, di tutta
risposta: “Ma lei pensa che non mi
veda in tv come sono combinato?”.
Uno dei filoni d’interpretazione del
pontificato di Giovanni Paolo II riguarda le conseguenze politico
strategiche della sua grande missione pastorale. Certo, eleggere
Papa un Cardinale polacco voleva
dire andare a cercare un rappresentante della Chiesa cattolica al di
là della “cortina di ferro”.
Aveva qualcosa di più importante:
aveva un progetto umano. Il suo
primo messaggio fu tutto rivolto a riportare, per così dire, al centro della
scena Gesù Cristo, come fu il suo
primo discorso in piazza San Pietro:
“Spalancate le porte a Cristo!”.
FOTO 1 PAPA WOJTYLA
E NAVARRO VALLS SU UN VOLO PAPALE
FOTO 2 GIOVANNI PALO II
IN PREGHIERA DAVANTI
ALLA GROTTA DI LOURDES
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Giornata Nazionale
L’ulivo della speranza
In tutta Italia le testimonianze di apprezzamento verso l’Associazione
NELLE FOTO BOLOGNA, ROMA, NAPOLI E REGGIO CALABRIA
ALCUNE IMMAGINI SIMBOLICHE DELLA GIORNATA NAZIONALE
NEL RIQUARDO ROSSO TRA I SOSTENITORI DELL’UNITALSI
A ROMA, MARTINA STELLA E A NAPOLI IL SINDACO LUIGI DE MAGISTRIS
L
a giornata nazionale rappresenta innanzitutto un motivo di orgoglio per
quanti scelgono di vivere, attraverso
l'UNITALSI, un impegno ecclesiale concreto, convinto, fervido, capace di accendere con
la fantasia della carità una luce nuova e testimoniare un’esperienza di impegno e di bellezza che,
da oltre 110 anni, riempie la storia quotidiana dell'Associazione. Allo stesso tempo, la Giornata Nazionale è stata un’occasione per andare incontro a
quanti non conoscono la nostra realtà, proponendo
loro innanzitutto la possibilità di salire sui nostri
treni o aerei per vivere l'esperienza del pellegrinaggio verso Lourdes o altri santuari, perché è da
lì, dal pellegrinaggio, che trae linfa il nostro carisma. L'impegno di attenzione e di premura verso
chi è nel bisogno, però, non può essere circoscritto
a pochi giorni. Per questa ragione, l'UNITALSI ha
dato vita ad una serie di progetti che, nel tempo,
hanno abbracciato le singole realtà territoriali, offrendo l'energia del cuore e l'esperienza dei propri
volontari. Grazie alla disponibilità dei media, questo
invito alla partecipazione - condensato simbolicamente in una piantina di ulivo - ci permette di irrobustire le radici del nostro impegno. Ce lo ha
chiesto Papa Francesco, che nel corso della storica udienza del 9 novembre 2013 per i 110 anni di
fondazione associativa, ha riconosciuto all'UNITALSI il valore dell'amorevole “ministero della consolazione” verso chi è nella malattia. In questa
missione affidataci dal Santo Padre è custodito l'invito ad una religiosità impegnata, capace di animare una pastorale delle comunità, aperta al
contributo generoso di tutti e, soprattutto, capace
di farsi prossima al prossimo con discrezione, offrendo un sussidio impregnato di vangelo".
Salvatore Pagliuca Presidente Nazionale
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don Danilo Priori vice Assistente Nazionale
L’altro figlio del padre
misericordioso
L’abbraccio del padre misericordioso è il coronamento
gettato al collo del figlio perduto, come àncora che suggella la salvezza, bacio che conferma una speranza mai
sopita. Quel giovane, quello raccontato dall’evangelista
Luca (Lc 15,11-32), riesce a catalizzare l’attenzione del
lettore fedele e si guadagna assai presto un sorriso di benevolente approvazione; sarà forse perché il viaggio a ritroso del figlio perduto è come scia che cavalca le
tempeste della nostra vita e convoglia - accomunandole
- verso una luce domestica frettolosamente smorzata; o
forse perché quel giovane senza nome è riflesso di un in-
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nato desiderio genitoriale, immagine perfetta a cui imporre
il nome delle nostre personali vicende. Per certi versi la
sua figura è talmente malleabile da sopportare, di volta in
volta, i contorni biblici che più ci aggradano. Eccolo allora
come ennesimo Adamo che, allontanandosi sprezzante
dalla dimora paterna, volge disincantato l’ultimo sguardo
a quell’eden ripudiato e - tradendo anche se stesso e la
morale dei patriarchi - si illude di poter dissodare i giorni
dai cardi e gli spini (cf Gn 3,17-19); oppure con lo stesso
spirito intraprendente di Abramo, celere a svincolarsi dai
legacci familiari per addentrarsi nei meandri di un viaggio
ancora oscuro, e poco sembra importare se stavolta - in
verità - non c’è la voce di Dio a sospingere lontano dalla
casa del padre verso le fenditure benedette (cf Gn 12,13). E come non pensarlo contrito e ravveduto, pronto a riformulare la preghiera di intercessione di Mosè (cf Es 32)
e piegarla alla necessità di rientrare - seppur nel più infimo dei ranghi - nelle stanze della casa perduta? O come
non immaginarlo quale moderno Gedeone (cf Gdc 6) che
spazza gli idoli della presunzione e umilmente si prostra ai
piedi del primo e unico padre?
Ad attenderlo l’altro personaggio di questo racconto a noi
tanto caro: il padre misericordioso; del resto, già le prime
battute di questo passo - (Gesù) “Disse ancora” (Lc
15,11) - sembrano anticipare un’abbondanza divina che
vince il limite testardo della creatura, parola di misericordia che - immeritatamente - restituisce all’uomo disobbediente i tesori respinti e li sorpassa e stupisce
nell’aurora sempre nuova del dono.
Doveva necessariamente andare a finire così questa parabola. Siamo onesti: non lo avremmo sopportato un finale diverso.
Ma che ne è stato dell’altro figlio? Quello fedele, quello
che non aveva mai sperperato un granello delle sostanze
di famiglia, quello che viene sorpreso dalle grida di festa
mentre porta ancora addosso l’odore forte del lavoro nei
campi. È lui il personaggio negativo
di questa vicenda, il cattivo di turno
che non corre ad abbracciare il fratello convertito, l’uomo senza viscere
di tenerezza che non partecipa alla
gioia del padre; su di lui si abbattono
adesso come scuri le sue stesse incaute affermazioni: per lui forse non
ci saranno mai vitelli da immolare nei
banchetti con gli amici e nemmeno
le prostitute che arbitrariamente attribuisce al fratello prodigo (cf Lc
15,29-30). Ora appare solo nel pellegrinaggio della vita; lasciato solo
nel mezzo di un banchetto a cui non
ritiene di appartenere; lasciato solo
nel mezzo di una scelta che non può
essere rinviata.
E fa tanta tenerezza nella sua solitudine perché incarna appieno la
stessa cocente delusione che pervade ciascuno di noi ogni volta che
veniamo spiazzati e confusi dalle logiche di Dio (cf Is 55,8-9). Anche lui - l’altro figlio - è protagonista a tutto tondo di questa vicenda; anch’egli
interroga a fondo il lettore fedele: forse non gli strappa
quell’immediato sorriso di benevolente approvazione, ma
inesorabilmente smaschera le gesta di chi approva con le
parole ma non aderisce col proprio cuore. “Alle volte usando le parole della nota scrittrice Susanna Tamaro penso che al momento della nostra morte non vedremo
scorrere tutta la vita, come dicono, ma soltanto una piccola parte, i gesti d’amore mancati, la carezza non fatta,
la comprensione non data, quel muso inutile tenuto
troppo a lungo, quella caparbietà nutrita soltanto di se
stessa... Solo invecchiando ci si rende conto della gravità
di certe parole e tutto ciò che abbiamo mancato, per superficialità, per egoismo, per fretta, comincia a pesare sul
nostro cuore, ma il tempo ormai è andato e non torna più
indietro” (Per sempre, Giunti Editore, Firenze, 2011, 51).
Ma la penna del Signore - si sa - è ben più sapiente di
quella dei romanzieri e, dove gravano i macigni del senso
di colpa e del perdono mancato, scrive a lettere maiuscole
la gioia di una vita che chiede soltanto di essere riconosciuta e accolta.
NELLA FOTO IN ALTO LA COPERTINA DEL LIBRETTO
DEI PELLEGRINAGGI 2014 “LA GIOIA DELLA CONVERSIONE”
2
7
Media
Chiara Giaccardi
sociologa Docente dell'Università Cattolica del Sacro Cuore
‘Selfie’, una foto che comunica
Fenomeno generazionale quando lo scatto non è più un contenuto,
ma un medium, un connettore
Vivere e condividere non sono due movimenti che si annullano a vicenda; al contrario. D’altra parte l’esperienza, ce lo ha insegnato tra gli altri Walter Benjamin,
ha sempre la doppia componente di 'immersione' (Erlebnis) e di 'distanziazione', rielaborazione, del vissuto
(Erfahrung ). La sospensione, la messa in pausa, la condivisione non solo non impediscono l’esperienza, ma ne
sono la condizione, perché servono a elaborare, condividere, far sedimentare i significati di ciò che si vive.
M
olto è già stato scritto attorno a quella che
l’Oxford English Dictionary ha eletto a parola dell’anno 2013: selfie. Le foto di sé,
scattate coi dispositivi mobili per essere caricate sulle
piattaforme social destano non poche preoccupazioni,
forse per le connotazioni negative suggerite dai termini
con la stessa radice ( selfish significa egoista, egocentrico) o per un attaccamento eccessivo al vecchio paradigma trasmissivo della comunicazione, che isola il
contenuto dal mezzo (mentre la comunicazione, oggi
più che mai, è prima di tutto riduzione di distanze, costruzione di relazioni). In un recente articolo, per esempio, lo psicanalista Massimo Recalcati ha parlato di
«certificazione di un’esistenza che dubita di se stessa»,
e di «foraggiamento narcisistico di un soggetto vuoto»,
mentre in una riflessione sul New York Times la psicologa Sherry Turkle ha colto un’ossessione per la documentazione che «mette in pausa» l’esperienza: l’ansia
di 'possedere' una traccia che certifichi la nostra esistenza ci impedirebbe viverla veramente.
Documentare l’esperienza e fare esperienza sarebbero
due movimenti che si annullano a vicenda: o l’uno, o
l’altro. Sebbene queste posizioni colgano alcune derive,
sempre possibili, del fenomeno, rischiano a loro volta di
8
scambiare i pericoli per l’essenza, sulla base di quello
che mi pare un duplice errore di prospettiva. Da una
parte si scambia l’origine per la destinazione: l’autoscatto non mira a costruire uno specchio in cui rimirarsi,
ma, casomai, a condividere un momento con altri. Il fine
non è autoreferenziale, ma sociale. Non mi fotografo per
certificare la mia esistenza, ma per condividerla, per entrare in dialogo. Essere è condividere. E non necessariamente ciò che si condivide è l’autoscatto col
personaggio famoso, o l’immagine dove si è «al meglio
di sé». Anzi, fa discutere, per esempio, la recente tendenza, da parte di alcuni personaggi del mondo dello
spettacolo ma non solo, a condividere selfies scattate
durante o subito dopo una malattia.
La seconda questione ha a che fare col tema della rappresentazione: se la fotografia è nata come medium per
parlare della realtà, e la dimensione del contenuto è
sempre stata cruciale, la finalità della selfie non è rappresentare, ma comunicare. Non si tratta di un oggetto
estetico, ma di un movimento dialogico. Non è solo un
parlare di sé, ma è soprattutto un parlare a qualcuno.
Un diario per immagini, nella consapevolezza che l’identità è relazionale, e che il messaggio più che 'ti dico chi
sono' è, casomai, 'aiutami a capire chi sono'.
Nella selfie dunque la fotografia non è un contenuto, ma
un medium, un connettore, un invito al dialogo a partire
dalla propria quotidianità, un mettere in comune che
aiuta a tessere la trama della vita di tutti i giorni, intrecciando un racconto polifonico per immagini. Per questo credo che tacciare questa forma comunicativa di
narcisismo, feticismo, asocialità sia non capire il bisogno autentico che essa esprime. Che è un bisogno giusto: casomai da coltivare, accompagnare, rendere più
consapevole, ma non certo stigmatizzare.
Che la foto non risponda a un bisogno di possesso o di
'eterizzazione' del quotidiano nel vano tentativo di sottrarlo alla banalità è testimoniato anche da applicazioni
come Snapchat, che consentono di inviare ai propri
contatti foto che durano solo pochi secondi. Il quotidiano è effimero, nessuno vuole negarlo, ma nondimeno
può essere, seppur per un istante, messo in comune.
Non tutto merita di permanere, ma molto merita di essere condiviso.
Attenzione, quindi, alle troppo facili svalutazioni di pratiche che rispondono a bisogni antropologici profondi. E
attenzione a quell’etnocentrismo generazionale che
porta a valutare con categorie inadeguate i nuovi fenomeni – a leggere il presente nello specchietto retrovisore, direbbe McLuhan – incorrendo in inevitabili errori
interpretativi. Meglio cercare di vedere i fenomeni 'dal
punto di vista dei nativi', come ci hanno insegnato gli
antropologi. Non per adeguarsi, ma per costruire le
condizioni di un dialogo intergenerazionale dal quale
tutti abbiamo da imparare.
NELLE FOTO IL PALCO ALLESTITO NELLA VILLA COMUNALE
DI NAPOLI E LO STAND DELL'UNITALSI
NELLE FOTO PAPA FRANCESCO DISPONIBILE
AD UN SELFIE DURANTE LE UDIENZE GENERALI
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Federico Baiocco Responsabile Nazionale Medici
Formazione e notizie sanitarie
Cresce negli ultimi anni l’importanza di acquisire
una preparazione morale, tecnica e religiosa
La scorsa settimana a Lourdes si è svolto il corso di formazione per i 130 dipendenti di UNITALSI Lourdes e per
i giovani del Servizio Civile, da poco arrivati a Lourdes.
La necessità di fare formazione, oltre ad essere determinata dalle norme di legge e dalle mode sociali che
spesso spacciano per importanti momenti formativi che
poco hanno realmente di formante, sono nel nostro caso
determinate da vari fattori. Spesso ripetiamo che essendo la nostra un’Associazione di promozione sociale,
per poter essere tale deve garantire ai propri associati la
possibilità di crescere sia in senso morale, tecnico che
religioso.
Gli adulti imparano quando hanno realmente bisogno di
conoscere e gli vengono motivate le nozioni che gli vengono proposte. Deve essere rispettato il concetto di sé
e sono rispettate le loro esigenze (fisiologiche, di sicurezza, di autostima, di ruolo sociale); è riconosciuta
l’esperienza precedente ed è incentivata la disponibilità
ad apprendere. Da tutto questo non sono esclusi i nostri
dipendenti che, proprio perché legati alla realtà associativa da un vincolo professionale, sono per certi versi coloro che sono chiamati a mantenere la continuità della
stessa realtà.
La formazione in ambito sanitario in questi anni ha acquisito sempre più importanza, di certo non per un tentativo di medicalizzazione dell’Associazione, ma per la
necessità, come affermiamo ormai da anni, di accogliere
al meglio gli amici malati che chiedono di partecipare alle
nostre attività. Nel corso che si è svolto a Lourdes i dipendenti addetti al contatto con il pubblico, sia francesi
che italiani, hanno seguito il corso di formazione BLSD
che in un fantastico miscuglio di lingue, italo-franco-spagnolo, si sono impegnati con forza e desiderio di apprendere proprio perché motivati dal senso di
appartenenza che in questo momento associativo sta
acquistando sempre più importanza. La voglia di acqui-
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sire competenza deve trarre origine dalla convinzione di
voler tendere verso una società che voglia conservare il
suo aspetto di umanità e che quindi possa basarsi su
individui che riescano a sentire verso gli altri le stesse responsabilità che sentono verso se stessi.
Questo aspetto di compromissione e di competenza
l’abbiamo riscontrato anche nei giovani del Servizio Civile che, provenendo da diverse realtà culturali, hanno
ben chiaro l’elemento fondante del volontariato e del
servizio civile stesso, che è quello dello spirito di solidarietà. La solidarietà non è qui intesa come sentimento di
vaga compassione o di superficiale intenerimento per i
mali di tante persone vicine o lontane, ma la decisione di
farsi carico, secondo le proprie competenze, tanto dei
problemi locali quanto di quelli globali, impegnandosi a
promuovere il bene delle persone e il bene comune, portando un contributo al cambiamento sociale.
Ma verso chi deve essere rivolto questo atteggiamento
di farsi carico, di esprimere un vero e pieno spirito di solidarietà? Nei confronti del prossimo indistinto, bello ma
utopistico, o in un ambito maggiormente ristretto, che
possa essere identificato e per quanto possibile maggiormente conosciuto?
Sia nel corso svolto a Roma per i dipendenti italiani che
in quello a Lourdes che per i giovani della Protezione Civile sono stati presentati alcuni risultati del lavoro epidemiologico o meglio inerente le notizie sanitarie, che
ormai da 4 anni viene svolto grazie al lavoro delle gran
parte dei Responsabili Regionali dei Medici e del Ced.
Se negli anni abbiamo visto una diminuzione delle persone che chiedono di partecipare ai nostri pellegrinaggi,
proporzionalmente il numero dei malati non è diminuito
come il numero assoluto, cioè la richiesta di partecipazione dei malati è più alta rispetto a quella del personale
volontario e dei pellegrini. Se nel 2011 su 62000 partecipanti avevamo 14000 malati, nel 2013 su 48800 par-
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tecipanti abbiamo avuto 12000 malati circa. E dato ancora più interessante è il numero di patologie lamentate
dai nostri amici malati: 19200 nel 2011, 22900 nel 2013.
Segno della maggiore complessità delle problematiche
sanitarie di chi si rivolge a noi per poter giungere a Lourdes. Questo dato ci fa riflettere di nuovo sulla nostra capacità di accoglienza, che implica un’organizzazione che
rispetti quelle competenze di organizzazione nell’accogliere di risposta alle emergenze anche sanitarie a cui si
può andare incontro. Ricordiamo, a tal proposito, che
tutte le persone che viaggiano con l’UNITALSI godono di
un’assicurazione completa. Altro dato su cui si è a
lungo discusso e che nei prossimi anni chi chiederà
maggiore attenzione è il numero di anziani che parteciperanno alle nostre attività. In Italia l’indice di vecchiaia
sta aumentando notevolmente: attualmente corrisponde
a 148 (cioè 100 giovani per 148 anziani)
L’indice di vecchiaia rappresenta il rapporto percentuale
tra la popolazione in età anziana (65 anni e più) e la popolazione in età giovanile (meno di 15 anni). Si tratta di
uno dei possibili indicatori demografici (es. indice di dipendenza anziani, età media, indice di ricambio), ed è
adatto a misurare il livello di invecchiamento di una popolazione. La popolazione unitalsiana non è esente da
queste caratteristiche e ciò a maggior ragione nel futuro
ci chiederà di essere ancora più presenti nel tessuto sociale. Ultima riflessione sulla formazione alla luce dei dati
sulle notizie sanitarie è quello inerente la percentuale
delle patologie maggiormente presenti nei malati che seguiamo. Nel 2010, anno di inizio del nostro studio, la
percentuale delle problematiche cardiovascolari era di
gran lungo maggiore rispetto a tutte le altre; nel 2013 le
malattie neurologiche e psichiatriche messe insieme
sono poco al di sotto di quelle cardiovascolari, e probabilmente nel prossimo futuro saranno destinate a diventare le patologie maggiormente rappresentate. Il tutto
2
solo ai fini statistici? Di certo no! Tutto questo è segno
che ci verrà richiesto nel tempo, peraltro neanche tanto
lontano, di farci carico e di accogliere problematiche più
complesse anche nel disagio sociale, dove la formazione, generale e specifica dovrà essere chiara, standardizzata e ripetibile. Come Associazione dovremo
cercare sempre di più di essere capaci di adoperarci per
delle condizioni di vita dignitose, ricche non in senso
economico, ma di amicizie, di assistenza, di competenza, nel tentativo di dare vita agli anni e non di dare
anni alla vita.
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FOTO 1-3 BAIOCCO DURANTE IL CORSO A LOURDES
RIVOLTO AI DIPENDENTI E AI VOLONTARI DEL SERVIZIO CIVILE
FOTO 2 LA SLIDE DEL CONFRONTO TRA LE PATOLOGIE
PIÙ DIFFUSE 2013-2014
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Filippo Anastasi Direttore responsabile di Fraternità
La Vergine della Neve ai tropici
NELLE FOTO IL SANTUARIO DI NOSTRA SIGNORA DELLA NEVE,
NELL’ISOLA DI LA PALMA NELL’ARCIPELAGO DELLE CANARIE
Affogata nell’Oceano Atlantico, con lontano il calore dell'Africa e di poco a nord del tropico del cancro, l'isola di
La Palma e difficilmente raggiungibile. È una delle isole
dell'arcipelago delle Canarie, una tra le meno collegate,
una delle meno abitate e dunque una delle più affascinanti. Un eden ricco di colori dal verde dei tamarindi e
delle palme, al rosso dei flamboyant, al viola delle jacaranda. La capitale, Santa Cruz de la Palma è un piccolo
scrigno di architettura barocca con il tipico tono azuleno
delle Canarie.
A dominare la città un colle facilmente raggiungibile con
il Santuario di Nostra Signora della Neve. Qui la neve
non è mai scesa a memoria d'uomo , ma la devozione
per la Madonna è talmente forte da volere avvicinare, al-
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meno nel nome, un Santuario sperduto al più grande
Santuario dedicato a Maria che è quello romano di Santa
Maria Maggiore. Una piccola digressione romana per
spiegare che il miracolo della neve a Roma la notte del
4 agosto dell’anno 367 fu generato dalla invocazione di
un segno alla Madonna dei patrizi romani Giovanni e
Berta che non riuscivano ad avere figli. Maria - racconta
la tradizione - fece imbiancare la casa dei due nobili cristiani e chiese loro di edificare una tempio in Suo onore.
Ma torniamo a La Palma e al Santuario de Nuestra Señora del las Nieves. Il luogo è di grande suggestione,
sdraiato com'è tra dolci calanchi in un vero giardino tropicale. Una piccola porta in legno intarsiato, tipica di una
modesta pieve di campagna, apre invece allo spazio di
una navata degna di una Cattedrale : un trionfo di legno intarsiato e
soffitti a cassettoni decorati. Sul fondo uno scenografico altare con la
Madonnina ammantata di vesti policrome. Intorno Angeli di legno intarsiati nel più tipico barocco canario. Ovunque ex voto di marinai e pescatori che dimostrano l'antica devozione dei locali per questa Vergine.
Il Santuario è considerato talmente miracoloso che ha la qualifica di
reale, e spesso i reali di Spagna sono volati fin lì per pregare la Vergine
della Neve. La canonizzazione nel secolo scorso ebbe l’onore di una
bolla del cardinale Eugenio Pacelli, che sarebbe poi diventato Papa Pio
XII. Luci, arazzi, candelabri e stucchi dorati ovunque all'interno. Fuori la
pace di un chiostro francescano ombreggiato da una secolare jacaranda e a stupire i devoti una gigantesco tronco scavato. Dentro una
statua della Madonna di Lourdes e una riproduzione in miniatura della
Grotta. Buon viaggio!
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Novità
dalla redazione
Ecco cosa cambia a Lourdes
Il Vescovo ha annunciato importanti modifiche per il futuro del Santuario
I
l Santuario di Lourdes ha aperto le porte ai giornalisti delle testate locali per parlare dei cambiamenti che stanno avendo luogo lì dove vi è la
casa degli unitalsiani.
E, proprio in quest’ottica, abbiamo partecipato anche
noi. Monsignor Brouwet, Vescovo della diocesi di Tarbes Lourdes, è entrato immediatamente nel merito dei
suoi 5 orientamenti per adempiere alla missione che la
Vergine Maria ha affidato a Bernadette e, di conseguenza, a ognuno di noi: “Venire qui in processione”.
Il Vescovo ha sottolineato che il compito di coloro che
operano su Lourdes è quello di accogliere ed accompagnare i pellegrini, predicando il Vangelo e celebrando
i Sacramenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione.
Ha, dunque, ribadito alcuni concetti che aveva già ricordato ai direttori di pellegrinaggio che si sono riuniti qui
due settimane fa, in occasione delle “journées de février”. Bisogna cioè: Annunciare il Vangelo; Internazionalizzare il Santuario e, modernizzarsi, attraverso “la
pianificazione dello spazio della Grotta”; la realizzazione
di un “posto della Chiesa” e l’organizzazione dei “servizi
del Santuario”.
In quest’ottica, entro la stagione del 2016, ci saranno
dei cambiamenti che ai più nostalgici fanno già storcere
il naso. Tuttavia, il messaggio del Vescovo è chiaro ed incisivo. Si dice aperto a qualsiasi tipo di proposta, ma
non cambierà la sua intenzione principale di rendere il
Santuario, ed in particolar modo la Grotta un luogo di
raccoglimento. “Siamo a Lourdes e non a Manhattan”,
ha ribadito scherzando su quanti gli hanno fatto proposte I-tech. Un passaggio molto interessante del suo intervento è stato anche quello relativo all’equilibrio di
bilancio fissato entro il 2015. A tal fine, Mons. Brouwet,
ha parlato dell’installazione di un nuovo “Ufficio Sviluppo” che dovrà aprire le porte del Santuario e farlo conoscere a quanti ancora non lo hanno varcato .
Thierry Castillo, economo della diocesi, ha poi illustrato le
cifre del piano di ricostruzione e protezione delle zone
colpite dall’inondazione del 18 e 19 giugno 2013. “Rin-
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NELLE FOTO IL VESCOVO BROUWET, TERRIER, RESPONSABILE
DELLA COMUNICAZIONE E CASTILLO ECONOMO DEL SANTUARIO
DURANTE LA CONFERENZA STAMPA
graziamo tutti coloro che ci hanno dimostrato la loro solidarietà e vicinanza” ha detto Castillo “in particolar modo
quanti hanno inviato il loro contributo, pur non avendo la
possibilità economica di venire qui in pellegrinaggio”.
Infine, Francis Dias, coordinatore dei pellegrinaggi, si è
detto “fiducioso e ottimista” nonostante il calo di pellegrini previsto per quest’anno del 10% rispetto al 2012 anno pari precedente - ed ha annunciato per il 2015 il 1°
pellegrinaggio dei vigili del fuoco. A fine conferenza, è
toccato ai giornalisti porre delle domande. La principale
riguardava una eventuale visita di Papa Francesco. Monsignor Brouwet ha risposto così: “Non so come e
quando verrà, ma spero lo faccia. Dal nostro canto, l’abbiamo invitato due volte. Tuttavia, la sua visita non dovrà
essere utilizzata per il riassetto delle economie del Santuario. Dovrà poter venire come semplice pellegrino”.
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Qui Lourdes
Federico Lorenzini ed Emanuele Boero
Dopo il dramma, la ricostruzione
Prima Casa Italia e poi il Tara. Ritornano a risplendere le nostre strutture
1
I
l 18 giugno scorso la città di Lourdes ha vissuto
momenti difficili per l’alluvione provocata dal fiume
Gave che, per una concomitanza di cause, ha innalzato il suo livello abituale di 4 metri.
Le insistenti piogge dei giorni precedenti e l’aumento significativo della temperatura hanno provocato un veloce
scioglimento delle nevi sui Pirenei che sono state la causa
dell’esondazione del fiume in più punti della cittadina.
L'evento straordinario ha gravemente lesionato il santuario e molte strutture alberghiere che sono state sommerse dalle acque fangose.
Anche l’UNITALSI ha subito gravi danni in alcune sue
strutture, in particolare:
- L’Esondazione del Gave sul Quai Boissarie ha provocato l’allagamento del piano sotterraneo del Salus Infirmorum danneggiando in modo significativo gli ascensori
e mettendo fuori uso il gruppo elettrogeno indispensabile
alla sicurezza della casa;
- l’Hotel Tara è stato gravemente lesionato; fango e
acqua hanno invaso la hall e inesorabilmente allagato i
piani sottostanti;
- La pizzeria Casa Italia, situata sul lungo Gave, ha subito
gravi danni: acqua e fango hanno distrutto ogni cosa.
Non mi vergogno nel condividere con voi il mio pianto di
quei momenti di fronte a quelle immagini di distruzione .
Tutto sembrava perduto, inutili risultavano gli sforzi fatti
fino a quel giorno per accogliere in “casa nostra” i soci
UNITALSI in pellegrinaggio. Il malessere di tutto il settore
alberghiero toccato dall’alluvione sembrava rendere impossibile la ripresa e la speranza.
Mi ricordo il mio vagare fra una struttura e l’altra per toccare con mano il disastro e la distruzione.
Anche dall'Italia il sostegno dell'Associazione non è mai
mancato, non solo con la preghiera ma anche tramite un
supporto tecnico - amministrativo.
La grande coesione associativa ha prodotto la forza motrice per la ricostruzione. Le prime settimane sono passate velocemente ritmate dalle constatazioni, dalle
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2
1
denunce assicurative, dai censimenti dei danni, dalle infinite liste di materiali e prodotti persi. Ecco arrivare il Presidente della Repubblica francese, i vari Ministri, gli
esperti della Protezione Civile, i volontari, i pompieri, i curiosi, gli assicuratori, i funzionari, gl’ispettori, gli assessori,
i banchieri… ecco tornare i pellegrini che fra pozzanghere
1
e fanghiglia cercavano di ridare un senso alla Grotta, alla
scelta di Maria di quel posto per dialogare con Bernadette. Piano piano alcuni settori sono tornati alla normalità, sono ripresi i pellegrinaggi, i turisti delle catastrofi
fotografavano, tutto si muoveva. Anche il Salus riprendeva dopo soli quattro giorni la sua normale attività grazie anche al lavoro incessante del nostro personale.
Ma Casa Italia e l’Hotel Tara erano fuori gioco: fermi e immobili spettatori assenti di una vita nuova che non era la
loro. I danni erano troppo rilevanti e la devastazione impediva ogni previsione di ripresa. Si iniziò allora a cifrare
le centinaia di migliaia di euro necessari alla ripartenza.
Ecco gl’ingegneri, gli architetti, gli assicuratori che compilavano le loro liste della spesa.
Ecco i primi progetti, le prime demolizioni, la necessità di
far respirare i muri e le fondamenta. Ecco che la speranza
riprendeva forma.
Per “fortuna” grazie al buon consiglio degli assicuratori e
3
all’onestà nel dichiarare sempre la verità, senza nulla nascondere le polizze di copertura assicurativa per calamità
naturali si dimostravano efficaci e rispondevano bene al
pallottoliere che assommava spesa su spesa. In ottobre
i cantieri sono partiti a pieno ritmo e da allora stiamo vivendo giorno dopo giorno la gioia della ricostruzione.
Casa Italia e il Tara stanno riprendendo forma: ma che
forma! Le due strutture sono state completamente risanate e l’intervento estetico/funzionale e la conseguente
messa in sicurezza ha trasformato la nostra Pizzeria nella
sua totalità e ha ridato il volto della giovinezza ai quattro
livelli del Tara compromessi dall’alluvione: dal sotterraneo
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alla sala da pranzo passando per la hall, la zona bar e la
saletta TV. Un attento utilizzo dei fondi e la competenza
dei professionisti impegnati ci hanno permesso di dare
un nuovo volto a queste due importanti strutture d’accoglienza inaugurate il 31 marzo per Casa Italia e il 22 aprile
per l’Hotel Tara.
Benvenuti amici dell’UNITALSI, noi saremo tutti pronti ad
accogliervi, a voi la voglia di riscoprirci.
FOTO 1-2 LA NUOVA CASA ITALIA
FOTO 3-4 SALVATORE PAGLIUCA A LOURDES
INAUGURA CASA ITALIA E DON DANILO PRIORI
BENEDICE LA NUOVA STRUTTURA
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Angela Maria Cosentino Professoressa e Bioeticista
Papa Francesco esorta
ad aver cura della fragilità
Papa Francesco, con l’Esortazione
apostolica Evangelii Gaudium1 sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale, presenta le linee guida del Suo
pontificato per il cammino della
Chiesa nei prossimi anni.
Il denso documento “programmatico” è il più lungo nella storia delle
encicliche e delle esortazioni apostoliche pontificie, in quanto è costituito
da 288 paragrafi, dei quali qui sono
riportate alcune frasi significative.
Il testo, dal linguaggio innovativo, si
presta a diverse chiavi di lettura (culturale, sociale, economica, pastorale
e dottrinale). In particolare, i capitoli
secondo e quarto, si caratterizzano
per una lettura sociale, molto sentita
da Papa Francesco.
Il documento si articola in un’Introduzione e cinque capitoli.
L’Introduzione (paragrafi 1-18) evidenzia come la missione fondamentale
della Chiesa risieda nell’evangelizzazione. Poiché tutti hanno il diritto di ricevere la gioia del Vangelo (la parola
gioia compare 82 volte), i cristiani
hanno il dovere di annunciarlo con
“nuove strade” e “metodi creativi” (11).
Il primo capitolo (19-49), dal titolo La
trasformazione missionaria della
Chiesa, rivelando che il cristianesimo
o è missionario o non è, esorta “ad
uscire” per “raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce
del Vangelo” (20). Il Papa, preoccupato della “selezione interessata dei
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contenuti operata dai media” (34),
che rischia di mutilare il messaggio
cristiano, invita a recuperare la centralità ed essenzialità dell’annuncio
di Cristo, da cui, di conseguenza,
deriva tutto il resto, secondo una
specifica pedagogia pastorale.
Il documento, richiamandosi con S.
Tommaso ad «una “gerarchia” delle
verità nella dottrina cattolica» (36),
indica come più importante di tutti
gli annunci quello della bellezza dell’amore salvifico di Dio, manifestato
in Gesù Cristo morto e risorto. Perciò, continua Papa Francesco, “la
misericordia è la più grande di tutte
le virtù” (37). La Chiesa, assumendo
il dinamismo missionario deve privilegiare i poveri e gli infermi, coloro che
sono spesso dimenticati, «coloro che
non hanno da ricambiarti» (48).
Nel secondo capitolo (50-109), intitolato Nella crisi dell’impegno comunitario, il Papa si sofferma, con uno
sguardo pastorale, su alcuni aspetti
della realtà; individua alcuni ostacoli
che oggi, dall’esterno e dall’interno
della Chiesa, intralciano la missione
evangelizzatrice e indica segni di
speranza.
In particolare, l’Esortazione, segnala
alcuni paradossi che caratterizzano
l’attuale società, come quello per cui
non fa notizia la morte di un anziano
ridotto a vivere per strada mentre lo
sia il ribasso di due punti in borsa,
oppure quello di gettare il cibo,
quando molte persone soffrono la
fame, sono emarginate, senza lavoro
e senza prospettive.
Perciò, il Papa denuncia la “cultura
dello scarto” (53), la “globalizzazione
dell’indifferenza” (54), la crisi antropologica che riduce l’essere umano ad
uno solo dei suoi bisogni, il consumo
(55), come pure la speculazione finanziaria, la brama del potere e dell’avere
(56). Da qui, l’esortazione a considerare non l’economia, ma l’uomo come
valore prioritario. Il Papa, quindi, denunciando vecchie e nuove colpe, indica chiaramente il peccato (termine
che compare solo 12 volte). Tra le sfide
culturali da affrontare, riportate dal documento, si segnalano gli attacchi alla
libertà religiosa e “un accelerato deterioramento delle radici culturali con l’invasione di tendenze appartenenti ad
altre culture, economicamente sviluppate ma eticamente indebolite” (62),
che spesso minacciano i valori tradizionali. La profonda crisi culturale investe anche la famiglia e i legami
sociali, indebolendoli. “Nel caso della
famiglia, la fragilità dei legami diventa
particolarmente grave perché si tratta
della cellula fondamentale della società, del luogo dove si impara a convivere nella differenza e ad appartenere
ad altri, e dove i genitori trasmettono
la fede ai figli” (66)2. In riferimento alle
tentazioni degli operatori pastorali, il
Papa mette in guardia da un relativismo pratico, più pericoloso di quello
dottrinale (80) - perché può portare ad
agire come se Dio e gli altri non esistessero -, da un “pessimismo sterile”,
cioè da un “senso di sconfitta” (85) che
poggia sulla convinzione che alcune
battaglie siano già perse. La fede, invece, “è sfidata a intravedere il vino in
cui l’acqua può essere trasformata”
(84) e ad accogliere l’invito del Figlio di
Dio a realizzare la “rivoluzione della tenerezza”(88). Il Papa, successivamente, invita ad “allargare gli spazi per
una presenza femminile più incisiva
nella Chiesa”, come pure ad ascoltare
i giovani perché risvegliano la speranza
e gli anziani perché apportano memoria e saggezza dell’esperienza, necessaria per non ripetere gli errori del
passato (108).
Il terzo capitolo (110-175), L’annuncio
del Vangelo, indica le modalità della
nuova evangelizzazione che vede
coinvolti tutti i battezzati: esorta ad utilizzare un linguaggio positivo che evidenzi ciò che può essere fatto meglio
più che ciò che non si deve fare ed incoraggia ad aprirsi alla speranza (159).
Il quarto capitolo (176-258), La dimensione sociale dell’evangelizzazione, esamina le conseguenze sul
piano della dottrina sociale.
In particolare, l’azione sociale si riconosce, tra l’altro, dalla ricerca ad
“avere a cuore il bene degli altri” (178).
Poiché c’è un rapporto diretto tra annuncio di Cristo e impegno sociale,
tutti i cristiani sono chiamati alla “costruzione di un mondo migliore” (183).
A tal fine, per essere preparati, il Papa
raccomanda lo studio del Compendio
della Dottrina Sociale della Chiesa
(184). L’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, pur non essendo un documento sociale, nel quarto capitolo,
analizza due questioni che il Papa ritiene fondamentali in questo momento
storico: l’inclusione sociale dei poveri,
la pace e il dialogo sociale.
A tal fine, il Papa esorta a “prestare at-
tenzione alle nuove forme di povertà e
di fragilità” (210), in cui riconoscere Cristo sofferente, tra le quali i senza tetto,
i tossicodipendenti, i rifugiati e gli anziani. “Tra i deboli e gli ultimi, di cui la
Chiesa vuole prendersi cura, ci sono
anche i bambini nascituri, che sono i
più indifesi e innocenti di tutti” (213) e
ai quali oggi si vorrebbe negare la dignità umana. Su questo tema la
Chiesa non cambia posizione, dal momento che ” non è progressista pretendere di risolvere i problemi
eliminando una vita umana” (214).
Segnalando altri esseri fragili e indifesi
della creazione, come le specie a rischio di estinzione, l’Esortazione richiama l’uomo al suo ruolo di custode
di tutto il creato (215).
Appare consequenziale, quindi, l’appello del Papa a prendersi “cura della
fragilità del popolo e del mondo in cui
viviamo” (216).
Infine, il quinto capitolo (259-288),
Evangelizzatori con spirito offre alcune riflessioni sullo spirito dell’evangelizzazione che Papa Francesco
auspica più fervorosa, gioiosa, generosa e audace. L’Esortazione, nel
solco di uno stile mariano, si conclude con una preghiera a Maria,
“Madre dell’Evangelizzazione”, nella
consapevolezza che Ella possa accompagnare una nuova e creativa
tappa evangelizzatrice, marcata sempre più dalla “gioia del Vangelo”.
1 Evangelii Gaudium (Gioia del Vangelo), http://www.vatican.va/holy_father/francesco/apost_exhortations/documents/papa-francesco_esortazione-ap_20131124_evangelii-gaudium_it.html,
2 Il Card Angelo Bagnasco, nella prolusione del 27 gennaio 2014 al Consiglio episcopale permanente della CEI, è tornato su questo importante passaggio dell’Esortazione con il seguente
richiamo:“Per questa sua intima natura la famiglia deve essere sostenuta da politiche più incisive ed efficaci anche in ordine alla natalità, difesa da tentativi di indebolimento e promossa sul
piano culturale e mediatico senza discriminazioni ideologiche”.
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Giovanni Punzi
Gaza
Consigliere Nazionale
Nella Striscia senza pace
Giovanni Punzi reduce dalla missione in Medio Oriente, racconta
la difficile realtà in cui vivono rifugiati, bambini e le comunità religiose
P
iù volte mi era stato rivolto l’invito di andare nella
Striscia di Gaza, puntualmente lo avevo declinato. Le difficoltà di ottenere il visto, le notizie
sui controlli alla frontiera, la guerra sempre in atto, le difficoltà oggettive avevano sempre preso il sopravvento sul
desiderio di andare. Poi…“Quando eri giovane andavi
dove volevi, quando sarai vecchio un altro ti porterà dove
tu non vuoi…” (Gv 21)
Mi tornano in mente queste parole del Vangelo mentre in
macchina con don Mario Cornioli e il mio amico Germano
a fine gennaio ci dirigiamo al valico di Erez per entrare
nella Striscia di Gaza ed incontrare alcuni testimoni dell’annuncio del Vangelo: Abuna Mario Da Silva, brasiliano
di 34 anni, vice parroco dell’unica Parrocchia di Gaza dedicata alla “Sacra Famiglia di Nazareth”, suor Maria Nazareth e suor Santa Face della Congregazione del Verbo
Incarnato presente qui dal 2010. Superati i controlli israeliani al valico di Erez, entriamo nel tunnel gabbia fatto di
reti metalliche e lamiere: un percorso obbligato lungo
1250 metri da fare rigorosamente a piedi. Nonostante le
reti lascino passare l’aria, avverto forte la mancanza dell’aria vera della libertà ed accellero il passo per completarlo quanto prima e così, al termine del tunnel, mi ritrovo
nella Striscia di Gaza. “Grazie per essere venuti!”.
Queste poche parole pronunciate da Abuna Mario, che
ci aspetta all’uscita dal tunnel, ed accompagnate da un
forte abbraccio fanno sparire il dubbio che mi ha accompagnato fino a quel momento. Ma non possiamo ancora
dirigerci a Gaza City, se non dopo aver superato il controllo, abbastanza semplice, degli uomini di Al Fatah e poi
quello più complesso degli uomini di Hamas.
Mentre ci dirigiamo verso la Parrocchia, percorrendo
strade molto spesso sterrate e percorse da vecchie macchine e carretti trainati da asinelli, vedo baracche di lamiere in cui vivono i tanti rifugiati, resti di edifici distrutti da
bombardamenti, cumuli di spazzatura… Respiro la polvere, ma soprattutto il clima di paura e tensione.
Giunti in Parrocchia, veniamo subito in contatto con due
problemi con i quali convivono gli abitanti di questa terra:
20
la mancanza di energia elettrica e la scarsità di acqua. Improvvisamente ci ritroviamo al buio e Abuna Mario, facendosi luce con il suo telefonino raggiunge una batteria
ed attiva un sistema che riporta la corrente. Veniamo così
a sapere che l’energia elettrica è erogata a fasce orarie e
quando non c’è bisogna attrezzarsi con quel sistema costituito da batteria ed inverter, che non tutti però possono
comprarsi, restando di conseguenza al buio. L’acqua, invece, è attinta da una sola falda acquifera, poco alimentata vista la scarsità delle piogge, ma
anche
sovrasfruttata ed inquinata dall’acqua del mare e da
quella delle fognature, con il rischio reale che tra qualche
anno le riserve idriche dell’intera regione saranno esaurite. Abuna Mario ci aggiorna un po’ della situazione. “La
Parrocchia è dedicata alla Sacra Famiglia di Nazareth,
perchè secondo la tradizione cristiana Maria, Giuseppe e
Gesù bambino probabilmente passarono di qui durante la
fuga in Egitto. Per questo Gaza è parte integrante della
Terra Santa. Qui i cristiani sono stati sempre presenti, ma
oggi sono ridotti ad una piccola minoranza. Infatti su una
popolazione di 1.500.000 abitanti, sono circa 1500, di cui
170 sono cattolici e il resto sono greco-ortodossi. La Parrocchia è molto viva, e la domenica dopo la celebrazione
eucaristica proseguiamo il nostro incontro in fraternità sul
sagrato; viene offerto un caffè a tutti presenti mentre il
parroco saluta tutti i fedeli. Inoltre, per il secondo anno,
nel mese di luglio abbiamo realizzato un campo estivo con
diversi laboratori e tra questo quello di gesso che ha permesso ai bambini di realizzare e portare a casa statuette
della Madonna o di Gesù”. Usciamo per strada e ci rechiamo al souk (mercato). Man mano che il sole cala, avverto il rumore dei gruppi elettrogeni che contraddistingue
le serate della Festa Patronale del mio paese tra le bancarelle, ma qui quel rumore non è un richiamo ad un momento di festa, quanto invece alla dura realtà.
Intanto il sole è tramontato e nel buio che avvolge la città,
illuminata solo dai fari delle auto, andiamo a trovare alcune famiglie cattoliche. Arriviamo a casa di Um George
(letteralmente madre di George – primo figlio), un’anziana
vedova, che vive da sola in una stanza di pochi metri.
Bussiamo più volte, poi finalmente una voce dall’interno,
passano alcuni minuti e si apre la porta. Capisco che la signora, nonostante fosse ancora presto, era già a letto e
che ha faticato non poco per raggiungere la porta dalla
sua camera. Entriamo, ci dice che “siamo i benvenuti” e,
scambiando due chiacchiere, scopriamo che da tempo
non mangia qualcosa di cucinato e che “ama tanto Gesù”
al punto da conservare un vecchio calendario per custodire una Sua Immagine. Poi ci offre una caramella dispiaciuta per non poterci dare altro, recitiamo insieme la
preghiera del Padre Nostro e la salutiamo. Ci ringrazia per
noi che potremmo stare altrove restiamo qui, mentre loro
che farebbero di tutto per scappare da qui sono invece
costretti a restarci”.
“I giovani - aggiunge Abuna Mario - chiedono il nostro
aiuto per andare via di qui, perché qui non hanno lavoro.
Noi li aiutiamo con quel poco che possiamo!”
Mentre conversiamo al buio seduti su un muretto nel cortile davanti alla Parrocchia, sentiamo il rumore di alcuni
droni e subito dopo distinguiamo nettamente nel cielo
stellato alcuni aerei militari che ruotano proprio sopra di
noi. “Non li vediamo così bassi - dice suor Nazareth - dal
tempo degli ultimi bombardamenti di fine 2012”. PresaFOTO 1
GIOVANNI PUNZI INSIEME
AD ALCUNI BAMBINI LOCALI
FOTO 2 PADRE ABUMA
MARIO DA SILVA VICE PARROCO
DELL’UNICA PARROCCHIA
DI GAZA DEDICATA
ALLA "SACRA FAMIGLIA
DI NAZARETH INSIEME
AL CONSIGLIERE NAZIONALE
1
la visita e mentre usciamo la sentiamo ripetere ad alta
voce “Ti ringrazio Signore, ti ringrazio Signore…” .
Dopo aver fatto visita alle Suore della Carità di Madre Teresa che accolgono bambini disabili ed anziani soli ed abbandonati, incontriamo suor Nazareth e suor Santa Face,
che collaborano con i sacerdoti e sono impegnate nell’oratorio infantile e giovanile, nelle visite domiciliari ai poveri ed ai malati, con i ministranti, con i gruppi matrimoniali
e nelle lezioni di catechismo. “Abbiamo un sogno - racconta suor Nazareth - realizzare un “oratorio familiare” per
offrire a tutti i giovani cristiani, non solo ai latini, di incontrarsi e di stare un po’ insieme. La Chiesa è infatti l’unico
ambiente in cui i cristiani vivono come in famiglia. Qui a
Gaza questo è essenziale per permettere ai cristiani di sostenersi vicendevolmente. Nell’immediato avremmo bisogno di qualche gioco da tavola, di una rete e di un pallone
di pallavolo…piccole cose che qui a Gaza sono grandissime”. Nel silenzio del nostro cuore facciamo nostre queste richieste ed il giorno dopo ci adoperiamo per
l’acquisto di giochi, mentre, per la sistemazione di alcuni
locali da adibire ad Oratorio, con don Mario Cornioli nei
giorni successivi avviamo alcuni contatti per valutare la
possibilità di utilizzare fondi della Cooperazione Internazionale. Suor Nazareth, che dopo tre anni si accinge a lasciare Gaza per una missione ancora più delicata in Siria
ad Aleppo, ci confida in poche parole il significato della
presenza delle suore in questa terra. “La nostra è una testimonianza forte. I cristiani, infatti, si chiedono come mai
2
gio dei bombardamenti avvenuti nei due giorni seguenti.
Al mattino la messa e la visita agli istituti cattolici presenti
nella Striscia, vere “oasi di pace” rispetto al resto dell’ambiente circostante: le due scuole del Patriarcato Latino, dirette dal Parroco Abuna George Hernandez, e la
scuola delle Suore del Santo Rosario che accolgono complessivamente 1500 ragazzi di cui solo il 10 per cento cristiani. Dal colloquio con alcuni insegnanti apprendiamo
che queste scuole oggi rischiano la chiusura. Il governo di
Hamas sta varando una legge per impedire la presenza
4
all’interno della Striscia di Gaza di scuole che non si adegueranno a canoni prestabiliti, come ad esempio la rigida
separazione fra i sessi e la formazione militare. Peraltro,
proprio la scuola delle Suore del Rosario è già stata oggetto in passato di gravissimi atti vandalici con distruzione
della Cappella ed incendio di alcuni locali. L’incontro con
questa realtà e con questi testimoni del Vangelo mi provoca forti riflessioni sul mio vivere da cristiano, sul mio impegno, sulla mia testimonianza e nel momento di ripartire
da Gaza mi sento come chi abbandona un amico in difficoltà! Lascio Gaza con una nuova grande responsabilità,
condivisa subito con i miei compagni di esperienza, “Aiutare i cristiani di Gaza” sicuramente con la preghiera, ma
anche con un primo impegno concreto: donare la batteria per la corrente elettrica a qualche famiglia bisognosa.
Chissà… speriamo che per Pasqua, festa della Luce, riusciamo ad illuminare, sia pure parzialmente, le tenebre di
Gaza!!!
21
Osservatorio Medico
SE Mons. Giovanni Tonucci
Arcivescovo Delegato Pontificio per il Santuario della Santa Casa
Loreto studia i miracoli
L’Arcivescovo offre una riflessione
sull’Istituto scientifico intitolato a Ottavio Paleani
L
eggiamo nel Vangelo di Matteo che, per
adempiere quanto scritto dal profeta Isaia,
Gesù “ha preso le nostre infermità e si è caricato delle malattie” (Mt 8,17). Non abbiamo ragione di
pensare che questa affermazione dell’evangelista si riferisca a qualche malattia di cui Gesù abbia sofferto, per
essere così partecipe del dolore di tanti fratelli infermi. Se
così fosse, si sarebbe trattato di una esperienza passeggera e limitata. Il dolore fisico, nella Sua manifestazione più tremenda, ha toccato il Signore quando, con
un supremo atto di volontà, Egli ha permesso che giungesse la Sua “ora”, quella della passione e morte.
Di fatto, Matteo cita il profeta proprio quando Gesù opera
guarigioni: Egli assume su di sé il dolore di tanti, liberandoli dalle conseguenze del peccato, attraverso la Sua capacità divina di vincere la malattia e la morte. Nel fare
questo, frequentemente gli evangelisti ricordano che, nel
momento stesso di operare il miracolo, Gesù sospira
profondamente, geme o addirittura, come alla risurrezione di Lazzaro, piange. Si direbbe che, in quei momenti, il Signore senta intensamente in sé il peso del
dolore di tutti i tempi, e faccia propria la sofferenza di tutti
i malati e gli infermi, i paralitici, gli zoppi, i ciechi, i sordomuti, i lebbrosi … che nel corso della nostra storia millenaria avrebbero abitato questo nostro mondo.
Il gesto taumaturgico di Gesù non ha risolto il problema
del male nel mondo, perché la malattia e la morte sono
ancora con noi. Egli ha però dato l’annuncio di un tempo
nuovo che stava iniziando: il tempo messianico, del quale
i profeti avevano parlato come del sorgere di un’epoca
felice, segnata dalla presenza dell’amore misericordioso
di Dio. Anche gli Apostoli, che continuarono l’azione di
Cristo, guidando il cammino missionario della Chiesa primitiva, operarono miracoli, quasi a confermare la profezia di Gesù: “In verità, in verità vi dico che chi crede in
me farà anch’egli le opere che faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre” (Gv 14,12).
Il segno dei miracoli accompagna la Chiesa, con lo
stesso significato dei gesti compiuti da Gesù: non per
22
1
stupire, non per creare clamore attorno al taumaturgo,
ma per indicare alcuni momenti straordinari della presenza di Dio nella storia umana. Alcuni santi sono conosciuti per la forza della loro intercessione, e quindi per la
grande fiducia che i fedeli ripongono in essi. Alcuni luoghi, specialmente benedetti da una particolare presenza
di Maria Santissima, sembrano favorire uno spontaneo
abbandono nelle mani della Provvidenza divina, quasi
spinta ad agire con maggiore generosità, grazie all’intercessione materna della Vergine.
La Santa Casa di Loreto, per l’atmosfera spirituale che si
respira in essa, è stata da sempre un luogo privilegiato
per sentire la presenza materna di Maria e per chiederne
la potente intercessione. Non stupisce quindi se, nel
corso dei secoli, affidandosi alla protezione della Madonna, tanti hanno ottenuto grazie straordinarie, sia nel
piano spirituale, con la guarigione dello spirito e soprattutto con il dono della conversione, sia anche nel piano
fisico, con guarigioni che spesso sono state viste come
miracolose. La Chiesa osserva questi fenomeni con
molto rispetto ma insieme con molta prudenza: è sempre
possibile che l’entusiasmo dei fedeli veda come miracoloso un episodio che appartiene invece al normale ordine
della natura. Per questo, prima di pronunciare la parola
“miracolo”, si richiede un’analisi attenta dei fatti, per verificare che l’episodio abbia in sé quelle caratteristiche
che, senza ombra di dubbio, obbligano a riconoscere
che, da un punto di vista naturale e scientifico, non ci
sono spiegazioni a quanto è avvenuto. Nel desiderio di
dare una risposta a questa esigenza, a Loreto sono stati
istituiti due organismi: l’Osservatorio Medico, che ha il
fine di constatare, raccogliere i fatti ed effettuare la valu11
2
tazione di primo livello, di ciascun caso di guarigione apparentemente inspiegabile avvenuti nel Santuario o in diretta relazione con il Santuario, per stabilire se per essi ci
siano spiegazioni naturali o se essi debbano essere ricondotti ad interventi di natura diversa, nonché di monitorarne l’evoluzione per almeno un anno, attraverso
un’attività professionale qualificata; e la Commissione
Medica, che compirà la valutazione di secondo livello,
sulla base della documentazione fornita dall’Osservatorio
Medico, al fine di formulare il giudizio definitivo.
La possibilità che una guarigione, che non ha una spiegazione scientificamente accettabile, sia definita come
fatto miracoloso richiede un terzo passaggio, di natura
teologica. Si tratterebbe infatti di una attenta analisi delle
circostanze che hanno condotto alla guarigione, per capire se si sia trattato di un episodio che manifesti fede da
parte della persona beneficata o da parte di altri che
hanno impetrato una grazia per la stessa. Questo giudizio, anch’esso risultato di uno studio attento e approfondito, spetterà all’Arcivescovo Delegato Pontificio del
Santuario di Loreto. L’Osservatorio Medico è stato intitolato al nome del Dottor Ottaviano Paleani, per riconoscere il valore dell’opera da lui svolta, in tanti anni di
attenzione medica svolta nel santuario di Loreto. Egli ha
poi raccolto testimonianze di guarigioni avvenute nel Santuario di Loreto o in riferimento alla devozione alla Santa
Casa, e, con accuratezza scientifica, le ha esposte in un
volume: “Le guarigioni di Loreto nella loro documentazione medico –scientifica”, pubblicato nel 1943. Il desi-
derio di studiare con criteri strettamente scientifici i casi
di guarigioni, ottenute grazie all’intercessione della Vergine, risponde ad una precisa volontà della Chiesa. Essa,
senza porre limiti alla sovrana libertà divina di intervenire
nelle vicende umane, vuole che le possibili manifestazioni
taumaturgiche siano seriamente verificate, in modo che
nessuno possa accusare coloro che credono di essere
facilmente ingannati da fanatismi isterici e da grossolane
contraffazioni. Sappiamo bene che di casi del genere ce
ne sono tanti, ma più che al piano della fede, essi appartengono al mondo ambiguo delle manipolazioni
pseudo religiose, spesso motivate da interessi economici.
Queste istituzioni, che sono già all’opera ed hanno già
prodotto risultati di grande interesse, sono per noi un
aiuto che ci fa sentire la costante presenza della Provvidenza divina, che interviene nella storia della sofferenza
umana, attraverso la materna intercessione della Vergine
Maria. A Loreto, il Santuario dell’Incarnazione ci fa sentire
vicina questa presenza, che, proprio tra le pareti della
Santa Casa, ha iniziato il suo cammino terreno. Non
siamo ancora nelle condizioni di poter pronunciare parole definitive, ma sarà consolante per noi riflettere su
questi interventi, nei quali vediamo la presenza di una volontà di bene, che, anche se sommessamente, ci fa pensare: “Qui c’è il dito di Dio”.
FOTO 1 MONS. TONUCCI
FOTO 2 IL SANTUARIO DELLA SANTA CASA DI LORETO
23
Beato
Italo Frizzoni
Il martirio di Focherini
lI socio dell’UNITALSI, Emiliano Romagnola
venne ucciso in Germania nel 1907 in odio alla fede
Q
uando parliamo di martirio cristiano non
pensiamo necessariamente ad una vita
che deve concludersi cruentamente sulla
croce, ma di un vissuto testimoniato, fedele e coerente
con gli insegnamenti di Gesù e che il Vangelo vuole incarnato nel cristiano, per la difesa della vita, della famiglia, dei poveri, dei malati, dei perseguitati, in poche
parole per la dignità umana.
La memoria va velocemente “A Diogneto” il breve
scritto in greco, che un autore cristiano ignoto della
prima metà del II secolo d.c., rivolge ad un amico per
spiegare e difendere la nuova fede cristiana. Nello
scritto viene spiegato il posto assegnato ai cristiani nel
mondo e che sono l’impegno imperativo del nostro vivere giornaliero se non vogliamo essere giudicati ridicoli
e incoerenti.
In poche parole la lettera ricorda a tutti i crocifissi della
terra unicamente questo: “I cristiani sono nel mondo
quello che è l’anima nel corpo. L’anima si trova in
tutte le membra del corpo e anche i cristiani sono
sparsi nelle città del mondo. L’anima abita nel
corpo, ma non proviene dal corpo. Anche i cristiani
abitano in questo mondo, ma non sono del mondo.
L’anima invisibile è racchiusa in un corpo visibile,
anche i cristiani si vedono abitare nel mondo, ma il
loro vero culto a Dio rimane invisibile. Dio ha assegnato loro un posto così importante, e a loro non è
lecito abbandonarlo” (Diog. VI, 10).
Il martirio cristiano, così attuale anche nel nostro tempo,
è “esclusivamente un atto d’amore, verso Dio e
verso gli uomini, compresi i persecutori”: lo ha detto
Benedetto XVI nell’introdurre la preghiera dell’Angelus
nella festa di santo Stefano, primo martire. Parlando a
migliaia di pellegrini radunati in piazza san Pietro, il pontefice ha ricordato che “il legame profondo che unisce Cristo al suo primo martire Stefano è la Carità
divina: lo stesso Amore che spinse il Figlio di Dio a
24
spogliare se stesso e a farsi obbediente fino alla
morte di croce (cfr. Fil 2,6-8), ha poi spinto gli Apostoli e i martiri a dare la vita per il Vangelo”.
Poche settimane fa, il 10 maggio, il Santo Padre ha autorizzato la “Congregazione delle Cause dei Santi”, a
promulgare il decreto riguardante “il martirio del Servo di
Dio Odoardo Focherini, Laico, nato a Carpi (Mo) il 6 giugno 1907 e ucciso, in odio alla Fede a Hersbruck (Germania) il 27 dicembre 1944”.
La famiglia cattolica osservante ha origine trentina e
proviene dalla Valle del Noce. Per un certo tempo Odoardo lavora nella ferramenta paterna; terminati gli studi
presso l’Istituto tecnico commerciale, Jacopo Barozzi
di Modena, giovanissimo iniziò a collaborare con il giornale cattolico l’Avvenire d’Italia di Bologna, di cui diverrà
nel tempo una colonna portante.
Nel 1924 fondò a Carpi, con Don Zeno Saltini, l’Aspirante, primo giornale cattolico per ragazzi. Culturalmente e religiosamente si forma nell’oratorio dell’Azione
cattolica sotto la guida di sacerdoti come Armando
Benfatti e Zeno Saltini; quest’ultimo gli inculcò l’interesse per la vita pubblica e sociale. Nel 1930 sposa
Maria Marchesi e la loro unione coronata dall’amore e
dalla visione cristiana della vita sarà allietata, fra il 19311943 dalla nascita di ben sette figli. Nel 1934, per necessità economiche, entra come agente nella Società
Cattolica d’Assicurazioni di Verona. Di carattere generoso, intraprendente e scrupoloso partecipa attivamente alle iniziative caritative, fonda il Movimento Scout
a Carpi, ricopre incarichi di responsabilità nell’Azione
Cattolica e nella Giunta Diocesana.
Nel maggio del 1935 il Vescovo Giuseppe Pranzini, nominando il primo Consiglio della sottosezione UNITALSI
di Carpi, lo chiama come consulente assieme al Dr.Riccardo Bassi, al Dr.Venturino Venturini,incarico che mantenne fino al 1940.
Nel 1939 assumerà la carica molto importante di “consigliere mandatario “presso l’Avvenire d’Italia, in pratica
ne diventa l’amministratore fino al 1944, affrontando
anche la delicata e difficilissima fase dei bombardamenti
che nella notte del 29 gennaio 1943 ne distrussero la
sede bolognese in Via Mentana 5.
Nasce in questo periodo la profonda e fraterna amicizia
che lo lega a Raimondo Manzini, allora direttore della testata cattolica e con il quale inizia l’impegno per salvare
i primi perseguitati dalle leggi razziali emanate dal governo fascista.
Durante la seconda guerra mondiale (1939-1945) salva
in varie circostanze un centinaio d’ebrei fuggiaschi e ricercati e avvalendosi della collaborazione del sacerdote
Dante Sala, li fa espatriare in Svizzera.
Per questa sua attività di giornalista cattolico e difensore
degli ebrei, già sospettato e sorvegliato dalla polizia locale del regime, nel marzo del 1944, presso l’Ospedale
di Carpi, Odoardo è arrestato mentre cerca di organizzare la fuga d’Enrico Donati, l’ultimo ebreo che riesce a
salvare. Tradotto nel carcere di S. Giovanni in Monte vi rimane fino il mese di luglio. Focherini presagisce quanto
gli accadrà a breve: l’internamento nella Germania nazista. A fine luglio è inviato nel campo di concentramento
di Fossoli a due passi dalla sua Carpi. Qui nel mese di
agosto, Odoardo conosce il tenente degli alpini Teresio
Olivelli, sfuggito roccambolescamente alla fucilazione avvenuta al poligono di Cibeno. Olivelli è un’altra splendida
figura di resistente cattolico, fondatore della testata clandestina “Il ribelle”. Assieme a Focherini è trasferito al
campo di smistamento di Gries di Bolzano, e poi da Hersbruck nella Baviera orientale, il 27 dicembre muore nell’infermeria del campo per una setticemia contratta per
una ferita al piede sinistro. È presente l’amico e compagno di sventura Teresio Olivelli che raccoglie le sue ultime parole dirette ai figli, alla diletta sposa, alla Chiesa e
che costituiscono il suo testamento spirituale. Due sopravvissuti, all’inferno dei campi di sterminio, consegne-
NELLE FOTO ODOARDO FOCHERINI
ranno nel 1945 a guerra finita questa testimonianza al
Vescovo di Carpi mons. Vigilio Federico Dalla Zuanna e
da questi ai parenti. Olivelli morirà nello stesso campo
un mese dopo per le percosse ricevute da un Kapò per
aver difeso un compagno di prigionia. Anche per lui è in
corso il processo di beatificazione.
Per inquadrare al meglio la figura d’Odoardo Focherini
sono fondamentali e costituiscono un documento storico prezioso, le numerose lettere scritte ai famigliari dal
carcere e dai campi di concentramento, raccolte dal sacerdote don Claudio Pontiroli della Diocesi di Carpi e la
recente biografia del prof. Giorgio Vecchio ordinario di
storia contemporanea presso l’Università di Parma dalla
quale “Ne esce il ritratto di un uomo del tutto normale, almeno per quei tempi: un padre costretto a
molteplici lavori per mantenere la numerosa famiglia, un dirigente locale dell’Azione Cattolica (a
Carpi), un cristiano fedele alla sua fede e alla sua
Chiesa. Nella vita di Focherini c’è tutto questo, ma
nessun fatto eclatante: un uomo come tanti altri. Al
momento giusto, però, quest’uomo <normale>
seppe compiere gesti straordinari e mise in piedi
un’efficiente rete di salvataggio per decine d’ebrei
disperati. Di più: seppe infondere loro coraggio e
seppe offrire spazi d’umanità e persino di buon
umore.
Tra i vari riconoscimenti ricevuti, la Medaglia d’oro delle
Comunità Israelitiche (1955), il titolo di Giusto fra le Nazioni (18 febbraio 1969) e la Medaglia d’oro della Repubblica Italiana al Merito Civile (2007).
25
Roma
dalla redazione
Genova
dalla redazione
È nata Casa Maria Sophia
Casa Angela e Casa Lia
Mons. Leuzzi e l’Assessore Cutini inaugurano la struttura
che accoglie le famiglie dei bambini ricoverati
Dalla Liguria le testimonianze e i messaggi dei piccoli ospiti
3
1
I
naugurata a Roma la casa di accoglienza “Maria
Sophia” che ospita gratuitamente - per il Progetto
Bambini - le famiglie dei bambini ricoverati presso
il Policlinico “Agostino Gemelli”. Presenti al taglio del nastro Salvatore Pagliuca, Presidente Nazionale UNITALSI,
Rita Cutini, Assessore al Sostegno Sociale e Sussidiarietà
di Roma Capitale, Mons. Lorenzo Leuzzi, Vescovo ausiliare di Roma e delegato per l’Assistenza Religiosa negli
Ospedali di Roma. È intervenuto anche, tra gli altri, Emanuele Trancalini, delegato nazionale UNITALSI per il Progetto Bambini. La struttura fa parte del “Progetto
Bambini” promosso dall’Associazione, grazie al quale in
molte città italiane dal 2004 viene offerta ospitalità ai nuclei familiari che hanno i propri bambini ricoverati presso
i reparti di pediatria degli ospedali di Roma (Ospedale A.
Gemelli e Bambino Gesù), Genova (Ospedale Gaslini), Perugia (Ospedale S. Maria della Misericordia), Padova
(Ospedale San Francesco Grande), San Giovanni Rotondo (Casa Sollievo della Sofferenza), Bari (Ospedale
Giovanni XXIII).
Fanno parte del Progetto Bambini anche le due case di
accoglienza per minori a Barletta e Ascoli Piceno.
Il nome della struttura d’accoglienza sarà Casa Maria Sophia, in ricordo di Maria Sophia, una bimba nata a L’Aquila
nel giugno 2009 e deceduta il 31/08/2013 dopo essere
26
2
3
stata ospite con i suoi genitori di Casa Bernadette per 5
mesi. Casa Maria Sophia si trova in via della Pineta Sacchetti 229/L, a poche centinaia di metri dal Policlinico
Agostino Gemelli, e metterà a disposizione delle famiglie
5 stanze da letto (per un totale di 14 posti), 2 bagni e 1
cucina. “Questa nuova struttura – dichiara Salvatore Pagliuca – è un dono che l’UNITALSI ha voluto fare alla città
di Roma e soprattutto alle famiglie che devono affrontare
la profonda esperienza di avere un figlio ricoverato in
ospedale. Sono contento che questa inaugurazione capiti
in occasione del decimo anniversario del Progetto Bambini che in tutta Italia assiste tanti nuclei famigliari con figli
in ospedale.” “Ringrazio l’UNITALSI per il lavoro che
svolge non solo qui a Roma, ma in tutta Italia“, ha dichiarato Rita Cutini. “Da questa nuova struttura - ha aggiunto - parte un forte segnale di speranza per chi troppo
spesso si sente abbandonato. Un segnale di cura, attenzione, assistenza nei confronti, soprattutto, dei malati
più piccoli. La nostra città ha bisogno di perle come
‘Casa Maria Sophia’ che rappresenta un segno tangibile
e un aiuto concreto alla famiglia”.
FOTO 1 CASA MARIA SOFIA
FOTO 2 MONS. LEUZZI E SALVATORE PAGLIUCA
FOTO 3 L’ASSESSORE RITA CUTINI INSIEME
AD EMANUELE TRANCALINI RESPONSABILE PROGETTO BAMBINI
1
2
S
ono le due strutture che ogni giorno accolgono
tante famiglie che devono accompagnare i loro
piccoli all' ospedale Gaslini ; Simona, Barbara,
Maria, Titti, Maria Chiara, Alberto, Giovanni e don Danilo
sono i loro angeli custodi. Sapete che in questi sette anni
sono passate più di seicento famiglie!!! Con tutte le loro
storie, i dolori, le speranze, le ansie, i sorrisi che hanno
condiviso con l' affetto e la vicinanza di questa piccola famiglia dell'UNITALSI.
Alcuni dei nostri ospiti hanno voluto lasciarci un loro ricordo che vogliamo condividere con tutti voi.
"grazie a tutti x l'ospitalità; cordialità' ... siete fantastici ...
a presto Isacco
“un grazie a Simona per averci accolto in questa casa
come fosse casa nostra”. Con amore Giorgio Locca
“grazie mille per la vostra accoglienza. noi torniamo a
casa”. Giampietro, Giuseppe Marianna e il piccolo Co-
4
FOTO 1 E 3 IL PRESIDENTE DELLA SEZIONE LIGURE,
MASSIMO BESANA NELLA CASA ACCOGLIENZA DI GENOVA
FOTO 2 E 4 I BAMBINI ED I LORO MESSAGGI
Nella busta troverai i moduli, che mi hai portato, compilati
e un piccolo contributo alle spese. Un abbraccio da Gio-
vanni, Marta, Silvana, Valentina
Carissima Simona e gentili volontari tutti dell'UNITALSI,
conoscervi è stato per noi un'enorme risorsa che custodiremo per sempre nel nostro cuore e che ha allargato la
nostra vista su un nuovo mondo e su un modo diverso di
spendere la propria vita.
Questa casa, la vostra cortesia, il volto sempre sorridente
di Simona ci hanno fatto sentire un po' meno lontani dai
nostri cari.
Proveremo a imitarvi e a rendere il nostro mondo un piccolo angolo di Paradiso... così , proprio come fate voi.
Grazie di tutto!!! Antonella, Antonio, Samuele
simo Pio
Cara Simona, in questi giorni questa casa ha rappresentato un piccolo angolo di serenità per la mia famiglia pertanto un grazie all'UNITALSI che tu rappresenti.
Ecco perché esiste Progetto Bambini, ecco perché,
dall'incontro con Maria insieme all'UNITALSI ed in
nome dell'UNITALSI, abbiamo trovato un "modo diverso di spendere la propria vita".
27
ACI
Comitato di Redazione della Rivista Giuridica
della Circolazione e dei Trasporti ACI
ZTL, posto auto per tutti i disabili
PRONTO
UNITALSI
Il TAR della Toscana autorizza il parcheggio anche per i meno gravi
,
E
quanto ha stabilito recentemente il TAR della Toscana, con la sentenza n. 131/2014, precisando
che il soggetto disabile, residente all’interno della
ZTL, ha diritto ad ottenere l’assegnazione di un
parcheggio personalizzato, anche se è affetto da una patologia che non limita gravemente né impedisce la deambulazione.
Precedentemente il soggetto aveva presentato una domanda al Comune di appartenenza, per l’assegnazione
di uno spazio personale per invalidi nei pressi della propria abitazione, rientrante nella ZTL. A seguito della presentazione della domanda è stato sottoposto a visita
medico legale che ha valutato l’invalidità come non limitata gravemente, sulla base della considerazione che il
ricorrente era in grado di deambulare autonomamente
oltre i 50 metri. La valutazione medico legale ha introdotto, nel caso in questione, un nuovo parametro valutativo della disabilità, ossia la capacità di deambulare
oltre i 50 metri. I giudici del TAR hanno precisato che
non esiste nessuna norma che, in via astratta o generale,
adotti tale parametro come riferimento ai fini della valutazione dell’autonomia di movimento. Infatti in base all’art 381 del regolamento attuativo del codice della
strada, l’assegnazione di uno spazio di sosta personalizzato è concesso al titolare di un contrassegno invalidi,
sussistendone particolari condizioni di invalidità accertate da certificazioni mediche. Nel caso di specie, il TAR
Toscana ha inoltre precisato che l’Amministrazione locale, avrebbe dovuto verificare, sulla base della documentazione medica prodotta e della valutazione concreta
delle condizioni fisiche, la sussistenza o meno del requisito dell’infermità e ponderare il bilanciamento tra l’interesse pubblico e l’interesse privato del ricorrente,
essendo il primo connesso alla carenza di parcheggi e il
secondo alla esigenza di tutela della mobilità del soggetto
disabile.
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29
Servizio Civile
Gaetano Pepe
Unitalsi Lourdes
Già operativi i nuovi ragazzi
Accolti a Lourdes i sedici volontari del Servizio Civile selezionati
per il progetto “Dal cuore dei Pirenei al cuore dell’uomo”
A
nche quest’anno, a coloro che partiranno alla
volta di Lourdes capiterà di incrociare, durante
il pellegrinaggio, dei ragazzi con delle magliette
azzurre o con delle felpe blu personalizzate. Sono in sedici,
sono i volontari del Servizio Civile che resteranno in Francia fino alla fine di febbraio 2015 per il progetto “Lourdes:
dal cuore dei Pirenei al cuore dell'uomo”. Tra un incontro
e l’altro, giochi formativi e confronti di gruppo, li abbiamo
incontrati per conoscerli e farveli conoscere un po’ meglio.
Alessandra, la più grande e la più settentrionale del
gruppo (29 anni, Legnago), ci spiega di essere sbarcata a
Lourdes, “certa di poter trovare delle risposte ai suoi dubbi
e determinata nella ricerca di un cambiamento che possa
farla crescere”, in un luogo che per lei rappresenta “una
tappa naturale di un percorso spirituale, iniziato già da
tempo”.
L’altro settentrionale è Massimo, il più piccolo del gruppo
(19 anni, Ravenna). Unitalsiano dal 2008, negli ultimi due
anni da barelliere ha sentito crescere dentro di sé “la passione per il servizio. Dopo essermi diplomato, ho visto che
l’Associazione offriva l’opportunità di svolgere il servizio civile qui a Lourdes e non potevo che cogliere al volo l’occasione di mettermi a disposizione degli ammalati”.
Unitalsiana è anche Tamara (27 anni, Pescara), ma da
meno tempo rispetto a Massimo, dal settembre 2013. “Mi
sono innamorata dell’UNITALSI sul treno del pellegrinaggio per Lourdes, dove poi ho trovato al contempo gioia e
dolore. Maria mi ha chiamato in un posto dove le nostre
difficoltà del quotidiano diventano minuscole, quasi invisibili se confrontate con i problemi giganteschi in cui ci si
imbatte qui”.
Poi, c’è l’“unitalsiano da sempre”, Giacomo (22 anni,
Bronte). “I miei genitori si sono conosciuti durante un pellegrinaggio dell’UNITALSI qui a Lourdes. Vengo qui da una
vita. La prima volta non posso ricordarla poiché ero nel
grembo di mia mamma. Poter vivere qui per un anno intero è sempre stato il mio sogno”. E, scherzando, ripete
quanto aveva detto durante il colloquio selettivo: “ogni
volta vengo a Lourdes per purificarmi. Chissà, l’anno pros-
30
simo potrei tornare a casa con la vocazione da prete”.
Altresì Domenico (22 anni, Bari) parla della realizzazione
“di un sogno. Sono qui per completare il mio percorso di
fede. Vivrò intensamente ogni singola giornata per non
pensare al passato e fortemente intenzionato a ritornare a
casa con quella pazienza che, fino a qualche tempo fa,
avevo e che ultimamente ho perso, a causa di alcune vicissitudini”.
Eloisa Grazia (23 anni, Catania) desidera “vivere, più da
vicino e per più tempo, un’esperienza che ho vissuto tre
anni fa, durante un pellegrinaggio di un solo giorno. Sono
affascinata da quanto è avvenuto qui: insomma, qui è apparsa Maria. E lo ha fatto in un posto miserabile”. Inoltre,
ci dice Eloisa: “vengo a Lourdes per spingere al massimo
e superare i miei limiti personali”.
Sulla stessa lunghezza d’onda è Maria (25 anni, Messina)
che considera il servizio civile “la maniera ideale di vivere
Lourdes a pieno. Non è un pellegrinaggio di una settimana, ma è un’esperienza più intensa in una realtà internazionale; un luogo con una spiritualità particolare, dove le
persone non cercano la guarigione, quanto piuttosto la
consolazione. Tutti dicono di tornare cambiati da qui. Vorrei cambiare anch’io”.
Sempre siciliana è Sonia (26 anni, Bronte) che sfrutterà
questa esperienza “per completare il mio essere cristiana
e per crescere, attraverso la conoscenza di più persone.
Vorrei allargare i miei orizzonti, andare oltre la limitatezza di
quella routine che, ad un certo punto, si fa pesante. Inoltre, potrò farlo in un posto incantato che resta nel cuore
delle persone. Cosa potrei chiedere di più?”.
Come Sonia, è stata ripescata Cinzia (20 anni, Canosa di
Puglia) che confessa: “volevo fare il servizio civile nella mia
città, ma mentre leggevo i progetti…sono stata catturata
da questo a Lourdes, poiché sono sempre stata affascinata da questo luogo. Così come sono sempre stata attratta dall’opportunità di essere a contatto con una realtà
diversa da quella in cui ho vissuto finora, per un anno intero. Sono stata a Malta, Bratislava, in Spagna ed in Albania. Ma qui sarà tutto diverso!”.
1
“Ho scelto l’UNITALSI per svolgere il servizio civile - dice
Giuseppe R. (23 anni, Andria) - perché amo quello che
fanno e come lo fanno. In questo senso, sono stato segnato dalla settimana azzurra che ho vissuto la scorsa
estate in Puglia. Non potrò mai dimenticare né i volontari,
né i disabili che ho conosciuto. Ho scelto il progetto su
Lourdes perché sono sempre alla ricerca di esperienze
forti, dalle quali lasciarmi formare”.
Lazzaro Pio (23 anni, San Giovanni Rotondo), invece, ha
conosciuto l’UNITALSI “mentre servivo ai tavoli di un ristorante dove, spesso, venivano i soci in pellegrinaggio a
San Giovanni. Penso che quest’Associazione non sia
sono abituata ad esperienze spirituali molto forti, riesco ad
avvertirli da subito”.
Claudio (26 anni, Palermo), dopo aver vissuto in Spagna
ed Islanda, ha deciso di “fare un tipo di esperienza diverso.
Punto ad una crescita professionale e spirituale, poiché a
Lourdes posso imparare il francese, conoscere persone
e, al tempo stesso, saperne di più sulla componente religiosa di un luogo che mi incuriosisce molto.
Dal servizio civile mi aspetto di impiegare il mio tempo in
modo utile. Odio la noia. Voglio raggiungere quel livello di
soddisfazione personale in cui so di essere stato utile a
qualcuno”.
NELLE FOTO
I RAGAZZI
DEL SERVIZIO CIVILE
A LOURDES
bella, ma di più! Arrivo a Lourdes per dare il mio aiuto a
tempo pieno e perché qui l’aspetto religioso è sicuramente
più intenso cha altrove”.
“Sono qui grazie a mia madre e mia sorella - racconta Annalisa (28 anni, Monopoli) - che, venute qui un paio di
volte in pellegrinaggio con l’UNITALSI, mi hanno parlato di
un bel posto. Mi aspetto di cambiare come persona,
anche sotto l’aspetto della fede, perché dopo 20 anni mi
sono allontanata dalla Chiesa e credo che qui riuscirò a
trovare gli stimoli giusti per riavvicinarmici. Devo ammettere, però, di avere bisogno di qualche giorno ancora per
focalizzare il fatto di essere qui”.
Sa benissimo dove si trova Giuseppe P. (28 anni, Modica)
che dice: “qui sono a casa mia”. Unitalsiano dal 2001,
viene a Lourdes tutti gli anni “per ricaricare le batterie, allontanandomi dalle abitudini quotidiane, in un contesto diverso dove, inizialmente, pensi di dover dare qualcosa agli
altri e, puntualmente, torni a casa con qualcosa che gli altri
danno a te. Qui voglio confrontarmi con me stesso per capire cosa fare della mia vita, dopo questa esperienza”.
Le attese sono tante anche per Miriam (27 anni, Caserta)
che cerca “molto da questo servizio civile, soprattutto per
il posto che, in sé, dà tanto. Sono certa che non vedrò tradite alcune delle mie aspettative, dal momento che mi conosco e so che quando decido di aprirmi, di donarmi agli
altri, lo faccio incondizionatamente, senza remore né
paure. Inoltre, mi aspetto un ritorno in termini di benefici interiori. E sono sicura che non mancheranno, perché io che
Infine, Nicolò (28 anni, Mazzara del Vallo) a cui il papà, ex
barelliere dell’UNITALSI, ha “sempre parlato dell’Associazione e della bellezza di un pellegrinaggio che risulta importante non solo per la meta da raggiungere, ma anche
per il viaggio che si effettua. Sono qui per crescere come
persona. So di avere i miei difetti e voglio migliorarmi.
È la prima volta che vengo a Lourdes, ma so che mi troverò benissimo perché le sensazioni, che ho provato, da
quando siamo arrivati sono state ottime”.
L’incontro con la Vergine c’è stato domenica sera alle
22:30 circa e li ha già segnati in modo significativo. Nel silenzio del luogo, a quell’ora deserto, ognuno di loro ha
provato un’emozione al tempo stesso unica e diversa che
solo un posto magico come la Grotta di Massabielle può
lasciare. Miriam ha avvertito il “benvenuto della Vergine”,
Nicolò parla di “cinque minuti di silenzio mai provati prima”
e Lazzaro Pio definisce questo incontro “spettacolare!”.
Annalisa spiega che si è trattato di “un momento emozionante che mi ha lasciato una sensazione bellissima. C’era
un’atmosfera magica”, Domenico si è sentito un “privilegiato per essere arrivato lì dove si è inginocchiato il Papa”
e Alessandra dice di “essere arrivata a casa”. Giacomo si
è precipitato a toccare la roccia in un rito che ripete da
quando è approdato qui la prima volta “all’età di 6 anni,
dopo un viaggio di 36 ore, in barellato al fianco di mio
padre che svolgeva il suo servizio da barelliere”, mentre la
prima cosa che ha fatto Maria è stata “pregare per tutti
coloro che mi hanno affidato le loro intenzioni”.
31
dalla redazione
Storie da Lourdes
Lourdes
Incontri di speranza
Un pellegrino “en vélo”
FRANCESCO DURANTE
PAOLO MARASCA
Storie e testimonianze
di pellegrini, malati, volontari:
una ricchezza di umanità
e speranza senza esibizionismi,
forzatura o pietismo.
Dal fortunato programma
di TV2000.
Colpisce molto la straordinaria ric¬chezza di umanità dei
pellegrini, dei malati e dei volontari che giungono al santuario mariano di Lourdes. Sono persone che davanti alla
grotta di Massabielle si affidano a Maria, alla sua tenerezza materna e alla sua costante intercessione: chi offre
la preghiera per la propria o altrui sofferenza; chi la gratitudine per la guarigione nel corpo o nello spirito; chi la fatica e la gioia dei traguardi conquistati ogni giorno con
coraggio; chi l’impegno accanto ai malati nella dedizione
e nella solidarietà. Alcune di queste storie, raccontate dal
giornalista Francesco Durante fin dal maggio del 2012
nella trasmissione “Storie da Lourdes” (in onda su
TV2000), vengono ora fissate nelle pagine del libro che riprende il titolo della trasmissione ed esce simbolicamente
in occasione dell’11 febbraio, 22ma Giornata del malato,
memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes.
Così come nel programma televisivo, nel libro non si troverà alcun esibizionismo, forzatura, pietismo. Ciò che accomuna le storie di questi bambini, ragazzi, giovani, adulti,
coppie, famiglie è la fede in Dio e la fiducia nella Vergine;
l’affidamento, la ricerca sincera, il desiderio di trovare forza
interiore e un senso profondo alla sofferenza, al dolore,
alla fatica di vivere. A Lourdes il grido della creatura si fa
preghiera fiduciosa e incessante, si esprime in gratitudine,
in coraggio di risollevarsi, di ritrovare la speranza, di cambiare vita. Scrive nella prefazione il cardinale Angelo Comastri: “In questo delicato e commovente libro di
Fran¬cesco Durante le più diverse vicende umane
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passa¬no sotto lo sguardo di Maria a Lourdes e improv¬visamente sono illuminate e trasformate dal battito
del cuore di Maria, che si sintonizza col battito del cuore
di chi la invoca. La lettura di queste pagine è un viaggio
mera¬viglioso nell’abisso dell’amore materno di Maria che
riesce a fare spuntare i fiori anche in una zol¬la di sabbia
o nella durezza di un cuore indurito come il travertino.
Leggi, e sentirai il profumo di Maria”.
Ho letto con piacere e con interesse
gli appunti di viaggio che con uno
stile semplice e familiare.
Paolo Marasca ha stilato a ricordo di
un suo recente pellegrinaggio a
Lourdes, in un momento molto delicato della sua vita. Non è frequente
arrivare nella cittadina francese a
bordo di una bicicletta; eppure questo mezzo, inusuale per i più, è stato
per Paolo occasione favorevole per
un profondo ripensamento interiore,
si è rivelato quale tempo propizio da
dedicare alla contemplazione e insieme una felice opportunità per
sperimentare la bontà di tante persone, che lo hanno introdotto familiarmente nelle loro abitazioni,
condividendo pane e amicizia.
Dare pace all’anima in un viaggio
dentro se stessi prima che con gli
altri e con la natura: incontrare il Dio
della vita, che rianima gli sfiduciati e
soccorre gli oppressi, è tra i principali scopi di un pellegrinaggio.
E insieme riscoprire le cose che contano veramente, per poi abbandonarsi con fiducia nelle mani della
Madre, che a Lourdes, si presenta
come consolatrice degli affitti e conforto dei poveri. E’ l’esperienza di
tutti i pellegrini che a Lourdes si sentono attesi, qualunque sia la loro
condizione fisica e spirituale. Queste
pagine testimoniano come una persona che accoglie Maria nella propria vita si trovi poi interiormente
rinnovata, pronta a riservare sugli
altri la pace e la gioia ricevute.
SE Mons. Oscar Cantoni,
Vescovo di Crema

L'esperienza del pellegrinaggio al
santuario di Lourdes, negli alti Pirenei
in Francia, programmata da tempo in
tutti i particolari e vissuta da Paolo
Marasca può ben essere definita una
stupenda e meravigliosa avventura,
da declinarsi con ricche qualifiche:
avventura affettiva, nel ricordo sempre vivo e forte della sposa Alida, con
la quale Paolo aveva pregato spesso
sia nello stesso santuario come nel
convento domestico della casa durante la malattia prolungata che ha
purtroppo portato alla morte, vissuta
come una grande grazia della Madonna che ha donato serenità interiore e pace all'interessata e conforto
e consolazione al marito.
Avventura umana, nella ricerca di accoglienza e ospitalità durante il lungo
percorso, arduo per l'estate calda e a
tratti soffocante, sempre aperta da
tutte le porte cui Paolo ha bussato,
trovando calore, comprensione, aiuto
e sostegno nelle case, negli Istituti religiosi, in ostelli.
Avventura paesaggistica, nella contemplazione faticosa di bellissimi
paesaggi visti direttamente nel loro
incanto naturale, dal mare al lago,
dalle colline ai monti, alle pianure
estese. Il ciclista ha così potuto ammirare la bellezza del creato che il Signore pone a servizio di tutta
l'umanità anche se spesso l'uomo
rovina e deturpa liberamente a scopo
di lucro e di guadagno lo scenario
splendido che dovrebbe aiutarci a vivere con maggiore serenità.
Il testo, quasi diario giornaliero, comunica i sentimenti più forti e le esperienze più intense vissute che
l'autore, grande esperto fotografico,
ha voluto commentare con avvincenti
foto ricordo di incantevole poeticità.
Una parte del ricavato del libro
permetterà a qualche persona bisognosa di recarsi in pellegrinaggio a Lourdes ed una parte sarà
devoluta alla ricerca sul cancro.
Per l’acquisto informiamo che il
libro è disponibile a Lourdes
presso la libreria dell'UNITALSI (La
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