Lezione VIII: Collusione
• Nei mercati oligopolistici i profitti complessivi
delle imprese sono tipicamente inferiori a quello
di monopolio.
• Ciò è vero nel caso del modello di Bertrand,
com’è ovvio, ma si applica anche al caso di
Cournot (con costi unitari costanti), per una
sorta di esternalità negativa tra le imprese, che
ignorano l’effetto delle loro scelte sui profitti
delle concorrenti.
• In effetti, accordandosi tra loro le imprese possono sempre aumentare i loro profitti.
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
1
L’esternalità negativa tra oligopolisti:
Monopolio: /q = P’(q)q + P(q) – C’(q)
Duopolio: i/qi = P’(q)qi + P(q) – C’(qi)
Agendo sulla propria curva di domanda residuale, il
singolo duopolista ignora il termine P’(q)(q - qi)
che misura l’impatto negativo (via il prezzo) sui
concorrenti.

La quantità prodotta è troppo alta (il prezzo troppo
basso) perché siano massimizzati i profitti complessivi.
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
2
Consideriamo l’ipotetica massimizzazione
del profitto complessivo, , nel caso di
un duopolio (simmetrico) à la Cournot:
• (q1, q2) = 1(q1, q2) + 2(q1, q2)
= P(q)q1 – C(q1) + P(q)q2 – C(q1)
• Le condizioni del primo ordine risultano:
• /q1 = 1/q1+ 2/q1 = P’(q)q + P(q) – C’(q1) =
0
• /q2 = 1/q2+ 2/q2 = P’(q)q + P(q) – C’(q2) =
0
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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Paragonandole con le FOC dei duopolisti (e assumendo la concavità delle funzioni di profitto), si vede appunto che questi ultimi considerano un ricavo marginale più elevato, e producono dunque “troppo”.
• Per esempio, nel caso lineare si ottiene:
• /q1 = - bq + a - bq – c = /q2 = 0
• Ovvero la condizione che q = q1 + q2 debba
essere pari alla quantità di monopolio qm =
(a – c)/(2b). Ad esempio: q1 = qm/2 = q2.
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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Graficamente
qi
qe
45°
qm
tg = 1
qj*
N
q1 + q2 = qm
qi*
qm/2

0
qm/2
qm
qe
qj
Si noti che: qi*(qm/2) > qm/2.
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
5
Ne segue che è allora naturale che le imprese cerchino di stabilire tra loro accordi per aumentare il
loro esercizio di potere di mercato.
Questo genere di comportamento è noto
sotto il termine di collusione, ed è vietato
dalla legge (negli USA dallo Sherman Act
del 1890, in Europa dal Trattato di Roma del
1957, in Italia dalle legge Rossi del 1990).
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
6
La collusione tra le imprese prende molte possibili forme:
• Si va dagli accordi di cartello istituzionali (trust),
come l’OPEC negli anni settanta,
• agli accordi segreti tra imprese (ex: mercato delle
vitamine (USA, anni ’90), aste europee UMTS
(anni ’90)),
• agli accordi taciti, realizzati a partire da situazioni
storiche, o legati a punti focali (ruolo delle associazioni commerciali, prezzi “raccomandati”).
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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• E’ da notare che gli accordi collusivi possono riguardare i prezzi praticati o le quantità prodotte,
ma si estendono ovviamente anche alle varietà di
prodotto, alle spese pubblicitarie o alla suddivisione dei territori di influenza.
• Per esempio, il cartello dell’industria chimica internazionale degli anni 20 del secolo scorso aveva
definito tra i suoi membri la ripartizione tra USA,
Commonwealth e Europa. Sembra che anche gli
attuali giganti nel settore della telecomunicazione
abbiano provato a fare lo stesso.
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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Interazioni ripetute
• Per vedere come possano funzionare gli accordi collusivi, consideriamo il caso di interazioni
ripetute à la Bertrand.
• Si noti che nella versione one shot, l’unico NE
è pi = c, e che un accordo collusivo non sarebbe sostenibile, neppure se “stipulato” esplicitamente, perché non sarebbe conveniente rispettarlo! Ogni impresa avrebbe infatti convenienza a ribassare il prezzo della concorrente,
prendendosi tutto il mercato (analogamente,
qi*(qm/2) > qm/2 nel caso di Cournot esaminato
in precedenza).
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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Interazioni ripetute: continuazione
• Si consideri ora una situazione più realistica
in cui ad ogni periodo t le imprese debbano
scegliere (simultaneamente) il loro prezzo, t
= 1, 2, 3, …. e che i prezzi praticati nei periodi precedenti siano successivamente osservabili.
• 1) Come sappiamo, in tale gioco ripetuto (o
supergioco) se ciascuna impresa sceglie pi =
c in ogni periodo ciò costituisce ovviamente
un NE (perfetto rispetto ai sottogiochi).
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Interazioni ripetute: continuazione
2) Ci sono però altri equilibri, se la ripetizione è “infinita” (o almeno indefinita).
Ex: si consideri la seguente “strategia del
dito sul grilletto”, p*:
• p1* = pm
• pt* = pm se p1, p2 = pm,  = 1, …., t – 1,
• pt* = c in ogni altro caso
• t = 2, 3, ….
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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La strategia del dito sul grilletto
La strategia sopra indicata (che è del tipo “dipendente dalla storia del gioco”) “propone” di
fatto al competitore una collaborazione/collusione consistente nel praticare il prezzo di monopolio, e “punisce” severamente ogni deviazione da tale comportamento attraverso l’adozione di un prezzo pari al costo marginale.
E’ facile verificare che la combinazione strategica (p*, p*) è, sotto certe condizioni, un NE
(perfetto rispetto ai sottogiochi) del supergioco.
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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La strategia del dito sul grilletto: continuazione
•
•
•
Supponiamo che ciascuna impresa computi le entrate future secondo il fattore di sconto  ( è il valore
scontato ad oggi di un euro disponibile tra un periodo), 1>  > 0.
Il payoff (scontato al periodo presente) di seguire la
strategia p*, se anche il competitore la adotta, è:
V = m/2 + m/2 + 2m/2 + 3m/2 + ….
= m/(2(1 - )).
Se invece un’impresa devia da tale comportamento
(mentre l’altro lo segue), essa può al massimo ottenere m nel periodo della deviazione (ribassando la
concorrente) e nulla in seguito.
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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La strategia del dito sul grilletto: continuazione
• Dunque V° = m è il massimo payoff alternativo e,
chiaramente:
• V  V° se e solo se   ½.
• La strategia del dito sul grilletto descrive quindi
un comportamento collusivo sostenibile (come
SPNE) se il fattore di sconto è sufficientemente
grande.
• L’intuizione è semplice:  misura l’importanza del
futuro, e se questo conta abbastanza non conviene
rinunciare ai profitti “collusivi” futuri per i vantaggi “opportunistici” di breve.
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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Cosa determina ?
• Ovviamente, il tasso di interesse r (come
costo opportunità delle somme in questione):
 = 1/(1 + r);
• la frequenza f delle interazioni nell’unità di
tempo, in quanto (approssimativamente):
 = 1/(1 + r/f);
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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Cosa determina ? (continuazione)
• la probabilità h che l’interazione si ripeta
(che il mercato permanga):
 = h/(1 + r/f)
(si noti che con h < 1, il gioco, pur potenzialmente
infinito, ha di fatto una durata attesa finita, visto che
la probabilità che duri (ancora) più di T periodi è
hT);
• il tasso di crescita g del settore (del profitto
di monopolio):
 = h(1 + g)/(1 + r/f).
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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Si noti che /r < 0 e /f, /h, /g > 0:
• perciò il modello precedente suggerisce che
la collusione tra le imprese sia tanto più
probabile quanto più frequenti sono le interazioni (distribuzione di prodotti giornalieri vs servizi alberghieri), maggiormente
in espansione il settore e minore l’incertezza sul suo futuro (produzione di cemento vs
industria farmaceutica).
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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Il modello di interazione ripetuta presentato è realistico?
Ovvero, perché le imprese non colludono più di
frequente?
Si tenga presente che, se vi sono n imprese (invece che 2) che colludono, i conti precedenti
conducono ad una condizione di sostenibilità
dell’accordo collusivo pari a:
m/(n(1 - ))  m,
cioè:
  1 - 1/n.
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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E’ vero che:
• il lato destro della precedente disequazione è crescente rispetto a n, e tende a 1 per n che tende
all’infinito (catturando l’idea che più sono gli oligopolisti più è difficile sostenere un accordo tra
di loro),
• ma con (ad esempio) r = 10% e f = 12, l’accordo collusivo risulterebbe sostenibile persino se vi
fossero un centinaio di oligopolisti:
• (1/(1 + 0,1/12)  0,992 > 1 - 1/100 = 0,99 )!
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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Possibili risposte ruotano attorno alle
seguenti considerazioni:
• 1) la collusione è penalmente perseguita;
• 2) se il mercato presenta un significativo
turnover, allora il valore rilevante di h potrebbe essere in effetti piuttosto basso;
• 3) l’utilizzabilità della “strategia del dito sul
grilletto” richiede (a) che i prezzi dei concorrenti siano (ex post) osservabili, (b) che
l’eventuale “infinita punizione” sia realistica
(ovvero non sia “rinegoziabile”).
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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In sintesi:
• Il modello di comportamento collusivo
presentato non ha necessariamente pretese
di realismo.
• Tuttavia illustra bene la tensione esistente
tra i vantaggi di breve periodo e le perdite
di lungo che costituisce l’elemento essenziale di criticità nei cartelli oligopolistici.
Ex: il “cartello” dei diamanti (si veda il
riquadro 8.1 a p.170), la Lega Anseatica.
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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Guerre di prezzo
La principale obiezione al modello di collusione analizzato è di natura empirica: in
molti settori, i prezzi oscillano tra livelli elevati (potenzialmente collusivi) e prezzi
bassi (vicini al costo marginale), con periodi
di vere e proprie “guerre di prezzo”.
Al contrario, nel modello precedente, le
“guerre di prezzo” (pur minacciate), cioè la
fase di deterrenza, non scattano mai.
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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Riquadro 8.2, p. 172 (R. Porter): il caso del JEC
- trasporto ferroviario tra Chicago e l’Atlantico,
1880-1886 (prima dello Sherman Act):
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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Comunque, le cose cambiano, e il modello può
essere adeguatamente esteso, se si assume che i
prezzi possano essere tagliati segretamente.
Per esempio, in molti mercati (cosiddetti
“dei clienti”) i singoli acquirenti sono così
importanti che i prezzi sono stabiliti caso
per caso, e sono perciò difficili da osservare
per i concorrenti (si pensi ad una politica di
sconti “personalizzati”).
Ex: calcestruzzo, edile, trasporto oceanico.
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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Guerre di prezzo: ribassi segreti.
• Supponiamo inoltre che la domanda oscilli,
in modo non perfettamente conoscibile, ovvero che le imprese osservino solo il loro
prezzo e la loro quantità venduta.
• Ne segue che se un’impresa osserva una
diminuzione della propria quantità non può
sapere se è dovuta ad un calo della domanda
o al comportamento dei competitori.
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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Ribassi segreti: continuazione
• In tale situazione, intuitivamente, la deterrenza dei comportamenti di defezione da un
accordo collusivo è più difficile.

• Ovviamente, non reagire ad una riduzione
inattesa della domanda non sarebbe intertemporalmente ottimale (ogni impresa si
sentirebbe autorizzata a ribassare il proprio
prezzo).
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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Ribassi segreti: continuazione
• E, naturalmente, far scattare una perenne guerra
di prezzo (per quanto ciò costituisca un equilibrio) non sarebbe piacevole.
• Si può mostrare (Green & Porter, 1984) che una
soluzione è che la strategia di ciascuna impresa
preveda di far seguire una “guerra di prezzo” (pi
= c) temporanea (di durata T periodi, con T finito) dopo ogni abbassamento della domanda!
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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Si noti che in questo contesto:
1. Le guerre di prezzo avvengono in equilibrio,
senza che le imprese deviino da un comportamento collusivo (la “guerra”, di durata limitata,
è un prezzo da pagare per il mantenimento della
collusione).
2. T deve essere abbastanza grande da far sì che
non convenga ad alcuna delle imprese ribassare
volontariamente il prezzo.
3. Il ribasso dei prezzi avviene quando la domanda
è (temporaneamente) bassa, cioè prociclicamente.
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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Oscillazioni osservabili della domanda
• Le cose vanno ancora diversamente se la
domanda oscilla (a causa di shock esogeni
non correlati) ma i prezzi dei concorrenti
sono osservabili (o lo è la domanda).
• Si noti, innanzitutto, che l’incentivo a deviare da un comportamento collusivo è più
forte quando la domanda è (temporaneamente) alta (il vantaggio di breve periodo
dal ribassare i prezzi è più elevato rispetto
alle perdite di lungo, che sono costanti).
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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Ne segue che, nei periodi di alta domanda, il fattore di sconto può non essere grande abbastanza
da sostenere la collusione.

In tal caso la strategia ottimale (nel senso di
un SPNE) delle imprese può richiedere che
il prezzo di collusione sia temporaneamente
abbassato (al di sotto di quello di monopolio, che oscilla con la domanda), per diminuire i vantaggi dell’eventuale ribasso,
quando la domanda è elevata (Rotemberg
& Saloner, 1986).
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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Si noti che:
a) come nel modello precedente, la “guerra di
prezzo” avviene in equilibrio, senza che le imprese cessino di colludere;
b) il ribasso dei prezzi stavolta è controciclico.
Esempi di ribassi di questo tipo sono documentati nell’industria del cemento, mentre
quelli del JEC sembrano ascrivibili alla tipologia dovuta alla possibilità di ribassi segreti.
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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Le estensioni del modello base che abbiamo
considerato chiariscono inoltre un punto che
val la pena di menzionare esplicitamente:
• non è detto che la collusione detta avere come
oggetto il prezzo di monopolio (si può colludere,
magari temporaneamente, su di un prezzo inferiore). Analogamente, non è detto che la fase di
deterrenza debba per forza comportare profitti
nulli per le imprese (è possibile che siano bassi ma
positivi), né che debba durare per sempre, come
abbiamo visto.
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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Infine, per concludere sulle guerre di prezzo, è
il caso di chiarire che esse possono anche essere dovute al fallimento delle iniziative collusive.
In particolare, in contesti asimmetrici, la guerra può
iniziare:
A) ad opera delle imprese in crisi. Un’impresa in crisi fronteggia un futuro incerto, ovvero un basso valore di h. Perciò il suo fattore di sconto è inferiore a
quello delle imprese in buona salute, e può essere inferiore a quello necessario a sostenere la collusione!
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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• Poiché la collusione richiede che tutti partecipino
(almeno in un contesto à la Bertrand), ne nascerebbe un ribasso dei prezzi che non ha a che fare
con una diminuzione dei costi.
• Un caso del genere sembra essere avvenuto in certi comparti del trasporto aereo statunitense all’inizio degli anni novanta.
• B) ad opera delle imprese più forti, che possono
essere tentate (specialmente in periodi di crisi) di
estromettere le altre dal mercato (sui cosiddetti
prezzi predatori si veda il capitolo 15 di Cabral).
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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• Quest’ultimo potrebbe essere stato il caso della
cosiddetta “guerra del Times” di Rupert Murdoch
tra il 1993-95.
Fattori che facilitano la collusione
Abbiamo già visto che per la sostenibilità del meccanismo collusivo contano sia la frequenza dell’interazione che la crescita del settore, nonché l’incertezza del futuro e la severità e credibilità dell’eventuale fase di deterrenza. Abbiamo poi visto
che anche la probabilità di scoprire una defezione
conta. E il numero dei partecipanti all’accordo.
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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In effetti, normalmente ci si aspetta che
le imprese su di un mercato di oligopolio
siano più di due e asimmetriche.
• Come insegna la teoria della contrattazione (ma anche l’evidenza aneddotica), il funzionamento (ma persino la mera stipula) di
un accordo è tanto più problematico tanto
più diversi (e numerosi) sono i contraenti.
• In particolare, con imprese asimmetriche,
per massimizzare i profitti congiunti le imprese dovrebbero accordarsi sulle quote di
produzione.
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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In particolare:
• potrebbe essere necessario assegnare tutta la produzione ad una sola impresa (la più efficiente), e ricorrere poi a versamenti sottobanco (ovvero malversazioni, magari estero su estero, come insegna la cronaca giudiziaria) per redistribuire i profitti.
• Supponiamo che sia c1 < c2 < p1m. Allora l’accordo
efficiente (per le imprese) richiederebbe p1 = p1m <
p2, e una successiva redistribuzione (quale?) del profitto di monopolio dell’impresa 1, 1m.
• In alternativa, si potrebbe immaginare che le imprese si accordino per fissare lo stesso prezzo (maggiore di c2).
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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Imprese asimmetriche – difficoltà collusive
• Nell’ultimo caso, tuttavia, si noti che l’impresa 1
(che ha i maggiori margini di profitto unitario)
avrebbe le maggiori tentazioni a deviare, mentre
è difficile immaginare che l’impresa 2 la possa
punire credibilmente in modo sufficientemente
severo (dovrebbe scendere sotto il proprio costo
marginale per azzerare i profitti della concorrente).
• Ex: le 6 guerre di prezzo nel settore del bromo tra
il 1885 e il 1914 (Levenstein, 1997).
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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Interazione su più mercati
• Sia la teoria che l’evidenza empirica suggeriscono che imprese che competono su più mercati
siano più propense a colludere o a colludere
maggiormente.
Ex: linee aeree e settore del cibo per cani.
• Dal punto di vista della teoria, il fatto principale
è che la presenza di contatti su di un altro mercato, se quest’ultimo non è una replica esatta del
primo, aiuta la collusione aumentando la punizione che segue una defezione.
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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Interazione su più mercati: continuazione
• Il caso più semplice è quello in cui ciascuna di impresa
ha un vantaggio nel mercato “domestico” (si pensi a
costi “di trasporto”).
• Colludere lasciando a ciascuna impresa di “fare il monopolista a casa sua” è (sotto certe condizioni) un equilibrio che non si potrebbe giustificare considerando i mercati isolatamente.
• Un altro esempio è quello in cui su di un mercato il fattore di sconto è “più che sufficiente” a sostenere la collusione. Perciò la “capacità di deterrenza” sviluppabile
su quel mercato può essere utilizzata per sostenere la
collusione anche su di un altro.
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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Pratiche facilitanti
• Anche specifici “fattori istituzionali”, come prassi operative o clausole regolamentative, possono facilitare (o
combattere) la collusione.
• Un primo esempio sono l’uso di “clausole del consumatore più favorito”, che impegnano ad accordare ai
clienti destinatari di tale clausole gli eventuali sconti
offerti successivamente (per un dato periodo di tempo).
• Mentre sembrano costruite in favore dei consumatori,
di fatto rendono le imprese meno aggressive in termini
di prezzo, e dunque la collusione più facile da sostenere. Ex: il mercato dei generatori a turbina, 1963-1975
(M. Porter, 1980).
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
41
Pratiche facilitanti
• Un secondo esempio è connesso alla raccolta e
pubblicizzazione (magari via internet) dei
prezzi praticati in un certo settore (ex. assicurazioni, viaggi aerei).
• Anche in questo caso tale prassi, pensata per informare i consumatori, può facilitare la collusione tra concorrenti impedendo dei ribassi segreti.
Ex: il mercato danese del calcestruzzo (1993-95):
si veda il riquadro 8.6 a p. 185.
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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La politica di tutela della concorrenza
‘Raramente accade che operatori dello stesso ramo del commercio si incontrino, anche
solo per svago e divertimento, senza che la
conversazione finisca per trasformarsi in
una cospirazione ai danni del pubblico o in
un’intesa per alzare i prezzi’.
Adam Smith, Indagine sulla natura e le
cause della ricchezza delle nazioni (1776).
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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La politica di tutela della concorrenza
• Trattato di Roma (1957):
“Si fa proibizione di….: (a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi di acquisto o
vendita …; (b) limitare o controllare la produzione ….; (c) dividersi i mercati o le fonti di
approvvigionamento …”
• Sherman Act (1890):
“Ogni contratto o accordo, in forma di cartello o altro, con il fine di ridurre il commercio o
gli scambi … è dichiarato illegale.
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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Ogni persona che monopolizza, o cerca di
monopolizzare, o si accorda o complotta
per monopolizzare, qualunque settore del
commercio o degli scambi … commette un
reato penale.”
Le ragioni di questa tutela della concorrenza
sono legate all’inefficienza allocativa creata
dal potere di mercato, e anche alla “preferenza per i consumatori” delle autorità di
politica di economica relativamente ai meri
effetti di trasferimento.
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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• Le legislazioni anti-monopoli esistono in effetti in
quasi tutti i paesi civili (persino in Italia, dal
1990).
• Tuttavia la prassi operativa differisce da paese a
paese (tradizionalmente gli USA sono molto attivi
in materia), anche perché l’interpretazione delle
normative e dei dati empirica è complessa.
• Infatti, è ovvio che in diverse circostanze la collaborazione tra imprese (per esempio joint venture
per sviluppare nuove tecnologie, o più in generale
per diminuire i costi di produzione) abbia effetti
positivi sull’interesse generale (benessere collettivo). Ma la possibilità di collusione è sempre in
agguato, come ci ricorda A. Smith!
IO: VIII Lezione (P. Bertoletti)
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