Diario di viaggio nel Paese della Felicità
Di Andrea Cantaluppi
Questo articolo è stato scritto durante il periodo nel quale l'Autore è stato ospite della “Casa di Accoglienza
per i Migranti" degli Scalabriniani, diretta da P. Francisco Pellizzari, a Città del Guatemala
Nel mio ultimo viaggio in un Paese del Centro America ho
finalmente scoperto un popolo felice!
Non vi dirò quale sia altrimenti con l’aumento del flusso
turistico dettato dalla vostra curiosità per l’evento dell’anno, si
rischierebbe di alterare gli equilibri che hanno portato la felicità
a milioni di cittadini di questo reale Paese.
Vi dirò soltanto che geograficamente sta in mezzo tra il
Messico e El Salvador, è bagnato da due oceani, è l’erede
culturale dei Maya, che non ospita palazzi importanti del
passato colonialista spagnolo, che la sua nazionale di calcio
non ha partecipato agli ultimi mondiali e che ha dato il nome
alla sua moneta con quello di un uccello tra i più belli che
esistono: il Queztal che, grazie a nessuna protezione, è
Andrea Cantaluppi e Tino
diventato uno stretto parente dell’araba fenice.
Seguitemi e vi porterò in un Paese che non è monotono come l’Eden, dove non ci sono angeli che vanno in giro
tutto il giorno a suonare la cetra, anzi, ci sono uomini in variopinte divise che lo hanno plasmato per lungo
tempo in una disciplina formale e ipocrita che la ritroviamo anche nel portamento vagamente minaccioso dei
guardamacchine.
Il paesaggio e il sottosuolo vengono illuminati di un rosso fuoco pirotecnico e da movimenti tellurici che
ispirano nuovi ritmi di ballo.
Poi ci sono loro, i piccoli Maya, che ancora abbassano gli occhi se incontrano all’improvviso un bianco.
Occhi che altrimenti potrebbero fulminare colui che non rispetta la loro identità.
Il nero intenso, si direbbe corvino, come i loro capelli spessi, di questi occhi dal taglio obliquo, che sovrastano
nasi adunchi, affiancati da zigomi pronunciati, abituati ai colori intensi di una natura generosa e maltrattata.
Le donne vanno fiere nei loro vestiti tradizionali che richiamano praticità e bellezza.
Ebbene in questo Paese dell’eterna primavera (ma io mi sono morto di freddo), 7 abitanti su 10 si sono
dichiarati felici della loro vita...almeno stando a quanto riportato da un servizio apparso sul più quotato giornale
del Paese.
Hanno pubblicato una indagine/inchiesta fatta da una agenzia ONU per lo sviluppo umano.
Su 169 Paesi esaminati questo dove vi sto portando si è collocato al 25· nella scala della felicità percepita dai
cittadini, un posto molto al di sopra di molti Paesi ricchi, questo è quanto hanno risposto e quanto è stato
riportato dall’agenzia ONU, e non ho motivi per dubitarne, ma qualche cosa non torna perché la stessa inchiesta
colloca questo Paese al 116· nella scala dello sviluppo umano.
A leggere queste cifre sono rimasto perplesso e mi sono domandato: cosa è la felicità?(Zingarelli) con quali
parametri la si definisce in queste indagini? come si misura la percezione? Quanti cittadini sono stati
intervistati? Di quali categorie sociali?
Domande legittimate da altre due cifre: il 56% degli abitanti del Paese vive nella povertà, mentre il 16%
sopravvive nell’estrema povertà. Totale: 72%. La coincidenza vuole che sia la stessa cifra: 7 su 10 dei felici!
Al mio paesello si diceva: beato te che non capisci nulla.
Sono dunque cosi’ disinformati questi abitanti di una Nazione felice? Sono forse alienati?
Non credo che sia cosi’.
Quando l’unica eredità che si tramanda di padre in figlio è la fame che ti torce le budella, non sei in grado di
essere ottimista. Non ce la fai proprio. Non riesci a pensare che domani è un altro giorno se non hai la certezza
che tra una ora sarai ancora li a filosofare sui concetti alti della vita o se sarai diventato mangime per mosche e
ratti.
Allora andiamo a cercare le risposte.
Da sempre questo continente latino-americano vive in mezzo a mille contraddizioni.
L’immagine collettiva di terre e di mari paradisiaci proviene da questi luoghi e quanto ci colpisce vedere queste
cartoline coloratissime sconvolte da uragani e tifoni che ribaltano completamente la realtà immaginata.
La stessa realtà sognata che ci fa affrontare viaggi lunghissimi e scomodissimi in attesa di poter vivere per
pochi giorni quel Sole, quel mare, quelle palme, quella musica, quei popoli cosi’ diversi e tutti bellissimi.
All’arrivo, se non ci si toglie la fetta di prosciutto sugli occhi, si può continuare a sognare dentro quei ritiri
plastificati per turisti danarosi.
Il tempo comincia a peggiorare e il Sole a riscaldare di meno se si ha un minimo di coscienza critica e ci si
guarda intorno, magari dietro le quinte dei fondali di cartapesta.
Si potrebbero vedere emergere contraddizioni che fanno male alle nostre delicate coscienze di ex colonialisti
europei.
Economia, società, civiltà, cultura, globalizzazione, ruolo della Chiesa, neo liberismo, sono concetti che
cominciano a frullare impetuosamente nella testa.
Cosi’ come il tifone fa vibrare cupamente le precarie linee elettriche come le corde di un’arpa magica, altresì
annaspiamo in cerca di dati veritieri e di una possibile analisi sociologica non dettata da sensi di colpa o da un
idealismo romantico.
Partiamo dalla Capitale, è qui che si arriva di solito, e già affacciati all’oblo vediamo, in fase di atterraggio,
sotto di noi un mondo fatto di lamiere abbarbicate sulle pendici di impervi burroni che caratterizzano
l’orografia di questa città.
Domando cosa sia, e con un certo imbarazzo il mio ciarliero vicino di posto, che da Madrid, per circa 12 ore di
volo, fatti salvi gli intervalli in cui mangiava, fino a qui non si è mai zittito, ammutolisce all’improvviso e cerca
di cambiare discorso dicendomi che qui i muratori non sono tanto bravi a costruire.
Forse prova vergogna ad ammettere a se stesso che esiste questa realtà.
Per uno che ammira tutti i dittatori militari che lungamente hanno governato questo Paese, rimane difficile
confessare a questo straniero impiccione che nel suo ordinato e disciplinato Paese esiste qualche problema.
“Barranco” mi dice con voce flebile.
“Bidonville” rispondo io, e visto che conosce un po l’italiano, sottolineo con “Baraccopoli” in un “Burrone”.
(Sempre per “B” di bisogno cominciano).
Forse si, risponde lui.
Ecco uno che ha dichiarato all’ONU di vivere in
un Paese felice.
Per uno che accomuna negativamente Che
Guevara e Mussolini, altro che confusione
mentale deve avere in testa, ma un cortocircuito
neuronale, e non essendo abituato ad essere
contraddetto nella sua fidelistica verità, tanto è la
cultura fascista, si sente sollevato nel sentire le
ruote dell’aereo toccare terra. Si alza in fretta e
mi augura felicita!
Già, non so ancora di essere arrivato proprio a
Bengodi.
In questa città vengono dichiarati 3 milioni e 500
mila cittadini, ma in questa parte dell’emisfero la
matematica è una opinione a supporto degli
interessi del potere e del demagogo di turno.
Di questi 1 milione e 500 vivono nelle baraccopoli che non fanno nulla per nascondersi allo sguardo dei turisti,
e non ce nè una sola.
Il rapporto fra i cittadini cosi abissalmente diverso con una percentuale quasi pari tra le due sponde, scompensa
il ragionamento di ogni ben pensante.
Non so cosa sia esattamente un barranco, come ci si vive, si’ perché la vivono gli uomini, come ci si ammala,
come facciano a portarti su per l’erta, dove la barella non ci passa, fino a che arrivi dopo un tempo prezioso e
vitale fin sulla strada e li’ forse qualcuno è riuscito a trovare qualche mezzo di fortuna( èproprio questo
l’aggettivo da usare) a portarti in un qualche famigerato posto che pomposamente si autodefinisce, con lettere
oramai illeggibili:”Pronto Soccorso”.
Non so se c’è l’elettricità, di sicuro loro la
prendono da qualche palo elettrico più
vicino e fanno passare i fili pericolosi
quanto una sedia elettrica ad altezza
d’uomo fin dentro le lamiere che formano
la casa.
Forse hanno l’acqua per bere che
prendono in prestito, come l’elettricità, da
qualche conduttura ufficiale.
Di sicuro non ci sono fogne, ma tanto,
vista la ripida pendenza, la forza di
gravità si incarica di risolvere il problema
e far finire tutto al fondo, solo che il
numero di baracche (nome altisonante che
non corrisponde alla realtà che è ben più
misera) aumenta, e qui si va in basso ( e
dove se no) a cercare un rifugio. Rimane
soltanto di sperare che quelli più in alto
stiano attenti a dove andranno a lanciare
le loro evacuazioni.
Crescere in una promiscuità di costumi adamitici, frequentare le scuole per un massimo di 4 anni, questa è
infatti la media nazionale e non solo degli abitanti di baraccopoli.
Avere delle aspettative di lavoro si, ma quali?
Sono uomini come gli altri questi?
Il barranco non sta forse li ad indicare il fallimento del sistema capitalistico?
Si esce dal barranco ogni giorno per cercare un lavoro e il sogno di tutti, maschi e femmine, giovani o vecchi, è
quello di poter indossare una divisa.
Qualsiasi divisa, di qualsiasi circense colore, l’importante è che li faccia uscire dall’anonimato e dall’abisso. Si
cerca certezza in un Paese che fa della precarietà la sua base economica e culturale, l’importante è avere
qualche soldo in tasca.
In queste condizioni si è disposti a tutto, e come in ogni parte del mondo ove ci siano barranchi, qui le
organizzazioni criminali pescano la loro merce da cannone a bassissimo costo.
Numeri sempre numeri, antipatici e monotoni numeri, che contrastano la fluidità della narrazione ma che sono
utili a comprendere.
Nel Paese ci sono uomini in divisa e senza contare le forze armate, si contano 20.000 poliziotti e 130 mila
agenti privati! In divisa ci sono i vigili urbani, ma l’obiettivo dei barranqueros sono le divise dei
guardiamacchine, i posteggiatori che. posto ufficiale o abusivo, vanno rispettati.
è a questo lavoro che aspirano le nuove generazioni per garantirsi un futuro, maschi o femmine che siano.
Questi vengono dotati di un giubbotto catarifrangente, una radio da mettere su una spalla, cosi’ come fanno gli
agenti dell’FBI, un manganello che per loro è lungo come una lancia e, cosa di estrema qualificazione ed
elevazione del rango sociale di appartenenza, un fucilone a pompa che spara cartucce come quelle che vengono
usate per la caccia al cinghiale.
Anche questi cosi’ lunghi che molti hanno la punta della canna impolverata dalla terra che vanno rigando.
Stanno immobili come statue su torrette sopraelevate, al vento e al Sole, imponenti dall’alto del loro metro e
cinquanta che è la media dell’altezza nazionale, fortificati da questo armamentario e ti guardano con sguardo
truce mentre parcheggi.
Attenzione! Sono autorizzati a sparare a insondabile loro gradimento!
Ma che tipi di parcheggi sono questi che hanno bisogno di essere cosi’ ben custoditi? Che tipi di auto ci
vengono a parcheggiare? Chi sono costoro? Dove mi trovo? Ma in uno dei mega centri commerciali no?
Immense aree di capannoni come hangar, ristoranti, ipermercati, catene alimentari mondiali, cinema e tutto
quello che ci è stato portato in Europa, solo che qui, in un Paese del quarto mondo, sono molto più estesi.
I nostri più nuovi, belli, grandi, invitanti luoghi frequentati con consumistica allegria, che hanno sostituito la
piazza, il bar, gli oratori, centri commerciali integrati, a confronto con questi, ci farebbero la figura di poveracci
di periferia.
Tutta la città ne è circondata e i loro falsi e forzati colori, che invitano ad entrare e a consumare inconsciamente,
stridono come il trapano sui denti del grigio ondulato delle lamiere che stanno ai bordi di questi nuovi luccicanti
ideali.
Altri luoghi di felicità mi aspettano in questa sempre più indignata escursione.
Mentre mi domando chi siano i clienti dei centri commerciali, andando con la macchina da una zona ad
un’altra, qui ai quartieri non si danno nomi ma numeri, tanto per spersonalizzare e uniformare, passo davanti
passo davanti ad altre conviventi contraddizioni.
Piccole zone residenziali, con sbarra e guardie armate all’ingresso, con codici segreti da digitare su
informatiche colonnine, con altri poliziotti privati che stanno all’incrocio di queste stradine linde dai piccoli
spartitraffico con aiuole curatissime, con le loro arroganti jeep, suv e altre bestie gommate parcheggiate dentro
e fuori le ville che confinano, anche qui, ma subito dopo la recinzione, con case in rovina, strade piene di
buche, marciapiedi talmente pieni di improvvisi ostacoli da essere buoni per un allenamento dei marines.
Mentre annoto tutto questo, mi guardo inavvertitamente nello specchietto e non mi riconosco.
Sono diventato mulatto che neanche un mese di abbronzature marine mi regalerebbe. Come mai? La risposta è
semplice:per rispettare la rigogliosa ed esuberante natura, i corsi d’acqua cristallini, la flora e la fauna unici ed
irripetibili, si è deciso di non rispettare assolutamente l’ambiente multi colorato e di adottare tassi di
inquinamento degni di città notevolmente industrializzate.
Basta stare 30 minuti dietro un autobus di linea e si prende un colore invidiabile che neanche varie lampade
UVA ti potranno dare.
Il traffico congestionato come dopo un’abbuffata, garantisce a tutti questo trattamento.
Gli autobus vanno a carbon Koke o a carbonella e spandono dagli scappamenti cortine fumogene invalicabili. 5
pacchetti di sigarette equivalgono a 30 minuti di fila dietro questi moderni sbuffanti draghi, e 30 minuti sono il
minimo per una fila. E le file non è detto che servano soltanto per abbronzarsi, non, ma anche ad esercitarsi in
slalom monzeschi, in quanto dai finestrini lanciano di tutto, lattine, bottiglie, scatole ormai inservibili,
contenitori di plastica e ogni bene che va a colorare le strade altrimenti grigiastre.
Per essere felici bisogna avere buoni polmoni e riflessi pronti.
L’importante è dare l’impressione che tutto sia in ordine e ipocritamente disciplinato.
I motociclisti devono guidare con un catarifrangente addosso che segnali la sua presenza e riconoscibilità con
scritto dietro il numero di targa, cosi’ anche sul retro del casco.
Disciplina, dignità e decoro per un popolo che non può sopportare la vista di una confezione di birre all’uscita
da un supermercato, ma che gira la testa da un’altra parte per non vedere le centinaia di ubriachi e mendicanti
che “umanizzano” gli sgangherati marciapiedi.
Ordine e disciplina per rendere felice un popolo che vive barricato dietro chilometrici fili spinati e dietro sbarre
per finestre, portoni, negozi, garage e molto altro. Nessuno è esente da queste protezioni che fanno parte dello
scenario, neanche le Chiese anch’esse con le finestre sbarrate.
D’altro canto non è stato ucciso a mattonate appena sceso dall’auto un sacerdote che diceva quello che pensava
lui e non il potere?
Patrioti fino in fondo e coscienti che questa situazione ottimale venga consegnata alle giovani generazioni,
allegramente ci si mette in cammino e si va a dimostrare ad altri popoli, alle altre Nazioni le capacità manuali e
forse intellettive che si possiedono.
Il governo è felice di questa intraprendenza dei propri cittadini, e burloni come sono da queste parti, non danno
loro i documenti necessari per andare altrove.
Tanto sanno che i loro compatrioti con sforzi minimi di immaginazione supereranno alcune scherzose difficoltà
come il passaggio di frontiera senza passaporto.
Ed è proprio cosi’. Mentre sono in visita di cortesia in altri paradisiaci luoghi della regione, grati e riconoscenti
come mai ai loro provvidenziali governanti, rimettono ogni anno 3 miliardi e 500 milioni di dollari che hanno
trovato facilmente passeggiando sui marciapiedi di altre straniere città.
è giusto che chi è rimasto a casa e non ha potuto andare con gli altri a divertirsi, riceva in consolazione qualche
spicciolo che servirà poi a fare l’80% del bilancio statale, ma questo è un piccolo dettaglio.
In questa area di felicità latino americana, quei giocherelloni che sono andati all’estero, rimetteranno
complessivamente nel 2010 circa 58 miliardi di dollari e le previsioni al 2011 dicono 62 miliardi. (Detto tra noi,
ma i migranti, per gli illuminati governanti di tanti Paesi, sono un problema o una risorsa?).
Sapete bene che i gradi di felicità sono tanti e pochi riescono a raggiungere il massimo livello, e si capisce
anche il perché poi difendano tenacemente il risultato raggiunto.
Il top lo hanno raggiunto i basureros, i raccoglitori di immondizia che vivono direttamente negli immondezzai.
Una mattina ho scoperto casualmente che al bello non ci si stanca mai, e forse è questo il segreto della felicità.
C’era un camion che stazionava da qualche minuto proprio davanti al cancello della struttura dove sono stato
ospitato, e curioso e un po allarmato mi sono avvicinato a vedere cosa stava succedendo.
Sono uscito a vedere e un moto d’invidia mi ha assalito nel vedere una scena hollywoodiana.
Un camion giallo, con mezzo sportello aperto nel retro del cassone, inghiottiva tutto quello che gli abitanti del
posto avevano da regalare ai più fortunati della città.
I cittadini depositavano in terra i loro doni che rapidamente sparivano nel ventre del camion lanciati
mirabilmente dagli occupanti del camion stesso, all’interno, altri allegri fanciulli, con occhi luccicanti di
febbrosa ebbrezza, laceravano al volo ogni piccolo dono, lo aprivano a mani nude per avere un miglior contatto
sulla pelle di ogni dono e iniziavano a separare, seduti comodamente su quella montagnola che rapidamente si
innalzava sotto di loro, tutti quei beni colorati.
Con un quintale di quella invidiabile carta riceveranno anche 50 centesimi di euro! Allegria!
E che dire di quelle lattine che contengono ancora un po del loro prezioso liquido?
E quelle mezze patate certamente scartate dai bravi abitanti del palazzo affianco che, abbinate ad una fetta di
ananas fanno un dessert che te lo sogni?
Per saperne di più su questi esclusivisti del meglio che la società offre, mi portano a visitare il cimitero
generale.
Penso che forse mi vorranno far vedere le nobili cappelle (non solo metaforiche) che i colonialisti hanno
lasciato come ricordo del loro mai auspicato passaggio su queste terre, e invece no!
Le sorprese sono come le ciliegie, una tira l’altra.
Ci addentriamo fino al suo estremo limite e qui finalmente possiamo godere di uno spettacolo unico al mondo,
un panorama mozzafiato che non compare nei depliants turistici.
Fin sotto le lapidi, al di qua del muro di cinta quasi totalmente assorbito, come un’onda di un mare in continuo
lento movimento, sbatte con dolcezza prima il profumo e poi tutto quel bene colorato e minuto,che si scarta
perché si ha troppo da consumare.
è il mare grande dell’immondezzaio della zona 3.
Qui vengono a scaricare i bellissimi camion gialli anche dai comuni vicini.
Purtroppo le parole non mi aiutano a farvi sentire l’intenso afrore che si inerpica su per le narici fino a
raggiungere le lacrime di gioia che inondano e offuscano i miei occhi davanti a tanto caraibico stupore.
è questo il regno delle migliaia di eletti che, egoisti come tutti i ricchi, vogliono tutto per loro e impediscono
che vengano messi cassonetti o cestini di carta in giro per la città.
Vogliono che venga dato tutto a loro. Loro smisteranno, compatteranno, bruceranno ed è cosi’ che
perpetueranno la loro posizione elitaria.
Sono anche ricchi. I migliori tra loro, di solito i più agili, fin che avranno voglia di divertirsi, guadagneranno
anche il massimo di 120 dollari al mese!
Ma questo è niente rispetto alla tranquillità del posto, senza traffico e rumori. La salute poi! Malattie come
quelle polmonari, tifo, tubercolosi, cancro della pelle, infezioni urinarie, etc, sono sconosciute.
I giochi per i bambini che nascono e crescono qui fanno invidia ai migliori parchi di divertimento. Quale
bambino ha mai avuto come culla e casa un grosso contenitore metallico del latte? Vogliamo poi paragonare gli
animali domestici tra i bambini poveri della città che hanno un solo cagnolino o un gattino o un cricetto
rincoglionito a forza di ruotare, con i topi giganteschi di qua che alle volte sono talmente buoni che si lasciano
cavalcare?
Eeee le risate!
47% di uomini e 53% di donne compongono l’unità famigliare. 44% sono analfabeti per la gioia dei ragazzi che
non debbono sopportare la noia scolastica.
In questo mare mobile affondano solide radici di più generazioni di basureros, ed è difficile che si accettino
altri.
C’è il numero chiuso come per tutte le elite che si rispettino. Poi c’è una particolare legge che vuole che in giro
si vedano solo giovani, al massimo i nativi sopportano di vedere quelli che arrivano a 40 anni, rarissime sono le
eccezioni per qualcuno al quale si permette di farsi vedere fino ai 60. Oltre non vogliono andare.
Ogni tanto qualcuno se ne va e non lo si vede più in giro. Chissà forse era stanco di fare la bella vita.
Il 93% di questi particolari abitanti ha dichiarato di essere molto soddisfatto del proprio lavoro, di essere un
basurero. Non provano invidia per gli altri lavoratori. (dichiarazione vera rilasciata dopo una inchiesta).
Quando si dice alle volte cosa sia la felicità!
Vasti spazi di felicità ci attendono ancora in questo nostro incredulo andare. Ma c’è nè uno che sta per subire un
attacco dalle forze del male.
Si prevede infatti che nel breve giro di 20 anni si abbatterà il tasso di analfabetismo che attualmente gira intorno
al 20%.
Bisogna ancora lottare per garantire questa forma di libertà culturale.
Liberi e felici di poter scegliere quello che si vuole mangiare.
Per questo obbiettivo di incremento alla libera scelta del menu, la Società della Pace sta regalando ai contadini,
alle donne indigene, uno schiacciapatate manuale come quello che vidi una volta a casa di mia nonna, di modo
che ognuno, nella propria abitazione, sia libero e felice di triturarsi la razione di farina. Ma quale dispense di
campagna e negozi di città. La farina ce la facciamo in casa cari invidiosi dei Paesi ricchi ma infelici. Questo è
il vero affrancamento dalla fame.
Davanti alla felicità si è tutti uguali, non ci sono ingiustizie sociali e il Paese non è corrotto. (Chi pagherà quei
macinini ripescati da qualche museo? Tra un anno ci saranno le elezioni presidenziali e la campagna elettorale è
già iniziata).
Che il narcotraffico governi di fatto il Paese e che questo non si può affermare sulla stampa libera, sta ad
indicare un’ altro momento importante di felicità.
Che esista la tratta della schiavitù per le soddisfazioni legittime di impulsi sessuali o per andare a lavorare gratis
nei campi è una calunnia verso questa situazione sociale che garantisce la felicità.
Che su 800 denunce di abusi della tratta in un anno, il sistema giudiziario non corrotto abbia risposto a quegli
eroi che hanno trovato il coraggio di denunciare i propri aguzzini con 10 processi che già si sa come andranno a
finire, va visto sempre nell’ottica di un equilibrio che garantisce felicità.
Felicità soprattutto per i minori che si offrono volontariamente come pezzi di ricambio per quei poveracci che
hanno i soldi ma non la salute, affinché possano cambiare i pezzi della loro malandata macchina con quelli
freschi e nuovi.
Felicità è essere terzultimi nelle aspettative di vita tra tutti i Paesi dell’area ispanolatina, ultimi per frequenza
scolastica, penultimi come tasso culturale, penultimi come tasso di sviluppo umano, ma primi per il tasso di
felicità. Cosi’ certifica l’ONU!
Felicità è uscire dalla pubertà ed essere accompagnati dal padre dalla prostituta che farà da nave scuola per il
giovane virgulto.
Sarà lei a riferire al padre, in ansiosa attesa, se suo figlio seguirà le virili orme del casato.
P.S. Ogni riferimento a fatti, numeri, casistiche e persone è assolutamente vero e voluto.
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