Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB ROMA – Prezzo copia 0,20 €
(
Anno II nuova edizione - numero 13 - novembre 2012
)
IDEE & FATTI
Produttività,
c’è l’accordo
Economia
Scompare il ceto
medio: un salto
indietro per
tutto il Paese
Bpm
Rispettare i patti
per rilanciare
l’azienda. Pesante
l’eredità del passato
Amref
Un concerto
per l’acqua
L’inziativa
di DirCredito
PERSONE
Il Calendario DirCredito 2013
i ragazzi dell’Istituto d’arte
“disegnano” il lavoro
DAVID PETRAEUS: SPY STORY/1
Capo della Cia si dimette, dice lui,
perché è stato infedele, ha tradito la
moglie. Non ci crede
nessuno che David
Petraeus, che fu il
capo militare in Afghanistan se ne vada per questo motivo. E infatti non è così. Si apre una delle
storie più inquietanti nella vita degli
Stati Uniti. Una storia dove sesso e
spionaggio si intrecciano in un guazzabuglio che sfiora anche Obama.
Sapeva niente? Era al corrente delle
dimissioni del capo della Cia? Sapeva
niente che l’ Fbi stava indagando
sull’amante di Petraeus e sua biografa, nella cui abitazione sono stati rinvenuti documenti compromettenti?
PAULA BROADWELL: SPY STORY/2
E’ la biografa di Petraeus, una intraprendente 37enne che conosce il generale, vive con lui un’esperienza militare e nel frattempo ne diventa l’amante. Lo segue. Quando non sono vicini si scambiano
mail che ora vengono ritenute molto
compromettenti con
le quali, di fatto, si rivelano gli spostamenti del generale.
Ed ecco comparire
un’altra donna amica del generale,
amante poi, che riceve lettere minacciose. Fa indagare un suo amico dell’Fbi e si scopre che l’autrice delle lettere era Paula Broadwell, inviperita
e gelosa.
ISTITUTO STATALE D'ARTE
E LICEO ARTISTICO "ENZO ROSSI"
L'Istituto Statale d'Arte e Liceo Artistico "Enzo Rossi" (ex "Roma 2"),
presente sul territorio da più di quarantanni, continua quell'attività che
lo ha sempre visto attento alle esigenze di formazione necessarie alla
produzione, valorizzazione e tutela del patrimonio artistico e culturale
della città. I corsi dell'Istituto, finalizzati alla formazione di particolari
professionalità, sono caratterizzati dall'interazione tra preparazione
storico-umanistica e conoscenze tecniche ed artistiche ben qualificate, con costante sostegno della ricerca, della progettazione e delle
esperienze grafiche e pratiche che si portano avanti nelle attività di laboratorio. La scuola è caratterizzata da più sezioni artistiche: Arti figurative Pittura, Arti Figurative Scultura, Architettura e Ambiente, Design
per l'Arredamento, Design per la Moda e Grafica.
www.liceoartisticoenzorossi.it
DIRIGENTE SCOLASTICO
Mariagrazia Dardanelli
2
incontri
Novembre 2012
JILL KELLEY: SPY STORY/3
E’ uno dei cardini dell’inchiesta dell’Fbi che mette sotto accusa Petraeus. Jill, una battagliera soldatessa,
risiede a Tampa,
Florida, città dove
ha sede il Central
Command che coordina tutte le operazioni Medio Oriente.
Lì si incontrano Petraeus e il suo successore in Afghanistan, il generale
John Allen, in predicato per andare a
dirigere la Nato in Europa, il quale è
accompagnato dalla Kelley. Si viene
a sapere che ci sono molte feste, festini, ai piani alti militari. E si viene a
sapere man mano che si intrecciano
inchieste di Cia e Fbi che c’è un incredibile numero di mail che Allen e
Kelley, amante dell’uno e dell’altro,
si scambiano, non proprio di natura
militare. Anzi.
L’EDITORIALE
Un accordo tutto da verificare
di MAURIZIO ARENA*
E’
*
Forse
di ALESSANDRO CARDULLI
n passo avanti. Dagli interrogativi si passa al forse e già
qualcosa. Si cambierà la legge elettorale, il famoso “porcellum” secondo cui i cittadini non hanno il piacere di decidere chi inviare in Parlamento? Forse, meglio di boh. Può essere che
sia lo stesso autore di detta legge a cambiarla in corsa? Forse. Ma
allora perché ha dato vita al “porcellum”? Glielo avevano chiesto?
Forse. Attendiamo con fiducia e speranza che, come si dice, è l’ultima a morire. C’è un gran lavorio nelle stanze di Bruxelles e di
Francoforte, Unione europea, Banca centrale, riunioni a non finire per fare qualcosa che consenta di affrontare la crisi. Sarà messa in atto una politica bancaria comune in modo che gli istituti di
credito diano una mano a superare la crisi. Stante l’ultimo vertice
la risposta è che se ne parlerà nel prossimo vertice, forse, per non
sbilanciarsi troppo. Quando andremo a pagare la rata dell’Imu saremo colpiti da un infarto? Forse. Portiamoci dietro un defibrillatore, siamo avvertiti. Vivendo alla giornata, ci sembra che le nostre giornate non siano troppo belle. Anzi. Una pioggia, seppur
molto forte, provoca devastazione, frane, lutti, vittime. Si chiamano i cittadini alla solidarietà e si mette qualche tassa. Bene, anzi
male. E’ possibile che tasse che riguardavano terremoti, alluvioni,
avvenuti trenta o quaranta anni fa siano eliminate? Forse, se ci autorizza l’Europa. E quando andremo ai seggi per le elezioni politiche il nostro voto conterà qualcosa? Forse.
U
incontri
Novembre 2012
3
L’OSSERVATORIO
di pochi giorni fa
l’accordo tra le
parti sociali,
esclusa la Cgil,
sulla produttività.
Il testo varato è frutto di una
trattativa iniziata a settembre e
fortemente voluta dal Presidente
del Consiglio, Mario Monti, che
considera l’accordo come tappa
obbligata per migliorare il livello
della produttività del lavoro in
Italia, innalzare la competitività
e l’attrattività degli investimenti.
L’intesa raggiunta, almeno a
parole, da un lato attribuisce
alla contrattazione nazionale il
compito, quanto mai necessario,
visti i tempi di crisi che stiamo
attraversando, di garantire il
potere di acquisto dei salari
assicurando che la dinamica
degli effetti economici risulti
coerente con le dinamiche
economiche del mercato del
lavoro, del raffronto competitivo
internazionale e degli andamenti
specifici del settore; dall’altro
delega alla contrattazione di
secondo livello, apparentemente
rafforzandola, una quota degli
aumenti economici mirati
specificatamente all’aumento
della produttività di settore.
Tutto ciò garantisce le condizioni
per confermare le risorse per la
detassazione del salario di
produttività. Fin qui tutto
condivisibile, tuttavia, come
spesso accade nel nostro Paese,
alle parole, alle dichiarazioni di
principio, non corrispondono fatti
concreti. E la tendenza generale,
incoraggiata dalla classe
imprenditoriale, banchieri
compresi, è quella di risanare i
bilanci aziendali semplicemente
tagliando costi ed erodendo le
garanzie previste dalla
contrattazione, senza mai
riconoscere che l’unica strada
possibile è quella di sostenere gli
investimenti e dare centralità al
fattore lavoro e alla
professionalità.
Dare forza ai salari con una
temporanea iniezione di denaro
pubblico che ne garantisca la
detassazione non significa
necessariamente risolvere il
problema, un conto è sostenere
un’economia, ormai ridotta
all’osso, un altro è rilanciarla,
puntando su una crescita reale e
su interventi strutturali.
Il nostro auspicio è quindi quello
che l’accordo sulla produttività,
che contiene aspetti
potenzialmente positivi, ma anche
molti punti tutti ancora da
verificare sul campo, non rimanga
uno dei tanti documenti
sottoscritti che sanciscono, solo
sulla carta, dei buoni propositi che
poi vengono regolarmente
disattesi da chi ne dovrebbe
garantire la corretta applicazione,
vale a dire il Governo e le aziende
che, da troppo tempo, chiedono ai
lavoratori, sempre gli stessi,
sacrifici senza avere la capacità di
fornire in cambio prospettive.
*Segretario Generale
SOMMARIO
SINDACATO
Esodati, la soluzione arriva
...ma a spese dei pensionati
PAGINE 6 E 7
SINDACATO
Monte dei Paschi, anatomia
della crisi di un istituto storico
PAGINE 8 E 9
SINDACATO
Il punto sulle vertenze in corso:
Unicredit, Hypo Alpe Adria e Ubi
PAGINE 14 E 15
POLITICA
Dalla Sicilia un messaggio
che i partiti devono ascoltare
PAGINE 16 E 17
BANCHE
Libretti al portatore e obbligo di astensione
Ecco le nuove regole
PAGINA 21
(
Anno II nuova edizione – numero 13 – NOVEMBRE 2012
Editore: DirCredito
Direttore responsabile: Alessandro Cardulli
Vice Direttore: Cristina Attuati
Comitato di Direzione: Maurizio Arena, Tullio Cotini,
Alessandro Cardulli, Cristina Attuati
Commissione Comunicazione: Cristina Attuati,
Fabio Angioletti, Dante Columbro, Renzo Francabandera,
Giulio Pomar, Dante Sbarbati
4
incontri
Novembre 2012
)
IDEE & FATTI
Hanno collaborato:
Maria Grazia Bianchi, Silvio Brocchieri, Tiziano Coco,
Teresa Coratella, Antonio Fiore, Veronica Grandetti, Claudio Minolfi,
Pietro Santoro, Claudio Stroppa
Grafica: Tiziana Gugliandolo
Stampa: spedalgraf stampa srl – via Casilina 1670 – 00133 Roma
Redazione: via Nazionale 243 – 00184 Roma
Reg. Trib. Roma n 441/2005 – Iscritto al Roc n. 13755
chiuso in tipografia: il 26 novembre 2012
ECONOMIA
di CRISTINA ATTUATI*
na buona parte delle famiglie della classe media italiana è ormai vicina al tracollo. Che la situazione si stia progressivamente aggravando risulta evidente se si passeggia tra le corsie dei
supermercati delle nostre città, un
tempo forniti di ogni ben di Dio, con
interi settori dedicati al cibo da
“gourmet”, oggi, disordinati, spesso
caratterizzati da esposizioni temporanee di cibi in offerta che si esauriscono in un battibaleno per poi essere sostituite da nuove offerte, quasi
sempre di genere diverso.
Sempre più piccolo è il numero
delle persone che vanno a fare la
spesa con una lista precisa di prodotti da acquistare, la maggior parte, infatti, preferisce guardarsi intorno alla ricerca del prezzo più conveniente. Tutto ciò, in un Paese come il nostro, che ha sempre fatto del
cibo di qualità non solo un vanto, ma
anche un vero e proprio traino economico per le esportazioni, è sintomo di un profondo malessere sociale
che non accenna ad arrestarsi e che,
anzi, spinge molte famiglie, un tempo completamente autosufficienti, a
far ricorso al Banco alimentare. A
questo mondo di sfiducia, disagio e
rinuncia si contrappone, invece, un
universo di pochi che gode di benefici scandalosi e che sperpera il proprio denaro, non tanto per creare valore per se stesso e per gli altri,
quanto per esaudire desideri da nababbi, togliersi “voglie” che nemmeno dei sovrani medioevali avrebbero
avuto la fantasia di immaginare, appagare un egocentrismo che misura
l’uomo e il suo valore non in base a
quello che costruisce, ma in base alla
ricchezza che possiede.
Fino a poco tempo fa ci si prendeva gioco dei principi o degli emiri
orientali che erano soliti circondarsi
del lusso più sfrenato forse per giustificare un potere ed un prestigio
U
che non si erano guadagnati democraticamente, oggi, chi può, ne segue
l’esempio costruendo il proprio successo sulle difficoltà altrui. Il benessere collettivo è stato spazzato via
dall’opulenza individuale, il lavoro è
stato travolto dal profitto, l’imprenditoria ha lasciato il posto alla finanza. Tuttavia questo modo di vivere
ha il fiato corto, perché non produce
progresso. La storia economica recente ci ha insegnato che i paesi che
oggi vantano Pil a due cifre, Cina,
India, Brasile, un tempo definiti come paesi emergenti, sono riusciti a
crescere solo attraverso una progressiva redistribuzione della ricchezza, creando quel ceto medio,
mai esistito nelle loro storie nazionali, ed oggi in progressivo sviluppo.
Un segmento sociale, quello della
middle class, tipicamente europeo e
più specificatamente anglosassone
che, fin dai tempi della Rivoluzione
Industriale si è posto come ponte
evolutivo tra la classe operaia e
quella imprenditoriale, gettando le
basi dello sviluppo e del progresso
delle moderne democrazie occidentali. E’ proprio questo il segmento socio-produttivo su cui la crisi economica si è abbattuta con maggiore
violenza, distruggendone il potere
d’acquisto e, quindi, la capacità di
reazione. Scompaginare una struttura sociale, frutto di lotte e di conquiste, spesso durate secoli, nonché
di trasformazioni in senso evolutivo
del nostro sistema Paese, significa
inesorabilmente tornare indietro, rinunciare all’eccellenza e allo sviluppo, perché i paesi dove la ricchezza è
concentrata nelle mani di un numero ristretto di individui non solo sono
caratterizzati da sistemi politici improntati al totalitarismo, ma tendono ad importare tecnologie, idee e
progresso proprio là dove la democrazia e l’equità hanno radici profonde, là dove il valore di un uomo si
misura dalle poche cose che crea,
non dai molti beni che accumula.
*Responsabile Comunicazione
)
Il tracollo della classe media:
un salto indietro. Nel buio
L’analisi
La crisi economica
in Italia ha ristretto
le basi della piramide
sociale accentuando
le divisioni sociali.
Una vera e propria
involuzione
per tutto il Paese
*
incontri
Novembre 2012
5
SINDACATO
Esodati, la soluzione arriva...
ma a spese dei pensionati
di DANTE COLUMBRO*
ei giorni scorsi, in
piena
emergenza
maltempo, con i fiumi che straripavano, sommergendo
alcuni centri toscani, nel corso di
un dibattito televisivo di una trasmissione serale, uno dei partecipanti definisce, volutamente? Per
un lapsus? “esodati” i malcapitati che si erano ritrovati case e negozi sommersi dalle acque dei fiumi straripati; il presentatore lo
corregge, precisando: “Lei, forse,
voleva definire esondati, con la
enne, le vittime delle esondazioni
dei fiumi, perché gli esodati, senza la enne, sono tutt’altra categoria”.
Dall’avvento del governo Monti si parla di esodati e questo termine è entrato talmente bene
nella frequenza verbale che si arriva a confonderlo con uno pressoché simile pur appartenendo
ad un’altra, differente, categoria;
tuttavia, riflettendoci bene, le
due parole, esodati ed esondati,
hanno parecchio in comune, perché entrambe si riferiscono a persone che si trovano in mezzo ad
una strada: chi in senso ancora
puramente metaforico, gli esodati per “colpa” della Fornero e chi
in senso vero e proprio, gli esondati per colpa dei fiumi tracimati. Entrambe queste figure meritano la solidarietà comune, perché entrambe sono comunque
vittime di una cattiva gestione
governativa, in quanto, se ci fosse stata in passato maggior cura
verso l’ambiente, probabilmente
non ci sarebbero oggi dissesti
idrogeologici così frequenti da
provocare paurose esondazioni.
Analogamente, se fosse stata fatta una precisa e soprattutto preventiva “conta” degli esodati/esodanti con le relative coperture finanziarie fin dal primo decreto
)
N
La telenovela
Se i fondi previsti
non saranno sufficienti
a garantire tutti,
si procederà
con il blocco
dell’indicizzazione
per le pensioni sopra
i 3.000 euro (lordi)
6
incontri
Novembre 2012
Monti, oggi il problema “esodazioni” non esisterebbe, come pure
questo brutto termine linguistico.
Il mese scorso, nel commentare quella che era apparsa un’importante dichiarazione del presidente Inps Mastrapasqua ripresa
e riportata ai quattro venti dal
ministro Fornero, “ogni sede Inps
sta rifacendo i conti e il 21 novembre ci saranno finalmente i
dati definitivi” con il significato
implicito che il problema poteva
essere considerato risolto, per
prudenza fondata avevamo preferito lasciare ancora in essere il
punto interrogativo su questa soluzione. Oggi che il fatidico 21
novembre è passato nulla è successo, non ci sono stati proclami
di dati né di conferme sulla definizione del problema.
Al contrario, nelle scorse settimane, nel susseguirsi continuo,
costante, incessante, di voci, pareri, proposte e controproposte,
da parte dei nostri onorevoli “sapientoni previdenziali”, la Ragioneria generale dello Stato, un
importante dipartimento del ministero dell’Economia e delle Finanze, che non è un organo politico, ma detiene la vigilanza sulla spesa pubblica ed opera su due
sole voci del bilancio dello Stato,
entrate e uscite, aveva fatto sapere che, per le ulteriori aggiunte al numero iniziale degli esodati, andava ricercata, trovata e
stanziata la relativa fonte finanziaria, senza la quale non se ne
sarebbe fatto nulla.
La risposta da fonte governativa, ovviamente, non si è fatta attendere: la copertura dovrebbe avvenire, in prima battuta utilizzando i residui relativi ai fondi già
stanziati, 9 miliardi e, nel caso
non fossero sufficienti, a partire
dal 2014, scatterebbe il blocco delle indicizzazioni di tutte le pensioni sei volte superiori al minimo >
SINDACATO
> (intorno a 3mila euro, ovviamente
lordi).
Ricapitolando nel dettaglio: un
nuovo emendamento della legge di
stabilità ha fissato la possibilità, diciamo la quasi certezza, di accompagnare finanziariamente gli ulteriori esodati bloccando l’indicizzazione delle pensioni ricomprese in
una larghissima fascia; la conclusione è, quindi, sempre la stessa: si
toglie ai pensionati o meglio, nella
fattispecie, si blocca il meccanismo
perequativo per l’adeguamento delle pensioni all’inflazione. Per tappare, se vogliamo anche giustamente per certi versi, un buco creato
dall’inettitudine, si penalizza una
massa pensionistica e, sanando
un’ingiustizia, se ne crea un’altra.
Se proprio si doveva arraffare
a piene mani nel solito calderone
Inps perché, ad esempio, non si è
agito drasticamente sul settore
assistenziale, sulle pensioni d’invalidità restringendone i criteri
di concessione e di controlli, visto
che ormai quotidianamente vediamo filmati di finti ciechi che
vanno in bicicletta e che, per decenni, hanno percepito indennità
truffaldine per centinaia di migliaia di euro?
Neppure stavolta, almeno in
questa delicata situazione, si è
ipotizzato di ricorrere a tagli sui
costi della politica, del tutto inadeguati quelli che sono stati effettuati. Oppure, perché non ritoccare le erogazioni ai cosiddetti
baby pensionati, sforbiciare i
multicompensi di manager statali vissuti e beatamente ricompensati all’ombra delle lobby di turno
con contratti miliardari in lire o
milionari in euro?
Cosa si aspetta a rivedere le
mastodontiche concessioni, di
autonomia e di finanza, generosamente regalate alle regioni e
alle province “autonome” delle
quali non tutte fanno un giusto e
pertinente uso?
Di domande di questo tenore
ce ne sarebbero ancora tantissime, ma non andiamo oltre. Elsa
Fornero, nelle sue tante esternazioni, non ha ancora trovato il
tempo di dare risposte convincenti e, soprattutto, di tradurre
in fatti concreti impegni sempre
generici.
In attesa della prossima puntata sugli esodati, preferiamo
chiudere qui con una calzante
massima di don Lorenzo Milani:
“La peggiore ingiustizia è trattare in maniera uguale situazioni
differenti”.
*Commissione Comunicazione
*
incontri
Novembre 2012
7
SINDACATO
Mps, anatomia della crisi
di un’istituzione storica
di VERONICA GRANDETTI
ono tramontati i tempi in
cui l’azienda in cui si lavorava era un rifugio sicuro,
sinonimo di garanzia per
se stessi e per la propria
famiglia. Fino a pochi anni fa era
impensabile che i lavoratori alla soglia della pensione potessero perdere il proprio impiego, ritrovandosi
improvvisamente catapultati in una
situazione di esclusione sociale, senza più garanzie, nessuno contemplava la remota possibilità di reintegrazione. Le distanze tra i vertici delle
aziende e i dipendenti si acutizzano,
provocando un conflitto scandito da
continue lotte. Vecchi e giovani combattono la stessa battaglia. Tutelare
il lavoro, cercando una via di fuga
dalla selva oscura della precarietà,
dell’insicurezza perenne dall’angoscia per la mancanza di progettualità che vieta l’accesso al futuro. Si
susseguono veloci, a scacchiera le
manifestazioni, gli scioperi e le
astensioni dal lavoro.
Non è nuova notizia che anche l’i-
S
L’Eldorado cinese è in Europa.
Pechino si trasforma: da terra
di conquista a conquistatore. E
per la prima volta, nel 2011, gli
investimenti cinesi in Europa
hanno superato quelli delle imprese europee in Cina collocandosi a 11 miliardi di euro contro
7 miliardi.
I NUMERI
INVESTIMENTI
Nell’ultimo anno i prestiti erogati dalle banche alle imprese
sono diminuiti del 4,1% (pari a
41,8 miliardi di euro), ma per le
istituzioni finanziarie e le Amministrazioni pubbliche, i prestiti erogati dagli istituti di credito sono cresciuti rispettiva-
PRESTITI
8
incontri
Novembre 2012
mente del 20,5% (pari a 40,2 miliardi di euro) e del 4,7% (+ 12,2
miliardi di euro) Sono questi i
principali risultati di una ricerca della Cgia di Mestre.
Secondo la Coldiretti la crisi
inciderà e non poco sul natale
degli italiani, che tra regali, cibo e divertimenti spenderanno il 3,7% in meno a famiglia
rispetto all’anno scorso, per
un budget pari a 551 euro. A
provocare la riduzione della
spesa sono la crisi e il contenimento delle tredicesime. La
voce di spesa che ne viene più
influenzata è quella relativa ai
regali (che subisce un taglio
CONSUMI
stituto di credito più antico d’Italia si
trovi ad affrontare questa situazione. Le organizzazioni sindacali di
Banca Monte dei Paschi di Siena non
placano la loro battaglia, continuando giorno dopo giorno, senza mai
stancarsi di capire e correggere il
piano industriale del gruppo Mps,
che sottolineano: “Non può tradursi
in un indiscriminato taglio del costo
del lavoro”. Ancora nessuna garanzia
in merito alla stabilizzazione dei rapporti “precari” in essere, meno che
mai, alcuna garanzia del mantenimento di tutte le previsioni contrattuali aziendali con finalità solidaristica tra dipendenti, esodati ed ex dipendenti.
In tempi di spending review, anche BMps stava percorrendo la strada della riduzione del costo del personale, a partire dalla riduzione delle retribuzione del Top Management.
Una domanda sorge spontanea: a
che punto siamo?
Ne abbiamo parlato con Luca
Bianchi, primo sindacalista DirCredito di Banca Monte dei Paschi.
Si è parlato più e più volte dei >
dell’8,6%), mentre i divertimenti andranno incontro a
una riduzione più moderata (0,3%). In lieve crescita, in termini percentuali, sarà la spesa
legata al cibo: +2,1%.
Gli ordinativi dell’industria a
settembre tornano ad essere negativi, con un ribasso su base
mensile del 4%. Lo rileva l’Istat,
aggiungendo che su base annua
il calo, il tredicesimo consecutivo, raggiunge quota 12,8% (dato
grezzo). Se a livello congiunturale pesa la negativa performance del mercato estero, in
termini tendenziali è il mercato
nazionale a fare peggio.
INDUSTRIA
> licenziamenti
del top management e dei dirigenti. Quali sono
le novità?
Per quanto riguarda i licenziamenti dei dirigenti, la notizia di questi ultimi giorni è che l’ad Fabrizio
Viola ha dichiarato che i 100 dirigenti che volevano fare uscire, in prima
istanza distribuiti nel tempo, subiranno un’accelerazione. Saranno 70
entro l’anno. A questo proposito tutte
le organizzazioni sindacali hanno
presentato l’ennesima rimostranza
sui criteri all’azienda, ma anche sui
modi. Ricordo che avevano garantito
che i primi che avrebbero dovuto allontanare sono coloro che avevano
maturato la pensione. Insieme, ovviamente, alla dirigenza più costosa.
Vi è pervenuta una lista di nomi con relativa retribuzione?
Assolutamente no, nonostante più
e più volte l’abbiamo chiesta. L’azienda non ha un disegno industriale
chiaro. Se la responsabile delle risorse umane, Ilaria Dalla Riva, ci chiarisse i criteri di allontanamento dei
dirigenti, partendo dalle categorie
più alte, gli altri 400 dirigenti potrebbero lavorare più tranquilli. Sottolineo che allo stato attuale ci risulta
che i licenziamenti pendano sulle categorie dirigenziali con le più basse
remunerazioni. Molto diverso il trattamento del top managemant. Licenziati quelli appartenenti alla vecchia
dirigenza, per essere sostituita da altri, decisamente più vicini alla nuova
gestione della banca. Il risultato è che
ci troviamo con la bassa dirigenza
che versa in difficili condizioni.
Hanno licenziato dirigenti, con
stipendi molto bassi, a cui mancano
più di dieci anni alla pensione. C’è
arrivata voce che alcuni di questi
hanno chiesto di rimanere, retrocedendo, come inquadramento a quadro direttivo, pur di non perdere il
proprio lavoro, ma, a fronte della richiesta l’azienda ha negato questa
possibilità. Non si capisce se sia una
negazione assoluta o se ci sia una logica che valuta caso per caso.
Cosa rimprovera all’azienda?
Il difetto principale non è l’atteggiamento industriale rigido, pesantissimo dal punto di vista di costi per
il personale, per intenderci stile Marchionne, ma i proclami e l’assoluta
mancanza di chiarezza. I colleghi decidono di andare via, cercando lavoro
in altri istituti di credito, perché c’è
una situazione di verità offuscata,
che ha creato assoluta incertezza tra
tutti i lavoratori.
È vero che alcuni colleghi del
Consorzio operativo hanno fondato un’associazione?
Certo. Un’associazione completa
anche dal punto di vista legale. I lavoratori, periodicamente, affittano
un locale, pagato di tasca propria, e
si riuniscono per esternare le loro posizioni, creare nuove idee, nuove possibilità e nuove soluzioni. Io stesso
sono stato invitato a prendere parte
ad una delle assemblee. Qualche
giorno fa, accompagnato da un componente della mia segreteria, presenti anche il segretario Fisac e un
segretario Rsu dell’Ugl, abbiamo
partecipato all’incontro. I colleghi
con toni pacati hanno manifestato la
loro “disperazione”. Queste le testuali parole utilizzate. Vera e propria disperazione.
Che impressione ha avuto?
Hanno lasciato intravedere una
mirabile opera di coesione, alla ricerca di contatti e di sinergie con i colleghi degli altri poli di consorzio. In
particolare il rapporto stretto che
hanno con Mantova. La riunione si è
svolta in maniera civile. Molti dei
membri fondatori sono persone non
coinvolte nel processo di esternalizzazione. Sintomo che si sta creando
una coscienza e una consapevolezza
della situazione a dir poco profonda.
L’associazione, pur condividendo le
logiche del sindacato, procede autonomamente. Gli obiettivi sono gli
stessi. Procediamo, però, seguendo
rotte diverse. Le logiche sia di unitarietà, che di metodologia e di compito, sono inevitabilmente differenti,
ma procedono verso una stessa direzione. I loro metodi, sicuramente più
fantasiosi, rispetto alla nostra tradizionale metodologia, aiutano e supportano il nostro lavoro. Danno una
loro risposta alla situazione. La mia
impressione è quella di persone che
vogliono dare un contributo, in maniera autonoma. Senza avere le mani legate da una struttura. Se le regole della democrazia sindacale prevedono una serie di categorie di rappresentanza, per loro è un impegno
civile. Insieme contribuiremo a creare una maggiore complessità nel clima. Se questo era l’obiettivo principe
del presidente Profumo, posso affermare con convinzione che c’è riuscito
in pieno. Ricordo però che aveva proclamato rotte ben diverse.
*
)
SINDACATO
Il punto
Intervista
con Luca Bianchi:
“Toni pacati,
ma nelle assemblee
sento sempre più la
parola disperazione”
incontri
Novembre 2012
9
L’INTERVISTA
In Bpm i lavoratori pagani
le (ir)responsabilità altrui
di FABIO ANGIOLETTI*
a Banca Popolare di Milano (Bpm) è una banca cooperativa tra le principali
banche popolari italiane;
fondata nel lontano 1865,
oggi è la capofila di un Gruppo con
numeri di tutto rispetto: più di
47mila soci, quasi 8.800 dipendenti,
oltre 800 sportelli, un risultato di
gestione superiore ai 430 milioni di
euro.
In un contesto in cui il modello
dominante privilegia la ricerca di
performances sempre migliori a scapito della “sostenibilità” dei risultati
aziendali, si legge nello statuto che
Bpm “ha per oggetto di procurare il
credito ai propri Soci mediante la
cooperazione e la raccolta del risparmio (..) esclusa rigorosamente ogni
operazione di mera speculazione”.
Le più recenti cronache giornalistiche ci hanno però offerto di Bpm
uno spaccato ben diverso, così incline al clientelismo ed al tornaconto
personale da indurre vigilanza bancaria e magistratura ordinaria ad
indagare sull’incepparsi di un complesso sistema di pesi e contrappesi
interni, che una ristretta oligarchia
calibrava in funzione dei propri interessi e delle proprie logiche consociative.
Un modus operandi ben lontano
da quei principi, statutari e vagamente utopici, che si proporrebbero
di conciliare giornalmente impresa
e solidarietà, attenzione alle persone ed etica creditizia, mutualità e
localismo, e sui quali sarebbe auspicabile che ritornasse a focalizzarsi
l’attuale governance dopo il vorticoso avvicendarsi di presidenti che, da
Ponzellini a Bonomi, si è verificato
sotto il pressante impulso delle indagini giudiziarie.
Con la presentazione del Piano
Industriale 2012-2015, nel cui frontespizio campeggia significativamente lo slogan “La forza del cambiamento”, l’istituto di piazza Meda
)
L
L’intervista
Parla Cristiana
Giustizieri,
Responsabile
dell’organo
di coordinamento
DirCredito nella Bpm:
“Rispettare i patti
per rilanciare
l’azienda”
10
incontri
Novembre 2012
tratteggia un contesto di crescita limitata e di notevole incertezza, un
comparto bancario sotto pressione
ed un rapporto costi/ricavi migliorabile; in un momento così impegnativo e delicato il confronto con le organizzazioni sindacali rappresenta la
più alta opportunità in cui dibattere, apertamente e senza pregiudizi,
tanto di efficacia e contenimento dei
costi quanto di rappresentatività,
professionalità, meritocrazia; senza
dimenticare gli investimenti, in assenza dei quali non si attua alcuna
crescita che possa preludere a futuri
sviluppi.
Da qui la necessità di un sistema
di relazioni sindacali proficuo, basato su correttezza e trasparenza reciproche che, nell’ambito di un confronto aperto, sia rispettoso delle regole e dei ruoli ed improntato alla ricerca di ogni possibile convergenza.
Per meglio comprendere le mille
sfaccettature di una realtà così importante e complessa e sentire la voce di chi la vive quotidianamente,
abbiamo incontrato Cristiana Giustizieri, Responsabile dell’organo di
coordinamento DirCredito in Bpm.
Una piccola cooperativa di
credito che, attraverso quasi
150 anni di storia, cresce e si afferma sino a diventare “la banca dei Milanesi”: cosa significa
ed in cosa si caratterizza l’appartenenza ad una delle principali banche popolari italiane?
Non so se si possa parlare di senso di appartenenza come lo si intende per una qualsiasi altra banca;
per la cooperativa Banca Popolare
di Milano si manifesta in tanti modi
e su tanti piani diversi, che spaziano da quelli soggettivi e personali a
quelli collettivi, sanciti da una contrattazione aziendale che ancora oggi è all’avanguardia e non rappresenta, come invece direbbero i vari
Bonomi, Montani e Rossi (presidente, amministratore delegato e capo
del personale dell’istituto ndr), soltanto un maggior costo del persona- >
> le
rispetto alla media del sistema;
appartenenza declinata come un
azionariato dei dipendenti diffuso
come in nessun’altra Popolare ed in
una radicata consapevolezza che il
bene dell’Impresa può tramutarsi
concretamente nel bene dei singoli
dipendenti.
A partire dagli anni Novanta
la “foresta pietrificata” del sistema bancario italiano si è
sempre più trasformata in una
“pista da corsa” attraverso una
metamorfosi che, per trovare
compimento, ha sacrificato sull’altare del liberismo e della globalizzazione i valori di quella
tradizione plurisecolare che ne
connotava l’essenza e la dimensione umana: come ha vissuto
Bpm questo trapasso?
È indubbio che anche la Banca
Popolare di Milano ha subito, e assecondato, quel processo che ha trasformato le banche da intermediatore economico ad intermediatore finanziario, modificando i bancari in
“agenti di vendita”; i lavoratori e le
loro Rappresentanze sindacali
aziendali in Bpm hanno resistito ad
un simile stravolgimento fino a
quando hanno potuto e, comunque,
sono riusciti a garantire che il rapporto tra la banca ed il territorio fosse prevalentemente incentrato sulla
vocazione originaria dell’istituto. Allo stesso modo anche nel periodo
Ponzellini (ma bisognerebbe citare
anche i Direttori generali Dalu e
Chiesa), in cui il la concessione del
credito è stata fortemente orientata
verso i grandi gruppi, la Rappresentanza dei dipendenti soci si è fatta
carico di ottenere il ripristino dell’adeguata attenzione alle piccole e
medie imprese, alle famiglie ed ai
piccoli risparmiatori.
Avrai notato che nella prima parte della mia risposta ho parlato di
Rappresentanze sindacali, mentre
nella seconda di Rappresentanza
dei dipendenti soci. Questa distinzione è fondamentale, perché oggi si
vogliono addossare le responsabilità
di un certo gruppo dirigente dell’associazione Amici della Bpm a tutto
il sindacato, facendo finta di non sapere che diverse organizzazioni sindacali non hanno mai ricoperto incarichi nell’associazione.
DirCredito, fin dalla fase costituente dell’associazione Amici, ne
ha rappresentato l’anima critica,
differenziandosi pubblicamente in
momenti cruciali come l’analisi dell’ipotesi di lavoro con Bper e conseguente allontanamento del direttore generale Fabrizio Viola prima e
del presidente Mazzotta poi, rei soltanto di aver cercato un’intesa con
Bper nell’interesse della crescita
della Banca Popolare di Milano e di
aver tentato di porre un freno a
quelli che erano ormai singoli appetiti divenuti troppo voraci.
Proprio questa mancanza di distinzione tra ruolo e responsabilità
del sindacato e della Rappresentan-
)
L’INTERVISTA
Il punto
Finanziamenti
facili, patti occulti,
clientelismo:
le ipoteche
del passato
pesano
sul piano industriale
2012-15
>
incontri
Novembre 2012
11
L’INTERVISTA
> za
dei dipendenti soci, che anche i
giornali colpevolmente perpetuano,
gioca a favore dell’attuale governance per diminuire le proprie responsabilità accomunando tutti negli errori e nelle nefandezze, sminuendo
il positivo ruolo che il sindacato,
quello vero, ha avuto per lo sviluppo
dell’impresa Bpm.
In un momento storico in cui
le commistioni tra finanza, potere ed economia sembrano aver
definitivamente sancito il tramonto di un modo di pensare e
di agire secondo il quale le banche dovrebbero portare un contributo positivo alla società,
Bpm guadagna le prime pagine
dei giornali: posto che non sempre si è quello che si appare,
qual è l’altra faccia della medaglia?
Intanto dobbiamo partire con il
dire che la Bpm ed il Gruppo Bpm
sono imprese sane, che oggi scontano difficoltà di bilancio non ascrivibili ad una scarsa capacità di “stare
sul mercato” né ad uno sproporzionato costo o eccesso di personale; al
contrario i dipendenti vengono oggi
chiamati a pagare un conto che altri
hanno costituito e lasciato insoluto.
L’immagine fornita dalla stampa
di un gruppo ristretto di “Amici” che
governavano tutto e tutti è una
semplificazione che fa torto innanzitutto alla professionalità di quanti,
interni od esterni alla Bpm, hanno
bene operato: non è un caso che anche dalle intercettazioni telefoniche
emergano funzionari che si opponevano con tutta la loro professionalità ad un certo uso facile e strumentale degli affidamenti, impedendo
che il credito facile si trasformasse
automaticamente in perdita.
Fermi restando i citati eccessi di
pochi che ne hanno sancito il logico
scioglimento, le responsabilità della
Associazione Amici della Bpm sono
da ascrivere alle scelte strategiche e
non alla gestione del quotidiano:
non ne avremo mai la certezza, ma
se l’Associazione avesse perseguito
fino in fondo le proprie scelte sull’accordo con Bper, forse oggi non saremmo a questo punto.
Scrisse Papa Giovanni Paolo
II nell’enciclica “Centesimus
annus”: “È necessario un effettivo cambiamento di mentalità
che ci induca a adottare nuovi
stili di vita, nei quali la ricerca
12
incontri
Novembre 2012
del vero, del bello e del buono e
la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti”: è
questa la “Forza del cambiamento” a cui si ispira il Piano
Strategico 2012-2015?
Tendenzialmente diffido di chi dice di ispirarsi così in alto: credo che
la forza del cambiamento stia nel
reciproco rispetto e nella distinzione
dei ruoli, nel superamento di schematismi quali la richiamata “milanesità” della Bpm, ma soprattutto
nel riconoscimento che è stata la
parte normativa della contrattazione aziendale a consentire alla Banca Popolare di Milano ed alle aziende del Gruppo la giusta elasticità
per affrontare le trasformazioni e le
esigenze di mercato, dandole un
vantaggio considerevole nella gestione delle risorse umane.
In passato in Bpm la contrattazione era permanente; per taluni
blasfemia, per altri l’opportunità di
poter modellare senza stravolgimenti le norme contrattuali, ricercando sempre quelle reciproche
convenienze che dovrebbero essere
alla base di qualsiasi accordo tra le
parti.
Oggi la nuova governance dice
che gli interessi devono essere solo
quelli dell’impresa, sancendo di fatto la fine della cooperativa nell’incapacità di capire che vivere questa
realtà è ben altra cosa dallo studiarla o magari soltanto dal sentirne
parlare.
Nel mondo del lavoro si incrociano le aspettative dei datori di lavoro e dei lavoratori; tra
poco più di un mese è il 25 dicembre: quale regalo vorresti
che Babbo Natale portasse alla
Bpm?
Regali non ne vogliamo da nessuno, e poi diciamo la verità: il presidente Bonomi, l’amministratore delegato Montani ed il direttore generale Rossi proprio non li vedo nelle
vesti di Babbo Natale! Quello che
mi sento di chiedere è piuttosto un
rapido riavvio delle trattative dopo
le assemblee che stanno confermando il credito alle delegazioni sindacali; e se proprio devo fare un auspicio, sia quello di poter chiudere il
negoziato per Santa Lucia.
* Commissione Comunicazione
*
SINDACATO
di GIULIO POMAR*
ltre volte ci siamo
intrattenuti su questa rivista circa l’acuirsi in Italia dei
sempre più evidenti
fenomeni di riduzione della compagine dirigenziale (sia pubblica
che privata).
Una riduzione stimata all’inizio dell’estate scorsa dall’Istat in
un complessivo 20% nell’ultimo
triennio, tendenza da cui non è
immune neppure il sistema del
credito nel quale di recente si va
accentuando. Molte aziende infatti, facendo leva sulla crisi dei
mercati e sulla necessità di ridurre significativamente i propri costi, hanno preso particolarmente
di mira questa categoria (in particolare la sua base meno retribuita
ma più numerosa) che, pertanto,
sta vivendo un disagio sempre più
palpabile ed una situazione di incertezza che rischia di comprometterne la valenza in azienda.
Su questo argomento siamo in
grado, oggi, di segnalare il recente ed autorevolissimo intervento
della Commissione europea che
ha deferito l’Italia alla Corte di
Giustizia per non avere tradotto
in adeguate e coerenti norme interne – proprio con specifico riguardo ai dirigenti – la direttiva
europea che impone l’obbligo per i
datori di lavoro, che intendano ricorrere a licenziamenti collettivi,
di consultare preventivamente i
rappresentanti dei lavoratori al
fine di giungere ad un accordo (direttiva 98/59 recepita tramite legge 223/91).
In tali consultazioni, recita la
nota della Commissione, “devono
essere esaminate le possibilità atte ad evitare i licenziamenti collettivi o ridurre al minimo il numero degli stessi, nonché le eventuali misure volte ad attenuare le
conseguenze dei licenziamenti at-
A
traverso interventi sociali di accompagnamento volti a facilitare
la riqualificazione e riconversione
dei lavoratori licenziati”.
Insomma, mentre in Italia il
comportamento delle imprese, soprattutto verso questa categoria di
lavoratori pur sempre subordinati,
diventa ogni giorno più aggressiva, finalmente si alza una voce
(dall’Europa!) che sottolinea come
la loro esclusione dalle procedure
ordinarie previste per gli altri lavoratori non sia soltanto discriminatoria ed ingiustificata, ma abbia
anche la potenzialità di riflettersi
indirettamente e negativamente
(come da sempre sosteniamo) anche su tutti gli altri dipendenti. I
dirigenti – viene specificato a chiare lettere – devono essere trattati
non solo in modo omogeneo in tutti
gli Stati dell’Unione, ma come tutti gli altri lavoratori coerentemente con i diritti fondamentali ad essi riconosciuti.
Nonostante queste contestazioni siano semplici e chiare, i dirigenti continuano ad essere discriminati, in Italia, persino dai Tribunali che spesso li escludono –
compresi quelli con elevato grado
di competenza ma che non hanno
un potere definito nella gestione
dei mezzi di produzione aziendali
– persino dal semplice conteggio
del totale dei licenziamenti che si
intendono operare.
Che dire, poi, delle scarne garanzie procedurali che li riguardano anche con riferimento all’informazione ed alla consultazione di chi li rappresenta sul posto di lavoro. I dirigenti si dovrebbero convincere, lo ribadiamo ancora, che solo un’adesione significativa alla nostra sigla – che ne
ha la piena legittimazione – potrà
loro offrire la competenza specifica del nostro sindacato nel sostenere le giuste rivendicazioni della
categoria.
* Commissione Comunicazione
)
Dirigenti, dall’Europa
una bacchettata all’Italia
Deferiti
La Commissione
europea si rivolge
alla Corte
di giustizia:
“L’Italia adotti norme
coerenti sulle
procedure
di licenziamento”
*
incontri
Novembre 2012
13
SINDACATO
Unicredit, esternalizzazioni
con troppi punti interrogativi
di CLAUDIO STROPPA*
roseguono le azioni di sciopero
dei lavoratori del Consorzio di
servizi del Gruppo Unicredit,
in risposta alle decisioni assunte dal
top management di piazza Cordusio,
in merito all’esternalizzazione di circa 2.200 lavoratori a livello europeo
(di cui oltre 800 in Italia).
Il progetto di outsourcing, denominato “Newton”, secondo i vertici
aziendali, dovrà produrre in 10 anni circa un miliardo di euro di risparmi, permettendo di cogliere al
contempo le opportunità di business offerte dal mercato “extra
captive”.
Un mercato che si vorrebbe
“aggredire” tramite il conferimento di pregiati rami d’azienda,
come Ict e backoffice, a neo costituite società di servizi, partecipate a maggioranza da più o meno
note società multinazionali del
settore tecnologico.
P
Hypo Alpe Adria: ritirata austriaca
opo l’annuncio di 118 esuberi dello scorso 10 settembre, in assenza di
accordi con le organizzazioni sindacali, Hypo Alpe Adria Bank ha avviato la procedura di licenziamenti collettivi ex Legge 223/1991. A seguito del rifiuto di attivare le forme di solidarietà occupazionale previste dal
Ccnl del Credito, durante l’ultimo incontro del 15 novembre i sindacati, in
totale assenza di informazioni sulle future strategie della banca, hanno ricevuto un secco rifiuto anche su una possibilità di concordare forme di esodi
volontari incentivati. Le dichiarazioni della controllante austriaca, nazionalizzata nel 2009 a seguito della crisi sistemica e delle scelte strategiche sbagliate messe in campo dalla precedente dirigenza, che ha affermato di voler
rinviare al 2016 il piano di dismissioni delle controllate estere, fanno presupporre l’assenza di soggetti potenzialmente interessati all’acquisizione
della banca italiana. Per contro, gli unici interventi per mantenere in equilibrio i bilanci sono stati individuati nel taglio dei costi del personale tramite il licenziamento indiscriminato dei lavoratori. La conquista del ricco nord
italiano da parte della finanza viennese è giunta alla resa dei conti? Siamo
di fronte ad una nuova ritirata austriaca a discapito dei lavoratori italiani?
Questo è un comportamento inaccettabile: dopo che la controllante ha intascato per anni cospicui utili, ora che i margini vengono meno per motivi non
imputabili al personale impiegato, la proprietà è intenzionata a scaricare
sul tessuto sociale italiano gli errori di una dirigenza incompetente e privilegiata.
PIETRO SANTORO
D
*
14
incontri
Novembre 2012
Le organizzazioni sindacali e i lavoratori del gruppo Unicredit sono
estremamente preoccupati perché,
in questi ultimi quattro anni, la crisi
economica ha tagliato, a livello mondiale, il valore di mercato dei maggiori player del settore dei servizi,
costretti a ridimensionare pesantemente il loro personale per fronteggiare la drastica riduzione della specifica domanda.
Tale segmento di mercato, in
Italia, registra una situazione ancor più difficile, con aziende storiche costrette a ricorrere sistematicamente alla cassa integrazione o
in molti casi a chiudere per fallimento: oltre 1.400 dossier, che interessano circa 146.000 lavoratori
giacciono sul tavolo del ministero
del Lavoro aggravando i livelli della disoccupazione soprattutto giovanile (un giovane su tre non riesce
a trovare un lavoro e, tra quelli che
lo trovano, otto su dieci hanno un
contratto da precario).
Non si capisce quindi quale dovrebbe essere questo mercato “non
captive” in grado di garantire ai
circa 800 lavoratorii italiani, da
esternalizzare, la stabilità del posto di lavoro e il mantenimento del
proprio livello salariale e professionale.
Le organizzazioni sindacali di
Ubis contestano, inoltre, ai vertici di
Unicredit l’ingiustificato numero di
consulenti all’interno del gruppo, in
particolare in Ubis, costati nel bilancio 2011 oltre 400 milioni di euro.
Il tutto con una spesa media per
consulente di circa 132.000 euro
contro il costo medio di un lavoratore del settore della finanza di circa
74.000 euro. Si potrebbero realizzare risparmi prossimi al miliardo di
euro in soli 5 anni se si riducesse
drasticamente l’onerosità delle consulenza invece di sacrificare le numerose professionalità presenti nel
Consorzio.
*Coordinatore nazionale
DirCredito in Ubis
*
SINDACATO
l pesante clima che da anni si respira nel settore del
credito continua a produrre raffiche di espulsioni,
morbide o coatte, di bancari, a qualunque livello di professionalità essi appartengano. Le
banche, caparbiamente intenzionate a far quadrare i loro conti
riducendo i livelli occupazionali,
non valutano con la dovuta oculatezza la dispersione del patrimonio di competenze di cui i loro
dipendenti sono portatori grazie
alla partecipazione a corsi formativi e all’esperienza maturata in
anni di attività operativa.
In passato, invece, il settore
creditizio era più attento all’effettiva formazione professionale
delle risorse umane, destinando
a tale scopo cospicue risorse pur
di salvaguardare la qualità del
prodotto e, soprattutto, del servizio erogato. Si riteneva che questa fosse la strada per non perdere punti in capacità competitiva
e in penetrazione commerciale,
rischiando di cedere quote della
propria clientela alla sempre più
aggressiva concorrenza.
Rientrano nella logica dei risparmi gestionali le correnti voci,
sempre più insistenti, che in Ubi
I
danno in uscita 70 dirigenti del
gruppo con l’attivazione di prepensionamenti o con riassunzioni
in inquadramenti inferiori o, in
ipotesi estrema, con il ricorso a
licenziamenti.
Certamente la governance dei
grandi gruppi bancari, nati dall’accorpamento funzionale o societario tra storiche realtà del
nostro panorama creditizio, non
può che pesare sui bilanci aziendali con inevitabili costi. Il problema sta nell’esuberanza delle
voci contabili, determinata dalla
pletorica esistenza o sopravvivenza di popolosi e numerosi
consigli di amministrazione, comitati esecutivi o quant’altro,
attraverso i quali si preservano
equilibri tra i vari centri di potere che, nel convergere nella nuova superbanca, hanno innanzitutto voluto tutelare reciproche
prerogative e aree di influenza.
Se tanti lavoratori devono essere
sacrificati per il futuro della
banca, sarebbe bene iniziare a
tagliare i costi apicali di struttura anziché continuare a provocare nuova disoccupazione con aggravio delle già difficili problematiche sociali.
A.F.
)
Ubi, i dirigenti se ne vanno,
gli sprechi restano. Tutti
Voci
Si parla di 70 dirigenti
in uscita, fra
prepensionamenti,
riassunzioni
in inquadramenti
inferiori, fino ai
licenziamenti
*
incontri
Novembre 2012
15
POLITICA
La lezione della Sicilia:
cosa serve per cambiare
di ANTONIO FIORE
l dilagare della cosiddetta “antipolitica” si è materializzato alle
recenti elezioni regionali siciliane: il 70% del corpo elettorale
dell’isola si è astenuto o si è
espresso con voto di protesta.
Si è interrotta, quindi, la sequenza di alte percentuali di votanti,
sempre registrate nelle precedenti
tornate elettorali della nostra era repubblicana. Quali le possibili cause
della disaffezione al voto e della protesta alla “politica”?
E’ d’obbligo il collegamento al difficile momento che sta vivendo il
Paese, stretto, da un lato, dai problemi dell’elevato debito pubblico, della
lunga fase economica recessiva e
dell’insopportabile pressione fiscale;
dall’altro, dai deplorevoli comportamenti dei nostri politici, che determinano, nell’immediato, grande risonanza mediatica ma restano per lo
più impuniti grazie a immunità,
prescrizioni e ipergarantismi processuali.
Il fisco è divenuto opprimente in
risposta alla continua espansione
delle esigenze finanziarie del bilancio statale; i tagli alla spesa pubblica, quando apportati, sono stati lineari invece che selettivi, perché ne
è stata evitata la razionalizzazione,
con cui avremmo potuto restringere
l’area dei costi improduttivi e dei
privilegi esistenti. Più di recente,
l’anticipo del pareggio di bilancio al
2013, preteso dall’Europa, ha costretto i nostri governi a ulteriori
manovre correttive per oltre 100 miliardi di euro, con un aumento della
fiscalità di tre punti nel momento in
cui eravamo già nel gelo della crisi
economica, che ha colpito l’Italia prima di allargarsi al resto del Continente. Gli interventi governativi
hanno continuato a colpire pesantemente i percettori di reddito medio/basso, tra cui la grande maggioranza dei lavoratori subordinati e
dei pensionati, con conseguente fles-
)
I
L’analisi
Oltre il 70 per cento
degli elettori dell’isola
si è astenuto oppure
ha scelto un voto
di protesta.
Fisco, tagli e questione
morale sono i punti
da cui ripartire
16
incontri
Novembre 2012
sione dei consumi di massa, tornati
ai livelli degli anni ‘90. Da qui l’ulteriore avvitamento della nostra economia che è passata dalla stagnazione all’attuale recessione, ben più incisiva di quella prevista. Si è ridotto
il reddito medio spendibile, accompagnato da: un preoccupante aumento della mortalità imprenditoriale, licenziamenti a catena e aumento della disoccupazione, blocco
degli investimenti pubblici e privati
nonché compromissione della nostra
capacità di risparmio.
Questo è il risultato del rigore,
impostoci dall’Europa e preteso dai
mercati finanziari, divenuti riottosi
verso i titoli del debito pubblico italiano fino a provocare un eccessivo e
ingiustificato distacco (spread) tra i
tassi pagati dai nostri Btp decennali
e quelli dei Bund tedeschi.
Ne ha risentito il nostro sistema
di welfare: sono stati compressi i servizi sanitari e sociali; è stata varata
una riforma pensionistica particolarmente severa; è stato bloccato il
turnover dei dipendenti pubblici, ritardandone la progressione retributiva, il tutto senza troppo badare alle dinamiche che si sarebbero attivate nella società e nella nostra economia, da tempo afflitta da bassi tassi
di sviluppo e, più di recente, dall’avversa congiuntura internazionale.
Ciò detto, dovremmo chiederci: se
l’entità della spesa pubblica italiana
è tale da provocare un perenne deficit del bilancio annuale pur in presenza di un elevato prelievo fiscale,
non dovremmo aspettarci un livello
qualitativo medio dei nostri servizi
all’altezza di quello dei Paesi più
avanzati? Se questo non è, che fine
fanno i quattrini dei contribuenti?
Se la spesa è elevata e la pressione
fiscale pure, significa che la macchina dell’area pubblica assorbe troppe
risorse e, se in passato ce lo potevamo permettere, ora che abbiamo rinunciato alla vecchia “lira” e ci confrontiamo con sistemi politici, amministrativi, sociali e economici più >
POLITICA
>
virtuosi del nostro, dobbiamo procedere con assoluta urgenza alle riforme strutturali, se vogliamo essere
protagonisti e non gregari nell’Eurozona.
La classe politica, per contrastare
la marea montante della protesta,
deve rinnovarsi negli uomini e nelle
idee, abbandonando logiche di governo della cosa pubblica non trasparenti, familistiche, clientelari e a
rischio di interesse privato; deve
presentarsi agli elettori con articolate proposte di riforme che invertano
la tendenza attuale e ci pilotino verso la ripresa economica.
I programmi dei partiti devono
concentrarsi seriamente su: spending review (dalla quale possono attendersi risparmi di almeno 80 miliardi); lotta all’evasione fiscale e alla dilagante corruzione (la prima,
stimabile in almeno 100 miliardi di
euro di mancato gettito e la seconda
Serve un profondo processo di rinnovamento
dei partiti per riconquistare la fiducia dei cittadini
in altri 60 miliardi annui, secondo
la Corte dei conti).
Se i partiti politici impegneranno
le loro migliori energie in tal senso,
se alla fine naturale della prossima
legislatura saranno stati capaci di
recuperare anche solo la metà delle
risorse finanziarie di cui si è detto,
otterranno di nuovo la fiducia degli
elettori perché potranno procedere a
un vero contenimento del cuneo fiscale, ridisegnando la curva dell’Irpef, attualmente troppo sbilanciata
in favore dei redditi più alti.
Veniamo, infine, all’annoso problema del nostro debito (pari a oltre
il 120% del Pil) che ci costerà nel
2012 più di 80 miliardi di interessi
passivi, previsti in crescita negli anni successivi. Su quest’ultimo argomento tanto si dice ma troppo poco
si fa. Eppure abbiamo un patrimonio pubblico (statale, regionale e locale), tra cespiti immobiliari e partecipazioni societarie, stimato in almeno 400 miliardi oltre a 70/80 miliardi di riserve auree. Non è finita qui,
perché tutti ci riconoscono altri assi
nella manica: disseminati dappertutto, in mille musei e siti vari, abbiamo beni culturali, artistici, archeologici e architettonici per un valore, da tutti ammesso, di circa il
70% del totale mondiale; inoltre possiamo vantare un patrimonio privato da primato (valutabile nel complesso 9.000 miliardi tra immobili e
non). Se l’Europa non può o non vuole aiutarci erogandoci quanto necessario per rientrare nel parametro
del trattato di Maastricht (debito
pubblico non superiore al 60% del
Pil nazionale), applichiamoci a varare un “Prestito per l’Italia”, a lunga
scadenza. Potremmo spuntare dagli
investitori italiani ed esteri tassi di
interesse abbastanza bassi perché il
relativo rischio sarebbe molto ben
garantito da questi nostri asset; una
frazione di esso (per esempio il 30%)
potrebbe esser destinato a finanziare infrastrutture anche tecnologiche
e la ricerca, con cui dare ossigeno all’economia, migliorando la nostra
competitività; il resto andrebbe a
rimborso dei titoli di Stato in scadenza fino a ridimensionare il livello
del nostro debito al 90/100% del Pil.
In conclusione, se abbiamo perso
troppo tempo in cose inutili e dannose, che alimentano il diffondersi dell’antipolitica, rimbocchiamoci le maniche e ricostruiamo questa nostra
Italia che reclama, per le tante eccellenze di cui è prodiga, un ruolo trainante tra i paesi d’Europa.
*
incontri
Novembre 2012
17
L’ANALISI
Molise, un quadro economico
con troppe contraddizioni
)
di MARIA GRAZIA BIANCHI*
Viaggio in Italia
Cala l’occupazione,
in particolare
nel settore delle
costruzioni, meno
prestiti dalle banche
alle famiglie. Il turismo
va in controtendenza:
più 20 per cento
di presenze
18
incontri
Novembre 2012
l quadro dell’economia regionale del Molise presenta
aspetti contraddittori, comunque nel complesso si presenta negativo. Partiamo dal
mercato del lavoro che ha registrato
una flessione nell’occupazione pari a
–1,0% ed il tasso di occupazione si è
attestato al 50,6%.
La dinamica negativa ha riguardato maggiormente il lavoro maschile (–1,9%) e quello dipendente
(–2,1%) ed è stata particolarmente
intensa nel settore delle costruzioni
(–7,6%).
Per quanto riguarda l’andamento
del mercato bancario si registra un
indebolimento con i prestiti alle famiglie consumatrici scesi al 3,4%,
(nel 2010 era al 5,3%). Il credito alle
imprese ha ristagnato rispetto all’anno precedente (0,4%), continuando a risentire di condizioni di offerta
sempre più selettive. I prestiti al terziario sono invece aumentati (1,4%)
e l’incremento si è concentrato nel
commercio, nei trasporti e nel settore dell’energia anche per la realizzazione di impianti fotovoltaici.
Nel 2011 il flusso di nuove sofferenze delle banche e delle finanziarie è stato pari a 65 milioni di euro,
con l’incidenza sul totale dei prestiti
salita al 5,9%. In Molise sono presenti 26 aziende bancarie, con 144
sportelli attivi. Il numero medio di
dipendenti per sportello è pari a 6,
che è il più basso a livello nazionale.
In controtendenza rispetto ad altri settori, l’attività turistica regionale. Dopo la flessione del biennio
precedente, ha registrato una robusta ripresa con le presenze aumentate del 26,0% grazie all’incremento
del turismo interno e all’ampliamento della ricettività turistica (+7,1%),
concentrata nelle strutture extra alberghiere (+10,3%), in particolare
alloggi agrituristici e “bed and
breakfast”.
La ripresa è stata più intensa
I
nella provincia di Campobasso
(30,1%) per l’andamento positivo
dei soggiorni estivi sulla costa. Per
quanto riguarda il mercato immobiliare si registrano due dati solo
in apparenza contradditori. Si è
registrata una crescita del 5,4%
nel numero delle compravendite,
dopo il significativo calo del 2010 (10,5%).
E’ proseguita invece la contrazione dei prezzi reali delle abitazioni (–1,9%) in atto dal 2004, mentre i
prezzi nominali sono cresciuti dello
0,8%; esaminando alcuni dati delle
atività produttive e delle vendite si
segnala l’aumento della produzione
di cereali che fa registrare un
+16,6%, (+ 12,0 % nel 2011) mentre
le coltivazioni industriali hanno registrato una contrazione del 25,8%;
il raccolto del comparto olivicolo è
diminuito del 10,5%; in aumento in
Molise le vendite di prodotti in gomma e materie plastiche sono aumentate del 2,1% e quelle di alimentari
del 9.5%, mentre l’export si è ridimensionato a causa della netta contrazione delle esportazioni di prodotti tessili e dell’abbigliamento
(–31,8%) e di sostanze e prodotti
chimici (–6,8 %);
La Regione Molise ha posto in essere alcune “Misure anticrisi urgenti per fronteggiare le difficoltà economico-finanziarie delle aziende
agricole”, che si pongono anche l’obiettivo di migliorare la competitività del comparto agricolo ed agroalimentare regionale rispetto ai corrispondenti sistemi dei nostri principali competitor. Inoltre, tramite la
Finmolise, si è provveduto a facilitare l’accesso al credito alle imprese,
oltre a concedere agevolazioni a favore dei “giovani che innovano”.
Centrali per la ripresa economica risultano i Confidi molisani, che garantiscono circa 40 milioni di euro
di finanziamenti erogati, con percentuali di insolvenza tra i più bassi
d’Italia (solo 1%).
*Rsa DirCredito IntesaSanPaolo
*
Segreteria nazionale
Entra Tiziano Coco
POSTE
La Cisl si conferma il primo
sindacato delle Poste Italiane. Nelle elezioni delle Rsu
che si sono svolte nei giorni
scorsi in tutti gli uffici postali, la Cisl Poste ha raggiunto
il 47% dei voti, seguita dalla
Cgil con il 20%, laUil con il
12%, Failp e Confsal appaiati
al 7% e l’Ugl con il 5,5%.
COMMERCIO
ordialità, simpatia, generosità e disponibilità. E
poi tantissima professionalità, passione e competenza per gli argomenti
che tratta e discute, spesso con forza
ed ardore. Sono senza dubbio queste
le caratteristiche principali della
personalità di Tiziano Coco che da
pochi giorni è entrato a far parte della Segreteria nazionale di DirCredito. Impegno, serietà e passione che
Coco ha mostrato già al momento
del suo ingresso nel sindacato, avvenuto circa 10 anni fa.
Tiziano è dunque soprattutto un
dirigente-trascinatore; tra le sue
tante caratteristiche personali, infatti, quella del “talent scout” forse
lui non se l’aspetta proprio. Le relazioni umane che ha sviluppato sul
territorio gli hanno consentito di costruire intorno a sé una squadra di
sindacalisti alle prime armi, ma non
per questo meno motivati.
Tiziano Coco è nato a Velletri (Roma), vive a Latina, compie cinquantadue anni proprio in questi giorni e
C
approda alla Segreteria nazionale
dopo aver svolto un eccellente lavoro
in Bnl soprattutto da quando questa
è entrata nel mondo del colosso Bnp
Paribas, cioè dal 2006. Prima come
Rsa a Genova, poi come responsabile del Gruppo Roma, Coco ha saputo
creare le condizioni per un coinvolgimento concreto e dinamico di tutta
la struttura aziendale. E’ entrato a
far parte dell’organo di coordinamento Bnl nel 2010. Forte l’intesa
con Gianfranco Mastino, Responsabile del Coordinamento aziendale e
di gruppo che di lui dice: “Tiziano è
un dirigente sindacale di spessore ed
insieme ci aspettiamo di rafforzare
la presenza di uomini e donne Bnl
nella struttura nazionale”. In bocca
al lupo dunque a Tiziano. E un augurio sincero anche a Guido Antolini, Segretario nazionale uscente, che
continuerà ad occuparsi a tempo pieno per conto della la Segreteria nazionale di “Partecipazione dei lavoratori”, tema che il DirCredito ha
sempre ritenuto centrale.
C.A.
*
Filcams Cgil, Fisascat Cisl e
Uiltucs esprimono alla Confesercenti sostegno ed adesione per la raccolta firme
sulla legge di iniziativa popolare per “Libera la Domenica.
I sindacati di categoria disponibili ad iniziative comuni”. Dunque, si estende il consenso all’iniziativa promossa
da Confesercenti con Federstrade su ‘Libera la Domenica’ e che prevede la raccolta
di firme per una legge di iniziativa popolare che corregga gli eccessi della liberalizzazione sulle aperture domenicali e restituisca alle Regioni la potestà di decidere.
SOSTENIBILITÀ
Il segretario della Fiom Cgil
Maurizio Landini pensa che
la crisi renda indispensabile
“aprire la discussione su come si produce, quanto si produce e che sostenibilità ambientale ha. Siamo di fronte
ad un’evidente crisi del modello di sviluppo di questi
anni, con la chiusura di fabbriche e il rischio di licenziamenti. E’ chiaro che riprodurre quel che c’è nei sistemi
occidentali e in tutto il mondo vuol dire distruggere il
pianeta a causa di problemi
ecologici, e di comportamenti e consumi errati che portano all’ingiustizia sociale”.
GLI ALTRI
TESSILE
Via libera alla piattaforma
unitaria per il rinnovo del
contratto del settore tessile
abbigliamento e calzature in
scadenza il prossimo marzo
2013. Ad approvarla l’assemblea di Femca-Cisl, FilctemCgil e Uilta-Uil. Tra le richieste quella di aumento medio
salariale di 132 euro nel triennio 2013-2016 e dell’erogazione
di 250 euro a carico di quelle
aziende che non effettuano la
contrattazione aziendale.
SINDACATO
Il mito del modello tedesco,
conoscere per capire
di SILVIO BROCCHIERI
n un’Italia afflitta dalla crisi, alle prese con una riforma del lavoro incentrata sulla deregulation piuttosto che sulla soluzione del problema occupazionale,
lo stereotipo del “modello tedesco” è la
nuova moda del dibattito politico sindacale.
Alla fine del conflitto mondiale
l’Europa è in sofferenza ed in particolare la Germania; un Paese distrutto ed una situazione economico/finanziaria devastanti. Ricostruire senza conflitti sociali è la priorità;
nasce così un nuovo schema di relazioni industriali, l’embrione del
“modello tedesco”.
E mentre in Italia l’orientamento
è quello della conflittualità tra “padrone” e lavoratori, in Germania
prende piede una forma di democrazia aziendale fondata sul consenso
partecipativo e collaborativo che
porta, già nel ‘51, alla nascita della
“Mitbestimmung” (co-determinazione), definitivamente ordinata dal
governo Schimdt nel 1976.
La cogestione – meccanismo di
concertazione con il quale i lavoratori partecipano ai processi decisionali delle aziende – è la forma di governance più diffusa nelle grandi e
medie imprese tedesche; non è obbligatoria, ma se richiesta dai lavoratori, in presenza dei requisiti di
legge, non può essere negata dal datore di lavoro. Per legge, nelle ditte
con più di cinque addetti, questi
partecipano alle decisioni delle società con i Consigli di fabbrica (Betriebsrat) – composti interamente
da dipendenti eletti dai lavoratori
– che la legislazione, cosa importante, identifica quali strutture solo di
fabbrica, tant’è che i membri sono
tenuti al silenzio anche in presenza
di notizie e scelte che implichino
danni per i lavoratori stessi. Il sindacato non può presentare candidature proprie, ma solo sostenere singoli individui che pertanto non as-
)
I
Le caretteristiche
Consigli di fabbrica
e di sorveglianza,
il ruolo dei sindacati,
norme rigide
sugli scioperi.
Ma è possibile
applicarlo al nostro
sistema economico?
20
incontri
Novembre 2012
sumono alcun obbligo.
Altro organo di partecipazione
sono i Consigli di sorveglianza,
(Aufsichtsrat) composti per metà
dai rappresentanti della proprietà
(tra i quali il presidente, il cui voto
vale doppio) e per metà da quelli dei
lavoratori – di nomina direttamente
sindacale solo in parte minoritaria –
che, in tal modo, possono a loro volta influire sulle decisioni dei Consigli di amministrazione (Vorstand).
L’entrata dei sindacati in azienda
non è quindi così pacifica perché il
diritto di rappresentanza si basa sul
consenso tra le due parti. Anche il
diritto di sciopero è soggetto ad una
regolamentazione rigida: non sono
consentiti scioperi con finalità politiche, la proclamazione di uno sciopero generale di categoria deve coinvolgere almeno il 51% degli addetti
del settore interessato ed essere
convalidato da una maggioranza del
75% dei votanti.
L’errore da non commettere è
credere che le esperienze estere possano essere trapiantate “tout court”
nel nostro contesto, un sistema industriale molto frazionato, costituito per lo più da piccole imprese
(spesso a carattere artigianale), con
pochi dipendenti. Né si può pensare
di importare solo parzialmente un
modello, come quello tedesco, rigidamente regolamentato e culturalmente radicato. Da non trascurare
poi che spesso, in Italia, si confonde
ancora la cogestione con la partecipazione dei piccoli azionisti che, diversamente, assumono il rischio
d’impresa in prima persona.
Allora, siamo pronti a mettere in
gioco lo Statuto dei lavoratori, la
rappresentanza sindacale di base,
per la “partecipazione”? Sarebbe
forse più interessante mirare a
un’evoluzione culturale ispirata a
una reale unità sindacale e a forme
di relazioni industriali più collaborative alla “tedesca”, diverse dalla
concertazione... con un adeguato
supporto legislativo.
*
BANCHE
di DANTE SBARBATI*
l 17 ottobre 2012 sono entrate
in vigore alcune importanti modifiche del decreto legislativo
21.11.2007 n. 231 che hanno introdotto l’aumento delle sanzioni previste per le violazioni dei limiti di saldo dei libretti di deposito al
portatore (1.000 euro) e del loro trasferimento, senza le dovute comunicazioni, da un minimo del 30% al
40% del saldo del libretto e la fissazione del nuovo limite operativo per
i “cambiavalute”, che potranno vendere ed acquistare valuta estera utilizzando come mezzo di pagamento
contanti o assegni fino ad euro
2.500 (ex 1.000).
Sono stati inoltre forniti chiarimenti in materia di assegni bancari
e postali emessi senza la clausola di
non trasferibilità, stabilendo che il
trasferimento e la presentazione all’incasso di titoli bancari e postali
emessi all’ordine del traente da parte di soggetto diverso, costituiscono
violazione.
A ciò va aggiunta l’introduzione
di una nuova formulazione dell’obbligo di astensione. Prima, le banche ed i professionisti qualora non
fossero in grado di rispettare, all’atto dell’accensione del rapporto,
gli obblighi di adeguata verifica
della clientela erano tenuti ad astenersi; ora tale obbligo è stato esteso
anche al rapporto in essere, qualora ci sia l’impossibilità di raccogliere compiutamente le informazioni
ritenute obbligatorie per l’aggiornamento del profilo di rischio del
cliente.
La normativa è destinata ad incidere pesantemente sull’operatività
degli intermediari finanziari, in
particolar modo delle banche. Il
principio sancito nel provvedimento
è quello per cui l’assenza delle informazioni, necessarie all’intermediario per attribuire il corretto profilo
di rischio, comporta l’impossibilità
di mantenere in essere il rapporto
I
contrattuale e ne determina l’automatica risoluzione.
Questa rigida interpretazione
dell’operatività (sospesa il 19 ottobre e tutt’ora in attesa di chiarimenti tecnici da parte di Bankitalia)
presenta aspetti di non facile applicazione, perché la banca sarebbe tenuta – in assenza di adeguate informazioni atte a precisare il profilo di
rischio del cliente – a chiudere il
rapporto in essere e a girarne le attività ad altro intermediario con bonifico motivato. Se i dati occorrenti
a eseguire la rimessa non le sono
noti, come sperare di ottenerli da un
cliente che ha rifiutato di darle le
informazioni generali che le avrebbero consentito di mantenere in vita
il rapporto? Anche se ciò fosse possibile, la banca sarebbe comunque obbligata a precisare a quella destinataria di essere stata indotta al trasferimento della somma per l’impossibilità di profilare correttamente il
cliente, motivazione che indurrebbe, di fatto, il ricevente a segnalare
nei modi d’uso tale operazione come
sospetta.
L’art. 23 comma 1 del Dlgs impone alla banca oltre alla restituzione
al cliente del denaro, anche l’obbligatoria contestuale liquidazione
delle disponibilità in essere diverse
dal denaro (fondi, titoli), esponendola, così, a responsabilità risarcitorie per l’eventuale vendita in perdita, pur se limitata, del capitale investito. In attesa di istruzioni da
Bankitalia, l’Abi ha ottenuto una
sospensione dell’efficacia del provvedimento per le riferite problematiche operative.
E’ opportuno che le banche pubblicizzino al massimo la nuova norma, perché la clientela sia informata delle spiacevoli conseguenze legate alle segnalazioni dei rapporti
all’Uif in caso di riscontrate carenze
informative non sanate per tempo,
sollecitandola a dare piena collaborazione.
* Commissione Comunicazione
)
Libretti al portatore e obbligo
di astensione: nuove regole
Il decreto
Entrate in vigore
a ottobre, le norme
restano ancora
controverse. L’Abi
ha richiesto chiarimenti
tecnici a Bankitalia
*
incontri
Novembre 2012
21
RUBRICHE
Il filo d’Arianna
Suggerimenti utili per districarsi
nel labirinto della vita quotidiana
a cura di CLAUDIO MINOLFI
n Europa e nel nostro Paese
esistono, da anni, tutele del
consumatore nei confronti
del venditore o del fornitore,
che gli riconoscono il diritto
ad essere garantito affinché i beni
e servizi acquistati siano idonei al
loro uso abituale, siano conformi
all’utilizzo descritto per la specifica tipologia, abbiano le qualità e
corrispondano alle prestazioni ragionevolmente attese dal Consumatore.
Detta garanzia ha una validità
di due anni dall’acquisto, con data
certificata dallo scontrino fiscale o
da altra prova certa.
Le contestazioni e le relative richieste di soluzione vanno effettuate nei 60 giorni dalla scoperta
delle difformità (mediante raccomandata con ricevuta di ritorno,
salvo formale riconoscimento del
venditore) sempre che l’acquirente non le conoscesse già o non potesse rilevarle con la normale diligenza.
Per la definizione dell’avviata
procedura di contestazione, si potrà chiedere la sostituzione o la riparazione del bene a spese del
venditore, sempre che non sia
troppo oneroso o difficile, nel qual
caso sarà possibile chiedere una
congrua riduzione del prezzo o la
risoluzione del contratto con restituzione di quanto pagato.
Analoga garanzia, in assenza di
difetti al momento dell’acquisto,
opera pure per l’installazione del
prodotto se fatta dallo stesso venditore o se è l’acquirente a provvedervi ma non sorretto da corrette e
comprensibili istruzioni. Anche
l’acquisto di prodotto usato o rigenerato gode della stessa garanzia,
tenendo però conto delle caratteristiche presentate e dello stato d’uso, ma il venditore potrà ridurne il
periodo di validità (non così per il
“nuovo”) purché esplicitamente e a
)
I
Commercio
La tutela
del consumatore
in caso di acquisto
di prodotti
difettosi o di servizi
non conformi
alle aspettative
22
incontri
Novembre 2012
non meno di un anno.
Anche per gli acquisti effettuati
al di fuori di un negozio o, come oggi molto più spesso accade, via internet, esiste una normativa, soprattutto europea, che pone una
serie di regole, di non poco conto, a
tutela del Consumatore, pur se dal
venditore quasi mai evidenziate.
Oltre, infatti, a tutte le già esaminate garanzie di conformità
(del venditore) e di funzionamento
(del produttore), la Legge dispone
altresì il diritto, per chi si accinge
a concludere un cosiddetto contratto a distanza, a ricevere preventivamente ogni notizia sul
venditore, sulle caratteristiche del
bene/servizio acquistato, sul prezzo globale e sulle modalità di pagamento, sui tempi di consegna
del bene o di fornitura del servizio, ma soprattutto sancisce il diritto di recesso dal contratto, imponendo le necessarie indicazioni
per il suo esercizio. Tali indispensabili informazioni dovranno, a
conclusione del contratto, essere
confermate in forma scritta all’acquirente che dovrà pure ricevere
le previste garanzie con le indicazioni per notificare le possibili
contestazioni o il suo recesso nei
termini prestabiliti.
Il diritto di recesso per i contratti a distanza (acquisti on line
compresi), può essere esercitato in
Italia, sempre con raccomandata
A.R., nei 10 giorni (7 negli altri
Paesi Europei) dalla consegna del
bene che, nel medesimo termine,
andrà restituito al venditore, a
spese dell’acquirente se così previsto dall’accordo. Il termine per il
recesso, invece, qualora non siano
state fornite tutte le necessarie
notizie ed informazioni, passa a
tre mesi, mentre in ogni caso entro
i trenta giorni successivi alla percezione dell’avvenuto recesso il
venditore dovrà, a sua volta, provvedere alla restituzione del prezzo
ricevuto.
*
RUBRICHE
Osservatorio giustizia
a cura di CLAUDIO MINOLFI
Suprema Corte di Cassazione
Sezione Lavoro
Sentenza n° 7511
del 15 Maggio 2012.
ILLEGITTIMITA’ DEL LICENZIAMENTO DISCIPLINARE PER
ASSENZA
INGIUSTIFICATA
PROTRATTA PER OLTRE TRE
GIORNI, LADDOVE NELLA LETTERA DI CONTESTAZIONE I
GIORNI DEDOTTI ERANO SOLO
DUE. PRINCIPIO DELL’IMMODIFICABILITA’ DELLA CONTESTAZIONE DISCIPLINARE.
Nei primi due gradi di giudizio, ad
una società è stato revocato il licenziamento inflitto ad un proprio dipendente per assenza ingiustificata protrattasi oltre tre giorni, essendosi il lavoratore assentato dal
suo posto di lavoro dal 21 Febbraio
al 1° Marzo 2001. Il datore di lavoro aveva, quindi, proposto ricorso
alla Corte di Cassazione che nuovamente respingeva le doglianze
aziendali sulla scorta di varie argomentazioni.
Innanzitutto, la ricorrente eccepiva
l’erronea applicazione della Legge
n° 300 del 1970 (Statuto dei Lavoratori) per carenza del requisito dimensionale dell’azienda, asserendo
di occupare da sempre meno di
quindici dipendenti. A tal proposito
la Suprema Corte, come affermato
in precedenza, ha ribadito che l’onere di provare l’esistenza del requisito dimensionale, ai fini della
tutela da applicare, grava unicamente sul datore di lavoro che, nel
caso in specie, non aveva prodotto
le relative prove documentali sin
dal primo grado del giudizio.
La Corte, quindi, soffermava la propria attenzione sull’applicazione
del principio della immodificabilità
delle motivazioni poste dal datore
di lavoro a supporto della massima
decisione disciplinare per cui, anche se il dipendente si era effettivamente assentato dal 21 febbraio al
1 marzo 2001, essendogli stata, per
lettera, contestata un’assenza ingiustificata di soli due giorni, non
poteva esser presa in considerazione una diversa motivazione successivamente dedotta a carico del lavoratore. Era, pertanto, giudicata
inammissibile la censura della decisione dei Giudici d’Appello che, correttamente, ebbero a ritenere illegittimo il licenziamento valutando
l’assenza di soli due giorni.
***
Suprema Corte di Cassazione
Sezione Lavoro
Sentenza n° 7863
del 18 Maggio 2012.
ILLEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DISCIPLINARE PER ASSENZA INGIUSTIFICATA, COMMINATO AL LAVORATORE CHE
AVEVA FORMULATO LA PROPRIA RICHIESTA DI FERIE A
MEZZO POSTA ELETTRONICA.
La Suprema Corte ha respinto il ricorso proposto contro una sentenza
dei Giudici d’Appello di Roma che
avevano sancito l’illegittimità, dichiarandone l’annullamento, del licenziamento motivato da assenza
ingiustificata del dipendente che
aveva utilizzato la mail per chiedere un periodo di ferie.
La sentenza in esame ha, infatti,
considerato consistenti le risultanze probatorie acquisite in Giudizio circa l’esistenza della comunicazione trasmessa per via telematica, la sua effettiva ricezione
da parte del presidente della società datrice di lavoro e del capo
del personale, la consolidata prassi aziendale, da tempo consentita,
circa l’utilizzo della posta elettronica per tali scopi, a superamento
di una circolare dispositiva esistente sullo stesso tema. Tutti motivi ritenuti idonei dalla Suprema
Corte a determinare il convincimento del lavoratore di aver ottenuto tacita autorizzazione da parte del datore di lavoro.
*
)
Il punto sulla giurisprudenza sul lavoro:
uno sguardo alle sentenze della Cassazione
Basta la mail
Licenziato perché
aveva comunicato
la sua assenza
solo tramite posta
elettronica:
il provedimento
è illegittimo
incontri
Novembre 2012
23
SOLIDARIETA’
DirCredito e Amref:
diamo spettacolo per l’Africa
)
a cura di TERESA CORATELLA e TIZIANO COCO
L’iniziativa
Il 19 dicembre
concerto all’Ara Pacis
per costruire una
cisterna per l’acqua nel
villaggio di Kathuma,
in Kenia. Un progetto
di DirCredito, con il
patrocinio di Zetema
24
incontri
Novembre 2012
irCredito per l’anno
2012 ha deciso di realizzare, in collaborazione con AMREF, un progetto, fortemente voluto dal Segretario generale Maurizio
Arena, che da subito ha creduto nel
programma di solidarietà in favore
degli abitanti di KATHUMA, piccolo villaggio situato in Kenia. Un impegno finalizzato a sostenere un
progetto importante, per produrre
benefici duraturi a sostegno dell’infanzia. Un contributo concreto ad
Amref, per la realizzazione di una
cisterna d’acqua, per aiutare a sconfiggere le malattie, perché acqua
pulita vuol dire vita, acqua vicina
vuol dire progresso. Per i bambini
significa poter andare a scuola e
non trascorrere la giornata trasportando pesanti taniche d’acqua, per
le donne, avere la possibilità di dedicare maggior tempo ai figli, alla
cura dell’orto e della casa, tutti potranno bere, lavarsi, cucinare e sviluppare attività che producono reddito. In Africa 4 decessi su 5 sono le-
D
gati alle carenze idriche. La cisterna
sarà realizzata per la scuola
KATHUMA nel Distretto Kitui, Divisione Matinyani, circa 130 chilometri da Malindi.
L’avanzamento dei lavori di costruzione delle cisterna verrà periodicamente monitorato e, attraverso Amref DirCredito intende
stabilire dei contatti con gli abitanti per poterli seguire in tale percorso. L’evento verrà presentato nel
corso di una conferenza stampa
congiunta DirCredito Amref alla
presenza di alcuni rappresentanti
delle istituzioni che si terrà a Roma
il 19 dicembre, presso il Museo dell’Ara Pacis, a cui seguirà un concerto dei NEW MODERNISM: Tony
Esposito, Mark e Indrek Paul Kostabi, con performance artistica di
Nora Lux. Si ringraziano l’onorevole Nicola Galloro Consigliere della
Provincia di Roma e il dottor Albino
Ruberti, Amministratore Delegato
di Zetema con il suo staff, per la disponibilità dimostrata a sostegno
dell’iniziativa.
*
SOLIDARIETA’
Musica e performance artistiche:
I protagonisti della serata
I NEW MODERNISM
di Mark Kostabi e Tony Esposito, con Paul Kostabi alla chitarra.
(Antonio Nicola Bruno al basso)
Mark Kostabi artista e compositore affermato nel panorama internazionale, le sue musiche sono riproposte da orchestre e solisti di primo piano in America, Europa e Giappone ottenendo
grandissimo successo. Esponente del movimento artistico dell’East Village, artista prolifico, alcune delle sue opere sono esposte nei musei più importanti del mondo.
Tony Esposito
Tony Esposito, musicista, cantautore e percussionista italiano. L’originalità del suo approccio si può ritrovare nell’invenzione di strumenti
unici come il tamborder, suono onomatopeico di uno dei suoi più famosi
brani: “Kalimba de Luna”. In Italia insieme ad altri artisti musicisti
partenopei è stato uno dei punti di riferimento della musica “Made in
Napoli”, le sue collaborazioni hanno superato i confini nazionali. Così oltre a Lucio Dalla, Francesco de Gregori, Gino Paoli, Edoardo ed Eugenio
Bennato lui può raccontare, come pochi altri italiani si possono permettere di fare, di aver suonato al fianco di Don Cherry, Gilberto Gil, Eumir
Deodato, Paul Bukmaster e tanti altri.
Paul Kostabi
)
Mark Kostabi
Il programma
La manifestazione
sarà aperta dalla
poesia di Dadié,
interpretata da Nora
Lux. Poi le note di un
gruppo d’eccezione
Pittore, musicista e produttore discografico statunitense. Soprannominato “ENA”, è figlio di rifugiati di guerra estoni, scappati negli Stati Uniti in seguito all’occupazione sovietica del loro Paese. È fratello dell’artista Mark Kostabi.
Ha fondato, insieme ad altri, i seguenti gruppi musicali: Youth
Gone Mad (1981), White Zombie (1984) e Psychotica. Ha suonato e
inciso con Dee Dee Ramone Too Tough to Die Live, ed ha inoltre
inciso anche con i False Alarm e gli Hammerbrain. Sempre Insieme a Dee Dee Ramone ha prodotto una serie di dipinti esposti
nelle gallerie e musei di tutto il mondo.
IL SILENZIO DELL’AFRICA
Nora Lux
In apertura del concerto la poesia di Dadiè recitata prima in africano e poi
in italiano dall’artista performance e fotografa Nora Lux.
“La poesia è per Dadiè soprattutto impegno verso sè stesso, verso gli altri; è in rapporto diretto con le situazioni sociali, con Dio, con la lingua. Il
suo contributo al Dibattito sulle condizioni di una poesia nazionale presso i popoli neri, metteva l’accento sul rischio che si corre nel voler rendere il poeta schiavo di una tecnica, di privarlo della sua qualità di creatore. Questa insistenza sulla necessità di creare, che ritorna così spesso negli scritti di Dadié, lo induce a rifiutare la forma concepita come formalismo, quella che imprigiona il canto e paralizza il poeta, per augurarsi che
ognuno si esprima nella forma che dà al suo canto più peso e più magia.
Dadié ricorda, poi, che lo stile poetico non può essere separato dalla testimonianza sull’attualità: se cambia l’attualità deve cambiare anche la testimonianza.”
*
incontri
Novembre 2012
25
SOLIDARIETA’
Stand up for African mothers
La campagna di Amref
i tutti gli obiettivi di sviluppo
del millennio,
quello sulla riduzione della
mortalità materna fa registrare il ritardo più vergognoso”: parole di Graça
Machel Mandela, ambasciatrice mondiale della Campagna internazionale
Stand Up for African Mothers lanciata
da Amref, la principale Ong sanitaria
africana, presente con i suoi uffici anche in Europa, Stati Uniti e Canada.
La gravidanza e il parto sono i maggiori rischi per la vita delle adolescenti e
delle donne in Africa: ogni anno ne
muoiono quasi 200.000 per mancanza
di cure di base e di un’adeguata assistenza durante la gravidanza e il parto, lasciando più di 1 milione di orfani.
Per salvare la maggiorparte di queste
madri, basterebbe un’ostetrica: formare 15.000 ostetriche entro il 2015 è l’obiettivo di Amref, per contribuire a ridurre la mortalità materna in Africa
del 25%. Una volta formata, ogni ostetrica può assistere 500 donne ogni anno e far nascere in condizioni di sicurezza migliaia di bambini. Per portare
la voce delle madri africane presso i
governi e le organizzazioni internazionali, alla Campagna è abbinata una
petizione on line, che sostiene la candidatura al Nobel per la Pace 2015 di
Esther Madudu, un’ostetrica che vive
e opera in Uganda. Esther è il simbolo
del duro impegno quotidiano delle
ostetriche in Africa, costrette a lavorare in condizioni spesso estremamente
difficili. “Il Centro Sanitario dove lavoro è situato in un’area rurale – racconta Esther – Siamo solo in 2 per e non
abbiamo elettricità . Questo rende il
nostro lavoro molto difficile, soprattutto nel reparto maternità. Spesso usiamo la luce proveniente dai nostri telefoni cellulari per assistere le madri.
A volte le donne portano delle candele
ma certo non è facile far nascere un
bambino a lume di candela! Assistiamo alla nascita di 45/50 bambini ogni
mese. Oltre a questo, i nostri compiti
comprendono tutti i servizi prenatali,
)
“D
La testimonianza
Esther Madudu,
candidato al Nobel
per la pace:
“Lavoriamo in
condizioni estreme,
manca tutto a partire
dall’elettricità”
26
incontri
Novembre 2012
la consulenza alle madri sieropositive,
la prevenzione della trasmissione dell’Hiv l’educazione alimentare, l’assistenza e le cure neonatali”. Nessun sistema sanitario può funzionare senza
un numero sufficiente di medici, infermieri, ostetriche di comunità motivati
e preparati. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha stimato che
nel mondo mancano all’appello circa
4,3 milioni di medici, infermieri e operatori sanitari. La situazione è particolarmente critica nell’Africa subsahariana che sostiene il peso del 24% delle
malattie globali, ma ha solo il 3% del
personale sanitario mondiale, pagato
con meno dell’1% del budget globale
per la salute. Per rendere la proporzione della crisi, possiamo dire che ci sono molti più medici in Italia (215.000)
che in tutti i paesi africani messi insieme (174.500). Da 55 anni Amref lavora
per creare sviluppo e generare cambiamenti duraturi nelle condizioni di
salute e di vita delle comunità più remote, ponendo al centro le donne e i
bambini. Sostenere le donne significa
sostenere il cuore delle comunità africane, anche quelle più isolate. Significa scommettere sullo sviluppo dell’Africa, sviluppando programmi per la
salute materno-infantile che comprendono la formazione di personale sanitario, l’accesso ai servizi medici di base, la creazione di centri medici specializzati nei servizi ostetrici e nell’attenzione alla salute neonatale, la pianificazione familiare e la sensibilizzazione
dei giovani e delle giovani africane – e
delle comunità di cui fanno parte
– sulla fertilità e la salute riproduttiva, l’accesso a fonti d’acqua pulita e a
servizi igienici sicuri. In un anno, fonti
d’acqua pulita, come la Cisterna da
50.000 litri in costruzione grazie al
contributo di Dircredito, rendono possible l’accesso ai servizi di base a 2.234
gestanti e 9.345 bambini di età inferiore ai 5 anni. Inoltre, promuovere la
cultura dell’Igiene riduce di 2/3 le morti legate ad acqua contaminata, lavarsi le mani con il sapone riduce la trasmissione d’infezioni del 40% .
*
PERFORMANCE DI
NORA LUX
CONCERTO DI
MARK KOSTABI
TONY ESPOSITO
PAUL KOSTABI
PROGETTO DI SOLIDARIETÀ PROMOSSO DA DIRCREDITO PER AMREF A FAVORE
DELLA REALIZZAZIONE DI UNA CISTERNA D'ACQUA PER LA SCUOLA KATHUMA - KENIA
MERCOLEDÌ 19 DICEMBRE 2012 ORE 16.00
AUDITORIUM MUSEO DELL’ARA PACIS
Via di Ripetta 190 - 00186 Roma
PROMOSSO DA
CON IL PATROCINIO DI
SPONSOR TECNICO
CON LA COLLABORAZIONE DI
CON IL CONTRIBUTO TECNICO DI
SERVIZI DI VIGILANZA
SERVIZI MUSEALI
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Numero 13 - editoriali