La biblioteca di Babele
La primissima edizione de La secchia rapita di Alessandro Tassoni e
dei Promessi Sposi di Alessandro
Manzoni, il libretto della prima rappresentazione de La Traviata di Verdi
a Venezia nel 1883 e di La Dafne di Ottavio Rinuccini. E poi le lettere di Antonio Vivaldi, gli Annali civili del Regno delle Due Sicilie, l’Historia del
Concilio Tridentino di Paolo Sarpi
“nella quale si scoprono tutti gli artifici della Corte di Roma, per impedire
che né la verità di dogmi si palesasse,
né la riforma del papato e della Chiesa
si trattasse”.
Sono alcune delle opere che presto
saranno da tutti consultabili sul web,
un (importante) pezzo del patrimonio letterario italiano tra Seicento e
Ottocento che il mondo potrà leggere
e consultare con Google Books (books.google.com). È l’operazione frutto
di un accordo siglato nel 2010 tra il
Ministero per i beni e le attività culturali italiano e Google, accordo che
prevede la digitalizzazione di cinquecentomila rari testi, con l’opzione per
arrivare a un milione, conservati nelle biblioteche nazionali e spesso, per
motivi di cautela, tenuti lontano dal
pubblico.
«Esattamente una settimana fa –
racconta il direttore generale per le biblioteche Rossana Rummo – sono partiti i primi furgoni dalla Biblioteca nazionale centrale di Roma», cui seguiranno quelli della Nazionale centrale
di Firenze a febbraio e della Vittorio
Emanuele III di Napoli ad aprile. Destinazione, uno scan center allestito
appositamente, in una località segreta
per motivi di sicurezza, ma che il Ministero ha ottenuto fosse in Italia.
Cinquecentomila testi del Seicento, Settecento e Ottocento
delle biblioteche nazionali italiane verranno digitalizzati da Google.
Tutti potranno leggere o consultare libri rari e preziosi attualmente
di difficile accesso: la carta conquista la vita eterna nel digitale
Per Google è un nuovo capitolo del
progetto che ha già portato online più
di quaranta biblioteche del mondo,
dieci in Europa. Per il patrimonio italiano è una grande occasione di diffusione e promozione, ma, aggiunge il
direttore della Biblioteca nazionale di
Roma Osvaldo Avallone, anche «di
censimento dello stato dei volumi, di
piccoli interventi di restauro e della
possibilità di riavere indietro tutte le
copie digitalizzate» per una consultazione più ‘sicura’ nel futuro. «Sulla
conservazione del nostro patrimonio
siamo bravi – aggiunge il direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale Anna Maria Buzzi –.
Dobbiamo invece attrezzarci per renderlo più chiaro e fruibile. E se anche il
Papa si è messo a utilizzare internet e
Twitter vorrà dire qualcosa».
I primi volumi arriveranno sul web
già in due-tre mesi, per superare entro i due anni i trecentomila. La scelta
è caduta su volumi stampati, liberi
dal diritto d’autore (editati fino al
1871), scannerizzati nell’interezza della loro pagina in formato jpg ma con
testo completamente ‘ricercabile’. La
Biblioteca di Roma si è concentrata
sulle collezioni dei Gesuiti e dei Francescani; Firenze ha prediletto le arti
dello spettacolo, con il Fondo Magliabechino e il Palatino; Napoli il Fondo
Farnese, l’Aosta, ricco di opere di storia e viaggi, e il Lucchesi Palli specializzato in musica e teatro.
In tutto 330 milioni di pagine con
anche 35mila volumi dalle biblioteche
dell’università La Sapienza di Roma,
prevalentemente a carattere scientifico. Numeri che fanno pensare alla Biblioteca di Babele, il racconto in cui
Jorge Luis Borges descrive una biblioteca spazialmente infinita che
raccoglie tutti i libri possibili. Certo, a
differenza di Babele, i libri non sono
nel più completo disordine, anche se il
catalogo di Google Books, nel senso
delle informazioni con cui ogni testo
viene classificato, presenta non poche
lacune, per fortuna non tali da rendere la ricerca un’avventura paragonabile a quella degli uomini che, nel racconto borgesiano, cercano il libro che
contiene la Verità. Insieme a Borges,
vengono anche in mente le religioni
orientali: i testi cartacei che raggiungono il nirvana del digitale ottenendo
la liberazione dal dolore di una fragilità che ostacola il fine ultimo dei libri: essere letti.
Interpretazioni fantasiose, da sognatore forse troppo portato alla metafisica. Non è comunque un sogno la
maggiore accessibilità del patrimonio
storico che permette il digitale. Non
solo i libri delle biblioteche nazionali
italiani di cui si sta occupando Google, ma anche i manoscritti resi disponibili dall’Università di Friborgo
(www.e-codices.unifr.ch) o l’archivio
dei quotidiani ticinesi, dall’Ottocento
in poi, curato dalla Biblioteca cantonale di Lugano (www.sbt.ti.ch) accessibile in forma completa nelle varie
sedi del sistema bibliotecario cantonale.
ANSA/IAS
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