MENSILE N.4 APRILE 2014 € 3,50 fondazione ente™ dello spettacolo Speciale LA GRANDE GUERRA SENTIERI SELVAGGI Il maestro Ermanno Olmi ricorda il centenario con “torneranno i prati” Dalla storia vera di Robyn Davidson, l’incredibile avventura di Mia Wasikowska in Tracks ANTEPRIMA Il nuovo e coloratissimo Rio 2 ci porta in Amazzonia. Con una sfumatura thriller NOAH Poste Italiane SpA - Sped. in Abb. Post. - D.I. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004, n° 46), art. 1, comma 1, DCB Milano Russell Crowe è il Noah di Darren Aronofsky Hollywood riscopre il kolossal biblico. E riparte con l’Arca PER VISUALIZZARE I CONTENUTI EXTRA SCARICA L'APP DI AR-CODE E INQUADRA LA COPERTINA O LA LOCANDINA DEL FLIM L A G R A N D E C O N V E N T I O N D E L L’ I N D U S T R I A RICCIONE 014 Q U A R T A UNA PRODUZIONE DI E D I Z I O N E ISCRIVITI ENTRO IL 23 APRILE E C I N E M AT O G R A F I C A Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Multimediali Le presentazioni dei listini delle società di distribuzione Le proposte tecnologiche dell’area espositiva del Trade Show Le anteprime e le anticipazioni dei prossimi film in uscita I workshop e i convegni formativi Le premiazioni e gli eventi speciali Gli incontri con i protagonisti del cinema italiano e tanto altro! Palacongressi di Riccione 30 GIUGNO - 3 LUGLIO www.cinegiornate.it “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto…” per gentile concessione del Centro Sperimentale di Cinematografia SEGRETERIA ESPOSITIVA L’ACCREDITO È SCONTATO DEL 50% © 2014 RAI CINEMA. TUTTI I DIRITTI RISERVATI. R EGAL N I Ù 3I ȏ3(57(ȏ O 3R I H EC ȏ3(5ȏ OVAR LI IN IL CINEMA E’ SENZA CANONE SOLO CON CHILI © 2014 WARNER BROS. ENTERTAINMENT INC. ALL RIGHTS RESERVED. COME FARE www.chili-tv.it • Vai sub subito su www.chili-tv.it nella sezione promozioni • SSeleziona elezio CHILI PROMO PER TE e Accedi o Registrati • Inseris Inserisci il codice promo SMART TV PC TABLET SMARTPHONE 223994174700 ANDROID IOS WIN8 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo Punti di vista Nuova serie - Anno 83 n. 4 aprile 2014 In copertina Russell Crowe in Noah Seguici anche su FACEBOOK Cinematografo.it EnteSpettacolo TWITTER @cinematografoIT YOUTUBE EnteSpettacolo La colomba, dopo il diluvio DIRETTORE RESPONSABILE Ivan Maffeis 1oQ iQJUoVViamo lH ²la di quanti, arroccati su posizioni ideologiche, invocano la censura e la condanna senza appello. Non ci appassiona nemmeno la ricerca di un’ispirazione biblico-religiosa dietro gli effetti VSHFLDOLO¬HVLEL]LRQHGLIRU]DHJOLHOHPHQWLFDWDVWUR²VWLFLVXFXLVROFD l’arca di Noah. Nonostante l’improbabile tentativo di trasformare Papa )UDQFHVFRQHOODFRORPEDGDOODWHQHUDIRJOLDG¬XOLYRQHOEHFFRLO²OP di Darren Aronofsky con Russell Crowe rimane un kolossal epico sul GLOXYLRXQLYHUVDOH3LXWWRVWRXQ²ORFRQJLXQJHLO0RQWH$UDUDWDOOD Foresta Amazzonica, dove due colorati pappagalli sono i protagonisti del sequel d’animazione Rio 2; passa, quindi, per i grattacieli di New York (The Amazing Spider-Man 2) e scende QHOOHSURIRQGLWjGHOO¬2FHDQR3DFL²FRGodzilla). Disegna una natura violentata dai veleni della chimica e dalle radiazioni del nucleare, oltre che GDPRQWDJQHGLUL²XWLXQDQDWXUDGHSUHGDWD dall’assenza del senso del limite e, perciò, della giustizia; una natura impegnata ad abbattersi VXOO¬XRPRDO²QHGLDQQHJDUQHLOGHJUDGRHOD corruzione morale. CAPOREDATTORE Marina Sanna REDAZIONE Gianluca Arnone, Federico Pontiggia, Valerio Sammarco CONTATTI [email protected] ART DIRECTOR Alessandro Palmieri HANNO COLLABORATO Angela Bosetto, Orio Caldiron, Gianluigi Ceccarelli, Andrea Chimento, Silvio Danese, Alessandro De Simone, Bruno Fornara, Antonio )XFLWR0LULDP0DXWL0DVVLPR0RQWHOHRQH )UDQFR0RQWLQL0DWWLD3DVTXLQL/XFD3HOOHJULQL $QJHOD3UXGHQ]L0DQXHOD3LQHWWL0DUFR6SDJQROL REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE DI ROMA N. 380 del 25 luglio 1986 Iscrizione al R.O.C. n. 15183 del 21/05/2007 STAMPA 7LSRJUD²D6753UHVV6UO9LD&DUSL 3RPH]LD50 Finita di stampare nel mese di marzo 2014 MARKETING E ADVERTISING (XUHND6UO9LD/6RGHULQL0LODQR Tel. 02-83427030 Fax: 02-83427032 Cell. 335-5428.710 e-mail: [email protected] DISTRIBUTORE ESCLUSIVO 0(3(0LODQR ABBONAMENTI $%%21$0(1723(5/¬,7$/,$QXPHULHXUR $%%21$0(1723(5/¬(67(52QXPHULHXUR C/C 80950827 - Intestato a Fondazione Ente dello Spettacolo PER ABBONARSI [email protected] Tel. 06.96.519.200 PROPRIETA’ ED EDITORE PRESIDENTE Ivan Maffeis DIRETTORE Il regista di Noah, Darren Aronofsky. Una scena di Father and Son di Hirokazu Koreeda ,l ²lo, però, s’ingarbuglia rapidamente. ,QVHULWLDGDUWHLQ²OPGLODUJRFRQVXPR questi grandi temi raccolgono infatti un consenso plebiscitario, ma che ci si guarda dal FRPSURPHWWHUHFRQSURSRVWHGLUL³HVVLRQH critica. L’approfondimento è sostituito da spot ingenui, che evitano il confronto tra gli stili di vita e le loro contraddizioni; slogan scontati, che non chiedono conversione ecologica né sollecitano terapie complessive. Eventuali soluzioni sono delegate all’intervento straordinario e disastroso del divino o lasciate all’iniziativa meritoria del singolo, inevitabilmente settoriale e frammentaria. Probabilmente sarebbe troppo attendersi dall’industria hollywoodiana una lettura meno infantile, che susciti motivazioni capaci GLUHQGHUHGHVLGHUDELOHHLQ²QHSRVVLELOHXQDFLYLOWjHFRORJLFDPHQWH sostenibile. La frontiera è culturale e vive di una nuova sapienza sociale. Antonio Urrata 8)),&,267$03$ uf²[email protected] &2081,&$=,21((69,/8332 Franco Conta - [email protected] &225',1$0(1726(*5(7(5,$ Marisa Meoni - [email protected] DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE 9LD$XUHOLD5RPD Tel. 06.96.519.200 - Fax 06.96.519.220 [email protected] Per qualcuno può comportare la rinuncia, l’uscita dal rumore e la sobrietà del viaggio, attraverso deserti tanto reali quanto, e soprattutto, interiori (Tracks). Più comunemente – ma il percorso è altrettanto arduo – basterebbe lasciarsi provocare da opere come Father and Son, ²QRDULDSSURSULDUFLQRLDGXOWLGHOODFDSDFLWjGLJXDUGDUHLOPRQGRFRQ gli occhi di un bambino. $OORUD§JUD]LH0DHVWUR§©torneranno i prati”. Associato all’USPI Unione Stampa - Periodica Italiana Iniziativa realizzata con il contributo della 'LUH]LRQH*HQHUDOH&LQHPD0LQLVWHURSHUL Beni e le Attività Culturali La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 aprile 2014 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 5 SOMMARIO APRILE 2014 18 Morandini in pillole 34 10 Glamorous 14 Colpo d’occhio 16 Sul set di Olmi Il regista ci riporta alla Prima Guerra Mondiale, ma “torneranno i prati” 18 COVER STORY E’ l’ora di Noè Arriva il controverso kolossal di Aronofsky con Russell Crowe. E se fosse “solo” un film? 24 Spider-Man ecologista NEL DESERTO CON MIA Il secondo episodio della saga di Marc Webb abbraccia la causa di “Earth Hour – L’ora della Terra” 28 Tutti i colori di Rio 2 18 24 Al Future Film Festival e sugli schermi è Missione Amazzonia 34 Il sentiero giusto Mia Wasikowska è “la donna dei cammelli” in Tracks di John Curran RUSSELL CROWE E’ Noah 42 Nymph()maniac 16 46 Alain Resnais L’ossessione di Lars von Trier non fa prigionieri Muore l’uomo, non il cineasta. Che in Hiroshima mon amour fuse Neorealismo e Nouvelle Vague OLMI “torneranno i prati” 28 The Amazing Spider-Man 2 46 50 Ritratti Buon compleanno Shirley MacLaine: icona di sensualità e umorismo 53 I ²lm del mese Recensioni, anteprime, colpi di fulmine 72 Dvd & Blu-ray I sogni segreti di Walter Mitty, Il Trono di Spade 3 78 Borsa del cinema BLU, DIPINTO DI BLU Hiroshima mon amour 80 Libri 82 Colonne sonore aprile 2014 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 7 0RUDQGLQLLQSLOOROH di Morando Morandini Fine pen[n]a mai Disraeli, altri tempi La matematica non è un’opinione quasi dappertutto, almeno nel mondo europeo 8 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo Le bugie - Secondo un detto attribuito a Disraeli, ci sono tre tipi di bugie: le bugie, le maledette bugie e le statistiche. Sapete chi era Benjamin Disraeli, conte di BeaconV²HOG " 8Q politico britannico, tory (1837), fondatore del movimento ©*LRYDQH ,QJKLOWHUra” di cui espose in alcuni libri (184445) il programma GL ©FRQVHUYDWRULVPR rinnovato”, aperto a moderate riforme sociali. Primo ministro nel 1868, poi capo del Partito conservatore e antagonista del liberale Gladstone, ancora primo ministro dal 1874 al 1880, emanò misure a favore delle classi lavoratrici e allargò i domini coloniali dell’impero. Altri tempi. Perdono'RYUHLOHJJHUHLOOLEURGL0DVVLPR5HFDOFDWL©1RQq più come prima - Elogio del perdono nella vita amorosa”. Lo leggerò la prossima estate, in vacanza. Italia - La matematica non è un’opinione quasi dappertutto, almeno nel mondo europeo. Tranne che in Italia. Talento? - Secondo De Gaulle, il talento è un titolo di responsabilità. Non basta averlo, occorre guadagnarselo. Pro Fiorentina 9LVWD DO VROLWR EDU OD SDUWLWD GL &RSSD 8HID Juventus contro Fiorentina (in casa sul mio televisore non ho 6N\½²QLWDFRQXQSDUHJJLRXQRDXQR/D)LRUHQWLQDPHULtava di vincere, non soltanto di pareggiare. Non ho mai visto una Juve di Conte così svogliata (dopo un goal al terzo minuWRIDOORVDDSSURVVLPDWLYD Battaglie vinte - Tre battaglie vinte da Amnesty International: 1) ,OPDU]RLO0DU\ODQGqGLYHQWDWRLO6WDWRGHJOL86$FKH ha abolito la pena di morte; 2) Il 2 aprile 2013 l’assemblea delle Nazioni Unite ha approvato un trattato che vieterà agli Stati di trasferire armi convenzionali a chi potrebbe compiere atti contro l’umanità o di guerra; 3) Nasrin Sotoudeh, avvocata iraniana, è stata rimessa in libertà dopo tre anni di carcere per le sue posizioni antigovernative. aprile 2014 VISIONI FORZATE E INDULTI CRITICI Dimenticare La grande bellezza. STOP Dimenticare Paolo Sorrentino. STOP Dimenticare Toni Servillo. STOP Dimenticare Fabio Fazio. STOP Ricordare le recensioni italiane e straniere de La grande bellezza. STOP Trovare le differenze nelle recensioni dello stesso recensore: prima e dopo i premi a La grande bellezza. STOP Dimenticare le recensioni italiane e straniere de La grande bellezza. STOP Dimenticare l’Oscar, il Golden Globe, gli EFA e gli altri trofei de La grande bellezza. STOP Dimenticare la retorica de La grande bellezza. STOP Non chiedere al passante: “Scusi, vado bene per La grande bellezza?”. STOP Non twittare #La grande bellezza. STOP Non tradurre La grande bellezza in The Great Beauty. STOP Ricordare che “la vita non q un ²lm”, ma lo stava diventando. STOP Dimenticare Jep Gambardella. STOP Non allevare fenicotteri. STOP Non incontrare giraffe. STOP Non santi²care la Santa. STOP Ricordare un’amica profetica a Venezia 2013: “A me non serve la grande bellezza, mi basta la bellezza”. STOP Dimenticare l’amica, non la bellezza. STOP Ricordare l’amica, e non La grande bellezza. STOP Dimenticare gli uomini in più, le conseguenze dell’amore, i posti che devono essere quelli, gli amici di famiglia e i divi. STOP Ricordarne uno, ma non dirlo a nessuno. STOP Rispondere a chi “Hai visto La grande bellezza?” - “No, perché era qui?”. STOP Ricordare che non tutto il bello vien per nuocere, ma il grande quasi sempre. STOP Non pensare in grande e al bello insieme. STOP Pensare in grande. STOP Pensarsi bello. STOP Scurdammoce La grande bellezza. STOP Scurdammoce ‘o passato. STOP Pensare al futuro. STOP Ripensare Il futuro. STOP Nooooooooooooooo! Federico Pontiggia Ultimissime U ltimissime dal pianeta cinema: news e tendenze glamorous a cura di Gianluca Arnone Lo stile di Eva Il sovraffollato mondo della moda da oggi ha una griffe in più: Eva Mendes. L’attrice di origine cubana è solo l’ultima dello star system a reinventarsi stilista. La Mendes ha realizzato i capi d’abbigliamento per il brand New York & Company, ma la collezione rispecchia pienamente chi l’ha creata, con la sensualità, lo stile (glam e casual insieme) e la freschezza che la contraddistinguono. Unico tributo al must di stagione: la stampa animalier. Al passo coi tempi anche i prezzi: da un minimo di 20 dollari ad un massimo di 250 a capo. 10 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 -ared, ³y doZn Non è che Jared Leto si è montato la testa? L’attore Premio Oscar ha postato su Instagram questa foto qui, in cui palesa una sua somiglianza con l’iconogra²a di Gesù. Con tanto di precisazione: “Solo un paragone esteriore”. Ah, ecco. Brittany postuma A quattro anni dalla tragica scomparsa, il 4 aprile arriverà in alcuni cinema americani Something Wicked, l’ultimo ²lm di Brittany Murphy. A detta del produttore la performance più intensa della sua carriera. Quando in Italia? Christian di nuovo papà Fiocco nuovo in casa Batman. Christian Bale e la moglie Sandra sono in attesa del secondo ²glio. Sposati da ben 14 anni, la coppia aveva avuto una bimba appena 9 mesi fa. Come si dice? L’appetito vien mangiando. Probabilmente, tra tutte, la parte del papà è quella che gli viene meglio. Da vampiro a vaccaro Prima succhiava sangue, ora munge latte. Il percorso di Robert Pattinson non è poi tanto diverso da quello di un parassita. Eccolo con le mucche a Toronto, sul set di Life. L’ex Twilight interpreta il fotografo-amico di James Dean. Lasciato a piedi Guai per Chris Pine. La polizia neozelandese prima lo arresta per guida in stato di ebbrezza, poi gli ritira la patente. Al capitano Kirk di Star Trek non resta che il timone dell’Enterprise e una ²guraccia stellare. aprile 2014 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 11 glamorousNews Che succede in città? Eventi speciali, digitali, on stage e live: tutto quello che non puoi e non devi perdere Il cartellone Guerre nippo-spaziali Coriolanus Dall’autore di Capitan Harlock, ecco Space Battleship Yamato La tragedia di Shakespeare al National Theatre di Londra, con Tom Hiddleston protagonista. Il 10 aprile al cinema in lingua originale sottotitolato in italiano. Tratto dal manga di Leiji 0DWVXPRWRDUULYDQHOOHQRVWUH sale (il 15 e il 16 aprile) la versione live-action di Space Battleship Yamato, diretta GDOORVWHVVR0DWVXPRWRJLj autore di Capitan Harlock. Ambientato nel 2199, i terrestri si trovano a scontrarsi con una misteriosa razza aliena. La razza umana è stata costretta a ritirarsi nel sottosuolo a causa della radioattività presente in VXSHU²FLH1HOORVSD]LRLQWDQWR VLFRQIURQWDQROD³RWWDWHUUHVWUH e quella del pianeta Gamilas. Il destino del nostro pianeta è in mano all’ammiraglio Okita. Così fan tutte L’opera in due atti di Mozart nella versione di James Levine. In diretta satellitare dal Metropolitan di New York martedì 29 Aprile (19.30). Evento Microcinema. Il racconto d’inverno Christopher Wheeldon si cimenta con il suo primo balletto basato su un’opera di Shakespeare: in diretta dal Royal Opera House il 28 aprile. The Space Extra. Due decenni Pulp Il capolavoro senza tempo di Quentin Tarantino torna in sala La bohème Il ritorno di Franco =ef²relli (8 aprile) con la grande storia d’amore pucciniana. Anita Hartig, Susanna Phillips e Vittorio Grigolo protagonisti. Microcinema. Otello In diretta dal Teatro San Carlo di Napoli (22 aprile), l’Otello di Verdi, con regia di Brockhaus. Marco Berti tenore, Lianna Haroutounian soprano. Microcinema. 12 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 Pulp Fiction 20 anni dopo. Torna nelle sale un cult generazionale, l’apripista di un genere, la Palma d’Oro 1994, il candidato a 7 premi Oscar, il capolavoro di Tarantino che rilanciò la carriera di John Travolta e consacrò una giovane Uma Thurman. Pulp Fiction è stato FODVVL²FDWRGDOO¬$PHULFDQ)LOP ,QVWLWXWHFRPHLOPLJOLRUJDQJVWHU movie della storia e tra i primi 100 ²OPDPHULFDQLGLVHPSUH colpo d’occhio FESTIVAL DEL MESE a cura di Massimo Monteleone Da Trento a Bari, passando per Udine e Firenze, Bologna e Roma FILM FESTIVAL 1 FUTURE ;9,HGL]LRQHSHUOD rassegna dedicata alle nuove tecnologie del cinema d’animazione. Anteprime ed eventi speciali, retrospettive e omaggi a vecchi e nuovi maestri. Località Bologna, Italia Periodo 1-6 aprile Tel. (051) 2960672 Web IXWXUH²OPIHVWLYDORUJ Mail I²QIR#IXWXUH²OPIHVWLYDO org Resp. Giulietta Fara, Oscar Cosulich – 2 RENDEZ-VOUS APPUNTAMENTO CON IL NUOVO CINEMA FRANCESE ,9HGL]LRQHGHOIHVWLYDOFKHKD in programma circa 40 titoli. 3UHYLVWLDQFKH0DVWHUFODVV incontri e dibattiti. Film di apertura è Quai d’Orsay di Tavernier. Il festival prosegue a Napoli, Bologna, Palermo, 7RULQR0LODQR Località Roma, Italia Periodo 2-6 aprile Tel. (06) 68601203 Web rendezvouscinema francese.it Mail muriel.peretti@ diplomatie.gouv.fr Resp.9DQHVVD7RQQLQL$OL[ Davonneau 3 BIF&ST 9HGL]LRQHGHO%DUL VENT’ANNI Il 5 aprile ‘94 Kurt Cobain si toglieva la vita. Il cinema insegue ancora la sua leggenda E ra il 5 aprile 1994 e Kurt Cobain si sparava in bocca un colpo di fucile. Aveva 27 anni, come Jimi Hendrix e -LP0RUULVRQTXDQGRODVFLDURQR questo mondo per abbracciare il paradiso triste delle rockstar. ©0HJOLREUXFLDUHLQIUHWWDFKH svanire a poco a poco”, scrisse citando Neil Young nell’ultimo biglietto per l’umanità. E poi divenne fotina e maglietta, altare e ]RPELHGLPHUFDWR/DSDUROD²QH però l’aveva scritta prima. 1993, uscita dell’album In Utero, l’ultimo registrato in studio dai Nirvana. Il FUXGHOHHSLWDI²RGLFKLDYHYDGDWR voce – urlo – a una generazione di apatici e atipici perdenti in FDPLFLDGL³DQHOOD*HQWHVHQ]D 14 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 importanza. In Utero è la retronascita. Il rinculo della marea. /¬RQGDFKHVLULQWDQD/D²QHGHO sogno, del gioco, delle illusioni. ©1RQRQSRVVRLPEURJOLDUYL nessuno di voi”, scrisse il suicida un tragico giorno di 20 anni fa. Senza neppure chiedere il loro parere. Erano di nuovo senza importanza. E senza più culto. Nemmeno il cinema ha saputo UHVWLWXLUJOLHQHXQR1RQ9DQ6DQWH i Last Days di un idiota qualunque. Neppure Hollywood. Problema di diritti. La vedova che litiga con la band di inediti e soldi, inediti e soldi. E questioni di cuore. La cine-apologia equivarrebbe alla medaglia al petto di un disertore. La tenessero loro. Nevermind. G.A. DU REEL 6 VISIONS XX edizione per la vetrina della produzione documentaristica di tutto il mondo, comprese le opere di studenti e autodidatti. Ha carattere competitivo. Località Nyon, Svizzera Periodo 25 aprile – 3 maggio Tel. (0041-22) 3654455 Web visionsdureel.ch Mail [email protected] Resp. Luciano Barisone EAST FILM 7 FAR ;9,HGL]LRQHGHOIHVWLYDO a cura del Centro Espressioni &LQHPDWRJUD²FKHVXO cinema dell’Estremo Oriente. Anteprime internazionali, omaggi, retrospettive, incontri con attori e registi, eventi collaterali. Località Udine, Italia Periodo 25 aprile – 3 maggio Tel. (0432) 299545 Web IDUHDVW²OPFRP Mail IDUHDVW²OP#FHFXGLQHRUJ Resp. Sabrina Baracetti FILM FESTIVAL 8 TRENTO LXII edizione della più antica manifestazione a concorso sull’ambientemontagna, compresi alpinismo, sport, editoria del settore e tutela dell’ambiente. 3UHVHQWDGRFH²FWLRQ,O SDHVHRVSLWHqLO0HVVLFR International Film Festival. In concorso lungometraggi, ²OPVWUDQLHULGRFHFRUWL Retrospettiva dedicata a Gian 0DULD9RORQWp Località Bari, Italia Periodo 5-12 aprile Tel. (06) 37716303 Web bifest.it Mail segreteria.direzione@ bifest.it Resp. Felice Laudadio MIDDLE EAST NOW 4 FILM 9HGL]LRQHGHOIHVWLYDO GHGLFDWRDO0HGLR2ULHQWH contemporaneo. In SURJUDPPD²OPSOXULSUHPLDWL all’estero, anche di giovani talenti emergenti, in un viaggio nei paesi dell’area: dall’Iran agli Emirati Arabi, dall’Afghanistan al Kurdistan. Località Firenze, Italia Periodo 9-14 aprile Tel. 338 9868969 Web middleastnow.it Mail [email protected] Resp. Lisa Chiari, Roberto Ruta RUSSIA 5 N.I.C.E. ;9,,HGL]LRQHSHUOD manifestazione organizzata GDO©1HZ,WDOLDQ&LQHPD Events” di Firenze. In SURJUDPPD²OPVHOH]LRQDWL fra le migliori opere italiane di autori emergenti, gli eventi speciali riguardano registi napoletani. Si apre con La grande bellezza di Sorrentino. Località 0RVFD6DQ Pietroburgo, Russia Periodo 9-18 aprile Tel. (055) 290393 (riferimento a Firenze) Web nicefestival.org Mail [email protected] Resp.9LYLDQD'HO%LDQFR Località Trento-Bolzano, Italia Periodo 24 aprile – 7 maggio Tel. (0461) 986120 Web trentofestival.it Mail [email protected] Resp. Luana Bisesti DEL CINEMA 9 FESTIVAL EUROPEO ;9HGL]LRQHGHOOD manifestazione che prevede ²OPHXURSHLLQOLQJXD originale e in anteprima nazionale, presentati dagli autori. Altre sezioni sono dedicate ai corti e ai documentari, alla FLQHPDWRJUD²DGLXQ3DHVH GHOO¬DUHD(XUR0HGLWHUUDQHD ad Omaggi a personalità internazionali ed italiane (Bellocchio). Ospita il Premio 0DULR9HUGRQH9HGL]LRQH Località Lecce, Italia Periodo 28 aprile – 3 maggio Tel. (0832) 520355 Web festivaldelcinemaeuropeo.it Mail info@ festivaldelcinemaeuropeo.it Resp.$OEHUWR/D0RQLFD Cristina Soldano PER VISUALIZZARE I CONTENUTI EXTRA DEL FILM SCARICA L’APP DI AR-CODE E INQUADRA L’IMMAGINE sul set Nel centenario della Grande Guerra “torneranno i prati”. Il Maestro di Asiago in trincea per raccontare “un atto morale: la disobbedienza” OLMI VA ALLA di Federico Pontiggia A d Asiago c’era la neve. C’è ancora, 100 anni dopo, ma “torneranno i prati”. Ermanno Olmi ne è certo, e passa lo sguardo sulle ferite delle trincee, leva con i suoi 83 anni la sutura dell’oblio: “Perché la guerra, perché la più grande stupidità criminale che l’umanità possa commettere?”. Freud, Einstein e Olmi, che non ha mantenuto la promessa: “Non farò più film”. Dopo Il villaggio di cartone, non s’è fermato: la Prima Guerra Mondiale, poveri contro poveri. 100 anni fa erano nelle trincee, guerra di posizione e sangue in movimento: “Chi meglio di un povero sa che cos’è la povertà? Italiani e austroungarici si conoscevano, erano la stessa cosa: poveri, strappati al latifondo, sulla guerra nemmeno un pensiero. Dovevano farla, la facevano, e basta”. Niente di nuovo sul fronte, niente di nuovo in fronte: giovani mandati al macello, e i loro comandanti che oggi sono monumenti, pietra e marmo sui piedistalli: “Bisognerebbe scriverci sotto criminale di guerra”. 16 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 E allora cinema, allora un altro film, che “quando vedo quella cosa lì, la macchina da presa, non so allontanarmi, non ce la faccio”: riprese per otto settimane sull’Altopiano dei Sette Comuni, set dalle 4 di pomeriggio alle 4 di notte, temperature a -10° e cinque metri di neve, due trincee ricostruite a Val Formica e Val Giardini, gli attori, tra cui Claudio Santamaria e Alessandro Sperduti, a fare gli sherpa per portare le attrezzature. E una sola notte, meglio, un’ora e mezza in una notte piazzata al “preludio della grande disfatta”: 1917, Caporetto. I soldati di Olmi devono trovare il posizionamento migliore per spiare la trincea avversa, gli ordini non si discutono, il massacro nemmeno, eppure, non per tutti è signorsìsignore: un ufficiale, l’altro no, sono in due a disobbedire, facendo “prevalere la propria coscienza sulle esigenze militari dei comandi”. Credere, disobbedire e non combattere, in mezzo “un atto morale che diventa eroicità, quando lo si paga con la morte”. Olmi non nomina PACE i battaglioni, e apre a un “film onirico”, sospeso nella nebbiolina che arriva fino a oggi: “La sonnolenza paralizza sul precipizio della tragedia, la democrazia è calpestata da chi non vota, gli agnostici, e ora una guerra avrebbe conseguenze ancora più devastanti ”. E allora che la Storia sia “maestra di verità”, senza eludere, senza mistificare: non la storiografia ufficiale, non solo la letteratura dei Rigoni Stern, i Lussu e i Gadda, Ermanno ha ripreso negli occhi il padre, che sull’Altopiano ha combattuto, e il pastore Toni il Matto, che già aveva raccontato nel documentario I recuperanti. Ad Asiago c’era la neve, ma “dopo una disfatta, tutti tornano a casa loro e dopo un po’ tornerà l’erba sui prati”. Olmi si illumina, si avvicina e ti prende per mano, perché se “la guerra è dentro di noi”, la pace sta nella carezza di un Maestro. Sì, “torneranno i prati”, e spunterà il suo cinema: guerra alla guerra, e pace in terra. aprile 2014 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 17 chi vince, chi no COVER STORY Martin Scorsese e Leonardo Di Caprio ancora una volta senza Oscar. Sotto Jennifer Lawrence TIRO CON L’ARCA Ebrei, cristiani, musulmani e atei: impressionante levata di scudi ideologica contro il Noah di Aronofsky. E se fosse solo un film? di Gianluca Arnone 18 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 T UTTA LA QUERELLE intorno al Noah di Aronofsky potrebbe ridursi in fondo alla seguente domanda: è un’opera religiosa oppure no? Quesito non marginale, vista l’ondata d’isteria che si è abbattuta sul film prima ancora che arrivasse nelle sale: gli ebrei hanno storto il naso, la destra cristiana si è indignata, diversi paesi del Medio Oriente e del nord Africa hanno deciso di bandirlo (la legge islamica proibisce di raffigurare i profeti) e anche tra gli atei razionalisti non si segnalano salti di gioia. Solo qualche settimana fa, sulle colonne del New Yorker, il fisico e astronomo Lawrence M. Krauss – il cui massimo sforzo scientifico è compreso nel seguente enunciato: “Voi non potreste essere qui se le stelle non fossero esplose. Dunque dimentica Gesù” – picconava la recente profusione biblica del cinema americano affermando che “La religione, così come la violenza, a Hollywood dà profitto. Il problema però è che marginalizza chi invece considera la religione un mito”. Insomma, escludendo i trascendentalisti e i non abramitici, sono tutti contro Noah. Se la levata di scudi è l’incontrovertibile prova di arroccamenti ideologici, livori congeniti e pregiudizi teologali (ci si chiede: può un’opera di intrattenimento partecipare della natura divina?), va detto che anche la strategia promozionale del film non ha aiutato. Andiamo con ordine. Il progetto viene annunciato per la prima volta a ottobre 2011. Si tratta di una megaproduzione targata Paramount, con un budget faraonico (130 milioni di dollari) e un regista affermato al timone. Una nota dello studio lo descrive come “un kolossal epico sul diluvio universale”. Di biblico al momento neppure la dichiarazione d’intenti. In questo frangente val la pena evidenziare la posizione di Aronofsky che, superando persino lo scetticismo degli archeologi antidogmatici (quelli che il diluvio è un evento realmente accaduto ma circoscritto nello spazio), definisce il racconto della Genesi una favola. aprile 2014 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 19 COVER STORY Ray Winstone in una scena di Noah. In basso Jennifer Connelly e Russell Crowe, a destra Anthony Hopkins Chi cerca Dio al cinema dovrebbe guardare oltre Hollywood, nel recinto dei registi europei Durante il liceo, il regista americano aveva scritto un poema su Noè, a cui il film è ispirato non meno che alle Sacre Scritture: parlando di favola, si riferiva a quello? Non ci è dato sapere, di sicuro però lo studio si muove in tutt’altra direzione, organizzando screening test per un pubblico Bibleoriented . L’esito non è incoraggiante e inizia la tribolata vicenda promozionale di Noah, dove notizie, illazioni e malizia spesso si confondono. Ad esempio, la voce secondo cui Aronofsky avrebbe rimontato la terza parte del film non è mai stata confermata. Il che non esclude che qualcuno ci abbia effettivamente pensato. La Paramount d’altro canto converte quello che può: Noah si fa in 3D (con prezzo del biglietto maggiorato). La Paramout battibecca con Variety, la “bibbia” del cinema (la sorte non difetta mai d’ironia), rea di aver pubblicato un sondaggio secondo cui il 98% degli intervistati di un gruppo di fedeli non nutre alcun interesse verso il kolossal veterotestamentario, ritenendosi “non soddisfatto da un film a tema biblico che sostituisce il messaggio centrale delle Scritture con quello creato da Hollywood”. Lo studio cita dalla sua un contro-sondaggio in cui si rileva invece un alto indice di gradimento. Per non farsi mancare nulla ci si mette anche Russell Crowe nel film è il patriarca – che tampina il Papa su Twitter pregandolo di visionare il film. Nel qual caso l’attore australiano sarebbe disposto a portarglielo di persona a San Pietro. Ma il Santo Padre, ricorda il portavoce vaticano, non può REVIVAL BIBLICO Dopo Noè, Mosè: già annunciato Exodus di Ridley Scott Il soggetto di Noah è ampiamente conosciuto ma, sorprendentemente, poco sfruttato al cinema. La storia annovera un solo precedente: nel 1928 è la Warner a portare sul grande schermo il diluvio universale. Diretto da Michael Curtiz, L’arca di Noè s’ispira ai Dieci comandamenti di DeMille (1927) “per il modo in cui combina una parte moderna, ambientata durante la prima guerra mondiale, e la parte propriamente biblica” (Davide Zordan, La Bibbia a Hollywood). Il film conquista il pubblico dell’epoca per il fascino imperituro della storia, l’audacia narrativa e la magnificenza spettacolare (memorabile la scena in cui gli animali ascendono la montagna): il 20 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 kolossal biblico conosce la sua consacrazione definitiva. Del Noé di celluloide però non vi sarà più traccia. Fino ad oggi. Basterebbe questa lunga assenza a giustificare la curiosità attorno al progetto di Aronofsky, ma c’è dell’altro. Più o meno nello stesso periodo viene annunciato un nuovo adattamento biblico, Exodus di Ridley Scott, che rievoca la fuga dall’Egitto degli ebrei, la separazione delle acque del Mar Rosso, le Tavole della Legge date da Dio a Mosè sul Monte Sinai. Arca di Noè e Dieci Comandamenti: fin troppo facile accostarli al dittico di fine anni ’20, in quella che ha tutta l’aria di una rinascita del kolossal biblico. G.A. essere il testimonial di nessuno. La parola torna ad Aronofsky che, volendo gettare acqua sul fuoco, ci ricorda che l’Arca è fondamentalmente l’imbarcazione più celebre della storia dopo il Titanic. Sarebbe facile ironizzare sui mille iceberg che una schizofrenica campagna di lancio potrebbe aver piazzato sulla rotta di navigazione del film. Invece su una cosa siamo d’accordo: troppo rumore per nulla. Possibile che un prodotto hollywoodiano finisca per diventare il pretesto di una guerra ideologica? Vogliamo rassicurare credenti, non credenti e iconoclasti: i film come Noah sono a prova di proselitismo, in un senso o nell’altro. Non servono a ingrossare le file dei fedeli (per l’inadeguatezza di ogni trattamento rispetto alla ricchezza simbolica del testo sacro), e non piacciono neppure agli atei (cui viene l’orticaria solo a sentire nominare la Bibbia). Sono semmai degni eredi del kolossal biblico d’antan: “Da DeMille a Curtiz a Huston, la storia sacra sembra fornire soltanto occasioni per eventi melodrammatici, esibizioni forzute ed effetti speciali, più o meno mirabolanti” (Alessandro Cappabianca, Il cinema e il sacro). Se volessimo cercare opere veramente ispirate dovremmo guardare oltre il recinto hollywoodiano, nel rigore e nel dubbio della grande cinematografia europea, dei Dreyer, dei Bresson, dei Bergman. Come il Dio dei cristiani preferisce limitare la propria onnipotenza aprile 2014 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 21 COVER STORY BARI IN COSTUME Emma Watson e Douglas Booth, insieme sull'Arca di Noah IIl Bif&st 2014 si inaugura con Noah e prosegue con The Invisible Woman e The Grand Budapest Hotel Bari ancora una volta capitale del cinema italiano. E non solo. Ricco infatti il programma del Bif&st 2014 messo a punto da Felice Laudadio comprendente la consueta girandola di film, incontri, master class, omaggi, anteprime. Si comincia con l’apertura affidata a Noah di Darren Aronofsky, a cui la Rivista dedica la copertina e queste pagine, per proseguire con le altre anteprime di scena al Petruzzelli: Gigolò per caso di John Turturro, The Grand Hotel Budapest di Wes Anderson, The Other Woman di Nick Cassavetes, The Invisible Woman di Ralph Fiennes, Il centenario che saltò dalla finestra di Felix Herngren, War Story di Mark Jackson e L’Amour est un crime parfait di Arnaud e Jean-Marie Larrieu. Per il resto, palinsesto vincente non si cambia. Ecco allora dieci opere in concorso nella sezione 22 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 Panorama internazionale, giudicate da una giuria popolare capitanata da Francesco Bruni si segnalano Pas son genre di Lucas Belvaux, Of Horses and Men di Benedikt Erlingsson, Onirica: Field of Dogs di Lech Majewski e Giraffada di Rani Massalha. Per chi invece, oltre a poter recuperare il meglio della produzione italiana dell’ultima stagione, volesse sentir parlare di cinema le lezioni di Sorrentino, Cristina Comencini, Camilleri, Bacalov, Gregoretti, Radford. Altro ancora? Sì, i focus su Golino, Bobulova, Germano e Leo nonché gli incontri con gli autori dei film in cartellone tra i quali Virzì, Amelio, Papaleo, Veronesi. E per chiudere in mostra anche una pietra particolarmente preziosa, il restauro di Chinatown di Roman Polanski curato dalla cineteca di Bologna. ANGELA PRUDENZI (per la salvaguardia della libertà) e manifestarsi da uomo (dentro la storia dell’incarnazione), così il Dio del cinema si cela nella quotidianità di vissuti marginali, nella prosaica enigmaticità della vita piuttosto che nell’ostentazione di una teofania gloriosa. Il kolossal sembrerebbe per sua natura il genere meno indicato per istituire un circolo spirituale tra vedere e mostrare. Il Noah di Aronofsky, non meno di quello di Curtiz (L’arca di Noè, 1929, ad oggi suo unico predecessore), è il trionfo della potenza hollywoodiana, il manifesto del suo primato tecnologico, del gigantismo produttivo, del proprio appeal cinestesico. Con i prodigi digitali del recente cinema americano, l’attesa è tutta concentrata sull’esperienza di visione, la sublime distruttività del diluvio, l’arcana voluttà della catastrofe. Anche il cast è importante: Russell Crowe ha muscoli e sandali come nel Gladiatore, mentre la Watson è l’orfanella di Harry Potter. Per il gioco di specchi dell’immaginario, uno pensa subito al peplum e al fantasy che, con il cinema catastrofico, costituiscono i veri modelli di riferimento dell’operazione. Non ci sarebbe nulla di male, nessuno si sognerebbe di chiedere qualcosa di diverso al grande cinema popolare. Purché non si chieda a noi di crederlo diverso. Sta scritto infatti: non si possono servire due padroni, Dio e mammona. Il diluvio universale La location perfetta “Penso che sia una delle più grandi storie mai raccontate. Non c’è cultura al mondo che non abbia sentito parlare di Noè e molte di loro hanno una propria narrazione del diluvio. La ragione per cui nessuno prima d’ora ha mai provato a portarla sul grande schermo è che tutto qui è un miracolo, e sarebbe stato molto difficile realizzare un progetto simile prima del 1990.” “Sono andato in Islanda una volta e me ne sono innamorato. C’è qualcosa di primordiale in quella terra. E’ una terra vergine, che nasce e rinasce continuamente, con la lava che non smette di riversarsi. Ho pensato che forse il mondo a quel tempo era così”. La scelta degli attori “La cosa che devi sapere di Russell Crowe è che molto intelligente, che devi dargli sempre delle risposte e che soffre terribilmente gli stupidi. Jennifer Connelly invece possiede una grazia senza tempo. E’ assolutamente credibile come moglie di Noè e come donna dell’epoca. Per quanto riguarda Logan Lerman, Douglas Booth ed Emma Watson, devo dire che non li conoscevo bene, che non erano neppure nella mia lista e che mi hanno sorpreso moltissimo. Per la parte di Matusalemme, all’inizio volevo ingaggiare una donna anziana, ma quando mi è venuto in mente Anthony Hopkins ho avuto la visione di un vecchio guerriero con la spada e mi sono ricordato che Matusalemme ne aveva in effetti una. Infine, ci sono molti attori che morirebbero dalla voglia di rifilare un calcio a Russell. Ma se avessi potuto sceglierne uno avrei puntato su Ray Winstone. E così ho fatto”. Tutti sull’Arca Costruire una vera arca era essenziale. Recitare in piedi su dei tronchi, a 20-30 metri da terra aiuta gli attori molto più che stare davanti al green screen. Certo, devi decidere come tutto dovrà essere prima ancora di girare. Scegliere colori, materiali, grandezza. In definitiva è una scelta: lo sforzo di costruire qualcosa contro la conversione digitale di ogni inquadratura. Fedeli alla storia Il film è assolutamente rispettoso del testo biblico. Ovviamente c’è qualche interpretazione, perché la vicenda occupa appena quattro capitoli della Genesi e Noè non parla mai. Ma siamo riusciti a realizzare qualcosa che è allo stesso tempo fantastico e fedele alla storia. Penso davvero sia il film perfetto per mettere insieme credenti e non, stimolando il dialogo”. G.A. Darren Aronofsky 5 COSE CHE SO SU NOAH ottobre 2013 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 23 madre natura Spider-Man supereroe ecologista. Ma non è solo, anche l’imminente Godzilla ha un messaggio: salviamo il pianeta! di Angela Bosetto TERRA 24 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 aprile 2014 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 25 anteprima M OLTI SUPEREROI hanno sostenuto campagne umanitarie, ma nessuno di loro si era ancora schierato in favore dell’ambiente… sino al nuovo Spider-Man. Andy Ridley (membro del WWF e ideatore di Earth Hour) e Jeff Blake (leader della distribuzione Sony Pictures) hanno stretto un accordo per rendere The Amazing Spider-Man 2 – Il Potere di Electro (nelle nostre sale dal 23 aprile) il tramite per veicolare un importante messaggio: tutti possono esercitare il proprio potere e diventare supereroi per salvare la Terra. Sullo schermo l’Uomo Ragno affronta ben tre avversari (Electro, Rhino e Green Goblin, il cui filo rosso di collegamento è l’abuso di tecnologia) per proteggere New York, nella realtà, invece, il suo nemico è un altro, assai più reale e temibile: l’indifferenza circa le sorti del Pianeta. La spinta ecologista del film è stata tale da bissare, a livello mediatico, la solita pubblicità fatta di video, backstage e interviste. Già a partire dalla pre-produzione, la Columbia Pictures (co-finanziatrice insieme alla Marvel) ha pianificato il film affinché fosse il più ecocompatibile nella storia dello studio. Poi SpiderMan è stato proclamato ambasciatore ufficiale di Earth Hour, l’ora a “luci spente” (svoltasi il 29 marzo) per ridurre l’impatto ambientale. Nel frattempo il regista Marc Webb e i protagonisti della pellicola, Andrew Garfield (Peter Parker/Spider-Man), Emma Stone (Gwen Stacy) e Jamie Foxx (Max Dillon/Electro), hanno dato il proprio supporto alla raccolta fondi Earth Hour Blue e sostenuto individualmente altre iniziative. Anche il compositore Hans Zimmer, il musicista Pharrell Williams e persino il papà dell’Uomo Ragno Stan Lee hanno condiviso l’impegno dei colleghi per Earth Hour attraverso i social media. Una tale mobilitazione è perfettamente in linea con la filosofia di un personaggio il cui motto è “Da un grande potere derivano grandi responsabilità”, ma c’è una coincidenza che fa riflettere: dall’inizio del 2014 è tutto un Jamie Foxx è il nemico Electro, a destra invece Andrew Garfield con e senza costume L’Uomo Ragno è stato proclamato ambasciatore ufficiale di Earth Hour, l’ora globale a “luci spente” 26 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 susseguirsi di film (più o meno seri, considerando il divario fra Snowpiercer e Pompei, o peggio ancora Spiders 3D) in cui la Natura si ridesta per punire l’uomo. Adesso è il turno di Noah (in uscita il 10 aprile) e del reboot di Godzilla (15 maggio). Se però il primo si inserisce nel filone, tipicamente biblico, in cui il disastro rappresenta l’ira divina che si abbatte contro un’umanità corrotta e peccatrice, nel secondo il “protagonista” è il simbolo stesso di ciò che succede quando gli equilibri che regolano l’ecosistema vengono sconvolti attraverso l’uso degenerato di scienza e armi atomiche. Non a caso, nelle pellicole in cui la Natura violentata genera mostri e devastazioni, c’è sempre qualcuno che pronuncia la frase che dissero i piloti dell’Enola Gay dopo aver visto gli effetti della bomba sganciata su Hiroshima: “Mio Dio, cosa abbiamo fatto?” I film apocalittici sono la cartina tornasole della paura primigenia che angoscia la nostra società (ossia bissare il punto di non ritorno), ma finché resta confinata oltre lo schermo ed esagerata per fini spettacolari, la catastrofe, nella sua irrealtà computerizzata, sembra gestibile e lontana. Al contrario, la febbre dei “supereroi con superproblemi” ha travalicato i confini cinematografici, televisivi e cartacei perché mai come nei momenti di crisi il pubblico ha tanto bisogno di esempi da seguire. Forse per questo un personaggio di fantasia quale l’Uomo Ragno può riuscire laddove mille rapporti (reali) di sensibilizzazione ambientale hanno fallito. RUSSELL JENNIFER RAY EMMA LOGAN CROWE CONNELLY WINSTONE WATSON LERMAN UN FILM DI DARREN ARONOFSKY DIRETTO DA DA GIOVEDÌ 10 APRILE AL CINEMA ANCHE IN 1RDKLOÀOPLW COLONNA SONORA SU ETICHETTA NONESUCH RECORDS E ANTHONY HOPKINS brivido animale ALTRO CHE “Divertimento e sfumature thriller per Rio 2”, promette Carlos Saldanha. Che ci porta con Blu e Gioiel in Amazzonia, per una nuova coloratissima avventura di Mattia Pasquini 28 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 “MI PIACEREBBE DIRE che ho fatto tutto io, ma è stato davvero un grande lavoro di collaborazione”, ammette Carlos Saldanha. Il regista brasiliano ci racconta Rio 2, un film nato da duro lavoro e tanto caffè. Nel sequel del fortunato e coloratissimo Rio del 2011, tornano Blu e Gioiel, i due pappagalli protagonisti. Stavolta genitori, impegnati nel crescere i figli e nell’affrontare una famiglia che non pensavano tanto ampia. Soprattutto alle prese con la difesa del proprio mondo, dal pericolo umano e dalla vendetta di un’altra vecchia conoscenza: Nigel, il vecchio PAPPAGALLI e malvagio cacatua dalla lunga cresta. Avevi provato a scappare dal sequel, eppure eccoci qui! La regola richiede che tu faccia un sequel se il primo film ha avuto successo, ma non volevo pensarci, avevo bisogno di una vacanza. Poi, tutto è venuto naturalmente. Ero proprio in Amazzonia, dove non ero mai stato prima, quando mi son venuti a cercare per parlare del nuovo script e del setting. Un destino, insomma. Almeno hai potuto studiare l’Amazzonia da vicino. E’ una regione talmente vasta che ho aprile 2014 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 29 brivido animale dovuto combinare elementi reali e di fantasia e creare una mia propria Amazzonia. Nella quale chi l’ha visitata potrà riconoscere dei dettagli, bilanciati però con alcuni elementi della mia cultura - alla quale ho cercato di rimanere fedele - e universali. Volevo un posto che fosse un mistero per gli stessi brasiliani. Cosa avete inventato per distrarli dai Mondiali di Calcio? Dopo i pericoli di estinzione e il traffico illegale di animali del primo, si parla di ambiente; l’Amazzonia come sappiamo è uno dei tanti ecosistemi in pericoli, come le barriere coralline, e la storia parla di proteggere il proprio habitat e conservare la propria specie. Non abbiamo aggiunto gli Indios perché la storia sarebbe diventata troppo co m p l i c a t a . E aveva m o s o l o due ore... Cosa succede al povero Blu? Pensava di avere tutto sotto controllo, ma deve adattarsi e combattere per la propria famiglia, più che mai. L’Amazzonia selvaggia non era la sua idea di casa, e le reazioni del padre di Jewel non lo aiutano. Si allontana, per poi tornare a reclamare i suoi cari. Questo il succo, al quale poi va aggiunta la ricerca di vendetta di Nigel. Animali in cattedra, insomma... Nelle animazioni, gli animali hanno sempre un grande appeal, puoi stilizzarli e renderli divertenti più dei personaggi umani. E poi a Nigel volevo dedicare più spazio sin dal primo film. Era stato sempre uno dei miei preferiti e io amo i cattivi; le storie funzionano 30 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 se hanno cattivi forti e divertenti insieme. Gli hai dato un numero musicale importante, pieno di citazioni. Sì, la sua interpretazione di I Will Surive, nella quale si cita anche Flashdance. Cerchiamo sempre qualcosa di classico che la gente possa riconoscere, anche forzando un po’ la situazione. Ma il momento che preferisco è quando Jewel presenta la propria fa- miglia, il ‘Reunion Moment’: un bel numero musicale dall’energia unica. Insomma, un altro bel regalo per tutti i bambini! Per ora siamo stati noi gli unici bambini coinvolti. Qui tutti sono un po’ bambini nel cuore. E il film segue questa filosofia: è un film per famiglie, non solo per bambini. Se avessi dei bambini, d’altronde, al cinema vorrei divertirmi anch’io con loro. Negli studios di Scrat Ecco dove nascono i cartoon della Fox: gli animatori de L’Era Glaciale ci aprono le porte Ci vogliono 40 minuti di auto da Manhattan per arrivare sulle colline del Connecticut. Ai Blue Sky Studios, la casa di Robot, Epic e L’Era Glaciale (come dimostra la statua di Scrat che ci accoglie all’ingresso), ma soprattutto di Rio. L’avventura di Blu e Jewel, i pappagalli blu del Brasile, infatti, continua in Rio 2, del quale abbiamo scoperto i segreti e il lungo processo dietro la realizzazione di una animazione tanto ricca e colorata. Si parte dalla sala di proiezione, dove Art Director, animatori, disegnatori si alternano a presentarci le singole scene della nuova avventura, accompagnandole con i bozzetti ed evidenziandone gli elementi, musicali e grafici. Un ‘work in progress’ che approfondiamo con alcuni dei creativi di questa “comunità”, fondata su cameratismo, creatività, duro lavoro e “una fornitura infinita di caffè”. Ognuno (senior, animatori, junior e temporanei) lavora solo come ci spiega il giovane animatore spagnolo che ci accompagna - sotto “una rete di supervisori” che, ricevuto un “kick off” del regista inizia a dedicarsi all’animazione. Dal ‘Modeling’ che crea i personaggi tridimensionali, al dipartimento di ‘Rigging’ che fornisce i controlli per muoverli. Il resto lo fa la “libertà creativa” dei singoli animatori. Sono loro a dar vita agli storyboard del colossale scandinavo responsabile della sezione, Piet Kroon, che ci apre il vaso di Pandora dei disegni scartati, che non verranno mai utilizzati per eventuali successivi sequel (“A volte si fa prima a ridisegnare tutto”, dice), e ci confessa i suoi sogni di dirigere di nuovo un film tutto suo (dopo l’Osmosis Jones del 2001). Non prima di mettersi al lavoro sul prossimo progetto: #peanutsmovie2015. M.P. aprile 2014 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 31 brivido animale Al Future Festival di Bologna l’animazione di Saldanha si accompagna all’ultimo capolavoro di Miyazaki P iù che Future Film Festival stavolta dovremmo chiamarlo “Festival des Films du Futur”. Infatti sono ben quattro le pellicole d’animazione francesi in concorso a Bologna dall’1 al 6 aprile 2014 per aggiudicarsi il Platinum Grand Prize: My Mommy is in America di Marc Boréal e Thibaut Chatel, tratta dalla graphic novel Mia Mamma (è in America, ha conosciuto Buffalo Bill) di Jean Regnaud ed Émile Bravo (entrambi ospiti al festival), Aunt Hilda di Jacques-Rémy Girerd, Aya de Yopougon di Marguerite Abouet e Clement Oubrerie (autori anche dell’omonimo fumetto) e Jasmine di Alain Ughetto. Per gli Stati Uniti gareggerà Cheatin’ di Bill Plympton, per il Brasile Rio 2096 di Luiz Bolognesi (che insieme a Marco Bechis ha scritto BirdWatchers – La terra degli uomini rossi, 2008), mentre toccherà ad Asphalt Watches di Shayne Ehman e Seth Scriver, già passato al Toronto Film Festival, difendere la bandiera del Canada. La kermesse, il cui tema portante quest’anno è Futuropolis – Le città del futuro (ambito a cui sarà dedicata un’apposita retrospettiva animata), offrirà inoltre molto sia nella sezione première (Rio 2 – Missione Amazzonia di Carlos Saldanha – ospite anche lui – e Goool! di Juan José Campanella, il regista de Il segreto dei suoi occhi), sia nel reparto fuori concorso, dove, giusto per citare due titoli, si potranno vedere It’s Such a Beautiful Day di Don Hertzfeldt e Short Peace, film in quattro episodi di Katsuhiro Otomo (proprio lui, il creatore di Akira), Shuhei Morita, Hiroaki Ando e Hajime Katoki. L’attenzione privilegiata di cui godono i lungometraggi non deve però far passare in secondo piano il Future Film Short, la competizione parallela dedicata ai corti, terreno fertile per ogni possibile sperimentazione artistica. La ciliegina sulla torta della sedicesima edizione del Future Film Festival? Ovviamente l’anteprima nazionale di Si alza il vento, l’ultimo assolo del sensei Hayao Miyazaki, candidato all’Oscar e presto in Italia grazie a Lucky Red. La torre di Babele di Angela Prudenzi 32 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 Foto di Fabio Lovino Zowart creative agency Si ringrazia Alessandro Gassman per il suo impegno a favore di Amnesty International “CON IL 5X1000 SOSTENGO LE CAMPAGNE DI AMNESTY INTERNATIONAL PER IL RISPETTO DEI DIRITTI UMANI NEL MONDO. È IMPORTANTE, FAI COME ME!” +N:ÄUGORNKEGGPQPEQUVCPWNNC$CUVCƂTOCTGNCRRQUKVQOQFWNQPGNNCVWC &KEJKCTC\KQPGFGKTGFFKVKGTKRQTVCTGKNEQFKEGƂUECNGFK#OPGUV[+PVGTPCVKQPCN 0 3 0 3 1 1 1 0 5 8 2 :WPCFKEJKCTC\KQPGFoCOQTGXGTUQKFKTKVVKWOCPK YYYCOPGUV[KV sentieri selvaggi 34 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 Dall’itinerario femminista di Robyn Davidson al viaggio fantasmatico e solitario di Mia Wasikowska: le traiettorie sono cambiate Ghost Tracks di Gianluca Arnone aprile 2014 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 35 sentieri selvaggi P UBBLICATO NEL 1977, nel periodo di piena maturità del road-movie come dispositivo narrativo e come archetipo della controcultura, Tracks di Robyn Davidson è stato un caso letterario in patria. L’autrice, allora poco più che ventenne, narra un’esperienza ai limiti della sopravvivenza, l’attraversamento dell’outback australiano con la sola compagnia di un cane e quattro cammelli: sette mesi per percorrere 2.700 km di cammino, da Alice Springs all’Oceano Indiano. Per spiegare le sue fortune bisognerebbe riassaporare il clima di allora, segnato dalle correnti calde della contestazione e dell’utopia, dell’anticonformismo e della fuga mistagogica. Ritrovare la bussola di ogni rivoluzionario con la barba lunga e lo zaino in spalla, seguirne la rotta iniziatica, il viaggio in moto (e a piedi), itinerario di libertà e protesta, evaporazione e ritrovamento. Incerto l’orizzonte nel mirino, vale anche allora l’antico adagio ungarettiano: la meta è partire. Tracks coglieva lo spirito dei tempi, con la postilla di un’eroina femminista. Oggi avrebbe lo stesso successo? Probabilmente no. Il fascino del viaggio? Sbiadito, mistero dissolto nell’all inclusive del turismo di massa. Dettagliato nello spazio e previsto nel tempo, ha perduto pure l’implicita possibilità di perdersi. A smarrirsi per strada sono stati semmai furori libertari e ideali performativi. L’adattamento diretto da John Curran non è però rigurgito nostalgico. E’ un’operazione che, pur ambientata negli anni del libro e fedele ai suoi fatti, possiede chiara la consapevolezza di uno smottamento epocale, senza l’ossessione della reliquia. Il filmaker americano, da anni trasferitosi in Australia, incamera il resoconto della Davidson (e il reportage che il National Geographic Magazine, sponsor dell’impresa, allora le dedicò) nell’esperienza moderna e ne fotografa il negativo, il desiderio del Vuoto in tempi di Google Earth e di saturazione di spazi. Eludere la presenza, la capillarità dei mezzi di comunicazione, il continuo rimpallo sull’altro, l’oggetto, l’avatar. Curran lo dice apertamente: “Tracks esprime un’urgenza che molti giovani di oggi sentono, disconnettersi da un mondo di social network e telefonini, un mondo fin troppo collegato”. Il film, interpretato da una brava Mia Wasikowska, si inoltra nell’arido deserto oceanico con la volontà di perdersi, abbandonare vecchie piste, seguendo le tracce nascoste che portano Altrove. 36 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 Tracks: qui e in basso alcune scene del film con Mia Wasikowska. A destra il regista John Curran Intervista a John Curran “Il road-movie? Possibile solo in Australia. L’America ha perso la sua anima” Quando ha letto il libro per la prima volta e quando ha capito di poterne trarre un film? Conoscevo questo libro da molto tempo. Alla metà degli anni ‘80 mi sono trasferito in Australia ed è stato allora che mi sono imbattuto in Tracks. L’idea di realizzare qualcosa per il grande schermo è venuta però al mio produttore, che nel 2000 ha acquisito i diritti del libro. A differenza di Mia Wasikowska, che dall’Australia si è trasferita in America per lavorare, lei ha fatto un percorso esattamente inverso. Che cosa l’ha portata fin lì? Anche se l’industria cinematografica australiana è relativamente piccola, la gente lì è molto accogliente. Basti pensare che a New York ho quasi esclusivamente amici australiani. Era da tempo che volevo girare un film in Australia. Sullo schermo un impulso tutto contemporaneo: il desiderio del Vuoto ai tempi di Google Earth Pur essendo ambientato in Australia, il film si riallaccia a una tradizione prettamente americana, quella del roadmovie. Solo se lo si vuole incorniciare in un genere, perché questa storia appartiene interamente all’Australia. Il vero protagonista è il paesaggio e quello che vediamo in Tracks, l’outback, non lo trovi da nessun’altra parte se non in Australia. In America ambienti così sono sempre più rari. E’ un paese congestionato, omogeneizzato, è diventato dappertutto identico, da nord a sud. L’America ha perso un po’ la sua anima. aprile 2014 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 37 sentieri selvaggi Il viaggio è uno dei temi più battuti dal cinema degli anni Settanta, soprattutto per la sua osmosi con i movimenti contestatari dell’epoca. Oggi invece? Credo che la fuga, l’essere disconnessi da tutto, rappresenti la vera novità dell’esperienza moderna. Questa fantasia di lasciare tutto ha qualcosa di romantico ed è un tema assai affascinante per il cinema. E’ vero, non c’è più il clima ideologico di allora, ma oggi, se è possibile, questo desiderio di partire e lasciare tutto è ancora più forte. Come ha detto Mia, i mezzi di comunicazione ci hanno rubato l’imprevisto perché ci costringono a programmare costantemente il domani. Mentre nel mio film il deserto ha questo d’interessante: è uno spazio astratto, sfugge alle nostre normali consuete. E’ uno spazio imprevedibile. Inoltre, consente all’osservatore di guardare senza limiti. E libera lo spettatore dall’abitudine del vedere. Dici deserto e pensi al silenzio. Invece il suo è un film dove la musica è onnipresente. All’inizio avevo previsto più silenzio ma poi mi sono accorto che il film non andava nella direzione che volevo. Il problema del deserto è che in certe giornate di sole esso appare come un unicum senza contorni, piatto. Perciò la musica è così importante. Regala al deserto un riverbero emotivo. Non credo sia una colonna sonora invasiva. Ho utilizzato quella che chiamo una “musica trasparente”, ovvero musica che ti consente di percepire nitidi i suoni ambientali. Pur con tutte le sue fedeltà e le risonanze interiori, il viaggio non ripercorre mai veramente l’itinerario originale della Davidson né quello classico del road-movie. Abbiamo qui un’eroina che non vuole mettersi in cammino per dimostrare qualcosa, inseguire miraggi di libertà, assecondare desideri di auto-affermazione. Lei ha bisogno di andare: non per ritrovare se stessa, ma per perdersi. Il film poi, alla maniera di Gravity, esprime un impulso del cinema contemporaneo ad abbandonare il proprio perimetro d’azione per purificarsi, scrollandosi di dosso il mondo e il suo carico di immagini. Con la monotonia e gli sconfinati paesaggi inabitati, traccia un’autentica esperienza fantomatica, dove la realtà non viene sostituita dal fantasma - come accade nei social media e, qui, nei flashback onirici della protagonista - ma si dissolve in giallo, con i contorni che svaniscono, perdono definizione. Cromaticamente il giallo è il valore dominante dell’operazione, il colore del deserto. E’ anche, scriveva Goethe, quello più prossimo alla luce, luce che per lo scrittore tedesco è “pura trasparenza”. C’è un’ossessione evanescente in Tracks, una contro-utopia del Vuoto da non confondere con la distopia del Nulla (horror vacui). Una reazione all’incubo della sovrappopolazione e al restringimento dello spazio (secondo le ultime previsioni nel 2040 ci saranno 9 miliardi di esseri umani sulla terra). Spazio - la perdita di e la conquista dello - è il vero tarlo del film e uno dei temi cinematografici di sicuro avvenire. Dove indirizzare lo sguardo quando dappertutto è pieno di immagini? Come sperimentarne uno nuovo? L’arca perduta è l’Aperto, il possibile oltre il confine. Quello di Curran è un western senza cavalli (ci sono i cammelli però) né indiani cattivi (al loro posto dei pacifici aborigeni). Mia Wasikowska una bionda John Wayne in gonnella. Percorre i suoi sentieri selvaggi fino all’ultimo respiro. Dove il mondo finisce e la frontiera è aperta. Avanti cinema. Trova delle affinità tra la sua Robyn Davidson e il Christopher McCandless di Into the Wild? E’ un paragone interessante, giusto. Entrambi i personaggi scelgono consapevolmente di andarsene, staccare da tutto. Le motivazioni però sono diverse. Il desiderio di disconnettersi di Robyn non è totale come quello di Chris. Lei vuole allontanarsi dalla persone, ma non fino al punto di non lasciarle più entrare. Lo vediamo nel rapporto con il fotografo. Inoltre, sa fin dall’inizio che il suo viaggio finirà, che poi dovrà tornare. E’ una tappa di un viaggio più grande. Il suo arrivo l’inizio di qualcos’altro. Mia Wasikowska e Adam Driver in una scena del film GIANLUCA ARNONE 38 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 sentieri selvaggi C ‘‘ uore rosso”, “Molto lontano”, “Dietro l’oltre”, “Mai-Mai”: questi alcuni dei modi con cui gli australiani chiamano l’Outback, la sterminata area semidesertica che attraversa il loro continente. Un luogo ipnotico senza netti confini geografici, affascinante e minaccioso, celebrato dai registi nazionali e teatro di grosse produzioni angloamericane (Sul sentiero del sole di Leslie Norman, 1957 o I nomadi di Fred Zinnemann, 1960) sin dalla metà del secolo scorso. Un buon esempio di come sul grande schermo l’Outback possa essere sia sogno sia incubo è offerto da due pellicole, presentate all’ultima Mostra di Venezia, che vedremo quest’anno: Wolf Creek 2 di Greg McLean (sequel del survival horror da lui diretto nel 2005, uscito in patria a fine febbraio) e Tracks di John Curran (nelle nostre sale il 24 aprile), dedicato al viaggio interiore e reale di Robyn Davidson (interpretata da Mia Wasikowska), la ragazza che nel 1977 attraversò da sola i deserti del paese. In entrambi i casi, non ci stupisce che il paesaggio non stia a guardare, ma divenga parte integrante della storia. Lo abbiamo appreso negli anni da film quali Priscilla, la regina del deserto (1994), Oscar e Lucinda (1997), Holy Smoke – Fuoco sacro (1999), La dea del ’67 (2000), La gene- razione rubata (2002), The Tracker (2002), Lucky Miles (2007) e persino dal CGI di Australia (2009). Eppure all’inizio della sua “carriera” l’Outback era solo il fondale perfetto con cui fare concorrenza agli USA. Complice il bandito ottocentesco Ned Kelly, personaggio leggendario che nel 1906 battezzò il neonato cinema australiano (con Ned Kelly and His Gang e The Story of the Kelly Gang) e che, molto prima di avere il volto di Mick Jagger o di Heath Ledger, fu al centro di tre film diretti da Harry Southwell (The Kelly Gang, 1920, When the Kellys Were Out, 1923, e When the Kellys Rode, 1934), negli anni Trenta nacque il “Meat Pie Western”, ispirato al modello statunitense, ma ambientato nell’Outback. Meno prolifico, ma assai più longevo del nostro “Spaghetti Western”, il “Meat Pie” sopravvive ancora oggi con buone pellicole, tipo La proposta di John Hillcoat (2005) o Red Hill di Patrick Hughes (2010). Tuttavia, a tramutare definitivamente l’Outback da suggestivo panorama in co-protagonista furono quattro titoli degli anni Settanta: il thriller Wake in Fright di Ted Kotcheff (1971), L’inizio del cammino di Nicolas Roeg (1971, che riaprì il filone “aborigeno” iniziato da Charles Chauvel con Jedda, 1955), Picnic ad Hanging Rock di Peter Weir (1975, che attraverso una natura Adam Driver è il fotografo del National Geographic Magazine in Tracks di John Curran Luogo ipnotico, affascinante e minaccioso: lo sterminato deserto australiano alla conquista dell’immaginario Outback mania di Angela Bosetto 40 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 quasi aliena sonda la frattura fra civiltà borghese e mistero ancestrale) e Interceptor (1979). Piazzando un giovanissimo e infuriato Mel Gibson alla guida della V8 Interceptor, George Miller non creò solo il personaggio cult di “Mad” Max Rockatansky (tornato in Interceptor – Il guerriero della strada, 1981 e in Mad Max – Oltre la sfera del tuono, 1985), ma dimostrò come le lande australiane potessero sposarsi con altri generi (dalla fantascienza all’horror, dall’action al biker movie), tramutandole nello scenario post-apocalittico per eccellenza. E proprio in ambito apocalittico si inserisce l’imminente thriller The Rover, girato gomito a gomito con i set di Tracks e Wolf Creek 2. Il regista David Michôd prende però le distanze da Mad Max: “Massimo rispetto per Interceptor, ma, per favore, basta paragoni. Volevo sperimentare un’atmosfera opposta rispetto agli spazi chiusi di Animal Kingdom e l’Outback offre innumerevoli possibilità creative.” Comunque stavolta Miller non può fargli concorrenza ambientale perché le piogge torrenziali hanno coperto di fiori selvatici il set di Mad Max: Fury Road (quarto capitolo della saga, con Tom Hardy nel ruolo che fu di Gibson: uscirà nel 2015), costringendo la troupe a migrare nella più desolata Namibia. Un cuore rosso, lontano, enigmatico… e imprevedibile. All'inizio della sua "carriera" era solo il fondale perfetto con cui fare concorrenza agli USA aprile 2014 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 41 true lies 42 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 Dal monolite-donna al relitto del destino, passando per il dialogo che non c’è: una riflessione sull’ultimo, controverso film del regista danese, Nymph()maniac Ossessione LARS V()N TRIER di Federico Pontiggia S toria di Joe, dall’infanzia ai 50 anni. Storia di Joe, autodiagnosticata ninfomane: “I’m a nymphomaniac”. Non sex-addicted, perché la vera dipendenza è un’altra, e non c’entra niente con il sesso, né con lei: è la dipendenza di Lars von Trier dal cinema, filtrata attraverso il monolite-donna. Oggetto misterioso, per von Trier inscalfibile, non permeabile, dunque, maltrattabile. La sua privatapubblica odissea nello spazio-donna continua. Niente scherzi Dopo Melancholia, dopo il pianeta-pillola blu che cancellava la Terra e, forse, la sua depressione, von Trier ritorna con Nymphomaniac, e non scherza più, non ricatta il pubblico, non ci “gioca”: film monstre per durata e (in)confessa monoliticità, al di là dell’evocativo, subdolo () nel titolo – Nymph()maniac – penetrarvi non è facile. Il sesso Sesso senza sensualità, senza eccitazione, sesso coazione, estorsione, punizione, sesso e basta, che entra ed esce da Joe, la sua attrice-feticcio Charlotte Gainsbourg (giovane è la new entry Stacy Martin), trovata malmenata e incosciente in un vicolo dallo studioso Seligman (Stellan Skarsgard). La porta a casa, la mette a letto, e Joe (si) racconta, in otto capitoli, 5 per il Volume 1 e 3 per il Volume 2. La scansione della perdita della sua verginità, ovvero, chioserà Seligman, la successione di Fibonacci. Perché questo Seligman fa: normalizza, alza, distacca e “digressiona” il racconto di Joe, il suo sesso-fare, trovandovi analogie nella pesca con la mosca e nella polifonicità di J.S. Bach (Ich Ruf Zu Dir, Herr Jesu Christ, organo: piede, mano sinistra, mano destra; organi: amante, amante e l’amante principe Shia LaBeouf), emendando la visione blasfema della Madonna nell’orgasmo della piccola Joe, perché non era la Vergine ma Messalina, la ninfomane per antonomasia, e la puttana di Babilonia, ovvero, riducendo a normalità il “caso Joe”. La religione La religione è della partita, e come non potrebbe? Sì all’antisionismo, non all’antisemitismo, sostiene Seligman, ovvero, rammenda von Trier dopo il Nazi-choc di Cannes 2012, ma soprattutto la religione cristiana, con la “generalizzazione” che Seligman, contemplando un’icona, fa tra Chiesa Ortodossa e Chiesa Romana Cattolica, ovvero tra felicità e sofferenza, tra gioia e piacere e colpa e dolore. E così il primo capitolo del Volume 2 è “The aprile 2014 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 43 true lies Eastern and the Western Church (The Silent Duck)”. La parabola di Joe Ma la religione non tiene, come pure la terapia e il gruppo di auto-aiuto, perché è Joe a non tenere, in un crescendo: promiscuità adolescenziale, ragazzi da farsi a gara con l’amica sul treno, puntando tutto sulla tentazione; onnivoracità, che alla fine anche l’amato Jerome (LaBeouf) è uno come altri; l’approccio agli “uomini pericolosi”, due ne(g)ri, con digressione di Seligman sul politically correct; l’affidarsi a un sadico asettico (Jamie Bell), le scudisciate e l’abbando- director’s cut più sessualmente esplicito - vuole togliere il sesso al porno e riguadagnarlo al cinema tout court: dopo Shame, La vita di Adele e Lo sconosciuto del lago, solo per fare qualche titolo, in barba a Bazin il sesso è cinema, e “cinema per tutti”. Bene o male, è presto a dirsi: la sottrazione al pornografico è altro modo di racconto o concessione al pornografico o mero trasferimento del pornografico su altro “supporto” e ad altro pubblico? Verso la trascendenza Vedremo, ma von Trier è già andato oltre: Nymph()maniac è ricerca del Charlotte Gainsbourg e Stellan Skarsgard in una scena del film. Pagina precedente, Lars von Trier per il sesso è l’amore”, ma l’amore, per Joe, “è lussuria con gelosia”. L’intorno della dipendenza Ebbene, Nymph()maniac sta in mezzo: lussuria pletorica, amore irraggiungibile, due parentesi, queste (). L’intorno del sesso, l’intorno di un cinema, quello di Lars von Trier, che ha smesso di “prenderci in giro” per prendersi sul serio, con un rischio, lo stesso di Joe: non trovare nessuno disposto a mettersi in ascolto, a capire e dare fiducia. Gli spari sopra sono per noi? Forse, ma parlare di Nymph()maniac è imprescindibile: non per lo “scandalo”, ma per l’inevasa richiesta di dialogo di Joe. Riecheggia un’altra dipendenza, quella de Il cattivo tenente di Abel Ferrara, e tornano in mente le parole di Zoë: “I vampiri sono fortunati. Si nutrono degli esseri che trovano. Noi invece divoriamo noi stessi. Dobbiamo mangiare le nostre gambe per trovare la forza di camminare. Dobbiamo arrivare per potere andare via. Dobbiamo succhiarci fino in fondo. Dobbiamo divorarci da soli finché non ci resta nient’altro che la fame”. Come placarla, meglio, come colmarla questa fame? Il relitto del destino no del figlio; la svolta da passiva ad attiva, ovvero mistress; l’educazione dell’erede; “The Gun”, l’ultimo capitolo, con “colpo” di scena. L’ossessione di Lars E, per ogni scena, la ricerca meccanica, smorta dell’osceno: sordo, ineluttabile, servo-padrone insieme, Le onde del destino e Antichrist (entrambi citati), la liberazione sessuale che sfonda prima nella bulimia, poi nell’anoressia. Ma se Joe è nympho, maniac è von Trier, ossesso più dell’ossessione della sua Joe, fesso con raziocinio: “matematic crap”, Fibonacci e il Faust, Bach, Beethoven e i Rammstein, la crocifissione del Cristo e il Rugelach ebraico senza forchetta. Dunque, dove vuole portarci von Trier? Innanzitutto - dei due Volumi esiste il 44 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 trascendente in parole, opere e fornicazioni, ricerca dell’assolutezza nell’esibito relativismo, ricerca di un linguaggio, per il cinema e per l’uomo, che non sia solo coatta selezione e combinazione, come Joe fa delle sue “conquiste”. Nymph()maniac è predominio del fare (sesso) in assenza del dirsi; anelito del dialogo in presenza di troppi monologhi; volontà di ricevere dopo troppo (s)darsi, perché “l’ingrediente segreto Joe non è un vampiro, Joe è una donna and it’s a man’s man’s man’s world (tre uomini, polifonia…), Joe è l’emorroissa e perde sangue: ma qui non c’è il mantello di Gesù da toccare, non c’è Gesù. Eppure, ed è il punto, l’heideggeriana Gelassenheit, l’abbandono degli intellettualismi, dei tecnicismi di Seligman e l’abbandono al mistero, a Dio non è forse il verbo irricevibile, meglio, irricevuto di Joe? Tra tante petite mort, che contengono davvero queste ()? Dopo Le onde del destino, il relitto del destino e, forse, un’eterodossa, eretica, (financo inconscia figura Christi)? Diamo fiducia a Joe, e vogliamo dare fede a Lars von Trier? Potremmo, se il “colpo” di scena non ci rigettasse nel rape revenge movie. E nella Domanda: chi vuole ascoltare Joe? La vera “addiction” è un'altra e non c'entra niente con il sesso: è la dipendenza di Lars von Trier dal cinema Designed by Arch. Andrea Viviani Accomodatevi e g o d e te v i lo spettacolo Made in Italy THE COMFORT SHOW w w w. c i n e a r r e d o i t a l i a . c o m lezioni di leggerezza Se n’è andato l’uomo, non il cineasta: da Hiroshima mon amour in poi, il suo è lo sguardo di un autore sempre contemporaneo Evviva Resnais di Silvio Danese UN FILM COME QUESTO NON L’AVETE mai visto. Di quanti cineasti possiamo dire così? Figlio di un farmacista, Alain Resnais ha raccontato l’emozione della composizione quando la farmacia si svuotava e restavano solo due cose: i barattoli e il silenzio. Parcheggiando con disco orario la quotazione massima dell’inclito regista secondo i critici, “autore che sviscera la necessità dell’arte di forzare l’indicibile”, si fa prima ad arrivare a casa Resnais, un luogo antico della pubertà-adolescenza dove la sperimentazione è un bisogno naturale praticato con abilità, coraggio e ironia. Quando gira una versione di Fantòmas, a quindici anni, cerca di contraffare l’età dei suoi attori bambini avvicinando la cinepresa alle facce, oltre ogni ragionevole misura: “Scoprendo che era una scelta sbagliata ho aiutato 46 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 le mie facoltà critiche, non solo nel cinema”. Come succede per i poeti nei box delle antologie scolastiche, sui giornali Resnais viene sezionato e scandito per periodi: il tema della memoria, nella prima parte, da Hiroshima mon amour (1959), a L’anno scorso a Marienbad (1961), a Muriel. Il tempo del ritorno (1963), La guerra è finita (1966, per una sorta di contrario della memoria nella lotta per il futuro), e Je t’aime, je t’aime (1968); il periodo dell’analisi (scettica) del comportamento umano, da Staviski (1974) a Providence (1977), Mon oncle d’Amerique (1980) e La vita è un romanzo (1983), ma dove mettiamo l’orfismo materialista di L’amour à mort (1984) è da vedere; e poi via con il terzo periodo, il teatro filmico che, in congegni a struttura temporale, combina temi Il capolavoro del 1959 sarà di nuovo in sala grazie all'iniziativa della Cineteca di Bologna Alain Resnais (3 giugno 1922 1 marzo 2014) aprile 2014 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 47 lezioni di leggerezza Due scene di Hiroshima mon amour. In alto Alain Resnais 48 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 e personaggi delle presunte prime due fasi, da Mélo (1987) all’ultimo Amare, bere, cantare (2014), passando per Smoking; No Smoking (1993), Parole parole parole (1997), Cuori (2006), dove Resnais privilegia testi dell’impagabile Ayckbourn. Se in questo buio cimitero di titoli accendiamo un fiammifero (pensando con tristezza: ma ci sono ancora giovani generazioni che cercano i film di Resnais? Poiché altrimenti saranno più povere), se accendiamo una fiamma, le opere di Alain Resnais tornano vive intorno a quel fiammifero che le ha generate e le comanda: la morte. Allegria, ma è così. Non è però la mortalità umanista, classica, ma l’esistenziale fine degli altri in noi, come ci ricordava già 30 anni fa Marcel Oms di Positiv: “Nella poetica di Resnais si tratta della morte come impossibile fine del mondo, in quanto ‘ognuno è anche gli altri’, interiorizzati e di cui siamo memoria, ed è l’altro che è mortale in me”. Gli altri in me, dunque la Storia, il mondo che continua e riceve il tempo. E’ in questo ragionare del tempo che si è sviluppata la disarticolazione del racconto nel cinema di Resnais, e così anche la messa in scena teatrale del tempo di molte opere recenti. Ma la prima. Hiroshima resta l’entrata spettacolare di un pensiero di cinema tra il neorealismo e le nouvelle vagues. Quanto sono teneri e ombrosi questi amanti senza domani in corso d’immaginazione proprio di quel domani, lo stesso domani che, nella coscienza collettiva, contiene la ricostruzione delle società. “Un’anima piena di immaginazione è tenera e ombrosa” scrisse Stendhal in Dell’amore. La speranza d’amore è mai stata così incisa, così stroncata e rianimata, e così messa in risonanza con la speranza della Storia? Tu sei Nevers, io sono Hiroshima. Ancora oggi Hiroshima mon amour lascia un segno di originale tensione metafisica, di forte impressione di unicità mélo, nel contrasto tra fotografia e parola, tra il dato e l’immaginato, un vero romanzo filmico, di disorientante “indeterminatezza letteraria”. Antonioni che incontra Visconti. Ma è Re snais. Perversa ed irresistibile. LA REPUBBLICA SELEZIONE UFFICIALE Un duello d’intelligenza malizioso e brillante. IN CONCORSO FESTIVAL DI CANNES VARIETY La Venere di Polanski seduce. CORRIERE DELLA SERA EMMANUELLE MATHIEU SEIGNER AMALRIC VENERE IN PELLICCIA UN FILM DI ROMAN POLANSKI IN VENDITA IN DVD E BLU-RAY DISC DAL 17 APRILE www.01distribution.it PER VISUALIZZARE I CONTENUTI EXTRA DEL FILM SCARICA L'APP DI AR-CODE E INQUADRA L'IMMAGINE RITRATTI di Orio Caldiron Shirley la dolce Dal debutto con Hitchcock alla consacrazione con Billy Wilder e Jack Lemmon: gli 80 anni della MacLaine 50 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 N Shirley MacLaine: sopra in Downton Abbey, a destra è Irma la dolce Non sono molte le attrici che fanno centro al primo colpo come Shirley MacLaine, nome d’arte di Shirley Beaty, nata a Richmond, Virginia, il 24 aprile 1934. Mentre a Broadway sostituisce la protagonista del musical The Pajama Game, debutta nel cinema con Alfred Hitchcock nel ruolo della stralunata Jennifer Rogers di La congiura degli innocenti (1955). Nello stesso anno ruba la scena a Jerry Lewis in Artisti e modelle, dove è irresistibile quando gli fa la corte cantando “Enamorada”. Si fa notare nel personaggio della prostituta di Qualcuno verrà (1958), il turgido mélo dove muore tra la folla del luna-park per salvare Frank Sinatra. Ma anche in quello della provinciale in cerca di marito a Manhattan di Tutte le ragazze lo sanno (1959), in bilico tra estrosa vivacità e ingenua freschezza. Negli anni sessanta è Billy Wilder che le offre la grande occasione con il ruolo di Fran Kubelik di L’appartamento (1960), la ragazza dell’ascensore in una grande azienda newyorkese innamorata del capo del personale Fred MacMurray. Il gioco di sguardi, timidezze, frustrazioni tra lei e il contabile Jack Lemmon, che si guadagna la promozione prestando il suo appartamento ai dirigenti in vena di scappatelle, fa finalmente scoccare tra di loro la scintilla nella notte dell’ultimo dell’anno. Quando lui le confessa il suo amore, lei gli risponde: “Taci e dai le carte”. È accanto a Jack Lemmon anche nel secondo incontro con Wilder per Irma la dolce (1963). Nello scenario sgargiante delle Halles ricostruite in studio poco prima della demolizione, il personaggio di Irma, la poule dai capelli rossi e le calze verdi innamorata prima di Nestor e poi di Lord X senza sapere che sono la stessa persona, contamina la commedia con il dramma, la farsa con il musical per dar vita alla favola dell’amore e della gelosia, sintonizzata sulle intermittenze del cuore. La versatilità dell’interprete – confermata dall’insegnante travolta dalla calunnia di Quelle due (1961) – s’impone nell’irriducibile taxi-girl di Sweet Charity - Una ragazza che voleva essere amata (1969), il musical ispirato alle felliniane Notti di Cabiria, dove si scatena al ritmo di “Where am I Going”. Si allontana per qualche tempo dal set dedicandosi alla campagna presidenziale per i democratici e al reportage televisivo. Si sprecano i fazzoletti nel suo ritorno sullo schermo con la madre eccentrica e invadente di Voglia di tenerezza (1983) premiata con l’Oscar, che tra lacrime e sorrisi inaugura una folta galleria di signore bizzose e irascibili. Dalla madre di Meryl Streep in Cartoline dall’inferno (1990) alla nonna di Jennifer Aniston di Vizi di famiglia (2005) che potrebbe essere stata il modello della Mrs. Robinson di Il laureato. Sorella maggiore di Warren Beatty, è stata sposata con il produttore Steve Parker, da cui ha avuto la figlia Sachi. Nella sua casa di Santa Fe, si è inventata un secondo mestiere, scrivendo l’autobiografia e un gran numero di libri d’ispirazione new age, venduti in tutto il mondo in milioni di copie. Si è inventata un secondo mestiere, scrivendo l'autobiografia e libri d'ispirazione new age aprile 2014 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 51 Vanessa INCONTRADA Gabriele PIGNOTTA Chiara FRANCINI Fabio AVARO INNAMORARSI non è mai stato così divertente XQoOPGL Gabriele PIGNOTTA Ti SPOSO ma non TROPPO DAL 17 APRILE AL CINEMA T PER VISUALIZZARE I CONTENUTI EXTRA DEL FILM SCARICA L’APP DI AR-CODE E INQUADRA L’IMMAGINE I TOP 5 54 al Cinema OTTIMO BUONO SUFFICIENTE MEDIOCRE SCARSO Father and Son 57 67 One Chance 63 Lovelace 69 Transcendence The Special Need 58 63 Non dico altro Piccola patria 60 I fratelli Karamazov 62 Grand Budapest Hotel 54 Father and Son 57 The Special Need 57 Il venditore di medicine 58 Piccola patria 59 I corpi estranei 59 Ti ricordi di me? 60 I fratelli Karamazov 62 Grand Budapest Hotel 63 Lovelace 63 Non dico altro 64 Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve 65 La sedia della felicità 65 Onirica 66 La luna su Torino 67 One Chance 67 Song ‘e Napule 69Preview Un matrimonio da favola Transcendence Ghost Movie 2 Il mondo fino in fondo Mister Morgan The English Teacher aprile 2014 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 53 i film del mese Sono questi piccoli, non gli adulti, a rivelare il mondo 54 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 FATHER AND SON Si è padri per i legami di sangue o per amore? Koreeda non ha dubbi, noi nemmeno: siamo figli del suo film In sala Regia Koreeda Hirokazu Con Fukuyama Masaharu, Ninomija Keita Genere Drammatico (120’) Q uanto sono impietosi quegli occhi e quali scomode verità balbettano! Fa male a guardarli. L’inferno è lo sguardo implorante di un innocente. Occhi di Keita (Ninomija Keita: straziante!), sei anni, pupille umide e cuore spezzato. Il suo smarrimento, la nostra condanna. Questo bambino non crede ai suoi occhi. La sua vita è stata ribaltata. E’ bastato un attimo, un puntiglio burocratico, e il misfatto originario, quello scambio di neonati e di destini, viene ora rivelato. Ma invece che disincrostare la verità, vi stende sopra altra fuliggine. Così stanno le cose: i figli erroneamente permutati torneranno alle loro rispettive famiglie. Il sangue è sangue. E pazienza se in mezzo ci stanno vissuti, abitudini e affetti consolidati. I bambini? Se ne faranno una ragione. Le indicazioni sono chiare: “Ti somiglia, ti somiglierà sempre di più: è una questione di discendenza”, dice il nonno di Keita al figlio, quando l’affare – dar via il piccolo che ha tirato su per anni per riavere indietro il suo erede legittimo – inizia a puzzare. Davvero un padre è tale per i legami di sangue? La nonna è perentoria: “Conta chi ti educa” . Vale il tempo che si dedica ai propri figli, non la legge genetica. Essere padre (come suggerisce il titolo giapponese: Soshite Chichi ni Naru) non è un ottuso certificato biologico. Nel magnifico film di Koreeda, Premio della Giuria a Cannes 2013, le donne sono infinitamente più lucide dei loro mariti ma anche troppo sottomesse. E anche questo è un dettaglio non trascurabile. La società, lo Stato, la tradizione, gli uomini, sono quello che sono, imperfetti e spesso miserrimi, non c’è molto da fare. Ma davanti a quegli occhi lì crolla tutto. Il regista giapponese azzarda un rischioso ribaltamento prospettico: sono questi piccoli a rivelare il mondo, riportandolo alla sua purezza originaria. Le complicazioni sono roba da adulti. Rassegniamoci, pure a costo di sembrare naif: quegli occhi che ci guardano, ci interpellano, ci costringono a guardarli, sono più lucidi di uno specchio, più penetranti di mille disamine. Sono il prisma e il perimetro del vivere. Fidiamoci di loro e affidiamoci a questa commedia così semplice, così ricca. Father and son: padri accanto ai figli, gli uni dalla parte – e alla stessa altezza – degli altri. Di nuovo vicini, nel ricordo di quel “guardare insieme” che una banalissima foto – nel finale - lascerà riaffiorare. Come Ozu, Koreeda nega il campo-controcampo e sceglie di affidarsi a totali e primi piani, immaginemondo “integra”, libera da reticoli psico-socio-culturali. Non ci sono turbe o affettazioni, solo umana, profondissima empatia. E riflessi smaglianti di quell’oro che non luccica, non ha prezzo né baratto. L’Amore. GIANLUCA ARNONE aprile 2014 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 55 BEPPE CASCHETTO E RAI CINEMA PRESENTANO FABIO CONCEPT BY FOTO: LORIS ZAMBELLI (PHOTOMOVIE) LUCIA AN NA REGIA R RE EGI GIA IA DII MASSIMO MA ASSIMO PER VISUALIZZARE I CONTENUTI EXTRA DEL FILM SCARICA L’APP DI AR-CODE E INQUADRA L’IMMAGINE www.01distribution.it IL VENDITORE DI MEDICINE Comparaggio, e la pillola non va giù: denuncia COMPARAGGIO, corruzione e altre amenità: ma medici e medicine non dovrebbero curare, possibilmente, salvare? No, la realtà è un’altra e, forse, non è solo il lato oscuro, ma l’intero sistema farmaceutico: Il venditore di medicine di Antonio Morabito mette il dito nella piaga, con la storia di Bruno (Claudia Santamaria), informatore medico in crisi. La sua azienda, la Zafer (a voi decrittare la crasi…), sta licenziando, e per non perdere il posto di lavoro deve corrompere medici, ingannare colleghi, e non solo. La moglie insegnante (Evita Ciri) vuole un figlio e non sospetta nulla, gli amici nemmeno, ma la sua capoarea (Isabella Ferrari) lo pressa e Bruno deve giocarsi il tutto per tutto, provando a corrompere un primario di oncologia (Marco Travaglio)… Già fuori concorso al Festival di Roma, prodotto da Amedeo Pagani ed Elena Pedrazzoli, distribuito da Luce Cinecittà, Il venditore di medicine ci prende per mano e ci porta all’inferno: deontologia a scomparsa, Ippocrate a rivoltarsi nella tomba, avidità e corruzione a spadroneggiare e il bugiardino a far nomen omen. Denuncia e impegno civile in primo piano, mancano un po’ di dati e cattiveria, e la forma è un po’ lasca: ci accontentiamo? FEDERICO PONTIGGIA Anteprima Regia Antonio Morabito Con Claudio Santamaria, Isabella Ferrari Genere Drammatico (105’) THE SPECIAL NEED Cherchez la femme tra amicizia e autismo: bravo Carlo Zoratti In sala Regia Carlo Zoratti Con Enea Gabino, Alex Nazzi Genere Commedia (84’) ENEA ha ventinove anni, è autistico e conduce la vita migliore che la sua condizione gli permette, grazie anche a due amici meravigliosi, Carlo e Alex, che un giorno si accorgono che qualcosa manca davvero a questo ragazzo: una donna. Inizia così una ricerca dal Friuli all’Austria fino in Germania, un viaggio lungo le strade dell’Europa che porterà i due “normali” molto più lontano di dove potessero immaginare. The Special Need è uno di quei piccoli miracoli di cui il cinema italiano dovrebbe approfittare. Tra documentario e fiction, meno celebrato di Sacro G.R.A. e Tir, ma di entrambi di gran lunga superiore, l’opera prima di Carlo Zoratti è una storia che prende al cuore e al contempo cinematograficamente notevolissima per scrittura e costruzione visiva. Soprattutto, è un compendio di ciò che conta davvero nella vita, un messaggio che arriva con straordinaria potenza fino al bellissimo piano sequenza finale. Il bisogno speciale di Enea, e la sua lucidità nel normalizzarlo nei confronti del mondo, è l’esempio che basta poco per essere felici. All you need is love, cantavano i Beatles, e in fondo è proprio così, in tutte le sue forme e sfumature. Peccato che troppo spesso ce ne dimentichiamo. ALESSANDRO DE SIMONE aprile 2014 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 57 i film del mese PICCOLA PATRIA I conflitti di un “simbolico” Nord-Est nel convincente esordio di Rossetto In uscita Regia Alessandro Rossetto Con Maria Roveran, Roberta Da Soller Genere Drammatico (111’) IL NORD-EST agricolo e operaio, il Veneto indipendentista e xenofobo, dell’integrazione e della disintegrazione, del lavoro e della crisi, piccola patria che potrebbe essere ovunque, in Italia, in Europa, nel mondo. E’ qui che durante una calda estate, due ragazze - Luisa e Renata diventano protagoniste di una storia di ricatti, e amori traditi. Entrambe vorrebbero andar via, in mezzo a loro c’è Bilal, fidanzato albanese della prima, inconsapevole “strumento” di una vendetta che non farà prigionieri. Dopo anni di attività documentaristica, Alessandro Rossetto dirige il suo primo film di finzione: inevitabilmente figlio della pregressa esperienza, che insieme agli studi di antropologia, 58 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 contribuisce in maniera determinante a caratterizzare un grande esordio, essenziale e rigoroso, seppur basato su una sceneggiatura scarna (meno di 70 pagine, firmate dal regista con Caterina Serra e Maurizio Braucci) e affrontato - come ricordato dallo stesso Rossetto - con un “approccio fisico, con la volontà di creare un vortice estivo che legasse improvvisazione e osservazione, ricerca e creazione dei personaggi”. Dove il reale e la finzione si mescolano, dove l’apertura al mondo e l’iperattività di Luisa (l’attrice e cantante Maria Roveran, anche autrice e interprete di due brani della colonna sonora del film) si scontrano con la rassegnazione e l’inerzia degli adulti (non a caso il padre della ragazza sembra immobile anche quando cammina), creando un conflitto che non è più, non solo, quello tra autoctoni e stranieri, ma tra più mondi. Conflitto che potrebbe esplodere in ogni istante, ovunque, in qualsiasi piccola patria del pianeta. E che nel racconto di Rossetto, al quale va riconosciuta anche una superba direzione degli attori, è scandito anche da una notevole colonna sonora, a cura di Paolo Segat, Alessandro Cellai e la già citata Roveran, impreziosita da due opere tradizionali (“L’Aqua ze morta” e “Joska la rossa”) recuperate e rinnovate dal compositore e maestro vicentino Bepi De Marzi, usando il dialetto veneto per i testi. VALERIO SAMMARCO Essenziale e rigoroso, con una superba direzione degli attori I CORPI ESTRANEI Dignità e pudore, ma il “naturalismo” non basta ANTONIO (Timi) arriva a Milano con Pietro, il suo bambino. Malato di cancro, il bimbo dovrà sottoporsi ad un delicato intervento. Nell’ospedale c’è anche Jaber (l’esordiente Jaouher Brahim), 15enne tunisino emigrato tempo fa in città, lì per assistere un sguardo naturalista (insieme all’utilizzo delle “lingue” nel film, da una parte l’umbro marcato, dall’altra l’arabo), poco propenso allo “spettacolo”, declinato piuttosto a pedinare gli attimi di un particolare momento della vita dei due protagonisti. Dignità e pudore: queste le parole chiave da cui muove il film per portare in scena un dramma a forte rischio “ricatto emotivo”: inattaccabile quando si tratta di empatizzare con la sofferenza di un padre stretto dalla morsa di un dolore così indicibile, rivedibile per quello che attiene lo sviluppo del racconto, I corpi estranei ci ricorda che “di fronte al dolore siamo tutti uguali”. E lo fa dignitosamente, ma esagera con l’insistenza dei tempi morti e con scelte narrative insieme prevedibili e poco verosimili. Peccato. caro amico ricoverato. La malattia è l’occasione per un incontro tra due anime sole, due corpi estranei alle prese con il dolore. Il secondo lungometraggio di Mirko Locatelli deve molto all’insegnamento dei fratelli Dardenne, fa sua l’estetica di uno VALERIO SAMMARCO panorama cinematografico italiano, dopo Smetto quando voglio e La mossa del pinguino. Gradevole, divertente, ben sorretto dai suoi protagonisti, e da un Paolo Calabresi eccezionale spalla di Leo, Ti ricordi di me? è uno di quei prodotti di cui il cinema italiano ha tanto bisogno, di genere, quindi universale, e per questo esportabile. Forte di alcune battute e situazioni molto divertenti, ambientato giustamente in un non luogo, quasi fosse una favola, il film è un format replicabile e vendibile. Esiste quindi una sprovincializzazione della nostra industria cinematografica, sebbene l’aver realizzato l’opera sia solo l’inizio di un lungo percorso. L’importante è ricordarsi di lei. In sala Regia Mirko Locatelli Con Filippo Timi, Jaouher Brahim Genere Drammatico (98’) TI RICORDI DI ME? Garbato e divertente, tratto da uno spettacolo di successo In sala Regia Rolando Ravello Con Ambra Angiolini, Edoardo Leo Genere Commedia (106’) LEI E’ NARCOLETTICA, lui cleptomane, si incrociano dalla loro terapeuta e si innamorano. Ma non vissero felici e contenti. Si potrebbe sintetizzare così Ti ricordi di me?, opera seconda di Rolando Ravello tratta da una piéce teatrale di grande successo scritta da Massimiliano Bruno. Portata in scena da Edoardo Leo e Ambra Angiolini, protagonisti anche della versione cinematografica, questa commedia romantica che strizza l’occhio a quel gioiello di 50 volte il prima bacio, è un’ulteriore piccola sorpresa nel ALESSANDRO DE SIMONE aprile 2014 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 59 i film del mese I FRATELLI KARAMAZOV Dal capolavoro di Dostoevskij un’ottima trasposizione tra cinema e teatro In sala Regia Petr Zelenka Con Ivan Trojan, Igor Chmela Genere Drammatico (102’) UNA FEDELE ADESIONE al nucleo narrativo del libro – il parricidio, la messa in accusa del figlio maggiore, la posizione morale dei fratelli - che diventa altro grazie a un gesto audace e moderno di assimilazione personale. I Karamazov di Zelenka vivono di vita propria. Là dove il genio di Dostoevskij affidava alla struttura polifonica del romanzo l’insostenibile orrore di un mondo senza Dio (I fratelli Karamazov è del 1880: due anni più tardi, ne La gaia scienza, Nietzsche avrebbe teorizzato la “morte di Dio”), qui, nel film, a imporsi sulle passioni e gli abissi dei personaggi è una riflessione sul ruolo dell’intellettuale e sul potere ambiguo dell’Arte. Non è un caso se 60 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 da questo adattamento – ispirato all’allestimento teatrale anni ’70 di Evald Schorm, con tutte le diversioni drammaturgiche degli anni a seguire manca proprio il capitolo de Il grande inquisitore, ovvero il suo momento più alto e rappresentativo. L’omissione ha il valore di un vero e proprio u-turn semiotico, del teatro e del cinema rispetto all’originale letterario. L’enorme acciaieria alla periferia di Cracovia, dove una compagnia praghese prova la piéce I Karamazov, funziona da palcoscenico allargato per la pantomima dell’arte, degli uomini e della vita. Si tratta di un’affascinante matrioska testuale in cui il principio della myse en abime viene triplicato: il romanzo di Dostoevskij nella pièce di Evald Schorm, la piéce nel film, il film nella vita degli attori, gli stessi che da 12 anni portano in turnè il testo teatrale. Senza contare il diaframma all’interno della stessa finzione: nella fonderia-teatro si aggira un operaio che sta vivendo un dramma familiare e viene profondamente turbato dalla recita, considerate le tragiche risonanze tra il mondo karamazoviano e il suo. E poi la scelta della fabbrica, di questa fabbrica: la più grande mai fatta costruire da Stalin, per rimpiazzare intellettuali e teatri con operai e industrie. La sostituzione è simbolica, il monito reale: l’arte è potente. Saprà essere anche responsabile? GIANLUCA ARNONE Una riflessione sul potere ambiguo dell'intellettuale GRAND BUDAPEST HOTEL Ennesima conferma dell’incredibile talento di Wes Anderson. Cast eccelso In uscita Regia Wes Anderson Con Ralph Fiennes, Tony Revolori Genere Commedia (100’) L’ OMAGGIO di Wes Anderson al grande cinema europeo: The Grand Budapest Hotel, scelto come titolo di apertura della Berlinale 2014, convince, diverte e conferma il talento del regista texano. Dopo aver inaugurato il Festival di Cannes 2012 con l’ottimo Moonrise Kingdom, Wes Anderson si conferma così la scelta migliore per dare il via a una manifestazione internazionale tanto prestigiosa. Protagonista della sua ultima fatica è Monsieur Gustave, il leggendario concierge di un importante albergo mitteleuropeo, che conosce tutti i segreti dei suoi eccentrici clienti. Ha un rapporto privilegiato con Madame D., un’anziana ed elegante signora che gli lascerà in eredità un 62 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 prezioso dipinto del Rinascimento, futura causa di tanti guai. Raccontato attraverso un lungo flashback che ci porta all’inizio degli anni ’30 del ‘900, The Grand Budapest Hotel è l’ennesimo film degno di nota di un autore che basa il suo stile su un grande rigore formale, fatto di inquadrature simmetriche e di scelte musicali originali (straordinario, come sempre, Alexandre Desplat). Echi di Jean Renoir (il passaggio da un’epoca all’altra), Ernst Lubitsch (il tocco ironico) e Max Ophüls (il senso della composizione) in un film che, oltre ad avere uno splendido ritmo, è anche un toccante omaggio nostalgico a un tipo di cinema che non si fa più: lo dimostrano le scenografie color pastello, i fondali dipinti e persino alcune scelte registiche squisitamente vintage. Arrivato alla sua ottava pellicola, Anderson continua così a proporre con coerenza le tematiche che hanno contraddistinto la sua intera carriera: personaggi ironici e sgangherati fanno parte di un grande carosello dove immagini e suoni danzano armoniosamente. Il regista texano, nato a Houston nel 1969, crea con The Grand Budapest Hotel l’ennesimo tassello di un cinema privo di regole e impossibile da classificare, libero dal punto di vista narrativo e perfettamente architettato in ogni sua parte. Ad arricchire il tutto, un cast in grande forma, a partire da Ralph Fiennes nei panni del raffinato Monsieur Gustave. ANDREA CHIMENTO Libero e perfettamente architettato in ogni sua parte NON DICO ALTRO Rom-com delicata, intenso l’ultimo Gandolfini L’ULTIMO FILM di James Gandolfini: un’etichetta che sta accompagnando Enough Said fin dalla presentazione al Toronto Film Festival, anche se, a essere precisi, l’attore americano, scomparso lo scorso giugno, tornerà sul grande schermo il prossimo sembra procedere per il meglio fino a quando lei, massaggiatrice di professione, scopre che tra le sue clienti c’è anche l’ex moglie di Albert. Romantic comedy gradevole e divertente, il film ha qualche calo con l’approssimarsi della conclusione. Nonostante possa apparire un prodotto scontato e sempliciotto, ha diverse frecce al suo arco: in particolare la caratterizzazione dei due protagonisti e il riuscito colpo di scena che funge da vera e propria svolta alla narrazione. A funzionare è lo script, della stessa Holofcener, che rivela doti migliori come sceneggiatrice che come regista. Julia Louis-Dreyfus (Eva), piuttosto forzata, perde il confronto con l’intenso James Gandolfini, in una delle performance migliori della sua, troppo breve, carriera. autunno con The Drop di Michaël R.Roskam. Diretto da Nicole Holofcener, il film ha per protagonisti Albert ed Eva, 50enni entrambi divorziati e con una figlia a testa in età da college, che si conoscono e provano a innamorarsi l’uno dell’altra. Tutto ANDREA CHIMENTO sdoganamento del porno. Suo malgrado, però, perché quello che il film riporta a galla (già raccontato dalla stessa Linda Marchiano – questo il suo nome dopo il secondo matrimonio – nel libro Ordalia) è la storia di reiterate violenze e soprusi subiti dal primo marito/protettore Chuck Traynor (Sarsgaard, al solito spaventoso nei panni di personaggi squallidi e borderline): fu lui a proporla ai produttori e al regista Gerard Damiano, fu lui a costringerla a prostituirsi con chi capitava. Un film doloroso, al netto di qualche inserto umoristico, sorretto da un ottimo cast (Sharon Stone è la mamma di Linda, James Franco è Hugh “Playboy” Hefner) e da una discreta ricostruzione ambientale. Anteprima Regia Nicole Holofcener Con James Gandolfini, Julia Louis-Dreyfus Genere Commedia (93’) LOVELACE Da icona della trasgressione a paladina contro il mercato dell’hard: ecco la “vera” Linda Anteprima Regia Rob Epstein, Jeffrey Friedman Con Amanda Seyfried, Peter Sarsgaard Genere Drammatico (93’) CHI ERA LINDA LOVELACE? O meglio, perché Linda Susan Boreman, 21enne di provincia, diventò la “più famosa attrice porno della storia”? E perché, solo qualche anno più tardi il fenomeno Gola profonda, la donna rinnegò tutto, trasformandosi da icona della trasgressione a paladina delle femministe, schierandosi contro il mercato dell’hard? Prova a spiegarlo il biopic di Rob Epstein e Jeffrey Friedman, che affida ad Amanda Seyfried il compito di incarnare un personaggio chiave per lo VALERIO SAMMARCO aprile 2014 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 63 i film del mese IL CENTENARIO CHE SALTÒ DALLA FINESTRA E SCOMPARVE Zelig, slapstick e humour scandinavo: una metafora fessa del secolo breve Anteprima Regia Felix Herngren Con Robert Gustaffson, Iwar Wiklander Genere Commedia (105’) CI SONO VEGLIARDI con le spalle al muro e altri che i muri se li lasciano alle spalle. Come il centenario che saltò dalla finestra e scomparve, titolo e protagonista della scatenata commedia senile (no, non è un controsenso) di Felix Herngren, anche sceneggiatore. Tratta dal bestseller mondiale firmato da Jonas Jonasson, cinepanettone dell’ultimo Natale scandinavo - ha incassato quattro milioni di euro in cinque giorni: la più grande apertura di sempre nella storia del cinema svedese - è la storia di un vecchietto, Allan, che al compimento dei cento anni scappa dall’ospizio e vive avventure picaresche con un’improbabile armata Brancaleone, formata da un 64 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 capostazione in pensione, una promessa mancata dell’Università, una campagnola e il suo grosso elefante. Tutto ruota attorno a una valigia piena di soldi che la strampalata compagnia ha sottratto a una gang di skinhead, cui seguono fughe, equivoci e casini vari. Rocambolesca appendice di una vita, quella di Allan, che era già stata straordinaria, punteggiata da eventi storici (dalla bomba atomica alla guerra fredda) e incontri importanti (da Franco a Stalin, da Oppenheimer a Reagan). Allan Karlsson è una specie di Zelig scandinavo, un puro e inconsapevole Forrest Gump con l’inettitudine distruttiva di un Buster Keaton (non a caso la sua specialità è la dinamite). Modelli che l’irresistibile performance di Robert Gustaffson assimila e ripropone in modalità implosiva e catatonica. E’ grazie a lui se questa operazione, che frulla con disinvoltura slapstick e black comedy, non è solo derivativa. Il modo in cui trasforma in pura forza corrosiva il registro monotono e la mimica catalettica, alza l’asticella qualitativa del film proiettandolo oltre la dimensione farsesca. Allan diventa così maschera fessa e maligna del secolo breve, l’icona plastica di un manuale di sopravvivenza per idioti. L’uomo con le chiavi in mano della Storia e nemmeno la più pallida idea di come usarle. Fondamentalmente l’ottuso demiurgo che quel tempo si merita. GIANLUCA ARNONE Un Forrest Gump distruttivo come Buster Keaton LA SEDIA DELLA FELICITÀ Lo sguardo (postumo) di Mazzacurati sulla sua terra C’È TUTTO Carlo Mazzacurati ne La sedia della felicità, il film che il regista aveva presentato in anteprima al festival di Torino e che arriva ormai postumo nei cinema. Il teatro dell’azione è ancora il Nord-Est, che il regista scomparso lo scorso febbraio possibilità di “svoltare” la vita: recuperare un tesoro nascosto in una sedia. E così con il tono di commedia garbata, più caccia al tesoro dolceamara che thriller, la ricerca coinvolgerà il prete Giuseppe Battiston e li porterà fin sulle montagne. C’è tutto Mazzacurati nel film perché c’è il suo modo di vedere il mondo, un’umanità in bilico, antieroi che rendono straordinario l’ordinario, in cui la gentilezza vince sull’aggressività. Utopia delle relazioni, raccontando però i dettagli del quotidiano, di un territorio che registra le difficoltà del Paese. Una chiave di lettura della realtà che aveva coinvolto negli anni Roberto Citran, Antonio Albanese, Fabrizio Bentivoglio, Silvio Orlando, tutti presenti in apparizioni cameo in questo film. abitava e che ha raccontato senza giudizi e pregiudizi in molti film. Qui porta il romano Valerio Mastandrea e la siciliana Isabella Ragonese, lui Dino tatuatore, lei Bruna estetista, stessi problemi ad arrivare alla fine del mese, ai quali capiterà un’insperata MIRIAM MAUTI perdita, dell’amata Basia e del migliore amico Kamil. Che lo contattano nello spazio senza tempo spalancatosi davanti a lui nel sonno profondo. Le visioni di Adam sono ispirate alla Divina Commedia e alla lettura di testi di Heidegger con i quali la preoccupata zia Xenia lo intrattiene. Adam solo con lei si sente sicuro: né la preghiera, né la natura riescono a offrirgli un sostegno o una speranza. I tempi del film sono quelli dilatati dove i volti delle persone si inseriscono in ideali cornici capaci di trattenere tutto il colore della vita e la nebbia dei dubbi. Una lunga sequenza nella foresta evocatrice di esistenze lontane prepara il finale in cui le acque di un nuovo diluvio o, forse, una più materiale puruficazione, invadono l’abside di un maestoso edificio sacro. Anteprima Regia Carlo Mazzacurati Con Valerio Mastandrea, Isabella Ragonese Genere Commedia (90’) ONIRICA Dopo I colori della passione, le visioni perturbanti della Divina Commedia In uscita Regia Lech Majewski Con Michal Tatarek, Elžbieta Okupska Genere Drammatico (102’) COME VIDEO ARTISTA di successo, Lech Majewski non teme la profonda, originale vena creativa che puntella e modella il suo cinema, in cui la pittura, anche se in modi diversi, fa sempre capolino. Accadeva in forme sontuose ne I colori della Passione ispirato a un famoso dipinto di Bruegel il Vecchio. Diversamente, in Onirica è la materia dei sogni e l’angoscia degli incubi che si innesta su parti minime della realtà, quella in cui Adam (Michał Tatarek) subisce il profondo disagio di una duplice LUCA PELLEGRINI aprile 2014 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 65 i film del mese LA LUNA SU TORINO Buona l’idea di partenza, meno lo sviluppo: calante e didascalico In sala Regia Davide Ferrario Con Walter Leonardi, Manuela Parodi Genere Commedia (90’) FORSE NON TUTTI sanno che… Torino si trova sul 45° parallelo, esattamente a metà strada tra il Polo Nord e l’Equatore. Attorno a questa curiosità si sviluppa La luna su Torino, nuovo lungometraggio di Davide Ferrario, presentato fuori concorso all’ultimo Festival di Roma, che vede protagonisti tre personaggi molto diversi l’uno dall’altro. Ugo, un quarantenne che non ha mai lavorato e ha sempre vissuto di rendita, si trova costretto a subaffittare la villa in cui vive per poter far fronte alla crisi economica. I suoi due giovani coinquilini saranno Maria, impiegata e aspirante attrice, e Dario, uno studente che si mantiene lavorando in un 66 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 curioso bioparco. Insoddisfatti delle proprie esistenze, i tre sogneranno di toccare altri mondi e altre realtà, così lontani eppure così vicini, data la loro posizione strategica sul 45° parallelo. Guardando La luna su Torino è impossibile non veder riecheggiare Dopo mezzanotte (2004), in assoluto uno dei film più riusciti di Davide Ferrario. I parallelismi sono tanti: dal capoluogo piemontese come vero protagonista della pellicola ai riferimenti alla storia della settima arte (Maria è una grande amante del cinema muto). Tutta la spontanea passione che animava Dopo mezzanotte si ritrova però annacquata ne La luna su Torino, che rimane vittima di una carenza d’idee originali, soprattutto nella seconda parte della pellicola, tanto da risultare un po’ forzato. La sceneggiatura, infatti, si appoggia troppo alla (pur interessante) metafora di fondo, che viene sottolineata ed esplicitata eccessivamente. Ferrario fatica così a scegliere il giusto registro per la sua opera, puntando su un uso ridondante della voce fuori campo e delle citazioni letterario-filosofiche (Giacomo Leopardi in primis). Se inizialmente ci si può appassionare al gioco proposto dal film, col passare dei minuti scende gradualmente l’interesse per una pellicola che, giusto per rimanere in tema lunare, non si può che definire calante. ANDREA CHIMENTO Ridondante la voce fuori campo, troppe le citazioni filosofiche SONG ’E NAPULE Poliziottesco e Manetti all’ombra del Vesuvio SONG’E NAPULE: parte 2.0, partenopeo, il poliziottesco è servito! Protagonista è Paco (Alessandro Roja, convincente), diplomato in pianoforte al conservatorio, a modino e disoccupato: grazie alla raccomandazione di mamma, trova gruppo del neomelodico Lollo Love (Giampaolo Morelli, bravo) chiamato a esibirsi al matrimonio della figlia di un boss: tra gli invitati, parrebbe, anche O’ Fantasma … Dopo l’horror (Paura) e la fantascienza (L’arrivo di Wang), i fratelli Marco e Antonio Manetti frullano musicarello e poliziesco, pop e popolare, commedia e parodia all’ombra del Vesuvio: Song ’e Napule è roba loro, roba di genere, con un piede al cinema e l’altro in tv, affidata alla bontà degli attori e alla divertita clemenza del pubblico. Niente per cui spellarsi le mani, ma i nostrani Bros. si ostinano cocciuti e ilari a compensare il vuoto: dov’è finito il cinema di genere che tanto lustro ci diede? Citofonare casa Manetti, ore pasti. posto in Polizia, ma finisce ad ammuffire in un deposito giudiziario. Nel frattempo, il commissario Cammarota (Paolo Sassanelli, al solito bravo) è sulle tracce del camorrista O’ Fantasma: udite, udite, Paco potrebbe tornare utile. Come? Infiltrandosi nel FEDERICO PONTIGGIA che vive in Galles. Ma la vita, si sa, è piena di sorprese. Andato a finire nelle capaci mani dei fratelli Weinstein, One Chance è una commedia romantica e di rivincita che fa il paio con il Billy Elliot di Stephen Daldry, ma con toni più leggeri e meno ricattatori. Le avventure di Paul sono divertenti ed emozionanti, persino l’intermezzo italiano con la nostra Valeria Bilello, anche se David Frankel ha fatto di meglio con Il diavolo veste Prada e lo sfortunato Un anno da leoni. Ottimo il cast, sopra a tutti Colm Meaney e Julie Walters, e solita domanda: perché il nostro cinema non è in grado di avere un prodotto medio facilmente esportabile? In uscita Regia Manetti Bros. Con Alessandro Roja, Giampaolo Morelli Genere Poliziesco (114’) ONE CHANCE Un Billy Elliot canterino per David Frankel, in trasferta gallese In sala Regia David Frankel Con James Corden, Colm Meaney Genere Commedia (103’) IL CINEMA INGLESE creò negli anni ‘90 una serie di interessanti film che fecero conoscere al mondo alcuni ottimi attori e registi. In quest’ultima categoria uno dei più interessanti e meno fortunati è stato Mark Herman, autore del quasi sconosciuto (da noi) Little Voice, opera a cui molto deve questa storia vera che inizia nelle strade di un paesino del Galles e finisce trionfalmente davanti ai milioni di spettatori di “Britain’s Got Talent”. Paul Potts (James Corden) ha un unico sogno nella vita: cantare. Purtroppo non è così facile per un ragazzo grassoccio, vessato dai bulli e ALESSANDRO DE SIMONE aprile 2014 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 67 i film del mese preview a cura di Manuela Pinetti UN MATRIMONIO DA FAVOLA TRANSCENDENCE GHOST MOVIE 2 RITROVARSI dopo vent’anni tra ex compagni di liceo, e scoprire che quasi per tutti ambizioni e sogni sono ancora ben chiusi nel cassetto. Occasione della rimpatriata è il matrimonio (lussuosissimo) dell’unico tra loro che ce l’ha fatta, e che porterà inevitabilmente il resto del gruppo ad amari bilanci personali e confronti impietosi. Ma il colpo di scena è dietro l’angolo, e le sorprese positive non mancheranno. PER LO SCIENZIATO Will Caster (Depp) l’evoluzione umana non può più prescindere da quella tecnologica, e ha creato un supercomputer che combina l’intelligenza collettiva con le emozioni. Quando la sua coscienza diventerà tutt’uno con la prodigiosa macchina, le potenzialità saranno sorprendenti: ma chi comanda tra i due? Prima prova da regista per Pfister, storico direttore della fotografia di Christopher Nolan. NUOVA FIDANZATA, nuova casa, vecchi problemi. Il povero Malcolm continua ad essere perseguitato da bizzarri eventi paranormali, e anche la sua ex torna dall’aldilà per fargli visita: l’esorcismo si rivelerà necessario quanto tragicomico. La parodia è servita, da Paranormal Activity 4 a Insidious, da The Possession a Sinister. Sequel a tempo di record di Ghost Movie, nei cinema poco più di un anno fa. Regia Carlo Vanzina Con Ricky Memphis, Adriano Giannini Regia Wally Pfister Con Johnny Depp, Rebecca Hall Regia Michael Tiddes Con Marlon Wayans, Dave Sheridan MISTER MORGAN THE ENGLISH TEACHER IL MONDO FINO IN FONDO LA DOLCEZZA assassina dei sentimenti irrompe nella solitaria vita di mister Morgan, cinico vedovo inglese che vive a Parigi, e ha lo sguardo giovane di un’insegnante di ballo con un animo simile al suo. Non nascerà una storia d’amore, ma i due percorreranno insieme un percorso dolceamaro di redenzione e riscoperta della vita, dei sentimenti e della famiglia. Dal romanzo La Douceur Assassine di Françoise Dorner. LA QUARANTENNE Linda è un’insegnante che vive per la professione e ha una vita personale grigia e solitaria. Per aiutare un suo ex studente, brillante ma depresso dai fallimenti lavorativi e sul punto di mollare tutto, si mette in gioco come mai ha fatto prima. Esordio cinematografico per Craig Zisk, regista (e produttore) di innumerevoli serie tv (Scrubs, Nip/Tuck, Alias, Streghe, United States of Tara). DA UN PICCOLO PAESE del nord Italia alla Spagna, poi al Cile e fino alla Patagonia, il viaggio di due fratelli diversissimi per età e aspirazioni, tra piccole grandi vicissitudini personali (la famiglia, l’omosessualità) e tematiche di respiro globale (l’ecologia, la politica). Opera prima di Alessandro Lunardelli, presentato Fuori Concorso per la sezione Alice nella Città all’ultimo Festival del Cinema di Roma. Regia Sandra Nettelbeck Con Michael Caine, Clémence Poésy Regia Craig Zisk Con Julianne Moore, Greg Kinnear Regia Alessandro Lunardelli Con Filippo Scicchitano, Luca Marinelli aprile 2014 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 69 Dvd /// Blu-ray /// SerieTv /// Borsa del cinema /// Libri /// Colonne sonore TELECOMANDO A cura di Valerio Sammarco Dvd & Blu-ray Libri Philomena, Walter Mitty, Lo Hobbit 2 Borsa del cinema La grande bellezza: vince in tv e su Twitter Luce su Cassavetes, indagine su Martone Colonne sonore The Grand Budapest Hotel: Alexandre Desplat Il Trono di Spade La terza stagione completa TELECOMANDO /// Dvd e Blu-ray ///-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- In Blu-ray e Dvd il viaggio pop di Ben Stiller. Oltre un’ora di extra N el 1947 ci pensò Norman Z. McLeod, con Sogni proibiti, a portare sullo schermo il personaggio creato da James Thurber nel 1939. Oggi, molti anni dopo, l’iconico Walter Mitty assume le sembianze di Ben Stiller, che dirige il suo quinto lungometraggio e si immagina archivista del celebre magazine LIFE, alle prese con un viaggio avventuroso per scovare un misterioso negativo perduto con cui editare la copertina dell’ultimo numero della rivista, prima della chiusura. La magia del cinema, la potenza 72 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo gennaio-febbraio 2014 dell’immagine e l’importanza di conservarne memoria. In dvd e Blu-ray dal 10 aprile, con oltre un’ora di extra, dal dietro le quinte del film alle scene tagliate, estese e quelle alternative, più una featurette che permette di immergersi nelle riprese in Islanda e nella storia di Walter Mitty, una gallery di foto esclusive, il video musicale “Stay Alive” di José Gonzaléz e molto altro ancora. DISTR. 20TH CENTURY FOX HOME ENTERTAINMENT ------------------------------------------------------ ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Laclasse deiclassici a cura di Bruno Fornara Il coltello nell’acqua Il Polanski di oggi ha le radici nei film dei suoi inizi. Il suo corto di studente di cinema, Due uomini e un armadio, è un apologo perfetto. Perfetto: intenso, splendido. Perfetto in senso etimologico: compiuto nella sua perfezione. E il lungo di esordio, Il coltello nell’acqua (1962), è racconto morale a tre personaggi, più la barca. Un giornalista e la moglie viaggiano in macchina verso il lago, incontrano un giovane autostoppista fermo in mezzo alla strada, lo portano in barca, comincia un duello che è scontro psicologico, battaglia verbale, combattimento fisico tra i due uomini mentre la donna, giovane e stanca del marito, parteggia silenziosamente per il giovanotto. Modelli di comportamento borghesi (cioè comunisti, suggerisce Polanski) vs vivacità e libertà giovanile. Sulla barca va in scena il teatro dell’esistenza. Polanski l’ha fatto 50 anni fa e lo rifà oggi, in Carnage e in Venere in pelliccia. Con la stessa abilità e freschezza di allora. Con la stessa alta qualità e raffinatezza estetica. Regia Roman Polanski Con L. Niemczyk, J. Umecka Genere Thriller (Polonia, 1962) Distr. Cecchi Gori Home Video aprile 2014 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 73 TELECOMANDO /// Dvd & Blu-ray ///-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Venere in pelliccia Roman Polanski non delude mai. Dopo Carnage, il regista torna ad affrontare un testo teatrale, alla cui origine c’è il libro omonimo datato 1870, un romanzo erotico dell’autore austriaco Leopold von Sacher-Masoch. Il film è l’adattamento per lo schermo di uno spettacolo di David Ives: unica ambientazione, un teatro parigino, solo due interpreti, Mathieu Amalric e Emmanuelle Seigner. Il primo è un regista in cerca di un’attrice adeguata, la seconda un’aspirante attrice disposta a tutto pur di ottenere la parte. Un duetto irresistibile, guidato da un maestro (Polanski) che non molla di un millimetro i suoi attori. Senza farcene accorgere. DISTR. 01 DISTRIBUTION Lo Hobbit La desolazione di Smaug Le avventure di Bilbo (Martin Freeman), Gandalf (Ian McKellen) e la Compagnia dei Nani continuano nel viaggio attraverso la Terra di Mezzo, fino al terrificante incontro con il drago Smaug, nel secondo episodio della saga diretta da Peter Jackson. In Dvd, Blu-ray e Blu-ray 3D, per una visione che non si limita ai 150’ del film: oltre un’ora e mezza di esclusivi contenuti speciali, tra cui “Peter Jackson ti invita sul set: In compagnia di Lo Hobbit e Tutto in un giorno di lavoro”, “Evento dal vivo”, in cui si può vedere il set, la sala di montaggio del film, il video musical I See Fire e infine 4 video della produzione. DISTR. WARNER HOME VIDEO 74 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 Philomena A rriva dal 15 aprile, in dvd e Bluray, il film di Stephen Frears tratto dalla vera storia di Philomena Lee. Scritto da Steve Coogan, che lo interpreta al fianco di una straordinaria Judi Dench, il film ha il grande merito di raccontare una vicenda fortemente drammatica senza rinunciare però al sano umorismo, dato principalmente dall’incontro tra questa donna âgé e naif, decisa ad intraprendere un lungo viaggio per ritrovare il figlio che, 50 anni prima, le venne strappato dalle braccia, e il giornalista disincantato che la accompagnerà per scrivere poi un libro sulla vicenda. Negli extra, oltre al trailer, il making of, le interviste e la conferenza stampa della vera Philomena Lee, a Roma per la presentazione italiana del film. DISTR. LUCKY RED ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Il Trono di Spade La terza stagione e il boxset, anche in Blu-ray Un boss in salotto Anni felici È stato, di fatto, il “film italiano delle feste”. Pur uscendo a Capodanno, infatti, la commedia di Luca Miniero (già regista dei fortunati Benvenuti al Sud e Benvenuti al Nord) ha incassato più degli altri tre cinepanettoni diretti da Neri Parenti, Leonardo Pieraccioni e Fausto Brizzi, superando i 12 milioni di euro al botteghino. Ora, dal 16 aprile, Un boss in salotto arriva in Dvd e Blu-ray, arricchito da molti extra tra cui il backstage, le scene tagliate e le papere sul set. Inserti divertenti per ridere anche dopo il film, interpretato da Paola Cortellesi, Rocco Papaleo e Luca Argentero. Disponibile in Dvd e in Blu-ray il film di Daniele Luchetti, ambientato a Roma nella metà degli anni ’70 e tra le opere più autobiografiche del regista capitolino. Guido (Kim Rossi Stuart) è un artista che vorrebbe essere d’avanguardia, ma si sente intrappolato in una famiglia troppo borghese e invadente. Serena (Micaela Ramazzotti), sua moglie, non ama l’arte, ma ama molto l’artista. I loro figli, Dario e Paolo, 10 e 5 anni, sono i testimoni involontari della loro irresistibile attrazione erotica, dei loro disastri, dei tradimenti, delle loro eterne trattative amorose. Negli extra il Backstage e le scene tagliate del film. DISTR. WARNER HOME VIDEO Il 6 aprile, negli States, prende il via l’attesa quarta stagione di uno tra i serial più amati degli ultimi anni, Il Trono di Spade, che Warner tre giorni più tardi porterà (nuovamente) in homevideo. Stavolta tocca alla terza stagione completa, disponibile sia in Dvd che in Blu-ray: 5 dischi, che oltre ai 10 episodi, includono ore di esclusivi contenuti speciali e funzioni interattive. Solamente per l’edizione Bluray, poi, il “Dietro le quinte di Le piogge di Castamere: uno sguardo approfondito sulla realizzazione dell’episodio chiave della Terza Stagione”, “Storie e Folklore: scopri la mitologia del Continente Occidentale dai diversi punti di vista degli stessi personaggi” e altro ancora. Per chi dovesse partire da zero, invece, segnaliamo anche il boxset da collezione in 15 dischi, contenente tutte le tre stagioni della serie più tutti i contenuti speciali fino ad ora editati. DISTR. WARNER HOME VIDEO DISTR. 01 DISTRIBUTION VIDEOGAME NUOVE FRONTIERE PROJECT MORPHEUS La realtà virtuale secondo Sony: esperienza di gioco totale Durante la Game Developers Conference di San Francisco, Sony ha annunciato “Project Morpheus”, un visore di Realtà Virtuale che si collegherà a PlayStation 4 per garantire un’esperienza di gioco immersiva e a 360°, in grado di affiancarsi alla classica esperienza che si ottiene giocando sulla TV mediante un pad. Finalmente anche l’ergonomia e il comfort dovrebbero essere adeguati dopo anni di sperimentazioni in un campo che in realtà vede le sue radici nei videogiochi fin dagli anni 90. Si indossa il visore, si mettono le cuffie e il risultato è quello di poter camminare in mondi immaginifici, guardarsi attorno ed interagire anche assieme al pad. Anche il prezzo dovrebbe essere concorrenziale, non resta che attendere il 2015 per capire se finalmente la Realtà Virtuale può entrare in tutte le case. Per saperne di più visitate www.multiplayer.it Piovono polpette 2 La rivincita degli avanzi Arriva l’8 aprile, in Dvd, Blu-ray e Blu-ray 3D il sequel del fortunato film d’animazione incentrato sull’inventore Flint. Al quale finalmente viene riconosciuto il merito di una genialità non ordinaria e viene assunto dalla The Live Corp Company, una società che raccoglie i migliori inventori del mondo. Ma ben presto il ragazzo scopre che la sua invenzione che tanti guai aveva creato è ancora operativa, e il destino dell’umanità è nelle sue mani. Nei contenuti speciali 4 esclusivi mini-film e, per ogni edizione, un simpatico libretto di ricette pensato per i più piccini. ANTONIO FUCITO DISTR. UNIVERSAL PICTURES H.E. aprile 2014 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 75 /// Serie Tv ///--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- TELECOMANDO Back in the Game [CANALE 111 DI SKY] In prima visione assoluta per l’Italia, ogni giovedì alle 22.15 O gni giovedì alle 22:15 dal 3 aprile, FOX (canale 111 di Sky) propone in prima visione assoluta in Italia Back in the Game, la serie che vede protagonista James Caan (Il Padrino, Misery non deve morire) nel ruolo di un padre scorbutico con un difficile rapporto con la figlia. Terry (Maggie Lawson, Pleasantville) è stata una campionessa di softball fino a filminorbita 76 quando è rimasta incinta, ha perso la borsa di studio e si è sposata con un uomo che la tradiva. Ma ora la sua vita sembra destinata a cambiare ancora una volta: decide di divorziare e trasferirsi con il figlio Danny (Griffin Gluck) dal padre Terry Senior (James Caan), soprannominato “Il Cannone”, un ex atleta supponente e alcolizzato con cui non ha un buon rapporto. Nonostante Terry faccia di tutto per tenere Danny lontano dallo sport e dallo stile di vita che lei ha sperimentato da giovane, il ragazzo decide di voler giocare nella Little League per far colpo su una sua coetanea. Quando Danny viene escluso dalla squadra e deriso dai compagni, Terry decide di formare con il padre una squadra composta dai bambini scartati alle selezioni e finanziata da una ricca vicina di casa. a cura di Federico Pontiggia I Simpson The Carrie Diaries Da Vinci Demons 2 Italia 1 Italia 1 Fox Dal 31 marzo, la 24/a stagione inedita dei Simpson: Massimo Lopez voce di Homer, Justin Bieber cartoonizzato. Che facevano Carrie & Co. prima di Sex & the City? La risposta dal 29 marzo, ogni sabato alle 10.30. Prequel canaglia. Ogni lunedì alle 21.00 dal 7 aprile, il “supereroe” Leonardo Da Vinci: sceneggiatore David “Batman” Goyer. Enjoy? rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 LA STORIA DI UN UOMO LA STORIA DI UN PAESE FOREST WHITAKER OPRAH WINFREY JOHN CUSACK JANE FONDA CUBA GOODING, JR. ALAN RICKMAN LENNY KRAVITZ VANESSA REDGRAVE ROBIN WILLIAMS ISPIRATO A UNA STORIA VERA THE BUTLER UN MAGGIORDOMO ALLA CASA BIANCA IL FILM CHE HA TOTALIZZATO OLTRE 5 MILIONI AL BOX OFFICE DISPONIBILE IN E E SULLE PIATTAFORME DIGITALI PER VISUALIZZARE I CONTENUTI EXTRA DEL FILM SCARICA L’APP DI AR-CODE E INQUADRA L’IMMAGINE TELECOMANDO /// Borsa del cinema ///----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- PROVA TVPER SORRENTINO Ottimi gli ascolti su Canale 5, ma fruizione “corrotta”. E l’effetto Oscar in sala è stato nullo di Franco Montini S ono stati quasi 9 milioni i telespettatori de La grande bellezza, trasmesso da Canale 5 il 4 marzo scorso, all’indomani della storica conquista dell’Oscar. Per ciò che riguarda i film, negli ultimi dieci anni solo Io non ho paura, programmato sempre da Canale 5 il 21 marzo 2005, ma televisivamente parliamo di un’altra epoca, aveva fatto registrare un ascolto superiore. Il successo televisivo del film di Sorrentino è stato innegabile: “E’ la prova - ha commentato 78 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 il presidente dell’Anica Riccardo Tozzi che il film giusto programmato al momento giusto può dare risultati straordinari”. Anche da un punto di vista aziendale l’operazione ha riscosso un esito indubbiamente positivo: secondo le stime de “Il sole 24 ore”, Mediaset avrebbe incassato un paio di milioni di euro dalla vendita degli spot abbinati alla trasmissione de La grande bellezza. Tuttavia, il grande successo di ascolti rischia di nascondere aspetti meno confortanti: sulla rete si è infatti registrato un coro di proteste per l’eccessivo numero di interruzioni. “Il film - ha commentato Mimmo Di Noia, presidente della Federazione Italiana Cinema d’Essai - non ha retto alla prova televisiva. La pellicola infarcita di inserzioni pubblicitarie, notiziari, previsioni meteo e oltremodo dilatata, sino a durare oltre tre ore, ha perso infatti, la sua grande bellezza”. Ma soprattutto, come gli esercenti temevano, la programmazione del film di ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ Surfing Sorrentino su una rete free ha concretamente annullato l’effetto rilancio in sala che la conquista di un premio prestigioso come l’Oscar garantisce regolarmente. I numeri lo dimostrano: nel weekend 27 febbraio - 2 marzo, con 41 copie in programmazione, La grande bellezza è stato visto da 7.987 spettatori per un incasso di 49.513 euro. Nel weekend successivo, ovvero dopo l’Oscar e la programmazione su Canale 5, mentre le copie in programmazione salivano a 88, presenze e incassi diminuivano: 7.529 spettatori per 48.669 euro. Di contro, tanto per comprendere il peso dell’Oscar, le performance di Dallas Buyers Club, passato da 28 a 50 copie in programmazione grazie alla vittoria di Matthew McConaughey come miglior attore protagonista, sono migliorate del 157% e quelle di Gravity, che, premiato per la regia di Alfonso Cuarón, passava da 12 a 17 copie, addirittura del 655%. Del resto già in passato si era dimostrato che l’effetto Oscar funziona anche per film usciti da tempo sul mercato: nel 1992 Il silenzio degli innocenti e Mediterraneo, premiati rispettivamente come miglior film e miglior film straniero, dopo la conquista della mitica statuetta, nonostante entrambi i titoli fossero già disponibili per il consumo home video, ebbero un improvviso rilancio in sala, che consentì ai due film di aumentare di circa 30% i propri incassi. Insomma se per un verso è vero, come sostiene Tozzi, che la teoria secondo cui i film in tv non funzionano è errata, dall’altro una scansione di tempi nel consumo di cinema aiuta a realizzare il miglior sfruttamento del prodotto. Del resto se ad Hollywood, che dal punto di vista economico continua ad essere il massimo, le windows esistono, una validità devono averla. Marco Spagnoli #LaGrandeBellezza Nel bene o nel male, un evento senza precedenti per il cinema italiano ove milioni di spettatori, circa 65000 tweet inviati facendo diventare il titolo del film l’hashtag di tendenza principale in Italia, decine di migliaia di post su Facebook e su Google + nell’arco di poche ore a commentare il film fanno della trasmissione televisiva de La Grande Bellezza un caso più unico che raro. I suoi numeri in termini di spettatori sono elevatissimi, ma la cosa più interessante è che – per la prima volta – un film è entrato nell’immaginario collettivo di un’intera nazione seduta davanti alla visione di un lungometraggio, peraltro, vincitore dell’Oscar come miglior film straniero. Mai prima di adesso nel nostro paese, ma non solo, infatti, il potere e l’immediatezza dei Social Media avevano interagito con questi volumi di traffico per commentare un film in diretta, lodandolo oppure parlandone male, eppure consentendo al Cinema di fare qualcosa mai verificatosi prima, “incontrare” ogni possibile spettatore, consentendogli la possibilità di una replica al punto da sviluppare un dibattito multimediale che ha interessato N l’Italia anche nei giorni successivi la trasmissione. Ed è questo elemento a rendere particolarmente interessante l’accaduto: per la prima volta un film ha toccato l’immaginario di un paese in diretta, con commenti che hanno permesso a Paolo Sorrentino di affermare la possibilità di quello che solo i grandi cineasti riescono davvero a fare: sollevare domande. E poco importa se gli haters, ovvero coloro che su Internet si scatenano per insultare indossando la maschera di un nome falso, hanno ‘vomitato’ insulti senza senso al film (tra cui anche la Conspiracy Theory secondo cui l’Oscar sarebbe avvenuto grazie all’intervento occulto di Silvio Berlusconi…): #LaGrandeBellezza ha fatto quello che solo un film di grandissimo valore ha potuto fare, ovvero parlare alla società e al tempo di cui è figlio e vedersi riflesso nei commenti di milioni di persone. Un evento senza precedenti e dal valore storico e culturale immenso che anche per questo motivo assegnano al film di Sorrentino il ruolo di spartiacque, di un ‘prima’ e un ‘dopo’ del cinema italiano. Performance di Dallas Buyers Club e Gravity migliorate invece del 157% e del 655% aprile 2014 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 79 TELECOMANDO /// Libri ///------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ Il regista favoloso (a cura di) Roberto De Gaetano, Bruno Roberti Mario Martone. La scena e lo schermo 14 interventi critici per un autoritratto. Quello di Mario Martone che, mentre sembra rifiutare ogni autobiografismo, riflette sulla propria vicenda, fondendo l’individuo alla collettività e nutrendosi del sentimento della storia. Una personale mappa autoriale che risponde al desiderio di ridisegnare un’immagine perduta, di rileggere il presente alla luce del passato. Un modo di raccontare che assegna alle immagini il compito di ricomporre “la fibra del tempo perduto che il film rifigura”. Un cinema del sogno infranto, che fa di Martone uno degli autori più interessanti e completi del panorama italiano contemporaneo. In attesa dell’imminente nuovo film, Il giovane favoloso, su Giacomo Leopardi. Rileggere Martone Il “sentimento della storia”, in attesa del nuovo film su Giacomo Leopardi, interpretato da Elio Germano CHIARA SUPPLIZI Dittatori da schermo Stefano Giani Dittatori al cinema. I totalitarismi europei sul grande schermo Il cinema e i dittatori totalitari sono entrambi figli del ventesimo secolo e forse per questo, escludendo i saggi storici, il cinema è sempre stato il mezzo più potente per raccontare il lato oscuro del Novecento. Giani 80 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 sceglie di concentrarsi sul panorama europeo, dividendolo in macroaree (Hitler e la Germania, Stalin e l’Unione Sovietica, il Fascismo italiano, le dittature del Mediterraneo - la Grecia dei colonnelli, la Spagna franchista e il Portogallo di Salazar - e i regimi oltre la cortina di ferro), ciascuna delle quali termina con l’analisi di film tematici, a volte popolari (Schindler’s List, La vita è bella), altre autoriali (Katyn, L’ultimo metrò), altre ancora per nulla scontati (Il labirinto del fauno). (Gremese, Pagg. 156, € 19,50) ANGELA BOSETTO Scoprendo Koreeda Claudia Bertolé Splendidi riflessi di ciò che ci manca. Il cinema di Koreeda Hirokazu La memoria, la morte, la famiglia, l’amore. Il quadrato magico di Koreeda. In continuità con i motivi del cinema nipponico ma anche in aperta rottura. Dopo 10 film di finzione, una manciata di documentari e una miniserie tv, il regista è diventato un punto di riferimento importante della Nuova Nouvelle Vague giapponese, insieme a Kiyoshi Kurosawa e Naomi Kawase. L’etichetta, va detto, gli va stretta. Come argomenta bene Claudia Bertolé nel saggio a lui dedicato l’opera di Koreeda esprime una forte individualità, dove tradizione (Ozu) e modernità si guardano, si sfidano, si abbracciano. Con il primo titolo a trovare distribuzione da noi (Father and Son), una guida preziosa per conoscere un autore di cui sentiremo ancora parlare. (Il Foglio, pagg. 170, € 14,00) GIANLUCA ARNONE --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Elio Germano ne Il giovane favoloso di Mario Martone, in fase di postproduzione sto dizionarietto tematico, dove la B è dedicata proprio a ue Jasmine (definito da Marchi “probabilmente il film più angosciante di Woody Allen con il finale più cupo della sua intera produzione cinematografica”) può fornire una buono spunto di partenza per avvicinarsi al mondo di Woody, a partire dalle sue pellicole preferite (ne salva solo sei: Zelig, La rosa purpurea del Cairo, Mariti e mogli, Pallottole su Broadway, Match Point, Vicky Cristina Barcelona) e dalle frasi più celebri. (Barbera, Pagg. 110, € 13,50) Gattopardo Cassavetes senza filtri Aneddoti e profezie errate: “Credo che sarò ricordato come attore. Non come regista” di Angela Bosetto ANGELA BOSETTO Il vero Leone Italo Moscati Sergio Leone. Quando il cinema era grande Il Woodyzionario Simone Marchi Woody Allen dalla A alla Z Complice l’Oscar appena vinto da Cate Blanchett per Blue Jasmine, si rende necessario un bel ripasso alleniano, dalla A di “amore” alla Z di “007” (con alcune lettere jolly come la P di “politica”, “premi” e “psicoanalisi”). Per chi invece non conoscesse il regista newyorkese que- John Cassavetes dietro la macchina da presa In occasione del trentesimo anniversario di C’era una volta in America, Lindau riedita il diario emozionale di Italo Moscati attorno al mondo di Leone. Un viaggio dalla cornice veneziana che comincia sulla spiaggia del Lido, dove Deborah e Noodles passano il loro unico istante di felicità, e termina alla Biennale con la triste consapevolezza da parte dell’autore che oggi, per i giganti come Leone, non ci sarebbe più posto. In mezzo un caleidoscopio che mescola sogni di gloria e arte di arrangiarsi, western e pistoleri, giovani cinefili e grandi ambizioni, stelle fascinose e divi hollywoodiani, lanciati o richiamati alla gloria. Parafrasando Norma Desmond in Viale del tramonto, Leone è sempre grande: è il cinema che è diventato piccolo. (Lindau, Pagg. 288, € 22,00) ANGELA BOSETTO John Cassavetes. Un’autobiografia postuma “Questa è l’autobiografia che John Cassavetes non visse abbastanza per scrivere” esordisce Ray Carney. L’indomito cineasta, scomparso venticinque anni fa, era famoso per la sua parlantina, ma al tempo stesso ammetteva: “Ammiro molto le persone che riescono a raccontare la propria vita in un’autobiografia, perché le connessioni sono davvero complicate. Io non riuscirei mai a districarle”. Il libro costituisce solo un quinto del materiale originale raccolto da Carney perché John chiacchierava, a lungo e senza filtri, di tutto: le proprie idee di cinema (“Incredibile che un regista possa permettere a qualcun altro di scrivergli al sceneggiatura”) e come imporle (“Io sono un gangster! Se voglio qualcosa me la prendo!”), l’amata Gena Rowlands (“Quella è la ragazza che sposerò!”, disse la prima volta che la vide) e gli attori feticcio. Rifiutava il ruolo di maestro (“Ci sono tanti modi diversi di fare film, tanti diversi approcci, a seconda di quello che sei. Voglio dire, che nessuno cerchi di imitare me!”) e forse si sminuiva (“Credo che sarò ricordato come attore. Non come regista”), ma era pure quello che se ne infischiava della falsa modestia, dichiarando: “Sì, amo i miei film. E sono film onesti. Che siano belli o brutti è un’altra faccenda. Ma perlomeno raccontano quello che so. […] Non ho mai fatto un film che non piacesse a me. Forse non piacciono a nessun altro, ma a me sì!” Anche a noi. TELECOMANDO /// Colonne sonore ///-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- PICCOLA PATRIA CAMERE CON UDITO IL SODALIZIO tra Alexandre Desplat e Wes Anderson va avanti dai tempi di Fantastic Mr.Fox; in quell’occasione, per la prima volta, Anderson scelse di ricorrere a un vero e proprio score, anziché alle playlist di canzoni pop diventate quasi un marchio di fabbrica. Col tempo Desplat si è ritagliato uno spazio sempre maggiore, e oggi (come pure nel precedente Moonrise Kingdom), con l’eccezione di pochi brani, il commento musicale di The Grand Budapest Hotel può dirsi interamente suo. Score fluviale nelle dimensioni, quanto variegato nello stile: se in Moonrise Kingdom Desplat era chiamato a una sapiente rielaborazione dell’opera bernsteiniana, qui deve solo seguire il libero flusso della sua creatività. Il risultato è consono all’amosfera fiabesca tipica dei film di Anderson (A Prayer for Madame D.): partendo dal folk russo di Vitaly Gnutov, Desplat ha l’abilità di frammentare un tema in mille rivoli, rendendo il tutto ora epico, ora incalzante (Daylight Express to Lutz), ora magico e sospeso (Third Class Carriage). Irresistibile il lirismo sfrontato e sopra le righe dei mandolini in The Linden Tree, come pure le percussioni di Escape Concerto che ammiccano sornione all’ascoltatore. Il finale (Traditional Arrangement: Moonshine) è l’ultimo giro a bordo di una giostra trascinante quanto leggera nella sua autoironia. GIANLUIGI CECCARELLI 82 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2014 L’Aqua ze morta e Joska la rossa, due opere recuperate e rinnovate dal compositore e maestro vicentino Bepi De Marzi per contrappuntare il bell’esordio di Alessandro Rossetto. Dove proprio la lingua, il sonoro e le musiche caratterizzano le contraddizioni di un Nord-Est che assume i connotati di una piccola patria. Ben riconoscibile, ma al tempo stesso sorella di qualsiasi altro luogo/non luogo nel mondo. Colonna sonora curata da Paolo Segat, Alessandro Cellai insieme all’attrice Maria Roveran (foto), anche interprete di due brani. V.S. NYMPH()MANIAC Non solo i Rammstein, non solo Bach, anche Charlotte Gainsbourg canta in Nymphomaniac: una bella cover di Hey Joe (il nome del suo personaggio), resa immortale da Jimi Hendrix. A produrre il pezzo Beck, che con l’attrice francese ha già lavorato agli album IRM F.P. e Stage Whisper. L’EROICA AMERICANA It’s Been a Long, Long Time di Harry James and His Orchestra e Trouble Man di Marvin Gaye: tutto il resto è Henry Jackman, che ha fatto confesso tesoro dell’esperienza nell’industria musicale per creare una soundtrack “coerente, con iniezioni sinfoniche, tematiche ed eroiche”. Già, non un mero commento sonoro alle supereroiche gesta, bensì un controcanto poderoso, a tratti rockaccorato, che echeggia il miglior Hans Zimmer al servizio di Christopher Nolan. Insomma, uno score da leccarsi F.P. le orecchie: applausi.