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Sommario
10
14
16
18
20
22
24
26
28
30
32
36
42
44
45
46
50
Copertina
Teatro news
Eventi
Vino
Roma news
Teatro
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10
24
30
Ponte Milvio
Anno IV n. 29 - Dicembre 2011
Autorizzazione del tribunale di Roma
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Chiuso in redazione il 5 Dicembre 2011
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La responsabilità degli articoli è dei singoli autori. La collaborazione a questo periodico è del tutto gratuita e non retribuita.
8 pontemilvio
Il palcoscenico di
Milena Vukotic
Classe e valore di una vera attrice italiana in grado di
interpretare qualsiasi personaggio.
di Alessandra Stoppini
C
inema, teatro e
televisione. In
questi tre campi
dello spettacolo
Milena Vukotic
ha dimostrato
fin dal suo esordio una rara bravura e abilità nel saper tratteggiare
personaggi femminili delicati ma incisivi, dotati di leggerezza ed eleganza che rispecchiano in pieno
l'aspetto minuto e amabile dell'attrice. Con il suo passo lieve da ballerina di danza classica Milena Vukotic
ha attraversato il cinema italiano
10 pontemilvio
con oltre cento titoli all'attivo, interpretando molteplici ruoli, sia drammatici che comici e leggeri, diretta
dai più bravi registi italiani e stranieri tra i quali Dino Risi, Federico Fellini, Alberto Lattuada, Carlo Lizzani,
Ettore Scola, Bernardo Bertolucci,
Andrej Tarkovskij e Luis Buñuel. La
commedia degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta l'ha vista esprimersi
in pellicole che hanno fatto epoca
come i primi due capitoli della trilogia di Amici miei di Mario Monicelli:
“Tognazzi era un uomo pieno d’ironia – racconta la Vukotic- e un carissimo compagno di lavoro. Una per-
sona magnifica con la quale è stata
una grande gioia lavorare”. Il viso
paziente e dolce di Milena Vukotic
ha prestato il volto a Pina, la moglie
del ragionier Ugo Fantozzi interpretato da Paolo Villaggio nella serie
dei film dedicati all'impiegato più
tartassato e sfortunato dello Stivale,
emblema dell'eterno perdente.
“Ogni Fantozzi ha riservato delle
sorprese – riprende la Vukotic - è un
ricordo importante delle cose che ho
fatto. Sono molto legata a Paolo Villaggio. Pina è una figura pallida che
si limita a vivere nell'ombra del ragionier Ugo, entrambi sono delle
copertina
Milena Vukotic
Milena Vukotic figlia di un commediografo di origine montenegrina e di
una pianista e compositrice italiana, è nata a Roma. Ha seguito gli studi
artistici a Londra, Vienna e in seguito a Parigi, dove ha studiato pianoforte, danza e recitazione e ha vinto il primo premio per la danza al Conservatoire National de Musique. Dopo una breve esperienza nel corpo di
ballo dell'Opéra, ha fatto parte per alcuni anni della compagnia internazionale del Grand Ballet du Marquis De Cuevas e della compagnia di Roland Petit, con le quali ha girato tutto il mondo. A Parigi nello stesso tempo seguiva i corsi di recitazione alla prestigiosa scuola di Tania Balachova
e faceva le prime esperienze di attrice nei teatri di avanguardia. Tornata
a Roma negli anni Sessanta ha iniziato la carriera teatrale nella compagnia Morelli - Stoppa, lavorando poi con registi come Giorgio Strehler,
Franco Zeffirelli, Franco Enriquez, Maurizio Scaparro, Paolo Poli, Mario
Missiroli. Per quanto riguarda l'attività cinematografica ha lavorato con
i più bravi registi italiani ed europei. Tra i tanti lavori svolti è stata interprete degli ultimi tre film di Luis Buñuel ed è particolarmente popolare
per la serie dei film di Fantozzi (sugli schermi tra il 1980 e il 2000) in cui
impersona il ruolo della moglie Pina. Tra le pellicole interpretate negli
anni 2000: Le seduttrici (2003) regia di Mike Barker, Saturno contro di Ferzan Ozpetek (2007), Letters to Juliet (2010). Ha conseguito nel 1994 il Nastro d'Argento come miglior attrice non protagonista per Fantozzi in paradiso. Nel 2007 ha ricevuto il Ciak d'oro alla carriera. È molto attiva in televisione per la quale ha iniziato nel 1964 con il Giamburrasca di Lina
Wertmuller e ha partecipato a sceneggiati diretti, tra gli altri, da Guido
Stagnaro, Raffaele Maiello, Renato Castellani, Sandro Sequi, Vittorio Cottafavi, Massimo Scaglione, fino a Un medico in famiglia nel quale interpreta uno dei ruoli principali. Nel 2002 le è stato assegnato il premio Eleonora Duse in riconoscimento della sua carriera teatrale della quale citiamo
gli ultimi lavori, Lasciami andare madre (2004/2005) regia di Lina Wertmuller dal libro di Helga Schneider, Le fuggitive (2009/2012) di Pierre Palmade e Cristophe Duthuron, regia di Nicasio Anzelmo, con Valeria Valeri,
Una camelia per la Traviata (2011) regia di Terry D'Alfonso e Le donne di
Picasso (2011) regia di Terry D'Alfonso. È stata la voce recitante in molti
lavori tra cui Pierino e il lupo con importanti orchestre e famosi concertisti.
Foto per gentile concessione Ufficio Stampa Rai
maschere caricaturali e grottesche.
Sicuramente ho imparato molto interpretandola, del resto sono molto
affezionata a tutti i miei personaggi”. L'attrice ha inoltre lavorato in
allestimenti teatrali di prestigio diretta da Franco Zeffirelli, Giorgio
Strehler, Paolo Poli e Jean Cocteau
solo per citarne alcuni. Da alcuni
anni Milena Vukotic è una delle star
della popolare fiction targata Rai 1
Un medico in famiglia, nelle vesti
della sofisticata nonna Enrica, ruolo
che l'attrice interpreta con bravura e
divertimento. È quindi vasto e ricco
di soddisfazioni personali il palcoscenico di Milena Vukotic, interprete da
sempre apprezzata che parla correttamente in inglese, francese, tedesco
e serbo croato, recitando spesso all'estero in queste lingue. “La visione
di un film bellissimo ha cambiato per
sempre l'orizzonte della mia vita... ”
dice riferendosi a La Strada di Fellini.
Signora Vukotic è vero che la Sua
passione primaria non è stata la recitazione ma la danza?
Sì, ho cominciato con la danza da
piccolissima sia per migliorare il mio
fisico sia perché mi piaceva molto
l'idea di ballare. Pian piano la danza
è diventata una ragione di studio
molto seria fino a diventare una pro-
fessione. Ho cominciato a Londra,
poi ho studiato cinque anni a Parigi
presso il Conservatoire National de
Musique, dove ho vinto il primo premio che equivale a una laurea. Questo premio mi ha consentito di andare all'Opéra di Parigi per un anno.
Da lì poi ho deciso di lasciare il teatro
dell'Opéra di Parigi per entrare nella
compagnia internazionale del Grand
Ballet du Marquis De Cuevas con la
quale ho girato il mondo. La danza
è stata la mia professione per qualche anno, anche se essendo figlia di
musicisti avevo studiato pianoforte,
perché desideravo diventare una pianista per calcare le orme di mia madre.
pontemilvio
11
copertina
ciascuno aveva una nevrosi che esprimeva in maniera diversa. Scola ha
presentato questo ventaglio di personaggi (un cast eccezionale) in una
terrazza di Roma frequentata da
vecchi amici e colleghi intellettuali, i
quali nelle sere estive confrontano le
loro idee. La terrazza quindi rappresenta la difficoltà di vivere di questo
gruppo, non solamente la loro parte
esteriore, apparente. Quando si affrontano dei personaggi, si vive un
piccolo settore della nostra esistenza
con queste persone con le quali si dividono delle giornate di lavoro. In
quel momento è tutto concentrato
in quel mondo che ruota attorno a
un set cinematografico. È un partecipare e un essere complici dentro la
storia che in quel momento si racconta.
Che ricordi conserva del Suo debutto teatrale nella compagnia Morelli – Stoppa?
La compagnia Morelli - Stoppa è stato il primo grandissimo esempio di
una vita vissuta in funzione del teatro. Paolo Stoppa e Rina Morelli ci
offrivano un modello di persone assolutamente straordinarie e dedite
al lavoro. Osservandoli ho compreso
il significato basilare della frase “una
vita per il teatro” perché la Morelli e
Stoppa erano sempre puntuali, mai
stanchi di provare e molto generosi
con noi giovani attori. Con la compagnia Morelli - Stoppa ho fatto due
cose, la prima Così è se vi pare di Pirandello e Oh che bella guerra! dell'autrice inglese Joan Littlewood
dove eravamo tutti vestiti uguali e
c'erano delle canzoni che erano il
simbolo della drammaticità della
Grande Guerra.
Che cosa rappresenta per Lei il teatro?
Per me il teatro rappresenta una forma vitale di espressione che ho cercato e sto cercando di portare avanti.
Venga a prendere il caffè da noi
(1970) di Alberto Lattuada si può ritenere un ironico e satirico spaccato
12 pontemilvio
sempre attuale della vita di provincia?
Certamente. Il film è tratto da un libro di Piero Chiara, La spartizione.
Anche se alla fine del romanzo c'è
scritto che “ogni riferimento a persone o cose è puramente casuale” i
personaggi sono veri, anche se sono
stati un po' alterati, esagerati dall'autore. Piero Chiara scelse Luino,
dove era nato, per ambientare la
storia di Emerenziano Paronzini e
delle tre sorelle Tettamanzi, le quali
pare che siano veramente esistite. Le
sorelle erano caratterizzate ciascuna
per una qualità che possedevano: capelli, gambe e mani (Camilla il mio
personaggio); attraverso queste doti
seducevano il protagonista. Un film
sempre attuale con personaggi veri,
autentici anche se paradossali.
Nel film corale La terrazza (1980) di
Ettore Scola, splendido ritratto della
Roma radical-chic, quale ruolo interpretava?
Interpretavo Emanuela, la moglie
dello sceneggiatore Enrico (Jean Louis Trintignant) che cercava di sostenerlo e di sostenere la sua presenza
dentro una realtà fatta di persone
non solo radical-chic. Secondo me
Un anno fa è scomparso Mario Monicelli. Che cosa è rimasto nel nostro
cinema del suo insegnamento?
Credo che ogni grande regista naturalmente lasci un'impronta che appartiene alla propria cultura, alla sua
personalità, e visione poetica del
mondo. È chiaro che Monicelli ha
fatto dei film giganteschi e tutti
quelli che vedono le sue pellicole
possono avere un arricchimento dalla sua visione che spesso era accompagnata da un gran senso dell'umorismo. È ovvio che il cinema di Monicelli non era solo questo. Ora vi sono
giovani registi che possiedono una
grande sensibilità e che sono stati influenzati dalla cinematografia di
Monicelli, ma il discorso è troppo
ampio e bisognerebbe avere un'idea
critica della loro cinematografia che
io non ho assolutamente. Mi pongo
semplicemente come attrice che ha
avuto la fortuna di lavorare con Monicelli con piccoli personaggi che ho
cercato di interpretare al meglio.
Desidera lasciarci un ricordo personale di
Federico Fellini e Giulietta Masina?
Ho avuto la possibilità e il privilegio
di conoscere Fellini e la Masina abbastanza perché ho girato tre film
con Fellini. Ho avuto la loro amicizia
filtrata da Giulietta, con la quale
avevo fatto Giulietta degli spiriti. Mi
è stata subito amica. Stranamente
una volta o due mi avevano proposto di fare delle cose che avevano
prima proposto a Giulietta e che lei
per qualche ragione non voleva o
non poteva fare. C'era tra noi anche
una specie di legame in questo senso. A parte questo, ho sempre goduto dell'amicizia straordinaria, meravigliosa di tutti e due. Sono stata
copertina
ospite a casa Fellini e anche loro
sono stati ospiti da me. Racconto un
aneddoto: Giulietta compiva gli anni
lo stesso giorno della mia mamma,
allora io facevo sempre una torta e
gliela portavo. C'erano poi delle telefonate che elogiavano questa torta come se fosse chissà che, invece io
non sono brava a cucinare. Federico
e Giulietta erano delle persone adorabili. Quando vidi per la prima volta
il film La strada decisi di dedicarmi al
cinema e di conoscere Fellini. Avevo
già studiato arte drammatica in
Francia ma la mia professione era la
danza. Decisi quindi di trasferirmi a
Roma. Ho lasciato la danza e Parigi
per venire a lavorare in Italia prima
di tutto per conoscere Fellini sperando di poter lavorare con lui. La visione de La strada ha cambiato la mia
esistenza se così si può dire. Sono arrivata a Roma, dove viveva mia madre. Mi sono dedicata completamente al teatro, qualcuno mi ha presentato a Fellini, così pian piano sono
entrata a far parte del mondo del cinema attraverso Fellini. Poi è arrivato tutto il resto. Per questo posso
dire che Giulietta e Federico sono ri-
masti al centro della mia vita.
La miniserie Un medico in famiglia racconta la famiglia allargata attuale. Qual
è il segreto del costante successo delle
vicende di casa Martini?
La famiglia è il segreto... la gente ha
bisogno di ritrovarsi in questa istituzione, in questo nucleo vitale di cui
tutti noi abbiamo bisogno bene o
male. È proprio il racconto di una famiglia il piccolo grande segreto del
successo di questa nostra epopea arrivata alla settima serie.
Qual è l'argomento trattato nel testo teatrale Le donne di Picasso?
È un ritratto teatrale del pittore visto
attraverso lo sguardo delle donne
che lo hanno amato. Accanto a me
appare Margot Sikabonyi che interpreta mia nipote Maria nella fiction
Un medico in famiglia. Io rappresento la prima moglie, Olga Kohlova,
ballerina russa della troupe di Sergej
Diagilev. Olga e Picasso ebbero un figlio Pablito che il pittore ha molte
volte ritratto con il cappello a punta.
In questo lavoro interpreto anche
l'ultima moglie di Picasso, Jacqueline
Roque che aveva trent'anni meno di
lui e che alla fine si è suicidata. Margot rappresenta la diciassettenne
Marie Therese Walter che ha amato
l'artista, e che s’impiccò dopo che Picasso l'aveva lasciata. Considerato
che Olga invece aveva dei seri disturbi mentali, si può dire che Picasso era
sì un grande e geniale artista ma
umanamente era un uomo difficile e
arido.
Ci svela i Suoi impegni professionali
futuri?
A marzo 2012 inizieremo a girare
l'ottava serie di Un medico in famiglia insieme a Nonno Libero. Le avventure della famiglia Martini proseguono. Riprendo anche Le fuggitive
di Pierre Palmade e Christophe Duthuron, una commedia brillante con
Valeria Valeri. Un testo di grande attualità, pieno di humour che finora
non era mai stato rappresentato in
Italia e che in Francia è stato uno degli spettacoli più visti.
pontemilvio
13
teatro news
Al Teatro Parioli
si alza il sipario
Intervista a
di Alessandra Stoppini
Luigi De Filippo
Teatro Parioli Peppino De Filippo
via Giosuè Borsi, 20 00197 Roma
Informazioni e prenotazioni: dal martedì al sabato dalle 10.00 alle 19.00,
domenica dalle 15.00 alle 19.00. È accettata la prenotazione telefonica.
Orario spettacoli: dal martedì al sabato ore 21, domenica ore 17.
Tel. 068073040 info@teatropariolipeppinodefilippo.it
www.teatropariolipeppinodefilippo.it
14 pontemilvio
A
i Parioli riapre
lo storico teatro sotto la direzione artistica di Luigi De
Filippo. Il Teatro Parioli Peppino De Filippo
ha come marchio una maschera di
Pulcinella come a voler testimoniare
una precisa identità culturale e di
appartenenza. Al grande attore e regista partenopeo il figlio Luigi dedica il nome del teatro restaurato che
ha preso in gestione con un contratto d'affitto per sei anni rinnovabile.
“Dopo 25 anni di diretta televisiva è
ritornata l'atmosfera teatrale con le
poltrone bordò per recuperare le
forme originali del Parioli che riappare nello splendore dei suoi marmi
autentici color ocra degli anni Quaranta e Cinquanta. Abbiamo scoperto che questo teatro aveva un'architettura storica e abbiamo voluto
metterla in evidenza per farla apprezzare a tutti coloro che verranno
a trovarci.” ci ha dichiarato orgoglioso e felice Luigi De Filippo il quale è
succeduto nel giugno scorso al precedente direttore artistico del Parioli
Maurizio Costanzo. “È un'avventura
che mi impegna molto insieme a mia
moglie Laura Tibaldi, un onere anche di natura finanziaria perché non
ci ha aiutato nessuno, abbiamo fatto
tutto solo con le nostre forze. Una
grande responsabilità perché riaprire un teatro rivolto a tutta la cittadinanza è un impegno non da poco”.
Dopo la serata inaugurale del 28 novembre nella quale De Filippo si è
esibito in un recital dove attraverso
aneddoti, poesie e racconti l'attore
ha ricordato l'importanza della famiglia De Filippo nella cultura italiana.
Il teatro ha riaperto i battenti il 6 dicembre scorso con un evento internazionale il Soweto Gospel Choir che
si è esibito nel concerto African Grace presentato da Consulenze teatrali. De Filippo dunque raccoglie la sfida alzando il sipario nella sua città
teatro news
d'adozione in un luogo che ha rischiato di scomparire per sempre per
fare posto all'ennesimo supermercato o garage sotterraneo. Una bella
notizia che premia il coraggio di un
attore che vanta ben 60 anni di onorata carriera come interprete e regista teatrale. “Festeggio i miei 60
anni di recitazione riaprendo questo
teatro e dedicandolo alla memoria
di mio padre che è stato quel grande
artista che tutti hanno conosciuto. A
teatro con le sue belle e divertenti
commedie, al cinema con Totò e anche in televisione, non solo portando
in scena tante commedie ma creando quel personaggio così popolare
chiamato Pappagone, che ha catalizzato l'interesse e il divertimento di
tutta l'Italia televisiva negli anni Settanta. Sono nato a Napoli ma mi
sono trasferito a Roma proprio nel
quartiere Parioli negli anni Quaranta
da piccolo, avevo 10 anni. Tutti i De
Filippo si trasferirono a Roma negli
anni della II Guerra Mondiale, perché il lavoro dei miei familiari era
nella capitale, soprattutto a Cinecittà e nei teatri romani. Dopo Napoli,
Roma ci è rimasta nel cuore. Qui abbiamo vissuto per tanti anni, qui abbiamo lottato, amato, gioito e abbiamo ottenuto un grande successo
recitando nei teatri più celebri dell'Urbe: Quirino, Eliseo, il Valle. A
Roma c'è un pubblico che da sempre
segue con simpatia il teatro napoletano, perché sa che in questo teatro
c'è fantasia, intelligenza, creatività e
divertimento. Vivo da anni tra Roma
e Napoli. Non ho mai abbandonato
la mia città natale, lì ci sono le mie
radici, c'è l'ispirazione che ha dato a
noi De Filippo, idee per tante belle
commedie”.
Prosegue Luigi De Filippo: “Desidero
fare di questo teatro un Centro culturale teatrale napoletano. Vorrei
realizzare un teatro semistabile napoletano offrendo al pubblico romano le più divertenti e rappresentative opere del teatro napoletano
(commedie di mio nonno Eduardo
Scarpetta, di mio padre Peppino e
mie) e quelle dei suoi autori contemporanei, oltre a produzioni della scena nazionale di teatro, operetta, balletto e musica. Il cartellone
2011/2012 ricco e variegato presenta
13 titoli che certamente piaceranno.
Si va dalla commedia all'operetta,
dal balletto al cabaret, ci sarà un po'
di tutto”. Il primo spettacolo di prosa è Napoli chi resta e chi parte spettacolo tratto da Caffè di notte e di
giorno e Scalo marittimo di Raffaele
Viviani con Sal Da Vinci, regia di Armando Pugliese. La stagione proseguirà con Il burbero benefico di Carlo Goldoni con Mariano Rigillo e
Anna Teresa Rossini regia di Matteo
Tarasco, Appuntamento a Londra di
Vargas Llosa con Pamela Villoresi e
David Sebasti regia di Maurizio Panici, Che ora è adattamento teatrale di
Paola e Silvia Scola del film omonimo di Ettore Scola regia di Pino
Quartullo. A fine febbraio andrà in
scena Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia con Sebastiano Somma e Orso Maria Guerrini nell’adattamento teatrale di Gaetano Aronica, regia di Fabrizio Catalano. Si
proseguirà con A qualcuno piace car-
ta di Ennio Marchetto e Sosthen
Hennekam, con Ennio Marchetto,
Non ce ne importa niente con testi
di Giorgio Bozzo e regia di Max Croci
con le Sorelle Marinetti e Stasera
non escort di e con Margherita Antonelli regia di Marco Rampoldi.
Non mancheranno serate di operetta con La vedova allegra libretto di
Victor Lèon e Leo Stein musica di
Franz Lehar, e Il paese dei campanelli
di Carlo Lombardi e Virgilio Ranzato,
entrambi con l'adattamento e la regia di Corrado Abbati. Il balletto è
affidato a Cenerentola coreografia
di Giorgio Madia su musiche di Gioacchino Rossini. Il finale della stagione teatrale sarà tutto di Luigi De Filippo con Storia strana su una terrazza napoletana pièce da lui scritta,
diretta e interpretata, uno spettacolo già portato in scena per la prima
volta al Parioli nel 1973 quando Luigi
De Filippo recitava con il padre Peppino “uno dei più grandi attori comici del Novecento” prima di fondare la sua compagnia e seguire la propria strada. “Una commedia molto
divertente che rappresenterò nel
maggio del 2012. Per tutte le prossime feste di Natale (dal 26 dicembre
al 15 gennaio 2012) sarò al Teatro
Ambra Jovinelli con A che servono
questi quattrini? storica commedia
di Armando Curcio nella riduzione di
Peppino De Filippo. Era un impegno
che avevo preso già da qualche tempo e che non ho potuto disattendere”.
Una gigantografia che ritrae i tre
fratelli Eduardo, Titina e Peppino De
Filippo con Luigi Pirandello si trova
sopra al botteghino di fronte all’ingresso del teatro a suggellare il rapporto vitale di questa grande dinastia di attori con il teatro. “Una foto
storica del 1936 che segna un traguardo importante nella storia artistica dei De Filippo quando incontrarono Pirandello che era andato a
teatro a vedere questi giovani fratelli di cui tanto si parlava. Il premio
Nobel innamoratosi del loro modo di
recitare stabilì con loro una bella collaborazione artistica. Infatti, i De Filippo hanno recitato Liolà e Il berretto a sonagli del drammaturgo siciliano. Pirandello era un grande
ammiratore dei De Filippo, la loro
collaborazione artistica avrebbe potuto continuare negli anni a seguire
se Pirandello purtroppo non fosse
poi morto quasi improvvisamente”.
Una bellissima immagine in bianco e
nero “che eccezionalmente unisce
tante belle intelligenze in una foto
sola” splendido viatico per un teatro
che da sempre è uno dei luoghi storici della cultura capitolina.
pontemilvio
15
eventi
Cooking for art 2011
I profumi e il gusto
della montagna assaporati
a Roma
di Ursula Prügger
L
a seconda edizione
di Cooking for Art
2011 ha portato dal
22-24 ottobre i profumi e il gusto di
montagna nella capitale. Organizzato
da Witaly e presentato dal giornalista gastronomo Luigi Cremona, l’evento ha avuto questo anno la cornice dell’OPEN Colonna nel Palazzo delle Esposizioni (il
ristorante gourmet curato dal famoso chef Antonello Colonna) e come
partner ufficiale Trentodoc, le bollicine metodo classico di montagna.
Il claim per questi tre giorni di gourmet e di territorio alpino è stato “La
Montagna: lo stile ed il gusto scendono a Roma per pregustare una vacanza che scalderà l’inverno”. Loca-
lità celebri come Val di Fiemme, Madonna di Campiglio, Vallagarina e
Comune di Isera, Val Gardena, Alta
Badia, Cortina d’Ampezzo, Livigno e
Madesimo e Teramo hanno fatto conoscere le eccellenze del loro territorio svolgendo la funzione di testimonial dell’evento. Lo showcooking
condotto da Luigi Cremona ha visto
all’opera noti chef come Mattias Peri
della Chalet Mattias di Livigno, lo
chef Stafano Masanti del ristorante
Il Cantinone di Medesimo, lo chef
Alessandro Menardi del ristorante
Baita Fraines di Cortina d’Ampezzo
e tanti altri. Una simpatica occasione
per assaggiare piatti di tradizione
della montagna e seguire gli chef
nella loro preparazione e conoscere
anche piccole realtà gastronomiche
ed enologiche, in parte ancora sco-
nosciuti a Roma e in cerca di negozi
partner o distributori.
Lunedì 24 ottobre si è svolta in occasione dello stesso evento, la presentazione delle guide Touring Club
2012 “Vini Buoni d’Italia”, dedicata
ai vini da vitigni autoctoni, curata da
Mario Busso e Luigi Cremona e “Alberghi e Ristoranti”, con la premiazione dei ristoratori del Centro e Sud
Italia. A seguire la performance del
giovane Lorenzo Cogo, patron del
nuovissimo restaurante El Coq a Marano Vicentino, grande ed innovativo talento italiano con esperienza in
ristoranti pluristellari in Australia, Giappone, Spagna, Singapore e Danimarca.
Alla fine si è svolta, con il patrocinio
del Ministero delle Politiche Agricole, della Regione Lazio, della Provin-
cia e del Comune di Roma, la finalissima del Premio Migliore Chef Emergente 2011.
I tre chef finalisti Alessandro Cogliati
(area nord), Alessio Biagi (area centro), Roberto Allocca (area sud) si
sono sfidati in uno showcooking davanti ad una giuria di esperti e giornalisti enogastronomici. Al termine
di un’emozionante gara il campano
Roberto Allocca viene incoronato
chef emergente d’Italia dopo aver
conquistato la giuria con gnocchetti
autunnali al grano arso, la sella di
maialino con mela annurca e friarielli e un gelato con salsa di cachi. Una
medaglia del Presidente della Repubblica è stata consegnata al vincitore che ha rappresentato anche i
giovani cuochi al “Summit della Cucina Italiana nel Mondo” organizzato dal gruppo Chef italiani nel mondo, svoltosi ad Hong Kong dal 3 al 6
novembre 2011, in gara con i migliori cuochi al Mondo.
16 pontemilvio
eventi
REGALARE ARTE 2011:
Arte sotto l’albero
dal 24 novembre al 24 dicembre
presso la GALLERIA FONDACO
a cura di
Francesca Marino e Flora Ricordy
D
opo le due mostre ospitate all’interno
del
circuito del Festival della Fotografia
di
Roma, “La scelta di Maria” di
Chiara Coccorese e “Metropolis” di
Stefano David, e dopo la prima personale delle sculture di Tommaso
Pellegrini, la Galleria Fondaco ripropone in collettiva le opere dei suoi
artisti.
Dal 24 novembre al 24 dicembre, la
Galleria Fondaco ospiterà nuovamente Arte sotto l’albero, opere a
partire da € 30,00 per sostenere l’impegno di sempre: divulgare, diffondere e rendere accessibile l’arte, cogliendo ogni occasione, soprattutto
quella di un regalo importante.
Gli straordinari multipli in carta e in
resina di Enrico Castellani, le incisioni
e le litografie mini e maxi di Maria
Angeles Vila, le serigrafie dei Cuori
di Mojmir Ježek, i multipli in bronzo
di Loredana Baldin e di Tommaso
Pellegrini, le fotografie di Dino Ignani, di Chiara Coccorese, di Luca Donnini, di Stefano David, l’arte ri_prodotta e ri_producibile, anche di nomi
già molto conosciuti come Mario Ceroli e Piero Guccione, in mostra insieme alle opere uniche di Gerdine
Duijsens, di Cristiana Pacchiarotti, di
Irene Campominosi,
per offrire
un’ampia possibilità di scelta.
Regalare arte è alla sua terza edizione con l’idea di cogliere l’occasione
del Natale per fare un regalo d’arte.
La Galleria Fondaco offre un’ampia
e diversificata offerta d’arte accessibile per chi vuole, arte da acquistare
per se, da regalare, da utilizzare nella comunicazione.
Opere di pittura, fotografia, scultura, grafiche e oggetti d’arte, fino a
6.000,00 euro
GALLERIA FONDACO
Via degli Zingari 37 Roma
T. +39 06 4873050
[email protected] - www.fondaco.eu
Orario dicembre: da lunedì a sabato 10.00-13.30 e 16.00-19.00
pontemilvio
17
vino
Anton Maria Coletti Conti:
produrre con passione
Ponte Milvio inizia con questo numero un viaggio per
l’Italia alla scoperta dei Produttori nazionali.
Ursula Prügger
Sommelier AIS Master Class
www.ulimengo.it
D
opo aver bevuto
tantissimi
vini, partecipato a presentazioni e degustazioni anche
di livello notevole e studiato
molta teoria c’è la grande voglia di
imparare ancora di più, di continuare a fare tutto quello che permette
di comprendere sempre meglio questo affascinante mondo del vino.
Ho deciso così di approfondire un
aspetto fondamentale, conoscere i
produttori andandoli a trovare nel
loro territorio per toccare con mano
quello che si cela dietro le loro bottiglie di vino.
Ho così cominciato un lungo viaggio
18 pontemilvio
per l’Italia che, passo per passo, regione per regione, mi porterà a conoscere tante realtà diverse.
La scelta di visitare insieme ad un
collega la piccola azienda Coletti
Conti ad Anagni nella Provincia di
Frosinone non è stata casuale. Avevamo degustato il “Cosmato” e il
“Romanico”, i loro vini di punta, che
ci avevano impressionato ed eravamo curiosi di conoscere il produttore
di questi vini affascinanti.
Dopo circa 45 minuti di macchina da
Roma, arrivati in azienda, il proprietario Anton Maria Coletti Conti ci da
il benvenuto: “sono io l’azienda”, ci
spiega con orgoglio. C’è qualcuno
che gli da una mano, però è lui il viticoltore, l’enologo, quello che si occupa del marketing, del sito web,
della marea di adempimenti burocratici, delle etichette - disegnate da
lui stesso in omaggio alla Cattedrale
di Anagni e al suo pavimento cosmatesco - e si occupa di tutto quanto c’è
da fare in un’azienda vitivinicola.
All’origine dell’azienda Coletti Conti
fu una compravendita tra le famiglie
Conti e Caetani databile tra il 1298 e
il 1303, durante il pontificato di Bonifacio VIII, uno dei cinque Papi legati da parentela alla famiglia Conti.
Il nonno del attuale proprietario fu
enologo e il padre viticoltore.
Coletti Conti, giurista che si stava
preparando ad un concorso notarile
quando nel 1992 è subentrato al padre ammalato in azienda, non pensava che quello sarebbe stato il suo
futuro. Però si appassiona, e si ap-
vino
passiona soprattutto alla viticoltura,
la cura della vigna.
Sulle colline a circa 230 metri s.l.m.,
su una terra storicamente votata alla
coltivazione della vite, con un esposizione ideale, si espandono 20 ettari
vitati di proprietà su di un terreno
vulcanico e ricco di elementi minerali. Nei vigneti il vitigno prevalente è
il Cesanese di Affile, il principale vitigno a bacca rossa tradizionale del
Lazio, ritenuto non solo da Anton
Maria Coletti Conti “un vero gioiello
viticolo ed enologico della nostra
terra”, ma considerato anche particolarmente sensibile all’ambiente e
alla forma di coltivazione.
Per tanti anni l’azienda coltiva l’uva
e la vende al Consorzio del Piglio. E’
il 2003 quando Anton Maria Coletti
Conti fa la prima vinificazione nella
propria piccolissima cantina, costruita con i serbatoi su misura. La selezione dei ceppi migliori, i nuovi impianti con il ritorno a tecniche antiche e la viticoltura rigorosa sono
stati i passi precedenti, sforzi, completati da una vinificazione rispetto-
sa con solo un minimo intervento. Se
ne occupa lui senza un enologo o
senza aver studiato enologia. L’attività in cantina è “non creativa ma
conservativa” e sottolinea più volte
l’importanza e la passione per la viticoltura. Gli piace il mestiere di preparatore d’uva al vino. “Non si può
creare di più di quello che ti arriva
dalla vigna”, è convinto.
Il successo arriva subito con la prima
annata vinificata nella propria cantina. E’ però il suo Cosmato, fatto a
suo tempo con 6 vitigni (Cabernet
Sauvignon 40%, Merlot 30%, Cabernet Franc 10%, Cesanese d’Affile
8%, Syrah 7%, Petit Verdot 5%) al
quale vengono riconosciuti i 5 grappoli dell’eccellenza della guida Duemilavini dell’Associazione Italiana
Sommelier. E poi con l’annata 2007
arriva un’ulteriore conferma con il
Cesanese del Piglio Romanico, 100%
Cesanese d’Affile ed espressione tipica del suo terreno, premiato da
Duemilavini con i 5 grappoli e dal
Gambero Rosso con i tre bicchieri.
Sempre cinque grappoli, il massimo
voto, anche per l’annata 2009 del
Romanico nelle guida dell’Associazione Italiana Sommelier del 2012,
uscita a fine ottobre 2011. Elogi per
un vino elegante e potente nello
stesso momento, con particolare sapidità, sentori floreali e fruttati affascinanti, equilibrio, armonia e bella
persistenza in bocca.
Forse è la mente di chi ha fatto il liceo classico e si è laureato in giurisprudenza e una porzione di sana
autoironia che impongono malgrado gli applausi la consapevolezza, la
prudenza e la lungimiranza. Così anche dopo questi anni di successo la
filosofia di Coletti Conti è quella di
non produrre più del 80% del vino
richiesto, perché lo considera “tragico, se rimane, anche per lo spazio ridotto”. E a causa della piccola cantina vinifica solo il 25% - 30% della
sua uva, circa 30.000 bottiglie e il resto lo vende ad altri vinificatori. Segue con “grande attenzione le nuove acquisizioni della ricerca scientifica” come testimoniano i testi
scientifici presenti sul suo sito web.
Malgrado la sua prudenza è nello
stesso momento sempre pronto per
nuove sfide. Come dimostra l’esperimento di un vino passito. Non a
base di Cesanese, ma sceglie il Manzoni bianco, vitigno ottenuto dall’incrocio tra Riesling e Pinot Bianco, del
quale produce già dal 2005 la versione secca, l’Arcadia. “Non mi sono
reso la vita facile con questa uva,
produce solo 50 - 75 grammi per
grappolo e 50 q/ha ed inoltre è molto alcolica e va ben bilanciata dalla
giusta vena acida.”
Anton Maria Coletti Conti è cosapevole di avere “un debito enorme con
la fortuna”.
La nascita del suo Romanico e i suoi
successi li valuta come un’ inizio così
come nel 2008 il riconoscimento della prima DOCG del Lazio per il Cesanese, sperando in una sinergia con
gli altri produttori del territorio. Un
territorio dove negli anni ’70 erano
iscritti all’albo della DOC quasi 500
ha, ridotti negli anni ‘90 a soli 60 ha
e ultimamente dopo i nuovi impianti
si arriva a circa 150 ha.
Tanta è la passione per la viticoltura,
ma minore per il vino. Beve per curiosità e soprattutto per capire quello che fanno gli altri. “Il vino non è
una cosa importante – le cose importanti sono l’Amore, l’Amicizia, la Famiglia, la Cultura”, è convinto chi fa
un vino importante.
pontemilvio
19
Roma news
I TESORI DI ROMA CAPITALE NEI
NEGOZI DEL XX MUNICIPIO
Fino al 18 dicembre a Vigna Stelluti
Artigiani sotto l’albero
da Europlant
Il 16-17-18 dicembre, presso la propria sede di Via Due Ponti 175, il vivaio Europlant organizzerà l’evento
“Artigiani sotto l’albero”. L’iniziativa
natalizia prevede tre giornate di mostra mercato dedicate all’artigianato. L’ingresso è gratuito e naturalmente aperto tutti, dalle 9 fino alle
18.00.
Info: [email protected]
06.33252325
20 pontemilvio
Per la prima volta la Sovraintendenza presta dei reperti per una mostra
allestita all'interno di esercizi commerciali.
I pezzi in mostra sono 59 e verranno
esibiti in 19 vetrine all'interno dei 17
negozi che fanno parte dell'associazione di strada Assocommercio
Roma Nord, in collaborazione con la
quale è stato realizzato Vetrine per
l'Arte.
I reperti provengono prevalentemente dal territorio del XX Municipio e non sono mai stati esposti prima. Si tratta di sculture in marmo,
decorazioni in terracotta degli edifici, decorazioni murarie d’interno, reperti legati alla cura della persona,
tutti provenienti dalla Sovraintendenza capitolina.
Il progetto è promosso da Roma Capitale, Presidenza Assemblea Capitolina, realizzato grazie alla collaborazione della Sovraintendenza Capitolina e voluto fortemente dall'On.le
Federico Guidi, Consigliere Assemblea Capitolina, dall'Assessore alla
Cultura del XX Municipio Marco Perina e dall'Assessore del XX Municipio Stefano Erbaggi.
“Con questa iniziativa – ha commentato l’Assessore Marco Perina, vogliamo creare un primo link tra arte
e attività commerciali. Può essere un
modo originale di valorizzare il territorio ed allo stesso tempo avvicinare i cittadini all’arte”.
Roma news
Una nuova Associazione per il rilancio del
“Cuore di Roma”. Nasce l’Associazione Via
Sistina – Via Francesco Crispi.
“Vogliamo rilanciare
una zona del cuore di
Roma tanto amata dal
pubblico straniero,
quanto purtroppo dimenticata da noi romani: il famoso salotto
che porta a Trinità dei
Monti”. Spiega così
Barbara Mandatori,
vice Presidente della
neonata associazione
Via Sistina – Via Francesco Crispi, l’obiettivo
che muoverà le prossime attività che verranno organizzate.
L’Associazione, presieduta dal dottor
Verrocchi, direttore dell’Hotel De La
Ville, può già contare su più di 60 attività commerciali, 5 tra i più importanti hotel del panorama romano
(tra questi il già citato Hotel de La
Ville e l’Hotel Hassler) e lo storico
Teatro Sistina.
girassero nelle nostre strade distribuendo, dal 18 al 24 dicembre, dolciumi gentilmente offerti da
un'azienda storica italiana, Le Tre
Marie, che ci ha voluto accompagnare in questo primo passo”.
“E’ nostra intenzione – afferma la
Mandatori - migliorare il tono turistico e commerciale della zona, promuovendo iniziative dirette a rivalutare l'estetica, la viabilità, la sicurezza e rivalutando la tradizione e la
storia dell’area. Quest'anno come prima iniziativa –
racconta la Mandatori - abbiamo voluto decorare le nostre 2 strade con
addobbi sobri ed eleganti, ponendo
un'attenzione particolare al consumo energetico: abbiamo infatti scelto luci con led a bassissimo impatto
ambientale.
Per coronare quest'evento natalizio,
dandogli il giusto calore e colore, abbiamo voluto dei Babbo Natale che
pontemilvio
21
teatro
Scusi che ce l’ha un limone?
Dal 14 al 18
Dicembre 2011
al Teatro
Tirso de Molina,
torna in scena
“scusi che ce l’ha
un limone?”
scritto e diretto da
Bruno
De Stephanis
Teatro Tirso de Molina: via Tirso 89 tel 06 8411827
Per info e prenotazioni gruppi 338 4279858
www.teatrotirsodemolina.it
D
a mercoledì 14
a domenica 18
dicembre 2011
al Teatro Tirso
de Molina nuovo
appuntamento con le
novità italiane
e la divertentissima commedia “SCUSI, CHE CE L’HA UN LIMONE?”, autentico cammeo della risata scritto e
diretto da Bruno De Stephanis ed interpretato da Monica Viale e Cristina
Galardini. A garantire questa volta
il buon umore sarà la divertente vicenda di due dirimpettaie di un prestigioso condominio di Piazza Mazzini nel quale il susseguirsi quotidiano degli accadimenti diventa
22 pontemilvio
oggetto di incontro/scontro di opinioni ed esperienze. Una trama semplice e probabile ambientata in uno
dei tanti condomini del cuore di
Roma. Ornella, casalinga che vive da
anni nel palazzo, conosce tutto di
tutti e se c’è l’occasione arriva felicemente a vestire i panni di portiera
dello stabile. Una persona buona,
cordiale e molto espansiva, icona
dell’inquilina vecchio stampo che ha
ancora l’abitudine di chiedere un limone alla propria vicina con la quale
punta inevitabilmente ad instaurare
un rapporto d’amicizia. A lei si contrappone con la sua assoluta dinamica modernità Federica, aspirante attrice, neoinquilina dell’appartamento di fronte: per lei fin da subito va
messa in chiaro la distanza che deve
coesistere tra persone che vivono
all’interno dello stesso palazzo, impresa che non le rimarrà facile. Ornella e Federica rivestono in questa
fin troppo semplice e realistica commedia i due modi differenti di vivere
la convivenza condominiale: da una
parte chi vorrebbe ci fosse il dialogo,
la conoscenza approfondita e che
non ci si fermasse al “buongiorno e
buonasera”. Dall’altra coloro che
all’insegna del rispetto degli spazi altrui, stabiliscono un rapporto privo
di comunicabilità, destinato a crollare davanti all’umana necessità di
contatto e di calore a volte nascosto
ma sempre annidato in ciascuno di noi.
gusto
La Sachertorte
un dolce segreto
Ursula Prügger
Sommelier AIS Master Class
www.ulimengo.it
Prendete 1,2 milioni di uova prodotte da galline allevate al semibrado,
80 tonnellate di zucchero semolato,
25 tonnellate di burro austriaco di
marca, 30 tonnellate di farina e 75 di
cioccolato di primissima qualità…e il
risultato? Sono 360.000 torte Sacher,
prodotte ogni anno artigianalmente
a Vienna dal maestro pasticcere Alfred Buxbaum dell’ Hotel Sacher e
dal suo team di circa 30 pasticceri.
L’Austria per tanti è sinonimo delle
note del valzer di Strauss al concerto
di Capodanno e di dolci, in primis la
mitica, l’unica, la torta Sacher, la Sachertorte. Quale guida non invita a
concedersi una dolce pausa per abbandonarsi a una fetta di questa delizia? E chi non ha sentito mai parlare della più famosa torta al cioccolato al mondo – due strati di “pasta di
cioccolato”, una specie di pan di Spagna al cioccolato, ma più umido con
al centro un leggero strato di confettura di albicocche, ricoperto con una
glassa di cioccolato fondente.
Ne esistono innumerevoli imitazioni
e tantissime versioni in tutto il mondo, ma nessuna è come LEI!
Il segreto della torta Sacher è rigorosamente custodito dalla pasticceria
dell’Hotel Sacher di Vienna. Forse è
proprio l’amore per il dettaglio uno
dei segreti di questa leggendaria
torta austriaca. Solo pochi collaboratori hanno visto la ricetta originale
del 1832, inventata da Franz Sacher,
sedicenne apprendista pasticcere
alle dipendenze del Principe von
Metternich ai tempi dell’impero Austro-Ungarico e incaricato di sostituire il suo maestro per creare un nuovo dolce per degli illustri ospiti.
Ancora oggi, giorno per giorno, si
sbattono circa 14.000 uova, lavorando solo il bianco delle uova e la massa grassa con il robot e il resto invece
a mano. Ci vogliono 34 passi, così
come circa 180 anni fa. Solo la logistica dei processi di lavoro è stato ottimizzata. Alfred Buxbaum, fidato
maestro pasticcere e responsabile
della buona riuscita delle torte è uno
24 pontemilvio
di quelli che hanno visto la ricetta
originale. Svela solo che uno dei
punti fondamentali è proprio il mix
dei vari tipi di cioccolato usato per la
glassa, non collosa, ma di inimitabile
consistenza. Vengono appositamente prodotti per la pasticceria Sacher
e lì mescolati seguendo la ricetta originale. Alla fine contano persino la
temperatura e l’umidità nell’ambiente del forno.
La glassa è talmente importante che
se ne occupa il maestro pasticcere
personalmente insieme al suo team.
In tempi di punta ne glassano 3.000
esemplari al giorno.
“L’originale”, si può chiamare così
dal 1962 è solo quella prodotta nella
pasticceria Sacher ed è protetta da
un marchio di fabbrica. Non esiste al
mondo nessuna licenza per la rivendita. L’originale lo si trova negli shop
Sacher a Vienna, Salisburgo e Graz.
Da qualche anno l’unico posto fuori
dall’Austria, è il Sacher shop a Bolzano. Per chi si vuole viziare con l’UNICA si possono fare ordinazioni facendone richiesta sul sito dell’hotel
gusto
Prendete 1,2 milioni di
uova prodotte da galline allevate al semibrado, 80 tonnellate di
zucchero semolato, 25
tonnellate di burro austriaco di marca, 30
tonnellate di farina e
75 di cioccolato di primissima qualità…e il
risultato?
Sacher di Vienna. http://shop.sacher.com .A seconda della grandezza le torte si mantengono da 8 a 18
giorni.
Consigli per l’abbinamento? Tradizionalmente servita a temperatura
di 16-18 gradi affiancata da una soffice panna montata, non dolce, in
abbinamento alla torta si serve una
tazza di caffé o meglio ancora di tè
nero, rigorosamente senza zucchero.
Sapete che la torta cult è pure protagonista di una scena del film Bianca di Nanni Moretti che divenne poi
paradigmatica del cinema di Moretti, tanto che quando fondò la propria casa di distribuzione cinematografica, la chiamò Sacher Film, e in
seguito istituì un riconoscimento per
premiare il migliore film dell'anno, il
Premio Sacher e infine ribattezzò un
vecchio cinema a Trastevere, acquisito in gestione, Nuovo Sacher.
Ricordate poi quella scena nel film?
Il protagonista, interpretato proprio
da Moretti si mostra visibilmente
sorpreso del fatto che uno dei suoi
interlocutori con cui sta conversando
a pranzo non conosca la Sachertorte.
Sottolineando la gravità, a suo giudizio, di tale mancanza con la frase:
«Cioè, Lei non ha mai assaggiato la
Sachertorte? » «No» «Va beh. Continuiamo così. Facciamoci del male!».
pontemilvio
25
fisco
Così salviamo l’Italia …
Approvato dal Consiglio dei Ministri
Il decreto Salva-Italia
di Antonia Coppola
Dottore Commercialista in Roma
C
on una intensa
conferenza stampa trasmessa in diretta su diverse
reti televisive domenica 4 dicembre il Presidente
Monti e gli altri
ministri economici hanno illustrato il
contenuto del decreto salva-Italia,
com‘è stato ribattezzato dallo stesso
Premier che ha voluto sottolineare
come tale dispositivo sia volto non a
salvaguardare interessi particolari
ma a salvare il Paese nel suo complesso evitando la bancarotta e trascinando con sé l’euro e 60 anni di
sacrifici fatti.
Il Governo attraverso i suoi esponenti ha più volte sottolineato come vi
sia stata l’esigenza di contemperare
rapidità, certezza ed equità. Ed in effetti le misure sono volte ad incrementare le entrate dello Stato, a
porre le basi per ridurre i “costi della
politica”, a creare i presupposti per
dare nuovo impulso alla ripresa delle
imprese ed all’internazionalizzazione delle stesse. Alcuni provvedimenti
prevedono l’immediata entrata in vigore, altri avranno decorrenze differenziate a partire dal 2012.
Nei prossimi mesi avremo tutti gli
elementi per discutere ed esaminare
nella concreta applicazione le misure
straordinarie del Governo Monti così
come sapremo – come tutti ci auguriamo – se le stesse abbiano avuto gli
esiti sperati.
In queste ore, sicuramente concitate
a causa della necessità di “fare presto”, è interessante comprendere in
linea generale quali siano le misure
che si intendono adottare, principalmente in campo fiscale per l’impatto
che ne può derivare sui cittadini.
Contrariamente alle voci circolate
negli ultimi giorni circa l’aumento
dell’aliquote Irpef per l’ultimo scaglione di reddito (ossia per i redditi
superiori a 75.000 euro), nessun intervento del genere è stato previsto,
salvo la previsione di ritoccare al rial-
26 pontemilvio
zo l’addizionale regionale Irpef (attualmente pari nel Lazio per il 2011
all’1,70%). Tale misura si giustifica
nella ratio generale di rendere più
autonomi sul piano finanziario gli
enti locali (nella fattispecie le Regioni) agevolando così la riduzione dei
trasferimenti dallo Stato centrale
agli Enti locali.
Corposo si presenta il pacchetto che
riguarda la tassazione degli immobili: anticipazione dell’imposta municipale (IMU), reintroduzione dell’ICI
per l’abitazione principale (sebbene
con aliquota ridotta del 4 per mille
con detrazioni fino a 200 euro a seconda dei casi), incremento delle aliquote ICI per gli altri immobili (la misura attualmente indicata nel 7,6 per
mille potrebbe ancora essere soggetta a variazione), rivalutazione delle
rendite catastali in sede di determinazione della base imponibile (oggi
la rivalutazione delle rendite degli
immobili è del 5% ai fini ICI ed Irpef).
Lotta all’evasione attraverso la extra-tassazione dei beni di lusso
(yacht, auto di cilindrata superiore ai
170KW, aerei, elicotteri), un superbollo dell’1,5% a carico dei capitali
rientrati con le varie edizioni dello
scudo fiscale (tre nell’ultimo decennio), riduzione a 1.000 euro del limite all’uso del contante (già ridotto
quest’anno da 5.000 euro a 2.500
euro).
L’emersione del “nero” passa anche
attraverso lo spostamento della lente del fisco dalla tassazione dei redditi alla tassazione dei consumi, questi ultimi nelle moderne economie
maggiormente rappresentativi dell’effettiva capacità contributiva: in
tale ottica, a partire da settembre
2012 l’aliquota ordinaria dell’IVA
sarà aumentata al 23% (attualmente
vige il 21% dopo l’aumento entrato
in vigore dal 17 settembre 2011).
Per le imprese sono stati varati due
strumenti in particolare: è stata rispolverata la DIT (Dual income tax)
operativa nella seconda parte degli
anni Novanta che consentiva la tassazione agevolata degli utili reinvestiti in azienda ed è stata prevista
una profonda rivisitazione dell’IRAP,
che dovrebbe essere completamente
defiscalizzata rispetto all’Ires ed all’Ipef (attualmente la deduzione rispetto alle imposte sui redditi è solo
pari al 10% dell’Irap pagata per chi
ha dipendenti o paga interessi passivi) e che dovrebbe finalmente accogliere tra i componenti ammessi in
deduzione il costo del lavoro dipendente ed assimilato (evitando che le
imprese labour-intensive siano così
penalizzate rispetto a quelle capitalintensive).
L’apporto complessivo di tale manovra è stato stimato in 30 miliardi di
euro, ripartiti tra 13 miliardi di tagli
e 17 miliardi di nuove entrate.
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Il Jumpboard
nel pilates …
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di Claudia Rossoni
S
ebbene pochi studi
siano attrezzati per
il Jumpboard, in realtà si tratta di una
variante al workout consueto eseguito sugli attrezzi
di Pilates molto divertente e stimolante. E, quindi, perché non parlarne vista anche la velocità con cui si è diffuso ultimamente
il Pilates che rende necessario qualche approfondimento e qualche riflessione in più sulle pratiche che
questa disciplina ricomprende sotto
la propria sfera.
Cos’è, dunque, il Jumpboard (letteralmente … tavola per saltare)?
E' un accessorio, una sorta di piattaforma che si aggiunge ai lettini comunemente usati, i cosiddetti Reformer, ed è di ausilio per far lavorare
gambe e piedi, ma non solo.
In realtà anni fa nacque per insegnare ai ballerini a controllare e utilizza-
28 pontemilvio
re bene l'estensione del piede, a riabilitare le caviglie ed i tendini dopo
i traumi, a correggere difetti di appoggio in generale e, non ultimo, a
lavorare sulle cosiddette "batterie".
Noi trainer, però, che amiamo innovare abbiamo pensato di trasporre
l’utilizzo dal “professionismo” al dilettantismo, introducendo il Jumpboard, con tecnica riveduta e corretta, nel workout normale.
Inizialmente lo scopo era quello di
lavorare sui piedi ... qualcuno ricorda
il mio articolo dello scorso marzo sui
piedi ??
Il feedback è stato immediato sia per
il miglioramento dei risultati che per
il maggior divertimento.
Veder ridere, sorridere e constatare
anche come le persone uscissero “liberate” da mille costrizioni motorie,
ha consentito di comprendere quanto il SALTO sia liberatorio, facendo
emergere subito il bimbo che resta
sopito in ciascuno di noi …è un pò
come urlare.
Da quel momento ho deciso di usarlo di più e più spesso.
E le grandi soddisfazioni non hanno
tardato ad arrivare anche nelle applicazioni effettuate lavorando “a
braccetto” con studi fisioterapici che
si occupano di posturologia ed esami
barapodometrici (è l’esame che analizza l’appoggio dei piedi e, di conseguenza, se c’è bisogno di plantari).
Forti dell'esperienza di piccole coreografie create in allegria sui rebound, si è pensato di includere dieci
minuti di "salto da sdraiati" con
commenti del tipo: "ma lo sai che si
suda pure?"
Soddisfazione massima ... abbiamo
ottenuto un pò di lavoro aerobico
laddove di solito c'è solo posto per il
controllo e la consapevolezza.
Il Jumpboard chiude il cerchio di
un'attività totale per il corpo. Non vi
resta altro, cari Pilates-addicted, di
andare a provare …
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Romana
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style
L’evoluzione concettuale
del bagno nelle camere degli
hotel di prestigio.
di Paolo Brasioli*
L’
acqua è uno degli elementi fondamentali della
vita, presente in
noi e nel nostro
immediato intorno. L’acqua è
protezione materna, refrigerio e tepore…emozione. Il locale bagno è il luogo dove la
incontriamo, la utilizziamo ce ne attorniamo. Progettare un bagno
quindi significa definire il rapporto
tra lo spazio e gli oggetti legati all’acqua ed indagare le affinità con le
forme e i materiali più nobili. Ambientarli e farli convivere in una condizione di sensuale e di magica alchemica atmosfera, di benessere psicofisico completo e tanta serenità. E’
questa la configurazione contemporanea dell’ambiente bagno negli hotel più alla moda e di livello prestigioso. Superata la primaria funzione
deputata all’igiene personale, oggi il
bagno recupera la sua intrinseca vocazione edonistica per diventare oasi
di relax, elegante ed intrigante metafora del rituale della cura del sé
dove il cliente si trova avvolto in
un’atmosfera calma e voluttuosa fatta di elevato comfort ed eleganza.
Nel bagno il cliente, prima o dopo
giornate di lavoro o di vacanza, si ritrova vicino e di fronte a se stesso e
si riferisce alla propria intimità. I progetti più innovativi in campo alberghiero mostrano da tempo una evidente tendenza a ridurre e separare
la zona di puro servizio (locali wc)
dal cuore del regno dell’acqua (doccia, vasca e SPA) e della cura personale (zona lavabi). Queste ultime
due zone sempre più vengono intese
come prolungamento stesso della
camera e talvolta vengono inserite
in box vetrati praticamente in vista e
inondati dalla luce naturale proveniente dalle finestre. Questo concetto forse penalizza la privacy ma di
certo ispira sensualità e conferisce a
tutto l’ambiente abitativo una grande sensazione di spazialità, lumino-
30 pontemilvio
Da locale di servizio a luogo di
benessere fisico e sensoriale!
sità, godibilità e diffuso effetto scenico. La camera dell’albergo di lusso
diviene un unico articolato ambiente
da vivere pienamente per le varie attività quali dormire, riposare, rilassarsi e coccolarsi. E’ ovvio che la dimensione della zona dell’acqua è
conseguentemente cresciuta notevolmente in percentuale nel tempo
rispetto ai consueti bagni. I materiali
utilizzati, elegantemente naturali o
ricercatamente artificiali, e i colori
sono sempre più accostati tra loro
con temi monocromatici, quasi tono
su tono e, per quanto appena detto,
in stretto rapporto di similitudine
con quelli utilizzati nella zona letto
e studio della camera. Le dotazioni ,
sanitari, rubinetti e accessori, coerentemente sostengono tale discorso
esprimendo oltre ad intrinseca contemporaneità stilistica, la facilità e la
correttezza d’uso, generosa efficienza e totale igienicità. Fondamentali
style
sono la comodità della doccia che risulta ampia e dotata di getti d’acqua
massaggianti o vaporosi, e della vasca che spesso viene posizionata centralmente e resa protagonista proprio come si fa per il letto nella camera. Sempre più vengono offerti,
magari nelle suites, angoli wellness
con saune e SPA personalizzate. L’illuminazione artificiale è particolarmente curata e viene utilizzata o in
modo puntuale e d’accento per esaltare gli oggetti da far brillare o in
modo diffuso su intere pareti e controsoffitti, quasi a voler velare scenograficamente i limiti fisici degli ambienti, che ne risultano smaterializzati e ampliati, anche con varie
colorazioni grazie alle tecnologie dei
led. Un importantissimo argomento,
che da attento progettista valuto
sempre metodologicamente è l’illuminazione della zona lavabo. Nello
specchio, necessariamente antiappannante, infatti il cliente si vede e
si cura, preparandosi o rilassandosi.
In esso pertanto si deve poter scoprire possibilmente più bello e disteso, senza essere abbagliato da luci
improprie o peggio che formino fastidiose ed antiestetiche ombre sul
proprio viso rattristandone e drammatizzandone i caratteri. Una luce
sapientemente posizionata e dimensionata in questo ambito riesce assolutamente nell’ intento di conferire
una luminosità viva e brillante al
viso. Discreti aromi e diffusa musica
soft inondano l’aria trasformando,
uniti a tutto quanto sopra descritto,
il bagno dell’hotel di prestigio in un
luogo del benessere fisico e sensoriale!
*Paolo Brasioli, 43 anni, romano di origini venete, architetto libero professionista con studio in Roma, progettista di architetture, arredi e complementi di particolare pregio per l’ospitalità, il benessere la residenza e
la nautica.
Contatti: [email protected]
pontemilvio
31
Nella Gipsoteca
del Vittoriano a
Roma la vita italiana degli ultimi
60 anni vista dai
fotografi dell'ANSA attraverso
centinaia di scatti, dal 20 ottobre
all'11 dicembre
2011.
di Alessandra Stoppini
La nostra storia
nelle foto dell’ANSA
mostra
“L'archivio fotografico dell'agenzia
è un patrimonio unico, di tutto il
Paese, ed è giusto valorizzarlo e tenerlo in grande considerazione per
la storia d'Italia”. Sono le parole del
Presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano primo e illustre visitatore
in forma privata della mostra Fotografandoci. 60 anni di vita italiana
nelle immagini dell'ANSA presentata
nell'ambito delle manifestazioni per
i 150 anni dell'Unità d'Italia. Il capo
dello Stato il 19 ottobre scorso è stato accolto al Vittoriano dal Presidente dell'ANSA Giulio Anselmi, dall'amministratore delegato Giuseppe Cerbone, dal direttore Luigi Contu e dal
Presidente della Fondazione Vittoriano Alessandro Nicosia.
La mostra fotografica, suddivisa in
sette sezioni composte di alcune centinaia di foto scelte tra gli oltre 4 milioni e mezzo di immagini, raccolte
negli archivi dell’agenzia dagli anni
’40 a oggi, rappresenta una straordinaria storia del nostro Paese. Testimonia attraverso fotografie dell'ANSA (Agenzia Nazionale Stampa Associata), la principale agenzia di
stampa italiana fondata a Roma nel
1945 e la prima in Europa a essere
amministrata e diretta dagli stessi
giornali, il cambiamento e l'evoluzione della società italiana sotto tutti i punti di vista. Grandi eventi di politica, cultura, costume e attualità
che fanno parte della nostra memoria collettiva riprodotti in tante
istantanee di cronaca. Ogni decennio ha come madrina un volto femminile famoso insieme a un commento di un testimone del periodo
preso in esame: si inizia negli anni
Quaranta con l'espressione intensa
di Anna Magnani insieme al testo di
Giulio Andreotti. Gli anni Cinquanta
hanno il sorriso elegante di una tra
le prime Signorine Buonasera della
Rai Tv Nicoletta Orsomando, mentre
Alberto Arbasino commenta gli anni
del dopoguerra e la voglia di ricominciare. Gli anni Sessanta sono di
Mina e di Gianni Morandi “gli anni
del boom economico e di noi italiani
che sapevamo ancora sorridere erano pieni di sogni e di speranza”. Nilde Iotti ed Ettore Scola per i difficili
e dolorosi anni Settanta, gli anni Ottanta capitanati da una grande donna Rita Levi Montalcini Premio Nobel
per la Medicina e commentati da un
uomo che ha esportato lo stile italiano nel mondo: Giorgio Armani. Gli
anni '90 sfilano con Maria Rosaria
Costa vedova dell'agente di scorta
Vito Schifani morto nella strage di
Capaci del 1992 insieme a una riflessione di Gustavo Zagrebelsky. Chiu-
dono la carrellata delle foto d'archivio ANSA gli anni 2000 con Federica
Pellegrini in acqua per sottolineare
come l'attuale società sia sempre più
liquida con un sintetico commento
di Carlo Azeglio Ciampi. Interessanti
lungo il percorso espositivo, i circuiti
multimediali mentre in tempo reale
viene proposto anche il 2011 con
proiezioni degli scatti quotidiani dei
reporter dell'agenzia.
“Le fotografie, si tratti di singoli volti o di manifestazioni di massa, di
tragedie o di avvenimenti sportivi,
siano incise nella memoria collettiva
o rinnovino emozioni dimenticate,
sono particolarmente rappresentative di un periodo storico. Lo abbiamo
scandito, decennio per decennio,
con le figure femminili che ci sono
apparse come icone. Come per il notiziario scritto, anche per le foto crediamo sia possibile parlare di uno stile Ansa: impegnato a rispettare la realtà senza forzature e senza eccessi
di spettacolarizzazione”. È la dichiarazione di Giulio Anselmi che coglie
in pieno il senso profondo di quest'esposizione nella quale ciascuno di
noi ritrova il proprio passato. Un
pontemilvio
33
mostra
emozionante come eravamo che
parte da lontano, dalle macerie e
dalla distruzione dei bombardamenti di una guerra durata troppo a lungo. Accanto a una struggente foto di
poveri baraccati nella periferia di
Roma nel 1946 (guardando questa
foto pensiamo ai nuovi homeless di
oggi, i migranti) ecco una divertente
immagine dove alcune prosperose
ragazze romane posano in costume
da bagno davanti a Castel Sant'Angelo. Nel luglio del 1948 l'attentato
a Palmiro Togliatti, il leader del PCI
si fa ritrarre in ospedale per rassicu-
rare i suoi elettori. Quello che accadde il giorno del ferimento a Togliatti
è perfettamente ricostruito nel film
Una vita difficile (1961) di Dino Risi,
protagonista Alberto Sordi, in una
memorabile scena girata guarda
caso proprio a pochi passi da qui nella michelangiolesca Piazza del Campidoglio. Per par condicio segnaliamo lo scatto dell'arrivo nel 1951 a
New York di Alcide De Gasperi. Altri
tempi, altri leader, altro stile... Nilla
Pizzi al Festival di Sanremo nel '51,
Hemingway e la quarta moglie Mary
sotto l'ombrello a Venezia nel '53,
Fotografandoci.
60 anni di vita italiana nelle immagini dell'ANSA
20 ottobre - 11 dicembre 2011
Complesso del Vittoriano
Sala della Gipsoteca
Ingresso Piazza dell'Ara Coeli
00186 Roma
06/6780664
Ingresso libero.
Orario: lun/giov ore 9.30-19.30,
ven/sab ore 9.30-23,30, domenica 9.30-20.30
34 pontemilvio
per l'anno 1956 uno scattante e atletico Vittorio Gassman che impavido
si esibisce in un esercizio ginnico. Nel
1960 viene immortalata la fiaccola
olimpica arrivata a Roma, mentre
nello stesso anno ecco Livio Berruti
che vince i duecento metri alle Olimpiadi di Roma. Una giovanissima Stefania Sandrelli nel 1963 a Castiglioncello e nel medesimo anno un sorridente Jack Kennedy paparazzato in
una trattoria romana accanto a un
fumante piatto di spaghetti. Un'immagine dell'alluvione di Firenze del
'66 e una celebre foto dell'interno
della Banca Nazionale dell'Agricoltura di piazza Fontana a Milano poco
dopo lo scoppio della bomba inizio
dell'infausta stagione delle tante
stragi italiane. Uno scatto della partita del secolo Italia - Germania vinta
col risultato di 4 a 3, che ha segnato
la vita di tanti tifosi e siamo negli
anni Settanta. Due stragi avvenute
nel '74: l'attentato al treno Italicus e
quello a Piazza della Loggia a Brescia. Per tracciare gli anni Ottanta
scegliamo tre foto simbolo: 1980
l'assassinio del giornalista del Corriere della sera Walter Tobagi, Silvio
Berlusconi che annuncia la nascita di
Canale 5 con Mike Bongiorno in veste di valletto d'eccezione (iniziano
gli edonisti anni Ottanta) e nell'84
Giovanni Paolo II e Sandro Pertini insieme sull'Adamello. Tra le immagini
di festa: 1986 il matrimonio tra Pippo Baudo e Katia Ricciarelli smaglianti davanti alla loro torta nuziale. Per quanto riguarda gli anni Novanta desideriamo ricordare le
istantanee dello sbarco della nave
Vlora a Bari nell'agosto del '91 unacarica di ventimila albanesi e due
scatti che sono due momenti gloriosi
per la nostra cultura: il giorno della
consegna del Premio Nobel per la
Letteratura a Dario Fo e il sorriso disarmante di Roberto Benigni, Premio
Oscar per La vita è bella (1999). Negli
anni Duemila sono venuti a mancare
tre grandi personaggi testimoni del
secolo breve: Indro Montanelli, Giovanni Agnelli ed Enzo Biagi ricordati
con le loro foto nell'ultima sezione.
Questa imperdibile mostra ci fa comprendere ancora una volta che un
singolo scatto il più delle volte è capace di descrivere un'epoca più di
tanti articoli o editoriali. Un plauso
infine alla bravura e alla fatica dei
fotoreporter da sempre esposti in
prima linea con lo strumento del
loro lavoro: la macchina fotografica.
La cronaca recente testimonia che il
loro è un mestiere esaltante e prezioso ma anche pericoloso.
arte
A Palazzo Sciarra
un tour nella
Roma rinascimentale tra dipinti,
sculture, incisioni,
medaglie e disegni in una mostra
evento
aperta fino al 12
febbraio 2012.
L’eternità di
Michelangelo
e Raffaello
in mostra a
Roma
di Alessandra Stoppini
36 pontemilvio
arte
“Io già mi rallegro di vedere
queste arti arrivate nel Suo tempo
al supremo grado
della sua perfezione, e Roma ornata di tanti e sì
nobili artifici”.
“
Io già mi rallegro di
vedere queste arti
arrivate nel Suo tempo al supremo grado
della sua perfezione,
e Roma ornata di
tanti e sì nobili artifici”.
Giorgio Vasari in Le
vite (1568) illustrava con questa frase
riprodotta su in un pannello alla fine
dell'esposizione a Palazzo Sciarra
l'atmosfera che si respirava nell'Urbe
quando nei primi anni del Cinquecento una Roma moderna, rinascimentale, assumeva nuove sembianze sotto il profilo architettonico, artistico e pittorico. È la stessa città
resa eterna da geni dell'arte quali
Michelangelo Buonarroti e Raffaello
Sanzio, da pontefici mecenati quali
Giulio II della Rovere, Clemente VII
de' Medici, Paolo III Farnese e Leone
X de' Medici, che rivive nelle sale
espositive del Palazzo in questa mostra curata da Maria Grazia Bernardini e Marco Bussaglia, i quali sono
stati assistiti da un comitato scientifico composto dai più autorevoli studiosi. L'intento del Prof. Avv. Emmanuele Francesco Maria Emanuele,
Presidente della Fondazione Roma,
è “di dipanare con una serie di mostre un percorso quasi pedagogico
che consenta ai visitatori di comprendere la magnificenza dello sviluppo della produzione artistica della Città Eterna a partire dal Quattrocento, momento in cui essa rinasce
dopo il ritorno dei Papi dall'esilio di
Avignone, per avviarsi, secolo dopo
secolo, con uno splendore crescente,
a diventare il punto di riferimento
nuovamente, e questa volta non solo
per motivi politici e militari, ma squisitamente artistici del mondo intero”. È per questo motivo che la mostra promossa appunto dalla Fondazione Roma è conseguente a quella
dedicata al risveglio quattrocentesco
dell'Urbe intitolata Il Quattrocento a
Roma. La rinascita delle arti da Donatello al Perugino del 2008 tenutasi
presso la Fondazione Roma.
L’esposizione è organizzata dalla
Fondazione Roma - Arte - Musei con
Arthemisia Group, in collaborazione
con la Soprintendenza Speciale per il
Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale
della Città di Roma. Il Rinascimento
a Roma illustra per la prima volta,
riunendo opere considerate capolavori universali, questo ricco momento storico del Cinquecento, che prese
avvio dal pontificato di Giulio II
(1503-1513) per arrivare al 1564,
anno della morte di Michelangelo
che seguì di poco la conclusione del
Concilio di Trento, aperto da Paolo
III nel 1545 e terminato nel 1563.
Questa data chiuse un'epoca aprendone un'altra, quella della Controriforma che reagendo alla Riforma
Protestante, il movimento religioso
che interessò la Chiesa Cattolica nel
XVI Secolo e la cui origine è da attribuire al frate agostiniano Martin Lutero, avrebbe portato a un rilevante
pontemilvio
37
arte
mutamento in Europa in campo sociale, culturale e artistico. Per la gioia
dei visitatori è stato selezionato un
nucleo straordinario di oltre 180
opere, tra sculture, dipinti, disegni,
incisioni e medaglie provenienti da
importanti istituzioni museali italiane e straniere, tra cui, oltre ai maggiori Musei romani, i Musei Vaticani,
la Galleria degli Uffizi, il Museo Nazionale del Bargello di Firenze, la Pinacoteca Nazionale di Capodimonte
di Napoli, e il Kunsthistorisches Museum di Vienna, l’Hermitage di San
Pietroburgo, l’Albertina Museum di
Vienna, e la Royal Library di Londra.
“La Città dei Papi nel Cinquecento
ha rappresentato un fondamentale
luogo di incontro, di ispirazione e di
scambio per artisti provenienti da realtà culturali diverse tra loro, rendendo più evidente il ruolo della cultura quale linguaggio universale capace di superare i meri confini
geografici e coniugare esperienze
38 pontemilvio
artistiche differenti” ha dichiarato
Emmanuele Francesco Maria Emanuele.
Nella città regina di tutte le arti Raffaello dipingeva le stanze di Giulio II
in Vaticano e la Loggia di Galatea
nella Villa Farnesina alla Lungara
mentre Michelangelo decorava la
volta della Cappella Sistina e l'architetto e pittore Bramante riprogettava la Basilica di San Pietro. Intorno a
loro si muovevano artisti del calibro
di Perin del Vaga, Sebastiano del
Piombo, Francesco Salviati, Lorenzo
Lotto, i fratelli pittori Federico e Taddeo Zuccari dei quali sono esposti in
mostra alcune opere come lo sfavillante San Girolamo in meditazione
(1509) di Lorenzo Lotto, tempera su
tavola che proviene dal Museo Nazionale di Castel Sant'Angelo a
Roma. Tutto questo fermento artistico volto a magnificare il potere temporale della Chiesa si riflette in questa esposizione nella quale si possono ammirare opere assolute tra le
quali l'Apollo - Davide di Michelangelo statua di marmo di fine 1530
custodita presso il Museo Nazionale
del Bargello a Firenze. Inoltre sono
esposti il Ritratto di Tommaso Inghirami detto Fedra di Raffaello olio su
tavola 1513 proveniente dalla Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze,
tre delicate opere di Perin del Vaga
raffiguranti la Sacra Famiglia e una
soave Madonna col Bambino (Madonna Hertz) (1517/18) di Giulio Romano ospitata presso la Galleria di
Palazzo Barberini a Roma. È importante ricordare che molte opere
sono state restaurate dalla Fondazione Roma e tra queste la Pietà di Buffalo (USA) di ambito michelangiolesco (con attribuzione a Michelangelo
stesso da parte di alcuni studiosi),
che sarà esposta in mostra dopo il restauro realizzato sotto la direzione
dell'Istituto Centrale del Restauro di
Roma.
Come degno corollario di un allesti-
arte
mento suggestivo ed emozionante si
possono ammirare le ricostruzioni
virtuali in 3D della Loggia della Farnesina con gli affreschi di Amore e
Psiche e della Cappella Sistina realizzato grazie alla tecnologia ENEA.
Un’altra occasione per il visitatore di
immergersi nella contemplazione
dell'atmosfera cinquecentesca romana, oltre che degli affreschi. Il percorso espositivo è diviso in sette sezioni tematiche e cronologiche, un
excursus che descrive le tante contraddizioni di una città a volte buia
funestata da guerre ma senza dubbio illuminata da un fervore artistico
senza precedenti.
Nella prima sezione La Roma di Giulio II e Leone X i ritratti di Michelangelo Buonarroti e di Raffaello Sanzio
hanno il privilegio di accogliere i visitatori. L'artista toscano, uno dei più
eccelsi di sempre, è immortalato nell'olio su tavola Ritratto di Michelangelo che indica i suoi disegni, attribuito a Sebastiano del Piombo (1520
circa) proveniente dalla Galleria
Hans di Amburgo. L'urbinate invece
dipinge se stesso nel celebre Autoritratto (1509) che si trova agli Uffizi
di Firenze. Ecco i protagonisti della
sezione l'olio su tavola Ritratto di
Papa Giulio II della Rovere copia da
Raffaello Sanzio custodita nella Galleria di Palazzo Corsini a Roma e il
Ritratto di Leone X con i cardinali
Giuliano de' Medici e Innocenzo
Cybo (1519/20 circa) di Giuliano Bugiardini proveniente dalla Galleria di
Palazzo Barberini a Roma. Il futuro
Paolo III immortalato da Raffaello
quando era ancora cardinale: l'olio
su tavola Ritratto di Alessandro Farnese (1509/12) Napoli, Museo di Capodimonte. Una Pianta di Roma
(1576) di Mario Cartaro, Veduta del
Tevere e della Farnesina (1560 circa)
di Giovanbattista Naldini proveniente dalla The Courtauld Gallery Londra e un notevole Progetto per le
terrazze dei giardini di Villa Madama concepito da Raffaello nell'estate del 1518 ora agli Uffizi di Firenze,
mirabili cartoline della città cinquecentesca.
Fondamentale fu il rapporto tra
Roma e l'antico, tema della seconda
sezione intitolata Il Rinascimento e il
rapporto con l'antico. Visitando queste sale si scopre come gli artisti dell'epoca erano stati influenzati dal ritrovamento di opere antiche come il
Laocoonte e la Domus Aurea. Si possono ammirare uno splendido disegno di Raffaello dell'interno del Pantheon (1507) dagli Uffizi di Firenze,
da Palazzo Altemps a Roma la Statua
pontemilvio
39
arte
di Afrodite di età adrianea e Lo Spinario di Guglielmo della Porta
(1560/63) bronzo proveniente dall'Hermitage di San Pietroburgo. Dalla
Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze i Dubbi amorosi, altri dubbi e
sonetti lussuriosi di Pietro Aretino finora unico esemplare a stampa conosciuto dei Sonetti scritti dal letterato nel 1525 il quale dovette fuggire da Roma a causa dello scandalo
suscitato dai suoi Dubbi amorosi.
Il Sacco di Roma (5 maggio 1527)
evento cruciale del XVI Secolo compiuta dai lanzichenecchi le truppe
imperiali di Carlo V d'Asburgo mise
a ferro e fuoco la Roma di Clemente
VII che trovò rifugio nell'inespugnabile Castel Sant'Angelo. L'accaduto
fu la conseguenza della successiva
crisi religiosa e politica che investì
l'Europa culminata nel Protestantesimo. La terza sezione La Riforma di
Lutero e il Sacco di Roma è dedicataa
a questo particolare momento storico ospitando i volti dei protagonisti.
Sono esposti, infatti, il Ritratto di
Martin Lutero e di Katherina von
Bora (1529) olio su tavola Firenze
Galleria degli Uffizi e due opere di
Sebastiano del Piombo Ritratto di
Clemente VII raffiguranti il papa seduto sul soglio pontificio al tempo
del Sacco: l’opera del 1526 raffigura
Clemente VII glabro, mentre quella
del 1527 lo ritrae con la barba.
Roma rinasce sotto il pontificato di
Paolo III Farnese (1534-1549). Sono i
Fasti Farnesiani materia della quarta
sezione. In quest'epoca d'oro il Papa
(lo si può vedere ritratto da Guglielmo della Porta) commissiona definitivamente a Michelangelo l'incarico
di decorare la Cappella Sistina con il
Giudizio Universale mentre è in corso d'opera il rifacimento della Basilica di San Pietro. Presente nella sezione il modello ligneo dell'abside del
progetto di rifacimento con le torri
campanarie insieme a ulteriori documenti che testimoniano gli anni della Fabbrica di San Pietro. Brilla la Copia del Giudizio Universale di Michelangelo di Marcello Venusti (1549)
prima dell'intervento sui nudi che arriva dal Museo di Capodimonte di
Napoli. Presenti inoltre i disegni di
Palazzo Farnese provenienti dall’Archivio di Stato e dal Museo di Roma
e un testo edito a Roma nel 1506. È
esposto anche lo Iudicium Dei de vivis et mortuis di Giovanni Sulpicio
Verolano, restaurato per l'occasione
(Roma Biblioteca Vallicelliana), considerato la principale fonte letteraria
dell'affresco del Giudizio Universale
Il Rinascimento a Roma. Nel segno di Michelangelo e Raffaello
Roma - Fondazione Roma - Museo
Palazzo Sciarra - Via Marco Minghetti, 22 Roma
25 ottobre 2011 - 12 febbraio 2012
Ingresso: € 10,00 - ridotto € 8,00
Orario: martedì - domenica 10 - 20 // Chiusura biglietteria ore 19
Info: tel. 06697645599
www.fondazioneromamuseo.it
40 pontemilvio
dopo le Sacre Scritture e la Divina
Commedia. Citiamo il bellissimo olio
su tavola Annunciazione della Vergine Maria di Francesco Salviati
(1533/34) patrimonio del Fondo Edifici di Culto.
Nella quinta sezione La Basilica di
San Pietro spicca il Modello ligneo
dell’abside di San Pietro, già inserito
nel grande modello di Antonio da
Sangallo il Giovane (Città del Vaticano, Fabbrica di San Pietro). Altre
sono le opere che documentano
questa imponente impresa architettonica: medaglie, libri a stampa, disegni e piante come quella disegnata e acquerellata da Donato Bramante su pergamena proveniente dagli
Uffizi.
Nella sesta sezione La maniera a
Roma è documentato in che modo
dopo gli anni Trenta del Cinquecento molti artisti rielaborarono nella
capitale della cattolicità lo stile di
Michelangelo e Raffaello attraverso
un linguaggio nuovo. È il caso di San
Francesco in adorazione davanti al
Crocefisso (1575) di Girolamo Muziano olio su tela proveniente dalla Galleria Colonna a Roma restaurato per
l’occasione dalla Fondazione Roma.
Il pittore bresciano con Federico Zuccari diede vita all’Accademia di San
Luca l’attuale Accademia di Belle
Arti di Roma.
Per raccontare la vita quotidiana a
Roma nel Cinquecento nella settima
e ultima sezione Gli arredi, scegliamo le mattonelle pavimentali della
Logge Vaticane disegnate da Raffaello e realizzate da Luca della Robbia
provenienti dai Musei Vaticani e il
Piatto da pompa con Passaggio del
mar Rosso di Maestro Domenico
(1569/1574) straordinario manufatto
custodito a Faenza presso il Museo
Internazionale delle Ceramiche. Straordinari oggetti d'arredo che sono
autentiche opere d'arte.
“Ricordando come la grandiosità
creativa della cultura riuscì a trasformare cinque secoli fa un piccolo borgo di ventimila abitanti nella capitale mondiale dell'arte, voglio dimostrare che la cultura, che io definisco
l'energia pulita dell'Italia, può essere
un'occasione di rinascita anche per il
paese attuale, lo strumento per risollevarsi da uno stato di crisi che sta
coinvolgendo il mondo intero”. Le
parole del Presidente della Fondazione Roma rappresentano perfettamente questa esposizione evento
che presenta il meglio della produzione artistica di Michelangelo e Raffaello due eterni pilastri “onore e
gloria del nostro Paese”.
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libri del mese
Due appassionanti
volumi da leggere
sotto l’albero
di Alessandra Stoppini
Facciamo finta che non sia successo niente
di Maddie Dawson
Quell'antica passione scritta da
un'autrice che prima di diventare
scrittrice a tempo pieno ha svolto i
lavori più disparati fonti d’ispirazione per le sue storie future.
Nel romanzo Facciamo finta che non
sia successo niente di Maddie Dawson (Giunti 2011) il rapporto tra la
protagonista e il marito è racchiuso
in questa frase: “Grant ed io facciamo l'amore il mercoledì mattina alle
7”.
Un giorno di febbraio nel New Hampshire Annabelle Bennett McKay durante “un normalissimo lunedì al supermercato” si è sentita travolgere
“da Crisenti, nel reparto surgelati”.
Maddie Dowson
Facciamo finta che non sia
successo niente
Giunti 2011
Pp. 395 - 16,00 Euro.
42 pontemilvio
Annabelle aveva iniziato a piangere
all'improvviso, forse perché si sentiva
sola dopo che la figlia Sophie si era
sposata ed era andata a vivere a
New York, mentre l'altro figlio Nicky
si trovava all'università. Eppure Annabelle sposata da quasi trent'anni
con il serio e affidabile professor
Grant McKay aveva passato “più o
meno indenne il Natale”, il primo
anniversario della scomparsa della
madre e “perfino le prime diciotto
nevicate della stagione”. Mentre
fuori nevicava, i coniugi McKay sembravano felici osservati dal riflesso
della finestra: lei che sorseggiava il
tè e lui “un uomo semplice e di buon
cuore” chino sul suo PC a scrivere un
saggio sulle antiche lotte sindacali.
Da molto tempo “la cena ha perduto
quel senso di comunione ed è diventata gelida e silenziosa”, Annabelle
e Grant si erano allontanati l'uno
dall'altro giorno dopo giorno, come
accade a molte coppie. La verità
però era “molto più complicata. La
verità è che sono innamorata di un
altro uomo”.
The Stuff That Never Happened è il
primo romanzo della statunitense,
nata in Florida, Maddie Dawson che
scava in modo originale e brillante
nelle dinamiche di coppia in maniera
realistica, mai banale “... mi chiedevo chi fosse quell'estraneo con cui
condividevo così tante cose e come
fosse possibile essere ancora insieme
pur essendo tanto diversi”. Al centro
del racconto c’è la figura positiva di
Annabelle “nata e cresciuta nella California del Sud” bella e piena di vita,
che arrivata alla soglia dei 50 anni si
rende conto che la sua vita apparentemente perfetta accanto a un uomo
fedele ma incredibilmente noioso
non le basta più. Annabelle e Grant
si erano sposati a metà degli anni
Settanta e sono cresciuti insieme, lui
è diventato un professore universita-
rio, lei un'illustratrice di libri per l'infanzia. Grant non ha mai tradito Annabelle, è cresciuto nel gelido New
Hampshire, ha la convinzione che
“non si devono guardare le cose negative”. Il professor McKay era quel
tipo di uomo che “veniva da un pianeta in cui le persone erano caute,
non dicevano parolacce in pubblico”. Non si comportava come “quei
mariti che rimangono svegli fino a
notte fonda a guardare film porno
sulla tv via cavo invece di rivolgersi a
una moglie in carne e ossa” o come
quelli che “si sono lasciati andare,
ma mandano la moglie di mezza età
dal chirurgo a tirarsi su il seno e la
spingono a indossare biancheria intima di pizzo nero”.
Facciamo finta che non sia successo
niente è il patto che Annabelle e
Grant hanno siglato insieme per cancellare l'infedeltà della donna, che
nelle braccia di Jeremiah aveva trovato l'imprevedibilità e la passione.
“Essermi innamorata mi faceva sentire una persona migliore”. “Tra me
e Grant il sesso era amichevole, conciliante, premuroso, cordiale” mentre con Jeremiah “mi ritrovavo sempre in orbita, con i brividi e la speranza di riuscire prima o poi a
tornare dentro il mio corpo”. Un romanzo profondo dai toni raffinati,
che fa riflettere sui rapporti di coppia, sul matrimonio e i suoi infiniti
compromessi, su come ci si possa allontanare l'uno dall'altro pur vivendo sotto lo stesso tetto, come zattere
alla deriva, quando vengono a mancare quelle piccole attenzioni che
rendono piacevole la vita. Chissà
quante donne si ritroveranno nelle
riflessioni di Annabelle, ironiche, dolorose e disincantate. “C'è qualcosa
che potremmo dirci? Magari ci sono
cose che abbiamo dimenticato di
analizzare tanto tempo fa. Non potremmo semplicemente parlarne”?
libri del mese
Una passione tranquilla
di Helen Simonson
Il romanzo insegna che l'amore non
conosce né limiti di età né barriere
razziali.
Ernest Pettigrew era un uomo tranquillo che amava vivere in pace a
Rose Lodge nel suo caratteristico
cottage immerso nel Weald, la “campagna aperta” del Sussex inglese.
Maggiore dei Royal Sussex in pensione, Pettigrew era noto nella piccola
comunità di Edgecombe St. Mary per
il suo carattere rigoroso, essenziale,
tutto di un pezzo in perfetto stile old
British. Il sessantottenne maggiore,
vedovo da sei anni, trascorreva le sue
giornate in compagnia dei suoi libri
e delle sue tazze di tè, non disdegnando qualche partita a golf giocata nel circolo locale. Il figlio Roger viveva “in un attico scintillante di decorazioni nero e ottone in uno dei
palazzoni che infestavano il Tamigi
dalle parti di Putney” e lavorava a
Londra presso una società di consulenza finanziaria nella zona dei Docklands. “Il maggiore si chiese come
fosse contrassegnato lui nell'agenda
del figlio. Gli sembrò di vedersi, con
un post-it giallo: importante ma non
urgente, con tutta probabilità”.
L'improvvisa morte di Bertie, fratello
minore del maggiore Pettigrew, fece
comprendere all'uomo che “lo avevano lasciato solo, l'ultimo della sua
generazione in famiglia”. In questo
momento di particolare emotività e
smarrimento interiore lo sguardo di
Ernest si posò sul sorriso luminoso e
sui tratti eleganti e delicati del viso
di Jasmina Ali, la signora di origine
pachistana che gestiva insieme al nipote il Supersaver SuperMart, l'emporio di Edgecombe St. Mary. Ciò
che univa Ernest e Jasmina, da poco
vedova, era la comune passione per
i buoni libri e per Rudyard Kipling
un’istintiva comprensione reciproca.
Il maggiore, che non si aspettava più
nulla dalla vita, si stupì di riscoprire
sentimenti sepolti dentro il suo cuore e la sua anima da un bel pezzo e
cioè da quando la moglie Nancy era
scomparsa. Ernest si era reso conto di
sentirsi spesso molto solo anche
quando era in compagnia degli amici. L'amore, il destino o il fato avevano fornito a Pettigrew un'ultima occasione di felicità, sarebbe stato in
grado di afferrarla al volo? “Si accorse che il suo passo era più svelto e
più leggero”. Ma il paese è piccolo e
la gente, si sa, mormora... nulla poteva sfuggire all'occhio pettegolo e
pieno di pregiudizi di parenti prossimi, amici e conoscenti. Era dunque
arrivato il tempo delle grandi decisioni per il maggiore Pettigrew,
uomo dai valori solidi e intramontabili, che aveva compreso che “un gin
and tonic al golf club con Alec e gli
altri non ispirava certo quella pace e
quella felicità che ardevano tranquille come brace sotto la cenere”, come
quando si trovava in compagnia di
Mrs. Ali.
La campagna del Sussex che il maggiore Pettigrew ha la fortuna di poter ammirare dal giardino del suo
cottage insieme a Mrs. Ali fa da sfondo ideale a una trama nella quale
una vita tranquilla può rivelarsi un
modo per rinunciare a vivere. Invece
mentre “le clematidi stavano lottando contro l'incuria dell'autunno” e
“i crisantemi si tenevano ancora
eretti in macchie rosse e dorate” un
uomo e una donna si trovano a combattere contro il falso moralismo inglese o il fondamentalismo pachistano se possibile ancora più ottuso.
Come far capire al proprio figlio, il
quale “era arrivato come un dono
tardivo”, che ora “non c'era scopo
più importante e soddisfacente che
far ridere Mrs. Ali?”. Jasmina donna
colta, il cui padre era un docente
universitario arrivato in Gran Bretagna dopo la spartizione dell'India, si
considera profondamente inglese
perché non solo è nata a Cambridge,
ma nemmeno si è mai spinta più lontano dell'Isola di White.
Ernest Pettigrew e Jasmina Ali sono
due personaggi resi reali dalla bravura della scrittrice che non manca di
descrivere con ironia e intelligenza
gli abitanti del villaggio colti di sorpresa da una liaison considerata impossibile. Una passione tranquilla ha
venduto negli USA un milione di copie ed è stato finora pubblicato in
Germania, Francia, Australia, Inghilterra e Brasile, mentre è in corso di
traduzione in altri paesi. Inoltre la
Paramount ne ha opzionato i diritti
cinematografici che sapranno riportare in immagini la trama godibile e
profonda di un romanzo che tratta
di temi quali l'amore in tarda età, i
delicati rapporti padre - figlio e i pregiudizi razziali più o meno latenti.
Helen Simonson nata in Inghilterra e
laureatasi alla London School of Eco-
nomics vive ora nei dintorni di Washington negli USA insieme alla sua
famiglia. Per scrivere questo suo primo romanzo dai toni delicati e romantici ha impiegato cinque anni.
Major’s Pettigrews Last Sand grazie
al passaparola dei librai e dei lettori
ha scalato le classifiche delle vendite
fino ad arrivare nella Top Ten del
New York Times. La storia di un amore tardivo ha colpito il cuore di molti
lettori, sedotti pagina dopo pagina
dalla potenza di sentimenti sopiti
sbocciati al sole di un autunno inglese. “Gli sembrava che Kipling non
fosse mai suonato così piacevole”
ascoltato dalla voce melodiosa e gradevole di Mrs. Ali. L'autrice ci insegna che non è mai troppo tardi per
amare, anche quando “i ricordi erano come pitture tombali, colori che
rimangono vividi nonostante gli strati di fango e sabbia depositati dal
tempo”.
Un romanzo che sarà scelto negli
scaffali delle librerie soprattutto dal
pubblico femminile grazie anche
all’originale copertina composta a
uso e consumo delle sovrane lettrici
che comprano e leggono più degli
uomini.
Helen Simonson
Una passione tranquilla
Piemme
Pp. 486 - 19,50 Euro
pontemilvio
43
fuori Roma
Come arrivare a Tolfa.
Il Presepe Vivente – Tolfa
26 dicembre dalle 17.30 fino alle 19.30.
INFO: Facebook alla pagina Presepe Vivente “ E’ nato per Te”.
Tolfa è un piccolo paese a soli 70 km
da Roma, circondato da una natura
incontaminata, boschi e pascoli; interessanti siti archeologici dei periodi etrusco, romano, medioevale;
un artigianato artistico di legnami,
pellami, ceramica, lavori in ferro battuto. Per chi viene da Roma Sud,
prendere l’Autostrada Fiumicino-Civitavecchia ed uscire a S.MarinellaS.Severa, dopo di che tenere la destra e seguire le indicazioni. Usciti
dall’autostrada prima di arrivare al
paese ci sono 23 Km.
Per chi invece arriva da Roma Nord,
due sono le opzini: prendere tramite
il G.R.A. l’Autostrada Fiumicino-Civitavecchia e proseguire come scritto
sopra oppure prendere la Cassia,
Bracciano, Manziana e poi al semaforo di Manziana girare a sinistra e
dopo 22km circa, passate le Terme di
Stigliano, arrivate a Tolfa. Per chi invece arriva dal Nord: SS1 Aurelia, Autostrada Civitavecchia-Fiumicino e
uscire a Civitavecchia Nord. Una volta usciti, girare a sinistra e percorre
altri 15 Km.
Presepe Vivente a Tolfa
P
rendi un paese in
collina ad un’ora
circa da Roma, immagina uno scorcio
con un’atmosfera
in perfetto stile natalizio e aggiungici
un gruppo di persone capace di fare un salto indietro
nel tempo. Unisci il tutto con una
giusta dose di serenità e gioia
e...come per magia avrà inizio il Presepe Vivente “E’ nato per Te”.
Entrato nella tradizione, il Presepe
vivente si ripete ogni anno a Tolfa,
paese collinare in provincia di Roma,
che durante i giorni natalizi trasforma alcune vie della piccola cittadina
in un angolo di Palestina.
Alla regia dell'evento c’è il gruppo
A.S.D.A. (Al Servizio Degli Altri), associazione che vanta più di 30 anni
di attività parrocchiale all’interno
della vita del paese e che anche quest’anno il giorno 26 dicembre, appena il sole si tuffa dentro il mare, darà
44 pontemilvio
vita al presepe vivente.
L'intero gruppo è particolarmente
legato a questo appuntamento; infatti tutti, dal più piccolo (di appena
7 anni) al più grande (che ne ha 60),
partecipano con molto entusiasmo
ed ognuno di loro è capace di immedesimarsi perfettamente nella parte
assegnata. C’è persino chi, appena
nato, ha iniziato ad interpretare inconsapevolmente Gesù Bambino,
per poi passare, con il trascorrere degli anni al ruolo del pastorello, al
mercante, ad uno dei tre Re Magi
fino ad arrivare poi a fare S.Giuseppe. C’è anche chi nella vita di tutti i
giorni fa il falegname e per l’occasione si cala nei panni del collega di un
tempo.
I ragazzi del gruppo A.S.D.A. si divertono ad allestire questi vicoli suggestivi cercando di curare tutti i particolari, in modo da riuscire anche a
trasmettere a chi lo visita, l’atmosfera giusta per fare un salto indietro
nel tempo. Seguendo il percorso del
presepe, si incontrano varie scene,
come il mercato dei tappeti, quello
della frutta, quello degli animali provenienti dalle campagne tolfetane.
C'è poi il pastore che mentre prepara
il formaggio lo offre ai visitatori accompagnandolo con una goccia di
miele locale, o il fornaio che sforna
pane abbrustolito rendendolo speciale con un filo di olio, proveniente
anche questo da qualche oliveto di Tolfa.
Giunti finalmente davanti all’osteria,
il personaggio che interpreta l’oste
con piacere vi servirà anche un buon
vin brulè, in modo da intiepidire la
fredda serata. Continuando ad “arrampicarci” tra i vicoli si incontra poi
la zona dei Romani dove non mancano le guardie e i funzionari; poi è
la volta dei tre Re Magi che indossando maestosi costumi e sono in
cammino verso la grotta. Alla fine
del nostro percorso si arriva nella
zona principale dove sarà collocata
la Sacra Famiglia in adorazione del
bambino appena nato.
lex
La storia infinita della mediazione continua:
dopo l’abbattimento delle spese del procedimento
in caso di mancata adesione di una delle parti,
la condanna della parte che non aderisce
al procedimento senza giustificato motivo.
Eleuterio Zuena *
Avvocato foro di Roma
S
i erano appena sopite le critiche e le
lodi dei diversi
schieramenti nei
confronti del Decreto del Ministero
della Giustizia del
6.7.2011, n. 145,
(vedi il precedente numero di “Ponte Milvio”) complice forse l’arrivo
dell’estate e delle vacanze, che il Governo, nell’emanare “ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”, con il
D.Legge del 13.8.2011, convertito in
legge in data 14.9.2011, ha corretto
il tiro in favore della mediazione.
E così, in via di urgenza, incurante
della calura di agosto, il Legislatore,
tra le numerose aggiunte, modifiche
ed abrogazioni di legge, nelle più disparate materie, ha modificato anche l’art. 8 del D.L.vo n. 28/2010 aggiungendo un ultimo comma: "Il
giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall'articolo 5, non ha partecipato al
procedimento
senza giustificato
motivo, al versamento all'entrata
del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al
contributo unificato dovuto per il
giudizio".
Dunque, prima si prevede che il cittadino che non riesca a trovare un
accordo in sede di mediazione per
mancata adesione al procedimento
dell’altra parte, non dovrà sopportare oneri gravosi; poi, rendendosi
conto che la previsione avrebbe di
fatto svuotato i contenuti del D.L.vo
28/2010, vanificandone la portata di
filtro per l’accesso alla giustizia ordinaria, ha previsto che la parte che
non partecipa al procedimento di
mediazione, nei casi in cui è obbligatoria, è condannata, nel successivo
processo, al pagamento di una somma pari a quella versata dall’attore
per iscrivere la causa al ruolo, a titolo
di sanzione.
In altri termini, chi non partecipa alla
mediazione senza giustificato moti-
vo è condannato, per ciò solo, a versare all’entrate del bilancio dello Stato un importo pari a quello necessario per iniziare un giudizio.
Non vi è dubbio che tale intervento,
oltre “a fare cassa”, abbia riportato
la normativa in esame sull’ originario
binario, conservandone la ratio che
l’ha ispirata sin dall’attuazione della
Direttiva del Parlamento Europeo
(2008/52/CE) recepita dalla L.69/2009
ed attuata dal D.L.vo 28/2010 in argomento.
Ad onor del vero, il Parlamento Europeo ha riconosciuto recentemente
la solerzia dello Stato Italiano nell’attuazione della mediazione come
metodo di risoluzione delle controversie alternativo alla giustizia ordinaria, addirittura tra i primi nella Comunità Europea.
Infatti, con la Risoluzione del
13.9.2011, Strasburgo osserva, tra
l’altro, che nel sistema giuridico italiano la mediazione obbligatoria
sembra raggiungere l’obiettivo di diminuire la congestione nei tribunali,
ciononostante sottolinea che la mediazione dovrebbe essere promossa
come una forma di giustizia alternativa praticabile, a basso costo e più
rapida, piuttosto che come un elemento obbligatorio della procedura
giudiziaria.
Ancora una volta l’Europa, mentre
apparentemente ci loda, in realtà ci
bacchetta.
Noi invece non possiamo che constatare che, purtroppo, senza incentivi
e sanzioni, gli italiani difficilmente
percorrerebbero le vie delle soluzioni delle controversie alternative al
giudice ordinario, considerato che
tali strumenti erano conosciuti nel sistema italiano anche prima del
D.L.vo 28/2010, ma senza grande
successo e spesso relegate alla soluzione di controversie c.d. bagatellari.
Solo una rivoluzione culturale, infatti, renderà superflue misure incentivanti e sanzioni per accedere alla
Mediazione, ma ciò non potrà che
avvenire lentamente e gradualmente, tra una legge delega e un decreto legislativo, tra un decreto ministeriale ed un comma aggiuntivo inserito in un decreto mille proroghe.
*MEDIATORE della SACA
(Società di avvocati per la conciliazione e l’arbitrato) s.r.l., organismo
di conciliazione accreditato dal Ministero di giustizia, reg. n.102, sede
Roma Via G. Calderini 68,
www.sacaconciliazione.it
pontemilvio
45
intervista
Il silenzio degli occhi
del Commissario Ponzetti
Nuova indagine per Ottavio Ponzetti nato dalla penna di Giovanni Ricciardi.
di Alessandra Stoppini
“
Chiamatemi
pure
sbirro. Sono vecchio
del mestiere, per
queste cose non mi
offendo più”. Così
nel 2008 si presentò
ai suoi lettori il
“commissario capo
dei Parioli Ottavio Ponzetti” nella
prima indagine che lo vide protagonista de I gatti lo sapranno (Fazi Editore), opera prima del Profrofessore
di latino e greco Giovanni Ricciardi.
Lo scrittore Marco Lodoli ha definito
il poliziotto che vive nel quartiere di
San Giovanni “Il Montalbano romano” non solo perché i due commissari risolvono i casi giudiziari attraverso il ragionamento e la sottile indagine psicologica dei personaggi
coinvolti, ma soprattutto perché Ottavio e Salvo hanno uno stretto rapporto con la città nella quale vivono.
Come Vigata con la sua luce è lo scenario ideale per le riflessioni dell'ormai maturo Montalbano, allo stesso
modo Roma è lo specchio nel quale
si riflettono la bonarietà e la simpatia di Ponzetti, marito innamorato e
padre di due figlie. Molte sono le citazioni letterarie presenti nei romanzi di Ricciardi (il secondo Ci saranno
altre voci è del 2009) che non possono essere definiti libri gialli perché
tra le pagine l'autore fa chiaramente
capire che per lui non è solo importante comprendere i retroscena del
mistero dell'indagine in corso, quanto portare alla luce la vita delle persone ed essere partecipi dei loro
drammi, delle loro gioie. Come puntualmente accade anche nel terzo
romanzo di indagine di Ricciardi Il silenzio degli occhi recentemente
pubblicato da Fazi, le varie location
della nostra città quali il Campidoglio, il Gianicolo, le luci notturne di
Santa Maria Maggiore fanno da
sfondo al silenzio di un bambino di
“3 o 4 anni” che forse si trova in pericolo. Tutto questo mentre la “nostra inconfessabile inquietudine” assomiglia alla “piena boriosa del Tevere” che incombe sulla città e sul
46 pontemilvio
intervista
disincanto dei suoi abitanti, cominciando dal Primo Cittadino Lupomanno. “Tutto a Roma ha una forma
visibile, e tutto ritorna, un giorno o
l'altro”.
Giovanni, ci definisci Ottavio Ponzetti con tre aggettivi?
In questo romanzo in particolare
Ponzetti appare sicuramente inquieto, indeciso e istintivo perché tutto il
libro è avvolto da questa atmosfera
di inquietudine rappresentata metaforicamente dalla piena del Tevere.
Quest'acqua che monta che vorrebbe rinnovare tutto nell'immaginazione che ne ha il commissario. Allo
stesso tempo ci sono anche altre acque che si devono rompere quelle
della figlia del commissario e della
moglie dell'ispettore Iannotta. C'è
l'inquietudine di qualcosa di oscuro,
che sta per accadere. Ponzetti sente
che sta per succedere qualcosa, poco
prima di ritrovarsi questo misterioso
bambino in macchina. Indeciso perché questa volta il commissario si
trova di fronte a una situazione più
grande di lui in cui comunque i mille
rivoli di questa indagine vanno a
confluire in un quadro piuttosto
complicato. Ponzetti è come se si
sentisse chiamato a determinare una
situazione che poi in realtà non determina lui, il commissario in qualche modo la asseconda. Ci sono dei
momenti nel libro in cui Ponzetti è
costretto a decidere d'istinto perché
non può controllare per intero la situazione.
Com’è nata l’idea del libro?
È nata dalla lettura di un trafiletto
de Il Messaggero credo del 2009
dove si parlava di un piccolo fatto di
cronaca. In quell'estate era stato trovato un bambino sulla spiaggia, la
polizia lo aveva trattenuto un paio
di giorni perché il bambino parlava
una lingua che nessuno capiva. Ho
trasformato il personaggio nel libro
in un bimbo che non parla e questo
ha un valore che va al di là del semplice artificio tecnico, infatti rappre-
Giovanni Ricciardi è nato a Roma il 20 Maggio del 1965. Insegna latino
e greco in un liceo della Capitale. Ha scritto I gatti lo sapranno (2008) Premio Belgioioso Giallo 2008 come migliore opera prima e Ci saranno altre
voci (2009).
senta quel bambino che è dentro ciascuno di noi e che alle volte non trova più voce. C'è anche il tema dei
sensi: il tatto, l'udito, la vista... Il titolo originale che avevo dato al libro
era La maschera neutra, un altro dei
tormentoni di questo libro quello di
un esercizio teatrale, ma forse era
troppo vicino alle famose Maschere
nude di Pirandello. Ci sono molti
personaggi nel libro che indossano
una maschera e alla fine della storia
si rivelano diversi da quello che erano all'inizio. Oltre al tema dell'acqua
e al rinnovarsi delle cose c'è quello
di un'attesa di una nascita. Dicembre
è il mese in cui viene Natale e, infatti, il libro si conclude la vigilia di Natale del 2008.
Per quale motivo hai scelto di ambientare Il silenzio degli occhi durante la piena del Tevere avvenuta nel
dicembre del 2008?
È stato un avvenimento che ho seguito con una certa curiosità e con
una certa inquietudine come del resto tutti i romani. Gli altri due libri
sono ambientati in una Roma più so-
lare, più primaverile. I gatti lo sapranno è ambientato nell'aprile/maggio
del 2005, perché coincide con la morte di Giovanni Paolo II e l'inizio del
pontificato di Benedetto XVI. Ci saranno altre voci era sempre ambientato a maggio durante le elezioni
politiche del 2008. Stavolta invece,
data la storia che è più noir rispetto
alle altre, volevo descrivere una
Roma inconsueta, piovosa dove protagonista è l'acqua. Il bambino viene
trovato, infatti, vicino al Tevere ma
questa non è un'immagine che ho
inventato io ma che fa parte della
storia più antica della nostra città.
Quando hai iniziato a scrivere I gatti
lo sapranno avevi già deciso che il
Commissario Ponzetti sarebbe diventato un personaggio seriale? No
quando ho iniziato a scrivere il mio
primo libro non avevo deciso assolutamente nulla, non avevo nessuna
certezza che qualche editore l'avrebbe notato e pubblicato, quindi in sostanza non ho programmato molto.
La possibilità che questo personaggio divenisse un personaggio seriale
pontemilvio
47
intervista
è stata dovuta dalla benevolenza del
mio editore che ha intuito le positività di Ponzetti e mi ha invitato a
scrivere un seguito. Ho pensato di
costruire questa serie cambiando
ogni volta l'architettura del paesaggio. Mentre il primo libro era stato
ambientato nel quartiere Monti e all'Esquilino, il secondo era ambientato ai Parioli. Con Il silenzio degli occhi ho fatto una scelta diversa: non
c'è una zona specifica della nostra
città ma i luoghi sono più o meno
tutti riscontrabili in una mappa di
Roma lungo il Tevere o in prossimità
del Tevere. E' il libro del fiume.
Le frequenti citazioni letterarie affascinano e catturano il lettore. È anche questo il segreto del successo di
pubblico e di critica di questo sbirro
vecchia maniera?
Ho un po' l'abitudine a inserire qualche citazione letteraria di poeti o romanzieri del passato nei miei libri.
Non so se questo poi possa decretare
il successo del libro però credo che i
miei romanzi abbiano in fondo un
impianto abbastanza classico. Questo potrebbe essere un elemento di
successo, sarà il pubblico a decidere... Ponzetti è uno sbirro vecchia
maniera, perché invece che seguire
le nuove tecnologie cerca sempre di
seguire il suo fiuto, la sua intelligen-
48 pontemilvio
za, anche attraverso la sua capacità
di osservazione della realtà.
Per rendere al meglio l'atmosfera romana è efficace l'uso del dialetto
rappresentato dall'ispettore Mario
Iannotta. Desideri descriverci brevemente questo personaggio?
Mario Iannotta l'ho immaginato
come un personaggio non tanto ispirato al Catarella di Montalbano, perché Iannotta non solo contribuisce al
successo delle indagini ma è un personaggio che ha dalla sua un modo
di approcciare le cose che è fatto
molto di cuore e poco di testa.
L'ispettore inoltre riconosce la superiorità intellettuale del suo capo e
quindi si dimostra un fedele esecutore degli ordini del commissario. Però
nello stesso tempo, soprattutto in
determinate svolte delle indagini di
Ponzetti, Iannotta finisce per essere
decisivo proprio perché aggiunge
quel guardare direttamente le cose,
che a volte il commissario non ha.
Ponzetti ha questo limite cioè quello
di avere un velo davanti agli occhi,
velo squarciato da Iannotta grazie
alla sua verve e naturalezza. A volte
il commissario è quasi invidioso dell'ispettore, vorrebbe essere come lui
ma non ne ha il carattere così i due
uomini si integrano alla perfezione.
Mentre Ponzetti appare melanconi-
co, eccessivamente cerebrale, Iannotta invece è un personaggio diretto, pragmatico ma anche capace di
gesti e comportamenti fatti di grande tenerezza. Ha una maniera molto
spiccia di guardare le cose senza essere cinico. Sia Ponzetti sia Iannotta
si immedesimano nelle situazioni
delle persone, tentano di capirle dal
di dentro.
Leggendo i tuoi libri si ha l'impressione di seguire un'affascinante
mappatura di Roma. È un percorso
letterario voluto?
Sicuramente. Roma ha tanti luoghi,
tanti spunti, tanta memoria da poter
offrire che sarebbe un peccato ambientare una storia a Roma e non
usarla come serbatoio di ispirazione.
Ho inserito nel libro anche alcuni riferimenti storici, per esempio questo
bambino che compare misteriosamente vicino al fiume e viene immediatamente soprannominato Romoletto da Iannotta. Mi sono rifatto anche a quella commedia popolare che
è stata una caratteristica della nostra
città. Penso a certe commedie del Sistina, un certo rugantinismo di
Roma. E' anche una Roma molto
contemporanea in cui giocano tanti
ruoli per esempio gli stranieri, gli immigrati. Un mondo che ha luci e ombre.
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condominio
La "braga" e' un bene di proprieta' esclusiva ed il condomino ne è il custode.
L
a Corte di Cassazione
afferma che la braga, quale elemento
di raccordo fra la tubatura orizzontale di
pertinenza del singolo appartamento
e la tubatura verticale, di pertinenza condominiale, è
strutturalmente posta nella diramazione, per cui essa non può rientrare
nella proprietà comune condominiale, che è tale perchè serve all'uso ( ed
al godimento) di tutti i condomini; e
nella specie, la braga qualunque sia
il punto di rottura della stessa, serve
soltanto a convogliare gli scarichi di
pertinenza del singolo appartamento, a differenza della colonna verticale che, raccogliendo gli scarichi di
tutti gli appartamenti, serve all'uso
di tutti i condomini.
In tale contesto, prosegue la Corte di
Cassazione, è del tutto consequenziale che in ragione della disponibilità della parte d'impianto in capo al
singolo condomino, quest'ultimo ne
debba essere considerato custode e
quindi responsabile ai sensi dell'art.
2051 c.c..
L'impossibilità fisica di vigilare, specifica la Cassazione è irrilevante “in
quanto la nozione di custodia non
presuppone né implica uno specifico
obbligo di custodire analogo a quello previsto per il depositario".
di Valerio De Mattheis
Amministratore Condominiale in Roma
Il costo dell'adeguamento
dell'impianto elettrico
(ex legge n° 46/1990)
va ripartito sulla base dei
millesimi di proprieta'
50 pontemilvio
I
l Tribunale ha ritenuto che
le spese per l'adeguamento dell'impianto elettrico
alla normativa prevista
dalla 46/90 vadano ripartite a norma del primo comma dell'art. 1123 c.c. trattandosi di spese relative
alla conservazione e godimento delle parti comuni, con la conseguenza
che le stesse devono essere sostenute dai singoli condomini in misura
proporzionale al valore di proprietà
di ciascuno.
In proposito è stato osservato che
tale criterio di ripartizione è certamente derogabile dalla volontà unanime dei condomini, ma nel caso di
specie la delibera con la quale la spesa era stata ripartita in misura uguale tra tutti condomini non era stata
approvata all'unanimità.
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Milena Vukotic